ANHELUS
METAPSICHICA
E
SCIENZA
Il contributo della scienza ufficiale alla ricerca psichica
Prefazione di Emilio Servadio
HARE - WALLACE - CROOKES – ZÖLLNER - LOMBROSO - LUCIANI FLAMMARION BARRETT - RICHET - LODGE - MORSELLI - JAMES BERGSON - DRIESCH – BOTTAZZI
Dott. G. Bardi – Editore, 1938 - Prima edizione digitale 2015 a cura di David De Angelis.
INDICE
PREFAZIONE del Dott. Emilio Servadio
INTRODUZIONE
I. Robert Hare
II. Alfred Russel Wallace
III. William Crookes
IV. Johann K. F. Zöllner
V. Cesare Lombroso
VI. Luigi Luciani
VII. Camille Flammarion
VIII. Sir William F. Barrett
IX. Charles Richet
X. Sir Oliver Lodge
XI. Enrico Morselli
XII. William James
XIII. Henri Bergson
XIV. Hans Driesch
XV. Filippo Bottazzi
CONCLUSIONE
PREFAZIONE
Una, due, tre volte al mese, da diversi anni, i lettori del “Giornale della Domenica” hanno potuto leggere gli articoli che, a divulgazione delle indagini metapsichiche, pubblica Anhelus. Lunghi o brevi, volti a descrivere un singolo fenomeno o ad affrontare qualcuno dei massimi problemi di ogni tempo e di ogni filosofia, questi articoli hanno ormai dato a una vasta classe di persone, in forma sempre limpida e chiara, una serie cospicua d'informazioni e un sicuro orientamento in merito alle manifestazioni medianiche e a quanto in genere ha attinenza con la Ricerca Psichica contemporanea.
L'egregia personalità che si cela sotto il modesto pseudonimo di Anhelus ha, recentemente, ato in rassegna le grandi figure di quegli uomini di scienza a cui la posizione “ufficiale” occupata non ha impedito di riconoscere lealmente e coraggiosamente la realtà di una serie di fatti strani, sorprendenti, conturbanti, che superano le abituali classifiche del sapere acquisito. “Riconoscere lealmente e coraggiosamente”, diciamo: e ciò anche se tale riconoscimento è stato per loro fonte di amarezze, anche se qualche loro denigratore ha potuto, appoggiandosi su esso, tentar di sminuirne la statura scientifica, o addirittura di insinuare dubbi sulla loro integrità mentale.
Ma non sminuita, no, sebbene prodigiosamente ingigantita appare, agli occhi di chi ponga sopra ogni considerazione il culto del Vero, l'immagine di un Crookes, di un Lombroso, di un Richet, e di tutti i loro fratelli spirituali: di coloro, cioè, i quali mostrarono di aver più cari i supremi valori dello spirito che non quelli, eggeri ancorché clamorosi, della loro fama scientifica consacrata da cattedre, da Accademie o da premi internazionali!
Chi leggerà con attenzione i capitoli di questo volume troverà, riassunte ed
esposte con la massima efficacia divulgativa, le testimonianze più autorevoli che siano state addotte in tema di ricerche metapsichiche, da Robert Hare a Filippo Bottazzi. Raccolta di profili, questa di Anhelus, opportuna ed utilissima, che si rivolge — secondo il nostro modo di vedere — a tre categorie di persone:
agli ignari (e fra questi poniamo anche individui colti e degnissimi), i quali non potranno non esser colpiti dal fatto che una quindicina di uomini di fama mondiale, il cui nome è per un motivo o per l'altro iscritto nell'Albo d'oro dell'umano sapere, abbiano avallato con tutto il peso della loro superiore cultura ed intelligenza la constatazione di fenomeni che ancor oggi la Scienza Ufficiale, nel suo assieme, si ostina per la massima parte a trascurare o a negare;
agli scienziati “negativisti” in buona fede (quelli in mala fede non vorremmo neanche degnarli di menzione), i quali troppo spesso ignorano nomi, circostanze ed elementi di fatto che, come quelli contenuti in questo libro, potrebbero far cambiare sensibilmente le loro idee;
agli stessi cultori di metapsichica, infine, i quali dovranno esser grati ad Anhelus di aver compiuto in loro vece una serie di ricerche pazienti, sì che ormai si offre loro un prezioso compendio di consultazione per tutte le volte (non poche certo) in cui sarà loro necessario ricordare o citare questo o quel dato relativo ai massimi antesignani ed assertori della Ricerca Psichica.
In quest'epoca di trasmutazione di tutti i valori, il presente libro reca in sé un monito ed un esempio, rivolgendosi, com'esso fa, a tutti gli uomini i quali, sulla linea dei Grandi illustrati in queste pagine, siano ancora in grado di alimentare in loro stessi la fiamma della fede nello spirito, che non conosce tramonto.
EMILIO SERVADIO
INTRODUZIONE
Da più parti e da parecchio tempo si va affermando l'opportunità che la scienza ufficiale faccia sua anche la ricerca psichica.
Quando non si confonda — volutamente o no — la ricerca psichica con lo spiritismo, l'esame scientifico con la fede, non si può non riconoscere la maturità di tale ricerca rispetto all'indagine scientifica in genere.
Non è più lecito disconoscere l'esistenza dei fenomeni, sia perché sono stati controllati con tutti i mezzi possibili, sia perché non sono più casualmente ammirati, ma metodicamente e freddamente studiati, sia perché anche coloro che si compiacciono di tacciar da ingenui, imbecilli, visionari ed allucinati quanti hanno veduto, udito, toccato con mano e comunque constatato la realtà delle manifestazioni, non potranno sostenere che allucinati e visionari siano i mezzi meccanici, i dispositivi elettrici, fotografici, ecc. che li documentano in modo indubbio.
Allo stato delle cose si deve riconoscere che è assolutamente antiscientifico non già ammetterli, ma precisamente negarli a priori.
Se i fatti esistono, come certamente esistono, non è possibile non sentire lo stimolo a studiarli. Codesto studio a chi mitra in sé il sacro fuoco dell'indagine scientifica, a chi dunque effettivamente sia uno scienziato, diventa così prepotente da superare ogni altro. E c'è stato chi ingenuamente ha dichiarato: non desidero occuparmi di questo, perché se dovessi riconoscere l'esistenza di fenomeni di questo genere, io non potrei più attendere ad altro!
Ecco perché chi li ha constatati desidera ardentemente che essi siano sottoposti a metodi analoghi a quelli adottati nella ricerca scientifica sperimentale e che questa sia rivolta al come e non al perché dei fenomeni. Più di tutto sente la necessità che questa indagine sia nettamente separata così dai tentativi pseudoscientifici degli incompetenti e degli improvvisatori, come dalle pratiche dei fedeli dello spiritismo.
Per questo noi già ci rivolgemmo agli uomini più rappresentativi della cultura e delle accademie, perché confortassero col loro giudizio la convenienza, che ci era parsa evidente, della fondazione di un Istituto Metapsichico Italiano, come già si è fatto in altri paesi.
Molte risposte ci pervennero allora sia dai pochi cultori italiani di metapsichica, quali il Bozzano, il prof. Cazzarnalli, il dott. Servadio, il prof. Del Lungo, il dott. Gueli, il prof. Bazoli, il dott. Leti, ecc. ecc., sia da autorevoli personalità della scienza e della cultura, quali l'illustre senatore prof. Pende, il prof. Antonino Anile, il prof. Sorge dell'Università di Napoli, il prof. Gallerani dell'Università di Bari, il prof. Luna dell'Università di Palermo, il prof. Alippi, il dottor Protti, il dott. Weiss, il prof. D'Ormea, direttore dell'Ospedale psichiatrico di Siena, il prof. Grandi, direttore del Laboratorio d'Entomologia di Bologna, il prof. D'Amico dell'Università di Roma, ed altri, ed altri, tra i quali due purtroppo già scomparsi, Giuseppe Sergi e Camillo Acqua.
Sulle risposte di questi cortesi e valenti studiosi riferimmo ampiamente in due articoli pubblicati il 15 e il 22 aprile 1935 nel Giornale della Domenica. Traemmo allora da quel referendum due conclusioni di massima:
1) che tanto nel mondo scientifico, accademico o “ufficiale”, quanto in quello degli studiosi specialisti in queste ricerche, è profondamente sentita l'esigenza di un Istituto Metapsichico, affidato a persone di provata competenza e posto sotto
il controllo diretto o indiretto dello Stato;
2) che all'atmosfera favorevole di fiducia e d'incoraggiamento deve corrispondere, nel più breve tempo possibile, un'azione pratica, senza di che i pareri concordi e le coraggiose affermazioni sono destinati a rimanere lettera morta.
Sarà anche opportuno riferire pensieri particolari espressi in quell'occasione. Il prof. Pende asseriva Che “è certo nel campo delle radiazioni umane che devono rientrare i fenomeni visibili e non visibili. Perché non possiamo ammettere, accanto alle tante radiazioni di diverse lunghezze d'onde che conosciamo, una nuova forma di radiazioni vitali, di cui un giorno potremo misurare la lunghezza d'onda?”.
Il prof. Alippi esprimeva l'opinione che la ricerca, psichica dovesse costituire scienza autonoma. E il dott. Protti ugualmente dichiarava che tali studi dovessero “rimanere autonomi, servendosi delle altre scienze come scienze ausiliari”. E il prof. Gallerani precisava: “autonomi, ma non in mano di profani, utilizzando tutte le scienze in unanime concorso, le fisiche, le mediche, le biologiche, le psicologiche, ciascuna delle quali di per sé non è sufficiente”. Non altrimenti pensava il prof. Luna dell'Università di Palermo. Il Cazzamalli scriveva: “Tali studi sono destinati ad inserirsi nella neuropsichiatria. Per ora è bene che restino in certo qual modo autonomi, facendo capo ad un laboratorio di ricerche psichiche e metapsichiche, che si valga e disponga dei mezzi di indagine offerti, con ritmo accelerato, dalla fisica sperimentale moderna in progressiva ascesa, e particolarmente dalla fisica radiante”. E il Bozzano prevedeva: “La metapsichica è la scienza dell'anima, e come tale è destinata ad assurgere un giorno a un valore filosofico, psicologico, biologico, morale, sociale, il quale dominerà l'evoluzione futura della civiltà umana”. L'Anile ricordava come nella fondazione di un Istituto sperimentale di studi metapsichici Francia e Inghilterra ci abbiano preceduto; e, aggiungeva, “non dovremmo dimenticare l'apporto recato da un nostro studioso, il Santoliquido, a quello di Francia, presieduto dal Richet. Noi abbiamo un fisiologo di alta nomea, il
Bottazzi, che non è nuovo a questi studi e che sarebbe il più adatto a dare impronta veramente scientifica a tali non facili ricerche”.
E' da tenere viva la speranza in attesa della occasione propizia. Ed intanto non sarà male rifarci indietro per vedere quanto contributo sia stato portato già alla ricerca da uomini che appartennero ed appartengono alla scienza “ufficiale”.
La nostra esposizione si limita a coloro che hanno portato un notevole contributo effettivo all'indagine. Avremmo altrimenti potuto parlare anche di altri, quali l'Humboldt, lo Schiaparelli, lo Huggins, il Patrizi, di cui si potrebbe citare un articolo sulle levitazioni del medium Zuccatino [1] , e il Tamburini, di cui val la pena di ricordare l'articolo Critiques et observations sur la télépathie [2] ed i viventi proff. C. Foà e A. Herlitzka.
Certo un accenno meno sommario avrebbero meritato, tra gli altri, Gustav Theodor Fechner (1801-1887), professore di fisica all'Università di Lipsia, Théodore Flournoy (1854-1920), professore di psicologia fisiologica all'Università di Ginevra, James Hervey Hyslop, professore di etica alla Columbia University di New York, i quali ci han lasciato parecchi libri ed articoli sull'argomento. [3]
[4] [5]
Nè si creda che i contributi più importanti furono sempre offerti da scienziati ufficiali. A questi limitiamo la nostra indagine; ma vogliamo pur ricordare fra i moltissimi benemeriti ed eminenti studiosi: Aksakow, Myers, De Rochas, Maxwell, Odhorowicz, Schrenck-Notzing, Geley, Osty; e, tra gli italiani, il Marzorati, il Santoliquido, il Tummolo, il Visani-Scozzi, il Mackenzie, il Bruers, il Sanguineti, il Cazzamalli, il Baudi di Vesme, il Servadio e specialmente Ernesto Bozzano. [6]
Nel presentare i più autorevoli e noti personaggi che hanno scritto i loro nomi negli annali della scienza, legandoli indelebilmente a studi e scoperte che il tempo non cancellerà, e che, ciò nonostante, non disdegnarono prendere in esame fatti ritenuti — specie nei primi tempi — indegni di seria indagine, vogliamo rendere un modesto tributo di lode alla loro probità veramente scientifica. Poiché essi non chio gli occhi per fingere di non vedere verità che, affermate, avrebbero potuto nuocere alla propria popolarità e rinomanza, ma le hanno coraggiosamente attestate, con lo stesso spirito col quale Galileo Galilei asseriva di contro al mondo ufficiale di allora: “Eppur si muove!”.
[1] Annales des sciences psychiques, 1907 [2] Annales des sciences psychiques, 1893 [3] Del Fechner segnaliamo il volulme Das Büchlein vom Leben nach dem Tode, Lipsia, 1836, tradotto in italiano da E. Sola, Il libretto della vita dopo la morte, Milano, 1921. Del Flournoy è notissimo il libro Des Indes à la planète Mars, Ginevra e Parigi, 1900; trad. ital., Milano, 1905, nel quale sono analizzati fenomeni vari ottenuti con la medium Hélène Smith. Pubblicò anche: Nouvelles observations sur un cas de somnambulisme avec glossolalie, Ginevra, 1902; Choréographie somnambulique: le cas de Magdaleine G., nell'“Arch. de Psych.” del 1919, e Esprits et mediums, Ginevra 1911; trad. ital.: Spiritismo e psicologia, Roma, 1913. [4] Dell'Hyslop è da ricordare il libro Science and a future Life, Boston, 1905, che è un ampio studio sulla psicogenesi delle comunicazioni spiritiche della medium americana signora Piper, sulla quale aveva in precedenza riferito nei “Proceedings of the Soc. for psych. [5] Research”di Londra del 1901. L'Hyslop pubblicò anche: Borderland of psychical Research, Boston, 1906, Enigmas of psychical Research, Londra, 1906, ecc. [6] Una bibliografia generale dei più importanti studi di metapsichica si veda nel manuale del Dr. E. Servadio, La ricerca psichica, Roma, 1930.
I. — ROBERT HARE
Fra i pionieri ci si presenta primo un americano, il chimico Robert Hare, nato nel 1781 e morto nel 1858, professore emerito di chimica nell'Università di Pensilvania, che scopri il cannello ossidrico e pubblicò numerosissimi scritti di materia scientifica.
L'Hare fu contemporaneo delle prime rivelazioni che furono fatte sullo spiritismo al tempo delle sorelle Fox, poco prima della metà del secolo XIX. Partecipando alla diffidenza del inondo scientifico, egli considerò peraltro suo dovere studiare il fenomeno, per poterlo recisamente escludere e per arginare, valendosi della sua autorità, quella che egli, come gli altri suoi colleghi universitari, credeva una “follia popolare contraria alla ragione ed alla scienza che conduceva alla grande illusione dello spiritismo”. Sono sue parole. E così egli, sebbene ormai vecchio di 72 anni, nel 1853 si pose all'indagine; e, servendosi anche di strumenti da lui inventati, fini col persuadersi dell'intervento in codesti fatti di poteri e di intelligenze diverse da quelle che agiscono nel nostro mondo.
Poiché compito dello scienziato vero non è quello di arrabattarsi a provare come può la veridicità di una qualche sua personale ipotesi o teoria, ma quello di indagare il vero sionatamente e registrarlo anche se contrario ai propri presupposti, l'Hare non esitò a dichiarare ciò che, contro quanto prevedeva, gli era risultato, pubblicandolo in un suo libro del 1855: Ricerche sperimentali sulle manifestazioni spiritiche.
Egli, sperimentando con i mediums Henry Gordon e A. D. Ruggles, s'era valso di vari strumenti anche complicati, ma specialmente di un disco rotante, attaccato ad una tavola in maniera da porre in azione, mercé i movimenti della
tavola stessa, una lancetta scorrevole su di un disco posto fuori della vista del medium, alla circonferenza del qual disco erano segnate le varie lettere dell'alfabeto che la lancetta successivamente indicava.
L'Hare, riassumendo nel suo libro i risultati ottenuti, dichiarava che egli aveva in primo luogo evidentemente constatato la manifestazione di rumori che non si potevano attribuire a nessun fattore terreno; inoltre che i suoni erano tali da indicare lettere, con le quali si formavano frasi ben chiare prodotte da esseri ragionanti; infine che chi le produceva, conformemente alle dichiarazioni che le accompagnavano, erano state persone note, parenti od amici.
Asseriva poi che, oltre che con i suoni, comunicazioni intelligenti si ottengono anche a mezzo del movimento di corpi, con uno strumento costruito con la massima precauzione e ponderazione. Concludeva affermando la necessità di ammettere non soltanto l'esistenza dei suoni e dei movimenti, ma anche la loro inscrutabilità.
Il libro dell'Hare ebbe grande diffusione e raggiunse la quinta edizione. Ma da ogni parte si levarono contro le sue oneste e franche dichiarazioni il livore, la malignità dei depositari della scienza mummificata. I professori dell'Harvard University lo denunciarono per la sua “pazzesca adesione ad una gigantesca ciarlataneria”, e fu sonoramente fischiato quando a Washington tentò di parlare sullo spiritismo nell'Associazione Americana per il Progresso delle Scienze. Infine talmente crebbe la canea contro di lui, ch'egli dovette pagar cara la sua convinzione, dimettendosi dalla cattedra!
Quasi una riprova dell'esattezza delle sue idee egli ebbe più tardi, quando riscontrò in se stesso facoltà medianiche. Non era più il caso di tacciarlo di credulità e di supporre che fosse vittima di trucchi. Ormai, egli diceva, non è più in gioco se non la mia personalità.
Grande personalità invero di pioniere coraggioso, che noi vogliamo oggi riconoscere in lui non senza ammirazione.
II. — ALFRED RUSSEL WALLACE
E' questi il celebre naturalista e viaggiatore inglese nato nel 1822 e morto nel 1913. Membro della Società Reale, presidente della Società di Antropologia, è uno dei fari più luminosi della scienza moderna, fondatore della zoogeografia.
Ma a noi non importa qui ricordare le sue enormi benemerenze scientifiche per la classificazione di uccelli ed insetti, per le sue osservazioni sull'urang-utang, sulla distribuzione geografica degli animali, sulla natura del mondo tropicale, frutto dei suoi lunghissimi viaggi nell'America misteriosa del Rio delle Amazzoni, nell'Arcipelago Indiano ed in Africa; neppure ci importa rilevare il fatto che egli, contemporaneamente al Darwin, concepì la teoria dell'evoluzione delle specie, e del Darwin fu collaboratore e continuatore col suo lavoro: Il darwinismo applicato all'uomo. Ci importa solo porre in rilievo il contributo che portò, con la grande autorità derivata dalla sua alta posizione scientifica, agli studi metapsichici ed alla ricerca che allora si veniva iniziando nel nostro campo. I suoi primi esperimenti, nel campo del mesmerismo, risalgono al 1844. Il Wallace era materialista e lontano dal concepire un'esistenza spirituale. Prima di modificare codesta sua opinione filosofica, egli fu vinto dall'evidenza dei fatti. “In quel tempo — egli affermò più tardi — nella mia costruzione mentale non v'era posto per la spiritualità. Pian piano il posto fu trovato”.
Si era volto all'indagine con la freddezza severa dello scettico e dell'indagatore consumato in altri campi della scienza. E, sperimentando con la precisione e l'acutezza proprie della sua natura esimia, fu indotto a credere nell'esistenza di comunicazioni più che umane, alcune delle quali capaci di agire — per quanto invisibili ed intangibili — sulla materia e sulla nostra mente. Egli anzi riuscì, valendosi di questi accertamenti, a dar spiegazione di altri fenomeni nel suo Contributo alla teoria della selezione naturale. Crediamo che in modo particolare debba esser posto in evidenza il fatto che uno scienziato del valore del Wallace abbia tratto profitto per le sue teorie dalle indagini compiute nel campo metapsichico, come avrebbe potuto fare per le più accertate scoperte della fisica o della chimica.
Ebbe la fortuna di sperimentare con medium di eccezionale importanza; e nel suo libro: Esiste un'altra vita? elenca dodici classi distinte di fenomeni, ciascuna delle quali racchiude un'enorme varietà di casi. “Per ciascuna delle classi — egli afferma — i fatti furono dimostrati completamente reali, come qualunque altra solenne verità della scienza fisica”.
Importante è l'osservazione nella quale egli insiste e cioè che non solo “i fenomeni sono naturali, e cioè si producono sotto l'azione di leggi generali determinanti i rapporti tra il mondo spirituale e il mondo materiale e sono anche d'accordo con l'ordine stabilito in natura, ma che questi fatti, dal primo all'ultimo, sono essenzialmente umani”.
“La scienza — egli dice — è penetrata così addentro nei misteri della natura senza trovar lo spirito, da non poter credere che lo spirito esista, mentre i fisiologi, studiando tutte le manifestazioni dello spirito e il lavorio cerebrale, non ammettono la possibilità di uno spirito senza un corrispondente organo materiale. In mezzo a questo mondo del pensiero del secolo XIX, mondo grossolanamente materialista o idealista, scoppiò come fulmine a del sereno lo spiritualismo moderno, provando e l'azione dello spirito senza il cervello materiale e l'azione della forza senza il corpo materiale; e questa dimostrazione s'ebbe per un numero di fatti continuamente ripetuti, i quali hanno scosso e trascinato uomini di tutte le classi”.
Il Wallace divenne così un credente fervido, pieno di fede severa, che plasmò ed illuminò tutto il suo pensiero maturo. Alla luce infatti di questa fede egli intravvide la mèta della dottrina evoluzionista da lui tanto nobilmente spiritualizzata.
E fu convinto spiritista. “Io affermo — egli diceva — che bisogna ammettere l'azione di intelligenze disincarnate, cooperanti coi nostri modesti poteri di trasmissione mentale e di vista spirituale, per trovare una spiegazione razionale ed intelligibile del complesso dei fenomeni”. E assurgendo da questo ad una
visione morale della vita, concludeva così l'altro suo celebre libro: I miracoli ed il moderno spiritualismo:
La frequente asserzione che lo spiritismo sia un residuo di vecchie superstizioni è così assurda, che si potrebbe non farne menzione. Una scienza essenzialmente umana, basata sui fatti osservati e sull'esperienza, una scienza che non se ne sta alle semplici parole; che proclama come primi doveri degli esseri intelligenti l'informazione e l'osservazione personali; che insegna potersi conseguire la felicità nella vita futura mercé lo sviluppo delle più elette qualità morali ed intellettuali e non per nessun altro metodo, è e deve essere nemica naturale di ogni superstizione. Lo spiritismo è scienza sperimentale e ci offre l'unica base razionale d'una vera filosofia e d'una religione pura. Sopprime i termini di soprannaturale e di miracolo, allargando la sfera d'azione delle leggi della natura... Lo spiritismo dunque non costituisce una pura curiosità psicologica, o la determinazione di una legge naturale finora ignorata, ma invece una vasta scienza che ci guida ai risultati più grandiosi, più importanti e più pratici. Questa scienza attira a sé le simpatie dei moralisti, dei filosofi, degli statisti, di quanti portano in cuore lo spirito di giustizia, del progresso, degli alti destini del genere umano”.
III. — WILLIAM CROOKES
Il terzo personaggio del mondo scientifico ufficiale che ci si presenta, procedendo in ordine di tempo, è tra i più noti nel campo della scienza mondiale ed è il più importante forse tra quanti hanno volto l'attenzione al nostro campo, poiché egli fu propriamente colui che alla ricerca psichica diede, con maggiore autorità e per primo, il carattere di ricerca scientifica, di indagine positiva.
Williarn Crookes (1832-1919) nel campo della chimica scoprì nel 1861 il tallio e più tardi le terre rare e l'europio. Inventò il radiometro ed i tubi che da lui furono detti “tubi di Crookes”per lo studio delle scariche nei gas rarefatti. Oggi essi sono, per es. col Neon, quei tubi luminosi che costituiscono un nuovo sistema d'illuminazione. Quei tubi fecero anche scoprire fenomeni importantissimi di fosforescenza, riscaldamento, ecc. Ai tubi di Crookes si deve l'ulteriore scoperta dei raggi X fatta dal Röntgen; e partendo dagli studi da lui iniziati sulla fosforescenza, si giunse alla fisica di Curie, alla scoperta delle sostanze radioattive, alla comprensione insomma dei fenomeni di emissione.
“Per lo studio di questo quarto stato della materia — scriveva il Crookes — ci sembra di aver colto e sottomesso al nostro potere i piccoli indivisibili corpuscoli che ben a ragione possono considerarsi come la base fisica dell'universo. Alcune proprietà della materia raggiante ci indicano che essa è qualcosa di materiale quanto il tavolo che mi sta innanzi, altre invece le attribuiscono le caratteristiche di una forza di radiazione; in realtà siamo al limite in cui materia e forza appaiono confondersi, oscuro dominio, dal quale sono stato sempre particolarmente attratto, tra il noto e l'ignoto. In questo campo inesplorato di sottili meraviglie e profonde realtà fondamentali troveranno soluzione, oso credere, i massimi problemi scientifici del futuro”.
Scienziato illustre, sperimentatore perfetto, riuscì ad identificare lo spettro dell'elio preparato sulla terra con quello dell'elio solare, inventò lo spintariscopio con cui si rendono visibili le particelle a emesse dalle sostanze radioattive, ecc. ecc. Si può dubitare ch'egli fosse assuefatto alle più delicate e scrupolose esperienze di chimica e fisica, e fosse maestro di sperimentazione? E si può
dubitare ch'egli affrontasse la sperimentazione nel campo dei fenomeni metapsichici con metodi inadeguati e fallaci?
Al suo tempo grandi clamori s'erano levati sui fenomeni spiritici. All'entusiasmo cieco dei fanatici spiritualisti, come alla negazione non men cieca degli increduli a priori, fa riscontro la fredda, paziente indagine compiuta dal Crookes con strumenti da lui escogitati, che la critica non ha potuto denigrare. Raggiunta una prova, egli vi ritornava pazientemente per perfezionarla, fino ad ottenere risultati perfetti, inconfutabili.
E non sono stati confutati. “Le esperienze del Crookes — scrisse il Richet — sono granitiche e nessuna critica ha potuto intaccarle”.
Egli dichiarò che aveva intrapreso queste ricerche “per applicare a questi fenomeni l'esperienza scientifica scrupolosamente controllata”, e d'essere arrivato così ad alcuni risultati precisi che credette bene pubblicare. “Queste esperienze sembrano stabilire in maniera conclusiva l'esistenza di una nuova forza collegata in modo sconosciuto all'organizzazione umana”, forza ch'egli chiamò “forza psichica”.
“Io non saprei — diceva — pronunciarmi sulla causa dei fatti dei quali fui testimone; ma che taluni fenomeni fisici, quali il movimento di sostanze materiali, la produzione di suoni simili a scariche elettriche, si ottengano in circostanze tali per cui non si potrebbero spiegare con nessuna delle leggi fisiche conosciute, è un fatto del quale sono certo come del fatto più elementare di chimica. Tutti i miei studi scientifici non sono stati che una lunga serie di osservazioni esatte e desidero che sia ben compreso che i fatti che affermo sono il risultato delle ricerche più scrupolose”.
E' nota del resto la sua categorica affermazione: “Io non dico che ciò è possibile,
ma dico che è vero”.
Egli esprimeva anche con grande saggezza la sua convinzione che “noi siamo lontani dall'aver esaurito tutte le conoscenze umane e sondato le profondità di tutte le forze fisiche”.
Ma, pur ammettendo (come i risultati delle scrupolose esperienze gli imponevano) che i medium sono in possesso d'una forza psichica super-normale, per cui esseri intelligenti producono attraverso le loro facoltà i fenomeni osservati, non si avventurò nel determinare la natura di questi esseri intelligenti. A noi basta intanto che li ammettesse, il che è in fondo quanto ammettere la sopravvivenza dell'intelligenza umana che poi si manifesta attraverso i medium.
E trattando scientificamente della trasmissione del pensiero in analogia con il moto vibratorio che avvolge l'universo e crea le forze trascendenti della natura, egli affacciò un'ipotesi: “Mi pare — disse — che con questi raggi, quelli cioè di più elevata forza vibratoria, si possa avere un mezzo per trasmettere il pensiero e che si possano anche supporre raggi di frequenza maggiore”. Quando egli questo diceva non s'era parlato ancora delle vibrazioni della materia e dei raggi cosmici, oggi accertati ed ammessi da tutti.
Il Crookes si occupò particolarmente di quei fenomeni che sembravano meglio convenire alla sua natura di chimico e di fisico, e cioè dei fenomeni fisici: movimenti di corpi pesanti, fenomeni di percussione e suoni vari, alterazione di peso dei corpi, levitazioni di tavoli, sedie e di corpi umani, apparizioni luminose, apparizioni di mani in piena luce, fenomeni di scrittura diretta, apparizioni di figure, di fantasmi, materializzazioni. E tutti furono controllati e provati alla stregua di apparecchi, di scale graduate e di tutta un'attrezzatura da gabinetto di fisica, che non poteva non colpire quanti si erano trincerati dietro una negazione aprioristica. Ma il Crookes, da esperto sperimentatore, s'avvide che di fronte ai fenomeni che egli diceva promossi da una forza psichica, occorrevano metodi adatti alla psiche e diversi dunque da quelli che si possono adoperare con forze
puramente materiali. Forse per aver compreso questo e per avere accanto allo strumento, alla macchina fotografica, all'apprestamento precauzionale, creato un'atmosfera di cordialità e di consenso, che non ostacolava punto l'osservazione più perfetta ed il controllo più rigoroso, egli ottenne fenomeni di importanza eccezionale.
E' notissimo che egli ebbe durante ben tre anni in moltissime sedute, per opera della medium Florence Cook, la materializzazione di una giovane, Katie King, la quale, prima di allontanarsi per sempre, comparve nell'ultima settimana ogni sera per permettere la fotografia che fu eseguita con cinque apparecchi e con ogni cura e precauzione.
La materializzazione di Katie King era così perfetta che il Crookes poteva ascoltarne le pulsazioni del cuore, poggiando il capo sul suo petto o toccandole il polso, e poteva ascoltarne la respirazione e giudicare della sanità dei polmoni. Non ugualmente sani erano in quel periodo i polmoni della medium, la quale aveva normalmente 90 e non 75 pulsazioni come la materializzazione. La medium era una giovanetta ingenua di 15 anni, che si sottomise a tutte le condizioni e a tutti gli esami. Le precauzioni prese furono rigorose e sicure. Né è possibile concepire che un osservatore positivo ed acuto come il Crookes e gli altri che con lui assistevano alle sedute e che non erano i primi venuti, siano stati ingannati per ben tre anni sulla realtà della materializzazione di Katie King.
Negli ultimi suoi anni il Crookes parve aderisse all'ipotesi spiritica poiché, interrogato se gli studi relativi ai fenomeni avessero “ucciso il vecchio materialismo scientifico”, egli rispose: “Credo di sì. Per lo meno essi hanno convinto la grande maggioranza di coloro che conoscono qualcosa in materia circa l'esistenza del mondo di là”. E dichiarava solennemente: “Non ho avuto mai occasione di cambiare il mio avviso in proposito. Sono perfettamente pago di quanto ho detto tempo addietro. E' perfettamente vero che è stato stabilito un raccordo tra questo e l'altro mondo”.
Fatto oggetto alla critica del mondo ufficiale, egli rispondeva ricordando una sentenza del Thomson “La scienza è costretta dalle leggi eterne dell'onore a fronteggiare senza paura qualsiasi problema le venga lealmente presentato. Ai miei critici dico: provate a sperimentare, investigate con cura e pazienza come ho fatto io. Se dopo aver esaminato scoprirete imposture o illusioni, proclamatelo e dite come le cose si sono svolte. Ma se riconoscete i fatti, dichiaratelo senza tema, come comandano le leggi eterne dell'onore”.
Parole che sarebbe tanto opportuno ripetere anche oggi!
IV. — JOHANN K. F. ZÖLLNER
Johann Zöllner (1834-1882) fu professore di fisica e di astronomia nell'Università di Lipsia. Espose interessanti ed originali idee sulla natura delle comete, attirando l'attenzione del mondo scientifico e culturale del tempo. Ma quando, in seguito alle sue ricerche sui fenomeni del dott. Enrico Slade, scrisse un libro sulla fisica trascendentale, si riversò su di lui non diremo la critica, ma il più feroce dileggio dei colleghi scienziati.
I suoi esperimenti cominciati nel 1877 furono compiuti anche con la collaborazione di altri professori di matematica e di fisica, W. E. Woeber, W. Scheibner e G. T. Fechner, i quali si dichiararono convinti della realtà dei fatti osservati ed esclo ogni possibilità di frode. Eppure più tardi gli stessi proff. Scheibner e Fechner s'unirono ad altri nell'asserire che lo Zöllner quando compiva i suoi esperimenti con lo Slade non era sano di mente.
Ma contro questa asserzione si potrebbero addurre, oltre il fatto che egli tenne onorevolmente la cattedra fino alla morte, le dichiarazioni di altri, i quali testimoniano quanto lo Zöllner fosse amareggiato dal trattamento indegno dei colleghi e come egli sia stato fino al suo ultimo respiro in pieno possesso delle facoltà mentali. Giova anche ricordare che quando gli anti-spiritisti scagliarono contro di lui l'accusa di pazzo, un pubblicista di Nuova York, il doti. Funk, chiese ai Rettore magnifico dell'Università di Lipsia quanto in questa accusa ci fosse di vero e ottenne in risposta una lettera nel novembre del 1903, nella quale si attestava che lo Zöllner durante tutti gli anni che aveva insegnato all'Università e fino alla sua morte era stato sano di mente e in perfetta salute; e che era morto improvvisamente nel 1882 per un'emorragia cerebrale che lo colpì mentre era a colazione con la madre.
Tutto questo abbiamo creduto opportuno riferire non tanto perché fosse necessario scagionare lo Zöllner dalle accuse a cui fu fatto segno, appena dallo studio dei fenomeni fisici e celesti osò are a quello dei fenomeni metapsichici, quanto per dare una pallida idea della ferocia dei suoi colleghi per aver attestato l'esistenza di fenomeni ultra-normali, sebbene egli ne desse non già
una spiegazione spiritica, ma una spiegazione naturale.
Oggi i fatti da lui osservati sono stati accertati per altre numerose esperienze, ma della sua teoria poco o nulla rimane più, oltre il ricordo.
Si trattava dei fenomeni di penetrazione della materia nella materia; ed egli li spiegava ammettendo una quarta dimensione fisica, attraverso la quale gli oggetti erebbero.
Confessiamo che non ci riesce di comprendere come questo avverrebbe, ed anche che il concetto della quarta dimensione ci riesce così ostico nella sua astrusa concezione matematica, che ci sarebbe pur difficile tentarne una esposizione. Certo dal punto di vista della scienza positiva non c'è posto nello spazio fisico se non per tre dimensioni, ma dal punto di vista matematico astratto la quarta dimensione è logica e possibile.
Perciò il nostro Schiaparelli in una lettera al Flammarion diceva della teoria dello Zöllner che era ingegnosa e probabile. E certo qualora essa fosse stata comprovata ed ammessa, i fenomeni medianici sarebbero stati condotti nel dominio della fisica e lo Zöllner si sarebbe reso immortale tra i geni che scopersero le maggiori leggi della natura.
Tuttavia la teoria dello Zöllner non è stata ancora del tutto abbandonata, e recentemente ad essa ritornò W. H. Button in seguito ad esperienze compiute in America nel 1932 con la medium “Margery”.
A noi non la teoria, ma si interessano le esperienze che, compiute con i più rigorosi e moderni controlli, confermano la realtà dei fenomeni osservati dallo
Zöllner.
E quasi contemporaneamente a quelle del Button si compivano anche a Roma, per opera del dott. Servadio, esperienze sicure con metodi e precauzioni che nessuna critica ha contestato, nelle quali col medium Pasquale Erta si ottennero fenomeni della stessa natura.
Né sarà inutile ricordare un fatto che credo sia accaduto due volte in sedute col medium romano sco Carancini e che chi scrive ebbe la fortuna di constatare personalmente, per cui mentre le mani del Carancini erano tenute fortemente e senza interruzione strette e controllate, la giacca che egli indossava si sfilò e cadde dall'alto in mezzo al cerchio degli assistenti.
Il fenomeno si suole dire di smaterializzazione e rimaterializzazione, designazione che già in se stessa ammette un'altra ipotesi, la quale comunque va oltre le leggi fisiche accertate. Intendiamo appunto alludere alla tesi del nostro illustre Bozzano della disintegrazione e successiva reintegrazione della materia.
Lo Zöllner sperimentò anche con altri medium, con M.me d'Espérance e con Eglinton. Egli aveva in animo di scrivere un altro libro su queste esperienze; e noi non possiamo oggi se non lamentare ch'egli sia improvvisamente traato prima di aver avuto modo d'attuale il suo disegno.
V. — CESARE LOMBROSO
Che Cesare Lombroso sia tra le più notevoli figure che nel campo della scienza e del pensiero espresse quel mirabile 800 il quale a noi, via via che ce ne allontaniamo, appare sempre più grandioso, non è chi non sappia.
E' ben noto quale nuovo impulso abbiano avuto per le sue geniali teorie l'antropologia e specialmente l'antropologia criminale e, in conseguenza, il diritto penale; e quali nuove vedute egli abbia portato nella psichiatria. Sono fondamentali nella storia del pensiero scientifico e filosofico le sue opere L'uomo di genio e L'uomo delinquente. Ma infiniti suoi scritti (oltre 400) stanno a testimoniare la sua attività scientifica.
Meno è nota ed è anzi quasi generalmente ignota la sua convinzione sui fenomeni medianici, che egli sottopose ad indagini e studi coscienziosi e che coraggiosamente nell'ambiente positivista, nel quale egli s'era sempre aggirato, non soltanto ammise, ma spiegò, aderendo all'ipotesi spiritica.
S'addentrò in questo campo partendo dall'ipnotismo, dalla suggestione, dalla divinazione del pensiero. Sull'ipnotismo aveva scritto un libro fin dal 1889. In seguito, proprio come anti-spiritista, fu invitato ad assistere alle sedute con la celebre medium Eusapia Paladino, alla quale si debbono i riconoscimenti rari ma importantissimi che ai fenomeni medianici sono venuti in Italia da studiosi e professori del mondo accademico ed ufficiale, dal Lombroso al Morselli, dall'Herlitzka al Foà, dall'Agazzotti al Bottazzi. Egli ne trasse la persuasione della reale esistenza di questi fenomeni misteriosi e della necessità di indagarli e studiarli.
Nel 1909, nell'anno stesso che segnò il termine della sua vita mortale (era nato nel 1835 a Verona), apparve il suo libro, intitolato Ricerche sui fenomeni ipnotici e spiritici, la cui prefazione si inizia con la seguente dichiarazione che ci piace qui riferire: “Quando al termine di una carriera ricca, se non di vittorie, certo di
fiere battaglie, in favore delle nuove correnti del pensiero umano, nella Psichiatria e nell'Antropologia criminale, ho iniziato le ricerche prima e la pubblicazione poi di un libro sui fenomeni detti spiritici, mi sorsero contro da ogni parte gli stessi amici più cari a gridarmi: Voi volete guastare un nome onorato, una carriera che, dopo tante lotte, era giunta finalmente alla mèta, per una teoria che tutto il mondo non solo ripudia, ma, quel che è peggio, disprezza e fin trova ridicola.
Ebbene: tutto questo non mi ha fatto esitare un solo istante dal continuare nel cammino iniziato. Mi vi sentii anzi più deliberatamente sospinto; perché mi parve fatale il coronare una vita vissuta nella ricerca di nuovi ideali, combattendo per l'idea più combattuta e forse più derisa del secolo: e mi parve un dovere il trovarmi fino all'ultimo degli ormai contati miei giorni appunto là dove più irti sorgono gli ostacoli e più accaniti gli avversari”.
Ed analoga protesta si legge all'inizio della trattazione: “Se vi fu al mondo un uomo per educazione scientifica e per istinto quasi, contrario allo spiritismo, quello fui io, che della tesi: essere ogni forza una proprietà della materia e l'anima una emanazione del cervello, mi ero fatta l'occupazione più tenace della vita, io, che avevo deriso per tanti anni gli spiriti dei tavolini... e delle sedie! Ma se ho sempre nutrito una ione grande per la mia bandiera scientifica, ne ebbi una ancora più fervida: l'adorazione del vero, la constatazione del fatto”.
L'opinione più diffusa ai suoi tempi nel mondo ufficiale (anche oggi ci sono in questo mondo delle menti rimaste a quel tempo!) era che non si trattasse di fenomeni, ma di trucchi. E il Lombroso scrisse in proposito parole che è bene ripetere: “La prima impressione infatti è che si tratti di un trucco: ed è la spiegazione più adatta al gusto dei più, poiché risparmia di pensare e studiare e fa credere all'uomo volgare di essere un osservatore più coscienzioso e più abile dello scienziato. Si aggiunga che anche costui deve convenire che nessun fenomeno naturale meglio degli spiritici si presta al dubbio ed alla frode...”.
“Una causa dei pretesi smascheramenti dei medi è la prevenzione che i fenomeni non debbano essere veri. Ci sono le illusioni prodotte dalla credulità, ma ci sono anche quelle prodotte dall'incredulità. Anche gli increduli sono in uno stato di attenzione aspettante, per cui credono di vedere ciò che non è: se non lo vedono indovinano; essi capiscono tutto, essi spiegano tutto. Hanno una tal paura di essere minchionati, che si minchionano da sé e per evitare l'inverosimile inventano l'impossibile...”.
“Infine alle imitazioni fatte da medium impostori da prestigiatori e da scettici, gli spiritisti rispondono con Hellenbach, che le parrucche non provano che non ci siano capelli, le dentiere rimesse che non ci siano denti, e così le monete false, i fiori di carta, ecc. Avendo io veduto dei fatti reali, è inutile che il Tyndall mi venga a dire che ce ne sono molti di falsi. Io so che il caffè si fabbrica anche con la cicoria, con le ghiande e coi fichi secchi: so bene che uno dei miei conoscenti è fabbricante di caffè: so bene che non è sufficiente garanzia nemmeno comprarlo in grani, perché un commerciante in coloniali mi ha assicurato che si fabbrica anche quello, coi fondi di caffè, e così bene che io non lo distinguerei dal vero. Eppure siccome ho bevuto qualche volta del vero caffè, così io sono, in quanto al caffè, in quello stato d'animo cui allude il Tyndall: sono afflitto da una credulità inguaribile. Neppure un blocco continentale che ci privasse di caffè per tutto il resto della vita mi guarirebbe dall'illusione che esistono il Moka e il Portorico. Egli è vero che un fantasma differisce molto da una tazza di caffè: ma la differenza dipende da questo, che tutti coloro che varino a Napoli, vanno al Caffè Nuovo, mentre quasi nessuno domanda dell'Eusapia”.
Il libro del Lombroso si chiude con un capitolo intitolato: “Prime linee di una biologia degli spiriti”. In esso sostanzialmente si esclude che tutti i fenomeni possano spiegarsi con l'ipotesi telepatica o con l'ipotesi del subcosciente, e si aderisce all'ipotesi spiritica. Ecco le sue parole: “…la grande azione del medium, aiutata dall'energia dei presenti alle sedute che ne restano indeboliti, è provata non solo da una serie di esperienze precise, ma dalle osservazioni di tutti i nostri volghi e dei popoli antichi e selvaggi. Ma vi sono fenomeni cui questa influenza sola non basta a spiegare: quando cioè si tratta di premonizione, di avviso contemporaneo della propria morte o delle proprie condizioni a grande distanza ed a più persone, quando si tratta di materializzazioni di più enti contemporaneamente operanti in diverse direzioni, o quando si tratta di straordinaria forza ed intelligenza in persone deboli ed incolte, in bimbi, per esempio, di pochi mesi, e quando si tratta di fenomeni di levitazione, di voli, di incombustibilità, di comparsa o scomparsa attraverso i corpi opachi; quando, insomma, si modificano i corpi intorno al medium come se fossero in uno spazio di quarta dimensione, allora quella influenza non basta più da sola a spiegarli. Ed allora ci soccorre il vedere intrecciarsi e fondersi a quella dei medium, che pur mostra una strana radioattività, un'altra influenza ammessa pure da tutti i popoli
e in tutti i tempi, quella dei defunti, che si manifesterebbero a chi specialmente abbia facoltà medianiche, o in altre circostanze di disgregazione del sensorio come letargo, agonia, ora con rumori, ora con moti degli oggetti, ora con voci, ora con la presenza di parti del corpo, specialmente della mano, più raramente della faccia intera, e più raramente ancora dell'intero corpo, assumendo transitoriamente al contatto ed a spese del medium quasi tutte le funzioni di un corpo vivo, per quanto il loro non appaia che un corpo fluidico, forse radioattivo. Lo stretto rapporto di questi corpi coi defunti viene confermato da alcune prove di identità, avendoci forniti nomi e circostanze che vennero trovate vere con accurate ricerche, e dalla loro riproduzione nelle lastre fotografiche (anche coperte) che prova la loro natura radioattiva, e che esclude trattarsi di fenomeni di suggestione; e dall'agire con caratteri propri, indipendentemente dai medium, sugli uomini e sugli strumenti di precisione”.
Ci piace rivendicare al Lombroso, che forse erà nella storia della scienza come una delle voci più alte del positivismo se non anche del materialismo, questa sua opera, che pur essa rientra nei limiti della ricerca positiva, opera di pioniere in un campo che attende ancora dal nostro secolo la sua piena fioritura e i benefici frutti ai quali aneliamo.
VI. — LUIGI LUCIANI
Luigi Luciani è il più grande fisiologo che abbia avuto l'Italia.
Nato in Ascoli Piceno nel 1840 e morto nel 1919, egli che tenne per molti anni — maestro insigne — la cattedra di fisiologia nell'Università di Roma, della quale fu anche Rettore magnifico, gettò sulla sua disciplina tutta la luce di una mente geniale e vastamente aperta in tutti i rami del sapere.
La fisiologia che conta tra i precursori uomini di genio, come sco Redi e Leonardo da Vinci, è forse tra le discipline scientifiche quella che più permette di uscire dagli angusti confini che le varie branche della scienza si impongono, per spaziare un poco più largamente. Si tratta di conoscere i caratteri, le condizioni, le leggi che regolano i fenomeni vitali; e il fisiologo si confonde col fisico, col chimico, col filologo, col filosofo, ed anche con lo psicologo.
C'è infatti un punto — ed è questo punto che a noi principalmente interessa — nel quale cessa l'opera del fisiologo e si inizia quella dello psicologo puro, in cui termina l'indagine dello scienziato obiettivo e comincia quella dello scienziato subiettivo. Ma questo punto non è così preciso e definito che non permetta al fisiologo di oltrearlo un poco, o non permetta, o meglio non obblighi lo psicologo a spingere prima di esso lo sguardo. Entra nel campo della fisiologia lo studio della funzione del cervello e del sistema nervoso. E non è chi non veda come tutto questo abbia importanza anche per la metapsichica.
Ora il Luciani che compì difficili ed importantissime ricerche sul cervelletto, sebbene non abbia trattato ex professo l'argomento, né abbia scritto in proposito articoli o libri, lo ha pure osservato serenamente ed acutamente in un mirabile capitolo della sua celebre Fisiologia dell'uomo, opera fondamentale, tradotta in tutte le lingue e nota in tutto il mondo.
E' primieramente da segnalare l'onestà scientifica che lo portò ad esaminare i fenomeni metapsichici. “Sono fenomeni — egli dice — che offrono grandi difficoltà ad una rigorosa analisi scientifica, che con la loro grande complessità dovrebbero ammonire il filosofo, facendogli balenare gli abissi inesplorati dell'umana natura. Ma il filosofo e psicologo non debbono disdegnarne lo studio con la speciosa e futile ragione che non siamo ancora in grado di raccordarli facilmente coi comuni postulati delle scienze fisiche e biologiche, elevati a dogmi intangibili. Assunti nel loro complesso, detti fenomeni abnormi (subnormali o supernormali), spontanei o provocati, hanno valore di dissezione sul vivo della psiche umana”.
Il Luciani appartiene al tempo del materialismo, quando si pensava che le facoltà dell'anima fossero null'altro che funzioni della sostanza cerebrale. Ma egli si espresse con serena limpidezza al riguardo: “Con la legge del parallelismo psicofisico non solo si suppone che esistano dei rapporti funzionali fra i processi somatici e ì processi psichici il che non è da alcuno contestato; ma che a ciascuno stato di coscienza e a ciascun cambiamento psichico corrisponda uno stato e un cambiamento speciale del processo nervoso concomitante; il che è lungi dall'essere dimostrato, anzi non è dimostrabile nello stato attuale delle nostre cognizioni... La legge del parallelismo psico-fisico non è dunque un assioma — come molti opinano — ma una semplice ipotesi empirica di carattere provvisorio, che permette al fisiologo, trattando delle più alte funzioni del sistema nervoso, di rimanere nel campo positivo dei fenomeni e delle leggi controllabili, senza trascendere nel campo della metafisica, e senza essere costretto a speculare sulla natura dei fenomeni psichici svolgentisi sine materia”.
Nel capitolo sulle età della vita e della morte egli si propone di vedere più addentro nel presunto istinto della morte e riporta alcuni dati positivi di severa osservazione, su uno dei quali particolarmente si sofferma: “G. C. Ferrari ha potuto raccogliere diversi casi, sia in giovani isteriche, sia in dementi, in cui apparve evidente il preannuncio, quasi il vaticinio della morte, insorto in condizioni fisiche normali. In uno di questi casi si trattava di una donna di 4o anni, ricoverata nel manicomio di Reggio Emilia per demenza secondaria, con soppressione di ogni bagliore d'intelligenza. A un tratto cambiò improvvisamente contegno, riprese a cibarsi da sé (cosa che più non faceva quasi da sette anni), e
quasi sette mesi dopo manifestò il bisogno di scrivere una lettera ai genitori (ciò che non aveva fatto da anni), pronunziò frasi relative alla sua sepoltura (quantunque godesse buona salute), e una sera annunziò che non aveva che quattro o cinque giorni da vivere, e che voleva arli a letto (quantunque continuasse ad essere in buone, anzi floride condizioni fisiche). All'inizio del quarto giorno mori improvvisamente. Non fu possibile praticare l'autopsia; ma qualunque sia stata in questo caso la condizione interna della morte, è sempre sorprendente l'antiveggenza, il presentimento veridico della morte, accertato in persona in cui tutte le forme della sensibilità erano ottuse. L'interpretazione di questo e di altri casi consimili è assai difficile. L'ipotesi dell'autosuggestione (Forel) o quella di un disturbo della cenestesia (Ferrari) indotto da una lesione organica avvertita dal soggetto nello stato preagonico, qui non sono applicabili, perché la morte fu subitanea e non preceduta da alcun sintomo morboso”.
Al Luciani non sfuggi dunque la possibilità di una conoscenza trascendentale nel tempo. Ma soprattutto egli fu attratto ad esaminare i fenomeni di telepatia, confessando che non v'è ipotesi scientifica che valga a chiarirli e spiegarli. C'è dunque qualcosa — e il fisiologo illustre k dichiara apertamente —, c'è un potere psichico che va oltre la fisiologia. Ma questi fatti non dovevano per il Luciani essere esclusi dall'indagine scientifica; essi si presentavano viceversa (e non poteva essere altrimenti, data l'onestà e la serietà dello scienziato) come i più interessanti, come “indizi atti a guidarci a nuovi campi d'osservazione”. Egli si riportava a Bacone il quale diceva che “il mondo non deve essere costretto entro le angustie dell'intelletto (il che invece abitualmente si fa), mentre si deve lasciare l'intelletto espandersi onde accogliere l'immagine del mondo quale esso è realmente”.
Dice il Luciani: “Trattando dei sogni, noi abbiamo omesso di parlare di un'altra serie di speciali fenomeni (telepatici) che eccezionalmente essi ci manifestano, che per la loro natura trascendentale, ultra-fisica e metapsichica, varcano decisamente le anguste frontiere del nostro sapere scientifico; e sembrano refrattari a qualsivoglia interpretazione naturalistica. Come tali essi perturbano la orientazione scientifica razionale, largamente predominante per lunga abitudine nelle menti più colte; ma non può essere questa una ragione sufficiente per arli sotto silenzio. Se la più severa critica non è riuscita — come vedremo —
a demolirli e smentirli radicalmente, ogni onesto cultore della scienza, ogni libero e animoso indagatore della verità, dovrebbe sentire il dovere di prenderne conoscenza, di apprezzarne e metterne in rilievo l'alto valore filosofico”.
Ed altrove asseriva: “Se la telepatia fra viventi si ammette come ben dimostrata, quella fra persone viventi e defunte diventa per lo meno verosimile”.
E' bene infine vedere come il Luciani spingesse lo sguardo nel futuro e meravigliosamente prevedesse i compiti che si sarebbero presentati agli studiosi del secolo XX: “Nell'analisi scientifica dei fenomeni psicofisici, la fisiologia del secolo vigesimo procederà tranquillamente senza preoccupazioni e senza pregiudizi. Essa non sarà guidata, come quella del secolo ato, dall'odio contro la fede nella spiritualità dell'anima. Quanto più coi progressi della nostra scienza riusciremo a disvelare le energie latenti negli esseri viventi in generale, nella psiche umana in particolare, tanto più forte e chiaro si farà in noi il sentimento, tanto più prepotente la fede scientifica, che dietro il mondo delle apparenze esista il mondo delle potenze rispetto alle quali la coscienza sensoriale e l'umano sapere non sono che un semplice simulacro”.
VII. — CAMILLE FLAMMARION
“Il cielo stellato sul capo, la coscienza pura in fondo al cuore”. E' frase stupenda di Emanuele Kant, e s'addice perfettamente a Camillo Flammarion.
Questo grande astronomo, divulgatore delle meraviglie celesti, poeta del mistero infinito e filosofo profondo, direttore dell'Osservatorio di Parigi, vissuto tra il 1842 e il 1925, ci ha lasciato molti libri, la cui lettura è tra le più istruttive ed insieme tra le più piacevoli e confortevoli.
Quando pubblicò il libro La morte e il suo mistero, uno spiritualista se, Jean Meyer, gli scriveva queste parole: “Voi avete richiamato numerosi spiriti allo studio interessante quanto suggestivo del cielo fisico, degli astri che popolano a milioni le immensità misteriose. Il vostro ultimo libro apre adesso alle folle ansiose la via di un altro cielo, rivelando ad esse l'orizzonte meraviglioso del di là della vita. Voi avete in ato rischiarato le menti; ecco che adesso rischiarate le anime. Voi siete il primo scienziato se che, scuotendo la pesante e vana cappa del materialismo, osi cancellare l'errore di un secolo e proclamare che la morte non esiste. Proclamando questa certezza dall'alto del formidabile edificio dei fatti che il vostro paziente lavoro ha costruito in più di mezzo secolo, voi avete onorato la verità; e siete da essa onorato. Così entrate vivente nell'immortalità”.
Cominciò il Flammarion ad occuparsi di spiritualismo fin dal 186i, nel libro La pluralità dei mondi abitati. Ma il suo pensiero doveva per natura essere portato alla concezione dell'immortalità dell'anima, se fin dall'età di sette anni — come egli stesso racconta nelle sue memorie — imbattendosi in un carro funebre domandò a un compagno: che cosa è questo? — Oh, bella! — gli rispose il compagno più anziano di lui — portano un morto al cimitero. — Un morto? E che cosa è un morto? — E' qualcuno che ha cessato di vivere. — Cessare di vivere è impossibile: non si muore.
A vent'anni si incontrò con Allan Kardec, del quale divenne amico personale e compagno di studi. Ma cardeciano non fu mai, nel senso che rimase sempre uno studioso dei fenomeni che egli considerò con pacata serenità e da un punto di vista nettamente scientifico.
La sua natura, l'incontro con Allan Kardec, i suoi studi di astronomia lo condussero alla visione serena d'una verità che egli asserì e divulgò come nessun altro aveva fatto prima, come nessun altro ha saputo fare dopo di lui.
“Nella contemplazione delle grandezze astronomiche — egli diceva — siamo stati trasportati attraverso l'infinito dello spazio e del tempo ed abbiamo sentito che l'astronomia è la prima e la più importante di tutte le scienze, perché ci insegna quale parte noi occupiamo nella creazione e come sia costituito l'universo: coloro che l'ignorano vivono senza sapere chi essi sono. Ma la costruzione dell'universo materiale non basta ad una istruzione che aspira ad essere completa. Le ricerche sulla natura e il destino dell'anima umana mi sono sempre parse associate direttamente alla conoscenza dell'astronomia. D'altronde il cielo è stato sempre associato nelle vedute religiose sulla vita futura. Gli studi psichici si presentano a noi come il completamento naturale della conoscenza del cielo”.
Ed altrove: “I fenomeni psichici non sono così estranei ai fenomeni astronomici come si potrebbe supporre. Se l'anima è immortale, se il cielo è la sua patria futura, la conoscenza dell'anima non può restare estranea alla conoscenza del cielo. Lo spazio infinito non è esso il dominio d'eternità? Che c'è dunque di sorprendente nel fatto che alcuni astronomi siano stati pensatori, bisognosi d'illuminarsi sulla vera matura dell'uomo come della creazione? Non rimproveriamo a Schiaparelli, direttore dell'Osservatorio di Milano, osservatore assiduo del pianeta Marte, al professore Zöllner, dell'Osservatorio di Lipsia, autore di ricerche importanti sui pianeti, a Crookes che fu astronomo prima di essere chimico, all'astrofisico Huggins, e ad altri scienziati, quali il prof. Richet, Wallace, Lombroso, ecc., d'avere cercato di conoscere ciò che v'è di vero in queste manifestazioni. La verità è una e tutto è collegato nella natura. Oserei
anche aggiungere che non ci sarebbe per noi grande interesse a studiare l'universo siderale, se fossimo certi che ci é e ci resterà eternamente estraneo, se noi non dovessimo mai conoscere qualche cosa da vicino. L'immortalità degli astri mi sembra essere la conseguenza logica dell'astronomia. In che può interessarci il cielo, se noi non viviamo che un giorno sulla terra? Le scienze psichiche sono molto in ritardo sulle scienze fisiche. L'astronomia ha avuto il suo Newton, la biologia non è che a Copernico, la psicologia è ancora agli Ipparchi e ai Tolomei. Tutto ciò che noi possiamo attualmente fare è di raccogliere le osservazioni, di coordinarle e di facilitare i primi i della nuova scienza”.
Perciò si mostrò sempre molto restio a seguir teorie ed a proporne egli stesso, asserendo che ciò “che importa soprattutto è di sapere se veramente i fenomeni in parola esistano e di risparmiarci la perdita di tempo ed il ridicolo di cercare la causa di ciò che non esiste. Constatiamo prima i fatti. Le teorie verranno più tardi”.
Tuttavia più tardi egli dichiarava: “Che l'anima sopravviva alla distruzione del corpo, ecco ciò di cui io non dubito nemmeno lontanamente; ma quanto ai fenomeni io mi domando se la forza vitale del medium non si esteriorizzi producendo in un punto dello spazio un sistema vibratorio che potrebbe essere un suo doppio organizzato ad un grado di maggiore o minore visibilità e solidità”. E concludeva che “soltanto la teoria della reincarnazione è quanto alla nostra vita post mortem soddisfacente per lo spirito inquieto”.
Sull'avvenire della scienza metapsichica egli si esprime con piena fiducia: “Si lavora dappertutto per la ricerca della verità; ma la branca degli studi psichici è tuttora la più debole e la più giovane. L'albero della scienza classica domina tutto e la scienza nuova non è che un ramo. Ma questo ramo diventerà un albero e la vecchia quercia si trasformerà al punto di non essere più, prima di un centinaio di anni, lo stesso albero”.
VIII. — SIR WILLIAM F. BARRETT
Sir William Fletcher Barrett ha in comune col Flammarion una mentalità che non è esclusivamente chiusa nella ricerca scientifica, ma s'affaccia desiosa agli orizzonti più vasti della poesia e della fede.
Ad esprimere questa sua fede nella sopravvivenza egli soleva citare i versi dello Shelley: “Pace, pace! Egli non è morto, egli non dorme punto: egli s'è risvegliato dal sogno della vita!”.
Ma se era spiritualista e trovava in questa fede il conforto della vita, egli non era un visionario. Come gli altri grandi scienziati inglesi, il Crookes e il Lodge, del quale parleremo in seguito, egli ci offre anzi, per la sua attività di scienziato positivo, tutte le garanzie che si possano richiedere anche dai più scettici in una materia tanto oscura e tanto discussa.
Il Barrett, nato nel 1844, fu fisico di notevole rinomanza. Scoprì il fenomeno delle “fiamme sensibili”, fiamme cioè agenti come reattivi acustici e che permettono di analizzare la riflessione, la refrazione e le interferenze delle onde sonore.
Il suo nome è peraltro legato specialmente alla scoperta della recalescenza e cioè della recrudescenza di splendore che acquistano repentinamente il ferro e l'acciaio che sono stati portati al rosso vivo, quando si raffreddino nell'oscurità. Il fenomeno è in corrispondenza con grandi mutamenti molecolari che il Barrett riscontrò nel brusco distendersi dei metalli; principio questo importantissimo per la metallurgia. Al Barrett si debbono anche alcuni studi su varie leghe di ferro, due delle quali da lui scoperte (il ferro siliceo e quello alluminoso) furono subito utilizzate da Krupp; e scopri infine anche la contrazione del nichel durante la magnetizzazione.
Tenne per 39 anni, dal 1873 al 1912, la cattedra di fisica sperimentale nel Collegio Reale delle Scienze di Dublino, ebbe numerose onorificenze accademiche e fu eletto membro della Società Reale di Londra.
Nel 1876, interessandosi egli anche dei fenomeni psichici e principalmente alla trasmissione del pensiero, volle pubblicare una memoria al riguardo, che aveva letto nell'Associazione Britannica di Glascow; ma sebbene egli, a conclusione delle sue osservazioni, affermasse che la maggior parte di questi fenomeni poteva spiegarsi con la allucinazione ipnotica, fu aspramente combattuto dagli increduli e viceversa caldamente difeso dal Wallace, dal Crookes e da altri. Lo stesso presidente della Società Reale proponeva che codesti fenomeni incomprensibili fossero oggetto di continua investigazione. Ma l'opinione pubblica fu contraria al Barrett, ed egli allora si fece promotore della “Società di Ricerche Psichiche”che fu ed è forse ancora il più importante centro di questi studi che esista nel mondo.
La storia della costituzione della Società fu narrata dallo stesso Barrett in un fascicolo del Light del 1924. “Numerose esperienze su varie persone in Inghilterra e in Irlanda mi avevano convinto nel 1881 della realtà di un fenomeno di trasmissione di pensiero che si poteva tradurre da una persona all'altra senza il concorso dei sensi usuali. Quest'anno in un articolo della Psychological Review io mi occupavo di queste esperienze. Ma non avendo voluto alcuna Società scientifica pubblicare un mio rapporto su questa questione, non volendosi ammettere la possibilità di facoltà trascendenti ed estranee ai sensi, parve necessario fondare una nuova società che registrasse i fenomeni e li studiasse. Poco dopo io chiedevo a Stainton Moses se accettava di collaborare col Myers, con me e con qualche altro alla costituzione di una Società psichica su basi scientifiche. Egli accettò. Il prof. H. Sidgwick consenti d'essere il presidente; la prima riunione ebbe luogo nei locali della British National Association of Spiritualists, nel gennaio del 1882”.
Basterebbe questo fatto a rendere benemerito degli studi psichici Sir W. Barrett, il quale fin dai primi fascicoli dei Proceedings della nuova Società pubblicava
importanti contributi prima per lo studio dei fenomeni telepatici, per i quali dichiarava che “tutto concorreva a dimostrare che il fenomeno telepatico non era dovuto ad una trasmissione fisica attraverso lo spazio, ma ad un processo puramente psichico”; e poi sulle esperienze di Reichenbach sulla luminosità del campo magnetico e quindi sui fenomeni di infestazione, di cui aveva potuto osservare un caso importante.
Uno studio particolarmente profondo ed esauriente egli dedicò alla bacchetta divinatoria e ai fenomeni rabdomantici, nel volume 13 dei Proceedings. Ecco la conclusione alla quale giungeva in proposito: “Il problema della bacchetta divinatoria è puramente di dominio psicologico. Ogni spiegazione fisica è lontana dall'esser sufficiente. Tutto quello che si può constatare è questo: là dove i sensi ordinari non arrivano, la subcoscienza è in grado di fornire al rabdomante indicazioni precise, secondo norme particolari a ciascuno, attraverso un meccanismo psicologico tuttora ignorato. Queste suggestioni del subcosciente possono tradursi o soltanto in movimenti incoscienti, o in un certo malessere, o in allucinazione di uno o di più sensi (vista, udito, ecc.), od anche in pura conoscenza astratta e verbale”. In sostanza egli pensava — né credo si possa ancora avere opinione diversa, non ostante la notizia di invenzioni di macchine e strumenti che farebbero le veci del rabdomante — che la bacchetta o il pendolo o altra cosa (la macchina, per es., di cui appunto si parla oggi) non sono che un mezzo per rivelare la chiaroveggenza del soggetto che l'adopera; e cioè che il fenomeno deriva da sensibilità speciali di organismi viventi.
Forse, secondo le vedute di oggi, si potrebbe sofisticare sulla divisione usata dal Barrett del dominio psicologico, fisico, ecc. in rapporto alle sensibilità umane. La scienza col progredire fonde sempre più un fenomeno con l'altro. Il sapere supremo, la luce completa sul creato ci daranno indubbiamente la visione perfetta di un'unità ininterrotta, di un'armonia unica e multiforme nelle manifestazioni innumerevoli dell'energia fondamentale. Ma ciò che acquista invece sempre maggior valore col trascorrere dei lustri è il constatare che già da allora erano riconosciuti fenomeni reali la trasmissione del pensiero e la sensibilità rabdomantica da un fisico del valore del Barrett. Se egli non poté precisare le cause del prodursi di tali fatti, stabili una via certa per la quale la buona volontà e l'acutezza di quelli che vennero poi avrebbero potuto portare
una luce importantissima fino a giungere a rivelarne le cause e il meccanismo.
Ma noi abbiamo iniziato il profilo di questo grande scienziato, notando che egli fu anche poeta. L'anima sua aperta al bello e al buono si rivela nei suoi ultimi libri, i quali riassumono le sue pazienti esperienze. Il volume Sulla soglia di un nuovo mondo di pensiero, che reca nella traduzione se il titolo Au seuil de l'Invisible, e gli altri: Il pensiero creatore e il saggio su Swedenborg rispecchiano questa seconda fase della sua attività intellettuale.
Mirabile è in essa la semplicità con la quale vediamo fuse ed accordate le ricerche sperimentali, la fede religiosa e le convinzioni spiritiche.
IX. — CHARLES RICHET
Charles Richet forma col Crookes e col Lodge il triumvirato che ha posto le basi salde e scientificamente inoppugnabili della metapsichica.
E' scomparso or non è molto. Poco tempo prima avevamo letto la sua firma tra le primissime degli intellettuali si che sottoscrissero il messaggio di simpatia all'Italia contro la politica avversa di Ginevra e contro le sanzioni. Fu questo forse uno degli ultimi atti della sua nobile vita; e ce ne rende più cara la memoria.
Era fervido e sincero amico dell'Italia ed era amico della pace: fu un grande cuore prima di essere un grande scienziato.
Notissimo è il Richet fisiologo per le grandi scoperte, quali la sieroterapia e l'anafilassi, che gli procurarono i più grandi onori scientifici, la cattedra di fisiologia dell'Università di Parigi, il seggio nell'Istituto di Francia, il premio Nobel.
Ricercatore paziente e tenace, pensatore geniale e profondo, amò la scienza. “Se ho raggiunto qualche risultato — egli dichiarò una volta forse utile e forse nuovo, è solo perché ho amato la scienza, con fede inestinguibile, con curiosità insaziata, con ardore che l'età non ha potuto ancora spegnere. Non si fa nulla senza l'entusiasmo. E d'altra parte la ricerca della verità non ha mai tradito. Lavorare, sperare: questo è lo scopo della vita. Lavorare con una speranza che ci brilla davanti come una stella”.
A noi preme anche porre in rilievo la figura morale dello scienziato che persegue il suo ideale scientifico e cioè la ricerca della verità, sorvolando su ogni considerazione personale di tornaconto e di convenienza. I felici, i fortunati
sono, in generale, alieni dal cercar grattacapi e procurarsi noie. Il Richet invece, che ebbe dalla fortuna ogni agio: ricchezza, ingegno, serenità di pensiero e di vita, non soggiacque a tale pigrizia: fu uomo pieno di attività e di coraggio. Da giovane, agli inizi della carriera scientifica, quando il padre cautamente lo dissuadeva dallo scrivere una memoria sul sonnambulismo, dicendogli: “ti vuoi rendere insopportabile?”, egli rispondeva: “è forse rendersi insopportabile dire la verità?”. Da vecchio, quando trattar di metapsichica poteva oscurare la fama luminosa da lui ormai conseguita nei campi della scienza ufficiale, di essa più che di ogni altra cosa si occupò.
Egli stesso ci parla della difficoltà di trattare di questi argomenti. “Tutti — e i sapienti forse più degli altri — hanno paura delle novità. Sugli inizi essi non vollero ammettere né la circolazione del sangue, né l'aviazione, né la telefonia, né i microbi. Quando Crookes portò nel campo della medianità prove formidabili, tutti risero! E risi anch'io. Ma oggi, dopo aver veduto quel che ho veduto, ho finalmente con molta difficoltà e fatica riconosciuto che Crookes aveva ragione e mi picchio il petto dicendo: “Pater peccavi!”.
Chi prima lo trasse dal dubbio furono le esperienze con l'Eusapia Paladino, compiute in Italia. Perciò egli, nella prefazione all'aureo volumetto del dott. Servadio, La ricerca psichica, dichiara di avere “un grande debito di riconoscenza verso l'Italia. Io debbo alla buona, alla generosa, alla eccellente Eusapia Paladino d'aver potuto studiare questa scienza nuova”. E narra come un giorno a Parigi l'Aksakov gli disse: “Voi vi occupate di ipnotismo; ma c'è di meglio: vi sono i fenomeni spiritici”. — “Per vederli — gli rispose — andrei ai confini del mondo”. Sei mesi dopo l'Aksakov gli scriveva: “Non si tratta dei confini del mondo, ma semplicemente di Milano”. E venne così a Milano.
E fu uno dei più tenaci sperimentatori: per sessant'anni sperimentò con tutti i medium del tempo, recandosi dovunque: in Germania, in Inghilterra, in Svezia, in Polonia, ecc.
I fatti medianici suscitarono in lui un interesse superiore ad ogni altro, così che si occupò da allora in poi con la stessa ione dei fenomeni fisiologici e di quelli psichici; e forse preferì questi ultimi in quanto convinto che il loro studio scientificamente condotto avrebbe portato un giorno alle più importanti conseguenze anche nel campo della morale umana, oltre che in quello della conoscenza.
Per effetto delle sue esperienze egli dichiarava di poter affermare senza ombra di dubbio “che: 1°) ci sono in noi facoltà di conoscenza che differiscono assolutamente dalle nostre facoltà di conoscenza sensoriale comune (criptestesia); 2°) si producono anche in piena luce movimenti di oggetti senza contatti (telecinesia); 3°) esistono mani, corpi, oggetti, che sembrano formarsi completamente entro una nuvola e che assumono l'apparenza di vita (ectoplasmia); 4°) esistono presentimenti che non si spiegano né con la perspicacia, né col caso e che si verificano talvolta nei loro minimi particolari. Queste le mie conclusioni ferme, formali”.
Nel 1891 fondò una rivista dal titolo Annali di scienze psichiche; nel 1897 fu eletto presidente della Società di ricerche psichiche di Londra. La parola stessa “metapsichica” fu creata da lui. Molto si è discusso su questa parola; ma egli volle con essa significare lo studio delle proprietà dello spirito al di fuori del campo ristretto, ammesso ed acquisito dalla scienza ufficiale.
Egli mirò a “trar fuori dal caos queste scienze dette occulte, infamate e vilipese dalle scienze classiche, fiere della loro popolarità e delle loro antiche dimostrazioni”; volle “dare alla metapsichica un posto tra queste vecchie scienze, imponendole il rigore, l'autorità e la logica che formano la forza delle vecchie scienze”. E scrisse così il Trattato di metapsichica, un grosso volume, di oltre 800 pagine in 8° grande, pubblicato nel 1922.
In mancanza d'una Società se di ricerche, il Richet ebbe nel 1914 un'idea geniale, facendosi promotore a Parigi di pranzi periodici che erano vere e proprie
riunioni di società. Il primo di questi pranzi ebbe luogo nel giugno del 1914, e col Richet vi parteciparono il dott. Maxwell, il Bergson, il Flammarion, C. de Vesme, il dott. von Schrenck-Notzing, il dott. Osty ecc. ecc.: tredici in tutti e perciò divenne il pranzo dei 13, e si teneva e si tiene il 13 d'ogni mese. Ma il numero dei presenti con l'andar del tempo crebbe: alcuni vi partecipavano regolarmente, altri saltuariamente, parecchi vi erano invitati. Il Richet non mancava mai, e soleva dire che vi avrebbe preso parte sempre fino alla sua morte: vi sedeva infatti ancora a 85 anni, pur reggendosi appena, il 13 novembre 1935, non molti giorni prima della sua fine. Naturalmente la cena era il pretesto della riunione che alla fine, ad un richiamo del Richet, si trasformava in una vera e propria seduta di tipo accademico, nella quale alcuni facevano comunicazioni, cui seguivano discussioni e critiche, che davano luogo ad utilissimi scambi di vedute.
E' straordinariamente interessante ricordare che nel primo pranzo il Richet stesso fece una comunicazione che è tra le più interessanti che si possano raccontare, poiché si riferisce all'avvenimento più importante della storia contemporanea. Narrò il Richet che nel dicembre del 1913 andò da lui il dott. Tardieu a riferirgli una strana predizione che il suo amico Sonrel, il quale talvolta soleva cadere in estasi profetiche, gli aveva fatto nel 1869. La predizione riguardava la guerra che effettivamente scoppiò nel '70. Il Tardieu non aveva reso pubblica la cosa, perché collegata con fatti della sua vita privata, dei quali non voleva parlare. Ora egli, che aveva riscontrato sempre esatte le predizioni del Sonrel, sentiva il dovere di dire come, analogamente a quel che era avvenuto per la guerra del '70, il Sonrel aveva profetizzato che subito dopo un certo determinato avvenimento della sua vita privata, la Francia si sarebbe trovata in guerra, sull'orlo della rovina, ma che si sarebbe poi salvata e sarebbe uscita trionfante, regina delle nazioni. Ora il Tardieu, essendo quell'avvenimento privato accaduto, seguendo l'ordine della profezia, credeva di poter stabilire che una guerra fosse imminente; e perciò aveva sentito il dovere di dirlo al Richet che, comprendendo il valore delle premonizioni, avrebbe potuto forse anche avvertire quelli che avevano in mano le sorti della Francia.
Il Richet aveva pregato il Tardieu di esporre tutto questo per iscritto; e il manoscritto gli era stato consegnato il 3 giugno, così che egli poté leggerlo nel
pranzo inaugurale che ebbe luogo verso il 10 giugno, quando tutto in Europa era ancora ben tranquillo e pacifico.
Tutti accolsero scetticamente la profezia del Sonrel; tuttavia il Richet diede il manoscritto al de Vesme perché lo pubblicasse negli Annali di scienze psichiche. “Con l'andar del tempo -- soggiunse — saremo in grado di riscontrare il valore del presagio”.
Allo sciogliersi dell'adunanza von Schrenck-Notzing era così lontano dal pensare alla guerra del suo paese con la Francia, che invitò i convenuti a partecipare al Congresso di psicologia che avrebbe dovuto aver luogo a Berlino nell'estate.
L'assassinio di Serajevo, da cui ebbe inizio la guerra, avvenne il 28 giugno: poco più di quindici giorni dopo!
Nella sua lunga e varia sperimentazione il Richet raggiunse la più ferma persuasione della autenticità dei fenomeni medianici; ma non aderì mai esplicitamente all'ipotesi spiritica. Interrogato nel 1927 sulla sopravvivenza dell'anima, rispose: “A volte ci credo; a volte — e forse più spesso non ci credo. Come può un fisiologo supporre la sopravvivenza della coscienza senza il cervello? E viceversa come negare i fatti spiritici, i quali implicano come ipotesi una spiegazione più semplice di ogni altra?”.
Oltre il fondamentale Trattato di metapsichica, i suoi volumi di carattere metapsichico: Il nostro sesto senso (1928); L'avvenire della premonizione (1931); La grande speranza (1933); Al Soccorso (1935) sono di natura prevalentemente scientifica. Pure negli ultimi, attraverso profonde e geniali osservazioni sul mando abituale di fronte all'inabituale od insolito nella biologia, nella fisica, l'autore si solleva ad una commossa ed ispirata esaltazione delle ragioni trascendentali della vita umana volta alla conoscenza.
E nell'ultimo Al soccorso! leggiamo le parole con le quali vogliamo chiudere questo profilo che can gli altri mira appunto a render più accessibile alla scienza ufficiale questo mondo metapsichico che, per quanto misconosciuto, poggia su verità sacrosante.
“Io oso domandar soccorso per una scienza nuova, ch'è ancora un informe abbozzo, scienza detta delle cose occulte, che io chiamai metapsichica, ma che chiamerei volentieri la scienza dell'insolito.
Ora questa scienza dell'insolito, alla quale io ho consacrato tanti sforzi, è perseguitata... La persecuzione è un privilegio, glorioso, riservato alle minoranze. I metapsichisti sono, non ostante il loro numero che aumenta ogni giorno più, una minoranza... La persecuzione riveste aspetti diversi. Sono scomparse ormai le forme violente: i roghi sono stati rimpiazzati dalla severa ortodossia delle scienze ufficiali, delle Accademie, delle Università. Ho il diritto di parlarne perché appartengo alle scienze ufficiali, alle Accademie, alle Università. Ma io sono presso a poco il solo, in Francia e all'estero, insieme con i miei illustri amici William Crookes, Oliver Lodge, Cesare Lombroso, William James, Enrico Morselli, Hans Driesch tra i dotti ufficiali a difendere la scienza dell'insolito. Noi siamo degli isolati. Non ci son più contro di noi i Torquemada, i dragoni di Villars ed i giannizzeri. Si contentano dell'indifferenza e dello scherno. O fingono di ignorarci, o ci fan le spallucce. Al soccorso dunque contro questa indifferenza e questo scherno. Bisogna reagire contro queste armi silenziose e queste pozioni soporifere. Bisogna, o giovani, non lasciarsi vincere dal malanno del secolo, vale a dire il culto del Dollaro e la venerazione dei dogmi ufficiali. Non v'è di venerabile se non la verità e noi possiamo prevedere che sta per sorgere un'età nuova, poiché il mondo umano è ben giovane ancora: è nei vagiti della prima infanzia. La società che sorgerà sarà ben differente dalla civiltà meccanica, materialista, fisico-chimica, nella quale noi diguazziamo disperatamente. E chi sa se allora non appariranno fulgide luci, nascoste oggi dall'imperfezione dei nostri cinque miserabili sensi?
Non ostante lo sdegno della scienza ufficiale per la metapsichica, confido nel suo avvenire. La verità finisce sempre per trionfare”.
Certo possiamo dire col Servadio che “senza Carlo Richet la ricerca psichica sarebbe ancora oggi nel suo periodo prescientifico. L'aver compreso l'importanza degli studi psichici, aver dato loro nuovo impulso costruendo si può dire pezzo per pezzo il loro organismo, aver presentato alla Académie des sciences, sotto forma di trattato, il frutto poderoso dei suoi sforzi di decenni: tale è l'opera di Carlo Richet in questo campo, che al pari di tanti altri reca e conserverà nel tempo la sua impronta indelebile”.
X. — SIR OLIVER LODGE
Ecco uno tra i più illustri fisici inglesi contemporanei, il quale di fronte ai fenomeni metapsichici non solo ha compiuto le più accurate esperienze con il metodo rigoroso del fisico e la logica profonda del filosofo, analizzando in un trattato che si potrebbe definire una grammatica, le regole da osservare perché le esperienze riescano scientificamente esatte e di indiscutibile valore, ma è andato più in là, ponendosi, in conseguenza delle sue esperienze, il quesito della sopravvivenza, con la certezza che non sia impossibile scoprirne la realtà.
In questo egli si differenzia dal Richet, del quale era pure amicissimo. A proposito di questo contrasto col Richet egli stesso notava che il suo amico era rimasto, almeno in pubblico, sempre in sostanza fedele alla convinzione della sua vita circa la concezione materialistica dell'Universo. “La sua reputazione scientifica ne usciva così salva e le sue esperienze acquistavano maggior valore perché esse testimoniavano che i nudi fatti, benché incredibili dal punto di vista scientifico, non erano impiegati per stabilire nessuna ipotesi spiritica”.
E' stato notato come a questo proposito l'occidente stia, pur con mille difficoltà, avviandosi verso la via luminosa che la sapienza orientale indaga da secoli. Eppure l'occidente potrebbe molto opportunamente studiare sistematicamente e con i metodi della sua scienza e della sua critica, ma con piena fede e desiderio di scoprire il vero, i fenomeni che inducono a pensare, come alla più logica ipotesi, alla sopravvivenza.
A questo appunto ha sempre mirato il Lodge, giunto ormai alla più tarda vecchiaia. Egli è nato nel 1851.
Figura mirabile di scienziato, nessuna critica può intaccarlo, mentre riverenti si volgono alla sua perspicacia di studioso, alla sua genialità di fisico, alla sua levatura morale gli uomini colti di tutto il mondo.
La fisica matematica, l'elettricità e l'ottica si sono avvantaggiate degli studi del geniale fisico inglese, che fu docente e rettore dell'Università di Birmingham e di Liverpool, ed è membro autorevole della Società Reale di Londra. Ma, il Lodge è salito dall'analisi critica alla indagine filosofica ed ha affrontato coraggiosamente il problema metapsichico nel suo libro Oltre la vita - Studio di facoltà umane ancora ignote, nel quale tra l'altro è dimostrato quanto sia ardua e faticosa la ricerca e come occorrano molti e molti anni per lo studio anche di una sola medianità.
Per il suo coraggioso atteggiamento verso questi studi, per la fermezza delle idee espresse senza ambagi e per altro ancora, la sua personalità superba ci richiama quella del Crookes. Ed è notevole la sua opinione sull'“atteggiamento rigorosamente scientifico e filosofico da prendere di fronte a questi fatti imbarazzanti ed a primo aspetto incredibili, e che pure preme di includere nel nostro sistema della Natura”.
Il pensiero costante, la ricerca più apionante in ogni momento della sua vita fu volta alla comprensione dell'etere dello spazio ed alla soluzione del problema dell'Universo e della materia; problema ch'egli affrontò come fisico, ma che lo portò infine ad una concezione filosofica, rivelata specialmente nel suo libro La mia filosofia, pubblicato nel 1933.
Che cosa è questo mistero dell'Universo tutto onde e vibrazioni ignote? Il Richet sosteneva che la soluzione del formidabile quesito si sarebbe un giorno raggiunta grazie alla scoperta di un'ipotesi X; ma il Lodge afferma: “La mia ipotesi è che parzialmente ed approssimativamente X = etere”. Secondo il Lodge lo spirito abita ab origine l'etere e lo adopera ed agisce su di esso; ed è per mezzo di quest'azione sull'etere che esso può agire sulla materia. La sua ipotesi non implica un'associazione diretta qualunque tra lo spirito e la materia, ma ammette l'esistenza di una sostanza intermediaria: il corpo eterico.
Celebrando nel 1932 il cinquantenario della Società inglese di Ricerca Psichica il Lodge, dopo aver osservato che è ormai ammesso da tutti come indiscutibile il fenomeno della telepatia, soggiungeva: “Allo stesso modo molti di noi sono convinti della sua connessione attiva con questo mondo. Mi domando se sia ormai ancora prematuro dichiararlo e mostrar così che noi non lavoriamo semplicemente verso uno scopo ignoto e forse inutile, ma stiamo compiendo dei progressi nella nostra stessa opinione”. E concludeva con un'affermazione recisa: “Lo spirito umano non è limitato al suo incarnarsi nella materia di questo pianeta, ma ha bensì un'esistenza cosmica e permanente del tutto distinta dal suo distaccato organismo materiale, il quale è costruito e adoperato per un certo tempo come mezzo per la sua manifestazione. Benché tale spirito non possa più manifestarsi facilmente ai nostri sensi animali terrestremente limitati, e sia dunque ato oltre la nostra percezione normale, pure esso continua come entità spirituale distinta in mezzo ad altre che lo circondario, conservando intatti la memoria, il carattere, gli affetti; una persona scomparsa può tuttavia aiutare l'umanità che lotta e può occasionalmente comunicare con i rimasti, sia attraverso speciali facoltà ricettive di questi, sia per mezzo di talune persone privilegiate che possano e vogliano fungere da riceventi”.
Non è esatto quanto pure si suole dire che cioè il Lodge sia giunto a questa convinzione quando nel 1915 fu colpito dalla sciagura e il suo figliuolo Raymond cadde durante la guerra combattendo nelle Fiandre. La sua convinzione è di molti e molti anni prima; e le sue esperienze risalgono al 1883. Essa fu ribadita dal messaggio col quale lo spirito del Dr. Hodgson annunciava la prossima dipartita del figlio Raymond e dalle comunicazioni avute poi con lo spirito del figlio stesso attraverso la medianità della Sig.ra Leonard.
Ma noi possiamo dire del Lodge ciò che il Lodge stesso diceva del Sidgwick: “Vi sono uomini che possono essere accusati di lasciare che la loro intelligenza sia governata dalle loro emozioni, che il loro giudizio sia conquistato dalla speranza, la loro perspicacia scientifica avvolta dall'ambizione di essere utili, la loro prudenza fusa dall'entusiasmo; e l'accusa potrebbe avere qualche fondamento di verità. Ma a nessuno è mai venuto in mente di fare tale critica sul Sidgwick: nemmeno coloro che furono ostili alle sue ricerche supposero mai che il Sidgwick potesse permettere al suo entusiasmo di corrompere il suo giudizio,
alla sua sincerità di lasciarsi ingannare dalla speranza”.
Il Lodge si rende conto della diffidenza con cui son guardati i fenomeni che appaiono a prima vista contrari alla tendenza comune dell'esperienza e diversi da quelli apparentemente più naturali che si possono rinnovare a volontà nei laboratori e che si prestano alla costruzione di qualche teoria direttiva. Poiché l'umanità segna come una delle sue più luminose conquiste l'aver ricondotto a manifestazioni naturali fenomeni attribuiti un tempo all'azione d'esseri soprannaturali, angeli o dei, l'ambizione della scienza sta nello scoprire una causa fisica in qualsiasi evento, di qualunque natura esso sia. Perciò le ipotesi spiritualistiche sono guardate con diffidenza.
Ma il progresso moderno sta nel ritenere che la natura umana è qualcosa più che un meccanismo. “Essa — dice il Lodge — adopera l'energia fisica e i processi fisici del proprio organismo, ma li trascende”. Si tratta di attributi superiori che “appartengono ad un altro ordine di esistenza, che penetra ed utilizza quello materiale, ma non è limitato da questo e neppure è coestensivo con questo. Questa è l'opinione che alcuni di noi furono condotti ad adottare e credo sia quella seguita ora dal maggior numero di filosofi; e ne viene di conseguenza la modificazione dei pregiudizi e preconcetti aprioristici. Se esiste una testimonianza che affermi la perenne esistenza o sopravvivenza di questi fenomeni superiori, non vi è ragione che noi dobbiamo tuttora guardarli con sfiducia o considerarli estranei alla realtà quale noi la percepiamo. La realtà ha qualcosa di assai più grande di quanto i fautori del meccanicismo avessero pensato e se le loro percezioni sono giuste entro determinati limiti, possiamo spingerci ben oltre. Non vi è più motivo per rifiutare una testimonianza della sopravvivenza”.
Il Lodge crede che quello che fu nel ato intuizione geniale di alcune personalità stia ormai per entrare nel campo della comune conoscenza. Quelle intuizioni non entrarono nella convinzione generale, si dispersero con la fine di quegli uomini di genio, e l'umanità ricadde nelle tenebre.
“Ciò — dice il Lodge — potrebbe ancora accadere, ma spero — e noi speriamo con lui che non avverrà. Voglio credere adesso che, alla fine di un secolo di scienza, è nata una scienza nuova e non è nata morta”.
XI. — ENRICO MORSELLI
Enrico Morselli (1852-1929) è da annoverare hai nostri più geniali scienziati. Tenne a Genova la cattedra di psichiatria, neuropatologia e psicologia sperimentale, ma fu anche antropologo e filosofo aderente al positivismo. Spirito agile e vivace, pronto e coraggioso, ha lasciato traccia di sé in ricerche originali nel campo della neurologia, e, negli altri campi, si rivelò critico vigile ed acuto.
Fu tra i primi in Italia ad occuparsi di metapsichica o “Spiritismo”, come si diceva allora con termine generico ed equivoco; e pubblicò al riguardo un'opera voluminosa e fondamentale intitolata Psicologia e Spiritismo.
Parlando di questa sua opera egli stesso nella prefazione dice: “Essa accerta la realtà di fatti, che molti contestano ancora o pongono in ridicolo; essa dimostra che un uomo di scienza può, anzi deve investigarli senza menomare il carattere scientifico dei propri lavori e anche senza abiurare a nessuna norma del metodo positivo, ecc.”.
La prefazione si chiude con la citazione “del vecchio aforisma metodologico di Biagio Pascal.:
“Il faut savoir douter où il faut, assurer où il faut, se soumettre où il faut”. “Ed io — dice il Morselli — l'ho recato in atto”.
Il Morselli ha veduto molto chiaro nel problema della ricerca psichica. “Quando cominciai a studiarlo — egli narra — ero sotto il dominio dell'anti-spiritismo ufficiale, di cui tutti, in medicina, in psicologia e in antropologia, eravamo impregnati; e tanto i medium quanto gli spiritisti mi facevano l'impressione di veri ammalati. Come alienista e neurologo, li compiangevo; come antropologo, li collocavo in discendenza dai popoli selvaggi; come psicologo, mi ostinavo a
trovare la spiegazione di tutti i fenomeni spiritici entro i rigidi concetti della scienza costituita o di quella che a me pareva tale; infine come igienista e cittadino, mi preoccupavo del contagio psicopatico di cui lo spiritismo rappresentava un pericolo immanente”.
Tre sono — come ben chiarisce il dr. Servadio nella voce “Spiritismo” della nostra Enciclopedia Italiana — i significati del termine “spiritismo”: 1°) un sistema mistico-religioso fondato da Allan Kardec; 2) un movimento mondiale che prende origine dallo spiritismo kardechiano, ma che non segue necessariamente e in tutto gl'insegnamenti del fondatore; 3°) una particolare ipotesi interpretativa dei fenomeni studiati dalla ricerca psichica o di parte di essi.
Raggruppando i primi due significati, possiamo un po' più all'ingrosso, dire che esiste da un lato uno spiritismo-sistema con determinate sue ideologie e costruzioni dottrinali, il quale naturalmente esula dal campo degli studi del Morselli, così come esula dal modesto campo della nostra indagine; e dall'altro esiste una ipotesi spiritica con la quale alcuni interpretano i fenomeni paranormali medianici, ecc. Con lo spiritismo-sistema e i relativi suoi dogmi e riti si entra in un campo di fede, in un determinato mondo di credenze e di superstizioni, mondo che ci è completamente estraneo e sul quale solamente deve cadere la responsabilità delle deviazioni, dei traviamenti, degli scandali, e quindi del discredito che, purtroppo, per la confusione del nome, si riversa talvolta anche sulla ricerca psichica e sulla metapsichica.
Perciò dicevamo che il Morselli aveva veduto chiaro nel problema, quando, riconoscendo alla metapsichica “il diritto di figurare accanto alle discipline scientifiche dotate di principi logici, di metodi rigorosi e di un avvenire degno d'ogni fiducia”, notava: “Vi sono da vincere ancora molti ostacoli e prima fra tutti la istintiva tendenza di alcuni cultori della Metapsichica a generalizzare, a indurre immaturamente ed a dedurre ancora più affrettatamente, a teorizzare; ma questo difetto è proprio delle scienze giovani in via di formazione, sempre esuberanti, sempre ardimentose. Se al pari di tutte le altre discipline scientifiche
la Metapsichica saprà liberarsi di codesti impazienti ed entusiasti, o, per lo meno, se saprà frenarli e farli tacere in tempo, prima che ne compromettano le sorti col dare nascita e sfogo ad ipotesi malfondate o premature, essa si porrà sul cammino sicuro della Ricerca esatta. Bisogna ed urge che essa si attenga rigidamente a questo programma: l'osservazione e l'esperimento, prima; le spiegazioni e le dottrine induttive, poi”.
Questo diceva il Morselli, il quale riteneva inverosimile l'ipotesi spiritica, pur non “rinserrandosi in un recinto fisso di idee, né chiudendosi in una opinione cristallizzata che sappia di fede filosofica o di dogma scientifico”, egli che seguitava a studiare, “pronto anche a modificare la sua attuale opinione”, che era l'ipotesi dello “Psicodinamismo”.
Questo devono dire anche oggi non solo quelli che, o non cercano spiegazioni, o ne danno altre diverse da quella spiritica; ma questo debbono dire soprattutto coloro che dei fenomeni super-normali danno ragionevolmente una interpretazione spiritica, sia che nell'esame obbiettivo dei fatti essi sperino di trovare la riprova d'un loro convincimento profondo, sia che vogliano cercare se da quell'esame si possa per avventura giungere a quel convincimento, nel quale senza dubbio s'acqueta e si riposa l'animo turbato e dolente dell'umanità.
Non altrimenti chi s'affaccia, sia pure con intendimento, con metodo, con rigore scientifico e con tutte le possibilità dei mezzi umani finiti, sulla estensione infinita del cielo e lo scruta nel profondo, è un puro scienziato, è un astronomo che il mondo ufficiale scientifico ed accademico riconosce e rispetta. Ma è chiaro che lo studioso degli spazi infiniti può essersi cacciato in quelle indagini per il piacere di riscontrare in esse una riprova della propria credenza in Dio, od anche per potere a questa giungere, quando il cor non si spauri, e solo sia di conforto lo studio in sé, in quanto dolce gli sia, come al Leopardi, il naufragare in quel mare.
Di fronte alle ipotesi trascendentali il Morselli restava “scosso se non ancora
convinto”, e consigliava quanti si interessano di simili argomenti “di non aver timore nell'inoltrarsi su di un terreno così oscuro e sinuoso”. La posizione del Morselli, scienziato positivo e positivista in filosofia, di fronte ai fenomeni paranormali, è esattamente chiarita da queste sue pagine:
“Ciò che oggi pare scienza sarà domani un rifiuto del pensiero; e ciò che per tempi più o meno lunghi fu rifiutato dalla scienza, vi entrerà e diverrà nozione positiva, opinione della generalità, postulato e magari assioma, nonostante le opposizioni di chi crede rappresentare il sapere fatto e sistemato in un dato momento dell'evoluzione della cultura. Cosi avverrà o, meglio, così sta avvenendo di quell'insieme di fatti, di fenomeni e di apparenze che oggi è detto “Spiritismo”.
Ancora. Si può paragonare il dominio del sapere a una nebulosa in via di condensazione: al centro un piccolo nucleo solido e luminoso, tutt'attorno una stretta fascia fluida e pellucida, indi una più larga, zona appena chiara, poscia una larghissima vieppiù evanescente e in penombra: al di là l'ombra immensa. Così limiti del conosciuto non sono quelli del conoscibile, e le sfumature fra le diverse zone cangiano di chiarezza e di estensione. Il centro è costituito dai fenomeni percepiti e ammessi da tutti, noti e accertati, provati dall'esperienza, dimostrati dal ragionamento, adattati al nostro pensiero, utilizzati per le nostre esigenze di sentimento e di vita. Ma nelle zone sfumate vi sono categorie intere, numerosissime, anzi innumerevoli senza dubbio, di fenomeni indeterminati, che sfuggono per del tempo alla investigazione e alle regole della logica umana; che non hanno indole precisa; che restano a lungo impercepibili, solo perché non sono percepiti dai nostri sensi disarmati o dalla mente non preparata ad accoglierli; e che sembrano collocati più verso l'Inconoscibile che non ai confini stessi del conoscibile. La scienza... non li cura e li disprezza: non sa trovare loro un posto nel sistema chiuso delle sue costruzioni; e per liberarsi da totale impaccio non trova di meglio che negarli!”.
Bisogna — dice egli in un raro suo scritto del 1923 sulla Chirologia — bisogna che la Scienza positiva, quando entra in possesso di fatti consimili, non si rifiuti
a percorrere delle vie nuove, anche se queste sembrino a prima vista condurla fuori del terreno consueto, che noi riteniamo piano ed illuminato... No: noi non abbiamo (oggi meno che mai), nelle condizioni presenti della Scienza, il diritto di respingere queste possibilità: sarebbe opera ben poco scientifica, anzi per nulla affatto filosofica, negare che esistano facoltà psichiche oltreanti la sfera dei sensi e capaci di dare ad alcuni soggetti privilegiati la visione intuitiva di ciò che si prepara in noi e rispetto a noi... Quanti, come me, hanno con lunga e paziente ricerca studiato i fenomeni metapsichici della medianità, hanno potuto convincersi dell'esistenza di telecinesie e telefonie e teleplastie, e credono nell'esistenza e nel valore della telepatia e della criptestesia che conducono in rarissimi casi alla chiaroveggenza, non troveranno antiscientifica da posizione di attesa più o men favorevole in cui noi ci poniamo di fronte a tutto questo mondo oscuro, marginale della conoscenza... Ricordiamoci del celebre motto leonardesco : il mondo è pieno di cose ancora oscure; noi siamo circondati di tenebre fittissime ovunque volgiamo lo sguardo curioso o atterrito; noi abbiamo un buio profondo e insondabile entro noi stessi. Che cosa può fare o pretendere la scienza, la “nostra scienza, che in tanti riguardi è appena uscita o sta uscendo dall'empirismo? La Scienza, pur nell'orgoglio delle sue scoperte, ma nella consapevolezza della sua “relatività”, non deve mai disinteressarsi di tutto ciò che nel corso dei secoli l'empirismo popolare ha raccolto e che le può essere offerto in studio; ogni sua conquista, ogni sua scoperta; ogni sua ipotesi o teoria ha generalmente delle radici che si approfondano nella coscienza ultra-millenaria dell'Umanità; entro ogni illusione c'è forse o ci può essere un nocciolo di realtà; Sotto ogni errore c'è o ci può essere un briciolo di verità; spetta alla scienza lo scoprirlo. Essa deve fare come il minatore, che scava e vaglia la maggior quantità possibile di tonnellate di sabbia o di fango, e alla fine vi scevera e ne estrae, dopo immensa fatica, un piccolissimo cristallo di carbonio purissimo: un diamante”.
XII. — WILLIAM JAMES
Dopo gli scienziati, alcuni filosofi; e in primo luogo William James (1842-1910), il professore di Harvard, fondatore del Pragmatismo, il quale peraltro ò alla filosofia, e principalmente alla psicologia, dalla medicina.
E' inutile parlar di lui come filosofo: a lui è toccato infatti qualcosa di simile a quello che accadde ad Epicuro, la cui dottrina etica degenerò in volgare materialismo e la cui teoria del piacere spirituale servì a giustificare ogni più bassa soddisfazione di piaceri sensuali. Analogamente il pragmatismo si prestò alla confusione di “verità” con “utilità” e la filosofia del James sembrò creata, nel bel mezzo del mondo industriale americano, a servizio appunto dell'affarismo. Ma ormai la deformazione è stata abbastanza chiarita e le idee del James sono state sempre più largamente prese in considerazione anche per gli sviluppi che esse ebbero nel pragmatismo scientifico di Henri Poincaré in Francia e per quel tanto che esse influirono anche sul movimento filosofico italiano.
Ma sebbene il James sia tra i filosofi più conosciuti e celebrati, pochi sanno del contributo ch'egli portò alla ricerca psichica. Eppure a lungo il James si occupò di questa scienza ch'egli giudicava sconcertante, ma di capitale importanza e piena di promesse per l'avvenire. E' specialmente notevole il suo lungo articolo, Confidenze di uno psichista pubblicato nel 1909. Ma già dal 1896 egli aveva stampato una sua relazione sui fenomeni medianici fatta alla Società americana di ricerche psichiche. Egli aveva esaminato allora due medium, uno a fenomeni fisici e l'altro a manifestazioni intellettuali. Col primo non ottenne risultato alcuno, laddove col secondo egli si persuase di trovarsi davanti a facoltà ancora inesplicate. E forse già dai risultati di queste sue prime esperienze derivò il suo disinteresse per i fenomeni fisici. Anche in seguito egli non ebbe occasione di constatare de visu se non la levitazione di un tavolo. Il fatto lo impressionò; ma pur pensava che occorresse ben altro “per far crollare la diga con la quale l'opinione scientifica protegge la natura”. E' ben vero che egli, attraverso la letteratura, specialmente per quanto fu scritto sui fenomeni ottenuti con la Paladino, ritornò in seguito sul suo giudizio, ma i fenomeni fisici furono sempre da lui giudicati meno interessanti come “una specie particolarmente volgare e
inferiore dei fenomeni soprannaturali”. Purtroppo non ebbe mai occasione di sperimentare con grandi medium fisici. La sua attenzione di psicologo fu tutta presa dai fenomeni intellettuali, soprattutto per le esperienze fatte con la medium M.me Piper. Di fronte al caso Piper il James così ragionava in un suo discorso:
“Per poter dare una spiegazione della coscienza sopranormale così manifestata, l'incredulo tratterà certo i soggetti da mistificatori e quelli che credono in loro da sciocchi... In tutti questi casi noi siamo, sembra, costretti a scegliere tra un miracolo fisico ed un miracolo morale. Il miracolo fisico sarebbe che la conoscenza potesse essere acquistata da una persona attraverso qualche cosa di diverso dagli occhi e dagli orecchi. Il miracolo morale è che una specie di mistificazione così perversa e che riesce così bene non possa trovare un equivalente nell'esperienza corrente... Per servirmi del linguaggio dei logici di professione, dirò che una proposizione universale può essere resa falsa da un esempio particolare. Se voleste rovesciare la legge che tutti i corvi sono neri, non bisognerebbe cercare di mostrare che non vi sono corvi; basterebbe provare che ne esiste uno bianco. Il mio unico corvo bianco è la signora Piper. Quando questa si trova in trance non posso resistere alla convinzione ch'essa possiede una conoscenza che non le è stata mai rivelata con l'uso ordinario dei suoi occhi, dei suoi orecchi e della sua ragione. Quale possa essere la sorgente di tale conoscenza è ciò che non so e che non posso menomamente spiegarmi; ma non vedo alcun mezzo di non ammettere questa conoscenza come un fatto”.
Fu così che il James aderì all'ipotesi del Myers sull'esistenza dell'“io subliminale” sul quale il Myers basava la sua indagine sulla sopravvivenza dell'anima. Il James si persuase che la vita psichica va oltre la portata dei sensi e dell'intelletto che l'uomo può raggiungere con l'aiuto dell'organo cerebrale. Il cervello degli organismi animali è un apparecchio di trasmissione normale di una parte della vita più profonda che costituisce il subcosciente delle singole individualità psichiche. Questo strumento cessa con la morte, ma non cessa per questo la forza che di quello strumento s'era valsa e che potrebbe forse anche valersi d'altro strumento. Che questo strumento nuovo e più valido esista non si potrebbe asserire, ma sì che esso possa esistere e che anzi sia probabile che esista.
Certo il James, spirito libero ed indipendente da ogni pregiudizio ufficiale, se ne fosse stato persuaso, avrebbe senz'altro accolto la fede spiritualista. Ma egli non giunse ad essa; pensò viceversa all'esistenza di un “serbatoio psichico”, alla permanenza di memorie individuali e quindi ad un magazzino mnemonico, dal quale i medium traggano le loro conoscenze.
“Da tutta la mia esperienza — egli dice — emerge una sola conclusione solida come un dogma e cioè che noi, con le nostre esistenze, siamo come delle isole in mezzo al mare oppure come degli alberi nella foresta. L'acero e il pino possono comunicarsi i loro mormorii con le loro foglie, e Conaniput e New Port possono intendere ciascuno la sirena d'allarme dell'altro. Ma gli alberi frammischiano così le loro radici nelle tenebre del suolo, mentre le isole si congiungono mediante il suolo dell'Oceano. Del pari esiste una continuità di coscienza cosmica contro la quale la nostra individualità non drizza che delle barriere accidentali ed in cui i nostri spiriti sono tuffati come in un serbatoio. La nostra coscienza normale non ha la possibilità di adattarsi all'ambiente che la circonda, ma in certi punti la barriera che la divide è meno solida: delle strane influenze provenienti dall'al di là vanno allora infiltrandosi e ci mostrano questa dipendenza comune che non si potrebbe verificare in altra maniera. Non è soltanto la scienza psichica, ma anche la metafisica e la biologia che, nei loro rispettivi domini, sono condotte a prendere in considerazione una tale visione “parapsichica” dell'Universo, supponendo l'esistenza di questo serbatoio comune di coscienza, questa riva alla quale ci avviciniamo e nella quale tanti ricordi terrestri debbono essere immagazzinati, senza di che i medium non saprebbero raggiungerli, come fanno”.
Quanto ai rapporti con la scienza ufficiale, il James usa, con grande finezza il suo umorismo e la sua satira verso lo spirito scientifico accademico per la tenace avversione alla ricerca psichica.
“Tutto ciò che so — egli dice — tutto ciò che sento tende a persuadermi che al di fuori del mondo del nostro pensiero cosciente ne esistono altri dai quali attingiamo esperienze capaci di arricchire e trasformare la nostra vita; e sebbene la nostra vita resti distinta da tali energie sopramondane, vi sono tuttavia dei momenti in cui queste si infiltrano in essa. Restando fedele a questa sovracredenza, mi sembra di risanare il mio cuore e il mio spirito. Potrei, è vero, assumere l'atteggiamento dello scienziato e figurarmi che non esista nulla al di fuori della sensazione e delle leggi della materia; ma non posso farlo senza avvertire un monito interiore: tutto ciò è fantasmagoria. Tutta l'esperienza umana
nella sua vivente realtà mi spinge irresistibilmente a superare gli angusti confini nei quali pretende di chiuderci la scienza. Il mondo reale è altrimenti costituito: è ben più ricco e complesso di quello della scienza”.
XIII. — HENRI BERGSON
Ecco un altro colosso della filosofia contemporanea, ben noto per il suo intuizionismo, per aver occupato la cattedra di filosofia a Parigi, per esser membro dell'Accademia, e premio Nobel dal 1928.
Pur appartenendo alla scienza ufficiale, non disdegnò i nostri studi e fu anche presidente della Società di ricerca psichica di Londra. Più giovane del James, essendo nato nel 1859, fu peraltro in corrispondenza can lui (le lettere furono anche pubblicate) e specialmente son notevoli gli scambi di idee avvenuti fra di loro circa i problemi fondamentali della coscienza e della subcoscienza. Già nella prima lettera il James, inviando un suo lavoro, scrive: “V'invio una mia piccola conferenza popolare sull'immortalità. E' una risposta ad hominem all'obiezione banale che fa dipendere la coscienza dall'esistenza del cervello. Vi farà piacere di trovarvi una formula simile alla vostra. Il cervello non è che un organo di filtraggio per la vita spirituale”. E il Bergson in risposta: “Sono convinto che la vita è, da una estremità all'altra, un fenomeno d'attenzione: ed il cervello è la direzione di questa attenzione: esso non è né il duplicato né lo strumento della vita cosciente, bensì ne è la punta estrema, la parte che s'inserisce negli avvenimenti: come la prua in cui il naviglio si assottiglia per fendere l'Oceano. Ma, come giustamente dite, questa concezione del rapporto del cervello allo spirito esige che manteniamo la distinzione dell'anima e del corpo, pur trascendendo l'antico dualismo”.
Si arriva comunque a questa concezione fondamentale per noi, substrato ideologico necessario per giungere alla concezione dell'anima, che cioè la nostra coscienza, il nostro io superano i confini dell'organismo umano e particolarmente del cervello.
“L'attività dello spirito — dice il Bergson in una bella pagina — ha certo un concomitante materiale, ma che non ne disegna se non una parte: il resto rimane nell'incosciente. Il corpo è sì per noi un mezzo d'agire, ma è anche un impedimento alla percezione. Il suo compito è di compiere in ogni occasione qualcosa di utile; precisamente per questo esso deve scartare dalla coscienza
insieme con i ricordi che non portino luce nella situazione presente, anche la percezione di oggetti sui quali noi non avremmo presa alcuna.
Esso è un filtro o un paravento. Esso mantiene allo stato virtuale tutto ciò che potrebbe impedire l'azione attuandosi. Ci aiuta a vedere davanti a noi nell'interesse di ciò che noi dobbiamo fare; viceversa ci impedisce di guardare a destra e a sinistra per il nostro solo piacere. Ci costituisce una vita psicologica reale nel campo immenso del sogno. In breve il nostro cervello non è né creatore né conservatore della nostra figura: esso soltanto la limita in modo da renderla attiva. Esso è l'organo dell'“attenzione alla vita”. Ma da ciò risulta ch'esso deve avere sia nel corpo sia nella coscienza che le limita, dei dispositivi speciali la cui funzione sta nello scartare dalla percezione umana gli oggetti sottratti per loro natura all'azione dell'uomo. Quando questi meccanismi sono disturbati, si schiude la porta ch'essi tenevano serrata: qualcosa a di un quid che è al di fuori e che potrebbe anche essere l'al di là. Di queste percezioni anormali s'occupa la scienza psichica.
Si spiegano fino ad un certo punto le resistenze che essa incontra. Essa s'appoggia sulla testimonianza umana sempre soggetta a dubbiezze. Il prototipo dello scienziato è per noi il fisico; la sua attitudine di legittima fiducia verso una materia che evidentemente non si prende il gusto di ingannarlo è diventata per noi caratteristica di ogni scienza. A fatica ci decidiamo a considerare scientifica una ricerca che esiga dei ricercatori che fiutino dovunque la mistificazione. La loro diffidenza ci procura disagio e anche più la loro fiducia: sappiamo che si perde l'abitudine di stare in guardia; scivoloso è il pendio che porta dalla curiosità alla credulità. Ancora una volta si spiegano così alcune ripugnanze. Ma non si comprenderebbe la fin de non recevoir che i veri scienziati oppongono alla ricerca psichica, se non esistesse il fatto che innanzi tutto essi ritengono che i fatti riferiti sono inverosimili; essi direbbero anzi “impossibili”, se non sapessero che non esiste alcun mezzo concepibile per stabilire l'impossibilità di un fatto; sono tuttavia in fondo convinti di questa impossibilità. E ne son convinti perché giudicano incontestabile e definitivamente provata una certa relazione tra l'organismo e la coscienza, tra il corpo e lo spirito. Noi abbiamo constatato che questa relazione è puramente ipotetica, che non è punto dimostrata dalla scienza, ma imposta da una metafisica.
I fatti suggeriscono una ben diversa ipotesi: e se la si ammette, i fenomeni segnalati dalla scienza psichica o almeno alcuni di essi diventano tanto verosimili, che ci si meraviglierebbe piuttosto del tempo che s'è dovuto attendere prima di cominciare a studiarli. Per non parlare che di ciò che ci sembra meglio stabilito, diremo che se si mette in dubbio la realtà per esempio delle manifestazioni telepatiche, dopo le mille e mille deposizioni concordi su di esse, bisognerà dichiarare che la stessa testimonianza umana in generale non esiste agli occhi della scienza. E che ne sarebbe allora della storia? La verità è che si deve fare una scelta tra i risultati che la scienza psichica ci presenta. Essa stessa è ben lontana dal porli sullo stesso piano, ma essa distingue tra quello che le sembra certo e quello che è soltanto probabile o al massimo possibile. Ma anche se non si accoglie se non una parte di ciò ch'essa prospetta come certo, resta pure quanto basta per intravvedere l'immensità della Terra incognita, della quale essa ha appena intrapreso l'esplorazione. Supponiamo che un barlume di questo mondo sconosciuto ci pervenga, visibile agli occhi del corpo. Quale trasformazione in un'umanità generalmente assuefatta, checché si dica, a non accogliere per esistente se non ciò che vede e ciò che tocca. Le informazioni che ci potrebbero così venire non riguarderebbero forse se non ciò che è più basso nelle anime, il grado inferiore della spiritualità. Ma non occorrerebbe niente di più per convertire in realtà vivente ed agente una credenza nell'al di là che sembra riscontrarsi presso la maggior parte degli uomini, ma che resta il più delle volte verbale, astratta, inefficace...”.
Così il Bergson espone chiaramente i rapporti della scienza ufficiale coni la metapsichica, ma soprattutto stabilisce quali debbano essere la posizione, il compito, le difficoltà e le conseguenze della ricerca psichica.
XIV. — HANS DRIESCH
E' il filosofo tedesco vivente più noto nel mondo; personalità di primo piano, nell'ambiente universitario tedesco e nella cultura mondiale.
Come il James egli giunse alla filosofia dalla medicina e dalla scienza ch'egli ha studiato a fondo. Perciò il suo sistema s'abbarbica con profonde radici nella realtà sperimentale. Come da un fondo biologico, e specie dalle sue celebri esperienze sulla uova degli echini, si eleva la sua dottrina del vitalismo, cosa sulla base dei fenomeni metapsichici è fondata la sua opinione che il parallelismo psicofisico è insufficiente a spiegare i fenomeni della vita psicologica.
In questo soprattutto noi scorgiamo la probità scientifica del Driesch, che cioè quando la ricerca sperimentale lo ha costretto a uscire dai termini fissi della scienza ufficiale, lo ha fatto risolutamente, riprendendo ab ovo lo studio della realtà, al lume che la ricerca psichica gli offriva.
Il Driesch non si attarda nella indagine dei fatti e della loro veridicità. Egli la dà come dimostrata e si meraviglia che il riconoscimento non sia ancora ufficiale. Ecco le sue parole: “L'atteggiamento della scienza ufficiale di fronte ai fenomeni parapsichici è ancor oggi tale che in un prossimo futuro esso apparirà del tutto inescusabile. Si seguita a confondere la parapsicologia con lo “Spiritismo”, senza vedere che il primo termine indica un campo d'indagine, limitato per gli stessi oggetti della sua ricerca, il secondo una particolare ipotesi, nata in questo campo d'indagine, la cui esattezza od erroneità non tocca la ricerca vera e propria dei fatti. Taluno crede d'essere molto illuminato, ed è invece il contrario, cioè schiavo dei dogmi... Questa insopportabile situazione deve essere una buona volta denunziata con parole chiare e inequivocabili. Le Università debbono certo mostrarsi guardinghe di fronte alle novità; ma non perciò debbono essere dei puri e semplici conservatori, e comportarsi come se già si conoscesse tutto l'essenziale e come se non si potesse arrecarvi che dei piccoli perfezionamenti. Che ci si chiuda di fronte a cose nuove ed “essenziali”, ecco ciò che è insopportabile allo stato attuale delle cose. Non si vuole riapprendere, non si
vuole modificare radicalmente la propria immagine del mondo. Perché in verità con la parapsicologia ci si trova di fronte ad una possibile modificazione radicale dell'immagine del mondo, senza equivalenti e senza precedenti”.
Vero è che il briesch è anche lui titubante circa i fenomeni parafisici; ma egli s'interessa principalmente e direi quasi esclusivamente di quelli paramentali, che ammette senza restrizioni. Nel suo volume sulla Parapsicologia (ch'è, com'è noto, il nome speciale che i tedeschi danno alla metapsichica) egli discute in una prima parte della metodologia della sperimentazione e nella seconda, che più ci interessa, esamina e discute le teorie generali o parziali avanzate nel campo delle ricerche psichiche, quella del “fluido umano”, del corpo astrale, della coscienza cosmica, e soprattutto l'ipotesi animistica e quella spiritistica. Ed è notevole che il filosofo sassone riconosca come le ipotesi animistiche appaiano spesso più artificiose che non quella spiritica.
In un volumetto recente contro il materialismo, il Driesch riprende le argomentazioni esposte già nella precedente sua opera e sviluppa i temi riguardanti la telepatia, la chiaroveggenza, l'ipotesi spiritica e la sopravvivenza.
Per la telepatia egli non ammette l'ipotesi, pur essa materiale, delle radiotrasmissioni, nell'ipotesi che un cervello emetta una irradiazione che è percepita da un altro; ed affrontando l'ipotesi spiritica o quella del “monadismo”, come egli preferisce chiamarla, esamina le tre possibilità che si presentano:
1°) azione dell'anima d'un vivente senza la mediazione di un organismo o di qualcosa di organico;
2°) mediazione di uno “spirito collettivo” (Weltbewusstsein);
3°) sopravvivenza dello spirito individuale. E quest'ultima egli accetta di preferenza come la più naturale.
L'ipotesi del “monadismo”, che era in un primo tempo ammessa dal Driesch solo come una ipotesi di lavoro, è dunque ormai più esplicitamente fatta propria.
Da essa il Driesch a alla considerazione del problema dell'immortalità. E sull'immortalità egli fonda il più sicuro di tutti i sistemi morali.
XV. — FILIPPO BOTTAZZI
Con S. E. Filippo Bottazzi, professore di Fisiologia nella R. Università di Napoli, si chiude la nostra indagine. E abbiamo lasciato per ultimo il Bottazzi non soltanto perché con lui, dopo i filosofi, possiamo ritornare agli scienziati puri, non soltanto perché egli è il più fresco e vivo e verde degli scienziati che si sono occupati di metapsichica, ma anche e soprattutto perché con lui possiamo esaminare la posizione della metapsichica di fronte alla scienza ufficiale italiana.
Con Filippo Bottazzi la ricerca psichica è entrata nel campo dell'indagine scientifica ufficiale. Gli esperimenti furono infatti eseguiti da lui, professore dell'Università, con tutte le macchine e gli accorgimenti e le documentazioni che l'oculata sperimentazione scientifica richiede; e i risultati dell'indagine stessa sono acquisiti come prove inoppugnabili nell'Archivio del Laboratorio di Fisiologia della R. Università di Napoli.
Non sono tuttavia un segreto, perché il Bottazzi ha pubblicato con molte illustrazioni documentarie le sue esperienze in un libro molto interessante edito dal Perrella di Napoli, dal titolo Fenomeni medianici.
Codeste esperienze non solo hanno valore in sé, ma danno anche autorità a quelle compiute precedentemente da altri fisiologi italiani che pure coprono cattedre universitarie, come i proff. Carlo Foà ed A. Herlitzka.
Il Bottazzi afferma quale era il suo stato d'animo di fronte ai fenomeni medianici: identico a quello di tutti gli scienziati che non hanno veduto o, peggio, non han voluto vedere: “mi trovavo — egli dice — con l'animo disposto a negare la veridicità delle cose affermate”; egli aveva anzi — confessa — “perfino qualche volta affermato che credeva non esser degno d'uno scienziato, d'un naturalista, l'assistere a cotali sedute spiritiche”.
Fu forse di soppiatto, come fa chi commette una scappatella, che egli osò contravvenire a quella che si ritiene la dignità dello scienziato, intervenendo a qualche seduta della medium Eusapia Paladino? No. Con tutta la dignità e la fierezza e la logica e l'interesse dello scienziato verso la conoscenza del vero e alla luce del sole egli e il suo collega prof. Galeotti dell'Università di Napoli si persuasero della necessità di vedere, di toccar con mano.
“E — son sue parole — in questo laboratorio, qui dove noi indaghiamo giornalmente i fenomeni della vita, col disinteresse di chi non ha altra mèta che la scoperta della verità scientifica, di chi ha fatto scopo supremo dell'esistenza l'indagine sperimentale; qui in questo ambiente sereno, scevro di ioni d'ogni sorta, dove saranno superflue le sigillature degli usci, le ispezioni delle stanze che non celano insidie, ecc.”.
Ecco: egli si accinge alla prova “come quando a uno sperimentatore di professione balena la idea d'un bell'esperimento da fare su di un cane o su di un coniglio”, e con il proposito “di registrar tutto, graficamente e fotograficamente”. S'erano avute per l'innanzi bellissime descrizioni di sedute come quelle del Barzini, ma, esclama il Bottazzi, i documenti? le prove? Hanno visto in tanti; ma tanti avevano veduto anche prima e pur si dubita sempre. Ora egli, scienziato, da scienziato adusato all'indagine scientifica, sperimenterà in un gabinetto scientifico e darà le prove, i documenti che toglieranno ogni dubbio. “Quando — egli dice — li avremo ottenuti, avendo messo, per quanto ci sarà possibile, la Paladino nell'impossibilità di provocarli con le sue mani, coi suoi piedi, col suo corpo insomma, allora i dubitanti crederanno o si affretteranno a fare indagini personali, gl'increduli incominceranno a dubitare e gl'indifferenti saranno scossi e non sdegneranno più di occuparsi di questi che sono i fenomeni più meravigliosi finora offerti alla ricerca scientifica”.
Né il Bottazzi ed i suoi colleghi universitari vollero “circondar di mistero i loro esperimenti per paura di recar danno alla loro reputazione di universitari”, ma non ne dettero subito notizia ne' giornali “unicamente perché è consuetudine d'ogni sperimentatore serio di non pubblicare i risultati degli esperimenti ch'egli fa se non quando sono terminati e dopo di avervi esercitato su tutta la critica di cui è capace. Memori della sentenza di Leonardo che il mondo è pieno d'infinite ragioni che non furono mai in esperienza, della verità che qualsiasi fenomeno è degno di divenire oggetto d'indagine scientifica; e quasi persuasi che i così detti fenomeni medianici sono fenomeni naturali il cui determinismo ci sfugge, noi infatti abbiamo voluto istituire questi esperimenti unicamente per confermare a noi stessi, e possibilmente agli altri, la loro realtà, e con la speranza di chiarirne
almeno in minima parte la natura”.
Gli esperimenti furono preparati con la cura più scrupolosa, valendosi degli strumenti più perfezionati che potessero meccanicamente registrarli. “Non vi può esser dubbio — dice il Bottazzi che quando è possibile disporre le cose in modo che i fenomeni medianici lascino una traccia indelebile di loro, questo metodo non è da trascurarsi, se si vuoi por fine tanto alle esaltazioni di eccessiva credulità degli uni, quanto ai dubbi e allo scetticismo degli altri.
Rimarranno sempre gli increduli, certamente: ma non saranno più le persone al cui giudizio noi molto teniamo; non saranno più gli uomini di scienza, che sanno il valore e il significato del metodo di auto-registrazione grafica dei fenomeni naturali; questi dovranno piegarsi, come io spero, all'evidenza dei fatti che io esporrò e documenterò. Gli increduli ostinati, gli increduli irriducibili saranno e rimarranno gli ignoranti e tutti coloro che non hanno educazione scientifica, né conoscono il valore dei nostri metodi d'indagine: saranno coloro i quali non possono capire, per difetto di coltura naturalistica, e che delle testimonianze dei loro sensi hanno un concetto così primitivo da pensare, di fronte alla verità, che non il sole gira intorno alla terra, ma questa attorno a quello: — Sarà, ma io vedo girare il sole e non la terra. Ora di “questi cotai” la scienza non deve, non può preoccuparsi; essi, per quanto numerosi, non ritardano il suo avanzamento: la scienza nel suo maestoso progredire se li lascia indietro senza curarsene”.
Quali furono i risultati degli esperimenti predisposti dal prof. Bottazzi con tanta intelligente cura? Molti e vari e tutti importantissimi, ma in sostanza raggruppabili in due categorie:
a) spostamenti e toccamenti di oggetti fatti a piacere o dietro indicazioni ed esortazioni rivolte alla medium;
b) apparizione di arti e di teste, ecc., e formazione di luci.
I fenomeni più clamorosi e spettacolari non sono spesso nelle sedute scientifiche i più importanti. Il toccamento di un tasto che è al di fuori della portata del medium, che si può oltreché vedere ed udire anche registrare meccanicamente, ha, agli effetti della conoscenza umana, maggiore importanza dell'apparizione di un fantasma che impressioni una folla di spiritisti, sulla cui suggestionabilità possa sollevarsi qualche sospetto. Ecco per esempio un piccolo fenomeno.
Il Bottazzi aveva collocato e saldamente fissato su di uno sgabello un timpano di Marey connesso col manometro a mercurio di François-Frank. Ogni pressione esercitata sulla rotella di legno incollata sulla membrana elastica si sarebbe tradotta in un innalzamento del galleggiante e della penna del manometro, e ogni depressione in un abbassamento. “Una mano o un piede invisibile — osserva il Bottazzi — deve aver schiacciato dunque la rotella, deve aver premuto sulla membrana del timpano ricevitore; e con forza, perché io mi sono assicurato il giorno appresso che per ottenere la linea più alta bisognava deprimere al massimo grado la rotella. Questo fenomeno, registrato graficamente sul cilindro affumato rotante, è della massima importanza; e non solo perché su esso non può cadere alcun dubbio, ma anche perché dimostra nella mano invisibile che l'ha operato, una certa destrezza. Non si tratta infatti d'una ordinaria trazione o spinta d'una seggiola o di un tavolino. Per schiacciare la rotella, la mano misteriosa doveva innanzi a tutto trovarla, ed essa presentava una superficie relativamente piccola; e poi, fra i molti movimenti che poteva impartirle, doveva fargliene eseguire uno solo, quello di abbassamento. La mano misteriosa poteva staccare la rotella, che era semplicemente incollata sul bottone della membrana, magari staccare il timpano dallo sgabello, ecc.; essa non fece che deprimerla, obbedendo agli ordini che io davo al medium, e lasciandosi guidare dalla descrizione che davo, sempre al medium, sul modo come doveva schiacciarlo per farlo funzionare. Considerate: io parlo al medium, che non ha veduto forse mai in vita un timpano ricevitore del Marey, e certamente mai nella modificazione che io gli avevo fatto subire, e che non aveva, prima della seduta, ispezionato il gabinetto medianico, così che non sapeva dove fosse l'apparecchio; le sue mani visibili rimangono sempre a contatto con quelle dei due custodi, sebbene non in riposo, ma anzi in un continuo movimento, come di ricerca, di palpazione; e di là, a circa un metro di distanza e in un piano diverso da quello in cui si trovano le mani visibili del medium, dietro il corpo di questo nel gabinetto, un'altra mano, invisibile, con dita misteriose palpa sullo sgabello, trova l'oggetto che io descrivo ed esegue il movimento che io suggerisco. Non è questo un fenomeno meraviglioso, essendo esclusa in modo assoluto la possibilità che una delle mani visibili della Paladino si fosse portata indietro, svincolandosi da quella del custode e avesse toccato e schiacciato la rotella?”.
In altra seduta fu messa sul tavolino nel gabinetto medianico “una piccola
macchina magnetoelettrica di Gaiffe, adattata in modo da funzionare come un interruttore rotatorio. Come si vede nella figura ai due serrafili della cassetta invece di fissare gli eccitatori, sono fissati due fili, uno dei quali va direttamente all'accumulatore e l'altro vi giunge pure, ma dopo esser ato per un segnale Desprez.
Girando il manubrio A si fanno avvenire nell'interno della cassetta delle chiusure e aperture successive del circuito elettrico, per cui la penna del segnale fa dei movimenti in su e in giù, tracciando linee bianche sulla carta affamata del cilindro. Sullo stesso cilindro è adagiata la penna scrivente dell'orologio registratore di Jaquet. Ora si comprende che per mettere in movimento rotatorio l'apparecchio contenuto nella cassetta, e quindi per far avvenire le chiusure e le aperture del circuito elettrico, è necessario girare il manubrio; ma se si tenta di girarlo can una mano, senza che l'altra tenga ferma la cassetta, avviene che, invece di produrre il movimento voluto, si solleva o si sposta la cassetta intera e il manubrio fa al più pochi giri. Si comprende inoltre che, a seconda che si gira il manubrio più o meno velocemente, il numero di chiusure o aperture del circuito nell'unità di tempo varia, e varia quindi anche l'aspetto del tracciato che scrive il segnale. Ebbene, con nostra grande meraviglia, dopo aver dato ad Eusapia le necessarie spiegazioni, il manubrio vien messo in movimento, e tutti udiamo il caratteristico rumore che fa ruotando l'apparecchio contenuto nella cassetta. Del resto il tracciato è di una evidenza non comune; esso dimostra che il manubrio fu girato più volte ad intervalli variabili e con velocità diversa; l'ultima volta fu girato con velocità grandissima. La cooperazione di due mani medianiche fu indispensabile. Dopo la seduta, la cassetta fu trovata nello stesso posto dove era stata messa”.
Ancora un altro fenomeno del genere. “Si porta sul tavolino la bilancia pesalettere e il cilindro affumato e si mette la penna a contatto della carta. Spiego alla Paladino che cosa vogliamo che faccia: deve abbassare il piattello della bilancia, senza toccarlo con le sue mani visibili. Si mette in movimento il cilindro, e la penna vi scrive una linea orizzontale per più giri successivi. Qualche secondo a, ed ecco che si vede la tenda di sinistra avanzarsi risolutamente verso il tavolino, come fosse sospinta da una mano nascosta dietro, delle cui dita si vede distintamente il rilievo, afferrare il piattello della bilancia e deprimerlo fortemente; indi retrarsi e sparire. Fermiamo il cilindro e constatiamo tutti che la penna ha scritto (malamente perché la mano invisibile ha fatto oscillare un poco la bilancia) una linea verticale sulla carta affumata. Le mani di Eusapia erano in nostra custodia. Il giorno appresso io volli vedere quanto segnava l'indice della bilancia, quando il piattello era depresso fino a quel punto e trovai che la forza di pressione esercitata sul piattello doveva essere stata equivalente a un peso di gr.
370.
Sui fenomeni medianici di Eusapia Paladino, quasi tutti del genere che si suoi dir fisico, c'è una letteratura incredibilmente copiosa. Già nel 1908 il Morselli, elencando i titoli dei lavori pubblicati fino a quel momento soltanto sui fenomeni della Paladino, riempiva ben 35 pagine di fitta stampa! Tuttavia un particolare interesse suscitano le relazioni del Bottazzi. Alcuni fenomeni già ottenuti anche da altri sperimentatori, e forse in modo più evidente ed impressionante, acquistano nel racconto del Bottazzi una maggiore importanza e quasi direi il suggello scientifico.
I toccamenti di mani invisibili alla faccia, alle spalle, alle gambe, alle braccia delle persone sedute intorno al tavolo degli esperimenti, il trasporto fatto da arti talora intravvisti, bianchi o neri, e talaltra invisibili di vari oggetti, lo spostamento di sedie con sopra persone del peso di oltre 90 chili, il suono di strumenti a corda, il versamento di liquidi, la levitazione completa del tavolo, l'apparizione di teste, braccia, mani, la formazione di luci, le impronte lasciate nella creta da dita, ecc. ecc., erano fenomeni comuni nelle sedute della Paladino e di altri medium. Abbiamo avuto occasione di riferire su fatti analoghi constatati nelle sedute col medium romano sco Carancini, vivente. Tuttavia vogliamo qui riferire anche qualche particolare delle sedute tenute da S. E. Bottazzi, servendoci spesso delle sue stesse parole.
Se la fotografia non ha registrato che una modesta levitazione del tavolo, in altra seduta il tavolo fu sollevato notevolmente ed a lungo. Si notino i particolari: “La Paladino era in piedi e tutti per suo invito s'erano pure alzati. In queste condizioni il tavolino si innalzò rimanendo librato in aria senza alcun contatto, a circa un metro dal pavimento”. “Importante a constatarsi durante questi innalzamenti, è lo sforzo che bisogna fare per abbassare il tavolino appena di qualche centimetro. Qualche volta abbiamo provato in più insieme ad abbassarlo premendo con le mani sul piano, senza riuscirvi. Cede un poco e s'abbassa; ma appena allontanata la mano si rialza”. Nella levitazione fotografata si vede chiaramente la mano della Paladino a contatto di quella del controllante che le era vicino e il polso della medium con la legatura disposta in modo che le mani della Paladino non potessero giungere a nessuno degli oggetti disposti nel
gabinetto medianico.
Spigolando nel racconto troviamo tra gli altri questo episodio notevole. Tra i presenti a quelle sedute il più diffidente era il prof. Scarpa. Questi ad un certo momento “era venuto a porsi — narra il Bottazzi — tra me e la Paladino; con la mano sinistra ribadiva la catena medianica; la destra col braccio la tenne quasi sempre sulle spalle di Eusapia, col consenso di lei, che vi si appoggiava, e ciò gli servì sia per esercitare una maggiore vigilanza, sia per sentire il movimento dei muscoli delle spalle, che Eusapia faceva sincronamente ai fenomeni medianici che si svolgevano nel gabinetto o fuori. A un certo punto però, mentre Scarpa era col suo capo quasi a contatto della tenda, egli si sente prendere e tirare per tre volte così forte i capelli, da fargli emettere un grido di dolore; egli assicura che non pochi capelli, gli furono strappati... Mentre Scarpa era così vicino alla Paladino, ebbe occasione di guardare più di una volta nel gabinetto medianico e dietro la schiena di lei; e fu allora che gli sembrò di vedere come dei moncherini, degli abbozzi di arti che, gemmati dal tronco del medium, si muovevano in maniera non bene distinguibile, e poi sparivano”.
Or questo, che è fenomeno di capitale importanza, fu osservato precisamente dallo stesso professor Bottazzi in altra seduta: “Sento una mano aperta afferrarmi di dietro ma dolcemente per il collo. Istintivamente svincolo la mia sinistra dalla destra del vicino, la porto là dove provavo la sensazione nettissima del contatto, e vi trovo la mano che mi toccava: una mano grande, non fredda né calda, dalle dita ossute e ruvide, che sotto la mia stretta svanisce; non si retrae, producendo sulla mia mano sensazione di strofinamento, no, ma si dilegua, si smaterializza, si dissolve. Poco dopo la stessa mano mi si posa sul capo; vi accorro con la mia, la sento, la stringo; mi si scioglie e svanisce di nuovo nella stretta. Un'altra volta più tardi la stessa mano mi si posa sull'avambraccio destro, senza stringerlo. Questa volta porto al punto toccato non solo la mia sinistra, ma anche lo sguardo, così che vedo e sento insieme: vedo una mano umana, di color naturale, e sento con la mia le dita e il dorso di una mano tiepida, nerboruta, ruvida. La mano si dilegua, e questi miei occhi la vedono retrarsi, descrivendo un arco di cerchio, come se rientrasse nel corpo della Paladino. Confesso che mi balenò il dubbio che proprio la mano sinistra di lei si fosse liberata dalla mia destra e si fosse portata sul mio avambraccio; ma nello stesso istante potei verificare che il
dubbio non aveva fondamento”.
In altra seduta la constatazione è fatta dal prof. Galeotti che “mentre era alla custodia della destra di Eusapia, vide nettissimamente lo sdoppiamento medianico dell'arto superiore sinistro di lei. Ecco — egli diceva — io vedo due braccia sinistre d'aspetto identico; l'un braccio è adagiato sul tavolino, ed è quello di cui la signora Bottazzi tocca la corrispondente mano; l'altro par che si spicchi dalla spalla, s'accosti a lei, la tocchi, e poi, si torni a fondere col corpo di Eusapia, dileguandosi.
Non è allucinazione; io son desto, sono del tutto consapevole delle due simultanee sensazioni visive che provo mentre la signora Bottazzi dice di essere toccata”.
Il resoconto di questa seduta si chiude con queste parole: “Confessiamo che i risultati di questa seduta hanno agito sull'animo nostro assai favorevolmente, perché ne hanno estirpato ancora una delle tante radici del dubbio e dell'incertezza, che tormentano lo spirito d'ogni osservatore calmo e sionato di questi singolari fenomeni medianici”.
Il Bottazzi esclude in primo luogo che la frode entri necessariamente nei fenomeni medianici, e stabilisce che è sommamente ingiusto negarne la realtà. A lungo egli esamina la mentalità dei negatori per partito preso, di coloro ai quali “il negare sembra anzi segno di superiorità mentale”. E pur rispettando coloro che “rifiutano di vedere perché temono che le cose osservate possano turbare le loro convinzioni naturalistiche e l'intuizione meccanica del mondo, che con faticosi studi e lunghe meditazioni sono giunti a formarsi”, si scaglia energicamente contro quelli che “pieni di albagia pretendono con le loro poche e mal riuscite osservazioni di annullare le molte, le moltissime osservazioni fatte in condizioni diverse e spesso migliori, da persone non inferiori a loro e spesso superiori per acutezza d'ingegno, per capacità sperimentale e per saldezza di carattere, quali resultano dalle prove che hanno date durante la loro vita; per costoro intorno ai quali facilmente s'aduna il gregge degli ignoranti e dei pretenziosi, per le stesse ragioni per cui maggior consentimento tra la folla trova chi distrugge in confronto di chi edifica, il pedissequo raffazzonatore di vecchi motivi in confronto dell'innovatore, per costoro —egli esclama — io, se ne valesse la pena, sarei inesorabile!”.
Alle sedute descritte dal Bottazzi parteciparono con lui professori valenti ed illustri, diversi per l'ordine di studi che coltivavano: il grande clinico Cardarelli, il patologo Galeotti, il dermosifilopatico De Amicis, il fisico Scarpa, l'elettrotecnico Lombardi, l'ing. Jona e il Pansini, professore di semeiotica
medica, alcuni dei quali profondamente increduli e tenacemente disposti non tanto a studiare i fenomeni, quanto a scoprir la frode con tutti i mezzi e con tutti gli accorgimenti che nel libro sono minutamente descritti. E tutti si son trovati in fine “concordi nella convinzione che i fenomeni da loro osservati non furono mai prodotti con mezzi fraudolenti, ma furono fenomeni reali, per quanto misteriosi, la cui natura sfugge interamente”.
Nelle ultime pagine del suo bellissimo libro il Bottazzi s'occupa della possibile spiegazione dei fenomeni. “Esclusa l'ipotesi della ciurmeria; la ipotesi spiritica genuina, quella secondo cui lo spirito d'una persona morta interviene alle sedute medianiche, invocato dal medium, si materializza e opera i fenomeni che sono constatati dai presenti, non ha per molti alcuna verosimiglianza”. Ad escludere codesta ipotesi basterebbe per alcuni constatare come i fenomeni sono in dipendenza dell'organismo fisiologico e psichico del medium. In realtà il Bottazzi più volte nella descrizione delle sedute constatò come ai movimenti prodotti medianicamente corrispondessero con perfetto sincronismo registrato dagli strumenti, contrazioni muscolari e movimenti sensibili degli arti della Paladino, la qual cosa chiarisce il fattore fisiologico; e come spesso la medium stessa annunziasse i fenomeni che stavano per prodursi o che erano in via di produzione, che conferma il fattore psichico o intellettivo.
“Tuttavia — afferma il Bottazzi — l'ipotesi spiritica non può essere in modo assoluto respinta, finché non sia direttamente e sicuramente dimostrato che i fenomeni medianici sono prodotti con un meccanismo diverso ben determinato”.
Egli si raffigura così i fenomeni medianici: “Possiamo immaginare che, a somiglianza dei ben noti fenomeni di sdoppiamento della personalità psichica, nel medium avvenga, oltre a questo, anche uno sdoppiamento parziale, (cioè per un singolo arto, ecc.) o totale (come nei casi di apparizione di intere persone) della personalità fisiologica, per cui l'organismo del medium temporaneamente venga a possedere per es. due braccia destre, due teste, tre o quattro gambe, ecc.”.
In Conclusione ecco come egli stesso riassume il suo pensiero nell'ultima pagina:
“I fenomeni medianici che non sono pure allucinazioni di coloro che assistono alle sedute dette spiritiche, sono fenomeni biologici dipendenti dall'organismo del medium. E se tali sono, essi avvengono come se fossero operati da prolungamenti degli arti naturali o da arti addizionali che gemmino fuori dal corpo del medium e in esso rientrino e si risolvano, dopo un tempo variabile, durante il quale si rivelano, per le sensazioni che in noi provocano, come arti in nulla di essenziale differenti da quelli naturali”.
Ecco segnata una pietra miliare nell'indagine dei fenomeni fisici. La conclusione è di enorme importanza e sebbene le otto sedute descritte dal Bottazzi siano state tenute precisamente trenta anni or sono, le altre che con uguale serietà scientifica quantunque con medium forse di minor valore furono tenute in Italia (si vedano per es., le sedute, otto anch'esse, del dr. Servadio col medium Erto), in America (alludo specialmente alle famose sedute di Winnipeg che determinarono l'esistenza dell'ectoplasma) e in Francia (quelle specialmente del dr. Osty col medium Rudi Schneider, nelle quali fu constatato che la sostanza emanata dal medium assorbiva in grado maggiore o minore le radiazioni infrarosse e fu dato trascrivere per mezzo di grafici gli spostamenti della sostanza stessa e le sue variazioni di densità e di volume), stanno a dimostrare le genialità dell'osservazione compiuta allora e la verità delle conclusioni alle quali era giunto, prima degli altri, il nostro illustre scienziato.
CONCLUSIONE
Crookes, Lodge, Richet, Driesch, Luciani, Morselli, Bottazzi... figure che sono tra le più grandi della scienza ufficiale della fine del secolo scorso e dei principi del nostro, e di tutte le parti del mondo, e in tutti i rami dello scibile, hanno dunque volto la loro attenzione ai fenomeni metapsichici o paranormali, ne hanno constatata la realtà inoppugnabile, hanno scritto sull'argomento memorie e libri che stanno, pietre miliari, su una strada che dovrà pur essere aperta e frequentata, poiché essa si schiude verso “i floridi sentieri della speranza”.
Ma la via è ancora sbarrata dai “pizzardoni” di S. M. la Scienza Ufficiale; e le sbarre sono protette come il fuoco sacro dalle Vestali incontaminate del Dogma scientifico.
Senatores boni viri, Senatus mala bestia! Gli scienziati, sì, possono — e come impedirlo? saltare un poco quelle barriere, a loro rischio e pericolo; ma la Scienza... ohibò! Essa non può che commiserare questi suoi figli diletti per siffatti traviamenti, e compiangerli come d'una turpe infermità loro sopraggiunta.
Codesta trascuratezza, codesta ostentazione di silenzio, gravido di disprezzo e di sdegno da parte della Scienza e dei Corpi Accademici costituiti verso la metapsichica e i fatti di occultismo in genere, sembra incredibile a chi la consideri pacato animo; e riveste talvolta persino alcuni delicati toni di ridicolo.
Se il fine della scienza è la conoscenza della verità, l'investigazione dei fenomeni naturali (gli umani compresi), la ricerca delle leggi che li regolano e delle cause
che li determinano, l'utilizzazione infine di essi per il bene morale e materiale del mondo, non è ammissibile che gli uomini della scienza volutamente chiudano occhi ed orecchi di fronte ai fenomeni inusitati e si rifiutino di studiarli.
Se il complesso dei fatti sul quale il Richet ha elevato l'edificio della metapsichica fosse erroneo, la Scienza ha il dovere di disvelarne con esperimenti l'infondatezza o le manchevolezze; ma, se è esatto, ha ancor più il dovere di sottoporlo ad indagini ed a prove più positive e sostenerlo con la sua autorità.
Ora la realtà dei fenomeni non può essere negata solo per il fatto che la Scienza Ufficiale non vuole studiarli. Per negare, come per affermare, bisogna conoscere, bisogna studiare.
Si deve riconoscere l'autorità della Scienza solo per quello che essa ha sottoposto alla sua prudente, metodica, scrupolosa indagine. Ma la scienza s'è rifiutata, si rifiuta di indagare nel campo dell'ignoto. E allora per credere, in mancanza dell'accertamento scientifico, ci soccorrerà altro. E lo diremo col Morselli: “Può bastare qualunque testimone degno di credito: però, come si chiedeva il Voltaire, che cosa occorre alla critica storica, in fatto di testimonianze? Un gran numero di testimoni che: 1°) siano sensati ed abbiano visto bene; 2°) che siano sani di mente e di corpo; 3°) che non abbiano interesse alcuno nella questione; 4°) che le attestino solennemente. Orbene: i fenomeni sono stati accertati da un numero così grande di testimoni aventi tutti i richiesti requisiti, che risulta, ormai assurdo e ridicolo dubitare della loro realtà. Io ho davanti a me l'elenco degli illustri che videro ed ammirarono; e lo trovo, sotto l'aspetto epistemiologico e metodologico, di un valore formidabile. Vi figurano almeno due o tre centinaia di personaggi di primissimo ordine: matematici, astronomi, fisici, chimici, naturalisti, biologi ed antropologi, fisiologi, professori di medicina e clinici, filosofi e teologi, ingegneri elettricisti, inventori tecnici ed esploratori, scrittori, letterati e pubblicisti, artisti e scrittrici, magistrati e alti militari, poeti ed eroi, diplomatici e ministri di Stato, finanzieri e prelati, dame, principi e sovrani. Tutta una élite per l'ingegno, per la coltura, per la bravura, per la posizione sociale, per la nascita, per la ricchezza, per il potere. Come buttare da banda un insieme così
imponente di affermazioni decise, di testimonianze disinteressate, di convinzioni sincere?”.
Sufficienti dunque ed esaurienti sono le testimonianze affermative dei fatti. Ed abbiamo veduto come ufficialmente li abbia riconosciuti il Bottazzi, giungendo a conclusioni interessantissime. La Scienza, quando si deciderà ad occuparsene, non potrà negarli. Ecco perché gli uomini di scienza, anche al di fuori o di contro alla Scienza ufficiale, hanno costituito la metapsichica. Ecco perché il Morselli poteva affermare: “Per fortuna dell'Umanità civile e al decoro di questa nostro secolo XX, è nata da qualche tempo una pianticella sana e vigorosa la quale crescerà e darà coi suoi rami, sempre più fronzuti, con i suoi frutti sempre più saporiti, il refrigerio desiderato da chi cammina verso la vera Scienza spinto dalla sete della verità”.
Ed abbiamo anche noi questa fede. Ché se da un lato non è possibile che non sorga inestinguibile la curiosità su una categoria così straordinaria di fenomeni, dall'altro lato la resistenza non può essere vinta dalla ineccepibile linea rigorosa nella quale la ricerca fu diretta da menti illuminate di studiosi, quali noi abbiamo ricordati.
E non è possibile che si continui a confondere la metapsichica, e cioè la ricerca scientifica, con il così detto “spiritismo” fideistico, con le relative varie conventicole di gente vacua dominata troppo spesso dalla superstizione o da volgare curiosità.
L'opera dei celebri scienziati che abbiamo ricordata è opera di pionieri che non andrà perduta. Né quegli scienziati saranno dimenticati.
La metapsichica entrerà pure, prima o poi, nel mondo ufficiale; e comunque essa è già avviata con un programma scientifico verso un avvenire sicuro.