Alexander Voccia
Un anno in cammino con Papa sco
ISBN: undefined
Questo libro è stato realizzato con BackTypo un prodotto di Simplicissimus Book Farm
Indice dei contenuti
Un anno in cammino con Papa sco Prefazione INTRODUZIONE Il percorso della fede che si codifica in tre tappe: camminare, edificare, confessare – portando la croce. 1. CAMMINARE – verso Gesù 1.1. Un cammino aperto a tutti Incominciamo con il pentirci dei nostri peccati ed incamminiamoci verso la riconciliazione con Dio, che tramite l’intercessione di Gesù e Maria non si stanca di perdonare i nostri peccati e quelli di tutti i peccatori. Non abbiamo paura di fuggire dal peccato e dalle tentazioni, senza mai voltarci indietro con nostalgia o curiosità. 1.2. Un cammino che si fonda su Gesù Riconosciamo chi è Gesù per riconoscere la Sua chiamata e rinnovare i sacramenti, pregando per superare l’incredulità iniziale, lasciandoci guardare, amare, rinnovare e guidare lungo il cammino da Lui fino a convertirci, anche se ciò implica cambiare i nostri progetti personali. Alimentiamo il nostro rapporto con Dio tutti i giorni, custodendoLo ed affidandoci a Lui con umiltà tramite la preghiera, partecipando alla Sua ione, ed incontrandoLo in silenzio per contemplarLo, ringraziarLo, ascoltarLo,
lodarLo e vivere la Sua memoria in un intimo dialogo, senza perdere la pazienza. Per scuotere le coscienze 2. EDIFICARE – con Gesù 2.1. Edificare per superare le tentazioni del mondo Lottiamo contro il diavolo con Dio al nostro fianco. Dogana pastorale ed ipocrisia cristiana. Chiusura in noi stessi, nella gelosia che porta al pettegolezzo, nel relativismo e nella provvisorietà. L’idolatria del benessere materiale che ci spinge verso la superbia ed il trionfalismo che ci incitano al carrierismo e all’efficientismo, chiudendo i nostri cuori dinnanzi alla cultura dello scarto ed innalzando il primato dell’economia che porta alla mancanza di lavoro e di dignità e che può solo generare guerra, distruzione e morte. Guardiamo alla solidarietà come perno della giustizia globale, che può portare ad un vero sviluppo, rifiutando gli idoli e pregando con il cuore. 2.2. Edificare con Gesù nel cuore Mettiamo Cristo al centro della nostra vita, per guardare con i Suoi occhi e porre le fondamenta dell’edificazione della santità. Partiamo dall’amore di coppia per vivere i grandi ideali in ogni aspetto della vita, senza lasciarci trascinare dagli eventi, andando contro corrente, affrontando le sfide con il coraggio di sbagliare. Viviamo la vita come un dono da donare e condividere con il prossimo attraverso i carismi, con solidearietà, custodendo il creato ed il nostro prossimo, riconoscendo l’armonia nella diversità di coloro che aderiscono ad altre religioni, di coloro che si professano atei e di coloro che vengono da lontano, ripugnando con sdegno l’indifferenza sociale che uccide.
Per scuotere le coscienze 3. CONFESSARE – per Gesù 3.1. Annunciare Partiamo dalla preghiera per annunciare il Vangelo a tutti, perché questa è la missione che dobbiamo portare avanti in maniera gratuita, con gioia, zelo e fervore apostolico. Riconosciamo la vocazione per diventare mediatori tra Dio e gli uomini. 3.2. Testimoniare L’importanza della testimonianza che porta libertà. Partiamo dalla preghiera che ancora la nostra chiamata in Cristo per diventare strumenti di Dio e missionari nella vita quotidiana che escono da se stessi per andare incontro all’altro, che camminano verso le periferie esistenziali, amano i loro nemici ed abbracciano la carne di Cristo. Per scuotere le coscienze 4. PORTARE LA CROCE – di Gesù 4.1. Le tribolazioni della Croce Abbracciare la Croce significa affrontare molte tribolazioni, come la paura, la solitudine, il pessimismo e la sfiducia. Le tribolazioni si possono vincere solo contemplando la croce di Gesù affinchè ci doni il coraggio, la pazienza, la sopportazione e la tenacia di non lasciarci mai rubare la speranza. 4.2. La gloria eterna della Croce Seguire Cristo significa seguirlo sulla via della Croce senza lasciarci sedurre dalla ragionevolezza del mondo, abbassandoci con umiltà fino al martirio
quotidiano, affidandoci a Dio senza paura della morte. La Croce ci dona il vero potere che è la capacità di servire con amore e mitezza, e ci apre le porte alla consolazione, alla gioia del Signore, alla pace ed all’amore di Dio che ci attende quando entreremo in paradiso assieme ai Santi che ci hanno preceduto nella grazia del Signore. Per scuotere le coscienze Chiosa
Note
Un anno in cammino con Papa sco
«Essere Santi non è un privilegio di pochi,
come se qualcuno avesse avuto una grossa eredità.
Tutti noi abbiamo l’eredità di poter diventare Santi nel battesimo.
È una vocazione per tutti.»
Prefazione
Il 13 Marzo 2013, Jorge Mario Bergoglio è salito alla soglia di Pietro con il nome di Papa sco. A distanza di un anno esatto, tutte le parole originali pronunciate dal vivo dal Santo Padre sono state raccolte in questo volume, che le inserisce in un’inedita prospettiva ricollegandole ad un cammino di fede verso la santità tracciato dallo stesso Papa sco all’indomani della sua storica nomina: “camminare, edificare, confessare – portando la Croce”.
Primo pontefice nella storia bimillenaria della Chiesa cattolica ad assumere il nome del poverello di Assisi. Primo pontefice a venire dall’America Latina. Un Papa rivoluzionario, seppur moderato. Un Papa di immenso carisma, seppur umile. Un Papa in cammino verso un sogno, il sogno di “una Chiesa povera e per i poveri”. Con il cuore aperto alla voce di Gesù – che ricorda a tutti noi «non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Mt.10,19-20) – Papa sco ha lasciato che il suo cammino fosse costellato fin da subito da discorsi improvvisati e pronunciati a braccio. Oggi, a distanza di un anno esatto dalla fine del conclave, l’insieme delle parole ispirate a Papa sco dallo Spirito Santo illuminano un percorso iridiscente di fede e conversione.
Raccogliere questo patrimonio spirituale è quanto si prefigge di fare il presente volume. La natura inedita del libro risiede nel fatto che tutti i discorsi qui riportati sono il frutto di un minuzioso ed attento lavoro di trascrizione dal vivo. Vale a dire che i testi contenuti in questo volume rispecchiano fedelmente le esatte parole pronunciate da Papa sco, anzichè offire una semplice trasposizione dei discorsi ufficiali facilmente reperibili on-line. Inflessioni Spagnole, rafforzativi improvvisati, espressioni fuori dal protocollo e – perché no – errori grammaticali che a volte addolcisono le pungenti parole del
successore di Pietro: tutto è stato racccolto con dovizia di particolari per offire ai lettori di tutto il mondo un’immagine quanto più possibile fedele, sincera e trasparente di Papa sco.
La fedeltà delle parole riportate rappresenta dunque la prima particolarità di questo libro, ma non certo l’unica. Il secondo aspetto da menzionare è che le parole riporate sono state riprese dalla quasi totalità dei discorsi pronunciati dal Santo Padre. Vale a dire che non sono stati scelti solo alcuni discorsi pronunciati durante particolari omelie. In tal senso, si è voluto offrire ai lettori un quadro d’insieme quanto più completo possibile, che presentasse tutte le omelie, le riflessioni spirituali, le conversazioni, i viaggi apostolici, gli incontri e le udienze tenute durante questo primo anno di pontificato.
Il terzo aspetto che preme rimarcare è che il presente volume non accenna in nessun momento ad alcuna riflessione di carattere teologico personale. Al contrario, il proposito del libro è di lasciare che le parole ispirate a Papa sco dallo Spirito Santo irradino liberamente i cuori dei fedeli, senza la necessità di alcun intermediario. Per questo motivo, le uniche parole qui contenute sono quelle uscite direttamente dalla bocca del successore di Pietro.
Il quarto aspetto da sottolineare è che viene proposta una selezione di frammenti estrapolati dai discorsi originali, anzichè i discorsi per intero. Essendo l’obbiettivo di questo libro quello di offrire un percorso individuale di fede, si è deciso di carpire tutti quei aggi che offrono indicazioni spirituali e comportamentali per i fedeli.
Infine, il quinto ed ultimo aspetto da spiegare è la struttura del presente volume. Tutte le parole di Papa sco qui contenute sono state inserite all’interno di un cammino di santità tracciato dallo stesso Santo Padre. In tal senso, è importante chiarire che i discorsi non sono presentati in ordine strettamente cronologico, come se fossero tante fotografie istantanee slegate tra di loro. Al contrario, le frasi del successore di Pietro sono state inserite in una struttura ben
definita, senza però che una sola parola sia mai stata strappata dal suo quadro di riferimento originale; vale a dire senza che sia mai stata sradicata dal suo contesto di origine, rispettando quindi fedelmente i concetti normativi e le parole chiave usate dallo stesso Pontefice per delineare e riassumere le sue omelie e rifelssioni spirituali.
“Camminare, edificare, confessare – portando la croce”, muovendo esattamente da questo percorso di fede disegnato personalmente da Papa sco durante la sua primissima messa celebrata nella Cappella Sistina in presenza dei Cardinali elettori il 14 Marzo 2013, il libro offre un viaggio spirituale per i fedeli di tutto in mondo in cammino verso la santità; un cammino al quale siamo chiamati tutti – come ripetutamente rimarcato da Papa sco. In questo senso, la struttura rispecchia la ciclicità dell’exursus della vita cristiana, che parte da Dio – che conosciamo nella preghiera –, per infine tornare nel seno amorevole del Padre – che abbracciamo nella Croce. Non stupisce quindi che l’impegno e la dedizione che si richiedono al devoto che scelga di intraprendere questo iter di fede cresca e si intensificchi lungo tutto il percorso, o dopo o.
Nel primo capitolo – camminare – si sottolinea come il cammino verso la santità sia perennemente aperto a tutti, a prescindere da quelli che possono essere i nostri peccati, purchè si desideri intraprendere un percorso fondato su Gesù. In questo contesto, il capitolo si sofferma dapprima sull’importanza della confessione, per poi raccontare la bellezza dell’incontro con Gesù, che va alimentato tutti i giorni tramite la preghiera, la contemplazione, l’ascolto ed il dialogo.
Con Gesù radicato nel cuore, nel secondo capitolo – edificare – il fedele è invitato ad uscire da se stesso per andare incontro al prossimo. Nell’uscire da se stessi, il primo o è quello di affrontare le tentazioni del mondo che ci propone il diavolo, a partire dall’ipocrisia e dall’idolatria del benessere materiale. Fronteggiando le tentazioni con Gesù nel cuore, il fedele è altresì chiamato a vivere i grandi ideali e ad affrontare le sfide quotidiane in ogni
aspetto della vita, custodendo il creato ed il prossimo, e lottando contro l’indifferenza sociale che uccide.
Già intento a vivere la vita con il cuore permeato dalla parola di Gesù, nel terzo capitolo – confessare – viene indicato al fedele un ulteriore o in avanti. Se infatti nel secondo capitolo il fedele è stato invitato a vivere la propria vita nel rispetto del Vangelo, nel terzo capitolo si propone al fedele di confessare il Vangelo stesso, trasformando la propria esistenza in testimonianza viva della parola di Cristo. Questo particolare percorso include sia l’annuncio del Vangelo, che va portato avanti in maniera gratuita, con zelo e fervore apostolico; sia – soprattutto – la testimonianza. In particolare, attraverso la testimonianza, il fedele è chiamato a diventare uno strumento di Dio in cammino verso le periferie esistenziali, laddove potrà abbracciare la carne di Cristo.
La quarta ed ultima tappa di questo viaggio è portare la Croce. Qui al fedele viene offerto di seguire Cristo sulla via della Croce, non lasciandosi sedurre dalla ragionevolezza del mondo, abbassandosi con umiltà fino al martirio quotidiano, senza paura della morte. Proprio le tribolazioni della Croce, che si potranno vincere solo contemplando Gesù, apriranno a tutti i fedeli la porta del paradiso dove, assieme ai Santi che li hanno preceduti, vivranno nella pienezza della grazia, della gioia, della pace e dell’amore eterno di Dio Padre.
Alexander Voccia
Roma, 26 Febbraio 2014
INTRODUZIONE
Il percorso della fede che si codifica in tre tappe: camminare, edificare, confessare – portando la croce.
1. [Il percorso della fede... ] «Noi sappiamo che la storia ha un centro: Gesù Cristo, incarnato, morto e risorto, che è vivo fra noi. E ha un fine: il regno di Dio, regno di pace, di giustizia, di libertà nell’amore. E ha una forza che la mueve verso quel fine, e la forza è lo Spirito Santo. Tutti noi abbiamo lo Spirito Santo che abbiamo ricevuto nel Battesimo, e Lui ci spienge ad andare avanti nella strada della vita cristiana, nella strada della storia verso il regno di Dio.»
1 Gennaio 2014, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
2._____ «La misericordia di Dio vuole la salvezza di tutti. Gesù non dice agli apostoli di formare un gruppo esclusivo. Gesù dice “andate e fate discepoli tutti i popoli”. Come si diventa membri di questo popolo? Non è attraverso la nascita fisica, ma attraverso una nuova nascita. È attraverso il battesimo che noi siamo introdotti in questo popolo, attraverso la fede in Cristo che deve essere alimentato e fatto crescere durante tutta la nostra vita. Qual’è la legge del popolo di Dio? È la legge dell’amore, amore a Dio e amore al prossimo. Un amore che non è qualcosa di vago, ma che è riconoscere Dio come unico Signore della vita e allo stesso tempo l’accogliere l’altro come vero fratello, superando divisioni, rivalità, incomprensioni, egoismi. Le due cose vanno insieme. Pregare per coloro con i quali siamo arrabbiati: è un bel o in questa legge dell’amore. E che missione ha questo popolo? Quella di portare nel mondo la speranza della salvezza di Dio. Essere sale che da sapore e preserva dalla corruzione, essere luce che illumina. Il diavolo agisce, ma Dio è più forte. La realtà segnata dal male può cambiare se portiamo la luce con la nostra vita. Facciamo che la nostra vita sia una luce di Cristo. Qual’è il fine di questo popolo? Il regno di Dio. Iniziato su questa terra da Dio stesso e che deve essere ampliato fino al compimento, quando apparirà Cristo vita nostra. Il fine allora è la comunione
piena col Signore, entrare nella Sua stessa vita divina dove vivremo la gioia del suo amore senza misura.»
12 Giugno 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
3._____ «La fede è un cammino con Gesù. Ricordate sempre questo. È un cammino che dura tutta la vita. Certo, in alcuni momenti di questo cammino ci sentiamo stanchi e confusi. La fede però ci da la certezza della presenza costante di Gesù in ogni situazione, anche la più dolorosa o difficile da capire. Siamo chiamati a camminare per entrare sempre di più dentro al mistero dell’amore di Dio che ci sovrasta e ci permette di vivere con serenità e speranza.»
23 Novembre 2013, Incontro del Papa con i Catecumeni, Basilica di San Pietro, Vaticano
4. [... che si codifica in tre tappe: camminare, edificare, confessare – portando la croce.] «Camminare, edificare, confessare. Quando ci fermiamo, la cosa non va. Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore, cercando di vivere con l’irreprensibilità che il Signore ci chiede. Edificare la Chiesa con pietre vive, unte dal Signore. Noi possiamo camminare tutto quello che ci pare, possiamo edificare tutto quello che ci pare, ma se non confessiamo Gesù Cristo la cosa non va. Chi non prega al Signore prega al diavolo. Quando non si confessa Gesù Cristo si confessa la mondanità del diavolo. Ma a volte la cosa non è cosi facile. E quando camminiamo senza la croce, e quando edifichiamo senza la croce, e quando confessiamo un Cristo senza croce, non siamo discepoli del Signore. Camminare, edificare, confessare Gesù Cristo crocifisso. Così sia.»
14 Marzo 2013, Fine Conclave, Messa con i Cardinali elettori, Cappella Sistina,
Vaticano
1. CAMMINARE – verso Gesù
«Ma non ti spaventare.
Se con quella grossa che ha fatto Pietro,
lo hanno fatto Papa, tu vai avanti!»
«Il Signore ci domanda: “Cosa pensi tu di me?”.
Ma lo fa, eh? Lo fa tante volte!
“Cosa pensi tu di me?”, dice il Signore.
E noi non possiamo farci quelli che non capiscono bene.»
«Qualche volta li chiamo [i carcerati di Buenos Aires],
specialmente la domenica, faccio una chiacchierata.
Poi quando finisco penso: perché lui è lì e non io
che ho tanti e più motivi per stare lì?»
1.1. Un cammino aperto a tutti
Incominciamo con il pentirci dei nostri peccati ed incamminiamoci verso la riconciliazione con Dio, che tramite l’intercessione di Gesù e Maria non si stanca di perdonare i nostri peccati e quelli di tutti i peccatori.
5. [Incominciamo con il pentirci dei nostri peccati… ] «Tutti portiamo i nostri peccati, ma il Signore vuol sentire che Gli diciamo “perdonami, aiutami a camminare, trasforma il mio cuore” e il Signore può trasformare il cuore. Dio non è un giudice spietato, ma è come il padre della parabola evangelica. Quando hai la forza di dire “voglio tornare a casa” troverai sempre la porta aperta. Dio ti viene incontro perché ti aspetta sempre, ti abbraccia, ti bacia e fa festa. Così è la tenerezza del nostro Padre.»
2 Ottobre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
6._____ «E questa è la lotta dei cristiani. È la nostra lotta di tutti i giorni. E noi non sempre abbiamo il coraggio di parlare come parla Paolo su questa lotta. Sempre cerchiamo una via di giustificazione: “Ma sì, siamo tutti peccatori”. Ma, lo diciamo così, no? Questo lo dice drammaticamente: è la lotta nostra. E se noi non riconosciamo questo, mai possiamo avere il perdono di Dio. Perché se l’essere peccatore è una parola, un modo di dire, una maniera di dire, non abbiamo bisogno del perdono di Dio. Ma se è una realtà, che ci fa schiavi, abbiamo bisogno di questa liberazione interiore del Signore, di quella forza. Ma più importante qui è che per trovare la via d’uscita, Paolo confessa alla comunità il suo peccato, la sua tendenza al peccato. Non la nasconde. Alcuni dicono: “Ah, io mi confesso con Dio”. Ma è facile, è come confessarti per e-mail, no? Dio è là lontano, io dico le cose e non c’è un faccia a faccia, non c’è un quattrocchi.
Paolo confessa la sua debolezza ai fratelli faccia a faccia. Altri: “No, io vado a confessarmi” ma si confessano di cose tanto eteree, tanto nell’aria, che non hanno nessuna concretezza. E quello è lo stesso che non farlo. Confessare i nostri peccati non è andare ad una seduta di psichiatria, neppure andare in una sala di tortura: è dire al Signore “Signore sono peccatore”, ma dirlo tramite il fratello, perché questo dire sia anche concreto. “E sono peccatore per questo, per questo e per questo”. I piccoli hanno quella saggezza: quando un bambino viene a confessarsi, mai dice una cosa generale. “Ma, padre ho fatto questo e ho fatto questo a mia zia, all’altro ho detto questa parola” e dicono la parola! Ma sono concreti, eh? Hanno quella semplicità della verità. E noi abbiamo sempre la tendenza di nascondere la realtà delle nostre miserie. Ma c’è una cosa bella: quando noi confessiamo i nostri peccati come sono alla presenza di Dio, sempre sentiamo quella grazia della vergogna. Vergognarsi davanti a Dio è una grazia. È una grazia: “Io mi vergogno”. Pensiamo a Pietro quando, dopo il miracolo di Gesù nel lago: “Ma, Signore, allontanati da me, io sono peccatore”. Si vergognava del suo peccato davanti alla santità di Gesù Cristo.»
25 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
7._____ «Gesù da agli apostoli il potere di perdonare i peccati. In questo modo Gesù ci chiama a vivere la riconciliazione anche nella dimensione comunitaria. Tante persone forse non capiscono la dimensione ecclesiale del perdono perché domina sempre l’individualismo. Per noi cristiani c’è un dono in più, un impegno in più: are umilmente attraverso il ministero ecclesiale. È un dono, una cura, una protezione, una sicurezza che mi ha perdonato. Io vado dal fratello sacerdote e dico “ma padre ho fatto questo”, è Dio che perdona e io sono sicuro in quel momento che Dio mi ha perdonato, e questo e bello, questo è avere la sicurezza di quello che noi diciamo sempre: Dio sempre ci perdona. Noi dobbiamo non stancarci di andare a chiedere perdono. “Mah padre, a me fa vergogna andare a dire i miei peccati.” Mah guarda, le nostre mamme, le nostre nonne dicevano che è meglio diventare una volta rosso e non mille volte giallo, eh! Il perdono di Dio che ci viene dato nella Chiesa ci viene trasmesso per mezzo di un nostro fratello, il sacerdote. Anche lui, come noi, è un uomo che ha bisogno di misericordia, ma diventa veramente strumento di misericordia donandoci l’amore senza limite di Dio padre. Anche il Papa si confessa ogni
quindici giorni, perché il Papa è un peccatore. A volte capita di sentire qualcuno che sostiene di confessarsi direttamente con Dio. Si, Dio ti ascolta sempre, ma nel sacramento della riconciliazione manda un fratello a portarti il perdono: la sicurezza del perdono a nome della Chiesa. Tutti noi abbiamo il diritto di trovare nei sacerdoti dei servitori del perdono di Dio.»
20 Novembre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro
8._____ «Vergognarsi è una virtù dell’umile, di quell’uomo e di quella donna che è umile: è una vera virtù cristiana e anche umana.»
29 Aprile 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
9._____ «Il Signore gli fa sentire, a lui [Pietro] e anche a noi, che tutti siamo peccatori. Il problema non è essere peccatori: il problema è non pentirsi del peccato, non avere vergogna di quello che abbiamo fatto. Quello è il problema. E Pietro ha questa vergogna, questa umiltà, no? Il peccato, il peccato di Pietro, è un fatto che con il cuore grande che aveva Pietro, lo porta ad un incontro nuovo con Gesù, alla gioia del perdono. Ma non ti spaventare. Se con quella grossa che ha fatto Pietro, lo hanno fatto Papa, tu vai avanti!. È che il Signore è così. Il Signore è così. Il Signore ci fa maturare con tanti incontri con Lui, anche con le nostre debolezze, quando le riconosciamo, con i nostri peccati. Pietro è un grande non perché sia uno bravo, ma perché è un nobile, ha un cuore nobile, e questa nobiltà lo porta al pianto, lo porta a questo dolore, a questa vergogna e anche a prendere il suo lavoro di pascere il gregge.»
17 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
10._____ «Tutti siamo peccatori e tutti siamo tentati e la tentazione è il pane nostro di ogni giorno. Se qualcuno di noi dicesse: “Ma io mai ho avuto tentazioni”, o sei un cherubino o sei un pò scemo, no? Si capisce… È normale nella vita la lotta e il diavolo non sta tranquillo, lui vuole la sua vittoria. Ma il problema – il problema più grave in questo brano – non è tanto la tentazione e il peccato contro il nono comandamento, ma è come agisce Davide. E Davide qui non parla di peccato, parla di un problema che deve soluzionare. Questo è un segno! Quando il Regno di Dio viene meno, quando il Regno di Dio diminuisce, uno dei segni è che si perde il senso del peccato. La potenza dell’uomo al posto della gloria di Dio! Questo è il pane di ogni giorno. Per questo la preghiera di tutti i giorni a Dio “Venga il tuo Regno, cresca il tuo Regno”, perché la salvezza non verrà dalle nostre furbizie, dalle nostre astuzie, dalla nostra intelligenza nel fare gli affari. La salvezza verrà dalla grazia di Dio e dall’allenamento quotidiano che noi facciamo di questa grazia nella vita cristiana. Io vi confesso, quando vedo queste ingiustizie, questa superbia umana, anche quando vedo il pericolo che a me stesso avvenga questo, il pericolo di perdere il senso del peccato, mi fa bene pensare ai tanti Uria della storia, ai tanti Uria che anche oggi soffrono la nostra mediocrità cristiana, quando noi perdiamo il senso del peccato, quando noi lasciamo che il Regno di Dio cada… Questi sono i martiri dei nostri peccati non riconosciuti. Ci farà bene oggi pregare per noi, perché il Signore ci dia sempre la grazia di non perdere il senso del peccato, perché il Regno non cali in noi. Anche portare un fiore spirituale alla tomba di questi Uria contemporanei, che pagano il conto del banchetto dei sicuri, di quei cristiani che si sentono sicuri.»
31 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
11._____ «A noi ci piace bastonare gli altri, condannare gli altri. Il messaggio di Gesù è quello: la misericordia. È il messaggio più forte del Signore, la misericordia. Lui stesso lo ha detto “io non sono venuto per i giusti – i giusti si giustificano da soli, ah se tu puoi farlo, io non posso farlo, ma loro credono che possono farlo – io sono venuto per i peccatori”. Lui è venuto per noi quando noi riconosciamo di essere peccatori. Ma se noi siamo come quel fariseo davanti all’altare – “ti ringrazio Signore perché non sono come tutti gli altri uomini” – non conosciamo il cuore del signore. E non avremo mai la gioia di sentire questa
misericordia. Gesù ha una capacità unica di dimenticare, ti bacia e ti abbraccia, e soltanto ti dice “neanche io ti condanno, va e non peccare più”. Il Signore mai si stanca di perdonare, mai. Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono. Chiediamo la grazia di non stancarci mai di chiedere il perdono.»
17 Marzo 2013, Santa Messa, Sant’Anna in Vaticano
12. [… ed incamminiamoci verso la riconciliazione con Dio...] «Ma cosa è la riconciliazione? Prendere uno da questa parte, prenderne un altro e farli uniti: no, questa è parte ma non è. La vera riconciliazione è che Dio, in Cristo, ha preso i nostri peccati e Lui si è fatto peccato per noi. E quando noi andiamo a confessarci, per esempio, non è che diciamo il peccato e Dio ci perdona. No, non è quello! Noi troviamo Gesù Cristo e gli diciamo: “Questo è tuo e io ti faccio peccato un’altra volta”. E a Lui piace quello, perché è stata la sua missione: farsi peccato per noi, per liberare a noi. Ma i filosofi dicono che la pace è una certa tranquillità nell’ordine: tutto ordinato e tranquillo… Quella non è la pace cristiana! La pace cristiana è una pace inquieta, non è una pace tranquilla: è una pace inquieta, che va avanti per portare avanti questo messaggio di riconciliazione.»
14 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
13. [... che tramite l’intercessione di Gesù ...] «In realtà le guarigioni, l’insegnamento, le parole forti contro l’ipocrisia, erano soltanto un segno, un segno di qualcosa di più che Gesù stava facendo, cioè il perdono dei peccati: in Gesù il mondo viene riconciliato con Dio, questo è il miracolo più profondo. Questa riconciliazione è la ricreazione del mondo: questa è la missione più profonda di Gesù. La redenzione di tutti noi peccatori, e Gesù questo lo fa non con parole, non con gesti, non camminando sulla strada, no! Lo fa con la sua carne! È proprio Lui, Dio, che diventa uno di noi, uomo, per guarirci da dentro, a noi peccatori. Gesù ci libera dal peccato facendosi Lui stesso peccato, prendendo su di sé tutto il peccato e questa è la
nuova creazione. Gesù scende dalla gloria e si abbassa, fino alla morte, alla morte di Croce fino a gridare: “Padre, perché mi hai abbandonato!”. Questa è la sua gloria e questa è la nostra salvezza. Noi siamo salvati in Gesù Cristo! E nessuno ci può rubare questa carta di identità. Mi chiamo così: figlio di Dio! Che bella carta di identità! Stato civile: libero!»
4 Luglio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
14. [... e Maria...] «La Madonna sempre ci porta a Gesù. Come è stata la fede di Maria? Il primo elemento è questo: la fede di Maria scioglie il nodo del peccato. Ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, la vergine Maria lasciò sciolto con la sua fede. Il nodo della disubbidienza, il nodo dell’incredulità. Quando noi non Lo [Dio] ascoltiamo, non seguiamo la Sua volontà, compiano delle azioni concrete in cui mostriamo mancanza di fiducia in Lui – questo è il peccato –, si forma come un nodo nella nostra interiorità. Questi nodi ci tolgono la pace e la serenità. Sono pericolosi perché da più nodi può venire un groviglio che è sempre più doloroso e sempre più difficile da sciogliere. Ma alla misericordia di Dio nulla è impossibile, anche sciogliere i nodi più intricati. Maria è la madre che con pazienza e tenerezza ci porta a Dio perché Egli sciolga i nodi della nostra anima con la Sua misericordia di Padre.»
12 Ottobre 2013, Giornata Mariana e preghiera della Via Matris, Piazza San Pietro, Vaticano
15. [... non si stanca di perdonare i nostri peccati...] «Gesù perdona sempre e i suoi gesti diventano anche rivoluzionari, o inesplicabili, quando il Suo perdono raggiunge chi si è allontanato “troppo”.»
24 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
16._____ «Maria ci insegna ad avere piena fiducia in Dio, nella Sua misericordia. Questa è la potenza della preghiera. Non stanchiamoci di bussare alla porta di Dio, portiamo al cuore di Dio tutta la nostra vita ogni giorno. Maria ci insegna che Dio non ci abbandona. Abbiamo fiducia in Lui, bussiamo alla porta del Suo cuore. Nel cammino, spesso difficile, non siamo soli.»
22 Settembre 2013, Santa Messa, Santuario di Nostra Signora di Bonaria, Cagliari
17._____ «Non perdiamo mai fiducia nella misericordia paziente di Gesù. Dio non è come noi che vogliamo tutto e subito. Dio è paziente con noi perché ci ama. Non taglia i ponti, sa perdonare. Dio ci aspetta sempre, anche quando ci siamo allontanati. Lui non è mai lontano, ed è sempre pronto ad abbracciarci. Dio risponde alla nostra debolezza con la sua pazienza. La pazienza di Dio deve trovare in noi il coraggio di ritornare a Lui. Dove è abbondato il peccato è sovrabbondata la grazia. Il nostro merito è la misericordia di Dio. Di che cosa mi vanterò, se non della mia debolezza, della mia povertà?»
7 Aprile 2013, Messa per l’insediamento sulla Cattedra romana, Basilica di San Giovanni in Laterano, Roma
18._____ «Certo, ci sono imperfezioni e peccati […] anche il Papa ne ha, ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere peccatori troviamo la misericordia di Dio. Dio sempre perdona e ci riceve nel suo amore di perdono e misericordia. Il peccato è l’opportunità, l’umiliazione, per accorgersi che c’è un’altra cosa più bella che è la misericordia di Dio. Dio ci chiama a vivere la nostra fede insieme, come famiglia e come Chiesa.»
29 Maggio 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
19._____ «Sentire misericordia cambia tutto. È il meglio che possiamo sentire. Un po di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe.»
17 Marzo 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
20._____ «La misericordia di Gesù non è solo un sentimento, è una forza che da vita, che resuscita l’uomo. La misericordia è l’atteggiamento di Dio a contatto con la miseria umana, con la nostra indigenza, con la nostra sofferenza, con la nostra angoscia. E qual’è il frutto di questo amore, di questa misericordia? È la vita. La misericordia di Dio da vita all’uomo, lo resuscita dalla morte. Il Signore ci guarda sempre con misericordia. Ci attende con misericordia. Non abbiamo timore di avvicinarci a Lui. Se gli mostriamo le nostre ferite interiori, le nostre paure, i nostri peccati, egli sempre ci perdona.»
9 Giugno 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
21._____ «Non c’è professione o condizione sociale, non c’è peccato o crimine di alcun genere che possa cancellare dalla memoria e dal cuore di Dio uno solo dei Suoi figli. Dio ricorda, sempre, non dimentica nessuno di quelli che ha creato. Lui è Padre, sempre vigile nell’attesa di veder rinascere nel cuore del figlio il desiderio del ritorno a casa. Quando riconosce quel desiderio, tante volte quasi incosciente, subito gli è accanto e con il Suo perdono gli rende più lieve il cammino della conversione e del ritorno. Dico a te: se tu hai un peso sulla tua coscienza, se tu hai vergogna di tante cose che hai commesso, fermati un pò, non spaventarti, pensa che uno ti aspetta porche mai ha smesso di ricordarti, di pensarti e questo è il tuo Padre, è Gesù che ti aspetta. Arrampicati – come ha
fatto Zaccheo –, sali sull’albero della voglia di essere perdonato. Io ti assicuro che non sarai deluso. Gesù è misericordioso e mai si stanca di perdonare. Lasciamoci chiamare per nome da Gesù. Nel profondo del cuore, ascoltiamo la Sua voce che ci dice “oggi devo fermarmi a casa tua”. Accogliamolo con gioia. Lui può cambiarci, può trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne, può liberarci dall’egoismo e fare dalla nostra vita un dono d’amore. Gesù può farlo.»
3 Novembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
22._____ «Dio è gioioso. E qual’è la gioia di Dio? La gioia di Dio è perdonare. Guardate che non è buonismo. Al contrario, la misericordia è la vera forza che può salvare l’uomo e il mondo. Solo l’amore riempie i vuoti, le voragini negative che il male apre nei cuori. Questa è la gioia di Dio. Gesù è tutta misericordia, è tutto amore. Il Padre non ci abbandona mai, è un Padre paziente, ci aspetta sempre. Rispetta la nostra liberta, ma rimane sempre fedele, e quando ritorniamo a Lui ci accoglie come figli nella sua casa perché non smette mai – neppure per un momento – di aspettarci con amore. Dio ha questa gioia, quando uno di noi peccatori viene da Lui e chiede il suo perdono. Il pericolo qual’è? È che noi presupponiamo di essere giusti e giudichiamo gli altri, giudichiamo anche Dio perché pensiamo che dovrebbe castigare i peccatori, condannarli a morte invece di perdonarli. Allora si che rischiamo di rimanere fuori dalla casa del Padre. Se nel nostro cuore non c’è misericordia, la gioia del perdono, non siamo in comunione con Dio, anche se osserviamo tutti i precetti – perché è l’amore che salva, non la sola pratica dei precetti. Se noi viviamo secondo la legge “occhio per occhio, dente per dente”, mai usciamo dalla spirale del male. Il maligno è furbo e ci illude che con la nostra giustizia umana possiamo salvarci e salvare il mondo. In realtà, solo la giustizia di Dio ci può salvare, e la giustizia di Dio si è rivelata nella Croce. La Croce è il giudizio di Dio su tutti noi e su questo mondo. Come ci giudica Dio? Dando la vita per noi, ecco l’atto supremo di giustizia che ha sconfitto una volta per tutti il principe di questo mondo – e questo atto supremo di giustizia è anche l’atto supremo di misericordia.»
15 Settembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
23. [... e quelli di tutti i peccatori.] «La grazia di Dio sempre vince, perché è Lui stesso che si dona, che si avvicina, che ci accarezza, che ci guarisce. E per questo ma, forse ad alcuni di noi non piace dire questo, ma quelli che sono più vicini al cuore di Gesù sono i più peccatori, perché Lui va a cercarli, chiama tutti: “Venite, venite!”. E quando gli chiedono una spiegazione, dice: “Ma, quelli che hanno buona salute non hanno bisogno del medico; io sono venuto per guarire, per salvare”.»
21 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
24._____ «“E voi – come se Lui [Gesù] dicesse – voi vi scandalizzate di questo, ma mio Padre gioisce”. Quello è il messaggio più profondo di questo: la gioia di Dio, che è un Dio a Lui non piace perdere, non è un buon perdente e per questo, per non perdere, esce da sé e va, cerca. È un Dio che cerca: cerca tutti quelli che sono lontani da Lui. Come il pastore, che va a cercare la pecora smarrita. Lui non tollera perdere uno dei suoi. Ma questa sarà anche la preghiera di Gesù, nel Giovedì Santo: “Padre, che non si perda nessuno di quelli che Tu mi hai dato”. È un Dio che cammina per cercarci e ha una certa debolezza d’amore per quelli che si sono più allontanati, che si sono perduti ... Va e li cerca. E come cerca? Cerca sino alla fine, come questo pastore che va nel buio, cercando, finché la trova; o come la donna, che quando perde quella moneta accende la lampada, spazza la casa e cerca accuratamente. Così cerca Dio. “Ma questo figlio non lo perdo, è mio! E non voglio perderlo”. Ma questo è nostro Padre: sempre ci cerca. La gioia di Dio non è la morte del peccatore, ma la sua vita: è la gioia. Quanto lontano era questa gente che mormorava contro Gesù, quanto lontano dal cuore di Dio! Non lo conoscevano. Credevano che essere religiosi, che essere persone buone era andare sempre bene, anche educati e tante volte fare finta di essere educati, no? Questa è l’ipocrisia della mormorazione. Invece, la gioia del Padre, Dio, è quella dell’amore: ci ama. “Ma, io sono un peccatore, ho fatto questo, questo, questo!”… “Ma io ti amo lo stesso e vado a cercarti e ti porto a casa”. Questo è il nostro Padre.»
7 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
25._____ «Ma dite con i gesti, con le parole, con il cuore che il Signore non rimane fuori, non rimane fuori dalla loro cella, non rimane fuori dalle carceri, ma è dentro, è lì. Potete dire questo: il Signore è dentro con loro; anche lui è un carcerato, ancora oggi, carcerato dei nostri egoismi, dei nostri sistemi, di tante ingiustizie, perché è facile punire i più deboli, ma i pesci grossi nuotano liberamente nelle acque. Nessuna cella è così isolata da escludere il Signore, nessuna; Lui è lì, piange con loro, lavora con loro, spera con loro. Qualche volta li chiamo [i carcerati di Buenos Aires], specialmente la domenica, faccio una chiacchierata. Poi quando finisco penso: perché lui è lì e non io che ho tanti e più motivi per stare lì? Pensare a questo mi fa bene: poiché le debolezze che abbiamo sono le stesse, perché lui è caduto e io non sono caduto io? Per me questo è un mistero che mi fa pregare e mi fa avvicinare ai carcerati.»
22 Ottobre 2013, Incontro con i Cappellani delle carceri Italiane, Aula Paolo VI, Vaticano
Non abbiamo paura di fuggire dal peccato e dalle tentazioni, senza mai voltarci indietro con nostalgia o curiosità.
26. [Non abbiamo paura di fuggire dal peccato e dalle tentazioni...] «È tanto difficile tagliare con una situazione peccaminosa. È difficile! Anche in una tentazione, è difficile! Ma la voce di Dio ci dice questa parola: “Fuggi! Tu non puoi lottare lì, perché il fuoco, lo zolfo ti uccideranno. Fuggi!”. Santa Teresina del Bambin Gesù ci insegnava che alcune volte, in alcune tentazioni, l’unica soluzione è fuggire e non avere vergogna di fuggire; riconoscere che siamo deboli e dobbiamo fuggire. E il nostro popolo nella sua semplice saggezza lo dice un pò ironicamente: “Soldato che fugge, serve per un’altra guerra”. Fuggire per andare avanti nella strada di Gesù.»
2 Luglio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
27._____ «La tentazione, da dove viene? Come agisce dentro di noi? L’apostolo ci dice che non viene da Dio, ma dalle nostre ioni, dalle nostre debolezze interiori, dalle ferite che ha lasciato in noi il peccato originale: da lì vengono, le tentazioni, da queste ioni. È curioso, la tentazione ha tre caratteristiche: cresce, contagia e si giustifica. Cresce: incomincia con un’aria tranquilla, e cresce… Lo stesso Gesù diceva questo, quando ha parlato della parabola del grano e della zizzania: il grano cresceva, ma anche la zizzania seminata dal nemico. E la tentazione cresce: cresce, cresce… E se uno non la ferma, occupa tutto. Inoltre la tentazione cerca un altro per farsi compagnia, contagia e in questo crescere e contagiare, la tentazione ci chiude in un ambiente da dove non si può uscire con facilità. E così, quando noi siamo in tentazione, non sentiamo la Parola di Dio: non sentiamo. Non capiamo. La tentazione ci chiude, ci toglie ogni capacità di lungimiranza, ci chiude ogni orizzonte, e così ci porta al
peccato. Quando noi siamo in tentazione, soltanto la Parola di Dio, la Parola di Gesù ci salva. Sentire quella Parola che ci apre l’orizzonte… Lui sempre è disposto a insegnarci come uscire dalla tentazione. E Gesù è grande perché non solo ci fa uscire dalla tentazione, ma ci da più fiducia. Questa fiducia è una forza grande, quando siamo in tentazione: il Signore ci aspetta, si fida di noi così tentati, peccatori, apre sempre orizzonti. Viceversa il diavolo con la tentazione, chiude, chiude, chiude. Chiediamo al Signore che sempre, come ha fatto con i discepoli, con la sua pazienza, quando siamo in tentazione ci dica: “Fermati, stai tranquillo. Ricordati cosa ho fatto con te in quel momento, in quel tempo: ricordati. Alza gli occhi, guarda l’orizzonte, non chiudere, non chiuderti, vai avanti”. E questa Parola ci salverà dal cadere in peccato nel momento della tentazione.»
18 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
28. [... senza mai voltarci indietro con nostalgia... ] «Quando Gesù fa tornare la bonaccia sul mare agitato, i discepoli sulla barca sono pieni di stupore. Sempre, davanti al peccato, davanti alla nostalgia, davanti alla paura dobbiamo rivolgerci al Signore. Guardare il Signore, contemplare il Signore. Questo ci dà questo stupore, tanto bello, di un nuovo incontro con il Signore. “Signore, io ho questa tentazione: voglio rimanere in questa situazione di peccato; Signore, io ho la curiosità di conoscere come sono queste cose; Signore io ho paura”. E loro hanno guardato il Signore: “Salvaci Signore, siamo perduti!” Ed è venuto lo stupore del nuovo incontro con Gesù.»
2 Luglio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
29._____ «Vincere la nostalgia del peccato. Pensiamo al Popolo di Dio nel deserto. Aveva tutto, le promesse, tutto. Eppure, c’era la nostalgia delle cipolle d’Egitto e questa nostalgia faceva dimenticare loro che quelle cipolle le mangiavano sulla tavola della schiavitù. C’era la nostalgia di ritornare, ritornare.
E il consiglio dell’angelo è saggio: “Non guardare indietro! Va avanti”. Dobbiamo tagliare ogni nostalgia, perché c’è la tentazione anche della curiosità. Davanti al peccato, fuggire senza nostalgia. La curiosità non serve, fa male! “Ma, in questo mondo tanto peccaminoso, come si può fare? Ma come sarà questo peccato? Io vorrei conoscere...”. No, lascia! La curiosità ti farà male! Fuggire e non guardare indietro! Siamo deboli, tutti, e dobbiamo difenderci.»
2 Luglio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
30. [... o curiosità.] «È quando noi vogliamo impadronarci dei progetti di Dio, del futuro, delle cose; conoscere tutto, prendere in mano tutto… I farisei domandarono a Gesù: “Quando verrà il Regno di Dio?”. Curiosi. Volevano conoscere la data, il giorno… Lo spirito di curiosità ci allontana dallo Spirito della sapienza, perché soltanto interessa i dettagli, le notizie, le piccole notizie di ogni giorno. “O come si farà questo?” È il come: è lo spirito del come. E lo spirito di curiosità non è un buono spirito: è lo spirito di dispersione, di allontanarsi da Dio, lo spirito di parlare troppo. E Gesù anche va a dirci una cosa interessante: questo spirito di curiosità, che è mondano, ci porta alla confusione. La curiosità ci spinge a voler sentire che il Signore è qua oppure è là; o ci fa dire: “Ma io conosco un veggente, una veggente, che riceve lettere della Madonna, messaggi dalla Madonna”. Ma, guardi, la Madonna è Madre! E ci ama a tutti noi. Ma non è un capoufficio della Posta, per inviare messaggi tutti i giorni. Il Regno di Dio è in mezzo a noi: non cercare cose strane, non cercare novità con questa curiosità mondana. Lasciamo che lo Spirito ci porti avanti, con quella saggezza che è una soave brezza. Questo è lo Spirito del Regno di Dio, di cui parla Gesù. Così sia.»
14 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
1.2. Un cammino che si fonda su Gesù
Riconosciamo chi è Gesù per riconoscere la Sua chiamata e rinnovare i sacramenti, pregando per superare l’incredulità iniziale, lasciandoci guardare, amare, rinnovare e guidare lungo il cammino da Lui fino a convertirci, anche se ciò implica cambiare i nostri progetti personali.
31. [Riconosciamo chi è Gesù...] «Abbiamo la possibilità più importante della nostra vita: credere. Credere che Gesù è morto per i nostri peccati ed è risorto per la nostra giustificazione. Per ogni uomo, il principio della vita è quello a partire dal quale Cristo è stato immolato per lui. Ma Cristo è immolato per lui nel momento in cui egli riconosce la grazia e diventa cosciente della vita procuratagli da quella immolazione.»
29 Marzo 2013, Celebrazione della ione del Signore, Basilica Vaticana, Vaticano
32._____ «Cristo è al centro. Cristo è il centro. Cristo centro della creazione, Cristo centro del popolo, Cristo centro della storia. Egli è il principio. Gesù Cristo, il Signore, Dio ha dato a Lui la pienezza, la totalità, perché in Lui siano riconciliate tutte le cose. Pertanto l’atteggiamento richiesto al credente, se vuole essere tale, è quello di riconoscere e di accogliere nella vita questa centralità di Gesù Cristo, nei pensieri, nelle parole e nelle opere. Così i nostri pensieri saranno pensieri crist-iani, pensieri di Cristo. Le nostre opere saranno saranno opere crist-iane, opere di Cristo. Le nostre parole sararnno parole crist-iane, parole di Cristo. Quando si perde questo centro perché lo si sostituisce con qualcosa d’altro, ne derivano soltanto dei danni per l’ambiente attorno a noi e
per l’uomo stesso. Cristo è centro del popolo di Dio. In Lui noi siamo uno, un solo popolo, un solo cammino, un solo cammino. Solamente in Lui abbiamo l’identità come popolo. Cristo è il centro della storia dell’umanità e di ogni uomo. A Lui possiamo riferire le gioie e le speranze, le tristezze e le angoscie di cui è intessuta la nostra vita. Quando Gesù è al centro, anche i momenti più bui della nostra esistenza si illuminano e ci da speranza come avviene per il buon ladrone nel Vangelo. Quando l’uomo trova il coraggio di chiedere il perdono, il Signore non lascia mai cadere una simile richiesta. Oggi, tutti noi possiamo pensare alla nostra storia, al nostro cammino. Ognuno di noi ha la sua storia. Ognuno di noi anche ha i suoi sbagli, i suoi peccati, i suoi momenti felici e i suoi momenti bui. Ci farà bene pensare alla nostra storia e guardare Gesù e dal cuore ripetergli tante volte – ma col cuore, in silenzio, ognuno di noi – “ricordati di me, Signore, adesso che sei nel tuo regno. Gesù ricordati di me perché io ho voglia di diventare buono ma non ho forza, non posso, sono peccatore. Ma ricordati di me Gesù, tu puoi ricordarti di me perché Tu sei al centro, Tu sei proprio nel Tuo regno.” Che bello, facciamolo oggi tutti, tante volte. La storia del buon ladrone ci dice che la grazia del Signore è sempre più abbondante della preghiera che l’ha richiesta. Gesù è proprio il centro dei nostri desideri di gioia e salvezza. Andiamo tutti insime su questa strada.»
24 Novembre 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di San Pietro
33._____ «Al centro c’è Lui, Lui muove tutto, Lui ci attira al tempio, alla Chiesa, dove possiamo incontrarlo, riconoscerlo, abbracciarlo. Gesù ci viene incontro. Gesù ci viene incontro nella Chiesa attraverso il carisma di un suo testimone, di una sua testimone. Questo sempre ci stupisce e ci fa rendere grazia. Mai rigidi, mai chiusi alla voce di Dio che parla, che apre, che conduce, che ci invita ad andare verso l’orizzonte. La grazia di questo mistero, il mistero dell’incontro, ci illumini e ci conforti nel nostro cammino.»
2 Febbraio 2014, Santa Messa, Basilica di San Pietro, Vaticano
34._____ «Questa festa [l’Epifania] ci fa vedere un duplice movimento. Da un parte il movimento di Dio verso il mondo, verso l’umanità. E d’altra parte il movimento degli uomini verso Dio. Questo duplice movimento è mosso da una reciproca attrazione. Da parte di Dio che cosa attrae? È l’amore per noi. Siamo Suoi figli, ci ama, vuole liberarci dal male, dalla morte, e portarci nella Sua casa, nel Suo regno. Per pura grazia ci attrae per unirci a sè. E anche da parte nostra c’è un amore, un desiderio. Il bene sempre ci attrae, la verità ci attrae, la vita, la felicità ci attrae. Gesù è il punto di incontro di questa attrazione reciproca, di questo duplice movimento. La luce ci precede, la bellezza ci precede, Dio ci precede. Lui da il primo o. Dio ci precede sempre, la grazia di Lui ci precede, e questa grazia è Gesù. Lui è la manifestazione dell’amore di Dio.»
6 Gennaio 2014, Angelus Domini, Piazza della Basilica di San Pietro, Vaticano
35._____ «Dio è solidale con l’uomo e con la sua storia. Questa prossimità di Dio con l’uomo, ad ogni uomo, ad ognuno di noi è un dono che non tramonta mai. Lui è con noi, Lui è Dio-con-noi, e questa prossimità non tramonta mai. Ecco il lieto annuncio del Natale, la luce divina che inondò i cuori della vergine Maria e di San Giuseppe, e guidò i i dei Re Magi, brilla anche oggi per noi. Nel mistero dell’incarnazione del figlio di Dio c’è anche un aspetto legato alla libertà umana, alla libertà di ciascuno di noi. Infatti il verbo di Dio pianta la Sua tenda fra noi, peccatori e bisognosi di misericordia. Tutti noi dovremmo affrettarci ad accettare la grazia che egli ci offre. Noi tante volte lo rifiutiamo. Preferiamo rimanere nell’angoscia dei nostri peccati. Ma Gesù non desiste e non smette di offrire se stesso e la Sua grazia che ci salva. Gesù è paziente, Gesù sa aspettare, ci aspetta sempre.»
5 Gennaio 2014, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
36._____ «Dio si è fatto storia. Dio ha voluto farsi storia. È con noi. Ha fatto il cammino con noi. Fa storia con noi. Di più: quando Dio vuol dire chi è, dice “Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e Giacobbe”. Ma qual è il cognome di Dio?
Siamo noi, ognuno di noi. Lui prende da noi il nome per farlo il suo cognome. Noi scriviamo questa storia di grazia e peccato e Lui va dietro a noi. Questa è l’umiltà di Dio, la pazienza di Dio, l’amore di Dio. E questo fa piangere, tanto amore, tanta tenerezza. Avere un Dio così. La Sua gioia è stata condividere la Sua vita con noi. Il Libro della Sapienza dice che la gioia del Signore è fra i figli dell’uomo, con noi. Avvicinandosi il Natale, viene da pensare: se Lui ha fatto la Sua storia con noi, se Lui ha preso il Suo cognome da noi, se Lui ha lasciato che noi le scriviamo la Sua storia, almeno lasciamo, noi, che Lui ci scriva la nostra storia. E quella è la santità: lasciare che il Signore ci scriva la nostra storia. E questo è un augurio di Natale per tutti noi. Che il Signore ti scriva la storia e che tu lasci che Lui te la scriva. Così sia.»
17 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
37._____ «Camminare, questo verbo ci fa pensare al lungo cammino della salvezza, a cominciare da Abramo. Da allora, la nostra identità di credenti è quella di gente pellegrina verso la terra promessa. Questa storia è sempre accompagnata dal Signore. Egli è sempre fedele al Suo patto e alle Sue promesse. In Lui non c'è tenebra alcuna. Da parte del popolo invece si alternano momenti di luce e di tenebra, fedeltà e infedeltà, obbedienza e ribellione. Momenti di popolo pellegrino e momenti di popolo errante. Anche nella nostra storia personale si alternano momenti luminosi ed oscuri. Se amiamo Dio e i fratelli camminiamo nella luce. Se il nostro cuore si chiude, se prevalgono in noi l'orgoglio, la menzogna la ricerca del proprio interesse, allora scendono le tenebre dentro di noi. La grazia che è apparsa nel mondo è Gesù, che è nato dalla vergine Maria, vero uomo, vero Dio. Egli è venuto nella nostra storia, ha condiviso il nostro cammino, è venuto per liberarci dalle tenebre e donarci la luce. In Lui è apparsa la grazia, la misericordia, la tenerezza del Padre. Gesù è l'amore fattosi carne. Non è soltanto un maestro di sapienza, non è un ideale a cui tendiamo e da cui sappiamo di essere inesorabilmente lontani. È il senso della vita e della storia che ha posto la Sua tenda in mezzo di noi. I pastori sono stati i primi a vedere questa tenda, a ricevere l'annunzio della nascita di Gesù. Sono stati i primi perché erano tra gli ultimi, gli emarginati e sono stati i primi perché vegliavano nella notte, facendo la guardia al loro gregge. Con loro ci fermiamo davanti a Lui, ci fermiamo in silenzio. Con loro ringraziamo il Signore
per averci donato Gesù. Con loro lasciamo salire dal profondo del cuore la lode della Sua fedeltà. Dio ci ama, ci ama tanto che ci ha donato Suo figlio come nostro fratello, come luce nelle nostre tenebre. Il Signore ci ripete: "non temete, come hanno detto gli angeli ai pastori - non temete". Anche io vi ripeto a tutti voi: "non temete". Il nostro padre è paziente, ci ama, ci dona Gesù per guidarci verso la terra promessa. Egli è la luce che rischiara le tenebre. Egli è la misericordia. Egli è la nostra pace.»
24 Dicembre 2013, Santa Messa della Notte di Natale, Basilica di San Pietro, Vaticano
38._____ «Ci sono momenti belli che danno gioia e anche momenti brutti di dolore, di martirio, di peccato. E sia nei momenti brutti, sia nel momenti belli una cosa sempre è la stessa: il Signore è là, mai abbandona il Suo popolo! Perché il Signore, quel giorno del peccato, del primo peccato, ha preso una decisione, ha fatto una scelta: fare Storia con il Suo popolo. E Dio, che non ha Storia, perché è eterno, ha voluto fare Storia, camminare vicino al Suo popolo. Ma di più: farsi uno di noi e come uno di noi, camminare con noi, in Gesù. E questo ci parla, ci dice dell’umiltà di Dio. Umiltà. Dio sempre aspetta. Dio è accanto a noi, Dio cammina con noi, è umile: ci aspetta sempre. Gesù sempre ci aspetta. Questa è l’umiltà di Dio. E il Signore Gesù, anche nella nostra vita personale ci accompagna: con i Sacramenti. Il Sacramento non è un rito magico: è un incontro con Gesù Cristo, ci incontriamo il Signore. È Lui che è accanto a noi e ci accompagna. Anche lo Spirito Santo ci accompagna e ci insegna tutto quello che noi non sappiamo, nel cuore e ci ricorda tutto quello che Gesù ci ha insegnato. E così ci fa sentire la bellezza della buona strada. Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo sono compagni di cammino, fanno Storia con noi.»
24 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
39._____ «La ragione della nostra speranza è questa: Dio è con noi. E Dio si fida ancora di noi. È generoso questo Padre, Dio. Dio viene ad abitare con gli uomini.
Per tanto la terra non è più soltanto una valle di lacrime, ma è il luogo dove Dio stesso ha posto la Sua tenda. È il luogo dell’incontro di Dio con l’uomo della solidarietà di Dio con gli uomini. Dio ha voluto condividere la nostra condizione umana al punto da farsi una cosa sola con noi nella persona di Gesù. La presenza di Dio in mezzo all’umanità non si è attuata in un mondo ideale, idilliaco, ma in questo mondo reale, segnato da tante cose buone e cattive, segnato da divisioni, malvagità, divisioni e guerre. Egli ha scelto di abitare la nostra storia come è. Così facendo ha dimostrato in maniera insuperabile la Sua inclinazione misericordiosa, e ricolma d’amore verso gli essere umani. Egli è Dio-con-noi. Gesù è Dio-con-noi. Il Natale è la manifestazione che Dio si è schierato una volta per tutte dalla parte dell’uomo, per salvarci, per risollevarci dalla polvere delle nostre miserie. La nascita di Gesù ci porta la bella notizia che siamo amati immensamente, singolarmente da Dio e questo amore ce lo dona, ce lo comunica. Dalla contemplazione gioiosa del figlio di Dio possiamo ricavare due considerazioni. La prima, è che se nel Natale Dio si rivela non come uno che sia in alto e che domina l’universo, ma come colui che si abbassa – Dio discende sulla Terra, piccolo e povero –, significa che per essere simili a Lui noi non dobiamo metterci al di sopra degli altri, ma anzi abbassarci. Metterci al servizio, farci piccoli con i piccoli e poveri con i poveri. La seconda consequenza, se Dio per mezzo di Gesù si è coinvolto con l’uomo al punto da diventare uno di noi, vuol dire che qualunque cosa avremmo fatto a un fratello o a una sorella l’avremo fatta a Lui. Ce lo ha ricordato lo stesso Gesù.»
18 Dicembre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
40._____ «Quando guardiamo un papà o una mamma che parlano al loro figliolo, noi vediamo che loro diventano piccoli e parlano con la voce di un bambino e fanno gesti di bambini. Uno che guarda dal di fuori può pensare: ma questi sono ridicoli! Si rimpiccioliscono, proprio lì, no? Perché l’amore del papà e della mamma ha necessità di avvicinarsi, dico questa parola: di abbassarsi proprio al mondo del bambino. Si avvicinano, si fanno bambini. E così è il Signore.»
12 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
41._____ «Con la nascita di Gesù i cieli si aprono. Dio ci da in Cristo la garanzia di un amore indistruttibile. Da quando il verbo si è fatto carne, è dunque possibile vedere i cieli aperti. È stato possibile per i pastori di Betlemme, per i Magi d’oriente, per il Battista, per gli Apostoli di Gesù, per Santo Stefano – il primo martire – che esclamo: “contemplo i cieli aperti”. Ed è possibile anche per ognuno di noi, se ci lasciamo invadere dall’amore di Dio che ci viene donato la prima volta nel battesimo per mezzo dello Spirito Santo. Lasciamoci invadere dall’amore di Dio: questo è il grande tempo della misericordia, non dimenticarlo! Questo è il grande tempo della misericordia!.»
12 Gennaio 2014, Angelus Domini, Piazza della Basilica di San Pietro, Vaticano
42._____ «Il Signore ci domanda: “Cosa pensi tu di me?”. Ma lo fa, eh? Lo fa tante volte! “Cosa pensi tu di me?”, dice il Signore. E noi non possiamo farci quelli che non capiscono bene. Venerazione e amore per il Suo Santo Nome. Certezza che Lui ci ha stabiliti su una roccia: la roccia del Suo amore. E da questo amore noi ti diamo la risposta, diamo la risposta. E quando Gesù fa queste domande – “Chi sono io per te?” – bisogna pensare a questo: io sono stabilito sulla roccia dell’amore di Lui. Lui mi guida. Devo rispondere fermo su quella roccia e sotto la guida di Lui stesso. Quando noi diciamo, dalla venerazione e dall’amore, sicuri, sicuri sulla roccia dell’amore e sulla guida di Lui: “Tu sei l’unto”, questo ci farà tanto bene e ci farà andare avanti con sicurezza e prendere la Croce di ogni giorno, che alle volte è pesante.»
23 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
43._____ «Tante volte, Gesù si rivolge a noi e ci domanda: “Ma per te chi sono io?”, ottenendo la stessa risposta di Pietro, quella che abbiamo imparato nel
catechismo. Ma non basta. Sembra che per rispondere a quella domanda che noi tutti sentiamo nel cuore – “Chi è Gesù per noi?” – non è sufficiente quello che noi abbiamo imparato, studiato nel catechismo, che è importante studiarlo e conoscerlo, ma non è sufficiente. Per conoscere Gesù è necessario fare il cammino che ha fatto Pietro: dopo questa umiliazione, Pietro è andato con Gesù avanti, ha visto i miracoli che Gesù faceva, ha visto il suo potere, poi ha pagato le tasse, come gli aveva detto Gesù, ha pescato un pesce, tolto una moneta, ha visto tanti miracoli del genere. Ma, a un certo punto, Pietro ha rinnegato Gesù, ha tradito Gesù, e ha imparato quella tanto difficile scienza – più che scienza, saggezza – delle lacrime, del pianto. Questa prima domanda – “Chi sono io per voi, per te?” – a Pietro, soltanto si capisce lungo una strada, dopo una lunga strada, una strada di grazia e di peccato, una strada di discepolo. Gesù a Pietro e ai suoi Apostoli non ha detto “Conoscimi!” ha detto “Seguimi!”. E questo seguire Gesù ci fa conoscere Gesù. Seguire Gesù con le nostre virtù, anche con i nostri peccati, ma seguire sempre Gesù. Non è uno studio di cose che è necessario, ma è una vita di discepolo. Ci vuole un incontro quotidiano con il Signore, tutti i giorni, con le nostre vittorie e le nostre debolezze. Ma è anche un cammino che noi non possiamo fare da soli. Conoscere Gesù è un dono del Padre, è Lui che ci fa conoscere Gesù; è un lavoro dello Spirito Santo, che è un grande lavoratore. Non è un sindacalista, è un grande lavoratore e lavora in noi, sempre. Fa questo lavoro di spiegare il mistero di Gesù e di darci questo senso di Cristo. Guardiamo Gesù, Pietro, gli apostoli e sentiamo nel nostro cuore questa domanda: “Chi sono io per te?”. E come discepoli chiediamo al Padre che ci dia la conoscenza di Cristo nello Spirito Santo, ci spieghi questo mistero.»
20 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
44._____ «È stato lo Spirito Santo a toccare il cuore di Pietro per dire chi è Gesù. Se è il Cristo, il Figlio di Dio vivo, è un mistero, eh? Chi può spiegare quello... Ma Lui l’ha detto. E se ognuno di noi, nella sua preghiera, guardando il Tabernacolo, dice al Signore tu: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo”, primo non può dirlo da se stesso, deve essere lo Spirito Santo a dirlo in lui. E, secondo, preparati, perché Lui ti risponderà: “È vero”.»
27 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
45._____ «Non si può conoscere Gesù senza avere problemi. Non uno, tanti ne avrai!’. Ma è la strada per conoscere Gesù! Non si può conoscere Gesù in prima classe! Gesù si conosce nell’andare quotidiano di tutti i giorni. Non si può conoscere Gesù nella tranquillità, neppure nella biblioteca. Certo si può conoscere Gesù nel Catechismo perché il Catechismo ci insegna tante cose su Gesù. Dobbiamo studiarlo, dobbiamo impararlo. Così conosciamo il Figlio di Dio, che è venuto per salvarci; capiamo tutta la bellezza della storia della Salvezza, dell’amore del Padre, studiando il Catechismo. Sì, si deve conoscere Gesù nel Catechismo. Ma non è sufficiente conoscerlo con la mente: è un o. Ma Gesù è necessario conoscerlo nel dialogo con Lui, parlando con Lui, nella preghiera, in ginocchio. Se tu non preghi, se tu non parli con Gesù, non lo conosci. Tu sai cose di Gesù, ma non vai con quella conoscenza che ti dà il cuore nella preghiera. Conoscere Gesù con la mente, lo studio del Catechismo; conoscere Gesù col cuore, nella preghiera, nel dialogo con Lui. Questo ci aiuta abbastanza, ma non è sufficiente. C’è una terza strada per conoscere Gesù: è la sequela. Andare con Lui, camminare con Lui. Bisogna andare, percorrere le sue strade, camminando. È necessario conoscere Gesù col linguaggio dell’azione. Ma se tu conosci Gesù con questi tre linguaggi - della mente, del cuore e dell’azione – ah, così si può conoscere Gesù. Se io conosco Gesù così mi coinvolgo con Lui. Non si può conoscere Gesù senza coinvolgersi con Lui, senza scommettere la vita per Lui. Quando tanta gente - anche noi - si fa questa domanda “Ma chi è questo?”, la Parola di Dio ci risponde: “Tu vuoi conoscere chi sia questo? Leggi quello che la Chiesa ti dice di Lui, parla con Lui nella preghiera e cammina sulla sua strada con Lui. Così, tu conoscerai chi è quest’uomo”. Questa è la strada! Ognuno deve fare la sua scelta!»
26 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
46._____ «[Gesù] è l’intercessore, quello che prega, e prega Dio con noi e davanti a noi. Gesù ci ha salvati, ha fatto questa grande preghiera, il Suo sacrificio, la Sua vita, per salvarci, per giustificarci: siamo giusti grazie a Lui.
Adesso se n’è andato, e prega. Ma, Gesù è uno spirito? Gesù non è uno spirito. Gesù è una persona, è un uomo, con carne come la nostra, ma in gloria. Gesù ha le piaghe sulle mani, sui piedi, sul fianco e quando prega fa vedere al Padre questo prezzo della giustificazione, e prega per noi, come se dicesse: “Ma, Padre, che non si perda, questo!” In un primo tempo, Lui ha fatto la redenzione, ci ha giustificato tutti; ma adesso, cosa fa? Intercede, prega per noi. Io penso cosa avrà sentito Pietro quando lo ha rinnegato e poi Gesù ha guardato e ha pianto. Ha sentito che quello che Gesù aveva detto era vero: aveva pregato per lui, e per questo poteva piangere, poteva pentirsi. Tante volte, tra noi, ci diciamo: “Ma, prega per me, eh?, ne ho bisogno, ho tanti problemi, tante cose, prega per me”. E quello è buono, eh?, perché noi fratelli dobbiamo pregare gli uni per gli altri. Lui prega per me; Lui prega per tutti noi e prega coraggiosamente perché fa vedere al Padre il prezzo della nostra giustizia: le sue piaghe. Pensiamo tanto a questo, e ringraziamo il Signore. Ringraziamo per avere un fratello che prega con noi e prega per noi, intercede per noi. E parliamo con Gesù, diciamogli: “Signore, Tu sei l’intercessore, Tu mi hai salvato, mi hai giustificato. Ma adesso, prega per me”. E affidare i nostri problemi, la nostra vita, tante cose, a Lui, perché Lui lo porti dal Padre.»
28 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
47._____ «È un invito al discernimento, questa virtù cristiana di capire dove è lo spirito del Signore e dove è il cattivo spirito. Anche oggi infatti ci sono falsi salvatori, che tentano di sostituirsi a Gesù. Lider, santoni, anche stregoni, personaggi che vogliono attirare a sè le menti e i cuori, specialmente dei giovani. Gesù ci mette in guardia: “non andate dietro a loro”.»
17 Novembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro
48._____ «E andiamo sempre avanti, cercando il Signore, cercando nuove strade, nuove vie per avvicinarci al Signore. E se fosse necessario aprire un buco sul tetto per avvicinarci tutti al Signore, che la nostra immaginazione creativa
della carità ci porti a questo: a trovare e a fare strade di incontro, strade di fratellanza, strade di pace.»
9 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
49. [... per riconoscere la Sua chiamata...] «Noi non diventiamo cristiani da soli, con le nostre forze. La fede è un regalo di Dio. Quello è il momento che ci fa nascere come figli di Dio, il momento in cui ci dona la vita di Dio. Tutti partecipiamo alla maternità della Chiesa, affinchè la luce di Cristo raggiunga le estremità della Terra.»
11 Settembre 2013, Udienza Generale, Piazza San Pietro, Vaticano
50._____ «Se noi andiamo al Libro della Genesi, all’inizio, alla Creazione, possiamo trovare che Dio crea le stelle, crea le piante, crea gli animali, crea le, le, le, le… Ma crea l’uomo: al singolare, uno. Sempre Dio ci parla al singolare a noi, perché ci ha creato a sua immagine e somiglianza. E Dio ci parla al singolare. Ha parlato ad Abram e gli ha dato una promessa e lo ha invitato ad uscire dalla sua terra. Noi cristiani siamo stati chiamati al singolare: nessuno di noi è cristiano per puro caso! Nessuno! Dio ci accompagna, Dio ci chiama per nome, Dio ci promette una discendenza. E questa è un pò la sicurezza del cristiano. Non è una casualità, è una chiamata! Una chiamata che ci fa andare avanti. Essere cristiano è una chiamata di amore, di amicizia; una chiamata a diventare figlio di Dio, fratello di Gesù, a diventare fecondo nella trasmissione di questa chiamata agli altri, a diventare strumenti di questa chiamata. Ci sono tanti problemi, tanti problemi; ci sono momenti difficili: Gesù ne ha ati tanti! Ma sempre con quella sicurezza: “Il Signore mi ha chiamato. Il Signore è come me. Il Signore mi ha promesso”.»
25 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
51._____ «Ognuno di voi pensate: “il Signore a oggi, il Signore mi sta guardando, cosa mi dice il Signore?” Se qualcuno di voi sente che gli dice “seguime” sia coraggioso, vada col Signore. Il Signore non delude mai. Sentite nel vostro cuore se il Signore ci chiama a seguirlo. Lasciamoci raggiungere dal suo sguardo, dalla sua voce, perché la gioia del Vangelo giunga fino ai confini della terra.»
26 Gennaio 2014, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
52._____ «Se io mi sento attratto da Gesù, se la sua voce riscalda il mio cuore è grazie a Dio Padre che ha messo dentro di me il desiderio dell’amore, della verità, della vita, della bellezza. Gesù è tutto questo in pienezza. Questo ci aiuta a capire il mistero delle chiamate ad una speciale consacrazione. A volte Gesù ci chiama, ci invita a seguirlo, ma forse succede che non ci rendiamo conto che è Lui. La giovinezza bisogna metterla in gioco per i grandi ideali. Domanda a Gesù cosa vuole da te e sii coraggioso. Dietro e prima di ogni vocazione c’è sempre la preghiera. Le vocazioni nascono nella preghiera e solo nella preghiera possono perseverare e dare frutto. Invochiamo l’intercessione di Maria. Lei ha detto “si” tutta la vita. Lei ha imparato a riconoscere la voce di Gesù fin da quando lo portava in grembo. Maria, nostra madre, ci aiuti a riconoscere sempre più la voce di Gesù e seguirla per camminare nella via della vita.»
21 Aprile 2013, Regina Caeli, Piazza San Pietro, Vaticano
53._____ «Maria ci insegna come vivere nell’attesa del Signore. La Madonna non si è mai allontanata dal quell’amore. Tutta la sua vita, tutto il suo essere è un “si” a quell’amore, è un “si” a Dio. Ma non è stato certo facile per lei. Quando l’angelo la chiama “piena di grazia”, lei si sente turbata perché si sente un nulla davanti a Dio. Anche noi da sempre siamo stati scelti da Dio per vivere una vita Santa, libera dal peccato. È un progetto d’amore che Dio rinnova ogni volta che
noi ci accostiamo a Lui. Contemplando la nostra madre immacolata, bella, riconosciamo anche il nostro destino più vero, la nostra vocazione più profonda: essere amati, essere trasformati dall’amore, essere trasformati dalla bellezza di Dio. Guardiamo lei, nostra madre, e lasciamoci guardare da lei per imparare ad essere più umili e anche più coraggiosi nel seguire la parola di Dio.»
8 Dicembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
54._____ «Se viene a mancare al sete del Dio vivente, la fede rischia di diventare abitudinaria, richisa di spegnersi come un fuoco che non viene ravvivato. Dio non ci ha creato per essere soli, chiusi in noi stessi, ma per poter incontrare Lui e per poterci aprire all’incontro con gli altri. Dio per primo viene verso ognuno di noi. Questo è meraviglioso: Lui viene al nostro incontro. Nella Bibbia, Dio appare sempre come colui che prende l’iniziativa dell’incontro con l’uomo. È Lui che cerca l’uomo, e di solito lo cerca proprio mentre l’uomo fa l’esperienza tragica di tradire Dio e di fuggire da Lui. Dio non aspetta a cercarlo, lo cerca subito. È un cercatore paziente il nostro padre. Lui ci precede e ci aspetta sempre. Non si stanca di aspettarci. Non si allontana da noi, ma ha la pazienza di aspettare il momento favorevole all’incontro con ciascuno di noi. E quando avviene l’incontro, non è mai un incontro frettoloso perché Dio desidera rimanere a lungo con noi per sostenerci, per consolarci, per donarci la Sua gioia. Dio si affretta per incontrarci, ma mai ha fretta di lasciarci. Resta con noi. Come noi aneliamo a Lui e lo desideriamo, così anche Lui ha desiderio di stare con Lui perché noi apparteniamo a Lui, siamo cosa Sua, siamo le Sue creature. Anche Lui possiamo dire ha sete di noi. Il nostro Dio è assetato di noi. Non dimenticare mai lo sguardo di Gesù su te. È uno sguardo di amore. Così sarete sempre certi dell’amore fedele del Signore. Lui è fedele. Lui non vi tradirà mai.»
23 Novembre 2013, Incontro del Papa con i Catecumeni, Basilica di San Pietro, Vaticano
55._____ «E quell’uomo, seduto al banco delle imposte, in un primo momento
Gesù lo guarda e quest’uomo sente qualcosa di nuovo, qualcosa che non conosceva - quello sguardo di Gesù su di lui - sente uno stupore dentro, sente l’invito di Gesù: “Seguimi! Seguimi!”. In quel momento, quest’uomo è pieno di gioia, ma è anche un pò dubbioso, perché è tanto attaccato ai soldi. È bastato un momento soltanto - che noi conosciamo come è riuscito ad esprimerlo il Caravaggio: quell’uomo che guardava, ma anche, con le mani, prendeva i soldi soltanto un momento nel quale Matteo dice di sì, lascia tutto e va con il Signore. È il momento della misericordia ricevuta e accettata: “Sì, vengo con te!”. È il primo momento dell’incontro, un’esperienza spirituale profonda. Poi viene un secondo momento: la festa, il Signore fa festa con i peccatori: si festeggia la misericordia di Dio che cambia la vita. Dopo questi due momenti, lo stupore dell’incontro e la festa, viene il lavoro quotidiano, annunciare il Vangelo. Questo lavoro si deve alimentare con la memoria di quel primo incontro, di quella festa. E questo non è un momento, questo è un tempo: fino alla fine della vita. La memoria. Memoria di che? Di quei fatti! Di quell’incontro con Gesù che mi ha cambiato la vita! Che ha avuto misericordia! Che è stato tanto buono con me e mi ha detto anche: “Invita i tuoi amici peccatori, perché facciamo festa!”. Quella memoria dà forza a Matteo e a tutti questi per andare avanti. “Il Signore mi ha cambiato la vita! Ho incontrato il Signore!”. Ricordare sempre. È come soffiare sulle braci di quella memoria, no? Soffiare per mantenere il fuoco, sempre.»
5 Luglio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
56._____ «“Appena sentito nel suo cuore quello sguardo, egli si alzò e lo seguì”. E questo è vero: lo sguardo di Gesù ci alza sempre. Uno sguardo che ci porta su, mai ti lascia lì, eh?, mai. Mai ti abbassa, mai ti umilia. Ti invita ad alzarti. Uno sguardo che ti porta a crescere, ad andare avanti, che ti incoraggia, perché ti vuole bene. Ti fa sentire che Lui ti vuole bene. E questo dà quel coraggio per seguirlo: “Ed egli si alzò e Lo seguì”. Gesù guardava ognuno, e ognuno si sentiva guardato da Lui, come se Gesù dicesse il nome … E questo sguardo cambiava la vita, a tutti. Ci farà bene pensare, pregare su questo sguardo di Gesù e anche lasciarci guardare da Lui. Lo sguardo di Gesù sempre ci fa degni, ci dà dignità. È uno sguardo generoso. “Ma guarda che Maestro: pranza con la sporcizia della città!”: ma sotto a quella sporcizia c’erano le braci del desiderio di Dio, le braci dell’immagine di Dio che volevano che qualcuno li aiutasse a
farsi fuoco. E questo lo faceva lo sguardo di Gesù. Ma anche Lui ci attende per guardarci definitivamente. E quell’ultimo sguardo di Gesù sulla nostra vita sarà per sempre, sarà eterno.»
21 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
57._____ «Un cristiano è uno che è invitato. Invitato a che? A un negozio? Invitato a fare una eggiata? Il Signore vuol dirci qualcosa di più: “Tu sei invitato a festa!”. Il cristiano è quello che è invitato a una festa, alla gioia, alla gioia di essere salvato, alla gioia di essere redento, alla gioia di partecipare la vita con Gesù. Questa è una gioia! Tu sei invitato a festa! Si capisce, una festa è un raduno di persone che parlano, ridono, festeggiano, sono felici. È un raduno di persone. Io fra le persone normali, mentalmente normali, mai ho visto uno che faccia festa da solo, no? Ma sarebbe un pò noioso quello! Aprire la bottiglia del vino… Questa non è una festa, è un’altra cosa. Si fa festa con gli altri, si fa festa in famiglia, si fa festa con gli amici, si fa festa con le persone che sono state invitate, come io sono stato invitato. Per essere cristiano ci vuole una appartenenza e si appartiene a questo Corpo, a questa gente che è stata invitata a festa: questa è l’appartenenza cristiana.»
29 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
58. [... e rinnovare i sacramenti, ... ] «Il battesimo è – in un certo senso – la carta d’identità del cristiano, il suo atto di nascita. Questo è il secondo compleanno, è il compleanno alla Chiesa. Al battesimo è legato la nostra fede nella remissione dei peccati. Il giorno del nostro battesimo è il punto di partenza di un cammino bellissimo verso Dio che dura tutta la vita, un cammino di conversione e che è sostenuto dalla penitenza. Quando noi andiamo a confessarci andiamo pure a rinnovare il battesimo con questo perdono – e questo è bello –, è come rinnovare in ogni confessione il giorno del battesimo. Così la confessione non è una seduta in una sala di tortura, è una festa per festeggiare il giorno del battesimo. Il battesimo è una
immersione spirituale nella morte di Cristo dalla quale si risorge con Lui come nuove creature. Si tratta di un lavacro di rigenerazione e illuminazione. Il battesimo ci illumina da dentro con la luce di Gesù. Io non mi posso battezzare due, tre, quattro volte, ma sì posso andare a confessarmi, e quando mi confesso rinnovo quella grazia del battesimo. È come se io fi un secondo battesimo.»
13 Novembre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
59._____ «Il battesimo è sacramento su cui si fonda la nostra fede e che ci innesta come membra vive in Cristo. Può nascere in noi una domanda: “ma è davvero necessario il battesimo per vivere da cristiani e seguire Gesù? Non semplicemente un rito, un atto formale della Chiesa per dare il nome al bambino?”. Non è una formalità, è un atto che tocca in profondità la nostra esistenza. Non è lo stesso un bambino battezzato e uno non battezzato, non è lo stesso. Non è lo stesso una persona battezzata che una persona non battezzata. Noi col battesimo veniamo immersi in quella sorgente inesauribile di vita che è la morte di Gesù, il più grande atto d’amore di tutta la storia. Molti di noi non hanno il minimo ricordo della celebrazione di questo sacramento ed è ovvio se siamo stati battezzati poco dopo della nascita. Il rischio è che finiamo per considerarlo solo come un evento che è avventuo nel ato e neppure per volontà nostra per cui non ha più nessuna incidenza nel presente. Dobbiamo risvegliare la memoria del nostro battesimo. Siamo chiamati a vivere il nostro battesimo ogni giorno come realtà attuale nella nostra esistenza. Se riusciamo a seguire Gesù, pur con i nostri limiti, le nostre fragilità, i nostri peccati, è proprio grazia al sacramento nel quale siamo diventati nuove creature e siamo stati rivestiti di Cristo. È in forza del battesimo infatti che – liberati del peccato originale – siamo innestati nella relazione di Gesù con Dio padre perché il battesimo ci da questa speranza nuova di andare in questa strada della salvezza. E questa speranza niente e nessuno può spegnere perché la speranza nel Signore non delude mai. Grazie al battesimo siamo in grado di perdonare, di amare anche chi ci offende e fa del male. Che riusciamo a riconoscere negli ultimi e nei poveri il volto del Signore che ci visita, ci va vicino. Nessuno può battezzarsi da sè, possiamo chiederlo, desiderarlo, ma sempre abbiamo bisogno di qualcuno
che ci conferisca questo sacramento nel nome del Signore. È una catena di grazia. È un atti di fratellanza, un atto di filiazione alla Chiesa.»
8 Gennaio 2014, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
60._____ «La confermazione – o cresima – va intesa in continuità con il battesimo, al quale è legata in modo inseparabile. Questi due sacramenti, insimee con l’eucarestia, formano un unico evento salvifico che si chiama la iniziazione cristiana nel quale veniamo inseriti in Gesù Cristo morto e risorto, e diveniamo nuove creatura membra della Chiesa. Ecco perché in origine questi tre sacramenti si celebravano in un unico momento, al termine del cammino catecumenale che era normalmente nella veglia Pasquale. Questo sacramento […] ci accorda una speciale forza dello Spirito Santo per diffondere e difendere la fede, per confessare il nome di Cristo e per non vergognarci mai della Sua croce. La confirmazione, come ogni sacramento, non è opera degli uomini ma di Dio, il quale si prende cura della nostra vita in modo da plasmarci ad immagine del Suo figlio per renderci capaci di amare come Lui. Egli lo fa infondendo in noi il Suo Spirito Santo la cui azione pervade tutta la persona e tutta la vita, come traspare dai sette doni: la sapienza, l’intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà, e il timore di Dio. Questi doni ci sono dati proprio con lo Spirito Santo nel sacramento della confirmazione. Quando accogliamo lo Spirito Santo nel nostro cuore e lo lasciamo agire, Cristo stesso si rende presente in noi e prende forma nella nostra vita. Attraverso di noi sarà Lui – sentite bene questo, eh! – attraverso di noi sarà lo stesso Cristo a pregare, a perdonare, a infondere speranza e consolazione, a servire i fratelli, a farsi vicino ai bisognosi e agli ultimi, a creare comunione, a seminare pace.»
29 Gennaio 2014, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
61._____ «L’eucarestia si colloca al cuore dell’iniziazione cristiana, insieme al
battesimo e alla confirmazione, e costituisce la sorgente della vita stessa della Chiesa. Da questo sacramento dell’ammore, infatti, scaturisce ogni autentico cammino di fede, di comunione e di testimonianza. Parola e pane nella Messa diventano tutt’uno, come nell’ultima cena, quando tutte le parole di Gesù, tutti i segni che aveva fatto, si condensarono nel gesto di spezzare il pane e di offrire il calice – anticipo del sacrificio della Croce – e in quelle parole “prendete e mangiate, questo è il mio corpo; prendete e bevete, questo è il mio sangue”. Il gesto di Gesù compiuto nell’ultima cena è l’estremo ringraziamento al Padre per il Suo amore, per la Sua misericordia. Ringraziamento in Greco si dice “eucarestia”. Dunque la celebrazione eucristica è ben più di un semplice banchetto, è proprio il memoriale della Pasqua di Gesù: il mistero centrale della salvezza. Memoriale non significa solo un semplice ricordo, ma vuol dire che ogni volta che celebriamo questo sacramento partecipiamo al mistero della ione, morte e risurrezione di Cristo. L’eucarestia costituisce il vertice dell’azione di salvezza di Dio. La partecipazione alla mensa eucaristica ci conforma in modo unico e profondo a Cristo. Non ringrazieremo mai abbastanza per il dono che ci ha fatto con l’eucarestia. È un dono tanto grande e per questo è tanto importante andare a Messa la domenica. Andare a Messa non solo per pregare, ma per ricevere la comunione: questo pane che è il corpo di Gesù Cristo e che ci salva, ci perdona, ci unisce al Padre. È bello fare questo. Tutte le domeniche andiamo a Messa proprio perché è il giorno della risurrezione del Signore.»
5 Febbraio 2014, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
62._____ «Il Sacramento della riconciliazione è il Sacramento della guarigione. Quando io vado a confessarmi è per guarirmi, guarirmi l’anima, guarirmi il cuore. Il Sacramento della confessione scaturisce direttamente dal mistero Pasquale. Infatti, la stessa sera di Pasqua il Signore apparve ai discepoli chiusi nel cenacolo e dopo aver rivolto loro il saluto “pace a voi”, soffiò su di loro e disse “ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati”. Questo o ci svela la dinamica più profonda che è contenuta in questo Sacramento. Anzitutto il fatto che il perdono dei nostri peccati non è qualcosa che possiamo darci noi. Io non posso dire “io mi perdono i peccati”. Il
perdono si chiede. Il perdono non è frutto dei nostri sforzi, ma è un regalo, è un dono dello Spirito Santo che ci ricolma del lavacro della grazia che sgorsa incessantemente dal cuore spalancato di Cristo crocifisso e risorto. In secondo luogo ci ricorda che solo se ci lasciamo riconciliare nel Signore Gesù, possiamo essere veramente nella pace. Non basta chiedere perdono al Signore nella propria mente e nel proprio cuore, ma è necessario confessare umilmente e fiduciosamente i propri peccati al ministro della Chiesa. Qualcuno può dire “io mi confesso soltanto con Dio”. Si, tuo puoi dire i tuoi peccati a Dio, mah i nostri peccati sono anche contro i fratelli e per questo è necessario chiedere perdono ai fratelli e alla Chiesa nella persona del sacerdote. “Eh padre, io mi vergogno”. Anche la vergogna è buona. È salute avere un pò di vergogna, perché vergognarsi è saludable. Quando una persona non ha vergogna, nel mio paese diciamo che è un senza vergogna, un sin verguenza. La vergogna ci fa più umili. Anche dal punto di vista umano, per sfogarsi è buono parlare col fratello e dire al sacerdote queste persone che sono tanto pesanti nel mio cuore. Non avere paura della confessione. Poi, quando finisce la confessione esce libero, perdonato, felice. Questo è il bello della confessione. È Gesù li [nel confessionale], Gesù è più buono dei preti, è Gesù che ti riceve. Io vi dico, ogni volta che ci confessiamo, Dio ci abbraccia, Dio fa festa, andiamo avanti su questa strada!»
19 Febbraio 2014, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
63._____ «Il sacramento dell’unzione degli infermi ci permette di toccare con mano la misericordia di Dio per l’uomo. In ato era chiamato estrema unzione, perché era inteso come conforto spirituale nell’imminenza della morte. Parlare invece di unzione degli infermi ci aiuta ad allargare lo sguardo all’esperienza della malattia, e alla sofferenza nell’orizzonte della misericordia di Dio. A noi ogni giorno il Signore Gesù affida coloro che sono afflitti, nel corpo e nello spirito perché possiamo continuare a riversare su di loro senza misura tutta la Sua misericordia. Gesù infatti ha insegnato ai Suoi discepoli ad avere la stessa predilezione verso i malati e i sofferenti. Questo però non ci deve far scadere nella ricerca ossessiva del miracolo o della presunzione di poter ottenere sempre e comunque la guarigione, ma è la sicurezza della vicinanza di Gesù al malato, anche all’anziano, ogni persona di più di 65 anni può ricevere
questo sacramento. Mah, quando un malato si pensa “mah chiamiamo il prete” “no, no, perché poi porta mala fortuna… non lo chiamiamo… poi si spaventerà il malato”. Perché c’è un pò l’idea che quando c’è un malato e viene il sacerdote, dopo di lui arriva la pompa funebre. Non è vero! Il sacerdote viene per aiutare al malato o all’anziano, per questo è tanto importante la visita dei sacerdoti ai malati. Perché è Gesù che arriva per sollevarlo, per dargli forza, per dargli speranza, per aiutarlo, anche per perdonargli i peccati – e questo è bellissimo. Non pensare che questo è un tabù, perché sempre è bello sapere che nel momento del dolore e della malattia, noi non siamo soli. Il sacerdote e coloro che sono presenti durante l’unzione degli infermi rappresentano infatti tutta la comunità cristiana, che come un unico corpo, con Gesù, si stringe attorno a chi soffre e ai familiari alimentando in essi la fede e la speranza, sostenendoli con la preghiera e il calore fraterno. Ma il confrto più grande deriva dal fatto che a rendersi presente nel sacramento è lo stesso Signore Gesù, che ci prende per mano, ci carezza – lo faceva con i malati, Lui – e ci ricorda che ormai gli apparteniamo e che nulla, nemmeno il male e la morte, potrà mai separarci di Lui.»
27 Febbraio 2014, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
64. [... pregando per superare l’incredulità iniziale...] «Dio riserva sempre il meglio per noi. Ma chiede che noi ci lasciamo sorprendere dal suo amore, che accogliamo le sue sorprese. Fidiamoci di Dio! Lontano da Lui il vino della gioia, il vino della speranza, si esaurisce. Se ci avviciniamo a Lui, se rimaniamo con Lui, ciò che sembra acqua fredda, ciò che è difficoltà, ciò che è peccato, si trasforma in vino nuovo di amicizia con Lui.»
24 Luglio 2013, Santa Messa, Basilica del Santuario di Nostra Signora di Aparecida, Brasile, Giornata Mondiale della Gioventú
65._____ «Ma perché, questa incredulità? Credo che è proprio il cuore che non
si apre, il cuore chiuso, il cuore che vuole avere tutto sotto controllo. Non si apre e non dà il controllo delle cose a Gesù. È necessaria una preghiera forte, e questa preghiera umile e forte fa che Gesù possa fare il miracolo. La preghiera per chiedere un miracolo, per chiedere un’azione straordinaria dev’essere una preghiera coinvolta, che ci coinvolga tutti. Una preghiera coraggiosa, che lotta per arrivare a quel miracolo; non quelle preghiere per cortesia, “Ah, io pregherò per te”: dico un Pater Noster, un’Ave Maria e mi dimentico. No: preghiera coraggiosa. La preghiera fa miracoli, ma dobbiamo credere! E quando ci chiedono di pregare per tanta gente che soffre nelle guerre, tutti i rifugiati, tutti questi drammi che ci sono adesso, pregare, ma con il cuore il Signore: Fallo!, ma dirgli: “Credo, Signore.Aiuta la mia incredulità” che anche viene nella mia preghiera.»
20 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
66. [... lasciandoci guardare...] «È importante lasciarci incontrare dal Signore: Lui sempre ci cerca, Lui è sempre vicino a noi. Ma tante volte, noi guardiamo dall’altra parte perché non abbiamo voglia di parlare con il Signore o di lasciarci incontrare con il Signore. Incontrare il Signore, ma più importante è lasciarci incontrare dal Signore: questa è una grazia. Ecco la grazia che ci insegna Pietro. Chiediamo oggi questa grazia.»
17 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
67._____ «Che cosa significa questo ripartire da Cristo? Prima di tutto significa avere famigliarità con Lui. Gesù dice “rimanete nel mio amore, rimanete attaccati a me, come il tralcio è attaccato alla vite.” Se siamo attaccati a Lui possiamo portare frutto. La prima cosa per un discepolo è stare con il maestro, ascoltarlo e imparare da Lui. È un cammino che dura tutta la vita. È uno stare alla presenza del Signore, lasciarsi guardare da Lui. Lasciarci guardare dal Signore. Questa è una maniera di pregare. È un pò noioso, ti fa addormentare? Addormentati, Lui ti guarderà lo stesso. Ma sei sicuro che Lui ti guarda. Questo
scalda il cuore, tiene il fuoco dell’amicizia con Signore, ti fa sentire che Lui veramente ti guarda, ti è vicino e ti vuole bene. Capisco che per voi non è cosi semplice. Soprattutto per chi è sposato ed ha figli non è facile trovare un tempo lungo di calma. Ma grazie a Dio non è necessario fare tutti nello stesso modo. Nella Chiesa c’è varità di vocazione e di forme spirituali. L’importante è trovare il modo adatto per stare con il Signore e questo si può, è possibile in ogni stato di vita. Questa è una domanda che vi lascio: come vivo io questo stare con Gesu, questo rimanere in Gesù? Ho dei momenti in cui rimango alla Sua presenza in silenzio? Mi lascio guardare da Lui? Lascio che il Suo fuoco riscaldi il mio cuore?” Se nel nostro cuore non c’è il calore di Dio, del Suo amore, della Sua tenerezza, come possiamo noi poveri peccatore riscaldare il cuore degli altri?»
27 Settembre 2013, Udienza ai Catechisti nell’anno della Fede, Aula Paolo VI, Vaticano
68._____ «Dio ci mette accanto delle persone che aiutano il nostro cammino di fede. Noi non troviamo la fede nell’astratto, c’è sempre una persona che predica, che ti da il primo annuncio. Così è stato per me. Noi diciamo che dobbiamo cercare Dio, andare da lui e chiedere perdono, ma quando noi andiamo Lui ci aspetta. In Spagnolo abbiamo una parola che spiega questo: Il Signore sempre ci primerea. Quella è una grazia grande: trovare uno che ti sta aspettando. Il Signore ci aspetta […] per accoglierci, per darci il suo amore, e questo ci lascia uno stupore, ed è cosi che fa crescendo la fede, con l’incontro con il Signore. Alcuni diranno “ah, io preferisco studiare la fede nei libri”, è importante studiarla, mah guarda con quello solo non basta, l’importante è l’incontro con Lui, l’incontro con Gesù, perché quello ti da la fede, è proprio lui che te la da!»
18 Maggio 2013, Vigilia di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
69._____ «Chi è la cosa più importante? Gesù. Se noi andiamo avanti con
l’organizzazione, con belle cose, ma senza Gesù, la cosa non va. Gesù è più importante. Pregare il volto di Dio. Ma soprattutto, sentirsi guardati. Il Signore ci guarda. Sento tanto conforto quando penso che Lui mi guarda. Noi pensiamo che dobbiamo parlare, e bla bla bla, ma no… lasciatevi guardare dal Signore. Lui ci guarda, ci da forza, e ci aiuta a testimoniarlo. Si sente che Dio mi sta tendendo dalla mano. L’importanza di questo è lasciarsi guidare da Lui. Siamo veri evangelizzatori lasciandoci guidare da lui. Gesù è il nostro leader. Questo lasciarsi guidare ti porta alle sorprese di Gesù. Sedersi a tavola, fare strategie, fare piani, quello è uno strumento, un piccolo strumento, l’importante è Gesù, è lasciarsi guidare da Lui, e poi facciamo le strategie, ma quello è secondario.»
18 Maggio 2013, Vigilia di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
70. [... amare...] «Un Dio che si fa vicino per amore, cammina con il suo popolo e questo camminare arriva ad un punto che è inimmaginabile. Mai si può pensare che lo stesso Signore si fa uno di noi e cammina con noi, rimane con noi, rimane nella sua Chiesa, rimane nell’Eucarestia, rimane nella Sua Parola, rimane nei poveri, rimane con noi camminando. E questa è vicinanza: il pastore vicino al suo gregge, vicino alle sue pecorelle, che conosce una ad una. Tenerezza! Ma il Signore ci ama con tenerezza. Il Signore sa quella bella scienza delle carezze, quella tenerezza di Dio. Non ci ama con le parole. Lui si avvicina – vicinanza – e ci dà quell’amore con tenerezza. Vicinanza e tenerezza! Queste due maniere dell’amore del Signore che si fa vicino e dà tutto il suo amore con le cose anche più piccole: con la tenerezza. E questo è un amore forte, perché vicinanza e tenerezza ci fanno vedere la fortezza dell’amore di Dio. Questa può sembrare un’eresia, ma è la verità più grande! Più difficile che amare Dio è lasciarci amare da Lui! La maniera di ridare tanto amore è aprire il cuore e lasciarci amare. Lasciare che Lui si faccia vicino a noi e sentirlo vicino. Lasciare che Lui si faccia tenero, ci carezzi. Quello è tanto difficile: lasciarci amare da Lui.»
7 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
71. [... rinnovare...] «Rinnovamento è prima di tutto nel nostro cuore. Noi pensiamo che essere cristiani significa fare questo o quest’altro. Ma non è così. Essere cristiano significa lasciarsi rinnovare da Gesù in questa nuova vita. “Io sono un buon cristiano, tutte le domeniche, dalle 11 a mezzogiorno vado a Messa e faccio questo, faccio questo…”. Come se fosse una collezione. Ma la vita cristiana non è un collage di cose. È una totalità armonica, armoniosa, e la fa lo Spirito Santo! Rinnova tutto: rinnova il nostro cuore, la nostra vita e ci fa vivere in uno stile diverso, ma in uno stile che prende la totalità della vita. Non si può essere cristiano a pezzi, part-time. Il cristiano part-time non va! Tutto, la totalità, a tempo pieno. Questo rinnovamento lo fa lo Spirito. Essere cristiano alla fine non significa fare cose, ma lasciarsi rinnovare dallo Spirito Santo o, per usare le parole di Gesù, diventare vino nuovo. E dov’è la madre, i bambini sono sicuri! Tutti! Chiediamo la grazia di non aver paura della novità del Vangelo, di non aver paura del rinnovamento che fa lo Spirito Santo, di non aver paura di lasciar cadere le strutture caduche, che ci imprigionano. Se abbiamo paura, sappiamo che è con noi la Madre e come i bambini con un pò di paura, andiamo da Lei e Lei – come dice la più antica antifona – “ci custodisce col suo manto, con la sua protezione di madre”.»
6 Luglio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
72._____«[Il Signore] ricrea le cose. E la Chiesa non si stanca di dire che questa ri-creazione è più meravigliosa della creazione. Il Signore più meravigliosamente ricrea. E così visita il suo popolo: ricreando, con quella potenza.”
10 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
73. [... e guidare lungo il cammino da Lui fino a convertirci... ] «L’umanità intera è in cammino: i popoli, le civiltà, le culture, tutti in
cammino attraverso i sentieri del tempo. Ma in cammino verso dove? C’è una meta comune? Qual’è questa meta? È un pellegrinaggio universale verso una meta comune, che nell’antico testamento è Gerusalemme, perché da li è venuta la rivelazione del volto di Dio e della Sua legge. La rivelazione ha trovato in Gesù Cristo il suo compimento, Lui stesso è diventato il tempio, il verbo fatto carne. È Lui la guida e insieme la meta del nostro pellegrinaggio, del pellegrinaggio di tutto il popolo di Dio, e alla Sua luce anche gli altri popoli possono camminare verso il regno della giustizia, verso il regno della pace. Questo cammino non è mai concluso. Così come nella vita di ognuno di noi c’è sempre bisogno di ripartire, di rialzarsi, di ritrovare il senso della meta della propria esistenza, così per la grande famiglia umana è necessario rinnovare sempre l’orizzonte comune verso cui siamo incamminati. L’orizzonte della speranza, quello è l’orizzonte per fare un buon cammino. Una speranza che non delude semplicemente perché il Signore non delude mai! Lui è fedele, Lui non delude! Pensiamo e sentiamo questa bellezza. Il modello di questo atteggiamento spirituale, di questo modo di essere e di camminare nella vita, è la vergine Maria. Una semplice ragazza di paese che porta nel cuore tutta la speranza di Dio. Nel suo grembo la speranza di Dio ha preso carne, si è fatto uomo. Lasciamoci guidare da lei che è madre, è mamma e sa come guidarci. Lasciamoci guidare da lei in questo tempo di attesa e di vigilanza operosa.»
1 Dicembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
74._____ «La nostra vita è un cammino. Il più importante che a una persona può accaderle è incontrare Gesù. Questo incontro con Gesù che ci ama. Noi camminiamo per incontrare Gesù. Noi possiamo farci la domando “ma quando incontro Gesù, alla fine soltanto?”. No, no, no, lo incotriamo tutti i giorni. Nella preghiera, quando tu preghi incontri Gesù. Quando tu fai la comunione, incontri Gesù nei sacramenti. Quando tu porti tuo figlio a battezzarlo, tu trovi Gesù. Quando facciamo opere buone, quando visitiamo i malati, quando aiutiamo un povero, quando pensiamo agli altri, quando non siamo egoisti, sempre incontriamo Gesù. Il cammino della vita è questo, camminare per incotrare Gesù. Ma alcuno di voi può dirmi “ma Padre, tu sai che per me questo è un cammino brutto perché io sono tanto peccatore, como posso incontrare Gesù?”
Ma tu sai che le persone che Gesù cercava più erano i più peccatori e lo rimproveravano per quello, e la gente che si credevano giuste dicevano “ma questo non è un vero profeta, guarda che bella compagnia che ha!” e Lui diceva “io sono venuto per quelli che hanno bisogno di salute, di guarigione”. Nel cammino, noi peccatori – tutti siamo peccatori – quando facciamo un peccato Gesù viene e ci perdona, e questo perdono che facciamo nella confessione è un incontro con Gesù. Sempre incontriamo Gesù, fino al giorno che sarà l’incontro definitivo quando potremo guardare quello sguardo tanto bello di Gesù, tanto bello. Questa è la vita cristiana: camminare, andare avanti uniti come fratelli, volendosi bene uno all’altro, incontrando Gesù. Siate coraggiosi, non avete paura, la vita è questo cammino. È il regalo più bello è incontrare Gesù.»
1 Dicembre 2013, Santa Messa, Parrocchia di San Cirillo Alessandrino, Roma
75._____ «Come deve essere un discepolo di Gesù? Il cristiano è un discepolo del Signore che cammina, che va sempre avanti. Non si può pensare a un cristiano fermo: un cristiano che rimane fermo è ammalato, nella sua identità cristiana, ha qualche malattia in quella identità. Il cristiano è discepolo per camminare, per andare. Ma il Signore questo anche, alla fine: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo”. Andate. Camminate. Ecco: un primo atteggiamento dell’identità cristiana è camminare, e camminare anche se ci sono difficoltà, andare oltre le difficoltà.»
14 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
76._____ «Sembra che Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni siano stati qui definitivamente eletti, sì sono stati eletti! Ma loro di questo momento non sono stati definitivamente fedeli! Dopo questa elezione hanno sbagliato, hanno fatto proposte non cristiane al Signore: hanno rinnegato il Signore! Pietro in grado superlativo, gli altri per timore: sono spaventati e sono andati vita. Hanno abbandonato il Signore. Il Signore prepara. E poi, dopo la Resurrezione, il Signore ha dovuto continuare questo cammino di preparazione fino al giorno di
Pentecoste. E dopo Pentecoste anche, alcuni di questi - Pietro, per esempio ha sbagliato e Paolo ha dovuto correggerlo. Ma il Signore prepara. E quando le cose non vanno bene, Lui si immischia nella storia e arrangia la situazione e va avanti con noi. Ma pensiamo alla genealogia di Gesù Cristo, a quella lista: questo genera questo, questo genera questo, questo genera questo… In quella lista di storia ci sono peccatori e peccatrici. Ma come ha fatto il Signore? Si è immischiato, ha corretto la strada, ha regolato le cose. Pensiamo al grande Davide, un grande peccatore e poi un grande santo. Il Signore sa! Quando il Signore ci dice “Con amore eterno, Io ti ho amato” si riferisce a questo. Da tante generazioni il Signore ha pensato in noi, in ognuno di noi. Perché il nostro razionalismo dice: “Ma come il Signore, con tante persone che ha, pensa a me? Ma ha preparato la strada a me!”. Con le nostre mamme, le nostre nonne, i nostri padri, i nostri nonni e bisnonni… Il Signore fa così. È questo il suo amore: concreto, eterno e anche artigianale. Preghiamo, chiedendo questa grazia di capire l’amore di Dio. Ma non si capisce mai! Si sente, si piange, ma capirlo di qua, non si capisce. Anche questo ci dice quanto grande è questo amore. Il Signore che ci prepara da tempo, cammina con noi, preparando gli altri. È sempre con noi! Chiediamo la grazia di capire col cuore questo grande amore.»
13 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
77._____ «Lo Spirito Santo ci cambia, fa nuove tutte le cose. La novità di Dio non assomiglia alle novità mondane, che sono tutte provvisorie, ano e se ne ricercano sempre di più. La novità che Dio dona alla nostra vita e definitiva, non solo nel futuro – quando saremo con Lui – ma anche oggi. Dio sta facendo tutto nuovo. Lo Spirito Santo ci trasforma veramente e vuole trasformare attraverso di noi anche il mondo in cui viviamo. Lasciamo che l’azione di Dio ci renda uomini e donne nuovi.»
28 Aprile 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
78._____ «Il desiderio dell’incontro definitivo con Cristo, un desiderio che ci fa
stare sempre pronti, con lo spirito sveglio, perché aspettiamo questo incontro con tutto il cuore, con tutto noi stessi. Questo è un aspetto fondamentale della vita. C’è un desiderio, sia implicito sia esplicito, che tutti noi abbiamo nel cuore, tutti noi. Per Gesù, è l’attesa del ritorno alla casa del Padre. Per noi, è l’attesa di Cristo stesso che verrà a prenderci per portarci alla festa senza fine. Gesù ci dice “la dove è il vostro tesoro, la sarà anche il vostro cuore”, il cuore che desidera. Tutti noi abbiamo un desiderio, il desiderio di andare avanti verso l’orizzonte. Per noi cristiani questo orizzonte è l’lincontro con Gesù, che è la nostra vita, la nostra gioia. Io ti domando: dov’è il tuo tesoro?, cosa attrae il tuo cuore? Posso dire che è l’amore di Dio, la volontà di fare il bene agli altri, posso dire quello? Ognuno risponde nel suo cuore. Mandare avanti la famiglia e il lavoro, certo è vero è importante, ma qual’è la forza che tiene unita la famiglia? – è proprio l’amore. E chi semina l’amore nel nostro cuore? – è proprio Dio. L’amore di Dio che da senso alle piccole cose quotidiane e anche aiuta ad affrontare le grandi prove. Questo è il vero tesoro dell’uomo: andare avanti nella vita con amore, con quell’amore che il Signore ha seminato nel cuore dell’uomo. L’amore di Dio non è qualcosa di vago. L’amore di Dio ha un nome ed un volto: Gesù Cristo. È un amore che da valore e bellezza a tutto il resto, che da forza alla famiglia, al lavoro, allo studio, all’arte, ad ogni attività umana, e da senso anche alle esperienze negative facendoci are oltre, permettendoci di non rimanere prigionieri del male, aprendoci sempre alla speranza. L’amore di Dio in Gesù sempre ci apre all’orizzonte della speranza.»
11 Agosto 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
79._____ «Gesù ci dice che i semi caduti ai bordi della strada o tra i sassi e in mezzo alle spine non hanno portato frutto. Credo che, con onestà, possiamo farci la domanda: “Che tipo di terreno siamo, che tipo di terreno vogliamo essere?” Forse a volte siamo come la strada: ascoltiamo il Signore, ma non cambia nulla nella nostra vita, perché ci lasciamo intontire da tanti richiami superficiali che ascoltiamo. O siamo come il terreno sassoso: accogliamo con entusiasmo Gesù, ma siamo incostanti davanti alle difficoltà non abbiamo il coraggio di andare contro corrente. Ho l’abitudine nel mio cuore di giocare in due ruoli: fare bella figura con Dio e fare bella figura con il diavolo? Facciamo una cosa: tutti in silenzio, guardiamo al cuore e ognuno dica a Gesù che vuole ricevere la
semente. Dite a Gesù: guarda, Gesù, le pietre che ci sono, guarda le spine, guarda le erbacce, ma guarda questo piccolo pezzo di terra che ti offro perché entri la semente. Lasciatela crescere, e Dio ne avrà cura.»
27 Luglio 2013, Veglia di preghiera, Lungomare di Copacabana, Giornata Mondiale della Gioventú
80._____ «La consolazione è la presenza di Dio nel nostro cuore. Ma perché il Signore sia nel nostro cuore, è necessario aprire la porta, è necessaria la nostra conversione. La salvezza è questo: vivere nella consolazione dello Spirito Santo, non vivere nella consolazione dello spirito del mondo. No, quella non è salvezza, quello è peccato. La salvezza è andare avanti e aprire il cuore, perché venga questa consolazione dello Spirito Santo, che è la salvezza. “Ma non si può negoziare un pò di qua e un pò di là?” Fare un pò una macedonia, diciamo, no? Un pò di Spirito Santo, un pò di spirito del mondo... No! Una cosa o l’altra. Quando siamo aperti allo Spirito del Signore, possiamo capire la nuova legge che il Signore ci porta: le Beatitudini. Sono i nuovi comandamenti. Ma se noi non abbiamo il cuore aperto allo Spirito Santo, sembreranno sciocchezze. “Ma, guarda, essere poveri, essere miti, essere misericordiosi non sembra una cosa che ci porti al successo”. Se non abbiamo il cuore aperto e se non abbiamo gustato quella consolazione dello Spirito Santo, che è la salvezza, non si capisce questo. Questa è la legge per quelli che sono stati salvati e hanno aperto il loro cuore alla salvezza. Questa è la legge dei liberi, con quella libertà dello Spirito Santo. Perché, dunque, ci sono persone che hanno il cuore chiuso alla salvezza? Perché abbiamo paura della salvezza. Abbiamo bisogno, ma abbiamo paura, perché quando viene il Signore per salvarci dobbiamo dare tutto. E comanda Lui! E di questo abbiamo paura, perché vogliamo comandare noi. L’ipocrisia è questo: non lasciare che lo Spirito cambi il cuore con la sua salvezza. Chiediamo la grazia di aprire il nostro cuore alla consolazione dello Spirito Santo, perché questa consolazione, che è la salvezza, ci faccia capire bene questi comandamenti.»
10 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
81._____ «Non è importante sapere quanti si salvano, ma è importante sapere qual’è il cammino della salvezza. Che cosa vuol dire Gesù? Qual’è la porta per la quale dobbiamo entrare? Perché Gesù parla di una porta stretta? Questa porta è Gesù stesso. Lui è il aggio per la salvezza. Lui ci conduce al Padre. E la porta, che è Gesù, non è mai chiusa, è aperta sempre a tutti, senza distinzione, senza esclusione, senza privilegi. Gesù non esclude nessuno. Gesù preferisce il peccatore, sempre, per perdonarlo, per amarlo. Tutti sono invitati a varcare questa porta, a varcare la porta della fede, ad entrare nella sua vita, e a farlo entrare nella nostra vita, perché Lui la trasformi, la rinnovi, le doni gioia piena e duratura. Al giorno d'oggi iamo davanti a tante porte che invitano ad entrare promettendo una felicità che poi noi ci accorgiamo che dura un istante soltanto, che si esaurisce in se stessa e non ha futuro. Ma io vi domando: noi per quale porta vogliamo entrare? E chi vogliamo far entrare per la porta della nostra vita? Vorrei dire con forza: non abbiamo paura di varcare la porta della fede in Gesù, di lasciarlo entrare sempre di più nella nostra vita, di uscire dai nostri egoismi, dalle nostre chiusure, dalle nostre indifferenze verso gli altri. Perché Gesù illumina la nostra vita con una luce che non si spegne più. Non è un fuoco d'artificio, non è un flash! No, è una luce tranquilla che dura sempre e ci da pace. Così è la luce che incontriamo se entriamo per la porta di Gesù.»
25 Agosto 2013, Angelus, Piazza San Pietro, Vaticano
82. [... anche se ciò implica cambiare i nostri progetti personali.] «Noi dobbiamo avere chiaro nella nostra vita cristiana che l’entrare nella gloria di Dio esige la fedeltà quotidiana alla Sua volontà, anche quando richiede sacrificio, richiede alle volte cambiare i nostri programmi. Se ci lasciamo guidare da Lui, siamo certi di essere in mani sicure. Contemplare ed agire sono entrambi necessari nella nostra vita di cristiani.»
17 Aprile 2013, Udienza generale, Piazza San Pietro, Vaticano
83._____ «Il Vangelo è novità. La Rivelazione è novità. Il nostro Dio è un Dio
che sempre fa le cose nuove e chiede da noi questa docilità alla sua novità. Nel Vangelo, Gesù è chiaro in questo, è molto chiaro: vino nuovo in otri nuovi. Il vino lo porta Dio, ma dev’essere ricevuto con questa apertura alla novità. E questo si chiama docilità. Noi possiamo domandarci: io sono docile alla Parola di Dio o faccio sempre quello che io credo che è la Parola di Dio? O faccio are la Parola di Dio per un alambicco e alla fine è un’altra cosa rispetto a quello che Dio vuole fare? L’ostinazione, la non docilità a fare quello che tu vuoi e non quello che vuole Dio, è peccato di idolatria. La libertà cristiana e l’obbedienza cristiana sono docilità alla Parola di Dio, è avere quel coraggio di diventare otri nuovi, per questo vino nuovo che viene continuamente. Questo coraggio di discernere sempre: discernere, dico, non relativizzare. Discernere sempre cosa fa lo Spirito nel mio cuore, cosa vuole lo Spirito nel mio cuore, dove mi porta lo Spirito nel mio cuore. E obbedire. Discernere e obbedire. Chiediamo oggi la grazia della docilità alla Parola di Dio, a questa Parola che è viva ed efficace, che discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.»
20 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
84._____ «La novità ci fa sempre un po di paura, perché ci sentiamo più sicuri se abbiamo tutto sotto controllo, se siamo noi a costruire, a programmare, a progettare la nostra vita secondo i nostri schemi, le nostre sicurezze, i nostri gusti. Questo avviene anche con Dio. Spesso lo seguiamo, lo accogliamo, ma fino ad un certo punto. Ci è difficile abbandonarci a Lui con piena fiducia, lasciando che sia lo Spirito Santo l’anima, la guida della nostra vita in tutte le scelte. Abbiamo paura che Dio ci faccia percorrere strade nuove, ci faccia uscire dal nostro orizzonte limitato, spesso chiuso e limitato, per aprirci ai suoi orizzonti. Ma Dio quando si rivela sempre porta novità. Trasforma e chiede di fidarsi totalmente di Lui. Noè costruisce un’arca deriso da tutti, e si salva. Non è la novità per la novità, la ricerca del nuovo per superare la noia, come avviene spesso nel nostro tempo. La novità che porta Dio nel nostro tempo è ciò che realmente ci realizza, ciò che ci dona la vera gioia, la vera serenità, perché Dio ci ama e vuole solo il nostro bene. Domandiamoci, siamo aperti alle sorprese di Dio, o siamo chiusi allo Spirito Santo? Siamo coraggiosi per intraprendere le strade nuove che ci offre lo Spirito Santo, o siamo timorosi, chiusi in strutture caduche?»
19 Maggio 2013, Messa di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
85._____ «La novità spesso ci fa paura. Siamo come gli apostoli del Vangelo: spesso preferiamo tenere le nostre sicurezze. Abbiamo paura delle sorprese di Dio. Egli ci sorprende sempre. Non chiudiamoci alla novità che Dio vuole portare nella nostra vita. Non chiudiamoci in noi stessi. Non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare, peccato che non possa perdonare, se ci apriamo a lui. Nella tristezza, nell’amarezza, nella paura, non cerchiamo li chi è vivo. Fare memoria di quello che Dio ha fatto e fa per me, per noi, fare memoria del cammino percorso. Cercate Cristo tra coloro che sono vivi. Questo spalanca il cuore alla speranza per il futuro.»
30 Marzo 2013, Veglia Pasquale, Basilica Vaticana, Vaticano
86._____ «È nella povertà, nella debolezza, nell’umiltà che si manifesta e ci dona il Suo amore che ci salva, ci guarisce, ci da forza. [Dio] chiede solo che seguiamo la Sua parola e ci fidiamo di Lui. Dio ci sorprende. Dio rompe i nostri schemi, mette in crisi i nostri progetti, e ci dice “fidati di me, non avere paura, lasciati sorprendere, esci da te stesso e seguimi”. Mi lascio sorprendere da Dio come ha fatto Maria, o mi chiudo nelle mie sicurezze? Sicurezze materiali, intellettuali, ideologiche, dei miei progetti. Lascio veramente entrare Dio nella mia vita?»
13 Ottobre 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
87._____ «Egli [San Giuseppe] stava seguendo un buon progetto di vita, ma Dio riservava per lui un altro disegno, una missione più grande. Giuseppe era un
uomo che dava sempre ascolto alla voce di Dio. Non si è ostinato a perseguire quel suo progetto di vita, non ha permesso che il rancore gli avvelenasse l’animo, ma è stato pronto a mettersi a disposizione della novità che in modo sconcertante gli veniva presentata. E così Giuseppe è diventato ancora più libero e grande. Accettandosi secondo il disegno del Signore, Giuseppe trova pienamente se stesso – al di là di sè. Questa sua libertà di rinunciare a ciò che è suo, al possesso sulla propria esistenza, e questa sua piena disponibilità interiore alla volontà di Dio ci interpellano e ci mostrano la via. Giuseppe: l’uomo che ha preferito ascoltare la voce del Signore, invece di ascoltare la voce del dubbio e dell’orgoglio umano.»
22 Dicembre 2013, Angelus, Piazza San Pietro, Vaticano
88._____ «Una promessa che conforta, una richiesta di generosità, una missione da compiere. Così Gesù si rende presente nella vita di un cristiano. Non deroga mai da questa triplice modalità. Sempre il Signore quando viene nella nostra vita, quando a nel nostro cuore, ti dice una parola, ci dice una parola e anche questa promessa: “Vai avanti ... coraggio, non temere, perché tu farai questo!”. È un invito alla missione, un invito a seguire Lui. E quando sentiamo questo secondo momento, vediamo che c’è qualcosa nella nostra vita che non va, che dobbiamo correggere e la lasciamo, con generosità. O anche c’è nella nostra vita qualcosa di buono, ma il Signore ci ispira a lasciarla, per seguirlo più da vicino. Gesù mai dice “Segui me!”, senza dire la missione. No! “Segui me ed io ti farò questo”. “Segui me, per questo”. “Se tu vuoi essere perfetto, lascia e segui per essere perfetto”. Sempre la missione. Noi andiamo sulla strada di Gesù per fare qualcosa. Non è uno spettacolo andare sulla strada di Gesù. Andiamo dietro di Lui, per fare qualcosa: è la missione. È una vera preghiera cristiana sentire il Signore con la sua Parola di conforto, di pace e di promessa; avere il coraggio di spogliarci di qualcosa che ci impedisce di andare in fretta nel seguirlo e prendere la missione. Quello non vuol dire che poi non ci siano tentazioni. Ce ne saranno tante! Ma, guarda, Pietro ha peccato gravemente, rinnegando Gesù, ma poi il Signore lo ha perdonato. Giacomo e Giovanni ... hanno peccato di carrierismo, volendo andare più in alto, ma il Signore li ha perdonati.»
5 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
Alimentiamo il nostro rapporto con Dio tutti i giorni, custodendoLo ed affidandoci a Lui con umiltà tramite la preghiera, partecipando alla Sua ione, ed incontrandoLo in silenzio per contemplarLo, ringraziarLo, ascoltarLo, lodarLo e vivere la Sua memoria in un intimo dialogo, senza perdere la pazienza.
89. [Alimentiamo il nostro rapporto con Dio tutti i giorni, ... ] «Mostriamo la gioia di essere figli di Dio. La nostra relazione filiale con Dio deve crescere, deve essere alimentata ogni giorno, con l’ascolto della parola di Dio, la preghiera, la partecipazione ai sacramenti e la carità. Noi possiamo vivere da figli e questa è la nostra dignità. Comportarci come veri figli, questo vuol dire che ogni giorno dobbiamo lasciare che Cristo ci trasformi e ci renda come Lui. Vuol dire vivere da cristiani, cercare di seguirlo. La tentazione di lasciare Dio da parte per mettere al centro noi stessi è sempre alle porte. Per questo non dobbiamo lasciarci condurre alla mentalità che ci dice “Dio non serve, non è importante”. È il contrario: solo comportandoci da figli di Dio senza scoraggiarci per le nostre cadute, sentendoci amati da Lui, la nostra vita sarà nuova. Dio è la nostra forza, la nostra speranza. La speranza del Signore non delude. Dio sempre è fedele con noi. Essere cristiani non si riduce a seguire dei comandi, ma vuol dire essere in Cristo, pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui, e lasciare che Lui prenda possesso della nostra vita e la cambi, la trasformi, la liberi dalle tenebre del male. Questa è la vera libertà che ci salva dalla schiavitù del peccato e della morte.»
10 Aprile 2013, Udienza generale, Piazza San Pietro, Vaticano
90._____ «La fede di Maria come cammino. Lei ci accompagna nel pellegrinaggio della fede, ci sostiene. Tutta la Sua vita è stata seguire il Suo figlio. Lui – Gesù – è la vita, il cammino. Progredire nella fede, avanzare in questo pellegrinaggio spirituale non è altro che seguire Gesù. Ascoltarlo, lasciarsi guidare dalle Sue parole, vedere come Lui si comporta, e mettere i nostri piedi nelle Sue orme. Avere i Suoi stessi sentimenti ed atteggiamenti: umiltà, misericordia, vicinanza, ma anche fermo rifiuto dell’ipocrisia, della doppiezza, dell’idolatria. Il cammino della fede a attraverso la croce. Maria sempre era con Gesù, in mezzo al popolo, e sentiva le chiacchiere, le odiosità di quelli che non volevano bene al Signore e questa croce Lei l’ha portata. La fede di Maria ha affrontato l’incomprensione e il disprezzo – ma sempre la fede ci porta alla gioia.»
12 Ottobre 2013, Giornata Mariana e preghiera della Via Matris, Piazza San Pietro, Vaticano
91._____ «Gesù ci offre qualcosa di superiore della Coppa del Mondo! Qualcosa di superiore della Coppa del Mondo! Gesù ci offre la possibilità di una vita feconda, di una vita felice e ci offre anche un futuro con Lui che non avrà fine, nella vita eterna. È quello che ci offre Gesù. Ma ci chiede che paghiamo l’entrata, e l’entrata è che noi ci alleniamo per essere in forma, per affrontare senza paura tutte le situazioni della vita, testimoniando la nostra fede. Io prego? Ognuno risponda. Io parlo con Gesù oppure ho paura del silenzio? Lascio che lo Spirito Santo parli nel mio cuore? Io chiedo a Gesù: che cosa vuoi che faccia, che cosa vuoi della mia vita? Questo è allenarsi. Domandate a Gesù, parlate con Gesù. Però parlate sempre con Gesù, nel bene e nel male, quando fate una cosa buona e quando fate una cosa cattiva. Non abbiate paura di Lui! Questa è la preghiera. E con questo vi allenate nel dialogo con Gesù. Siete gli atleti di Cristo!»
27 Luglio 2013, Veglia di preghiera, Lungomare di Copacabana, Giornata Mondiale della Gioventú
92._____ «Ma la nostra vita è davvero animata da Dio? Quante cose metto prima di Dio? Chiediamoci se concretamente abbiamo fatto qualche o per conoscere Cristo e la verità della fede, leggendo, meditando la sacra scrittura, studiando il catechismo, accostandoci con costanza ai sacramenti. Ma chiediamoci contemporaneamente quali i stiamo facendo perché la fede orienti tutta la nostra esistenza. Non si è cristiani a tempo, in alcuni momenti soltanto, in alcune circostanze, in alcune scelte. No, non si può. Si è cristiani totalmente, in ogni momento. La verità di Cristo – che lo Spirito Santo di dona – interessa totalmente e per sempre la nostra vita quotidiana.»
15 Maggio 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
93._____ «Non bisogna aver paura di proseguire nel discernimento, per trovare la verità. Con intelligenza umile e aperta, cercate e trovate Dio in tutte le cose. Per cercare Dio in tutte le cose sono necessari studio, sensibilità, esperienza. Tutto questo richiede di mantenere aperti il cuore e la mente, evitando la malattia spirituale dell’autoreferenzialità.»
14 Giugno 2013, Udienza a La Civiltà Cattaolica, Sala dei Papi, Vaticano
94._____ «Chiunque rimane in Dio, chiunque è stato generato da Dio, chiunque rimane nell’amore vince il mondo e la vittoria è la nostra fede. Da parte nostra, la fede. Da parte di Dio - per questo rimanere - lo Spirito Santo, che fa questa opera di grazia. Da parte nostra, la fede. È forte! E questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede! La nostra fede può tutto! È vittoria! E questo sarebbe bello che lo ripetiamo, anche a noi, perché tante volte siamo cristiani sconfitti. Ma la Chiesa è piena di cristiani sconfitti, che non credono in questo, che la fede è vittoria; che non vivono questa fede, perché se non si vive questa fede, c’è la sconfitta e vince il mondo, il principe del mondo. Questa fede chiede
a noi due atteggiamenti: confessare e affidarci.»
10 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
95. [… custodendoLo… ] «La fede è confessare Dio, ma il Dio che si è rivelato a noi, dal tempo dei nostri padri fino ad ora; il Dio della storia. E questo è quello che tutti i giorni noi recitiamo nel Credo. E una cosa è recitare il Credo dal cuore e un’altra come pappagalli, no? Credo, credo in Dio, credo in Gesù Cristo, credo… Io credo in quello che dico? Questa confessione di fede è vera o io la dico un pò a memoria, perché si deve dire? O credo a metà? Confessare la fede! Tutta, non una parte! Tutta! E questa fede custodirla tutta, come è arrivata a noi, per la strada della tradizione: tutta la fede! È come posso sapere se io confesso bene la fede? C’è un segno: chi confessa bene la fede, e tutta la fede, ha capacità di adorare, adorare Dio. Noi sappiamo come chiedere a Dio, come ringraziare Dio, ma adorare Dio, lodare Dio è di più! Soltanto chi ha questa fede forte è capace dell’adorazione. Io oso dire che il termometro della vita della Chiesa è un pò basso in questo. E questo perché nella confessione della fede noi non siamo convinti o siamo convinti a metà. Dunque, il primo atteggiamento è confessare la fede e custodirla.»
10 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
96._____ «Lo stupore è più della gioia: è un momento nel quale la Parola di Dio viene, è seminata nel nostro cuore. Ma non si può vivere sempre nello stupore. Questo infatti va portato nella vita con la custodia. Custodire la Parola di Dio: cosa vuol dire questo? Io ricevo la Parola e poi prendo una bottiglia, metto la Parola nella bottiglia e la custodisco? No. Custodire la Parola di Dio vuol dire che il nostro cuore si apre, si è aperto a quella Parola come la Terra si apre per ricevere i semi. La Parola di Dio è un seme e viene seminata. E Gesù ci ha detto che cosa succede con il seme: alcuni cadono lungo il cammino e vengono gli uccelli e li mangiano; questa Parola non è custodita, questi cuori non sanno
riceverla. Altri cadono in una terra con tante pietre e il seme muore. E Gesù dice che costoro non sanno custodire la Parola di Dio perché non sono costanti: quando viene una tribolazione si dimenticano. La Parola di Dio cade in una terra non preparata, non custodita, dove sono le spine. E cosa sono le spine? Gesù parla dell’attaccamento alle ricchezze, i vizi. Custodire la Parola di Dio significa sempre meditare cosa dica a noi questa Parola con quello che succede nella vita. E questo Maria lo faceva, meditava e faceva la comparazione. Questo è un lavoro spirituale grande.Giovanni Paolo II diceva che Maria aveva, con questo lavoro, una particolare fatica nel suo cuore: aveva il cuore affaticato. Ma questo non è un affanno, è una fatica, è un lavoro. Custodire la Parola di Dio si fa con questo lavoro: il lavoro di cercare cosa significhi questo in questo momento, cosa mi voglia dire il Signore in questo momento, questa situazione in confronto con la Parola di Dio come si capisce. È leggere la vita con la Parola di Dio e questo significa custodire. Ma anche ricordare. La memoria è una custodia della Parola di Dio. Ci aiuta a custodirla, a ricordare tutto quello che il Signore ha fatto nella mia vita. Ci farà bene domandarci: “Con le cose che accadono nella vita, io mi faccio la domanda: cosa mi dice il Signore con la sua Parola, in questo momento?”. Questo si chiama custodire la Parola di Dio, perché la Parola di Dio è proprio il messaggio che il Signore ci dà in ogni momento. Custodirla con questo: custodirla con la nostra memoria. E anche custodirla con la nostra speranza.»
8 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
97._____ «Nel percorso dei Magi d’Oriente è simboleggiato il percorso di ogni uomo. La nostra vita è un camminare illuminati dalle luci che rischiareranno la strada per trovare la pienezza della verità e dell’amore che noi cristiani riconosciamo in Gesù, re del mondo. Ogni uomo, come i Magi, ha a disposizione due grandi libri da cui trarre i segni per orientarsi nel pellegrinaggio: il libro della creazione e il libro delle sacre scritture. L’importante è essere attenti, essere vigilanti, ascoltare Dio che ci parla – sempre ci parla. Specialmente leggere il Vangelo, ascoltarlo, meditarlo, è un nostro nutrimento spirituale che ci consente di incontrare Gesù vivo, di fare esperienza di Lui e del Suo amore. Ci dice il Vangelo che i Magi quando giunsero a Gerusalemme persero per un po la vista della stella. In particolare la sua luce è assente nel palazzo del re Erode. Vi
regnano diffidenza, paura e invidia. Tutto un mondo edificato sul dominio, sul successo, sull’avere, sulla corruzione è messo in crisi da un bambino. I Magi seppero superare quel pericoloso momento di oscurità presso Erode perchcè cedettero nelle scritture, così sfuggirono al torpore delle notte del mondo. Anche una virtù è la Santa furbizia. Si tratta di una scaltrezza spirituale che ci consente di riconoscere i pericoli e evitarli. I Magi seppero usare questa furbizia quando sulla via del ritorno seppero di non are dal palazzo tenebroso di Erode. Questi saggi ci insegnano come non cadere nelle insidie delle tenebre e come difenderci dall’oscurità che cerca di avvolgere la nostra vita. Loro, con questa Santa furbizia hanno custodito la fede. Anche noi dobbiamo custodire la fede di quel buio, e anche tante volte di quel buio travestito di luce perché il Demonio – dice San Paolo – si veste di angelo di luce alcune volte. E qui è necessaria la Santa furbizia per custodire la fede dai canti e dalle sirene che ti dicono “ma guarda oggi dobbiamo fare questo, quello…”. La fede è una grazia, un dono, e a noi tocca custodirla, con la preghiera, con l’amore, con la carità. Occorre accogliere nel nostro cuore la luce di Dio e nello stesso tempo coltivare la furbizia spirituale che sa coniugare semplicità e astuzia, come chiede Gesù ai Suoi discepoli. I Magi ci insegnano a seguire i grandi desideri del nostro cuore, a non accontentarci di una vita mediocre, ma a lasciarci sempre affascinare da ciò che è buono, bello vero: da Dio, che tutto questo lo è in modo sempre più grande. E ci insegnano a non lasciarci ingannare dall’apparenza, da ciò che per il mondo è grande, sapiente, potente. Non bisogna fermarsi li, è necessario custodire la fede. Bisogna andare oltre il buio, oltre il fascino delle sirene, oltre la mondanità, oltre tante modernità, andare verso Betlemme, la dove nella semplicità di una casa di periferia, tra una mamma ed un papà pieni di amore e di fede risplende il sole sorto dall’alto, il re dell’universo. Sull’esempio dei Magi, con le nostre piccole luci cerchiamo la luce e custodiamo la fede.»
6 Gennaio 2014, Santa Messa per l’Epifania, Basilica di San Pietro, Vaticano
98. [… ed affidandoci a Lui…] «L’altro atteggiamento è affidarsi. L’uomo o la donna che ha fede si affida a Dio: si affida! Paolo, in un momento buio della sua vita, diceva: “Io so bene a chi mi sono affidato”. A Dio! Al Signore Gesù! Affidarsi: e questo ci porta alla speranza. Così come la confessione della fede ci porta all’adorazione e alla lode di Dio, l’affidarsi a Dio ci porta
ad un atteggiamento di speranza. Ci sono tanti cristiani con una speranza con troppa acqua, non forte: una speranza debole. Perché? Perché non hanno la forza e il coraggio di affidarsi al Signore. Ma se noi cristiani crediamo confessando la fede, anche facendo la custodia della fede, e affidandoci a Dio, al Signore, saremo cristiani vincitori. E questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede!.»
10 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
99._____ «Forse ognuno di noi ha un buio nel cuore, una tormenta, si sente triste per una colpa. Lui è venuto a togliere tutto quello, Lui ci da la pace, Lui perdona tutto. Toglie il peccato, con radice e tutto. Questa è la salvezza di Gesù. Con amore e mitezza. Dobbiamo crescere nella fiducia in Gesù. Tante volte abbiamo fiducia in un medico – è buono quello perché il medico anche è per guarirci –, o abbiamo fiducia in una persona – i fratelli e le sorelle sono per aiutarci. È buono avere questa fiducia umana fra di noi. Ma dimentichiamo la fiducia nel Signore. Questa è la chiave del successo della vita: la fiducia nel Signore. Affidiamoci al Signore. “Ma Signore, guarda la mia vita, io sono nel buio, io ho questa difficoltà, ho questo peccato”, tutto quello che noi abbiamo, guarda questo. Quella è una scommessa che dobbiamo fare: affidarci a Lui. E Lui mai delude. Mai, eh! Sentite bene: Gesù mai delude, mai.»
19 Gennaio 2014, Santa Messa, Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, Roma
100._____ «Nei momenti difficili il Padre risponde. Ricordiamo Isacco, quando va con Abramo a fare il sacrificio: Isacco non era sciocco, se ne era accorto che portavano il legno, il fuoco, ma non la pecorella per il sacrificio. Aveva angoscia nel cuore! E cosa dice? “Padre!”. E subito: “Eccomi figlio!”. Il Padre rispose. Così, Gesù, nell’Orto degli Ulivi, dice con quell’angoscia nel cuore: “Padre, se è possibile, allontana da me questo calice!”. E gli angeli sono venuti a dargli forza. Così è il nostro Dio: è Padre! È un Padre così!. Un Padre come quello che aspetta il figlio prodigo che è andato via con tutti i soldi, con tutta l’eredità. Ma
il padre lo aspettava tutti i giorni e lo ha visto da lontano. Quello è il nostro Dio! La nostra paternità - quella dei padri di famiglia come la paternità spirituale di vescovi e sacerdoti - deve essere come questa. Il Padre ha come un’unzione che viene dal figlio: non può capire se stesso senza il figlio! E per questo ha bisogno del figlio: lo aspetta, lo ama, lo cerca, lo perdona, lo vuole vicino a sé, tanto vicino come la gallina vuole i suoi pulcini. E chiediamo allo Spirito Santo – perché soltanto è Lui, lo Spirito Santo – che ci insegni a dire “Abbà, Padre!”. È una grazia! Poter dire a Dio “Padre!” col cuore è una grazia dello Spirito Santo. Chiederla a Lui!»
4 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
101. [… con umiltà… ] «È una madre disperata [la cananea in Mc 7,2430] e una madre, davanti alla salute di un figlio, fa di tutto. Gesù le spiega che lui è venuto prima per le pecore della casa d’Israele, ma glielo spiega con un linguaggio duro: “Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. Questa donna, che certamente non era andata all’università, sapeva come rispondere. E risponde non con la sua intelligenza, ma con le sue viscere di madre, con il suo amore: “Ma anche i cagnolini mangiano quello che cade dalla mensa; dà a me, queste briciole a me!”. Questa donna non ha avuto vergogna e per la sua fede Gesù le ha fatto il miracolo. Si era esposta al rischio di fare una brutta figura, ma ha insistito, e dal paganesimo e dall’idolatria ha trovato la salute per la sua figlia e per lei ha trovato il Dio vivente. Questo è il cammino di una persona di buona volontà, che cerca Dio e lo trova. Il Signore la benedice. Quanta gente fa questo cammino e il Signore l’aspetta! Ma è lo stesso Spirito Santo che li porta avanti per fare questo cammino. Ogni giorno nella Chiesa del Signore ci sono persone che fanno questo cammino, silenziosamente, per trovare il Signore, perché si lasciano portare avanti dallo Spirito Santo.»
13 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
102. [… tramite la preghiera, …] «A chi prego? Al Dio Onnipotente? Troppo lontano. Ah, questo io non lo sento. Gesù neppure lo sentiva. A chi prego? Al Dio cosmico? Un pò abituale, in questi giorni, no?... pregare il Dio cosmico, no? Questa modalità politeista che arriva con questa cultura light… Tu devi pregare il Padre! È una parola forte, Padre. Tu devi pregare quello che ti ha generato, che ti ha dato la vita, a te. Non a tutti: a tutti è troppo anonimo. A te. A me. E anche quello che ti accompagna nel tuo cammino: conosce tutta la tua vita. Tutto: quello che è buono e quello che non è tanto buono. Conosce tutto. Se non incominciamo la preghiera con questa parola, non detta dalle labbra, ma detta dal cuore, non possiamo pregare in cristiano. Abbiamo un Padre. Vicinissimo, eh!, che ci abbraccia … Tutti questi affanni, preoccupazioni che noi possiamo avere, lasciamoli al Padre: Lui sa di cosa abbiamo bisogno. Ma, Padre, che? Padre mio? No: Padre nostro! Perché io non sono figlio unico, nessuno di noi, e se io non posso essere fratello, difficilmente potrò diventare figlio di questo Padre, perché è un padre di tutti. Mio, sicuro, ma anche degli altri, dei miei fratelli. E se io non sono in pace con i miei fratelli, non posso dire Padre a Lui. Eh no, non si può pregare con nemici nel cuore, con fratelli e nemici nel cuore: non si può pregare. Questo è difficile: sì, è difficile, non è facile. “Padre, io non posso dire Padre, non mi viene”. È vero: questo io lo capisco. “Non posso dire nostro, perché questo mi ha fatto questo, quello e …” non si può! “Questi devono andare all’inferno, no?, non sono dei miei!”. È vero, non è facile. Ma Gesù ci ha promesso lo Spirito Santo: è Lui che ci insegna, da dentro, dal cuore, come dire “Padre” e come dire “nostro”. Chiediamo oggi allo Spirito Santo che ci insegni a dire “Padre” e a poter dire “nostro”, facendo la pace con tutti i nostri nemici.»
20 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
103._____ «Il nuovo modo di pregare che Gesù ci insegna si basa sull’affidamento al Padre, sulla fiducia in Dio. La preghiera vera ci fa uscire da noi stessi. La preghiera verso il Padre in nome di Gesù ci fa uscire da noi stessi; la preghiera che ci annoia è sempre dentro noi stessi, come un pensiero che va e viene. Ma la vera preghiera è uscire da noi stessi verso il Padre in nome di Gesù, è un esodo da noi stessi. Se noi non riusciamo a uscire da noi stessi verso il
fratello bisognoso, verso l’ammalato, l’ignorante, il povero, lo sfruttato. Se noi non riusciamo a fare questa uscita da noi stessi verso queste piaghe, non impareremo mai la libertà che ci porta nell’altra uscita di noi stessi verso le piaghe di Gesù. Ci sono due uscite di noi stessi, una verso le piaghe di Gesù, l’altra verso le piaghe dei nostri fratelli e sorelle, e questa è la strada che Gesù vuole nella nostra preghiera.»
11 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
104._____ «Come preghiamo, noi? Preghiamo così, per abitudine, pietosamente ma tranquilli, o ci mettiamo noi proprio con coraggio, davanti al Signore per chiedere la grazia, per chiedere quello per cui preghiamo? Il coraggio nella preghiera: una preghiera che non sia coraggiosa non è una vera preghiera. Il coraggio di avere fiducia che il Signore ci ascolti, il coraggio di bussare alla porta. Il Signore lo dice: “Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto”. Ma bisogna chiedere, cercare e bussare. Quando noi preghiamo coraggiosamente, il Signore ci dà la grazia, ma anche ci dà se stesso nella grazia: lo Spirito Santo, cioè, se stesso! Mai il Signore dà o invia una grazia per posta: mai! La porta Lui! È Lui, la grazia! Quello che noi chiediamo è un pò come … è la carta che avvolge la grazia. Ma la vera grazia è Lui, che viene a portarmela. È Lui. La nostra preghiera, se è coraggiosa, riceve quello che chiediamo ma anche quello che è più importante: il Signore. Noi chiediamo una grazia, ma non osiamo dire: “Ma vieni Tu a portarmela”. Sappiamo che una grazia sempre è portata da Lui: è Lui che viene e ce la dà. Non facciamo la brutta figura di prendere la grazia e non riconoscere Quello che ce la porta, Quello che ce la dà: il Signore. Che il Signore ci dia la grazia di darci se stesso, sempre, in ogni grazia. E che noi lo riconosciamo, e che noi lo lodiamo come quegli ammalati guariti del Vangelo. Perché abbiamo, in quella grazia, trovato il Signore.»
10 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
105._____ «Non so se forse questo suona male, ma pregare è un pò dare fastidio a Dio, perché ci ascolti. Ma, il Signore lo dice: come l’amico a mezzanotte, come la vedova al giudice… È attirare gli occhi, attirare il cuore di Dio verso di noi… E questo lo fanno anche quei lebbrosi che gli si avvicinarono: “Se tuvuoi,puoiguarirci!”. Lo fanno con una certa sicurezza. Così, Gesù ci insegna a pregare. Quando noi preghiamo, pensiamo a volte: “Ma, sì, io dico questo bisogno, lo dico al Signore una, due, tre volte, ma non con tanta forza. Poi mi stanco di chiederlo e mi dimentico di chiederlo”. Questigridavanoe non si stancavano di gridare. Gesù ci dice: “Chiedete”, ma anche ci dice: “Bussate alla porta”, e chi bussa alla porta fa rumore, disturba, dà fastidio. E la preghiera ha questi due atteggiamenti: è bisognosa ed è sicura. Preghiera bisognosa sempre: la preghiera, quando noi chiediamo qualcosa, è bisognosa: “Ho questo bisogno, ascoltami, Signore”. Ma anche, quando è vera, è sicura: “Ascoltami! Io credo che tu possa farlo perché tu lo hai promesso”. Lui l’ha promesso. Con questa sicurezza noi diciamo al Signore i nostri bisogni, ma sicuri che lui possa farlo. Pregare è sentirci rivolgere da Gesù la domanda ai due ciechi: “Tu credi che io possa fare questo?”. Lui può farlo. Quando lo farà, come lo farà non lo sappiamo. Questa è la sicurezza della preghiera. Il bisogno di dirlo con verità, al Signore. “Sono cieco, Signore. Ho questo bisogno. Ho questa malattia. Ho questo peccato. Ho questo dolore…”, ma sempre la verità, come è la cosa. E Lui sente il bisogno, ma sente che noi chiediamo il suo intervento con sicurezza. Pensiamo se la nostra preghiera è bisognosa ed è sicura: bisognosa, perché diciamo la verità a noi stessi, e sicura, perché crediamo che il Signore possa fare quello che noi chiediamo.»
6 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
106._____ «Agli occhi della sorella [Marta] era perdere tempo, anche sembrava, forse, un pò fantasiosa: guardare il Signore come se fosse una bambina meravigliata. Ma chi la vuole? Il Signore: “Questa è la parte migliore”, perché Maria ascoltava il Signore e pregava col suo cuore. E il Signore un pò ci dice: “Il primo compito nella vita è questo: la preghiera”. Ma non la preghiera di parole, come i pappagalli; ma la preghiera, il cuore: guardare il Signore, ascoltare il Signore, chiedere al Signore. Noi sappiamo che la preghiera fa dei miracoli. Anche noi quando non preghiamo, quello che facciamo è chiudere la porta al
Signore. E non pregare è questo: chiudere la porta al Signore, perché Lui non possa fare nulla. Invece, la preghiera, davanti a un problema, a una situazione difficile, a una calamità è aprire la porta al Signore perché venga. Perché Lui rifà le cose, Lui sa arrangiare le cose, risistemare le cose. Pregare è questo: aprire la porta al Signore, perché possa fare qualcosa. Ma se noi chiudiamo la porta, il Signore non può far nulla! Pensiamo a questa Maria che ha scelto la parte migliore e ci fa vedere la strada, come si apre la porta al Signore.»
8 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
107._____ «È questione di umiltà, di riconoscere che abbiamo bisogno di Dio. Bisogno del Suo aiuto, della Sua forza, della Sua benedizione, della Sua misericordia, del Suo perdono. Ci vuole semplicità per pregare. Pregare l’uno per l’altro, la moglie per il marito, il marito per la moglie, i figli per i genitori, per i nonni: questo è pregare in famiglia e questo fa forte la famiglia.»
27 Ottobre 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
108._____ «Quando noi parliamo di coraggio pensiamo sempre al coraggio apostolico, andare a predicare il Vangelo, queste cose… Ma c’è anche il coraggio davanti al Signore. Quella parresia davanti al Signore: andare dal Signore coraggiosi per chiedere le cose. Un pò fa ridere, va bene ma fa ridere questo perché Abramo parla col Signore in una maniera speciale, con questo coraggio e uno non sa: è davanti a un uomo che prega o davanti a un commercio fenicio. A volte si va dal Signore a chiedere una cosa per una persona, si chiede questo e quello e poi si va via. Ma quella non è preghiera, perché se vuoi che il Signore dia una grazia, devi andare con coraggio e fare quello che ha fatto Abramo, con quell’insistenza. È Gesù stesso che ci dice che dobbiamo pregare così come la vedova col giudice, come quello che va a bussare di notte alla porta dell’amico. Gesù elogia la donna siro-fenicia che con insistenza chiede la guarigione della figlia. Insistenza, anche se stanca, ed è stancante davvero. Ma questo è un atteggiamento della preghiera. Santa Teresa parla della preghiera
come un negoziare col Signore e questo è possibile solo quando c’è la familiarità col Signore. Convincere il Signore con le virtù proprie del Signore! Quello è bello! Pregare è lodare il Signore nelle sue cose belle che ha e dirgli che queste cose belle, ce le mandi a noi. E se Lui è tanto misericordioso, tanto buono, che ci aiuti!»
1 Luglio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
109._____ «Qual è la forza dell’uomo? Questa della vedova: bussare al cuore di Dio, bussare, chiedere, lamentarsi di tanti problemi, tanti dolori e chiedere al Signore la liberazione da questi dolori, da questi peccati, da questi problemi. La forza dell’uomo è la preghiera e anche la preghiera dell’uomo umile è la debolezza di Dio. Il Signore è debole soltanto in questo: è debole in confronto alla preghiera del suo popolo.»
16 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
110._____ «Lamentarsi davanti a Dio non è peccato. Un prete che io conosco una volta l’ha detto ad una donna che si lamentava davanti a Dio per le sue calamità: “Ma, signora, è una forma di preghiera quella. Vada avanti”. Il Signore sente, ascolta i nostri lamenti. Pensiamo ai grandi, a Giobbe, quando nel capitolo III: “Maledetto il giorno in cui sono venuto al mondo”. E anche Geremia, nel XX capitolo: “Maledetto il giorno …”. Si lamentano anche con una maledizione, non al Signore, ma a quella situazione, no? È umano, questo.»
5 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
111._____ «Il Tempio è il luogo dove la comunità va a pregare, a lodare il
Signore, a rendere grazie, ma soprattutto ad adorare: nel Tempio si adora il Signore. E questo è il punto più importante. Anche, questo è valido per le cerimonie liturgiche: in questa cerimonia liturgica, cosa è più importante? I canti, i riti – belli, tutto…? Più importante è l’adorazione: tutta al comunità riunita guarda l’altare dove si celebra il sacrificio e adora. Ma, io credo – umilmente lo dico – che noi cristiani forse abbiamo perso un pò il senso della adorazione, e pensiamo: andiamo al Tempio, ci raduniamo come fratelli – quello è buono, è bello! – ma il centro è lì dove è Dio. E noi adoriamo Dio. San Paolo ci dice che noi siamo templi dello Spirito Santo. Io sono un tempio. Lo Spirito di Dio è in me. E anche ci dice: ”Non rattristate lo Spirito del Signore che è dentro di voi!”. E anche qui, forse non possiamo parlare come prima dell’adorazione, ma di una sorta di adorazione che è il cuore che cerca lo Spirito del Signore dentro di sé e sa che Dio è dentro di sé, che lo Spirito Santo è dentro di sé. Lo ascolta e lo segue. In questi due templi il nostro atteggiamento deve essere la pietà che adora e ascolta, che prega e chiede perdono, che loda il Signore. Io in preghiera con il Signore, che è dentro di me perché io sono tempio. Io in ascolto, io in disponibilità. Che il Signore ci conceda questo vero senso del Tempio, per potere andare avanti nella nostra vita di adorazione e di ascolto della Parola di Dio.»
22 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
112. [… partecipando alla Sua ione, …] «Quando noi celebriamo la Messa, noi non facciamo una rappresentazione dell’Ultima Cena: no, non è una rappresentazione. È un’altra cosa: è proprio l’Ultima Cena. È proprio vivere un’altra volta la ione e la morte redentrice del Signore. È una teofania: il Signore si fa presente sull’altare per essere offerto al Padre per la salvezza del mondo. Noi sentiamo o diciamo: “Ma, io non posso, adesso, devo andare a Messa, devo andare a sentire Messa”. La Messa non si sente, si partecipa, e si partecipa in questa teofania, in questo mistero della presenza del Signore tra noi. La liturgia è proprio entrare nel mistero di Dio, lasciarsi portare al mistero ed essere nel mistero. Per esempio, io sono sicuro che tutti voi venite qui per entrare nel mistero; però, forse qualcuno dice: “Ah, io devo andare a Messa a Santa Marta perché nella gita turistica di Roma c’è da andare a visitare il Papa a Santa Marta, tutte le mattine: è
un posto turistico, no?” (ride). Tutti voi venite qui, noi ci riuniamo qui per entrare nel mistero: è questa la liturgia. È il tempo di Dio, è lo spazio di Dio, è la nube di Dio che ci avvolge tutti. Ci farà bene oggi chiedere al Signore che dia a tutti noi questo senso del sacro, questo senso che ci fa capire che una cosa è pregare a casa, pregare in chiesa, pregare il Rosario, pregare tante belle preghiere, fare la Via Crucis, tante cose belle, leggere la Bibbia… e un’altra cosa è la celebrazione eucaristica. Nella celebrazione entriamo nel mistero di Dio, in quella strada che noi non possiamo controllare: soltanto è Lui l’Unico, Lui la gloria, Lui è il potere, Lui è tutto. Chiediamo questa grazia: che il Signore ci insegni ad entrare nel mistero di Dio.»
11 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
113._____ «Come viviamo la Messa quando andiamo a Messa la Domenica? È solo un momento di festa? È una tradizione consolidata che si fa? È un’occasione per ritrovarsi o sentirsi apposto? Oppure è qualcosa di più? Ci sono dei segnali molto concreti per capire come viviamo tutto questo, come viviamo l’eucarestia. Il primo indizio è il guardare e considerare gli altri. Nell’eucarestia, Cristo attua sempre nuovamente il dono di sè che ci ha fatto sulla croce. Tutta la Sua vita è un atto di totale condivisione di sè per amore. Perciò egli amava stare con i discepoli e con le persone che aveva modo di conoscere. Questo significava per Lui condividere i loro pensieri, i loro problemi, quello che agitava la loro anima e la loro vita. Ora noi, quando partecipiamo alla Santa Messa ci ritroviamo con uomini e donni di ogni genere, giovani ed anziani, bambini, poveri e benestanti, originari del posto e forestieri: “ma l’eucarestia che celebro mi porta a sentirli tutti davvero come fratelli e sorelle? Fa crescere in me la capacità di gioire con chi gioisce e piangere con chi piange? Mi spinge ad andare verso i poveri, gli ammalati, gli emarginati? Mi aiuta a riconoscere in loro il volto di Gesù?”. O forse mi preoccupo di chiacchierare “oh, ma hai visto come stava vestita quella?”. Eh, a volte si fa questo dopo la Messa, no? Se fa! E quello non si deve fare. Un secondo indizio molto importante è la grazia di sentirsi perdonati e pronti a perdonare. A volte qualcuno chiede “perché si dovrebbe andare in chiesa visto che chi partecipa abitualmente alla Santa Messa è peccatore come gli altri?”. In realtà, chi celebra l’eucarestia non lo fa perché si ritiene o vuole apparire migliore degli altri, ma proprio perché si riconosce
sempre bisognoso. Se ognuno di noi non si sente bisognoso della misericordia di Dio, non si sente peccatore, mah meglio che non vada a Messa, eh! Noi andiamo a Messa perché siamo peccatori e vogliamo ricevere il perdono di Gesù, partecipare della Sua redenzione. Quel “confesso” che diciamo all’inizio non è un pro-forma, è un vero atto di penitenza. Così incomincia la Messa. Dobbiamo andare a Messa umilmente, come peccatori, e il Signore ci riconcilia. E un ultimo indizio prezioso ci viene offerto dal rapporto tra la celebrazione eucaristica e la vita delle nostre comunità cristiane. Bisogna sempre tener presente che l’eucarestia non è qualcosa che facciamo noi, non è una nostra commemorazione di quello che Gesù ha detto e fatto. No, è proprio un’azione di Cristo. È Cristo che li attua sull’altare. È un dono di Cristo il quale si rende presente e ci raccoglie attorno a sè per nutrirci della Sua parola e della Sua vita. Attraverso l’eucarestia Cristo vuole entrare nella nostra esistenza, permearla della Sua grazia, così che in ogni comunità Cristiana ci sia coerenza tra liturgia e vita. Viviamo l’eucarestia con spirito di fede, di preghiera, di perdono, di penitenza, di gioia comunitaria, di preoccupazione per i bisognosi e per tanti fratelli e sorelle, nella certezza che il Signore compirà quello che ci ha promesso: la vita eterna.”
12 Febbraio 2014, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
114. [… ed incontrandoLo in silenzio …] «Il Signore sempre ha avuto cura del mistero e ha coperto il mistero. Non ha fatto pubblicità del mistero. Un mistero che fa pubblicità di sé non è cristiano, non è il mistero di Dio: è una finta di mistero. E questo è che è accaduto alla Madonna qui, quando riceve suo Figlio: il mistero della sua maternità verginale è coperto. È coperto tutta la vita. E Lei sapeva questo. Quest’ombra di Dio ha per noi, nella nostra vita anche l’aiuto di coprire il nostro mistero, il nostro mistero dell’incontro con il Signore, il nostro mistero del cammino col Signore. Questa nube in noi, nella nostra vita si chiama silenzio: il silenzio è proprio la nube che copre il mistero del nostro rapporto col Signore, della nostra santità e dei nostri peccati. Questo mistero che non possiamo spiegare. Ma quando non c’è silenzio nella vita nostra, il mistero si perde, va via. Custodire il mistero col silenzio. Quella è la nube, quella è la potenza di Dio
per noi, quella è la forza dello Spirito Santo. Quante volte [Maria] ha taciuto e quante volte non ha detto quello che sentiva per custodire il mistero del rapporto con suo Figlio. Il Vangelo non ci dice nulla: se ha detto una parola o no… Era silenziosa, ma dentro il suo cuore, quante cose diceva al Signore. “Tu, quel giorno - questo è quello che abbiamo letto - mi hai detto che sarà grande; tu mi ha detto che gli avresti dato il Trono di Davide, suo padre, che avrebbe regnato per sempre e adesso lo vedo lì!”. La Madonna era umana. E forse aveva la voglia di dire: “Bugie! Sono stata ingannata!”. Giovanni Paolo II diceva questo, parlando della Madonna in quel momento. Ma Lei, col silenzio, ha coperto il mistero che non capiva e con questo silenzio ha lasciato che questo mistero potesse crescere e fiorire nella speranza.»
20 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
115._____ «Il Signore viene due volte, quella che commemoriamo adesso, la nascita fisica e quella in cui verrà alla fine a chiudere la storia. C’è una terza venuta del Signore: quella di ogni giorno. Il Signore ogni giorno visita la sua Chiesa! Visita ognuno di noi e anche la nostra anima entra in questa somiglianza: la nostra anima si assomiglia alla Chiesa, la nostra anima si assomiglia a Maria. La nostra anima anche è in attesa, in questa attesa per la venuta del Signore; un’anima aperta che chiama: “Vieni, Signore”. E mi domando: siamo in attesa o siamo chiusi? Siamo vigilanti o siamo sicuri in un albergo, lungo il cammino e non vogliamo più andare avanti? Siamo pellegrini o siamo erranti? Per questo la Chiesa ci invita a pregare questo “Vieni”, ad aprire la nostra anima e che la nostra anima sia, in questi giorni, vigilante nell’attesa. Vigilare! Cosa succede in noi se viene il Signore o se non viene? Se c’è posto per il Signore o c’è posto per feste, per fare spese, fare rumore… La nostra anima è aperta, com’è aperta la Santa Madre Chiesa e com’era aperta la Madonna? O la nostra anima è chiusa e abbiamo attaccato sulla porta un cartellino, molto educato, che dice: “Si prega di non disturbare!”. E oggi ripetere tante volte 'Vieni!', e cercare che la nostra anima non sia un’anima che dica: “Do not disturb”. No! Che sia un’anima aperta, che sia un’anima grande, per ricevere il Signore.»
23 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
116. [... per contemplarLo, … ] «Per ascoltare il Signore bisogna imparare a contemplarLo, a percepire la Sua presenza costante nella nostra vita. Bisogna fermarsi a dialogare con Lui, dargli spazio con la preghiera. Ognuno di noi dovrebbe chiedersi “quale spazio do al Signore? Mi fermo a dialogare con Lui?”. Recitando l’Ave Maria siamo condotti a contemplare i misteri di Gesù, a riflettere cioè sui momenti centrali della sua vita, affinchè – come per Maria e per San Giuseppe – Egli sia centro della nostra vita e dei nostri pensieri e delle nostre azioni. La preghiera fatta insieme è un momento prezioso per rendere ancora più salda la vita famigliare e l’amicizia.»
1 Maggio 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
117._____ «Il mistero sulla nostra salvezza, sulla nostra redenzione, soltanto si capisce in ginocchio, nella contemplazione. Non soltanto con l’intelligenza. Quando l’intelligenza vuole spiegare un mistero, sempre – sempre! – diventa pazza! E così è accaduto nella Storia della Chiesa. La contemplazione: intelligenza, cuore, ginocchia, preghiera … tutto insieme, entrare nel mistero.»
21 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
118. [... ringraziarLo, ... ] «Saper ringraziare, saper lodare per quanto il Signore fa per noi. Tutto è Suo dono, ma se noi possiamo capire che tutto è Dono di Dio, quanta felicità nel nostro cuore. Dio è la nostra forza. Dire grazie è così facile, eppure così difficile. Quante volte diciamo “grazie” in famiglia, a chi ci aiuta, ci è vicino? Spesso diamo tutti per scontato e questo
avviene anche con Dio.»
13 Ottobre 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
119. [... ascoltarLo, ... ] «La prima cosa è ascoltare la parola di Dio. È la parola di Dio che suscita la fede, la nutre, la rigenera. È la parola di Dio che tocca i cuori e la converte alla Sua logica, che è così diversa dalla nostra. È la parola di Dio che rinnova continuamente le nostre comunità. Penso che tutti possiamo migliorare in questo: per essere meno ricchi delle nostre parole, e più ricchi delle Sue parole. Penso al papà e alla mamma, che sono i primi educatori. Como possono educare se la loro coscienza non è illuminata dalla parole di Dio, se il loro modo di pensare ed agire non è guidato dalla parola? Quale esempio possono dare ai figli? Papà e mamma devono parlare dalla parola di Dio. E penso ai catechisti, a tutti gli educatori. Se il loro cuore non è riscaldato dalla parola, come possono riscaldare il cuore degli altri? Non basta leggere le sacre scritture, bisogna ascoltare Gesù che parla in esse. È lo spirito di Dio che rende vive le scritture e fa comprendere in profondità nel loro senso vero e pieno. Chiediamoci “che posto ha la parola di Dio nella mia vita, la vita di ogni giorno? Sono sintonizzato sulla parola di Dio, o sulle tante parole di moda, o su me stesso?”.»
4 Ottobre 2013, Incontro con i membri della Chiesa locale, Cattedrale di San Rufino, Assisi
120._____ «Maria sa ascoltare Dio. Attenzione, non è un semplice udire, ma è l’ascolto, fatto di attenzione, di accoglienza, di disponibilità verso Dio. Non è il modo distratto in cui a volte ci mettiamo davanti al Signore o agli altri. Udiamo le parole ma non ascoltiamo veramente. Maria è attenta a Dio, ascolta Dio. Ma Maria ascolta anche i fatti, legge cioè gli eventi della sua vita, va nel profondo per coglierne il significato. Il Signore è alla porta della nostra vita e bussa in molti modi. Pone segni nel nostro cammino. A noi ci da la capacità di vederli.
Maria è la madre dell’ascolto, ascolto attento di Dio, e ascolto attento degli avvenimenti della vita.»
31 Maggio 2013, Recita del rosario al conclusione del mese mariano, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
121. [… lodarLo… ] «La preghiera di lode è una preghiera cristiana per tutti noi! Nella Messa, tutti i giorni, quando cantiamo il Santo… Questa è una preghiera di lode: lodiamo Dio per la sua grandezza, perché è grande! E gli diciamo cose belle, perché a noi piace che sia così. “Ma, Padre, io non sonocapace… Io devo…”. Ma sei capace di gridare quando la tua squadra segna un goal e non sei capace di cantare le lodi al Signore? Di uscire un pò dal tuo contegno per cantare questo? Lodare Dio è totalmente gratuito! Non chiediamo, non ringraziamo: lodiamo! Una bella domanda che noi possiamo farci oggi: “Ma come va la mia preghiera di lode? Io so lodare il Signore? So lodare il Signore o quando prego il Gloria o prego il Sanctus lo faccio soltanto con la bocca e non con tutto il cuore?”. Io mi domando quanto volte noi disprezziamo nel nostro cuore persone buone, gente buona che loda il Signore come le viene, così spontaneamente, perché non sono colti, non seguono gli atteggiamenti formali? Ma, disprezzo! E dice la Bibbia che Mikal è rimasta sterile per tutta la vita per questo! Cosa vuol dire la Parola di Dio qui? Che la gioia, che la preghiera di lode ci fa fecondi! Sara ballava nel momento grande della sua fecondità, a novant’anni! La fecondità che ci dà la lode al Signore, la gratuità di lodare il Signore. Quell’uomo o quella donna che loda il Signore, che prega lodando il Signore, che quando prega il Gloria si rallegra di dirlo, quando canta il Sanctus nella Messa si rallegra di cantarlo, è un uomo o una donna fecondo.»
28 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
122. [... e vivere la Sua memoria... ] «Un cristiano senza memoria non è un vero cristiano: è un uomo o una donna prigioniero della congiuntura, del
momento; non ha storia. È proprio lo Spirito che gli insegna come prendere la storia. La memoria della storia. Memoria della nostra vita, della nostra storia, memoria dal momento che abbiamo avuto la grazia di incontrare Gesù; memoria di tutto quello che Gesù ci ha detto. Quella memoria che viene dal cuore, quella è una grazia dello Spirito Santo. E quando viene un pò la vanità, e uno crede di essere un pò il Premio Nobel della Santità, anche la memoria ci fa bene: “Ma … ricordati da dove ti ho preso: dalla fine del gregge. Tu eri dietro, nel gregge”. La memoria è una grazia grande, e quando un cristiano non ha memoria – è duro, questo, ma è la verità – non è cristiano: è idolatra.»
13 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
123._____ «Non solamente nei grandi momenti storici, ma nei momenti della nostra vita: tutti abbiamo la memoria della salvezza, tutti. Ma mi domando: questa memoria è vicina a noi, o è una memoria un pò lontana, un pò diffusa, un pò arcaica, un pò di museo. E quando la memoria non è vicina, quando noi non abbiamo questa esperienza della vicinanza della memoria, questa entra in un processo di trasformazione, e la memoria diventa un semplice ricordo. Quando la memoria si fa vicina fa due cose: riscalda il cuore e ci dà gioia. E questa gioia è la nostra forza. La gioia della memoria vicina. Invece, la memoria addomesticata, che si allontana e diventa un semplice ricordo, non riscalda il cuore, non ci dà gioia e non ci dà forza. Questo incontro con la memoria è un evento di salvezza, è un incontro con l’amore di Dio che ha fatto storia con noi e ci ha salvati; è un incontro di salvezza. Ed è tanto bello essere salvati, che bisogna fare festa. La vita ci porta ad allontanare questa vicinanza, soltanto a mantenere il ricordo della salvezza, non la memoria che è viva. Ogni settimana andiamo in chiesa, oppure è morto quello, andiamo al funerale … e questa memoria, tante volte, ci annoia, perché non è vicina. È triste, ma la Messa tante volte si trasforma in un evento sociale e non siamo vicini alla memoria della Chiesa, che è la presenza del Signore davanti a noi. Chiediamo al Signore la grazia di avere sempre la sua memoria vicina a noi, una memoria vicina e non addomesticata dall’abitudine, da tante cose, e allontanata in un semplice ricordo.»
3 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
124. [... in un intimo dialogo, ... ] «Vivere un rapporto di intimo dialogo con Gesù, cosi da riconoscerlo come il Signore e adorarlo. Cosa vuol dire adorarlo? Significa imparare a stare con Lui, fermarci a dialogare con Lui sentendo che la sua presenza è la più vera, la più importante di tutti. Adorare il Signore vuol dire dare a Lui il posto che deve avere [tra le nostre priorità]. Questo ha una conseguenza nella nostra vita: spogliarci dei tanti idoli, nei quali ci rifuggiamo, e nei quali molte volte riponiamo le nostre sicurezze. Sono idoli che spesso teniamo ben nascosti. Possono essere l’ambizione, il carrierismo, il gusto del successo, il mettere al centro se stessi, la pretesa di essere gli unici padroni della nostra vita, e molti altri.»
14 Aprile 2013, Santa Messa, Basilica di San Paolo fuori le mura
125. [... senza perdere la pazienza.] «Il Signore sceglie sempre il Suo modo di entrare nella nostra vita. Tante volte lo fa tanto lentamente, che noi siamo nel rischio di perdere un pò la pazienza: “Ma Signore, quando?” E preghiamo, preghiamo… E non viene il Suo intervento nella nostra vita. Altre volte, quando pensiamo a quello che il Signore ci ha promesso, è tanto grande che siamo un pò increduli, un pò scettici e come Abramo - un pò di nascosto - sorridiamo… Dice in questa Prima Lettura che Abramo nascose la sua faccia e sorrise… Un pò di scetticismo: “Ma come io, a cento anni quasi, avrò un figlio e mia moglie a 90 anni avrà un figlio?”Quante volte noi, quando il Signore non viene, non fa il miracolo e non ci fa quello che noi vogliamo che Lui faccia, diventiamo o impazienti o scettici. Ma non lo fa, agli scettici non può farlo. Il Signore prende il Suo tempo. Ma anche Lui, in questo rapporto con noi, ha tanta pazienza. Non soltanto noi dobbiamo avere pazienza: Lui ne ha! Lui ci aspetta! E ci aspetta fino alla fine della vita! Pensiamo al buon ladrone, proprio alla fine, alla fine, ha riconosciuto Dio. Il Signore cammina con noi, ma tante volte non si fa vedere, come nel caso dei discepoli di Emmaus. Il Signore è coinvolto nella nostra vita -
questo è sicuro! - ma tante volte non lo vediamo. Questo ci chiede pazienza. Ma il Signore che cammina con noi, anche Lui ha tanta pazienza con noi.»
28 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
126._____ «La pazienza non è rassegnazione, è un’altra cosa. La pazienza, sopportare le prove, le cose che noi non vogliamo, fa maturare la nostra vita. Chi non ha pazienza vuole tutto subito, tutto di fretta. Chi non conosce questa saggezza della pazienza è una persona capricciosa, come i bambini che sono capricciosi, e nessuna cosa va loro bene. La persona che non ha pazienza è una persona che non cresce, che rimane nei capricci del bambino, che non sa prendere la vita come viene: o questo o niente. Questa è una delle tentazioni: diventare capricciosi. Un’altra tentazione di quelli che non hanno pazienza è l’onnipotenza di volere subito una cosa. Dio ha il suo modo di andare avanti. La pazienza di Dio. Anche Lui ha pazienza. Ogni volta che noi andiamo al sacramento della riconciliazione, cantiamo un inno alla pazienza di Dio! Ma il Signore come ci porta sulle sue spalle, con quanta pazienza, con quanta pazienza! La vita cristiana deve svolgersi su questa musica della pazienza, perché è stata proprio la musica dei nostri padri, del popolo di Dio, quelli che hanno creduto alla Parola di Dio, che hanno seguito il comandamento che il Signore aveva dato al nostro padre Abramo: “Cammina davanti a me e sii irreprensibile”. Quanto paziente è il nostro popolo! Ancora adesso! Quando andiamo nelle parrocchie e troviamo quelle persone che soffrono, che hanno problemi, che hanno un figlio disabile o hanno una malattia, ma portano avanti con pazienza la vita. Non chiedono segni, come questi del Vangelo, che volevano un segno. Dicevano: “Dateci un segno!”. No, non chiedono, ma sanno leggere i segni dei tempi: sanno che quando germoglia il fico, viene la primavera; sanno distinguere quello. Invece, questi impazienti del Vangelo di oggi, che volevano un segno, non sapevano leggere i segni dei tempi, e per questo non hanno riconosciuto Gesù.»
17 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
127._____ «Il cristiano è un uomo o una donna che sa vivere nel momento e sa vivere nel tempo. Il momento è quello che noi abbiamo in mano adesso: ma questo non è il tempo, questo a! Forse noi possiamo sentirci padroni del momento, ma l’inganno è crederci padroni del tempo: il tempo non è nostro, il tempo è di Dio! Il momento è nelle nostre mani e anche nella nostra libertà di come prenderlo. E di più: noi possiamo diventare sovrani del momento, ma del tempo soltanto c’è un sovrano, un solo Signore, Gesù Cristo. E per conoscere i veri segni, per conoscere la strada che devo prendere in questo momento è necessario il dono del discernimento e la preghiera per farlo bene. Invece per guardare il tempo, del quale soltanto il Signore è padrone, Gesù Cristo, noi non possiamo avere nessuna virtù umana. La virtù per guardare il tempo deve essere data, regalata dal Signore: è la speranza! Preghiera e discernimento per il momento; speranza per il tempo. Il cristiano sa aspettare il Signore in ogni momento, ma spera nel Signore alla fine dei tempi.»
26 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
Per scuotere le coscienze
«Abbiamo la possibilità più importante della nostra vita: credere.» [31]
«Il Signore ci domanda: “Cosa pensi tu di me?”. Ma lo fa, eh? Lo fa tante volte! “Cosa pensi tu di me?”, dice il Signore. E noi non possiamo farci quelli che non capiscono bene.» [42]
«Gesù a Pietro e ai suoi Apostoli non ha detto “Conoscimi!” ha detto “Seguimi!” […]Non è uno studio di cose che è necessario, ma è una vita di discepolo.» [43]
«Ma non ti spaventare. Se con quella grossa che ha fatto Pietro, lo hanno fatto Papa, tu vai avanti!» [9]
«Se qualcuno di noi dicesse: “Ma io mai ho avuto tentazioni”, o sei un cherubino o sei un pò scemo, no? Si capisce….» [10]
«Alcuni dicono: “Ah, io mi confesso con Dio”. Ma è facile, è come confessarti per e-mail, no?» [6]
«“Mah padre, a me fa vergogna andare a dire i miei peccati.” Mah guarda, le nostre mamme, le nostre nonne dicevano che è meglio diventare una volta rosso e non mille volte giallo, eh!» [7]
«Ma c’è una cosa bella: quando noi confessiamo i nostri peccati come sono alla presenza di Dio, sempre sentiamo quella grazia della vergogna. Vergognarsi davanti a Dio è una grazia.» [6]
«Il Signore mai si stanca di perdonare, mai. Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono.» [11]
«Ma i filosofi dicono che la pace è una certa tranquillità nell’ordine: tutto ordinato e tranquillo… Quella non è la pace cristiana! La pace cristiana è una pace inquieta.» [12]
«Mi chiamo così: figlio di Dio! Che bella carta di identità! Stato civile: libero!» [13]
«Di che cosa mi vanterò, se non della mia debolezza, della mia povertà?» [17]
«Lasciarci guardare dal Signore. Questa è una maniera di pregare. È un pò noioso, ti fa addormentare? Addormentati, Lui ti guarderà lo stesso.» [67]
«Non c’è professione o condizione sociale, non c’è peccato o crimine di alcun genere che possa cancellare dalla memoria e dal cuore di Dio uno solo dei Suoi figli.» [21]
«Se nel nostro cuore non c’è misericordia, la gioia del perdono, non siamo in comunione con Dio, anche se osserviamo tutti i precetti – perché è l’amore che
salva, non la sola pratica dei precetti.» [22]
«Qualche volta li chiamo [i carcerati di Buenos Aires], specialmente la domenica, faccio una chiacchierata. Poi quando finisco penso: perché lui è lì e non io che ho tanti e più motivi per stare lì?» [25]
«Non si può conoscere Gesù senza avere problemi. [...] Non si può conoscere Gesù in prima classe!» [45]
“Io sono un buon cristiano, tutte le domeniche, dalle 11 a mezzogiorno vado a Messa e faccio questo, faccio questo…” [...] Non si può essere cristiano a pezzi, part-time. Il cristiano part-time non va!» [71]
«La salvezza non verrà […] dalla nostra intelligenza nel fare gli affari. La salvezza verrà dalla grazia di Dio e dall’allenamento quotidiano che noi facciamo di questa grazia nella vita cristiana.» [10]
«Ma sei capace di gridare quando la tua squadra segna un goal e non sei capace di cantare le lodi al Signore?» [121]
«Gesù ci offre qualcosa di superiore della Coppa del Mondo! [...] Ma ci chiede che paghiamo l’entrata, e l’entrata è che noi ci alleniamo per essere in forma.» [91]
«A chi prego? Al Dio cosmico? Un pò abituale, in questi giorni, no?... pregare il Dio cosmico, no? Questa modalità politeista che arriva con questa cultura
light… Tu devi pregare il Padre!» [102]
2. EDIFICARE – con Gesù
«La misura della grandezza di una società
è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso,
chi non ha altro che la sua povertà!»
«Non puoi servire Dio e il denaro.
Non si può: o l’uno o l’altro!
E questo non è comunismo, eh!
Questo è Vangelo puro!
Queste sono le parole di Gesù!»
«Io non ho mai visto un camion da trasloco
dietro un corteo funebre, mai.»
2.1. Edificare per superare le tentazioni del mondo
Lottiamo contro il diavolo con Dio al nostro fianco.
128. «Mah, tre criteri, eh! Non confondere la verità. Gesù lotta contro il diavolo: primo criterio. Secondo criterio: chi non è con Gesù, è contro Gesù. Non ci sono atteggiamenti a metà. Terzo criterio: la vigilanza sul nostro cuore, perché il demonio è astuto. Ci sono alcuni preti che quando leggono questo brano del Vangelo, questo e altri, dicono: “Ma, Gesù ha guarito una persona da una malattia psichica”. Non leggono questo qui, no? È vero che in quel tempo si poteva confondere un’epilessia con la possessione del demonio; ma è anche vero che c’era il demonio! E noi non abbiamo diritto di fare tanto semplice la cosa, come per dire: “Tutti questi non erano indemoniati; erano malati psichici”. No! La presenza del demonio è nella prima pagina della Bibbia, e la Bibbia finisce anche con la presenza del demonio, con la vittoria di Dio sul demonio. Non dobbiamo essere ingenui. “O sei con me – dice il Signore – o sei contro di me”. Gesù, è venuto a distruggere il demonio, a darci la liberazione dalla schiavitù del diavolo su di noi. In questo punto non ci sono sfumature. C’è una lotta e una lotta dove si gioca la salute, la salute eterna, la salvezza eterna di tutti noi. E noi possiamo farci la domanda: “Io vigilo su di me, sul mio cuore, sui miei sentimenti, sui miei pensieri? Custodisco il tesoro della grazia? Custodisco la presenza dello Spirito Santo in me? O lascio così, sicuro, credo che vada bene?” Ma se tu non custodisci, viene quello che è più forte di te. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. La vigilanza! Mai è scacciato via per sempre! Soltanto l’ultimo giorno lo sarà. La vigilanza, perché la strategia di lui è quella: “Tu ti sei fatto cristiano, vai avanti nella tua fede, io ti lascio, ti lascio tranquillo – ma poi quando ti sei abituato e non fai tanta vigilanza e ti senti sicuro, io torno”. Il Vangelo di oggi incomincia con il demonio scacciato e finisce con il demonio che torna! San Pietro lo diceva: “È come un leone feroce, che gira intorno a noi”. È così. “Ma, Padre, lei è un pò antico! Ci fa spaventare con queste cose…”. No, io no! È il Vangelo! E queste non sono bugie: è la Parola del Signore! Chiediamo al Signore la grazia di prendere sul serio queste cose. Lui è venuto a lottare per la nostra
salvezza. Lui ha vinto il demonio! Per favore, non facciamo affari con il demonio! Lui cerca di tornare a casa, di prendere possesso di noi. Non relativizzare, vigilare! E sempre con Gesù!.»
11 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
129._____ «Lui [Dio] non conosce già i nostri pensieri? Che senso ha insistere con Dio? Dio ci invita a pregare con insistenza non perché non sa di che cosa abbiamo bisogno o perché non ci ascolta. Al contrario, Lui ascolta sempre e conosce tutto di noi, con amore. Nel nostro cammino quotidiano, nella lotta contro il male, dentro e fuori di noi, il Signore è al nostro fianco. Noi lottiamo con Lui a fianco e la nostra arma è proprio la preghiera che ci fa sentire la Sua presenza accanto a noi. Ma la lotta contro il male è dura e lunga, richiede pazienza e resistenza. C’è una lotta da portare avanti ogni giorno, ma Dio è il nostro alleato, la fede in Lui è la nostra forza. La preghiera è l’espressione di questa fede. Pregare sempre, ma non per convincere il Signore a forza di parole – Lui sa meglio di noi di che cosa abbiamo bisogno. Piuttosto la preghiera perseverante è espressione della fede in un Dio che ci chiama a combattere con Lui ogni giorno, ogni momento per vincere il male con il bene.»
20 Ottobre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
130._____ «Anche le potenze demoniache, ostili all’uomo, si arrestano impotenti di fronte all’unione di amore tra Gesù e chi lo accoglie con fede. Solo il peccato dell’uomo può interrompere questo legame, ma anche in questo caso Dio lo cercherà sempre, lo rincorrerà per ristabilire con lui un’unione che perdura anche dopo la morte, anzi un unione che nell’incontro finale con il Padre raggiunge il suo culmine.»
4 Novembre 2013, Messa in suffragio di cardinali e vescovi defunti, Basilica di
San Pietro, Vaticano
Dogana pastorale ed ipocrisia cristiana.
131. [Dogana pastorale... ] «Pensate a una ragazza madre, che va in chiesa, in parrocchia e al segretario: “Voglio battezzare il bambino”. E poi questo cristiano, questa cristiana le dice: “No, tu non puoi perché non sei sposata!”. Ma guardi, che questa ragazza che ha avuto il coraggio di portare avanti la sua gravidanza e non rinviare suo figlio al mittente, cosa trova? Una porta chiusa! Questo non è un buon zelo! Allontana dal Signore! Non apre le porte! E così quando noi siamo su questa strada, in questo atteggiamento, noi non facciamo bene alle persone, alla gente, al Popolo di Dio. Ma Gesù ha istituito sette Sacramenti e noi con questo atteggiamento istituiamo l’ottavo: il sacramento della dogana pastorale! Pensiamo oggi a Gesù, che sempre vuole che tutti ci avviciniamo a Lui.»
25 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
132._____ «Ma ci vergogniamo?! Tanti scandali che io non voglio menzionare singolarmente, ma tutti ne sappiamo… Sappiamo dove sono! Scandali, alcuni che hanno fatto pagare tanti soldi: sta bene! Si deve fare così…. La vergogna della Chiesa! Ma ci siamo vergognati di quegli scandali, di quelle sconfitte di preti, di vescovi, di laici? La Parola di Dio in quegli scandali era rara; in quegli uomini e in quelle donne la Parola di Dio era rara! Non avevano un legame con Dio! Avevano una posizione nella Chiesa, una posizione di potere, anche di comodità. Ma la Parola di Dio, no! ‘Ma, io porto una medaglià; ‘Io porto la Crocè… Sì, come questi portavano l’arca! Senza il rapporto vivo con Dio e con la Parola di Dio! Mi viene in mente quella Parola di Gesù per quelli per i quali vengono gli scandali… E qui lo scandalo è venuto: tutta una decadenza del popolo di Dio, fino alla debolezza, alla corruzione dei sacerdoti.»
16 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
133._____ «Noi siamo unti dallo Spirito e quando un sacerdote si allontana da Gesù Cristo può perdere l’unzione. Nella sua vita, no: essenzialmente ce l’ha … ma la perde. E invece di essere unto finisce per essere untuoso. E quanto male fanno alla Chiesa i preti untuosi! Quelli che mettono la sua forza nelle cose artificiali, nelle vanità, in un atteggiamento … in un linguaggio lezioso … Ma, quante volte si sente dire con dolore: “Ma, questo è un prete-farfalla!”, perché sempre è nelle vanità … Questo non ha il rapporto con Gesù Cristo! Ha perso l’unzione: è un untuoso. Noi sacerdoti abbiamo tanti limiti: siamo peccatori, tutti. Ma se andiamo da Gesù Cristo, se cerchiamo il Signore nella preghiera – la preghiera di intercessione, la preghiera di adorazione – siamo buoni sacerdoti, benché siamo peccatori. Ma se ci allontaniamo da Gesù Cristo, dobbiamo compensare questo con altri atteggiamenti … mondani. E così, tutte queste figure … anche il prete-affarista, il prete-imprenditore … Ma il prete che adora Gesù Cristo, il prete che parla con Gesù Cristo, il prete che cerca Gesù Cristo e che si lascia cercare per Gesù Cristo: questo è il centro della nostra vita. Se non c’è questo, perdiamo tutto. E cosa daremo alla gente? Ma, è bello trovare preti che hanno dato la sua vita come sacerdoti, davvero, e di cui la gente dice: “Ma, sì, ha un caratteraccio, ha questo, ha quello … ma è un prete!”. E la gente ha il fiuto! Invece, quando la gente vede i preti – per dire una parola – idolatri, che invece di avere Gesù, hanno i piccoli idoli … piccoli … alcuni devoti del dio Narciso, anche … Quando la gente vede questi, la gente dice: “Poveraccio!”. Quello che ci salva dalla mondanità e dall’idolatria che ci fa untuosi, quello che ci conserva nella unzione, è il rapporto con Gesù Cristo. E oggi, a voi che avete avuto la gentilezza di venire a concelebrare qui, con me, auguro questo: ma perdete tutto nella vita, ma non perdete questo rapporto con Gesù Cristo! Questa è la vostra vittoria. E avanti, con questo!.»
11 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
134._____ «Quante volte il popolo di Dio si sente non benvoluto da quelli che devono dare testimonianza: dai cristiani, dai laici cristiani, dai preti, dai
vescovi… “Ma, povera gente, non capisce niente... Deve fare un corso di teologia per capire bene”. Questa è la figura del cristiano corrotto, del laico corrotto, del prete corrotto, del vescovo corrotto, che profitta della sua situazione, del suo privilegio della fede, di essere cristiano e il suo cuore finisce corrotto, come succede a Giuda. Da un cuore corrotto esce il tradimento.»
14 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
135._____ «Nelle ideologie non c’è Gesù: la sua tenerezza, amore, mitezza. E le ideologie sono rigide, sempre. Di ogni segno: rigide. E quando un cristiano diventa discepolo dell’ideologia, ha perso la fede: non è più discepolo di Gesù, è discepolo di questo atteggiamento di pensiero, di questo... E per questo Gesù dice loro: “Voi avete portato via la chiave della conoscenza”. La conoscenza di Gesù è trasformata in una conoscenza ideologica e anche moralistica, perché questi chiudevano la porta con tante prescrizioni. Gesù l’ha detto in quel capitolo ventitreesimo del Vangelo di Matteo “voi caricate sulle spalle della gente tante cose, solo una è necessaria”. Questo è il processo: la fede diventa ideologia e l’ideologia spaventa, l’ideologia caccia via la gente, allontana, allontana la gente e allontana la Chiesa dalla gente. Ma è una malattia grave, questa dei cristiani ideologici. È una malattia, ma non è nuova, eh? Già l’Apostolo Giovanni, nella sua prima Lettera, parlava di questo. I cristiani che perdono la fede e preferiscono le ideologie. Il suo atteggiamento è: diventare rigidi, moralisti, eticisti, ma senza bontà. La domanda può essere questa, no? Ma perché un cristiano può diventare così? Cosa succede nel cuore di quel cristiano, di quel prete, di quel vescovo, di quel Papa, che diventa così? Semplicemente una cosa: quel cristiano non prega. E se non c’è la preghiera, tu sempre chiudi la porta. La chiave che apre la porta alla fede è la preghiera. Quando un cristiano non prega, succede questo. E la sua testimonianza è una testimonianza superba. Chi non prega è un superbo, è un orgoglioso, è un sicuro di se stesso. Non è umile. Cerca la propria promozione. Quando un cristiano prega, non si allontana dalla fede, parla con Gesù. Dico pregare, non dico dire preghiere, perché questi dottori della legge dicevano tante preghiere per farsi vedere. Gesù, invece, dice: “Quando tu preghi, va nella tua stanza e prega il Padre di nascosto, da cuore a cuore”. Una cosa è pregare e un’altra cosa è dire preghiere.»
17 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
136._____ «Quando nel popolo di Dio non c’è profezia, il vuoto che lascia quello viene occupato dal clericalismo: è proprio questo clericalismo che chiede a Gesù: “Con quale autorità fai tu queste cose? Con quale legalità?”. E la memoria della promessa e la speranza di andare avanti vengono ridotte soltanto al presente: né ato, né futuro speranzoso. Il presente è legale: se è legale vai avanti. La fecondità della forza di Dio ci viene quando Lui ci risveglia la memoria della Sua promessa e ci spinge verso il futuro con la speranza. Questo è il profeta, questo è l’uomo dall’occhio penetrante e che ode le parole di Dio. La nostra preghiera in questi giorni, nel quale ci prepariamo al Natale del Signore, sia: “Signore, che non manchino i profeti nel tuo popolo!”. Tutti noi battezzati siamo profeti. “Signore, che non dimentichiamo la tua promessa! Che non ci stanchiamo di andare avanti! Che non ci chiudiamo nelle legalità che chiudono le porte! Signore, libera il tuo popolo dalla spirito del clericalismo e aiutalo con lo spirito di profezia.»
16 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
137. [... ed ipocrisia cristiana.] «Gesù lo dice: “Non entrate voi e non lasciate entrare gli altri”. Sono eticisti senza bontà, non sanno cosa sia la bontà. Ma sì, sono eticisti, eh? “Si deve far questo, questo, questo...”. Ti riempiono di precetti, ma senza bontà. E quelli delle filatterie che si addossano tanti drappi, tante cose, per fare un pò finta di essere maestosi, perfetti, non hanno il senso della bellezza. Non hanno il senso della bellezza. Arrivano soltanto ad una bellezza da museo. Intellettuali senza talento, eticisti senza bontà, portatori di bellezze da museo. Questi sono gli ipocriti, ai quali Gesù rimprovera tanto. “Abbi pietà di me, Signore, che sono un peccatore”. Questa è la preghiera che dobbiamo fare tutti i giorni, nella consapevolezza che siamo peccatori, ma con peccati concreti, non teorici. È questa preghiera che ci aiuterà a percorrere la strada contraria all’ipocrisia, tentazione che tutti noi abbiamo.»
19 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
138._____ «“Ma sì, Dio mi ama”, Dio ci ama, ma è una cosa astratta, è una cosa che non mi tocca il cuore ed io mi arrangio nella vita come posso. Non c’è fedeltà lì. E il pianto del cuore di Gesù verso Gerusalemme è questo: “Gerusalemme, tu non sei fedele; tu non ti sei lasciata amare; e tu ti hai affidata a tanti idoli, che ti promettevano tutto, ti dicevano di darti tutto, poi ti hanno abbandonata”. Il cuore di Gesù, la sofferenza dell’amore di Gesù: un amore non accettato, non ricevuto. Il popolo infedele, non fedele, che non accetta l’amore di Gesù, o peggio ancora, eh? Che vive quest’amore ma a metà: un pò sì, un pò no, secondo le proprie convenienze.»
31 Ottobre 2013, Santa Messa, Cappella di San Sebastiano, Basilica di San Pietro, Vaticano
139._____ «Senza questa coscienza del prima e del dopo della quale ci parla Paolo, il nostro cristianesimo non serve a nessuno! E più: va sulla strada dell’ipocrisia. “Mi dico cristiano, ma vivo come pagano!”. Alcune volte diciamo “cristiani a metà cammino”, che non prendono sul serio questo. Siamo santi, giustificati, santificati per il sangue di Cristo: prendere questa santificazione e portarla avanti! E non si prende sul serio! Cristiani tiepidi: “Ma, sì, sì; ma, no, no”. Un pò come dicevano le nostre mamme: “cristiano all’acqua di rosa, no!”. Un pò così… Un pò di vernice di cristiano, un pò di vernice di catechesi… Ma dentro non c’è una vera conversione, non c’è questa convinzione di Paolo: “Tutto ho lasciato perdere e considero spazzatura, per guadagnare Cristo e essere trovato in Lui”.»
24 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
140._____ «Il Signore è molto generoso. Il Signore apre tutte le porte. Anche il Signore capisce quello che gli dice: “No, Signore, non voglio andare da te!”. Capisce e lo aspetta, perché è misericordioso. Ma al Signore non piace quell’uomo che dice di “sì” e fa di “no”; che fa finta di ringraziarlo per tante cose belle, ma nella verità va per la sua strada; che ha delle buone maniere, ma fa la propria volontà e non quella del Signore: quelli che sempre si scusano, quelli che non sanno la gioia, che non sperimentano la gioia dell’appartenenza. Chiediamo al Signore questa grazia: di capire bene quanto bello è essere invitati alla festa, quando bello è essere con tutti e condividere con tutti le proprie qualità, quando bello è stare con Lui e che brutto è giocare fra il “sì” e il “no”, dire di “sì” ma accontentarmi soltanto di essere elencato nella lista dei cristiani.»
29 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
141._____ «La gente di quel tempo, preferivano rifugiarsi in una religione più elaborata: nei precetti morali, come quel gruppo di farisei; nel compromesso politico, come i sadducei; nella rivoluzione sociale, come gli zeloti; nella spiritualità gnostica, come gli esseni. Erano con il loro sistema ben pulito, ben fatto. Ma il predicatore, no. Anche Gesù fa fare loro memoria: “I vostri padri hanno fatto lo stesso con i profeti”. Il popolo di Dio ha una certa allergia per i predicatori della Parola: i profeti, li ha perseguitati, li ha uccisi. Questi cristiani che sono chiusi, che sono ingabbiati, questi cristiani tristi … non sono liberi. Perché? Perché hanno paura della libertà dello Spirito Santo, che viene tramite la predicazione. E questo è lo scandalo della predicazione, del quale parlava San Paolo: lo scandalo della predicazione che finisce nello scandalo della Croce. Scandalizza che Dio ci parli tramite uomini con limiti, uomini peccatori: scandalizza! E scandalizza di più che Dio ci parli e ci salvi tramite un uomo che dice che è il Figlio di Dio ma finisce come un criminale. Quello scandalizza. Questi cristiani tristi non credono nello Spirito Santo, non credono in quella libertà che viene dalla predicazione, che ti ammonisce, ti insegna, ti schiaffeggia, pure; ma è proprio la libertà che fa crescere la Chiesa.»
13 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
142._____ «Era un testardo. Ma, il Signore ha voluto proprio un testardo per farci capire una cosa più grande. Tommaso ha visto il Signore, è stato invitato a mettere il suo dito nella piaga dei chiodi; mettere la mano sul fianco e non ha detto: “È vero: il Signore è risorto!”. No! È andato più oltre. Ha detto: “Dio!”. Il primo dei discepoli che fa la confessione della divinità di Cristo, dopo la Resurrezione. E ha adorato. E così si capisce qual’era l’intenzione del Signore nel farlo aspettare: prendere anche la sua incredulità per portarla non all’affermazione della Resurrezione, ma all’affermazione della sua divinità. Il cammino per l’incontro con Gesù-Dio. Non ce n’è un altro. Nella storia della Chiesa ci sono stati alcuni sbagli nel cammino verso Dio. Alcuni hanno creduto che il Dio vivente, il Dio dei cristiani noi possiamo trovarlo per il cammino della meditazione, e andare più alto nella meditazione. Quello è pericoloso, eh? Quanti si perdono in quel cammino e non arrivano. Arrivano sì, forse, alla conoscenza di Dio, ma non di Gesù Cristo, Figlio di Dio, seconda Persona della Trinità. A quello non ci arrivano. È il cammino degli gnostici, no? Sono buoni, lavorano, quello, ma non è il cammino giusto. È molto complicato e non ti porta a buon porto. Altri hanno pensato che per arrivare a Dio dobbiamo essere noi mortificati, austeri, e hanno scelto la strada della penitenza: soltanto la penitenza, il digiuno. E neppure questi sono arrivati al Dio vivo, a Gesù Cristo Dio vivo. Sono i pelagiani, che credono che con il loro sforzo possono arrivare.»
3 Luglio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
143._____ «Nella storia della Chiesa ci sono state due classi di cristiani: i cristiani di parole – quelli “Signore, Signore, Signore” – e i cristiani di azione. Sempre c’è stata la tentazione di vivere il nostro cristianesimo fuori della roccia che è Cristo. L’unico che ci dà la libertà per dire “Padre” a Dio è Cristo. È l’unico che ci sostiene nei momenti difficili, no? Come dice Gesù: cade la pioggia, straripano i fiumi, soffiano i venti, ma quando è la roccia, è sicurezza; quando sono le parole, le parole volano, non servono. E questa tentazione oggi c’è. Cristiani superficiali che credono, sì Dio, Cristo, ma troppo diffuso: non è Gesù Cristo quello che ti dà fondamento. Sono gli gnostici moderni. La tentazione dello gnosticismo. Un cristianesimo liquido. D’altra parte, sono quelli
che credono che la vita cristiana si debba prendere tanto sul serio che finiscono per confondere solidità, fermezza, con rigidità. Sono i rigidi! Questo pensano che per essere cristiano sia necessario mettersi in lutto, sempre. I primi hanno una certa allegria superficiale. Gli altri vivono in una continua veglia funebre, ma non sanno cosa sia la gioia cristiana. Non sanno godere la vita che Gesù ci dà, perché non sanno parlare con Gesù. Questi sono schiavi della superficialità, di questa vita diffusa, e questi sono schiavi della rigidità, non sono liberi. Nella loro vita, lo Spirito Santo non trova posto. È lo Spirito che ci dà la libertà!»
27 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
144._____ «Anche noi sbagliamo tante volte su questo: “Ma io ho tanta fede”, sentiamo dire. “Io credo tutto, tutto…”. E forse questa persona che dice quello ha una vita tiepida, debole. La sua fede è come una teoria, ma non è viva nella sua vita. L’Apostolo Giacomo, quando parla di fede, parla proprio della dottrina, di quello che è il contenuto della fede. Ma voi potete conoscere tutti i comandamenti, tutte le profezie, tutte le verità di fede, ma se questo non va alla pratica, non va alle opere, non serve. Possiamo recitare il Credo teoricamente, anche senza fede, e ci sono tante persone che lo fanno così. Anche i demoni! I demoni conoscono benissimo quello che si dice nel Credo e sanno che è Verità. “I cristiani che pensano la fede ma come un sistema di idee, ideologico: anche al tempo di Gesù, c’erano. L’Apostolo Giovanni dice di loro che sono l’anticristo, gli ideologi della fede, di qualsiasi segno siano. A quel tempo c’erano gli gnostici, ma ci saranno tanti… E così, questi che cadono nella casistica o questi che cadono nell’ideologia sono cristiani che conoscono la dottrina ma senza fede, come i demoni. Con la differenza che quelli tremano, questi no: vivono tranquilli.»
21 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
145._____ «Ci sono altri come questo testardo Giona, che sono i giustizieri. Lui andava, profetizzava, ma nel suo cuore diceva: “Ma se la meritano. Se la
meritano. Se la sono cercata!”. Lui profetizzava, ma non pregava! Non chiedeva al Signore perdono per loro. Soltanto li bastonava. Sono i giustizieri, quelli che si credono giusti! E alla fine – continua il Libro di Giona – si vede che era un uomo egoista, perché quando il Signore ha salvato, per la preghiera del popolo, Ninive, lui si è arrabbiato col Signore: “Tu sempre sei così. Tu sempre perdoni!”.»
8 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
146._____ «La sindrome di Giona non ha lo zelo per la conversione della gente, cerca una santità – mi permetto la parola – una santità di tintoria, tutta bella, tutta benfatta, ma senza quello zelo di andare a predicare il Signore. Ma il Signore di fronte a questa generazione ammalata dalla sindrome di Giona promette il segno di Giona. Quanti cristiani, quanti ce ne sono, pensano che saranno salvati soltanto per quello che loro fanno, per le loro opere. Le opere sono necessarie, ma sono una conseguenza, una risposta a quell’amore misericordioso che ci salva. Ma le opere sole, senza questo amore misericordioso non servono. Invece, la sindrome di Giona ha fiducia soltanto nella sua giustizia personale, nelle sue opere. Ecco, la sindrome di Giona ci porta alla ipocrisia, a quella sufficienza, ad essere cristiani puliti, perfetti, “perché noi facciamo queste opere: compiamo i comandamenti, tutto”. È una grossa malattia. E il segno di Giona, che la misericordia di Dio in Gesù Cristo, morto e risorto per noi, per la nostra salvezza. Sono due parole nella prima lettura che si collegano con questo. Paolo dice di se stesso che è apostolo non perché ha studiato questo, no: apostolo per chiamata. E ai cristiani dice: “Siete voi chiamati da Gesù Cristo”. Il segno di Giona ci chiama: seguire il Signore, peccatori, siamo tutti, con umiltà, con mitezza. C’è una chiamata, anche una scelta.»
14 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
147._____ «Ci sono tanti cristiani senza Risurrezione, cristiani senza il Cristo Risorto: accompagnano Gesù fino alla tomba, piangono, gli vogliono tanto bene,
ma fino a lì. Pensando a questo atteggiamento dei cristiani senza il Cristo Risorto, io ne ho trovati tre, ma ce ne sono tanti: i timorosi, i cristiani timorosi; i vergognosi, quelli che hanno vergogna; e i trionfalistici. I timorosi sono così: temono di pensare alla Resurrezione. Ci sono poi i cristiani vergognosi. Confessare che Cristo è risorto dà un pò di vergogna in questo mondo che va tanto avanti nelle scienze. A questi cristiani Paolo dice di fare attenzione che nessuno li faccia preda con la filosofia e con i vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana. Questi hanno vergogna di dire che Cristo, con la sua carne, con le sue piaghe è risorto. C’è infine il gruppo dei cristiani che nel loro intimo non credono nel Risorto e vogliono fare loro una risurrezione più maestosa di quella vera. Sono i cristiani trionfalistici. Quando noi guardiamo questi cristiani, con tanti atteggiamenti trionfalistici, nella loro vita, nei loro discorsi e nelle loro pastorale, nella Liturgia, tante cose così, è perché nel più intimo non credono profondamente nel Risorto. Per questo, senza timore, senza paura, senza trionfalismo, semplicemente guardando il Signore Risorto, la sua bellezza, anche mettere le dita nelle piaghe e la mano nel fianco.»
10 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
148._____ «Gesù è il centro. Gesù è il Signore. Eppure questa parola non sempre la capiamo bene, non si capisce tanto facilmente. I farisei di cui ci parla il Vangelo odierno mettevano il centro della loro religiosità in tanti comandamenti. E anche oggi, se non c’è Gesù al centro, ci saranno altre cose. Ed ecco che allora incontriamo tanti cristiani senza Cristo, senza Gesù. Per esempio, quelli che hanno la malattia dei farisei e sono cristiani che mettono la loro fede, la loro religiosità in tanti comandamenti: in tanti … “Ah, devo fare questo, devo fare questo, devo fare questo…”. Cristiani di atteggiamento … “Ma perché fai questo?” – “No: si deve fare!”. “Ma perché?” – “Ah, non so, ma si deve fare”. E Gesù, dov’è? Un comandamento è valido se viene da Gesù: io faccio questo perché il Signore vuole che io faccia questo. Ma siccome io sono un cristiano senza Cristo, faccio questo e non so perché lo devo fare. C’è poi un altro gruppo di cristiani senza Cristo: quelli che cercano cose un pò rare, un pò speciali, che vanno dietro a delle rivelazioni private. “Ma, padre, qual è la regola per essere cristiano con Cristo, e non diventare cristiani senza Cristo? E qual è il segno che una persona è un cristiano con Cristo?”. La regola è semplice: soltanto è valido
quello che ti porta a Gesù, e soltanto è valido quello che viene da Gesù. Gesù è il centro, il Signore, come Lui stesso dice. Questo ti porta a Gesù? Vai avanti. Questo comandamento, questo atteggiamento viene da Gesù? Vai avanti. Ma se non ti porta a Gesù e se non viene da Gesù, ma … non si sa, è un pò pericoloso.»
7 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
149._____ «La tentazione del benessere spirituale. Abbiamo tutto: abbiamo la Chiesa, abbiamo Gesù Cristo, i Sacramenti, la Madonna, tutto, un bel lavoro per il Regno di Dio; siamo buoni, tutti. Perché almeno dobbiamo pensare questo, perché se pensiamo il contrario è peccato! Ma non basta con il benessere spirituale fino ad un certo punto. Come quel giovane che era ricco: voleva andare con Gesù, ma fino ad un certo punto. Manca quest’ultima unzione del cristiano, per essere cristiano davvero: l’unzione della croce, l’unzione dell’umiliazione. Lui umiliò se stesso fino alla morte, morte di tutto. Questa è la pietra di paragone, la verifica della nostra realtà cristiana: sono un cristiano della cultura del benessere? Sono un cristiano che accompagna il Signore fino alla croce? Il segno è la capacità di portare le umiliazioni. Tutti vogliono risorgere, ma non tutti intendono farlo per la strada della Croce. E anzi, si lamentano dei torti o degli affronti subiti, comportandosi all’opposto di ciò che Gesù ha fatto e chiede di imitare. La verifica se un cristiano è un cristiano davvero è la sua capacità di portare con gioia e con pazienza le umiliazioni; e come questa è una cosa che non piace... ci sono tanti cristiani che, guardando il Signore, chiedono umiliazioni per assomigliare più a Lui. Questa è la scelta: o cristiano di benessere – che andrai al Cielo, eh?, sicuro ti salverai, eh? – o cristiano vicino a Gesù, per la strada di Gesù.»
27 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
150._____ «Gesù nel Vangelo ci dice che l'essere cristiani non è avere un'etichetta! Io domando a voi: voi siete cristiani di etichetta o di verità? E ciascuno si risponda dentro! Non cristiani, mai cristiani di etichetta! Cristiani di
verità, di cuore. Essere cristiani è vivere e testimoniare la fede nella preghiera, nelle opere di carità, nel promuovere la giustizia, nel compiere il bene. Per la porta stretta che è Cristo deve are tutta la nostra vita.»
25 Agosto 2013, Angelus, Piazza San Pietro, Vaticano
151._____ «Dobbiamo fare le opere di misericordia con misericordia, con il cuore. Le opere di carità con carità, con tenerezza, con umiltà. A volta si trova anche l’arroganza nel servizio ai poveri. Alcuni si fanno belli, alcuni si riempiono la bocca con i poveri. Alcuni strumentalizzano i poveri per interessi personali o del proprio gruppo. Non va bene. Non è di Gesù questo. Questo è peccato, è peccato grave perché è usare quelli che hanno bisogno che sono la carne di Gesù per la mia vanità: uso Gesù per la mia vanità e questo è peccato grave! Sarebbe meglio che queste persone rimanessero a casa.»
22 Settembre 2013, Discorso, incontro con i poveri, Cattedrale di Cagliari, Sardegna
Chiusura in noi stessi, nella gelosia che porta al pettegolezzo, nel relativismo e nella provvisorietà.
152. [Chiusura in noi stessi, ...] «Quando la Chiesa perde il coraggio, entra nella Chiesa l’atmosfera del tepore. Quello fa tanto male alla Chiesa, perché incominciano i problemi fra di noi. Non abbiamo orizzonti, non abbiamo coraggio, ne il coraggio della preghiera verso il cielo e neppure il coraggio di annunziare il Vangelo. Siamo tiepidi e abbiamo il coraggio di immischiarci nelle nostre piccole cose, nelle nostre gelosie, nelle nostre invidie, nel carrierismo, nell’andare avanti egoisticamente. Questo non fa bene alla Chiesa. La Chiesa deve essere coraggiosa! Noi tutti dobbiamo essere coraggiosi nella preghiera, sfidando Gesù, ma con perseveranza, non un giorno e poi…, e anche essere coraggiosi nella trasmissione della fede: quello che Paolo ci dice.»
3 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
153. [… nella gelosia…] «La gelosia porta ad uccidere. L’invidia porta ad uccidere. È stata proprio questa porta, la porta dell’invidia, per la quale il diavolo è entrato nel mondo. La Bibbia dice: “Per l’invidia del diavolo è entrato il male nel mondo”. La gelosia e l’invidia aprono le porte a tutte le cose cattive. Anche divide la comunità. Una comunità cristiana, quando soffre – alcuni dei membri – di invidia, di gelosia, finisce divisa: uno contro l’altro. È un veleno forte questo. È un veleno che troviamo nella prima pagina della Bibbia con Caino. La persona invidiosa, la persona gelosa è una persona amara: non sa cantare, non sa lodare, non sa cosa sia la gioia, sempre guarda “che cosa ha quello ed io non ne ho”. E questo lo porta all’amarezza, un’amarezza che si diffonde su tutta la comunità. Sono, questi, seminatori di amarezza. E il secondo atteggiamento, che porta la gelosia e l’invidia, sono le chiacchiere. Perché questo non tollera che quello
abbia qualcosa, la soluzione è abbassare l’altro, perché io sia un pò alto. E lo strumento sono le chiacchiere. Cerca sempre e vedrai che dietro una chiacchiera c’è la gelosia e c’è l’invidia. E le chiacchiere dividono la comunità, distruggono la comunità. Sono le armi del diavolo.»
23 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
154. [... che porta al pettegolezzo, ... ] «Quanto chiacchieriamo noi cristiani! La chiacchiera è proprio spellarsi eh? Farsi male l'uno l’altro. Come se volesse diminuire l’altro, no? Invece di crescere io, faccio che l’altro sia più basso e mi sento grande. Quello non va! Sembra bello chiacchierare… Non so perché, ma sembra bello. Come le caramelle di miele, no? Tu ne prendi una - Ah, che bello! - e poi un'altra, un'altra, un'altra e alla fine ti viene il mal di pancia. E perché? La chiacchiera è cosi: è dolce all’inizio e poi ti rovina, ti rovina l’anima! Le chiacchiere sono distruttive nella Chiesa, sono distruttive… È un pò lo spirito di Caino: ammazzare il fratello, con la lingua; ammazzare il fratello! Facciamo la disinformazione: dire soltanto la metà che ci conviene e non l’altra metà; l’altra metà non la diciamo perché non è conveniente per noi. Secondo è la diffamazione: quando una persona davvero ha un difetto, ne ha fatta una grossa, raccontarla, “fare il giornalista”… E la fama di questa persona è rovinata! E la terza è la calunnia: dire cose che non sono vere. Quello è proprio ammazzare il fratello! Tutti e tre - disinformazione, diffamazione e calunnia - sono peccato! Questo è peccato! Questo è dare uno schiaffo a Gesù nella persona dei suoi figli, dei suoi fratelli.»
18 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
155._____ «Quando uno denigra l’altro è perché lui stesso non può crescere e ha bisogno che l’altro sia abbassato, per sentirsi un qualcuno. È questo è un meccanismo brutto. Gesù con tutta la semplicità dice: “Non parlate male l’uno dell’altro. Non denigratevi. Non squalificatevi”. E ciò perché in fondo tutti
stiamo camminando sulla stessa strada, tutti andiamo su quella strada che ci porterà alla fine.»
13 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
156._____ «Le chiacchiere possono uccidere. Perché uccidono la fama delle persone. È tanto brutto chiacchierare. All’inizio può sembrare una cosa piacevole e anche divertente, come succhiare una caramella. Ma alla fine ci riempie il cuore di amarezza e avvelena anche noi. Vi dico la verità eh, sono convinto che se ognuno di noi fe il proposito di evitare le chiacchiere, alla fine diventerà Santo. È una bella strada. Vogliamo diventare Santi, si o no? Vogliamo vivere attaccati alle chiacchiere come abitudine, si o no? Allora, siamo d’accordo: niente chiacchiere!»
16 Febbraio 2014, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
157._____ «Quelli che in una comunità fanno chiacchiere sui fratelli, sui membri della comunità, vogliono uccidere. Quello che odia nel suo cuore suo fratello, è un omicida. Noi siamo abituati alle chiacchiere, ai pettegolezzi. Ma quante volte le nostre comunità, anche la nostra famiglia, sono un inferno dove si gestisce questa criminalità di uccidere il fratello e la sorella con la lingua! Una comunità, una famiglia viene distrutta per questa invidia, che semina il diavolo nel cuore e fa che uno parli male dell’altro, e così si distrugga. Perché sia pace in una comunità, in una famiglia, in un Paese, nel mondo, dobbiamo incominciare così: essere con il Signore. E dov’è il Signore non c’è l’invidia, non c’è la criminalità, non c’è l’odio, non ci sono le gelosie. C’è fratellanza.»
2 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
158._____ «Quelli che vivono giudicando il prossimo, parlando male del prossimo, sono ipocriti, perché non hanno la forza, il coraggio di guardare i loro propri difetti. Il Signore non fa, su questo, tante parole. Poi dirà, più avanti, che quello che ha nel suo cuore un pò d’odio contro il fratello è un omicida... Anche l’Apostolo Giovanni, nella sua prima Lettera, lo dice, chiaro: colui che odia suo fratello, cammina nelle tenebre; chi giudica il fratello, cammina nelle tenebre. Un cristiano omicida … Non lo dico io, eh?, lo dice il Signore. E su questo punto, non c’è posto per le sfumature. Se tu parli male del fratello, uccidi il fratello. E noi, ogni volta che lo facciamo, imitiamo quel gesto di Caino, il primo omicida della Storia. Non ci sono chiacchiere innocenti. La lingua è per lodare Dio, ma quando la nostra lingua la usiamo per parlare male del fratello o della sorella, la usiamo per uccidere Dio, l’immagine di Dio nel fratello. Qualcuno potrebbe dire che una persona si meriti le chiacchiere. Ma vai, prega per lui! Vai, fai penitenza per lei! E poi, se è necessario, parla a quella persona che può rimediare al problema. Ma non dirlo a tutti!»
13 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
159. [... nel relativismo e... ] «La legge dello Spirito ci porta su una strada di discernimento continuo per fare la volontà di Dio e questo ci fa paura. Una paura che ha due tentazioni. La prima, è quella di andare indietro. Una paura per cui è meglio andare sul sicuro. Questa tentazione di andare indietro, perché siamo più sicuri indietro: ma la sicurezza piena è nello Spirito Santo che ti porta avanti, che di dà questa fiducia. Ma non ci dà quella sicurezza umana. Non possiamo controllare lo Spirito Santo: quello è il problema! Questa è una tentazione. E poi c’è un’altra tentazione, quella del progressismo adolescente che ci fa uscire dalla strada.Prendiamo di qua, prendiamo di là i valori di questa cultura… Vogliono fare questa legge? Avanti con questa legge. Vogliono andare avanti con quello? Allarghiamo un pò la strada. Alla fine, come dico, non è un vero progressismo. È un progressismo adolescente: come gli adolescenti che vogliono avere tutto con l’entusiasmo e alla fine? Si scivola.»
12 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
160._____ «Libertà non è fare ciò che si vuole, lasciarsi dominare dalla ione, are da un’esperienza all’altra senza discernimento, seguire le mode del tempo. Libertà non significa buttare tutto ciò che non ci piace dalla finestra. La libertà ci è donata perché sappiamo fare scelte buone nella vita.»
4 Maggio 2013, Recita del Rosario, Santa Maria Maggiore, Roma
161._____ «Siate persone libere! Che cosa voglio dire? Forse si pensa che libertà sia fare tutto ciò che si vuole; oppure avventurarsi in esperienze-limite per provare l’ebbrezza e vincere la noia. Questa non è libertà. Libertà vuol dire saper riflettere su quello che facciamo, saper valutare ciò che è bene e ciò che è male, quelli che sono i comportamenti che fanno crescere, vuol dire scegliere sempre il bene. Noi siamo liberi per il bene. E in questo non abbiate paura di andare controcorrente, anche se non è facile! Essere liberi per scegliere sempre il bene è impegnativo, ma vi renderà persone che hanno la spina dorsale, che sanno affrontare la vita, persone con coraggio e pazienza.»
7 Giugno 2013, Incontro con le scuole dei Gesuiti di Italia e Albania, Aula Paolo VI, Vaticano
162._____ «La dittatura del relativismo lascia ognuno come misura di se stesso e mette in pericolo la convivenza tra gli uomini. Non vi può essere pace vera se ognuno è la misura di se stesso, se ciascuno può rivendicare sempre e solo il proprio diritto senza curarsi allo stesso tempo del bene degli altri, di tutti, a partire dalla natura che accumuna ogni essere umano su questa terra. Non si possono costruire ponti tra gli uomini dimenticando Dio. Ma vale anche il contrario. Non si possono vivere legami veri con Dio ignorando gli altri.»
22 Marzo 2013, Udienza agli Ambasciatori presso la Santa Sede, Sala Regia, Vaticano
163. [... e nella provvisorietà.] «Siamo innamorati del provvisorio. Le proposte definitive che ci fa Gesù non ci piacciono. Il provvisorio invece ci piace, perché abbiamo paura del tempo di Dio che è definitivo. Lui è il Signore del tempo, noi siamo i signori del momento. Perché? Perché nel momento siamo padroni: “fino qui io seguo il Signore, poi vedrò”. Quante coppie, quante coppie si sposano, senza dirlo, ma nel cuore: “finchè dura l’amore e poi vediamo…”. Il fascino del provvisorio: questa è una ricchezza. Io penso a tanti, tanti uomini e donne che hanno lasciato la propria terra per andare come missionari per tutta la vita: quello è il definitivo! Ma anche penso a tanti uomini e donne che hanno lasciato la propria casa per fare un matrimonio per tutta la vita: quello è seguire Gesù da vicino! È il definitivo!. Il provvisorio non è seguire Gesù, è territorio nostro.»
27 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
164._____ «Tutti noi siamo sotto pressione da questa cultura del provvisorio e questo è pericoloso: “Io mi sposo fino a che dura l’amore”. Questo non va con Gesù. Una scelta definitiva oggi è molto difficile. Noi siamo vittime di questa cultura del provvisorio. Como posso essere libero da questa cultura del provvisorio? Dobbiamo imparare a chiudere la porta della nostra cella interiore. Se non sono sicuro, penso, mi prendo un tempo, quando mi sento sicuro – in Gesù, si capisce – chiudo la porta.»
6 Luglio 2013, Udienza con seminaristi e novizi, Aula Paolo VI, Vaticano
165._____ «Maria, da buona madre, ci educa a fare scelte definitive in questo momento in cui regna la filosofia del provvisorio. A tutti ci seduce il provvisorio. Siamo vittime di una tendenza che ci spinge alla provvisorietà, come se desiderassimo rimanere adolescenti per tutta la vita. Non abbiamo paura degli impegni definitivi, degli impegni che coinvolgono e interessano tutta la vita. In questo modo la vita sarà feconda. Questo è libertà, avere il coraggio di prendere queste decisioni.»
4 Maggio 2013, Recita del Rosario, Santa Maria Maggiore, Roma
166._____ «Ricordarsi sempre di Cristo. La memoria di Gesù Cristo, questo è perseverare nella fede. Dio ci sorprende con il Suo amore, ma chiede fedeltà nel seguirlo. Pensiamo a quante volte ci siamo emozionati per qualche iniziativa, per qualche progetto, ma poi davanti ai primi problemi abbiamo gettato la spugna. Questo purtroppo avviene anche nelle scelte fondamentali, come quella del matrimonio. La difficoltà di essere costanti, fedele agli impegni presi. Spesso è facile dire “si”, ma poi non si riesce a ripetere questo “si” ogni giorno. Sono un cristiano a singhiozzo o sono un cristiano sempre? Dio ci chiede di essergli fedeli ogni giorno. Anche se a volte non gli siamo fedeli, Lui è sempre fedele. Mai andare sulla strada del provvisorio, questo ci uccide. La fede è fedeltà definitiva.»
13 Ottobre 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
167._____ «Dio chiama a scelte definitive, ha un progetto su ciascuno: scoprirlo, rispondere alla propria vocazione è camminare verso la realizzazione felice di se stessi. Dio ci chiama tutti alla santità, a vivere la sua vita, ma ha una strada per ognuno. Alcuni sono chiamati a santificarsi costituendo una famiglia mediante il Sacramento del matrimonio. C’è chi dice che oggi il matrimonio è fuori moda. È fuori moda? Nella cultura del provvisorio, del relativo, molti predicano che l’importante è godere il momento, che non vale la pena di impegnarsi per tutta la vita, di fare scelte definitive, per sempre, perché non si sa cosa riserva il domani.
Io, invece, vi chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di andare contro corrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci di amare veramente. Non abbiate paura di quello che Dio vi chiede! Vale la pena di dire “sì” a Dio. In Lui c’è la gioia!»
28 Luglio 2013, Incontro con i volontari della GMG, Rio de Janeiro, Giornata Mondiale della Gioventú
168._____ «Ci farà bene pensare a questi fratelli e sorelle che, in tutta la nostra storia, anche oggi, fanno scelte definitive. Ma anche pensiamo a tante mamme, a tanti padri di famiglia che ogni giorno fanno scelte definitive per andare avanti con la sua famiglia, con i suoi figli. E questo è un tesoro nella Chiesa. Loro ci danno testimonio, e davanti a tanti che ci danno testimonio chiediamo al Signore la grazia del coraggio, del coraggio di andare avanti nella nostra vita cristiana, nelle situazioni abituali, comuni, di ogni giorno e anche nelle situazioni limite.»
25 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
L’idolatria del benessere materiale che ci spinge verso la superbia ed il trionfalismo che ci incitano al carrierismo e all’efficientismo, chiudendo i nostri cuori dinnanzi alla cultura dello scarto ed innalzando il primato dell’economia che porta alla mancanza di lavoro e di dignità e che può solo generare guerra, distruzione e morte.
169. [L’idolatria del benessere materiale... ] «È la prima volta in ottocento anni che un Papa viene qui. Questi giorni scorsi sui giornali si facevano fantasie “ma il Papa andrà a spogliare la Chiesa li. Spoglierà gli abiti dei Vescovi, dei Cardinali, si spoglierà se stesso”. Questa è una buona occasione per fare un invito alla Chiesa a spogliarsi. La Chiesa siamo tutti, dal primo battezzato. Tutti dobbiamo andare per la strada di Gesù, che ha fatto una strada di spogliazione Lui stesso, è diventato servo, servitore, ha voluto essere umiliato fino alla croce. Se noi vogliamo essere cristiani, non c’è un’altra strada. “Ma no, possiamo fare un cristianesimo più umano – dicono – senza croce, senza Gesù, senza spogliazione”. Diventeremo cristiani di pasticceria, come quelle torte, quelle cose dolce, buonissime, ma non cristiani davvero. Ma di che cosa deve spogliarsi la Chiesa? Deve spogliarsi di un pericolo gravissimo, che minaccia tutti: il pericolo della mondanità. Il cristiano non può convivere con lo spirito del mondo. La mondanità che ci porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio. Questo è un idolo, non è Dio. L’idolatria è il peccato più forte. È lo spirito contrario alla beatitudine, è lo spirito contrario a Gesù. È tanto triste trovare un cristiano mondano, sicuro – secondo lui – di quella sicurezza che le da la fede e sicuro di quella sicurezza che le da il mondo. Eh, non si può lavorare dalle due parti. Tutti noi dobbiamo spogliarci dalla mondanità che porta alla vanità, all’orgoglio e all’idolatria. Gesù stesso ci diceva che non si può servire due padroni. O servi a Dio o servi al denaro. Non possiamo cancellare con una mano quello
che scriviamo con l’altra. Il Vangelo è il Vangelo – e lo spirito del mondo non c’entra qui. È ridicolo che un cristiano vero, che un prete, che una suora, che un vescovo, che un cardinale, che un Papa vogliano andare sulla strada di questa mondanità, che un atteggiamento omicida. La mondanità spirituale uccide l’anima, uccide le persone, uccide la Chiesa. Quando sco ha fatto quel gesto qui di spogliarsi, era un ragazzo giovane, è stata la forza di Dio che lo ha spinto a fare questo, che voleva ricordaci quello che Gesù ha detto al mondo. Chiediamo a Gesù che ci dia la forza di spogliarci dallo spirito del mondo, che è la lebbra, il cancro della società. È il cancro della rivelazione di Dio. Lo spirito del mondo è il nemico di Gesù.»
4 Ottobre 2013, Incontro con i poveri assistiti dalla Caritas, Sala della Spoliazione del Vescovadao, Assisi
170._____ «Ci sono tante malattie, tanti peccati, ma Gesù su questo sottolinea tanto: l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali. Il denaro ammala il pensiero, anche ammala la fede e la fa andare per un’altra strada. Parole oziose, discussioni inutili. Da ciò nascono le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi, i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la religione come fonte di guadagno. “Io sono cattolico, io vado a Messa, perché quello mi dà un certo status. Sono guardato bene. Ma sotto faccio i miei affari, no? Sono un cultore del denaro”. E qui dice una parola, che la troviamo tanto, tanto frequentemente sui giornali: uomini corrotti nella mente. Il denaro corrompe! Non c’è via di uscita. Se scegli la via del denaro alla fine sarai un corrotto. Il denaro ha questa seduzione di farti scivolare lentamente nella tua perdizione. Ecco perché Gesù è tanto forte su questo argomento: Non puoi servire Dio e il denaro. Non si può: o l’uno o l’altro! E questo non è comunismo, eh! Questo è Vangelo puro! Queste sono le parole di Gesù! Cosa succede col denaro? Il denaro ti offre un certo benessere all’inizio. Mah, va bene... Poi ti senti un pò importante e viene la vanità. Questa vanità che non serve, ma tu ti senti una persona importante: quella è la vanità. E dalla vanità alla superbia, all’orgoglio. Sono tre scalini: la ricchezza, la vanità e l’orgoglio. Nessuno può salvarsi col denaro!. “Ma, Padre, io leggo i Dieci Comandamenti e nessuno parla male del denaro. Contro che Comandamento si pecca quando uno fa un’azione per il denaro?” Contro il primo! Pecchi di idolatria! Ecco il perché: perché il
denaro diventa idolo e tu dai culto! E per questo Gesù ci dice: “Non puoi servire all’idolo denaro e al Dio Vivente: o uno o l’altro”. I primi Padri della Chiesa parlo del secolo III, più o meno anno 200, anno 300 - dicevano una parola forte: “Il denaro è lo sterco del diavolo”. È così, perché ci fa idolatri e ammala la nostra mente con l’orgoglio e ci fa maniaci di questioni oziose e ci allontana dalla fede, corrompe. San Paolo ci dice di evitare queste cose, ma di tendere “alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità”. E anche alla pazienza, “contro la vanità e l’orgoglio” e “alla mitezza”. Questa è “la strada di Dio, non quella del potere idolatrico che può darti il denaro”. È l’umiltà la strada per servire Dio.»
20 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
171._____ «Non basta dire: “Ma io credo in Dio, Dio è l’unico Dio”. Va tutto bene, ma come vivi tu questo nella strada della vita? Perché noi possiamo dire: “Il Signore è l’unico Dio, soltanto, non ce ne è un altro”, ma vivere come se Lui non fosse l’unico Dio e avere altre divinità a nostra disposizione… C’è il pericolo dell’idolatria: l’idolatria che è portata a noi con lo spirito del mondo. E Gesù, in questo, era chiaro: lo spirito del mondo, no. E chiede al Padre che ci difenda dallo spirito del mondo, Gesù, nell’ultima cena, perché lo spirito del mondo ci porta all’idolatria. La fedeltà ci chiede di cacciare via gli idoli, scoprirli: sono nascosti nella nostra personalità, nel nostro modo di vivere. Ma questi idoli nascosti fanno che noi non siamo fedeli nell’amore. L’Apostolo Giacomo, quando dice “chi è amico del mondo, è nemico di Dio”, incomincia dicendo: “Adulteri!”. Ci rimprovera, ma con quell'aggettivo: adulteri. Perché? Perché chi è amico del mondo è un idolatra, non è fedele all’amore di Dio! La strada per non essere lontano, per avanzare, per andare avanti nel Regno di Dio, è una strada di fedeltà che assomiglia a quella dell’amore nuziale.»
6 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
172._____ «La cultura del benessere, che ci fa poco coraggiosi, ci fa pigri, ci fa anche egoisti. Ci anestetizza, è un’anestesia. Sta bene seguire il Signore, ma fino
a un certo punto. Questo è quello che fa il benessere: […] ci spoglia di quel coraggio, di quel coraggio forte per andare vicino a Gesù.»
27 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
173._____ «Il veleno del vuoto si insinua nelle nostre società basate sul profitto e sull’avere che illudono con il consumismo. Il Vangelo ci richiamo all’assurdità di basare la propria esistenza sull’avere. La vera ricchezza è l’amore di Dio condiviso con i fratelli, quell’amore che viene da Dio e fa che ci aiutiamo tra di noi. Chi ne fa l’esperienza non teme la morte e riceve la pace del cuore.»
4 Agosto 2013, Angelus, Piazza San Pietro, Vaticano
174._____ «Quando una persona è attaccata ai soldi, distrugge se stessa, distrugge la famiglia! I soldi distruggono! Fanno questo, no? Ti attaccano. I soldi servono per portare avanti tante cose buone, tanti lavori per sviluppare l’umanità, ma quando il tuo cuore è attaccato così, ti distrugge. È quello che fa male: la cupidigia nel mio rapporto con i soldi. Avere di più, avere di più, avere di più. Ti porta all’idolatria, ti distrugge il rapporto con gli altri! Non i soldi, ma l’atteggiamento, che si chiama cupidigia. Poi anche questa cupidigia ti ammala, perché ti fa pensare soltanto tutto in funzione dei soldi. Ti distrugge, ti ammala. E alla fine - questo è il più importante - la cupidigia è uno strumento dell’idolatria, perché va per la strada contraria a quella che ha fatto Dio con noi. San Paolo ci dice che Gesù Cristo, che era ricco, si è fatto povero per arricchire noi. Quella è la strada di Dio: l’umiltà, l’abbassarsi per servire. Invece la cupidigia ti porta per la strada contraria: tu, che sei un povero uomo, ti fai Dio per la vanità. È l’idolatria. Il Signore ci insegna qual è il cammino: non è il cammino della povertà per la povertà. No. È il cammino della povertà come strumento, perché Dio sia Dio, perché Lui sia l’unico Signore! No l’idolo d’oro! E tutti i beni che abbiamo, il Signore ce li dà per fare andare avanti il mondo, andare avanti l’umanità, per aiutare, per aiutare gli altri. Rimanga oggi nel nostro cuore la Parola del Signore: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia,
perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”.»
21 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
175._____ «L’atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa mondanità: vivere secondo i valori - fra virgolette - del mondo. E questo amministratore [della parabola di Luca 16, 1-8] è un esempio di mondanità. Qualcuno di voi potrà dire: “Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!”. Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo... Forse non siano tanto, non so. Ma è un pò quell’atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita. Eh sì, questa è una lode alla tangente! E l’abitudine della tangente è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice. È un’abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest’uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal suo papà, come pasto, sporcizia, perché il suo papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh! Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto.»
8 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
176._____ «Lo spirito del progressismo adolescente rede che andare avanti in qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà. E questa è una contraddizione: non negoziamo i valori ma negoziamo la fedeltà. E questo è proprio il frutto del demonio, del principe di questo mondo, che ci porta avanti con lo spirito di mondanità. E poi, accadono le conseguenze. Hanno preso le
abitudini dei pagani [1Mac 1,10], poi un o avanti: il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna con le proprie usanze ma unite, ma è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità. “Ma, Padre, questo succede anche oggi?” Sì. Perché lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico. Se presso qualcuno veniva trovato il Libro dell’Alleanza e se qualcuno obbediva alla Legge, la sentenza del re lo condannava a morte: e questo l’abbiamo letto sui giornali, in questi mesi. Questa gente ha negoziato la fedeltà al suo Signore; questa gente, mossa dallo spirito del mondo, ha negoziato la propria identità, ha negoziato l’appartenenza ad un popolo, un popolo che Dio ama tanto, che Dio vuole come popolo suo. Oggi si pensa che dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente. E poi segue la storia: le condanne a morte, i sacrifici umani. Ma voi pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono. Ma quello che ci consola è che davanti a questo cammino che fa lo spirito del mondo, il principe di questo mondo, il cammino di infedeltà, sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il Fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando noi, pentiti per qualche o, per qualche piccolo o in questo spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto, portandolo dalla mano, come un papà porta il suo bambino. Dalla mano del Signore andremo sicuri.»
18 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
177._____ «“Guai a quelli che si considerano sicuri, distesi su letti d’avorio. Mangiano, bevono, cantano, si divertono e non si curano dei problemi degli altri”. Parole dure queste del profeta Amos, ma che ci mettono in guardia da un pericolo che tutti corriamo. Il rischio di adagiarsi, della comodità, della
mondanità nella vita e nel cuore, di avere come centro della vita il nostro benessere. La stessa esperienza del ricco del Vangelo. Noi perdiamo la nostra identità di uomini. Guardate bene, il ricco del Vangelo non ha nome, è semplicemente un ricco. Le cose che possiede sono il suo volto. Proviamo a domandarci come mai accade questo. Questo succede quando perdiamo la memoria di Dio. Se manca la memoria di Dio, tutto si appiattisce, tutto va sull’io, sul mio benessere, gli altri non contano più nulla, tutto si riduce su una dimensione: l’avere. Chi corre dietro al nulla diventa lui stesso nullità. Noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, non a immagine e somiglianza delle cose, degli idoli.»
29 Settembre 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
178._____ «Le ricchezze sono un impedimento che non fa facile il cammino verso il Regno di Dio. Dobbiamo fare un esame di coscienza su quali sono le nostre ricchezze, perché ci impediscono di avvicinare Gesù nella strada della vita.»
27 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
179._____ «Dobbiamo tenere viva nel mondo la sete dell’assoluto, non permettendo che prevalga una visione della persona umana ad una sola dimensione, secondo cui l’uomo si riduce a ciò che produce e a ciò che consuma. È questa una delle insidie più pericolose per il nostro tempo.»
20 Marzo 2013, Udienza ai delegati cristiani di altre religioni, Sala Clementia, Vaticano
180._____ «Io non ho mai visto un camion da trasloco dietro un corteo funebre, mai. Ma c’è anche un tesoro che possiamo portare con noi, un tesoro che nessuno può rapinare, che non è quello che hai risparmiato per te, ma quello che hai dato agli altri. Quel tesoro che noi abbiamo dato agli altri, quello lo portiamo. E quello sarà il nostro merito – fra virgolette, ma è il nostro merito di Gesù Cristo in noi! E quello dobbiamo portarlo. È quello che il Signore ci lascia portare. L’amore, la carità, il servizio, la pazienza, la bontà, la tenerezza sono tesori bellissimi: quelli portiamo. Gli altri no. Il tesoro che vale agli occhi di Dio è quello che già dalla terra si è accumulato in cielo. Gesù ci dice anche che “laddove è il tuo cuore sarà anche il tuo tesoro”. Il Signore ci ha fatto inquieti per cercarlo, per trovarlo, per crescere. Ma se il nostro tesoro è un tesoro che non è vicino al Signore, che non è dal Signore, il nostro cuore diventa inquieto per cose che non vanno, per questi tesori… Tanta gente, anche noi siamo inquieti… Per avere questo, per arrivare a questo alla fine il nostro cuore si stanca, mai è pieno: si stanca, diventa pigro, diventa un cuore senza amore. La stanchezza del cuore. Pensiamo a quello. Io cosa ho: un cuore stanco, che soltanto vuol sistemarsi, tre-quattro cose, un bel conto in banca, questo, quell’altro? O un cuore inquieto, che sempre cerca di più le cose che non può avere, le cose del Signore? Questa inquietudine del cuore bisogna curarla sempre.»
21 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
181. [... che ci spinge verso la superbia... ] «Come tutti noi abbiamo bisogno di adorare - perché abbiamo l’impronta di Dio dentro di noi quando non adoriamo Dio, adoriamo le creature. E questo è il aggio dalla fede all'idolatria. Essi, gli idolatri, non hanno alcun motivo di scusa: pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio. E qual è la strada dell’idolatra? La dice chiarissima: “Si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata”. L’egoismo del proprio pensiero, il pensiero onnipotente, quello che io penso è vero: io penso la verità, io faccio la verità col mio pensiero. Anche oggi, ci sono tanti idoli e anche oggi ci sono tanti idolatri, tanti che si credono sapienti. Ma anche fra noi, fra i cristiani, eh! Io non parlo di loro, io rispetto loro, quelli che non sono cristiani. Ma fra noi – parliamo in famiglia – si credono sapienti, che sappiano tutto. E sono diventati stolti e cambiano la
gloria di Dio incorruttibile con una immagine: il proprio io, le mie idee, la mia comodità. Tutti noi abbiamo dentro qualche idolo nascosto. Possiamo domandarci davanti a Dio: qual è il mio idolo nascosto? Quello che occupa il posto del Signore! Ecco la strada del Signore è adorare Dio, amare Dio, sopra di tutto e amare il prossimo. È tanto semplice, ma tanto difficile! Soltanto questo si può fare con la grazia.»
15 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
182._____ «Una parola è forte, dà vita, può andare avanti, può tollerare tutti gli attacchi, se questa parola ha le sue radici in Gesù Cristo. Una parola cristiana che non ha le sue radici vitali, nella vita di una persona, in Gesù Cristo, è una parola cristiana senza Cristo. Una parola cristiana senza Cristo ti porta alla vanità, alla sicurezza di te stesso, all’orgoglio, al potere per il potere. E il Signore abbatte queste persone. Questa è una costante nella storia della Salvezza. Lo dice Anna, la mamma di Samuele; lo dice Maria nel Magnificat: il Signore abbatte la vanità, l’orgoglio di quelle persone che si credono di essere roccia. Queste persone che soltanto vanno dietro una parola, ma senza Gesù Cristo: una parola cristiana pure, ma senza Gesù Cristo, senza il rapporto con Gesù Cristo, senza la preghiera con Gesù Cristo, senza il servizio a Gesù Cristo, senza l’amore a Gesù Cristo. Questo è quello che il Signore oggi ci dice: di costruire la nostra vita su questa roccia e la roccia è Lui. Chiedere al Signore la grazia di aiutarci in questa umiltà, che dobbiamo avere sempre, di dire parole cristiane in Gesù Cristo, non senza Gesù Cristo. Con questa umiltà di essere discepoli salvati e di andare avanti non con parole che, per credersi potenti, finiscono nella pazzia della vanità, nella pazzia dell’orgoglio. Che il Signore ci dia questa grazia dell’umiltà di dire parole con Gesù Cristo, fondate su Gesù Cristo.»
5 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
183._____ «La parabola ci parla di quelli che vogliono impadronirsi della vigna e hanno perso il rapporto con il Padrone della vigna. Questi, pian pianino, sono
scivolati su quella autonomia, l’autonomia nel rapporto con Dio: “Noi non abbiamo bisogno di quel Padrone, che non venga a disturbarci!”. E noi andiamo avanti con questo. Questi sono i corrotti! Quelli che erano peccatori come tutti noi, ma hanno fatto un o avanti, come se fossero proprio consolidati nel peccato: non hanno bisogno di Dio! Ma questo sembra, perché nel loro codice genetico c’è questo rapporto con Dio. E come questo non possono negarlo, fanno un dio speciale: loro stessi sono dio. Sono i corrotti. Nelle comunità cristiane, i corrotti pensano solo al proprio gruppo. È una strada pericolosa la strada dell’autonomia: i corrotti sono grandi smemorati, hanno dimenticato questo amore, con il quale il Signore ha fatto la vigna, ha fatto loro! Hanno tagliato il rapporto con questo amore! E loro diventano adoratori di se stessi.»
3 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
184. [... ed il trionfalismo... ] «Il trionfalismo nella Chiesa, ferma la Chiesa. Il trionfalismo nei cristiani, ferma i cristiani. È una Chiesa trionfalista, è una Chiesa a metà cammino, una Chiesa che è felice così, ben sistemata – ben sistemata! - con tutti gli uffici, tutto a posto, tutto bello, eh? Efficiente. Ma una Chiesa che rinnega i martiri, perché non sa che i martiri sono necessari alla Chiesa per il cammino di Croce. Una Chiesa che soltanto pensa ai trionfi, ai successi, che non sa quella regola di Gesù: la regola del trionfo tramite il fallimento, il fallimento umano, il fallimento della Croce. E questa è una tentazione che tutti noi abbiamo. Sentire che il Signore sempre ci dà quello che chiediamo, ma al suo modo divino. E il modo divino è questo fino alla fine. Il modo divino coinvolge la Croce, non per masochismo: no, no! Per amore. Per amore fino alla fine.»
29 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
185. [... che ci incitano al carrierrismo... ] «Che cosa significa avere libertà interiore? Anzitutto significa essere liberi da progetti personali: da alcune delle modalità concrete con le quali forse, un giorno, avevate pensato di
vivere il vostro sacerdozio, dalla possibilità di programmare il futuro; dalla prospettiva di permanere a lungo in un vostro luogo di azione pastorale. Soprattutto, significa vigilare per essere liberi da ambizioni o mire personali, che tanto male possono procurare alla Chiesa, avendo cura di mettere sempre al primo posto non la vostra realizzazione, o il riconoscimento che potreste ricevere dentro e fuori la comunità ecclesiale, ma il bene superiore della causa del Vangelo e il compimento della missione che vi sarà affidata. E questo essere liberi da ambizioni o mire personali per me è importante, è importante. Il carrierismo è una lebbra, una lebbra. Per favore: niente carrierismo. Per essere liberi interiormente è necessario avere una grande cura della vita spirituale”, perché “senza preghiera non c’è libertà interiore.»
6 Giugno 2013, Udienza alla Pontificia Accademia Ecclesiastica, Sala Clementina, Vaticano
186._____ «Quando un prete, un vescovo va dietro ai soldi, il popolo non lo ama e quello è un segno. Ma lui stesso finisce male. E quando un vescovo, un prete va sulla strada della vanità, entra nello spirito del carrierismo e fa tanto male alla Chiesa, fa il ridicolo alla fine, si vanta, gli piace farsi vedere, tutto potente. E il popolo non ama quello!»
15 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
187._____ «Anche nelle comunità cristiane ci sono questi arrampicatori, no? Che cercano il loro… e coscientemente o incoscientemente fanno finta di entrare ma sono ladri e briganti. Perché? Perché rubano la gloria di Gesù, vogliono la propria gloria e questo è quello che dicevano ai farisei: “Voi girate la gloria uno all’altro”. Una religione un pò da negozio, no? Io do la gloria a te e tu dai la gloria a me. Ma questi non sono entrati dalla porta vera. La porta è Gesù e chi non entra da questa porta si sbaglia. E come so che la porta vera è Gesù? Come so che questa porta è quella di Gesù? Ma, prendi le Beatitudini e fa quello che
dicono le Beatitudini.»
22 Aprile 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
188. [... e all’efficientismo, ... ] «Io capisco, i discepoli volevano l’efficacia, volevano che la Chiesa andasse avanti senza problemi e questo può diventare una tentazione per la Chiesa: la Chiesa del funzionalismo! La Chiesa ben organizzata! Tutto a posto, ma senza memoria e senza promessa! Questa Chiesa, così, non andrà: sarà la Chiesa della lotta per il potere, sarà la Chiesa delle gelosie fra i battezzati e tante altre cose che ci sono quando non c’è memoria e non c’è promessa. Non ci dice “io sarò con voi e tutte le settimane avrete un documento per pensare”, “ogni mese faremo una riunione per pianificare”. Quello è necessario ma non è il segno della presenza di Dio. Il segno della presenza di Dio è questo: così “disse il signore: vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno con il bastone in mano per la loro longevità. E le piazze della città formicoleranno di fanciulli e fanciulle che giocheranno sulle sue piazze”. Gioco ci fa pensare a gioia: è la gioia del Signore. E questi anziani, seduti col bastone in mano, tranquilli, ci fanno pensare alla pace. Pace e gioia: questa è l’aria della Chiesa.»
30 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
189._____ «Prima di tutto, vivere il vangelo è il principale contributo che possiamo dare. La Chiesa non è un movimentopolitico, non è quello. Noi non siamo una ONG, quando la Chiesa diventa una ONG perde il sale, non ha sapore, è soltanto una vuota organizzazione. Siate furbi, perché il diavolo ci inganna con l’efficientismo. Una cosa è pregare Gesù, un’altra cosa è l’efficacia, essere efficiente. La testimonianza per l’amore fraterno, per la condivisione. Quando si sente dire che “la solidarietà non è un valore primario, è un atteggiamento che deve sparire” quello non va. L’efficacia è soltanto mondana.»
18 Maggio 2013, Vigilia di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
190. [... chiudendo i nostri cuori dinnanzi alla cultura dello scarto... ] «Noi viviamo una cultura dello scarto: “quello che non mi serve fuori”. Pensate agli anziani, pensate ai bambini. Oggi trovare un barbone morto non è notizia, fa male dirlo. Oggi pensare che tanti bambini non hanno da mangiare non è notizia, questo è grave. Non possiamo diventare cristiani inamidati, quelli troppo educati, che parlano di cose teologiche mentre prendono il tè. Non è facile. Lo spirito del mondo, la mondaneità spirituale, ci porta a vivere lo spirito del mondo e non quello di Gesù. Come si deve vivere per affrontare questa crisi che tocca lo sviluppo dell’etica e dell’economia dell’uomo? Se gli investimenti nelle banche calano un po: tragedia, ah, come si fa?! Ma se la gente è ammalata, muore di fame: ah, non a niente. Questa è la vera crisi di oggi! Una Chiesa povera per i poveri va contro questa mentalità.»
18 Maggio 2013, Vigilia di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
191._____ «Il coltivare e il custodire non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, riguarda anche i rapporti umani. I Papi hanno parlato di ecologia umana, strettamente legata all’ecologia ambientale. La persona umana oggi è in pericolo, e il pericolo è grave perché la causa del problema non è superficiale ma profonda. Non è solo una questione di economia, ma di etica e antropologia. Ciò che domina sono un sistema di economia e finanza carenti di etica. Quello che comanda oggi non è l’uomo, è il dinero. I soldi comandano. Dio, nostro padre, ha dato il compito di custodire la terra non ai soldi, ma a noi! Uomini e donne vengono sacrificati all’idolo del profitto e del consumo: è la cultura dello scarto. Se si rompe un computer è una tragedia. Ma la povertà, i bisogni di tante persone finiscono per entrare nella normalità. Se in tante parti del mondo ci sono bambini che non hanno da mangiare, quello non è notizia, sembra normale. Al contrario,
un abbassamento di dieci punti nelle borse di alcune città costituisce una tragedia. Così le persone vengono scartate come se fossero rifiuti.»
5 Giugno 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
192._____ «Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili in quanto in molte parti del mondo molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione. Il consumismo ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano ci cibo. Ricordiamo bene che il cibo che si butta via è come se fosse rubato dalla mensa di chi è povero e di chi ha fame. Gesù diede da mangiare alla folle con cinque pani e due pesci. La conclusione del brano è importante “tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi avantazi: dodici ceste”. Gesù chiede ai discepoli che nulla vada perduto, niente scarti. Dodici rappresenta simbolicamente tutto il popolo, e questo ci dice che quando il cibo viene condiviso in modo equo, con solidarietà, nessuno è privo del necessario. Ecologia ambientale ed ecologia umana camminano insieme.»
5 Giugno 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
193._____ «L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo. Non c’è vero sviluppo senza questa apertura alla vita. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono. L’accoglienza della vita tempra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco. La situazione paradossale si vede nel fatto che, mentre si attribuiscono alla persona nuovi diritti, a volte anche presunti diritti, non sempre si tutela la vita come valore primario e diritto primordiale di ogni uomo. Le cose hanno un prezzo e sono vendibili, ma le persone hanno una dignità, valgono più delle cose e non hanno prezzo. Nell’essere umano fragile ciascuno di noi è invitato a riconoscere il volto del Signore, che nella sua carne umana ha sperimentato l’indifferenza e la solitudine a cui spesso condanniamo i più poveri, sia nei Paesi in via di sviluppo, sia nelle società benestanti. Ogni
bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito, ha il volto di Gesù Cristo, ha il volto del Signore, che prima ancora di nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mondo. E ogni anziano, e – ho parlato del bambino: andiamo agli anziani, altro punto! – e ogni anziano, anche se infermo o alla fine dei suoi giorni, porta in sé il volto di Cristo. Non si possono scartare, come ci propone la cultura dello scarto! Non si possono scartare! Non esiste una vita umana più sacra di un’altra, come non esiste una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra.»
20 Settembre 2013, Udienza alla Associazione dei Medici Cattolici, Sala Clementina, Vaticano
194._____ «Guardate, io penso che, in questo momento, questa civiltà mondiale sia andata oltre i limiti, sia andata oltre i limiti perché ha creato un tale culto del dio denaro, che siamo in presenza di una filosofia e di una prassi di esclusione dei due poli della vita che sono le promesse dei popoli. Esclusione degli anziani, ovviamente. Uno potrebbe pensare che ci sia una specie di eutanasia nascosta, cioè non ci si prende cura degli anziani; ma c’è anche un’eutanasia culturale, perché non li si lascia parlare, non li si lascia agire. E l’esclusione dei giovani. La percentuale che abbiamo di giovani senza lavoro, senza impiego, è molto alta e abbiamo una generazione che non ha esperienza della dignità guadagnata con il lavoro. Questa civiltà, cioè, ci ha portato a escludere i due vertici che sono il nostro futuro.»
25 Luglio 2013, Incontro con i giovani Argentini, Cattedrale di San Sebastian, Giornata Mondiale della Gioventú
195._____ «Noi viviamo in un tempo nel quale gli anziani non contano. È brutto dirlo, ma si scartano, eh? Perché danno fastidio. Gli anziani sono quelli che ci portano la storia, che ci portano la dottrina, che ci portano la fede e ce la danno in eredità. Sono quelli che, come il buon vino invecchiato, hanno questa forza dentro per darci un’eredità nobile. Davvero la vecchiaia tante volte è un pò
brutta, eh? Per le malattie che porta e tutto questo, ma la sapienza che hanno i nostri nonni è l’eredità che noi dobbiamo ricevere. Un popolo che non custodisce i nonni, un popolo che non rispetta i nonni, non ha futuro, perché non ha memoria, ha perso la memoria. Ci farà bene pensare a tanti anziani e anziane, tanti che sono nelle case di riposo, e anche tanti – è brutta la parola, ma diciamola – abbandonati dai loro. Sono il tesoro della nostra società.»
19 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
196. [... ed innalzando il primato dell’economia... ] «In un mondo in cui si parla molto di diritti, quante volte viene di fatto calpestata la dignità umana! In un mondo nel quale si parla tanto dei diritti, sembra che l’unico che ha diritti sia il denaro. Cari fratelli e sorelle, noi viviamo in un mondo dove comanda il denaro. Noi viviamo in un mondo, in una cultura dove regna il feticismo dei soldi.»
24 Maggio 2013, Udienza al Pontificio Consiglio per i Migranti, Sala Clementina, Vaticano
197._____ «L’essere umano è considerato egli stesso come un bene di consumo che si può usare e poi gettare. Abbiamo incominciato una cultura dello scarto. La crisi finanziaria mondiale rivela un'ideologia che riduce l'uomo alla sola esigenza del consumo. La volontà di potenza e di possesso è diventata senza limiti. Le ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, la corruzione tentacolare, l’evasione fiscale egoista, l’indebitamento e il credito […]: é l’adorazione dell’antico vitello d’oro che ha trovato una nuova e spietata immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura dell’economia senza volto, né scopo realmente umano. È la negazione del primato dell’uomo. Il denaro deve servire e non governare. Dio è considerato da questi finanzieri, economisti e politici, come non gestibile - Dio non gestibile! - addirittura pericoloso perché chiama l’uomo alla sua piena realizzazione e all’indipendenza da ogni genere di schiavitù. Una vera etica é basata sul primato di Dio.»
16 Maggio 2013, Udienza con gli ambasciatori, Sala Clementina, Vaticano
198._____ «Seguire gli idoli del potere, del profitto, del denaro, al di sopra del valore della persona umana, è diventato norma fondamentale di funzionamento e criterio decisivo di organizzazione. Ci si è dimenticati e ci si dimentica tuttora che al di sopra degli affari, della logica e dei parametri di mercato, c’è l’essere umano e c’è qualcosa che è dovuto all’uomo in quanto uomo, in virtù della sua dignità profonda: offrirgli la possibilità di vivere dignitosamente e di partecipare attivamente al bene comune.»
25 Maggio 2013, Udienze alla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice, Sala Clementina, Vaticano
199._____ «Persona e dignità umana rischiano di diventare un’astrazione di fronte a questioni come l'uso della forza, la guerra, la malnutrizione, l'emarginazione, la violazione delle libertà fondamentali o la speculazione finanziaria, che in questo momento condiziona il prezzo degli alimenti, trattati come ogni altra merce, dimenticando la loro destinazione primaria. Viviamo infatti una crisi di convinzioni e di valori, compresi quelli posti a fondamento della vita internazionale. È necessario contrastare i miopi interessi economici e le logiche di potere di pochi che escludono la maggioranza della popolazione mondiale e generano povertà ed emarginazione con effetti disgregatori sulla società, così come è necessario combattere quella corruzione che produce privilegi per alcuni e ingiustizie per molti. Non si tratta di sola comione o magari di un invito alla condivisione o a favorire una riconciliazione che superi le avversità e le contrapposizioni. Significa piuttosto essere pronti a condividere ogni cosa e a scegliere di essere buoni samaritani anziché persone indifferenti alle necessità altrui. Alla FAO, agli Stati membri e alla comunità internazionale è chiesta un’apertura di cuore.»
20 Giugno 2013, Udienza alla FAO, Sala Clementina, Vaticano
200. [... che porta alla mancanza di lavoro e di dignità... ] «Un impiegato della Chiesa che viene e vi dice “coraggio”: no, questo non lo voglio! Io vorrei che questo coraggio venga da dentro. Una sofferenza, la mancanza di lavoro, che ti porta a sentirti senza dignità: dove non è lavoro, manca la dignità! Questo è la conseguenza di una scelta mondiale, di un sistema economico che porta a questa tragedia. Un sistema economico che ha al centro un idolo che si chiama denaro. Dio ha voluto che al centro del mondo non sia un idolo, sia l’uomo e la donna che portino avanti con il loro lavoro il mondo. Ma adesso, in questo sistema senza etica, al centro c’è un idolo e il mondo è diventato idolatra di questo dio denaro: comandano i soldi, comanda il denaro, comandano tutte queste cose che servono a lui, a questo idolo! Cosa succede per difendere questo idolo? Si ammucchiano tutti al centro e cadono gli estremi. Cadono gli anziani, perché in questo mondo non c’è posto per loro. Cadono i giovani che non trovano il lavoro e la loro dignità. In un mondo in cui i giovani non hanno lavoro, non ha futuro questo mondo. Lavoro vuol dire dignità! Lavoro vuol dire portare il pane a casa! Lavoro vuol dire amare! Per difendere questo sistema economico, idolatrico, si instaura la cultura dello scarto. Si scartano i nonni e si scartano i giovani. Noi dobbiamo dire no a questa cultura. Dobbiamo dire “non vogliamo questo sistema economico globalizzato che ci fa tanto male”. Al centro deve essere l’uomo e la donna, come Dio vuole, non il denaro. Avevo preparato un discorso scritto, ma ho preferito dirvi quello che mi viene dal cuore in questo momento. È facile dire non perdere la speranza, ma a tutti voi – quelli che avete lavoro e quelli che non avete lavoro – vi dico: non lasciatevi rubare la speranza! La speranza ci porta avanti, quello non è ottimismo, è un’altra cosa. La speranza è una cosa di tutti. Ma siamo furbi, perché il Signore ci dice che gli idoli sono più furbi di noi, il Signore ci invita ad avere la furbizia del serpente con la bontà della colomba. Abbiamo questa furbizia e diciamo le cose col loro nome: in questo momento, nel nostro sistema economico, nostro sistema proposto globalizzato di vita, al centro c’è un idolo, e questo non può fare, non si può fare! Lottiamo tutti insieme perché al centro almeno della nostra vita sia l’uomo e la donna, la famiglia! Dio, insegnaci a lottare per il lavoro!»
22 Settembre 2013, Discorso, incontro con il mondo del lavoro, Largo Carlo Felice, Cagliari
201._____ «Non si può definire giusta una società dove tanti non riescono a trovare un’occupazione e tanti sono costretti a lavorare come schiavi. Le persone sono meno importanti delle cose che danno profitto a quelli che hanno il potere politico, sociale, economico. Siamo arrivati a che punto? Al punto che non siamo consci di questa dignità del lavoro. Ma oggi la figura di San Giuseppe, di Gesù, di Dio che lavorano – questo è il nostro modello – ci insegnano la strada per andare verso la dignità.»
1 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
202._____ «Quante persone in tutto il mondo sono vittime di questo tipo di schiavitù in cui è la persona che serve al lavoro, mentre deve essere il lavoro che offre un servizio alla persona affinchè abbiano la loro dignità. Chiedo una decisa scelta contro il lavoro schiavo.»
1 Maggio 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
203._____ «Il lavoro fa parte del piano d’amore di Dio. Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro ci unge di dignità, ci riempie di dignità, ci rende simili a Dio che lavora ed agisce sempre. Da la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria nazione. Penso alle molte persone senza lavoro in tanti paesi del mondo […] molte volte a causa di una concezione economicista della società che cerca il profitto egoista al di fuori dei parametri della giustizia sociale. Anche san Giuseppe ha avuto momenti difficili, ma non ha mai perso la fiducia e ha saputo superarli nella certezza che Dio non ci abbandona. Non abbiate paura del futuro, mantenete viva la speranza, c’è sempre una luce all’orizzonte.»
1 Maggio 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
204. [... e che può solo generare guerra, distruzione e morte.] «[La guerra] È il suicidio dell’umanità, perché uccide il cuore, uccide proprio dov’è il messaggio del Signore: uccide l’amore! Perché la guerra viene dall’odio, dall’invidia, dalla voglia di potere, anche - tante volte lo vediamo - da quell’affanno di più potere. Tante volte, abbiamo visto che i problemi locali, i problemi economici, le crisi economiche, in tutto il mondo i grandi della terra vogliono risolverli con una guerra. Perché? Perché i soldi sono più importanti delle persone per loro! E la guerra è proprio questo: è un atto di fede ai soldi, agli idoli, agli idoli dell’odio, all’idolo che ti porta ad uccidere il fratello, che porta ad uccidere l’amore. Mi viene in mente quella parola del nostro Padre Dio a Caino che, per invidia, aveva ucciso suo fratello: “Caino, dov’è tuo fratello?”. Oggi possiamo sentire questa voce: è il nostro Padre Dio che piange, che piange per questa nostra pazzia, che ci dice a tutti noi “Dov’è tuo fratello?”; che dice a tutti i potenti della Terra: “Dov’è vostro fratello? Cosa avete fatto!”.»
2 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
205._____ «Questo nostro mondo, nella mente e nel cuore di Dio è la casa dell’armonia e della pace. È il luogo dove tutti possono trovare il proprio luogo e trovarsi a casa. L’altro, l’altra sono il fratello e la sorella da amare. La relazione con Dio, che è amore, fedeltà e bontà si riflette su tutte le relazioni tra gli esseri umani e porta armonia all’intera creazione. Il mondo di Dio è un mondo dove ognuno si sente responsabile dell’altro, del bene dell’altro. La vera libertà non è forse solo quella orientata al bene di tutti? Quando l’uomo pensa solo a se stesso, ai propri interessi e si pone al centro, quando si lascia affascinare dagli idoli del dominio e del potere, quando si mette al posto di Dio, allora guasta tutte le relazioni, rovina tutto, e apre la porta alla violenza, all’indifferenza e al conflitto. Anche a noi [Dio] farà bene chiederci [come a Caino], “sono forse io il custode di mio fratello?” Si, tu sei il custode di tuo fratello. Essere persona umana
significa essere custodi gli uni degli altri. E invece quando si rompe l’armonia succede una metamorfosi. Il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere. In ogni violenza e in ogni guerra, noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti. Abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci. Come se fosse una cosa normale, continuiamo a seminare distruzione, dolore, morte. Li [sulla croce] si può leggere la risposta di Dio. Li alla violenza non si è risposto con la violenza. Nel silenzio della croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace. Esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore. Supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore. Vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo alla riconciliazione. Guarda al dolore del tuo fratello e non aggiungere altro dolore, ricostruisci l’armonia che si è spezzata – e questo non con lo scontro ma con l’incontro. La pace si afferma solo con la pace. Perdono, dialogo, riconciliazione sono le parole della pace.»
7 Settembre 2013, Veglia di preghiera per la pace nel mondo, Piazza San Pietro, Vaticano
206._____ «Mai più la guerra. La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato. C’è un giudizio di Dio e un giudizio della storia da cui non si può sfuggire. Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra. Violenza chiama violenza. Che cosa possiamo fare noi per la pace nel mondo? A tutti spetta il compito di ricomporre i rapporti di convivenza nella giustizia e nell’amore. Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà. La pace è un bene che supera ogni barriera, perché è un bene di tutta l’umanità. Non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma quella – la cultura dell’incontro – la cultura del dialogo, questa è l’unica strada per la pace.»
1 Settembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
207._____ «Cosa succede nel cuore dell’uomo? Cosa succede nel cuore dell’umanità? È ora di fermarsi! Incominciamo a casa, giustizia e pace, si incomincia a casa eh, e poi si va avanti a tutta l’umanità. Dobbiamo incominciare a casa. La pace richiede la forza della mitezza, la forza non violenta della verità e dell’amore. Nelle mani di Maria poniamo le nostre speranze.»
1 Gennaio 2014, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
208._____ «I morti sembrano far parte di una contabilità quotidiana. Siamo abituati a leggere queste cose! E se noi avessimo la pazienza di elencare tutte le guerre che in questo momento ci sono nel mondo, sicuramente avessimo parecchie carte scritte. Sembra che lo spirito della guerra si è impadronito di noi. Si fanno atti per commemorare il centenario di quella Grande Guerra, tanti milioni di morti… E tutti scandalizzati! Ma oggi è lo stesso! Invece di una grande guerra, piccole guerre dappertutto, popoli divisi… E per conservare il suo interesse si ammazzano, si uccidono fra di loro”. Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Le guerre, l’odio, l’inimicizia non si comprano al mercato: sono qui, nel cuore. Quando da bambini, nel catechismo, ci spiegavano la storia di Caino e Abele, tutti noi eravamo scandalizzati. Oggi, però, tanti milioni si uccidono tra fratelli, fra di loro. Ma siamo abituati. La Prima Guerra Mondiale ci scandalizza, ma questa grande guerra un pò dappertutto, nascosta, non ci scandalizza! E muoiono tanti per un pezzo di terra, per una ambizione, per un odio, per una gelosia razziale. La ione ci porta alla guerra, allo spirito del mondo. Anche abitualmente davanti a un conflitto, ci troviamo in una situazione curiosa: andare avanti per risolverlo, litigando. Col linguaggio di guerra. Non viene prima il linguaggio di pace! E le conseguenze? Pensate ai bambini affamati nei campi dei rifugiati… Pensate a questo soltanto: questo è il frutto della guerra! E se volete pensate ai grandi salotti, alle feste che fanno quelli che sono i padroni delle industrie delle armi, che fabbricano le armi, le armi che finiscono lì. Il bambino ammalato, affamato, in un campo di rifugiati e le grandi feste, la buona vita che fanno quelli che fabbricano le armi. Chi di noi ha pianto quando legge un giornale, quando in tv vede quelle immagini? Tanti morti. Questo è quello che deve fare oggi 25 febbraio un cristiano davanti a tante guerre, dappertutto: Piangere, fare lutto. Il Signore ci faccia capire questo e ci
salvi dall’abituarci alle notizie di guerra.»
25 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
Guardiamo alla solidarietà come perno della giustizia globale, che può portare ad un vero sviluppo, rifiutando gli idoli e pregando con il cuore.
209. [Guardiamo alla solidarietà come perno della giustizia globale, ...] «Gesù parla in silenzio nel mistero dell’eucarestia, e ogni volta ci ricorda che seguirlo vuol dire uscire ad noi stessi e fare della nostra vita non un nostro possesso ma un dono a Lui e agli altri. Quante volte noi cristiani abbiamo questa tentazione, non ci facciamo carico delle necessità degli altri, congedandoli con un pietoso “che Dio ti aiuti”, o con un non tanto pietoso “felice sorte”. Ma la soluzione di Gesù va in un’altra direzione, una direzione che sorprende i discepoli “voi stessi date loro da mangiare”. Nel nutrirci del suo corpo egli ci fa are dall’essere una moltitudine ad essere una comunità, dall’anonimato alla comunione. L’eucarestia è il sacramento che ci fa uscire dall’individualismo per vivere la sequela. Da dove nasce la moltiplicazione dei pani? La risposta sta nelle parole di Gesù “voi stessi date loro da mangiare”. Dare, condividere, che cosa condividono i discepoli? Cinque pani e due pesci; sono proprio quei pani e quei pesci che nelle mani del Signore sfamano tutta la folla. Questo ci dice che nella Chiesa e nella società una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è solidaritetà. Saper mettere cioè a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto. Solidarietà, una parola mal vista dallo spirito mondano. Quel poco che siamo, quel poco che abbiamo, se condiviso diventa ricchezza, perché la potenza di Dio, che diventa amore, scende nella nostra povertà per trasformarla.»
30 Maggio 2013, Solennità del Corpus Domini, San Giovanni in Laterano, Roma
210._____ «È importante saper accogliere; è ancora più bello di qualsiasi abbellimento o decorazione. Lo dico perché quando siamo generosi nell’accogliere una persona e condividiamo qualcosa con lei - un pò di cibo, un posto nella nostra casa, il nostro tempo - non solo non rimaniamo più poveri, ma ci arricchiamo. In particolare le persone più semplici possono offrire al mondo una preziosa lezione di solidarietà, una parola - questa parola solidarietà - spesso dimenticata o taciuta, perché scomoda. Quasi sembra una brutta parola ... solidarietà. Nessuno può rimanere insensibile alle disuguaglianze che ancora ci sono nel mondo! Ognuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità, sappia offrire il suo contributo per mettere fine a tante ingiustizie sociali. Non è, non è la cultura dell’egoismo, dell’individualismo, che spesso regola la nostra società, quella che costruisce e porta ad un mondo più abitabile; non è questa, ma la cultura della solidarietà; la cultura della solidarietà è vedere nell’altro non un concorrente o un numero, ma un fratello. E tutti noi siamo fratelli! Nessuno sforzo di pacificazione sarà duraturo, non ci saranno armonia e felicità per una società che ignora, che mette ai margini e che abbandona nella periferia una parte di se stessa. Una società così semplicemente impoverisce se stessa, anzi perde qualcosa di essenziale per se stessa. Non lasciamo, non lasciamo entrare nel nostro cuore la cultura dello scarto! Non lasciamo entrare nel nostro cuore la cultura dello scarto, perché noi siamo fratelli. Nessuno è da scartare. Ricordiamolo sempre: solo quando si è capaci di condividere ci si arricchisce veramente; tutto ciò che si condivide si moltiplica! Pensiamo alla moltiplicazione dei pani di Gesù! La misura della grandezza di una società è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!»
25 Luglio 2013, Visita alla comunità di Varginha, Giornata Mondiale della Gioventú
211._____ «Non più come semplice assistenza nei confronti dei più poveri, ma come ripensamento globale di tutto il sistema, come ricerca di vie per riformarlo e correggerlo in modo coerente con i diritti fondamentali dell’uomo, di tutti gli uomini. A questa parola “solidarietà”, non ben vista dal mondo economico come se fosse una parola cattiva -, bisogna ridare la sua meritata cittadinanza sociale. La solidarietà non è un atteggiamento in più, non è un’elemosina
sociale: è un valore sociale, che ci chiede la sua cittadinanza.»
25 Maggio 2013, Udienze alla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice, Sala Clementina, Vaticano
212. [... che può portare ad un vero sviluppo, ... ] «Certamente è necessario dare il pane a chi ha fame; è un atto di giustizia. Ma c’è anche una fame più profonda, la fame di una felicità che solo Dio può saziare. Fame di dignità. Non c’è né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell'uomo, quando si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi beni immateriali: la vita, che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale; l’educazione integrale, che non si riduce ad una semplice trasmissione di informazioni con lo scopo di produrre profitto; la salute, che deve cercare il benessere integrale della persona, anche della dimensione spirituale, essenziale per l'equilibrio umano e per una sana convivenza; la sicurezza, nella convinzione che la violenza può essere vinta solo a partire dal cambiamento del cuore umano.»
25 Luglio 2013, Visita alla comunità di Varginha, Giornata Mondiale della Gioventú
213. [... rifiutando gli idoli... ] «Il cristiano è una persona spirituale, e questo non significa che vive nelle nuvole, fuori dalla realtà. No, il cristiano è una persona che pensa, che agisce nella vita quotidiana secondo Dio, una persona che lascia che la sua vita sia animata, nutrita dalla Spirito Santo perché sia piena. Chi si lascia condurre dallo Spirito Santo è realista, sa sudare e valutare la realtà, ed è anche fecondo: la sua vita genera vita attorno a se. Ma spesso, lo sappiamo per esperienza, l’uomo non accoglie il Vangelo della vita, ma si lascia guidare da ideologie e logiche che mettono ostacoli alla vita e non la rispettano, perché sono dettate dall’egoismo, dall’interesse, dal profitto, dal potere, dal piacere, e non sono dettate
dall’amore e dalla ricerca del bene dell’altro. È la costatante illusione di voler costruire la città dell’uomo senza Dio. È il pensare che il rifiuto di Dio, di Cristo e del vangelo della vita porti alla libertà, alla piena realizzazione dell’uomo. Il risultato è che al Dio vivente vengono sostituiti idoli umani e eggerri che offrono l’ebbrezza di un momento di libertà, ma che alla fine sono portatori di nuove schiavitù e di morte. Il Dio vivente ci fa liberi. Diciamo “si” all’amore, e “no” all’egoismo. Diciamo “si” alla vita, e “no” alla morte. Diciamo “si” alla libertà, e “no” alla schiavitù dei tanti idoli del nostro tempo.»
15 Giugno 2013, Santa Messa, Sagrato della basilica di San Pietro, Vaticano
214._____ «I beni, le prospettive di questo mondo finiscono per deludere, spingono a non accontentarsi mai; il Signore è il bene che non delude. L’unico che non delude. E questo esige un distacco da se stessi che si può raggiungere solo con un costante rapporto con il Signore e l’unificazione della vita attorno a Cristo. E questo si chiama familiarità con Gesù. La familiarità con Gesù Cristo dev’essere l’alimento quotidiano perché costituisce anche l’espressione quotidiana di fedeltà alla sua chiamata.»
21 Giugno 2013, Udienza ai Rappresentanti Pontefici, Sala Clementina, Vaticano
215._____ «Sono le ricchezze e le preoccupazioni del mondo che soffocano la Parola di Dio, sono queste le spine che soffocano il seme caduto nella terra, di cui si parla nella Parabola del Seminatore. Tutta la nostra vita è fondata su tre pilastri: uno nel ato, uno nel presente e un altro nel futuro. Il pilastro del ato è quello dell’elezione del Signore. Ognuno di noi, infatti, può dire che il Signore mi ha eletto, mi ha amato, mi ha detto “vieni” e con il Battesimo mi ha eletto per andare su una strada, la strada cristiana. Il futuro invece riguarda il camminare verso una promessa, il Signore ha fatto una promessa con noi. Il presente infine è la nostra risposta a questo Dio tanto buono che mi ha eletto. Fa una promessa, mi propone un’alleanza ed io faccio un’alleanza con Lui. Ecco
dunque i tre pilastri: elezione, alleanza e promessa. A quello che è attaccato alle ricchezze, non importa il ato né il futuro, ha tutto là. È un idolo, la ricchezza. Non ho bisogno di un ato, di una promessa, di un’elezione: niente. Quello che si preoccupa di cosa può succedere, taglia il suo rapporto col futuro – “Ma, può andare questo?” – e il futuro diventa futuribile, ma no, non ti orienta a nessuna promessa: rimane confuso, rimane solo. Dimenticare il ato, non accettare il presente, sfigurare il futuro: questo è quello che fanno le ricchezze e le preoccupazioni. Il Signore ci dice: “Ma, tranquilli! Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia, tutto l’altro verrà”.»
22 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
216. [... e pregando con il cuore.] «Ci sono tante persone che vivono casi limite, bambini denutriti, profughi, malati terminali. Nel Vangelo del giorno ci sono i Sadducei che presentano a Gesù il caso limite di una donna, vedova di sette uomini. Non parlavano di questa vicenda col cuore. I Sadducei parlavano di questa donna come se fosse un laboratorio, tutto asettico, tutto … Era un caso di morale. Noi, quando pensiamo a questa gente che soffre tanto, pensiamo come se fosse un caso di morale, pure idee, “ma, in questo caso, … questo caso …”, o pensiamo con il nostro cuore, con la nostra carne, anche? A me non fa piacere quando si parla di queste situazioni in maniera tanto accademica e non umana, alle volte con le statistiche … ma soltanto lì. In questi casi bisogna fare quello che dice Gesù: pregare per loro. Loro devono entrare nel mio cuore, loro devono essere un’inquietudine per me: il mio fratello soffre, la mia sorella soffre. Ecco … il mistero della comunione dei Santi: pregare il Signore: “Ma, Signore, guarda quello: piange, soffre”. Pregare, permettetemi di dirlo, con la carne: che la nostra carne preghi. Non con le idee. Pregare con il cuore. La preghiera sempre arriva alla gloria di Dio, sempre, quando è preghiera dal cuore. Invece, quando è un caso di morale, come questo di cui parlavano i Sadducei, non arriva mai, perché non esce mai da noi stessi: non ci interessa. È un gioco intellettuale.»
5 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
217._____ «La politica - dice la Dottrina Sociale della Chiesa - è una delle forme più alte della carità, perché è servire il bene comune. Io non posso lavarmi le mani, eh? Tutti dobbiamo dare qualcosa! E se tante volte abbiamo sentito: “un buon cattolico non si immischia in politica”, questo non è vero, quella non è una buona strada. Un buon cattolico si immischia in politica, offrendo il meglio di sé, perché il governante possa governare. Ma qual è la cosa migliore che noi possiamo offrire ai governanti? La preghiera! È quello che Paolo dice: “Preghiera per tutti gli uomini e per il re e per tutti quelli che stanno al potere”. “Ma, Padre, quella è una cattiva persona, deve andare all’inferno…”. Prega per lui, prega per lei, perché possa governare bene, perché ami il suo popolo, perché serva il suo popolo, perché sia umile!. Un cristiano che non prega per i governanti, non è un buon cristiano! “Ma, Padre, come pregherò per questo? Questa è una persona che non va...”. Prega perché si converta!. Ma pregare. E questo non lo dico io, lo dice San Paolo, la Parola di Dio.»
16 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
2.2. Edificare con Gesù nel cuore
Mettiamo Cristo al centro della nostra vita, per guardare con i Suoi occhi e porre le fondamenta dell’edificazione della santità.
218. [Mettiamo Cristo al centro della nostra vita, ... ] «La fede non è una cosa decorativa, ornamentale. Vivere la fede non è decorare la vita con un pò di religione, come se fosse una torta e se la decora con la panna. La fede non è quello. La fede comporta scegliere Dio come criterio base della vita. Dio non è vuoto, non è neutro. Dopo che Gesù è venuto nel mondo non possiamo fare come se Dio non lo conoscessimo, come se fosse una cosa vuota, astratta, di referenza puramente nominale. Dio ha un volto concreto, ha un nome: misericordia. Per questo Gesù dice “sono venuto a portare divisione”, non che Gesù voglia dividere gli uomini tra di loro, al contrario Gesù è la nostra pace, ma questa pace non è la pace dei sepolcri, non è neutralità. Gesù non porta neutralità. Questa pace non è un compromesso a tutti i costi. Seguire Gesù comporta rinunciare al male, all’egoismo, e scegliere il bene, la giustizia, anche quando ciò richiede sacrificio e rinuncia ai propri interessi. Questo divide anche i legami più stretti. Ma attenzione, non è Gesù che divide, Lui pone il criterio. Vivere per se stessi o vivere per Dio, farsi servire o servire, obbedire al proprio io o obbedire a Dio. La vera forza del Cristiano è la forza della verità, dell’amore, che comporta rinunciare ad ogni violenza. Fede e violenza sono incompatibili. Il cristiano non è violento ma è forte, e con quale forza? Con la mitezza, la forza della mitezza, la forza dell’amore. Anche tra i parenti di Gesù ad un certo punto vi furono coloro che non condivisero il Suo modo di vivere e di predicare, ce lo dice il Vangelo. Ma sua madre lo seguì sempre fedelmente tendendo il suo sguardo fisso sul cuore. Grazie alla fede di Maria, i familiari di Gesù entrarono a far parte della prima comunità cristiana.»
18 Agosto 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
219._____ «Gesù non da importanza semplicemente all’osservanza disciplinare e alla condotto esteriore. Egli va alla radice della legge, puntando soprattutto sull’intenzione e quindi sul cuore dell’uomo, da dove prendono origine le nostre azioni buone o malvage. Per ottenere comportamenti buoni ed onesti, non bastano le norme giuridiche, ma occorrono delle motivazioni profonde, espressione di una sapienza nascosta: la sapienza di Dio, che può essere accolta grazie allo Spirito Santo. E noi, attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all’azione dello Spirito che ci rende capaci di vivere l’amore divino. Alla luce di questo insegnamento, ogni precetto rivela il suo vero significato come esigenza d’amore. Tutti si ricongiungono nel più grande comandamento: ama Dio con tutto il cuore, e ama il prossimo come te stesso.»
16 Febbraio 2014, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
220._____ «Ma che cosa possiamo fare? “Bota fé - metti fede”. Che cosa significa? Quando si prepara un buon piatto e vedi che manca il sale, allora tu metti il sale; manca l'olio, allora tu metti l'olio... Mettere, cioè collocare, versare. Così è anche nella nostra vita cari giovani: se vogliamo che essa abbia veramente senso e pienezza, come voi stessi desiderate e meritate, dico a ciascuno e a ciascuna di voi: metti fede e la vita avrà un sapore nuovo, la vita avrà una bussola che indica la direzione; metti speranza e ogni tuo giorno sarà illuminato e il tuo orizzonte non sarà più oscuro, ma luminoso; metti amore e la tua esistenza sarà come una casa costruita sulla roccia, il tuo cammino sarà gioioso, perché incontrerai tanti amici che camminano con te. Metti fede, metti speranza, metti amore! Tutti uniti: metti fede, metti speranza, metti amore. Ma chi può donarci tutto questo? Nel Vangelo sentiamo la risposta: Cristo. “Questo è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!”. Per questo oggi vi dico, a ciascuno di voi: metti Cristo nella tua vita e troverai un amico di cui fidarti sempre; metti Cristo e vedrai crescere le ali della speranza per percorrere con gioia la via del futuro; metti Cristo e la tua vita sarà piena del suo amore, sarà una vita feconda. Vedete cari amici, la fede compie nella nostra vita una rivoluzione che potremmo chiamare copernicana: ci toglie dal centro e mette al centro a Dio; la fede ci immerge nel suo amore che ci dà sicurezza, forza, speranza. Apparentemente
sembra che non cambi nulla, ma nel più profondo di noi stessi cambia tutto. Quando c'è Dio, nel nostro cuore dimora la pace, la dolcezza, la tenerezza, il coraggio, la serenità e la gioia, che sono i frutti dello Spirito Santo; allora la nostra esistenza si trasforma, il nostro modo di pensare e di agire si rinnova, diventa il modo di pensare e di agire di Gesù, di Dio.»
25 Luglio 2013, Omelia, Festa di accoglienza dei giovani, lungomare di Copacabana, Giornata Mondiale della Gioventú
221. [... per guardare con i Suoi occhi... ] «Noi vogliamo essere insegniti nel nome di Gesù, militare sotto il vessillo della Sua croce. E questo significa avere gli stessi sentimenti di Cristo, significa pensare come come Lui, voler bene come Lui, vedere come Lui, camminare come Lui. Significa fare ciò che ha fatto Lui e con i Suoi stessi sentimenti, con i sentimenti del Suo cuore. Il cuore di Cristo è il cuore di un Dio che per amore si è svuotato. Ognuno di noi che segue Gesù dovrebbe essere disposto a svuotare se stesso. Siamo chiamati a questo abbassamento: essere degli svuotati. Essere uomini che non devono vivere centrati su se stessi, perché il centro è Cristo e la Sua Chiesa.»
3 Gennaio 2014, Santa Messa, Chiesa del Gesù, Roma
222._____ «Lo Spirito Santo è la sorgente inesauribile della vita di Dio in noi. Gesù è venuto per donarci lo Spirito Santo affinchè la nostra via sia animata e nutrita da Dio. Il cristiano è una persona che pensa ed agisce secondo Dio, secondo lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo ci rende partecipi alla vita di Dio che è amore. Questo è il dono prezioso che lo Spirito Santo porta nei nostri cuori: la vita stessa di Dio, un rapporto di confidenza e di fiducia nell’amore e nella misericordia di Dio, che avrà come conseguenza anche uno sguardo nuovo verso gli altri, vicini e lontani, visti sempre come fratelli e sorelle in Gesù da rispettare e da amare. Lo Spirito Santo ci insegna a guardare con gli occhi di Cristo, a vivere la vita come l’ha vissuta Cristo, a comprendere la vita come l’ha
compresa Cristo: ecco perché l’acqua viva che è lo Spirito Santo disseta la nostra vita, perché ci dice che siamo amati da Dio come suoi figli. Lasciamoci guidare dallo Spirito Santo, lasciamo che ci parli al cuore, e andiamo avanti per questa strada dell’amore, della misericordia e del perdono!»
8 Maggio 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
223._____ «Il nostro cuore sempre ha desideri, ha voglie, ha pensieri. Se questo va nella linea del Signore, così andrai bene, ma se non va… Mettete alla prova gli spiriti per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. Profeti o profezie o proposte: “Io ho voglia di far questo”. Ma questo non ti porta al Signore, ti allontana da Lui. Per questo è necessaria la vigilanza. Il cristiano è un uomo o una donna che sa vigilare il suo cuore. E tante volte il nostro cuore, con tante cose che vanno e vengono, sembra un mercato rionale: di tutto, tu trovi di tutto lì... E no! Dobbiamo saggiare – questo è del Signore e questo non è – per rimanere nel Signore. Se un pensiero, se un desiderio ti porta su quella strada di umiltà, di abbassamento, di servizio agli altri, è di Gesù. Ma se ti porta sulla strada della sufficienza, della vanità, dell’orgoglio, sulla strada di un pensiero astratto, non è di Gesù. Pensiamo alle tentazioni di Gesù nel deserto: tutte e tre le proposte che fa il demonio a Gesù sono proposte che volevano allontanarlo di questa strada, dalla strada del servizio, dell’umiltà, dell’umiliazione, della carità. Ma la carità fatta con la sua vita, no? Alle tre tentazioni Gesù dice di no: “No, questa non è la mia strada!” Pensiamo questo e non dimentichiamo che il criterio è l’Incarnazione del Verbo. Il Verbo è venuto in carne: questo è Gesù Cristo.»
7 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
224. [... e porre le fondamenta dell’edificazione della santità.] «Siamo stati ri-fatti in Cristo! Quello che ha fatto Cristo in noi è una ri-creazione: il sangue di Cristo ci ha ri-creato. È una seconda creazione! Se prima tutta la nostra vita, il nostro corpo, la nostra anima, le nostre abitudini erano sulla
strada del peccato, dell’iniquità, dopo questa ri-creazione dobbiamo fare lo sforzo di camminare sulla strada della giustizia, della santificazione. Utilizzate questa parola: la santità. Davvero noi siamo deboli e tante volte, tante volte, facciamo peccati, imperfezioni… E questo è sulla strada della santificazione? Sì e no! Se tu ti abitui: “Ho una vita un pò così, ma io credo in Gesù Cristo, ma vivo come voglio”… Eh, no, quello non ti santifica; quello non va! È un controsenso! Ma se tu dici: “Io, sì, sono peccatore; io sono debole” e vai sempre dal Signore e gli dici: “Ma, Signore, tu hai la forza, dammi la fede! Tu puoi guarirmi!”. E nel Sacramento della riconciliazione ti fai guarire, sì anche le nostre imperfezioni servono a questa strada di santificazione. Prima dell’Atto di Fede, prima dell’accettazione di Gesù Cristo che ci ha ri-creati col suo sangue eravamo sulla strada dell’ingiustizia. Dopo, invece, siamo sulla strada della santificazione, ma dobbiamo prenderla sul serio! Per prenderla sul serio, bisogna fare le opere di giustizia, opere semplici: adorare Dio: Dio è il primo sempre! E poi fare ciò che Gesù ci consiglia: aiutare gli altri. Queste opere sono le opere che Gesù ha fatto nella sua vita: opere di giustizia, opere di ricreazione. Quando noi diamo da mangiare a un affamato ri-creiamo in lui la speranza. E così con gli altri. Se invece accettiamo la fede e poi non la viviamo siamo cristiani soltanto a memoria. Bisogna lasciare perdere tutto quello che ci allontana da Gesù Cristo e fare tutto nuovo: tutto è novità in Cristo!. Si può fare. Lo ha fatto San Paolo, ma anche tanti cristiani, non solo i santi, quelli che conosciamo; anche i santi anonimi, quelli che vivono il cristianesimo sul serio. La domanda che, dunque, oggi possiamo farci, è proprio se vogliamo vivere il cristianesimo sul serio, se vogliamo portare avanti questa ri-creazione.»
24 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
225._____ «“Che cosa posso fare io che mi sento umile, fragile, peccatore?” Dio ti dice “non avere paura della Santità”, non avere paura di puntare in alto, di lasciarti amare e purificare da Dio, non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. Ogni cristiano è chiamato nella Santità e la Santità non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel lasciare agire Dio. È l’incontro della nostra debolezza con la forza della sua grazia. È l’avere fiducia nella Sua azione che ci
permette di fare tutto con gioia ed umiltà. Vogliamo essere Santi? Non perdiamo la speranza, percorriamo tutti questa strada. Il Signore ci aspetta, a tutti, con le braccia aperte.»
2 Ottobre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
226.«Imitare la santità e la perfezione di Dio può sembrare una meta irraggiungibile. Tuttavia, il Vangelo suggerisce gli esempi concreti affinchè il comportamento di Dio diventa regola del nostra agire. Ricordiamoci, tutti noi, che senza lo Spirito Santo sarebbe vano il nostro sforzo. La santità cristiana non è prima di tutto opera nostra, ma è frutto della docilità voluta e coltivata allo spirito del Dio tre volte Santo. Nel Vangelo Gesù ci parla della santità e ci spiega la nuova legge – la Sua. Lo fa mediante alcune antitesi tra la giustizia imperfetta degli scribi e dei farisei, e la superiore giustizia del regno di Dio. Non soltanto non dobbiamo restituire all’altro il male che ci ha fatto, ma dobbiamo sforzarci di fare il bene con larghezza. A chi vuole seguirlo, Gesù chiede di amare chi non lo merita, senza contraccambio per colmare i vuoti di amore che ci sono nei cuori, nelle relazioni umane, nelle famiglie, nelle comunità, nel mondo. Gesù non è venuto ad insegnarci le buone maniere, maniere di salotto. Per questo non c’era bisogno che scendesse dal cielo e morisse sulla croce. Cristo è venuto a salvarci, a mostrarci la via, l’unica via di uscita dalle sabbie mobili del peccato, e questa via di santità è la misericordia, quella che Lui ha fatto e ogni giorno fa con noi. Essere Santi non è un lusso: è necessario per la salvezza del mondo. È questo che il Signore ci chiede a noi. Pertanto, amiamo coloro che ci sono ostili; benediciamo chi sparla di noi; salutiamo con un sorriso chi forse non lo merita; non aspiriamo a farci valere, ma opponiamo la mitezza alla prepotenza; dimentichiamo le umiliazioni subite; lasciamoci sempre guidare dallo spirito di Cristo che ha sacrificato se stesso sulla croce perché possiamo essere canali in cui scorre la Sua carità. Questo è l’atteggiamento. Questa deve essere la condotta. Il nostro linguaggio sia quello del Vangelo. I nostri atteggiamenti quelli delle Beatitudini. E la nostra via quella della santità.»
23 Febbraio 2013, Santa Messa con i nuovi Cardinali, Basilica di San Pietro,
Vaticano
227._____ «Tutto è grazia. È l’intervento di Dio che ci porta la salvezza. È l’intervento di Dio che ci aiuta nel cammino della santità. Soltanto Lui può. Ma da parte nostra cosa facciamo? Primo: riconoscere la nostra secchezza, la nostra incapacità di dare vita. Riconoscere questo. Secondo, chiedere: “Signore, io voglio essere fecondo. Io voglio che la mia vita dia vita, che la mia fede sia feconda e vada avanti e possa darla agli altri”. “Signore, io sono sterile, io non posso, Tu puoi. Io sono un deserto: io non posso, Tu puoi”. Pensiamo a come i superbi, quelli che credono che possono fare tutto da sé, sono colpiti. L’umiltà è necessaria per la fecondità. Quante persone credono di essere giuste, e alla fine sono poveracce. E con questa umiltà, l’umiltà del deserto, l’umiltà di anima sterile, ricevere la grazia, la grazia di fiorire, di dare frutto e di dare vita.»
19 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
228._____ «Noi siamo rivoluzionari perché andiamo per questa strada della più grande mutazione della storia dell’umanità. Un cristiano se non è rivoluzionario di questi tempi non è cristiano. Deve essere rivoluzionario per la grazia! Tutti siamo peccatori, ma la grazia di Gesù Cristo ci salva. Se accogliamo Gesù Cristo lui cambia il nostro cuore: da peccatore ci trasforma in Santi. Per diventare Santi non è necessario girare gli occhi e guardare là… o avere una faccia ad immaginetta… No, no, una sola cosa è necessaria per diventare Santi: accogliere la grazia che il Padre ci da in Gesù Cristo. L’amore è la più grande forza di trasformazione della realtà perché abbatte i muri dell’egoismo e dei fossati che ci tengono lontani gli uni dagli altri. Questo lo fa la grazia di Gesù Cristo. Quanto costa la grazia? Dove posso comprare la grazia? Il prete la vende la grazia? La grazia non si compra e non si vende, è un regalo di Dio in Gesù Cristo. Gesù Cristo è l’unico che ci da la grazia! L’amore di Gesù ci da la grazia gratuitamente, e noi dobbiamo darla ai fratelli e alle sorelle gratuitamente.»
17 Giugno 2013, Convegno pastorale diocesano di Roma, Aula Paolo VI,
Vaticano
229._____ «La fede in Gesù Cristo non è uno scherzo, è una cosa molto seria. È uno scandalo che Dio sia venuto a farsi uno di noi. È uno scandalo che sia morto su una croce. È uno scandalo: lo scandalo della Croce. La Croce continua a far scandalo. Ma è l’unico cammino sicuro: quello della Croce, quello di Gesù, quello dell’Incarnazione di Gesù. Per favore, non frullate la fede in Gesù Cristo. C’è il frullato di arancia, c’è il frullato di mela, c’è il frullato di banana, ma per favore non bevete frullato di fede. La fede è intera, non si frulla. È la fede in Gesù. È la fede nel Figlio di Dio fatto uomo, che mi ha amato ed è morto per me. “Che cosa dobbiamo fare, Padre?” Guarda, leggi le Beatitudini che ti faranno bene. Se vuoi sapere che cosa devi fare concretamente leggi Matteo capitolo 25, che è il protocollo con il quale verremo giudicati. Con queste due cose avete il Piano d’azione: le Beatitudini e Matteo 25. Non avete bisogno di leggere altro. Ve lo chiedo con tutto il cuore.»
25 Luglio 2013, Incontro con i giovani Argentini, Cattedrale di San Sebastian, Giornata Mondiale della Gioventú
Partiamo dall’amore di coppia per vivere i grandi ideali in ogni aspetto della vita, senza lasciarci trascinare dagli eventi, andando contro corrente, affrontando le sfide con il coraggio di sbagliare.
230. [Partiamo dall’amore di coppia... ] «È importante chiedersi se è possibile amarsi per sempre. Questa è una domanda che dobbiamo farla, eh. Oggi tante persone hanno paura di fare scelte definitive. Ma è una paura generale, proprio della nostra cultura. Fare scelte per tutta la vita sembra impossibile. Oggi tutto cambia rapidamente, niente dura. E questa mentalità porta a tanti che si preparano al matrimonio a dire “stiamo insieme, mentre dura l’amore” e poi tanti saluti e ci vediamo, e finisce così il matrimonio. Cosa è, solo un sentimento? Uno stato psico-fisico? Ma se invece l’amore è una relazione, allora è una realtà che cresce e possiamo anche dire a modo di esempio che si costruisce come una casa. Cresce e si costruisce come una casa. La casa si costruisce assieme, non da soli. Costruire qui significa favorire e aiutare la crescita. Non volete fondarla sulla sabbia dei sentimenti che vanno e vengono, ma sulla roccia dell’amore vero, l’amore che viene da Dio. la famiglia nasce da questo progetto d’amore che vuole crescere come si costruisce una casa che sia luogo di affetto, di aiuto, di speranza, di sostegno. Come l’amore di Dio è stabile e per sempre, così anche l’amore che fonda la famiglia vogliamo che sia stabile e per sempre. Per favore, non dobbiamo lasciarci vincere dalla cultura del provvisorio, questa cultura che oggi ci invade tutti. Questo non va. Dunque come si cura questa paura del per sempre? Si cura giono per giorno, affidandosi al signore Gesù in una vita che diventa un cammino spirituale quotidiano, fatto da i, i piccoli, i di crescita comune. Fatto di impegno a diventare donna e uomo maturi nella fede. Perché il per sempre non è solo una questione di durata. Un matrimonio non è riuscito solo se dura, ma è importante la sua qualità. Stare insieme e sapersi amare per sempre è la sfida degli sposi cristiani. Mi viene in mente la moltiplicazione dei pani: anche per voi il Signore può moltiplicare il vostro
amore, e donarvelo fresco e buono ogni giorno. Ne ha una riserva infinita. Lui vi dona l’amore che sta a fondamento della vostra unione, che ogni giorno rinnova la forza e lo rende ancora più grande quando la famiglia cresce con i figli. In questo cammino è importante la preghiera, sempre. Lui per lei, e lei per lui. E tutti e due insieme. Chiedete a Gesù di moltiplicare il vostro amore. Nella preghiera del Padre Nostro noi diciamo “Dacci oggi il nostro pane quoditiano”. Gli sposi possono imparare a pregare anche così: “Signore, dacci oggi il nostro amore quotidiano” – perché l’amore quotidiano degli sposi è il pane, il vero pane dell’anima, quello che li sostiene per andare avanti! Più vi affiderete a Lui, più il vostro amore sarà per sempre capace di rinnovarsi, e vincerà ogni difficoltà. Vivere insieme è un’arte, un cammino paziente, bello e affascinante. Questo cammino di ogni giorno che si possono riassumere in queste tre parole: permesso, grazie, scusa. Permesso è la richiesta gentile di poter entrare nella vita di qualcun altro con rispetto e attenzione. Bisogna imparare a chiedere “posso fare questo? Ti piace che facciamo così? Che prendiamo questa iniziativa? Che educhiamo così i figli? Vuoi che questa sera usciamo?” Insomma, chiedere permesso significa saper entrare con cortesia nella vita degli altri. A volte invece si usano maniera un pò pesanti, come certi scarponi da montagna. L’amore vero non si impone con durezza e aggressività. La cortesia conserva l’amore e oggi nel nostro mondo c’è bisogno di molta cortesia, e questa può incominciare a casa. “Grazie”, mah sembra facile pronunciare questa parola ma sappiamo che non è così. La gratitudine è un sentimento importante. Sappiamo ringraziare? Nella vostra relazione, è importante tenere viva la coscienza che l’altra persona è un dono di Dio, e ai doni di Dio si dice “grazie”! Eh, ai doni di Dio si dice “grazie”! Non è una parola gentile da usare con gli estranei per essere educati, bisogna sapersi dire grazie per andare bene insieme nella vita matrimoniale. “Scusa”, nella vita facciamo tanti errori, tanti sbagli, li facciamo tutti. Forse non c’è giorno in cui non facciamo qualche sbaglio. La Bibbia dice che il più giusto pecca sette volte al giorno. Ecco allora la necessità di usare questa semplice parola “scusa”. In genere ognuno di noi è pronto ad accusare l’altro e a giustificare se stesso. È un istinto che sta all’origine di tanti disastri. Impariamo a riconoscere i nostri errori e a chiedere scusa. “Scusa se oggi ho alzato la voce.” “Scusa se sono ato senza salutare.” “Scusa se ho fatto tardi, se questa settimana sono stato così silenzioso.” “Scusa, mi sono dimenticato.” Scusa, ero arrabbiato e l’ho presa con te.” Tante scuse al giorno noi possiamo dire. Anche così cresce una famiglia cristiana. Sappiamo tutti che non esiste la famiglia perfetta, e neppure la moglie perfetta o il marito perfetto. Non
parliamo della suocera perfetta. Esistiamo noi, peccatori. Gesù, che ci conosce bene, ci insegna un segreto: non finire mai una giornata senza chiedersi perdono, senza che la pace torni nella nostra casa, nella nostra famiglia. Mai finire la giornata senza fare la pace! Mai! Mai! Mai! Questo è un segreto per conservare l’amore. Per fare la pace non è necessario fare un discorso. A volte basta un gesto così ed è fatta la pace. Se tu non finisci la giornata senza fare la pace, quello che hai dentro il giorno dopo è duro, è freddo, ed è più difficile fare la pace. Fate in modo che sia [il matrimonio] una festa cristiana, non una festa mondana. Il motivo più profondo della gioia di quel giorno ve lo indica il Vangelo di Giovanni. Ricordate il miracolo delle nozze di Cana. A un certo punto il vino viene a mancare. Immaginate finire la festa bevendo tè. Su suggerimento di Maria, in quel momento Gesù si rivela per la prima volta, e così facendo salva le nozze. Quanto accaduto a Cana duemila anni fa, capita in realtà in ogni festa nuziale. Ciò che renderà pieno il vostro matrimonio sarà la presenza del Signore che si rivela e dono la Sua grazia. È Lui il segreto della gioia piena, quella che scalda il cuore veramente. Ma che sia una bella festa, ma con Gesù! Non con lo spirito del mondo. Al tempo stesso però è bene che il vostro matrimonio sia sobrio e faccia risaltare quello che è veramente importante. Alcuni sono più preoccupati dei segni esterni, del banchetto, della fotografia, dei vestiti, dei fiori. Sono cose importanti in una festa, ma solo se sono capaci di indicare il vero motivo della vostra gioia: quella benedizione del Signore sul vostro amore. Fate in modo che come a Cana, i segni esteriori della vostra festa rivelino la presenza del Signore. Ricordino a voi e a tutti l’origine e il motivo della gioia di quel giorno. Il matrimonio è anche un lavoro di tutti i giorni, un lavoro artigianale. Perché il marito ha il compito di fare più donna alla moglie, e la moglie ha il compito di fare più uomo il marito. Ma questo si fa fra voi. Questo si chima crescere insieme. Ma questo non viene dall’aria, viene dalle vostre mani, dai vostri atteggiamenti, dal modo di amarci. Un giorno andrai per il paese e diranno “eh guarda quella, che bella donna che è! Eh, ma si capisce, con quel marito!” [e viceversa]. E i figli avranno questa eredità, di aver avuto un papà e una mamma che sono crescuiti insieme facendosi l’uno l’altro più uomo e più donna.»
14 Febbraio 2014, Incontro con i fidanzati per San Valentino, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
231._____ «Ci vuole coraggio per formare una famiglia. Che cos’è il matrimonio? È una vera e propria vocazione, come lo è il sacerdozio. Due cristiani che si sposano hanno riconosciuto nella loro storia d’amore la chiamata del Signore. La vocazione a formare da due una sola carne, una sola vita. Il sacramento del matrimonio avvolge questa vocazione con la grazia di Dio, lo radica in Dio stesso. Con questo dono, con la certezza di questa chiamata si può partire sicuri, non si ha paura di nulla, si può affrontare tutto insieme. Pensiamo ai nostri nonni o ai nostri bisnonni. Si sono sposati in condizioni molto più difficili delle nostre. Alcuni in tempi di guerra, o di dopo guerra, alcuni sono immigrati come i miei genitori. Dove trovavano la forza? La trovavano nella certezza che il Signore era con loro, che la famiglia è benedetta da Dio con il sacramento del matrimonio, e che benedetta è la missione di mettere al mondo i figli e di educarli. Con queste certezze hanno superato anche le prove più dure. Erano certezze semplici, ma vere. Formavano delle colonne che sostenevano il loro amore. Non è stata facile la loro vita, c’erano tanti problemi. Ma queste certezze semplici li aiutavano ad andare avanti. Ci vuole questa base morale e spirituale per costruire bene in modo solido. Oggi questa base non è più garantita dalle famiglie e dalla tradizione sociale, anzi la società privilegia i diritti individuali piuttosto che la famiglia. Privilegia le relazioni che durano finchè non sorgono le difficoltà. Basterebbe guardare certi programmi televisivi e si vedrebbero questi valori, no? Anche io l’ho sentito, quante coppie che vengono a sposarsi “ah, noi ci amiamo tanto e rimarremmo sempre insieme fin tanto che dura l’amore” poi, uno da una parte e l’altro dall’altra parte. Quello è l’egoismo, quando io non sento taglio il matrimonio e mi dimentico di quella una sola carne che non può dividersi. È rischioso sposarsi, è rischioso. L’altra difficoltà è questa cultura del provvisorio. Sembra che nulla sia definitivo, tutto è provvisorio “l’amore, mah, mentre dura”. È la cultura del provvisorio: ma Gesù non ci ha salvati provvisoriamente, ci ha salvato definitivamente! Vorrei dirvi di non avere paura di fare i definitivi. Quante volte ho sentito: “ah, Padre, ho un figlio di trent’anni che non si decide a sposarsi. Ha una bella fidanzata, ma non si sposa”. Mah, signora, non gli stiri più le camicie! Non abbiate paura di i definitivi come quello del matrimonio. Approfondite il vostro amore, pregate, preparatevi bene. Ma poi abbiate fiducia che il Signore non vi lasci soli. Fatelo entrare nella vostra casa come uno di famiglia. Lui vi sosterrà sempre. La famiglia è la vocazione che Dio ha scritto nella natura dell’uomo e della donna.»
4 Ottobre 2013, Incontro con i giovani, Basilica di Santa Maria degli Angeli, Assisi
232._____ «Gli sposi non sanno cosa accadrà. Non sanno quali gioie e quali dolori li attendono. Partono come Abramo, si mettono in cammino insieme. E questo è il matrimonio, partire e camminare insieme, mano nella mano, affidandosi alla grande mano del Signore, per tutta la vita, senza fare caso a questa cultura del provvisorio che ci taglia la vita a pezzi! Con questa fiducia nella fedeltà di Dio si affronta tutto senza paura, con responsabilità. Gli sposi cristiani non sono ingenui, conoscono i problemi e i pericoli della vita, ma non hanno paura di assumersi la loro responsabilità davanti a Dio. Senza scappare, senza rinunciare alla missione di formare una famiglia e di mettere al mondo dei figli. “Ma oggi padre è difficile”, certo che è difficile. Per questo ci vuole la grazia. I sacramenti non servono a decorare la vita: “ah che bel matrimonio, che bella cerimonia, che bella festa”. Quella non è la grazia del sacramento, quella è una decorazione. La grazia non è decorare la vita, è per farci forte nella vita, per poter andare avanti! I cristiani si sposano nel sacramento perché sono consapevoli di averne bisogno, ne hanno bisogno per essere uniti tra loro e per compiere la missione dei genitori. Hanno bisogno dell’aiuto di Gesù per camminare insieme, con fiducia, per accogliersi l’un l’altro ogni giorno e per donarsi l’un l’altro ogni giorno. Questo è importante, saper perdonarsi. Avere il coraggio di chiedere scusa quando in famiglia sbagliamo. Sono necessarie tre parole chiave in una famiglia: permesso, grazie e scusa. Permesso, per non essere invadenti. Grazie, per l’amore. A volte qualcuno si offende nella famiglia, alcune volte volano i piatti, eh, si dicono parole forte. Ma sentite questo consiglio: non finite la giornata senza fare la pace, senza chiedersi scusa.»
26 Ottobre 2013, Incontro con le famiglie, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
233._____ «Chiedersi scusa, riconoscere i propri sbagli, e chiedere perdono, ma anche accettare le scuse degli altri perdonando. A volte penso ai matrimoni che dopo tanti anni si separano “eh, non ci intendiamo, ci siamo allontanati”. Forse
non hanno saputo chiedere scuso a tempo, forse non hanno saputo perdonare a tempo. Sempre ai novelli sposi do questo consiglio: “litigate quanto volete, se volano i piatti lasciali, ma mai finire la giornata senza fare la pace – mai!” E se i matrimoni imparano a dire “mah, scusa, ero stanco”, o soltanto un gestino, e questa è la pace, riprendere la vita l’altro giorno. Quanto è importante camminare uniti, senza fughe in avanti, senza nostalgie del ato. E mentre si cammina si parla, ci si conosce, ci si racconta gli uni agli altri, si cresce nell’essere famiglia.»
4 Ottobre 2013, Incontro con i membri della Chiesa locale, Cattedrale di San Rufino, Assisi
234. [... per vivere i grandi ideali in ogni aspetto della vita, ... ] «Cristo è il Dio che ci sorprende sempre – e questa è la inquietudine della nostra voragine, la Santa e bella inquietudine. Possiamo chiederci se il nostro cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca o se invece si è atrofizzato. Se il nostro cuore è sempre in tensione, un cuore che non si adagia, che non si chiude in se stesso. Bisogna cercare Dio per trovarlo, trovarlo per cercarlo ancora e sempre. Solo questa inquietudine da pace al cuore. È l’inquietudine che ci prepara a ricevere la fecondità apostolica. Senza inquietudine siamo sterili. Una fede autentica, implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo. Ecco la domanda che dobbiamo porci: “abbiamo anche noi grandi visioni e slancio? Siamo anche noi audaci? Il nostro sogno vola alto? Lo zelo ci divora?”. Pregare per desiderare e desiderare per allargare il cuore. Senza i desideri non si va da nessuna parte ed è per questo che bisogna offrire i propri desideri al Signore.»
3 Gennaio 2014, Santa Messa, Chiesa del Gesù, Roma
235._____ «Il tempo di attesa del Suo arrivo [di Gesù] è il tempo che egli ci dona con misericordia e pazienza. È il tempo della vigilanza, in cui tenere il cuore aperto al bene, alla bellezza e alla verità. Quello che ci è chiesto è di essere
preparati all’incontro con Gesù, che significa saper vedere i segni della sua presenza. Essere vigilanti per non dimenticarci, per non addormentarci di Dio. Un cristiano che si chiude in se stesso, che nasconde tutto quello che il Signore gli ha dato, è un cristiano che non ringrazia Dio per tutto quello che gli ha donato. Il tempo dell’attesa del ritorno del Signore è il tempo dell’azione. Il tempo in cui mettere a frutto i doni di Dio non per noi stessi ma per lui, per gli altri. Il tempo in cui cercare sempre di far crescere il bene nel mondo. Nei tempi di crisi è importante non chiudersi in se stessi, sotterrando il proprio talento, le proprie ricchezze – spirituali, intellettuali, materiali, tutto quello che il Signore ci ha dato –ma aprirsi, essere solidali, essere attento all’altro. Non sotterrate i talenti, scommettete sugli ideali grandi di amore e servizio che renderanno fecondi i vostri talenti. La vita non ci è data perché la conserviamo gelosamente per noi stessi, ma ci è data perché la doniamo. Non abbiate paura di sognare cose grandi. Noi saremmo giudicati da Dio sulla carità, su come avremmo amato i nostri fratelli, specialmente i più deboli e bisognosi. Per portare frutti, la grazia di Dio richiede sempre la nostra apertura verso di Lui. A noi è chiesto di corrispondere al dono dell’amore di Dio con una vita buona di azioni animate dalla fede e dall’amore. Dio ci offre con misericordia e pazienza questo tempo affinchè impariamo ogni giorno a riconoscerlo nei poveri e nei piccoli, ci adoperiamo per il bene, e siamo vigilanti nella preghiera e nell’amore.»
24 Aprile 2013, Udienza Generale, Piazza san Pietro, Vaticano
236._____ «Che cosa vuol dire essere magnanimi? Vuol dire avere il cuore grande, avere grandezza d’animo, vuol dire avere grandi ideali, il desiderio di compiere grandi cose per rispondere a ciò che Dio ci chiede, e proprio per questo compiere bene le cose di ogni giorno, tutte le azioni quotidiane, gli impegni, gli incontri con le persone; fare le cose piccole di ogni giorno con un cuore grande aperto a Dio e agli altri.»
7 Giugno 2013, Incontro con le scuole dei Gesuiti di Italia e Albania, Aula Paolo VI, Vaticano
237. [... senza lasciarci trascinare dagli eventi, ...] «Nonostante le critiche che avrà ricevuto per la sua decisione di partire [per andare a trovare Elisabetta], [Maria] non si ferma davanti a niente: parte in fretta. Maria non si lascia trascinare dagli eventi, ma quando ha chiaro che cosa Dio le chiede, non indugia, non ritarda, ma va in fretta. La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze. A volte anche noi ci fermiamo all’ascolto, alla riflessione su cosa dovremmo fare, forse abbiamo anche chiara la decisione che dovremmo prendere, ma non facciamo il aggio all’azione. E soprattutto non mettiamo in gioco noi stessi, muovendoci in fretta per gli altri, per portare loro il nostro aiuto, la nostra comprensione, la nostra carità, per portare anche noi – come Maria – ciò che abbiamo ricevuto di più prezioso – il Vangelo – con la testimonianza concreta del nostro agire.»
31 Maggio 2013, Recita del rosario al conclusione del mese mariano, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
238._____ «Maria non vive in fretta, con affanno. Anche nel momento decisivo dell’annunciazione dell’angelo, Maria chiede “come avverrà questo?”. Ma non si ferma al momento della riflessione, fa un o avanti, decide. Non vive di fretta, ma solo quando è necessario va di fretta. Maria non si lascia trascinare dagli eventi, non evita la fatica della decisione: “eccomi, sono la serva del Signore”. Nella vita è difficile prendere le decisioni. Spesso preferiamo lasciarci trascinarci dagli eventi, seguire la moda del momento. A volte sappiamo quello che dobbiamo fare, ma non ne abbiamo il coraggio, o ci pare troppo difficile perché vuol dire andare contro corrente. Maria nell’annunciazione va contro corrente. Maria decide di affidarsi totalmente a Dio.»
31 Maggio 2013, Recita del rosario al conclusione del mese mariano, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
239. [... andando contro corrente, ...] «Io oggi ti chiedo: Tu come chi di loro vuoi essere? Vuoi essere come Pilato che non ha il coraggio di andare
controcorrente per salvare la vita di Gesù e se ne lava le mani. Dimmi: sei uno di quelli che si lavano le mani, che fa il finto tonto e guarda dall'altra parte? O sei come il Cireneo, che aiuta Gesù a portare quel legno pesante, come Maria e le altre donne, che non hanno paura di accompagnare Gesù fino alla fine, con amore, con tenerezza. E tu, come chi di questi vuoi essere? Come Pilato, come il Cireneo, come Maria? Gesù ti sta guardando adesso e ti dice: mi vuoi aiutare a portare la Croce? Fratelli e sorelle: con tutta la forza, che cosa Gli rispondi?»
26 Luglio 2013, Via Crucis, Lungomare di Copacabana, Giornata Mondiale della Gioventú
240._____ «Lui [Dio] ci da il coraggio di andare contro corrente. Andare contro corrente, questo fa bene al cuore, ma ci vuole il coraggio. Lui ci da questo coraggio. Non ci sono difficoltà, tribolazione, incomprensione che ci devono far paura se rimaniamo uniti a Dio come i tralici sono uniti alla vite. Dio dona forza alla nostra debolezza, ricchezza alla nostra povertà, conversione e perdono al nostro peccato. Ci farà sentire la gioia di essere i suoi discepoli, di essere i suoi testimoni. Noi cristiani non siamo scelti dal Signore per cosine piccole, andate sempre al di la, verso le cose grandi: giocate la vita per grandi ideali.»
28 Aprile 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
241._____ «A volte sembra che per alcuni, i rapporti umani siano regolati da due dogmi moderni: efficienza e pragmatismo. Abbiate il coraggio di andare controcorrente a questa cultura efficientista, a questa cultura dello scarto. L’incontro e l’accoglienza di tutti, la solidarietà - una parola che si sta nascondendo in questa cultura, quasi fosse una cattiva parola -, la solidarietà e la fraternità, sono elementi che rendono la nostra civiltà veramente umana.»
27 Lulgio 2013, Santa Messa, Cattedrale di San Sebastian, Giornata Mondiale della Gioventú
242._____ «La normalità della vita esige dal cristiano fedeltà alla sua elezione e non venderla per andare verso una uniformità mondana. Questa è la tentazione del popolo, e anche la nostra. Tante volte, dimentichiamo la Parola di Dio, quello che ci dice il Signore, e prendiamo la parola di moda, no?, anche quella della telenovela è di moda, prendiamo quella, è più divertente! L’apostasia è proprio il peccato della rottura con il Signore, ma è chiara: l’apostasia si vede chiaramente. Questo è più pericoloso, la mondanità, perché è più sottile. È vero che il cristiano deve essere normale, come sono normali le persone, ma ci sono valori che il cristiano non può prendere per sé. Il cristiano deve ritenere su di sé la Parola di Dio che gli dice: “Tu sei mio figlio, tu sei eletto, io sono con te, io cammino con te”. Resistendo quindi alla tentazione di considerarsi vittime di un certo complesso di inferiorità, di non sentirsi un popolo normale. La tentazione viene e indurisce il cuore e quando il cuore è duro, quando il cuore non è aperto, la Parola di Dio non può entrare. Gesù diceva a quelli di Emmaus: “Stolti e tardi di cuore!”. Avevano il cuore duro, non potevano capire la Parola di Dio. E la mondanità ammorbidisce il cuore, ma male: mai è una cosa buona il cuore morbido! Il buono è il cuore aperto alla Parola di Dio, che la riceve. Come la Madonna, che meditava tutte queste cose in cuor suo, dice il Vangelo. Ricevere la Parola di Dio per non allontanarsi dall’elezione.»
17 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
243. [... affrontando le sfide... ] «Voi sapete che non si può viviere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Quello che non guarda le sfide non vive. La vostra volontà e le vostre capacità unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del battesimo vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone. Mischiatevi li, dove ci sono le sfide che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la
lotta per i valori e tante lotte che troviamo ogni giorno. Sono diverse le sfide che voi giovani siete chiamati ad affrontare con fortezza interiore e audacia evangelica. Fortezza e audacia. Il contesto socio-culturale nel quale siete inseriti a volte è appesantito dalla mediocrità e dalla noia. Non bisogna rassegnarsi alla monotonia del vivere quotidiano, ma coltivare progetti di ampio respiro, andare oltre l’ordinario. Non lasciatevi rubare l’entusiasmo giovanile.»
30 Novembre 2013, Vespri con gli universitari romani, Basilica di San Pietro, Vaticano
244._____«Siate protagonisti. Giocate in attacco! Calciate in avanti, costruite un mondo migliore, un mondo di fratelli, un mondo di giustizia, di amore, di pace, di fraternità, di solidarietà. Giocate in attacco sempre! Oggi le rubo la parola a Madre Teresa e ti dico: iniziamo? Da dove? Da te e da me! Ognuno, ancora una volta in silenzio, si chieda: se devo iniziare da me, da dove inizio? Ciascuno apra il suo cuore perché Gesù gli dica da dove iniziare.»
27 Luglio 2013, Veglia di preghiera, Lungomare di Copacabana, Giornata Mondiale della Gioventú
245._____ «Una vita senza sfide non esiste, e un giovane che non sa affrontarle mettendosi in gioco è senza spina dorsale. Gesù propone il modello del Samaritano, che vede la situazione di difficoltà dell’uomo e l’affronta in maniera concreta, anche con rischi.»
4 Maggio 2013, Recita del Rosario, Santa Maria Maggiore, Roma
246. [... con il coraggio di sbagliare.] «Avanti, se ti sbagli, ti alzi e vai avanti: quello è il cammino. Quelli che non camminano per non sbagliarsi, fanno uno sbaglio più grande.»
8 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
247._____ «In momenti di crisi, non è una crisi solo economica, culturale, è una crisi dell’uomo. In questo momento di crisi non possiamo preoccuparci di noi soli – quello è un pericolo. Ci chiudiamo con quelli che pensiamo lo stesso. Quando la Chiesa diventa chiusa, si ammala. La Chiesa deve uscire da se stessa, verso le periferie esistenziali. Gesù ci dice “andate, predicate, date testimonianza del Vangelo”. Ma se uno va fuori da se stesso può accadere un incidente, ma io vi dico che preferisco mille volte una Chiesa incidentata che una Chiesa malata per chiusura. Quante volte Gesù è dentro di noi, bussa alla porta, e noi non lo lasciamo uscire per le nostre insicurezze, chiusi in strutture caduche che soltanto servono per farci schiavi e non figli di Dio! In questa uscita è importante andare verso l’incontro verso gli altri.»
18 Maggio 2013, Vigilia di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
Viviamo la vita come un dono da donare e condividere con il prossimo attraverso i carismi, con solidearietà, custodendo il creato ed il nostro prossimo, riconoscendo l’armonia nella diversità di coloro che aderiscono ad altre religioni, di coloro che si professano atei e di coloro che vengono da lontano, ripugnando con sdegno l’indifferenza sociale che uccide.
248. [Viviamo la vita come un dono da donare... ] «Se vogliamo davvero seguire Gesù, dobbiamo vivere la vita come un dono da dare agli altri, non come un tesoro da conservare.Pensiamo a quel momento della Maddalena, quando lava i piedi di Gesù con il nardo, tanto costoso: è un momento religioso, un momento di gratitudine, un momento di amore. E lui [Giuda], si distacca e fa la critica amara: “Ma questo potrebbe essere usato per i poveri!”. Questo è il primo riferimento che ho trovato io, nel Vangelo, della povertà come ideologia. L’ideologo non sa cosa sia l’amore, perché non sa darsi. Giuda era staccato nella sua solitudine, e questo atteggiamento dell’egoismo è cresciuto fino al tradimento di Gesù. Chi ama dà la vita come dono; l’egoista invece cura la sua vita, cresce in questo egoismo e diventa un traditore, ma sempre solo. Chi, invece, dà la vita per amore, mai è solo: sempre è in comunità, è in famiglia. Colui che isola la sua coscienza nell’egoismo alla fine la perde. Questo è il dramma della coscienza isolata: quando un cristiano incomincia ad isolarsi, anche isola la sua coscienza dal senso comunitario, dal senso della Chiesa, da quell’amore che Gesù ci dà. Invece, quel cristiano che dona la sua vita, che la perde, come dice Gesù, la trova, la ritrova, in pienezza. E quello, come Giuda, che vuole conservarla per se stesso, la perde alla fine. Giovanni ci dice che “in quel momento Satana entrò nel cuore di Giuda”. E, dobbiamo dirlo: Satana è un cattivo pagatore. Sempre ci truffa: sempre!”»
14 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
249._____ «Quando un uomo non ha questa voglia, qualcosa manca, in quest’uomo. Qualcosa non va. Tutti noi, per essere, per diventare pieni, per essere maturi, dobbiamo sentire la gioia della paternità: anche noi celibi. La paternità è dare vita agli altri, dare vita, dare vita… Per noi, sarà la paternità pastorale, la paternità spirituale: ma è dare vita, diventare padri. Non avere figli, non diventare padre, è come se la vita non arrivasse alla fine: si ferma a metà cammino. E perciò dobbiamo essere padri. Ma è una grazia che il Signore dà.»
26 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
250. [... e condividere con il prossimo... ] «Gesù propone a chi lo segue la perfezione dell’amore, un amore la cui unica misura è di non avere misura, di andare oltre ogni calcolo. L’amore al prossimo è un atteggiamento talmente fondamentale che Gesù arriva ad affermare che il nostro rapporto con Dio non può essere sincero se non vogliamo fare pace con il prossimo. Perciò siamo chiamati a riconciliaci con i nostri fratelli prima di manifestare la nostra devozione al Signore nella preghiera.»
16 Febbraio 2014, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
251._____ «Non siamo soli, ma esiste una comunione tra tutti coloro che appartengono a Cristo. Una comunione che nasce dalla fede. Infatti, il termine Santi si riferisce a coloro che credono al Signore Gesù e sono incorporati a Lui nella Chiesa mediante il battesimo. Per questo i primi cristiani erano chiamati anche Santi. Se c’è radicamento nella sorgente dell’amore, che è Dio, allora si verifica anche il movimento reciproco: l’esperienza della comunione fraterna ci
conduce a Dio, essere uniti fra noi ci conduce ad essere uniti con Dio. La nostra fede ha bisogno del sostegno degli altri, soprattutto nei momenti difficili. Se noi siamo uniti, la fede viene forte. Chi di noi non ha sperimentato insicurezze, smarrimenti e persino dubbi nel cammino della fede: tutti, tutti abbiamo sperimentato questo, anche io, è parte del cammino della fede, è parte della vita. Tutti siamo fragili, non spaventarsi. Tuttavia, in questi momenti difficoltosi è necessario confidare nell’aiuto di Dio mediante la preghiera filiale e al tempo stesso è importante trovare il coraggio e l’umiltà di aprirsi agli altri per chiedere aiuto. In questa comunione – “comunione” vuol dire comune unione – siamo una grande famiglia, dove tutti i componenti si aiutano e si sostengono fra loro.»
30 Ottobre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
252. [... attraverso i carismi, ... ] «Lo Spirito Santo dispensa ai fedeli una moltitudine di doni e di grazie spirituali. Questa ricchezza è finalizzata all’edificazione della Chiesa. I carismi sono i regali che ci da lo Spirito Santo. Ce li dà non perché siano nascosti, ma per partecipare agli altri. Non sono dati per il beneficio di chi li riceve, ma per il popolo di Dio. Se un carisma serve ad affermare se stessi, c’è da dubitare che sia un autentico carisma, o che sia fedelmente vissuto. I carismi sono grazie particolari, sono delle attitudini, delle aspirazioni, delle spinte interiori che nascono nella coscienza e nell’esperienza di determinate persone, le quali sono chiamate a metterle al servizio della comunità. Tutti siamo chiamati a rispettarli in noi e negli altri. I carismi sono un mezzo per crescere nella carità e nell’amore, che San Paolo colloca sopra i carismi. Senza amore infatti, anche i doni più straordinari sono vani. “Mah, questo uomo guarisce la gente, ha questa qualità, questa virtù…” ma ha amore nel suo cuore, ha carità? Se ha, avanti. Ma se non le ha, non serve alla Chiesa. Senza amore, tutti i doni non servono alla Chiesa perché dove non c’è l’amore c’è un vuoto che viene riempito dall’egoismo. Il più piccolo dei nostri gesti d’amore ha effetti buoni per tutti.»
6 Novembre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
253. [... con solidarietà, ... ] «La gioia di avere Gesù come maestro, come modello di vita. Nessuno è migliore dell’altro. Tutti siamo uguali davanti al Padre: tutti. Guardando Gesù, noi vediamo che Lui ha scelto la via dell’umiltà e del servizio, anzi Lui stesso in persona è questa via. Gesù non è stato qualunquista, ha fatto una scelta e l’ha portata avanti fino in fondo. Ha scelto di farsi servo fino in fondo, fino alla croce. Questa è la via dell’amore, non ce n’è un’altra. La carità non è un semplice assistenzialismo per tranquillizzare le coscienze. Quello non è amore, quello è negozio. L’amore è gratuito. L’amore è una scelta di vita, un modo d’essere, è la via dell’umiltà e della solidarietà. Non c’è un’altra via per questo amore, essere umile e solidali. Questa parola, solidarietà, nella cultura dello scarto rischia di essere cancellata dal dizionario perché è una parola che da fastidio, perché ti obbliga a guardare l’altro e a darti all’altro con amore. Invece noi diciamo che questa è la via, umiltà e solidarietà. L’abbiamo inventato noi preti? No, è di Gesù, Lui l’ha detto. L’umiltà di Cristo non è un moralismo, un sentimento, è reale, è la scelta di essere piccolo, di stare con i piccoli, con gli esclusi. Non è un’ideologia, è un modo di essere e di vivere che parte dall’amore, dal cuore di Dio. Guardiamo Gesù, Lui è la nostra gioia, ma anche la nostra forza, la nostra certezza. Umiltà, solidarietà, servizio: non c’è un’altra via. Ma non basta guardare, bisogna seguire. Gesù non è venuto nel mondo a fare una sfilata, per farsi vedere. Gesù è una via e una vita serve per camminare. Non possiamo seguire Gesù sulla via della carità se prima di tutto non ci vogliamo bene fra noi, se non ci sforziamo di comprenderci e perdonarci a vicenda, riconoscendo ciascuno i propri limiti, i propri sbagli.»
22 Settembre 2013, Discorso, incontro con i poveri, Cattedrale di Cagliari, Sardegna
254._____ «Qual’è il progetto di Dio? È fare di tutti noi un’unica famiglia in cui
ciascuno si senta vicino e si senta amato da Lui, senta il calore di essere parte di Lui. Dio ci convoca, ci spinge ad uscire dall’individualismo, dalla tendenza a chiudersi in se stessi e ci chiama a far parte della Sua famiglia. Anche quando il peccato ha rotto questa relazione con Lui, con gli altri e con il creato, Dio non ci ha abbandonati. Ancora oggi alcuni dicono “Cristo si, la Chiesa no”, quelli che dicono “io credo in Dio ma non nei preti”. Ma è proprio la Chiesa che ci porta a Cristo e a Dio. La Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio.»
29 Maggio 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
255._____ «[Prima della moltiplicazione dei pani e dei pesci] Gesù sa bene cosa fare, ma vuole coinvolgere i sui discepoli. Quello dei discepoli è l’atteggiamento più realista, la soluzione che non crei problemi “congeda la folla” dicono, “hai già fatto tanto per loro”. L’atteggiamento di Gesù è nettamente diverso, ed è dettato per la comione della gente. Gesù sente i nostri problemi, le nostre debolezze, i nostri bisogni. Davanti a quei pani Gesù pensa “ecco la provvidenza, da questo poco Dio può tirar fuori molto per tutti”. Gesù si fida totalmente del Padre celeste, perché sa che per lui tutto è possibile. Ecco il miracolo: più che una moltiplicazione, è una condivisione animata dalla fede e dalla preghiera. La festa del Corpus Domini ci chiede di convertirci alla fede nella provvidenza, di saper condividere il poco che siamo e che abbiamo, e non chiuderci mai in noi stessi.»
2 Giugno 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
256._____ «Quando l’uomo si chiude nel proprio egoismo e si mette al posto di Dio, finisce per seminare morte. L’egoismo porta alla menzogna con cui si cerca di ingannare se stessi e il prossimo, ma Dio non si può ingannare. Dio è il vivente, colui che dona la vita e indica la via della vita piena. Dio è la fonte della vita, è il suo soffio che sostiene il cammino terreno dell’uomo. I dieci comandamenti non sono un inno al “no”, ma sono un inno al “si”, all’amore, alla
vita. La nostra vita è piena solo in Dio. Di fronte al peccato, all’egoismo, alla chiusura in se stessi, Gesù accoglie, ama, perdona e dona nuovamente la forza di vita. Dona la parola di Dio che trasforma.»
15 Giugno 2013, Santa Messa, Sagrato della basilica di San Pietro, Vaticano
257._____ «Questa solidarietà fraterna non è una figura retorica, un modo di dire, ma è parte integrante della comunione tra i cristiani. Se la viviamo, noi siamo sacramento dell’amore di Dio, lo siamo gli uni per gli altri, lo siamo per tutti. Non si tratta solo di quella carità spicciola che ci possiamo offrire a vicenda, si tratta di qualcosa di più profondo. È una comunione che ci rende capaci di entrare nella gioia e nel dolore altrui per farli nostri, sinceramente.»
6 Novembre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
258. [... custodendo il creato ed il nostro prossimo, ... ] «In San Giuseppe vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual’è il centro della vocazione cristiana: Cristo. Custodiamo Cristo nella nostra vita per custodire gli altri, per custodire il creato. Custodire il creato […] è il rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia. I coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e con il tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio. E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità […] allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. Vorrei chiedere a tutti […] siamo custodi di tutto il creato, dell’altro, dell’ambiente. Per custodire dobbiamo anche avere cura di noi stessi. L’odio, l’invidia, la superbia, sporcano la vita. Custodire vuol dire
allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da li che escono le intenzioni buone e cattive. Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza. Il prendersi cura, il custodire richiede bontà, richiede di essere vissuto con tenerezza. Solo chi serve con amore sa custodire […] e aprire l’orizzonte della speranza. La speranza che portiamo è fondata sulla roccia di Dio. Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato.»
19 Marzo 2013, Messa per l’inaugurazione del Pontificato, Piazza San Pietro, Vaticano
259._____ «Che cosa vuol dire coltivare e custodire la terra? Coltivare e custodire la terra è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi, è parte del suo progetto. Vuol dire far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un giardino, un luogo abitabile per tutti. Questo compito, affidandoci a Dio creatore, richiede cogliere il ritmo e la logica della creazione. Noi invece siamo spesso guidati dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare. Non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura. Stiamo perdendo l’atteggiamento dello stupore, della contemplazione, dell’ascolto della creazione. Così non riusciamo a leggervi il ritmo della storia dell’amore di Dio con l’uomo.»
5 Giugno 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
260. [... riconoscendo l’armonia nella diversità...] «L'unico modo di crescere per una persona, una famiglia, una società, l'unico modo per far progredire la vita dei popoli è la cultura dell'incontro, una cultura in cui tutti hanno qualcosa di buono da dare e tutti possono ricevere qualcosa di buono in cambio. L'altro ha sempre qualcosa da darmi, se sappiamo avvicinarci a lui con atteggiamento aperto e disponibile, senza pregiudizi. Questo atteggiamento aperto, disponibile e senza pregiudizi, lo definirei come umiltà sociale che è ciò che favorisce il dialogo.»
27 Luglio 2013, Discorso, incontro con la classe dirigente del Brasile, Teatro Municipale, Rio de Janeiro, Giornata Mondiale della Gioventú
261._____ «Quando il sale si usa bene, non si sente il gusto del sale, il sapore del sale… non si sente! Si sente il sapore di ogni pasto: il sale aiuta che il sapore di quel pasto sia più buono, sia più conservato ma più buono, più saporito. Questa è la originalità cristiana! La originalità cristiana non è una uniformità! Prende ciascuno come è, con la sua personalità, con le sue caratteristiche, con la sua cultura e lo lascia con quello, perché è una ricchezza. Ma gli dà qualcosa di più: gli dà il sapore! Questa originalità cristiana è tanto bella, perché quando noi vogliamo fare una uniformità - tutti siano salati allo stesso modo - le cose saranno come quando la donna butta troppo sale e si sente soltanto il gusto del sale e non il gusto di quel pasto saporito con il sale. L’originalità cristiana è proprio questo: ciascuno è come è, con i doni che il Signore gli ha dato.»
23 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
262._____ «La Chiesa è cattolica perché è la casa dell’armonia dove unità e diversità sanno coniugarsi insieme per essere ricchezza. Non siamo tutti uguali e non dobbiamo essere uguali. Siamo tutti diversi, e questo è il bello della Chiesa, ognuno porta quello che Dio ha dato per arricchire gli altri. È una diversità che non entra in conflitto. La ricerca forzata dell’uniformità uccide la vita. Lo Spirito Santo è l’autore della diversità.»
9 Ottobre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
263._____ «Lo Spirito Santo, apparentemente, sembra creare disordine nella Chiesa, perché porta la diversità dei carismi, dei doni. Ma tutto questo invece,
sotto la sua azione è una grande ricchezza, perché lo Spirito Santo è lo spirito di unità che non significa uniformità, ma ricondurre il tutto all’armonia. Nella Chiesa, l’armonia la fa lo Spirito Santo. Solo Lui può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità, e nello stesso tempo operare l’unità. Quando siamo noi a voler fare fare la diversità e ci chiudiamo nelle nostre particolarità, nei nostri esclusivismi, portiamo la divisione. Quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità, l’omologazione. Se invece ci lasciamo guidare dallo Spirito, la ricchezza, la diversità, la varietà non diventano mai conflitto perché egli ci spinge a vivere la varitetà nella comunione della Chiesa. È la Chiesa che mi porta a Cristo in Cristo, i cammini paralleli sono tanto pericolosi. Sono aperto all’armonia dello Spirito Santo, superando ogni esclusivismo?»
19 Maggio 2013, Messa di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
264._____ «L’unità non verrà come un miracolo alla fine. L’unità la fa lo Spirito Santo nel cammino. Se noi non camminiamo insieme, se noi non preghiamo gli uni per gli altri, se noi non lavoriamo insieme in tanta cosa che possiamo fare in questo mondo per il popolo di Dio, l’unità non verrà. Si fa in questo cammino, ogni o e non la facciamo noi, la fa lo Spirito Santo che vede la nostra buona volontà. Ricordiamo che l’unità sempre è superiore al conflitto.»
25 Gennaio 2014, Santa Messa, Basilica di San Paolo fuori le mura, Roma
265._____ «È lo Spirito Santo, con i suoi doni, che disegna la varietà che unisce tutto in tutti. Nessuno è inutile nella Chiesa! Tutti siamo necessari per costruire questo tempio! Nessuno è secondario, tutti siamo uguali agli occhi di Dio, tutti, tutti! Tutti siamo uguali, siamo fratelli! Nessuno è anonimo. Tutti formiamo e costruiamo la Chiesa. Come viviamo il nostro essere Chiesa? Siamo pietre vive, o siamo pietre stanche, annoiate, indifferenti? Il cristiano cosi non va. Il cristiano deve essere vivo, gioioso. Ci apriamo alla comunità, o ci chiudiamo in noi stessi
dicendo “ho tante cose da fare, e non è compito mio fare questo o quello”?. Preghiamo affinchè siamo sempre pietre vive della Sua Chiesa.»
26 Giugno 2013, Udienza Generale, Sagrato della basilica di San Pietro, Vaticano
266._____ «Dio ci dona l’unità, ma noi spesso facciamo fatica a viverla. Occorre cercare, costruire la comunione, per superare incomprensioni e divisioni, incominciando dalla famiglia. Il nostro mondo ha bisogno di unità. Umiltà – contro la vanità, la superbia –, dolcezza, magnanimità, amore per conservare l’unità: queste sono le vere strade della Chiesa. La ricchezza di ciòche ci unisce, quella è una vera ricchezza. Voi non sapete il male che fa alla comunità le chiacchiere. Ma fanno male, le chiacchiere feriscono. Un cristiano prima di chiacchierare deve mordersi la lingua – quello ci farà bene perché la lingua si gonfia e non si può chiacchierare. Chi è il motore di questa unità? È lo Spirito Santo, che tutti noi abbiamo ricevuto nel battesimo. La nostra unità non è primariamente frutto del nostro consenso, o della democrazia, o del nostro sforzo di andare d’accordo, ma viene da Lui che fa l’unità nella diversità, perché lo Spirito Santo è armonia in tante diversità di culture, di lingue e di pensiero. Per questo è importante la preghiera che è l’anima del nostro impegno di uomini e donne di unione e comunità. La preghiera allo Spirito Santo affinchè venga e faccia l’unità nella Chiesa.»
25 Settembre 2013, Udienza Generale, Piazza San Pietro, Vaticano
267._____ «Quando lasciamo prevalere la logica del potere umano e non ci lasciamo istruire e guidare dalla fede, da Dio, diventiamo pietra di inciampo. Lasciamoci consumare per il Vangelo, farsi tutto a tutti, il compito di non risparmiare, uscire di sè al servizio del santo popolo fedele di Dio. La comunione della Chiesa non significa uniformità. Uniti nelle differenze, non c’è un’altra strada Cattolica. Questa è la strada di Gesù.»
29 Giugno 2013, Santa Messa con imposizione del Pallio, Basilica Vaticana, Vaticano
268._____ «La Chiesa non è la Chiesa solo per le persone buone. Vogliamo dire chi appartiene alla Chiesa, a questa festa? I peccatori, tutti noi peccatori siamo stati invitati. E qui cosa si fa? Si fa una comunità, che ha doni diversi: uno ha il dono della profezia, l’altro il ministero, qui è un insegnante… Qui è sorta. Tutti hanno una qualità, una virtù. Ma la festa si fa portando questo che ho in comune con tutti… Alla festa si partecipa, si partecipa totalmente. Non si può capire l’esistenza cristiana senza questa partecipazione. È una partecipazione di tutti noi. “Io vado alla festa, ma mi fermo soltanto al primo salottino, perché devo stare soltanto con tre o quattro che io conosco e gli altri…”. Questo non si può fare nella Chiesa! O tu entri con tutti o tu rimani fuori! Tu non puoi fare una selezione: la Chiesa è per tutti, incominciando per questi che ho detto, i più emarginati. È la Chiesa di tutti!»
5 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
270._____ «Le divisioni fra noi cristiani sono uno scandalo! Non c’è un’altra parola: uno scandalo. Il nome di Cristo crea comunione e unità, non divisione. Il battesimo e la croce sono elementi centrali del discepolato cristiano che abbiamo in comune. Le divisioni invece indeboliscono la credibilità e l’efficacia del nostro impegno di evangelizzazione e rischiano di svuotare la Croce della sua potenza. Rallegriamoci delle grazie concesse da Dio ad altri cristiani. Abbiamo lo stesso battesimo, lo stesso Spirito Santo che ci ha dato le grazie: riconosciamolo e rallegriamoci. È bello riconoscere le grazie con cui Dio ci benedice e ancora di più trovare in altri cristiani qualcosa di cui abbiamo bisogno, qualcosa che potremmo ricevere come un dono dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle. Questo richiede molta preghiera, richiede umiltà, richiede reflessione e continua conversione.»
22 Gennaio 2014, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro
271._____ «Il problema dell’Apostolo è quello delle divisioni nella comunità di Corinto dove si erano formati dei gruppi che si riferivano ai vari predicatori che consideravano loro capi. San Paolo spiega che questo è sbagliato perché la comunità non appartine agli Apostoli, ma sono loro – gli Apostoli – ad appartenere alla comunità, e la comunità tutta intera appartiene a Cristo. Da questa appartenenza deriva che nelle comunità cristiane le differenze non possono contraddire il fatto che tutti per il battesimo abbiamo la stessa dignità: in Gesù Cristo siamo tutti figli di Dio e questa è la nostra dignità. Coloro che hanno ricevuto un ministero di guida non devono ritenersi proprietari di poteri speciali, padroni, ma porsi al servizio della comunità, aiutandola a percorrere il cammino di santità. L’unità della Chiesa è in Cristo.»
23 Febbraio 2014, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
272._____ «Sarebbe uno sbaglio lasciarsi imprigionare dal pensiero debole e dal pensiero uniforme, quello che omologizza. Come pure da una globalizzazione intensa como omologazione. Per superare questi rischi il modello da seguire non è la sfera in cui è livellata ogni sporgenza e scompare ogni differenza. Il modello invece è il poliedro che include una molteplicità di elementi e rispetta l’unità nella varietà. Nel difendere l’unità difendiamo anche la diversità. Al contrario quell’unità non sarebbe umana. Se non vi lascerete condizionare dall’opinione dominante ma rimarrete fedeli al principi etici e religiosi cristiani, troverete il coraggio di andare anche contro corrente. Nel mondo globalizzato potrete contribuire a salvare peculiarità e caratteristiche proprie, cercando però di non abbassare il livello etico. Infatti, la pluralità di pensiero e di individualità riflette la multiforme sapienza di Dio quando si accosta alla verità con onestà e rigore intellettuale. Così che ognuno può essere un dono a beneficio di tutti.»
30 Novembre 2013, Vespri con gli universitari romani, Basilica di San Pietro, Vaticano
273. [... di coloro che aderiscono ad altre religioni, di coloro che si professano atei... ] «Il Signore ci ha creati a sua immagine e somiglianza, e siamo immagine del Signore, e Lui fa il bene e tutti noi abbiamo nel cuore questo comandamento: fai il bene e non fare il male. Tutti. “Ma, padre, questo non è cattolico! Non può fare il bene!”. Sì, può farlo. Deve farlo. Non può: deve! Perché ha questo comandamento dentro. “Ma, padre, questo non è cristiano, non può farlo!”. Sì, può farlo. Deve farlo. Invece, questa chiusura di non pensare che si possa fare il bene fuori, tutti, è un muro che ci porta alla guerra e anche a quello che alcuni hanno pensato nella storia: uccidere in nome di Dio. Noi possiamo uccidere in nome di Dio. E quello, semplicemente, è una bestemmia. Dire che si possa uccidere in nome di Dio, è una bestemmia. Il Signore tutti, tutti ci ha redenti con il sangue di Cristo: tutti, non soltanto i cattolici. Tutti! “Padre, gli atei?”. Anche loro. Tutti! E questo sangue ci fa figli di Dio di prima categoria! Siamo creati figli con la somiglianza di Dio e il sangue di Cristo ci ha redenti tutti! E tutti noi abbiamo il dovere di fare il bene.»
22 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
274._____ «La Chiesa cattolica è consapevole dell’importanza che ha la promozione dell’amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose. Sentiamo vicini anche tutti quegli uomini e donne che pur non riconoscendosi appartenenti ad alcuna tradizione religiosa, si sentono tuttavia in ricerca della verità, della bontà e della bellezza. Questa verità, bontà e bellezza di Dio che sono nostri preziosi alleati nella difesa della dignità dell’uomo, nella costruzione di una convivenza pacifica fra i popoli, e nel custodire con cura il creato.»
20 Marzo 2013, Udienza ai delegati cristiani di altre religioni, Sala Clementia, Vaticano
275._____ «Il vostro compito principale non è di costruire muri ma ponti; è quello di stabilire un dialogo con tutti gli uomini, anche con coloro che non condividono la fede cristiana, ma hanno il culto di alti valori umani e perfino con coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in varie maniere. Dialogare significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, senza cadere ovviamente nel relativismo. Per dialogare bisogna abbassare le difese e aprire le porte.»
14 Giugno 2013, Udienza a La Civiltà Cattaolica, Sala dei Papi, Vaticano
276. [... e di coloro che vengono da lontano, ... ] «Dio ha voluto nascere in una famiglia umana. Oggi il Vangelo ci presenta la Santa famiglia sulla via dolorosa dell’esilio in cerca di rifugio in Egitto. Giuseppe, Maria e Gesù sperimentano la condizione drammatica dei profughi, segnata da paura, incertezza, disagi. Purtroppo ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà. Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sè e per le proprie famiglie. In terre lontane, anche quando trovano lavoro – che non sempre trovano – non sempre i profughi e gli immigrati incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui sono portatori. Le loro legittime aspettative si scontrano con situazioni complesse e difficolotà che a volte sembrano insuperabili. Perciò mentre fissiamo lo sguardo sulla Santa famiglia di Nazaret nel momento in cui è costretta a farsi profuga, pensiamo al dramma di quei rifuggiati e migranti che sono vittime del rifiuto e dello sfruttamento. Che sono vittime della tratta delle persone e del lavoro schiavo. Gesù ha voluto appartenere ad una famiglia che ha sperimentato l’esilio, perché nessuno si senta escluso dalla vicinanza amorosa di Dio. La fuga in Egitto a causa delle minaccie di Erode ci mostra che Dio è la dove l’uomo è in pericolo, la dove l’uomo soffre, la dove scappa, dove sperimenta il rifiuto e l’abbandono. Ma Dio è anche là, dove l’uomo sogna, spera di tornare in patria nella libertà, progetta e sceglie per la dignità sua e dei suoi famigliari.»
29 Dicembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
277._____ «La comione cristiana – il soffrire con – si esprime anzitutto nell’impegno di conoscere gli eventi che spingono a lasciare forzatamente la Patria e, dove è necessario, nel dar voce a chi non riesce a far sentire il grido del dolore e dell’oppressione. Essi [i rifugiati] richiedono una particolare cura pastorale che rispetti le loro tradizioni e li accompagni ad una armoniosa integrazione nelle realtà ecclesiali in cui si trovano a vivere. Le nostre Comunità cristiane siano veramente luoghi di accoglienza, di ascolto, di comunione! Cari amici, non dimenticate la carne di Cristo che è la carne dei rifugiati: è la carne di Cristo. Ammiro il coraggio di chi spera di poter gradualmente riprendere la vita normale, in attesa che la gioia e l’amore tornino a rallegrare la sua esistenza. Tutti possiamo e dobbiamo alimentare questa speranza!»
24 Maggio 2013, Udienza al Pontificio Consiglio per i Migranti, Sala Clementina, Vaticano
278. [... ripugnando con sdegno l’indifferenza sociale che uccide.] «Il sogno di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte. Porta a versare il sangue del fratello. Tanti di noi oggi siamo disorientati, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci nemmeno di custodirci gli uni gli altri. Quando questo disorientamento giunge a dimensioni globali, si giunge alla tragedia. “Dov’è tuo fratello?!” Quella domanda è rivolta a ciascuno di noi. Quelle persone [gli immigrati clandestini] cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un pò di serentità e di pace, cercavano un posto migliore per sè e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano accoglienza, non trovano comprensione, non trovano solidarietà – che le loro voci salgano fino a Dio. Quanto hanno sofferto, e alcuni non sono riusciti ad arrivare: “Dov’è tuo fratello?! Chi è responsabile di questo sangue?!”. Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno. Tutti noi rispondiamo così “non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io”. Ma Dio chiede a ciascuno di noi “dov’è
il sangue di tuo fratello che grida fino a me?!”. Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile per questo. Siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare di cui parlava Gesù nella parabola del buon Samaritano. Guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo poverino e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro. E con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo apposto. La cultura del benessere che ci porta a pensare a noi stessi ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle ma non sono nulla, sono illusioni del futile, dell’illusorio che porta all’indifferenza verso gli altri. Anzi, porta alla globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti innominati, responsabili senza nome e senza volto. Chi di noi ha pianto per fatti come questo? Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulle barche? Siamo una società che ha dimenticare l’esperienza del piangere, del patire-con. La globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere. Domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza. Ci si è chiusi nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore. Perdono, Signore.»
8 Luglio 2013, Santa Messa, Campo sportivo ‘Arenà, Lampedusa
279._____ «Si può fuggire da Dio, ma [pur] essendo cristiano, essendo cattolico, essendo dell’Azione Cattolica, essendo prete, vescovo, Papa … tutti, tutti possiamo fuggire da Dio! È una tentazione quotidiana. Non ascoltare Dio, non ascoltare la sua voce, non sentire nel cuore la sua proposta, il suo invito. Si può fuggire direttamente. Ci sono altre maniere di fuggire da Dio, un pò più educate, un pò più sofisticate, no? Nel Vangelo, c’è quest’uomo mezzo morto, buttato sul pavimento della strada, e per caso un sacerdote scendeva per quella medesima strada – un degno sacerdote, proprio con la talare, bene, bravissimo! Ha visto e ha guardato: “Arrivo tardi a Messa”, e se n’è andato oltre. Non aveva sentito la voce di Dio, lì. Il sacerdote è arrivato in tempo per la Santa Messa, e tutti i fedeli contenti; il levita ha avuto, il giorno dopo, una giornata tranquilla secondo quello che lui aveva pensato di fare, perché non ha avuto tutto questo imbroglio di andare dal giudice e tutte queste cose … E perché Giona fuggì da Dio? Perché il
sacerdote fuggì da Dio? Perché il levita fuggì da Dio? Perché avevano il cuore chiuso, e quando tu hai il cuore chiuso, non può sentire la voce di Dio. Invece, un samaritano che era in viaggio “vide e ne ebbe comione”: aveva il cuore aperto, era umano. E l’umanità lo avvicinò. Io mi domando, a me, e domando anche a voi: ci lasciamo scrivere la vita, la nostra vita, da Dio o vogliamo scriverla noi? E questo ci parla della docilità: siamo docili alla Parola di Dio? “Sì, io voglio essere docile!”. Ma tu, hai capacità di ascoltarla, di sentirla? Tu hai capacità di trovare la Parola di Dio nella storia di ogni giorno, o le tue idee sono quelle che ti reggono, e non lasci che la sorpresa del Signore ti parli?»
7 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
Per scuotere le coscienze
«[E]ssere insegniti nel nome di Gesù […] significa avere gli stessi sentimenti di Cristo, significa pensare come come Lui, voler bene come Lui, vedere come Lui, camminare come Lui.» [221]
«Ognuno di noi che segue Gesù dovrebbe essere disposto a svuotare se stesso. Siamo chiamati a questo abbassamento: essere degli svuotati.» [221]
«Bisogna cercare Dio per trovarlo, trovarlo per cercarlo ancora e sempre.» [234]
«Pregare per desiderare e desiderare per allargare il cuore. Senza i desideri non si va da nessuna parte ed è per questo che bisogna offrire i propri desideri al Signore.» [234]
«Vivere la fede non è decorare la vita con un pò di religione, come se fosse una torta e se la decora con la panna. La fede non è quello. La fede comporta scegliere Dio come criterio base della vita.» [218]
«“Ma no, possiamo fare un cristianesimo più umano – dicono – senza croce, senza Gesù, senza spogliazione”. Diventeremo cristiani di pasticceria, come quelle torte, quelle cose dolce, buonissime, ma non cristiani davvero.» [169]
«... uso Gesù per la mia vanità e questo è peccato grave! Sarebbe meglio che
queste persone rimanessero a casa.» [151]
«Chiediamo a Gesù che ci dia la forza di spogliarci dallo spirito del mondo, che è la lebbra, il cancro della società. È il cancro della rivelazione di Dio.» [169]
«Non puoi servire Dio e il denaro. Non si può: o l’uno o l’altro! E questo non è comunismo, eh! Questo è Vangelo puro! Queste sono le parole di Gesù!» [170]
«... tutto si riduce su una dimensione: l’avere. Chi corre dietro al nulla diventa lui stesso nullità.» [177]
«Io non ho mai visto un camion da trasloco dietro un corteo funebre, mai. Ma c’è anche un tesoro che possiamo portare con noi, [...] quel tesoro che noi abbiamo dato agli altri, quello lo portiamo.» [180]
«Ci sono tante malattie, tanti peccati, ma Gesù su questo sottolinea tanto: l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali.» [170]
«I primi Padri della Chiesa [...] dicevano una parola forte: “Il denaro è lo sterco del diavolo”. È così.» [170]
«Il carrierismo è una lebbra, una lebbra. Per favore: niente carrierismo.» [185]
«Ma voi pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono.» [176]
«Ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito, ha il volto di Gesù Cristo.» [193]
«Ricordiamo bene che il cibo che si butta via è come se fosse rubato dalla mensa di chi è povero e di chi ha fame.» [192]
«Cari amici, non dimenticate la carne di Cristo che è la carne dei rifugiati: è la carne di Cristo.» [276]
«Dove non è lavoro, manca la dignità! Questo è la conseguenza di una scelta mondiale, di un sistema economico che porta a questa tragedia.» [200]
«... è la persona che serve al lavoro, mentre deve essere il lavoro che offre un servizio alla persona... » [202]
«Dobbiamo dire “non vogliamo questo sistema economico globalizzato che ci fa tanto male”. Al centro deve essere l’uomo e la donna, come Dio vuole, non il denaro.» [200]
«... la guerra è proprio questo: è un atto di fede ai soldi... » [204]
«... il nostro Padre Dio [...] dice a tutti i potenti della Terra: “Dov’è vostro fratello? Cosa avete fatto!”.» [204]
«Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle [degli immigrati clandestini]? Nessuno. Tutti noi rispondiamo così “non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io”. Ma Dio chiede a ciascuno di noi “dov’è il sangue di tuo fratello che grida fino a me?!”.» [277]
«La misura della grandezza di una società è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!» [210]
«La famiglia è la vocazione che Dio ha scritto nella natura dell’uomo e della donna.» [231]
«Sempre ai novelli sposi do questo consiglio: “litigate quanto volete, se volano i piatti lasciali, ma mai finire la giornata senza fare la pace – mai!”» [233]
3. CONFESSARE – per Gesù
«Attenzione! Gesù non ha detto:
“se volete, se avete tempo, andate”,
ma ha detto:
“andate e fate discepoli tutti i popoli”.»
«Quando fai l’elemosina,
guardi negli occhi del povero?
Tocchi la mano del povero,
o lasci cadere la moneta?
«Oggi abbiamo una pecora nel recinto
e novantanove fuori: dobbiamo uscire!
È più facile restare a casa
con quella unica pecorella… eh,
con quella pecorella pettinarla, accarezzarla.
Ma il signore ci vuole pastori,
non pettinatori di pecorelle..!»
3.1. Annunciare
Partiamo dalla preghiera per annunciare il Vangelo a tutti, perché questa è la missione che dobbiamo portare avanti in maniera gratuita, con gioia, zelo e fervore apostolico.
279. [Partiamo dalla preghiera... ] «Una nuova evangelizzazione deve sempre partire dalla preghiera, dal chiedere il fuoco dello Spirito Santo. Solo il rapporto intenso e fedele con Dio permette di uscire dalle proprie chiusure e annunciare il Vangelo. Senza la preghiera il nostro agire diventa vuoto, e il nostro annunciare non ha anima e non è animato dallo Spirito. Lui ci da il fervore apostolico, Lui ci da la pace, Lui ci da la gioia! Lasciamoci guidare da Lui, siamo uomini e donne di preghiera.»
22 Maggio 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
280. [... per annunciare il Vangelo a tutti, …] «Gesù ci insegna che la buona novella, che Lui porta, non è riservata ad una parte dell’umanità: è da comunicare a tutti! È un lieto annuncio destinato a quanti lo aspettano, ma anche a quanti forse non attendono più nulla e non hanno nemmeno la forza di cercare e di chiedere. Tutti siamo invitati a rispondere a questa chiamata. E qual’è la chiamata? Uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo. Gesù comincia la sua missione non solo da un luogo decentrato ma anche da uomini che si direbbero di basso profilo. Per scegliere i suoi primi discepoli e futuri apostoli, non si rivolge alle scuole degli scribi e ai dottori della legge, ma alle persone umili, alle persone semplici, che si preparano con impegno alla venuta del regno di Dio.»
26 Gennaio 2014, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
281. [… perché questa è la missione... ] «Attenzione! Gesù non ha detto: se volete, se avete tempo, andate, ma ha detto: “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Condividere l’esperienza della fede, testimoniare la fede, annunciare il Vangelo è il mandato che il Signore affida a tutta la Chiesa, anche a te; è un comando, che, però, non nasce dalla volontà di dominio, dalla volontà di potere, ma dalla forza dell’amore. Non abbiate paura di andare e portare Cristo in ogni ambiente, fino alle periferie esistenziali, anche a chi sembra più lontano, più indifferente. Il Signore cerca tutti, vuole che tutti sentano il calore della sua misericordia e del Suo amore. Qualcuno potrebbe pensare: “Non ho nessuna preparazione speciale, come posso andare e annunciare il Vangelo?”. Non avere paura!. Quando andiamo ad annunciare Cristo, è Lui stesso che ci precede e ci guida. Nell’inviare i suoi discepoli in missione, ha promesso: «Io sono con voi tutti i giorni». E questo è vero anche per noi! Gesù non lascia mai solo nessuno! Ci accompagna sempre.»
28 Luglio 2013, Santa Messa, Lungomare di Copacabana, Giornata Mondiale della Gioventú
282._____ «L’anima è una specie di barca a vela, lo Spirito Santo è il vento che soffia nella barca a vela per farla andare avanti, gli impulsi del vento sono i doni dello Spirito. Lo Spirito Santo ci spinge per uscire, per aprire le porte e testimoniare la vita buona del vangelo, per comunicare la gioia dell’incontro con Cristo. Lo Spirito Santo è l’anima della missione. Quanto avvenuto a Gerusalemme quasi duemila anni fa non è un fatto lontano da noi, è un fatto che ci raggiunge, che fa esperienza viva in ciascuno di noi. La pentecoste è l’inizio. Lo Spirito Santo è il dono per eccellenza di Cristo ai suoi apostoli, ma egli vuole che giunga a tutti. È lo spirito paraclito, il consolatore, che da il coraggio di percorrere le strade del mondo annunziando il Vangelo. Lo Spirito Santo ci spinge fino alle periferie esistenziali per annunciare la vita di Gesù Cristo.
Chiediamoci se abbiamo la tendenza di chiuderci in noi stessi, nel nostro gruppo, o se lasciamo che lo Spirito Santo ci apra alla missione.»
19 Maggio 2013, Messa di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
283._____ «La Chiesa è apostolica. Professare che la Chiesa è apostolica significa sottolineare il legame costitutivo che essa ha con gli apostoli. Apostolo è una parola Greca che vuol dire mandato, inviato a fare qualcosa. È una parola forte. Gli apostoli sono stati scelti, chiamati e inviati da Gesù per continuare la sua opera, cioè pregare – che è la prima opera – e annunziare il Vangelo. Questo è importante perché quando pensiamo agli apostoli pensiamo che solo sono andati ad annunziare e a fare tante opere. Tutti noi se vogliamo essere apostoli dobbiamo chiederci “io prego per la salvezza del mondo e annunzio il Vangelo?”. La Chiesa che Cristo ha voluto non si fonda su una filosofia, si fonda su Cristo stesso. Come è possibile per noi collegarci con quella testimonianza? La Chiesa è apostolica perché custodisce e trasmette per via dello Spirito Santo che abita in essa l’insegnamento, le sane parole udite dagli apostoli, così che possiamo essere fedeli a Cristo e partecipare alla Sua stessa vita. Le Sue parole non ano, Lui è vivo, Lui è qui fra noi oggi! Cristo invita tutti ad andare incontro agli altri, ci chiede di muoverci per portare la gioia del Vangelo. Chiediamoci se siamo missionari con la nostra parola e soprattutto con la nostra vita cristiana, con la nostra testimonianza? O siamo chiusi nel nostro cuore e nelle nostre Chiese? Cristiani solo di parole che vivono come pagani? Una Chiesa chiusa tradisce la propria identità.»
16 Ottobre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro
284._____ «Così ha fatto Gesù con i suoi discepoli: non li ha tenuti attaccati a sé come una chioccia con i suoi pulcini; li ha inviati! Non possiamo restare chiusi nella parrocchia, nelle nostre comunità, nella nostra istituzione parrocchiale o nella nostra istituzione diocesana, quando tante persone sono in attesa del
Vangelo! Uscire inviati. Non è semplicemente aprire la porta perché vengano, per accogliere, ma è uscire dalla porta per cercare e incontrare!»
27 Lulgio 2013, Santa Messa, Cattedrale di San Sebastian, Giornata Mondiale della Gioventú
285._____ «La risurrezione di Cristo è la nostra forza […] è il nostro tesoro più grande. Come non condividere con gli altri questa gioia? Per Dio conta il cuore, quanto siamo aperti a lui, siamo come i bambini che si fidano. La fede si professa con la bocca ed il cuore. Portate avanti questa certezza: il Signore è vivo e cammina affianco a noi. Questa è la vostra missione.»
3 Aprile 2013, Udienza generale, Piazza San Pietro, Vaticano
286._____ «Voi siete trasmissori della fede. Voi avete il dovere di trasmettere la fede. È la più bella eredità. Soltanto questo. Pensate a questo, pensate sempre: come trasmettere la fede ai bambini.»
12 Gennaio 2014, Santa Messa, Cappella Sistina, Vaticano
287._____ «La nostra fede dobbiamo trasmetterla ai nostri figli, trasmetterla ai bambini. Così è il battesimo, che ci fa entrare in questo popolo di Dio che trasmette la fede. In virtù del battesimo noi diventiamo discepoli missionari, chiamati a portare il Vangelo nel mondo. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua missione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è soggetto attivo di evangelizzazione. La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo di tutti, di tutto il popolo di Dio; un nuovo protagonismo di tutti i battezzati. Il popolo di Dio è un popolo discepolo – perché riceve la fede –, e
missionario perché trasmette la fede. Questo lo fa il battesimo in noi: ci fa riceve la grazia e la fede, e trasmettere la fede. Tutti nella Chiesa siamo discepoli e lo siamo sempre, per tutta la vita, e tutti siamo missionari, ciascuno nel posto che il Signore gli ha assegnato. Tutti: i più piccoli sono i missionari e quelli che sembrano più grandi sono i discepoli. Ma alcuni di voi diranno “Padre, ma i Vescovi non sono discepoli, i Vescovi sanno tutto, il Papa sa tutto”. Eh, anche i Vescovi e il Papa devono essere discepoli, perché se non sono discepoli non fanno il bene, non possono essere missionari, non possono trasmettere la fede. Capito? Avete capito questo! Esiste un legame indissolubile tra la dimensione mistica e la vita missionaria della vocazione cristiana. Nessuno si salva da solo, questo è importante. Nessuno si salva da solo. Siamo una comunità di credenti, siamo il popolo di Dio, e in questa comunità sperimentiamo la bellezza di condividere l’esperienza di un amore che ci precede tutti, ma che allo stesso tempo ci chiede di essere canali della grazia gli uni per gli altri, malgrado i nostri limiti e i nostri peccati.»
15 Gennaio 2014, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
288._____ «Il battezzato è chiamato a diventare egli stesso luce, la luce della fede che ha ricevuto, luce per i fratelli, specialmente quelli che sono nelle tenebre e non intravedono spiragli di chiarore nella loro vita. Possiamo domandarci “il battesimo per me è un fatto del ato, o una realtà viva che riguarda il mio presente in ogni momento?”. Ti senti forte, con la forza che ti da Cristo, con li Suo sangue, con la Sua risurrezione? O ti senti giù, senza forza? Il battesimo da forza. Con il battesimo ti senti illuminato, con quella luce che viene da Cristo? O sei un uomo o una donna oscuri, senza la luce di Gesù. Prendere la grazia del battesimo che è un regalo e diventare luce, luce per tutti.»
13 Novembre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
289._____ «La società che è crudele non ti da la speranza. La speranza è come la grazia, non si può comprare, è un dono di Dio. Noi dobbiamo offrire la speranza cristiana con la nostra testimonianza, con la nostra libertà, con la nostra gioia. Il regalo che ci fa Dio con la grazia porta alla speranza. Noi che abbiamo la gioia di accorgerci che non siamo orfani, che abbiamo un padre, possiamo essere indifferenti? Noi non possiamo. Come possiamo andare avanti e offrire la speranza? Con il nostro sorriso, con la nostra testimonianza. L’annuncio del vangelo è questo: dire “io ho un Padre”, e condividere questa filiazione con tutti gli altri. Si tratta di convincere gli altri a fare proseliti? No, niente di quello. Il vangelo è come il seme: tu lo semini, lo semini con la tua parola e con la tua testimonianza. Dobbiamo seminare con quella certezza che l’acqua la da Lui, la crescita la da Lui.»
17 Giugno 2013, Convegno pastorale diocesano di Roma, Aula Paolo VI, Vaticano
290._____ «Il sale ha senso quando si dà per insaporire le cose. Anche penso che il sale conservato nella bottiglietta, con l’umidità, perde forza e non serve. Il sale che noi abbiamo ricevuto è per darlo, è per insaporire, è per offrirlo. Al contrario diventa insipido e non serve. Dobbiamo chiedere al Signore di non diventare cristiani col sale insipido, col sale chiuso nella bottiglietta. Con l’adorazione del Signore io trascendo da me stesso al Signore e con l’annunzio evangelico io vado fuori da me stesso per dare il messaggio. Ma se noi non facciamo questo queste due cose, queste due trascendenze per dare il sale - il sale rimarrà nella bottiglietta e noi diventeremo cristiani da museo. Possiamo far vedere il sale: questo è il mio sale. Ma che bello che è! Questo è il sale che ho ricevuto nel Battesimo, questo è quello che ho ricevuto nella Cresima, questo è quello che ho ricevuto nella catechesi… Ma guardate: cristiani da museo! Un sale senza sapore, un sale che non fa niente!»
23 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
291._____ «Chi è il catechista? È colui che custodisce la memoria di Dio. La custodisce in se stesso e la sa risvegliare negli altri. La fede contiene la memoria della storia di Dio con noi. La fede è memoria della Sua parola che scalda il cuore, delle Sue azioni con cui ci purifica, ci cura, ci nutre. Il catechista è un cristiano che mette questa memoria al servizio dell’annuncio, non per farsi vedere, non per parlare di sè, ma per parlare di Dio, del Suo amore, della Sua fedeltà, trasmettere tutto ciò che Dio ha rivelato, cioè la dottrina nella sua totalità. Il catechista è allora un cristiano che si lascia guidare dalla memoria di Dio in tutta la sua vita e la sa risvegliare nel cuore degli altri. È impegnativo questo, impegna tutta la vita. Il catechista è uomo della memoria di Dio se ha un continuo e costante rapporto con Lui e con il prossimo; se è uomo di fede che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se è uomo di carità ed amore, che vede tutti come fratelli; se è uomo di pazienze, di perseveranza, che sa affrontare le difficoltà, le prove, gli insuccessi con serentità e speranza nel Signore; se è uomo mite, capace di comprensione e misericordia.»
29 Settembre 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
292._____ «Siamo chiamati tutti a comunicare non noi stessi, ma questa triade esistenziale che conformano verità, bontà e bellezza.»
16 Marzo 2013, Aula Paolo VI, Vaticano, Udienza agli operatori delle comunicazioni sociali
293. [... che dobbiamo portare avanti in maniera gratuita, ... ] «La predicazione evangelica nasce dalla gratuità, dallo stupore della salvezza che viene e quello che io ho ricevuto gratuitamente, devo darlo gratuitamente. E dall’inizio erano così, questi. San Pietro non aveva un conto in banca e quando ha dovuto pagare le tasse il Signore lo ha mandato al mare a pescare un pesce e trovare la moneta dentro al pesce, per pagare. Filippo, quando ha trovato il ministro dell’economia della regina Candace, non ha pensato: “Ah, bene, facciamo un’organizzazione per sostenere il
Vangelo…” No! Non ha fatto un negozio con lui: ha annunziato, ha battezzato e se n’è andato. Tutto è grazia. Tutto. E quali sono i segni di quando un apostolo vive questa gratuità? Ce ne sono tanti, ma ne sottolineo due soltanto: primo, la povertà. L’annunzio del Vangelo deve andare per la strada della povertà. La testimonianza di questa povertà: non ho ricchezze, la mia ricchezza è soltanto il dono che ho ricevuto, Dio. Questa gratuità: questa è la nostra ricchezza! E questa povertà ci salva dal diventare organizzatori, imprenditori… Si devono portare avanti le opere della Chiesa, e alcune sono un pò complesse; ma con cuore di povertà, non con cuore di investimento o di un imprenditore, no. L’altro segno è la capacità di lode. Quando un apostolo non vive questa gratuità, perde la capacità di lodare il Signore. Lodare il Signore è essenzialmente gratuito, è un’orazione gratuita: non chiediamo, soltanto lodiamo. Questi due sono i segni del fatto che un apostolo vive questa gratuità: la povertà e la capacità di lodare il Signore. E quando troviamo apostoli che vogliono fare una Chiesa ricca e una Chiesa senza la gratuità della lode, la Chiesa invecchia, la Chiesa diventa una ONG, la Chiesa non ha vita. Chiediamo oggi al Signore la grazia di riconoscere questa gratuità: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.»
11 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
294._____ «Visitando la Sua parente Elisabetta, Maria ha portato Gesù. Portare Gesù in quella casa vuol dire portare la gioia piena. La Madonna vuole portare anche a noi tutti il grande dono che è Gesu, il Suo amore, la Sua pace, la Sua gioia. Così anche la Chiesa. La Cheisa non è un negozio, la Chiesa non è un’agenzia umanitaria, la Chiesa non è un’ONG. La Chiesa è mandata a portare a tutti Cristo e il Suo Vangelo, non porta se stessa, se piccola, se grande, se forte, se debole. La Chiesa deve essere come Maria quando è andata a fare visita ad Elisabetta, Maria portava Gesù. Portare Gesù, questo è il centro della Chiesa. Se la Chiesa non porta Gesù, quella è una Chiesa morta, capito! Ognuno di noi, qual’è l’amore che portiamo agli altri? È l’amore di Gesù, che perdona e accompagna, o è un amore troppo allungato, quando si allunga il vino tanto che sembra acqua? È cosi il nostro amore, o è tanto debole che cerca simpatie, cerca il contraccambio, un amore interessato? Ma a Gesù piace l’amore interessato?
Non piace! L’amore deve essere gratuito, come il Suo.»
23 Ottobre 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
295._____ «Noi riceviamo il messaggio del Vangelo come un dono e dobbiamo trasmetterlo come un dono, ma non come una cosa nostra: è un dono ricevuto che diamo. E in questa trasmissione essere fedeli. Perché noi abbiamo ricevuto e dobbiamo dare un Vangelo che non è nostro, che è di Gesù, e non dobbiamo diventare padroni del Vangelo, padroni della dottrina ricevuta, per utilizzarla a nostro piacere.»
30 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
296. [… con gioia, …] «Lo stile del cristiano è la gioia. I cristiani sono persone che esultano perché conoscono il Signore e portano il Signore. Non si può camminare in cristiano senza gioia, non si può camminare come agnello senza gioia. Nei problemi, anche nelle difficoltà, anche nei propri sbagli e peccati c’è la gioia di Gesù che sempre perdona e aiuta. Non fanno un favore al Signore né alla Chiesa quei cristiani che hanno un tempo di adagio-lamentoso, che vivono sempre così, lamentandosi, di tutto, tristi… Questo non è lo stile del discepolo. Sant’Agostino dice ai cristiani: “Vai, vai avanti, canta e cammina!”. Con la gioia: è quello lo stile del cristiano. Annunciare il Vangelo con gioia. E il Signore fa tutto. Invece, la troppa tristezza, questa troppa tristezza, anche l’amarezza ci porta a vivere un cosiddetto cristianesimo senza Cristo: la Croce svuota i cristiani che sono davanti al Sepolcro piangendo, come la Maddalena, ma senza la gioia di aver trovato il Risorto.»
14 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
297._____ «Quella del Vangelo non è una gioia qualsiasi. Trova la sua ragione nel sapersi accolti e amati da Dio. Per quanto siano grandi i nostri limiti e i nostri smarrimenti, non ci è consentito essere fiacchi e vacillanti di fronte alle difficoltà e alle nostre stesse debolezze. Al contrario, siamo invitati ad irrobustire le mani, a rendere salde le nocchia, avere coraggio e non temere perché il nostro Dio ci mostra sempre la grandezza della Sua misericordia: Lui ci da la forza per andare avanti. Lui è sempre con noi per aiutarci ad andare avanti. Un Dio che ci vuole tanto bene, un Dio che ci ama. Coraggio, sempre avanti! Lui ti è vicino! Lui ti aspetta! Lui ti ama! Lui è misericordioso! Lui ti perdona! Lui ti da la forza di ricominciare da capo. A tutti! Siamo capaci di aprire gli occhi, superare tristezza e pianto, e intonare un canto nuovo. Questa gioia vera rimane anche nella prova, nella sofferenza perché non è una gioia superficiale, ma scende nel profondo della persona che confida in Dio. La gioia cristiana, come la speranza, ha il suo fondamento nella fedeltà di Dio, nella certezza che Lui mantiene sempre le Sue promesse. Quanti hanno incontrato Gesù lungo il cammino, sperimentano nel cuore una serenità e una gioia di cui niente e nessuno potrà privarli. La nostra gioia è Gesù Cristo, il Suo amore fedele è inesauribile.»
14 Dicembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
298._____ «Il cristiano è fondamentalmente gioioso. Per questo la Madonna, quando si è accorta che non c’era più vino, ma se non c’è vino non c’è festa. Immaginiamo finire quelle nozze, bevendo il tè o il succo: non va. È festa e la Madonna chiede il miracolo. E così è la vita cristiana. La vita cristiana ha questo atteggiamento gioioso, gioioso di cuore. Ci sono davvero momenti di croce, momenti di dolore, ma sempre c’è quella pace profonda della gioia, perché la vita cristiana si vive come festa, come le nozze di Gesù con la Chiesa.»
6 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
299._____ «Se camminiamo nella speranza, lasciandoci sorprendere dal vino nuovo che Gesù ci offre, nel nostro cuore c’è gioia e non possiamo che essere testimoni di questa gioia. Il cristiano è gioioso, non è mai triste. Gesù ci ha mostrato che il volto di Dio è quello di un Padre che ci ama. Il peccato e la morte sono stati sconfitti. Il cristiano non può essere pessimista! Non ha la faccia di chi sembra trovarsi in un lutto perpetuo. Se siamo davvero innamorati di Cristo e sentiamo quanto ci ama, il nostro cuore si infiammerà di una gioia tale che contagerà quanti vivono vicini a noi.»
24 Luglio 2013, Santa Messa, Basilica del Santuario di Nostra Signora di Aparecida, Giornata Mondiale della Gioventú
300._____ «Lui [lo Spirito Santo] è l’autore della gioia, il Creatore della gioia. E questa gioia nello Spirito, ci dà la vera libertà cristiana. Senza gioia, noi cristiani non possiamo diventare liberi, diventiamo schiavi delle nostre tristezze. Il grande Paolo VI diceva che non si può portare avanti il Vangelo con cristiani tristi, sfiduciati, scoraggiati. Non si può. Questo atteggiamento un pò funebre, eh? Tante volte i cristiani hanno la faccia di andare più a un corteo funebre che di andare a lodare Dio, no? Cosa è lodare Dio? È questo uscire da se stesso e lodare Lui gratuitamente, come è gratuita la grazia che Lui ci da. Io posso fare la domanda: “Lei che è qui a Messa, lei loda Dio o soltanto chiede a Dio e ringrazia Dio? Ma loda Dio?”. È una cosa nuova quella, nuova nella nostra vita spirituale. Lodare Dio, uscire da noi stessi per lodare; perdere del tempo lodando. “Questa Messa, che lunga s’è fatta!”. Se tu non lodi Dio, non sai quella gratuità di perdere il tempo lodando a Dio, è lunga la Messa. Ma se tu vai su questo atteggiamento della gioia, della lode a Dio, quello è bello! L’eternità sarà quello: lodare Dio! E quello non sarà noioso: sarà bellissimo! Questa gioia ci fa liberi.»
31 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
301. [... zelo e fervore apostolico.] «La vita cristiana non è stare in un
angolo a ritagliarsi una strada che porta comodamente in cielo, ma è un dinamismo che spinge a stare sulla strada ad annunciare che Cristo ci ha riconciliati con Dio, facendosi peccato per noi. La pace cristiana ci spinge ad andare avanti. [...] Questo è l’inizio, la radice dello zelo apostolico. Lo zelo apostolico non è andare avanti per fare proseliti e fare statistiche: quest’anno sono cresciuti i cristiani in tal Paese, in tal movimenti… Le statistiche sono buone, aiutano, ma non è quello che Dio vuole da noi, fare proseliti… Quello che il Signore vuole da noi è proprio l’annunzio di questa riconciliazione, che è il nucleo proprio del suo messaggio. Cristo si è fatto peccato per me! E i miei peccati sono là, nel suo Corpo, nella sua Anima! Questo è da pazzi, ma è bello, è la verità! Questo è lo scandalo della Croce! la vita cristiana non è una terapia terminale: stare in pace fino al Cielo… No, la vita cristiana è sulla strada, nella vita, con questa premura di Paolo. L’amore di Cristo ci possiede, ma ci spinge, ci preme, con questa emozione che si sente quando uno vede che Dio ci ama. Chiediamo questa grazia.»
14 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
302._____ «Ecco un altro effetto dello Spirito Santo: il coraggio di annunciare il Vangelo a tutti con franchezza, in ogni tempo e in ogni luogo. Viviamo con umiltà e coraggio il Vangelo. Testimoniamo la novità, la speranza, la gioia che il Signore porta nella vita. Sentiamo in noi la dolce e confortante gioia di evangelizzare. Evangelizzare ci da gioia – ci porta su, invece l’egoismo ci da amarezza – ci porta giù!»
22 Maggio 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
303._____ «[San] Paolo dà fastidio: è un uomo che con la sua predica, con il suo lavoro, con il suo atteggiamento dà fastidio, perché proprio annunzia Gesù Cristo, e l’annunzio di Gesù Cristo alle nostre comodità, tante volte alle nostre strutture comode - anche cristiane, no? - dà fastidio. Il Signore sempre vuole che
noi andiamo più avanti, più avanti, più avanti. Che noi non ci rifugiamo in una vita tranquilla o nelle strutture caduche, queste cose, no? E Paolo, predicando il Signore, dava fastidio. Ma lui andava avanti, perché lui aveva in sé quell’atteggiamento tanto cristiano che è lo zelo apostolico. Aveva proprio il fervore apostolico. Non era un uomo di compromesso. No! La verità: avanti! L’annunzio di Gesù Cristo: avanti! E da dove viene questo zelo apostolico? Viene dalla conoscenza di Gesù Cristo. Paolo ha trovato Gesù Cristo, ha incontrato Gesù Cristo, ma non con una conoscenza intellettuale, scientifica quello è importante, perché ci aiuta - ma con quella conoscenza prima, quella del cuore, dell’incontro personale. È sempre nei guai, ma nei guai non per i guai, ma per Gesù. Annunciando Gesù le conseguenze sono queste. Anche ci sono i cristiani da salotto, no? Quelli educati, tutto bene, ma non sanno fare figli alla Chiesa con l’annunzio e il fervore apostolico. Oggi possiamo chiedere allo Spirito Santo che ci dia questo fervore apostolico a tutti noi, anche ci dia la grazia di dare fastidio alle cose che sono troppo tranquille nella Chiesa; la grazia di andare avanti verso le periferie esistenziali. Tanto bisogno ha la Chiesa di questo! E se diamo fastidio, benedetto sia il Signore. Avanti, come dice il Signore a Paolo: “Coraggio!”.»
16 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
304._____ «L’apostolo Paolo al tramonto della sua vita fa un bilancio fondamentale, dice “ho conservato la fede”. Ma come l’ha conservata? Non in una cassaforte sotto terra. San Paolo paragona la sua vita ad una battaglia e ad una corsa. Ha conservato la fede perché non si è limitato a difenderla ma l’ha annunciata, l’ha portata lontano. Si è opposto decisamente a quanti volevano conservare, imbalsamare il messaggio di Cristo nei confini della Palestina. Per questo ha fatto scelte coraggiose. Ha parlato francamente senza paura. San Paolo ha conservato la fede perché come l’ha ricevuta l’ha donata, spingendosi nelle periferie senza arroccarsi in posizioni difensive.»
27 Ottobre 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
305._____ «Dovunque andiate, vi farà bene pensare che lo Spirito di Dio arriva sempre prima di noi. Il Signore sempre ci precede. Dio va prima sempre di noi. Anche nei posti più lontani, anche nelle culture più diverse. Dio sparge ovunque i semi del Suo verbo. Da qui scaturisce la necessità di una speciale attenzione al contesto culturale. La libertà di ciascuno non deve essere forzata, e si deve rispettare anche la eventuale scelta di chi decidesse di cercare altre forme di vita cristiana che lo aiutino a crescere in risposta alla chiamata del Signore. Cari fratelli e sorelle, vi incoraggio a portare ovunque – anche negli ambienti più scristianizzati, specialmente nelle periferie esistenziali – il Vangelo di Gesù Cristo. Evangelizzate con amore, portate a tutti l’amore di Dio. Dite a quanti incontrerete sulle strade della vostra missione che Dio ama l’uomo così come è, con i suoi limiti, con i suoi sbagli, anche con i suoi peccati, e per questo ha inviato il Suo figlio, perché Lui prendesse i nostri peccati su di Sè. Siate messaggeri e testimoni dell’infinita bontà e dell’inesauribile bontà del Padre. Vi affido alla nostra madre, Maria, affinchè ispiri e sostenga sempre il vostro apostolato. Alla scuola di questa tenera madre, siate missionari zelanti e gioiosi – non perdere la gioia, avanti!»
1 Febbraio 2014, Incontro con i rappresentanti del Cammino Neocatecumenale, Aula Paolo VI, Vaticano
Riconosciamo la vocazione per diventare mediatori tra Dio e gli uomini.
306. [Riconosciamo la vocazione... ] «C’è una vocazione complementare al matrimonio. La chiamata al celibato e alla verginità per il regno dei cieli. È la vocazione che Gesù stesso ha vissuto. Come riconoscerla, come seguirla? Primo elemento: pregare e camminare nella Chiesa. Queste due cose vanno insieme, sono intrecciate. All’origine di ogni vocazione alla vita consacrata c’è sempre un’esperienza forte di Dio, un’esperienza che non si dimentica, che si ricorda per tutta la vita. È quella che ha avuto sco. Questo noi non lo possiamo calcolare o programmare. Dio ci sorprende sempre. È Dio che chiama, ma è importante avere un rapporto quotidiano con Lui, ascoltarlo in silenzio, parlargli. Che cosa vuole da noi? Ogni storia è unica, ma tutte partono da un incontro che illumina nel profondo, che illumina e coinvolge tutta la persona. Il rapporto con Dio non riguarda solo una parte di noi stessi, riguarda tutto, è un amore cosi grande, così bello, così vero che merita tutta la nostra fiducia. La verginità per il regno di Dio non è un “no” è un “si”. Certo, comporta la rinuncia a un legame coniugale e a una propria famiglia, ma alla base c’è il “si”, come risposta al si totale di Cristo verso di noi. Questo “si” rende fecondi.»
4 Ottobre 2013, Incontro con i giovani, Basilica di Santa Maria degli Angeli, Assisi
307._____ «L’unzione dei vescovi e dei preti li avvicina al Signore, sono eletti dal Signore. Questa unzione è per i vescovi e per i preti la sua forza e la sua gioia. La sua forza perché li trovano proprio la vocazione di portare avanti un popolo, di vivere al servizio di un popolo. La sua gioia perché si sentono eletti dal Signore, guardati dal Signore con quell’amore con cui il Signore ci guarda
tutti noi. E noi nella storia conosciamo una minima parte, ma quanti vescovi santi, quanti sacerdoti, quanti preti santi che hanno lasciato la loro vita al servizio della diocesi, della parrocchia; quanta gente ha ricevuto la forza della fede, la forza dell’amore, la speranza da questi parroci anonimi, che noi non conosciamo. Ce ne sono tanti! “Ma, padre, io ho letto su un giornale che un vescovo ha fatto tal cosa o che un prete ha fatto tal cosa!”. “Eh sì, anche io l’ho letto, ma, dimmi, sui giornali vengono le notizie di quello che fanno tanti sacerdoti, tanti preti in tante parrocchie di città e di campagna, tanta carità che fanno, tanto lavoro che fanno per portare avanti il suo popolo?”. Ah, no! Questa non è notizia. Eh, quello di sempre: fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce.»
27 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
308._____ «Io non mi fido di quel seminarista che mi dice “io ho scelto questa strada”, non va. È la risposta ad una chiamata, una chiamata d’amore. “Sento qualcosa dentro che mi inquieta, e io rispondo di si”. Nella preghiera il Signore ci fa sentire questo amore, ma anche attraverso tanti segni che possiamo leggere nella nostra vita, tante persone che ci mette sul cammino. La gioia dell’incontro con il Signore porta a non chiudersi, porta ad aprirsi, porta al servizio nella Chiesa. Non abbiate paura di mostrare la gioia di aver risposto alla chiamata del Signore, alla sua scelta di amore, e testimoniare il suo Vangelo. La gioia, quella vera, è contagiosa. Non c’è santità nella tristezza, non c’è. Santa Teresa diceva “un Santo triste è un triste Santo”.»
6 Luglio 2013, Udienza con seminaristi e novizi, Aula Paolo VI, Vaticano
309. [... per diventare mediatori tra Dio e gli uomini.] «L’unzione non è per profumare noi stessi, cari fratelli […] perché l’olio diventerebbe rancido e il cuore amaro. Quando [la gente] sente che il profumo dell’unto di Cristo giunge attraverso di noi è incoraggiata ad affidarci tutto quello che desidera che arrivi al Signore. Quando siamo in questa relazione tra Dio e il suo
popolo, e la grazia a attraverso di noi, allora siamo sacerdoti, mediatori tra Dio e gli uomini. Dobbiamo intuire in ogni richiesta […] il desiderio della gente di essere unta con l’olio profumato. Nelle periferie dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni […] non è nell’auto-introspezione che incontriamo il Signore [questo] porta a minimizzare il potere della grazia, che si attiva e cresce nella misura in cui con fede riusciamo a dare noi stessi e il vangelo agli altri, a dare la poca unzione che abbiamo a coloro che non hanno niente di niente. Chi non esce da sè, invece di essere mediatore diventa a poco a poco gestore. Tutti conosciamo la differenza: i gestori hanno già la propria paga e, siccome non mettono in gioco la propria pelle e il proprio cuore, non ricevono un ringraziamento affettuoso che nasce dal cuore. Siate pastori con l’odore delle pecore.»
28 Marzo 2013, Santa Messa del Crisma, Basilica Vaticana, Vaticano
310._____ «La gloria di Dio siamo noi, l’uomo vivente. La misericordia di Dio può far fiorire la terra più arida. Lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore ci trasformi la vita. Diventiamo canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra e far fiorire la giustizia e la pace.»
31 Marzo 2013, Santa Messa di Pasqua, Sagrato della Basilica Vaticana, Vaticano
311._____ «Esercitate in letizia e carità sincera l’opera sacerdotale di Cristo, unicamente intenti a piacere a Dio e non a voi stessi. Siete pastori, non funzionari. Siete mediatori, non intermediari. Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del buon pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire e per cercare di salvare ciò che era perduto.»
21 Aprile 2013, Messa per Ordinazioni presbiterali, Basilica Vaticana, Vaticano
312._____ «Questa offerta di se stessi a Dio riguarda ogni cristiano perché tutti siamo consacrati a Lui mediante il battesimo. Tutti siamo chiamati ad offrici al Padre con Gesù e come Gesù, facendo della nostra vita un dono generoso nella famiglia, nel lavoro, nel servizio alla Chiesa, nelle opere di misericordia. Questa appartenenza al Signore permette a quanti la vivono in modo autentico di offrire una testimonianza speciale del Vangelo del regno di Dio […] per portare la luce di Cristo dove sono più fitte le tenebre, e per diffondere la Sua speranza nei cuori sfiduciati. Le persone consacrate sono segno di Dio nei diversi ambienti di vita. Così intesa e vissuta, la vita consacrata ci appare proprio come essa è realmente: è un dono di Dio, un dono di Dio alla Chiesa, un dono di Dio al Suo popolo. Ogni persona consacrata è un dono. C’è tanto bisogno di queste presenze, che rafforzano la diffusione del vangelo […], della carità, della preghiera contemplativa. L’impegno per la formazione dei giovani, delle famiglie, l’impegno per la giustizia, la pace nella famiglia umana. I consacrati sono questa testimonianza che Dio è buono, che Dio è misericordioso.”
2 Febbraio 2014, Angelus Doimni, Piazza San Pietro, Vaticano
3.2. Testimoniare
L’importanza della testimonianza che porta libertà.
313. [L’importanza della testimonianza... ] «La fede nasce nell’ascolto, e si rafforza nell’annuncio. Il Vangelo va annunciato e testimoniato. La testimonianza della fede ha tante forme, tutte sono importanti. Nel grande disegno di Dio, ogni dettaglio è importante. Ci sono i santi di tutti i giorni, i santi nascosti. Non si può annunciare il vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita – ricordiamolo tutti. Chi ci ascolta e ci vede deve poter leggere nelle nostre azioni ciò che rende gloria a Dio. Come diceva San sco: “Predicate il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole”. L’incoerenza dei fedeli e dei pastori tra quello che dicono e quello che fanno, mina la credibilità della Chiesa. Annunciare e testimoniare è possibile solo se siamo vicini a Lui [Gesù].»
14 Aprile 2013, Santa Messa, Basilica di San Paolo fuori le mura
314._____ «La comunicazione della fede soltanto si può fare con la testimonianza. Con il vangelo che si vive nella propria vita e che lo Spirito Santo fa vivere dentro, e questo fa la testimonianza. Il mondo di oggi ha tanto bisogno di testimoni, non di maestri. La coerenza propria di vita - non come un fatto sociale, ma come testimonianza.»
18 Maggio 2013, Vigilia di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
315._____ «La fede porta sempre alla testimonianza. La fede è un incontro con
Gesù Cristo, con Dio, e di lì nasce e ti porta alla testimonianza. Una fede senza opere, una fede che non ti coinvolga, che non ti porti alla testimonianza, non è fede. Sono parole e niente più di parole.»
21 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
316._____ «Quale può essere il nostro contributo, cosa possiamo fare? Qui ad Assisi, vicino alla Porziuncola, mi sembra di sentire la voce di sco che ripete “Vangelo, Vangelo”. Ma il Vangelo non riguarda solo la religione. Riguarda tutto l’uomo, riguarda il mondo, la civiltà umana. Il Vangelo è il messaggio di Dio per la salvezza umana. Non è un modo di dire, non sono parole vuote. L’umanità ha veramente bisogno di essere salvata. Lo vediamo in noi stessi. Soli non ce la facciamo, abbiamo bisogno di salvezza. Salvezza da cosa? Dal male. Il nostro segreto è che Dio è più grande del male. Questo è vero. Questa è il Vangelo, la buona notizia: l’amore di Dio ha vinto, Cristo è morto sulla croce ed è risorto. Ci crediamo, o no?! Se io credo che Gesù ha vinto il male e mi salva, devo seguire Gesù, devo andare sulla strada di Gesù tutta la vita. Il Vangelo, questo messaggio di salvezza, ha due destinazioni. La prima, suscitare la fede – e questa è l’evangelizzazione. La seconda, trasformare il mondo secondo il disegno di Dio – e questa è l’animazione cristiana della società. Ma non sono due cose separate, sono un’unica missione. Portare il Vangelo con la testimonianza della nostra vita trasforma il mondo. Questa è la via.Guardiamo sco, lui ha fatto tutte e due queste cose con la forza del Vangelo. sco ha fatto crescere la fede, ha rinnovato la Chiesa e nello stesso tempo ha rinnovato la società, ma sempre con il Vangelo, con la testimonianza. Primo la testimonianza, poi le parole. Nel nome di San sco vi dico “non ho ne oro ne argento da darvi, ma qualcosa di molto più prezioso: il Vangelo di Gesu”. Andate con coraggio, con il Vangelo nel cuore e tra le mani. Siate testimoni della fede con la vostra vita. Portate Cristo nelle vostre case, annunciatelo tra i vostri amici, accoglietelo e servitelo nei poveri. Date un messaggio di vita, di pace e di speranza. Potete farlo!»
4 Ottobre 2013, Incontro con i giovani, Basilica di Santa Maria degli Angeli,
Assisi
317._____ «Per essere testimoni del Vangelo bisogna essere coerenti, autentici. Gesù bastonava tanto contro gli ipocriti, quelli che hanno doppia faccia. San sco d’Assisi diceva: “Cristo ci ha inviato ad annunciare il Vangelo, anche con la parola.” Questo vuol dire annunciare il Vangelo con l’autenticità e la coerenza di vita. Prima di tutto è nella nostra vita che gli altri devono poter leggere il Vangelo. Con i nostri limiti, i nostri difetti, e il nostro coraggio a lasciare che il Signore agisca in noi. Ma come porto i miei peccati? Io vi voglio consigliare di avere trasparenza con il confessore, non abbiate paura: “Padre, ho peccato.” Dire la verità, senza nascondere, senza mezze parole, perché stai parlando con Gesù, e Lui sa la verità, solo vuole che tu gli dica quello che Lui già sà. Dal peccato sovrabbonda la grazia. La coerenza è fondamentale perché la nostra testimonianza sia credibile, ma non basta. Ci vuole anche una preparazione culturale per dare ragione della fede e della speranza. Una formazione equilibrata che unisca tutte le dimensioni della vita, quella spirituale, intellettuale, apostolica e comunitaria. Uscite da voi stessi per annunciare il Vangelo, ma per fare questo dovete uscite da voi stesso per incontrare Gesù. Ci sono due uscite, una verso l’incontro con Gesù, verso la trascendenza, l’altra verso gli altri, per annunciare Gesù, queste due vanno insieme, se tu fai uno soltanto non va. Siate coraggiosi per pregare e per andare ad annunziare il Vangelo. Non abbiate paura di andare contro corrente. Siate contemplativi e missionari.»
6 Luglio 2013, Udienza con seminaristi e novizi, Aula Paolo VI, Vaticano
318._____ «Egli [Gesù] vuol dire “se sarete poveri in spirito, se sarete miti, se sarete puri di cuore, se sarete misericordiosi, voi sarete il sale della Terra e la luce del mondo”. I cristiani ricevono dunque una missione nei confronti di tutti gli uomini: con la fede e con la carità possono orientare, consacrare, rendere feconda l’umanità. Tutti noi, battezzati, siamo discepoli missionari e siamo chiamati a diventare nel mondo un Vangelo vivente. Con una vita santa daremo sapore ai diversi ambienti e li difenderemo dalla corruzione, e porteremo la luce
di Cristo con la testimonianza di una carità genuina. Ma che bella è questa missione di dare luce al mondo! Anche molto bello è conservare la luce che abbiamo ricevuto da Gesù. Il cristiano dovrebbe essere una persona luminosa, che porta luce, sempre da luce, una luce che non è sua ma è il regalo di Dio, è il regalo di Gesù. Questa è la vocazione cristiana.»
9 Febbraio 2014, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
319._____ «Anche se a volte può essere difficile, si lavora tanto, ci si impegna e non si vedono i risultati voluti, educare nella fede è bello. Ma è, forse, la migliore eredità che noi possiamo dare: la fede. Aiutare i bambini, i ragazzi, i giovani, gli adulti a conoscere e amare sempre di più il Signore è una delle avventure educative più belle. Si guida all’incontro con Gesù con le parole e con la testimonianza. La Chiesa non cresce per proselitismo, cresce per attrazione. Quello che attrae è la testimonianza. Essere catechista significa dare testimonianza della fede. Essere coerente nella propria vita. Questo non è facile. A me piace ricordare quello che S. sco diceva ai suoi frati: “predicate sempre il Vangelo e se fosse necessario anche con le parole”. Le parole vengono dopo, prima la testimonianza. Che le persone vedano nella nostra vita il Vangelo. Essere catechisti richiede amore, amore sempre più grande. Questo amore non si compra nei negozi, nemmeno qui a Roma. Questo amore è un regalo che viene da Cristo. Se viene da Cristo parte da Cristo e noi dobbiamo ripartire da Cristo.»
27 Settembre 2013, Udienza ai Catechisti nell’anno della Fede, Aula Paolo VI, Vaticano
320. [... che porta libertà.] «Alle persone che gli chiedono di seguirlo, [Gesù] dice chiaramente quali sono le condizioni: non avere una dimora stabile, sapersi distaccare dagli affetti umani, non cedere alla nostalgia del ato. Ma Gesù dice anche ai suoi discepoli di non imporre nulla. Se non troveranno disponibilità ad accoglierlo, si proceda oltre. Gesù non impone mai, Gesù è umile, Gesù invita. Lui ci invita sempre, non impone. Nel Padre,
Gesù trovava la forza e la luce per il suo cammino. Gesù ci vuole liberi, come Lui, con quella libertà che viene da questo dialogo con il Padre. Non vuole ne cristiani egoisti che seguono il proprio io, ne cristiani che non hanno volontà, telecomandati, che non hanno creatività, che cercano sempre di collegarsi con la volontà di un altro e non sono liberi. Se un cristiano non sa parlare con Dio, non sa sentire a Dio nella propria coscienza, non è libero. Saper ascoltare di più la propria coscienza non significa ascoltare il proprio io, fare quello che mi conviene o che mi piace. Non è questo. La coscienza è lo spazio interiore dell’ascolto della verità, dell’ascolto di Dio. È il luogo interiore della mia relazione con Lui, che mi aiuta a discernere, a comprendere la strada che devo percorrere.»
30 Giugno 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
Partiamo dalla preghiera che ancora la nostra chiamata in Cristo per diventare strumenti di Dio e missionari nella vita quotidiana che escono da se stessi per andare incontro all’altro, che camminano verso le periferie esistenziali, amano i loro nemici ed abbracciano la carne di Cristo.
321. [Partiamo dalla preghiera che ancora la nostra chiamata in Cristo...] «La contemplazione e il servizio concreto al prossimo, non sono due atteggiamenti contrapposti. Al contrario, sono due aspetti entrambi essenziali per la nostra vita cristiana, aspetti che non vanno mai separati ma vissuti in profonda unità e armonia. In un cristiano, le opere di servizio di carità non sono mai staccate dalla fonte principale di ogni nostra azione, cioè l’ascolto della parola del Signore. Nella nostra vita cristiana, preghiera ed azione siano sempre profondamente uniti. Una preghiera che non porta all’azione concreta verso il fratello povero, malato, bisognoso d’aiuto, in difficoltà, è una preghiera sterile ed incompleta. Ma allo stesso modo, quando nel servizio ecclesiale si è attenti solo al fare, si da più peso alle cose, alle strutture, al fare, e ci si dimentica della centralità di Cristo, si rischia di servire se stessi e non Dio presente nel fratello bisognoso. San Benedetto riassumeva lo stile dei suoi monaci in due parole: “ora ed labora”, prega e lavora. È dalla contemplazione, da un forte rapporto di amicizia col Signore che nasce in noi la capacità di vivere, di portare l’amore di Dio, la sua misericordia e la sua tenerezza verso gli altri. Anche il nostro lavoro, col fratello bisognoso, ci porta al Signore perché noi guardiamo al Signore nel fratello e nella sorella bisognosi.»
21 Luglio 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
322._____ «Gli operai per la messe non sono scelti attraverso campagne pubblicitarie o appelli al servizio della generosità, ma sono scelti e mandati da Dio. È lui che sceglie, che manda, che da la missione. Per questo è importante la preghiera. Il campo da coltivare è Suo [di Dio], la missione è quindi soprattutto grazia. Se l’apostolo è frutto della preghiera, in essa troverà la luce e la forza della sua azione. La nostra missione si spegne nel momento stesso in cui si interrompe il collegamento con la sorgente del Signore. L’evangelizzazione si fa in ginocchio. Siate sempre uomini e donne di preghiera. La missione non è un mestiere. Se guardiamo Gesù, vediamo che alla vigilia di ogni decisione importante si raccoglieva in preghiera prolungata. Coltiviamo la dimensione contemplativa, anche nel vortice degli impegni più intensi e pressanti. Più la missione vi chiama ad andare verso le periferie esistenziali e più il vostro cuore si è unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore. Gesù manda i suoi senza borsa, ne sacca, ne sandali. La diffusione del Vangelo non è assicurata ne dal numero delle persone, ne dal prestigio dell’istituzione, ne dalla quantità di risorse disponibili. Quello che conta è essere permeati dall’amore di Cristo, lasciarci condurre dallo Spirito Santo e innestare la propria vita nell’albero della vita che è la croce del Signore.»
7 Luglio 2013, Santa Messa, Basilica Vaticana, Vaticano
323._____ «Anche noi, come gli Apostoli, diciamo “Signore, accresci in noi la fede”. Signore, la nostra fede è piccola, debole, fragile, ma te la offriamo perché tu la faccia crescere. E il Signore cosa ci risponde? Gesù dice che è sufficiente avere una fede piccola così per fare cose umanamente impossibili. Ed è vero. Pensiamo ad alcune mamme e papà che affrontano delle situazioni molto pesanti. O a certi malati gravissimi che trasmettono serenità a chi li va a trovare. Queste persone proprio per la loro fede non si vantano per ciò che fanno. Ognuno di noi nella vita di tutti i giorni può dare testimonianza di Cristo con la forza della fede. Essere cristiani con la vita. Come attingiamo questa forza? Con la preghiera. La preghiera è il respiro della fede.»
6 Ottobre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
324._____ «Solo con Cristo noi possiamo portare il Vangelo. Senza di Lui non possiamo far nulla – ce lo ha detto Lui stesso. Con Lui, invece, uniti a Lui, possiamo fare tanto. Anche un ragazzo, una ragazza, che agli occhi del mondo conta poco o niente, agli occhi di Dio è un apostolo del Regno, è una speranza per Dio.»
4 Settembre 2013, Udienza Generale, Piazza San Pietro, Vaticano
325. [... per diventare strumenti di Dio... ] «La fede di Maria da carne umana a Gesù. Maria ha concepito Gesù nella fede e poi nella carne, quando ha detto “si” all’annunzio che Dio gli ha rivolto mediante l’angelo. Che cosa vuol dire questo? Che Dio non ha voluto farsi uomo ignorando la nostra libertà, ha voluto are attraverso il libero assenzo di Maria, attraverso il suo “si”. Quello che è accaduto nella vergine madre in modo unico, accade a livello spirituale anche in noi quando accogliamo la parola di Dio con cuore buono e sincero e la mettiamo in pratica. Succede come se Dio prendesse carne in noi. Egli viene ad abitare in noi, perché prende dimora in coloro che lo amano e osservano la Sua parola. Non è facile capire questo, ma si è facile sentirlo nel cuore. Pensiamo che l’incarnazione di Gesù sia solo un fatto del ato, che non ci coinvolge personalmente? Credere in Gesù significa offrire a Lui la nostra carne affinchè, con l’umiltà e il coraggio di Maria, Lui possa continuare ad abitare in mezzo agli uomini. Significa offrigli le nostre mani per accarezzare i piccoli e i poveri. I nostri piedi, per camminare incontro ai fratelli. Le nostre braccia, per sostenere chi è debole e lavorare la vigna del Signore. La nostra mente, per pensare e fare progetti alla luce del Vangelo. E soprattutto offrirli il nostro cuore per amare e prendere decisione secondo la volontà di Dio. Così siamo gli strumenti di Dio perché Gesù agisca nel mondo attraverso di noi.»
12 Ottobre 2013, Giornata Mariana e preghiera della Via Matris, Piazza San
Pietro, Vaticano
326._____ «Il battesimo che ci fa figli di Dio, l’eucarestia che ci unisce a Cristo, devono diventare vita, tradursi cioè in atteggiamenti, comportamenti, gesti e scelte. Tutto a per il cuore umano. Se io mi lascio raggiungere dalla grazia di Cristo risorto, se gli permetto di cambiarmi […] io permetto la vittoria di Cristo, [gli permetto] di imporsi nella mia vita. Con la grazia posso diventare strumento della misericordia di Dio.»
1 Aprile 2013, Regina Coeli, Piazza San Pietro, Vaticano
327. [... e missionari... ] «Non c’è tempo da perdere in chiacchiere. Non bisogna aspettare il consenso di tutti, bisogna andare e annunciare. A tutti si porta la pace di Cristo e se non l’accolgono, si va avanti. Ai malati si porta la guarigione, perché Gesù vuole guarire ogni uomo. Quanti missionari fanno questo, seminano vita, salute e conforto alle periferie del mondo. Che bello è questo, non vivere per se stessi, ma vivere per andare a fare il bene. Domandatevi “Gesù mi chiama, mi chiede di andare, di uscire di me, di fare il bene?”. Siete coraggiosi per questo? È bello essere missionari. Tutti possono sentire quella chiamata di Gesù e andare avanti ad annunziare il regno. Ai discepoli, Gesù da la forza di sconfiggere il maligno, ma aggiunge “non rallegratevi perché i demoni si sottomettono a voi, rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”. Non dobbiamo vantarci come se fossimo noi i protagonisti. Il protagonista è uno solo, è il Signore. Protagonista è la grazia del Signore. La nostra gioia è solo questo, essere suoi discepoli, essere suoi amici. Non abbiate paura delle gioia, non abbiate paura di essere gioiosi. Quella gioia che ci da il Signore quando lasciamo che Lui entri nella nostra vita e ci invita ad andare verso le periferie dell’esistenza. Gioia e coraggio.»
7 Luglio 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
328._____ «La missionarietà è paradigma di ogni opera della Chiesa; è un atteggiamento paradigmatico. Noi siamo chiamati ad aprirci sempre di più all’azione dello Spirito Santo, ad offrire tutta la nostra disponibilità per essere strumenti della misericordia di Dio, della sua tenerezza, del suo amore per ogni uomo e per ogni donna, soprattutto per i poveri, gli esclusi, i lontani. E questa per ogni cristiano, per tutta la Chiesa, non è una missione facoltativa, non è una missione facoltativa, ma essenziale. Di fronte alla tentazione delle comunità di chiudersi in se stesse - è una tentazione più frequente, più frequente chiudersi in se stesse -, preoccupate dei propri problemi, il vostro compito è di richiamare la ‘missio ad gentes’, di testimoniare profeticamente che la vita della Chiesa e delle Chiese è missione, ed è missione universale. Possa il mondo del nostro tempo […] ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo, la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo, e accettino di mettere in gioco la propria vita affinché il Regno sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo.»
17 Maggio 2013, Udienza con le Pontificie Opere Missionarie, Sala Clementina, Vaticano
329._____ «Chi è chiamato dal Signore lo è per essere inviato. Quale deve essere lo stile dell’inviato? La gioia della consolazione, la croce, e la preghiera. Ogni cristiano è chiamato a portare questo messaggio di speranza che porta serenità e gioia, la consolazione di Dio, la Sua tenerezza verso tutti. Ma la possiamo portare se sperimentiamo noi per primi la gioia di essere consolati da Lui, di essere amati da Lui. Sentire la consolazione di Dio e trasmetterla. Il Signore dice che farà con noi come una mamma con il suo bambino con la Sua tenerezza. Questa diventa la nostra missione: trovare il Signore che ci consola e andare a consolare il popolo di Dio. La gente ha bisogno che noi testimoniamo la tenerezza, la misericordia del Signore, che scalda il cuore, che attira verso il bene. La gioia di portare la consolazione di Dio.»
7 Luglio 2013, Santa Messa, Basilica Vaticana, Vaticano
330. [... nella vita quotidiana... ] «Le famiglie cristiane sono famiglie missionarie. Sono missionarie anche nella vita di ogni giorni, mettendo in tutto il sale e il lievito della fede.»
27 Ottobre 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
331._____ «Maria come ha vissuto la fede? L’ha vissuta nella semplicità delle mille occupazioni e preoccupazioni quotidiane di ogni mamma: come provvedere il cibo, il vestito, la cura della casa. Proprio questa esistenza normale della Madonna fu il terreno dove si svolse un rapporto singolare e un dialogo profondo tra Lei e Dio, tra Lei e Suo figlio. Maria è vissuta sempre immersa nel mistero di Dio fatto uomo, meditando ogni cosa nel Suo cuore alla luce dello Spirito Santo per comprendere e mettere in pratica tutta la volontà di Dio. Nei momenti di difficoltà, di buio, guardiamo a Lei come modello di fiducia in Dio? Ci farà bene ritrovare Maria come modello della Chiesa in questa fede che aveva.»
23 Ottobre 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
332._____ «Camminate con decisione verso la santità, non accontentatevi di una vita cristiana mediocre. Siate una presenza attiva nella comunità come pietre vive. La pietà popolare è una modalità legittima di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa. Siate un polmone di fede di vita cristiana. Voi avete una missione specifica e importante che è quella di tenere vivo il rapporto tra la fede e le culture dei popoli a cui appartente e lo fate attraverso la pietà popolare. Bisogna seguire Cristo nel cammino concreto della vita perché ci trasformi. Quando andate ai santuari, quando portate la famiglia, voi state facendo proprio un’azione di evangelizzazione e bisogna andare avanti così. Ogni cristiano e ogni comunità è missionaria nella misura in cui porta e vive il vangelo, e
testimonia l’amore di Dio verso tutti, specialmente verso chi si trova in difficoltà. Siate missionari dell’amore e della tenerezza di Dio. Siate missionari della misericordia di Dio, che sempre ci perdona, sempre ci aspetta, ci ama tanto.»
5 Maggio 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
333. [... che escono da se stessi per andare incontro all’altro, ... ] «Ripartire da Cristo significa imitare Cristo uscendo da se per andare incontro all’altro. Questa è un’esperienza bella e un pò paradossale perché chi mette al centro della propria vita Cristo si decentra. Più ti unisci a Gesù e Lui diventa il centro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e ti apre agli altri. Questo è il vero dinamismo dell’amore, questo è il movimento di Dio stesso. Dio è il centro, ma è sempre dono di sè, vita che si comunica. Dove c’è vero amore in Cristo c’è apertura all’altro, c’è uscita da sè per andare incontro all’altro nel nome di Cristo. Questo è il lavoro del catechista: parlare di Gesù, predicare Gesù, testimoniare Gesù. Il cuore del catechista vive sempre questo movimento di sistole e diastole: unione con Gesù, uscita verso l’altro. Il catechista è cosciente che ha ricevuto un dono, il dono della fede, e lo da in dono agli altri. Questo è bello. Questo non è un affare, è puro dono.»
27 Settembre 2013, Udienza ai Catechisti nell’anno della Fede, Aula Paolo VI, Vaticano
334. [... che camminano verso le periferie esistenziali, ... ] «La parola da sola non basta. Parola senza testimonianza è aria. Prima di tutto andare ai poveri. Al momento del giudizio finale, tutti saremo giudicati su questo. Alcuni pensano che l’annuncio di Gesù sia destinato a quelli che non hanno una preparazione culturale. No, il vangelo è per tutti. Al primo posto sempre i poveri, poi dobbiamo andare alle frontiere dell’intelletto, della cultura. Questo non vuol dire che dobbiamo diventare una sorta di barboni
spirituali. Significa che dobbiamo andare verso la carne di Gesù che soffre. Ma soffre anche la carne di Gesù di coloro che non lo conoscono, con tutta la loro cultura e la loro scienza non lo conoscono. Dobbiamo andare la. Andare verso le periferie esistenziali, dalla povertà fisica e reale alla povertà intellettuale. Questo significa che dobbiamo avere coraggio. Davanti al problema, davanti alla crisi, deve avere il coraggio di andare avanti. Quando non si può fare niente, sopportare con pazienza. Coraggio e pazienza, queste due virtù di San Paolo. Cosa dobbiamo fare col coraggio e con la pazienza? Uscire da noi stessi, uscire dalle nostre comunità per andare li dove gli uomini e le donne soffrono e annunciare loro la misericordia del Padre che si è fatto conoscere in Gesù Cristo il Nazareno. Voi dovete andare fuori. Io non capisco le comunità cristiane che sono chiuse. Oggi abbiamo una pecora nel recinto e novantanove fuori: dobbiamo uscire! È più facile restare a casa con quella unica pecorella… eh, con quella pecorella pettinarla, accarezzarla. Ma il signore ci vuole pastori, non pettinatori di pecorelle..! La fecondità del Vangelo viene per la grazia di Gesù Cristo ma attraverso noi, la nostra predicazione, il nostro coraggio, la nostra pazienza. Non è facile, perché c’è un avversario, un nemico, e per questo distilla nei cuori la delusione ogni volta che non vediamo ricompensato subito il nostro zelo apostolico. Il diavolo getta nei nostri cuori semi di pessimismo e amarezza. Dobbiamo prepararci alla lotta spirituale. Non si può predicare il Vangelo senza questa lotta spirituale, una lotta di tutti i giorni. Seminare non è facile. L’evangelizzazione ci richiede un coraggio per questa lotta interiore. Questo si chiama martirio: fare la lotta tutti i giorni contro lo spirito del male che non vuole che siamo evangelizzatori. Non abbiamo paura, andiamo avanti per annunciare che siamo sotto la grazia, che Gesù ci da la grazia – e quello non costa niente, solo riceverla: avanti!»
17 Giugno 2013, Convegno pastorale diocesano di Roma, Aula Paolo VI, Vaticano
335._____ «Ripartire da Cristo significa non aver paura di andare con Lui nelle periferie. Non aver paura ad uscire dai nostri schemi per seguire Dio, perché Dio va sempre oltre. Sapete una cosa? Dio non ha paura, è sempre oltre i nostri
schemi! Dio non ha paura delle periferie. Se voi andate alle periferie, Lo troverete li. Dio è sempre creativo – ma non si capisce un catechista che non sia creativo, la creatività è la colonna del catechista –, Dio è creativo, non è chiuso e per questo non è mai rigido. Ci accoglie, ci viene incontro, ci comprende. Per essere creativi bisogna saper cambiare. Saper cambiare. “Perché devo cambiare?” Per adattarmi alle circostanze nelle quali devo annunziare il Vangelo. Per rimanere con Dio bisogna saper uscire, non aver paura di uscire. Se un catechista si lascia prendere dalla paura, è un codardo. Se un catechista se ne sta tranquillo, finisce per essere una statua da museo – e ne abbiamo tanti, eh! Per favore, niente statue da museo! Se un catechista è rigido, diventa incartapecorito e sterile. Quando noi cristiani siamo chiusi nel nostro ambiente, ci succede quello che accade a chi è chiuso in una stanza: si ammala. Se un cristiano esce alle strade, alle periferie, può succedergli un incidente. Ma io vi dico che preferisco mille volte una Chiesa incidentata e non una Chiesa malata, eh! Attenzione, Gesù non dice “andate, arrangiatevi”. Gesù dice “andate, io sono con voi”. Questa è la nostra bellezza, la nostra forza. Se noi usciamo a portare il suo Vangelo con amore, Lui cammina con noi, ci precede, ci primerea. Quando noi pensiamo di andare lontano in una estrema periferia e forse abbiamo un pò di timore, Lui è già la. Gesù ci aspetta nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima senza fede. E Gesù è la, ti aspetta.»
27 Settembre 2013, Udienza ai Catechisti nell’anno della Fede, Aula Paolo VI, Vaticano
336._____ «L’importanza di uscire per andare incontro all’altro. Non abbiate paura di uscire e di andare incontro a queste persone. Non lasciativi bloccare da paure, pregiudizi, dal famoso “si è sempre fatto cosi”. Si può andare incontro alle periferie esistenziali solo se si porta la parola di Dio nel cuore, altrimenti portiamo noi stessi, non la parola di Dio e questo non è buono, non serve a nessuno, non siamo noi che salviamo il mondo, è il Signore che lo salva.»
4 Ottobre 2013, Incontro con i membri della Chiesa locale, Cattedrale di San
Rufino, Assisi
337. [... amano i loro nemici... ] «Come possiamo amare i nostri nemici? Come si possono amare quanti prendono la decisione di fare un bombardamento e ammazzare tante persone? Come si possono amare quelli che per amore dei soldi non lasciano che le medicine arrivino agli anziani e li lasciano morire? O quelli che cercano soltanto il proprio interesse, il proprio potere e fanno tanto male? Sembra una cosa difficile da fare amare il nemico, ma Gesù ce lo chiede. La liturgia di questi giorni ci propone proprio questo aggiornamento della legge che fa Gesù, dalla legge del Monte Sinai alla Legge del Monte della Beatitudini. Non è facile… Anche pensiamo che Gesù ci chiede troppo! “Lasciamo questo per le suore di clausura, che sono sante; lasciamo questo per qualche anima santa, ma per la vita comune questo non va”. E questo deve andare! Gesù dice: “No, dobbiamo fare questo! Perché al contrario voi siete come i pubblicani, come i pagani. Non siete cristiani”. Gesù ci dice di essere perfetti come è perfetto il Padre Celeste, imitare il Padre con quella perfezione dell’amore. Come possiamo dunque amare i nostri nemici? Pregare! È quello che Gesù ci consiglia: “Pregate per i vostri nemici! Pregate per quelli che vi perseguitano! Pregate!”. E dire a Dio: “Cambiagli il cuore. Ha un cuore di pietra, ma cambialo, dagli un cuore di carne, che senta bene e che ami”. È vero, l’amore per i nemici ci impoverisce. Ma ci fa poveri come Gesù che quando è venuto da noi, si è abbassato e si è fatto povero per noi. Qualcuno potrebbe dire che questo non è un buon affare se il nemico mi fa più povero e certo, secondo i criteri del mondo non è un buon affare. Ma questa è la strada che ha fatto Gesù, che da ricco si è fatto povero per noi. In quella povertà, in quell’abbassamento di Gesù c’è la grazia che ci ha giustificati tutti, ci ha fatto ricchi. È il mistero di salvezza. L’amore ci impoverisce, ma quella povertà è seme di fecondità.»
18 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
338._____ «Chiunque si adira con il proprio fratello, ha ucciso nel suo cuore.
Chiunque insulta il suo fratello, uccide nel suo cuore. Chiunque odia il suo fratello, uccide il suo fratello nel suo cuore. Chiunque chiacchiera contro il suo fratello, uccide nel suo cuore. Per questo è importante conoscere quello che c’è dentro di me; cosa succede nel mio cuore. Se uno capisce le persone, ama. Perché capisce, è paziente, perdona. Chiediamo al Signore due grazie: primo, conoscere cosa c’è nel mio cuore per non ingannarci; seconda grazia, fare quello buono nel nostro cuore e non fare il male che è nel nostro cuore. E se io non posso volere bene ad una persona perché non posso, pregare per questa persona perché il Signore mi faccia volerla bene.
16 Febbraio 2014, Santa Messa, Parrocchia San Tommaso Apostolo, Roma
339. [... ed abbracciano la carne di Cristo.] «Gesù ci dice che il cammino per incontrarlo è quello di trovare le sue piaghe. E le piaghe di Gesù tu le trovi facendo le opere di misericordia, dando al corpo - al corpo - e anche all’anima, ma al corpo – sottolineo – del tuo fratello piagato, perché ha fame, perché ha sete, perché è nudo, perché è umiliato, perché è schiavo, perché è in carcere, perché è in ospedale. Quelle sono le piaghe di Gesù oggi. E Gesù ci chiede di fare un atto di fede, a Lui, ma tramite queste piaghe. “Ah, benissimo! Facciamo una fondazione per aiutare tutti quelli e facciamo tante cose buone per aiutarli”. Quello è importante, ma se noi rimaniamo su questo piano, saremo soltanto filantropici. Dobbiamo toccare le piaghe di Gesù, dobbiamo carezzare le piaghe di Gesù, dobbiamo curare le piaghe di Gesù con tenerezza, dobbiamo baciare le piaghe di Gesù – e questo letteralmente. Pensiamo, cosa è successo a San sco, quando ha abbracciato il lebbroso? Lo stesso che a Tommaso: la sua vita è cambiata!»
3 Luglio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
340._____ «Dobbiamo fare con la nostra fede una cultura dell’incontro, dove possiamo parlare anche con quelli che non la pensano come noi, ma tutti quelli hanno qualcosa in comune con noi: sono figli di Dio. Incontrare tutti, senza
negoziare la nostra appartenenza. Se usciamo da noi stessi troviamo i poveri. Dobbiamo andare a cercare quelli che proprio sono la carne di Cristo! Quando fai l’elemosina, guardi negli occhi del povero? Tocchi la mano del povero, o lasci cadere la moneta? Eh, quello è il problema, toccare la carne di Cristo. La povertà non è una categoria sociologica, è la prima categoria teologica perché il figlio di Dio si è abbassato. Se noi andiamo verso la carne di Cristo incominciamo a capire qualcosa.»
18 Maggio 2013, Vigilia di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
341._____ «Non è la creatività, per quanto pastorale sia, non sono gli incontri o le pianificazioni che assicurano i frutti, anche se aiutano e molto, ma quello che assicura il frutto è l’essere fedeli a Gesù, che ci dice con insistenza: «Rimanete in me e io in voi». E noi sappiamo bene che cosa significa: contemplarlo, adorarlo e abbracciarlo, nel nostro incontro quotidiano con Lui nell'Eucaristia, nella nostra vita di preghiera, nei nostri momenti di adorazione; riconoscerlo presente e abbracciarlo anche nelle persone più bisognose. Il rimanere con Cristo non significa isolarsi, ma è un rimanere per andare all’incontro con gli altri. Qui voglio ricordare alcune parole della Beata Madre Teresa di Calcutta. Dice così: “Dobbiamo essere molto orgogliose della nostra vocazione che ci dà l'opportunità di servire Cristo nei poveri”. È nelle favelas, nei cantegriles, nelle villas miseria, che si deve andare a cercare e servire Cristo. Dobbiamo andare da loro come il sacerdote si reca all'altare, con gioia.»
27 Lulgio 2013, Santa Messa, Cattedrale di San Sebastian, Giornata Mondiale della Gioventú
342._____ «Dobbiamo incontrare il volto di Gesù nel prossimo, vincere l’indifferenza e l’individualismo che corrode la comunità cristiana e corrode il nostro cuore. Accogliere il prossimo senza pregiudizio, senza discriminazione, con autentico amore, dandogli il meglio di noi stessi, e soprattutto condividendo
la cosa più preziosa che abbiamo, che non sono le nostre opere o le nostre organizzazioni, no, la cosa più preziosa che abbiamo è Cristo e il suo Vangelo. Quanto danno fa una vita comoda, il benessere, l’imborghesimento del nostro cuore: ci paralizza. I poveri, gli ammalati, gli abbandonati, gli emarginati, i sofferenti sono la carne di Cristo. Non dobbiamo vergognarci, non dobbiamo avere paura ne ripugnanza a toccare la carne di Cristo. Non dobbiamo rinchiuderci in noi stessi, nelle nostre paure, nelle nostre idee, nei nostri interessi, ma piuttostouscire da noi stessi per andare incontro a chi soffre e ha bisogno, portando il conforto della parola di Cristo, attraverso gesti concreti di delicatezza, di affetto sincero e di amore.»
12 Maggio 2013, Santa Messa con Canonizzazioni, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
343._____ «Cercate sempre di essere sguardo che accoglie, mano che solleva e accompagna, sguardo che conforta e abbraccio di tenerezza. Non scoraggiatevi per le difficoltà e la stanchezza, ma continuate a donare tempo, sorriso e amore ai fratelli e alle sorelle che ne hanno bisogno. Ogni persona malata e fragile possa vedere nel vostro volto il volto di Gesù, e anche voi possiate riconoscere nella persona sofferente la carne di Cristo. Anche i poveri di salute sono una ricchezza per la Chiesa. Il contesto culturale e sociale d’oggi è piuttosto incline a nascondere la fragilità fisica, a ritenerla soltanto come un problema che richiede rassegnazione, pietismo o alle volte scarto delle persone. Per favorire il reale inserimento dei malati nella comunità cristiana e suscitare un forte senso di appartenenza, è necessario una pastorale inclusiva nelle parrocchie e nelle associazioni. Si tratta di valorizzare realmente la presenza e la testimonianza delle persone fragili e sofferenti, non solo come destinatari dell’opera evangelizzatrice, ma anche come soggetti attivi di questa stessa azione apostolica. Cari fratelli e sorelle ammalati, non consideratevi solo oggetto di carità e solidaritetà, ma sentitevi inseriti a pieno titolo nella vita e nella missione della Chiesa. Voi avete un vostro posto, un ruolo specifico nella parrocchia e in ogni ambito ecclesiale. La vostra presenza, la vostra preghiera, la vostra offerta quotidiana delle vostre sofferenze in unione a quelle di Gesù crocifisso per la salvezza del mondo, l’accettazione paziente e anche gioiosa della vostra condizione, sono una risorsa spirituale, un patrimonio per ogni comunità
cristiana: non vergognatevi di essere un tesoro prezioso della Chiesa.»
9 Novembre 2013, Udienza all’UNITALSI, Aula Paolo VI, Vaticano
344._____ «Gesù è qui, nascosto in questi ragazzi, in questi bambini. In loro troviamo le piaghe di Gesù. Hanno bisogno di essere ascoltati. Forse non tanto sui giornali. Quello è un ascolto che dura due o tre giorni. Devono essere ascoltati da quelli che si dicono cristiani. Il cristiano adora Gesù, cerca Gesù, sa riconoscere le piaghe di Gesù. Ma c’è un’altra cosa che ci da speranza. Gesù quando è risorto era bellissimo, non aveva nel suo corpo i lividi e le ferite, niente. Soltanto ha voluto conservare le piaghe e se le ha portate in cielo. Le piaghe di Gesù sono in cielo davanti al Padre. Noi curiamo le piaghe di Gesù qui, e Lui dal cielo ci mostra le Sue piaghe e ci dice a tutti noi “ti sto aspettando”.»
4 Ottobre 2013, Incontro con i bambini disabili ed ammalati, Istituto Serafico, Assisi
345._____ «Forse è meno conosciuto il momento in cui tutto questo è diventato concreto nella sua vita [di San sco]: è quando ha abbracciato un lebbroso. Quel fratello sofferente è stato mediatore di luce per San sco d'Assisi, perché in ogni fratello e sorella in difficoltà noi abbracciamo la carne sofferente di Cristo. Abbiamo tutti bisogno di guardare l’altro con gli occhi di amore di Cristo, imparare ad abbracciare chi è nel bisogno, per esprimere vicinanza, affetto, amore. Ma abbracciare non è sufficiente. Tendiamo la mano a chi è in difficoltà, a chi è caduto nel buio della dipendenza, magari senza sapere come, e diciamogli: “Puoi rialzarti, puoi risalire, è faticoso, ma è possibile se tu lo vuoi”. Non rubiamo la speranza, anzi diventiamo tutti portatori di speranza! Il Signore vi è vicino e vi tiene per mano. Guardate a Lui nei momenti più duri e vi darà consolazione e speranza. E confidate anche nell’amore materno di Maria sua Madre. Dove c’è una croce da portare, lì accanto a noi c’è sempre Lei, la Madre.»
24 Luglio 2013, Visita all’Ospedale San sco di Assisi, Giornata Mondiale della Gioventú
346._____ «A me, l’immagine che viene è quella dell’infermiere, dell’infermiera in un ospedale: guarisce le ferite ad una ad una, ma con le sue mani. Dio si coinvolge, si immischia nelle nostre miserie, si avvicina alle nostre piaghe e le guarisce con le sue mani, e per avere mani si è fatto uomo. È un lavoro di Gesù, personale. Un uomo ha fatto il peccato, un uomo viene a guarirlo. Vicinanza. Dio non ci salva soltanto per un decreto, una legge; ci salva con tenerezza, ci salva con carezze, ci salva con la Sua vita, per noi.»
21 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
Per scuotere le coscienze
«Attenzione! Gesù non ha detto: “se volete, se avete tempo, andate”, ma ha detto: “andate e fate discepoli tutti i popoli”.» [281]
«Siate pastori con l’odore delle pecore.» [309]
«L’evangelizzazione si fa in ginocchio.» [322]
«Una preghiera che non porta all’azione concreta verso il fratello povero, malato, bisognoso d’aiuto, in difficoltà, è una preghiera sterile ed incompleta.» [321]
«Non c’è tempo da perdere in chiacchiere. Non bisogna aspettare il consenso di tutti, bisogna andare e annunciare. A tutti si porta la pace di Cristo e se non l’accolgono, si va avanti.» [327]
«Camminate con decisione verso la santità, non accontentatevi di una vita cristiana mediocre.» [332]
«Oggi abbiamo una pecora nel recinto e novantanove fuori: dobbiamo uscire! È più facile restare a casa con quella unica pecorella… eh, con quella pecorella pettinarla, accarezzarla. Ma il signore ci vuole pastori, non pettinatori di pecorelle..!» [334]
«Se un cristiano esce alle strade, alle periferie, può succedergli un incidente. Ma io vi dico che preferisco mille volte una Chiesa incidentata e non una Chiesa malata, eh!» [335]
«Attenzione, Gesù non dice “andate, arrangiatevi”. Gesù dice “andate, io sono con voi”. Questa è la nostra bellezza, la nostra forza. Se noi usciamo a portare il suo Vangelo con amore, Lui cammina con noi.» [335]
«Come possiamo amare i nostri nemici? [...] “Lasciamo questo per qualche anima santa, ma per la vita comune questo non va”. E questo deve andare! Gesù dice: “No, dobbiamo fare questo! Perché al contrario voi siete come i pubblicani, come i pagani. Non siete cristiani”.» [337]
«È vero, l’amore per i nemici ci impoverisce.[...] Qualcuno potrebbe dire che questo non è un buon affare se il nemico mi fa più povero. [...] Ma questa è la strada che ha fatto Gesù [...] È il mistero di salvezza. L’amore ci impoverisce, ma quella povertà è seme di fecondità.» [337]
«“Ah, benissimo! Facciamo una fondazione per aiutare [...]”. Se noi rimaniamo su questo piano, saremo soltanto filantropici. Dobbiamo toccare le piaghe di Gesù [...] dobbiamo baciare le piaghe di Gesù – e questo letteralmente.» [339]
«È nelle favelas, nei cantegriles, nelle villas miseria, che si deve andare a cercare e servire Cristo. Dobbiamo andare da loro come il sacerdote si reca all'altare, con gioia.» [341]
«Quando fai l’elemosina, guardi negli occhi del povero? Tocchi la mano del povero, o lasci cadere la moneta? Eh, quello è il problema, toccare la carne di Cristo.» [340]
4. PORTARE LA CROCE – di Gesù
«E sempre quando noi scendiamo dalla Croce,
lo facciamo cinque minuti prima che venga la liberazione,
nel momento dell’impazienza più grande.»
«Quante volte si sente dire:
“ma, voi cristiani, siate un pò più normali,
come le altre persone, ragionevoli!”.
Questo è un discorso da incantatori di serpenti.»
«“Questa Messa, che lunga s’è fatta!” [...]
L’eternità sarà quello: lodare Dio!
E quello non sarà noioso: sarà bellissimo!»
4.1. Le tribolazioni della Croce
Abbracciare la Croce significa affrontare molte tribolazioni, come la paura, la solitudine, il pessimismo e la sfiducia.
347. [Abbracciare la Croce significa affrontare molte tribolazioni, ... ] «Il nostro cammino personale non è sempre facile. Seguire il Signore e lasciare che il suo spirito trasformi i nostri comportamenti e lavi i nostri peccati è un cammino che incontra tanti ostacoli, fuori di noi nel mondo e anche dentro di noi nel cuore. Ma le difficoltà, le tribolazioni fanno parte della strada per giungere a Dio, come per Gesù che è stato glorificato sulla croce. Abbiamo la forza dello Spirito per vincere queste tribolazioni.»
28 Aprile 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
348. [... come la paura, ...] «Avevano paura della Croce, avevano paura della Croce. Lo stesso Pietro, dopo quella confessione solenne nella regione della Cesarea di Filippo, quando Gesù un’altra volta dice questo, rimprovera il Signore: “No, mai, Signore! Questo no!”. Aveva paura della Croce. Ma non solo i discepoli, non solo Pietro, lo stesso Gesù aveva paura della Croce! Lui non poteva ingannarsi, Lui sapeva. Tanta era la paura di Gesù che quella sera del giovedì ha sudato il sangue; tanta era la paura di Gesù che quasi ha detto lo stesso di Pietro, quasi… “Padre, toglimi questo calice. Si faccia la tua volontà!”. Questa era la differenza! Forse noi pensiamo, ognuno di noi può pensare: “E a me, a me cosa accadrà? Come sarà la mia Croce?”. Non sappiamo. Non sappiamo, ma ci sarà! Dobbiamo chiedere la grazia di non fuggire dalla Croce quando verrà: con paura, eh! Quello è vero! Quello ci fa paura. Ma la sequela di Gesù finisce là. Vicinissima a Gesù, nella Croce, era sua madre, la sua mamma. Forse oggi, il giorno che noi la preghiamo, sarà buono chiederle la grazia non di togliere
il timore – quello deve venire, il timore della Croce… - ma la grazia di non spaventarci e fuggire dalla Croce. Lei era lì e sa come si deve stare vicino alla Croce.»
28 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
349._____ «L’amico più grande che ha la fragilità è la paura. Non abbiate paura! Siamo fragili, ma lo sappiamo, ma Lui è più forte. Se andiamo con Lui non c’è problema. Un bambino è fragilissimo, ma con il papà e la mamma è sicuro. Con il Signore siamo sicuri. La fede cresce con il Signore, proprio dalla mano del Signore. Se noi pensiamo che possiamo arrangiarci da soli, pensiamo a Pietro “Signore, io mai rinnegherò te”, e poi è cantato il gallo e tre volte l’aveva fatto. Quando noi abbiamo troppa fiducia in noi siamo più fragili. Dire con il Signore è dire con l’eucarestia, con la Bibbia, con la preghiera. Anche pregare la Madonna e chiederle che come mamma mi faccia forte.»
18 Maggio 2013, Vigilia di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
350._____ «La paura! Anche quella è una tentazione del demonio: avere paura di andare avanti sulla strada del Signore. C’è la tentazione che dice che è meglio rimanere qui, dove sono sicuro. Ma questo è l’Egitto della schiavitù!. Ho paura di andare avanti, ho paura di dove mi porterà il Signore. La paura, però, non è un buon consigliere. Gesù tante volte, l’ha detto: “Non abbiate paura!”. La paura non ci aiuta.»
2 Luglio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
351. [... la solitudine, ... ] «La solitudine di Gesù era una solitudine feconda. Quella della preghiera col Padre.»
17 Marzo 2013, Santa Messa, Sant’Anna in Vaticano
352. [... il pessimismo e la sfiducia.] «L’esperienza del fallimento, una delusione, qualcosa che va storto. Si è proiettati in avanti, ma a volte capita di vivere un fallimento o una frustrazione. È una prova, ed è importante. Si vedono a volte dei cristiani stanchi e tristi. È un’esperienza che ci lascia vuoti e ci scoraggia. Voi vi chiedete “che cosa possiamo fare?”. Certamente una cosa da non fare è lasciarsi vincere dal pessimismo e dalla sfiducia. Cristiani pessimisti, è brutto quello. Non potete e non dovete essere senza speranza. Quando un giovane perde la speranza, dove va a trovare un pò di tranquillità? Voi sapete, questi mercanti di morte ti offrono una strada per quando siete tristi, senza fiducia, senza coraggio. Per favore, non vendere la tua gioventù a questi che vendono morte! Fidarsi di Gesù. Pietro non dice sulla mia forza getterò le reti, sui miei calcoli, sulla mia esperienza di pescatore, ma “sulla tua parola”, e il risultato è una pesca incredibile. Io non vengo qui a portati illusioni, io vengo qui a dirti che c’è una persona che può portati avanti: fidati di Lui, è Gesù, fidati di Gesù, Gesù non è un’illusione! Il Signore è sempre con noi, si fa vicino ai nostri fallimenti, alla nostra fragilità. Non smettete mai di rimettervi in gioco come dei buoni sportivi. Le difficoltà non devono spaventarvi, ma spingervi ad andare oltre. Sentite rivolta a voi la parola di Gesù: “prendete il largo, calate le reti”. Siate sempre più docili alla parola del Signore. Seguire Gesù è impegnativo, vuol dire non accontentarsi di piccole mete, ma puntare in alto con coraggio! Non è buono fermarsi al “non abbiamo preso nulla”. Gesù lo ripete a ciascuno di voi ed è Lui che darà la forza. C’è la minaccia del lamento, della rassegnazione. E voi vi lamentate continuamente come in una veglia funebre?! La lamentela è un inganno, ti fa prendere la strada sbagliata. Quanto tutto sembra fermo e stagnante, quando i problemi personali ci inquietano, non è buono darsi per vinti. La strada giusta è Gesù, farlo salire sulla nostra barca e prendere il largo con Lui. Lui cambia la prospettiva della vita. La fede in Gesù conduce a una speranza che va oltre, a una certezza fondata non soltanto sulle nostre qualità e abilità, ma sulla parola di Dio, sull’invito che viene da Lui. Senza fare troppi calcoli umani e senza preoccuparsi di verificare se la realtà che
vi circonda coincide con le vostre sicurezze. Prendete il largo, uscite da voi stessi, apritevi a Dio per aprirvi ai vostri fratelli. Aprirci a Dio ci apre agli altri. Fare qualche o oltre noi stessi. Diventare pescatori di uomini. Non lesinate la vostra vita per testimoniare il Vangelo. Sempre, anche nei momenti più bui, nei momenti del peccato, della fragilità, dei fallimenti, ho guardato Gesù e mi sono fidato di Lui – Lui non mi ha lasciato da solo! Fidatevi di Gesù, Lui sempre va avanti! Lui non delude mai, Lui è un compagno fedele. Questa è la mia testimonianza. I Santi non nascono già così, lo diventano perché come SimonPietro si fidano della parola del Signore e prendono il largo. Imitate il loro esempio e siate sempre uomini e donne di speranza. Niente lamentele! Niente scoraggio! Niente gettarsi giù. Niente andare a comprare consolazione di morte. Andare avanti con Gesù! Lui non tradisce mai! Lui non delude mai! Lui è leale.»
22 Settembre 2013, incontro con i giovani, Largo Carlo Felice, Cagliari
353._____ «Non cediamo mai al pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno.»
15 Marzo 2013, Udienza ai Cardinali, Sala Clementia, Vaticano
Le tribolazioni si possono vincere solo contemplando la croce di Gesù affinchè ci doni il coraggio, la pazienza, la sopportazione e la tenacia di non lasciarci mai rubare la speranza.
354. [Le tribolazioni si possono vincere solo contemplando la croce di Gesù... ] «Questo è un elenco non facile da vivere. Amate i nemici, fate il bene, prestate senza sperare nulla. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra, a chi ti strappa il mantello non rifiutare anche la tunica. Ma, sono cose forti, no? Anche S. Paolo, nella Lettera ai Colossesi della liturgia del giorno, invita i cristiani a rivestirsi di “sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine”, di sopportazione e perdono reciproco. E qui la nostra domanda viene subito: ma, come posso fare questo? Come mi preparo per far questo? Cosa devo studiare per fare questo?”. La risposta è chiara: noi, con il nostro sforzo, non possiamo farlo. Noi non possiamo fare questo. Soltanto una grazia può farlo in noi. E questa grazia a per una strada precisa: pensare a Gesù soltanto. Se il nostro cuore, se la nostra mente è con Gesù, il trionfatore, quello che ha vinto la morte, il peccato, il demonio, tutto, possiamo fare questo che ci chiede lo stesso Gesù e che ci chiede l’Apostolo Paolo: la mitezza, l’umiltà, la bontà, la tenerezza, la mansuetudine, la magnanimità. Se non guardiamo Gesù, se non siamo con Gesù non possiamo fare questo. È una grazia: è la grazia che viene dalla contemplazione di Gesù. In particolare c’è un aspetto particolare della vita di Gesù cui deve rivolgersi la contemplazione del cristiano: la sua ione, la sua umanità sofferente. Pensare al suo silenzio mite: questo sarà il tuo sforzo. Lui farà il resto. Lui farà tutto quello che manca. Ma devi fare quello: nascondere la tua vita in Dio con Cristo. Questo si fa con la contemplazione dell’umanità di Gesù, dell’umanità sofferente. Non c’è un’altra strada: non ce n’è. È l’unica. Per essere buoni cristiani, contemplare l’umanità di Gesù e l’umanità sofferente. Per dare testimonianza, per poter dare questa testimonianza, quello. Per perdonare, contempla Gesù sofferente. Per non odiare il prossimo, contempla Gesù
sofferente. Per non chiacchierare contro il prossimo, contempla Gesù sofferente. L’unico. Nascondi la tua vita con Cristo in Dio: questo è il consiglio che ci dà l’Apostolo. È il consiglio per diventare umili, miti e buoni, magnanimi, teneri.»
12 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
355._____ «Oggi guardiamo la Croce, storia dell’uomo e storia di Dio. Guardiamo questa Croce, dove si può saggiare quel miele di aloe, quel miele amaro, quella dolcezza amara del sacrificio di Gesù. Ma questo mistero è tanto grande e noi da soli non possiamo guardare bene questo mistero, non tanto per capire - sì, capire… - ma sentire profondamente la salvezza di questo mistero. Prima di tutto il mistero della Croce. Soltanto si può capire un pochettino in ginocchio, nella preghiera, ma anche tramite le lacrime: sono le lacrime quelle che ci avvicinano a questo mistero. Senza piangere, piangere nel cuore non si potrà mai capire questo mistero. È il pianto del pentito, il pianto del fratello e della sorella che guardano tante miserie umane e le guardano in Gesù, ma in ginocchio e piangendo, e mai soli, mai soli.»
14 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
356._____ «Gesù ha la capacità di patire con noi, di essere vicino alle nostre sofferenze e farle Sue.»
17 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
357. [... affinchè ci doni il coraggio, ... ] «Per annunziare il Vangelo sono necessarie due virtù: il coraggio e la pazienza. Loro [i perseguitati dei paesi poveri] soffrono, ci sono più martiri oggi che nei primi secoli della Chiesa. Fratelli e sorelle nostre che soffrono. Il martirio non è mai una sconfitta. Il martirio è il grado più alto della testimonianza che possiamo dare. Noi siamo in cammino verso il martirio. Piccoli martiri, rinunziare a questo o a quello. Un cristiano deve sempre avere questo atteggiamento di umiltà e mietezza, che hanno loro, confidando in Gesù, affidandosi a Gesù. I conflitti non hanno origine religiosa. Purtroppo le appartenenze religiose vengono usate come benzina sul fuoco. Un cristiano deve sempre rispondere al male con il bene, anche se spesso è difficile. Loro fanno l’esperienza del limite. A noi questa esperienza ci deve portare a promuovere la libertà religiosa per tutti.»
18 Maggio 2013, Vigilia di Pentecoste, Sagrato della Basilica di san Pietro, Vaticano
358. [... la pazienza, ... ] «Alcune volte nella vita le cose diventano tanto oscure, c’è tanto buio, che noi abbiamo voglia - se siamo in difficoltà - di scendere dalla Croce. Questo è il momento preciso: la notte è più buia, quando è prossima l’aurora. E sempre quando noi scendiamo dalla Croce, lo facciamo cinque minuti prima che venga la liberazione, nel momento dell’impazienza più grande. Gesù, sulla Croce, sentiva che lo sfidavano: “Scendi, scendi! Vieni!”. Pazienza sino alla fine, perché Lui ha pazienza con noi. Lui entra sempre, Lui è coinvolto con noi, ma lo fa a suo modo e quando Lui pensa che sia meglio. Soltanto ci dice quello che ha detto ad Abramo: “Cammina nella mia presenza e sii perfetto”, sii irreprensibile, è proprio la parola giusta. Cammina nella mia presenza e cerca di essere irreprensibile. Questo è il cammino col Signore e Lui interviene, ma dobbiamo aspettare, aspettare il momento, camminando sempre alla sua presenza e cercando di essere irreprensibili.»
28 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
359._____ «Entrare in pazienza, quella è la strada che Gesù ci insegna a noi cristiani. Questo non vuol dire essere tristi. Questo vuol dire sopportare, portare sulle spalle il peso delle difficoltà, il peso delle contraddizioni, il peso delle tribolazioni. Gesù le ha sopportate, è entrato in pazienza. Questo è un processo di maturità cristiana, che non si fa da un giorno all’altro: si fa durante tutta la vita per diventare alla maturità cristiana. È come il buon vino.»
6 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
360. [... la sopportazione... ] «Sopportare è prendere la difficoltà e portarla su, con forza, perché la difficoltà non ci abbassi. Portare su con forza: questa è una virtù cristiana. San Paolo ne parla parecchie volte. Sopportare. Questo significa non lasciarci vincere dalla difficoltà. Questo significa che il cristiano ha la forza di non abbassare le braccia, di averle così. Portare, ma su: sopportare. E non è facile, perché lo scoraggiamento viene, e uno ha la voglia di abbassare le braccia e dire: “Mah, avanti, facciamo quello che possiamo ma niente di più’, un pò così …”. Ma no, sopportare è una grazia. Dobbiamo chiederla, nelle difficoltà.»
24 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
361._____ «Tutti noi iamo nella vita per momenti di buio e di prova. Ecco allora i tre atteggiamenti di Davide: non negoziare Dio e la nostra appartenenza; accettare la penitenza e piangere sui nostri sbagli; infine, non cercare, noi, di fare giustizia con le nostre mani, ma affidarci a Dio.»
3 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
362. [... e la tenacia di non lasciarci mai rubare la speranza.] «Quando il Signore si avvicina ci dà speranza; il Signore rifà con la speranza; sempre apre una porta. Sempre. Quando il Signore si avvicina a noi non chiude le porte, le apre. Il Signore nella sua vicinanza ci dà la speranza, questa speranza che è una vera fortezza nella vita cristiana. È una grazia, è un dono. Quando un cristiano dimentica la speranza, o peggio perde la speranza, la sua vita non ha senso. È come se la sua vita fosse davanti ad un muro: niente. Ma il Signore ci consola e ci rifà, con la speranza, andare avanti. E anche lo fa con una vicinanza speciale a ognuno, perché il Signore consola il suo popolo e consola ognuno di noi. Il Signore ci consola con tenerezza. Questo è stato il principale lavoro di Gesù nei 40 giorni fra la Risurrezione e l’Ascensione: consolare i discepoli; avvicinarsi e dare consolazione. Avvicinarsi e dare speranza, avvicinarsi con tenerezza. Ma pensiamo alla tenerezza che ha avuto con gli apostoli, con la Maddalena, con quelli di Emmaus. Si avvicinava con tenerezza: “Dammi da mangiare”. Con Tommaso: “Metti il tuo dito qui”. Sempre così è il Signore. Così è la consolazione del Signore. Che il Signore ci dia a tutti noi la grazia di non avere paura della consolazione del Signore, di essere aperti: chiederla, cercarla, perché è una consolazione che ci darà speranza e ci farà sentire la tenerezza di Dio Padre.»
10 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
363._____ «Non una speranza illusoria, basata su fragili promesse umane. Neppure una speranza ingenua che immagina migliore il futuro semplicemente perché è futuro. Questa speranza ha la sua ragione proprio nella benedizione di Dio, una benedizione che contiene l’augurio più grande, pieno di tutta la protezione amorevole del Signore, del Suo providente aiuto. L’augurio in questa benedizione si ha realizzato pienamente in una donna, Maria, in quanto destinata a diventare la madre di Dio, e si è realizzata in lei prima che in ogni creatura. Il nostro itinerario di fede è uguale a quello di Maria, per questo la sentiamo particolarmente vicino a noi. Per quanto riguarda la fede, che è il cardine della vita cristiana, la madre di Dio ha condiviso la nostra condizione, ha dovuto
camminare sulle stesse strade frequentate da noi, a volte difficili e oscure. Ha dovuto avanzare nel pellegrinaggio della fede. Il nostro cammino di fede è legato in modo indissolubile a Maria da quando Gesù morente sulla croce ce l’ha donata come madre dicendo “ecco tua madre”. Queste parole hanno il valore di un testamento, e danno al mondo una madre. Da quel momento, la madre di Dio è diventata anche madre nostra. Maria diventa così sorgente di speranza e di gioia vera. La madre del redentore ci precede e continuamente ci conferma nella fede. Con il suo esempio di umiltà e disponibilità alla volontà di Dio, ci aiuta a tradurre la nostra fede in un annuncio del Vangelo gioioso e senza frontiere. Così la nostra missione sarà feconda, perché modellata sulla maternità di Maria. A lei affidiamo il nostro itinerario di fede, i desideri del nostro cuore, le nostre necessità, i bisogni del mondo intero, specialmente la fame e la sete di giustizia, di pace e di Dio.»
1 Gennaio 2014, Santa Messa nella solennità di Maria, Madre di Dio, Basilica di San Pietro, Vaticano
364._____«Non siate mai uomini e donne tristi. Un cristiano non può mai esserlo. Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento. La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una persona: Gesù; che è in mezzo a noi. Nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi ed ostacoli che sembrano insormontabili. È in questo momento che viene il nemico, che viene il diavolo, mascherato da angelo tante volte, e insidiosamente ci dice la sua parola. Non ascoltare lui. Seguiamo Gesù. Noi sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle spalle, qui sta la nostra gioia. La speranza che dobbiamo portare in questo mondo. Per favore non lasciatevi rubare la speranza; quella che ci da Gesù. La croce di cristo abbracciata con fede mai porta alla tristezza, ma alla gioia di essere salvati, e di poter fare un pochettino quello che ha fatto lui quel giorno della sua morte.»
24 Marzo 2013, Celebrazione della Domenica delle Palme, Piazza San Pietro, Vaticano
365._____ «La speranza è un’altra cosa, non è ottimismo. La speranza è un dono, è un regalo dello Spirito Santo e per questo Paolo dirà: “Mai delude”. La speranza mai delude, perché? Perché è un dono che ci ha dato lo Spirito Santo. Ma Paolo ci dice che la speranza ha un nome. La speranza è Gesù. Non possiamo dire: “Io ho speranza nella vita, ho speranza in Dio”. No: se tu non dici: “Ho speranza in Gesù, in Gesù Cristo, Persona viva, che adesso viene nell’Eucaristia, che è presente nella sua Parola”, quella non è speranza. È buon umore, ottimismo. Gesù, la speranza, rifà tutto. È un miracolo costante. Non solo ha fatto miracoli di guarigione, tante cose: quelli erano soltanto segni, segnali di quello che sta facendo adesso, nella Chiesa. Il miracolo di rifare tutto: quello che fa nella mia vita, nella tua vita, nella nostra vita. Rifare. E questo che rifà Lui è proprio il motivo della nostra speranza. È Cristo che rifà tutte le cose più meravigliosamente della Creazione, è il motivo della nostra speranza. E questa speranza non delude, perché Lui è fedele. Non può rinnegare se stesso. Questa è la virtù della speranza.»
9 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
366._____ «La speranza non è un ottimismo, non è quella capacità di guardare le cose con buon animo e andare avanti. No, quello è ottimismo, non è speranza. Né la speranza è un atteggiamento positivo davanti alle cose. Quelle persone luminose, positive... Ma questo è buono, eh! Ma non è la speranza. Non è facile capire cosa sia la speranza. Si dice che è la più umile delle tre virtù, perché si nasconde nella vita. La fede si vede, si sente, si sa cosa è. La carità si fa, si sa cosa è. Ma cosa è la speranza? Cosa è questo atteggiamento di speranza? Per avvicinarci un pò, possiamo dire in primo che la speranza è un rischio, è una virtù rischiosa, è una virtù, come dice San Paolo “di un’ardente aspettativa verso la rivelazione del Figlio di Dio”. Non è un’illusione. Mi viene a me la domanda: dove siamo ancorati noi, ognuno di noi? Siamo ancorati proprio là nella riva di quell’oceano tanto lontano o siamo ancorati in una laguna artificiale che abbiamo fatto noi, con le nostre regole, i nostri comportamenti, i nostri orari, i nostri clericalismi, i nostri atteggiamenti ecclesiastici, non ecclesiali, eh? Siamo ancorati lì? Tutto comodo, tutto sicuro, eh? Quella non è speranza. Dove è
ancorato il mio cuore, là in questa laguna artificiale, con comportamento ineccepibile davvero… Una cosa è vivere nella speranza, perché nella speranza siamo salvati e un’altra cosa è vivere come buoni cristiani, non di più. Vivere in attesa della rivelazione o vivere bene con i comandamenti, essere ancorati nella riva di là o parcheggiati nella laguna artificiale.»
29 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
367._____ «La speranza ci accompagna nella vita. I primi cristiani dipingevano la speranza come un’ancora. Avere il cuore ancorato là, dove sono i nostri antenati, dove sono i Santi, dov’è Gesù, dov’è Dio. Questa è la speranza che non delude. La speranza è un pò come il lievito, che ti fa allargare l’anima. Ci sono momenti difficili nella vita, ma con la speranza l’anima va avanti e guarda a quello che ci aspetta. La speranza ci purifica, ci alleggera.»
1 Novembre 2013, Santa Messa, Cimitero del Verano, Roma
368._____ «Abbiate sempre nel cuore questa certezza: Dio cammina accanto a voi, in nessun momento vi abbandona! Non perdiamo mai la speranza! Non spegniamola mai nel nostro cuore! Il “drago”, il male, c’è nella nostra storia, ma non è lui il più forte. Il più forte è Dio, e Dio è la nostra speranza! È vero che oggi un pò tutti, e anche i nostri giovani sentono il fascino di tanti idoli che si mettono al posto di Dio e sembrano dare speranza: il denaro, il successo, il potere, il piacere. Spesso un senso di solitudine e di vuoto si fa strada nel cuore di molti e conduce alla ricerca di compensazioni, di questi idoli eggeri. Spiritualità, generosità, solidarietà, perseveranza, fraternità, gioia; sono valori che trovano la loro radice più profonda nella fede cristiana.»
24 Luglio 2013, Santa Messa, Basilica del Santuario di Nostra Signora di Aparecida, Giornata Mondiale della Gioventú
369._____ «Il Signore ci aiuta a non avere paura davanti alle guerre, alla rivoluzioni. Ma anche alle calamità naturali, alle epidemie, Gesù ci limita dal fatalismo e da false visioni apocalittiche.Gesù ci ricorda che […] le avversità che incontriamo per la nostra fede e la nostra adesione al Vangelo sono occasione di testimonianza. Non devono allontarci dal Signore, ma spingerci ad abbandonarci ancora di più a Lui, alla forza del Suo spirito e della Sua grazia. Pensiamo a tanti fratelli e sorelle cristiani che soffrono persecuzioni a causa della loro fede. Ce ne sono tanti, forse molti di più dei primi secoli. Gesù è con loro. Le prove e le difficoltà fanno parte di un disegno più grande. Il Signore, padrone della storia, conduce tutto al suo compimento. Nonostante le sciagure e i disordini che turbano il mondo, il disegno di bontà e di misericordia di Dio si compirà: questa è la nostra speranza.»
17 Novembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro
370._____ «Anche Maria ha conosciuto il martirio della croce. Lei ha sofferto tanto nel suo cuore mentre Gesù soffriva. La ione del figlio l’ha vissuta fino in fondo nell’anima. Per questo le è stato dato il dono della risurrezione. Cristo è la primizia dei risorti, e Maria è la primizia dei redenti. È la nostra rappresentante. La speranza è la virtù di chi, sperimentando il conflitto e la lotta quotidiana tra la vita e la morte, tra il bene ed il male, crede nella risurrezione di Cristo, nella vittoria dell’amore. Dove c’è la croce, per noi Cristiani li c’è la speranza, sempre. Se non c’è la speranza noi non siamo Cristiani.»
15 Agosto 2013, Santa Messa dell’Ascensione, Castel Gandolfo
371._____ «Maria non sapeva come sarebbe potuta diventare madre, si affidò totalmente al mistero che stava per compiersi ed è diventata la donna dell’attesa e la speranza. Di fronte a tutte le difficoltà e le sorprese del progetto di Dio, la speranza della vergine non vacilla mai. Questo ci dice che la speranza si nutre di
ascolto, di contemplazione, di pazienza perché i tempi del Signore maturino. Ai piedi della corce è donna del dolore, e al contempo donna della vigilanza di un mistero più grande del dolore. In quel momento, ricordandosi le promesse dell’annunciazione, avrebbe potuto dire “questo non è vero, sono stata ingannata”. Non lo ha fatto. Da questa sua fede vede sbocciare con speranza il domani di Dio. Tante volte io penso, ma noi sappiamo aspettare il domani di Dio? O vogliamo l’oggi oggi?»
21 Novembre 2013, Visita alle Monache Benedettine Camaldolesi, Monastero di Sant’Antonio Abate, Roma
372._____ «Vivendo immersi in questo mondo non è facile comprendere le realtà future. La nostra speranza, se custodita e coltivata diventa luce per illuminare la nostra storia personale e anche la storia comunitaria. Ricordiamolo, siamo discepoli di colui che è venuto, viene ogni giorno e verrà alla fine. Se riuscissimo ad avere più presente questa realtà saremo meno affaticati dal quotidiano, meno prigionieri dell’effimero, e più disposti a camminare con cuore misericordioso sulla vita della salvezza. Già in questa vita noi abbiamo una partecipazione alla risurrezione di Cristo. Se è vero che Gesù ci risusciterà alla fine dei tempi, è anche vero che per un certo aspetto con Lui già siamo resuscitati: la vita eterna comincia già in questo momento, incominicia durante tutta la vita verso quel momento della risurrezione finale. In attesa dell’ultimo giorno, abbiamo in noi stessi un seme di risurrezione quale anticipo della risurrezione piena che ricevermo in eredità. Per questo anche il corpo di ciascuno di noi è risonanza di eternità, quindi va sempre rispettato, e soprattutto va rispettata ed amata la vita di quanti soffrono perché sentano la vicinanza del regno di Dio, di quella condizione di vita eterna verso la quale camminiamo. Questo pensiero ci da speranza: siamo in cammino verso la risurrezione.Questa è la nostra gioia: un giorno trovare Gesù, incontrare Gesù, gioiosi con Gesù, questo è il nostro destino.»
4 Dicembre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
4.2. La gloria eterna della Croce
Seguire Cristo significa seguirlo sulla via della Croce senza lasciarci sedurre dalla ragionevolezza del mondo, abbassandoci con umiltà fino al martirio quotidiano, affidandoci a Dio senza paura della morte.
373. [Seguire Cristo significa seguirlo sulla via della Croce... ] «Che cosa ci dice oggi San sco, non con le parole – questo è facile – ma con la vita? La prima cosa che ci dice è questa: essere cristiani è avere un rapporto vitale con la persona di Gesù. È rivestirsi di Lui. È assimilazione a Lui. Da dove parte il cammino di sco verso Cristo? Parte dallo sguardo di Gesù sulla croce. Lasciarsi guardare da Lui nel momento in cui dona la vita per noi, e ci attira a Lui. sco ha fatto questa esperienza in modo particolare nella chiesetta di San Damiano. In quel crocifisso Gesù non appare morto, ma vivo. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati. Il crocifisso ci parla di una morte che è vita perché ci parla di amore, perché era l’amore di Dio incarnato – e l’amore non muore, anzi sconfigge il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ricreato, diviene una nuova creatura. Da qui parte tutto, è l’esperienza della grazia che trasforma. Per questo sco può dire “quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore Gesù Cristo”.»
4 Ottobre 2013, Santa Messa, Piazza San sco, Assisi
374._____ «Seguire Gesù non significa partecipare a un corteo trionfale, significa condividere il suo amore misericordioso. Questa misericordia a attraverso la croce. Il discepolo di Gesù rinuncia a tutti i beni perché ha trovato in Lui il bene più grande, nel quale ogni altro bene riceve il suo pieno valore e significato. Il cristiano si distacca da tutto e ritrova tutto nella logica del
Vangelo, la logica dell’amore e del servizio.»
8 Settembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
375._____ «Non si può pascere il gregge di Dio se non siamo disposti a seguirlo anche dove non vorremmo, senza riserve, senza calcoli. Anche a prezzo della nostra vita.»
14 Aprile 2013, Santa Messa, Basilica di San Paolo fuori le mura
376._____ «Gesù risponde che quanti lo seguiranno avranno tante cose belle, ma con persecuzione. La strada del Signore è una strada di abbassamento, una strada che finisce nella Croce. Quando un cristiano non ha difficoltà nella vita – tutto va bene, tutto è bello – qualcosa non va. Seguire Gesù sì, ma fino a un certo punto; seguire Gesù come una forma culturale: sono cristiano, ho questa cultura… Ma senza l’esigenza della vera sequela di Gesù, l’esigenza di andare sulla Sua strada. Se si segue Gesù come una proposta culturale, si usa questa strada per andare più in alto, per avere più potere. E la storia della Chiesa è piena di questo, cominciando da alcuni imperatori e poi tanti governanti e tante persone, no? E anche alcuni - non voglio dire tanti ma alcuni - preti, alcuni vescovi, no? Alcuni dicono che sono tanti… ma alcuni che pensano che seguire Gesù è fare carriera. Non si può togliere la Croce dalla strada di Gesù: sempre c’è. Il cristiano segue Gesù per amore e quando si segue Gesù per amore, l’invidia del diavolo fa tante cose. Lo spirito del mondo non tollera questo, non tollera la testimonianza. Pensate a Madre Teresa: cosa dice lo spirito del mondo di Madre Teresa? “Ah, la Beata Teresa è una bella donna, ha fatto tante belle cose per gli altri…”. Lo spirito del mondo mai dice che la Beata Teresa, tutti i giorni, tante ore, era in adorazione… Mai! Riduce al fare bene sociale l’attività cristiana. Come se l’esistenza cristiana fosse una vernice, una patina di cristianesimo. L’annunzio di Gesù non è una patina: l’annunzio di Gesù va alle ossa, al cuore, va dentro e ci cambia. E questo non lo tollera lo spirito del mondo, non lo tollera e per questo vengono le persecuzioni. La sequela di Gesù è
proprio questo: per amore andare con Lui, dietro di Lui: lo stesso cammino, la stessa strada. E lo spirito del mondo sarà quello che non tollererà e ci farà soffrire, ma una sofferenza come l’ha fatta Gesù. Chiediamo questa grazia: seguire Gesù nella strada che Lui ci ha fatto vedere e che Lui ci ha insegnato. Questo è bello, perché mai ci lascia soli. Mai! Sempre è con noi. Così sia.»
28 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
377._____ «San Paolo parla delle piaghe di Cristo, delle stimmate, come del tratto distintivo della sua esistenza di Apostolo del Vangelo. Nell’ora del buio, nell’ora della prova è già presente e operante la luce e il mistero della salvezza. Il mistero Pasquale è il cuore palpitante della missione della Chiesa. Se rimaniamo dentro questo mistero, noi siamo al riparo sia da una visione mondana e trionfalistica, sia dallo scoraggiamento che può nascere davanti alle prove e agli insuccessi. La fecondità dell’annuncio del Vangelo non è data ne dal successo, ne dall’insuccesso secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della croce di Gesù che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi – la logica dell’amore. È la croce con Cristo – senza Cristo non va, eh – è la croce con Cristo che garantisce la fecondità della nostra missione. È dalla croce che si rinasce come nuove creature.»
7 Luglio 2013, Santa Messa, Basilica Vaticana, Vaticano
378._____ «Ogni azione era compiuto in unione perfetta con Gesù. Questa unione raggiunge il culmine sul Calvario. La Madonna ha fatto proprio il dolore del figlio ed ha accettato con Lui la volontà del Padre in quella obbedienza che dona la vera vittoria sul male e sulla morte. Possiamo chiederci, ci ricordiamo di Gesù solo quando qualcosa non va, o il nostro è un rapporto costante, un’amicizia profonda quando si tratta di seguirlo sulla via della croce?»
23 Ottobre 2013, Udienza generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
379. [... senza lasciarci sedurre dalla ragionevolezza del mondo, ... ] «Il problema che scandalizzava questa gente era quello che i demoni gridavano a Gesù: “Tu sei il Figlio di Dio, Tu sei il Santo!”. Questo è il centro, questo scandalizza di Gesù: Lui è Dio che si è incarnato. Anche a noi ci tendono trappole nella vita. Quante volte si sente dire: “Ma, voi cristiani, siate un pò più normali, come le altre persone, ragionevoli!”. Questo è un discorso da incantatori di serpenti, proprio: “Ma, siate così, no?, un pò più normali, non siate tanto rigidi …”. Ma dietro a questo c’è: “Ma, non venite con storie, che Dio s’è fatto uomo!”. L’Incarnazione del Verbo, quello è lo scandalo che c’è dietro! Noi possiamo fare tutte le opere sociali che vogliamo, e diranno: “Ma che brava, la Chiesa, che buona l’opera sociale che fa la Chiesa”. Ma se noi diciamo che noi facciamo questo perché quelle persone sono la carne di Cristo, viene lo scandalo. E quella è la verità, quella è la rivelazione di Gesù: quella presenza di Gesù incarnato. Questo è il punto: sempre ci sarà la seduzione di fare cose buone senza lo scandalo del Verbo Incarnato, senza lo scandalo della Croce. Ci farà bene a tutti noi pensare questo: la Chiesa non è un’organizzazione di cultura, anche di religione, anche sociale. E alla fine, quello che non aveva voluto dire Gesù, a questi – “Con che autorità fai questo?” – lo dice al Sommo sacerdote. “Ma, alla fine dì: Tu sei il Figlio di Dio?” – “Sì!”. Condannato a morte, per quello. Questo è il centro della persecuzione. Se noi diventiamo cristiani ragionevoli, cristiani sociali, cristiani di beneficienza soltanto, quale sarà la conseguenza? Che non avremo mai martiri: quella sarà la conseguenza. Chiediamo al Signore di non avere vergogna di vivere con questo scandalo della Croce. E anche la saggezza: chiediamo la saggezza di non lasciarci intrappolare dallo spirito del mondo, che sempre ci farà proposte educate, proposte civili, proposte buone ma dietro a quelle c’è proprio la negazione del fatto che il Verbo è venuto nella carne, dell’Incarnazione del Verbo. Che alla fine è quello che scandalizza quelli che perseguitano Gesù, è quello che distrugge l’opera del diavolo. Così sia.»
1 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
380._____ «La loro domanda se sia lecito o no pagare le tasse a Cesare viene posta con parole morbide, con parole belle, con parole troppo zuccherate. Cercano di mostrarsi amici. Ma è tutto falso. È proprio il linguaggio della corruzione, l’ipocrisia. E quando Gesù parla ai suoi discepoli, dice: “Ma il vostro parlare sia sì, sì! No, no!”. L’ipocrisia non è un linguaggio di verità, perché la verità mai va da sola. Mai! Va sempre con l’amore! Non c’è verità senza amore. L’amore è la prima verità. Se non c’è amore, non c’è verità. Questi [gli ipocriti] vogliono una verità schiava dei propri interessi. C’è un amore, possiamo dire: ma è l’amore di se stessi, l’amore a se stessi. Quell’idolatria narcisista che li porta a tradire gli altri, li porta agli abusi di fiducia. Quello che sembra un linguaggio persuasivo porta invece all’errore, alla menzogna. Quelli che oggi avvicinano Gesù e sembrano tanto amabili nel linguaggio, sono gli stessi che andranno giovedì, la sera, a prenderlo nell’Orto degli Ulivi, e venerdì lo porteranno da Pilato. E la mitezza che Gesù vuole da noi non ha niente, non ha niente di questa adulazione, con questo modo zuccherato di andare avanti. Niente! La mitezza è semplice; è come quella di un bambino. E un bambino non è ipocrita, perché non è corrotto. Quando Gesù ci dice: “Il vostro parlare sia sì, sì! No, no!” con anima di bambini, dice il contrario del parlare di questi. Tutti noi abbiamo una certa debolezza interiore. Ci piace che dicano cose buone di noi. Questo i corrotti lo sanno e con questo linguaggio cercano di indebolirci.»
4 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
381._____ «Oggi si può pensare che ci sia la possibilità di avere la luce con tante cose scientifiche e tante cose dell’umanità. Si può conoscere tutto, si può avere scienza di tutto e questa luce sulle cose. Ma la luce di Gesù è un’altra cosa. Non è una luce dell’ignoranza, no! È una luce di sapienza e di saggezza, ma è un’altra cosa che la luce del mondo. La luce che ci offre il mondo è una luce artificiale, forse forte - più forte è quella di Gesù, eh! - forte come un fuoco d’artificio, come un flash della fotografia. Invece, la luce di Gesù è una luce mite, è una luce tranquilla, è una luce di pace, è come la luce nella notte di Natale: senza pretese. Tuttavia è vero che il diavolo tante volte viene travestito da angelo di luce: a lui piace imitare Gesù e si fa buono, ci parla tranquillamente, come ha
parlato a Gesù dopo il digiuno nel deserto. Come è la luce che ci offre Gesù? La luce di Gesù possiamo conoscerla, perché è una luce umile, non è una luce che si impone: è umile. È una luce mite, con la fortezza della mitezza. È una luce che parla al cuore ed è anche una luce che ti offre la Croce. Se noi nella nostra luce interiore siamo uomini miti, sentiamo la voce di Gesù nel cuore e guardiamo senza paura la Croce: quella è luce di Gesù. Ma se, invece, viene una luce che ti rende orgoglioso, una luce che ti porta a guardare gli altri dall’alto, a disprezzare gli altri, alla superbia, quella non è luce di Gesù: è luce del diavolo, travestito da Gesù, da angelo di luce. Gesù non ha bisogno di un esercito per scacciare via i demoni, non ha bisogno della superbia, non ha bisogno della forza, dell’orgoglio.»
3 Settembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
382._____ «Il Signore vuole che noi capiamo cosa succede: cosa succede nel mio cuore, cosa succede nella mia vita, cosa succede nel mondo, nella storia… Cosa significa questo che accade adesso? Questi sono i segni dei tempi! Invece, lo spirito del mondo ci fa altre proposte, perché lo spirito del mondo non ci vuole popolo: ci vuole massa, senza pensiero, senza libertà. Il pensiero uniforme, il pensiero uguale, il pensiero debole, un pensiero così diffuso. Lo spirito del mondo non vuole che noi ci chiediamo davanti a Dio: “Ma perché questo, perché quell’altro, perché accade questo?”. O anche ci propone un pensiero prêt-àporter, secondo i propri gusti: “Io penso come mi piace!”. Ma quello va bene, dicono loro… Ma quello che lo spirito del mondo non vuole è questo che Gesù ci chiede: il pensiero libero, il pensiero di un uomo e di una donna che sono parte del popolo di Dio e la salvezza è stata proprio questa! Qual è la strada che il Signore vuole? Sempre con lo spirito di intelligenza per capire i segni dei tempi. È bello chiedere al Signore Gesù questa grazia, che ci invii il suo spirito di intelligenza, perché noi non abbiamo un pensiero debole, non abbiamo un pensiero uniforme e non abbiamo un pensiero secondo i propri gusti: soltanto abbiamo un pensiero secondo Dio. Con questo pensiero, che è un pensiero di mente, di cuore e di anima. Con questo pensiero, che è dono dello Spirito, cercare cosa significano le cose e capire bene i segni dei tempi.»
29 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
383._____ «Quando Gesù parla di questa calamità [della fine del mondo] in un altro brano ci dice che sarà una profanazione del tempio, una profanazione della fede, del popolo: sarà la abominazione, sarà la desolazione della abominazione. Cosa significa quello? Sarà come il trionfo del principe di questo mondo: la sconfitta di Dio. Lui sembra che in quel momento finale di calamità, sembra che si impadronirà di questo mondo, sarà il padrone del mondo. La desolazione della abominazione ha un nome preciso: il divieto di adorazione. Non si può parlare di religione, è una cosa privata, no? Di questo pubblicamente non si parla. I segni religiosi sono tolti. Si deve obbedire agli ordini che vengono dai poteri mondani. Si possono fare tante cose, cose belle, ma non adorare Dio. Divieto di adorazione. Questo è il centro di questa fine. E quando arrivi alla pienezza – al kairos di questo atteggiamento pagano, quando si compie questo tempo – allora sì, verrà Lui: “E vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria”. I cristiani che soffrono tempi di persecuzione, tempi di divieto di adorazione sono una profezia di quello che ci accadrà a tutti. Nel momento in cui i tempi dei pagani sono stati compiuti, è quello il momento di alzare il capo, perché è vicina la “vittoria di Gesù Cristo. Non abbiamo paura, soltanto Lui ci chiede fedeltà e pazienza. Fedeltà come Daniele, che è stato fedele al suo Dio e ha adorato Dio fino alla fine. E pazienza, perché i capelli della nostra testa non cadranno. Così ha promesso il Signore. Questa settimana ci farà bene pensare a questa apostasia generale, che si chiama divieto di adorazione e domandarci: ‘Io adoro il Signore? Io adoro Gesù Cristo, il Signore? O un pò metà e metà, faccio il gioco del principe di questo mondo?’. Adorare fino alla fine, con fiducia e fedeltà: questa è la grazia che dobbiamo chiedere.»
28 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
384. [... abbassandoci con umiltà... ] «Giovanni sembra essere niente. Quella è la vocazione di Giovanni: annientarsi. E quando noi contempliamo la vita di quest’uomo, tanto grande, tanto potente – tutti credevano che fosse lui il Messia – quando contempliamo questa vita, come si annienti fino
al buio di un carcere, contempliamo un grande mistero. Noi non sappiamo come sono stati gli ultimi giorni di Giovanni. Non lo sappiamo. Sappiamo soltanto che è stato ucciso, la sua testa su un vassoio, come grande regalo da una ballerina a un’adultera. Credo che più di questo non si possa andare giù, annientarsi. Quello è stato il fine di Giovanni. Nel carcere, Giovanni ha sperimentato dei dubbi, aveva un’angoscia e ha chiamato i suoi discepoli per andare da Gesù a chiedergli: “Sei Tu, o dobbiamo aspettare un altro?”. C’è proprio il buio, il dolore sulla sua vita. Neanche questo fu risparmiato a Giovanni. Giovanni poteva farsi importante, poteva dire qualcosa di sé. “Ma io penso” mai, soltanto questo: indicava, si sentiva voce, non Parola. Il segreto di Giovanni. Perché Giovanni è Santo e non ha peccato? Perché mai, mai ha preso una verità come propria. Non ha voluto farsi ideologo. L’uomo che si è negato a se stesso, perché la Parola venga su.»
24 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
385._____ «Consapevole di essere un debole vaso di creta, eppure custode di un grande tesoro che gli è stato donato in modo del tutto gratuito. È questo il seguace di Cristo davanti al suo Signore. Paolo, tante volte ha parlato – è come un ritornello, no? – dei suoi peccati. “Ma, io vi dico questo: io che sono stato un inseguitore della Chiesa, ho perseguito…”. Torna sempre alla sua memoria di peccato. Si sente peccatore. Ma anche in quel momento non dice: “Sono stato, ma adesso sono Santo”, no. Anche adesso, “una spina di Satana nella mia carne”. Ci fa vedere la propria debolezza. Il proprio peccato. È un peccatore che accoglie Gesù Cristo. Dialoga con Gesù Cristo. Questo è il modello dell’umiltà. Se noi ci vantiamo soltanto del nostro curriculum e niente più, finiremo sbagliati. Non possiamo annunziare Gesù Cristo Salvatore perché nel fondo non lo sentiamo. Ma dobbiamo essere umili, ma con un’umiltà reale, con nome e cognome: “Io sono peccatore per questo, per questo, per questo”. Come fa Paolo: “Ho perseguitato la Chiesa”, come fa lui. Peccatori concreti, non peccatori con quella umiltà che sembra più faccia da immaginetta, no? Eh no, l’umiltà forte.»
14 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
386._____ «Una persona che non è umile, non può sentire con la Chiesa, sentirà quello che a lei piace, a lui piace. È questa umiltà che si vede in Davide: “Chi sono io, Signore Dio, e che cosa è la mia casa?”. Con quella coscienza che la storia di salvezza non è incominciata con me e non finirà quando io muoio. No, è tutta una storia di salvezza: io vengo, il Signore ti prende, ti fa andare avanti e poi ti chiama e la storia continua. La storia della Chiesa incominciò prima di noi e continuerà dopo di noi. Umiltà: siamo una piccola parte di un grande popolo, che va sulla strada del Signore.»
30 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
387._____ «Dio, quando deve scegliere le persone, anche il suo popolo, sempre sceglie i piccoli. L’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore. Il Signore sceglie secondo i suoi criteri. E sceglie i deboli e i miti, per confondere i potenti della terra. La fedeltà cristiana, la nostra fedeltà, è semplicemente custodire la nostra piccolezza, perché possa dialogare con il Signore. Custodire la nostra piccolezza. Per questo l’umiltà, la mitezza, la mansuetudine sono tanto importanti nella vita del cristiano, perché è una custodia della piccolezza, alla quale piace guardare il Signore. E sarà sempre il dialogo fra la nostra piccolezza e la grandezza del Signore. Ci dia il Signore, per intercessione di San Davide anche per intercessione della Madonna che cantava gioiosa a Dio, perché aveva guardato la sua umiltà - ci dia il Signore la grazia di custodire la nostra piccolezza davanti a Lui.»
21 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
388._____ «Per dialogare è necessaria la mitezza, senza gridare. E necessario anche pensare che l’altra persona ha qualcosa di più di me. L’umiltà, la
mitezza… Per dialogare, è necessario fare quello che abbiamo chiesto oggi nella preghiera, all’inizio della Messa: farsi tutto a tutti. Umiltà, mitezza, farsi tutto a tutti e anche – però non è scritto nella Bibbia – tutti sappiamo che per fare queste cose bisogna ingoiare tanti rospi. Ma, dobbiamo farlo, perché la pace si fa così: con l’umiltà, l’umiliazione, cercando sempre di vedere nell’altro l’immagine di Dio. Umiliarsi, e sempre fare il ponte, sempre. Sempre. E questo è essere cristiano. Non è facile. Non è facile. Gesù lo ha fatto: si è umiliato fino alla fine, ci ha fatto vedere la strada. Ed è necessario che non i tanto tempo: quando c’è il problema, il più presto possibile, nel momento in cui si possa fare, dopo che è ata la tormenta, avvicinarsi al dialogo, perché il tempo fa crescere il muro, come fa crescere l’erba cattiva che impedisce la crescita del grano. E quando i muri crescono è tanto difficile la riconciliazione: è tanto difficile!»
24 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
389._____ «Andiamo sulla strada di Gesù Cristo? La strada dell’umiliazione, dell’umiltà, dell’abbassamento per il servizio? E se noi troviamo che non siamo fermi in questo, domandarci: “Ma quando è stato il mio incontro con Gesù Cristo, quell’incontro che mi riempì di gioia?”. E tornare all’incontro, tornare alla prima Galilea dell’incontro. Tutti noi ne abbiamo una! Tornare là! Rincontrarci con il Signore e andare avanti su questa strada tanto bella, nella quale Lui deve crescere e noi venire meno.»
7 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
390. [... fino al martiro, ... ] «Cosa significa perdere la vita per causa di Gesù? Questo può avvenire esplicitamente, confessando la fede, o implicitamente, difendendo la verità. Oggi abbiamo più martiri nel mondo che nei primi secoli. Ma c’è anche il martirio quotidiano, che non comporta la morte, ma anche esso è un perdere la vita per Cristo compiendo il proprio dovere con amore secondo la logica di Gesù. Quanti papà e mamme ogni giorno mettono in pratica la loro fede offrendo con la loro fede la propria
vita per il seme della famiglia. Quanti giovani rinunciano ai propri interessi per dedicarsi ai bambini, ai disabili, agli anziani. Anche questi sono martiri quotidiani, martiri quotidiani, martiri della quotidianeità. Poi ci sono tante persone che perdono la propria vita per la verità, e chi serve la verità serve Cristo. Non abbiate paura di andare controcorrente. Quando ci propongono valori avariati che rovinano la vita, dobbiamo andare controcorrente con fierezza, non dobbiamo avere paura.»
23 Giugno 2013, Angelus Domini, Piazza san Pietro, Vaticano
391. [... affidandoci a Dio senza paura della morte.] «Anche Giovanni ha avuto il suo “orto degli ulivi”, la sua angoscia in carcere, quando credeva di avere sbagliato, e manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù: “Ma dimmi, sei tu o ho sbagliato e c’è un altro?” Il buio dell’anima, quel buio che purifica come Gesù nell’orto degli ulivi. E Gesù ha risposto a Giovanni come il Padre ha risposto a Gesù, confortando. Quel buio dell’uomo di Dio, della donna di Dio. Penso in questo momento al buio dell’anima della Beata Teresa di Calcutta, no? Ah, la donna che tutto il mondo lodava, Premio Nobel! Ma lei sapeva che in un momento della sua vita, lungo, c’era soltanto il buio dentro.»
7 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
392._____ «L’Apostolo ha un inizio gioioso, entusiasta, entusiasta con Dio dentro, no? Ma anche non gli è risparmiato il tramonto. E a me fa bene pensare al tramonto dell’Apostolo… Mi vengono in mente tre icone: Mosé, Giovanni Battista e Paolo. Mosé è quello che è capo del Popolo di Dio, coraggioso, lottava contro i nemici e anche lottava con Dio per salvare il popolo: forte! E alla fine è solo, sul Monte Nebo, guardando la terra promessa, ma spogliato dall'entrare lì. Non poteva entrare nella promessa. Giovanni Battista: negli ultimi tempi, non gli sono risparmiate le angosce. Finisce sotto il potere di un governante debole, ubriaco e corrotto, sotto il potere dell’invidia di un’adultera e del capriccio di
una ballerina. E anche l’Apostolo Paolo racconta che in tribunale nessuno lo ha assistito. Tutti lo hanno abbandonato. Però, dice San Paolo, “il Signore mi è stato vicino. Mi ha dato forza perché io potessi portare a compimento l’annunzio del Vangelo”. Questo è il grande dell’Apostolo, che con la sua vita fa quello che Giovanni il Battista diceva: “È necessario che Lui cresca e io diminuisca”. L’Apostolo è quello che dà la vita perché il Signore cresca. E alla fine questo tramonta così… Anche Pietro con la promessa: “Quando sarai vecchio ti porteranno dove tu non vorrai andare”. Ci farà bene a tutti noi pensare a questa tappa della vita che è il tramonto dell’Apostolo e pregare il Signore: Custodisci loro che sono in quel momento della spoglia finale, per dire soltanto un’altra volta: “Sì, Signore, voglio seguirti”.»
18 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
393._____ «La sicurezza di Paolo: “Nessuno può allontanarmi dall’amore di Cristo”. Ma tanto amava il Signore – perché lo aveva visto, lo aveva trovato, il Signore gli aveva cambiato la vita – tanto lo amava che diceva che nessuna cosa poteva allontanarlo da Lui. Proprio questo amore del Signore era il centro, proprio il centro della vita di Paolo. Nelle persecuzioni, nelle malattie, nei tradimenti, ma, tutto quello che lui ha vissuto, tutte queste cose che gli sono accadute nella sua vita, niente di questo ha potuto allontanarlo dall’amore di Cristo. Era il centro proprio della sua vita, il riferimento: l’amore di Cristo. E senza l’amore di Cristo, senza vivere di questo amore, riconoscerlo, nutrirci di quell’amore, non si può essere cristiano: il cristiano, quello che si sente guardato dal Signore, con quello sguardo tanto bello, amato dal Signore e amato sino alla fine. Sente... il cristiano sente che la sua vita è stata salvata per il sangue di Cristo. E questo fa l’amore: questo rapporto d’amore. Paolo che resta fedele fino alla fine all’amore di Gesù, di là trova la forza per andare avanti, per sopportare tutto. Lui si sente debole, si sente peccatore, ma ha la forza in quell’amore di Dio, in quell’incontro che ha avuto con Gesù Cristo.»
31 Ottobre 2013, Santa Messa, Cappella di San Sebastiano, Basilica di San Pietro, Vaticano
394._____ «Tutti dobbiamo are per la morte, ma una cosa è are per questa esperienza con una appartenenza al diavolo e un’altra cosa è are per questa esperienza dalla mano di Dio. E a me piace sentire questo: siamo nelle mani di Dio dall’inizio. La Bibbia ci spiega la Creazione, usando una immagine bella: Dio che, con le sue mani ci fa dal fango, dalla terra a Sua immagine e somiglianza. Sono state le mani di Dio che ci hanno creato: il Dio artigiano, eh! Come un artigiano ci ha fatto. Queste mani del Signore… Le mani di Dio, che non ci hanno abbandonato. Nostro Padre, come un Padre con suo figlio, ci insegna a camminare. Ci insegna ad andare per la strada della vita e della salvezza. Sono le mani di Dio che ci carezzano nei momenti del dolore, ci confortano. È nostro Padre che ci carezza! Ci vuole tanto bene. E anche in queste carezze, tante volte, c’è il perdono. Pensiamo alle mani di Gesù, quando toccava gli ammalati e li guariva… Sono le mani di Dio: ci guariscono! Io non mi immagino Dio dandoci uno schiaffo! Non me lo immagino. Rimproverandoci, sì me lo immagino, perché lo fa. Ma mai, mai, ci ferisce. Mai! Ci accarezza. Anche quando deve rimproverarci lo fa con una carezza, perché è Padre. Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio. Pensiamo alle mani di Dio, che ci ha creato come un artigiano, ci ha dato la salute eterna. Sono mani piagate e ci accompagnano nella strada delle vita. Affidiamoci alle mani di Dio, come un bambino si affida alla mano del suo papà. È una mano sicura quella!»
12 Novembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
395._____ «Peccatore sì, traditore no! E questa è una grazia: rimanere sino alla fine nel Popolo di Dio. Avere la grazia di morire in seno alla Chiesa, proprio in seno al Popolo di Dio. E questo è il primo punto che io vorrei sottolineare. Anche per noi chiedere la grazia di morire a casa. Morire a casa, nella Chiesa. E questa è una grazia! Questo non si compra! È un regalo di Dio e dobbiamo chiederlo: “Signore, fammi il regalo di morire a casa, nella Chiesa!”. Peccatori sì, tutti, tutti lo siamo! Ma traditori no! Corrotti no! Sempre dentro! E la Chiesa è tanto madre che ci vuole anche così, tante volte sporchi, ma la Chiesa ci pulisce: è madre! Santa Teresina di Gesù Bambino diceva che, nei suoi ultimi tempi, nella sua anima c’era una lotta e quando lei pensava al futuro, a quello che
l’aspettava dopo la morte, in cielo, sentiva come una voce che diceva: “Ma no, non essere sciocca ti aspetta il buio. Ti aspetta soltanto il buio del niente!”. Così dice. È la voce del diavolo, del demonio, che non voleva che lei si affidasse a Dio. Morire in speranza e morire affidandosi a Dio! E chiedere questa grazia. Ma affidarsi a Dio incomincia adesso, nelle piccole cose della vita, anche nei grandi problemi: affidarsi sempre al Signore! E così uno prende questa abitudine di affidarsi al Signore e cresce la speranza. Morire a casa, morire in speranza. Questa è l’eredità: è la nostra testimonianza da cristiani lasciata agli altri. E alcuni di noi lasciano una grande eredità: pensiamo ai Santi che hanno vissuto il Vangelo con tanta forza, che ci lasciano una strada di vita e un modo di vivere come eredità. Ecco le tre cose che mi vengono al cuore nella lettura di questo brano sulla morte di Davide: chiedere la grazia di morire a casa, morire nella Chiesa; chiedere la grazia di morire in speranza, con speranza; e chiedere la grazia di lasciare una bella eredità, un’eredità umana, un’eredità fatta con la testimonianza della nostra vita cristiana. Che San Davide ci conceda a tutti noi queste tre grazie!»
6 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
396._____ «Fra noi, comunemente, c’è un modo sbagliato di guardare la morte. La morte ci riguarda tutti. Ci interroga in modo profondo, specialmente quando ci tocca da vicino o quando colpisce i piccoli, gli indifesi, in una maniera che ci risulta scandalosa. A me sempre ha colpito “perché soffrono i bambini, perché muoiono i bambini?”. Se viene in testa la morte come la fine di tutto, spaventa, atterrisce, si trasforma in minaccia che infrange ogni sogno, ogni prospettiva, che spezza ogni relazione e interrompe ogni cammino. Questo capita quando consideraimo la nostra vita come un tempo richiuso tra due poli, la nascita e la morte, quando non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente. Quando se vive come se Dio non esistesse. Questa concezione della morte è tipica del pensiero ateo che interpreta l’esistenza come un trovarsi casualmente nel mondo, e un camminare verso il nulla. Ma esiste anche un ateismo pratico, che un vivere solo per i propri interessi, per le cose terrene. Se ci lasciamo prendere da questa visione sbagliata della morte non abbiamo un’altra scelta che quella di occultare la morte, di negarla o di banalizzarla perché non ci faccia paura. Ma a questa falsa soluzione si ribella il cuore
dell’uomo. Il desiderio che tutti noi abbiamo di infinito, la nostalgia che tutti noi abbiamo dell’eterno. E allora qual’è il senso cristiano della morte? Se guardiamo i momenti più dolorosi della nostra vita, quando abbiamo perso una persona cara, i genitori, un fratello, una sorella, un figlio, un amico, ci accorgiamo che anche nel dramma della perdita, anche lacerati dal distacco, sale dal cuore la convizione che non può essere tutto finito, che il bene dato e ricevuto non è stato inutile. C’è un istinto potente dentro di noi che ci dice che la nostra vita non finisce con la morte – e questo è bello! Questa sete di vita ha trovato la sua risposta reale ed affidabile nella risurrezione di Gesù Cristo. La risurrezione di Gesù non da soltanto la certezza della vita oltre la morte, ma illumina anche il mistero stesso della morte di ciascuno di noi. Se viviamo uniti a Gesù, fedeli a Lui, saremo capaci di affrontare con speranza e serenità anche il aggio della morte. Se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la prospettiva dell’immortalità futura. Una persona tende a morire come è vissuta. Se la mia vita è stata un cammino con il Signore, un cammino di fiducia nella Sua immensa misericordia, sarò preparato ad accettare il momento ultimo della mia esistenza terrena come il definitivo abbandano confidente nelle Sue mani accoglienti in attesa di contemplare faccia a faccia il Suo volto. E questo è il più bello che può accaderci: contemplare faccia a faccia quel volto meravigliso del Signore, vederlo come Lui è, bello, pieno di luce, pieno d’amore, pieno di tenerezza. In questo orizzonte si comprende l’invito di Gesù ad essere sempre pronti, vigilanti, sapendo che la vita in questo mondo ci è data anche per preparare l’altra vita, quella con il padre celeste. E per questo c’è una via sicura: preparasi bene alla morte stando vicino a Gesù, quella è la sicurezza. E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei sacramenti, e anche nella pratica della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più deboli e nei più bisognosi. Lui stesso si è identificato con loro. Una via sicura è recuperare la carità cristiana e della condivisione fraterna. Prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo. La solidarietà nel compatire il dolore e infondere speranza è premessa e condizione per ricevere in eredità quel regno preparato per noi. Chi pratica la misericordia non teme la morte! E perché non teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli e la supera con l’amore di Gesù Cristo. Se apriremo la porta della nostra vita e del nostro cuoreai fratelli più piccoli allora anche la nostra morte diventerà una porta che ci introdurra in cielo, alla patria beata verso cui siamo diretti, anelando di dimorare per sempre con il nostro padre Dio, con Gesù, con la Madonna e con i Santi.»
27 Novembre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro
397._____ «L’abbraccio di Gesù è pienezza di vita, è pienezza d’amore. Così ci abbraccia Gesù. Se pensiamo al giudizio [finale] in questa prospettiva, ogni paura e titubanza viene meno e lascia spazio all’attesa e a una profonda gioia. Sarà proprio il momento in cui verremo giudicati finalmente pronti per essere rivestiti della gloria di Cristo come di una veste nuziale ed essere condotti al banchetto. Un secondo motivo di fiducia viene offerto dalla constatazione che nel momento del giudizio non saremo lasciati soli. È Gesù stesso a preannunciare nel Vangelo di Matteo come alla fine dei tempi coloro che lo avranno seguito prenderanno posto nella Sua gloria per giudicare insieme a Lui. È bello sapere che in quel frangente, oltre che su Cristo nostro paraclito, nostro avvocato presso il Padre, potremmo contare sull’intercessione e sulla benevolenza di tanti nostri fratelli e sorelle più grandi che ci hanno preceduto nel cammino della fede e che hanno offerto la loro vita per noi, e che continuano ad amarci in modo indicibile. I santi già vivono al cospetto di Dio nello splendore della Sua gloria, pregando per noi che ancora viviamo sulla Terra. Quanta consolazione suscita nel nostro cuore questa certezza. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui. Chi crede in Lui non è condannato, ma chi non crede è già stato condannato perché non ha creduto nell’unigenito Figlio di Dio. Questo significa che quel giudizio alla fine è già innato, incomincia adesso nel corso della nostra esistenza. Tale giudizio è pronunciato in ogni istante della vita come riscontro della nostra accoglienza con la fede nella salvezza presente ed operante in Cristo; oppure della nostra incredulità, con la conseguente chiusura in noi stessi. Ma se noi ci chiudiamo noi stessi all’amore di Gesù, siamo noi stessi che ci condanniamo. Siamo condannati da noi stessi. La salvezza è aprirsi a Gesù e Lui ci salva. Il Signore ci perdona, ma per questo dobbiamo aprirci all’amore di Gesù, che è più forte di tutte le altre cose. L’amore di Gesù è grande, l’amore di Gesù è misericordioso, l’amore di Gesù perdona, ma tu devi aprirti e aprirsi significa pentirsi, lamentarsi delle cose che non sono buone che abbiamo fatto. Il Signore Gesù si è donato e continua a donarsi a noi per ricolmarci di tutta misericordia. Siamo noi quindi che possiamo diventare in un certo senso giudizi di noi stessi, autocondennancoci all’esclusione alla comunione con Dio e con i fratelli. Non stanchiamoci pertanto di vigilare sui nostri pensieri e sui nostri atteggiamenti, per pregustare fin d’ora il calore e lo splendore del volto di Dio – quello sarà bellissimo. Avanti, avanti pensando in questo giudizio che
incomincia adesso. Avanti facendo che il nostro cuore sia aperto a Gesù, alla Sua salvezza. E avanti senza paura, perché l’amore di Gesù è più grande e se noi chiediamo perdono dei nostri peccati, Lui ci perdona. È così Gesù. Avanti con questa certezza, che ci porterà alla gloria del cielo.»
11 Dicembre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
La Croce ci dona il vero potere che è la capacità di servire con amore e mitezza, e ci apre le porte alla consolazione, alla gioia del Signore, alla pace ed all’amore di Dio che ci attende quando entreremo in paradiso assieme ai Santi che ci hanno preceduto nella grazia del Signore.
398. [La Croce ci dona il vero potere che è la capacità di servire... ] «Il vero potere è il servizio. Come lo ha fatto Lui, che è venuto non a farsi servire, ma a servire, e il suo servizio è stato proprio un servizio della Croce. Lui si è abbassato fino alla morte, alla morte di Croce, per noi, per servire noi, per salvare noi. E non c’è nella Chiesa nessun’altra strada per andare avanti. Per il cristiano, andare avanti, progredire significa abbassarsi. Se noi non impariamo questa regola cristiana, mai, mai potremo capire il vero messaggio di Gesù sul potere. Quando a una persona danno una carica che secondo gli occhi del mondo è una carica superiore, si dice: “Ah, questa donna è stata promossa a presidente di quell’associazione e questo uomo è stato promosso …”. Questo verbo, promuovere: sì, è un verbo bello, si deve usare nella Chiesa. Sì: “questo è stato promosso alla Croce, questo è stato promosso alla umiliazione”. Quella è la vera promozione, quella che ci assomiglia meglio a Gesù!»
21 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
399._____ «La tenerezza denota forza d’animo, capacità di attenzione, di vera apertura all’altro: capacità di amore. Il vero potere è il servizio. Bisogna guardare al servizio umile, concreto, pieno di fede, come quello di San Giuseppe, per accogliere a braccia aperte tutta l’umanità, specie i più poveri, i
più deboli, i più piccoli.»
19 Marzo 2013, Messa per l’inaugurazione del Pontificato, Piazza San Pietro, Vaticano
400._____ «Servire significa chinarsi su chi ha bisogno e tendergli la mano come Gesù si è chinato a lavare i piedi agli Apostoli. Servire significa stabilire con i più bisognosi prima di tutto relazioni umane, legami di solidarietà. Servire significa riconoscere e accogliere le domande di giustizia, di speranza, e cercare insieme delle strade, dei percorsi concreti di liberazione. I poveri sono anche maestri privilegiati della nostra conoscenza di Dio: la loro fragilità e semplicità smascherano i nostri egoismi, le nostre false sicurezze, le nostre pretese di autosufficienza e ci guidano all’esperienza della vicinanza e della tenerezza di Dio, a ricevere nella nostra vita il suo amore, la sua misericordia di Padre che, con discrezione e paziente fiducia, si prende cura di noi, di tutti noi.»
11 Settembre 2013, Discorso, Centro Astalli per i rifugiati, Roma
401._____ «Noi dobbiamo aiutarci l’uno l’altro. Ciascuno di noi pensi: “io davvero sono disposto a servire, ad aiutare l’altro?” Questo segno è una carezza di Gesù, perché Gesù è venuto proprio per questo: per servire, per aiutarci.»
28 Marzo 2013, Messa in coena Domini, Carcere Minorile di Casal del Marmo, Roma
402. [… con amore… ] «Guardate che l’amore di cui parla Giovanni non è l’amore delle telenovele! No, è un’altra cosa. L’amore cristiano ha sempre una qualità: la concretezza. L’amore cristiano è concreto. Lo stesso Gesù,
quando parla dell’amore, ci parla di cose concrete: dare da mangiare agli affamati, visitare gli ammalati e tante cose concrete. L’amore è concreto. La concretezza cristiana. E quando non c’è questa concretezza, si può vivere un cristianesimo di illusioni, perché non si capisce bene dove è il centro del messaggio di Gesù. Non arriva questo amore ad essere concreto: è un amore di illusioni, come queste illusioni che avevano i discepoli quando, guardando Gesù, credevano che fosse un fantasma. Questa concretezza si fonda su due criteri. Primo criterio: amare con le opere, non con le parole. Le parole le porta via il vento! Oggi sono, domani non sono. Secondo criterio di concretezza è: nell’amore è più importante dare che ricevere. Quello che ama dà, dà ... Dà cose, dà vita, dà se stesso a Dio e agli altri. Invece chi non ama, chi è egoista, sempre cerca di ricevere, sempre cerca di avere cose, avere vantaggi. Rimanere col cuore aperto, non come era quello dei discepoli, che era chiuso, che non capivano niente: rimanere in Dio e Dio rimane in noi; rimanere nell’amore.»
9 Gennaio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
403._____ «Condividere è il vero modo di amare. Gesù non si dissocia da noi, ci considera fratelli e condivide con noi. E così ci rende figli insieme a Lui di Dio padre. Questa è la fonte del vero amore. Quale sapore acquista la vita quando si lascia inondare dall’amore di Dio.»
12 Gennaio 2014, Angelus Domini, Piazza della Basilica di San Pietro, Vaticano
404. [... e mitezza, ... ] «Umiltà e mietezza sono le risorse a disposizione dei seguaci veri di Gesù. E la persecuzione, l’odio contro i discepoli, nascono da un mondo che non vuole vedere la salvezza. Sempre rimanere pecorelle, perché cosi abbiamo un pastore, ed essendo pecorelle siamo miti e umili.»
4 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
405._____ «Quello dello schiaffo è diventato un classico per ridere dei cristiani. Nella vita la logica normale ci insegna che dobbiamo lottare, dobbiamo difendere il nostro posto e se ci danno uno schiaffo noi ne daremo due, così ci difendiamo. Gesù invece dopo lo schiaffo sulla guancia va a avanti e dice anche di dare il mantello, spogliarsi di tutto. La giustizia che Lui porta è un’altra giustizia totalmente diversa dall’occhio per occhio, dente per dente. È un’altra giustizia. E questo lo possiamo capire quando San Paolo parla dei cristiani come “gente che non ha nulla” e “invece possiede tutto”. Ecco allora che la sicurezza cristiana è proprio in questo tutto che è Gesù. Il tuttoè Gesù Cristo. Le altre cose sono nulla per il cristiano. Invece per lo spirito del mondo il tutto sono le cose: le ricchezze, le vanità, avere posti in su e il nulla è Gesù. Il cristiano è una persona che allarga il suo cuore, con questa magnanimità, perché ha il tutto, che è Gesù Cristo. Le altre cose sono il nulla. Sono buone, servono, ma nel momento del confronto sceglie sempre il tutto, con quella mitezza, quella mitezza cristiana che è il segno dei discepoli di Gesù: mitezza e magnanimità. E vivere così non è facile, perché davvero ti danno degli schiaffi, eh?, te li danno! E su tutte e due le guance. Ma, il cristiano è mite, il cristiano è magnanimo: allarga il suo cuore. Ma quando noi troviamo questi cristiani con il cuore ridotto, con il cuore rimpicciolito, che non vanno… questo non è cristianesimo: questo è egoismo, mascherato da cristianesimo. E tutti gli sbagli cristiani, tutti gli sbagli della Chiesa, tutti i nostri sbagli nascono di qua, quando noi diciamo al nulla che è il tutto e al tutto che, mah, sembra che non conti. Seguire Gesù non è facile, non è facile. Ma neppure è difficile, perché nella strada dell’amore il Signore fa le cose in un modo che noi possiamo andare avanti; lo stesso Signore ci allarga il cuore. Dobbiamo pregare il Signore, affinché allarghi il nostro cuore, affinché noi siamo magnanimi, siamo miti, e non lottiamo per le piccolezze, per i nulla di ogni giorno.»
17 Giugno 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
406._____ «La via del cristiano è quella dell’umiltà, della mitezza. Ci farà bene
pensare a questo spirito di umiltà, di tenerezza, di bontà. Uno spirito mite che il Signore vuole da tutti noi. Viene l’altro spirito, quello di quella carità che tutto soffre, tutto perdona, che non si vanta, che è umile, che non cerca se stesso. Qualcuno può dire – e ci sono stati alcuni filosofi che pensavano così – che questa sia come un’umiliazione della maestà dell’uomo, della grandezza dell’uomo. Questo è sterile. La forza del Vangelo è proprio nell’umiltà. La Chiesa - ci diceva Benedetto XVI - non cresce per proselitismo, cresce per attrazione, per testimonianza. E quando la gente, i popoli vedono questa testimonianza di umiltà, di mitezza, di mansuetudine, sentono il bisogno che dice il profeta Zaccaria: “Vogliamo venire con voi!”. La gente sente quel bisogno davanti alla testimonianza della carità, di questa carità umile, senza prepotenza, non sufficiente, umile, che adora e serve. È semplice la carità: adorare Dio e servire gli altri.»
1 Ottobre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
407._____ «Il cristiano deve rimanere sempre agnello. Come agnelli… Non diventare lupi… Perché, a volte, la tentazione ci fa pensare: “Ma questo è difficile, questi lupi sono furbi e io sarò anche più furbo di loro, eh?”. Agnello. Non scemo, ma agnello. Agnello. Con l’astuzia cristiana, ma agnello sempre. Perché se tu sei agnello, Lui ti difende. Ma se tu ti senti forte come il lupo, Lui non ti difende, ti lascia solo, e i lupi ti mangeranno crudo.»
14 Febbraio 2014, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
408._____ «Uno può pensare “ma come può un agnellino togliere tutti i peccati del mondo?”. Con l’amore, con la Sua mitezza. Gesù mai ha lasciato di essere agnello, mite, buono, pieno d’amore, vicono ai piccoli, vicino ai poveri. Era li, fra la gente, guariva tutti, insegnava, pregava. Ma tanto debole Gesù, come un agnello; ma ha avuto la forza di portare su di sè tutti i nostri peccati. Tutti. Lui è venuto per quello.»
19 Gennaio 2014, Santa Messa, Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, Roma
409._____ «Gesù è venuto al mondo con una missione precisa: liberarlo dalla schiavitù del peccato caricandosi le colpe dell’umanità. In che modo? Amando. Non c’è altro modo di vincere il male e il peccato se non con l’amore che spinge il dono della propria vita per gli altri. La massa enorme del male viene portata via da una creatura debole e fragile [l’agnello], simbolo di docilità e amore indifeso, arriva fino al sacrificio di sè. L’agnello non è un dominatore, ma è docile; non è aggressivo, ma pacifico; non mostra gli artigli o i denti difronte a qualsiasi attacco, ma sopporta ed è remissivo. E così è Gesù. Così è Gesù: come un agnello. Che cosa significa per noi, oggi, essere discipulo di Gesù, agnello di Dio? Significa mettere al posto della malizia, l’innocenza; al posto della forza, l’amore; al posto della superbia, l’umiltà; al posto del prestigio, il servizio. È un buon lavoro, eh. Noi cristiani dobbiamo fare questo. Essere discipuli dell’agnello significa non vivere come una cittadella assediata, ma come una città posta sul monte, aperta, accogliente, solidale. Vuol dire non assumere atteggiamenti di chiusura, testimoniando con la nostra vita che seguire Gesù ci rende più liberi e più gioiosi.»
19 Gennaio 2014, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
410. [... e ci apre le porte alla consolazione, ... ] «La dolce e consolante allegria di evangelizzare. Se noi vogliamo andare un pò sulla strada della mondanità e negoziare con il mondo, mai avremo la consolazione del Signore. Se noi cerchiamo soltanto la consolazione, sarà una consolazione superficiale, non quella del Signore ma una consolazione umana. La Chiesa sempre va tra la croce e la risurrezione, tra le persecuzioni e la consolazione del Signore. Questo è il cammino, chi va per questa strada non si sbaglia.»
23 Aprile 2013, Concelebrazione eucaristica con i Cardinali, Cappella Paolina,
Vaticano
410. [... alla gioia del Signore, ... ] «Dove nasce la gioia? Nasce da “ah, sabato sera torno a casa e vado a ballare”, nasce da quello? Alcuni diranno “la gioia nasce dalle cose che si hanno”, e allora ecco la ricerca dell’ultimo modello di smartphone, della macchina che si fa notare. Ma io vi dico sul serio, io mi sento male quando vedo un prete con la macchina ultimo modello – ma non si può! Voi pensate “ma adesso padre dobbiamo andare con la bicicletta?” mah, è buona la bicicletta, eh. La macchina è necessaria, ma prendetene una più umile. Se ti piace quella più bella, pensate a quanti bambini muoiono di fame. Soltanto quello. La gioia non viene dalle cose che si hanno. Altri dicono dalle esperienze più estreme per sentire il brivido delle sensazioni più forti. Alla gioventù piace andare sul filo del coltello. Altri ancora dal vestito più alla moda, dal divertimento nei locali più in voga, altri ancora dal successo con le ragazze, ando magari da una all’altra. Questa insicurezza dell’amore, un amore alla prova. Tutto questo può appagare qualche desiderio, ma alla fine è una gioia che rimane in superficie, non scende nell’intimo. È l’ebbrezza di un momento che non rende realmente felici. La vera gioia non viene dalle cose, nasce dall’incontro, dalla relazione con gli altri, dal sentirsi amati e dall’accettare, dal comprendere e dall’amare, e questo non per l’interesse di un momento, ma perché l’altro è una persona. La gioia dalla gratuità di un incontro. È il sentirsi dire “tu sei importante per me”, non necessariamente a parole. È questo che Dio ci dice. Nel chiamarci ci dice “tu sei importante per me, conto su di te”. Gesù a ciascuno di noi dice questo. Di là nasce la gioia, la gioia del momento che Gesù mi ha guardato. Capire e sentire questo è il segreto della nostra gioia. Sentire che per Dio siamo persone, non numeri.»
6 Luglio 2013, Udienza con seminaristi e novizi, Aula Paolo VI, Vaticano
411._____ «Qual’è il motivo di rallegrarsi? È questo: il Signore è vicino, ascolta il grido degli umili e libera dal male. La gioia vera non è qualcosa di superficiale, non viene dalle cose, dalle circostanze favorevoli. La gioia vera
viene da un’armonia profonda tra le persone, che tutti sentono nel cuore e che ci fa sentire la bellezza di essere insieme, di sostenerci a vicenda nel cammino della vita. Ma alla base di questo sentimento di gioia profonda c’è la presenza di Dio. C’è il Suo amore accogliente, misericordioso e rispettoso verso tutti. E soprattutto un amore paziente. La pazienza è una virtù di Dio.»
27 Ottobre 2013, Santa Messa, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
412._____ «Il cristiano è un uomo e una donna di gioia. Cos’è questa gioia? È l’allegria? No, non è lo stesso. La gioia è di più è diversa. È una cosa che non viene dai motivi del momento. È una cosa più profonda, è un dono. L’allegria se noi vogliamo viverla tutti i momenti alla fine si trasforma in leggerezza e superficialità, anche ci porta a quello stato mi mancanza di saggezza cristiana, ci fa scemi e ingenui. La gioia è un’altra cosa. La gioia è un dono del signore. Ci riempie da dentro. È come un’unzione dello spirito. E questa gioia viene nella sicurezza che Gesù è con noi e con il Padre.»
10 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
413._____ «Noi pensiamo sempre a Gesù quando predicava, quando guariva, quando camminava, andava per le strade, anche durante l’Ultima Cena… Ma non siamo tanto abituati a pensare a Gesù sorridente, gioioso. Gesù era pieno di gioia: pieno di gioia. In quella intimità con suo Padre. È proprio il mistero interno di Gesù, quel rapporto con il Padre nello Spirito. È la sua gioia interna, la sua gioia interiore che Lui dà a noi. Non si può pensare una Chiesa senza gioia e la gioia della Chiesa è proprio questo: annunciare il nome di Gesù. Dire: “Lui è il Signore. Il mio sposo è il Signore. È Dio. Lui ci salva, Lui cammina con noi”. E quella è la gioia della Chiesa.»
3 Dicembre 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
414. [... alla pace... ] «Chi segue Cristo riceve la vera pace. Quella che solo Lui e non il mondo ci può dare. Qual’è la pace che [San] sco ha colto e vissuto, e ci trasmette? Quella di Cristo, ata per l’amore più grande, quella della Croce. È la pace che Gesù risorto donò ai discepoli quando apparve in mezzo a loro. La pace scana non è un sentimento sdolcinato. Questo non esiste. E neppure è una specie di armonia panteistica con l’energia del cosmo. Anche questo non è scano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito. La pace di San sco è quella di Cristo e la trova chi prende su di sè il Suo giogo, cioè chi prende su di sè il Suo comandamento “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. Questo giogo non si può portare con arroganza, presunzione, superbia, ma solo con mitezza e umiltà di cuore.»
4 Ottobre 2013, Santa Messa, Piazza San sco, Assisi
415._____ «Gloria a Dio. A questo prima di tutto ci chiama il Natale. Gloria a Dio perché è buono, è fedele, è misericordioso. La vera pace non è un equilibrio tra forze contrarie, non è una bella facciata dietro la quale ci sono contrasti e divisioni. La pace è un impegno di tutti i giorni. La pace è artigianale! - che si porta avanti a partire dal dono di Dio, dalla Sua grazia che ci ha dato Gesù Cristo. Non perdiamo mai il coraggio della preghiera, il coraggio di dire "Signore, dona la tua pace al mondo intero". Fermiamoci davanti al bambino di Betlemme. Lasciamo che il nostro cuore si commuova. Non abbiamo paura di questo! Lasciamo che il nostro cuore si commuova, ne abbiamo bisogno! Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio! Abbiamo bisogno delle Sue carezze. Le carezze di Dio non fanno ferite, le carezze di Dio ci danno pace e forza. Dio è grande nell'amore. Dio è pace, chiediamogli che ci aiuti a costruirla ogni giorno, nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nelle nostre città, e nel mondo intero. Lasciamoci commuovere dalla bontà di Dio.»
25 Dicembre 2013, Messaggio natalizio e Benedizione Urbi et Orbi, Loggia centrale, Basilica di San Pietro, Vaticano
416. [... ed all’amore di Dio... ] «La Croce di Gesù è la parola con la quale Dio ha risposto al male nel mondo. Se accolgo l’amore di Dio sono salvato. Se rifiuto l’amore di Dio sono condannato, non da Lui ma da me stesso, perché Dio non condanna. I cristiani devono rispondere al male con il bene, prendendo su di sè la Croce come Gesù. Continuiamo questa via crucis tutti i giorni. Camminiamo sulla via della Croce. Camminiamo portando nel cuore questa parola di amore e perdono.»
29 Marzo 2013, Via Crucis del Venerdi Santo, Colosseo, Roma
417._____ «Si può vincere per tante strade, ma la grazia che noi chiediamo oggi è la grazia della vittoria con l’amore, per mezzo dell’amore. E questo non è facile. Quando noi abbiamo nemici fuori che ci fanno soffrire tanto: non è facile, vincere con l’amore. Ci viene la voglia di vendicarci, di fare un’altra contro di lui … L’amore: quella mitezza che Gesù ci ha insegnato. E quella è la vittoria! L’apostolo Giovanni ci dice, nella prima Lettera: “Questa è la nostra vittoria: la nostra fede”. La nostra fede è proprio questo credere in Gesù che ci ha insegnato l’amore e ci ha insegnato ad amare a tutti. E la prova che noi siamo nell’amore è quando noi preghiamo per i nostri nemici.»
24 Maggio 2013, Santa Messa, Domus Sanctae Marthae, Vaticano
418._____ «Nella Croce di Cristo c’è la sofferenza, il peccato dell’uomo, anche il nostro, e Lui accoglie tutto con le braccia aperte, carica sulle sue spalle le nostre croci e ci dice: Coraggio! Non sei solo a portarle! Io le porto con te e io ho vinto la morte e sono venuto a darti speranza, a darti vita. Che cosa lascia la Croce in ciascuno di noi? Vedete, lascia un bene che nessuno può darci: la certezza dell’amore fedele di Dio per noi. Un amore così grande che entra nel nostro peccato e lo perdona, entra nella nostra sofferenza e ci dona la forza per portarla, entra anche nella morte per vincerla e salvarci. Nella Croce di Cristo c’è
tutto l’amore di Dio, c'è la sua immensa misericordia. Non c'è croce, piccola o grande che sia, della nostra vita che il Signore non condivida con noi.»
26 Luglio 2013, Via Crucis, Lungomare di Copacabana, Giornata Mondiale della Gioventú
419. [... che ci attende quando entreremo in paradiso assieme ai Santi che ci hanno preceduto nella grazia del Signore.] «Stefano Morì come Gesù, chiedendo perdono per i suoi uccisori. Nel clima gioioso del Natale, questa commemorazione potrebbe sembrare fuori luogo. Il Natale infatti è la festa della vita e ci infonde sentimenti di serenità e di pace. Perché turbarne l'incanto con il ricordo di una violenza così atroce. In realtà, nell'ottica della fede la festa di Santo Stefano è in piena sintonia con il significato profondo del Natale. Nel martirio infatti la violenza è vinta dall'amore, la morte dalla vita. La Chiesa vede nel sacrificio dei martiri la loro nascita al cielo. Celebriamo dunque oggi il Natale di Stefano, che in profondità scaturisce dal Natale di Cristo. Gesù trasforma la morte di quanti lo amano in aurora di vita nuova. Nel martirio di Stefano si riproduce lo stesso confronto tra il bene ed il male, tra l'odio ed il perdono, tra la mitezza e la violenza che ha avuto il suo culmine nella croce di Cristo. La memoria del primo martire viene così immediatamente a dissolvere una falsa immagine del Natale, l'immagine fiabesca e sdolcinata che nel Vangelo non esiste. La liturgia ci riporta al senso autentico dell'incarnazione, collegando Betlemme al Calvario e ricordandoci che la salvezza divina implica la lotta al peccato che a attraverso la porta stretta della croce. Questa è la strada che Gesù ha indicato chiaramente ai Suoi discepoli, come attesta il Vangelo d'oggi: "sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato".»
26 Dicembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
420._____ «Il traguardo della nostra esistenza non è la morte, ma è il paradiso. I
Santi, gli amici di Dio, ci assicurano che questa promessa non delude. Nella loro esistenza terrena infatti hanno vissuto tutto in comunione profonda con Dio. Nel volto dei fratelli più piccoli e disprezzati hanno veduto il volto di Dio e ora lo contemplano faccia a faccia, nella Sua bellezza gloriosa. I Santi non sono super uomini, ne sono nati perfetti. Sono come noi. Sono persone che per raggiungere la gloria del cielo hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze. Ma cosa ha cambiato la sua vita? Eh, quando hanno conosciuto l’amore di Dio. L’hanno seguito con tutto il cuore, senza condizione ed ipocrisie. Hanno speso le loro vite al servizio degli altri, hanno sopportato sofferenze ed avversità senza odiare e rispondendo al male con il bene, fondendo gioia e pace. Questa è la vita dei Santi, persone che per l’amore di Dio non hanno fatto la sua vita con condizione a Dio, non sono stati ipocriti, hanno speso la sua vita al servizio degli altri. Hanno sofferto tante avversità, ma senza odiare. I Santi mai hanno odiato. Capite bene questo: l’amore è di Dio, ma l’odio di chi viene? Viene dal diavolo e i Santi si sono allontanati dal diavolo. I Santi sono uomini e donne che hanno la gioia nel cuore e la trasmettono agli altri, ai più bisognosi. Quella è la strada della santità. Essere Santi non è un privilegio di pochi, come se qualcuno avesse avuto una grossa eredità. Tutti noi abbiamo l’eredità di poter diventare Santi nel battesimo. È una vocazione per tutti. Tutti siamo chiamati a camminare sulla via della santità e questa via ha un nome, ha un volto: il volto di Gesù, Lui ci insegna a diventare Santi. Lui nel Vangelo ci mostra la strada, quella delle beatitudini. Il regno dei cieli infatti è per quanti non pongono le loro sicurezze nelle cose, ma nel regno di Dio, per quanti hanno un cuore semplice, umile, non presumono di essere giusti e non giudicano gli altri. Quanti sanno soffrire con chi soffre e gioire con chi gioisce. Non sono violenti, ma misericordiosi e cercano di essere artefici di riconciliazione e di pace. Così è bella la santità, è una bella strada. Oggi i Santi ci danno un messaggio in questa festa, ci dicono “fidatevi del Signore, perché il Signore non delude”. Il Signore non delude mai, è un buon amico, sempre al nostro fianco. Non delude mai. Con la loro testimonianza, i Santi ci incoraggiano a non avere paura di andare contro corrente, o di essere derisi quando parliamo di Lui e del Vangelo. Ci mostrano con la loro vita che chi rimane fedele a Dio e alla Sua parola sperimenta già su questa Terra il conforto del Suo amore.»
1 Novembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
421._____ «La comunione dei santi va al di la della vita terrena, va oltre la morte, dura per sempre e continua nell’altra vita. C’è un legame profondo ed indissolubile tra quanti sono ancora pellegrini in questo mondo – noi – e coloro che hanno varcato la soglia della morte per entrare nell’eternità. Tutti i battezzati qui giù in Terra, tutte le anime del purgatorio e tutti i Beati in paradiso formano una sola grande famiglia. Questa comunione fra Terra e cielo si realizza specialmente nella preghiera di intercessione. Ci troveremo di nuovo tutti insieme in cielo. Andiamo a questo cammino con fiducia, con gioia – un cristiano deve essere gioioso – di avere tanti fratelli battezzati che camminano con noi, e anche con l’aiuto dei fratelli e delle sorelle che fanno questa strada per andare al cielo; e anche con l’aiuto dei fratelli e delle sorelle che sono in cielo e pregano Gesù per noi. Avanti per questa strada – e con gioia!»
30 Ottobre 2013, Udienza Generale, Sagrato della Basilica di San Pietro, Vaticano
422._____ «È tanto bella quella visione del cielo che abbiamo sentito nella prima lettura [Ap 7, 9-14]: il Signore, Dio, la bellezza, la bontà, la verità, la tenerezza, l’amore pieno. Ci aspetta quello. E quelli che ci hanno preceduti, e hanno morto nel Signore, sono là. Proclamano che sono stati salvati non per i suoi opere – ma hanno fatto opere buone – ma sono stati salvati dal Signore. La salvezza appartiene al nostro Dio. È Lui che ci salva, che ci portà come un papà nella mano, alla fine della nostra vita, in quel cielo dove sono i nostri antenati. Soltanto possiamo entrare nel cielo grazie al sangue dell’Agnello, grazie al sangue di Cristo che ci ha giustificati ed ha aperto le porte del cielo. I nostri fratelli che ci hanno preceduto in cielo sono là perché sono stati lavati dal sangue di Cristo – e quella è la nostra speranza, la speranza del sangue di Cristo e questa speranza non delude. Lui non delude mai. Vedere Dio, essere simili a Dio: questa è la nostra speranza. I nostri fratelli e sorelle sono alla presenza di Dio. Anche noi saremo li per pura grazia del Signore, se noi camminano sulla strada di Gesù. Tutti noi avremo un tramonto. “Lo guardo con speranza, con quella gioia di essere ricevuto dal Signore?” – questo ci da pace. Pensiamo al nostro tramonto, quando verrà, pensiamo al nostro cuore e domandiamoci: “dove è ancorato il mio cuore?”. Ancoriamo là, in quella riva, sapendo che la speranza non delude, perché il Signore Gesù non delude.»
1 Novembre 2013, Santa Messa, Cimitero del Verano, Roma
423._____ «Lui è il nostro Dio. Lui è il Dio di ognuno di noi, come se Lui portasse il nostro nome: questa è l’alleanza. In Gesù, Dio ci dona la vita eterna, la dona a tutti. Tutti grazie a Lui hanno la speranza di una vita ancora più bella di questa. La vita che Dio ci prepara non è un semplice abbellimento di questa attuale. Essa supera la nostra immaginazione, perché Dio ci stupisce continuamente con il Suo amore e la Sua misericordia. Non è questa vita a fare da riferimento all’eternità, ma è l’eternità a illuminare e dare speranza alla vita terrena di ciascuno di noi. Se guardiamo solo con occhio umano siamo portati a dire che il cammino dell’uomo va dalla vita verso la morte – quello si vede –, ma quello è soltanto se lo guardiamo con occhio umano. Gesù capovolge questa prospettiva e afferma che il nostro pellegrinaggio va dalla morte alla vita – la vita piena. Noi siamo in cammino, in pellegrinaggio, verso la vita piena – e quella vita piena è quella che ci illumina nel nostro cammino! La morte sta dietro, alle spalle, non davanti a noi. Davanti a noi sta il Dio dei viventi, il Dio dell’alleanza, il Dio che porta il mio nome, il nostro nome! L’inizio di un nuovo tempo di gioia e luce senza fine. Già su questa terra, nella preghiera, nei sacramenti nella fraternità, noi incontriamo Gesù e il Suo amore, e così possiamo pregustare qualcosa della vita risorta. L’esperienza che facciamo del Suo amore e della Sua fedeltà accende come un fuoco nel nostro cuore, e aumenta la nostra fede nella risurrezione. Infatti, se Dio è fedele e ama, non può esserlo a tempo limitato. La fedeltà è eterna. Non può cambiare. L’amore di Dio è eterno, non può cambiare. È per sempre. Lui è fedele, per sempre. Lui ci aspetta, accompagna ognuno di noi con questa fedeltà eterna.»
10 Novembre 2013, Angelus Domini, Piazza San Pietro, Vaticano
424._____ «Ogni volta che ci troviamo di fronte alla morte di una persona cara, sorge in noi la domanda “che cosa ne sarà della sua vita, del suo lavoro?”. Il libro della Sapienza ci ha risposto “essi sono nelle mani di Dio”. La mano è segno di un rapporto personale di affetto e fedeltà. Questa realtà, piena di
speranza è la prospettiva della risurrezione finale, della vita eterna alla quale sono destinati i giusti, coloro che accolgono la parola di Dio e sono docili al Suo spirito. Preghiamo affinchè il Signore ci prepari a quest’incontro. Non sappiamo la data, ma l’incontro ci sarà.»
4 Novembre 2013, Messa in suffragio di cardinali e vescovi defunti, Basilica di San Pietro, Vaticano
Per scuotere le coscienze
«I Santi non nascono già così, lo diventano perché come Simon-Pietro si fidano della parola del Signore e prendono il largo.» [352]
«Guardate che l’amore di cui parla Giovanni non è l’amore delle telenovele!» [402]
«Per perdonare, contempla Gesù sofferente. Per non odiare il prossimo, contempla Gesù sofferente. Per non chiacchierare contro il prossimo, contempla Gesù sofferente.» [354]
«In quel momento [della crocifissione], ricordandosi le promesse dell’annunciazione, [Maria] avrebbe potuto dire “questo non è vero, sono stata ingannata”. Non lo ha fatto. Da questa sua fede vede sbocciare con speranza il domani di Dio.» [371]
«E sempre quando noi scendiamo dalla Croce, lo facciamo cinque minuti prima che venga la liberazione, nel momento dell’impazienza più grande.» [358]
«Non possiamo dire: “Io ho speranza nella vita, ho speranza in Dio”. No: se tu non dici: “Ho speranza in Gesù, in Gesù Cristo, Persona viva, che adesso viene nell’Eucaristia, che è presente nella sua Parola”, quella non è speranza. È buon umore, ottimismo.» [365]
«La fecondità dell’annuncio del Vangelo non è data ne dal successo, ne dall’insuccesso secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della croce di Gesù che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi – la logica dell’amore.» [377]
«Anche a noi ci tendono trappole nella vita. Quante volte si sente dire: “Ma, voi cristiani, siate un pò più normali, come le altre persone, ragionevoli!”. Questo è un discorso da incantatori di serpenti.» [379]
«Noi possiamo fare tutte le opere sociali che vogliamo, e diranno: “Ma che brava, la Chiesa, che buona l’opera sociale che fa la Chiesa”. Ma se noi diciamo che noi facciamo questo perché quelle persone sono la carne di Cristo, viene lo scandalo.» [379]
«Se noi diventiamo cristiani ragionevoli, cristiani sociali, cristiani di beneficienza soltanto, quale sarà la conseguenza? Che non avremo mai martiri: quella sarà la conseguenza.» [379]
«Perché Giovanni è Santo e non ha peccato? Perché mai, mai ha preso una verità come propria. Non ha voluto farsi ideologo.» [384]
«Quando a una persona danno una carica che secondo gli occhi del mondo è una carica superiore, si dice: “Ah, questa donna è stata promossa a presidente di quell’associazione e questo uomo è stato promosso …”. Questo verbo, promuovere: sì, è un verbo bello, si deve usare nella Chiesa. Sì: “questo è stato promosso alla Croce, questo è stato promosso alla umiliazione”. Quella è la vera promozione, quella che ci assomiglia meglio a Gesù!» [398]
«Qualcuno può dire – e ci sono stati alcuni filosofi che pensavano così – che questa sia come un’umiliazione della maestà dell’uomo, della grandezza dell’uomo. Questo è sterile. La forza del Vangelo è proprio nell’umiltà.» [406]
«Io mi sento male quando vedo un prete con la macchina ultimo modello – ma non si può! Voi pensate “ma adesso padre dobbiamo andare con la bicicletta?” mah, è buona la bicicletta, eh. La macchina è necessaria, ma prendetene una più umile. Se ti piace quella più bella, pensate a quanti bambini muoiono di fame.» [411]
«Nel chiamarci [Dio] ci dice “tu sei importante per me, conto su di te”. Di là nasce la gioia, la gioia del momento che Gesù mi ha guardato.» [411]
«“Questa Messa, che lunga s’è fatta!”. [...] Ma se tu vai su questo atteggiamento della gioia, della lode a Dio, quello è bello! L’eternità sarà quello: lodare Dio! E quello non sarà noioso: sarà bellissimo! Questa gioia ci fa liberi.» [300]
«Non c'è croce, piccola o grande che sia, della nostra vita che il Signore non condivida con noi.» [419]
«Essere Santi non è un privilegio di pochi, come se qualcuno avesse avuto una grossa eredità. Tutti noi abbiamo l’eredità di poter diventare Santi nel battesimo. È una vocazione per tutti.» [421]
«Se guardiamo solo con occhio umano siamo portati a dire che il cammino dell’uomo va dalla vita verso la morte – quello si vede –, ma quello è soltanto se lo guardiamo con occhio umano. Gesù capovolge questa prospettiva e afferma che il nostro pellegrinaggio va dalla morte alla vita – la vita piena.» [424]
«Chi pratica la misericordia non teme la morte!» [396]
Chiosa
426._____ «Domandiamoci, coraggiosamente, come abbiamo vissuto il tempo che Lui ci ha donato? Lo abbiamo vissuto soprattutto per noi stessi, per i nostri interessi o abbiamo saputo spenderlo anche per gli altri? Quanto tempo abbiamo riservato per stare con Dio nella preghiera, nel silenzio, nell’adorazione? Ringraziamo per tutti i benefici che Dio ha elargito e soprattutto per la Sua pazienza e la Sua fedeltà che si manifestano nel succedersi dei tempi, ma in modo singolare nella pienezza del tempo quando Dio mandò il Suo figlio nato di donna. La madre di Dio ci insegni ad accogliere il Dio fatto uomo perché ogni anno, ogni mese, ogni giorno sia colmo del Suo eterno amore. Così sia.»
31 Dicembre 2013, Celebrazione dei Vespri e Te Deum, Basilica di San Pietro, Vaticano
427._____ «Ecco cari amici, non vi ho dato ricette nuove, non le ho. E non credete a chi dice di averle: non ci sono. Ascoltate la parola, camminate insieme in fraternità, annunciate il Vangelo nelle periferie. Il Signore vi benedica, la Madonna vi protegga e sco vi aiuti a tutti a vivere la gioia di essere discepoli del Signore. Grazie.»
4 Ottobre 2013, Incontro con i membri della Chiesa locale, Cattedrale di San Rufino, Assisi
[1]
[2]