Mara, Per Te 3z634v

a cura di World SF Italia

Donato Altomare

Mara, per te

Racconto lungo

Prima edizione febbraio 2016 ISBN 9788865306031 © 2016 Donato Altomare Edizione ebook © 2016 Delos Digital srl Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano Versione: 1.0 Font League Spartan Bold by Micah Rich, SIL Open Font Licence 1.1

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Indice

Il libro

L'autore

Mara, per te

Presentazione dell'autore

1.

2.

3.

4.

5.

6.

7.

8.

9.

10.

11.

13.

14.

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Il libro

In un futuro in cui tutti sono belli si farebbe di tutto pur di apparire un po' più brutti.

Arriverà un giorno in cui grazie alla medicina e alla genetica tutte le persone saranno bellissime. Non ci sarà più la necessità di lavorare: la vita sarà in effetti piuttosto noiosa. E allora la gente, avrà un unico sogno, un unico desiderio: quello di possedere un partner un tantino brutto. Sarà allora che entrerà in scena un Chirurgo-Scultore che, grazie a una prodigiosa macchina, potrà ‘regalare’ a chiunque ne abbia diritto, un cicatrice, una modesta deformazione. Ma il Maestro, il Chirurgo-Scultore che scolpisce corpi umani, è soggetto a rigidissime regole. E non può innamorarsi.

L'autore

Donato Altomare nasce a Molfetta nel 1951 e vi risiede. Laureato in Ingegneria Civile esercita la libera professione. Sposato, ha tre figli. Narratore, saggista, poeta, ha vinto due volte il Premio Urania di Mondadori e cinque volte il Premio Italia, e una volta il Premio della critica Ernesto Vegetti, oltre a molti altri premi per la narrativa e la poesia. Autore essenzialmente del fantastico. Numerosissime le sue antologie, i suoi romanzi e i suoi racconti editi in Italia e all’estero. Sono state tenute tesi di laurea su di lui. È l’attuale Presidente della World Science Fiction Italia, l’associazione degli operatori della fantascienza e del fantastico.

Dello stesso autore

Donato Altomare, Parabola Classici della Fantascienza Italiana ISBN: 9788867752522 Donato Altomare, Ogni nave deve incontrare le sue onde Classici della Fantascienza Italiana ISBN: 9788867753109 Donato Altomare, Come un serpente che si morde la coda Classici della Fantascienza Italiana ISBN: 9788867754038 Donato Altomare, Centro Ristrutturazione Temporale Classici della Fantascienza Italiana ISBN: 9788867754847 Donato Altomare, Ti ringrazio, o Signore, per le ali che mi hai dato Classici della Fantascienza Italiana ISBN: 9788867755899 Donato Altomare, Terrore sotto la città Classici della Fantascienza Italiana ISBN: 9788867756667 Donato Altomare, Allontata da me questo calice amaro Classici della Fantascienza Italiana ISBN: 9788867757183 Donato Altomare, I bianchi ponti dell'utopia Classici della Fantascienza Italiana ISBN: 9788867757725

Presentazione dell'autore

La prima e unica volta che è stato pubblicato questo racconto è nel 1988 in Nova SF* n. 14. Per scriverlo mi sono dovuto inventare un nuovo gioco che poi è alla base del racconto. Una piccola curiosità. Il nome del Maestro, Linaldo è un mio piccolo omaggio al grande Lino Aldani.

1.

– Maestro, non le chiedo poi molto. Una cicatrice, solo una piccola cicatrice su una guancia. Vede, io… e mia moglie ci amiamo. Sono un bell'uomo, come tutti, e lei molto bella, come tutte. Ed è proprio questo il guaio. Ho provato a immaginarla diversa. Quando… quando facciamo l'amore chiudo gli occhi e la immagino bruttina, certe volte persino deforme, e questo mi eccita molto. Ma… ma non riesco a tenerli sempre chiusi e quando li riapro… be', la rivedo bella come sempre. – L'uomo chinò il volto arrossendo prima di concludere: – Insomma, non riesco mai a portare a termine l'amplesso. Il Chirurgo-Scultore strinse le labbra, poi, pazientemente: – Sa bene che per quello che mi chiede ci vuole il Permesso della Sacra Rota. Ce l'ha, forse? – Sapeva quanto fosse retorica quella domanda. Non solo era estremamente difficile che il Vaticano elargisse simili concessioni illecite, ma, nei casi speciali, sarebbe stato lui il primo a saperlo. – Ho inoltrato la domanda adducendo motivi psichici. Un mio parente sta facendo pressione presso le autorità ecclesiastiche. Lui si dice sicuro di ottenere … – Bene. In quel momento sarò felice di prestare la mia opera. Si girò e si allontanò senza fretta, ma con o deciso, per evitare il penoso tentativo di corruzione. Scosse il capo. Finiva sempre così. Eppure sapevano bene che lui era incorruttibile. Per la più semplice delle ragioni, poteva ottenere ciò che voleva da chiunque senza limite alcuno. Il suo titolo era fonte inesauribile di credito. Aveva fatto un centinaio di metri quando lo sguardo cadde sull'insegna olografica di un'agenzia di viaggi. Perché no?, si chiese. Mara ne sarebbe stata felicissima. Senza esitazioni vi entrò. Vide quello che doveva essere il gestore lanciargli un'occhiata veloce senza smettere di imbonire una coppia dall'evidente incertezza. Gli ci volle solo un decimo di secondo per riconoscerlo. Smise di

colpo di parlare, lasciò con una rapida scusa i clienti e con gli occhi che luccicavano si precipitò da lui. – Maestro, quale immenso onore. Sapevo che sarebbe venuto in questa città per la Gara, ma… ma non avrei mai immaginato Che … – Qual è il più bel posto da visitare, in questa stagione? – Il deserto mongolo, ovviamente. Vorrebbe forse … – Sì. Mi organizzi un viaggio di sei giorni. Con me, oltre mia moglie verranno l'allievo, un tecnico e una dama di compagnia. L'uomo parve non star più nella pelle per la gioia. Avere il Maestro… tra i suoi clienti! – Dove vuole, quando vuole e con chi vuole. Il Chirurgo-Scultore sorrise: – Vorrei partire subito dopo la Gara. – Lunedì, allora, dopo… . – con un brivido di piacere, – la scultura. – Sì, lunedì andrà bene. – La manderò a prendere – concluse il gestore, tornando con gran fatica alla freddezza professionale. E già pregustando le mille volte che avrebbe raccontato quella fortuna ai suoi amici.

2.

Il grande stadio era, come al solito, colmo all'inverosimile. La folla non ancora esaltata dagli scontri finali alternava la propria attenzione tra il campo di gara dove si svolgevano le eliminatorie e il Palco Centrale nel quale il ChirurgoScultore osservava imibile lo spettacolo. Al suo fianco la bellissima moglie, resa, se pur possibile, ancor più bella dal suo sguardo vagamente cupo che faceva letteralmente impazzire di desiderio qualsiasi uomo. Non per nulla era stata la prescelta, la compagna del Maestro. Al terzo gruppo delle eliminatorie il boomerang volò più in alto del solito, attraversando tre sagome fisse e inanellando cinque anelli. Un applauso freddino sottolineò il risultato mediocre di quella prova. Il tempo ava e finalmente i concorrenti rimasero in otto. Poi in quattro. Infine i due finalisti si scontrarono. La tensione divenne palpabile. La folla restò muta durante i lanci, ma esplose in un vero e proprio uragano d'applausi quando uno dei due concorrenti vinse. Era una donna. Nel boato assordante delle acclamazioni lei e lo sconfitto furono condotti dinanzi al Maestro. E solo quando tornò il silenzio il Chirurgo-Scultore pronunciò la frase di rito, ponendo nelle mani della vincitrice uno scettro d’oro. E la baciò. Lei allora si girò folle di felicità e sollevò al cielo il trofeo scatenando un'altra ovazione. Ma il Maestro non le faceva più caso. La sua attenzione si era rivolta allo sconfitto, un giovanissimo rimasto immobile lì davanti. – Quanti anni hai? – Trentadue. Scosse il capo. Avrebbero dovuto innalzare il limite minimo d'età. Quello era poco più che un ragazzino. – Sei stato bravo, bravo ma ingenuo.

Il giovane non batté ciglio: – Ho perso perché lei è stata più abile e sicura di me, non perché abbia commesso qualche errore. In effetti era così. Quel ragazzo gli piaceva. Ma poteva far poco o nulla per lui. La legge andava rispettata. – Domani – concluse piano, – dovrò scolpire. Un brivido percorse il superbo corpo dell'atleta. La pelle d'oca gli corrugò la figura scultorea. Eppure non batte ciglio. Si limitò a chinare il capo e a dire: – Lo so, Maestro. – Poi, con un fil di voce: – Mi affido alle sue ineguagliabili mani. – E chinò il capo.

3.

– È stata una scultura superba. - C'era infinita ammirazione nello sguardo dell'Allievo che fissava come estasiato la cabina trasparente della grande macchina. – Ogni volta la sua opera è più straordinaria della precedente. Linaldo, Nono Chirurgo-Scultore dello Stato Felice di Terra non lo ascoltava. Stava con gli occhi chiusi e respirava affannosamente. Ogni volta lo sforzo era immane. Si scosse. Spense la macchina, che emise qualcosa d'incredibilmente simile a un sospiro, e apri la cabina. Con molta cautela aiutò colui che una volta era stato un bel giovane a scendere. Lo guardò attentamente. Sì, poteva ritenersi soddisfatto di quella Scultura. Specie perché non l'aveva fatto soffrire per nulla. Il giovane uomo gli rivolse uno sguardo riconoscente, l'aveva capito anche lui. Ma qualcuno lo reclamava. Con o irregolare si avvicinò a colei che aveva vinto la gara e che attendeva con grande trepidazione. La donna, con un brivido d'orrore misto a piacere, lo prese per un braccio. E senza una parola lo condusse con sé facendosi largo tra la folla assiepata fuori dalla Stanza delle Sculture che fissava i due con occhi carichi d'invidia. Per alcuni giorni quell'essere scolpito sarebbe stato suo. E poi? Gli sconfitti erano liberi. Ma con inciso sulle proprie carni l'amaro segno della loro sventura. Si diceva che, celato da qualche parte, c'era un novello Eden dove loro si rifugiavano per potere, insieme, sentirsi normali. Ma erano solo favole. – Ti prego, vorrei ritirarmi. Linaldo abbandonò i suoi pensieri. Mara lo stava guardando con occhi dolci. Lui indugiò un attimo per rimirare tutta la loro intima bellezza. Amava molto la sua compagna. – Non ti senti bene?” Lei sorrise. Quella vecchia battuta faceva sempre sorridere.

– È che ogni volta conferenze, interviste, richieste di spiegazioni in dettaglio dell'intervento… e ogni volta migliaia di ragazze che pendono dalle tue labbra, ti mangiano con gli occhi. E mi invidiano. Perdonami, ma… quant'è pesante quell'invidia! Linaldo aggrottò la fronte. Quell'inaspettato sfogo l'aveva turbato, ma non lo diede a vedere. – Certo, va' pure, non preoccuparti. – Le diede un rapido bacio sulle labbra, poi la seguì con lo sguardo mentre quasi fuggiva via accompagnata da due amiche. La fermò quasi sulla soglia: – Mara… – Dimmi? – Il viaggio? – Sono certo sarà meraviglioso. Sarò pronta domattina. Lui sorrise. Fu il clamore della folla che lo reclamava a impedirgli di seguirla nelle sue stanza.

4.

Il boomerang d'argento compì un giro completo del campo e tornò nelle mani di Mara. La donna ebbe una presa perfetta nonostante il grosso guantone da dilettante che le proteggeva la mano. Senza fermarsi fece alcuni i a sinistra e ripeté il lancio. – Non è regolare, sei fuori pedana. Lei si girò. Linaldo dalla finestra dello Studio le indirizzò un bacio. Lei sorrise e lo salutò allegramente. Fu allora che un uggiolio lamentoso costrinse il Maestro a girarsi. Con occhio esperto valutò l'errore dell'Allievo. L'ampia ferita sulla coscia del cane perdeva sangue. Il giovane tentava affannosamente di suturarla. Scosse il capo. Poi eseguì il taglio della carne in superficie secondo il progetto della scultura. – Se non l'avessimo immobilizzato con i raggi trattori – disse in tono duro – sarebbe schizzato via come impazzito. Per morire dissanguato. Sì, può darsi che importi poco, in fin dei conti è solo una cavia, un animale da laboratorio. Ma lì dentro un giorno potrebbe esserci un essere umano. – Tacque. Avrebbe voluto continuare a dire all'Allievo che in quel modo non sarebbe mai diventato un Chirurgo-Scultore in grado di sostituirlo alla sua morte, ma si limitò solo a pensarlo, poiché sapeva che il giovane l'avrebbe capito da solo. Con un cenno gli ordinò di continuare e osservò attento il completamento del programma di scultura. Non staccò un solo istante gli occhi dal bisturi-laser e dal raggio cicatrizzante. Infine osservò l'opera. Non male, la scultura poteva dirsi ben riuscita. Forse il suo giudizio su quell'aspirante andava ponderato meglio. Lo congedò, poi registrò alcune note. Erano troppi gli Allievi da seguire e non riusciva a tenerli tutti a mente. In ogni caso il lavoro era finito. La bestia si era addormentata per effetto di un sedativo. L'indomani avrebbe occupato un posto davvero invidiabile nel salotto di qualche cittadino altolocato. Un luccichio attirò la sua attenzione. Tornò ad affacciarsi alla finestra. Mara continuava a lanciare. Mirava ora alle sagome fisse. Ne attraversò quattro. Un

colpo discreto per una principiante. Linaldo applaudi ricevendo in cambio una smorfietta quasi da fanciulla. Così indugiò a contemplare le lunghe gambe affusolate della sua donna, le cosce vellutate lasciate interamente scoperte dallo striminzito body, il seno ben pronunciato, ma non abbondante che si sollevava nelle brevi corse. Sì, era decisamente molto bella, bella tra le belle poiché da centinaia di anni la bellezza era la norma. Mara sentì lo sguardo. Allora depose l'attrezzo nell'apposita rastrelliera, gli lanciò uno sguardo che era tutto un invito, e si diresse verso gli spogliatoi. Linaldo capì che quella sera la doccia non l'avrebbe fatta da solo. Con un profondo fremito di piacere si accinse a scendere l'ampia scalinata di marmo bianco.

5.

Quella mattina le nubi da occidente portavano un insolito sentore di infelicità. Amaramente Linaldo pensò che anche il cielo pareva avvilito per l'annullamento della Gara Speciale di quel mese. Per fortuna quelle settimanali sarebbero continuate per non mettere in crisi l'equilibrio psichico dei cittadini. La Speciale voleva che TUTTI gli sconfitti, dalle eliminatorie allo scontro finale, dovessero subire una scultura. Nelle settimanali era solo chi perdeva la finale a subirla, in altri termini in quella Speciale UNO SOLO dei sessantaquattro partecipanti avrebbe mantenuto l'integrità fisica. Incrociò un gruppo di Volontari del Lavoro che si accalcavano all'ingresso di una delle Megafabbriche della città cercando civilmente, ma anche con qualche gomitata, di riuscire a ottenere un breve turno di lavoro. In realtà il sussidio era più che sufficiente a condurre una vita decorosa, ma il problema era un altro. Oltre le Gare e la recondita possibilità di un piccolo turno di lavoro non restava altro che la NOIA. Solo noia e bellezza era il mondo. In lontananza lo Stadio del Boomerang cominciava a emergere in tutta la sua imponenza tra le basse costruzioni monofamiliari a tre strati. Questo bastò a riportargli alla mente la ragione di quella imprevista eggiata. I Tre Giudici di Gara l'attendevano per fornirgli una spiegazione. Il comunicato ufficiale parlava della contemporanea indisposizione del Primo Giudice e del suo Supplente, evento invero poco credibile. Ancora, alla sua mente tornò la noia. Sin dalla nascita le malattie facevano sorridere. Le più gravi si potevano definire poco più che indisposizioni eggere. Il ricordo che in un ato molto remoto si potesse anche morire di mali incurabili si sbiadiva nel tempo divenendo più simile a un'orrida fiaba per bambini troppo turbolenti. Tutto questo quando si faticava rompendosi la schiena in lavori a volte massacranti, quando esistevano belli e brutti, quando il BENE lottava contro il MALE vincendo raramente.

In realtà da allora i gusti non erano molto mutati. Le belle donne piacevano ancora, come pure gli uomini aitanti. Eppure qualcosa d'inconfessabile s'era intrufolato nella mente dell'uomo. Un sordido quanto irrefrenabile desiderio di sfiorare qualcosa di brutto, di possedere un essere deforme, proprio come quando, nei tempi antichi, a una pudicizia esteriore faceva da contraltare una voglia repressa di sesso. D'ogni genere e natura. Di pornografia spesso ai limiti del credibile ma sempre oltre il lecito. – Maestro. – Il grande cancello si spalancò senza neanche una protesta. L'inserviente alla porta lo accolse eccitatissimo. Già, pensò Linaldo davanti a quello sguardo adorante, non era forse lui l'elargitore della pornografia del momento? Non era forse lui che traduceva in realtà i sogni inconfessabili di coloro che desideravano un compagno brutto? – Dove sono? – chiese. – Nella Sala Privata, Maestro. L'attendono. Velocemente li raggiunse. I tre Giudici lo salutarono con un rapido cenno del capo al quale lui rispose, poi: – Qual è la vera ragione per cui è stata sospesa la Gara? Uno sguardo imbarazzato. Infine il più anziano dei tre, un centoventenne dai capelli brizzolati parlò: – Abbiamo bisogno del tuo parere. – Del mio parere? Ma l'organizzazione esula dai miei com … – Questa è la lista degli iscritti alla Gara sospesa. La brusca e scortese interruzione lo lasciò quasi senza fiato. Per la prima volta da quando era diventato Chirurgo-Scultore il timore si stava insinuando nel suo animo. Timore? Che stupidaggine! Lui era il DIO in Terra di turno, lui era il Nono Chirurgo-Scultore. La sua posizione non gli veniva da un'elezione, reversibile, ma dalle proprie capacità. Nessuno avrebbe potuto né sostituirlo né, tantomeno, destituirlo. Allora? Cos'altro avrebbe potuto spaventarlo?

Nulla, proprio nulla. Eppure cominciò a leggere l'elenco col cuore in gola. Si fermò al quarantatreesimo nome. E il sangue gli si gelò nelle vene.

6.

Fece l'amore come se fosse l'ultima volta. Lei pareva meno calda del solito, ma certamente era la sua impressione. Quando tutto finì si ritrovò solo ad affrontare i suoi occhi e il suo sguardo vagamente ironico. – Ho l'impressione che tu voglia dirmi qualcosa. Linaldo chinò il capo. I suoi pensieri erano sempre stati trasparenti per lei. – Perché l'hai fatto? Mara non rispose subito. Si alzò dal letto e nella sua olimpica bellezza riempì due bicchieri d'una bevanda rinfrescante non alcolica. – Ha qualcosa a che fare con la sospensione della Gara Speciale? – Ti prego, dammi una ragione. – Non riesci a trovarla da solo? – No, proprio non ci riesco. Mara posò il bicchiere, emise un leggero sospiro, poi cominciò a dire con voce morbida: – È che… che io non sono nessuno. Linaldo la fissò incredulo: – Nessuno? Ma… ma ti rendi conto che… che sei MIA MOGLIE! La donna dei Maestro? Cosa significa che sei nessuno? – Io ti amo, sinceramente. E per TE stesso, non per ciò che sei. Sin dal primo momento ti ho amato come mai nessuno. Ma tu, in cambio cosa mi dai? – Tutto quello che nessun'altra donna potrebbe avere. Ti pare poco? – È di te che parlo, non del lusso o dei mille regali spesso inutili con cui riempi la nostra casa. TU… COSA MI HAI DATO SINORA? lo vivo nella tua ombra. Sono la tua compagna, la donna dei Maestro. Uno splendido oggetto da mettere in mostra.

La mia personalità è completamente spogliata. Non posso far mai ciò che desidero. Ho mille doveri e nessun diritto. Neanche quello di eggiare per strada come una qualsiasi senza essere oggetto di curiosità. Se provo a partecipare a qualche gara di canto mi fanno vincere senza che apra bocca, se scrivo una poesia la pubblicano senza neanche leggerla. Eppure, se fosse solo questo… Rifletti, da quanto tempo non parliamo noi due? Per tenerti un po' con me sono costretta a scocciarti. Persino nei nostri viaggi privati i tutto il tempo a parlare di sculture col tuo Primo Allievo. Pensaci, dopo anni e anni che viviamo insieme ti sei accorto solo ora CHE ANCH'IO HO UNA PERSONALITA. Sì, Linaldo, IO ESISTO, sono una donna capace di pensare con la propria mente, di agire. E per questo voglio farmi apprezzare non solo per il mio titolo. E, credimi, questo lo faccio anche per te, perché si sappia che il Maestro ha al suo fianco una donna degna di lui, non una bambola da tenere in vetrina. Le guance le si erano imporporate e questo l'aveva resa, se pur possibile, più desiderabile. Nella mente dell'uomo però c'era soltanto molta confusione. Aveva sempre creduto che Mara fosse la donna più felice della Terra. Né riusciva in quel momento a capacitarsi del contrario. Come… come poteva lamentarsi? Non era certo una donna qualsiasi… era la SUA… Fu allora che capì. Mara in realtà NON esisteva. C'era soltanto la DONNA dei Chirurgo-Scultore. Mordendosi le labbra si alzò dal letto. Il suo fisico liscio e robusto si mostrò in tutto il fulgore dei suoi sessant'anni. – Ma perché non me ne hai parlato prima? – C'era autentico rammarico nel tono della sua voce. – Ci ho provato, il Cielo mi è testimone se ci ho provato. Ma tu eri sempre impegnato, circondato giorno e notte da gente adorante. O ai comandi di quella maledettissima macchina e… e … – Un singhiozzo troncò la frase. Piangendo si rifugiò tra le sue braccia e solo quando si fu calmata riuscì a continuare: – All'inizio ero folle di gioia. Io… la prescelta, la donna del Maestro. Ma poi, pian piano, mi sono accorta che tu… tu appartenevi agli altri, a tutti… tranne che a me. Appartenevi al gioco, alle gare… SEI la macchina della Scultura. E a me… di te… cosa rimane? Quante volte t'ho atteso invano? Quante volte ho dovuto rubare il tempo a

qualcuno pur di starti accanto? Quante volte ho pregato il Cielo d'arrestare la nascita del sole per tenerti a dormire al mio fianco un'ora in più? Quante volte t'ho supplicato di concedere a entrambi una vacanza per finire da sola in qualche luogo sperduto del pianeta? E quando, finalmente, ti aprivi a me… solo guizzi dei tuoi pensieri, desideri, soffocati dai torrenti di voci estranee, confusi dai baluginii di sguardi in perenne adorazione. Ecco, questo sei stato sempre per me. Qualcosa di mio eppure crudelmente irraggiungibile. – Si staccò dal suo petto e asciugandosi le lacrime concluse: – Ho pianto tante volte, da sola, per non dispiacerti. Ti prego, che non si sappia. Non puoi neanche immaginare cosa significhi averti accanto e non poterti parlare, vivere con te e non poterti rivolgere uno sguardo intimo. Desiderarti e attendere i capricci degli altri per poterti rubare un bacio. – Lentamente cominciò a rivestirsi. Pareva più calma anche se ogni tanto un singhiozzo le scuoteva il petto. – Questa è la ragione che mi ha spinto a iscrivermi alla Gara Speciale. E non credere che l'averla sospesa potrà servirti a qualcosa. Dillo ai tuoi amici Giudici. Mi iscriverò ogni mese, è un diritto di ogni cittadino, quindi anche mio, e non c'è modo per farmi recedere. Credimi, non lo faccio per darti dolore. Ho… ho solo bisogno di capire se son qualcosa di più d'un oggetto d'amore. Linaldo stentava a conservare la calma: – Tu non puoi affrontare una Gara Speciale. Cimentati in quella settimanale. così solo perdendo la finalissima saresti soggetta alla Legge della Scultura. E sarei io a decidere… – Credi servirebbe a qualcosa? Se venissi esclusa subito farei una pessima figura. Se vincessi la gara, be', tutti penserebbero che hai fatto qualcosa per farmi vincere. E solo la Gara Speciale impone le leggi della Scultura a tutti gli sconfitti. Soltanto nella Gara Speciale ci sono sessantatré perdenti e un solo vincitore. Fu allora che Linaldo non riuscì più a frenare la sua ira: – Ma… ma se non vinci la gara… se sei sconfitta… sarò io a doverti scolpire… sarò io a dover distruggere la bellezza dell'unica donna che abbia mai amato. Almeno questo lo riesci a capire? La risposta di Mara fu decisa: – Io vincerò.

Io vincerò perché sono in grado di vincere. Perché sono anni che mi esercito, anni che studio le gare già fatte, anni che esamino i difetti e gli errori dei perdenti. E vincerò perché sono IO, non perché appartengo a un uomo fatto Dio, a colui che modella la gente quasi avesse il potere del Creatore. Con un gesto secco agganciò i pantastivali e la giaccaguanti al corpetto e senza più una parola usci. Lasciando Linaldo nella più cupa disperazione.

7.

Il sole alto nel cielo non riusciva a illuminargli il volto scuro. Benché imibile come al solito il suo viso pareva una maschera di cera sempre sul punto di sciogliersi e mostrare le sue lacrime di piombo. Il primo concorrente lanciò il boomerang in maniera incerta. Subito a tutti fu chiara la fine che avrebbe fatto. Certo era stato sfortunato a dover lanciare per primo con la pedana non ancora ben compattata e il fastidioso vociare degli spettatori ritardatari. Ma anche questo faceva parte del gioco. Fece due nulli di fila. Al terzo lancio riuscì a prendere la misura delle sagome. Ne attraversò due fisse e una mobile. Degli anelli neanche a parlarne. Gli restava un altro lancio di riserva che avrebbe certamente utilizzato. Abbandonò la pedana a capo chino sotto una pioggia di fischi. Linaldo pensò di non aver mai visto un concorrente così disgraziato. Chiese al Giudice Osservatore, alla sua sinistra, il nome. Avrebbe compiuto su di lui una piccola deturpazione, magari reversibile. Stranamente questo pensiero gli ricordò quanto ciascuno desiderasse sugli altri sfregi e malformazioni. E quanto le aborrisse sul proprio corpo. Inavvertitamente il suo sguardo si posò sulla poltroncina alla destra del palco. Vuota. Con forzata indifferenza: – Ho visto numerose persone accalcarsi all'ingresso dello stadio per contendersi i pochi posti ancora disponibili. Avresti potuto assegnare questo a uno di loro. Il Giudice strinse le labbra: – Una così grande affluenza è dovuta proprio a quella sedia vuota. E Linaldo decise di non tornare più sull'argomento. Nel frattempo un altro concorrente aveva preso posizione. 1 suoi lanci non furono però migliori di quelli dei primo. La cosa si ripeté più volte. – Mai visto concorrenti più scadenti – commentò perplesso.

– Diciamo che… che sono suggestionati dalla presenza di Mara. – Suggestionati? Che significa? Il Giudice sospirò piano: – Amico mio, credi proprio che questa Gara si stia svolgendo in modo regolare? – Cosa cerchi di dire? – Il Maestro gli lanciò uno sguardo di fuoco. – Non essere ingenuo. Non potevamo certo correre il rischio che la moglie del Chirurgo-Scultore fosse sconfitta. Lui ci mise qualche secondo per comprendere: – Lei… vincerà? – Ha già vinto. La Gara è solo una formalità. La prima reazione di Linaldo fu d'ira. Una sorda rabbia gli scosse le membra al pensiero della Gara truccata. Divenne paonazzo e stava per esplodere quando la ragione lo indusse a calmarsi. E, facendo violenza a se stesso, dovette convenire che i Giudici non avevano poi torto. Infatti puntuali gli giunsero le parole dell'amico. – Parlare di Mara è come parlare di te. Tu sei Colui che Scolpisce, che modella la Carne per Trasformarla. Se la tua compagna dovesse perdere, la tua stessa immagine ne uscirebbe sminuita. La neve candida della tua vetta irraggiungibile verrebbe macchiata. Non c'è scelta. Non c’è mai stata da quando è iniziata questa, se me lo concedi, stupidissima storia. Se non ci comportiamo cautamente potrebbe venir intaccato l'equilibrio del mondo intero. E non dirmi che non ti rendi conto di questo. Lui ascoltò in silenzio. L'ira era sbollita, spenta dai secchi d'acqua gelata della logica. Con fatica ingoiò il fiele e annuì. Con il volto di cera sempre più bianco.

8.

Dodici concorrenti avevano lanciato con esiti a dir poco sconcertanti. E la gente cominciava a rumoreggiare. Gli sguardi si spostavano continuamente dal campo di gara al suo palco. L'ironia che vi leggeva era pesate, ma non batté ciglio. Qualunque prezzo sarebbe stato equo pur di riavere Mara. Bella e integra come sempre. La sorpresa però fu totale quando… – Cos'hai intenzione di fare? – Gli occhi della donna lanciavano lampi. – È l'unico modo per proteggerti. – Allora non hai capito nulla. Non è una vittoria che cerco. Pensi che si possano risolvere così i miei problemi? – Può darsi di no. Ma ti amo troppo per farti correre il benché minimo rischio. Mara batté un piede in terra e disse, furibonda: – Se… se tutto non torna… normale… io… io non lancerò più. – Sarai squalificata. – Esclamò Linaldo: – La legge prevede in questo caso severe mutilazioni. – Lo farò, per il Cielo Eterno, sì che lo farò. – Fece due i avanti come a fronteggiarlo. Il seno e il sesso erano messi in grande evidenza dalla tuta sottile e aderentissima. Pareva una dea nuda ricoperta d'argento. – Deciditi. Lascia che si continui così e io non lancerò. Fa' cessare questa farsa… e io vincerò la gara. Ma, qualunque sia la tua decisione, sappi una cosa, ti odio per ciò che hai fatto. – E senza aggiungere nient'altro ridiscese negli spogliatoi. Linaldo faticò a reprimere un tremito violento. Portò la destra alla bocca poi ai capelli chiudendo gli occhi. – Non lo farà mai. – La voce del Giudice pareva lontanissima.

– Sì che lo farà – quasi a se stesso. – La conosco bene. – Mancano pochi minuti alla seconda serie di lanci. – Va' giù. Che tutto torni normale. – È un rischio troppo grande, non … – Fa' come ti ordino. O domani il Chirurgo-Scultore si rifiuterà di mettere in funzione la Macchina. – Una minaccia che avrebbe piegato la volontà di chiunque. – Come vuoi. Però stai commettendo un grosso errore. – Un errore dici? Possibile che non ti renda conto che non ho scelta! Se non fi questo la perderei. L'altro neanche si voltò quando allontanandosi disse: – L'hai persa in ogni caso.

9.

E tutto cambiò. I concorrenti parvero come liberati da invisibili catene. Si alternarono sulla pedana strappandosi la qualificazione a suon di lanci ben riusciti. Poi, quando fu pronunciato il quarantatreesimo nome la folla ammutolì di colpo. E nel silenzio più assoluto Mara entrò in campo. Il cuore di Linaldo prese a battere più velocemente. L'immenso amore per la donna gli risvegliò ansie e paure sopite e lo indusse a lanciare al Cielo silenziose invocazioni. Lei era la quintessenza della bellezza. Nelle sue mani il boomerang d'argento dava vividi bagliori. Avanzò decisa, per nulla intimorita dai milioni di occhi che non perdevano uno solo dei suoi movimenti. Raggiunse il centro della pedana, contò gli usuali cinque i dalla sinistra, si concentrò, poi scattò. L'attrezzo centrò tre sagome fisse, una mobile, e infilò cinque anelli. Un applauso contenuto sottolineò la mediocrità del lancio. Al secondo fece di meglio. Nell'ultimo e in quello di riserva riuscì a strappare applausi convinti. Certo il punteggio realizzato l'avrebbe tenuta ben lontana dalla soglia degli eliminati. Uscì dal campo di gara a capo chino. Linaldo la seguì sin quando scomparve. La sua mente era tornata alle tante volte che l'aveva vista allenarsi nel loro campo privato, convinto che stesse solo divertendosi. Come… come aveva potuto essere così cieco? Come? Mezz'ora dopo la folla accompagnava con scroscianti applausi la lettura dei nomi dei trentadue concorrenti che avevano superato il primo turno. Mara era al settimo posto.

10.

Gli acrobati si lanciarono compiendo incredibili esercizi. Linaldo non li guardava neanche. La sua mente inseguiva amarissime considerazioni. Un pensiero che da sempre l'aveva assillato tornò a sconvolgerlo. Che si stessero superando i confini dell'umano? Per anni avevano combattuto contro ogni genere di male e in quell'era felice nella quale la bellezza e la salute erano la norma… Follia, pura follia… il brutto diveniva qualcosa d'agognato. Pazzia. Un brusio più intenso del solito lo strappò da quelle meditazioni. I sedicesimi erano cominciati senza che se ne accorgesse. Mara era tornata in campo. Con una facilità irrisoria si liberò del diretto avversario. Più duro fu superare gli ottavi. Ai quarti la donna si trovò subito a malpartito. Riuscì a vincere soltanto col lancio di riserva sfoderando un colpo magistrale. Il boomerang compì una splendida ellisse mietendo numerose sagome e inanellando molti cerchietti. Così si giunse alle semifinali. E la musica cambiò. Il regolamento voleva che i lanci divenissero cinque, oltre il solito di riserva, e che non venissero eseguiti, come sino ad allora, tutti insieme, ma alternati. L'avversario di Mara era un uomo robusto. Fu lui a iniziare con un bel lancio di sette sagome fisse, una in movimento e otto anelli. Mara fece di peggio. Così al secondo e al terzo lancio. Recuperò punti nel quarto, mentre fu pari al quinto. Per la somma totale era perdente. Un silenzio glaciale cadde sullo stadio. Nella mente di coloro che credevano tutto predisposto per la vittoria di Mara il dubbio si fece pressante. Del resto l'avversario aveva fatto di tutto per vincere, tutti ottimi lanci, per cui rinunciò a quello di riserva. Lei ovviamente non poteva farlo. Salì sulla pedana sicura come sempre. Quasi per caso gettò uno sguardo al Palco Centrale dal quale Linaldo stava fissandola rigido come una statua di granito. Ma fu questione di una frazione di secondo. Cercò subito una concentrazione che il silenzio dello stadio facilitò. Compì gli usuali due giri intorno a sé, con una scioltezza tale da farla sembrare una danzatrice. E lanciò aperto, anticipando cioè l'uscita del boomerang. Era un lancio a medio rischio, ma avrebbe permesso all'attrezzo di compiere un giro più ampio. Per fortuna

andò bene. Dodici sagome fisse furono attraversate. E due mobili. Quando il boomerang tornò nelle sue mani aveva tredici anelli al titanio bloccati nello speciale gancio centrale. Ci fu una vera e propria esplosione di entusiasmo. Aveva vinto. E non certo per l'incapacità più o meno forzata dell'avversario, ma per la sua ormai indiscutibile bravura. Linaldo si accorse di avere la fronte madida di sudore. Si unì all'applauso mentre alla mente gli tornavano le parole di Mara: ‘Io vincerò.’ Ancora una volta lei sollevò lo sguardo verso il Palco. Ma era troppo lontana perché il Maestro riuscisse a decifrarlo.

11.

La seconda semifinale fu anch'essa avvincente. Ma tutti ormai non aspettavano altro che lo scontro finale, poiché tutti avevano capito che la gara era regolare e che la compagna del Chirurgo-Scultore avrebbe potuto anche perdere. – Cosa faresti in questo caso? Il Giudice Osservatore gli aveva quasi letto nella mente. – Mai. – Rispose deciso. – Non scolpirò mai il suo corpo. – Non puoi sottrarti al tuo compito. – Nessuno può obbligarmi a eseguire una scultura che NON VOGLIO modellare. – Dimentichi la Legge. Certo, potresti rifiutare di usare la Macchina. Ma perderesti tutti i tuoi privilegi. – Ci rinuncio senza rimpianti sin d'ora. – E verresti sostituito dal tuo allievo più promettente. Per Mara sarebbe tragico perché finirebbe in mani certo meno abili delle tue. Il gelo l'avvolse. Sì, conosceva la legge. La sua mente tornò al cane che l'allievo più promettente aveva quasi massacrato. E pensò al superbo corpo di Mara al suo posto. – No, non deve succedere – mormorò quasi a se stesso. Poi, alzando il tono della voce: - Scomparirò, fuggirò e mi nasconderò da qualche parte. La Legge vuole che soltanto alla morte certa del Maestro sia nominato il successore. E fin quando non mi troveranno, NESSUNO potrà usare la MIA macchina. Un applauso annunciò la fine della seconda semifinale. Tra qualche minuto ci sarebbe stato il duello definitivo. Il Giudice Osservatore guardò distrattamente gli addetti alla pulizia della pedana. Ma la sua mente seguiva contorti pensieri. Infine si decise: – Già, magari fuggiresti lontano. Anche non molto. Del resto – con ironia, – chi ti conosce? Non sei forse uno qualsiasi, uno dei miliardi di

esseri umani che appesantiscono questo pianeta? – Schiaffeggiò l'aria come a scacciare quello stupido pensiero. – Fingi di non ricordare, ma una volta c'è stato un Maestro, non del tutto convinto sulla necessità della Macchina delle Sculture, che riuscì a far perdere le proprie tracce per la bellezza di ventidue giorni. Da quando era scomparso si era scatenata una vera e propria caccia all'uomo. Milioni di individui assatanati frugarono ogni angolo della Terra. Quando riuscirono a rintracciarlo gli dissero seraficamente: ‘… sai, Maestro, non c'è proprio bisogno che tu faccia tante storie, tornatene a far ciò che vuoi, basta che rinunci pubblicamente al tuo privilegio. Ci sono dieci allievi pronti a scannarsi per prendere il tuo posto.’ ‘Il migliore di loro è ancora inesperto’ rispose lui, ‘non è certo in grado di scolpire corpi umani.’ ‘Pazienza. Imparerà a spese di coloro che avresti dovuto scolpire tu.’ Come vedi – continuò il Giudice, – la scelta è semplice. Ma quel ChirurgoScultore tornò alla Macchina conscio che la sua crisi avrebbe fatto un gran male a coloro che avrebbero dovuto essere modellati. E tutto questo perché il gioco NON PUO’ ESSERE INTERROTTO. Quindi, amico mio, se proprio decidessi di scomparire… fallo davvero e interromperesti l'uso della Macchina. Ma poi… cerca di non farti riacchiappare. Un applauso entusiasta accompagnò l'ingresso dei due finalisti. 12. Mara non pareva stanca né tesa. Il suo avversario, un uomo ben proporzionato e dal viso delicato ma deciso, aveva gli occhi fissi su di lei e non li distolse per l'intera durata del sorteggio, che volle per prima in pedana la donna. Nel silenzio più assoluto lei effettuò il cosiddetto lancio d'apertura. Preciso, breve, lasciava poco o nulla allo spettacolo, preoccupandosi di realizzare un buon numero di punti senza rischiare. Il pubblico, profondo conoscitore dello sport, intuì subito l'intelligenza del lancio, eseguito in quel modo per annullare in parte lo svantaggio d'aver iniziato la gara. L'avversario le indirizzò un leggerissimo cenno del capo, con gli occhi che continuavano a lasciar trasparire bramosia per quel corpo stupendo, ma anche e forse principalmente per ciò che la donna rappresentava. Avere per sé la donna del Maestro… un po’ resa bruttina… sublime!

Fu forse per questo che non adoperò mezze misure. Rispose con un triplo giro. Uno dei lanci più impegnativi. Il boomerang saettò nell'aria lanciando cupi bagliori. Attraversò otto sagome fisse, tre in movimento e staccò dagli appositi i nove anelli. L'applauso fu prolungato. Il punteggio fu doppio di quello realizzato da Mara. Lei non batté ciglio. Con esasperante lentezza riguadagnò la pedana sentendo lo sguardo dell'avversario e, inconsciamente forse… per questo accentuando il suo ancheggiare. Svogliatamente eseguì il secondo lancio col normalissimo doppio giro chiuso, ottenendo un punteggio che, sommato al precedente, non le permise neanche di raggiungere quello realizzato nel primo lancio dall'avversario. L'uomo tornò in pedana con un ampio sorriso e per la seconda volta, tra l'incredulità di tutti, lanciò difficile. Un triplo giro ancora per la soddisfazione degli entusiasti dello sport. Linaldo aggrottò la fronte e rivolse al Giudice uno sguardo interrogativo. L'altro sollevò le spalle e: – Quell'uomo non vuole solo vincere, ma anche umiliare tua moglie. In realtà sta gareggiando CONTRO DI TE. – Maledizione! Ma cos'hanno contro di me? Non sono forse loro a volere questa gara? Non sono stati loro a chiedere a gran voce la Legge della Scultura? – Non sbagli certo. Loro… la gente… Sai, a volte penso che cerchino soltanto qualcuno da odiare. Vogliono un dio in terra, tangibile, da osannare, magari covando in fondo al cuore l'odio per la sua superiorità. – Sollevò la mano come a bloccare le proteste del Maestro. – Sì, so che queste sembrano un mucchio di corbellerie, ma spesso mi chiedo come possa un individuo sopravvivere felice in un mondo perfetto, senza problemi, malanni o preoccupazioni. L'uomo è fatto per soffrire e far soffrire, poiché più grande è la sofferenza più gioioso è il momento in cui cessa. La ricerca del bene è un comodo paravento dietro il quale celare le proprie turpitudini. Ecco il perché di questa gara bellissima e del suo epilogo cruento, ecco spiegata la voglia del brutto negli altri. Credimi, non è una questione di violenza repressa, no, questa convinzione ha tratto in inganno intere generazioni. È l'odio che l'umanità non riesce a scrollarsi di dosso. E la pianificazione dell'individuo non fa che alimentarlo. Allora, nel nostro mondo felice, contro chi sfogare questo sentimento? Contro chi è più su. E più si è su, più si è odiati.

E più su di te c'è soltanto il Cielo. Il clamore della folla eccitatissima a si sovrappose alle loro voci. Linaldo voleva rispondergli, ma si accorse di non aver parole per controbattere quell'inquietante tesi. Allora tornò a seguire la gara. Anche il secondo lancio dell'uomo era stato ricchissimo di punti. Mara però continuò a mostrarsi indolente. Tornò in pedana giocherellando con l'attrezzo e tra l'incredulità generale lanciò con un solo giro, né più né meno di un lancio da riscaldamento. Qualche fischio piovve dagli spalti. E Linaldo si chiese ancora in cosa avesse sbagliato. Perché Mara si stava comportando a quel modo? Lui aveva mantenuto la parola, la gara era regolare. Allora? – È il momento peggiore, questo, per perdere. – Lo so. – Laconicamente. La legge infatti gli concedeva la facoltà di decidere la scultura per tutti gli sconfitti, con l'esclusione del perdente finale. Sarebbe stato il vincitore a decidere. Si morse le labbra fissando l'uomo che tornava in pedana. Aveva il sorriso del vincitore stampato sulle labbra. Lanciò subito, senza un solo attimo di concentrazione ed effettuando un tre giri con estrema scioltezza. Troppa. Solo quando il boomerang lasciò la sua mano si accorse dell'errore. Istintivamente si girò verso Mara che stava guardando volutamente da un'altra parte con un mezzo sorriso sornione. Infuriato tornò a seguire l'attrezzo. Il segnale di fuori settore non lo colse impreparato, ma ugualmente lo mandò in bestia. Sì, era cascato nella trappola come un principiante. In quel modo la donna aveva capovolto la situazione. Era infatti lei a lanciare sul suo nullo. Mara tornò in pedana concentratissima. Fece tre giri con apertura larga. Uno stupendo lancio. Dieci sagome fisse, ben quattro mobili e sette anelli. L'applauso della folla fu scrosciante. Tutti avevano capito. – Ecco come si può gareggiare anche con il cervello. Linaldo accettò il commento del Giudice come un complimento. Quasi sempre il concorrente che lanciava per primo perdeva la gara, e Mara aveva avuto la mala sorte di cominciare. Ma aveva costretto al nullo l'avversario. Scosse il capo.

Geniale. Geniale ma rischioso. Cancellò dalla mente ogni illusione. Si sarebbe sentito tranquillo solo al termine.

13.

L'uomo tornò nel rettangolo di lancio. Era chiaro che gli bruciava terribilmente l'essersi lasciato giocare come un bamboccio. Perse due minuti per cercare una concentrazione che non trovò. Quando giunse il segnale di lancio obbligato pena il nullo, lo fece in maniera scomposta, tanto che il boomerang, pur restando in campo, non riuscì a completare l'ellisse e tornare nelle sue mani. Il segnale di lancio non valido fece balzare in piedi quasi tutti gli spettatori. La penalizzazione di cento punti fu segnata e Mara balzava in testa, prima ancora di effettuare il quinto lancio ufficiale, mentre l'avversario stringeva spasmodicamente l'attrezzo sino a far sbiancare le nocche. Così quando Mara eseguì un mirabile triplo giro chiuso e incamerò un grande punteggio la folla si scatenò in applausi e ovazioni. Lei con calma olimpica tornò al proprio posto senza degnare l'altro di un solo sguardo. L'uomo compì uno sforzo sovrumano per frenare l'ira. Riuscì a convincere se stesso che se voleva conservare quell'esigua speranza di successo doveva evitare un lancio difficile. Era troppo teso per un simile rischio. Fece un doppio giro normale. Vide il boomerang volare non proprio bene, sfiorare per ben due volte il fuori settore, ma per sua fortuna restò in gioco. Riprese l'attrezzo mentre il tabellone elettronico gli accreditava un punteggio discreto. Meglio di niente, certo, ma la sua avversaria aumentava il vantaggio. I lanci regolamentari erano terminati. Restava, a richiesta del concorrente, il lancio di riserva. Mara ovviamente lo chiese, com'era prevedibile. In base al regolamento dichiarò nullo il terzo lancio, attese che le fossero tolti i punti realizzati in esso poi ritornò in pedana. – Mai sofferto tanto. – Commentò il Giudice Osservatore. Linaldo gli lanciò un'occhiataccia. Già, perché lui si stava divertendo! Ma non disse nulla. La donna era concentratissima. Contò i soliti cinque i dal bordo sinistro della pedana, restò immobile per circa quaranta secondi col boomerang poggiato al petto, poi lo sollevò per annunciare il lancio.

Ancora un triplice giro, questa volta aperto. Uno dei più difficili in assoluto. Tutti trattennero il fiato. Se avesse sbagliato sarebbe stata in balia dell’avversario. In caso contrario il suo punteggio diveniva praticamente irraggiungibile. L'attrezzo parve beffeggiarsi di tutti. Fendé l'aria quasi silenzioso e tanto fu lungo il lancio da farlo sembrare lentissimo. Eppure l'ellisse fu un capolavoro di precisione. Mara aveva certamente ripetuto il lancio centinaia di volte per raggiungere quel livello di perfezione. Linaldo scosse il capo. Tutta la condotta della gara era stata premeditata, tutta la preparazione della donna era stata improntata a quell'evolversi di lanci suoi e dell'avversario. Non volle chiedersi cosa sarebbe successo se qualcosa non fosse andato come previsto. Si limitò a fissare il boomerang che tornava nelle sue mani facendo scatenare una baraonda di applausi. Sì, quella gara sarebbe ata alla storia. Il segnapunti indicò 1728 punti, un record assoluto. Irraggiungibile. Gli spettatori si alzarono in piedi, certi che la gara si era conclusa e indirizzarono alla vincitrice un applauso contenuto. Ma l'avversario non si era mosso dal campo. E sollevò il braccio. Il clamore si spense. Chiedeva anche lui il lancio di riserva. Un mormorio concitato si levò. Un gesto simile era fuori ogni logica. La differenza di punteggio avrebbe determinato i giorni di possesso. Nel suo caso, poiché i nulli non potevano essere sostituiti, avrebbe dovuto rinunciare a uno dei tre buoni lanci, col rischio di non riuscire neanche a ripetere lo stesso punteggio e quindi di peggiorare la situazione. I due Giudici di Gara si scambiarono un'occhiata perplessa. Mai era successo un fatto simile, specie di fronte a un divario praticamente incolmabile. La teoria voleva senza limiti i punti realizzabili con un lancio, ma 700 in un sol colpo era una pretesa pazzesca. Eppure l'uomo restava col braccio alzato, incurante della confusione in cui aveva gettato tutti. E indicava il secondo lancio, cioè quello che intendeva sostituire. Fu il Giudice Principale a rompere gli indugi e a ordinare il proseguimento della gara. Il tabellone ormai spento tornò ad animarsi. Le cifre vorticarono sottraendo al punteggio realizzato in gara dall'uomo quello del secondo lancio. Lui tornò in pedana. Lo fece con una grinta che a molti non sfuggì, ma era evidente la sua volontà di giocare il tutto per tutto. E quando non contò i soliti

cinque i la folla sbigottì. E ammutolì. Il sole che stava tramontando parve fermarsi anch'esso. Come in attesa del lancio. Certo uno dei più straordinari mai visti. Una volta, alcune centinaia d'anni prima, un concorrente aveva inventato il superquattro, un lancio tecnicamente possibile, ma mai riuscito. Era un lancio che avrebbe sorvolato l'intero campo di gara pizzicando un gran numero di sagome mobili, le più alte in punteggio. Senza poi parlare di quelle fisse e degli anelli. Ma tutto ciò ammesso che il boomerang non finisse sulle gradinate. L'uomo chiese al Giudice la barriera di protezione, infine si concentrò. Quel lancio non richiedeva solo precisione, ma anche una gran forza e l'assoluto coordinamento. Restò per circa un minuto con l'attrezzo al petto. Poi lo sollevò. Era pronto. E teso allo spasimo. Ruotò su se stesso, quattro volte. Prima di lasciare il boomerang. Milioni di occhi lo seguirono mentre rifletteva gli ultimi bagliori del giorno morente. L'attrezzo danzò nell'aria e quando fu nel punto più difficile, quando parve a tutti inevitabile che uscisse fuori settore, quasi dotato di propria volontà compì una strettissima virata sfiorando il limite del campo. E senza la minima vibrazione o sbavatura nel volo. Attraversò diciotto sagome fisse, nove in movimento. E quando tornò nelle mani del lanciatore aveva ventitre cerchietti inanellati. La folla rimase assolutamente muta, incredula alla vista di un lancio tanto prodigioso. E gli occhi di tutti si spostarono sul tabellone. Il punteggio di gara vorticava come pur esso sconvolto. Mara aveva realizzato 1728 punti. Di colpo negli appositi quadranti del punteggio dell'uomo i numeri presero a fermarsi. Per primo l'uno, poi il sette e il due. L'ultimo comparve quando l'attesa di tutti era allo spasimo. Nove. Mara aveva perso. Per un sol punto. Il Giudice Osservatore impallidì. E girò lo sguardo verso Linaldo. Immobile come una statua di sale.

14.

Anche gli dei si stancano. Loro non muoiono mai, poiché sono soltanto immaginari e c'è sempre qualcuno che solleva il capo più in alto degli altri alla ricerca della vera felicità. Per questo l'Olimpo è colmo d'illusi. E in fondo lui cos'era se non un dio-illuso, dai piedi sporchi di terra e la mente tra le nubi? Mara… Perché tormentarsi? L'aveva persa, dall'inizio. Vanamente aveva cercato di convincersi che tutto sarebbe tornato come prima. Lui, dio in terra. Lei regina-ombra. Lui, potere puro. Lei immagine-riflessa. Si morse la mano. Come… come poteva essere stato tanto cieco da non accorgersi di nulla?! Anche gli dei si stancano. D'essere sempre dei. Linaldo raggiunse il suo studio a notte fonda. Non aveva molto tempo per trovare una soluzione. La sua macchina pareva attenderlo. Le spie occhieggiavano instancabili e indifferenti al suo dramma. L'aria gli parve soffocante. Spalancò la finestra, il buio era rischiarato dalla luna che stava terminando il suo basso arco. Il campo di gara era un mare nero e sonnolento. All'improvviso, dal nulla, gli giunse un riso cristallino, poi il sibilo del boomerang e il rumore secco dell'urto contro il guantone da presa. Gli parve persino di sentire gli applausi con cui lui stesso aveva accompagnato una esibizione di Mara. Ma lei c’era soltanto nel suo ricordo. Quando risollevò il capo un chiarore lontano annunciava l'alba. Era il GIORNO della SCULTURA.

Tra poche ore qualcuno avrebbe bussato alla sua porta e Mara avrebbe attraversato la soglia senza una parola. Mara, l'unica donna desiderata in un mondo di facili prede, di rapporti disinibiti, d'inesistenti tabù sessuali. Mara… Mara… Mara… MARA… Doveva far qualcosa. Doveva. Sì. Ma… cosa? Per nessuna ragione al mondo avrebbe sollevato il bisturi sul corpo splendido di lei. Per nessuna ragione al mondo avrebbe deturpato per sempre la sua dolcissima bellezza. Sì, non c'era alternativa, doveva sparire. Era l'unica possibilità per interrompere le sculture. Nessun altro avrebbe potuto prendere il suo posto finché non vi avesse pubblicamente rinunciato. O fosse morto. Un amaro sorriso gli mosse le labbra. Già, ma… può sparire un dio? Può nascondersi quando il suo volto è stampato a tinte indelebili nella mente dell'intera umanità? Scosse il capo. E fu pensando al proprio volto che capì. Un gelo profondo l'avvolse, sconvolgendo ogni cellula del suo corpo. Una soluzione c'era. Avrebbe dovuto però rinunciare per sempre a lei, che sarebbe rimasta bellissima… già, che sciocco! Non aveva forse detto che l'aveva persa in ogni caso? Uno specchio incrociò i suoi occhi. – Stupido – disse allora alla sua immagine. – T'accorgi che l'amore esiste solo quando devi rinunciare a esso. Dovrai sparire per sempre. E dimenticarla. O il tuo stesso amore diverrebbe lama affilatissima. Mille volte la morte. Sarebbe stato tutto più facile. Per lui, forse, ma… Mara? No, sarebbe stata una vigliaccata. E lui non era un vile, anzi aveva tanto coraggio. Il coraggio di un dio. – Allora sbrigati – mormorò a se stesso, – dimostra a tutti quanto l'ami. Va', non indugiare.

Con calma si avvicinò alla macchina. Un gobbo. Sì, era una delle sculture più deformanti. E la sua mano non tremò quando inserì il programma e predispose l'automatico. Ormai non aveva alcuna paura, del resto quel programma era perfetto. Era stato lui a realizzarlo. Si spogliò completamente, bevve un lungo sorso di Wixxer ed entrò nell'apposita cabina. Assumendo l'esatta posizione. Incredibilmente sorrise… – Volete forse soffrire? – urlava spesso alle sue SCULTURE quando si agitavano spaventate… Sorrise ancora. Il dolore l'avrebbe sentito tutto dentro. Là dove il bisturi-laser non sarebbe mai arrivato. Una lacrima cadde dalla guancia. E il primo raggio parti. Un'ampia cicatrice gli si aprì sulla schiena. Non sentì nulla, solo tirare la pelle e un forte tendenza a chinarsi di lato. Mara, per te… Fermo, doveva stare fermo, non c'era nessuno dall'altra parte a correggere la direzione del laser. E uno spostamento di troppo sarebbe stato fatale. A lui e alla sua donna. Fu la volta della gamba… poi la guancia… e l'occhio… ora il piede fu deformato… e le dita della destra palmate… poi… E tutto finì. Zoppicando venne fuori. Evitò di guardarsi allo specchio. Sapeva di essere irriconoscibile. Mara, per te… … dicono vi sia un paradiso per gli storpi, i brutti, i deformi… gli sventurati… dicono che lontano, sotto le montagne, nel buio di tetre caverne si possa tornare a vivere. Non più SCULTURE viventi, non più oggetti d'insani desideri, ma uomini…

veri. Mara, per te… nasconderò il mio corpo DUE volte deforme, dentro per non averti compresa fuori per averti troppo amata. Mara, per te… un dio è divenuto un mostro. E SI È LASCIATO VIVERE.

Poi, zoppicando, uscì dal suo regno, dirigendosi verso le montagne dietro le quali un incredulo sole nasceva in un mondo che sarebbe stato violentemente mutato. Ma prima… prima d'andarsene per sempre, prima di cancellare se stesso dall'umanità felice e svanire nel nulla serbando gelosamente il proprio segreto, prima… intinse il dito nel proprio sangue e sul vetro lindo della sua macchina lasciò, per il suo unico amore, un piccolissimo messaggio. Solo due brevissime parole. Ti amo.

FINE

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in questa collana

Claudio Chillemi, Carne gialla Le toffu erano donne aliene, dall'aspetto quasi umano. Le chiamavano "carne gialla", per il colorito della pelle e per l'uso che ne veniva fatto: trappole sessuali (in preparazione) ISBN: Dario Tonani, Le polverose conchiglie del mattino Il mondo è destinato a cambiare, e il cambiamento è inarrestabile e travolgente come uno stampede di gomma e metallo ISBN: 9788867752096 Denise Bresci, Nessun dubbio David traeva ispirazione dai suoi incubi. Ma non sapeva che quelle immagini di orrore non venivano dal suo inconscio, ma dalla realtà ISBN: 9788867752201 Franco Forte, Andrea Franco, Il riscatto dei Kerr Isolata su un lontano pianeta un'antica colonia terrestre deve fronteggiare una minaccia che credeva scongiurata per sempre. ISBN: 9788867752331 Giovanni De Matteo, Sulle ali della notte Gli agenti del programma Ali nella Notte potevano acquisire informazioni nel modo più diretto possibile: la scansione totale della memoria dei loro obiettivi ISBN: 9788867752669 Vittorio Catani, La voce Una voce misteriosa, un compositore geniale, un intrigo internazionale. Un nuovo strepitoso racconto di Vittorio Catani, il più premiato autore italiano. ISBN: 9788867752997 Alessandro Forlani, Sonno verde La terraformazione trasformava i pianeti alieni in paradisi verdi pronti alla colonizzazione. Ma su Sisifo qualcosa era andato per il verso sbagliato. ISBN: 9788867753451 Giovanni De Matteo, Il lungo ritorno di Grigorij Volkolak Aveva dovuto rinunciare alla Trascendenza e tornare in un corpo umano primitivo pur di ritrovarla. Nonostante lei fosse morta da secoli. ISBN: 9788867753703 Antonino Fazio, Zona infestata Quando hai un problema fuori dal normale servono soluzioni fuori dal normale, e quei tre, forse, erano l’unica possibilità ISBN: 9788867754083 Clelia Farris, La madonna delle rocce Abbandonati su un pianeta ostile, si trovarono a dover scegliere tra la civiltà e la sopravvivenza. ISBN: 9788867754779 Dario Tonani, Schiuma rossa Nel rosso infuocato del tramonto, su un Adriatico ormai asciutto, ogni sera spunta dalle nubi un aereo impossibile - Racconto Premio Robot 2013 ISBN: 9788867754335 Vittorio Catani, Anima Gli abitanti di un altro pianeta possono conoscere Dio? E quanto davvero lo conosciamo noi? ISBN: 9788867755660 Claudio Chillemi, Né la prima né l'ultima volta È difficile dover morire in un'epoca in cui tutti gli esseri umani sono immortali. ISBN: 9788867756025 Silvio Sosio, Ketama Una sintetica è scomparsa e Ketama ha avuto l’incarico di

ritrovarla. Ma prima deve scoprire perché quella macchina era così speciale per il suo proprietario. ISBN: 9788867755974 Mauro Antonio Miglieruolo, Concerto spirituale Chi è quel vecchio pazzo, quello straccione, che ferma i anti frettolosi solo per raccontare loro la sua storia, una storia impossibile da non ascoltare? ISBN: 9788867756728 Roberto Guarnieri, Il camino degli dei In una Roma alternativa nella quale il Papato detiene ancora il potere temporale il furto di un misterioso antico reperto può risvegliare un potere sopito da millenni ISBN: 9788867756513 Fabrizio Venerandi, Ezekias contro le donne gatto del pianeta Smirt Il pianeta Smirt possedeva una delle risorse più preziose per la Confederazione, ma fargliela mollare sarebbe stata dura ISBN: 9788867757251 Alessandro Forlani, M'rara Un orrore sepolto da secoli che risveglia le nostre quotidiane fobie. Una storia in stile H.P. Lovecraft dall’autore vincitore del Premio Urania ISBN: 9788867757459 Andrea Viscusi, Placebo Indicazioni: fobie, paure, insicurezza, stati ossessivi, dipendenza da sostanze psicotrope. Effetti indesiderati: alterazione della realtà circostante. ISBN: 9788867757923 Claudio Chillemi, Con gli occhi del nemico Aveva sempre ammirato quel periodo della storia, quando due regimi votati all’ordine e alla disciplina, avevano messo in scacco il mondo. ISBN: 9788867758081 Alessandro Forlani, Sigarette terrestri Era bagnato, coperto di fango, aveva fame e freddo e si trovava a cinquantamila anni luce da casa. ISBN: 9788867758173 Vittorio Catani, Cuore di legno Una donna misteriosa, un’attrazione fatale, un segreto racchiuso nel ato che riemerge in modo impossibile ISBN: 9788867758517 Marco Spagnoli, 1978 (Abruzzo) Un mistero vecchio un secolo collega una nave di migranti italiani e misteriosi avvistamenti tra i monti dell’Abruzzo. ISBN: 9788867758845 Davide Del Popolo Riolo, Erasmo Che cos'è l'intelligenza, l'individualità, la vita? E soprattutto che cos'è l'anima? Un nuovo racconto dall'autore di De Bello Alieno, vincitore del premio Odissea e del premio Vegetti ISBN: 9788867759064 Vittorio Catani, I penetranti Possono esistere forme di vita aliene diversissime da noi, e al tempo stesso così simili da riuscire a conoscerci meglio di noi stessi ISBN: 9788867759354 sco Troccoli, Hypnos Era un virus, una droga? O forse era parte della natura umana? Il prequel del fortunato ciclo di Ferro 7 ISBN: 9788867759767 Luigi Pachì, L'ombra del vertice Permettevano di riposare, imparare, essere più creativi. Ma quelle macchine avevano anche un’altra funzione. ISBN: 9788865305416 Dario Tonani, Schegge di una città di plastica E se domani il tuo peso servisse per comprarti la libertà? Un nuovo allucinante futuro dall’autore di Mondo9 ISBN: 9788865305751 Donato Altomare, Mara, per te In un futuro in cui tutti sono belli si farebbe di tutto pur di apparire un po' più brutti. ISBN: 9788865306031

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