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La creazione di valore nel settore delle energie rinnovabili - Due modelli valutativi a confronto
Leonardo Adessi
Università commerciale Luigi Bocconi - Milano
Facoltà di economia Corso di laurea in Economia Aziendale e Management Undergraduate School
Anno accademico 2010-2011
Tesi: “La creazione di valore nel settore delle energie rinnovabili. Due modelli valutativi a confronto”
Voto: 110/110 e lode
A tutti e a nessuno A me stesso e a chi ha creduto in me
ABSTRACT
L'elaborato si ripropone di valutare l'eventuale creazione di valore nel settore delle energie rinnovabili in Italia attraverso l'analisi di tre tra le principali aziende del comparto ( ENEL GREEN POWER, ERG RENEW e ALERION). L'estrema rigidità operativa e l'incertezza circa l'ammontare di alcune variabili rilevanti quali i prezzi energetici, la quantità di energia prodotta e le modalità di incentivazione costituiscono feature comuni alle aziende del settore che rendono la valutazione fortemente complessa minandone oltretutto la qualità dei risultati. Proprio in funzione di queste caratteristiche sono stati utilizzati due strumenti valutativi, l'analisi di scenario e la simulazione Montecarlo, che cercano di incorporare l'incertezza nella valutazione e misurarne le conseguenze. I risultati evidenziano che le aziende del “rinnovabile” rimangono buoni investimenti anche in condizioni estremamente negative dimostrando, tra l'altro, come l'analisi di scenario, strumento non particolarmente adatto a contesti fortemente rischiosi, tenda a sottovalutare il valore aziendale. Infine, l'analisi mostra come la diversificazione del mix produttivo possa costituire un ottimo mezzo per la riduzione del rischio operativo.
INTRODUZIONE
La finanza d'azienda e l'analisi dei mercati finanziari rappresentano ambiti dell'economia strettamente intrecciati e che hanno come minimo comune denominatore il concetto di “valuation”. In altri termini la valutazione rappresenta uno strumento fondamentale nelle mani dell'analista finanziario al fine di identificare progetti, aziende e settori industriali che creeranno valore nel futuro e che dunque saranno meritevoli di investimento. Lo scopo di questo lavoro è proprio quello di valutare se e quanto valore viene creato in una delle utilities maggiormente oggetto d'attenzione da parte di mass media ed addetti ai lavori: le energie rinnovabili (REs). Nel mondo, e in particolar modo in Italia le tecnologie rinnovabili sono diventate negli ultimi anni da un lato occasione di business per multi-utilities ed imprenditori e dall'altro oggetto di un corpus normativo non sempre, se non quasi mai, chiaro ed efficace. L'analisi si limiterà al contesto italiano in quanto le caratteristiche delle imprese e i sistemi di incentivazione cambiano da Paese a Paese e dunque risulterebbe impossibile valutare tali energie estraniandosi dal contesto di riferimento in cui le aziende operano. ando ai mezzi, la valutazione è stata effettuata analizzando tre aziende italiane attraverso due modelli di valutazione, l'analisi di scenario e la simulazione Montecarlo, modelli questi che cercano di misurare l'incertezza e incorporarla nell'Enterprise Value (EV) delle aziende. La simulazione Montecarlo, in particolare, rappresenta uno strumento di finanza computazionale che nell'incerto contesto delle energie rinnovabili risulta particolarmente utile per ottenere risultati maggiormente attendibili rispetto ai classici strumenti di valutazione statica. L'incertezza del settore è principalmente dovuta a diverse variabili macro quali i prezzi dell'energia elettrica, l'ammontare e le tecniche di incentivazione, le ore di funzionamento degli impianti e i costi di produzione. Questi driver costituiranno l'asse portante di un lavoro che si occuperà nella prima parte di evidenziare i principali metodi di valutazione aziendale nei contesti caratterizzati da incertezza e, nella seconda, di descrivere
dettagliatamente le fasi dell'analisi empirica condotte, specificando ciascuna scelta effettuata ed evidenziando i risultati a cui si è giunti. Questa seconda parte, vero cuore del lavoro, sarà affiancata da alcune digressioni inerenti fattori di contesto strettamente legati alle variabili input sovra menzionate quali, ad esempio, il mercato dell'energia e il sistema legislativo vigente.
LA PROSPETTIVA ASSUNTA NELL'ANALISI
La prospettiva che la valutazione assume è quella dell'investitore privato che deve esprimere un giudizio circa l'eventuale creazione di valore nel settore delle energie rinnovabili. Ben diversa sarebbe la prospettiva del Social Planner (le istituzioni statali). La valutazione da parte dello Stato consisterebbe infatti in una analisi costi-benefici volta ad evidenziare quali sono le eventuali esternalità positive e negative prodotte dalle REs con l'obiettivo di creare un sistema di incentivazione/punizione “ottimo”, capace cioè di annullare o quantomeno a minimizzare tali esternalità. Detto matematicamente, mentre la prospettiva dello Stato considera i sistemi di incentivazione come la variabile dipendente della valutazione (la variabile indipendente è rappresentata dalle esternalità prodotte), la prospettiva di questo lavoro vede come variabile dipendente la creazione di valore (misurata in termini di valore attuale netto) e come variabile indipendente, tra le altre, i sistemi di incentivazione.
CAPITOLO 1 - COME GESTIRE L'INCERTEZZA NEL PROCESSO DI VALUTAZIONE
La gestione dell'incertezza rappresenta probabilmente il tema maggiormente critico nel processo di valutazione. Infatti, settori molto competitivi, in fase di forte sviluppo tecnologico o fortemente condizionati dall'agire dello Stato sono caratterizzati da un elevato grado incertezza circa gli input e gli output dei processi produttivi. Le energie rinnovabili ben si inseriscono in questo contesto dal momento che allo stato attuale è rilevabile forte incertezza sui sistemi di incentivazione e sulle prospettive di sviluppo tecnologico. Prima di scandagliare le diverse tecniche di valutazione è necessario chiarire il significato di incertezza. Un evento è definito incerto quando non si conoscono (nemmeno probabilisticamente) le realizzazioni future dello stesso. Non è detto però che tale evento risulti effettivamente impattante sulla vita dell'impresa. Ciò che invece influisce sull'andamento economico e finanziario di un'azienda sono gli eventi definiti “rischiosi”. Il rischio rappresenta dunque una sottocategoria del più ampio concetto di incertezza dal momento che si riferisce esclusivamente agli eventi e alle variabili che influenzano (non necessariamente in senso negativo) i risultati aziendali (Bodie e Merton, 2000). Di conseguenza, tanto maggiori saranno le variabili che producono variazioni nel valore dell'azienda tanto maggiore sarà il rischio ad essa associato. Non provvedere ai cambiamenti che nell'ambiente possono avvenire risulterebbe pericoloso [1] e metterebbe in forte dubbio la validità della valutazione e la attendibilità delle previsioni effettuate. La scelta dei modelli e delle tecniche di valutazione dovrà quindi essere calibrata al livello di rischio dell'investimento o della azienda oggetto di valutazione. Detto ciò, è da specificare che, qualunque sia il modello utilizzato, la valutazione risulterà progressivamente meno precisa ed affidabile man mano che il contesto in cui l'azienda si muove aumenta di rischiosità. Per l'analista sarà infatti difficoltoso effettuare assumption e previsioni quando il livello di previsività dei risultati attuali viene compromesso da particolari fattori di rischio [2].
1.1 DEFINIZIONE DI RISCHIO OPERATIVO E FINANZIARIO
Per meglio comprendere il significato di rischio, o ora ad esplicitare le determinanti del rischio stesso e cioè gli aggregati aziendali che potrebbero influire sui risultati societari. A tal proposito, il rischio complessivo è scorporabile in rischio finanziario e rischio operativo. Il rischio finanziario non afferisce la gestione caratteristica ma riguarda principalmente gli output attesi della gestione finanziaria. Tale rischio si disaggrega in tre sottocategorie quali il rischio di tasso, il rischio di credito e il rischio di cambio. Il rischio finanziario, misurabile attraverso il grado di leva finanziaria, influisce marginalmente sul settore delle energie rinnovabili o almeno non è caratteristico dello stesso. Le aziende di tale settore infatti tendono a coprirsi da tale rischio attraverso particolari derivati (si pensi al cash flow hedge) e la redditività aziendale viene intaccata in misura comunque marginale. Il rischio operativo riguarda invece gli aggregati aziendali afferenti la gestione operativa (e in particolare, caratteristica). Per meglio esplicitare il concetto bisogna far riferimento alla struttura dei ricavi e dei costi di produzione (da distinguere in fissi e variabili). La teoria economica insegna che, a parità di fatturato e risultato operativo, l'aumento dell'incidenza dei costi fissi rispetto a quelli variabili produce un incremento della rischiosità operativa che in termini pratici si traduce in potenziali maggiori guadagni/perdite (Brealey, Myers & al, 2007). Il rapporto tra il margine di contribuzione e il reddito operativo (grado di leva operativa, GLO) fornisce un utile indicatore della rischiosità operativa. A differenza del rischio finanziario, il rischio operativo è una caratteristica nota del settore oggetto d'analisi. Le aziende che producono energia da fonte rinnovabile presentano costi fissi, cioè svincolati dalle quantità vendute, elevati in rapporto a quelli variabili e quindi un alto grado di leva operativa. Caratteristici di queste aziende sono infatti i grossi investimenti iniziali e i bassi, se non addirittura nulli, costi variabili di produzione. L'assenza di costi variabili è motivabile dal fatto che, a differenza delle fonti di energia tradizionale (non rinnovabili), non è necessario l'acquisto di materie prime scarse; infatti, le
materie prime necessarie per la produzione di energia da fonte rinnovabile sono costituite principalmente da risorse naturali quali il sole, il vento, l'acqua e la terra che non essendo beni economici (per definizione, scarsi) non rappresentano fattori di costo. Ovviamente, all'interno dello stesso settore, le diverse aziende si caratterizzano per GLO differenti sulla base del grado di outsourcing, del livello di capacità installata e del tipo di tecnologia (a tal proposito la biomassa a differenza delle altre REs prevede la presenza un costo di produzione variabile legato al consumo di biomassa). È dunque evidente come il livello di rischio possa variare tra settori diversi ed è oltremodo ovvia la necessità di modellare il sistema di valutazione aziendale sulle caratteristiche di rischio tipiche del settore di appartenenza.
1.2 I SISTEMI DI VALUTAZIONE AZIENDALE IN CONTESTI RISCHIOSI. LE ANALISI DI SCENARIO E GLI APPROCCI ALTERNATIVI.
Gli approcci al rischio in ambito valutativo sono diversi e non esiste un approccio per definizione “esatto”. Esistono tuttavia strumenti che maggiormente si adattano a contesti particolarmente rischiosi e che minimizzano dunque la probabilità di errore dell'analista. La maggior parte degli approcci presentano come base comune il concetto di DCF identificando dunque il valore dell'azienda come il valore attuale dei flussi futuri attualizzati ad un determinato tasso K. Sulla base di questo concetto, l'analista è poi chiamato a scegliere l'approccio che ritiene più opportuno. L'approccio classico consiste nell'effettuare le cosiddette analisi di scenario creando cioè particolari combinazioni di variabili e calcolando il relativo VAN. Si possono in questo modo identificare diversi scenari alternativi (per esempio scenari low, reference, e high) a partire dai quali trarre conclusioni su progetti di investimento, aziende o settori. Il principale vantaggio di questa analisi risiede nella sua estrema semplicità concettuale. Tuttavia, in contesti fortemente incerti l'identificazione delle particolari combinazioni di variabili risulta un esercizio estremamente artificioso e poco preciso. Tra l'altro, secondo questo modello valutativo, il rischio del progetto deve essere incorporato nel tasso di interesse k, calcolato come la somma del tasso free risk e di uno spread identificativo dello stesso rischio (il cosiddetto risk ). Proprio il calcolo del risk risulta essere un ulteriore artificio scarsamente applicabile in contesti fortemente incerti data l'elevata aleatorietà degli eventi. A conferma dell'inadeguatezza di questo strumento valutativo in condizioni incerte va indicata anche l'assenza nel modello di una distribuzione di probabilità che dia informazioni circa il valore atteso del progetto e il relativo scostamento medio (deviazione standard). Concettualmente identica all'analisi di scenario è l'analisi del punto di pareggio che valuta qual è la combinazione di variabili in grado di rendere il VAN del
progetto uguale o maggiore di zero. Tramite questo strumento è anche possibile valutare il grado di leva complessiva (prodotto di leva operativa e leva finanziaria) e quindi esprimere un giudizio circa la rischiosità complessiva del progetto. Un altro modello, che pur prende le mosse dall'analisi di scenario, è l'approccio media-varianza. Secondo tale approccio, si potrebbe associare ad ogni scenario una probabilità rendendo quindi possibile il calcolo del valore atteso e della varianza del progetto. Questo strumento risulta particolarmente utile nei contesti in cui il decisore deve scegliere tra due o più investimenti alternativi. Risulta tuttavia necessario esplicitare la funzione di utilità del soggetto per definire un criterio di scelta valido; oltretutto, in progetti rischiosi risulta estremamente complesso creare distribuzioni di probabilità sugli output finali. L'albero decisionale è uno modello di valutazione molto utile in contesti incerti in cui l'output di una variabile rappresenta l'input dell'altra (cosiddetti progetti multi-step). Si creano cioè dei nodi che rappresentano i possibili esiti (o realizzazioni) di una variabile e, allo stesso tempo, rappresentano condizione necessaria per le possibili realizzazioni della variabile condizionata. Il diagramma risultante rispecchierà dunque diverse combinazioni di variabili tra loro condizionanti. Il modello prevede l'associazione di ogni esito con la relativa probabilità condizionata all'output della variabile “condizionante”. In questo modo si creano delle distribuzioni probabilistiche attraverso le quali risulta possibile calcolare il valore atteso e la deviazione standard. Questo strumento risulta tanto utile quanto limitato a progetti i cui gli output dipendono da diversi step frammentati e interrelati (Dallocchio Salvi, 2005). Alla luce di quanto descritto si può con buona approssimazione affermare l'inadeguatezza degli strumenti di valutazione classici nei contesti in cui diverse variabili rilevanti sono caratterizzate da forte incertezza. In tali circostanze, infatti, definire in modo corretto l'ammontare di ciascuna variabile e la probabilità associata a ciascuna combinazione di variabili risulta praticamente impossibile. In questo discorso si inserisce la Simulazione Montecarlo, uno strumento di finanza computazionale che tramite l'ausilio di un software sposta la scelta della distribuzione di probabilità dai risultati (VAN) del progetto alle singole variabili input considerate rilevanti. La successiva generazione di un elevato numero di scenari individuerà una particolare distribuzione di frequenza in base alla quale sarà possibile determinare le misure di tendenza centrale e di dispersione, su tutte, media e scarto quadratico medio.
Matematicamente: -> sia X un vettore di n variabili aleatorie [Y1;Y2;Y3;…Yn] ciascuna
Gli step della simulazione consistono in:
1) definizione delle variabili rilevanti e scelta delle distribuzioni di probabilità ad esse associate;
2) definizione della formula matematica obiettivo (nel nostro caso il VAN del progetto) che varia al variare degli input scelti;
3) lancio della simulazione attraverso il o di un elaboratore e di un software (Crystal Ball è il più noto) in grado di generare un numero elevato di valori della formula obiettivo (scenari) facendo variare le variabili input secondo le distribuzioni di probabilità impostate.
Attraverso l'analisi di simulazione si evita di cadere nella individuazione “arbitraria” di particolari combinazioni di input potendo invece generare, mediante l'ausilio di un elaboratore, un numero elevato di combinazioni aleatorie. Per questo motivo, seppur tale strumento non faccia altro che spostare la discrezionalità dell'analista dalla scelta della distribuzione di probabilità degli scenari a quella delle variabili input, si ritiene che l'accuratezza delle previsioni effettuate attraverso la simulazione risulti certamente migliore rispetto ai classici modelli di valutazione. L'altro grande vantaggio della simulazione Montecarlo risiede nel fatto che il tasso con cui scontare i flussi deve essere espressivo esclusivamente del valore finanziario del tempo e non più, quindi, della rischiosità del progetto. Il perché di tale affermazione è evidente: la rischiosità del progetto è già descritta dalle distribuzioni di probabilità degli input per l'appunto “rischiosi” (Shapiro, 2005). In questo modo, per attualizzare i flussi l'analista potrà utilizzare il tasso free risk invece che scegliere un particolare WACC.
Dato il forte rischio operativo che caratterizza l'utility in esame, l'analisi effettuata non avrebbe potuto prescindere dall'utilizzo della simulazione Montecarlo come strumento per minimizzare l'arbitrarietà e l'artificiosità della valutazione. Nelle prossime pagine, dunque, verrà descritta la valutazione effettuata dapprima secondo l'analisi di tre scenari (low, reference e high) e poi impostando la simulazione Montecarlo.
CAPITOLO 2 - ANALISI EMPIRICA, LE FASI COMUNI AI DUE STRUMENTI VALUTATIVI
L'analisi empirica ha come obiettivo la valutazione delle aziende che operano nel settore delle energie rinnovabili secondo due strumenti valutativi: l'analisi di scenario e la simulazione Montecarlo. L'analisi prevede diversi step iniziali volti alla scelta delle aziende, alla identificazione delle variabili input rilevanti, alla raccolta dei dati di bilancio storici e alla formulazione delle assumption sull'andamento delle voci di conto economico e stato patrimoniale. Tali step, in quanto comuni ai due modelli valutativi scelti, vengono affrontati in modo unitario in questo capitolo. L'individuazione dei flussi di cassa da attualizzare e dei tassi di sconto saranno invece oggetto di descrizione nel capitolo 4 in cui l'analisi empirica si snoda secondo i due modelli valutativi. Di seguito vengono esposte le principali fasi del lavoro.
Fasi Fase-1 Fase-2 Fase-3 Fase-4 Fase-5 Fase-6
Obiettivi Individuazione aziende oggetto d'a Spiegazione della scelta delle singole va a)Scomposizione voci di ricavo e costo b)Identificazione d a) Stima dei flussi futuri attraverso l'effettuazione di assumption b) Scelta Valutazione tramite Analisi di Sce Valutazione tramite Simulazione Mo
2.1 SCELTA E PRESENTAZIONE DELLE AZIENDE
La scelta delle aziende da analizzare è ricaduta su tre delle principali imprese che si occupano di rinnovabile in Italia: Enel Green Power (EGP), Erg Renew e Alerion. Tale scelta non è stata casuale e, anzi, si sono cercati particolari profili di società che possano rendere possibile l'estensione del giudizio finale all'intero settore. Di seguito si indicano le motivazioni che hanno condotto alle tre aziende e le caratteristiche delle stesse in termini di capacità installata e di quantità di energia prodotta. Enel Green Power rappresenta attualmente la principale azienda operante nel rinnovabile in Italia. Facente parte del gruppo Enel, EGP è stata oggetto di OPV con relativa quotazione sul mercato finanziario italiano e spagnolo [3] nel novembre 2010. Dovendo limitare l'analisi di EGP al mercato italiano, l'oggetto della valutazione è stata la “divisione Italia” dell'azienda (l'Italia, peraltro, è e rimarrà il principale mercato di sbocco). EGP produce MWH da 4 fonti: idroelettrico, geotermico, eolico e fotovoltaico. In Italia la capacità installata ammonta a 2776 MW per una produzione netta di circa 12 milioni di MWH. Ad oggi la tecnologia maggiormente sfruttata è l'idroelettrico con una capacità installata di 1509 MW e una produzione di oltre 6 milioni di MWH. I piani industriali futuri prevedono lo switch verso il fotovoltaico che entro il 2015 dovrebbe diventare la principale RES del gruppo. Tale diversificazione fornisce ottimi spunti di analisi circa l'opportunità di affiancare tecnologie con forti prospettive di sviluppo (qual è il fotovoltaico) a tecnologie mature quali l'idroelettrico e il geotermico. Erg Renew: l'azienda ha optato nel febbraio 2011 per il delisting totale delle proprie azioni attraverso il lancio di un OPA totalitaria da parte della controllante ERG al fine di garantire il raggiungimento dei piani di capacità installata previsti. Nonostante non sia quotata, la scelta è ricaduta su questa società in quanto, a differenza delle altre aziende, la stessa è focalizzata sulla produzione di energia da un'unica fonte rinnovabile, l'eolico. La società opera in due contesti, quello italiano e quello se producendo
complessivamente circa 450 mila MWH a fronte di una capacità installata di 310 MW. La quota di produzione se è marginale rispetto a quella italiana (la capacità installata in Francia ammonta a soli 60 MW); tale caratteristica è addirittura destinata ad accentuarsi nel futuro. Alerion: l'azienda è stata scelta in quanto opera nel comparto “Biomasse”, l'unica energia rinnovabile che, tra i costi di produzione energetica,include le spese per l'acquisto di materie prime. Oltre alle biomasse, le altre fonti energetiche sfruttate dalla società sono il fotovoltaico e l'eolico con un chiaro focus su quest'ultima tecnologia. Tra le principali aziende italiane del rinnovabile, Alerion presenta attualmente una capacità installata di 224 MW e una produzione complessiva di circa 261 mila MWH. Tra le tre aziende, Alerion è l'unica a far parte dell' IREX, l'indice elaborato dalla società di consulenza Althesys che descrive l'andamento delle principali società italiane quotate del settore.
Focus, L'IREX L'Irex è l'indice che traccia l'andamento di 10 aziende italiane “pure renew
2.2 INDIVIDUAZIONE DELLE PRINCIPALI VARIABILI INPUT CHE DETERMINANO LA RISCHIOSITA' DEL SETTORE
Come già anticipato, il rischio operativo che caratterizza questo settore è dovuto alla estrema rigidità delle sue operation. La quasi totale assenza di costi proporzionali alla produzione e, allo stesso tempo, il forte investimento necessario per l'installazione della capacità produttiva rendono tale settore fortemente vulnerabile ad eventuali sbalzi nelle voci “ricavi di vendita” o “ricavi da incentivazione”. In linea generale, i ricavi di vendita sono influenzati dalle quantità di MWH prodotti (qv) e dal prezzo unitario di vendita (pe). I ricavi da incentivazione sono invece il prodotto delle tariffe/prezzi dell'incentivazione (pi) e della quantità soggetta ad incentivazione (qi) (per una descrizione dettagliata dei sistemi di incentivazione si veda infra).
In formule, i ricavi di complessivi (rc) possono essere scorporati nel seguente modo:
Essendo i costi di produzione pressoché costanti, la variazione di ciascuna delle voci descritte nelle formule è fortemente impattante sul margine di contribuzione, sull'utile d'esercizio e, in ultima istanza, sul valore delle aziende. Oltre alla rigidità della struttura operativa, occorre inoltre sottolineare come le voci sopramenzionate siano caratterizzate da estrema variabilità. Queste due proprietà, se sommate, danno idea della forte rischiosità operativa che contraddistingue il settore. Le stesse voci, dunque, almeno in prima approssimazione, possono essere considerate i veri driver che creano/distruggono valore nel settore. Di seguito si rende maggiormente dettagliata l'analisi descrivendo una per una le variabili critiche per il valore aziendale, scomponendone dove possibile le determinanti e proponendo una overview sul contesto che le caratterizza.
2.2.1 IL PREZZO DELL'ENERGIA E IL MERCATO ELETTRICO
Il mercato energetico ha subito e, anzi, sta subendo notevoli evoluzioni dalla fine degli anni '90 in poi. Nel 1999 è stato infatti istituito in Italia il mercato elettrico italiano[4]. Gestito dal GME, il mercato energetico rappresenta oggi il principale canale di compravendita di energia tra aziende. Esso nasce dalla necessità di promuovere la competizione nella produzione e distribuzione di energia. La “borsa energetica” si divide nei mercati a pronti e a termine. Il primo è a sua volta composto da tre “segmenti”: il mercato del giorno prima (MGP), il mercato infragiornaliero (MI) e il mercato per i servizi di dispacciamento (MSD). L'MGP rappresenta il mercato in cui avviene la quasi totalità delle transazioni. In questo mercato offerta e domanda propongono i rispettivi prezzi minimi/massimi di vendita/acquisto. Dall'intersezione tra le curve di domanda e offerta si evince il prezzo unitario di vendita dell'energia. Rimanendo nel solco degli obiettivi che questo lavoro si pone, è fondamentale descrivere un concetto chiave che giustifica la rilevanza del prezzo dell'energia venduta ai fini della determinazione del valore: la volatilità. Rispetto all'andamento dei prezzi dei principali mercati finanziari, il prezzo dell'energia elettrica ha un andamento maggiormente volatile. Ciò è dovuto a due ordini di motivazioni: da un lato, la l'estrema volatilità è una diretta conseguenza della già citata liberalizzazione del '99, la quale ha fatto in modo che l'incrocio tra domanda e offerta non sia più mediato dall'intervento delle istituzioni pubbliche; dall'altro, l'andamento dei prezzi risulta particolarmente influenzato dalle caratteristiche intrinseche della domanda e della offerta di energia. Dal lato della domanda, sono ravvisabili tre fattori che influenzano l'andamento dei prezzi, ovvero, l'inelasticità della quantità domandata al prezzo, la periodicità della domanda e la ricchezza della popolazione. La domanda di energia risulta, infatti, estremamente inelastica a causa del fatto che la maggior parte dei consumatori di energia non è in grado di modificare i propri comportamenti di consumo in base alle variazioni nei prezzi (le eccezioni sono rappresentate dalle grosse realtà industriali).
La domanda di energia presenta inoltre forti caratteri di periodicità. Tale periodicità può essere scomposta in tre categorie: quella stagionale legata alle variazioni climatiche, quella settimanale dovuta alla differenza di domanda tra giorni feriali e festivi e quella intra-giornaliera prodotta dalla maggiore richiesta nelle ore notturne (sera o alba) rispetto a quelle diurne. L'ultimo fattore che influenza la domanda di energia è il livello ricchezza di una nazione, esprimibile in termini di PIL. Nonostante la tendenziale inelasticità della domanda energetica, è rilevabile una robusta correlazione positiva tra PIL e consumo di energia pro capite. Il grafico seguente evidenzia la relazione PILdomanda energetica nel periodo 1995-2009 dimostrando come a variazioni del PIL corrispondono variazioni dello stesso segno dei consumi energetici.
Grafico 1. Consumi di energia per abitante e PIL. Anni 1995-2009
Fonte: elaborazione su dati del Ministero economico e ISTAT
La principale caratteristica sul versante dell'offerta risiede nel fatto che le società produttrici non possono efficientemente immagazzinare energia e sarà quindi necessaria la vendita “immediata” dell'energia prodotta. Alla luce delle caratteristiche di domanda e offerta è intuibile il perché della evidente volatilità dei prezzi energetici di equilibrio. Data infatti l'inelasticità della domanda, in casi di shock sul lato dell'offerta (riduzione dell'offerta di energia) ci si troverà di fronte a forti aumenti nei prezzi energetici (cosiddetti peak price). D'altro canto, nei casi di eccesso di offerta (dovuta alla impossibilità di immagazzinamento) i prezzi tenderanno ad abbassarsi (off-peak price). Il carattere “periodico” della domanda di energia, a sua volta, non fa altro che incrementare la volatilità del prezzo.
Grafico 2. Variazione del prezzo a seguito di shock sul lato dell'offerta. Eventuali shock sul lato dell'offerta (problemi di funzionamento / condizioni climatiche avverse) producono variazioni di prezzo (Δp) maggiori nei contesti caratterizzati da domanda inelastica (a) rispetto a quelli caratterizzati da domanda elastica (b).
Guardando all'andamento dei prezzi è ravvisabile, inoltre, come la volatilità di breve periodo (giornaliera) sia nettamente superiore a quella di lungo (semestrale o annuale). Questo fenomeno è dovuto a un'altra caratteristica dei prezzi energetici, la mean reversion. Questo concetto, generalizzabile a tutte le commodities, afferma che seppur nel breve periodo i prezzi assumano andamento fortemente irregolare e volatile, nel lungo tali prezzi tendono a mantenersi sempre all'interno di una banda e, anzi, a regredire verso la media. Applicando il concetto al settore energetico, la motivazione della mean reversion risiede nel fatto che nel lungo periodo le società riescono ad adattare le proprie strategie industriali all'andamento dei prezzi. Per cui, ad esempio, in contesti di prezzi crescenti, le aziende tenderanno ad aumentare la capacità installata, la produzione e quindi l'offerta; ciò comporterà un aggiustamento automatico dei prezzi che auto-regrediranno verso la media.
2.2.2 LE ORE DI FUNZIONAMENTO DEGLI IMPIANTI: IL LOAD FACTOR
L'ammontare dell'energia prodotta è data da due fattori quali il numero medio di ore di funzionamento di un impianto di un MW (il cosiddetto load factor) e la capacità installata. Più che la capacità installata, il motivo della potenziale variabilità della quantità di MWH prodotti è rappresentato dal load factor. Il load factor, a sua volta, è influenzato da particolari problemi di funzionamento degli impianti e, a seconda della tecnologia, da fattori di tipo climatico e meteorologico. Quanto ai colli di bottiglia prodotti da guasti o problemi di funzionamento, è utile sottolineare come tali problematiche siano comuni a tutte le fonti energetiche rinnovabili e non. Con riguardo alle fonti rinnovabili, il load factor è influenzato anche da un altro fattore di rischio: la variabilità e l'aleatorietà delle condizioni climatiche e meteorologiche. Essendo infatti, il sole, il vento e l'acqua fondamentali nel processo produttivo degli impianti alimentati a REs e, alla luce della estrema aleatorietà temporale con cui tali fonti si distribuiscono, è facilmente intuibile come la stessa quantità di energia prodotta risulti fortemente influenzata dai suddetti fattori. A differenza della capacità produttiva che può essere attendibilmente stimata dalle società, il load factor degli impianti che producono energia da fonte rinnovabile dipende da fattori esogeni che le aziende difficilmente riescono a prevedere quali l'irraggiamento e la ventosità. Per tal motivo, assieme al prezzo, le ore di funzionamento degli impianti rappresentano la leva principale che determina ricavi e margine di contribuzione. È da specificare che seppur caratteristica comune a tutte le REs, la variabilità del load factor varia da fonte a fonte; fonti energetiche quali le biomasse e il geotermico sono naturalmente meno soggette a tale variabilità rispetto a fonti quali l'eolico e il fotovoltaico.
2.2.3 I SISTEMI DI INCENTIVAZIONE: STRUMENTI, PREZZI E QUANTITA'
Come già ampiamente spiegato nell'introduzione, l'obiettivo di questo lavoro non è quello di giudicare l'adeguatezza degli strumenti di incentivazione strutturati dallo Stato, bensì è quello di evidenziare i fattori di incertezza che caratterizzano il settore e valutare se e in che misura questi fattori impattano sul valore delle aziende. Non mi dilungo dunque in una analisi della “bontà” dei sistemi di incentivazione e, al contrario, nel seguente paragrafo mi ripropongo l'obiettivo di sottolineare le principali caratteristiche di tali strumenti e di evidenziare come accanto ai prezzi e alle quantità vendute, anche gli incentivi assumono fondamentale importanza per la redditività delle aziende del settore. Con la direttiva approvata nell'aprile 2009, la Commissione Europea ha fissato ambiziosi obiettivi di politica energetica che prevedono una quota di consumo energetico da fonte rinnovabile pari al 20% da raggiungere entro il 2020 [5]. La direttiva si traduce in un aumento di capacità di generazione da fonte rinnovabile di circa il 30-35% (dati GME). Tali obiettivi, combinati con la crescente sensibilizzazione della popolazione verso i temi ambientali, stanno producendo un tendenziale processo di ristrutturazione del mix produttivo verso nuove e più pulite fonti energetiche. In questo contesto, gli stati giocano un ruolo fondamentale nella promozione dello sviluppo delle RES attraverso la creazione di strumenti di incentivazione che ben compensino tutti i benefici non monetari (esternalità positive) che queste tecnologie producono. Le principali tecniche di incentivazione sono il sistema di certificati verdi, le feed-in-tariff e il conto energia. Di seguito si propone una disamina di tali strumenti con i relativi dettagli inerenti i prezzi e le quantità soggette ad incentivazione oltre che un focus sul sistema italiano. Certificati verdi: con l'art. 11 del D.Lgs. 79/1999 lo Stato ha introdotto l'obbligo per produttori e importatori di energia elettrica di immettere nel
sistema una quota minima di energia pari al 3% [6] direttamente da fonti rinnovabili (a partire dal 2002). In alternativa alla immissione di energia elettrica da fonte rinnovabile produttori e distributori possono acquistare particolari titoli, i certificati verdi, per una quantità pari alla quota minima obbligata. In questo modo si crea un mercato in cui la domanda è composta da tutti i soggetti sottoposti all'obbligo mentre l'offerta si compone di tutti i produttori di energia da fonti sottoposte a tale incentivazione. Per questi ultimi, i ricavi dalla vendita dei certificati costituiscono l'incentivazione alla produzione da fonti rinnovabili e si affiancano ai normali ricavi da vendita di energia (incentivi definiti feed-in-). La compravendita dei certificati verdi avviene nei mercati regolamentati gestiti dal GME o attraverso contratti bilaterali. Per limitare eventuali situazioni di eccesso di offerta, il gestore dei servizi energetici nazionale (GSE) è chiamato ad acquistare i CV in scadenza nell'anno. ando alle grandezze che determinano l'ammontare di tale ricavo (quantità e prezzi), i certificati verdi sono assegnati per una quantità pari ai MWH prodotti dalle fonti sottoposte ad incentivazione. A tal proposito, lo Stato ha stabilito che i soli impianti classificati come IAFR (Impianti Alimentati da Fonti Rinnovabili) possono godere dell'incentivazione. Quanto ai prezzi, invece, lo Stato pone un tetto di remunerazione totale definito “Livello di o totale alle rinnovabili” misurabile in termini di Euro/MWH. I CV saranno collocati sul mercato a un prezzo pari alla differenza tra il suddetto livello di o e il prezzo medio dell'energia elettrica dell'anno precedente. Di conseguenza, variazioni nei prezzi dell'energia, (di per se estremamente volatili) producono variazioni di segno opposto nei prezzi dei certificati verdi. Risulta dunque intuitivo, oltre che inevitabile, come la volatilità del prezzo dell'energia produca una parallela volatilità nei prezzi dei certificati verdi. Tale volatilità, affiancata dalla tendenziale riduzione del “Livello di o totale alle rinnovabili” rappresenta un fattore di forte incertezza rilevante per la redditività di questo settore. Conto energia: strumento applicato esclusivamente all'energia da fonte fotovoltaica, il Conto Energia consiste in una tariffa definita in Euro/MWH che rappresenta un ricavo aggiuntivo (feed-in-) a quello derivante dalla vendita di energia. A differenza dei certificati verdi, il conto energia non è uno strumento “market based” in quanto basato esclusivamente su somme trasferite dallo Stato alle aziende. Chiara conseguenza è l'ampia
prevedibilità dei flussi generati da questo tipo di incentivazione. Alla luce di questo, differentemente dal sistema di CV, tale strumento non rappresenta (a meno di decisioni legislative volte a modificare la struttura e l'ammontare dell'incentivo) una significativa fonte di rischio per la redditività e il valore dell'azienda. Feed-in-tariff: mentre i certificati verdi e il conto energia prevedono due fonti di ricavi (da incentivo e da vendita di energia), le feed in tariff sono strumenti caratterizzati da una tariffa definita omnicomprensiva che racchiude sia il ricavo da incentivo che quello da vendita di energia. Quanto alla rischiosità insita in questi strumenti vale la stessa analisi fatta nel caso del conto energia. Focus sull'Italia: In Italia nonostante si sia assistito al proliferarsi di leggi e decreti volti a creare meccanismi di incentivazione efficienti, ad oggi non è ancora stato trovato l'equilibrio necessario. In ordine di tempo il decreto Romani rappresenta l'ultimo atto legislativo volto a regolare il sistema di incentivazione alle rinnovabili. Questo decreto ha introdotto alcuni elementi innovativi negli strumenti di incentivazione con l'obiettivo di snellire le procedure burocratiche di accesso alle incentivazioni e ridurre le spese gravanti sui cittadini. Ad oggi sono stati emanati i soli decreti attuativi riguardanti il Conto Energia. A tal riguardo, il decreto prevede il aggio dal feed-in- al feed-in-tariff. A partire dal 2015 infatti, l'unica fonte di remunerazione per il fotovoltaico sarà rappresentata dalle tariffe imposte dallo Stato. Quanto alle altre fonti energetiche, è prevista inoltre la progressiva sostituzione dell'incentivazione da certificato verde con un meccanismo feed-in-tariff. A prescindere dalla qualità del sistema normativo, la pecca del contesto italiano è costituita dal susseguirsi di norme e decreti (di Conti Energia se ne contano addirittura quattro) che minano la capacità di budgeting delle aziende e la regolarità dei flussi monetari. Risulta quindi evidente come i sistemi di incentivazione rappresentano nel contesto italiano un forte elemento di incertezza che intralcia lo sviluppo delle nuove tecnologie rinnovabili.
2.2.4 IL COSTO DELLE MATERIE PRIME NEL SETTORE DELLE BIOMASSE
Le centrali a biomasse producono energia elettrica attraverso il calore prodotto dalla combustione di particolari materiali, quali ad esempio il legname, i residui agricoli e particolari specie vegetali coltivate per lo scopo. L'acquisto di queste materie prime rappresenta un costo di produzione variabile. Seppur aventi una variabilità non elevata, questa categoria di costi merita di essere citata come ulteriore driver per la creazione di valore.
2.3 RACCOLTA E ANALISI DEI BILANCI STORICI
Dopo aver scelto le società e individuato le principali variabili che creano valore nel settore, l'analisi si è fatta maggiormente tecnica. Sono stati infatti inseriti su Excel i bilanci delle tre società relativi agli anni 2008, 2009 e 2010. In un apposito foglio di input si è proceduto a scorporare i vari dati di costo e ricavo disaggregandoli nelle varie componenti che li costituiscono. Sono in questo modo stati individuati input fondamentali per la successiva analisi di forward looking quali la capacità installata, il load factor, il prezzo dell'energia, il prezzo del certificato verde e le tariffe di incentivazione. Nel seguente diagramma si evidenziano le varie scomposizioni effettuate con riferimento ai ricavi totali. A tal proposito, i bilanci societari si sono dimostrati ampiamente esaurienti e i dati di input sono stati calcolati con facilità.
Figura 1. Scomposizione ricavi totali
Anche le immobilizzazioni sono state oggetto di scomposizione in quanto l'ammontare delle stesse fornisce le informazioni fondamentali con riguardo all'ammontare degli investimenti (CAPEX) e degli ammortamenti. A differenza dei ricavi però informazioni rilevanti quali le aliquote medie di ammortamento o il costo per MW installato non sono né fornite né ricavabili dai bilanci societari. Di conseguenza, i dati relativi a tali voci sono stati stimati: le informazioni relative alle aliquote medie di ammortamento sono state calcolate come rapporto tra la quota di ammortamento annuo e il costo storico delle immobilizzazioni; i dati riguardanti il costo per l'installazione di un MW per singola tipologia di fonte rinnovabile sono stati invece forniti dal Centro di Ricerca per l'Economia e la Finanza (REF). Nonostante ai fini della analisi storica l'ottenimento di queste tipologie di dati non è rilevante, essi sono propedeutici alla analisi di forward looking.
Figura 2. Scomposizione immobilizzazioni
Stato patrimoniale e conto economico sono poi stati riclassificati secondo un criterio, quello della pertinenza gestionale che classifica le voci di CE ed SP secondo le diverse gestioni che le caratterizzano (operativa, finanziaria, straordinaria). Tale riclassificazione risulta fondamentale al fine di individuare grandezze quali l'EBIT, il capitale circolante commerciale (CCC) e la posizione finanziaria netta (PFN). È stato infine creato un altro prospetto, il rendiconto finanziario, che individua i flussi monetari che saranno oggetto di attualizzazione nelle fasi finali dell'analisi [7]. Oltre alla scomposizione delle grandezze su cui saranno costruiti gli scenari e la simulazione, l'analisi dei bilanci storici ha altri due importanti obiettivi: l'individuazione dei driver che guidano l'andamento delle singole voci di bilancio e l'evidenziazione dei rapporti che legano CE e SP. La scelta attenta dei driver rappresenterà la base per una corretta previsione dell'andamento dei flussi di cassa futuri. Naturalmente questa parte dell'analisi introduce elementi di incertezza legati al fatto che tali driver rappresentano assumption, che seppur ragionevoli, non hanno la caratteristica della certezza. È evidente inoltre che, se per determinate voci, l'individuazione dei driver è esercizio piuttosto semplice (si pensi ai crediti commerciali, ovviamente legati all'ammontare dei ricavi e alla durata media dei crediti stessi), per altre voci, quali ad esempio il “numero dei dipendenti” o i “costi per servizi”, la certezza dell'assumption si fa inevitabilmente più sfocata. In appendice (ALLEGATO A) si propone una tabella con tutti i driver individuati in relazione ai bilanci delle tre aziende. Prima di are alla analisi forward looking, è interessante verificare come le caratteristiche in termini di rischio operativo che caratterizzano il settore siano riscontrabili anche nei bilanci storici delle società. Nella tabella 1 sono riassunti alcuni indici relativi alle tre aziende analizzate utili a comprendere la struttura di rischio del settore. Innanzitutto tutte le società oggetto di analisi presentano un margine di contribuzione crescente, sinonimo del fatto che i costi variabili variano in misura meno che proporzionale rispetto ai ricavi. I costi fissi inoltre incidono sui ricavi circa tre volte in più rispetto ai relativi costi variabili. Questa caratteristica è ovviamente legata all'alto livello di leva operativa che caratterizza il settore.
La conferma che l'investimento iniziale rappresenta il principale flusso in uscita nei progetti legati alla produzione di energia dalle RES è fornita dal fatto che gli ammortamenti risultano la voce di costo decisamente più rilevante giungendo, nei casi di EGP e Alerion a rappresentare addirittura il 50% dei costi totali.
Tabella 1. Indici di “rischiosità operativa”
Margine di contribuzione EGP ERG RENEW ALERION Indici COSTI VARIABILI/RICAVI C. FISSI/RICAVI AMM.TI/TOT. COSTI
2008 100.785.278,65 36.994.000,00 9.151.000,00 EGP 16% 43% 48%
2009 935.728.405,18 47.993.000,00 22.615.000,00 ERG RENEW 8% 66% 32%
Fonte: adattamento di bilanci societari
2.4 ANALISI DI FORWARD LOOKING
L’analisi di forward looking, rimanendo nel solco dell’analisi storica, ha l’obiettivo di stimare i flussi di cassa futuri delle società. Tale analisi è dunque quella che più delle altre si espone al rischio che i valori di bilancio individuati dall’analista non corrispondano ai valori che effettivamente si realizzeranno in futuro. Tanto più vale questo discorso nell’incerto contesto delle rinnovabili. La stima dei flussi futuri pone la necessità di formulare assumption su particolari dati di natura operativa e finanziaria. In concreto, questo paragrafo è finalizzato a specificare tutte le fasi intermedie dell’analisi di forward looking comuni ai due modelli valutativi. Si vogliono, dunque, illustrare tutte le assumption effettuate sulle grandezze che determinano i flussi monetari, spiegare le motivazioni che hanno portato alla loro definizione ed evidenziare qual è il modello di base utilizzato per il calcolo del valore aziendale. Per chiarezza espositiva, nello illustrare le assumption effettuate, si segue lo schema classico del rendiconto finanziario.
Tabella 2. Schema di rendiconto finanziario
2.4.1 LE ASSUMPTION EFFETTUATE
Seguendo dunque lo schema di rendiconto finanziario, in primis occorre spiegare le assumption effettuate sui ricavi operativi. Nella fase di raccolta dei bilanci, tali ricavi sono stati scomposti in una serie di voci quali il “prezzo dell’energia”, il “load factor”, la “capacità installata” e il “prezzo e la quantità degli incentivi”. Tranne che per il caso della capacità installata su cui si tornerà più avanti, le altre voci assumono andamento fortemente variabile (si veda paragrafo 3.2). A causa di tale variabilità, queste grandezze rappresentano le più complicate assumption da effettuare per stimare l’entità dei flussi futuri. L’aleatorietà che contraddistingue ciascuna delle variabili dei ricavi operativi viene inserita nei due modelli di valutazione in modo diverso: nel caso dell’analisi di scenario si individuano tre combinazioni di variabili (scenari low, reference e high) in base alle quali si calcola il valore dell’azienda; nel caso invece della Simulazione Montecarlo si individuano distribuzioni di probabilità per ciascuna variabile. Per i dettagli riguardanti gli scenari e le distribuzioni si rimanda al capitolo 3 in cui l’analisi si sdoppia nei due modelli valutativi utilizzati. Rimanendo tra le variabili che influenzano i ricavi operativi, sono necessarie altre tre assumption riguardanti la quantità di energia sottoponibile a CV, il load factor e la capacità installata: 1) nei bilanci storici la quantità di energia sottoponibile a CV è sostanzialmente uguale alla quantità di energia prodotta. Ciò significa che gli impianti sono tutti classificati come IAFR. EGP rappresenta l’eccezione in quanto buona parte della capacità installata in idroelettrico e geotermico non possiede la qualifica IAFR. Ciò comporta che al 2010 solo il 20% dell’energia prodotta da idroelettrico e geotermico sia sottoponibile a incentivazione. L’assumption effettuata prevede che gli impianti installati dal 2011 in poi siano tutti classificati come IAFR e, dunque, che la produzione relativa a tale capacità installata sia totalmente incentivata. 2) Essendo il load factor il numero medio di ore di funzionamento per MW installato, l’ammontare di tali ore dipende, oltre che dai fattori meteorologici, anche dal periodo dell’anno in cui gli impianti entrano in funzione.
Matematicamente, il load factor all’anno t è pari alla media delle ore di funzionamento degli impianti ponderata per la capacità installata a cui le ore di funzionamento fanno riferimento.
In formule:
È ovvio che la capacità installata durante l’anno “lavorerà” mediamente per un numero di ore inferiore rispetto agli impianti installati in esercizi precedenti comportando cosi una riduzione del load factor all’anno t. L’assumption effettuata per risolvere, anche se in modo parziale, questo problema consiste nell’ipotizzare che i “nuovi” impianti entrino in funzione a metà anno e che dunque le ore di funzionamento di tali impianti sia la metà del load factor annuale (nella formula, il fattore x si considera pari a 0,5). 3) Quanto alla capacità installata, al fine di ottenere i dati futuri circa la stessa, è stata necessaria la consultazione dei piani industriali delle società descritti nelle presentazioni societarie [8] e negli equity report di Borsa Italiana. Mentre nei casi di Erg e Alerion le società hanno fornito le previsioni di capacità installata relative a ciascuna tecnologia per il quinquennio 2011-2015, per EGP non sono disponibili i dettagli per ciascuna tecnologia relativi alla “divisione Italia”. Le presentazioni agli investitori indicano, infatti, gli obiettivi circa il totale di capacità da installare in Italia senza scorporare la stessa tra le varie tecnologie. In realtà, la società fornisce indirettamente tali dati spiegando che per l’idroelettrico non sono previsti aumenti di capacità installata, per il geotermico e l’eolico si vogliono mantenere costanti i tassi di crescita della stessa mentre per il fotovoltaico è prevista una crescita a tassi crescenti; avendo a disposizione le previsioni di capacità installata complessiva e i tassi di crescita della stessa per singola tecnologia, risulta semplice il calcolo della capacità installata relativa ad ogni tipo di fonte energetica. La tabella sottostante fornisce i dettagli relativi ai piani industriali delle tre società; è evidente come EGP, oltre ad essere la società con la maggiore capacità installata al 2010, è anche la più ambiziosa in termini di crescita della stessa nel quinquennio successivo.
ando ai costi monetari, la totalità dei flussi di costo futuri sarà legata ai driver individuati nella analisi storica. È in questo modo evidente la propedeuticità dello studio dei bilanci storici ai fini della valutazione. Di particolare rilevanza, è la stima costo per la produzione di biomasse nel caso della società Alerion. Come per le variabili critiche dei ricavi operativi, anche per il costo della biomassa sono stati ipotizzati tre scenari nel caso dell’analisi di scenario e una distribuzione di probabilità nel caso della simulazione. Per il calcolo dei flussi di cassa della gestione corrente (FCFGC) è fondamentale ottenere i dati futuri dei costi non monetari (ammortamenti e svalutazioni) e delle imposte correnti. Tali costi sono stati stimati calcolando le aliquote medie fiscali e d’ammortamento storiche e ipotizzandole costanti come confermato dai bilanci del triennio 2008-2010. Il calcolo dei delta-CCC è conseguenza della stima delle voci facenti parte di attività e ività correnti (anch’essa effettuata attraverso l’identificazione dei relativi driver, si veda allegato). L’ultima categoria di assumption è rappresentata dalle ipotesi fatte sul costo degli investimenti (CAPEX). Ad ogni MW di capacità installata corrisponde un costo dell’investimento variabile a seconda del tipo di tecnologia che si intende installare. L’identificazione dei costi degli investimenti è un aggio cruciale dell’analisi del settore in quanto gli stessi rappresentano i principali costi di produzione energetica. A riguardo, le società non forniscono i dati relativi al costo per MW installato differenziati per tipo di tecnologia limitandosi, al contrario a differenziare gli investimenti in base al tipo di immobilizzazione in cui si investe (fabbricati, impianti, attrezzature etc…). I dati stimati sono stati perciò forniti dal centro REF e indicati nella tabella sottostante.
Attraverso i costi unitari di investimento è possibile calcolare gli investimenti di ciascun periodo moltiplicando tali costi unitari per il delta-capacità installata del periodo. Attraverso questo metodo è stata quindi individuata la capital expenditure (CAPEX) futura delle tre società in questione.Con riferimento a questa assumption, è tuttavia importante sottolineare come a fronte di investimenti effettuati nel corso dell’esercizio sia possibile che la relativa capacità installata sia operativa solo in esercizi successivi (il periodo di installazione oltrea il 31/12/XX). I piani industriali non forniscono le informazioni circa il momento in cui l’investimento viene effettuato, registrando al contrario, la capacità installata solo al momento dell’operatività della stessa. Per questa motivazione, utilizzando il metodo di stima dei CAPEX annui descritto, si incorre nel rischio di sotto-stima dell’ammontare dell’investimento negli esercizi in cui si comincia ad installare nuova capacità produttiva senza che la stessa sia ancora operativa. Allo stesso modo si sovra-stimano gli investimenti negli esercizi in cui la stessa capacità diventa operativa. Si ritiene comunque che in un arco di cinque anni, le sotto-stime e le sovra-stime degli investimenti si compensino e che dunque tale inconveniente sia del tutto marginale. Per chiarire il concetto si fornisce un esempio: Enel Green Power ha in progetto di installare nel 2015 un nuovo parco eolico di 10 MW. Tuttavia, l’esborso totale e l’avviamento dell’installazione avvengono nel 2014. In questo caso, l’investimento di circa 23 milioni (10*2,3milioni) dovrebbe correttamente essere iscritto tra i CAPEX del 2014. L’analista, non avendo abbastanza informazioni a riguardo del momento in cui i flussi avranno luogo, inserirà i 23 milioni di CAPEX nel 2015 (anno in cui la capacità installata diventa operativa).
Più che a un problema di entità dei flussi, la posticipazione dei CAPEX comporta un minore valore attuale degli stessi e dunque una sovrastima del DCF; dato il grosso impatto dei flussi di investimento sul DCF delle aziende che operano nel rinnovabile, tale sovrastima rappresenta un fattore che tende a gonfiare il valore creato dalle aziende.
2.4.2 SPECIFICHE SULL’ALGORITMO DCF UTILIZZATO
Dopo aver impostato le assumption necessarie ed aver quindi identificato i flussi delle attività operative, l’analisi si scorpora nei due modelli valutativi utilizzati. Prima di questo ulteriore aggio è opportuno indicare le principali caratteristiche della funzione VAN impostata per il calcolo dell’Enterprise Value. La funzione utilizzata prevede l’attualizzazione degli FCFO relativi al quinquennio 2011-2015 ad un determinato tasso di sconto k diverso a seconda del modello valutativo utilizzato. A questi flussi si aggiunge un Terminal Value (TV) inteso come rendita perpetua di un flusso finale ipotizzato costante.
L’utilizzo di un modello quinquennale deriva da un lato dalla difficoltà nel prevedere i piani industriali delle società oltre il 2015 (le società forniscono i propri dati per il quinquennio 2011-2015) e dall’altro alla luce della estrema variabilità di input quali i prezzi energetici e le strategie di incentivazione oltre il periodo utilizzato. Il flusso che caratterizza il TV è stato ottenuto imponendo l’uguaglianza di investimenti e CAPEX. Con riferimento al tasso di crescita del FCFO del TV, la presenza di margini di contribuzione crescenti (come dimostrato dai dati storici) renderebbe la scelta di un TV “steady growth” più appropriata rispetto a quella di un TV “steady state”. In particolare, sarebbe corretto ipotizzare flussi crescenti per T anni ad un particolare tasso g e una perpetuity da T a +∞ di tipo “steady state”. Nonostante questo, si è deciso di utilizzare un Terminal Value “steady state” ipotizzando quindi nullo il tasso di crescita dei flussi. L’utilizzo di una rendita a flussi costanti per il calcolo del TV produce una sottovalutazione del valore delle aziende. Tale scelta è voluta, essendo l’obiettivo di questo lavoro, quello di valutare se, anche in condizioni negative, l’EV risulta positivo.
CAPITOLO 3 -ANALISI EMPIRICA, I DUE MODELLI VALUTATIVI
La valutazione si sdoppia ora nei due modelli valutativi utilizzati. Ognuna delle prossime sezioni (divise per modello valutativo) è composta da due paragrafi in cui si illustrano gli ultimi step intermedi della valutazione specifici dei due modelli: nel primo paragrafo si procede ad individuare i valori che possono assumere le variabili input [9] e si descrive il processo di definizione del tasso di sconto k. Nel secondo si descrivono e si commentano i risultati ottenuti da ciascun modello valutativo.
3.1 ANALISI DI SCENARIO
3.1.1 DEFINIZIONE DEGLI SCENARI E CALCOLO DEL TASSO DI SCONTO
L’analisi di scenario prevede la definizione di particolari combinazioni di variabili che definiscono tre scenari: - lo scenario LOW, che rappresenta la peggior contingenza in cui le aziende potrebbero trovarsi; - lo scenario REFERENCE, che identifica la combinazione di variabili che si ritiene essere più realistica; - lo scenario HIGH, che si ottiene ipotizzando una combinazione di variabili particolarmente favorevole alle aziende. Di seguito si procede con la definizione dei valori associati alle principali variabili input. Con riferimento ai prezzi dell’energia e del certificato verde è stato in primis definito il “livello di o totale alle rinnovabili”. In particolare, è stata supposta la tendenziale decrescita di tale o nel quinquennio 2011-2015 come mostrato nel grafico sottostante.
grafico 1. Livello di o totale alle rinnovabili (E/MWH)
Fonte: dati REF
È stato quindi stimato l’andamento dei prezzi dell’energia e ottenuti i prezzi dei certificati verdi sottraendo il prezzo dell’energia dal livello di o totale.
A differenza dei prezzi dei CV, l’andamento delle tariffe di incentivazione al fotovoltaico non sono state oggetto di scenarizzazione essendo l’ammontare dell’incentivo pianificato dallo stato. Di seguito, si forniscono le tariffe unitarie del conto energia:
Il load factor rappresenta l’altra variabile oggetto di stima. Sono state, a tal proposito, effettuate tre ipotesi di load factor annuale con riferimento a ogni tipo di energia. Queste ipotesi andranno poi “aggiustate” in funzione del momento dell’entrata in funzione degli impianti (a tal riguardo, si veda l’assumption effettuata nel paragrafo 3.4.1).
L’ultima variabile soggetta alla definizione di scenario è il costo della biomassa; a tal proposito sono stati formulati i seguenti tre scenari circa tale costo:
L’ultimo aggio necessario consiste nel calcolo del tasso a cui scontare gli FCFO del modello DCF base. Nel caso dell’analisi di scenario, il tasso di sconto dovrà essere espressivo sia del valore finanziario del tempo, sia del rischio a cui le società sono soggette. È dunque necessaria la stima del Weight Average Cost of Capital (WACC). Tale stima non è affatto semplice da effettuare e costituisce un forte elemento di arbitrarietà nelle mani dell’analista. Per stimare il WACC occorre calcolare il rendimento richiesto da equity e debito (rispettivamente ke e kd). >1) Per l’individuazione del ke sono stati utilizzati gli adjusted Beta dei comparable delle tre aziende italiane [10]. Sono stati considerati comparable le aziende oggetto di comparazione nell’IPO report di EGP: Iberdrola, EDF energies nouvelles, EDP renovaies.
La motivazione che ha spinto alla scelta dei Beta comparable (e non di quelli societari) è stata obbligatoria per ERG Renew, essendo, delle tre aziende, l’unica non quotata; la stessa scelta è stata fatta anche per le altre due società a causa della scarsa significatività dei propri Beta. EGP, in particolare, essendo quotata solo dal novembre 2010, presenta un numero troppo basso di rendimenti per poter definire robusto il suo Beta. Essendo quelli dei comparable Beta “levered”, è necessario il processo di unlevering degli stessi. È stato dunque calcolato il rapporto PFN/E dei tre comparable e individuati quindi i Beta “unlevered”.
Indi, il Beta unlevered utilizzato per le tre società oggetto di valutazione è stato ottenuto come media dei tre beta unlevered dei comparable.È a questo punto necessario il calcolo dei beta relevered sulla base dei rapporti PFN/E obiettivo di ogni società relativi al quinquennio 2011-2015.
Avendo a disposizione questi dati si può calcolare il ke come somma del tasso risk free (rf) e del prodotto tra il Market Risk (MRP) e il Beta relevered. Il MRP è stato stimato pari al 5% mentre per la stima di rf è stata utilizzata la curva a termine dei tassi Euribor forward a un anno:
2) Quanto al calcolo di kd è stato individuato il “debt risk ” come differenza al 31/12/2010 tra il costo medio del debito e il tasso risk free. Questa differenza è stata quindi ipotizzata costante per il periodo d’analisi. Il costo futuro del debito è stato quindi stimato come somma tra il tasso EURIBOR 12 e il debt risk .
Il WACC sarà dunque pari alla media ponderata del costo di debito ed equity tenuto conto del vantaggio fiscale del debito. Di seguito si riportano dunque i WACC a cui saranno scontati i flussi nel periodo 2011-2015.
Avendo definito tutte le assumption effettuate ed individuato tutti i WACC delle tre aziende è possibile ottenere i flussi di cassa operativi nonché procedere all’attualizzazione degli stessi. Possono quindi dirsi concluse le fasi intermedie della valutazione per quanto riguarda il primo modello valutativo.
3.1.2 I RISULTATI
La tabella sottostante evidenzia il valore delle tre aziende secondo l’analisi di scenario.
L’analisi di scenario offre indicazioni particolarmente interessanti. Innanzitutto è evidente come anche nell’ipotesi peggiore (scenario LOW) le tre aziende continuano ad avere un DCF positivo: questo fattore induce a pensare che il settore crei valore e che dunque le aziende siano meritevoli di investimento. Una analisi più attenta favorisce inoltre un’altra considerazione. Sulla base delle misure di variabilità riassunte nella tabella è evidente come il coefficiente di variazione e il range siano inversamente proporzionali alle proiezioni di capacità installata al 2015. Questa evidenza conferma il fatto che, se sottoposte a stress, quali ad esempio, riduzioni dei prezzi energetici, modifiche svantaggiose dei piani di incentivazione, sotto-produzione degli impianti e aumento nei costi di produzione, le aziende che soffrono maggiormente sono quelle aventi maggiore capacità installata e quindi più rigide.
Nota 11. La media dei tre scenari è stata calcolata come media aritmetica in quanto l’associazione una distribuzione di probabilità ai tre scenari al fine del calcolo del valore atteso risulta un processo del tutto artificioso.
Riassumendo, occorre sottolineare che alla luce della estrema rigidità operativa del settore, particolari shock nelle variabili cruciali producono forti variazioni sul valore delle aziende; nonostante questo, le aziende anche nello scenario peggiore (e alla luce della restrittività delle ipotesi fatte sui flussi) continuano ad avere DCF positivi rimanendo quindi buoni investimenti. Come già ampiamente motivato nel capitolo 2, si può ritenere che questo modello valutativo non risulti particolarmente indicato all’incerto contesto delle rinnovabili. Infatti, seppur si possa con buona approssimazione affermare che lo scenario REFERENCE rappresenti lo scenario maggiormente probabile, si è deciso di non assegnare una distribuzione di probabilità ai singoli scenari in quanto tale scelta sarebbe stata fortemente condizionata dall’arbitrio. Oltretutto, i valori di EV risultanti dalla valutazione rappresentano gli output della funzione DCF ottenuti utilizzando solo tre delle infinite combinazioni di variabili input possibili. Proprio per queste motivazioni, il lavoro prevede l’utilizzo di un altro strumento, la simulazione Montecarlo, maggiormente adatto al contesto delle energie rinnovabili.
3.2 SIMULAZIONE MONTECARLO
3.2.1 DEFINIZIONE DELLE DISTRIBUZIONI DI PROBABILITA’ SULLE VARIABILI INPUT E CALCOLO DEL TASSO DI SCONTO
Dopo aver modificato i fogli di lavoro in modo da renderli congeniali all’impostazione della simulazione, è necessario definire le modalità e i valori con cui le singole variabili input si distribuiscono. Questo aggio rappresenta infatti il primo e più importante step della simulazione Montecarlo. Partendo dai prezzi dell’energia sono state definite per ogni anno distribuzioni di tipo triangolare sulla base dei dati REF. Per tracciare una distribuzione triangolare sono necessari tre parametri: il valore minimo, il valore modale e il valore massimo (si veda FIGURA C.1 in allegato). La distribuzione associa probabilità più alta al valore modale e probabilità “zero” ai valori minimo e massimo.
Con riferimento agli incentivi non è stata necessaria l’effettuazione di alcuna ipotesi sulle modalità con cui gli stessi si distribuiscono. Infatti, da un lato le tariffe di incentivazione del fotovoltaico sono pianificate dallo Stato, dall’altro i prezzi dei certificati verdi assumono una propria distribuzione “di riflesso” a quella dei prezzi energetici, stanti i livelli di o statali. Oggetto di importanti assumption è invece il load factor associato alle diverse tecnologie. A tal proposito, sono state definite distribuzioni di tipo diverso a seconda del tipo di fonte energetica. Nel caso della capacità installata in idroelettrico, fotovoltaico ed eolico sono state utilizzate distribuzioni normali a causa dell’estrema incertezza delle ore di funzionamento della stessa (si veda FIGURA C.2 in allegato). Per la definizione della curva normale è stato necessario definire la media e la deviazione standard per ogni tipo di tecnologia. Le stesse distribuzioni normali sono però state troncate in particolari valori in quanto si ritiene che la variabile input non possa assumere realizzazioni più estreme: Con riferimento all’idroelettrico la distribuzione è stata troncata in μ-2σ e μ+2σ in quanto nel triennio 2008-2010 il load factor dell’idroelettrico non assume valori maggiori. In più, stante la normalità della funzione, si può affermare con certezza che il 95% della distribuzione rientra in questo intervallo. A riguardo di eolico e fotovoltaico si è assunto che la distribuzione assuma valori minimi e massimi rispettivamente in μ-2σ e μ+3σ. Il limite destro differisce rispetto alla media in misura maggiore rispetto al limite sinistro in quanto il tendenziale riposizionamento delle pale eoliche e dei pannelli fotovoltaici in luoghi sempre più “strategici” comporta il fatto che la ventosità o l’irraggiamento possano differire positivamente dalla media in misura consistente. Prendendo come esempio il fotovoltaico, l’Italia sta osservando un progressivo riposizionamento dei pannelli volto a sfruttare il maggior irraggiamento medio del Sud-Italia (si veda figura in basso). Per assurdo, al 2010 il Nord rappresenta ancora la macro-regione italiana con un numero di impianti e potenza installata maggiore. La Lombardia rappresenta il benchmark di riferimento con circa 23700 impianti anche se in termini di capacità installata la Puglia ha assunto negli ultimi quattro anni il ruolo di leader con 690 MW installati (i dati sono stati ottenuti tramite l’uso del software “Qlik” utilizzato dal
GSE).
Figure 1 (A-B-C): distribuzione geografica del numero di impianti, della capacità installata e dell’irraggiamento medio - (Fonte: Qlik)
Di seguito si propone una tabella riassuntiva contenente la media, la varianza e i troncamenti dei load factor di idroelettrico, eolico e fotovoltaico.
Fonti energetiche quali le biomasse e il geotermico hanno caratteristiche diverse rispetto alle altre RES. Tali tecnologie infatti, sono contraddistinte da un più alto numero di ore di funzionamento nonché da una maggiore regolarità nella produzione energetica. Tutto ciò si traduce in una diversa distribuzione di probabilità con una minore densità di probabilità associata ai valori estremi; con riferimento a queste tecnologie sono state infatti definite distribuzioni di tipo triangolare in quanto la probabilità associata a minimo e massimo è nulla (anche alla luce dei dati storici) ed è disponibile il valore modale fornito dal centro REF.
Naturalmente, per tutte le tecnologie, il load factor va “aggiustato” in funzione dell’assumption effettuata nel paragrafo 3.4.1 circa il momento in cui il deltacapacità installata entra in funzione. L’ultima importante voce la cui variabilità induce a definire una apposita distribuzione di probabilità è il costo della biomassa. A tal proposito è stata utilizzata la distribuzione triangolare riassunta nella tabella sottostante.
Come nell’analisi di scenario, anche nella simulazione Montecarlo il aggio finale necessario all’ottenimento di tutte le grandezze utili al calcolo degli FCFO attualizzati consiste nel calcolo del tasso di sconto k. Tuttavia, a differenza dell’analisi di scenario il tasso k deve essere rappresentativo esclusivamente del valore finanziario del tempo e non più, dunque, del rischio aziendale. A riguardo, i tassi risk free hanno la caratteristica di essere rappresentativi del solo valore finanziario del tempo. Il tasso EURIBOR 12 rappresenta una buona approssimazione del risk free, motivo per cui è stato scelto proprio il tasso interbancario per l’attualizzazione dei flussi. Negli ultimi dieci anni l’EURIBOR ha assunto andamento fortemente volatile (arrivando più volte a sfondare il noto “corridoio di tassi”) a causa delle numerose crisi che a partire dal 2000 stanno interessando l’economia mondiale. A causa di tale variabilità, è stato necessario ipotizzare anche per il tasso di interesse k una distribuzione di frequenze per ogni anno del quinquennio 20112015. Sono stati dunque raccolti i dati relativi all’EURIBOR 12 dal 2000 ad oggi. Il box plot di fianco mostra le principali caratteristiche della distribuzione storica dell’EURIBOR 12. È evidente come la coda superiore sia più lunga di quella inferiore. Oltretutto, la media interquartile (3,2) è maggiore della mediana (3). Queste evidenze sottolineano come la distribuzione dell’EURIBOR 12 assuma andamento obliquo a destra. Proprio l’asimmetria a destra della funzione “lognormal” (si veda FIGURA C.3 in allegato) fa si che la stessa possa essere considerata quella che meglio riesce ad approssimare la distribuzione storica dei tassi EURIBOR.
Grafico 3. Box plot EURIBOR 12 storico
Per definire la distribuzione lognormal sono necessari dati quali media e deviazione standard. Con riferimento alla media è stata utilizzata la curva a termine dei tassi forward dal 2011 al 2015 già utilizzata per il calcolo del debt risk nell’analisi di scenario.
La deviazione standard utilizzata è invece quella dell’EURIBOR 12 storico. Ovviamente anche la funzione lognormal risultante va troncata in quanto il tasso di sconto da un lato non può assumere valori negativi, dall’altro risulta molto difficile che possa assumere valori troppo più grandi della media. Si è deciso quindi di troncare la distribuzione nei valori di minimo e il massimo storici (si veda tabella) in quanto, viste le numerose contingenze sfavorevoli degli ultimi 10 anni, risulta assai difficile che i tassi possano superare tali valori estremi. Inserite su EXCEL le diverse distribuzioni tramite il software Crystal Ball e selezionata come funzione obiettivo la somma dei flussi attualizzati si può quindi are al lancio della simulazione per le singole aziende. A tal fine si è impostato in 100 mila il numero di scenari che il software dovrà generare. L’output della simulazione è rappresentato da un report indicante oltre alle principali caratteristiche della stessa in termini di assumption effettuate e numero di trials, anche misure di tendenza centrale (media e percentili) e di variabilità (range, deviazione standard, skewness, curtosi) volte a sintetizzare i risultati ottenuti. Tramite queste misure di sintesi si possono dunque descrivere le principali caratteristiche della funzione secondo cui si distribuiscono le 100 mila iterazioni calcolate.
3.2.2 I RISULTATI
Simulando le diverse combinazioni di input possibili, il software ha prodotto 100 mila Enterprise Value che si distribuiscono secondo una particolare distribuzione di frequenze. Di seguito si forniscono i principali dati di sintesi relativi alle tre aziende utili a stimolare alcune considerazioni circa il valore delle tre aziende e più in generale del settore.
Con riferimento alle misure di tendenza centrale è opportuno sottolineare che il valore delle aziende risulta positivo in ogni possibile circostanza (scenario) dettata dalle distribuzioni degli input. Ciò significa che, anche in condizioni estremamente negative a riguardo di grandezze quali i prezzi dell’energia, il load factor (e quindi la quantità di energia prodotta) e il costo di produzione, le aziende genereranno flussi di cassa attualizzati positivi. Ciò evidenzia come queste aziende rappresentino buone opportunità di investimento. Il fatto che la media sia superiore alla mediana suggerisce inoltre che la distribuzione dei DCF non segua andamento normale e, anzi, sia decisamente obliqua a destra. Questa osservazione è confermata da misure di variabilità quali la curtosi e la skewness (asimmetria). La curtosi, sostanzialmente costante per le tre aziende, evidenzia come si possa rifiutare l’ipotesi di normalità delle distribuzioni che, invece, risultano essere leptocurtiche. L’asimmetria a destra è invece confermata dalla positività dell’indice di skewness. Quanto alla deviazione standard e al coefficiente di variazione, è importante sottolineare come, nel caso della simulazione Montecarlo, non sia rilevabile la maggiore rischiosità operativa di EGP rispetto alle altre due aziende. Tale maggiore rischiosità si sarebbe dovuta tradurre in un maggior coefficiente di variazione e sarebbe stata giustificata dal più alto grado di rigidità operativa di EGP (leggasi, maggiore capacità installata); tuttavia, il coefficiente di variazione è sostanzialmente costante per le tre aziende e il grafico dimostra come gli enterprise value rispettivamente di EGP, ERG RENEW e ALERION si distribuiscano nello stesso modo. Sulla base di queste osservazioni si potrebbe erroneamente concludere che la rischiosità operativa delle tre aziende sia la stessa. In realtà, rimane vero il fatto che la rischiosità operativa di EGP è più alta rispetto alle altre due aziende, ed è oltretutto inconfutabile che l’aumento della rischiosità operativa, ceteris paribus, produce maggiori perdite/guadagni potenziali e quindi, in ultima analisi, maggiore variabilità degli EV. In realtà, l’invariabilità dei coefficienti di variazione è dovuta al combinarsi di due effetti di segno opposto: da un lato, il suddetto incremento della rigidità operativa che impatta negativamente sull’EV, dall’altro, la diversificazione delle fonti energetiche rinnovabili che produce maggiore capacità di resistenza a particolari contingenze negative. Per un maggiore approfondimento di quest’ultima tematica si rimanda al prossimo paragrafo in cui si propone un
disaster case puramente teorico caratterizzato da assenza di incentivazione.
Grafico 4. Distribuzione di frequenza EV di EGP, ERG e ALERION
3.3 CONFRONTO DEI RISULTATI TRA I DUE STRUMENTI VALUTATIVI E DISASTER CASE
Nonostante la forte differenza concettuale che contraddistingue i due strumenti valutativi, i risultati della valutazione secondo l’analisi di scenario e la simulazione Montecarlo presentano un importante punto di incontro. Sia per l’uno che per l’altro strumento, il valore delle aziende rimane sempre positivo anche nelle circostanze più sfavorevoli. Partendo da questo punto di incontro, le conclusioni a cui si può giungere guardando ai risultati delle due valutazioni sono però molto diverse. Innanzitutto la simulazione Montecarlo fornisce valori di EV medi più alti; addirittura, i valori di EV medi delle tre aziende ottenuti mediante la simulazione risultano più elevati dell’EV, caso HIGH, dell’analisi di scenario. In più, guardando ai percentili di EV forniti dalla simulazione è evidente come sia alta la probabilità che il valore delle tre aziende risulti nettamente maggiore della media. Infatti, più del 40% degli scenari generati dalla simulazione offrono un EV più alto della media (si veda tabella B in allegato). Ciò è confermato dalla “lunghezza” e dalla “pesantezza” della coda destra delle tre distribuzioni di cui al grafico 4. Se, dunque, alla luce di quanto esposto nel capitolo 1, si ritiene che la simulazione Montecarlo sia uno strumento valutativo che meglio si adatta a contesti fortemente incerti come quello delle energie rinnovabili, si può giungere alla conclusione che l’analisi di scenario sottovaluti il valore di queste aziende. Guardando alla variabilità del valore aziendale, risulta oltremodo chiaro come la simulazione fornisca un range di valori più ampio rispetto all’analisi di scenario. Questa evidenza è la naturale conseguenza del fatto che la simulazione produce combinazioni di variabili estreme che l’analisi di scenario non contempla. Un dato è a tal proposito rilevante: il maggior range è dovuto esclusivamente alla notevole lunghezza delle code destre e cioè alla presenza di EV nettamente superiori alla media; infatti, l’asimmetria delle tre distribuzioni rende evidente come le code sinistre non risultino altrettanto lunghe e pesanti. A tal proposito, i dati di sintesi dei due modelli valutativi presentano valori di EV minimi molto
simili. Questo dato costituisce un ulteriore punto di incontro dei due modelli che conferma come i DCF di queste aziende risultino positivi anche “stressando” le ipotesi sulle variabili. Focalizzandosi ancora sulla variabilità dell’EV, è chiaro come nel caso della simulazione risulti meno evidente uno dei risultati dell’analisi di scenario: la conferma del concetto teorico della stretta relazione tra rigidità e rischiosità aziendale. Questa relazione era stata confermata nell’analisi di scenario attraverso la verifica della diretta proporzionalità tra capacità installata e coefficiente di variazione. Contrariamente all’analisi di scenario la simulazione produce coefficienti di variazione sostanzialmente costanti tra le tre aziende. Tuttavia tale costanza, come già accennato nel capitolo precedente, non va motivata con l’assenza di relazioni tra rischio operativo e rigidità. Al contrario l’invariabilità dei coefficienti di variazione è conseguenza di due effetti che impattano in segno opposto sul valore aziendale: 1) la relazione positiva tra rigidità e rischiosità (a conferma dei risultati prodotti dall’analisi di scenario): questa relazione fa si che un azienda come EGP produca, rispetto ad aziende meno rigide, riduzioni degli FCFO (e quindi dell’EV) in termini assoluti maggiori in presenza contingenze sfavorevoli; 2) la relazione negativa tra diversificazione e rischiosità (evidenza che non si riesce a cogliere nell’analisi di scenario): la diversificazione nella produzione di energia da fonti diverse, ed in particolare, l’affiancamento di tecnologie più mature e regolari (quali biomasse, geotermico e idroelettrico) a tecnologie non ancora competitive ma con forti tassi di sviluppo (si pensi all’eolico e al fotovoltaico), comporta una maggiore capacità di resistenza e quindi una minor perdita di valore in contingenze particolarmente sfavorevoli. Tra le tre aziende, EGP è quella che meglio diversifica producendo energia da un portafoglio in cui a tecnologie non ancora competitive, come eolico e fotovoltaico, si affiancano due tecnologie più mature quali geotermico e idroelettrico. Tale caratteristica è presente, in misura meno netta, anche in ALERION, che produce energia da eolico, fotovoltaico e biomasse. Essendo focalizzata sul comparto eolico, ERG rappresenta l’azienda che più di tutte “soffrirebbe” della mancata diversificazione. Le due relazioni producono dunque due effetti opposti sulla variabilità dell’EV in quanto mentre la relazione rigidità-rischiosità comporta, per le aziende più rigide, un aumento della variabilità dell’EV, la relazione diversificazione-
rischiosità tende a frenare tale variabilità per le aziende che meglio diversificano. Concentrandosi sulle tre aziende oggetto di studio, si può affermare che se da un lato la maggiore rigidità di EGP produce maggiore variabilità rispetto alle altre tre aziende, tale variabilità viene però efficacemente limitata dalla buona diversificazione tecnologica messa in atto. A conclusione del lavoro è stato ipotizzato un disaster case di carattere prettamente teorico in cui le aziende non possono né compravendere certificati verdi, né usufruire delle tariffe incentivanti del Conto Energia. In parole povere, sono stati eliminati tutti i vantaggi legati all’incentivazione rendendo quindi EGP, ERG e ALERION aziende del tutto simili ai produttori di energia da fonte tradizionale. Sulla base di questa contingenza fortemente negativa è stata lanciata nuovamente la simulazione Montecarlo con il fine di valutare se ed eventualmente quali aziende continuano a creare valore anche nelle condizioni “di mercato” in cui, cioè, lo Stato non interviene per eliminare le esternalità prodotte dalle aziende. Di seguito si propongono i risultati maggiormente rilevanti.
L’EV medio e mediano delle tre aziende è pressoché sempre negativo, sinonimo del fatto che il settore non reggerebbe in caso di totale assenza di incentivazione. Tuttavia, guardando ai percentili, si può notare come, se nei casi di ALERION ed ERG il valore aziendale è nel 90% degli scenari generati negativo, nel caso di EGP dal 50esimo percentile in poi l’EV aziendale risulta invece positivo (si veda TABELLA B in allegato). Questo dato sembra confermare la maggiore capacità di “resistenza” a contesti particolarmente sfavorevoli (su tutti, la totale assenza di incentivi) delle aziende che presentano un portafoglio di fonti ben diversificato.
Grafico 5. Distribuzioni EV disaster case di EGP,ERG e ALERION
A tal proposito, è opportuno precisare che, a differenza del caso standard, al fine di valutare la rischiosità aziendale il coefficiente di variazione rappresenta un indicatore fuorviante, ancorché valido. Guardando infatti a questo indice si potrebbe semplicisticamente concludere che ERG rappresenta l’azienda meno rischiosa essendo il suo coefficiente di variazione più basso rispetto alle altre due aziende (si veda TABELLA 23). Una più attenta analisi delle tre distribuzioni fornisce tuttavia risposte diverse. Infatti, rimanendo a distanza dal senso comune, è importante sottolineare quanto sia sbagliato associare al rischio una valenza prettamente negativa (si veda capitolo 1). A tal proposito, le tre aziende presentano un profilo di rischio di tipo ben diverso: se da una parte il rischio aziendale di EGP, così come accadeva nel “caso standard”, non sembra essere un “rischio negativo” in quanto gran parte della variabilità è spiegata dalla pesantezza della coda destra della distribuzione, dall’altra, il disaster case comporta, rispetto al caso standard, un forte cambiamento nell’andamento delle distribuzioni degli Enterprise Value di ALERION ed ERG. In particolar modo, nel caso di ERG, l’assenza di incentivi causa addirittura l’inversione del segno dell’asimmetria producendo dunque una coda sinistra più pesante rispetto a quella destra. Alla luce di questo, il rischio di ERG può essere considerato un rischio perlopiù negativo. Risulta dunque evidente come il minor coefficiente di variazione di ERG rispetto alle altre due aziende non vada assolutamente inteso come sinonimo di migliore capacità della stessa nel fronteggiare scenari sfavorevoli. Vista la parziale inadeguatezza del coefficiente di variazione, al fine di valutare l’impatto del disaster case sul valore delle aziende è stata calcolata la perdita percentuale rispetto al caso standard. Questa misura rende ancora una volta del tutto evidente come la diversificazione abbia effetto benefico sulla parte “negativa” del rischio. La perdita di EV minore si registra infatti per EGP, l’azienda che, tra le tre, presenta il portafoglio meglio diversificato. Al contrario ERG, focalizzata sull’eolico, rappresenta l’azienda con la maggior perdita percentuale. Per concludere, si può notare come la buona diversificazione impatti sul valore aziendale in misura più che proporzionale rispetto all’alto grado di rigidità operativa. Infatti, in assenza dell’effetto legato alla diversificazione, EGP, essendo l’azienda più “rigida” sarebbe dovuta incorrere in perdite percentuali ed assolute maggiori rispetto alle altre due. Se ciò non accade è proprio per merito
della buona diversificazione messa in atto dall’azienda. Sono rilevanti a tal proposito le parole del CEO di EGP Starace che sottolinea che “il mercato sta premiando le società che, come Enel, hanno un portafoglio molto diversificato”.
CONCLUSIONI
Quello delle energie rinnovabili rappresenta, ad oggi, un settore in cui si spendono giudizi spesso affrettati di matrice sia economico-finanziaria che politica. Altrettanto spesso, queste due matrici si fondono, o meglio, si confondono nell’opinione pubblica plasmata da un tipo di informazione che inevitabilmente riflette politiche e normative informi e poco chiare. Infatti, non è ben delineata la volontà politica relativa alle nuove tecnologie energetiche; delegare inoltre ad un referendum la scelta del mix energetico nazionale appare alquanto inopportuno. Tale quadro risulta aggravato da un apparato burocratico fin troppo robusto ed anacronistico che intralcia l’imprenditorialità, qualunque sia il settore in cui essa vuole diramarsi. Questo lavoro è nato dalla volontà di effettuare una valutazione del settore di matrice prettamente economico-finanziaria volta a valutare in modo quanto più rigoroso possibile l’eventuale creazione di valore. Creazione di valore, messa in dubbio, oltre che dalle suddette peculiarità nazionali, anche dalla intrinseca incertezza che caratterizza le tecnologie rinnovabili. Proprio l’inserimento di tale incertezza nel modello valutativo ha rappresentato il punto cruciale del lavoro e ha comportato l’esigenza di utilizzare due strumenti di valutazione alternativi. Dei due strumenti, l’analisi di scenario costituisce quello che meno si adatta ai contesti rischiosi. Tuttavia, tale strumento è servito comunque come confronto con la più efficace simulazione Montecarlo. Confronto, questo, che ha evidenziato come anche nelle ipotesi peggiori, purché realistiche, le aziende del settore rimangono redditizie. Oltretutto, gli approcci classici come l’analisi di scenario sembrano addirittura sottovalutare il potenziale delle energie rinnovabili. La valutazione ha offerto spunti altrettanto interessanti con riferimento, da un lato, ai tipi di rischio che caratterizzano il settore e, dall’altro, all’individuazione di uno strumento, quello della diversificazione tecnologica, che ben riesce a limitare tali rischi. La diversificazione rappresenta, infatti, una opportunità in mano alle aziende per attutire la rischiosità e rimanere redditizie anche in
contesti fortemente negativi. Esplicativi sono a tal proposito i risultati del disaster case che dimostra come, nonostante la quasi “tragicità” delle ipotesi sottostanti, un’azienda ben diversificata abbia le possibilità per continuare a rappresentare un buon investimento. Quindi, benché l’incertezza, o meglio, il rischio insito nel settore rimanga ineliminabile e il valore, seppur positivo, di queste aziende dipenda fortemente dalle quattro variabili macro su cui si è incentrato gran parte del lavoro, risulta chiaro come ad oggi le energie rinnovabili rappresentino una forte opportunità di investimento a conferma delle raccomandazioni “Buy” e “strong Buy” formulate dai top analyst mondiali.
Bibliografia
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Appendici
A) ASSUMPTION SUI DRIVER DI SP E CE
1) ENEL GREEN POWER, CE e SP
2) ERG RENEW, CE e SP
3) ALERION, CE e SP
B) PERCENTILI DI EV RISULTATI DALLA SIMULAZIONE MONTECARLO NEI CASI “STANDARD” E “DISASTER” E PERDITA PERCENTUALE
C) FUNZIONI UTILIZZATE COME DISTRIBUZIONI DELLE VARIABILI INPUT
1) DISTRIBUZIONE TRIANGOLARE
1) DISTRIBUZIONE NORMALE
1) DISTRIBUZIONE LOGNORMALE
[1] Riarrangiamento di un o dell'opera “Fiore di Virtù” di un Anonimo risalente al XIII secolo “In disperato pericolo cade colui che saviamente agli cangiamenti che possono avvenire non provvede.”
[2] Tecnicamente, la previsività, e cioè la capacità dei risultati di rappresentare le performance future, si traduce nel concetto di rilevanza degli earnings aziendali.
[3] L’IPO di EGP rappresenta la più importante offerta pubblica d’acquisto in Europa dal 2007 ad oggi.
[4] Per effetto del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (d.lgs. n. 79/99)
[5] Direttiva 2009/27/CE più nota come direttiva 20/20/20
[6] Decreti legislativi successivi hanno introdotto l’incremento annuale della quota di un ammontare pari inizialmente allo 0,35% per il triennio 2004-2006 e pari al 0,75% per i sei anni successivi. Nel 2012 le imprese dovranno produrre una quota pari al 7,55% del totale da fonte rinnovabile.
[7] Avendo questa valutazione l’obiettivo di valutare il valore dell’azienda (asset side) si è deciso di terminare il rendiconto finanziario con i flussi di cassa della gestione operativa (FCFO).
[8] I siti societari forniscono le presentazioni nella sezione investor relations.
[9] I dati sulle assumption sono stati forniti da centro di ricerche per l’economia e la finanza (REF)
[10] I Beta sono stati presi dalla banca dati Bloomberg