Federica Ferrari
Se non sono pazzi non li vogliamo
A Chiara
e a tutti quelli che mi hanno resa
una persona migliore.
Il seme mette radici nel terreno fertile, proprio come un ovulo fecondato si impianta nell’utero della donna. Un albero per crescere maestoso nel suo splendore ha bisogno di radici che si fanno strada anche con difficoltà nell’impervio terreno. Un albero per dare buoni frutti deve nutrirsi, linfa che scorre, luce e acqua. Proprio come il cucciolo d’uomo ha bisogno di nutrimento e amore, un albero affronta il are delle stagioni proprio come ogni uomo vive diverse “primavere”nella sua vita. Gli alberi crescono anche nel deserto, non per questo meno affascinanti, meno forti... Alberi bruciati dal sole, scalfiti e intagliati dal vento da secoli di bufere, intrisi di una bellezza surreale, ci abbagliano con la loro regale solitudine,in un cielo senza tempo. Sentilo il seme che è diventato albero e che continuerà a produrre frutti, che invecchierà con te, che morirà dentro di te... Sentilo, non soffocarlo. Senti il vento che soffia forte fra i rami e fa oscillare le fronde di quello stupendo albero che sei diventato e che nonostante le innumerevoli bufere nel ciclo della vita, rimane lì, ancorato alle profonde radici. Riconoscete l’albero che c’è in voi, osservatelo, abbracciatelo e alla fine amatelo quell’albero poiché è la vostra essenza. Gli alberi hanno lo sguardo rivolto verso il cielo perché nella loro solitudine, hanno capito, carpito e fatto loro l’essenza del loro essere: noi siamo nel tutto e il tutto è in noi.
I personaggi e le situazioni descritte in questo libro sono immaginari. Qualsiasi riferimento a persone, avvenimenti, luoghi, attività commerciali esistenti nella realtà è puramente casuale.
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CRISTIANO
“Mi sono stancato di vivere senza amare nessuno... e soprattutto non posso amare me stesso. Sai perché? Perché’ sono incapace di amare gli altri. Ed è soltanto amando gli altri, e essendo amati che si impara ad amare se stessi.” Haruki Murakami
Agosto 2013 La testa pesante, gli arti indolenziti, come se non camminasse da una vita. La bocca impastata come se avesse inghiottito topi morti. Ha la sensazione di essere bagnato. Tocca con la mano il lenzuolo e non è fantascienza: è sporco di piscio. È arrivato il momento di aprire gli occhi e ci mette un interminabile attimo a mettere a fuoco. Con una fatica pazzesca solleva la testa che, oltretutto, gli fa malissimo. Un senso di nausea lo invade. Sgrana gli occhi che gli si riempiono di lacrime! Vuole urlare, ma sono solo delle parole soffocate: -Dove cazzo sono? Che cazzo di posto è questo? La voce esce a fatica dalla sua gola; sente la cinghia che lo tiene legato poco sopra la vita e altre cinghie costringono le gambe. È legato al letto di un ospedale psichiatrico, ora ne ha la certezza. L’odore di merda che stagna nell’aria proviene dal suo compagno di stanza; urla, risatine isteriche e vagiti non ben definiti arrivano dal corridoio, rompendo quel silenzio angosciante che gli schiaccia l’anima. Gli manca l’aria, si sente soffocare e le lacrime che sente rigargli le guance pargono l’unica cosa vera di tutto quel momento. Le lecca e il gusto salato lo riporta alla realtà. Sente dei i avvicinarsi al letto, una mano gli afferra il polso, intravede la siringa. Pochi attimi e la sua vista si annebbia. Di nuovo sonno profondo. Quanto tempo va avanti quel rituale? A lui pare duri da sempre, pochi attimi di
connessione seguiti dal sonno forzato. In realtà, dura due settimane. Le due più lunghe, fottutissime settimane della sua vita. - Signor Cristiano? Sente due colpetti sulla guancia. - Cristiano, sono il dottor Mancini. Mi sente? Apra gli occhi. La testa gira forte e le parole non escono. Il dottore si accorge dell’accenno al movimento delle sue labbra e lo rassicura: - È normale che faccia fatica a esprimersi: è l’effetto dei sedativi, fra qualche giorno andrà meglio, vedrà. Ora, brevemente, le spiegherò perchè è stato ricoverato e mi raccomando, se quello che dirò le dovesse procurare dei ricordi che non riesce a gestire, mi faccia un segno con la mano: io mi fermerò. Ho dato disposizione all’infermiera di slegarla, non ritengo sia più necessario. Il 17 agosto 2013 è stato portato qui dalla polizia in stato confusionale, dopo aver avuto un raptus violento. Lei ha completamente distrutto la sagrestia della chiesa in seguito alla celebrazione del matrimonio con la sua compagna, Veronica, dopo aver aggredito quello che si è rivelato essere l’amante della sposa. Ricorda? I ricordi riaffiorano nella sua mente con una lentezza angosciante. Vede lei, vestita in abito avorio, con la gamba alzata che mostra la giarrettiera che lui avrebbe dovuto sfilare, magari stringendola tra i denti. E invece le mani di quel porco... Quell’abito costato un patrimonio, quella cerimonia costata un patrimonio. Digrigna i denti. - Puttana. - Per ora può bastare, Cristiano. è importante che inizi a elaborare, a piccoli i; cercheremo il modo di rimetterla in piedi e di capire cosa ha scatenato in lei tanta violenza. Ora le consiglio di farsi una doccia: domani la aspetto nel mio studio in fondo al corridoio a sinistra. ate due settimane, dopo aver firmato la dimissione, Cristiano chiama la sua
segretaria chiedendole di trovare una psicoterapeuta “con le palle” - sì, aveva usato proprio quell’espressione - e un avvocato, perchè il suo, dopo il casino del matrimonio non se la sente proprio di affrontarlo. Ha bisogno di ricostruirsi un giro di conoscenze, ripartendo da zero, dopotutto durante il ricovero si è formato il vuoto intorno a lui: tutti, parenti compresi, si sono dileguati e come biasimarli, anche lui probabilmente avrebbe fatto lo stesso. Circondarsi di gente nuova, ecco di cosa ha bisogno: nuove amicizie, e perchè no, un nuovo amore. Anche se ora si sente svuotato, sa che non impiegherà molto a rimettersi in forma e ritrovare il suo fascino: dopotutto, per lui, è sempre stato così.
ZOE
“Si no tardas mucho, te espero toda la vida.” Oscar Wilde
I suoi occhi profondi, color anice, la sua bocca sottile, le sue mani, piccole come lei, la sua pelle vellutata, il suo seno perfetto e la sua pancia non del tutto piatta, segnata dalle gravidanze. Cristiano esce dall’acqua e rimane incantato dalla sua figura minuscola, ma proporzionata. I loro sguardi si incrociano per un breve attimo. Cristiano infila l’accappatoio e si dirige verso l’ingresso del centro benessere adiacente alla piscina. Acqua trasparente, limpida, fresca. Gli idromassaggi che solleticano i glutei, la musica al giusto volume, i tuffi dei bambini che rompono il silenzio della piscina semi deserta. Cristiano è lì, a pochi metri da lei che, immobile, concentrata sul suo libro, non l’ha nemmeno salutato quando gli è ato davanti per entrare in acqua. Ora lo scruta da sotto gli occhiali da sole, mentre lui si rilassa sotto una cascata per il massaggio cervicale. La fissa annoiato per un attimo, un breve cenno di saluto con il capo, che Zoe ricambia per educazione. Ancora non sa che quell’uomo entrerà a far parte della sua vita con una prepotenza quasi inimmaginabile. Una vacanza come tante altre, un giorno come tanti altri, un uomo come tanti altri e una donna. Una donna vera, dolce, carina, una donna che ha trovato se stessa, una donna che non corre più, semplicemente è. Zoe sta aspettando che la piccola Emma finisca di trafficare nella sua, come al solito, incasinatissima borsa. Gabriele si tuffa in acqua, rincorso da Andrea, il maggiore dei suoi figli. È decisa ad andare a rilassarsi un’oretta al centro, ma vuole prima però are in camera a cambiarsi il costume. Si rivolge al marito:
- Amore, se vado ora, va bene per te? - Sì, tranquilla, ci vediamo in camera, tra un momento li faccio uscire dall’acqua. - Mi raccomando la crema, almeno sulle spalle. - Sei ancora qui? - Ok, vado. Uscita dall’ascensore percorre frettolosamente qualche metro e lo vede in fondo al corridoio. Lui si gira di scatto come se avesse sentito la sua presenza: imbarazzata da quello sguardo penetrante, azzarda un timido cenno con la mano e si sente sfiorare da uno strano brivido. Le viene spontaneo interrogarsi sulla sua reazione: cosa ti prende? Cosa cazzo combini, Zoe? Adesso non venirmi a dire che vai in giro a guardare gli uomini! Da quando, signora bella? In fondo il mondo è pieno di uomini e purtroppo è brutto dirlo: sono tutti uguali, egoisti e un po’ stronzi, per natura. Tanto basta farsi bastare il tuo. Ecco cosa pensa, dopo essere entrata in camera e dopo aver gettato nel lavandino il costume fradicio. Si sdraia sul letto. Il mondo è pieno di uomini e lei è abituata ai loro sguardi. Pur non essendo la classica “stra-figa”, è sempre stata carina: piace. E lei è consapevole di questa cosa, la gratifica, ma questa volta è stato diverso: quello sguardo le ha lasciato il segno, come se l’avesse denudata; si sente ancora quegli occhi puntati su di lei, occhi così profondi, con quelle sopracciglia scure che ne risaltano il colore verde-grigio. Indubbiamente begli occhi, bello sguardo. Zoe lascia la camera, forte della convinzione di are la sua “ora d’aria” tra sauna e bagno turco. L’idea del marito di scegliere un hotel con centro benessere le piace sempre di più. “Ci diamo il cambio: mentre io sono in piscina con le pesti, tu ti rilassi un po’ nella Spa!” aveva detto. Naturalmente non se l’era fatto ripetere due volte. Le luci soffuse del bagno turco, il caldo opprimente che si fonde all’aroma del mandarino proveniente dal braciere. Zoe è sdraiata sulla salvietta, non c’è nessuno. Chiude gli occhi, poi li riapre sentendo dei i avvicinarsi: non riesce a scorgere attraverso il vetro appannato chi si sta accingendo ad entrare. Appena lo vede le si blocca il respiro, il cuore sembra uscirle dal petto e una nebbia -
diversa dal vapore che aleggia nella stanza - la invade. Si sente svenire, o perlomeno lo desidera. Piega la testa in avanti e si concentra sulle goccioline di sudore che si sono formate su tutto il corpo. Goccioline che nascono e si perdono in qualche piega della pelle. Non è sicura che lui la stia osservando. Ha il terrore che lui possa capire, non vuole lasciare trasparire la sua vulnerabilità. Si conosce e sa che i suoi occhi non mentono: sono occhi trasparenti, come l’acqua che scorre. Il suo sguardo è un libro aperto e solo uno scemo non capirebbe come la presenza di quell’uomo la imbarazzi. È lui a parlare : - Non so quanto riuscirò a resistere! - Zoe resta in silenzio. Impugnando il doccino si rinfresca i polsi e le caviglie, poi le chiede: - Desidera? - No, grazie. Lei risponde timidamente mentre si alza facendo finta di doversi sgranchire le gambe. Con la coda dell’occhio lo osserva: non è molto alto e nemmeno magrissimo. Dopo poco è di nuovo lui a parlare: - Idea! Si alza, apre la porta ed esce. Lei sospira sollevata, ma lui riappare con le mani colme di cubetti di ghiaccio. Non ha nemmeno il tempo di pensare “oddio” che Cristiano è vicinissimo, può sentire il suo corpo caldo, può sentire il suo sguardo che la sta spogliando di quel poco che c’è da spogliare. Immobile, perché non riesce e non vuole muoversi, lo fissa dritto negli occhi. La mano di lui si posa sul collo dolcemente, mentre con l’altra comincia a arle il ghiaccio sulle spalle, poi sulla schiena, poi risale con dolcezza sulla nuca. Man mano che il ghiaccio si scioglie fra le dita, sono le sue mani a sfiorarla dolcemente, lentamente, come una sensuale danza. Zoe è estasiata dall’intrecciarsi di sensazioni: freddo, caldo, freddo, caldo. Brividi la percorrono, vibrazioni sottili la invadono. Lui le cinge la vita, la fa girare e continua a accarezzarla anche sul seno, sul pube. Ghiaccio che si scioglie tra le
mani, ghiaccio che si scioglie dentro il cuore. Lei tace, non riesce a proferire parola. Non può rifiutarlo, non riesce a dire no a quel folle desiderio, si abbandona alla volontà di quelle mani sconosciute, di quello sconosciuto, del quale non sa nulla e nulla forse vuole sapere. - Mi chiamo Cristiano. - Piacere, Zoe. - Piacere di conoscerti, Zoe. Un nome stupendo per una donna stupenda. Cristiano prende l’asciugamano, se lo avvolge intorno alla vita e la lascia lì, con le gambe che le tremano. Lui chiude la porta di vetro dietro di sé. Oddio, cosa ho fatto? Non ci posso credere. Calma, respira... Deficiente, solo un’idiota degna di nota si comporta così! Calma: in fondo ho solo incontrato un uomo nella Spa dell’hotel dove sono in ferie con la mia famiglia e... Zoe non si dà pace. Per tutto il giorno non fa che pensare a quello che le è successo, non riesce a togliersi dalla mente le sue mani su di lei. Le sembra di fluttuare in una bolla ovattata, fa molta fatica a rimanere concentrata, è sfuggente e silenziosa, tanto che il marito, ad un certo punto, se ne accorge. - Stai bene? - Sì, ma mi è salito un po’ di mal di testa. Penso mi si sia abbassata la pressione! - Non capisco perchè ti ostini a fare saune se poi hai sempre questi problemi. La brezza marina le dà sollievo e lei, mentre cammina nell’acqua che le bagna le caviglie, non può non pensare a quelle mani che l’hanno toccata poche ore prima. Cristiano, Cristiano, Cristiano: ti cerco, ti cerco fra le onde del mare, ti cerco fra gli scogli. Ti vedo alla fine di una strada ti rincorro, ma non sei mai tu a venirmi incontro. Ti aspetto la notte con gli occhi chiusi, il respiro affannoso e la voglia di te che cresce sempre di più in mezzo alle gambe. Allora mi aggrappo ai ricordi, tocco il tuo viso, il mento spigoloso, le labbra sottili che si posano sul seno succhiando forte i capezzoli. Gemo. La lingua percorre tutto il torace, sempre più giù. Con le mani afferri i glutei, li massaggi mentre i pollici aprono le grandi labbra esponendo il clitoride alla tua lingua avida, insaziabile. Lecchi, mordi, succhi e io mi dimeno e gemo. Ti supplico di prendermi e allora mi giri,
in ginocchio piano piano ti fai strada dentro me. Poi, stremati e appagati, ci addormentiamo abbracciati. Tardo pomeriggio in piscina - Mamma, mamma! Devo andare in bagno! - Arrivo, tesoro! - No, stai, lo accompagno io e ne approfitto per fare una telefonata al lavoro. - Ok, grazie, caro. Chiude gli occhi. Finalmente silenzio: la piccola dorme nel eggino e il maggiore è alla sala giochi. Sente qualcosa sfiorarle l’orecchio, un fruscìo. Apre gli occhi di scatto e vede il biglietto piegato in quattro: lo prende e lo mette nella tasca dell’accappatoio. Alzandosi lo vede in fondo al giardino, sotto un ombrellone, in piedi disinvolto con lo sguardo in tutt’altra direzione. Si guarda in giro con fare furtivo e lo legge: “Zoe, non faccio che pensare a te. Rivediamoci all’alba, ti aspetterò nella hall”. Straccia il biglietto, entra nel bagno come una furia, butta nel wc i pezzettini e tira lo sciacquone. Sospira, torna a sdraiarsi. Si sente compiaciuta? Spaventata? Attratta da questo gioco? Tutte queste sensazioni, emozioni dove l’avrebbero portata? Cristiano la vuole sedurre e lei non sa fino a che punto voglia spingersi, anche se è consapevole dell’attrazione che prova per quell’uomo. Tutti dormono, dalle tapparelle filtra qualche raggio di luce e Zoe non ha chiuso occhio: se n’è stata tutta notte accovacciata su se stessa a rimuginare su quello che le è accaduto il giorno prima. Ora non riesce più a trattenere l’irrequietezza e il marito, sentendola muoversi, le chiede se sta bene. - Tutto ok? - Sì, più o meno. Quasi quasi scendo a prendermi una tisana. Che ore sono? - Le sei... Pensi di trovare qualcuno al bar?
- Se non trovo nessuno, vado a farmi un giro. Non riesco più a stare sdraiata. - Hai preso la pastiglia per dormire? - Me ne sono dimenticata. - Come se fosse una novità! - Vado. Zoe adora eggiare nei corridoi degli alberghi all’alba. Le piaceva l’aroma dei dolci appena sfornati che arriva dalla sala breakfast, i corridoi deserti, il silenzio, voci appena sussurrate, l’incontro con qualche cameriera, donne delle pulizie. Tutto questo l’affascina fin da quando è piccola. Immagina il risveglio dietro a ogni porta. Pensa a chi si sveglia incazzato, chi innamorato, chi deluso, chi malato. Chiama l’ascensore, non fa a tempo a finire lo sbadiglio che la porta si apre e lui, rapido, sale pigiando il tasto dell’ultimo piano. - Buongiorno, Zoe. Mattiniera? - A dir la verità non ho chiuso occhio e stavo per andare a bere una tisana... Se tu me lo avessi permesso. - Da me ho tutto quello che ti occorre per farti rilassare... - ...Non avevo dubbi al riguardo, però io non sono così convinta di fermarmi da te. Le porte dell’ascensore si aprono, Cristiano la guarda come nessun altro l’aveva mai guardata, o comunque così le pare. Escono dall’ascensore, lui le a le dita sulle labbra, le sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e la bacia. È un bacio sensuale, di quelli che sembrano durare una vita, per intenderci, proprio perché unici nel loro genere: le labbra di lui si schiudono piano e la sua lingua si insinua nella sua con una dolcezza disarmante. I loro corpi si fanno più vicini, Cristiano la spinge dolcemente da parte ed insersce la scheda magnetica. La serratura della sua suite si apre. Entrano, mano nella mano. Lei si sente invadere dal desiderio, lui ancora una volta la domina, e lei, ancora in tempo a ritirarsi, non riesce a resistergli: la porta si chiude alle loro spalle, nella penombra si cercano, si toccano, si amano con dolcezza. Lui bacia tutto di lei e
mentre fanno l’amore lui le parla, sussurrandole all’orecchio cose che la fanno trasalire: la emozionano. Le piace questo nuovo modo di fare l’amore, si fondono con in sottofondo le note di “Lullaby” dei Cure. Quando ha gli occhi chiusi, Cristiano la bacia sulle palpebre, l’abbraccia e lei si sente frastornata, ma felice, viva dopo tanto tempo. Le sembra che le abbia sfiorato l’anima, con un tocco leggero. Poi, senza proferire parola, lui si alza, va in bagno, bagna una spugna e gliela a su tutto il corpo, come se volesse lavarle via quella contaminazione in cui l’ha trascinata. L’aiuta a vestirsi e le chiede il numero del cellulare poichè partirà dopo la colazione. A malincuore lei riesce tornare nella propria stanza. Nei giorni successivi si tempestano di messaggi ai quali Zoe risponde nascondendosi dalla famiglia, come un’adolescente alle prese con le prime bugie: la cosa la fa sorridere. A volte l’assale il desiderio di parlare con qualcuno, di sfogarsi, ma non trova che ansia nel pensiero di condividere il suo segreto. E poi le basta sentire la sua voce, anche solo per pochi minuti, per sentirsi rassicurata. La vacanza finisce a differenza della loro voglia di rincontrarsi. Si sentono tutti giorni, più volte e questo non fa che aumentare il sodalizio e il desiderio. Si vedono appena lei riesce a liberarsi con scuse credibili. Nonostante debba fare molte ore di macchina per vederla, questo non pesa a Cristiano, che è anche forse troppo premuroso. La loro storia va avanti così per mesi, ma quello che tormenta Zoe è il desiderio di fare l’amore con lui. La loro non è una storia di sesso: giochi di seduzione aiutati dal fatto di essere una storia clandestina? Madre di tre figli ed è la prima volta che tradiva il marito e non riesce comunque a sentirsi in colpa. è come se Cristiano abbia portato un po’ d’aria fresca nella sua vita preconfezionata. Nonostante sappia il grande rischio che sta correndo, non se la sente di troncare. Cristiano le dice di amarla, le fa credere che avranno un futuro insieme e Zoe, come tutte le donne innamorate, gli crede. Come aveva letto in un libro di Angeles Mastretta: “Si innamorò come tutte le donne intelligenti e cioè come un’idiota!”. È calata la sera, Zoe e il marito hanno deciso di portare i bimbi a mangiare il gelato. I bambini corrono davanti a loro e lei ha la mente lontana, perchè Cristiano non vuole più fare l’amore? Più volte, quando ha insistito perchè ino una notte insieme, lui ha declinato con scuse anche ragionevoli, ma pur sempre scuse. Le sue convinzioni cominciano a vacillare: vuole vederci chiaro, qualcosa le sta sfuggendo di mano. Dopotutto è lei quella che rischia, è lei quella che ha famiglia, è lei quella che tradisce. Per cosa sta mettendo a repentaglio la sua vita? Ma sopratutto, per chi? Ha conosciuto suo marito, dopo qualche anno
di fidanzamento si sono sposati, hanno avuto tre bambini stupendi e soprattutto sani, senza troppi problemi li stanno crescendo, conducono una vita agiata, serena. Il marito le lascia i suoi spazi, che a volte sono voragini che lei cerca di colmare stando con i figli e buttandosi a capofitto nel lavoro. Ma in fondo lui l’ama e lei lo sa. E allora perché, perché sta tradendo tutto quello che ha per un’emozione con un uomo che tra l’altro non l’ama? Ora lo capisce. Ora capisce quale tipo di uomo sia Cristiano: l’uomo che seduce, che ti fa correre, arrancare, poi, quando ti ha conquistata, il gioco è finito. E se lo metti alle strette rischi di vederlo scappare a gambe levate. Deve metterlo alla prova. Decide di giocare l’ultima carta: lo chiama, come se niente fosse, gli dice che avrà la possibilità di are la notte fuori, che andrà da lui, che trova giusto che per una volte sia lei a farsi i km di strada. Lui accampa scuse. Zoe insiste: dormiranno in albergo, ha già pensato a tutto. Cristiano inizia ad arrabbiarsi, le chiude il telefono in faccia. E lei capisce: ha ragione di credere che niente sarà più come prima. Niente di quello che è successo tra loro tornerà più, ma, soprattutto, non crederà più a niente di quel che pronuncerà lui. Zoe crede che tutto quello che le ha propinato fino a quel momento sia falso. Le tremano le mani, si sente vulnerabile e tradita. Si sente stupida per aver permesso a quell’uomo di amarla, se quello si può chiamare amore. Gli ha permesso di far vacillare le sue più profonde convinzioni. E non è stato nemmeno troppo difficile per lui. Tutt’altro che difficile. Appoggia il cellulare sul comodino, si accovaccia sul letto, posa la testa alle ginocchia e piange. Nelle settimane che seguono Zoe deve fare i conti con l’elaborazione del lutto, l’angoscia del distacco, della perdita. Non vi è stato seguito all’ultimo messaggio che si sono scambiati. Cristiano: Scuse? Non accetto insinuazioni, le mie non sono scuse, sono impegnato per lavoro, non posso liberarmi, non nei prossimi giorni. Zoe: Noto con dispiacere che ancora una volta non capisci. A questo punto non posso che rassegnarmi all’evidenza: non vuoi leggere fra le righe la mia necessità di vederti, di capire. Ti fa comodo vedere solo quello che c’è in superficie. Non ho più bisogno di chiarimenti. Cristiano: Meglio così. Buona continuazione. Quel messaggio, come un fiume in piena travolge tutto in pochi istanti:
incertezze, paure, desideri. Semplicemente patetico, ma reale: l’ha scaricata con un messaggio e quel messaggio l’ha costretta ad aprire gli occhi. È delusa, soprattutto da se stessa: come aveva potuto non capirlo prima? La consapevolezza mette radici sempre più profonde, mettendo in discussione tutto: le sue parole, i suoi baci apionati, le sue mani che l’avvolgono mentre dice di amarla. Tutto falso, come lui. E questo l’aiuta ad allontanare la malinconia, perché le mancano i suoi messaggi, le sue attenzioni, il suo farla sentire al centro dell’universo. La certezza di aver perso la testa per una persona per nulla autentica è per Zoe l’ancora di salvezza: allevia quell’opprimente sensazione di abbandono che le ha fatto compagnia per molti giorni, quel male allo stomaco che, con una morsa dolorosa, le toglie il respiro cessa nel momento in cui cessa di desiderarlo. Decide di scrivergli un’ultima mail: “Appurato che per te i tempi per un confronto non sono ancora maturi - e a questo punto credo non lo possano mai diventare - io ho bisogno di esporti il mio pensiero per ‘avvallare’ la mia tesi. Premessa: sei entrato nella mia vita come un tornado, come un treno ad altissima velocità. Io sono salita su quel treno e mi sono lasciata trasportare per vivere come d’accordo quell’emozione. Venuta a mancare l’iniziale complicità, spinta da te ma soprattutto dai tuoi ambigui comportamenti, sono scesa da quel treno - ora ne ho la certezza - al capolinea. Un tragitto breve, intenso, all’apparenza intriso di magia. Alcuni tuoi atteggiamenti romantici mi hanno rapita...peccato fossero falsi: stavi recitando una parte e chissà quante volte, come da copione, avevi già in mente il finale. Di fronte alla possibilità che finisca tutto penso che l’aspettarsi un minimo di preoccupazione da parte dell’altro sia umano. Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me, ma soprattutto per quello che non hai fatto, perché mi ha fatto capire prima che fosse troppo tardi. Ho sempre amato la pioggia: guardare fuori dalla finestra, protetta dal calore delle coperte. Aprire leggermente la finestra, ascoltare il ritmico tamburellare sui vetri, sentirne il profumo. Amo il profumo della pioggia. Amo vedere l’acqua disegnare rigagnoli sui vetri. Amo la pioggia a settembre che lava via la polvere delle secche giornate d’agosto. Amo la pioggia che lava
via i miei desideri non appagati, che lava via le ormai sbiadite aspettative. In fondo ora capisco che se per me c’è stato qualcosa di significativo tra noi, tu l’hai vissuto in maniera differente. Esiste una sostanziale differenza tra il dire ‘mi piaci’ e il dire ‘ti amo’. Saresti dovuto entrare nella mia vita in punta di piedi, avresti potuto anche bussare e invece come uno tsunami hai travolto tutto, me compresa, e poi di colpo il nulla. Addio, Zoe”. Sdraiata al sole, nel giardino di casa, Zoe cerca di far piazza pulita di quei pensieri negativi che la opprimono. Con la coda dell’occhio osserva il giardiniere sradicare con decisione le erbacce. Ecco cosa vorrebbe: estirpare tutti quei ricordi, pensieri, parole, profumi che le ricordano lui. La sua vita famigliare procede tranquilla e assorbe quasi tutto il suo tempo, ma a volte, quando meno se l’aspetta, un profumo, un luogo, una canzone la ricongiungono a Cristiano, e sono pugnalate. Allora l’assale il vuoto, perchè oltre alla consapevolezza che tutto sia finito, la stordisce il fatto che per lui sia stato un recitare e dubita che Cristiano abbia provato realmente qualcosa per lei. I fatti sembrano dar ragione alle sue supposizioni, poiché è stato bravo a farle credere di amarla e lei è stata vittima del suo dolce inganno. Cristiano non dice a Zoe che è fidanzato e si sta per sposare. Dopo l'ultima email ricevuta non si fa più sentire: per lui il gioco è diventato pesante perché capisce che Zoe si sta innamorando e non è il momento di affrontare problemi anche se un po' gli dispiace. Deve pensare al suo matrimonio e tutto dovrà essere perfetto.
VICTORIA
“Pensiamo che l’amore sia infallibile e dimentichiamo una cosa elementare per la sopravvivenza amorosa: non tutte le proposte affettive sono consigliabili per il nostro benessere”. Walter Riso
Giugno 1996 Victoria giurò a se stessa che non avrebbe mai più permesso a nessuno di prendersi totalmente il suo cuore. Una parte di sé sarebbe rimasta integra, sua, inviolata, fino alla fine dei suoi giorni: piuttosto avrebbe rinunciato all’amore, visto che in quel preciso momento aveva rinunciato ad amare. Con la faccia tumefatta e un occhio ormai semichiuso, raccolse dal marciapiede le cose che “la sua dolce metà” gentilmente aveva gettato dal finestrino dalla jeep in corsa insieme a lei e, zoppicando, senza neppure più una lacrima da versare, si trascinò in balia di un mix tra disperazione, vergogna e senso di abbandono. Sì, ormai il fondo era stato toccato e la consapevolezza si faceva strada in lei proprio mentre il dolore delle botte si faceva più sordo. L’amaro in bocca si mescolava al sangue delle ferite. L’orgoglio ferito, il sapore del disincanto, l’amore bastardo che dà e poi toglie: amore capriccioso, tiranno che poi in fondo amore non è. Tremante, con le gambe molli e la nausea tramutata in conati di vomito ormai incontrollabili ebbe finalmente l’illuminazione: questo non è amore, questa è follia, lui non mi ama e io non devo accettare di subire questo. Basta, non glielo permetterò più. Quando riuscì a raggiungere l’ingresso del palazzo dove abitava Valentina, proprio mentre la sua amica stava gettando nel cassonetto la spazzatura, le ultime forze l’abbandonarono. Appena la vide accasciarsi Valentina le corse incontro con la voce strozzata, masticò lacrime e rabbia e urlò: -Victoria! Dio mio, bastardo, io l’ammazzo! Che cazzo ti ha fatto?! Poi ragionò sul da farsi, valutando le varie conseguenze. Citofonò a Rafael, il
vicino brasiliano che faceva il buttafuori in una discoteca in periferia, un cuore immenso quasi come la sua tartaruga, e insieme portarono Victoria di sopra, dove quella notte, nel cesso del piccolo bagno della sua grande amica, abortì il frutto del loro grande amore. Sì, perché lui, paladino della giustizia e dell’amore, lui, quello che faceva il segno della croce prima di entrare in campo alle partitelle di calcetto con gli amici, seguace della parola di S. sco, che si prodigava nel volontariato, lui che era capace di farla sentire una regina, lui che l’aveva scaraventata dalla jeep in corsa dopo che lei le aveva detto di aspettare un figlio, lui che non voleva usare il profilattico perché toglieva piacere, lui che quella notte le procurò un aborto. Lui, sì, proprio lui, il suo primo grande amore, la sua dolce metà che cessò di esistere quella notte. La denuncia sporta non servì a nulla: famiglia paraculata di lui, e la giustizia italiana. Pochi mesi dopo Valentina e Viola presentarono alle facoltà di “Giurisprudenza” e “Psicologia” i documenti per l’ammissione alla tesi, si laurearono lo stesso anno e iniziarono a collaborare quando, come nel caso di Cristiano, veniva richiesta la consulenza di entrambe. Settembre 2013, nello studio di Victoria Cristiano ha lo sguardo fisso nel vuoto. Sdraiato sul lettino, le mani incrociate sulla pancia, il viso contratto: è visibilmente teso. Prima di coricarsi ha spogliato la giacca e l’ha appoggiata con cura su una sedia. Indossa una camicia immacolata; il taglio dei pantaloni, di ottima fattura, gli conferisce un aspetto, non vi sono dubbi, elegante. Nonostante le occhiaie nere, appare un uomo affascinante. Victoria ha letto più volte la lettera di dimissioni, ma la diagnosi le pare approssimativa: non avendo avuto precedenti psichiatrici, in ospedale si sono limitati a sedarlo, la cosa è abbastanza scontata. È chiaro che se non fosse stato obbligato non si sarebbe messo in terapia. Questo è il primo scoglio da superare al più presto. Sa che non sarà facile guadagnarsi la sua fiducia, decide di andare subito al dunque. Accende il pc e scrive: “Paziente Cristiano Crapletti, prima seduta: 15 settembre 2013”. - Le va di parlarmi del giorno delle nozze?
- Se proprio devo. -Come le ho spiegato prima, lei è obbligato a sottoporsi a un periodo di terapia. Le ribadisco che anche se lei ha scelto di farsi seguire privatamente questo non la esula dal fatto che abbiamo un obiettivo da raggiungere. Dobbiamo incanalare la sua aggressività. Il nostro scopo è quello di aiutarla a superare questo limite, per poi affrontare serenamente il discorso della denuncia sporta dalla parte lesa. Io e l’avvocato Brambilla ci consulteremo dopo ogni seduta, però deve mettersi in testa che deve sforzarsi di collaborare sin da subito. Purtroppo non abbiamo molto tempo. Le era capitato altre volte? - No, a parte qualche rissa da ragazzo, in compagnia... - Bene, è importante che non sia un recidivo; questo semplifica molte cose soprattutto dal punto di vista legale. Se la può aiutare mi può descrivere la giornata da quando si è alzato: come si sentiva, quali sensazioni, se era particolarmente nervoso. Aveva qualche sospetto che Veronica la tradisse? - Secondo lei, avrei accettato di sposarla? - Guardi, il mio lavoro consiste nel non dare mai nulla per scontato! Alcuni hanno una visione completamente distorta dell’amore: amare qualcuno non significa possedere ed essere posseduti. Amare è sinonimo di libertà, infatti la libertà di un individuo finisce nel momento in cui inizia la libertà di un altro. Calpestare la libertà dell’altro tramuta l’amore in una prigione: l’amore diventa malato, diventa patologico, non più sano. Quando si scambia l’amore con la dipendenza, con il possesso, quando si usa il ricatto: ecco quando l’amore può diventare un’arma a doppio taglio. Non si può scegliere di chi innamorarsi, questo è vero, ma si può decidere come amare e come essere amati, e per fare questo bisogna conoscere a fondo se stessi e bastarsi. Allora può capitare che, quando meno te l’aspetti, l’amore bussi alla porta del tuo cuore. - Dottoressa, per me è... forse riesco meglio se... - Faccia dei bei respiri profondi e poi riprendiamo. Cristiano chiude gli occhi, incrocia le braccia e comincia a raccontare: - Ero ato dalla sagrestia una decina di minuti dopo la fine del matrimonio: lei aveva detto di aver dimenticato qualcosa in chiesa e la stavo cercando. Poi li
ho visti: lui le sorreggeva la gamba, lasciando intravedere la giarrettiera e la stava baciando sul collo. Non ricordo nulla, a parte il sangue sul vestito avorio di lei e le sue suppliche. Il resto lo sa, e, se mi vuol scusare, mi sta venendo la nausea. - Direi che possa bastare per oggi, ma se non le dispiace continuo io. È la capacità di stupire che fa la differenza, che tiene vivo un rapporto. Infatti smettiamo di dare importanza a una cosa, a una persona o a un sentimento, perché non lo vediamo più: non ci stupisce, non ci attrae, non lo notiamo, come se fe parte dell’arredamento. E i mobili, si sa, dopo un po’ vanno cambiati perché stancano. Non esiste più la concezione del riciclo, del rammendo, dello spolverare la vecchia poltrona, tanto comoda ma ammuffita, vecchia. Un rapporto logoro è distruttivo e non ha più ragione di esistere se non si ha la capacità di reinventarsi, per stupire, ancora come se si fosse tornati al primo appuntamento. Quando si dà per scontata una cosa è chiaro che perde di fascino e valore ai nostri occhi. Avere voglia di rimettersi in gioco è indice di vitalità. E l’amore ha bisogno di pulsare sangue nelle vene, per far battere il cuore, è sempre stato così. Gli uomini amano in svariati modi, come le donne, ma è la prospettiva che cambia. Forse la cosa più giusta sarebbe quella di smettere di giudicare i sentimenti. Quando un sentimento esiste è inutile negarne l’evidenza, che esso sia negativo o positivo. Ho imparato a osservare le cose partendo dal basso e i sentimenti più belli li ho trovati lì, in profondità, sì, perché chissà come mai i tesori più preziosi sono sempre nascosti, magari dentro di noi. Chi non desidererebbe un amore plastico, da modellare, con cura, senza aggressività, con la grazia dell’accogliere, del capire, del saper perdonare. Un amore fatto di ione, ma anche di carezze, un amore fatto di “vaffanculo”, detti al momento giusto e di porte che sbattono, perchè quando ci vuole ci vuole e non servono a nulla le parole non dette. Un amore che si incazza se viene calpestato, un amore non prevaricatore. Un amore che non si fa troppe domande, perché in amore le domande sono sempre - o quasi - di troppo. L’amore non può essere equilibrato; in amore prevale la logica del sentire, del viaggio inteso come conoscenza. L’amore giusto non esiste, esistono solo persone che amano, o che perlomeno ci provano, sbagliando, cadendo e lottando, a volte con coraggio, a volte con umiltà, a volte facendosi male, ma amando. La realtà è che iamo metà della nostra esistenza a costruire corazze attorno al nostro animo, per proteggerci, e
l’altra metà a cercare di distruggerle, pezzo per pezzo. Finché, liberi da ogni schermata, ci troviamo bambini nello spirito intrappolati in corpi troppo vecchi e stanchi e allora ci si riempiono gli occhi di lacrime, di rimpianti, per attimi non colti, per non aver assaporato ogni momento, per non esserci persi in quell’abbraccio, per non aver ascoltato il delicato battito d’ali di una farfalla e per non aver goduto di ogni barlume che rischiarava le nostre giornate. Le ho detto tutto questo perché ho la sensazione, da quel poco che so, che il suo rapporto con Veronica fosse arrivato al capolinea. Mi piace essere sincera, semplifica le cose: lei non amava questa donna, amava l’idea di sposarla. - Interessante. Lei mi sta dicendo che quello che provavo per mia moglie non era un sentimento autentico? Secondo lei allora perché ho rischiato di ammazzare un uomo con le mie mani? - Orgoglio ferito. Un raptus violento può essere innescato da qualche torto subito anni e anni prima, un dolore sordo, anche provato nell’infanzia che emerge dopo svariati anni: capita spesso. - Stronzate. Mi scusi ma quello che mi vuole propinare... Non sono d’accordo con lei. Senta: io amo mia moglie. - ...La devo mettere al corrente che abbiamo richiesto un colloquio con Veronica. Ora la mia collega, l’avvocato Valentina Brambilla, l’attende nello studio in fondo al corridoio per sbrigare alcune formalità. Siamo in ritardo, è meglio che vada. - Faccio chiamare la segretaria per fissare il prossimo appuntamento. - D’accordo, grazie. Uscito dallo studio, guidando verso casa, Cristiano non può che pensare a quanto sia carina la psicologa e si sta chiedendo come potrebbe fare a chiederle un appuntamento. A lume di candela, perché no? Pensa tra sé. Veronica dopo qualche ora entra nello studio di Victoria. È molto tesa e il colloquio è breve. - Piacere, si accomodi. - Grazie. Come sta Cristiano? Dottoressa, le potrà sembrare assurdo, ma io lo
amo. - Scusi, signora, ma la situazione è già parecchio complicata. Si spieghi meglio. Veronica estrae dalla borsa diverse e-mail stampate e un cellulare e li posa sulla scrivania. - Questi l’aiuteranno a capire. - Appartengono a Cristiano? - Sì, questi sono messaggi della sua ultima amante. Cristiano mi ha sempre tradita: lui negava e all’inizio gli ho creduto, non volevo svegliarmi dalla favola che lui mi faceva vivere e che lentamente si è trasformata in un incubo. Ho avuto la conferma dei tradimenti, scoprendo questo cellulare che usava per contattare le altre. Vi troverà conversazioni... interessanti. - Cristiano ne è al corrente? - No. Avevamo già deciso di sposarci e volevo vendicarmi. L’uomo che Cristiano ha massacrato di botte non era il mio amante: l’ho pagato. È stata tutta una messa in scena. Ora la donna trattiene a stento le lacrime, ma continua a parlare: - Sono rimasta orfana quando avevo poco più di 10 anni, sono ata da una comunità all’altra, da un affido all’altro. Ho lavorato sodo per arrivare a un dignitoso equilibrio e poi ho incontrato lui, che mi ha fatto credere di essere al centro della sua vita. Mi ha fatto credere di amarmi, ma era tutta una farsa. - Chiamo la collega, l’avvocato di Cristiano: anche lei voleva farle qualche domanda, poi continuiamo. Può attendere in sala d’attesa qualche minuto? - Certamente. Victoria comincia a scorrere la rubrica, entra nei messaggi. Li apre: Cristiano: Come stai? Zoe: Ti amo.
Cristiano: Mi metti in difficoltà. Zoe: Tu mi dici “ti amo” mentre facciamo l’amore, io ti dico “ti amo” quando mi manchi. Cristiano: Hai ragione, come sempre. Fine conversazione. 6 ottobre 2013 nello studio di Valentina. - Cristiano, mi parli di Veronica. - La vidi la prima volta in un caffè del centro: capelli corti, biondi, taglio sbarazzino. Aveva un modo tutto suo di tenere la tazzina del caffè in mano, mani da pianista. Un viso d’angelo, occhi da cerbiatto, sguardo distante, occhi che non sanno mentire: affascinante. Alla fine do ragione a chi sostiene che ci si innamora sempre dei particolari. Mi avvicinai e la urtai di proposito, mi scusai, lei fu molto gentile e mi invitò a sedermi, rimanemmo a parlare: una persona piacevole, dopo poche ore già sapevo che me la sarei sposata. - Non le sembra un po’ presuntuosa la sua affermazione? Perlomeno prematura, mi consenta. - Diciamo che mi sono fatto un’idea di come ragionano le donne, alcune almeno. - Il fatto che lei si trovi qui in questo momento, con una denuncia a suo carico, mi sembra una ragione plausibile per smentire la sua teoria. Lei non conosce le donne, o meglio, ancora lei non conosceva la donna che afferma di amare, e che ha sposato. - ...Non capisco. - Lei tradiva Veronica. Non lo neghi posso provaglielo. L’ha sempre tradita. Anzi, qui c’è una e-mail della sua ultima amante: devo leggerla o si ricorda? Cristiano, se vuole che l’aiutiamo, deve mettere tutte le carte in tavola. Più informazioni abbiamo e più riusciremo ad aiutarla. Non è nelle condizioni di permettersi di fare il sostenuto, mi creda. Giù la maschera, o qui non ne caviamo un ragno dal buco. Collaborazione e fiducia, e vedrà che non se ne pentirà.
Victoria ascolta per ore la segreteria del cellulare di Cristiano, ha riletto le e-mail e messaggi che lui scriveva alle sua amanti e non ha più dubbi su come l’uomo si approcci all’amore in uno stile narcisista, istrionico. Deve consultare Valentina per spiegarle: compone il numero. - Ciao Vale, come va? - Panico, tesoro, sono distrutta. Novità? - Ti devo aggiornare sul nuovo paziente, quello che ha chiesto anche la consulenza legale. - Cristiano Crapletti: hai spulciato i messaggi? - Sì, la situazione mi appare contorta: pranzo, cena o terme? - Vada per le terme. - Ok, prenoto io. Domani sera solito orario? - Va benissimo, o io verso le 20:30. A domani. - A domani.
VIOLA
“[...]Non è obbligatorio sopportare tutto: si disse. Dietro a quel gesto c’era la presa di coscienza di una persona che, fino ad allora, aveva messo sempre davanti gli altri. Ci era voluto il più lento dei treni per metterlo di fronte all’ovvietà che bisogna prima rispettare se stessi. E rispettarsi significa anche essere egoisti, perché l’ego è sacro - lo aveva letto su ‘Riza psicosomatica’[...]” Luca Bianchini
Settembre 2013 Tavolo immacolato, laccato nero lucido. Sedie bianche, tende stampa anni ‘70. Drin!!! La brioche è calda: lavare le mani, aprire lo sportello del forno, rilavarsi le mani, prendere la brioche, adagiarla proprio al centro della bilancia. Calcolare le calorie. Rilavare le mani e adagiare la brioche al centro del piattino, il piattino al centro della tovaglietta e la tovaglietta al centro del tavolo. Rilavare le mani. Ora i suoi occhi ano dalla brioche al bicchiere con la spremuta, preparata con lo stesso logorante rituale. Spremuta: calcolo calorie. Brioche: calcolo calorie. Totale. No! Troppo, non ci penso nemmeno. La brioche la potrei spolpare e mi viene già da vomitare al pensiero di sentire il gusto del burro in bocca. Vada per la spremuta, pensò. Beve a piccoli sorsi, le brucia da matti la trachea: le escoriazioni del sondino per l’alimentazione forzata non sono ancora guarite. La prima volta che ha introdotto un po’ di acqua le è sembrato che il bruciore provato fosse veramente insopportabile. Tutte le mattine la stessa trafila. La Dottoressa Chiari le ha raccomandato di cominciare a prendere confidenza con il cibo, di prepararlo,
anche se poi non l’avrebbe consumato. È importante introdurre a poco a poco le forme, i profumi, i colori. Da poco ha introdotto i liquidi. Ci sta lavorando da un mese: acqua, tisane, latte e infine la spremuta. - No, no, no! Viola non ci siamo! Ha detto l’endocrinologa mentre spulciava i suoi ultimi esami. Come facciamo a dimetterti se tu ti rifiuti di collaborare? Se non inizi a introdurre i solidi saremo costretti a ritornare alla fleboterapia. Sono stata abbastanza chiara? Viola, però, a differenza delle altre volte, oggi è veramente stanca di tutte quelle bucate sulle sue scheletriche mani, è stanca dei lividi. È stanca di stare rinchiusa. È giunta l’ora di reagire: inizierà a mangiare. Si dirige verso l’ingresso del parco che circonda la lussuosa clinica. Papà è lì, ad aspettarla come sempre dopo la visita di controllo. Anche lui attende il verdetto con molta ansia: vuole riportarsi a casa il suo scricciolo, e vuole farlo al più presto, prima che anche l’ultimo barlume di luce svanisca dai suoi occhi, ormai spenti. Lei gli corre incontro, le braccia di lui l’avvolgono. È così felice quando se la stringe addosso, proprio come da bambina. Quanto ama quella piccola, che ormai donna appare ancora così fragile, così vulnerabile ai suoi occhi da aver paura che possa cadere in mille pezzi, di nuovo. E lui come ogni volta è lì: pronto a raccogliere quei pezzi e aiutarla a rimettersi in piedi. E lei ama quell’uomo, suo padre. Mai nessun uomo avrebbe preso il suo posto: questa l’unica certezza in cui ancora crede. Un abbraccio, a volte, vale più di mille parole e loro volevano goderne entrambi. - Scricciolo, voglio portarti via per qualche giorno, possiamo farcela? Vedi di mettere un po’ di ciccetta! - Ok, ok, farò del mio meglio! Gli occhi di lui si illuminano di speranza, qualcosa le è scattato dentro. Ormai conosce le dinamiche: Viola avrebbe ricominciato a mangiare. La bacia sulla fronte.
- Sei inguardabile! - Simpaticone! Dove mi porti? - Lago di Garda, devo incontrare dei clienti... - Vada per il Garda! - Brava la mia piccola. È come se mi fossi disintegrata per poi ricostruire ogni piccolo tassello. Lago di Garda, 7 Ottobre - Il lago di sera, non c’è che dire: romantico. E non può mancare il solito apprezzamento sul clima mite. - Wow, come si sta bene! - Se abitassi qui potrei dire addio al terzo paio di calzini! - Non esagerare, per arrivare a quello forse dovresti trasferirti all’equatore oppure dovresti mangiare un po’ di più, mia cara Viola. In fondo lo sanno tutti che la ciccetta tiene caldo! - Smettila papo! - Sono solo obiettivo, scricciolo... Sorano le mura a o svelto, i vicoli deserti, prendono un caffè in un locale stile old America dove prevale il bianco: il papà di Viola è attentissimo e conosce perfettamente i suoi gusti. Arrivati all’ingresso delle terme, sbirciano dal boschetto la nube di vapore che avvolge tutte le vasche - atmosfera surreale tipo “highlands” - e inspirano a pieni polmoni l’odore di zolfo, sentendosi invadere dal desiderio crescente di immergersi nell’acqua bollente. Dopo una breve fila alla reception, si cambiano in uno spogliatoio privato e si danno appuntamento nel solarium. Adagiano l’accappatoio sui lettini e abbandonano tutto lo stress accumulato da mesi fuori dall’acqua. Doccia, primo
gradino e primo avvolgente brivido di goduria: acqua calda. Un miscuglio di piacere le fa nascere un sorriso sulle labbra e l’abbandonarsi all’atmosfera non può che aiutare a sgombrare la mente. - Dio mio, questo è il paradiso! A occhi chiusi, Viola schiaccia il bottone per l’accensione dell’idromassaggio. Dopo qualche giorno, Viola appare più energica, l’aria mite del lago le sta facendo bene; le occhiaie sono sparite, il viso è luminoso, il padre riesce a farle sgranocchiare qualcosa durante i pasti e le sedute di abbraccioterapia in acqua termale stanno dando ottimi risultati. Luca, il terapista che la sta seguendo, è molto bravo e attento. Ha capito perfettamente come prenderla: quando lui la avvolge con le sue forti braccia, Viola si sente al sicuro e si abbandona completamente all’abbraccio. La musica di rilassamento la culla e l’acqua calda scioglie ogni residuo di tensione. Alla prima seduta Viola era scoppiata in singhiozzi, ma Luca le aveva spiegato che era una reazione normale, che avevano quasi tutti i suoi pazienti. Alla reception le avrebbero dato un opuscolo che avrebbe tolto ogni suo dubbio su questa nuova efficace tecnica di rilassamento. Lui si avvicina, e lei neanche se ne accorge. Il padre è sotto una cascatella poco distante. Non si vede nulla, le nubi di vapore sembrano danzare, si spostano lente. Qualcuno nuota, si avvicina e comincia a parlare, una bella voce, la riconosce. - Eccoti, finalmente! Ho fatto tre giri delle vasche prima di individuarti. - Non dirmelo. Con le cuffie sembriamo tutte uguali? - Beh, a dir la verità è un po’ difficile paragonarti a quelle... E fa un cenno con il capo nella direzione di un altro idromassaggio dove tre signore, piuttosto attempate, stanno animatamente chiacchierando. - Spiritoso, non fare l’acido se no ti annego. - Ehi, signorina, ti gira storto questa sera? Luca accenna ad andarsene, ma lei lo prende per mano.
- Ok, cominciamo, piccola. Con delicatezza l’avvolge in un abbraccio. Poi abbassa lo sguardo su quel corpo ridotto a pelle e ossa e gli verrebbe voglia di prenderla a sberle. Gli sembra ulteriormente dimagrita, anche se è stupenda. Ma perché non mangi? Cazzo, cazzo, perché?
ALLE TERME
“Amore [...] non è altro che unimento spirituale de l’anima e de la cosa amata” Dante “Conosco persone della cui mancanza non soffrirei affatto, di altre invece ogni attimo di assenza mi sembrerebbe eterno.” Emily Dickinson
Victoria e Valentina varcano l’ingresso alle terme decise a lasciarsi alle spalle tutto lo stress di un’intensa settimana lavorativa. In macchina avevano accennato al caso di Cristiano e ora che sono in ammollo in una delle fantastiche vasche esterne, ritornano sull’argomento. - Vic, sputa il rospo, o meglio, la diagnosi: io non riesco ancora a inquadrarlo del tutto. - Non ci metterei la mano sul fuoco, ma per me è bipolare e senza ombra di dubbio si approccia all’amore in maniera istrionica. Lo definirei un “istrionico teatrale”. - Un che? - Leggiti “Amori altamente pericolosi”di Walter Riso e capirai. - Secondo te io ho tempo di mettermi a leggere manuali di psicologia? - E va bene. Premessa: lo stile affettivo è un modo di elaborare l’informazione affettiva, di percepirla, di valutarla e incorporarla nella vita di relazione. Se il modo di elaborare questa informazione è distorta o guidata da schemi comportamentali negativi nei confronti di se stessi, tale stile risulterà dannoso per la propria salute mentale ed emozionale e per quella del partner. - E fin qui ci arrivavo.
- In breve, un istrionico è una persona che vive la propria affettività in modo patologico. Caratteristiche: egocentrismo, eccessiva emotività, comportamenti seduttori, cura esagerata dell’aspetto fisico, atteggiamento teatrale e melodrammatico, tendenza a vedere intimità dove non c’è e grande intensità nelle relazioni interpersonali. Un istrionico non lascia alla sua preda neppure il tempo di accorgersi di essersi innamorata, che la getta via. Perde di importanza ai suoi occhi nel momento in cui capisce di averla conquistata, di averla in pugno e lo fa in modo brusco: tronca la relazione spesso senza dare spiegazioni. Un istrionico sa dove e chi colpire, magari dopo aver studiato a tavolino il piano di corteggiamento. Non vi è autenticità nel suo modo di sedurre, ripete sempre lo stesso identico rituale, è solo la preda che cambia. Quando trova il modo giusto di proporsi, quando questo funziona, piace, questo diventa il suo stile, la sua arte nel sedurre. È questo che lo eccita, non è tanto il sesso il suo scopo, quello gli interessa solo marginalmente. Cristiano avvicina le donne con molta gentilezza, le abbaglia con il suo romanticismo a volte un po’ retrò, con quella sua galanteria da uomo vecchio stampo. Lui si eccita nel vedere lo stupore negli occhi delle donne mentre mostra loro il suo regno: auto di lusso, ville, ricevimenti e viaggi. Chiaramente lui non è attratto da donne “costruite” o del suo status, bensì da donne semplici, emotivamente fragili, sensibili, che si commuovono quando lui racconta la storia della sua vita: cresciuto con la nonna, i genitori deceduti in un incidente stradale quando lui aveva sette anni. Cristiano cerca nella donna protezione, cerca una donna che si prenda cura di lui, una donna fedele, capace di sopportare i suoi capricci. Le arrampicatrici sociali hanno vita breve. Un istrionico tesse la sua tela con maestria e abilità. - Inquietante. Te lo sei mangiata a colazione il libro di Walter Riso? Ok, Vic, ora il quadro è più chiaro: pensi possa guarire, o perlomeno migliorare? - Lo spero. Comunque il fatto di avere una diagnosi approssimativa dalla perizia medica, gioca sicuramente a nostro favore. Il fatto che io sospetti che lui abbia un disturbo bipolare latente per ora rimane qui, anche perché sai quanto io sia scettica sullo sparare sentenze a bruciapelo che possono rovinare del tutto un paziente. L’ho obbligato comunque ad andare da un collega neurologo del quale io mi fido ciecamente: ho bisogno di più informazioni possibili. È già fissata la data del processo? - No, ancora no, ma non dovrebbe essere lontana, qualche settimana al massimo. - Bene, ora possiamo rilassarci un po’, tesoro?
- Sì, ora godiamoci questo angolo di paradiso. Valentina cammina spedita verso una delle saune esterne: fa freddino o, perlomeno, uscire dall’acqua praticamente bollente le fa questo effetto. Si gira per individuare dove sia finita Victoria e la vede intenta a parlare con un tipo. Le viene da sorridere, non è da lei. Si gira di scatto urtando contro Viola. - Oddio, scusami, non volevo! Ti sei fatta male? - No, non preoccuparti... dice Viola, che è finita rovinosamente sull’erba. - Certo che mi preoccupo, scusami sono talmente abituata a correre che... Sono una frana, scusa. - Effettivamente ci vuole un attimo ad abituarsi alla lentezza. - Sì, scusami ancora. Per farmi perdonare posso almeno offrirti qualcosa? Si guardano dritte negli occhi e Viola non riesce proprio a declinare l’invito. - Ok, grazie, bevo volentieri un sorso di acqua. Si mettono in veranda e da subito si trovano a proprio agio.Dopo essersi raccontate un po’, decidono di farsi compagnia durante il percorso benessere. Valentina è talmente abbagliata dalla bellezza di Viola che non fa che arrossire. Viola è completamente a suo agio e si stupisce di come la compagnia di quella sconosciuta la faccia sentire euforica. Se le si osserva bene, non si può non notare una sottile complicità fra le due donne. Concludono il percorso sorseggiando una tisana calda su un comodissimo fouton. Poi tutte e due decidono di andare a fare la doccia negli spogliatoi. - Se vuoi venire nel mio, è privato, molto spazioso e ha due phon potentissimi. Quelli nello spogliatoio comune non asciugano una mazza, si forma spesso la fila per cambiarsi. - Sei gentile, ti ringrazio. - Prego, da questa parte. - Viola, devo andare ad avvisare la mia amica, ti raggiungo fra un attimo.
- Certo, ti aspetto dentro. - Ok, torno subito. Non la sente neppure entrare; Valentina chiude la porta dietro di sé e gira la chiave. - Ehi, eccoti, mi chiedevo dove fossi finita. - Non trovavo più la mia amica Victoria: era a fare una seduta di qualcosa come abbraccioterapia. - Sì, con Luca, la sto facendo anche io: è molto efficace! - Ma dai? - Mi dai una mano con questo top? A volte mi domando perchè inventino cose così complicate da indossare. E io scema che le compro! Mi capita spesso nelle sfilate. - Di dover indossare cose oscene? - Sì, e scomode. A volte mi stupisco che non ci siano le istruzioni per l’uso. - Stai benissimo. Vieni qui, ci penso io. Con una carezza le sposta i capelli su una spalla, allacciando i ganci del corpetto. Le sfiora con un tocco leggero la pelle nuda del collo. Un brivido scuote Viola che si irrigidisce. Dopotutto non è la prima volta che le mani di una donna la toccano: durante le sfilate quattro, sei mani contemporaneamente la palpano, aggiustano i vestiti mentre l’aiutano a cambiarsi. Ma ora è diverso. Lei si sta eccitando all’idea che Valentina la possa anche solo sfiorare di nuovo. La desidera, ecco cosa fa la differenza. Lei desidera le sue attenzioni: vuole quelle mani su di lei, desiderava essere esplorata da quelle lunghe dita sottili. La eccita l’idea dei suoi piccoli seni strusciati contro gli enormi seni di Valentina. Le avrebbe morso i capezzoli finchè fossero diventati turgidi. L’avrebbe baciata: non aveva mai baciato una donna. L’avrebbe leccata: non aveva mai leccato una donna. Si sente avvampare, brucia di desiderio. Valentina è ancora sotto la doccia quando Viola si ferma di colpo e comincia a fare l’esatto contrario di quello che sta facendo prima. Si sveste, si toglie tutto, compreso il top che
Valentina le ha appena agganciato. Prende dal beauty la boccetta dell’olio e comincia a ungersi. Comincia dai piedi, posa una gamba sulla rastrelliera e sale piano fino alla coscia. Sente il rumore dell’acqua della doccia fermarsi e vede Valentina in accappatoio davanti a lei con lo sguardo ipnotizzato sulle sue mani che spalmano olio ovunque sul suo corpo. Viola fa una cosa che non aveva mai fatto davanti a un estraneo, tanto meno davanti a una donna: unge il pube, divarica leggermente le gambe e si tocca dando dei piccoli colpetti sul clitoride e introduce un dito in profondità. Ansima. Valentina le si avvicina e Viola smette di masturbarsi. I loro occhi si incontrano. Si baciano intensamente mentre i loro respiri si fondono. Viola la libera dall’accappatoio: ora erano l’una di fronte all’altra. Prendono entrambi dell’olio e cominciano a ungersi i seni a vicenda, i piccoli seni di Viola diventano sodi, il gioco continua con una lentezza surreale. Sempre più giù e ogni volta che una unge l’altra, ci posa sopra le labbra e bacia quel pezzo di corpo. Olio, tocco e bacio, così su tutto il corpo. Viola fa sedere Vale, si inginocchia, le apre le gambe e inizia a esplorarla: infila delicatamente un dito in vagina, mentre le morde uno e poi l’altro capezzolo. Valentina gode e si ritrae su quella panchetta instabile, attenta a non perdere l’equilibrio, il respiro sempre più corto. Viola è sempre più bagnata, le piace toccare l’eccitazione dell’altra, annusarla. È come vedersi riflessa in uno specchio. Cosa esiste di più eccitante di una donna che sta raggiungendo l’orgasmo? Ed era lei che glielo stava provocando. Toglie le dita e inizia a baciarla tra le cosce, succhia fino a farle emettere un gemito di piacere. Valentina, la scansa, mette l’accappatoio a terra, le si sdraia sopra, si strusciano contro ritmicamente, si baciano. Valentina le divarica le gambe, le bacia le cosce, apre le grandi labbra e con la lingua lecca con foga il clitoride, le mani sui piccoli seni. Viola si perde in quelle meravigliose sensazioni. Poi ancora un lungo bacio: si scambiano il loro sapore. Dita e lingue che colmano, leccano. Godono l’una dell’altra in una danza d’amore che le lascia completamente appagate dall’orgasmo che esplode all’unisono in entrambe. Abbracciate, tremanti l’una di fronte all’altra, cominciano a ridere come due pazze isteriche. - Questo è amore! - Vale, questa sì che è stata una sana, liberatoria scopata! - Viola, ripeto: questo è amore!
- Vuoi dire che siamo...? - È una vita che io lo so e ho capito da subito che lo sei anche tu, dal primo momento che ti ho vista. - Peccato che io non me ne sia mai resa conto! Victoria è rimasta sola in una piccola vasca idromassaggio. Poco lontano, prima, aveva notato una coppia che sembra essere molto affiatata. I loro corpi erano armoniosi, uniti in un intenso abbraccio. Chiude gli occhi. Nella quiete del silenzio ci puoi trovare di tutto: pace, appagamento, malinconia. Ci sono stati momenti in cui era forte in lei il desiderio di essere avvolta nelle braccia di un uomo che la volesse veramente amare, desiderare, accogliere... Ma non questa sera dove la clessidra del tempo si è fermata e vorrebbe godere di questo appagante momento di solitudine. Apre gli occhi e vede la coppia dividersi, lei si allontana esibendo un corpo da top model ridotto a pelle e ossa. Appoggiata al bordo della piscina, Victoria posa il mento sulle mani. In quel momento si rende conto della piscina completamente deserta. Luca le si avvicina e lei dice: - Siamo rimasti gli unici in acqua. - A quanto pare. Non è che mi dispiaccia! - Ma dai... pensavo che fosse la tua donna. - No, è una mia paziente. Oddio, pensa Victoria, sono in trappola: addio relax. - Eppure davate l’idea di essere molto affiatati, molto vicini. - Stavamo facendo abbraccioterapia in acqua: è il mio lavoro. - Scusa? Vorresti dire che tu vieni pagato per abbracciare le persone? - Sì, però la cosa non è così riduttiva! Prima non lo facevo per lavoro, mi serviva per tenere sotto controllo i dolori.
- Sei malato? - Sì, sono fibromialgico. Sai di cosa si tratta? - Diciamo che so perfettamente di cosa stai parlando. - La balneoterapia in acqua termale dà ottimi risultati e affiancata all’abbraccioterapia è stupefacente! - Incredibile, avevo sentito parlare della watsu terapia (shiatsu in acqua, praticamente). - Qualcosa di simile. - Servono delle qualificazioni? - Sono istruttore di nuoto, ho scoperto di essere fibromialgico qualche anno fa e per anni non ho lavorato. Venire qui più volte alla settimana mi alleviava un po’ il dolore, poi un giorno ho conosciuto una fisioterapista che riusciva a tenere sotto controllo i dolori dei suoi pazienti abbracciandoli in acqua. Otteneva risultati sorprendenti, tanto che la cosa ha suscitato interesse tra i medici, e così eccomi qua. Chiaramente sono tutte persone seguite da uno psicoterapeuta che prepara il terreno, poi vengono da me e io concludo l’opera. - Interessante, molto interessante: io sono una psicologa. - Allora chi meglio di te può capire? - Già, chi meglio di me? Lei lo guarda e lo ascolta attentamente - in fondo è il suo lavoro - ma c’è dell’altro: lui ha un modo di fare che lo rende ai suoi occhi affascinante, forse quel viso da bambino con quel corpo da dio greco, con quella voce... Sì, è la sua voce a colpirla. - Vuoi provare? Victoria esita un attimo poi dice: - Perché no?
- Ok, io mi chiamo Luca. - Piacere, Victoria. E adesso? - Adesso chiudi gli occhi, ti rilassi. Dimentica di avere una mente, ascolta solo il tuo respiro. Victoria esegue gli ordini, anche se si rende conto dal primo contatto con le sue mani che quell’uomo le procura un brivido particolare. E Victoria sa benissimo di cosa si tratta: attrazione! A fine serata, Luca chiede a Victoria se ha voglia di cenare con lui, lei accetta spiegando che ci sarebbe stata anche la sua amica Valentina, se non vi erano problemi. Valentina invita Viola, che ne è entusiasta. Cenano in un ristorantino nella piazza principale, a lume di candela, perfettamente a loro agio, Valentina e Viola spesso incrociano le loro mani sotto il tavolo: Viola è radiosa e anche Luca non può non notare che il suo volto ha cambiato espressione. L’amore è un balsamo rigenerante, pensa e anche lui avrebbe voluto rimanere solo con Victoria, ma non vuole apparire sfacciato. Alle due di notte, quando arrivano al parcheggio si limita a ringraziare Victoria per la bella serata e a chiederle il numero di telefono. Poi riaccompagna in hotel Viola, che rimane d’accordo con Valentina per vedersi il giorno dopo. Tutti e quattro si rendono conto, mentre prendevano sonno nei rispettivi letti, di quanto sia stata speciale quella serata, una di quelle magiche notti dove la luna si rispecchia nel lago, dove i locali sulla sponda appaiono più che romantici, dove la piacevole brezza rende questi posti unici e, se ci si aggiunge l’incontro della persona giusta al momento giusto... una serata che nessuno di loro avrebbe mai potuto dimenticare. Lì dove la luna si scorgeva fra i rami dell’ulivo, palla lucente in un cielo stellato. Lì dove il rumore degli scrosci d’acqua, che sgorga potente, rumorosa e sovrana. Lì dove le luci della sponda opposta del lago creano la magia... Scorgere dalle nubi di vapore corpi avvinghiati che si cullano.
Io mi stringo le ginocchia e mi abbandono alla solitudine. Nei giorni successivi alla serata alle terme Luca più volte ha composto il numero di Victoria, ma non ha mai avuto il coraggio di far partire la chiamata. Victoria è impegnata con il lavoro, l’udienza di Cristiano è fissata prima del previsto, e sta sveglia fino a tarda notte a spulciare manuali psichiatrici e, nonostante ne abbia voglia, non chiama Luca. Dopotutto se lui fosse stato realmente interessato si sarebbe fatto sentire prima o poi. Viola e Valentina si vedono spessissimo, sempre più innamorate. Cristiano va volentieri alle sedute, Victoria è una donna molto intelligente che lo affascina e ha capito che fino al processo gli conveiene seguire le sue indicazioni. Si sta riprendendo e desidera archiviare definitivamente l’infelice periodo. Il giorno del processo arriva, e Valentina fa un ottimo lavoro. Le accuse su Cristiano cadono e per festeggiare lui dà una festa alla villa al mare di sua nonna, chiaramente Victoria e Valentina sono le ospiti d’onore. Valentina accetta subito dicendogli che avrebbe portato la sua amica Viola e Victoria, sapendo di non poter mancare e avendo notato come la guarda ultimamente Cristiano segue le orme dell’amica: anche lei non si sarebbe presentata sola al ricevimento, dopotutto sapeva che lui avrebbe accettato l’invito. - Pronto? - Sì, ciao sono Victoria, ricordi... le terme? - E come potrei dimenticare una mia potenziale paziente? Abbracci bene, sai? Victoria avvampa, felice di non averlo davanti. - Io... ti ho chiamato per chiederti un favore. - Dimmi tutto. - Bè, volevo invitarti a un ricevimento in una villa al mare di un mio paziente, mi toglieresti da una situazione che potrebbe prendere una piega imbarazzante. - Quando? - Questo fine settimana. - Fammi pensare, sei fortunata: sono libero.
- Wow! Veramente? Finge che la cosa l’abbia stupita. - o a prenderti io? Mandami un messaggio con l’indirizzo e l’ora. - Ok, grazie per ora: ti devo un favore. Luca a a prenderla puntuale, durante il viaggio, parlano di Cristiano, di Viola, di Valentina, del lavoro e della loro vita. Arrivano alla Villa poco dopo le quindici, Viola e Valentina sono arrivate in mattinata e Cristiano li presenta a diversi invitati prima di farli accomodare nel salone principale. La Villa è qualcosa di veramente stupefacente e anche Victoria rimane colpita dalla bellezza di quel luogo.
NELLA VILLA DELLA NONNA DI CRISTIANO
L’amore è una strada a senso unico: parte da te e va verso gli altri. Se pensi di trattenere per te qualcosa o qualcuno, anche per un attimo, l’amore ti muore tra le dita” M. Quoist
Avete presente quel magico momento, quando tutto intorno a voi non esiste più, quando sentite che tutto il vostro essere viene accarezzato da quella stupenda sensazione di pace, calore, quando vi riconoscete negli occhi di un altro essere che sta provando le vostre stesse emozioni? Intorno a quello sguardo, il tempo si ferma e non ci sono più rumori: solo due cuori che sembrano battere allo stesso ritmo, solo due bocche troppo vicine, così vicine che sembrano respirare lo stesso ossigeno, e, ancora, due corpi che vogliono diventare uno, fondendosi come hanno già fatto le loro anime. Ti senti capito, ti senti apprezzato, ti senti amato, ti senti accolto e protetto. In quel momento la percezione dello spazio e del tempo vengono oscurati e emerge solo l’amore. Quanto adoriamo e agogniamo questa magia, tante volte rincorrendola per anni, tante volte facendola riemergere dai nostri ricordi, come nostalgia, tante volte sognandola ad occhi aperti, aiutati dalla fantasia, e ci rendiamo conto che ancora nessuno ci ha colto. Incrocio il tuo sguardo scostante e riesco per un attimo a catturarne l’attenzione. Un brivido mi percorre la schiena, leggo nei tuoi occhi che vorresti tenermi stretta anche solo per poche ore. Il desiderio cresce in me come l’alta marea, inspiro tutta la frustrazione della situazione. In fondo lo sappiamo entrambi che se ci trovassimo soli in una stanza non potrebbe che accadere. Quando un uomo sfiora con dolcezza l’intelligenza di una donna, si è già preso tutto di lei, ci ha già fatto l’amore: l’intimità di uno sguardo, a volte vale di più di desiderare le tue mani sul mio corpo. Eppure vorrei sentire che sapore hanno le tue labbra, sciogliermi tra le tue braccia e sentirmi tua per un lasso di tempo infinitamente breve, ma intenso come quello sguardo che è per me ormai indelebile. Mi hai accarezzato l’anima e, quando sarai pronto, potrai accarezzare tutto di me.
Ecco cosa pensa Victoria mentre guarda Luca che, a pochi i da lei, sta parlando con Valentina e Viola. Luca e Victoria per tutto il giorno si cercano, anche solo con lo sguardo. A cena, la mano di lui sfiora la sua persona, facendola trasalire e inondandola di desiderio. Durante il ricevimento hanno provato più volte ad appartarsi, ma nulla da fare: c’è sempre qualcuno che li interrompe, che li divide. Luca ha bisogno di staccare da tutto quel casino, ha bisogno di silenzio. Posa il bicchiere sul vassoio di un cameriere e si dirige verso la spiaggia: scende qualche gradino a ridosso della scogliera ed eccolo lì. Il mare, la musica in lontananza meno assordante. Si toglie le scarpe, si avvicina alla riva, si ferma, aspetta che l’acqua di una dolce onda gli bagni i piedi, e poi chiude gli occhi, aspira a pieni polmoni e si sente vivo come non lo è mai stato. Sente delle mani cingergli la vita da dietro, lui gliele stringe e gliele accarezza. Lei adora le sue mani calde, non troppo grandi, delicate, mani da pianista. Lei appoggia il viso alla sua schiena: quelle spalle da nuotatore lo rendono irresistibile. - Cosa fai qui tutto solo? - Cerco il silenzio: a volte mi calza a pennello, come indossare un fresco vestito di seta in un’afosa giornata d’estate, a volte invece pare così pesante e prepotente da indurci a romperlo, perché ci sta troppo stretto addosso. Ora sono uno di fronte all’altra, la brezza marina le scompiglia i capelli e l’anima. Lui accarezza entrambi con dolcezza, poi la bacia sulla fronte e la stringe forte. In silenzio si guardano dritti negli occhi e, senza parlare e senza sfiorarsi, cominciano a svestirsi. Poi si prendono per mano e nudi entrano nell’acqua. Lui la cinge con fermezza e finalmente la bacia. È un bacio talmente lungo e appagante che Victoria pensa che, se avesse potuto fermare il tempo, quello sarebbe il momento giusto. Si sente protetta, si sente accolta mentre lui delicatamente la sorregge per non farla bere. - Hai freddo? - No, sto bene. - Ma tu proprio non riesci a stare lontano dall’acqua? - È una cosa più forte di me è il mio elemento, non so come spiegarlo, ma quando sono nell’acqua, mi sento a casa. L’acqua è vita, l’acqua purifica.
- Sai che ci sono persone che sono in grado di dirti se nella tua personalità c’è molta acqua guardandoti negli occhi? - Sì, come in “Memorie di una geisha”, dove è scritto: “[...] una paziente attesa non ti si addice. Vedo che nella tua personalità c’è molta acqua. L’acqua non aspetta mai. Cambia forma e scorre attorno alle cose trovando sentieri segnati a cui nessun altro ha mai pensato [...]”. - Bellissimo quel libro. Un altro bacio, un altro abbraccio. - Rientriamo, hai i brividi. - No, Luca, restiamo. Ti prego. Luca sistema frettolosamente i vestiti a mo’ di giaciglio. Si avvinghiano l’uno contro l’altro strusciando, toccando, baciando: due corpi che si fondono e che si cercano sotto un cielo stellato. Come sottofondo il rumore delle onde che si infrange sugli scogli, il canto dei gabbiani in lontananza. Bocche che si leccano via il sale dalla pelle ancora bagnata di mare, sabbia che si insinua fastidiosa tra le pieghe della pelle. Victoria è completamente in balia delle sue emozioni, non ci fa caso: ansima, morde, bacia. Luca sembra non averne mai abbastanza di quel corpo, la adora. - Dio mio, Victoria, quanto sei bella. Ti piace? - Sì! Non smettere mai Luca! - Non smettere mai di fare l’amore con te o non smettere mai di amarti? Silenzio, e ancora baci, coccole, carezze. - Amare e fare l’amore sono la stessa cosa, Luca. Victoria inarca la schiena, sta per venire e lui non riesce proprio a non dirglielo: - Mi fa impazzire vederti godere: sei fantastica, vieni, amore mio. Lei ha un orgasmo prepotente, il cuore sembra voler saltar fuori dal petto, un
gemito di piacere rompe il silenzio dei loro respiri. La trattiene stretta a sé per poco, poi proprio non resiste: le solleva le gambe e la penetra di nuovo e lei non può che lasciarsi trasportare da tutto quel piacere che la rapisce, la porta lontano. Un orgasmo simultaneo li fonde: sigillo del loro amore. Lei trema, lui la avvolge, la pulisce delicatamente come nessuno mai aveva fatto. Poi si guardano negli occhi: - Bello. - No, Victoria, direi fantastico! - Se prima sapevo che mi piacevi, dopo questa sera ho la certezza che sarà dura sbarazzarti di me. - Io non voglio sbarazzarmi di te, né domani né dopodomani. Io voglio semplicemente amarti. Si aiutano a rivestirsi, consapevoli entrambi che quella non era stata solo una sana scopata. Si prendono per mano, ogni tre i si fermano a baciarsi, non ce la fanno, hanno ancora bisogno del contatto. Andare a dormire da soli significherebbe non dormire affatto, però sono ospiti e non vogliono urtare Cristiano. Optano per due nuotate nella piscina interna alla villa, tanto ormai sono bagnati. È la chicca della stupenda struttura che Cristiano non ha esitato a far ammirare ai suoi ospiti. Fanno il giro della casa, entrano dalla porta di servizio dove camerieri e cuochi non li notano nemmeno, tanto sono impegnati. Scendono le scale di pietra appoggiandosi alla finissima ringhiera in ferro battuto, le fievoli luci conferiscono al luogo un’atmosfera a dir poco romantica. Le scale conducono direttamente alla piscina idroterapica ricavata nella roccia viva del monte e caratterizzata da un percorso segnato da zone d’idromassaggio e giochi d’acqua. Originariamente la grande villa era un antico Convento dei Cappuccini, costruito nel cinquecento, luogo di studio e meditazione per i frati dell’ordine sino ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, che lo lasciarono in rovina. Fu la nonna di Cristiano ad acquistare il rudere e a compiere la ristrutturazione del chiostro e dei sotterranei, luoghi affascinanti ed evocativi: la grotta del silenzio che ora lascia spazio alla zona relax - e, poco lontano, una suggestiva fontana, dove è possibile immergersi nelle acque tiepide e rigeneranti. Luca tiene per
mano Victoria per il breve tragitto e si fermano sull’ultimo gradino, prima che l’acqua li bagni. Ganci in ferro battuto sono appesi alle pareti nella roccia a vista, dove Luca appende i suoi vestiti. Victoria è lenta, rapita dal quel luogo magico, intriso di storia e bellezza. Luca meno affascinato dal luogo, ma perso nell’ammirare il corpo di Victoria. Di nuovo nudi e ancora infreddoliti si tuffano nell’acqua calda che li avvolge, offrendo loro protezione e calore. - Luca questo posto è qualcosa di pazzesco, io non ho mai visto nulla di così affascinante! - Non è il posto, sono io a renderlo speciale. - Poco modesto il ragazzo, potrei dire la stessa cosa. - Ma infatti è così, sei tu la perla che brilla in queste acque. - Spiritoso. I corpi sempre più vicini tra un guizzo e l’altro, Luca le afferra una gamba e l’attira a sè, la cinge, le bacia il collo, poi il viso fra le mani, le carezze sul collo e poi sul seno. Lei che ansima e lui che la bacia. Sussurri non capiti, perché coperti dal suono dell’acqua che scorre, lui la vorrebbe ma non osa. Si stacca da lei imbarazzato dall’evidente erezione. Fa due bracciate, poi lei lo raggiunge. - Che fai, scappi? Poco carino! - Non scappo, è che tu hai un potere... destabilizzante, dottoressa. - È il peggior complimento che una psicologa possa ricevere. Mi piaci molto. Vieni. Lo prende per mano, percorrono tutta la vasca e si trovano davanti a una porta apparentemente sprangata. Victoria la spinge e con facilità si apre. - Porca miseria! Ma che posto è questo? - È un roseto, il nascondiglio segreto della nonna di Cristiano. - Ma tu come fai a sapere di questo posto, a me e agli altri ospiti non ne ha fatto parola.
- Sono o non sono la sua psicologa? E sto anche violando il segreto professionale solo per dimostrarti che mi fido di te. Prendono degli asciugamani puliti appoggiati su un’antica panca e eggiano per il roseto con il cuore in gola, colmi di desiderio, avvolti dal profumo e dai colori delle rose. - Certo che questi ricchi si trattano proprio bene. - Direi proprio di sì, anche se a volte non riescono ad apprezzare. Conoscendo Cristiano, questo è lo specchio per le allodole per le sue conquiste. L’unica persona che ha amato questo luogo è sua nonna. - L’intelligenza femminile non si smentisce mai. - Puoi dirlo forte. - Quante specie di rose ci saranno? - Non ne ho idea, non ho il pollice verde, riesco a far morire anche la rosa di Natale. - Questo profumo così intenso quasi stordisce, mi sta salendo il mal di testa. - Vieni qui, ti faccio un massaggio. Luca non sa se dire che ai fibromialgici non fa bene essere massaggiati, poiché l’infiammazione dei muscoli peggiora, ma non vuole offendere Victoria che si è posizionata a terra con le gambe incrociate, Luca la imita dandole le spalle. - Chiudi gli occhi. - Fatto. Victoria parte dalla base del collo, facendo delle piccole delicate digitopressioni a salire, su fino alla nuca, poi a al viso, alle guance, gli zigomi, le tempie, il cranio. Victoria alterna piccoli massaggi circolari usando due dita. Luca si sorprende di non provare dolore e nemmeno fastidio: gli piace sentire quelle mani sulla sua pelle, sulla quale da anni non si lascia toccare. È come riscoprire una sensazione ritrovata. Ora Victoria posa l’indice sulle labbra, lui dischiude i
denti e le succhia il dito, poi dà piccoli morsi sul dorso della mano di lei e disegna un sentiero di baci lungo il braccio. Luca ha le mani sul suo seno, Victoria, eccitata, gli si siede sopra a cavalcioni. Si muovono lenti, al ritmo di chi vuole godersi tutto dell’altro, ogni momento deve essere colto. Luca le slega con un gesto rapido l’asciugamano svelando il suo ventre piatto, il suo pube completamente depilato che lo eccita da morire. - Victoria, ti voglio, ho voglia di te. È come se tu non mi bastassi mai. Si abbracciano, si baciano e lui, che vuole vederla appagata, le infila due dita dentro e con una mano sotto il sedere con un dito si fa strada anche li. La sente bagnata, gli piace vederla godere. Muove le dita dentro lei ritmicamente, intanto la bacia con ione. Victoria si svincola da lui e fanno l’amore. - Ti piace? - Da morire. Scopami Luca! - No, Victoria, io non scopo nessuno. Io sto facendo l’amore con te. Respiri corti, battiti cardiaci impazziti, baci, carezze. Poi Luca si alza e piglia una rosa, poi un’altra e un’altra ancora, libera i petali e li posa sul pube di Victoria, e poi sui seni. Il tempo sembra fermarsi, lui la ricopre di petali di vari colori, e lei si sente la sua regina, si sente amata come mai nessuno aveva mai potuto fare e due lacrime le rigano la guancia. Si gira, non vuole che lui la veda. Avvinghiati l’uno all’altro sentono un tonfo che li fa trasalire svegliandoli dal torpore post-sesso. - Forse è meglio farci vedere, qualcuno si potrebbe anche preoccupare. Ripercorrono tutto il tragitto fino ai loro vestiti ancora bagnati e salgono in casa. Questa volta optano per l’ingresso principale. Tanto avrebbero avuto una scusa, ora che piove a dirotto, per giustificare i vestiti fradici. È ata da poco l’una, le macchine degli invitati lasciano silenziosamente la
villa, si sente solo il rumore delle ruote sulla ghiaia e qualche cameriere del catering intento a raccogliere bicchieri mezzi pieni abbandonati sul bordo della piscina. Dopotutto era stata una festa ben riuscita gli ospiti non si erano particolarmente annoiati, il buffet era stato gradito, curato nei minimi particolari, proprio come piace a lui. Eppure mentre Cristiano percorre il lungo e stretto corridoio che separa l’ala giorno dalle camere, un velo di tristezza lo assale. L’amica di Valentina, Viola, l’ha stregato: bella da togliere il fiato, un po’ troppo magra (classico delle modelle), elegante e maliziosa. Proprio il tipo di donna che lui sta cercando da sempre. Ha provato ad avvicinarla, ma nulla l’ha persuasa a stare sola con lui, e ora un sospetto che diventa reale, un sospetto che si materializza davanti ai suoi occhi come un incubo della peggiore specie: la porta della camera di Viola è chiusa. Ha preso congedo da lui e dagli altri invitati poco dopo la mezzanotte, con la scusa di accusare un gran mal di testa, colpa dello champagne, non lo regge, gli ha sussurrato all’orecchio. Lui l’avrebbe voluta accompagnare, ma lei ha rifiutato con quella sua dolcezza che non permette repliche. Nel bacio di commiato gli ha appena sfiorato la guancia dolcemente e lui ne sente ancora il tocco leggero. Eppure non è possibile. Forse i rumori indiscreti arrivavano da un’altra camera. Si avvicina quasi origliando e non ci sono dubbi: i sussurri arrivano proprio dalla camera di Viola. Forse Viola sta solo guardando un film, ma il cuore gli martella in petto e il sudore gli imperla la fronte. La collera gli monta fino a essere incontenibile: Viola è con qualcuno. Ma con chi? Deve scoprirlo, al più presto. Gli viene in mente di quando era piccolo e di come asse le giornate con i figli dei domestici a cercare nascondigli segreti che il convento custodiva. Si rammentò allora dei piccoli spioncini che permettevano ai monaci di comunicare da una cella all’altra (venivano usate per le confessioni). Ora si tratta di capire se la camera attigua a quella di Viola ne sia provvista e ricorda di come la nonna si fosse data tanto da fare durante i restauri, perché anche i più piccoli particolari rimanessero invariati. Gira la chiave, abbassa la maniglia e accende la luce, tutto molto lentamente, per non fare rumore. Entra e cerca, attento a non trascurare alcun particolare del murales dipinto a trompe l’oeil che occupa l’intera parete adiacente alla camera di Viola. Eccolo: un piccolo gancio che nel dipinto rappresenta il catenaccio del portone di una chiesetta in realtà è un gancio vero che Cristiano, spenta la luce, non esita a tirare lentamente verso di sé tanto da poter sbirciare dalla piccola fessura venutasi a creare. Quello che vede, lo fa trasalire: una donna è china tra le cosce nude di Viola, che dall’espressione del volto, non lascia ombra di dubbio sul suo essere o meno appagata. Viola accarezza i corti capelli della donna che Cristiano riconosce solo nel momento in cui entrambe si sdraiano una accanto all’altra. Un lungo e ionale bacio lo tramortisce: scioccato e ferito nel suo orgoglio di
uomo tutto d’un pezzo si lascia scivolare a terra, al buio, con le mani a sorreggere la testa pesante: un senso di nausea e di vertigini lo assale, non gli rimane che aspettare che il battito del cuore riprenda il giusto ritmo e con uno sforzo immane si trascina verso la sua camera in fondo al lungo corridoio. Come è potuto accadere? Viola, la sua dea, la donna che sempre ha cercato, altro non è che una lesbica. La cosa che più gli fa schifo è che quelle due donne si amano. Lo si capisce dai loro sguardi, dal modo in cui si toccano, da come fanno l’amore. Non stanno scopando, no. Quelle due donne si amano e lui non lo può tollerare. Come ha potuto non capire. Che ingenuo sono! Tutto quel corteggiamento senza ottenere da lei non più di un bacio sulla guancia. Perché non glielo hanno detto? Perché tenerlo all’oscuro? Ok, Valentina è il suo avvocato, ma lui avrebbe capito, non l’avrebbe perso come cliente. O c’è dell’altro? Deve per forza esserci dell’altro, una congiura contro di lui, ecco cosa sta succedendo: prima Veronica e ora Viola. Ma che cazzo frulla in testa alle donne ultimamente? Un tarlo comincia a insinuarsi nella sua mente macchiavellica, e si sa: i tarli producono buchi neri. Cristiano viene assalito dal ricordo della lettura di un brano di Tolle che gli ha propinato Victoria durante una seduta: “[...] dal lato positivo voi siete innamorati dell’altra persona. Questo è dapprima uno stato profondamente soddisfacente. Vi sentite vivi. La vostra esistenza è all’improvviso diventata significativa perché qualcuno ha bisogno di voi, vi vuole e vi fa sentire speciali, e voi fate lo stesso nei suoi confronti. Quando siete assieme vi sentite completi. Questa sensazione può diventare tanto intensa che il resto del mondo sbiadisce e diventa insignificante. Tuttavia, avrete forse notato che in tale intensità vi sono un senso di bisogno e una qualità di attaccamento. Diventate dipendenti dall’altra persona che agisce su di voi come una droga. Siete ‘su di giri’ quando la droga è disponibile, ma perfino la possibilità o il pensiero che tale persona possa non esserci più per voi può condurvi a gelosia, possessività, tentativi di manipolazione attraverso ricatti emotivi, accuse: paura della perdita. Se l’altra persona vi lascia, questo fatto può far nascere la più intensa ostilità o l’afflizione o la disperazione più profonda. In un attimo la tenerezza affettuosa può trasformarsi in un attacco selvaggio o in un dolore orribile. Dove è finito l’amore? L’amore può trasformarsi nel suo contrario in un attimo? Era amore in primo luogo o soltanto attaccamento alla sua dipendenza?”. Queste parole gli martellano in testa, ma purtroppo non riesce a coglierne il vero significato, la sua attenzione si focalizza solo sulle domande finali: dove è finito l’amore? L’amore può trasformarsi nel suo contrario in un attimo? Era amore in
primo luogo o attaccamento alla sua dipendenza? Gli viene in mente di come Victoria avesse tentato di fargli capire come fosse delicato e sottile quel legame che unisce le persone che si cercano, che si amano. Aveva parlato di vibrazioni e gli aveva fatto leggere una poesia: Vibrazioni Fili sottili che uniscono le persone. Sottili vibrazioni che emozionano. Fili sottili che legano persone che si cercano, che si attraggono e che a volte si amano. Fili sottili che legano, che vibrano e che producono emozioni che a volte non sono poi così sottili. Fili sottili che a volte si spezzano. Sì, vuole che quelle due donne si odino, vuole che il loro legame si spezzi. Desidera Viola e lei è perfetta per lui e deve pagare per aver preferito a lui una donna! Luca si sveglia dopo aver trascorso la notte con Victoria. Le prime luci dell’alba filtrano dal tendone della grande vetrata che si affaccia sul mare, il fruscìo delle onde l’ha cullata nel sonno tutta la notte. Il vento si è placato e ora il suo respiro regolare è più percepibile. Potrei starla a guardare per il resto della giornata, è così dolce l’espressione del suo viso anche quando dorme. Le sfioro la gamba che è rimasta a contatto con la mia per molte ore e risalgo accarezzandola dolcemente, l’interno coscia è caldo e mi fermo a pochi centimetri dal pube, mi sto eccitando e il pensiero che lei mi rifiuti mi fa esitare. Sposto il lenzuolo e ammiro la sua pelle lucida, ambrata, che pare seta al tocco. Non so quanto possa resistere, la voglia di toccarle il seno, baciarla e leccarla sta diventando insopportabile: vorrei aprirle le gambe, annusare il profumo della sua eccitazione, infilarle le dita dentro, esplorarla finché non mi implora di prenderla, vedere inarcare la schiena all’indietro, per accogliermi. Il modo che ha di mordersi il labbro inferiore quando sta per raggiungere l’orgasmo mi manda in tilt. Succhiargliela come se fosse il frutto più dolce, e per me lo è. Quando sono dentro di lei che è sempre così bagnata, accogliente e unica.
Baciarla, baciarla. Non resisto più: mi avvicino, con molta cautela la sposto, quasi con una carezza. Victoria, Dio mio quanto ti desidero. Le ciocche di capelli che le incorniciano il viso, le sfioro le labbra schiudendole, mentre la mia lingua scivola dentro. Che sapore ha la felicità? Chiedetemelo fra qualche ora e vi saprò rispondere.
IL PIANO DI CRISTIANO
“Ogni dipendenza nasce da un rifiuto di affrontare e superare il proprio dolore. Ogni dipendenza comincia con il dolore e finisce con il dolore. Qualunque sia la sostanza, persona per cui avete sviluppato dipendenza, voi utilizzate qualcosa o qualcuno per mascherare il vostro dolore. Ecco perché quando è ata l’euforia iniziale vi è tanta infelicità, tanto dolore nei rapporti amorosi. Questi non causano dolore e infelicità, tirano fuori il dolore e l’infelicità che è in voi” Tolle
Il padre di Viola si sente tranquillo da quando sua figlia frequenta Valentina. Ha messo qualche chilo, gli ultimi esami inviati dall’endocrinologa sono buoni, ha ripreso il lavoro con entusiasmo ed energia. Lui pensa che Viola stia finalmente guarendo: vederla felice e serena lo riempe di gioia e il brutto periodo ato appare ormai un ricordo sbiadito. Tutto quello che ha dovuto affrontare negli ultimi anni dopo la prematura morte della moglie l’ha stremato: l’anoressia di Viola lo tortura e ora questa ventata di serenità gli appare un vero miracolo. Quando si esce da un tunnel doloroso come l’anoressia e, di conseguenza, ci si lascia alle spalle la depressione, tutto appare come una rinascita. Riscoprire il gusto di assaporare i cibi, il piacere di nutrirsi, non essere più ossessionati dal senso di colpa che ti porta a vomitare. Guardarsi allo specchio e scoprire di piacerti, avere voglia di cucinare qualcosa di sfizioso per te e per le persone che ami senza dover calcolare quanto ti potrebbe fare ingrassare. Scoprire di aver voglia di farsi bella e sentirsi tali, finalmente. Andare a fare shopping con le amiche e ridere dei propri difetti. Amare quelle imperfezioni che sono il marchio della nostra unicità. Sentirsi coccolata, amata, apprezzata, protetta, avere dei progetti, condividerli con chi ti sta accanto, sognare. Chi smette di sognare smette di vivere. Insomma, Viola è sulla strada giusta per guarire. Una cosa non ha ancora capito: quando si cade spesso si è soli; quando si sta per rialzarsi, spesso serve aiuto; poi, però, bisognerebbe riuscire a camminare con le proprie
forze, o dopo o. Lo sbaglio di Viola fu quello di attaccarsi morbosamente al pensiero che Valentina fosse la sua ancora di salvezza, che senza di lei non ce la potesse fare, che senza il suo amore le era impossibile vivere. Tutto questo la porta in breve a diventare ossessiva, gelosa e paranoica. Attaccamento e non amore. Valentina diventa per lei come una droga: se manca, lei sta male. Si sta annullando. Cristiano, da quella sera che l’ha spiata a letto con Valentina, non riesce a darsi pace: ai suoi occhi appaiono come nient’altro che delle puttanelle. Da mesi ormai le segue e tormenta con telefonate anonime, Viola che si sente minacciata e incompresa da Valentina che non dà minimamente peso alla cosa: dopotutto lei è un avvocato, e sa di essersi fatto qualche nemico. Viola è presa dall’ansia tutte le volte che sente squillare il telefono o legge sul display del cellulare “Anonimo”. Quando a volte si fa coraggio risponde, ma il silenzio dall’altro capo del filo le sega nervi, finché esplode con Valentina: - Fai qualcosa, lo vuoi capire che ho paura? Chiama il gestore, avvisa la polizia, fai qualcosa, cazzo! - Dai Viola, fallo tu. Sono impegnatissima, te l’ho già detto che sarà qualche depravato, o qualche nemico di qualche ex cliente che ho difeso. Tranquilla cucciola! - Cucciola un corno, sei una stronza egoista! - Quando ti comporti così sei proprio piccola: cresci un po’, Viola! - Sai cosa ti dico, Vale? VAFFANCULO!!! - Per così poco? Potresti alzare anche tu le tue stupende chiappette da top model e fare qualcosa, invece di lagnarti. Sempre la pappa pronta, tesoro! - È questo che pensi? - Sì. Questo è quello che penso: smettila di comportarti da bimba viziata, alla quale tutto è dovuto! - Dai dillo, dillo che ti sei stancata! Non vedi l’ora che mi levi dalle palle vero?
Valentina ora urla: - Ma che cazzo c’entra? Renditi conto che se non riesco a fare una cosa, può non avere a che fare con noi! Vuoi capire che stai diventando pesante e paranoica? Non la lascia terminare, Viola prende la borsa ed esce sbattendo la porta. Da un paio di settimane, Viola si sente trascurata. Vale le dedica pochissimo tempo, è molto impegnata con il lavoro e spesso quando si vedono è irascibile e finiscono per litigare proprio come poco prima. Questa mattina si sente veramente giù. È palese che qualcosa non va: lei si sente veramente innamorata, ma quando Vale non è con lei, a volte l’assale l’angoscia; ha ricominciato a mangiare poco, gli attacchi di panico si sono fatti più frequenti e anche se Victoria la sta seguendo, non riesce a sentirsi felice come è stata nei primi mesi, l’ombra della depressione l’assale a momenti e lei deve chiedere aiuto, e a chi, se non alla persona che ama di più sulla faccia della terra? Viola prende il cellulare e invia in WhatsApp un messaggio a Vale: “Mancarsi: conosco persone un tempo molto vicine, ora irraggiungibili...” Oggi è una di quelle giornate in cui definire il colore del cielo e del mio umore è praticamente impossibile. In alcuni momenti dal cielo cupo sembra filtrare qualche raggio di sole, fa capolino fra le nubi, poi scompare timidamente. Dove sono i miei pensieri positivi? Dove si nasconde oggi la mia indomabile vitalità? Nessuno si salva da solo, (il titolo di un libro della Mazzantini del quale io ne sposo l’essenzialità della definizione). Proprio perché nessuno si può salvare da solo, oggi più che mai, mi piacerebbe essere “salvata”, anche solo con un pensiero, magari da qualcuno che, come me, in questo momento ha l’anima svuotata, la mente appesantita, lo sguardo triste e la faccia di una che non è felice. Sì, salvami, ti prego: chiedimi se sono felice. Si mette nel letto con la coperta che le copre il viso, il cellulare in mano, ad attendere per ore una risposta che non arriva. L’ansia cresce, Viola singhiozza, le fa male il petto, il pensiero negativo si impossessa di lei. E se Valentina si fosse stancata? Da quanto non facevano più l’amore? E se avesse un’altra? E se stesse con lei solo per comione? Lei non può vivere senza di lei, non riesce a immaginare una sola giornata senza la sua Vale. Comincia a tremare, ha freddo, si sente sola, stanca. Prova a telefonarle, ma niente: il telefono dà libero e lei non risponde.
Prende di nuovo il cellulare e scrive di nuovo su WhatsApp un messaggio: “Non ho più voglia di rincorrere ‘qualcosa’ che mi sfugge e che non mi appartiene. Non è nella mia natura stare ancorata al ato, non ha più senso: come un fiume che scorre verso il mare, le mie emozioni vengono trasportate via dalla corrente per rendermi finalmente libera. Sono stata aggrappata a uno scoglio di ricordi per troppo tempo, ora il mio fiume deve fare il suo corso, portandomi lontano da quell’indifferenza al mio esserci; a volte, anche in punta di piedi, per non fare rumore, per non disturbare. Avere qualcuno che ti scalda la notte, quando fuori soffia il vento gelido. Avere qualcuno che quando hai voglia di amare è lì, pronto ad accoglierti. Avere qualcuno che quando sei incazzato, non riesci proprio a mandarlo affanculo, perchè quel qualcuno ti è entrato talmente nel profondo che sarebbe come mandarti a quel paese da solo. Avere qualcuno che ti accarezza le guance mentre le lacrime solcano il viso”. Da qualche tempo Cristiano si sente perfettamente calato nel ruolo di Sherlock Holmes, a gran parte del suo tempo libero a pedinare Viola o Valentina, o entrambe. Ormai ha assistito più volte alle scenate delle due “puttanelle”, e il quadretto amoroso a lui pare scontato: Viola è innamorata persa, e come tutti gli innamorati, ha le sue fragilità, in questo caso, non troppo nascoste. Se lei si fosse innamorata di lui, l’avrebbe fatta girare come una trottola e senza impegnarsi più di tanto. Peccato, veramente un peccato che tu abbia preferito quella donna a me, questo il suo pensiero. Arriva il giorno di agire. Cristiano ingaggia un’amica che gli deve un favore chiedendole di fermare per strada Valentina con una scusa e di darle un bacio sulla bocca. Chiaramente lui avrebbe scattato delle foto, che avrebbe inviato a Viola. Le avrebbe telefonato, le avrebbe detto di guardare le foto di Valentina che si baciava con la sconosciuta. Fu molto facile: quel giorno coincise con il giorno in cui Viola aveva litigato con Valentina. Viola, già scossa e schiacciata dall’angoscia sempre più opprimente, imbottita di ansiolitici, in balia della tachicardia risponde alla telefonata anonima di Cristiano
quasi subito. Incazzata, sbianca quando dall’altro capo della cornetta si sente dire: - Ti converrebbe guardare la foto che ti ho inviato. - Con chi parlo? - Sono un amico, non ti devi allarmare, voglio solo aprirti gli occhi. - Vaffanculo. Riaggancia, ma purtroppo si sa: la curiosità è femmina. Valentina prova a suonare, risuonare, fa squillare il telefono e il cellulare miliardi di volte: Viola non risponde. Preoccupata dopo aver letto i suoi messaggi si dirige agitata al suo appartamento: ha uno strano presentimento che gli fa sentire un macigno sullo stomaco, ha la testa le scoppia, il cuore in tachicardia e i muscoli tanto contratti che le fanno male. Il portinaio le dice che non l’ha vista dalla sera prima. Presa dal panico fa i gradini delle scale quattro alla volta. Arrivata davanti alla porta si attacca al camlo, ma niente. Comincia a prendere a pugni la porta chiamandola. Nulla. Il silenzio che proviene dall’appartamento regna sovrano. Valentina piange accasciata, con le spalle contro il muro. Non ha scelta: telefona al padre di Viola, forse lui ha un paio di chiavi di riserva. Il padre di Viola le dice che sarebbe arrivato presto, nel frattempo pensa di chiedere al portinaio, che avrebbe dovuto avere una chiave di scorta per le emergenze. Che scema, avrebbe dovuto pensarci subito. Poco dopo il portiere apre finalmente la porta.Valentina si precipita in casa chiamandola: la trova sul fouton in soggiorno in una pozza di sangue, respira ancora. La stanza le pare stringersi intorno a lei. Tutto ruota, le gambe si fanno molli e mentre aspetta l’ambulanza stringe i polsi di Viola con degli strofinacci. Un sordo dolore le tortura l’anima. Ora le sorregge la testa e le lacrime le solcano il viso. - Cazzo, Viola! Sei proprio una scema. Cazzo, cazzo, cazzo, bambina viziata, che cazzo hai combinato? L’ambulanza arriva abbastanza velocemente, anche se a lei pare un’eternità. Poi
la corsa in ospedale, poi le domande dei medici del pronto soccorso, poi il dover affrontare e spiegare al padre di Viola. Poi l’attesa. Una lunga, logorante, snervante attesa. Stanchezza, sgomento, paura. Un mix di sensazioni la schiacciano sempre più giù, sempre più in basso. Ha provato a chiamare Victoria, ma c’è la segreteria, le ha lasciato un messaggio: “Sono io, sono in Ospedale. Viola ha fatto una cazzata. Ti prego chiamami, sono disperata!”. Valentina non ha lasciato la mano di Viola nemmeno per un attimo. Poterla toccare e sentire respirare le dà conforto. Ogni tanto le accarezza i capelli, stando attenta a non urtare le infinite cannette e tubicini. Viola sembra un angelo, ha poco tempo per poterle spiegare quanto l’ama e farsi perdonare, prima che arrivi il padre. Non l’ha capita e non l’ha protetta, ma l’ama e starle vicino è l’unica cosa che le importi. I primi raggi di luce filtrano deboli dalle fessure delle tapparelle, la prima cosa che vede muoversi è un piede, pian piano la mano sinistra stringe la sua, e il suo cuore le impazzisce dentro al petto nel vederle aprire gli occhi. Pochi attimi che rimarranno impressi nella memoria di entrambe fino alla fine dei loro giorni: gli occhi sono lo specchio dell’anima, uno sguardo vale più di mille parole. Perdersi negli occhi di qualcuno significa unirsi in qualcosa che va al di là del nostro essere. Chiamatela anima, chiamatela essenza o semplicemente amore. Abbandonarsi alla magia, alla dolcezza di uno sguardo profondo significa abbandonarsi alla bellezza che è dentro di noi. Con quello sguardo si scelsero: uno sguardo intenso per capire che si ha perdonato e si è stati perdonati. Perdersi negli occhi dell’altra per ritrovarsi con le bocche vicine a fondere i propri respiri. - Ti amo, Viola. Sei la persona più importante della mia vita, ti adoro, e non so cosa tu abbia visto, ma siamo state ingannate. Non voglio perderti: mi vuoi sposare? Andremo a vivere a S. Francisco, realizzeremo i nostri sogni. - Sì, lascerò che sia tu a prenderti cura di me.
LUCA
“Avevo ato la mia vita a nuotare tra le isole dentro di me ma non ne avevo mai vista una che appartenesse a qualcun’altro. Quella notte, guardai attraverso l’oceano che era dentro di me e vidi per la prima volta una riva in lontananza” Charls Martins
Rembrandt dipingeva gli occhi come nessun altro: in quegli occhi c’era riflessa l’anima dei suoi modelli. Capire di arrivare a toccare lo sguardo di chi si ha davanti è come capire il senso della vita: amare. Amare è tutto ciò che conta, il resto sono solo chiacchiere e tempo che scorre. Vederla dormire abbracciata al cuscino con la bocca aperta e i capelli scompigliati gli procura un brivido di piacere, ma anche tenerezza: sembra una bimba che riposa tranquilla. Non le è rimasto nulla dell’intraprendente dottoressa che sa il fatto suo e che è capace di psicanalizzarti in pochi minuti. Ama quella donna e non vuole perderla. Si sono scelti come compagni di viaggio, e lui ora ne ha la certezza: sarebbe stato il suo volto la prima cosa che voleva vedere al risveglio, ogni mattina. Il rumore dei campanacci non troppo lontani fanno contorno alla cornice: risveglio “Mulino Bianco”, la luce filtra timida dalle fessure delle persiane e il calore della sua mano sul suo seno la scalda ancora, il tepore delle carezze sui loro corpi è ancora palpabile e viene trattenuto dal morbido piumone che li avvolge. Quando Victoria apre gli occhi accorgendosi che non sta sognando e che quella pace che regna sovrana, senza nemmeno una sbavatura, è tangibile, reale, non può che sorridere. Sì questa è felicità e la felicità non sempre ha prezzo. La felicità non si conquista, la felicità è un’emozione che se è condivisa produce amore. Lo bacia sulla fronte e non c’è nulla di più ovvio che da quel giorno lo avrebbe voluto accanto a lei ad ogni risveglio. Io sono una di quelle poche persone che non amano l’aroma del caffè, ma non potrebbero vivere senza tè. È un’abitudine che ho ereditato da mio padre, prigioniero sotto gli inglesi nel secondo conflitto mondiale. La mattina dopo
avermi svegliata per andare a scuola mi preparava il tè con il latte, anche se mi diceva che questa correzione avrebbe fatto rivoltare nella tomba mezza Inghilterra. Chissà cosa direbbe di Luca. Ora lui mi sorride, e quei denti non del tutto dritti mi fanno venire voglia di baciarlo e chissene frega se si è appena trangugiato un tazzone di caffè. Quegli occhioni verdi mi fanno sognare. Con una mano sotto il mento a sorreggere tutta la pesantezza di una notte alquanto movimentata, comincio a disegnare piccoli movimenti circolari sul dorso del suo braccio. Non so se è perché gli faccio il solletico o perché ha altre intenzioni, comunque mi afferra la mano e mi tira a sé stampandomi un bacio sulla fronte. Peccato, ho così voglia di baciarlo, e di ricominciare tutto da capo: la sua mano grande e salda che mi sorregge la nuca mentre mi bacia, mi cinge la gola per poi scendere al seno. Frammenti di immagini si susseguono nella memoria svelando pezzi di corpi e respiri in affanno. Ansimo, succhio e bacio. Il suo odore vorrei potesse rimanere impresso su di me per sempre. Stordita dai suoi baci che si fanno sempre più ionali, le parole che mi sussurra all’orecchio appaiono come un balsamo dell’anima. Il modo in cui affonda le dita dentro me, il modo in cui mi penetra afferrandomi per i fianchi. Alla ione è concessa un briciolo di aggressività, quel poco che basta a chi sa come vuole l’uomo una donna. Decidono di fare due i fuori, il sole gioca a nascondino tra le nubi ma il vento è calato e la temperatura è mite. Sono ate da poco le dieci, stanno eggiando sulla mulattiera che costeggia l’agriturismo che hanno scelto come nido d’amore, i prati sono innevati. Lei si gira, lo guardo con quel suo fare adorabile, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e gli chiede che profumo abbia per lui la neve. E lui prendendole il viso tra le mani le dice: - Libertà. Per me la neve ha il profumo di libertà: amare non significa possedere. E io ti amo, Victoria, eccome se ti amo. Lo squillo insistente del cellulare li divide da un un bacio apionato. - Valentina, calmati, respira, dove, come... No, siamo in Trentino. Non ti preoccupare, dovremmo riuscire a raggiungerti nel tardo pomeriggio... Figurati, non dirlo nemmeno per scherzo, ti prego, ora smetti di piangere, a dopo. Quando arrivano al pronto soccorso sono stanchi, la tensione della brutta notizia
ha spazzato via tutta la loro euforia, anche se ancora complici, hanno lasciato spazio al silenzio per gran parte del viaggio. Entrati nel reparto di terapia intensiva, un’infermiera li accompagna in una piccola e squallida sala d’attesa, dove poco dopo li raggiunge Valentina che scoppia a piangere tra le braccia di Victoria. Luca, pochi i indietro, si sente di troppo. In certe situazioni anche l’aria che respiri è già troppo da sopportare. Luca si rende disponibile per andare alle macchinette a prendere da bere. Victoria gli fa un cenno di assenso mentre ancora tiene stretta tra le braccia l’amica. - Sto aspettando di parlare con i medici, non si sono ancora sbilanciati, la prognosi non è stata ancora sciolta, ce la farà, ma è troppo presto, ha perso molto sangue. Prima si è svegliata, le ho chiesto di sposarmi. Voglio portarla a S. Francisco, lì ci sentiremo meno...giudicate. E scoppia a piangere. - Vale, ora è fondamentale armarsi di pazienza, devi calmarti, so che è difficile, anzi, non lo so, posso solo immaginare. Dovresti riposarti qualche ora, stiamo qui noi, ti chiamiamo se ci sono novità, promesso. - No, non ce la faccio a lasciarla, non fino a quando mi diranno qualcosa di preciso. - Ci potrebbe volere ancora molto, tesoro. Dammi retta, una doccia e una dormita ti daranno un po’ di energia per affrontare le prossime ore. - Ti ringrazio, c’è anche suo padre, ma io preferisco restare. - Come vuoi, anche io farei lo stesso. Ti sei fatta un’idea del perché? So che può sembrare inopportuna come domanda, ma mi sento un po’ responsabile. L’ho incontrata pochi giorni fa e sembrava serena, non mi pareva turbata. Io non mi sono accorta di nulla e sai quanto sia difficile nascondere qualcosa con me. - Forse, forse ha a che fare con Cristiano, ma non ne sono sicura. È da un po’ che sospetto, lo sai. - Pensavo che fossimo arrivati a scartare quell’ipotesi. Luca compare sulla soglia della porta.
- Grazie, Luca. Mi spiace per la vostra vacanza, ma ero disperata, non sapevo chi chiamare. - Non dirlo neanche per scherzo: il posto di Victoria è qui con te, tu sei la sua famiglia. Luca ha sentito Victoria nominare Cristiano e appena Valentina li lascia soli, non riesce a non chiedere spiegazioni. Victoria in un primo momento dà risposte vaghe, poi nel rientrare a casa vuota il sacco. Luca rimane in un primo momento scettico nel pensare che Cristiano sia coinvolto nel tentato suicidio, però, più ci riflette, più si convince che quell’uomo (che in fondo non gli è mai piaciuto, per quel poco che l’ha conosciuto) possa spingersi a tali bassezze. Capisce anche la spiacevolissima situazione che Victoria e Valentina si trovano ad affrontare. Decide di andare a trovarlo: quella stessa mattina esce di casa senza farne parola con Victoria e si presenta davanti a casa di Cristiano. Suona e dopo una breve attesa lui gli apre il cancello. - Hey, che piacere, in cosa ti posso aiutare? - Cristiano, Viola ha tentato il suicidio. Cristiano è visibilmente sbiancato. - Cristiano dimmi cosa c’è sotto. C’entri qualcosa? Victoria e Valentina sospettano che tu... Luca non può nemmeno finire la frase che Cristiano gli si scaraventa addosso come una furia. Sono a pochi i dalla piscina. Luca sanguina da una guancia poiché Cristiano gli ha mollato un bel gancio, reagisce: lo spinge in piscina, si tuffa e continua in acqua, dove Luca ha chiaramente la meglio. Quando vede che Cristiano è sul punto di non resistere più lo trascina fuori dall’acqua e gli dice: - Ma che razza di uomo sei? Sei malato e sei pericoloso. Lo lascia lì, ansimante a terra ai bordi della piscina.
LA FUGA
“Quando non si hanno più foglie né corteccia né radici, ci si può continuare a definire alberi?” Arthur Golden
Quando riesce ad alzarsi Cristiano entra in casa, si mette sotto la doccia e, dopo poco, ficca quattro vestiti in una borsa. Con il aporto in mano si dirige all’aeroporto convinto di prendere il primo volo che abbia un posto libero. Atterra all’aeroporto di Los Angeles con la consapevolezza di aver fatto una cazzata immane. L’ansia cresce in lui di minuto in minuto, si sente mancare il respiro. Questa volta l’ha fatta grossa. E se Viola non ce l’avesse fatta? E se lui fosse già ricercato dalla polizia? Noleggia una macchina, imposta il navigatore verso San Diego e guida senza mai fermarsi se non per pisciare e per fare benzina. La testa è sempre più pesante, la disperazione sale e, con quella la paura, non riesce a fermarsi. Supera San Diego e, ormai stremato, supera la dogana di Tijana che è ormai notte. La stanchezza lo assale quando accosta in una piazzola di un motel a pochi km dalla città. Non fa a tempo a uscire dalla macchina che, preso di sorpresa, viene colpito alla testa. Si risveglia con un sordo dolore alle tempie, mezzo nudo su un materasso lurido senza lenzuola e un poliziotto seduto vicino a lui. La camerata è gigante: una cinquantina di letti con appena qualche séparé malridotto per dividere i casi più gravi dalla vista dei bambini, che sono tanti. Un conato di vomito lo assale e purtroppo non vi sono infermiere disponibili. Il poliziotto gli fa qualche domande in un inglese quasi incomprensibile. Dopo qualche inutile tentativo si avvicina un uomo sulla sessantina, un italiano. Si presenta e spiega di essere il direttore di una casa famiglia in un paese vicino. Porge il cellulare a Cristiano dicendogli di chiamare l’ambasciata italiana che avrebbe provveduto a lui. Cristiano rifiuta con un cenno. Forse l’unica sua speranza è quella di fare finta di aver perso la memoria. sco, così si chiama l’italiano direttore della casa famiglia, a tutti i giorni un paio d’ore in ospedale poiché molti bimbi ricoverati sono suoi ospiti.
Uno in particolare, Pedro, ha ottenuto fin da subito l’attenzione di Cristiano. È un bambino di sette anni che non parla e se ne sta tutto il tempo a guardare fuori da una delle grandi finestre della camerata dell’ospedale. Cristiano chiede a sco il perché del suo comportamento. - Perché Pedro sta incollato a quella finestra tutto il giorno? Aspetta i suoi genitori? - Penso di sì, ma non ho ancora avuto il coraggio di dirgli che non verranno mai. Lui è malato e tutta la sua famiglia è emigrata da tempo: non potendo permettersi di curarlo l’hanno lasciato a me. Io sto facendo il possibile per cercare di farlo adottare in Italia, anche perché si sta aggravando e, come puoi ben capire, qui non riceve le cure adeguate. Il problema è che a sette anni un bambino è già vecchio per essere adottato ed essendo malato, la situazione si complica. - Che tristezza. - Senti, stavo pensando che, se avessi voglia, potresti venire a stare un po’ alla casa famiglia intanto che ti rimetti e poi, quando sarai in grado di viaggiare, ti accompagno io all’ambasciata. - Sei molto gentile, anche perché non ho alternativa. Grazie. - Ti ho portato dei vestiti puliti, parlo io con l’agente che si occupa del tuo caso... mi deve dei favori. Non possono pensare di lasciarti a marcire qui finchè ti ritorna un minimo di memoria... In quel momento Cristiano pensa che non può continuare così, deve smettere di ingannare le persone che lo vogliono aiutare, e deve smettere di ingannare se stesso. Deve iniziare da capo. Vedere in quelle ore tanto dolore intorno a sè, tanta disperazione e miseria gli ha fatto effetto quanto un elettroshock: è come se aprisse gli occhi per la prima volta. Il suo mondo fatto di ricchezza, belle donne, lusso, feste e macchine si è disintegrato nel momento in cui ha guardato negli occhioni grandi di quel bimbo che, smarrito, gli ha preso la mano e non l’ha più lasciata finché si è addormentato. Cristiano ha coperto Pedro con la tenerezza di un ricordo vissuto. Nella malinconia del suo ato si rivede la notte che morirono i suoi genitori, in un letto di ospedale, con la nonna che gli rimboccava le coperte e, con le guance rigate dalle lacrime, cercava un appiglio in lui. Doveva farla finita con le cazzate, doveva chiamare Victoria.
Il mattino seguente si risveglia con un braccio indolenzito e capisce anche il perché: Pedro gli dorme addosso, probabilmente è sgattaiolato nel suo letto quando finalmente si è appisolato ormai a notte fonda. sco arriva di lì a breve. Vedendoli non può che sorridere: - Ti sei svegliato con un prolungamento questa mattina? - Direi proprio di sì. Un piacevole prolungamento! - Ho parlato con l’agente: dobbiamo firmare qualche scartoffia e poi sei libero di venire da me. Appena avranno novità sugli aggressori mi contatteranno, ma sono poche le speranze di beccarli. Sei stato aggredito troppo vicino al confine, quelli chissà dove sono ora. Vestiti, che andiamo prima che Pedro si svegli, se no sono tragedie, poveretto. - Però posso tornare a trovarlo? - Non voglio che si illuda, è in una fase molto delicata. Ne parliamo, ok? Ora però andiamo. - Ok, ok, devo fare una telefonata, quando riesci... - Tornata la memoria? - Tranquillo, amico, se c’è una cosa che ho imparato è quella di non giudicare. A casa puoi fare tutte le telefonate che vuoi. Cristiano comincia a vedere uno spiraglio di luce.
CRISTIANO
“Conduciamo la nostra esistenza come acqua che scende lungo una collina, andando più o meno in un’unica direzione finché non urtiamo contro qualcosa che ci costringe a trovare un nuovo corso” Arthur Golden
Lasciato l’ospedale, ano al comando di polizia, firmano i documenti e poi si fermano a fare un po’ di spesa in un supermercato. Cristiano aiuta a caricare in macchina le provviste, ma la sua mente cerca di simulare un ipotetico dialogo con Victoria. Vuole avere notizie di Viola e spera con tutto se stesso che siano buone. La casa famiglia è in cima a una collina; è grande, austera, vecchia, ma pulita. Parcheggiata la macchina nell’ampio cortile recintato con rete metallica arrugginita, un bel gruppetto di bambini si fa stretto a sco, che li riprende con pazienza, dicendo loro di stare tranquilli che la colazione sarebbe stata pronta di lì a breve. Portano le provviste in cucina dove avvengono le presentazioni: molte donne lavorano e collaborano all’interno della casa famiglia e il clima è molto sereno. La struttura accoglie orfani, ragazze madri, malati e tutte le persone che hanno bisogno di aiuto. sco è benvoluto da tutti e Cristiano dopo tanto tempo avverte una sensazione di pace. sco lo conduce in una stanza, lo pseudo-ufficio, dove trova un portatile, un fisso e un cellulare a sua disposizione. Poi chiude la porta dicendogli di fare con comodo: lui sarà impegnato con i bambini. Cristiano compone il numero della sua segretaria, che risponde immediatamente. - Dio sia lodato, ancora qualche ora e chiamavo la polizia. Dove sei finito? Stai bene? - Sì, sono a Ensenada. Mi hanno aggredito, mi hanno rubato tutto e ho bisogno che blocchi le carte di credito dell’estero. Per le cose burocratiche ci sentiamo
dopo. Io sono in ferie per quindici giorni, avvisa tutti che non sono reperibile. Chiamami più tardi, questo è il numero: 99934511111. Ora per cortesia, dettami il numero di Victoria, la psicologa. Ci sentiamo più tardi. Sto bene, ok? - Va bene. A dopo. - Uno, due, tre, respira Cristiano. Digita il numero. - Pronto? - Victoria, sono Cristiano. Scusami, scusatemi, ti prego, dimmi come sta Viola. Sono in Messico, dimmi qualcosa, sono un disgraziato, lo so, mi devo fare curare, pagherò per quello che ho fatto, ma ti prego dimmi che è ancora viva. - Ti prego, Victoria, dimmi qualcosa, sto impazzendo. - Cristiano... Viola si sta riprendendo. Nessuno ha ancora sporto denuncia, Luca mi ha raccontato, ma abbiamo deciso di lasciare correre. Però devi a Valentina delle spiegazioni, e poi ti devi fare curare. Seriamente, questa volta. Quando torni? - Sono stato aggredito appena arrivato in Messico. Ero sotto choc per Viola, e la fuga è stata l’unica cosa che mi rimaneva. Sono una testa di cazzo e sono malato: ho bisogno di aiuto. Ascolta, questo è il recapito del luogo dove vengo ospitato. Lui non sa niente, è una casa famiglia a pochi km da Ensenada, cercherò di farmi accompagnare all’ambasciata il prima possibile. Dimmi quando posso chiamare Valentina. - Forse è meglio che prima la chiami io. Le spiego la situazione, tu vedi di rimetterti e non fare ulteriori cazzate, poi vedo di trovarti un bravo psichiatra. Non penso che Valentina voglia sporgere denuncia nei tuoi confronti. - E Luca? - Luca capirà, tranquillo. Cristiano, appena riesce torna da Pedro: è come un richiamo. Quel bambino così bisognoso d’aiuto colma il vuoto, il vuoto di tutto l’amore che lui non ha
ricevuto e che non ha saputo dare. Pedro sta diventando la sua ragione di vita: ha bisogno di coccolarlo, di aiutarlo, di amarlo. Vuole il meglio per lui e quando le sue convinzioni diventano certezze ne parla con sco. - Se sei d’accordo lo voglio portare in Italia, farlo curare e, se riesco, trovagli una famiglia. Economicamente sono disposto a tutto, il denaro non è un problema per me. - Cosa ti devo dire Cristiano? Ti conosco da poco e, se in ato hai sbagliato, con Pedro non posso che dire che gli stai facendo del bene. Spero che tu non mi deluda, ma soprattutto che non deluda lui. - Pensavo di partire la settimana prossima, in modo da organizzare tutto senza fretta. Preferirei che lo dicessi tu a Pedro, poi tu sei libero di venire quando vuoi, basta dirmelo e ti faccio avere i biglietti. Inoltre ho già parlato con la mia banca: ti arriverà un versamento ogni mese, così potrai ampliare la casa e accogliere altra gente bisognosa. - Non so cosa dire, sinceramente... Grazie! - Grazie a te, grazie a Pedro, grazie a quei figli di buona donna che mi hanno fracassato la testa e hanno fatto sì che ci incontrassimo. - Già, grazie ai figli di buona donna! È proprio vero che non tutti i mali vengono per nuocere. Come farai a gestire Pedro con i tuoi impegni di lavoro? - Io non lavoro molto, nel senso che vivo di rendita, e poi ho assunto una tata, anzi due che si alterneranno a darmi il cambio quando sarò impegnato. E poi ho molti amici, sono sicuro che Pedro non avrà il tempo di sentirsi solo. Stai tranquillo. Mi piacerebbe anche che tu avvertissi la sua famiglia: è giusto che sappiano. Il viaggio è molto lungo - o così appare a Cristiano - forse per l’apprensione che nutre verso Pedro, che è veramente molto debilitato. Ma non solo: è partito dall’Italia in uno stato di confusione mentale notevole, completamente svuotato e rientra assumendosi delle responsabilità enormi, ma con uno spirito rinnovato. Ha iniziato a guardare con altri occhi se stesso: ora non può che interrogarsi sul vero senso della vita e avere la consapevolezza di un ato da dimenticare, con la voglia di rimediare ai danni fatti e con ambiziosi progetti costruttivi per il futuro. Dopo aver sistemato in clinica Pedro, dopo aver parlato con i medici e
sbrigato le varie problematiche burocratiche inerenti al suo affido, come d’accordo, Cristiano si reca nello studio di Victoria. A lei bastano pochi minuti di conversazione per capire che Cristiano aveva fatto il salto. Quell’uomo istrionico, egocentrico, pieno di sé si è magicamente trasformato in un uomo che ha voglia di rimettersi in gioco, questa volta prendendo atto dei propri limiti da superare con l’aiuto e la pazienza necessari, mettendosi finalmente in discussione, con umiltà e voglia di migliorarsi e di curarsi seriamente. Nelle due lunghe ore di colloquio, Cristiano le chiese - tra le innumerevoli cose se fosse disposta a seguire Pedro e Victoria rimase colpita dalla sua profonda trasformazione. È veramente felice di comunicare a Luca, Viola e Valentina la conferma di avere fatto la scelta giusta nel non sporgere denuncia nei suoi confronti. Spiega loro di Pedro, della proposta che le è stata fatta, alla quale avrebbe dato una risposta positiva. E poi ancora spiega il progetto che Cristiano ha in mente: vendere tutti i beni di sua proprietà, eccetto la villa della nonna dove è cresciuto e con il ricavato ristrutturare la casa famiglia e ampliarla. Inolte, vuole fondare un’associazione no-profit per aiutare le famiglie adottive italiane facilitando economicamente l’adozione dei bambini messicani. Entusiasti e contagiati dall’entusiasmo di Victoria, tutti e tre cominciano ad andare a trovare Pedro e Viola non può che innamorarsene. Lo segue durante le delicate fasi dei vari interventi ai quali deve essere sottoposto. Intanto Victoria fa uno stupendo lavoro a livello psicologico, tanto che dopo quasi un anno Pedro sarà in grado di emettere qualche suono: l’essere muto è risultato essere un blocco psicologico, conseguenza di tutti gli altri gravi problemi congeniti che il piccolo ha fin dalla nascita. Perciò gli esperti non escludono che con il are del tempo Pedro possa anche parlare correttamente. San Francisco (California), qualche mese dopo Cammino a piedi scalzi sulla sabbia bagnata. Il silenzio del crepuscolo avvolge tutto, sembra aver inghiottito qualsiasi rumore, nella sua incredibile bellezza e magia nel colorare ciò che è nel mio campo visivo. Non è il silenzio a rendermi sorda, ora ne ho la certezza: è il mio cuore che fa un casino imbarazzante. L’ho intravista farsi spazio tra gli scogli, ha le sembianze di una sirena, i capelli che
cadono dritti fino all’altezza del seno coprendole appena i timidi capezzoli. So quanto ama girare con addosso solo un paio di jeans. Le piace appoggiarsi ai massi ancora caldi, assorbirne il calore, poi lascia che io la guardi mentre piano si spoglia, con quella malizia da ragazzina viziata che mi fa letteralmente impazzire. È una provocatrice, lo è sempre stata. Ricordo ancora la prima volta che abbiamo fatto l’amore, il modo in cui si è sfilata la maglia, mostrando il meglio di sé. Piccola seduttrice divenuta una grande amante. Non resisto, va sempre a finire così: non riesco a rinunciare alla tentazione di baciarla, di accarezzarle il seno e guardare come la eccita essere toccata. Io non so se questa sensazione ha un nome, chiamatela desiderio, voglia di fondersi con lei, non so. Chiamatela come vi pare: a me questa cosa che sfugge al controllo della ragione pare veramente una straordinaria tentazione. Mi sembra di aver attraversato un deserto di silenzi, parole non dette che bruciano. Ho guardato ruscelli di acqua cristallina e le mie lacrime spesso si sono mescolate alla rugiada sugli steli dell’erba dei verdi prati di questa meravigliosa terra che oggi mi fa sentire così viva. Ogni mio o ha lasciato un’impronta indelebile nella mia vita, ogni direzione in cui io mi sono incamminata mi ha sempre portato da te, anche quando da te volevo scappare. La prima volta che mi hai baciata ho pensato che era valsa la pena di averti aspettato e cercato così a lungo. Quando le tue mani calde hanno cercato il mio piccolo seno ho pensato che il tuo tocco era perfetto su di me, quando i nostri respiri si sono accavallati e nostri corpi si sono uniti ho pensato a come fosse incompleto prima il mio essere. Arrivò il giorno in cui i sogni diventano realtà: Pedro può lasciare la clinica. Ormai tra Luca, Viola, Valentina e Cristiano, grazie a Pedro si è consolidata una solida amicizia. È durante una festa organizzata per festeggiare le dimissioni del piccolo, che Viola e Valentina rendono ufficiale la decisione di volersi trasferire a San Francisco, dove avrebbero avuto la possibilità di adottare Pedro: non solo il bambino avrebbe avuto due mamme, ma anche un papà, visto l’imminente trasferimento di Cristiano in Baja California nella casa famiglia di sco che, grazie alle sue donazioni, è diventato un valido centro di accoglienza. Luca e Victoria si sposano in primavera, il ricevimento viene fatto nella villa della nonna dove Cristiano torna con Pedro saltuariamente per le vacanze. Il viaggio di nozze in California prevede un soggiorno di qualche giorno a San Francisco dove gli amici dei novelli sposi danno una festa in onore della loro unione. È stata una bella giornata e ora che la luna rischiara il cielo, che appare
di una bellezza quasi castigata, dietro la foschia, il cinguettio degli uccelli sugli ulivi si sovrappone al brusio dell’acqua che sgorga dalle cascatelle. La spettacolare vista sulla baja rifletteva il loro stato d’animo. Regna il silenzio. Avvolti dal vapore, seduti l’uno accanto all’altro in un idromassaggio circolare, appaiono come un normale gruppo di amici, come se ne vedono tanti, ma in loro un unico pensiero: SE NON SONO PAZZI NON LI VOGLIAMO.
AI NOVELLI SPOSI
Le strade, infinite in una vita, non sono sempre percorribili da soli. Capita che a volte dietro un angolo o in fondo a una via si incontri qualcuno del quale prima non conoscevi l’esistenza e, per un periodo più o meno lungo, si faccia un tratto di strada insieme. Mi piace paragonare gli alberi alle persone, mi piace paragonare i sentimenti alle radici. Non ricordo l’autore che scrisse: “Ciò che cresce lentamente mette radici profonde”. Per conoscere gli alberi, come le persone, bisogna perlomeno avere la possibilità di osservarle di tanto in tanto. Interagire anche solo un breve momento mantiene aperto quel canale di comunicazione che permette la continuità nello scoprire qualcosa in più dell’altro; insomma, per farla breve, dà la possibilità di conoscersi. Ora, pur non mancando di autocritica, mi reputo un albero abbastanza interessante: ora ne ho la consapevolezza. Ognuno ha le proprie battaglie interiori con le quali fare i conti, a più riprese, nel corso di una vita. Ognuno ha il proprio dolore da estirpare per quelle ferite che sembrano rimarginate, ma che dopo tanto tempo fanno ancora male. Ma quando giunge quell’attimo in cui sentire il vento fra i capelli fa sussultare l’anima, allora e solo allora si capisce che ne è valsa la pena e non resta che respirare senza sofferenza, liberi da qualsiasi pensiero. Amare qualcuno vuol dire volere il suo bene, anche se in cambio non otteniamo nulla. Amare, a volte, significa rinunciare. Soprattutto, l’amore non va confuso con dipendenza e attaccamento, cosa che purtroppo succede alla maggior parte delle coppie. È una linea sottile quella che porta l’amore a diventare una prigione. Se si oltrea quel confine, l’amore si esaurisce trasformandosi, a volte, in rancore. Le relazioni finiscono, come finiscono i matrimoni. Per questo motivo sono convinto che non esista la persona giusta, ma che esista la persona giusta da amare al momento giusto e che l’amore circola, è tutto intorno a noi: basta saperlo captare e farlo nostro. Bisognerebbe sempre tenere presente che l’amore è il più nobile dei sentimenti e va trattato con cura. Se proverai in qualche modo a trattenerlo, ti sfuggirà tra le mani. L’amore è come una farfalla libera e leggera, ma se si posa sul palmo della tua mano non puoi costringerla,
nonostante sia bellissima. La distruggeresti, perché lei è fragile: l’amore è libero e amare non significa possedere. Ai novelli sposi, con immensa gratitudine Cristiano
EPILOGO
S’incontrano per caso Cristiano e Zoe, in un lungo corridoio in un museo del centro, come è successo anni prima. Lei si ferma e si volta perché si sente addosso quell’indimenticabile e unica sensazione di essere più che osservata. I loro sguardi s’incrociano, il tempo si dilata creando una vibrazione come un’onda d’urto che la costringe a cercare appoggio. Per una frazione di secondo le pare di svenire, poi ancora scossa lo vede avvicinarsi a i decisi. Quando le è vicino, sempre con gli occhi puntati nei suoi, le porge la mano dicendo:
- “Piacere di rivederti, Zoe”. Poi le si fa più appresso con quel fare romantico che lei conosce bene e le sussurra: - “Zoe, nome stupendo per una donna stupenda”.
Indice dei contenuti
CRISTIANO ZOE VICTORIA VIOLA ALLE TERME NELLA VILLA DELLA NONNA DI CRISTIANO IL PIANO DI CRISTIANO LUCA LA FUGA CRISTIANO AI NOVELLI SPOSI EPILOGO Ringraziamenti
Ringraziamenti
Un inizio, un titolo, due anni di lavoro, parecchie notti in bianco e un centinaio di libri letti.
Dieci capitoli di mezzo, una fine e un epilogo.
Un grazie a tutti quelli che hanno creduto in questo progetto, in particolare: Anna Scandella per la grafica, Anna Scandella per la correzione, Fabiola Sozzi per la disponibilità, Valerio Balduzzi per i consigli e incoraggiamenti,
Esmeralda Zucchelli, Maddalena Petrogalli e Gianni Pozzi per il o.