Giuseppe Puccio
Elitheria - Un'esperienza senza confine
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Indice dei contenuti
Capitolo 1 Capitolo 2 Capitolo 3 Capitolo 4 Capitolo 5 Capitolo 6 Capitolo 7 Capitolo 8 Capitolo 9 Capitolo 10 Capitolo 11 Capitolo 12
Capitolo 1
Axel incontra il signor Anderson
La vita è come un gioco. Ogni giorno è un livello sempre più difficile. Ma è possibile arrivare ad un momento in cui si può giocare anche senza livelli? Sono arrivato in un momento in cui devo iniziare a giocare da zero, e ho assolutamente intenzione di terminare subito i livelli più difficili. La mia può sembrare una semplice metafora, ma non è così, la mia vita è davvero diversa da tutte le altre, i miei livelli più alti sono impercorribili per persone diverse da me. Ma io ho questo gioco, sono in questo gioco e come tale deve essere concluso, ma il più presto possibile, prima che il tempo si esaurisca. Ho appena fallito in molte prove e le possibilità a me rimaste sono davvero ormai poche, credo anzi che questa sia proprio l'ultima, se perdo anche questa partita ho perso definitivamente anche il gioco. Come ho già prima anticipato la mia vita è diversa dalla vostra, non so perché proprio a me, ma è questa e devo affrontarla così come è senza volerne un'altra. Io, almeno per la gente che mi è stata accanto, ero un comune cittadino di Bennington, con una spiccata ione per le arti marziali e di combattimento in generale che poi in un secondo tempo, senza che io lo chiedessi ho dovuto davvero praticare ma in un modo assai più difficile delle semplici gare sportive, o delle quotidiane risse di strada. Ho dovuto aumentare le mie abilità in questo settore perché gli avversari che io stesso devo affrontare sono troppo forti, non tanto a livello fisico quanto a livello mentale, emotivo e del pensiero. Per essere più preciso vi rendo subito nota la mia questione sin dall'origine senza soffermarmi troppo nel dettaglio ma solo per farvi entrare meglio nella storia e perché no, rendervi anche spettatori di questa mia ultima partita. Il mio nome è Axel Drage e ho trascorso tutta la mia adolescenza nella casa della mia giovane nonna, purtroppo i miei se ne sono andati ancor prima che io potessi
ricordarmi di loro. Tuttavia la mia infanzia è stata molto serena e felice, come quella di molti altri bambini. Questa storia ebbe il suo inizio nello scorso inverno. Avevo quattordici anni, quel giorno avrei avuto a scuola una verifica molto importante di chimica, ma non ero abbastanza preparato. Così, dopo gli insistenti inviti dei miei amici di liceo, accettai di andare con loro in montagna a Wells. Prendemmo allora il treno per andare in quella città, ma durante il viaggio mi addormentai. Al mio risveglio i miei amici non c'erano più, ed ero inoltre sicuro che avevo già superato di molto la località di Wells. ''Saranno scesi senza di me, e a causa della confusione nel treno non si sono accorti della mia assenza'' pensai. Inoltre mi ritrovai da solo a dovermi orientare sulla strada del ritorno in quanto non avevo intenzione di dare un dispiacere a mia nonna. Scesi nella stazione più vicina. Adesso avevo capito che mi trovavo a Longford, circa venti chilometri dalla mia città. Purtroppo il cellulare era scarico e non avevo soldi, ma mi accorsi, alzando lo sguardo verso l'orologio della stazione, che mancavano ancora più di quattro ore al mio consueto rientro a casa. Uscito allora dalla stazione camminai alla ricerca di qualche buon uomo che mi offrisse dei soldi per potermi comprare un biglietto di ritorno del treno. Non conoscevo affatto questa città. Chiesi a molta gente riguardo i soldi, ma ogni persona aveva una buona scusa per non darmeli. Io non mi fermai. Continuai con insistenza fino a quando un anziano signore, dai capelli e baffi ben curati e grigi, e con dei dorati occhialetti rotondi sostenuti da un piccolo naso, mi aveva sentito chiedere soldi ai anti e così lui stesso si prestò a darmeli e mi invitò a casa sua. Per evitare che si dispie, accettai e così proseguimmo a piedi la strada verso il suo alloggio. Viveva da solo, tuttavia la casa era ben curata ed accogliente. Entrando nell'abitazione notai subito un ampio camino , certamente era molto gradito un caldo fuoco in quel momento. Ricordo ancora molto bene come pungente fosse il freddo di quella giornata. L'anziano mi offrì una cioccolata calda con dei biscotti fatti in casa, erano davvero buoni. Pur essendo perfetti estranei iniziammo, senza quasi rendercene conto, a trattare i più svariati argomenti. Ricordo però che ogni volta che si stava per parlare della sua famiglia egli cambiava velocemente discorso, ma non si intristiva, piuttosto lo vedevo preoccupato: forse si era allontanato dai suoi parenti e l'anziano non voleva parlarne, tuttavia io non mi soffermai molto nella questione. arono un paio d'ore, già si stava facendo tardi, così dopo averlo ringraziato e salutato me ne
andai. Appena uscii di casa sentii, da dietro l’uscio, l'anziano parlare con almeno altre due persone. Io allora tornai indietro, bussai alla porta della casa e mi aprì l'anziano che con un artificiale sorriso mi chiese se avessi dimenticato qualcosa. Risposi di aver sentito delle voci e il parlare di altre persone, l'anziano allora frettolosamente mi disse che probabilmente avevo sentito solo la radio e con un veloce saluto mi invitò a raggiungere presto la stazione perché il treno sarebbe partito dopo dieci minuti. Con o veloce mi sono diretto alla stazione, comprai il biglietto e subito dopo salii sul treno. Arrivato a Bennington aspettai il tempo esatto prima di rientrare nella mia abitazione per non insospettire mia nonna. ata un'altra ora seduto nella panchina della piazza, rientrai a casa e fortunatamente trovai mia nonna tranquilla come al solito. Il giorno dopo andai regolarmente a scuola e i miei amici, appena mi videro, si scusarono subito per l'episodio del giorno prima. Tutto tornò tranquillo e normale.
Capitolo 2
Una notizia inaspettata
arono circa due mesi e io e i miei cugini andammo a Longford per la fiera regionale di oggettistica e nuovi prodotti da introdurre nel commercio, in pratica era una fiera in cui venivano esposti e anche venduti alcuni prodotti strani e a volte bizzarri per verificare se alla gente piero e in caso affermativo iniziarli a vendere in quantità industriali. Arrivati nel luogo in cui si teneva questa fiera, io e gli altri andammo in giro per curiosare tra le diverse stranezze. Ricordo ancora un oggetto davvero strano ma anche molto divertente. Consisteva in un particolare taccuino assolutamente simile a tutti gli altri alla vista, ma che invece aveva un particolare sistema che ancora oggi non sono riuscito a comprendere, il quale permetteva a chi scriveva di stilare un imponente, quasi infinito, numero di cose, senza però sprecare assai pagine (come se quando, una volta chiuso il libro, le pagine si fondessero tra loro così da minimizzare lo spessore del libretto).Tornando alla storia, dopo aver curiosato per circa un' oretta tra i diversi banconi esposti, rincontrai di nuovo il vecchio anziano che diverse settimane prima mi aveva offerto i soldi per il treno. Anche lui era in quella fiera a vendere delle cosette lignee fatte da lui. Erano molto belle e fatte con grande maestria, tutte ben definite e sicuramente molto innovative, ma allo stesso tempo tradizionali. Io decisi di comprare un caratteristico orologio in legno, verniciato, di colore bianco avorio con la particolare caratteristica di poter registrare qualsiasi appuntamento o attività si voglia attraverso un piccolo dispositivo posto nel retro. Dopo un po’ di chiacchiere ci presentammo, infatti, la volta precedente avevamo parlato delle più svariate cose, senza però esserci detti ancora come ci chiamavamo. «Sono Arthur Anderson», disse l'anziano «io invece mi chiamo Axel Drage», risposi.
Appena dissi il mio nome lo sguardo del signor Anderson assunse una fisionomia di stupore. Subito egli continuò: «sei per caso un parente dei signori Orogon e Nariam Drage?» «Si, sono il figlio» risposi. Per qualche attimo stette lì, fermo, sorpreso, un lieve sorriso di soddisfazione si impose sul suo volto che sembrò illuminarsi. «Sai che conoscevo i tuoi genitori?», mi disse, « ti prego, a da casa mia appena puoi così parliamo un po’» Io rimasi molto stupito che l'anziano Anderson conoscesse i miei genitori e quando gli chiesi di parlarmi di come si fossero conosciuti, egli mi rispose che mi avrebbe detto tutto non appena ci fossimo incontrati per l'appuntamento. Terminata la giornata alla fiera e rientrato a casa chiesi a mia nonna se per caso conoscesse il signor Arthur Anderson, lei, sbigottita mi domandò: "come conosci questo nome?", ovviamente io non potei dirle la verità, perché era stato proprio il giorno in cui marinai la scuola, così mi inventai una frettolosa scusa; le dissi tuttavia che l'anziano, in un giorno a venire, mi avrebbe parlato dei miei genitori. A quel punto mia nonna, molto turbata, come se avessi detto qualcosa di assurdo, mi proibì severamente di incontrare il signor Anderson, senza darmi spiegazione alcuna. La cosa mi incuriosì molto, certo ero molto preoccupato e tentai in tutti i modi di farmi dire il motivo della sua decisione, ma il desiderio di conoscere ebbe la meglio sul timore e l'ubbidienza. Così qualche giorno dopo, prima di rientrare in casa, ai dal signor Anderson come era stato programmato il giorno della fiera. Arrivato davanti l'abitazione dell'anziano bussai alla porta, egli mi aprì ed entrato in casa, vidi altri due uomini di non bell'aspetto. I vestiti erano piuttosto vecchi e molto sporchi, indossavano pantaloni alquanto larghi e rispettivamente una camicia a quadri e una monocromo. I capelli, in entrambi i casi castani, non erano pettinati e in alcun modo curati, lo sguardo e il portamento non trasferivano alcuna serenità. Subito chiesi allora al signor Anderson chi fossero i due, e l'anziano con dolce sorriso mi tranquillizzò dicendo che erano solo dei suoi vecchi amici e che anche loro conoscevano i miei genitori. Appena si presentarono riconobbi subito le loro voci, erano le stesse che avevo sentito quando uscii dalla casa del signor Anderson la prima volta che lo incontrai. Devo dire che il loro linguaggio mi stupì molto, era assai diverso e antitetico dal loro aspetto. Infatti presupponevo che gente con tale abbigliamento dovesse
avere un parlato basso e da volgo, invece la voce era molto limpida e raffinata. «Sono Michael», disse il primo «io invece mi chiamo Andrew», continuò l'altro. «Se siamo qui oggi è per dirti una cosa molto importante che molto probabilmente tu non conosci, riguarda i tuoi genitori e forse inizialmente rimarrai un po’ scettico». Allora subito chiesi: «perché? Cosa c'è che io non so?» «Evidentemente non ti è stato detto chi sei veramente e perché i tuoi genitori non sono più con te», dissero i signori «sono morti, in un incidente», risposi «no, non è così, non ti è stata detta la verità!» «e quale sarebbe?», chiesi «Da quando i tuoi genitori sono stati catturati, tua nonna, la regina Siopea…» «la regina?», lo interruppi, guardandolo come se avesse qualche rotella fuori posto. «Si, esattamente. Ha deciso di prenderti con sè per proteggerti ed evitarti un destino come quello dei tuoi genitori. Per questo è venuta a Bennington dandoti un' infanzia più serena. Si è dimenticata tuttavia dei suoi sudditi, si è istituita una grande anarchia, ma adesso la situazione è degenerata: il caos è penetrato nella nostra terra e abbiamo la grande urgenza che un discendente della regina ristabilisca l'ordine». Dette queste parole scoppiai a ridere, non riuscivo a fermarmi. Mi chiesi se fosse qualche assurdo scherzo televisivo, ma i volti dei due signori e soprattutto quello del signor Anderson rimasero molto seri. Allora pensai che forse lo scherzo stava ancora continuando, ma iniziava a non piacermi. Senza scompormi guardai dritto negli occhi il signor Anderson e gli chiesi ancora sorridendo:
«Ma cosa stanno dicendo?» «La verità» rispose l'anziano. Subito mi alzai dalla poltrona su cui sedevo. Pensai che quello fosse solo uno scherzo di cattivo gusto, mi arrabbiai molto con tutti loro. Andai via da quella abitazione, presi il treno e tornai subito nella mia città. Entrato in casa subito mia nonna notò il mio sguardo affaticato e pallido, «stai bene?», mi chiese, «dove sei stato?» «sono stanco, ho bisogno di riposarmi», risposi e mentre mi incamminavo nella mia stanza, accompagnato da mia nonna, continuai: «sono stato solo vittima di un brutto scherzo, secondo cui i miei genitori sarebbero ancora vivi. Non posso sopportare uno scherzo del genere» Mia nonna allora mi chiese: «chi te l'ha detto?» «beh, le stesse persone che tu volevi che non rincontrassi». Per un po’ di secondi mia nonna stette in silenzio e poi mi disse: «Cosa ti avevo detto io? Quelle persone molto tempo fa hanno dato alla nostra famiglia dei problemi con menzogne, non volevo che tu lo sapessi. Ora che lo sai evita assolutamente di rincontrarli, promettimelo» «si, te lo prometto» risposi. Quel giorno rimasi a riflettere per un po’ di tempo, soprattutto sul perché delle persone dovessero inventarsi delle cose talmente assurde e improbabili.
Capitolo 3
Un'incredibile scoperta
ata circa una settimana, ormai la vicenda si era già affievolita ed era diventata solo un ricordo. Mi trovavo a casa, mia nonna non c'era. Mentre ero alla ricerca di uno scatolo vuoto per mettere delle mie cose, aprii lo sportello di una credenza nella cucina. Alzando un barattolo mi ferii al dito con qualcosa di tagliente, non capivo cosa avesse potuto causare questo. Così guardando meglio vidi un chiodo fuoriuscire. Allora per evitare che qualcun’altro si fe male mi prestai a toglierlo. Nel rimuoverlo, si sollevò invece una porzione del fondo della dispensa. Non avevo mai visto quel doppio fondo. Avvicinai a me una sedia per salirci sopra e vedere meglio cosa fosse, dato che la credenza era piuttosto alta. Avvicinatomi alla rientranza scoprii delle carte ingiallite e sicuramente un po’ datate. Le presi tutte e le poggiai sul tavolo. Presi la prima carta che mi si presentò davanti. Era davvero particolare, c'erano dei segni che sembravano ideogrammi, ma molto diversi da quelli studiati a scuola degli egizi e altri popoli antichi. ai lo sguardo ad altre carte, tutte molto simili alla prima, con gli stessi segni strani. Soltanto una carta aveva un testo quasi comprensibile, nonostante fosse anch'essa mal ridotta e i bordi sembrassero bruciati e alcune parti del testo ormai illeggibili perché sbiaditi. Mi sono seduto sulla sedia e ho iniziato a leggere quel che potevo. Sicuramente era una lettera poiché era firmata col nome di Allycia. Riporto le parti che sono riuscito a leggere: "Cara Siopea qui a Bennington tutto è come il solito[...]so che il tuo ruolo ti impegna[...]spero che qualche giorno tu mi venga a trovare, salutami gli elitheriani da parte della loro Regina Deposta. Allycia". Pensai che molto probabilmente Allycia è mia zia Ally, anche la calligrafia era quella. I rapporti tra mia nonna e lei erano buoni. Così lo stesso giorno andai a trovarla, per chiederle cosa ci fosse scritto nell'intera lettera,
infatti, i vocaboli "Regina Deposta" ed "elitheriani" mi avevano incuriosito molto. Arrivato a casa sua, ella mi ospitò con molta accoglienza ed era espressamente felice della mia visita. «Axel che piacere vederti! Cosa ti porta qui?», disse lei Senza indugiare subito mostrai la lettera alla zia, la prese in mano e non capì subito di cosa si trattasse. «Zia, ho trovato questa lettera a casa di nonna, la scrittura mi sembra la tua e sono incuriosito di sapere cosa fosse» Poi ricordò, ma disse: «è semplicemente una vecchia lettera, niente di importante» Capii subito che mi nascondeva qualcosa, perciò stetti per un po’ di minuti a convincerla di dirmi la verità e dopo un intensa mezz'ora finalmente cedette e mi disse: «sono pur sempre tua zia e posso anch’io decidere cosa sia più giusto per me dirti, in fondo questa storia è parte della tua vita e hai già l'età giusta per conoscere la verità» «quale verità?» Chiesi. «Siamo un po’ diversi dalle altre persone, non so dirti se sia un bene o un male, ma abbiamo qualcosa che i tuoi amici non hanno» «che cosa?» chiesi incuriosito «sei un elitheriano, e come tale hai una peculiare abilità che ti distingue dagli altri tuoi simili" «di cosa si tratta?», chiesi molto attento alle parole di mia zia Ally «beh, non lo so… tu solo puoi saperlo, guardando dentro di te e trovare quel dettaglio che ti ha sempre distinto da tutti gli altri, anche la cosa più
insignificante può essere potenziata in qualcosa di straordinario e magico» «ma cosa stai dicendo zia? Magia?» «si può anche definire così se vuoi». Rimasi molto perplesso, e la zia vedendo che dubitavo uscì dalla stanza, al suo rientro aveva con se un paio di guanti di color argento. Li indossò, prese un po' di sale dalla cucina e fece un movimento ondeggiante con la mano, improvvisamente il sale aumentò enormemente di quantità e seguiva la stessa direzione delle mani della zia, sembrava una direttrice d'orchestra. Poi chiuse le mani e il sale che ormai fluttuava nell'aria si solidificò in una bella statua che sembrava fatta di cristallo. Al vedere questo rimasi per lo stupore un po’ di tempo davvero senza parole, la combinazione paura-meraviglia non mi permetteva di parlare. Immaginate voi di vivere una tale situazione. Trascorso questo tempo chiesi: «cos'è successo? Come hai fatto?» E lei rispose: «te l'ho detto, noi siamo Elitheriani e come tali abbiamo delle particolarità, a volte anche strane e bizzarre come la mia, ma tu sei un discendente diretto della regina e la tua abilità, pur non conoscendola, sarà molto potente e grandiosa, tuttavia tua nonna ha deciso di allontanarti da quel mondo per proteggerti da un destino potenzialmente simile a quello dei tuoi genitori» «regina?», mi domandai Poi ripensai ai due signori incontrati nella casa del signor Anderson e aggiunsi: «per caso conosci i signori Michael e Andrew?" «si certo», rispose, «sono gli antichi consiglieri della regina». Mi sedetti sul divano, mi sentivo molto strano, cooperavano dentro di me diverse emozioni. Lo stupore scherzava allegramente con la meraviglia, la paura rincorreva l’attrazione, l’incredulità si confrontava con la delusione. Quello che mia zia mi aveva mostrato però non potevo nasconderlo a me stesso, era pura
realtà. Il pensiero che mia nonna mi avesse nascosto tutto questo mi faceva solo tanta rabbia, cercavo di comprenderla ma non ci riuscivo. Così salutai frettolosamente mia zia e mi diressi a casa mia. Ancora mia nonna non era rientrata e la aspettai. Quando tornò, senza parlare, gli mostrai la lettera della zia, lei volse lo sguardo verso la credenza e vide che era aperta. Poi disse: «E’ una lettera di una mia vecchia amica. Perché me la stai mostrando?» «Ti piace di più se ti chiamo nonna o magari Sua Maestà?» dissi con grande rabbia «sei andato da zia Ally?», mi chiese «Si, mi ha detto tutto, non continuare a dirmi falsità, dimmi bene le cose come stanno. Perché mi hai nascosto tutto?» «per proteggerti» rispose con lo sguardo rivolto verso i miei occhi e la voce molto tenue. «da chi?» «da chi ha fatto male ai tuoi genitori» «I miei genitori? Allora quello che dicevano i signori Michael e Andrew era vero?!» Lei annuì. Io ancor più furibondo, andai in camera mia, presi il borsone della palestra, misi dentro lo stretto necessario ed uscii di casa.
Capitolo 4
Il viaggio verso Elitheria
Era tardo pomeriggio, presi il treno e andai a Longford nella casa del signor Anderson. Arrivai che era quasi sera. Bussai alla porta e mi aprì l’anziano, ovviamente del tutto impreparato alla mia visita. Appena entrato subito gli dissi con risolutezza: «voglio andare dai miei genitori» Lui sorrise e disse: «ora mi credi? Per andare dai tuoi genitori non serve di certo quello che hai adesso con te. Inoltre i tuoi genitori adesso non stanno proprio bene». «Come non stanno bene?» «sono stati presi da Ignis, e adesso si trovano imprigionati nella sua fortezza» «Non ci sto capendo più niente», dissi «Per favore mi puoi spiegare chi sono veramente io, dove si trovano i miei genitori, e tutto il resto?» «Tu sei un elitheriano. Questo popolo è molto avanzato e ogni diverso abitante ha un particolare potere che lo distingue da un altro. I discendenti diretti del re hanno dei poteri di straordinaria grandezza tra cui anche tu. «quanto dista da qui questo posto?», chiesi all’anziano dopo una breve risata rispose: «Elitheria non dista, si trova in un altro spazio. Ti svelo una cosa: adesso ci sono spedizioni, astronomi che tentano invano di trovare vita su Marte, Venere o
qualche altro pianeta dell’universo, ma non ci riusciranno mai. Infatti ognuno di essi è un pianeta a sè, con un proprio spazio, quindi per poterlo conoscere bisogna raggiungerlo attraverso il suo spazio e non il nostro, altrimenti vedremo solo una superficie rocciosa arida e priva di vita. E’ come quando nei film vedi quegli agenti speciali che indossano dei speciali occhiali che gli permettono di vedere i laser che proteggono il pregiato manufatto di un museo. Se non avessero quegli occhiali i fasci di luce non avrebbero potuto vederli, ma cambiando punto di vista e metodo di visione, si scopre qualcosa che prima non c’era. Così anche quegli astronomi, non avendo i giusti strumenti e il giusto metodo per andare su Marte, esploreranno il pianeta in una sola infinitesima parte di quanto invece esiste davvero lì. Per poter raggiungere il nostro pianeta poco più piccolo di questo, dobbiamo attraversare una porta molto inusuale.” L'anziano mi fece strada verso una stanza in fondo al corridoio. Appena entrati apparve alla mia vista una bella libreria, con scaffali in legno e un ampio camino nella parete di fronte alla porta della stanza. Poi il signor Anderson si avvicinò a della legna custodita in un manto color porpora, prese un grosso pezzo di legno e lo mise sul fondo del camino. «Ha intenzione di accendere un fuoco?», gli chiesi, l'anziano sorrise, ma non mi rispose. Io non reclamai. Ad un certo punto, da un alto vaso in ceramica blu, prese un' asticella di legno e poi la sfregò sul ramo. Io guardai la scena taciturno, chiedendomi tra me quale sarebbe stato lo scopo di quest'azione. L'anziano continuò a sfregare per alcuni minuti «vuole l'accendino?» «No, non serve», rispose. Dopo un paio di minuti accadde qualcosa di speciale. Si generò una grossa scintilla che provocò un accecante luce in tutta la stanza, al punto da dover chiudere gli occhi. Poi dalla superfice del legno, anziché crearsi una fiamma, si formò un piccolo fluido color cobalto che rapidamente si allargò fino a ricoprire tutta l'apertura del camino sotto forma di una sottile pellicola azzurrina. Rimasi tremendamente affascinato dalla cosa. L'anziano con un tranquillo “vieni" mi invitò di seguirlo ed oltreò quella fantastica membrana. Pur essendo conquistato da quella stranezza avevo anche un po’ di paura così, quando già
l'anziano se ne era andato, mi avvicinai molto lentamente e inserii il dito nella pellicola e, accertatomi allora che fosse tutto integro, oltreai interamente la superficie con un veloce scatto, ad occhi chiusi verso l'ignoto. Il aggio attraverso il velo era stato molto simile a come quando si esce dall'acqua del mare o come quando si attraversa una piccola cascata. Improvvisamente sentii il soffio di un leggero vento, l'aria divenne meno calda di quella della stanza in cui mi trovavo prima. Aperti gli occhi si mostrò alla mia vista qualcosa di unico che non avevo mai visto prima. Gli occhi subito si sono ravvivati nel vedere un maestoso cielo di un giallo brillante che illuminava tutto il resto, con una luce che proveniva dal firmamento stesso e non era generata da nessuna stella. Spumeggianti nuvole bianche rifinivano il cielo senza ricoprirlo più di tanto. Abbassando lo sguardo vidi qualcosa di ancor più meraviglioso e idilliaco: dei piccoli alberelli le cui foglie erano piccole sottili gemme rosa che con quella luce proiettavano nello spazio attorno dei fantastici fasci di luce. Queste piante stazionavano su un terreno rivestito di un prato con sfumature diverse, dal verde smeraldo al giallo oro. Accanto agli alberelli si ergevano degli alberi molto più grandi. Questi avevano foglie sempre simili al cristallo ma più grandi e questa volta della tonalità dell'azzurro. La chioma sembrava una grande fiamma blu che ardeva nel robusto tronco. Sparsi qua e la vi erano dei fiori, funghi e qualche altro tipo di pianta, ogni cosa era più bella dell'altra. Cercai tra questa meraviglia la figura del signor Anderson. Era poco più avanti di me, camminava lungo un sentiero fatto di pietre che sembravano perle. Appena lo raggiunsi gli chiesi: «è questa Elitheria?» «si, come ti sembra?» «un posto strano ma incredibilmente bello e suggestivo», risposi «questo è quel poco che resta del più bello tra i pianeti», disse l'anziano «cosa intendi dire?» «ora ti mostro una cosa» Camminammo per più di un ora, tuttavia le mie gambe non risentivano di alcuna fatica, era come se il terreno si sollevasse per aiutarti a camminare. Dopo i primi
dieci minuti vidi alcune creature molto belle, tutte grandi quasi quanto un uomo, ed erano per la maggior parte ibridi non solo tra animali, ma anche tra animali e uomini. Era tanto affascinante quanto terrorizzante. Vedere i bei centauri delle favole, adesso accanto a te, non è di certo una delle esperienze più quotidiane e usuali. Mentre guardavo quella grande creatura sentii una grande folata di vento sopra il mio capo. Alzai gli occhi e vidi tre magnifici mitologici grifoni che volavano con una invidiabile grazia. Il tutto stava divenendo sempre più entusiasmante, già mi sentivo parte di questa terra, la paura svanì e avevo solo una gran voglia di scoprire quante più cose possibili. Ad un certo punto l’anziano si fermò. Vi era una grossa valle oltre la quale si stendeva un paesaggio molto più scuro e diverso da quello finora da me visto. «che cosa è successo?», chiesi «Un tempo, una decina d’anni fa, anche quel luogo, adesso tenebroso, splendeva della stessa luce di dove ci troviamo adesso. Purtroppo il signore Oscuro, liberatosi dalle sue catene, adesso si sta vendicando anche col nostro pianeta. Infatti in tempi assai remoti i quattro figli della Grande Madre: Aeris, Aqua, Petride, Ignis ebbero la reggenza degli ultimi quattro pianeti che componevano il nostro sistema solare che presero il nome dei rispettivi sovrani: Aerionia, Aquada, Petrarimide, Ignisio. Come spesso accade, all’ultimo dei fratelli, Ignis, non bastava il suo pianeta, lo riteneva piccolo e poco fertile. Così preparò una grossa armata contro Aquada, il pianeta più vicino e militarmente più debole, senza alcuna pietà sterminò tutti i suoi abitanti, e imprigionò sua sorella Aqua. Gli altri due fratelli molto saggi e potenti non accettarono affatto l’azione del fratello e tentarono in tutti i modi di mediare con quest’ultimo, ma invano, in quanto egli era troppo assetato di ricchezza. Aeris e Petride a questo punto dovettero attaccare Ignis, cercando però di non coinvolgere il suo popolo. Nonostante gli scellerati atti del loro fratello, riuscirono comunque a sconfiggerlo e lo imprigionarono a Vectes, un piccolo pianeta nano disabitato. Sulla Terra il pianeta Vectes è chiamato Plutone. Circa mezzo millennio fa, Ignis trovò un modo per liberarsi, si diresse al Sole e rubò la Fonte Prima. Questa è la linfa vitale per tutti i pianeti del sistema solare. Una volta rubata, egli riuscì ad acquisire un immenso potere che gli permise di sconfiggere in una sola volta i suoi due fratelli senza però riuscire ad ucciderli, e per questo li imprigionò, insieme ad Aqua, nello stesso luogo in cui era stato rinchiuso prima lui. Soppresse gli altri due pianeti. Tuttavia i due fratelli, prima di essere sconfitti, affidarono ai loro figli il governo degli altri quattro pianeti che si crearono con
l’avanzare del tempo. Adesso Ignis sta rubando la rispettiva Fonte Minore da ogni pianeta: se riuscisse a trovarle tutte riuscirebbe ad avere il controllo dell’intero sistema Solare. Dieci anni fa il suo obbiettivo divenne il nostro pianeta, Elitheria, e nonostante i tentativi difensivi dei due principi, cioè i tuoi genitori, Ignis ebbe la meglio. Tuttavia tua madre e tuo padre riuscirono a creare una grande barriera, con la stessa Fonte Minore, che ha permesso agli Elitheriani di rifugiarsi e difendersi dagli attacchi del nemico. Tuttavia i principi furono imprigionati. Purtroppo tua nonna rimase profondamente colpita per la sorte dei tuoi genitori, e provò ad inviare più spedizioni per salvarli, ma fu tutto vano, provocando solo la morte di numerosi soldati. Così decise di prendere la più radicale delle decisioni: abbandonò il suo popolo e ti portò con sé sul pianeta più vicino: la Terra. Devi infatti sapere che Elitheria corrisponde a Marte. A quelle parole rimasi profondamente sbigottito, e forse proprio da quel momento iniziai a vivere questa sorta di avventura con più serietà. «E cosa c’entro io in tutto questo?» «Tu sei il settecentosettantacinquesimo discendente del re Aeris, questo è un numero di grande valore simbolico, e per questo risiede dentro di te un potere di inestimabile grandezza, solo tu puoi assicurare al tuo popolo la serenità riportando tra le catene l’oscuro Ignis. Se ti sottrai a quest’impresa il futuro non solo di Elitheria ma di tutti gli altri pianeti rimarrà terribilmente a rischio». Mi sedetti per terra, privo di ogni forza per le parole dette dall’anziano. Mi sembrava tutto così veloce, inaspettato, assurdo ma al contempo involontariamente reale. Ancora non riuscivo a capacitarmi se tutto questo fosse un sogno. Pian piano sembrava però che riuscissi a metabolizzare e a quel punto cominciai a riflettere che cosa fosse più giusto fare. Dentro di me volevo evitare lo stesso errore che fece mia nonna, così dopo lunghe e difficili riflessioni presi la decisione di affrontare quest’impresa, spinto dall’ardente desiderio di salvare i miei genitori ancora vivi e mai conosciuti, e soprattutto non rendere vane tutte le loro fatiche. Così andai dall'anziano, il quale taciturno attendeva la mia risposta, e gli dissi con sguardo autorevole : «D'accordo, affronterò quest'impresa. Dove si trova Ignis?» Il signor Anderson sorrise e rispose:
«non crederai per caso di affrontare l'Oscuro signore adesso? Adesso saresti solo una pedina estremamente vulnerabile e per questo egli non deve sapere che sei qui, per cui non devi dire a nessuno chi sei» «cosa mi consigli di fare?» «Devi trovare il potere che risiede dentro di te» Questa cosa del potere mi eccitava tanto, mi ritornava in mente mia zia Ally che faceva quelle strane cose con il sale, e sapere che anch’io potevo fare qualcosa di simile mi entusiasmava davvero molto. «E in che modo posso scoprire questo potere?» «devi stare a contatto con la tua gente, conoscerla e ogni abitante riuscirà a trasmetterti qualcosa in più per giungere alla tua personale abilità». Dal momento che le mie azioni si limitavano nello stare tra la gente mi rassicurai molto, allo stesso tempo ero pure privo di obbiettivi, non capivo come la gente potesse darmi una mano nel raggiungere questo scopo.
Capitolo 5
La nuova casa
A quel punto l'anziano mi accompagnò in quella che sarebbe diventata la mia abitazione. In questa terra era solito farsi le case nelle cavità di grandi alberi, tuttavia erano ben fatte e articolate. Le dimensioni di questi alberi erano davvero mostruose, raggiungevano l’altezza di almeno sessanta metri, e il tronco un diametro di quasi otto metri. Nella “mia casa” vi erano delle strette scale a chiocciola che collegavano i sei piani presenti. Ogni piano era una diversa stanza. La prima stanza era una possibile variante del soggiorno, le stesse insenature del tronco costituivano gli scaffali. Al centro vi era un basso tavolo circolare in legno intagliato con grande maestria, sulla cui superficie era applicata una lastra di resina lucidissima che racchiudeva al suo interno petali di mille colori. Non notai alcuna sedia o poltrona ma degli spessi cuscini di colore rosso, molto simili a quelli usati in oriente, vicini al basso tavolo. Diversi manufatti e strani oggetti erano appesi nelle pareti interne. Dopo un paio di minuti entrarono due strane creature, una grossa sfinge e un fauno. La prima aveva un imponente corpo da leone, la testa di un ragazzo dagli occhi grigi, e capelli color nocciola. Dalla schiena si stendeva un grosso paio d’ali d’aquila di un magnifico color andradite; la seconda creatura, il fauno, era anch'esso un giovane ragazzo, aveva capelli color carbone così come i suoi occhi, aveva le gambe di una capra che lo rendevano nell'insieme molto agile. L’anziano mi disse che anche loro vivevano in questa casa. La situazione diveniva sempre più assurda. Chi l’avrebbe mai detto che avrei incontrato la tanto mitologica sfinge e il fiabesco fauno, vivi, reali, e di fronte a me? Tuttavia i loro occhi comunicavano molta serenità così da non darmi alcun motivo di avere paura di loro. «Haòf» disse il fauno. «come scusa?»
«significa: ciao, piacere di conoscerti; è un saluto di presentazione» intervenne l’anziano «e come dovrei rispondere?» gli chiesi «non ti preoccupare, conosco la tua lingua» disse il fauno «Quindi voi strane creature parlate?» domandai con grande sorpresa «certo, perché non dovremmo?» A quella domanda rimasi un po’ spiazzato così cambiai discorso dicendo: «come mai vivi con una sfinge?» «dopo la grande repressione di 30 lune fa abbiamo entrambi perso la famiglie, le quali sono adesso nelle mani dell’oscuro Ignis, così ci ritroviamo a convivere insieme». «mi dispiace», dissi «perché sei venuto qui?», chiese il fauno ricordando il segreto da mantenere risposi: «Sono stato trovato dal signor Anderson mentre mi trovavo in una spiacevole situazione e si è offerto di darmi una mano portandomi qui» «il fauno si chiama Felixander, ma noi tutti lo chiamiamo Felix, ed io invece sono Noran. La tua stanza è la quarta salendo le scale» disse la sfinge con tono risoluto. Ero molto stanco e così mi ritirai. Entrai nella mia accogliente camera con il suo ampio letto al centro. Ammaliato dalla morbidezza di quest’ultimo mi coricai, affaticato come se avessi attraversato un intero deserto. Riposai per dodici ore consecutive, al mio risveglio una calda luce entrò nella stanza, una melodiosa musica risuonava nell’aria. Scesi al terzo piano dove era collocata una stanza che fungeva da cucina. In un grosso tavolo erano posizionate numerose pietanze, che emanavano un gradevolissimo profumo. Nettari estratti da magnifici frutti, torte, biscotti, diversi tipi di latte, poi al centro un cesto con dei frutti grandi quanto un
pallone da rugby, dai quali si poteva bere un buonissimo succo semplicemente forandolo alla superficie. Allora chiesi a Felix e Noran: «come avete fatto a preparare tutto questo in una sola mattinata?» «ma non l’abbiamo preparato tutto oggi, ad esempio questi biscotti con crema kamul l’abbiamo preparati circa mezza luna fa» «perdonate la mia ignoranza, ma cosa intendete dire con lune, mezze lune?» Loro mi guardavano colpiti per la domanda, sicuramente il mio interrogativo era sconvolgente come quando qualcuno ti chiede cosa significasse mese, anno oppure minuto. Tuttavia loro mi risposero: «tra ieri e oggi è ata una nanoluna, 120 nanolune costituiscono 1 luna. Adesso hai capito?» «si ,certo...» Stando così le cose mezza luna corrisponderebbe a due mesi, e quindi chiesi: «e come mai dopo tutto questo tempo questi biscotti sono ancora così buoni?» «perché li mettiamo nel conservatore. Sarebbe una grande sfera, realizzata con un particolare cristallo proveniente dagli alberi di una regione al nord, al cui interno mettiamo tutti i nostri cibi così da evitare che questi si degradino» Ogni volta che qualche elitheriano mi parlasse anche della cosa per egli più banale della loro terra io mi entusiasmavo un sacco. ‘’Solo con questi conservatori si potrebbe risparmiare sulla terra un sacco dell’energia spesa dai nostri congelatori e frigoriferi’’, pensai. Finita quell’abbondante colazione i miei due nuovi amici mi fecero da ‘’guida turistica’’ per esplorare tutte le chicche di Elitheria. Abbiamo lasciato il centro abitato, dove ho potuto conoscere elfi, minotauri, ippogrifi e altri animali della nostra mitologia, infatti, come poi mi spiegò il signor Anderson, un tempo questi animali esistevano anche sulla Terra ma poi la malvagità dell’uomo ha permesso la loro estinzione. Arrivati nella Foresta Viola, così chiamata per la presenza di grandi piante
violacee dette Purpure, scoprii le magiche creature dell’acqua che vivevano nel fiume, tra cui splendidi ippocampi color turchese e blu avio, e melodiose sirene molto più pacifiche di quelle descritte nell’Odissea di Omero. L'acqua aveva proprietà curative, inoltre anche poche quantità di questa riuscivano a dissetare anche un maratoneta che ha corso chilometri di strada sotto il cocente sole d'estate. Poi mi condussero nella foresta dalle Cento Luci, era sicuramente il luogo più bello di Elitheria, questo posto era vasto quanto una decina di campi da calcio, e risiedevano tutte le varietà di piante dalle foglie di cristallo di Elitheria. Questa foresta era chiamata così poiché con la luce del sole filtrata in questi cristalli si creava uno spettacolo mozzafiato, con tantissime luci di colori diversi tanto che sarei rimasto lì per giorni interi. Nonostante la meraviglia di tutto dovevo mantenere il pensiero fisso sul mio obiettivo. Mentre continuavamo questa escursione per Elitheria chiesi ai due di mostrarmi quale fosse la loro abilità. Il fauno prese un mucchio di terra con la mano, la chiuse e disse: «COMMUTO», riaprì la mano e lasciò cadere una polvere di diamanti. «posso alterare la composizione chimica a livello atomico delle sostanze così da trasformarle in ciò che voglio» «da quando e come hai scoperto questa tua peculiarità?», chiesi a Felix «un giorno, quando ero ancora un fauno-fanciullo, mi trovavo solo a casa e le tende avevano preso fuoco, una grossa trave di legno aveva serrato l'uscita così da ritrovarmi bloccato nell'abitazione senza via di fuga, l'aria stava diventando irrespirabile, sentii a quel punto dentro di me una fortissima sensazione, mi sentivo animato da un istinto che mi ha portato ad alzare le braccia e fare dei movimenti ben definiti con le mani nell'aria, magicamente le parti d'aria vicino alle fiamme si sono trasformate in pareti d'acqua che le hanno spente. È Solo grazie a questo potere se adesso sono qui." Rimasi molto colpito, affascinato e incuriosito per le parole del fauno. Poi Noran mi mostrò anche il suo di potere: mi guardò fisso, dopo pochi istanti i miei piedi si staccarono dal suolo, stavo fluttuando nell'aria, bastava che la sfinge inclinasse la testa che anche io mi inclinavo. Grazie a Noran il mio desiderio era divenuto realtà, quello di volare. Dopo che ritoccai terra chiesi anche a lui in che modo
avesse acquisito questa capacità. «l'ho scoperta da poco, circa quattro lune fa, quando mio fratello minore stava ancora con me, aveva varcato il Confine d'Ombra che separa la parte di Elitheria ancora libera da quella dominata da Ignis. Le arpie dell'oscuro signore lo catturarono. Io subito corsi a salvarlo, poi una delle arpie lo fece cadere e anch’io come Felix in quel momento sentii una grande forza interiore, guardai mio fratello che stava molto lontano da me, puntai le mani verso di lui e riuscii a controllarlo, senza farlo precipitare a terra, come ho fatto prima con te» «e adesso tuo fratello dove si trova?» «dopo quella vicenda ha deciso di arruolarsi nell'armata che si sta organizzando contro la sede di Ignis, guidata dalla figlia dei principi Orogon e Nariam, sopravvissuta nell'attacco del Signore Oscuro.»
Capitolo 6
Eliodora incontra suo fratello
Rimasi per l'ennesima volta sorpreso e scoprii così un'altra realtà sconvolgente: avevo quindi una sorella. Chiesi di ritornare e andai subito dal signor Anderson per chiedergli per quale motivo non me l’avesse detto. Arrivato dall’anziano egli mi rispose anch’egli sconvolto: «Dici sul serio? Sei sicuro di quello che stai dicendo? Non può essere, non è possibile» «come non è possibile, tu non lo sapevi?» «assolutamente no, io sono venuto sulla terra poco tempo dopo che tua nonna ti ha portato lì, e non ero affatto a conoscenza di questa cosa, ma tu come lo sai?» «me l’hanno detto il fauno e a la sfinge» Così andammo nel centro di addestramento dell’armata. Arrivati in quel luogo, trovai un immenso esercito e una giovane ragazza che dettava ordini. Aveva lunghi capelli color rame, gli occhi verde giada, la bocca rossa e dei denti bianchi come la luna. Arrivati lì, l’anziano disse: «E’ lei la comandante Eliodora? Potrebbe venire un secondo con noi?» «Si, ministro Anderson» rispose la comandante Appena fummo isolati dall’altra gente, l’anziano le chiese: «comandante, siamo venuti a conoscenza che lei è figlia dei principi Orogon e Nariam, ma questa è una menzogna!»
«no, non è così, sei lune fa ho rivelato la mia identità al popolo di Elitheria, sono infatti la settecentosettantacinquesima discendente di Aeris, e poiché mio fratello non è qui sarò io a riportare la pace in questa terra. Quando ero ancora neonata, e Ignis fece il suo primo attacco a Elitheria, i miei genitori mi hanno affidata ad una loro serva, pur avendolo sconfitto erano tuttavia consapevoli che sarebbe presto ritornato e per questo mi hanno nascosta, e non rivelarono la mia esistenza a nessuno, compreso mia nonna. Quando è ritornato Ignis, mio fratello era appena nato e così la regina ha provveduto a nasconderlo con sé sul pianeta Terra. Adesso ho preso io il suo posto e porterò a termine questa missione». Io e il signor Anderson ci siamo guardati negli occhi stupefatti e siamo rimasti per qualche attimo in silenzio, io non riuscivo a parlare per la gioia di avere appena conosciuto mia sorella, di cui non avevo mai saputo l'esistenza; così l’anziano prese la parola: «Eliodora, suo fratello è tornato... è sta proprio di fronte a lei» Mia sorella rimase immobile, sbigottita e i suoi occhi divennero lucidi, dopo una manciata di secondi scoppiò a piangere e mi abbracciò con grande forza. A quel punto anch'io piansi insieme a lei abbracciandola ancora più forte. Credo, fino a quel momento, di non avere vissuto gioia più grande! Dopo un intera giornata a parlare di noi due, mia sorella mi invitò ad entrare nella sua armata, infatti ora i discendenti della settecentosettantacinquesima generazione erano due, ed eravamo entrambi sconosciuti ad Ignis, in questo modo la vittoria sul nemico diveniva più realizzabile. Arrivato a casa, raccontai a Felix e Noran, dei quali ormai mi fidavo, chi fossi io in realtà. Nonostante il loro istinto a comportarsi in modo servile, dopo aver saputo chi fossi, nei miei riguardi riuscii tuttavia a mantenere con loro il rapporto originario di amicizia. Tuttavia mi costrinsero ad accettare la loro richiesta di darmi una mano. Così anche loro si arruolarono nell’armata insieme a me. Ci siamo dunque trasferiti negli accampamenti dell’esercito. L’addestramento era molto diverso da quello militare fatto qui sulla terra. Infatti lo scopo di ogni soldato e recluta era quello di aumentare la potenza della propria abilità. Io mi sentivo molto a disagio in quella situazione essendo l’unico che ancora non conosceva il proprio potere, così mi sono limitato a dare un aiuto agli altri. Mia sorella Eliodora mi mostrò il suo potere. Mi fece entrare nella sua stanza, mi
chiese di avvicinarmi, poi puntò le mani verso una brocca d’acqua, ruotò i polsi e come per incanto l’acqua uscii dalla brocca, fluttuò nell’aria, creando una bolla attorno a me, poi la fece esplodere, e si liberarono nell’aria dei fiocchi di neve, ma non era tutto, infatti oltre a poter domare l’acqua poteva controllare anche la terra. Eliodora strinse i pugni e un blocco di roccia si sollevò da terra proprio sotto i miei piedi. Infine creò una pista di gradini galleggianti nell’aria, dentro una galleria d’acqua, io l’attraversai e, appena scesi dall’ultimo piolo, l’acqua e la terra si fo creando una splendida statua di roccia con piccoli cristalli di ghiaccio incastonati. Rimasi incommensurabilmente affascinato da questo potere, il più suggestivo tra quelli visti fino a quel momento. Ritornato dalle altre reclute riuscii a vedere anche i poteri degli altri. Ho visto chi generava ghiaccio, o era dotato di grande velocità, oppure riusciva a cambiare le condizioni metereologiche, chi controllava la gravità, o anche la forza magnetica, chi riusciva a generare scariche elettriche, oppure onde sonore di diversa frequenza. Era un sogno. Sono stato sempre affascinato dalla magia, ma consapevole del fatto che non esistesse e adesso, vederla attorno a me ed esserne io stesso possessore, era entusiasmante! Dopo alcune settimane capii molto sulla cultura e le usanze di questo luogo, mi sentivo davvero ben integrato seppur non avessi ancora il mio potere come tutti gli altri, ma la speranza di poterlo un giorno acquisire non mi faceva affatto rattristire. Incontrai un'altra creatura, una ninfa minore delle acque. Era una fanciulla con capelli belli come l’agata, con diverse striature della tonalità del castano. Gli occhi erano blu con alcune rifiniture color verde. Nell’aspetto era simile ad una sirena, ma la coda terminava con diversi veli azzurri e rosa finissimi e dalle spalle partivano altrettanti veli che fungevano da ali. Il suo nome era Crystal e aveva la capacità di comunicare con tutte le creature dell’acqua, infatti a Elitheria non tutti parlano, soltanto gli ibridi umani, però, grazie alla sua abilità, Crystal riusciva ad intendersi con i pesci, molluschi, e altri animali acquatici. Dopo pochi giorni, al mio risveglio mi venne a trovare il signor Anderson che mi chiese di seguirlo. Mi portò nella Foresta dalle Cento Luci. Arrivati nel luogo trovai seduta su un tronco mia nonna. Era ato circa un mese da quando, arrabbiato e deluso, andai via da lei per andare in cerca delle mie origini, di quella verità che lei mi aveva tenuto nascosta da una vita. Erano
nel frattempo successe troppe cose, troppe emozioni, eppure rivedendola mi sussultò il cuore, capii solo in quel momento quanto mi fosse mancata, ma non lo diedi a vedere e, nonostante, lei si avvicinò a me e disse: «perdonami se ti ho nascosto tutto questo, ma l’ho fatto per proteggerti, però, adesso che hai la tua mente, hai illuminato anche la mia, e così ho deciso di dare una mano alla mia terra e soprattutto a te. Ho riflettuto. Non averti a casa con me in questo periodo mi ha fatto pensare a molte cose, così ho preso la decisione di stare qui, a Elitheria. Nessuno però deve sapere che sono tornata, non so come reagirebbe il popolo, dato che mi vede solo come la regina che li ha abbandonati” «Anche se sono consapevole che hai sbagliato accetto le tue scuse, però dovrai rimediare ai tuoi errori aiutando me e Eliodora in questa impresa». « Eliodora? e chi è?» Mi trovai in difficoltà, non sapevo proprio in che modo dirglielo, intervenne così l’anziano e le disse: «è tua nipote, a quanto pare Orogon e Nariam hanno avuto una figlia prima di Axel, e adesso è al comando dell’armata che si muoverà contro Ignis.» «Una nipote? Sono sicura che c'è un errore!» «no nonna, è la verità, i miei genitori l'hanno tenuto nascosto a tutti per proteggerla» Lei restò incredula, si alzò dal pezzo di legno e camminò avanti e indietro nello stesso posto, brontolando tra sè, immersa nei pensieri. Ad un tratto si fermò, commossa e decisa ci disse che era sua intenzione incontrarla ma in anonimato. Siamo così ritornati tutti e tre nell'accampamento. Mia nonna si offrì di dare una mano in tutte le faccende domestiche, quali lavare i vestiti, preparare il cibo e altro, il tutto senza svelare la sua vera identità a nessuno. Da quel momento la regina si offrì anche ad aiutarmi per trovare il mio potere insieme all'aiuto di Felix, Noran e Crystal. Così un giorno, la stessa mia nonna, decise di portare noi tutti verso la "Radura delle Conoscenze", un luogo molto insidioso e difficile da raggiungere, dove viveva l'Oracolo di Elitheria, le cui profezie e suggerimenti ci sarebbero stati di grande aiuto.
Capitolo 7
Verso l’Oracolo di Elitheria
Ognuno di noi così preparò i propri bagagli, mentre eravamo sul punto di partire si presentò il signor Anderson desideroso di venire anche lui. Era ancora mattina quando iniziammo questo viaggio. La Radura distava circa duecento chilometri dall'accampamento, un viaggio molto lungo considerando che non avevamo mezzi di trasporto. I primi dieci chilometri furono piuttosto tranquilli, superata questa distanza si aprii davanti a noi un vasto deserto, già cominciavo a capire che forse quel viaggio sarebbe stato più difficile di quanto pensassi. La sabbia ardeva, il sole cocente ci privava di ogni energia. L'acqua iniziava a scarseggiare, ed era ato ancora solo un giorno. Quel viaggio sarebbe potuto durare anche settimane, ma in quelle condizioni il desiderio di tornare indietro diveniva sempre più forte. Non ero abituato a tali condizioni, invece mia nonna e il signor Anderson, pur essendo molto più anziani di me, sembravano in confronto a me due allegre caprette, nel loro habitat di appartenenza. Anche Felix, Noran e Crystal non mostravano la stessa mia stanchezza, così decisi di non dare loro fastidio con le mie noie e proseguii lo stesso il viaggio. Nonostante il mio impegno, era ben evidente che ero sfinito, così Noran si prestò a farmi da mezzo di trasporto. Per la prima volta salii sul suo dorso, era fantastico, vedevo tutto da un altra prospettiva, la sua pelliccia da leone era morbidissima, non capisco perché non ero salito sin dall'inizio del viaggio sopra di lui. La sete però era rimasta e così mi ricordai dell'abilità di Felix. «Ti andrebbe ti trasformare un po’ di sabbia in acqua, almeno mantengo costante il mio equilibrio idrico!» dissi con tono ironico Il fauno eseguì subito e la sabbia divenne l'acqua più buona che avessi mai bevuto. Così l'attraversamento del deserto divenne molto più semplice. Dopo averlo oltreato ci ritrovammo di fronte alla cosiddetta Foresta Oscura.
Le cose iniziavano a divenire un po’ inquietanti. Infatti gli alberi non erano belli come quelli della foresta delle Cento Luci, presentavano molte spine lungo il tronco e i rami. Le foglie erano aghiformi e si infittivano talmente tanto da non permettere il aggio della luce, questo infatti era uno dei due motivi del perché la selva avesse questo nome. La seconda regione era dovuta alla leggendaria credenza che questa fosse abitata da creature oscure e malvagie. Sfortunatamente dovevamo comunque attraversarla, tuttavia la potenziale presenza di qualcosa di nuovo e pericoloso mi entusiasmava. Così scesi dal dorso di Noran e proseguii anche io a piedi. Entrati nella selva il terreno iniziava a divenire umido e a volte fangoso. Il silenzio era assordante, non soffiava alcun vento, non era tracciato alcun sentiero, così Crystal tentò di istaurare una comunicazione con qualche animale acquatico, ma niente, sembrava che questo luogo fosse inabitato. La cosa, seppur preoccupante, era tranquillizzante poiché se non c'era alcuna vita non si correva dunque alcun pericolo. Dopo aver camminato per circa cinquecento metri sentimmo un primo rumore, proveniva dalle fronde degli alberi che stavano proprio accanto a noi. «Sarà un rapace» disse l'anziano «sicuramente!» disse Felix un po’ tremando Il suono lo avvertimmo una seconda volta, stavolta era più vicino a noi. Il fauno saltò in aria, per la prima volta mi accorsi di quanto egli fosse timoroso, così decise di stare dietro tutti noi. Poi di nuovo il rumore, sembrava che fosse provocato da qualcosa che si muoveva a gran velocità. A quel punto tutti noi prestammo molta attenzione a tutto quello che succedeva. Improvvisamente un orrenda creatura cadde da un alto albero proprio di fronte a noi. Era un dragamante. Sembrava un enorme gorilla, con dei denti molto più aguzzi, gli occhi sembravano di fuoco, possedeva delle imponenti ali da pipistrello e una velenosa coda da scorpione. Il folto vello era colorato di un selvaggio grigio cenere. L’animale spalancò poi le fauci e generò un frastornante suono acuto tanto da fare tremare la terra e oscillare i fitti rami degli alberi. Io subito mi posizionai dietro agli altri. Il signor Anderson si posizionò proprio di fronte al mostro, piegò le braccia, aprì le mani rivolgendole verso il suolo. Poi esclamò ”SURGITE EX PETRA, TITANES ”. A quel punto sentii tremare sotto i miei piedi, e dal terreno
emersero quattro enormi titani di pietra attorno all’anziano, egli poi ordinò loro: -“ADORIMINI DRAGAMANTEM”. Detto questo i quattro giganti marciarono contro il dragamante, sennonché la bestia fece un urlo ancora più acuto di quello di prima. Un branco di altri dragamanti si posizionarono dietro di lui, camminavano lentamente verso il nostro gruppo. Ad un certo punto ci vennero addosso con grande velocità. I titani seppur potenti erano molto lenti e non riuscivano a competere con l’agilità di quelle bestie. Così intervenne Noran, il quale fece sollevare diverse travi di legno acuminate da terra, appena batté le sue grandi zampe sul suolo tutte le travi come frecce si scagliarono contro le belve. Solo alcune di loro furono colpite, altre riuscirono a schivare i colpi. Un dragamante si lanciò contro Crystal la quale stava proprio accanto a me. La bestia alzò la sua lunga coda da scorpione pronta per colpire la ninfa, a quel punto presi d'istinto un coltello dalla sacca da viaggio e lo ferii gravemente lasciandolo poi fuggire. Felix in tutto questo tumulto stava lì, fermo impietrito dal terrore, ma non appena vide il mio gesto anche lui si prese di coraggio e decise di darci una grande mano: puntò le sue braccia verso i nemici, una grossa parete d’aria si trasformò in un muro di fuoco. Grazie a questo epico gesto i dragamanti fuggirono. Io rimasi molto turbato dalla vicenda, infatti a differenza degli altri non mi ero mai imbattuto in una situazione del genere. Era già sera, nell’arco di tutta la giornata non avevamo ancora mangiato, così ci sedemmo per terra e mia nonna prese dalla sua borsa un piccolo conservatore da viaggio , più piccolo di quello descritto da Felix, e da esso tirò fuori un sacco di cibi e pietanze, non avevo mai mangiato tante cose durante un viaggio. Finita la più che soddisfacente cena, Felix modificò ancora una volta l’aria in una struttura solida e resistente per riparaci e are la notte. Adesso questa, apparentemente banale, abilità del fauno di mutare le sostanze si stava dimostrando durante il viaggio di vitale importanza. Entrati in questa grande tenda ognuno di noi sistemò i propri sacchi a pelo e vi si addormentò. ò circa un ora ed io non riuscivo ad addormentarmi, e così approfittando del fatto che anche mia nonna fosse sveglia le chiesi per quale ragione non ci avesse dato una mano prima contro i dragamanti. «Il mio potere è stato sempre molto instabile e oscuro. Non riesco a controllarlo.
Quindi in situazioni come quella di oggi io sono davvero inefficacie», rispose lei. «che genere di potere è il tuo?« continuai «preferisco non parlarne, mi ha fatto soffrire molte volte, ora dormiamo che domani ci attenderà un giorno ancor più faticoso di questo». Io non insistetti, se non voleva dirmelo aveva le sue buoni ragioni, così chiusi gli occhi e dopo un po’ mi addormentai. Era mattina, gli altri si erano già svegliati. Velocemente ci preparammo per ripartire ma usciti dalla struttura trovammo sulle pareti esterne dei graffi, come se fossero stati provocati da una lama molto affilata. Sicuramente durante la notte qualche altra creatura aveva tentato di assalirci, ma la difesa di Felix riuscì a proteggerci. Così proseguimmo il cammino all'interno della selva. arono ore senza sapere dove andassimo. Ad un certo punto Noran pensò di sollevarmi così da permettermi di vedere dove finiva la selva. Mi trasportò in alto e riuscii a concepire solo allora l'immensità di questa foresta. Poi presi la bussola e segnai la direzione da seguire. In questo modo riuscimmo a continuare il viaggio sicuri di dove stavamo andando. Da quel momento percorremmo circa quaranta chilometri senza sosta. Dopo un così intenso e stancante cammino, ci fermammo per una manciata di minuti a riposarci. Nella pausa mi interrogavo del perché il giorno prima in quella situazione di pericolo non fosse venuto in me il potere. Crystal notò la mia preoccupazione e così si sedette accanto a me. «c'è qualcosa che non va?», mi chiese «mi chiedo perché il mio potere non funzioni, a volte ho paura che l'aver vissuto sulla Terra abbia influito su di me» «ma cosa dici? Il potere nasce con te solo che qualche volta ritarda a venire fuori, specialmente per te che sei il discendente della regina è normale che ritardi. Un grande potere verrà fuori in un grande momento.» «credi che quello di ieri non sia stato abbastanza difficile come momento?» «significa che non era quello giusto»
«d'accordo, tuttavia sulla Terra ho imparato bene come cavarmela anche senza alcun tipo di potere frequentando un dojo di arti marziali guidata da un maestro molto capace, lì ho appreso molte tecniche che non mi renderanno di certo un bersaglio facile per i nemici che potremmo incontrare» «dojo di arti marziali?» «sarebbe un luogo simile al centro d'addestramento di mia sorella Eliodora, solo che piuttosto che potenziare delle abilità magiche come le vostre, si migliorano altre capacità quali agilità, potenza in calci e altre tecniche» «bene, sicuramente questo tuo speciale addestramento ci sarà di grande aiuto» disse Crystal incoraggiandomi. Terminata la pausa ci mettemmo di nuovo in marcia, la parte più interna della selva a differenza di quella esterna era abitata da qualche piccola creatura come piccoli lemuri scuri, i quali occhi sembravano grandi torce accese, piccole scimmie che camminavano in gruppo, tutti animali assolutamente innocui. Percorsi altri venticinque chilometri ci ritrovammo di fronte un grande corso d'acqua che ci impedì di proseguire. «Sicuramente il potere di mia sorella adesso ci sarebbe stato di grande aiuto», dissi, «Felix sei in grado di trasformare quest'acqua in una superficie solida?» «non ci riesco, è troppo grande questo fiume, non riesco a controllare una sostanza di tali dimensioni» Poi Crystal si avvicinò al canale, appoggiò l'orecchio nell'acqua, dopodiché si tuffò con grande eleganza. arono un paio di minuti ma ancora Crystal non riemergeva, inziammo a preoccuparci quando improvvisamente dall'acqua uscirono sei magnifici cavalli blu cobalto con zampe palmate. Erano ippocampi . La ninfa era sopra uno di quelli. Poi disse: «presto salite, queste creature si sono rese disponibili di accompagnarci oltre il fiume» Tutti noi restammo molto affascinati dalla cosa. Ognuno di noi salì sul dorso di un diverso ippocampo. Questi iniziarono poi a nuotare energicamente, facendo a volte grandi salti. Si formarono grandi schizzi d’acqua. Ci sembrò che agli ippocampi pie farci bagnare. Le increspature della superficie conferirono
all'acqua tanti colori. Era così limpida e cristallina da riuscire a vedere molto bene i fondali. Numerosi coralli, rocce e variegate piante adornavano gli abissi. Folti gruppi di piccoli pesci avano proprio sotto di noi. Qualche volta vedevamo anche pesci più grandi. Notai che riuscivano a convivere pesci di diversa taglia senza alcun problema, come se in questa terra non vi fosse quell’istinto tra gli animali di assumere il ruolo da cacciatore o di preda. Attraversato il fiume e arrivati nella costa opposta ci accorgemmo che la flora era cambiata, gli alberi erano meno fitti di prima, e la luce ava più facilmente. Percorremo un altro po’ di strada quando tutto ad un tratto ci imbattemmo contro altre tremende creature. Erano arpìe delle acque, orrende streghe con un corpo da avvoltoio e al posto delle ali presentavano delle grandi pinne che permettevano loro, oltre di poter nuotare nelle profonde acque, anche di poter volare nel cielo. «non ate, non vi è lecito varcare questo confine» disse una di loro. Le loro intenzioni non erano particolarmente pacifiche, infatti dopo averci attorniato iniziarono a farfugliare qualcosa in una strana lingua a bassa voce. Ad un tratto dei fasci di luce viola uscirono dai loro occhi verso l'alto. I fasci conversero in un punto proprio sopra di noi. In quello stesso istante ci attorniò un vorticoso turbine d'aria e polvere che ci limitava completamente la vista. Poi da quel punto sopra di noi si sganciò un ulteriore fascio di luce proprio verso la nostra direzione, questo arrivato al suolo generò una grande onda d'urto che ci fece balzare in aria. Eravamo senza alcuna speranza. Quell'onda ci indebolì gravemente. Il signor Anderson, dopo aver riacquistato un po’ di forze, rievocò i suoi titani che fecero distrarre le arpie, non permettendo la riformazione di quella devastante convergenza. Io riuscii con il mio corpo a fare da scudo per proteggere mia nonna. A quel punto non volli stare a guardare, così mi armai della lancia che mi ero costruito il giorno prima e mi lanciai verso un'arpia che stava assalendo Felix, il quale era svenuto per l'urto. Sfoderai l'arma, feci un rapido movimento che riuscì a tagliare le ali di quella strega. Poi grazie all'aiuto del potere di Noran riuscii a fare degli agili movimenti nell'aria che ferirono molte arpie. Questa volta gli avversari erano molto tenaci. Le streghe seppur indebolite crearono una conformazione simile alla prima. Un altra potente onda d'urto stava per colpirci, quando Felix si svegliò e creò un'alta parete di cemento tra noi e le streghe. A quel punto i titani del signor Anderson riuscirono ad abbattere le arpie ferite, una di loro tuttavia stava varcando la parete, ma Noran con un violento cenno con la testa la lanciò fuori dall'area. Le streghe furono
sconfitte, la parete di cemento si ritrasformò di nuovo in aria e nonostante questa seconda vicenda proseguimmo lo stesso il viaggio. Avevamo già percorso metà strada. Il sole era tramontato e così ci sistemammo in un luogo al riparo, dentro un'altra struttura protettiva creata dal fauno. arono già alcuni giorni dalla partenza verso l'Oracolo di Elitheria, mancavano ancora una cinquantina di chilometri e stando ai miei calcoli sarebbero bastate dodici ore intense di cammino per arrivare. Così mi svegliai prima degli altri e preparai subito tutto il necessario per continuare il viaggio così da evitare di perdere altro tempo. Poi si svegliò il resto del gruppo. Ci mettemmo subito in marcia, era appena l'alba, l'aria ancora fredda e la strada lunga, ma in tutti noi vi era una forte voglia di arrivare e finalmente scoprire qualche cosa in più sulle proprie abilità e nel mio caso sapere come acquisirla. Stava arrivando il pomeriggio e avevamo già percorso metà strada, eravamo tutti molto stanchi, così decidemmo di fare una pausa di una decina di minuti e nel frattempo mangiare anche qualcosa. Così mia nonna riaprì il suo conservatore e tirò fuori tantissime cose, tutte perfettamente buone come la prima volta. Fatto questo veloce spuntino e dopo esserci riposati riprendemmo il cammino. Percorsi un paio di chilometri ci allontanammo finalmente dalla selva. A questo punto si presentò di fronte a noi un grande precipizio, per arrivare all'Oracolo bisognava per forza arrivare dall'altra parte. Tutti noi cercammo una soluzione, ma non fu facile trovarla, infatti Noran non essendo in grado di volare con un peso sul suo dorso, non era quindi nelle condizioni di trasportarci in un punto così lontano malgrado la sua abilità di levitazione. Felix non fu in grado di trasformare uno strato così disteso d'aria in una superfice solida. Così escogitammo un metodo un po’ estremo: Crystal e Noran essendo dotati di ali andarono tranquillamente oltre il precipizio, poi il signor Anderson evocò i suoi titani, i quali con le loro gigantesche mani ci lanciarono uno ad uno nel vuoto. A quel punto fummo abbastanza vicini a Noran, che si trovava dall'altra parte, il quale ci trattenne sospesi con la sua abilità fino a trasportarci da lui. In questo modo riuscimmo a oltreare tutti il dirupo. Povera mia nonna... quest'esperienza di certo non sarà stata una delle sue migliori! Superato anche questo piccolo inconveniente continuammo la strada. Ancora una volta la flora cambiò, divenne molto suggestiva, stavamo attraversando una particolare steppa, con fili d'erba alti oltre un metro e mezzo e dai colori che andavano dal verde brillante al giallo topazio, fino al blu zaffiro. Nonostante la bellezza del paesaggio si aveva una grossa difficoltà nel
camminare a causa della sua fitta vegetazione. Così camminai davanti agli altri e servendomi della mia lancia feci degli ampi movimenti circolari così da tagliare quell'erba e fare spazio. Mentre camminavamo, sentimmo un rumore dietro noi, io lo associai a quello provocato dalle pale dell'elica di un elicottero. Appena ci voltammo per scoprire cosa fosse, ci ritrovammo davanti un enorme sciame di giganti locuste rosse, grandi quanto un automobile, che ci venivano addosso a gran velocità: vedere degli insetti così grandi non è di certo un bello spettacolo, specialmente quando sai di essere tu la preda e non il cacciatore. Ci mettemmo a correre, ma eravamo troppo lenti in confronto a loro. Era impossibile abbattere un'ondata così vasta di quelle creature. Il signor Anderson mentre correva evocò ancora una volta i suoi titani che riuscirono straordinariamente a rallentare gran parte delle cavallette, ma ancora un centinaio di queste ci stavano ai calcagni. Felix fece una parete di fuoco, ma le bestie lo attraversarono senza alcuna difficoltà, la loro corazza coriacea era abbastanza resistente. Noi continuammo a correre, ma non riuscimmo a trovare un loro punto debole. Il fauno allora trasformò quegli alti fili d’erba in taglienti lance. Noran puntò il suo sguardo verso le locuste rimaste e le scaraventò una ad una tra quelle lame. Allo stesso tempo Crystal richiamò delle creature da un lago a noi vicino, uscirono enormi draghi d’acqua con resistenti squame, e un folto gruppo di arcande, ovvero delle anguille nere lunghe quasi due metri la cui coda provocava forti scosse elettriche. Io provai a dare il mio piccolo contributo con la mia lancia, ma serviva a ben poco. Infatti con le soluzioni trovate dal resto della squadra, riuscimmo ad abbattere tutte le cavallette. Anche questa volta ce la cavammo per poco. Fortunatamente il viaggio era quasi giunto al termine infatti rimasero solo una decina di chilometri prima di arrivare.
Capitolo 8
I doni dell'Oracolo
Al calar della sera giungemmo finalmente a destinazione. Poco più avanti vi era un piccolo promontorio sopra il quale doveva esserci l’Oracolo. Raggiunta la cima sentimmo una voce che disse: «finalmente siete arrivati! Avete superato con grande maestria tutti gli ostacoli che vi si sono presentati. Vedo nei vostri occhi dei buoni propositi e per questo vi aiuterò» Dopo queste parole apparve l'Oracolo, una giovane seduta su un sasso vicino ad un alto salice. Aveva dei lunghi capelli color rame, raccolti in una lenta treccia su cui erano poggiati piccoli fiori. Aveva grandi occhi verdi di intensa espressività. Indossava un lungo abito di seta. Poi dalle spalle scendevano due veli rispettivamente di colore rosso e giallo. I suoi fianchi erano cinti da un flessuoso tralcio di piccole rose gialle. Non indossava calzari. Si alzò e disse: «Crystal, il tuo potere è molto più grande di quello che pensi, infatti non solo dall’acqua puoi evocare le creature, ma anche dal resto della natura. Felixander, non ti porre dei limiti, il tuo potere è leggendario. Soltanto duemila anni fa nacque una creatura con un potere simile al tuo: questa, come te, ha fatto l’errore di sottovalutarlo. Invece ti dico che puoi controllare una quantità assai più grande di materia, basta solo che tu lo voglia. Noran, risiede anche in te una grande forza, il gesto eroico di salvare tuo fratello ti ha fatto aumentare notevolmente la tua abilità. Sappi che puoi controllare oggetti di vasta mole anche ad una grande distanza, inoltre non è necessario che tu ti serva degli occhi perchè il solo pensiero può permetterti di usufruire di questa tua abilità.
Arthur Anderson, hai maturato molto bene il tuo potere, infatti i titani in pietra che invochi non sono facilmente comandabili, tuttavia riesci a svolgere con grande destrezza questo ruolo. Devi sapere che la tua forza, il tuo coraggio e il tuo amore per la patria ti hanno permesso di guadagnare la possibilità di evocare altre potenti creature. Siopea non turbarti del tuo potere, so che ti ha fatto molto soffrire ma devi riconoscere che è di immensa grandezza: solo ben diecimila anni fa un altra donna aveva tale potere. Questo infatti è estremamente raro, e non considerarlo un castigo quanto un guadagno. Ricorda che un grande potere risiede in una grande persona. Sei perfettamente in grado di affrontare questa difficoltà, e un giorno riuscirai a superarla e controllare il tuo potere. Axel, come già ben sai, risiede in te un potere simile a quello di tua sorella. Entrambi però essendo i settecentosettantacinquesimi discendenti di Aeris possedete un altro immenso potere di inestimabile potenza che mai nessuno ha avuto e mai nessun altro avrà. Adesso vi dono questi sacri amuleti, ciascuno dei quali vi aiuterà in questa vostra impresa." L'Oracolo consegnò a ciascuno di noi dei ciondoli con una grossa pietra trasparente. Appena li toccammo, sentimmo tutti una bellissima sensazione di pace e benessere, in particolare io avvertii un intenso calore provenire proprio dal petto che si diffondeva per tutto il corpo. A quel punto la pietra si colorò di rosso, e dalle mie mani uscirono due grosse fiamme, inconsciamente stesi le braccia verso il cielo e scagliai due fasci di fuoco verso l'alto, poi la sensazione dentro di me cambiò. Da quel momento sentii una forte sensazione di freschezza ed energia, le fiamme sparirono, la pietra divenne di colore azzurro chiaro ed un forte vento uscii da dentro di me. Si creò un vortice d'aria che mi attorniava, e a quel punto ritornò anche la sensazione di calore che fece sprigionare una potente fiamma che si mischiò con quel turbine di vento creandosi una grande sfera di fuoco. Poi sempre inconsciamente strinsi i pugni: il tutto svanì, e scomparirono anche quelle sensazioni. Ritornato in me mi girai verso i miei compagni di squadra, ciascuno di loro brillava di una strana luce e i loro ciondoli si colorarono di diverse tonalità.
A quel punto l'Oracolo soffiò dolcemente verso di noi e improvvisamente fummo trasferiti come per magia trovandoci così nell'accampamento di Eliodora. Impazii dalla gioia, avevo finalmente acquisito i miei poteri. Riuscivo a controllare gli elementi del fuoco e dell'aria. Inoltre l'avere saputo che io e mia sorella avevamo ancora un secondo potentissimo potere mi entusiasmava ancora di più. Subito andammo nell'accampamento e ci collocammo nei nostri rispettivi alloggi, in quanto già eravamo in piena notte. L'indomani, appena mi alzai, andai subito da mia sorella per raccontargli del viaggio. Lei era già pronta per il quotidiano addestramento dell'armata. Appena entrai nella sua stanza fu molto felice nel rivedermi e io non persi tempo a mostrarle di cosa fossi capace: prima di tutto schioccando le dita riuscii ad accendere due candele nella stanza e poi, roteando le mani attorno ad un unico centro, creai una piccola sfera di fuoco . Aprii le braccia e trasformai quella sfera in una fenice di fuoco, a quel punto chiusi una mano e posi accanto a questa l’altra mano aperta socchiudendo gli occhi. Dopo che misi quindi le mani in questa posizione una grossa folata di vento si sollevò da terra facendo esplodere quella fenice in tante piccole gocce di fuoco che si riversarono lentamente per terra. A quello spettacolo mia sorella rimase molto sorpresa ed entusiasta. «Riesci a dominare il fuoco e l’aria?», mi chiese «Si, noi due insieme riusciamo a controllare tutti e quattro gli elementi della natura: acqua, aria, terra e fuoco. Inoltre l’Oracolo mi ha detto che entrambi abbiamo un secondo potere singolare estremamente potente». Uscimmo dalla stanza e fuori vedemmo Noran che cercava di sollevare un grande sasso molto più distante da lui. Infatti dopo le parole ricevute dall'Oracolo egli divenne molto determinato e provò costantemente a sollevare oggetti sempre più pesanti e lontani. Invece Felix stava da tutt'altra parte con le braccia distese che cercava di trasformare quanta più aria possibile in un gigantesco blocco metallico. Poggiata per terra stava invece Crystal. Aveva le mani sulle ginocchia e attorno a lei vi erano tanti piccoli uccelli, qualche coniglio elitheriano e creature simili che parevano ascoltare la sua voce. Mia nonna invece rimase molto colpita dalle parole dell'Oracolo. Se ne stette in camera sua a meditare. Non riuscì a capire quale fosse la cosa più giusta da fare,
e aveva paura di esporre il suo potere. Il signor Anderson rimase del tutto indifferente a questa esperienza, diceva che avrebbe evocato le sue nuove creature quando sarebbe stato necessario. arono alcuni giorni durante i quali noi tutti ci impegnammo duramente per evolvere quei potenziamenti datici dall'Oracolo. Io mi divertii molto ad imitare personaggi magici di quei tanti film che con ammirazione avevo sempre guardato, consapevole che lì tutto era purtroppo irreale, invece adesso scoprire che era tutto vero cominciò a rendermi la vita mille volte più bella. Per completare questa gioia bisognava liberare i miei genitori, ma quest’azione era enormemente rischiosa. L'addestramento stava per concludersi, così Eliodora decise di fare qualcosa d'insolito, ovvero una sfida simulata tutti contro tutti a gruppi, in un grande spazio aperto ricco di alberi, piccoli laghi d'acqua, tanta illuminazione, e tutte quelle altre cose che potessero servire ai combattenti per utilizzare i loro poteri. Inoltre fu creato attorno al campo una particolare barriera che conferiva alle diverse abilità magiche solo un effetto di stordimento, per evitare così ferite gravi. Il mio gruppo fu composto da me, Felix, Noran, Crystal e una sirena dei fondali di nome Tricya che non aveva tanta simpatia per Crystal. A quel punto il comandante fece avviare le sfide un gruppo per volta. Le sfide che ci precedettero furono davvero fantastiche, i lottatori esibirono le proprie abilità in modo impeccabile. Riuscii così a scoprire i tanti altri potenti poteri dell'armata di Elitheria. Finalmente arrivò il nostro turno. Non vidi l'ora di usare i miei nuovi poteri con maggiore veemenza. Eliodora suonò un lungo corno simile alla zanna forata di un grosso elefante. Io accesi come due torce le mie mani tenendo due sfere di fuoco pronte per essere lanciate. Crystal chiuse gli occhi, poggiò le mani per terra e richiamò due grossi vermi del sottosuolo lunghi almeno tre metri. Questi strisciarono a grande velocità e si scagliarono contro Tricya, la quale incrociò le braccia e sganciò una potente scarica elettrica verso le bestie. Intanto Noran e Felix volevano subito mettermi alla prova, e così il fauno trasformò alcuni rami di terra in taglienti spade e subito dopo la sfinge le sollevò da terra e me li scagliò. Finalmente toccava a me, creai un potentissimo vento in contrasto con la direzione delle spade così da farle balzare verso l'alto, subito dopo creai un grande arco di fuoco e lo scagliai verso i due. Il fauno fu colpito di striscio, ma Noran riuscì a schivarlo saltando con le sue grandi ali. Così tirai subito una raffica di palle di fuoco davanti a me colpendo Noran, ma quando queste stavano per raggiungere Felix egli toccandole le trasformò in semplici bolle d'acqua. Dall'altra parte lo scontro tra Crystal e Tricya era molto intenso. Crystal aveva evocato attorno a sé un infinità di animali di tutte le dimensioni e di tutte le
specie, ma Tricya senza alcuna difficoltà riusciva a fermarle tutte con le sue scariche elettriche. Per questo Crystal pensò bene di chiamare dal lago vicino a sé una decina di magiche anguille, queste essendo loro stesse generatrici di elettricità riuscirono a resistere alle scariche della sirena, che fu presto vinta. Adesso mi ritrovai contro i tre rimasti che decisero di collaborare tra loro per sconfiggermi, ma io non mi creai alcun problema, infatti in questo modo avrei potuto usare a pieno le mie abilità. Creai un enorme uragano d'aria e poi gettai su di esso una potente fiammata così da creare un grande vortice di fuoco. Noran sollevò dal suolo tre grandi strati di roccia come scudo, Crystal richiamò a se un grande drago sputafiamme. Felix invece corse con grande velocità verso l'uragano di fuoco pensando di poterlo trasformare in qualcosa di innocuo, ma non aveva preso in considerazione il grande vento generato da questo che lo ostacolò, così il suo tentativo fu un fallimento e anche lui perse. Il drago sputafiamme generato dalla linfa invece con grande semplicità varcò l'uragano e a quel punto mi lanciò una potente fiammata, chiusi le braccia come per proteggermi e senza neanche accorgermene provocai un vigorosissimo vento che spense la fiamma del drago come quando si spegne una candela. Il tutto era estremamente eccitante. Osservando che la grande creatura non si arrendeva andai allora direttamente alla fonte: Crystal, quindi con un grande salto avanzai verso di lei, aiutato dalla forza generata dal mio vento, trovandomi così subito dietro di lei che però se ne accorse e anticipandomi richiamò da terra uno sciame di piccoli insetti fastidiosissimi, che da lì salirono sul mio corpo impacchettandomi come fossi un regalo. Non riuscivo più a muovermi, Noran, da parte sua, prese un grande tronco da terra e cercò di lanciarmelo. Mi sentivo spacciato, inoltre il drago sputafiamme stava per raggiungermi. A quel punto tutta la mia pelle divenne fuoco, prontamente formai un vento tutto attorno a me mai creato così potente, che fece balzare in aria tutti gli insetti, e respinse il grosso tronco. Mancava solo il drago, così pensai che se potevo dominare l'aria potevo quindi anche toglierla. Così provai a fare una cosa diversa. Aspirai l'aria, creando una camera di vuoto attorno alla bestia, in questo modo la privai dell'ossigeno fino a farlo svenire. Poi creai tanti cerchi concentrici attorno a me che si espansero nello spazio colpendo solo Noran. Il tempo era già finito. Era stata un esperienza fantastica usare in questo modo i miei poteri, ma, nonostante il divertimento, ci era stato per tutti anche di grande aiuto per prepararci contro l'armata oscura di Ignis.
Capitolo 9
Il primo segnale
arono alcuni giorni quando le nostre sentinelle avvistarono l’arrivo di un piccolo gruppo di orchi “dell’ordine proibito” sottomessi ai voleri dell’oscuro Ignis. Questi avevano un aspetto orribile. I loro volti erano bianchissimi, gli occhi molto profondi, non avevano alcun naso, la bocca era priva di labbra e i denti erano piccoli e affilati. Erano poco più alti di un uomo, e alquanto robusti e rozzi nel modo di fare. A capo di questo gruppo vi era un’arpia ambasciatrice, simile a quelle viste nella selva oscura, ma a differenza di quelle non avevano niente a che fare con l’acqua. La comandante Eliodora non diede alcun ordine di attaccare dal momento che il gruppo che stava venendo non sembrava intenzionato a scatenare una battaglia. Appena giunsero gli stranieri l’arpia chiese: «chi di voi comanda qui?» «Sono io, ditemi per quale ragione siete venuti» disse mia sorella «il nostro potentissimo signore di tutti i regni vuole evitare morti e lo spargimento di sangue superfluo, dunque vi propone di arrendervi subito, in cambio vi lascerà vivere. «Giammai, non mi abbasserò ai voleri di quel lurido mostro! Soldati miei non concedete a questi nemici di andarsene» L’arpia fece un malefico sorriso e disse: «Avevamo previsto che la vostra risposta sarebbe stata questa» Poi l’arpia chiuse le sue grandi ali viola sopra la sua testa creando una grande nebulosa color viola attorno a lei e i suoi orchi e subito dopo sparirono nel nulla.
«Presto! È ora di preparare le difese! Minotauri costruttori, innalzate cinque strati di alte mura di dinomixite, voi onocentauri invece fabbricate delle resistenti torri per gli arcieri. Amadriadi proteggete la nostra terra con la vostra aura. Gnomi del sottobosco create le vostre imprevedibili trappole per i nemici. Guerrieri della sesta dimensione e tarrasque preparate un primo fronte per decimare e rallentare i nemici. Grandi basilischi volate nel cielo e sorvegliate, avvisateci qualunque cosa accada. Giganti degli abissi sorvegliate nei fondali insieme alle sirene. Guardiani della luce sigillate i nostri portali cosicché nessun nemico venga da li. Infine voi ibridi dell'armata unitevi a me e creiamo una convergenza che dia origine a una barriera protettiva. In questo modo sarà più facile per noi affrontare la battaglia». Dopo gli ordini dettatici da mia sorella Eliodora tutti si diedero da fare al meglio, fiduciosi che questa battaglia avrebbe portato finalmente la serenità. arono tre intensi giorni prima che tutti gli ordini dal comandante fossero compiuti. Dopo qualche altro giorno avvertimmo una potentissima scossa, sembrava un forte terremoto. Si crearono grossi squarci, ma per fortuna nessuno rimase ferito. Qualche attimo dopo le sentinelle avvistarono nell'orizzonte un distesa infinita di combattenti marciare verso di noi. Poco dopo si poterono vedere tra quelle truppe una grossa quantità di orchi, grossi serpenti, e orrendi animali delle più varie forme. Nel cielo volavano invece numerose arpie, insieme a grossi dragoni. Appena l'armata fu abbastanza vicina riuscii a vedere, sopra un grande trono dorato e sorretto da quattro centauri, una grande figura, alta oltre due metri e mezzo. Sembrava un uomo, ma era nei dettagli più simile a una bestia. La faccia per esempio era rossa come il sangue. . Gli occhi completamente neri. Non aveva capelli. Il volto e il corpo erano come bruciati. Ogni sua ferita sembrava che non si cicatrizzasse. Le mani erano rugose, quasi nere e molto esili. Sembrava una creatura morta ancora in grado di vivere. Infatti il proibito atto di rubare dal Sole la sua “Fonte Prima, gli costò caro: dovette rinunciare all’eternità del suo corpo, restando così solo quella del suo spirito. Tuttavia, se riuscisse a trovare tutte le “Fonti Minori” custodite su ogni pianeta, riuscirebbe ad ottenere un potere così grande da poter annullare anche questa maledizione a lui inferta. Poi mia sorella venne vicino a me, e mi disse: «è Ignis» Inizialmente ebbi paura, la più malvagia delle creature che ha devastato interi pianeti si trovava adesso a poche centinaia di metri da me. Ma cosa succede
quando il fuoco si scontra col ghiaccio? Questo riesce a spegnere la fiamma, oppure il calore lo scioglie? Così mi sentivo io, infatti, la paura si scontrava con la forte rabbia di sapere che quell'orrendo mostro ha imprigionato i miei genitori privandomi di quell'infanzia che a nessun bambino deve essere tolta. Avendo questa visione, nella guerra mi sentivo adesso io l'attaccante, che voleva porre un fine a questa devastante storia che stava prendendo una strada troppo larga, che stava soffocando tutte le altre. L'esercito avanzava, i volti di ogni nemico erano gelidi, imibili, privi di ogni espressività, erano creature senza anima, pieni solo di fama di ricchezza. La nostra, la vera Elitheria, quella con la voglia di vivere nella pace e nella serenità era pronta ad affrontare qualsiasi calamità, la forza di volontà era grandissima ed io ero fiero di combattere per questa gente. I nostri arcieri addestrati scoccarono una nube di frecce infuocate illuminando tutta la volta celeste. Queste, arrivate a destinazione, non graffiarono nemmeno uno solo dei nemici. Tutti si stupirono, ma mia sorella lo aveva ben previsto. A differenza di quanto molti pensarono, Eliodora non diede l'ordine ai guerrieri della sesta dimensione di attaccare. Chiamò invece una piccola creatura dei boschi dai capelli ricci e biondi, e dalle ali da libellula. Questa stese le braccia e fece alcuni giri su se stessa a quel punto successe qualcosa di incredibile: tutta la terra sotto l'esercito nemico si aprì creando un immensa fossa che fece cadere molte creature nemiche. Tante altre però si salvarono poiché furono sostenute dalle creature alate. Questo colpo fu molto duro per Ignis. Così decise di agire. Diede un grande e potente ordine di attacco ai suoi soldati. Tutti insieme avanzarono molto rapidamente, così anche Eliodora diede il suo ordine di contrattacco. ò un intenso minuto prima che i nemici arrivassero vicini al nostro primo strato di mura. Queste furono colpite con grande violenza, ma riuscirono a rallentare i nemici che nel frattempo furono attaccati dai nostri. Dopo poco tempo riuscirono tuttavia ad abbatterle e si ritrovarono di fronte i guerrieri della sesta dimensione. Queste gigantesche creature resistevano a tutti i colpi inferti dal nemico. A quel punto noi tutti lanciammo i nostri incantesimi più potenti. In questo modo avevamo fatto grandi danni, ma non bastarono per annientare i nemici. Ignis intanto non agiva, stava lì, seduto sul bel trono a guardare, troppo sicuro che un solo suo gesto ci avrebbe devastati. Ma non sapeva che aveva contro i due settecentosettantacinquesimi discendenti di Aeris. Le perdite del nemico stavano incrementandosi. Il signore oscuro non poteva permettersene altre. Così con un lungo balzò si innalzò nell'aria.
«è iniziata la vera battaglia», disse mia sorella a bassa voce. Ignis allargò le braccia e pronunciò alcune parole. A quel punto il cielo divenne rosso per la formazione di grandi nubi di fiamme. Dopodiché da quelle massicce nuvole caddero innumerevoli gocce di fuoco simili alla lava espulsa da un vulcano in eruzione. Fortunatamente le nostre barriere riuscirono a rendere quell'attacco innocuo. Ignis non si preoccupò più di tanto. Ci riteneva dei dilettanti un po' più bravi di quanto pensasse. ò allora direttamente a quell'arma che ha sottomesso interi pianeti. Sfregò le mani, e dopo averle riaperte uscì fuori da queste una piccola sfera fluttuante nera e attorno a questa una gassosa materia scura. Prese tra il pollice e l'indice questa sfera e la alzò in alto e disse: «DEVASTA MUNDUM» Dette quelle parole la parte gassosa crebbe di estensione oscurando tutto quello che stava attorno. Raggiunti i titani della sesta dimensione frantumò questi in polvere. Visto questo il mio cuore iniziò a battere più velocemente per la paura. Poi le mura si disintegrarono come sabbia. Appena questa nube nera raggiunse i nostri primi soldati questi si ridussero in un cumulo di polvere. La situazione divenne sconcertante, terribile e alquanto insostenibile. Non avrei mai immaginato la potenza distruttrice di quell'arma. Ogni volta che la nube distruggeva qualcosa diveniva sempre più grande e minacciosa. Molti dei nostri soldati scapparono. Io ero assolutamente bloccato, non sapevo cosa fare. Mi girai verso mia sorella. Lei non aveva minimamente paura, piuttosto aspettava che la nube arrivasse da lei. Io non potevo stare fermo a guardare, così andai incontro a Ignis. «Fermo! Non attaccare ora, non puoi farti scoprire!» disse Eliodora. Io non l'ascoltai, ero troppo sicuro di me. Trasportato dal mio stesso vento mi avventai verso Ignis, ma mi ritrovai di fronte i suoi numerosi soldati. Tuttavia il signore oscuro si accorse della mia azione e così mi chiese con voce enormemente potente: «Chi sei tu che ingenuamente osi affrontarmi?» «Sono Axel Drage, il settecentosettantacinquesimo discendente di Aeris, e porrò una volta per tutte fine a questo tuo operato!»
Gli occhi di Ignis divennero fuoco. Ebbe paura, ma non volle mostrarla. «e tu credi di potermi vincere?!», disse Ignis. Poi questi fece un asciutta risata di prepotenza. Stese di nuovo le braccia. A quel punto la nube nera acquisì maggior potenza e inghiottì un terzo del nostro esercito. «No!», gridai disperato «Il tuo grande coraggio ha causato soltanto la morte di molti tuoi compagni. Non opporti a me. Non fare lo stesso errore dei miei fratelli imprigionati adesso a Vectes. Questi adesso soffrono in una oscura prigione eterna. Li avrei uccisi, ma come me sono anch’essi immortali.» Dette queste parole mia sorella scappò via. Pensai che la causa della sua fuga fosse stata il mio gesto, che provocò tutte quelle morti. Allora disperato e scoraggiato chiesi: «Dimmi, in che modo io possa evitare la morte di altri miei compagni?» «unisciti a me, e i tuoi saranno salvi» La scelta era difficilissima, ma non avevo scelta e dovetti accettare... A quel punto tutti i soldati di Ignis cambiarono comportamento nei miei confronti e divennero più cordiali. Tuttavia il signore oscuro si alzò in piedi e disse: -"VENERIS TENEBRIS" Tutto il paesaggio si inscurì, le piante persero le loro foglie, i verdi prati deperirono. Poi disse altre parole: -"MUNDUM IN CATENIS" Dopo queste parole tutte le creature Elitheriane rimaste vive tra cui Felix, Noran e gli altri si ritrovarono nel corpo delle lunghe catene di ferro, simbolo del loro nuovo stato di schiavitù. Mi girai verso i miei amici. Vidi nei loro occhi solo una grande delusione nei miei confronti.
Capitolo 10
Il castello di Ignis
Ignis cambiò la direzione della sua armata e ritornò nel suo palazzo, oltre il confine d'ombra. Varcato quel confine si avvertiva un profondo e inquietante silenzio. Poco dopo vidi su un basso promontorio un enorme castello. Curiosamente l’edificio aveva i suoi corvi e pipistrelli che gli volavano attorno, come i classici castelli malvagi. All'entrata vi era un grande cancello, poi, poste lateralmente a questo, si trovavano due statue rotte, sotto ognuna erano incisi i nomi: Orogon e Nariam. Capì allora che quell'edificio era lo stesso in cui vivevano un tempo i miei genitori e mia nonna, la regina. Entrati nel castello vi erano lunghe pareti dorate, con grandi affreschi. Tutti lacerati da affilate spade. Poi vi erano spaziose sale. Mobili ben rifiniti. In una grossa sala vidi, sopra un esteso tappeto rosso, un vasto tavolo in ferro battuto bandito di un infinità di cibi e pietanza, dentro questa stanza vi era una piccola cucina, e dalla tenda un po’ scostata vidi quattro anziane serve legate da una catena che cucinavano senza sosta e posti accanto a loro due orchi a sorvegliare. Rimasi molto sconcertato dalla scena ma non potevo agire, poi il signore oscuro insieme alle sue guardie ci accompagnarono in un'altra grande sala con un lungo tappeto verde che conduceva a un grosso trono tutto dorato e con grandi pietre preziose incastonate. Era molto simile alle sale reali dei castelli medievali. Poi Ignis si sedette sul seggio, prese un lungo scettro e, proprio come facevano i re ai loro signori ai tempi del re Artù, mi fece inginocchiare e disse: «Ti nomino primo ufficiale, dono per la tua fedeltà» Poi mi fece accompagnare da un arpia nella mia nuova camera. Arrivato nella stanza notai il grande splendore di questa. Tutti i mobili erano dorati. Le tende di lino erano decorate manualmente da mani esperte. Nonostante tutto quel lusso, mi sentivo in colpa, infatti io avrei dovuto riportare la pace, invece ho permesso la fatale rovina di Elitheria. Mi sdraiai nel letto a pensare. Mi tornavano in mente
i volti delusi dei miei compagni, le mille imprese fatte per affrontare l'oscuro signore, la mia gioia nello scoprire la bellezza dei paesaggi che incontravo ma poi tutto questo era calpestato dall'orrore provocato da Ignis. Non sapevo cosa fare. Poi pensai: perché non mi ha ucciso? Perché mi sta trattando con tanta cortesia? Un motivo c'era: aveva timore di me. Forse davvero il settecentosettantacinquesimo discendente di Aeris poteva sconfiggerlo. Mentre pensavo, vidi un po' uscire da una cassapanca, posta davanti a me, un pezzo di carta. Lo presi e lessi il suo contenuto: "ALLA CINQUANTAMILAESEICENTOVENTESIMA LUNA DUE GRANDI GUERRIERI RIPORTERANNO LA PACE PER VOSTRA FORTUNA SOLO SEI GRANDI PAROLE DOVRANNO LORO DIRE: DOMINUM TENEBRIS AD TE DEBUI REDIRE I GRANDI POTERI SARANNO EFFICENTI SE SOLO I QUATTRO PRIMORDIALI FRATELLI SARANNO INSIEME PRESENTI. ALLA REGALE NARIAM. Il messaggio era ben chiaro. Qualcuno si stava rivolgendo a mia madre. Il testo era una via di mezzo tra una profezia e un suggerimento. Probabilmente i grandi guerrieri saremmo dovuti essere io e mia sorella, infatti la cinquantamilaseicentoventesima luna corrispondeva al periodo che adesso stavamo vivendo. Sicuramente i quattro primordiali fratelli erano Aeris, Petride, Aqua e Ignis, e forse quella formula magica sarebbe quella che io e mia sorella dovremmo dire per sconfiggere Ignis, ma mia sorella se ne era andata e i tre fratelli rimasti imprigionati. Nonostante tutte queste incertezze e difficoltà, riuscii tuttavia a raggiungere uno dei tanti miei scopi, forse quello più importante per me: conoscere finalmente i miei genitori, i quali erano adesso imprigionati nelle segrete di questo castello. Nonostante io ora fossi il primo ufficiale, e avessi la fiducia del loro re, le guardie sicuramente non mi avrebbero permesso di visitare i miei genitori. Dovevo dunque trovare una soluzione. Così escogitai un metodo a loro forse estraneo, prendendo ispirazione da un celebre episodio dell'odissea di Omero: il vino.
Il giorno seguente dissi ai contadini di raccogliere delle bacche di raciro, una pianta molto simile alla nostra uva. Poi chiesi a questi di estrarne il nettare e dopo averlo fatto chiudere in botti di legno lo feci fermentare per alcuni giorni. Dissi al re Ignis che questa preparazione produceva una gustosa bevanda, e così lui permise tale lavoro. Questo frutto a differenza dell'uva fermenta molto più velocemente, così dopo alcuni giorni offrii una modesta quantità di questo vino di raciro a Ignis, che rimase molto soddisfatto di questa mia creazione. Arrivata la sera andai presso guardie delle segrete feci bere loro grosse quantità di vino. Queste diventarono straordinariamente ebri, più di quanto io riuscissi ad immaginare. In questo modo non fu difficile prendere le chiavi della porta che conduceva alle segrete. Arrivato in quel luogo, si presentò ai miei occhi uno spettacolo orribile. Era un posto totalmente buio, riuscivo a vedere solo grazie alla mia grossa fiaccola che tenevo in mano. Inoltre l'assenza di finestre rendeva l'aria irrespirabile, a causa di un fortissimo cattivo odore. Tutte le prigioni erano piene di creature di ogni tipo e di ogni età. Erano tutte molto magre e appena videro la luce iniziarono a gemere. Così mi affrettai a cercare i miei genitori, non li conoscevo, ma dovevano essere sicuramente umani come me. Dopo intensi minuti di ricerca trovai, in una piccola cella in ferro arrugginito, due persone, ma non capii subito chi fossero, dal momento che la luce lì era davvero esigua. Insieme a loro c'erano altre due creature ibride. Poi chiesi a voce alta: «siete voi Orogon e Nariam?» «Si! Cosa vuoi?» disse un uomo con voce decisa ma debole. Sentite quelle parole iniziai a sentirmi strano. Finalmente, dopo oltre sedici anni, incontrai per la prima volta i miei genitori. Non potevo crederci. Ero emozionatissimo. Poi, con voce tremante per la gioia, dissi: «mamma, papà, sono io, Axel!» Loro corsero verso di me, si aggrapparono alle sbarre e mia madre disse: «Axel sei davvero tu?», disse scoppiando in un pianto di gioia, «come sei cresciuto!». Poi pose la sua fredda mano tremolante sulla mia guancia, incredula ma al contempo felice del fatto. «Non ci credo, sei davvero Axel. Il mio bambino! Riconoscerei i tuoi occhi tra mille. Sei venuto a liberaci?» mi chiese con voce affaticata.
«Mi dispiace ma non sono riuscito a sconfiggerlo, non posso liberarvi. Adesso si fida di me e devo sfruttare questa opportunità. Non vi preoccupate vi libererò al più presto. Adesso per favore ditemi: ho letto in una stanza una lettera indirizzata a te... mamma. Sembrava una profezia in cui si parlava di due grandi guerrieri e di una formula da recitare, che cosa sarebbe?» «L'ha inviato a noi un importante Oracolo. I due guerrieri, come tu hai ben potuto immaginare, siete tu e tua sorella. Dovete presto trovare gli altri tre primordiali fratelli e a quel punto pronunciare le parole scritte su quel foglio. Essendo voi i settecentosettantacinquesimi discendenti di Aeris potete far si che quelle parole prendano vita e producano un immenso potere in grado di sconfiggere una volta per tutte il malvagio Ignis» «purtroppo ho deluso tutto il popolo e mia sorella se ne è andata, non so come potrò riuscire a compiere questa predizione, forse l'Oracolo si è sbagliato, non merito di avere questo incarico» «l'Oracolo non si sbaglia, e tu sei assolutamente in grado di affrontare Ignis. Non devi affidarti a quello che ti ordina la mente, ma a quello che ti suggerisce il cuore. Ricorda che il suo punto debole è proprio la cosa a cui tiene di più: la sua ricchezza. ». Poi sentii un rumore e così mi congedai velocemente. Appena uscito vidi altre due guardie dirette verso le segrete. Così creai un po’ di vento dalla parte opposta a dove mi trovavo, in questo modo riuscii a depistarle facendole allontanare. A quel punto ritornai nella mia stanza. Pensai a lungo come agire, in che modo potevo arrivare dall’oracolo senza essere ostacolato dalle guardie. L’impresa era indubbiamente difficile. Inoltre a Elitheria si diceva che Vectes fosse un pianeta molto insidioso e tutti coloro che tentarono di raggiungerlo non tornarono mai più indietro. Tuttavia non avevo altra scelta. Una notte, mentre gran parte degli occupanti del castello dormiva, io uscii furtivamente. Vi erano tuttavia delle guardie a sorvegliare «non puoi uscire», disse una di queste «sto andando a concimare le piante di raciro. È un operazione da fare questa
notte urgentemente, o tutto il raccolto andrà perso» «non lo possono fare i contadini?» «è un compito delicato che solo io so come fare» «va bene, puoi andare» Sorprendentemente mi bastò quella banale bugia per superare le guardie. Uscii dal castello e mi diressi nel portale Elitheriano. Da lì raggiunsi Vectes, nel quale dovevano essere imprigionati i tre fratelli.
Capitolo 11
Le avversità di Vectes
Il pianeta era estremamente arido e molto buio. Aiutato da una delle mie fiamme mi incamminai alla ricerca della prigione. Viaggiai per ore senza sapere quale fosse la direzione. Poi in lontananza mi parve di vedere qualcosa. Andai incontro a quello che vidi, appena ero abbastanza vicino riuscii ad essere sicuro che quello fosse un edificio. Non era molto grande, ma era sicuramente molto robusto, e ben protetto. Vi erano grandi guardie a sorvegliare. Erano tre grandi mostri mai visti. Ognuno di essi era un ibrido tra un idra e una fenice. Erano mostruosamente grandi. Mi avvicinai e, come potevo ben immaginare, le bestie si avventarono su di me. Feci un grande salto indietro aiutandomi col mio vento. A quel punto iniziai a lanciare palle di fuoco, ma erano assolutamente innocue. A quel punto provai col mio uragano di fuoco, ma anche questo non feriva minimamente le bestie. Tuttavia le faceva arrabbiare, così iniziarono ad attaccarmi senza sosta. Con difficoltà riuscivo a schivare i numerosi colpi. Ad un certo punto una di quelle riuscì a colpirmi, caddi a terra e persi i sensi. Al mio risveglio mi ritrovai per terra, avevo un gran mal di testa e diverse ferite e tagli lungo il mio corpo. Alzando lo sguardo vidi sorprendentemente mia sorella che combatteva contro i mostri. Era strepitosa, creava quei magici spettacoli di aria e terra che solo lei sapeva fare. Poi trovai accanto a me una borraccia d’acqua, ne bevvi un po’ e mi sentii subito meglio, sicuramente quell’acqua proveniva dalla Foresta Viola. Le mie ferite si rimarginarono subito del tutto, e il mal di testa svanì. Appena mi alzai corsi ad aiutare mia sorella. Ogni suo gesto riuscii straordinariamente a farmi comprendere in che modo potessi usare anche i miei poteri. Appena lei vide che mi ero ripreso, creò un grande strato di rocce acuminate così io l’aiutai e, creando un grande vento, feci in modo che i mostri si sollevassero e schiantassero verso quelle sporgenze taglienti, poi le bestie, seppur indebolite, lanciarono fiammate di fuoco che furono presto spente dall’acqua di mia sorella. A quel punto provammo a fare una nuova cosa: io creai un immenso uragano di fuoco, mia sorella aggiunse a quello innumerevoli
frammenti di rocce affilate. L’uragano andò dritto verso le bestie e le indebolì notevolmente. Dietro quello poi creò una distesa onda d’acqua aiutata da altro vento generato da me. Finalmente quest’ultima mise definitivamente a KO le bestie. «come mai sei qua?», chiesi a mia sorella colpito del suo aiuto «so che ti sei arreso a Ignis per salvare la tua gente, anche se era più prudente darmi retta. Adesso però dobbiamo trovare i tre fratelli di Ignis.» «Anche tu conosci la profezia?» «Si, tenevo una copia dell’originale, che nostra madre diede alla serva che mi ha cresciuto» A quel punto ci dirigemmo verso l’immensa prigione. Arrivati lì ci trovammo di fronte a un grande portone in robusto legno e ferro. Era ben sbarrato, così provai a buttarlo giù con una raffica di vento ma non ci riuscii. Considerando il buon successo avuto nell’ unire i miei poteri con quelli di mia sorella provammo a creare una piccola sfera in cui era concentrato il potere dell’aria, della terra, dell’acqua e del fuoco. Lanciammo questa contro il portone e lo sfondammo senza alcuna difficoltà. A quel punto penetrammo all’interno della prigione, l’aria era irrespirabile tanto che ogni dieci secondi dovevamo sorseggiare un po’ di acqua della Foresta Viola per riprenderci. Ad un certo punto ci ritrovammo di fronte tre porte e in ognuna di esse vi erano incise rispettivamente le scritte: “SI AQUA VIS INVENIRE SAPIENTIAM TUA DEBUI ADIRE”, “SI AERIS VIS INVENIRE TIMORTUAM TUA DEBUI ADIRE”, “SI PETRIDE VIS INVENIRE VENUSTAS TUA DEBUI ADIRE”. Riferendomi alla mia discreta cultura latina dovevano significare: se Aqua vuoi trovare la tua saggezza devi affrontare, se Aeris vuoi trovare la tua paura devi affrontare, se Petride vuoi trovare la tua bellezza devi affrontare. Le scritte erano chiare: sicuramente dovevamo affrontare delle prove. Mia sorella decise di andare prima nella stanza di Aeris e poi di Petra. A me lasciò quella di Aqua. A questo punto ci dividemmo. Appena entrato nella camera di Aqua, non vidi nulla, le pareti che delimitavano l’ambiente erano molto distanti. Poi si accese una luce e trovai poco più distanti da me due creature combattere tra loro, sembravano unicorni. Uno era bianco l’altro color avorio. Poi una voce disse: «ascolta, solo uno dei due è reale, l’altro invece è una sua copia senza anima. In
questa sfida devi capire chi è l’effettivo unicorno». Non sapevo come fare. L’unica differenza tra loro era il colore, ma non potevo basarmi su questo elemento. Mi misi a pensare, poi mi ricordai che questa era una prova di saggezza, così dissi loro: «io sono venuto con l’intento di liberare Aqua, per sconfiggerla e permettere così a Ignis di regnare per sempre, chi di voi due mi aiuterà sarà salvo, perché lo difenderò con la mia stessa vita». Mentre parlavo il mio cuore tremava all’impazzata. «Ti aiuto io!» gridò una delle due creature, quella di color bianco A quel punto sferrai un potentissimo attacco di fuoco contro di essa. Questa morì e divenne cenere. Poi la voce disse: «Bene hai superato la prova. Hai avuto molta saggezza correndo un grave rischio, poiché se non avessi indovinato saresti morto. Per questo ti meriti la chiave che ti permetterà di aprire la porta della cella di Aqua» L’altro unicorno poi mi chiese: «come sapevi che fossi io quello vero?» «Sulla Terra abbiamo sempre ritenuto gli unicorni creature dall’animo puro, dunque non essendoti reso disponibile nel compiere l’atto scellerato che avevo proposto hai dimostrato di essere tu quello vero». Poi l’unicorno mi mostrò la chiave. Andai verso la lontana porta e la aprì. A quel punto vidi dormire su alcuni sporchi sacchi di farina una dolcissima fanciulla, era Aqua. Avrebbe dovuto avere migliaia di anni, ma la sua eternità l’aveva mantenuta in benissimo stato. Mi avvicinai verso di lei e la svegliai. Quando ella si alzò, disse ridendo: «Ne hai impiegato di tempo nel venire!» «presto, dobbiamo uscire ora», dissi ad Aqua. Usciti dalla stanza, siamo rimasti poi fuori ad aspettare che tornasse Eliodora. Ella infatti doveva affrontare ben due sfide. Mentre attendavamo il ritorno di
Eliodora dissi ad Aqua: «posso chiederti una cosa?» «si Axel» «Il tuo pianeta come si chiama? Ho un forte presentimento» «a Elitheria è chiamato Aquada, nel mio pianeta è però chiamato Terra. Purtroppo persi la reggenza migliaia di anni fa, e adesso non so in che stato è ridotto» Rimasi scosso. Uno dei quattro pianeti dei quattro fratelli primordiali era proprio la mia Terra, adesso mi era tutto più chiaro. Mi chiedevo infatti come mai la Terra non avesse un governante come tutti gli altri pianeti, invece il governante l’aveva, ma lo ha perduto molto prima di evolversi. Così adesso si trova in uno stato di anarchia, che lo ha portato a conflitti interni, grandi guerre civili, ingiustizie e diseguaglianze. «Io vengo proprio dalla Terra», dissi ad Aqua «dici sul serio? Tu non sei Axel Drage che proviene da Elitheria?» «Si, ma la regina, che sarebbe mia nonna, mi ha portato in tenera età sulla Terra. Dunque sono cresciuto lì. Solo alcuni mesi fa ho scoperto di essere un Elitheriano e sono dunque venuto qui». «Strana storia» disse Aqua, poi continuò: «Com’è vivere laggiù?» «Innanzitutto non esiste questo tipo di magia, non esistono ibridi come a Elitheria, o quanto meno solo nelle antiche leggende mitologiche, penso infatti che a quei tempi ancora esistessero, ma che col are del tempo furono tutti annientati o si estinsero per non so quale ragione. Le persone lì sono molto diverse, hanno diverse ioni, diversi lavori, diverse credenze, non è male vivere sulla Terra» «Sono molto felice che la pensi così»
Erano già ate due intense ore ed io inziai a preoccuparmi molto. Ad un tratto uscii da una porta una ragazza senza volto, per essere più preciso aveva la testa ma al posto degli occhi aveva due cavità solo per guardare, due fori al posto del naso per respirare, e un’apertura senza labbra al posto della bocca. Aveva però i stessi vestiti che indossava mia sorella così le chiesi: «Eliodora sei tu?» «Si, se la mia faccia è così è a causa della prova nella stanza di Petride. Dovetti infatti rinunciare a occhi, naso e bocca, per salvarlo». Dietro a mia sorella uscirono due ragazzi: uno aveva i capelli castani l’altro rossi. Erano Aeris e Petride. Per liberarli Eliodora dovette affrontare difficili prove: dovette affrontare la più grande sua paura che non mi svelò mai, e dovette quindi rifiutare la naturale bellezza del suo volto. Usciti dall’edificio straordinariamente il volto di Eliodora divenne di nuovo normale. La prova infatti rendeva permanenti i suoi effetti solo se si rimaneva dentro l’edificio. Tuttavia l’unicorno non scomparì e rimase con noi. Offrimmo ai tre fratelli dell’acqua curativa così da farli subito riprendere. Ci siamo così diretti nuovamente ad Elitheria. Era sera. Al nostro rientro trovammo un gruppo di soldati ben armati, pronti ad attaccare, certi del nostro rientro. A quel punto i tre fratelli con piccoli gesti riuscirono subito a sottometterli e vincerli. Mi aspettavo che fossero forti, ma non credevo così tanto. Volevamo arrivare a Ignis senza affrontare tutta la sua armata. Allora andai da solo dall’oscuro signore provando a mentire ancora circa la mia fedeltà. Noi ci siamo messi in contatto attraverso dei speciali sassi che ci hanno dato i fratelli. Dunque mi diressi verso il castello, arrivato ai cancelli le guardie mi fermarono e chiamarono l’oscuro signore. Dopo circa mezz’ora questo arrivò e mi chiese: «dove sei stato? Perché non eri al castello?» «Ero andato a controllare il raciro, ma appena arrivai dei ribelli mi hanno catturato. Mi anno portato lontano e solo ora sono riuscito a liberarmi da quelli. Così sono rientrato e sono di nuovo disponibile per offrirti i miei servigi» «la prossima volta non dovrai allontanarti più dal castello, qualsiasi mansione falla fare ai servi o ai contadini.»
«D’accordo, sono consapevole adesso della ferocia dei ribelli. Capisco che stare al castello è la soluzione più sicura» A quel punto siamo entrati nel palazzo. Appena entrato, vidi molti dei fedeli servi di Ignis insospettivi e increduli della mia versione narrata all’oscuro signore. Il re mi fece accomodare nella sala da pranzo per la cena. La tavola era ben apparecchiata. Vi erano diversi piatti, soprattutto molti generi di carni. Molta frutta e poca verdura. La stanza era illuminata da particolari candelabri posti sia al centro del tavolo sia disposti lungo le pareti laterali della stanza. Sul tetto invece era infisso una grande lampadario con lampade alimentate ad olio. Probabilmente in questa terra non conoscevano l’elettricità. Mangiare quelle carni mi faceva un po’ di impressione, non sapendo da dove derivassero. Io assaggiai una gustosa bevanda, sembrava un vino simile a quello di raciro ma di altra derivazione. Tuttavia il mio vino era abbondantemente presente in quella cena. A mangiare eravamo oltre che me e il re anche altri due suoi fedeli consiglieri. Anche loro non sembravano tanto fiduciosi nei miei riguardi. Erano tutti molto silenziosi e i loro volti molto enigmatici. Sospettavo che durante quella cena volessero avvelenarmi, così per tutta la serata feci finta di mangiare, nascondendo invece il cibo nelle tasche dei miei vestiti. Terminata la cena ognuno dei commensali si ritirò nelle proprie stanze. La mattina del giorno dopo vidi diversi servi entrare e uscire dalla mia camera. Qualcuno di quelli mi chiese come stessi, se avvertivo dolori, o altri disturbi. Capii allora che le loro domande fossero legate alla cena ata, per evitare di insospettirli troppo risposi di avvertire solo un leggero dolore allo stomaco. Questo mancato avvelenamento fece molto infuriare Ignis, scatenando quindi la sua rabbia sui suoi servi, forse perché proprio loro avevano il compito di inserire il veleno nel mio cibo. Per questo motivo dopo alcuni giorni condannò quei suoi servitori ad un orribile morte che non sto qui a descrivere.
Capitolo 12
L'ultima battaglia
Col are dei giorni la situazione diveniva sempre più insostenibile, così in diverse occasioni tentai di portare Ignis lontano dalle sue guardie per porre un fine a questa storia, ma ogni tentativo fu vano. Ad un certo punto provai, come era mio solito fare, un rimedio un po’ estremo. Dalla finestra della mia camera riuscii ad innescare un grosso incendio sulla coltivazione del raciro. Infatti questa pianta stava diventando per il re di fondamentale importanza e avrebbe fatto di tutto per proteggerla e custodirla. L’incendio era incontrollabile e nessuno dei suoi riusciva a spegnerlo. A quel punto fu lui stesso costretto a recarsi nel luogo, solo alcune sue guardie lo seguirono tra cui io. Cogliendo finalmente questa opportunità avvisai mia sorella della situazione con le pietre datomi dai tre fratelli. Arrivato nella piantagione intravidi tra le fiamme mia sorella e i tre fratelli ben nascosti. Poi il re alzò le braccia verso il cielo. Iniziarono a formarsi dei grandi cumulonembi, ovvero grossi nuvoloni. Ad un tratto iniziò a piovere e le fiamme iniziarono a spegnersi. Poi sentii una forte scossa nel terreno: era il segnale. Dovevo subito isolare il re dalle sue guardie. Creai così una forte fiamma proprio davanti i suoi occhi e un forte vento che allontanò tutti i suoi fedeli servitori. Poi apparve mia sorella che creò e innalzò un potente e duplice strato di roccia attorno a Ignis. «Cosa sta succedendo?», chiese il malvagio re preoccupato «è arrivato il momento di dare un fine a questa vicenda!» risposi «sapevo di non dovermi fidare di te, così ho preso le mie precauzioni!». Sfregò le sue mani e ricreò quella temibile sfera nera che aveva in ato annientato metà della nostra armata. Fatta quella sfera lo strato di roccia si ruppe e lui uscì fuori. La nube nera si stava di nuovo formando quando la vedemmo balzare via. Era stato Aeris con il suo supremo dominio dell’aria.
«Aeris, come puoi essere qui? Tu! Sei stato tu a liberarlo!», urlò guardandomi. A quel punto mi scagliò addosso una potentissima freccia di fuoco. Questa, prima di trafiggermi, si spense grazie ad uno spesso muro formato da Aqua «Aqua, anche tu?... Non è possibile!» «Fratello, ci sono anche io!», intervenne Petra mostrandosi. «D’accordo, volete che le cose si facciano sul serio?!» Poi alzò le braccia e disse: «MILITES REVOCO». Si creò una fittissima nebbia che non permetteva assolutamente di vedere. Dopo alcuni minuti di totale oscurità vedemmo di fronte a noi, un infinità di soldati e guerrieri, più del doppio di quelli presenti nella precedente guerra. Noi allora indietreggiammo, non potevamo affrontare un numero così imponente di soldati, eravamo solo in cinque. Poi Ignis recuperò la sua nube oscura e senza pietà ricreò quell’incantesimo sterminatore. I soldati ci assalirono. Io creai numerosi getti di fuoco, mia sorella provocò numerosi squarci nel terreno con l’aiuto di Petra facendo cadere numerosi soldati, ma infinitamente pochi in proporzione di quella innumerevole armata. Aeris creava incredibili folate di vento che rallentavano i nemici, ma intanto Ignis stava intensificando la potenza della sua temibile nube oscura. Aqua creava gigantesche onde che facevano annegare molti nemici. Tutto però era vano. La fonte di quell’armata era Ignis, ed era proprio lì che bisognava agire. Come nella precedente guerra tentai di andare direttamente verso costui, aiutandomi con il mio vento. Non volevo cadere nello stesso errore. Il mio intento era innanzitutto fermare quel nugolo oscuro. Arrivato dietro di lui, strinsi i pugni per creare un potente vento che potesse allontanare quella nube dal suo evocatore. Ero pronto a lanciare la corrente quando Ignis se ne accorse. Così si girò e mi lanciò contro una potentissima palla di fuoco ingabbiatrice... E adesso siamo al presente. Mi ritrovo così all'interno di una sfera di magma oscura che riduce le sue dimensioni senza sosta di continuo, sempre con più difficoltà riesco a vedere la luce. Come dei lacci che mi stringono sempre di più non riesco a muovermi, ad agire, sento una voce dentro di me che dice: "arrenditi, non sprecare altre fatiche". Fuori dalla gabbia sento la sua sottile voce che mi dice: "guarda come è
bello se tu ti unissi a me, saresti felice, invincibile, avrai tutto quello che di più desideri, andrai incontro a tutto quello che ti è stato privato, scoprirai nuovi piaceri, nuove emozioni". Pur essendo ato tante volte in una situazione pressoché simile non riesco tuttavia a trovare una soluzione, non so se la cosa più giusta sia fuggire, arrendermi, soccombere a questa situazione. Tuttavia una calda coscienza mi sostiene e mi ricorda: "sai quello che succederà se ti arrendi, se non sprechi tutte le forze che ti sono rimaste, solo tristezza e rimorso rimarranno dentro di te se non agisci come hai già fatto in tutte le altre partite, come nella penultima, deludendo i tuoi compagni. Ricordati che questa è la tua ultima partita". Allora la voce oscura interviene e mi illude "non sarà la tua ultima partita, se rimarrai deluso nell’unione con me, potrai giocarti un' altra partita". Io so che non è così, che non ho altre opportunità. Sono forse io che non me le voglio dare. Forse il popolo mi perdonerà se mi arrendo un altra volta, ma io non voglio più deluderlo, non voglio aggiungere un altra ferita al mio corpo. Tutte le altre non si sono ancora rimarginate e questa farà solo ancor più male. A volte mi sembra che l’oscurità se ne sta andando ma è solo un' illusione. Infatti appena mi trova esposto e con poche difese subito mi infligge una grossa pugnalata, allora subito devo trattenermi ed evitare che il colpo penetri tra i miei tessuti. Subito riedifico una grossa protezione contro gli altri possibili successivi colpi, ma spreco davvero tanta energia e soprattutto sembra che il nemico riesca subito a trovare una nuova strategia di attacco per vincere la mia nuova difesa, così anch’io devo ulteriormente assemblare nuove configurazioni. Mi chiedo quando potrò davvero trovare il mio contrattacco che riesce a sconfiggere una volta per tutte questo temibile e, ancora per molti versi, sconosciuto nemico. Non riesco ancora a trovare il suo punto debole, mi sbaglio molte volte e questi errori non diventano altro che nuove favorevoli opportunità per l'avversario. Ma adesso basta, devo concentrarmi, non posso permettere alla storia di ripetersi per l'ennesima volta. È il momento di scrivere il lieto fine. Scruto il nemico ma non riesco a vederlo. Magari anche lui ha dei punti deboli ben evidenti e non vuole che io li trovi. Allora mi faccio spazio tra quei lacci di fuoco e le altre sue insidie, forse questo mi esporrà, ma anche lui sarà scoperto. Non so ancora come uscire. Quella gabbia mi sta soffocando non riesco più a respirare. Ad un certo punto sento dentro di me un incredibile ventata di ossigeno, mi invade una grande gioia e positività. Una sensazione molto simile a quella provata dall'Oracolo, ma più intensa.
Una grande luce esce dalla mia pelle, è accecante, dal mio petto si è sprigionato un immenso drago di fuoco simile a un serpente alato lungo venti metri, ma costituito interamente da fiamme che si muovono come alimentate da un profondo vento. Ha sei grandi zampe. È maestoso. Mi sento un'altra persona, avverto dentro di me una grande energia, il drago diventa parte di me. Sono certo: è questo il grande potere del settecentosettantacinquesimo discendente di Aeris. Questo drago riesce a trasferirmi un immenso coraggio, ma al contempo una smisurata forza. La creatura da me evocata ha rimarginato le mille ferite subite all’interno della sfera. Questi si è proiettato verso le pareti e le catene della gabbia, poi le ha spezzate, andoci soltanto attraverso. Finalmente sono uscito da quella sfera. Mi sono gettato contro Ignis e gli ho sottratto quel suo piccolo agglomerato concentrato di materia oscura che stava già invadendo l'intero campo. «Non può essere! Come sei uscito dalla mia gabbia?!» Ha detto Ignis sbalordito. Straordinariamente ho visto sul campo di battaglia anche il mio esercito alleato con Felix, Noran, Crystal e gli altri. Appena anch'essi mi hanno visto hanno fatto un cenno di concordia. Forse hanno saputo della mia buona intenzione. Ignis vista la nostra rivalsa è diventato più furioso che mai. Così ha creato un enorme manto di materia oscura e fuoco sopra tutti compreso il suo stesso esercito. Questo sembra ancora più devastante della nube oscura che sono riuscito a sottrargli. Ad una grande velocità si sta espandendo per tutta l'aria. Metà del suo stesso esercito è stato distrutto e ora si sta indirizzando verso di noi. La sua ira non sta risparmiando nessuno! «Axel vieni!» dice Aeris. Questi sta creando un fortissimo vento, io provo ad aiutarlo in questo. Nel frattempo Petride ha creato uno spesso strato di roccia per bloccare l'avanzata di quell'enorme manto. Eliodora insieme ad Aqua tentano, attraverso una fortissima onda d'acqua, a contrastare quella materia oscura. Arrivano anche Felix e Noran. Il fauno sta cercando di trasformare quella sostanza in semplice aria, ma dice che è difficilissimo, contemporaneamente Noran cerca di distrarre Ignis lanciandogli grandi oggetti sollevati grazie al suo potere. Sono arrivate anche Crystal insieme a Tricya, che si sono riconciliate per l'occasione. La prima ha evocato un enorme stormo di uccelli, volatili, e grandi draghi provenienti dal lato opposto a dove si stava espandendo il manto, Tricya invece genera lunghe scariche elettriche contro Ignis. Il signore oscuro si sta indebolendo, ma dalla sua debolezza trae la sua forza, così ha lanciato rapidamente una assurdo incantesimo contro quel suo
nemico che lui ritiene causa di tutto questo: mia sorella Eliodora. È stata colpita. Quasi esanime si sta lasciando trasportare dentro il devastante manto. Non riesco a raggiungerla, un' immensa energia nera me lo impedisce. Non la vedo più. È stata inghiottita dalla materia. Disperato, cerco di raggiungerla ma nonostante tutte le mie energie mi sento impotente, come privato della volontà di agire. Ad un certo punto dalla nube stanno fuoriuscendo dei raggi di luce di mille tonalità. Questa sta squarciando quel fitto manto e sta diventando sempre più intensa, poi si è creato un varco e da lì è uscita mia sorella, sopra un grande drago molto simile al mio, ma costituito da roccia con delle grosse crepe in cui scorre dell'acqua come se fossero le sue vene. Questo immenso drago poi ha evocato anche il mio. I due draghi si sono uniti formando un grandissimo drago a due teste composto da tutti e quattro gli elementi. Poi la grande creatura alata si è gettata sulla nube oscura e volando tra essa l'ha dissolta tutta. Dal cielo sono poi piombati quattro grossi titani alati. Con le loro immense ali hanno bloccato Ignis. Egli con tutte le forze tenta di liberarsi, ma la forza di quei mostri che lo tengono è molto forte. Dispongono di un incredibile invulnerabilità ai colpi inferti da Ignis. Ho guardato meglio e poco più indietro ho visto il signor Anderson che li controllava come un direttore d'orchestra. Sono i suoi titani, quelli che gli aveva donato l'Oracolo. Subito Eliodora ha preso la lettera e insieme abbiamo recitato le parole: «DOMINUM TENEBRIS AD TE DEBUI REDIRE» Dette queste parole nel cielo sono apparse tante chiazze luminose lampeggianti. Poi una grande fenice scura è uscita dal petto di Ignis, e appena si è alzata di pochi metri dal suolo si è distrutta provocando un fortissimo vento. Ignis è caduto per terra. I suoi tre fratelli l'hanno subito preso e gli hanno legato le mani con dei robusti lacci di saduro, così da inibire tutti i poteri del loro malvagio fratello. «Grazie davvero. Adesso non saremmo qui senza il vostro aiuto e grande coraggio», ha detto Aqua «cosa succederà a Ignis? Non si corre il rischio che riesca nuovamente a liberarsi?», chiesi io. «non gli sarà possibile. Lo porteremo in un luogo immune alla magia, in cui ogni suo tentativo di liberarsi sarà vano. Inoltre lì si trovano delle particolari creature
che tenteranno di rieducarlo, sperando che un giorno Ignis riesca a trovare la pace con gli altri, ma anche con se stesso». Poi con un cenno di mano i fratelli ci hanno salutato, scomparendo nel nulla. Quando se ne sono andati una piccola goccia di Sole è salita verso il cielo, ritornando verso la sua originale stella. Era la Fonte Prima che il signore Oscuro aveva rubato. Poi è arrivata la regina, mia nonna, ha steso le braccia e ha detto «CHE OGNI SPAZIO, OGNI PIANTA, OGNI CREATURA, OGNI EDIFICIO, OGNI PAESAGGIO DI QUESTA TERRA RITORNINO COME PRIMA» D’un tratto tutto ha iniziato a muoversi, la grande oscurità che dominava il cielo sta scomparendo, le piante deperite stanno riprendendo vita, facendo germogliare nuove gemme. Poi una leggera pioggia di acqua curativa è iniziata a cadere su di noi rimarginando tutte le ferite degli abitanti di Elitheria. Anche le statue rotte davanti il castello si ripristinarono mostrando le stupende figure dei miei genitori. Subito mi sono precitato nelle segrete, ho preso le chiavi e ho liberato tutti i prigionieri. «ce l’hai fatta!», mi ha detto mio padre. «ce l’abbiamo fatta!», ho risposto, indicando mia sorella che stava di fianco a me. «Eliodora, sei davvero tu?», ha chiesto poi mia madre. «Si, mamma, sono proprio io!», ha risposto mia sorella. Poi si sono abbracciate, scoppiando in un lungo pianto di gioia. Dopo è entrata mia nonna anch’essa con le lacrime agli occhi. Lei se ne sta in disparte. Si sente tremendamente in colpa per aver abbandonato i miei genitori. «Mamma, hai fatto tutto quello che potevi fare, non devi sentirti in colpa», ha detto mia madre avvicinandosi a lei. «Nariam, le tue risposte mi sorprendono sempre. Hai un grande cuore. Sono sicura che tu sarai una grande regina, molto migliore di me. Ho deciso: domani all’alba lascerò la mia corona a te», disse mia nonna.
«Spero di governare con la grande forza che hai avuto tu, mamma. Adesso però ritengo più giusto organizzare una festosa cerimonia per celebrare questa nostra vittoria. Signor Anderson, si occupi lei personalmente a divulgare la notizia del grande evento!» «Certamente», rispose l’anziano. Così abbiamo trascorso un’intera settimana a preparare questa immensa festa con migliaia di invitati. Finalmente tutto era pronto. Ci fu grande felicità quel giorno. Anche le grandi ferite dei ricordi si stavano rimarginando. Finalmente il mio più grande sogno divenne realtà. Trascorsi un’intera giornata con tutta la mia famiglia, con quei genitori che fino a poco tempo fa non avrei mai pensato di conoscere e con degli amici davvero speciali. Così si è conclusa questa mia avventura, piena di pericoli, stranezze, ma anche gioie e scoperte. Adesso Elitheria potrà vivere il suo tempo di pace e gioia senza più l'ombra di alcun nemico, ma sarà davvero così...? Altre avventure sono dietro l’angolo e nuove scoperte stanno per sconvolgere nuovamente la mia vita. FINE