Stefano Milianti
LA SECONDA TERRA
Elison Publishing
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DEDICATO A PAPA SCO
Quella ricchezza mal divisa, per anni ‘la bella vita’ dei gaudenti della società occidentale – che usufruiva della maggior parte dei beni lasciando agli altri le briciole – oggi deve essere ripartita fra un aumentato numero di soggetti – aventi – diritto. Infatti nuovi e popolosi paesi – fino a ieri definiti ‘poveri’ perché amministrati in modo non consumistico, quali Cina, India… sono venuti a chiedere la loro parte. In altri pochi anni tutti i popoli vorranno avere ciò che spetta loro dei prodotti di madre terra e sarà necessario ridurre i consumi. Purtroppo l’esperienza insegna che l’egoismo non ha limiti e quindi chi può – il ricco – vorrà consumare come e quanto prima e questo genererà tensioni, rivolte e forse guerre. Ma c’è un modo possibile per far vivere felicemente tutti gli abitanti del pianeta? Il protagonista di questo breve romanzo lo scopre in un pianeta simile alla Terra, dove si vive secondo la Parola. Forse è un’utopia, ma se provassimo davvero? Infatti questa e l’unica via possibile per ogni salvezza.
Alla Toscana, che mi dette vita, e all’Umbria che mi insegnò a pregare.
TERRA DUE – LA SOLUZIONE
Questo lavoro è dedicato a quegli idealisti che amano tutti gli uomini. Le idee nascono complete e buone, ma purtroppo ci ragioniamo sopra, le affiniamo e completiamo… le rivestiamo di tanta ‘accortezza’, senza renderci conto che vi immettiamo entropia e, alla fine, l’idea è distorta. Quello che spesso risulta errato è, però, il percorso deciso per giungere alla meta. In partenza sono buone sia le idee di destra che di sinistra, quelle dei pacifisti e quelle dei rivoluzionari, ma poi nell’attuazione… è accaduto che siano diventate fascismo o comunismo, rivoluzione o terrorismo. Quei giovani che ‘fanno’ perché hanno molte energie e quei meno giovani che ‘sanno’ perché l’esperienza li ha edotti, spesso si alleano per raggiungere un nobile fine di giustizia, ma la via che scelgono per ‘cambiare le cose’ è sempre errata. Questo accade, credo, perché chi decide di lottare dapprima si riempie di odio, di rancore, di desiderio di vendetta e poi, vista una strada, sposa un’idea già distorta. Se, anziché riempirsi di odio, coloro che desiderano ‘cambiare le cose’ si riempissero di amore, cioè di carità verso tutti gli altri, e, anziché desiderare di raggiungere una posizione di comando, desiderassero soltanto servire il prossimo… ecco che avrebbero fatto la rivoluzione più grande – e l’unica giusta. Per fare questo bisognerebbe capire alcune cose e non cadere nella trappola di false credenze, infatti gli ideali più alti derivano dalle religioni e così queste diventano importanti fattori di spinta. Sappiamo tutti quali grandi guai può causare un idealista che crede in una religione errata: basta pensare a Bin Laden e ai guai che ha causato al mondo intero seguendo un dio piccolo e impotente. (Spiego: se un dio ha bisogno di guerrieri che convincano gli altri uomini con la forza, per dargli un regno terrestre più grande, dove sono il suo potere e la sua potenza? È un dio piccolo, poco più grande di un dittatorello ! Inoltre è un dio cattivo, perché considera figli soltanto i propri guerrieri e permette che questi violentino e uccidano nel suo nome.) Perché credere in un simile dio – chiaramente inventato da alcuni uomini furbi! Dei quali ha gli stessi vizi – e non in un Dio creatore e Padre di tutti gli uomini, che non invita alla violenza, ma al servizio e all’amore? Perché non credere nell’unico Dio che ha avuto il coraggio di mandarci il Figlio, proprio perché sapessimo in chi credere e non ci
lasciassimo allettare da falsi dei? Essendo noi esseri imperfetti e limitati, non possiamo certo inventare le giuste regole che possano permettere una vita felice a tutti gli uomini; d’altra parte la felicità è una giusta aspirazione… ma allora l’uomo nasce impotente a raggiungere il fine desiderato ed è condannato all’infelicità? La natura – o il Dio creatore dell’uomo – è davvero così cattiva da creare un essere incapace di raggiungere la meta cui aspira? L’umanità continua a progredire, tesa nello sforzo di trovare le regole giuste per raggiungere la felicità che desidera. Il progresso avviene fra guerre e incomprensioni, odi e divisioni, imposizioni… e tutto ciò costa fatica, dispiacere e sofferenze. E, mentre da una parte è tutta l’umanità a soffrire, ricercando quella conoscenza che le permetta di scoprire le giuste regole per la costruzione di un mondo felice, dall’altra parte e proprio a causa degli errori fatti per progredire, è lo stesso pianeta Terra a soffrire e a diventare giorno dopo giorno una casa sempre più inospitale… Se le cose stanno realmente così, allora l’uomo non ha speranza: la natura è matrigna. Il Dio – creatore, se esiste, è cattivo, e il genere umano è destinato ad una vita zeppa di inutili sofferenze. Ma siamo certi che le cose siano così? E se le regole ce le avesse regalate duemila anni fa quel piccolo figlio di un falegname ebreo? Diceva di essere il Figlio di Dio – e non fu creduto, faceva miracoli per dimostrarlo – e non fu creduto, dimostrava di amare ogni uomo, di perdonare tutti, di accettare una morte spaventosa per riscattare le colpe di tutti – e non fu creduto… La civiltà era agli inizi, la vita difficile, gli uomini usavano più le mani del cervello e già Satana faceva bene il suo lavoro, ma adesso, dopo duemila anni di progresso, vogliamo provare a vivere secondo quelle semplici regole che ci proponeva quel figlio di falegname? Se, poi, il loro uso ci portasse a sperimentare un mondo dove tutti sono felici, allora questo non basterebbe a dimostrare che quel ragazzo chiamato Gesù era davvero particolarmente illuminato, tanto da essere, forse, il Figlio di Dio come ci assicurava? E allora ecco anche il perché del funzionamento di quelle semplici regole: esse provengono da un Essere perfetto, da un Padre amorevole che ama i propri figli
e che per questo ha detto loro come comportarsi… Basterebbe fare un tentativo, accettando di vivere qualche tempo secondo quelle regole; poi, se funzionano bene e sono utili a tutti, accettiamo di applicarle, diversamente le rigettiamo. È un esperimento che costa poco, non causa danni a nessuno e, se funziona, risolve i problemi di tutti gli uomini e di tutto il mondo: perché non tentare? Per fare la prova è necessario sospendere per un breve tempo tutti i contrasti che ci impediscono di sentirci fratelli, e mi rendo conto che la cosa è difficile, ma quale altro modo può essere possibile per convincerci tutti, se non quello di un’esperienza diretta? A dividere gli uomini oggi non ci pensano solo i leader dei partiti che, per apparire più importanti, propagandano odi e schieramenti diversi, ma anche le religioni… Che ogni singolo uomo sia orgoglioso della propria fede e desideri restargli fedele più che può è logico e comprensibile, perché fa parte della speranza dell’individuo di continuare la vita oltre la morte, quando si abbandonerà nelle braccia del Dio che ha servito. Quindi diventa di fondamentale importanza saper scegliere la religione cui appartenere… Se è vero che in duemila anni siamo progrediti anche in sapienza, allora i terrestri hanno una sola cosa da fare: eleggere una assemblea di onesti e illuminati saggi che raffrontino le varie religioni, decidano la migliore – cioè quella che permetterebbe una vita più in armonia con gli altri – e la facciano adottare da tutti. Io sono cristiano e credo che il Dio in cui credo sia il migliore, l’unico giusto e buono, il solo a poter donare l’eternità che ha promesso e quindi volendo immaginare una società felice, da proporre come una meta raggiungibile, ho avuto un’ulteriore prova che l’unica dottrina ‘pro humanitate’ è quella che ci ha insegnato Cristo. Quando gli idealisti – e i rivoluzionari per sete di giustizia – troveranno i valori giusti su cui fondare la società felice cui tendono, allora scopriranno che tutti gli insegnamenti c’erano già stati dati. Vogliamo provare a vedere se funzionano? Venite con me… Se, poi, non funzionassero, sarò io a cambiare religione per abbracciarne una migliore…
CAPITOLO I
RAWIRI
Rawiri era un giovane australiano di pura discendenza Maori e ci teneva al suo nome che lo faceva sentire più padrone della propria terra: Più padrone dei tanti inglesi, americani, europei e asiatici che erano immigrati nel continente nel corso dei secoli. Aveva un corpo muscoloso e ben proporzionato, non armonico perché gli mancava qualche centimetro in altezza, ma decisamente atletico e forte. Andava fiero anche della capigliatura ribelle che aveva e che non cercava nemmeno di domare… anche quella era un ricordo degli antichi progenitori che gli avevano fatto il regalo di farlo nascere nell’unica terra che, alla metà del terzo millennio, era ancora vivibile. Ogni volta che si fermava a pensare al resto del pianeta Terra, si convinceva ulteriormente: era un fortunato! Era uno dei pochi milioni di uomini fortunati, mentre ce n’erano miliardi in condizioni precarie. L’educazione religiosa che gli era stata tramandata dai suoi avi lo portava ad amare tutto il creato, prima la terra(che era solo buona), poi gli altri esseri viventi(animali utili e persone misericordiose); spesso alzava gli occhi verso il cielo – un tempo sede degli dei della tribù ed ora misteriosa espressione della creatività di Dio – pregando di trovare una vera fede, perché si rendeva conto di essere un cristiano tiepido, e chiedendosi cosa mai potesse fare per convincere il Dio in cui credeva a fidarsi di lui e donargli quella fede solida cui anelava. Nelle sere estive gli piaceva recarsi in un luogo appartato, lontano dai rumori della città, e restava col viso rivolto verso l’alto, affascinato dallo spettacolo dello stellato cielo sereno e continuava il suo monologo con Dio, chiedendogli solo una cosa: che gli donasse una fede vera, calda e costante. Quando aveva terminato le scuole superiori, tutti i professori lo avevano spinto a continuare gli studi, giudicandolo di rara intelligenza e curiosità scientifica, di animo generoso e desideroso di rendersi utile agli altri…’ Con un tale giudizio gli fu possibile iscriversi alla facoltà di Fisica e di essere ammesso ad un prestigioso college dove, fra l’altro, non avrebbe pagato alcuna retta se avesse continuato a studiare col successo avuto nel ato. Nel college aveva creduto opportuno cessare col suo compiacimento di essere
uno dei pochi giovani di sicure origini locali ed aveva cambiato il nome in David che, gli avevano assicurato, era il corrispondente di Rawiri, in lingua inglese; quindi si era dedicato alla propria capigliatura e pian piano era riuscito a domarla, in modo che al secondo anno di college nessuno, scherzando, gli poteva dire ancora ‘porcospino’ – alludendo alla chioma ribelle. I capelli non gli erano diventati morbidi e biondi come quelli della maggior parte dei compagni, erano rimasti un po’ crespi, ma adesso accettavano di lasciarsi pettinare e restavano disposti come li ordinava. Soltanto in una cosa non era cambiato: lo sguardo. Uno sguardo nero e profondo di due occhi grandi e dolci che sembravano dire a ogni persona che incontrava: ‘Siamo amici’ o ‘ti voglio bene.’ Non era lo sguardo acuto di un falco – occhi stretti e penetranti, che sprizzassero intelligenza acuta e volontà ferrea – sembrava piuttosto lo sguardo dolce e vago di un sognatore rassegnato, ma può essere mai rassegnato un sognatore carico dei nobili ideali che covavano nell’animo di David?
Era uno dei migliori studenti del terzo anno di Fisica, quando l’Australia si era trovata ad essere la nazione più ricca della Terra. Per secoli i governi che si erano succeduti alla guida del Paese avevano fatto una politica lungimirante che finalmente aveva dato i suoi frutti. Non solo l’Australia era rimasta fuori da tutti i disastri che avevano dovuto subire gli altri continenti, ma era rimasta anche la sola nazione ad avere una popolazione compatta. Fermata ogni forma di immigrazione, pattugliando attentamente i propri confini, fin dall’inizio del 22° secolo – dopo un referendum nazionale – era stato stabilito che nel continente era ammessa una sola lingua ed una sola religione, rispettivamente l’inglese ed il protestantesimo. Una saggia politica demografica aveva mantenuto la popolazione entro limiti che permettevano agli abitanti di vivere bene. Ampi spazi di verde circondavano ogni città, non c’era disoccupazione e una polizia, onesta ed efficiente, controllava l’intero Paese. Non c’era dittatura e le persone oneste erano libere di fare tutto ciò che volevano, purché lecito, senza restrizioni; il poliziotto che fermava un’auto o un viandante, o che bussava all’improvviso alla porta di una abitazione per effettuare un controllo, usava sempre la massima cortesia, – era l’amico di tutti gli onesti – ma guai ad opporsi alle sue richieste. Chiunque si fosse opposto sarebbe stato arrestato e poi condannato da severi giudici. La popolazione aveva
accettato questo stato di cose; era stata educata a rispettarlo e tutti erano contenti di vivere in uno Stato che aveva promesso pace, serenità, benessere ed era riuscito a mantenere l’impegno. In cambio di una piccola limitazione alla libertà di tutti. Nei secoli in cui gli altri continenti avevano dovuto lottare per cercare nuovi equilibri, l’Australia aveva avuto tutto il tempo per trasformarsi in uno stato decisamente moderno ed efficiente. Anche il più indigente e solo dei cittadini aveva un lavoro assicurato, una casa in cui vivere, una pensione garantita dallo stato al momento in cui avrebbe smesso di lavorare e una gratuita assistenza in caso di malattia. Se, per avere tali vantaggi, aveva dovuto accettare di non avere segreti per la polizia, e al raggiungimento della maggiore età, fare una solenne promessa allo stato che avrebbe vissuto onestamente per tutta la vita, queste cose gli sembravano giuste ed accettabili. Agli inizi del 24° secolo l’Australia appariva come l’Eden in Terra, la nazione dove qualsiasi terrestre avrebbe voluto nascere e vivere. Se non avesse attuato quella speciale protezione dall’immigrazione selvaggia che manteneva da secoli, il più piccolo dei continenti si sarebbe trovato così intensamente abitato che i cittadini avrebbero dovuto vivere gomito a gomito. Per ben due secoli – il 22° e il 23° – il governo di Melbourne aveva preso decisioni impopolari per il resto del mondo, opponendosi dapprima all’immigrazione cinese e indocinese e dopo, con una fermezza che era stata giudicata eccessiva, all’immigrazione di cittadini arabi e africani, che erano stati sempre respinti alla patria d’origine. In particolare uno dei governi più impegnati nell’opposizione a quell’immigrazione selvaggia, che stava causando troppi guai all’Europa e agli USA, aveva approvato una legge speciale in base alla quale il suolo australiano era prescritto a chiunque di fede islamica. Se, la polizia scopriva un residente che professava una religione diversa dal protestantesimo, si limitava a denunciare la cosa alle autorità competenti che decidevano se espellere quel residente o permettergli di adorare il dio scelto in casa sua. Se, però, veniva scoperto un residente seguace di Allah, questo veniva condannato a pene drastiche che andavano dall’espulsione immediata senza indennizzi fino alla condanna a morte. La frase lapidaria del primo ministro, quando aveva parlato del problema islam, era stata: ‘Islam uguale terrorismo e guerra!’ – e tutti i residenti erano stati d’accordo con lui.
Per salvaguardare le relazioni internazionali e non apparire eccessivamente egoista, il governo di Melbourne aveva permesso una immigrazione selettiva – e aveva favorito l’arrivo di famiglie colte, civili e ricche, che ospitava in villaggi modernissimi, costruiti in quelle aree un tempo desertiche e sapientemente recuperate nel corso degli ultimi secoli. Dopo due anni dall’insediamento, agli immigrati che avevano rispettato le leggi del luogo veniva offerta una scelta: divenire cittadini del nuovo stato, assumendone diritti e doveri, oppure tornare al luogo di origine dopo avere risarcito le spese, calcolate in modo equo. David sorrise ricordando che non c’era mai stato chi avesse voluto tornare alla patria d’origine. E in quel sorriso non c’era l’orgoglio di chi si sentiva superiore, ma la contentezza di avere fatta un’offerta gradita ed apprezzata: la migliore garanzia che i nuovi cittadini si erano integrati e che avrebbero amato la nuova patria che li aveva accettati. Per onestà completa rifletté che i nuovi arrivati avevano dato molto al nuovo paese, poiché avevano portato immensi patrimoni e ricchezze intellettuali, quelle ricchezze che avevano permesso la nascita del Centro Spaziale e del Progetto Spazio, alla cui realizzazione lavoravano molti scienziati provenienti da ogni parte del mondo, ma soprattutto dalla vecchia colta Europa e dagli USA, un tempo i più avanti nella ricerca scientifica… Aveva terminato gli esami prescritti dal suo corso di Laurea e la sera stessa in cui aveva discusso la tesi, era stato fermato dal vecchio Professore ‘Esse’ – iniziale del nome dell’illustre studioso, nome che gli studenti continuavano a voler ignorare per usare il più familiare ‘Esse’, tanto il vecchio era paterno e prodigo di consigli con gli allievi, pur mantenendo un’onesta severità – che gli studenti lo conoscevano da anni per ‘Mr. Simpaty’ o più semplicemente ‘Esse’. Il professore lo aveva invitato ad andare a cena a casa sua: ‘Una cenetta familiare – aveva spiegato – mia moglie è una brava cuoca, poi ci lascerà soli, perché devo farti una proposta…’ Il neo-dottore aveva in mente qualcosa di diverso per quella stessa sera: una bisboccia con pochi amici alla quale avrebbero partecipato anche delle ragazze. Negli anni ati non aveva avuto il tempo necessario per dedicarsi all’altro sesso e voleva cominciare a recuperare, ma come rifiutare l’invito di Esse? Non era solo ‘Mr. Simpaty’, ma era anche accademico di famosi atenei sparsi in mezzo mondo, il Fisico Teorico più illustre del tempo, colui che gli aveva aperto la mente verso l’infinito, il possibile e la fantasia più di ogni altro, uomo di
cultura straordinaria eppure dotato della semplicità di un bambino… un vero saggio! Come fare a rifiutare il suo invito? E chi poteva supporre cosa volesse proporgli il vecchio? Questo interessamento del professore non avrebbe potuto nascondere un invito a restare a lavorare nel mondo universitario, a fare della ricerca pura, a contatto di quelle menti che lui, David, ammirava? Decise di accettare, con umiltà: ‘Grazie per l’onore, ma non vorrei disturbare sua moglie. Forse lei non sa, ma i miei antenati erano degli indigeni ed io sono un semplice; sua moglie mi troverà poco educato e molto superficiale… La signora è certo abituata a compagnie più colte… io… tutta la mia cultura si riduce a qualche conoscenza di fisica e matematica…’ ‘Mia moglie ti tratterà come tratta nostro figlio, Capitano di Marina e sempre assente da casa, sarà contenta di ascoltare qualche leggenda dei tuoi avi, poi ci lascerà alla nostre chiacchiere, perché io ti invito per me, non per lei! Voglio parlare con te e lei lo capirà subito… Ti aspettiamo alle otto e non metterti troppo elegante, una cenetta semplice con due vecchi soli. La signora Annie era alta e di una sobria eleganza, in gioventù doveva essere stata una donna di grande bellezza, perché nonostante l’età – doveva avere ato i sessanta – aveva ancora il viso dai lineamenti armonici e con poche rughe, mentre lo stato del resto del corpo faceva supporre che avesse praticato qualche sport o comunque avesse fatto molto moto. Gambe affusolate con polpacci dal buon tono muscolare e glutei alti che sembravano ancora sodi, sotto la semplice tunica di raso azzurro che la proprietaria indossava. ‘Prima di essere australiana ero danese – raccontò Annie – e frequentavo una palestra. Noi abitanti delle terre del nord siamo tutti degli sportivi: il moto ci aiuta a vincere il freddo… – finì mentre appoggiava sulla tavola tre coppette contenenti l’antipasto: cubetti di salumi vari mescolati con ortaggi crudi: ‘Qualche fibra per favorire la digestione’ – disse ancora sedendosi ed invitando gli altri ad imitarla. ‘Esse’ cominciò a pescare velocemente i pezzi dalla coppetta dimostrando che l’antipasto era di suo gradimento. David, seduto di fronte al Professore, attendeva curioso che questi iniziasse il discorso.
‘Rubarlo alla fidanzata proprio la sera della laurea! – esclamò la padrona di casa – Avresti potuto dire a questo giovane di portare anche la sua amica !’ – finì rivolgendosi al marito. Esse osservò David, per invitarlo a rispondere e commentò sottovoce: ‘Le donne! Soddisfa la sua curiosità come credi…’ ‘Sono stato troppo occupato a seguire i vari corsi e finora non ho avuto tempo da dedicare alle ragazze…’ ‘Non è mai stato innamorato? Non le piacciono le donne?’ ‘Ti ha già detto che non ha avuto tempo – intervenne il professore – non vorrai che iamo la sera a parlare d’amore!’ ‘Perché? Cosa c’è di più importante?’ – insistette Annie ‘Il mio amore di questi anni è stata la Scienza, se incontrerò la ragazza adatta a me allora lascerò la prima per la seconda’. ‘Attento! Avvertì Esse – la scienza è un’amante possessiva e spossante; ama i giovani perché hanno molte energie da spendere, ma quando li lascia sono troppo sfiniti per dedicarsi ad altri amori. Questo per dirti di non aspettare troppo tempo a trovare la tua donna’. ‘Bravo! – approvò la signora, che aggiunse: I figli è bene averli da giovani e non aspettare troppo, o ti capiterà di averne solo uno, com’è accaduto a noi… Mentre parlavano Annie aveva servito una crema di verdure molto buona e profumata, che tutti avevano mostrato di gradire, poi aveva tolto i piatti ed aveva messo in tavola un vassoio di roastbeaf. ‘Profumato al barolo in suo onore – ammiccò Esse – e prendendo spunto dal vino aggiunse: ‘Dev’essere l’ultima bottiglia che ci è rimasta, ma presto faremo una nuova provvista; se accetterà di accompagnarmi nel viaggio che devo fare, le farò conoscere il proprietario della cantina italiana dove faccio gli acquisti’ – terminò
il professore dimostrando un improvviso calore. ‘Così vai in Europa?’ – si informò la moglie – Perché non porti anche me?’ – aggiunse. ‘Vado ad un congresso di scienziati e parleremo solo di scienza, ti annoieresti e non mi saresti di nessun aiuto; questo giovanotto, invece, mi servirà bene e mi aiuterà a capire i punti più oscuri…’ ‘Se alcuni punti sembreranno oscuri a lei, facile che per me siano buio completo!’ – osservò David umilmente. ‘Non sprechiamo tempo in futili chiacchiere – ammonì il professore, mentre Annie si dedicava a sparecchiare la tavola, avendo compreso che il marito desiderava tutta l’attenzione del giovane ospite – Io so quanto vali e non ti porto con me perché tu faccia il modesto di fronte ai giovani fisici che incontrerai. Desidero che tu ti faccia e ci faccia onore. È probabile che ci siano nuove teorie da capire al volo e i miei riflessi si sono fatti lenti. Si parlerà anche del nostro Progetto Spazio e forse qualcuno ci darà un aiuto per risolvere i dubbi che abbiamo su quel motore che tu stesso hai teorizzato. Di quello ne sai più di me e sono sicuro che attirerà l’attenzione di tutti i presenti. Stai attento a non lasciarti sfuggire troppe informazioni. Siamo lì per prendere e non per dare! Daremo a tutti, ma dopo! Quando la nostra scuola e la nostra nazione avranno avuto il merito di essere riusciti nell’impresa…’ ‘Quale impresa? Forse…’ – David non terminò la frase per il nodo improvviso in gola. ‘Certo! La prima astronave! Se riusciremo a far funzionare quel motore al quale hai dedicato tanto tempo, sarà possibile navigare per lo spazio infinito. Forse troveremo altre civiltà e forse… chi sa?… Comunque saremo utili all’umanità intera. Tu potresti anche far parte dell’equipaggio… se ti basterà il coraggio…’
CAPITOLO II
DAVID
David aveva accettato di accompagnare Esse al Congresso Mondiale di Fisica, che si teneva annualmente in Europa: città scelta per quell’anno era Torino. Si aspettava di incontrare persone sempre serie e impegnate in discorsi zeppi di integrali, derivate, equazioni differenziali…, dei vecchi col viso rugoso, la fronte ampia e pronti a giudicare se il giovane che accompagnava l’esimio prof. Smith avesse i numeri per appartenere a quella elite. Si rese presto conto che i partecipanti al Congresso erano molto diversi da come se li aspettava. Tutti i congressisti erano ospitati nello stesso albergo, erano un centinaio di studiosi di età variabile fra i trenta e i settant’anni, molti dei più anziani erano arrivati accompagnati da un giovane allievo o, se non avevano trovato giovani e dotati studiosi da introdurre, si erano fatti accompagnare dalle rispettive consorti. Nella sala da pranzo i tavoli restarono separati solo il primo giorno, dal secondo i clienti chiesero di fare allegre tavolate. Il tavolo centrale della grande sala fu riservato alle coppie. Le mogli che avevano accompagnato alcuni anziani ricercatori fecero subito amicizia e progetti su come impiegare i pochi giorni che sarebbero rimaste in Italia, ben sapendo che i mariti avrebbero desiderato la loro presenza solo durante le ore dedicate al riposo o ai pasti. David sedette al tavolo loro riservato, il tavolo più in vista, – com’era dovuto alla celebrità di colui che accompagnava – e cercò di farsi più piccolo che poteva mentre continuava ad osservarsi intorno. Erano presenti due Premi Nobel che, essendo accompagnati dalle mogli, sedevano al tavolo più numeroso; poi c’era una quantità di insigni studiosi, l’elite della Fisica mondiale e molti giovani dei quali conosceva gli studi e i lavori più interessanti, che erano stati pubblicati sul Giornale di Fisica. Al tavolo vicino alla loro destra sedettero tre giovani cinesi, che restarono in quasi continua adorazione dell’illustre Prof. Chang, candidato al prossimo premio
Nobel per le ultime scoperte nel campo dell’antimateria. Chang e Smith si salutarono con un sorriso aperto accompagnato da un deciso inchino del capo e un più cordiale gesto della mano, mentre David e i giovani cinesi inchinavano la testa in segno di rispetto. Molti dei congressisti che arono vicino al loro tavolo si fermarono a salutare Smith o Chang o entrambi e la cosa non lo sorprendeva, mentre si stupì quando un giovane congressista americano si fermò vicino a lui, fece un rispettoso saluto a Smith, mentre si rivolse a lui, David, dicendogli: ‘Ho letto il tuo articolo sull’‘MM’ (Magnetic Motor) e mi ha molto interessato; vorrei parlarne con te quando hai tempo, se il prof. Smith lo permette…’ ‘David è libero e può parlare con chi vuole, desidero averlo vicino solo durante i lavori…’ – rispose Smith prevenendo il giovane discepolo – Quando avremo terminato il pranzo io mi riposerò un’ora o due, e voi due avrete tutto il tempo necessario’ – poi si rivolse a David, che ancora non aveva toccato il cibo, impegnato com’era ad osservarsi intorno e, forse, a sognare: ‘Mangia anche, mio giovane amico, perché i sacchi vuoti non si reggono in piedi… e la stessa osservazione vale per lei’ – finì licenziando l’altro. ‘Non giudicarmi male – disse ancora al giovane, appena rimasti soli, ma il tizio che ti vuole parlare non mi è rimasto simpatico: Chang lo ha guardato ben due volte, aspettandosi il saluto che l’altro gli ha negato. Avrebbe fatto a meno di salutare anche me se non avesse immaginato che ho qualche diritto su di te. Chang è un grande studioso, la Fisica gli deve molto; pure non è ricco né si dà arie: vedersi conosciuto e salutato con rispetto dai giovani fisici gli fa piacere, perché negare ad un vecchio scienziato quell’ammirazione e rispetto che merita? Questo tuo collega è poco sensibile per non dire disattento. Ha in testa qualcosa e pensa solo a se stesso. Stai attento alle proposte che ti farà, non dargli subito la tua fiducia. Anche fra noi si annidano dei furbi…’ – finì Smith pensoso. Il pranzo fu leggero e sostanzioso, tipico della cucina italiana e ogni portata unita a vini appropriati, scelti da bravi sommelier. Smith rifiutò il caffè finale, mentre accettò un bicchierino di grappa di una marca rinomata. Si alzò dicendo al giovane allievo: ‘Ho notato che ti stanno aspettando, io sarò nella hall alle 16. Alle 17 c’è il primo incontro e vorrei che tu fossi con me. Vai pure da lui e ricordati di stare
attento. Prima di decidere, eventualmente, rispondi che vuoi ascoltare anche il mio parere…’ Esse si diresse verso l’ascensore, mentre il giovane allievo raggiungeva il collega, che si presentò subito: ‘Ciao, io sono Marc!’ ‘Io sono David.’ ‘Ti conosco, riprese il primo pilotando l’ospite verso due poltrone in un angolo appartato – come ti ho già detto ho letto del tuo lavoro sull’MM’ – e ricordo sempre i nomi delle persone che valgono…’ David avvertì una brutta sensazione allo stomaco, il modo di blandire la vanità, che aveva usato Marc, non gli piaceva. Forse l’altro era stato poco attento o aveva scelto male le parole, non lo avrebbe giudicato per così poco, però decise che sarebbe stato sul chi vive, proprio come gli aveva detto ‘Esse’. ‘Beviamo insieme qualcosa, mentre parliamo? Un bicchiere di buon vino italiano o un whisky alla nostra maniera?’ – domandò Marc interrompendo le riflessioni dell’altro. ‘Non sono un gran bevitore – rispose David – ed ho un buon sapore in bocca che non desidero sciupare. Tu fai pure… – finì continuando ad osservare l’altro. Marc era un giovanotto che doveva essere prossimo ai quaranta; aveva spalle larghe e il collo taurino, più adatti ad uno sportivo che a uno studioso. Portava un grosso anello all’anulare destro e si dava un gran da fare per lasciar scivolare un vistoso cronometro d’oro oltre il polsino della camicia, quasi che aspettasse che David lo notasse. Indossava un abito costoso e ben modellato probabilmente opera di una buona sartoria, fece un cenno al cameriere e gli allungò dieci dollari dicendogli di tenersi il resto. Sembrava che fe di tutto per far notare che disponeva di buone finanze. Se avesse saputo che David era attratto dal denaro meno di quanto possa esserlo un astemio da un liquore, forse avrebbe agito diversamente. Fu un colloquio interessante, che permise a David di conoscere vari aspetti della
vita e delle tentazioni cui può andare soggetto uno scienziato. La chiacchierata con Marc aveva avuto tre momenti successivi: Durate il primo l’americano aveva cercato di affascinare l’altro. Aveva cercato di blandirlo dicendo che trovava molto interessante ‘quel fantastico motore’ teorizzato da David e azzardato l’ipotesi che quello studio avrebbe dato all’inventore tutta la fama meritata e che gli avrebbe aperto la strada per il Nobel del prossimo anno… Il secondo momento era stato quello che David –ricordandolo – avrebbe definito ‘momento della tentazione.’ Marc aveva sfruttato l’osservazione dello studioso circa la bellezza del cronometro d’oro al braccio dell’americano: ‘Ti piace?’ – aveva chiesto interessato ‘Molto bello! – aveva ammesso l’australiano – ma credo che sia troppo costoso per i miei mezzi.’ L’altro non si era fatto sfuggire l’occasione: ‘Se tu lavorassi con noi te ne potresti permettere uno più bello! I mezzi che ci sono stati messi a disposizione sono abbondanti e il nostro direttore desidera che tutti coloro che lavorano al nostro Centro di Ricerche Spaziali siano soddisfatti in ogni desiderio. Willson – il nostro direttore – dice che gli uomini per dare il meglio di sé devono essere felici e soddisfatti, non credi che abbia ragione?’ ‘Certo – aveva ammesso David – avere a disposizione molti mezzi facilita le cose e dà maggiori opportunità di sperimentare… Quando i mezzi sono limitati ad ogni esperimento che fallisce ci si sente quasi colpevoli per la perdita causata e questo demoralizza i ricercatori. Tu sai meglio di me che in Fisica ogni seria teoria è valida, ma necessita di essere suffragata dall’esperienza. Noi non possiamo permetterci di sperimentare troppo spesso… ogni tentativo fallito causa nuove tasse alla popolazione e, anziché aiutare il popolo finiremmo col danneggiarlo. Così, prima di fare un esperimento di convalida, riguardiamo la teoria più volte e questo causa gravi perdite di tempo. ‘Se penso che i nostri giovani ricercatori – pur non avendo le tue capacità – hanno ricchezze e onori. Provo un senso di pena per te. Perché non vieni a lavorare con noi? La scienza è
universale e i nostri stati sono in buoni rapporti: l’Australia godrebbe delle tue scoperte come se le avessi fatte là e ne godrebbe prima perché con noi non perderesti tempo.’ ‘Il mio sogno è vivere nella mia terra, dove desidero poter acquistare un bel terreno per costruirci sopra una comoda casa, dove ritirarmi a vivere con la famiglia che avrò un giorno. Non cerco la ricchezza e in quanto alla gloria…’essa non tradisce mai chi la merita’ – terminò ricordando una frase letta che lo aveva colpito. ‘Ogni convinzione è rispettabile – aveva insistito Marc – Ciò che desideri noi te lo offriamo da subito: ti daremo tutti i mezzi necessari per realizzare il tuo sogno e, se non hai ancora trovato la donna che cerchi, non avrai che da scegliere fra le ragazze, belle e colte, che ti presenteremo. Inoltre non avrai gloria solo dopo morto, ma sarai celebre subito, se i tuoi studi avranno successo.’ ‘Perché mi tenti? Io sono soltanto un allievo del Prof. Smith, lui è il capo!’ – osservò David. ‘Ma tu sei il genio! Tu il teorico e tuo è il merito! Perché vivere all’ombra di Smith, quando sei in grado di far vivere gli altri alla tua ombra? Vieni, noi ti offriamo il mondo!’ Era difficile sottrarsi alle tentazioni che gli venivano presentate, ma accettando non si sarebbe dovuto giudicare una prostituta? Vero che aveva molte scusanti, come quella di poter arrivare prima alla meta, o l’altra di fare il caposcuola e indirizzare le ricerche secondo i propri desideri, ma sarebbe sempre stato un ingrato che abbandonava patria e amicizie per soddisfare il proprio egoismo. Non desiderava, però offendere l’altro così cercò una risposta estrema: una richiesta che nessuno avrebbe potuto soddisfare; l’amico l’avrebbe giudicato strano, ma quella dell’essere ‘strani’ non era sempre stata una prerogativa degli scienziati? ‘Non mi basta il mondo – rispose – Io voglio l’eternità.’ Poi osservò l’altro che era rimasto senza parole e continuò: ‘Vedi, io sono credente; credo in un Dio eterno e che porterà nel suo regno tutte le persone buone di ogni tempo; non quelle importanti, ricche o famose, ma
quelle che hanno rispettato gli uomini e la terra. Non mi va di credere che una struttura fisica complessa come quella di un essere umano sia destinata ad una esistenza di poche decine di anni, mentre una stupida e invisibile particella – come può essere un protone – abbia una vita media di un milione di anni… Se fossi un protone accetterei la tua offerta, ma sono un uomo e voglio molto di più…’ Marc cambiò atteggiamento ed iniziò il terzo momento dell’attacco: ‘Noi ti offriamo tutto e subito, ma di ciò che è reale, troppe chimere non mi sembrano degne di uno scienziato. I Fisici studiano la materia, tu sei un fisico, non comportarti da prete!’ ‘Anche i preti sono uomini e certo più meritevoli dell’eternità di quanto non siamo noi…’ ‘Non posso seguirti su questa strada, è forse il tuo modo di rifiutare la mia offerta? ‘Solo la spiegazione del perché’ – finì laconico David. ‘Forse ci ripenserai… – non si arrese Marc – Nel frattempo cosa ne diresti di uscire dopo cena insieme? Torino è famosa per le belle donne che ci sono e per molte cose che offre…’ ‘Sono qui solo per il Congresso di Fisica!’ aveva chiuso David. Marc si era alzato e prima di allontanarsi aveva gettato un’ultima esca: ‘Occasioni come questa non ti capiteranno ogni giorno, se ci ripensi cercami!’ – poi si era allontanato per la sua via Più tardi David raccontava a Esse: ‘Ho avuto un’allettante offerta di lavoro…’ ‘Da parte dell’americano?’ – l’interruppe subito il vecchio ‘Già. Mi ha offerto gloria, ricchezza, importanza…’
‘E tu hai accettato?’ ‘Secondo te?’ ‘Se avessi accettato non saresti qui a raccontarmelo. Ciò che voglio sapere è quanto ti sei sentito tentato.’ ‘Un po’ tentato lo sono stato davvero, ma dopo ho pensato a noi, all’Australia, ai miei sogni… e ho rifiutato l’offerta.’ ‘Bene, sono contento che tu sia un idealista; troppi scienziati si rivelano solo avidi di gloria e denaro, io non ne voglio alla mia scuola. Ti chiedo perdono se ho voluto sincerarmi su te. Vuoi scusarmi?’ ‘Non ho niente da scusarti e questa tua prudenza ti fa soltanto onore, per come la penso io…’ ‘Grazie. Per quanto riguarda la conferenza di oggi…’ Esse cominciò a parlare, ma David non lo ascoltava più. Il suo pensiero era lontano, perduto sull’ultimo circuito che stava elaborando per completare quel motore magnetico ancora imperfetto, che era la sua creatura, e tutta la sua vita di studioso.
CAPITOLO III
LA PARTENZA
Erano rientrati in Australia appena terminati i lavori del Congresso Annuale di Fisica e mentre stavano volando verso Sidney, il Professore gli chiese: ‘Ti è piaciuto?’ ‘Non vedevo l’ora di rientrare per riprendere il mio lavoro dietro l’MM. – rispose David. Ho accettato di venire per ringraziarti dell’onore che mi facevi, ma con la speranza che avrei trovato qualcuno che ne sapesse più di noi e si lasciasse scappare qualcosa di utile. Mi è sembrato, invece, che non ci siano scuole più avanti della nostra sulle ricerche che ci interessano.’ ‘Già – convenne Smith – il magnetismo è quella parte delle fisica su cui sono state scritte più pagine, ma ancora siamo lontani dal conoscerlo bene… Dovrai riuscire col poco che sappiamo e, se ti servirà dell’altro dovrai scoprirlo da solo.’ ‘Difficile che io possa fare nuove scoperte, non sono Smith…’ ‘Grazie per la stima, ma io sono vecchio e rappresento il ato, tu sei giovane e rappresenti il futuro. Le nuove scoperte spettano a te, io non ho più gambe così valide per correre veloce come richiedono i tempi… Sai? Anche Chang mi ha confessato che molti studi che portano la sua firma in realtà sono merito dei suoi giovani allievi. Come me, sta lì a dare consigli frutto di esperienza, ma non teorizza più niente di nuovo. Ce la farai a far funzionare l’MM?’ – terminò Smith interessato. ‘Mi rimetterò subito al lavoro…’ – promise David. ‘Ed io ti darò tutto l’appoggio e gli aiuti che posso: assistenti, tecnici e cercherò di ottenere altri fondi… Forse ti sarebbe convenuto accettare la proposta avuta al
Congresso. ‘Non sono un ingrato, né un traditore! E gli altri non sono più avanti di noi… Ce la metteremo tutta, non è vero?’ ‘Sì’ – aveva assicurato ‘Esse’. La sera stessa del rientro David volle fare una eggiata fino al grande capanno sotto il quale si trovava l’MM. Si sentiva ancora stanco per il viaggio e i tanti fusi orari di differenza, ma ando davanti alla piccola porta che immetteva nel capannone, sentì un brivido per la schiena e lo struggimento di un innamorato: ‘Ci vediamo domattina!’ – sussurrò con il desiderio di un amante. Pensò di riprendere il cammino, ma pareva che i piedi avessero una volontà propria, volontà che li diresse alla piccola porta che aveva salutato pochi istanti prima. Anche le mani mostrarono una volontà in sintonia con quella dei piedi: la sinistra frugò in una tasca, poi ò una piccola chiave alla mano destra che aprì la serratura e spinse la porticina. David si diresse alla cameretta che aveva ricavato all’interno del capannone e sedette subito di fronte agli ultimi disegni che aveva fatto prima di partire per l’Europa. Accese alcune luci e sospirò come un’amante… L’MM era al centro della grande sala, poggiato sopra una serie di cavalletti che permettevano ai tecnici di lavorare anche nella sua parte inferiore. Un occhio profano sarebbe rimasto colpito dalla miriade di fili disposti attorno al grande anello esterno, mentre l’ampia parte centrale appariva compatta per tutta la superficie, leggermente convessa, che presentava come unica stranezza una serie di grosse barre, apparentemente di ferro, egualmente distanziate l’una dall’altra e disposte lungo tutta la circonferenza, avvolte in una o più serie di conduttori di elettricità, atti forse a trasformare le barre in potenti elettromagneti. Appeso in alto, a perpendicolo sul motore un largo cilindro destinato ad essere calato sull’MM e ad incorporarlo con precisi incastri, a lavori ultimati. Il grande cilindro sarebbe stata la casa degli eventuali astronauti… se il motore magnetico fosse divenuto una realtà. David osservò il tutto e scosse il capo in segno di impotenza:
‘Non volerà mai come ho sognato! – pensò – Pare che il campo magnetico terrestre non ammetta un campo contrario. Ho sognato e lavorato invano… tutto tempo perso! Se partiremo, dovremo innalzarci coi razzi tradizionali, pesanti ed ingombranti, che inoltre non potremmo portarci dietro per tutto il viaggio, per cui al nostro rientro come faremo ad atterrare di nuovo? Se rientreremo…’ Abbassò la testa sentendosi sconfitto e si apprestava a lasciare l’hangar, quando udì una voce alle proprie spalle: ‘Cosa c’è che non va?’ – domandò Esse, materializzatosi vicino a lui. ‘Non partiremo mai! Non esiste una forza antigravitazionale, sono necessari i razzi vettori per uscire dall’atmosfera, ma all’eventuale ritorno come faremo ad atterrare? Non possiamo portarci dietro altri razzi, sarebbero troppo ingombranti. Tutti quei circuiti che ho progettato e realizzato per avere tutti i campi magnetici possibili… Non posso sfruttare un campo opposto a quello terrestre, perché il veicolo sarebbe respinto nello spazio con un’accelerazione tale che, se non finiremmo arsi per l’attrito con l’atmosfera, verremmo sparati chi sa dove e quanto lontano Ho lavorato dietro un sogno irrealizzabile…’ ‘Non abbatterti – spronò Esse – Quello del rientro non è un problema. Al ritorno l’astronave parcheggerà fuori del campo magnetico terrestre e quello di farci rientrare sani sarà un problema che risolveranno da terra. Devi lavorare ancora per calcolare un campo di giusta intensità, da opporre a quello terrestre, affinché la repulsione non sia troppo energica. Forse basterà provare orientando i circuiti con varie angolature rispetto al campo terrestre. Quello che preoccupa me è il resto del viaggio: sei sicuro che a bordo avremo tutta l’energia necessaria e che l’apparato direzionale sia in grado di dirigere il veicolo come vogliamo?’ ‘Di questo sì – rispose David rincuorato – Se non avessi risolto neppure quel problema, allora cosa avrei fatto in questi lunghi anni di studio? Avrei fallito in tutto! ‘Se lo dici tu, ci credo, comunque mi piacerebbe fare una breve prova, prima della partenza definitiva – osservò il vecchio professore – Un breve viaggio di pochi giorni, all’interno del nostro sistema solare: uscita, viaggio e rientro con parcheggio del veicolo nello spazio esterno, in prossimità della vecchia stazione spaziale. Rientriamo a terra coi vettori consueti, poi torniamo a bordo per il viaggio definitivo. Cosa ne pensi?’
‘Per questo potremmo essere pronti in meno di un mese; c’è solo da provare ancora se l’arredamento interno delle varie sezioni è sufficiente per un lungo viaggio. Se faremo un viaggio di prova che duri almeno una settimana, avremo tutte le risposte.’ ‘Bene – finì Esse – allora prepariamoci a partire. Un mese hai detto?’ ‘Un mese!’ – ribadì l’allievo. ‘E l’equipaggio è completo?’ – s’informo ancora il professore. ‘Ho più richieste che posti disponibili. Inoltre le persone indispensabili sono da sempre entusiaste dell’idea. Puoi fissare il giorno della prova.’ ‘Domani ti farò sapere’ – assicurò Esse allontanandosi. Circa l’equipaggio e i eggeri dell’astronave c’erano state diverse prese di posizione; il Ministero della Ricerca, essendo il principale finanziatore, avrebbe voluto disporre completamente su a chi destinare i posti liberi; il Ministero della Guerra avrebbe desiderato inviare un gruppo di giovani efficienti ufficiali con uno scopo preciso ma non ben definito. Il professore Smith puntò i piedi e difese il suo allievo: ‘Senza le sue ricerche non ci sarebbe viaggio – disse – e senza di lui l’astronave non può partire: è l’unico a conoscere perfettamente il funzionamento dell’MM, quel motore speciale che ci permetterà di raggiungere velocità praticamente infinite negli spazi cosmici… quindi anche la scelta dei partecipanti deve essere lasciata al suo arbitrio. Così David poté scegliere viaggiatori di suo gradimento: giovani ricercatori, in tutto una ventina, esperti in varie discipline. Ebbe qualche dubbio sull’ammettere anche due ragazze: indubbiamente avevano tutti i numeri per far parte della spedizione – erano le migliori nei propri campi – ma in un equipaggio a stragrande maggioranza maschile, non sarebbero state un elemento destabilizzante? Qualcuno avrebbe potuto innamorarsi, e provocare gelosie… mentre David voleva essere sicuro che a bordo regnasse sempre una buona armonia. Non era forse per questo che aveva richiesta al Primate la disponibilità di un sacerdote? Aveva un equipaggio di credenti e qualche volta basta una parola giusta per rimettere in equilibrio un’anima tormentata da un improvviso dubbio. Così aveva deciso di chiedere un prete… e la chiesa lo aveva preso tanto
sul serio che addirittura da Roma gli avevano mandato la persona più adatta, giustificando: ‘Un prete cattolico è sempre un cristiano e Padre Giulio è persona di indubbia fede e capacità. Oltre che un buon teologo è anche uno psicologo e un apionato della ricerca scientifica…’ A bordo ci sarebbero stati anche un medico, un biologo e una decina di esperti in vari campi. David sapeva bene che avrebbe avuto la responsabilità del comando e non era preoccupato per le decisioni che avrebbe dovuto prendere decidendo rotte e velocità, ma non se la sentiva di gestire equipaggio e eggeri: era necessaria una persona di grande personalità e riconosciuta saggezza, in definitiva Esse avrebbe dovuto partire con loro. Il professore aveva opposto validi rifiuti: era vecchio, sarebbe stato d’impaccio in un ambiente di giovani, aveva i suoi acciacchi e necessitava di medicine; il viaggio forse sarebbe stato troppo lungo e lui avrebbe preferito spegnersi tranquillamente nella sua casa, anziché morire in qualche sperduta regione dello spazio… David riuscì a convincerlo a partecipare al viaggio di prova, promettendosi di tornare alla carica in seguito. Forse lo spazio avrebbe affascinato Esse ed il vecchio avrebbe accettato di far parte della spedizione vera. L’ultimo mese le squadre di ingegneri, tecnici e ricercatori che si occupavano dell’MM e dell’astronave non ebbero tempo di annoiarsi. Verificare i circuiti primari, verificare i circuiti secondari, provare i vari moduli dell’astronave; verificare connessioni, ingranaggi, tenuta d’aria; rifare i conti sugli approvvigionamenti necessari, verificare la funzionalità delle complesse apparecchiature di manovra, di propulsione e di controllo… Controllarono e ricontrollarono fino a conoscere a memoria le sequenze… E finalmente arrivò la vigilia della partenza. L’astronave sarebbe arrivata alla Stazione Spaziale Terrestre spinta dai razzi tradizionali; avrebbe attraccato per il tempo necessario a scaricare alcuni grossi pacchi destinati agli equipaggi della Stazione, poi sarebbe ripartita per il suo viaggio di prova, affidandosi alla propulsione dell’MM.: destinazione Nettuno – La possibilità di scalo su qualche pianeta era una eventualità che avrebbero deciso mentre erano in viaggio. Esse aveva ottenuto che alla partenza non fosse dato risalto e oltre agli addetti ai lavori, era presente solo il corrispondente di un giornale regionale.
‘Se ci saranno buone notizie da dare, le daremo dopo’ – aveva promesso Esse ai responsabili degli enti finanziatori e allo stesso Ministro della Ricerca. Tutti erano stati d’accordo che non era utile propagandare un eventuale insuccesso. Gli unici ad osservare il lungo sigaro che saliva, spinto dai potenti razzi, furono i tecnici addetti alla partenza. I eggeri si erano distesi sugli speciali letti, disposti a castello, per permettere al corpo di sopportare meglio la tremenda accelerazione provocata dall’accensione dei razzi e così erano rimasti, ciascuno preda dei propri pensieri che andavano dalla curiosità, alla paura, alla speranza, all’abbandono al volere di Dio… Dopo il lungo sibilo che aveva accompagnato l’astronave durante l’attraversamento dell’atmosfera terrestre, l’improvviso silenzio sorprese tutti, affascinandoli con un alone di mistero. Ma la voce metallica dell’altoparlante collegato al computer centrale comunicò: ‘Siamo usciti dal campo gravitazionale terrestre, inserita gravitazione artificiale, vita normale a bordo fino al momento dell’attracco alla stazione spaziale, buon viaggio’ Lasciarono i letti in cui erano ancora distesi e ognuno schiacciò lo speciale bottone che faceva iniziare la fase di riposizionamento dei giacigli. Grazie all’accurato lavoro di modulistica che era stato fatto a bordo del lungo sigaro, i letti si erano trasformati in piccoli tavoli con o senza sedia, mensole di varie forme o si erano semplicemente chiusi su se stessi, in modo da occupare il minimo ingombro. Fino a quando non fossero state consentite tutte le trasformazioni, l’astronave non avrebbe offerto che un solo modulo abitabile e comune a tutti: equipaggio e eggeri. In pratica la sezione abitabile non era altro che l’interno di un lungo cilindro, mentre una piccola sezione di questo, separata dalla parte restante, era occupata dai meccanismi manuali che permettevano di pilotare l’astronave e regolare le prestazioni dell’MM. Esse aveva invitato gli altri a sedersi per gustare le immagini dello spazio circostante che venivano proiettate sul largo schermo appeso alla parete di fondo
del cilindro. Le potenti telecamere piazzate sulla prua del veicolo proiettavano nello schermo ciò che vedevano davanti, o alla loro destra e sinistra. Lo schermo era diviso in tre zone e ciascuna riceveva un’immagine, in modo da dare agli spettatori una visione esterna più completa possibile. Esse e David si erano recati nella cabina di pilotaggio per verificare che tutta la strumentazione funzionasse bene e, sollevati, avevano raggiunto gli altri nella capiente sala comune. Avevano visto la terra allontanarsi, rimpiccolire e scomparire dietro un alone luminoso, mentre il cielo appariva nero e costellato di stelle splendenti. Osservavano lo spettacolo offerto dalle telecamere senza particolare curiosità, poiché questo era un breve viaggio, di prova, e stavano percorrendo solo i primi chilometri. Certo dopo l’attracco e l’assetto definitivo dell’astronave, quando avessero cominciato a percorrere la rotta verso Nettuno, attraverso il vasto spazio del sistema solare, a quel punto avrebbero avuto cose più interessanti da notare. Erano ancora immersi in queste riflessioni quando l’altoparlante gracchiò: ‘prepararsi alle manovre di attracco; le persone non direttamente interessate sono pregate di restare sedute.’ L’astronave si agganciò alla stazione spaziale con un piccolo urto che la fece vibrare e rimase immobile mentre Esse e David si trasferivano a bordo per il portello di comunicazione che era stato aperto dall’interno della stazione fissa. L’equipaggio della stazione era composto di tre persone che salutarono cordialmente i visitatori prima di dedicarsi al trasferimento dei vari pacchi spediti loro dalla Terra. Pranzarono a bordo del veicolo appena giunto, insieme a tutti gli altri e si mostrarono contenti di poter parlare con tante persone. Vollero essere aggiornati su quanto era accaduto sul pianeta nei sei mesi della loro assenza e si mostrarono curiosi e interessati; ammisero che non vedevano l’ora di tornare sulla ‘vecchia, cara Terra’ e infine fecero domande sul viaggio che avrebbero fatto gli altri. David spiegò che si trattava di un viaggio di prova, per provare il nuovo motore e che, prima di lasciarli avrebbero assunto l’aspetto definitivo, aumentando gli spazi a bordo del veicolo. ‘Assumeremo una forma più goffa, ma non essendoci attrito, l’astronave non soffrirà perdite di potenza o velocità, solo che a bordo ci saranno spazi sufficienti e vivibili per tutti… insomma maggior comfort.’
Poi invitò a trasferirsi sulla stazione per osservare meglio le trasformazioni che sarebbero seguite e il nuovo aspetto del veicolo. Dal grosso cilindro iniziale si sfilarono nuovi cilindri che andarono a collocarsi intorno al primo. Alcuni si aprirono e cambiarono forma… Sembrava che il veicolo iniziale stesse scindendosi nei pezzi componenti, invece alla fine l’astronave aveva assunto un aspetto un po’ tozzo, ma i componenti sembravano ben assemblati ed uniti. I tecnici addetti alle verifiche fecero un accurato sopralluogo e tornarono soddisfatti. Il capo riassunse: ‘Hanno lavorato davvero bene; abbiamo una casa con ogni comfort, anche se dovessimo restare a bordo un anno… c’è tutto quello che serve per lavorare e trascorrere il tempo senza annoiarsi…’ Qualche ora dopo la trasformazione, l’altoparlante a bordo comunicò: ‘Pannelli carichi: disponiamo di energia sufficiente; possibilità di partire.’ Tutti gli interessati si ritrasferirono a bordo del veicolo, dopo un ultimo abbraccio coi colleghi della stazione orbitale. Esse seguì David nel modulo di comando mentre gli altri si disperdevano per impratichirsi di quella che sarebbe stata la loro abitazione durante le prossime settimane o mesi. La guida che ciascuno aveva in mano permetteva di conoscere ogni singolo anfratto, suppellettile e come trasformare o riporre i vari oggetti. ‘La rotta è programmata ed il computer di comando sembra affidabile – disse David – Lei può restare o andare a sedersi davanti a qualche oblò, come preferisce. Io resterò qui per qualche minuto. Ormai siamo nelle mani di Dio… e dei calcoli che abbiamo fatto a terra. ‘Dovremo partire coi razzi o possiamo usare l’MM da subito?’ – s’informò. ‘Partiremo coi razzi, diretti verso la luna: il campo magnetico è debole, ma sufficiente a far partire l’MM. Una volta che lo avremo inserito potremo andare veloci quanto ci pare, ma per ora sarà molto se riusciremo a stabilirci sui 50 mila chilometri…’ – precisò David, prima di inserire il pilota automatico. L’accelerazione continuò per qualche minuto, poi la velocità si stabilizzò e solo grazie alle rilevazioni fatte dagli strumenti con punti fissi e ai loro calcoli potevano sapere destinazione velocità, tempi e spazio percorso.
Dopo le tante ore trascorse ad osservare il cielo col telescopio la maggior parte delle persone che facevano parte della spedizione non restò ad osservare dagli oblò che per i primi minuti dal distacco dalla stazione. Solo alcuni meno abituati a studiare gli spazi interplanetari restarono fermi ad osservare, ammirati e stupiti da quanto vedevano. Padre Giulio era uno di questi ammiratori ed in cuor suo inneggiava al Signore pensando alla Sua grandezza. Raggiunsero l’orbita lunare prima della fine di quel giorno; Esse raggiunse David nel modulo di comando: ‘Adesso sapremo!’ – disse brevemente. ‘Faremo un grande balzo di velocità’ – assicurò l’allievo. L’MM produsse un capo magnetico simile a quello del pianeta della Terra e si preparò a sfruttare la grande spinta repulsiva. Il computer centrale fece gracchiare l’altoparlante: ‘Rotta Nettuno! Prossima accelerazione campo magnetico di Marte. Esattamente fra 23, 3 giorni terrestri.’ La velocità del veicolo balzò in pochi secondi fino ad oltreare i 100 mila chilometri orari e, grazie al vuoto e alle momentanee variazioni dei parametri interni comandate dal computer centrale – quello che i progettisti avevano familiarmente denominato ‘Bh’(Big Head = Capoccione) – nessuno si rese conto dell’improvviso balzo. Quando Esse ebbe udito la comunicazione di BH pensò di dare istruzioni all’equipaggio: ‘Abbiamo 23 giorni da trascorrere in pace. Ciascuno è libero di fare quello che preferisce. Suggerisco di inventarci dei atempi divertenti perché troppa inoperosità finirebbe col deprimerci. Ricordatevi anche di dormire, cioè viviamo con gli stessi ritmi che avevamo sulla Terra. Chi desidera studiare un orario da proporre?’ La proposta era stata accolta e un’ora dopo veniva appeso un cartello nello spazio riservato agli avvisi: Colazione ore 08 – pranzo ore 12, 30 – cena ore 20 – Sveglia ore 07 -; 08 – 12: lavori personali; 14 – 16: riposo – 16 – 20 e 21 – 24 comunità. Spiegato brevemente, il cartello proponeva di lasciare la mattinata libera per le preferenze o i lavori del soggetto, il pomeriggio e il dopocena dediti a giochi o
chiacchierate. Naturalmente due partecipanti che avessero deciso di usare diversamente il tempo lasciato ai lavori personali erano liberissimi di farlo; gli orari erano tassativi soltanto per i pasti in comune, e questo per una necessità facilmente comprensibile. Non appena il veicolo ebbe aumentato decisamente di velocità, tutto l’equipaggio si era seduto agli oblò per vedere cosa cambiava viaggiando ad una velocità così elevata, ma poco dopo tutti si erano alzati delusi: senza punti di riferimento abbastanza prossimi e in totale assenza di rumore, non era cambiato niente, sembrava ancora che il veicolo fosse fermo o che corresse in un lungo budello nero senza ostacoli e a velocità costante. Nettuno distava circa 4, 5 miliardi di chilometri e anche procedendo ad una velocità di 100 mila chilometri orari, sarebbero state necessarie 45 mila ore, ossia 1875 giorni, cioè oltre 5 anni. Il facile conteggio, che ciascuno aveva fatto per proprio conto, sulle prime li aveva buttati giù di morale, poi qualcuno si era ricordato la promessa di David che avrebbero aumentato molto in velocità, non appena raggiunto il campo magnetico di Marte. Purtroppo anche se avessero raddoppiato la velocità, sarebbero stati sempre necessari oltre tre anni e… tre anni all’andata, altrettanti al ritorno, le necessarie soste… forse non sarebbero tornati sull’amata Terra prima di dieci anni: si sarebbero sentiti ancora a casa? E si sarebbero inseriti di nuovo oppure nessuno li avrebbe più ricordati? E quanto sarebbe stato lungo quel viaggio cui si stavano preparando? Qualcuno pensò di chiedere ad Esse: ‘Oltre tre anni? – rise il professore – il periodo più lungo è questo viaggio fino a Marte, dopo credo che ci muoveremo ad una velocità così elevata da fare gli altri miliardi di chilometri in poche ore.’ ‘Poche ore?’ – si era quasi spaventato l’interlocutore. ‘Non so a quale velocità precisa ci muoveremo, comunque di sicuro sarà prossima a quella della luce, che nel nostro sistema è velocità limite, ma non necessariamente in altre galassie. Lo sapremo nel corso del viaggio vero, questa è solo una prova… ricordiamocelo’ – terminò lo scienziato. Poco dopo Esse si recò a trovare David, che non riusciva ad abbandonare il modulo di comando, tanta era l’ansia che qualcosa non funzionasse per il verso giusto.
‘Stai sempre qui?’ – chiese al giovane – Di cosa hai paura? Sembra che tutto proceda bene e tu devi rilassarti o finirai matto. Vieni a fare una eggiata con me’ ‘Non posso lasciare questo posto: è più forte di me! Devo controllare continuamente i vari strumenti e tenere d’occhio tutti i circuiti…’ ‘Funziona tutto alla perfezione! – assicurò ancora il vecchio – Sono preoccupato per te e, poiché non desidero avere un comandante stressato, ti comando di seguirmi. Tornerai qui dopo, quando ti sarai rilassato e ti vieterò di restare chiuso qui dentro per più di un’ora alla volta.’ Il tono di Esse non ammetteva rifiuti, ed essendo lui il capo della spedizione, David dovette accettare di seguirlo. Fecero una lunga eggiata percorrendo avanti e indietro i lunghi corridoi dei quattro ponti, sui quali erano dislocate le camere dei membri dell’equipaggio, le varie sale comuni, i depositi… e si fermarono ad osservare da una piccola porta il locale che conteneva l’ingombrante MM, silenzioso, potente gigante. Quindi il professore invitò l’amico a seguirlo nella propria camera, gli mise in mano un bicchiere e l’invitò a scegliersi la bibita. Sedettero su due comode poltrone l’uno di fronte all’altro e appoggiarono i bicchieri sul piccolo tavolo fra loro: ‘Voglio che tu mi racconti brevemente come sei arrivato all’MM.’ – chiese Esse ‘Sono stato fortunato…’ – rispose David. ‘Questo lo so, ma voglio la storia, semplice e scarnita dai vari calcoli, una novellina per il nonno…’ ‘Fin da quando ero studente – iniziò il giovane – mi sono sempre chiesto se non fosse stato possibile progettare una macchina che generasse un campo magnetico opposto a quello terrestre e ho cercato di sperimentare usando cariche elettriche in movimento. Lei sa meglio di me che una carica elettrica che si muove genera un campo magnetico, quindi qualsiasi spira elettrica elementare genera un campo. Ogni corrente elettrica deriva dalla somma dei flussi di due tipi di cariche: cariche negative, elettroni, che si muovono in un senso e cariche positive, lacune, che si muovono in senso opposto, ma sempre dentro lo stesso
conduttore. Quando, dopo molti studi, ricerche, tentativi e delusioni, sono finalmente riuscito a drogare nel modo giusto un particolare materiale, mi è stato possibile separare i due flussi di cariche e generare due campi magnetici particolari. A questo punto ho azzardato l’ipotesi che se il campo generato da un tipo di corrente andava a sommarsi a quello terrestre, il campo generato da una corrente fatta da cariche opposte dovesse essere contrario. Avutane conferma… è stata solo questione di disporre spazialmente nel modo giusto i vari circuiti. Un colpo di fortuna per un’idea comune…’ – finì di raccontare. ‘Sì – convenne il professore – l’idea iniziale è piuttosto comune, ma il modo che hai inventato per drogare il materiale conduttore, quello è stato davvero geniale, anche se di preciso non so come sei riuscito.’ ‘Se vuole, l’annoierò raccontandole dei cristalli che uso…’ ‘No, nessuno sa e nemmeno io voglio sapere. Non raccontarlo a nessuno! Se vuoi puoi descriverlo e depositare la busta nella cassaforte del Centro Ricerche… caso mai tu scomparissi, l’Australia potrebbe continuare i tuoi studi…’ ‘Farò così, il mio paese merita una bella eredità. Mi ha dato tanto…’ ‘Spero di averti distratto un po’ dai tuoi pensieri – disse Esse licenziandolo – e dopo la cena cosa hai intenzione di fare? Io non sono un granché, ma con gli scacchi me la cavo ancora, se ne hai voglia…’ ‘Non stasera, perché ho in programma una chiacchierata con Padre Giulio, ma durante questa settimana cercherò di batterla più volte.’ ‘Bene! Abbiamo trovato un atempo intelligente. Degno di noi due… facciamo i modesti con gli altri, ma fra noi non raccontiamoci bugie! .’ – terminò Esse. Quella chiacchierata gli ci voleva proprio e, adesso che era stato tranquillizzato sulla funzionalità dei vari circuiti e dopo che Esse l’aveva invitato a fidarsi di BH, ‘razionale quanto te, ma privo di ansie’ – come si era espresso il vecchio – poteva permettersi di dedicare parte del suo tempo all’altra ricerca che lo
apionava: quella sull’eternità, che riguardava la vita oltre quella terrena, la creazione e il suo fine, Dio, Cristo e tutta la religione. Essendoci un valido prete a bordo, cosa meglio di qualche chiacchierata con lui? Presa la decisione, David continuò a girare per le varie sale, finché non vide il Padre. Padre Giulio non era una persona curiosa, detestava la curiosità come fine a se stessa ed essere a conoscenza di pettegolezzi e dicerie solo per poter fare dei discorsi atti a suscitare un morboso interesse in soggetti che lui definiva ‘superficiali’, non amando usare termini più duri; aveva notato la serietà di David, la competenza con cui svolgeva i suoi compiti, la stima che gli dimostrava l’illustre Prof. Smith – che aveva invitato tutti a chiamarlo semplicemente ‘Esse’, come facevano da anni i suoi studenti – e quando il giovane gli si era avvicinato dicendogli: ‘Padre, se lei è disponibile vorrei diminuire la mia ignoranza…’ – gli era venuto da ridere, ma aveva risposto: ‘Figliolo io conosco il tuo valore, non credo di poterti insegnare altre cose, forse ti converrebbe parlare con Esse.’ ‘Non le farò domande sulla scienza, forse di Fisica e Matematica ne so davvero più di lei, ma di etica, dei problemi dell’uomo, dei progetti di Dio… non ne so quasi niente; le chiedo di imparare un po’ di sapienza, di quella sapienza di cui è scritto quando la sapienza entrerà nel tuo cuore e la sua conoscenza sarà la delizia dell’anima tua, allora la prudenza veglierà su di te e ti farà da guardia la discrezione.’ All’udire quei versi, che ben conosceva, il Padre provò un tuffo al cuore e rispose felice: ‘Se è di quella sapienza che desideri parlare, vieni da me quando vuoi. La cercheremo insieme, perché anch’io continuo a cercarla.’ Poi aveva aggiunto: ‘Non credevo che uno scienziato impegnato come te trovasse anche il tempo da dedicare a certe letture, mi hai piacevolmente sorpreso.’ ‘Spero solo di non farle perdere troppo tempo, perché so anch’io che certe ricerche si fanno meglio in solitudine.’ ‘Abbiamo tutto il tempo che vogliamo ed un silenzio invidiabile intorno; tu sei
una persona di rara intelligenza e sento che sai apprezzare la solitudine, forse riusciremo a progredire entrambi. Puoi venire da me quando non sei occupato, mi troverai quasi sempre nella mia cameretta.’ Qualche ora più tardi David aveva bussato alla porta ed il prete aveva subito aperto, quasi che lo stesse aspettando: ‘Buona sera – disse il giovane, poi sorrise e aggiunse: Qui è sempre sera…’ ‘O sempre mattino – osservò il Padre che spiegò:’preferisco considerare che sia mattino perché la sera dà il senso di qualcosa che finisce, mentre il mattino è sempre carico di speranza.’ ‘Saggia riflessione.’ – ammirò il visitatore. Sedettero su due piccole morbide poltrone che, insieme ad un tavolo ed al letto, costituivano tutto l’arredamento della camera. ‘Per fare insieme la ricerca che desideriamo, dobbiamo conoscerci un po’ meglio – osservò Padre Giulio, assumendo la direzione – vuoi parlarmi un poco di te e dei tuoi problemi?’ ‘Sono un diretto discendente degli antichi Maori, primi abitanti del mio paese… David continuò parlando brevemente dei suoi genitori, gli studi, i pochi amici che aveva, l’amore per la scienza e l’attaccamento ad Esse. ‘Quanti anni hai?’ – l’interruppe il prete. ‘Trenta.’ ‘Non hai nominato neppure una ragazza, non hai una fidanzata?’ David si mosse manifestando un minimo disagio e rispose sincero: ‘L’unico grande amore della mia vita è stata la scienza! Ancora ‘non conosco donna’ – tanto per usare un linguaggio biblico – eppure ho un grandissimo desiderio di amare. Ci sogno dietro fino ad eccitarmi e sono costretto a cambiare
corso ai pensieri. Questo dell’amore credo che sia uno dei miei problemi di vita. Forse la sapienza potrà darmi un aiuto?’ ‘La sapienza ti dirà come deve essere una ragazza degna di essere amata e ti darà i criteri giusti per riconoscerla. ‘E per giudicare…’ – finì l’attento ascoltatore. ‘Mai per giudicare! Il nostro giudizio è sempre parziale e più o meno errato. Invece che giudicare ei il termine comprendere. Comprendere per capire se quella è o non è la persona adatta a te. Infatti, poiché le varie persone hanno esigenze diverse, una ragazza non adatta a te, può essere la perfetta compagna di un altro. ‘Compagna nel senso cristiano del problema, cioè sposa e madre, se questa è anche la tua convinzione. Forse sarebbe bene che tu mi dicessi cosa è l’amore per te, cosa rappresenta e cosa te ne aspetti, affinché non rischiamo di parlare di cose diverse…’ Come s’apre paratia alla diga e l’acqua non finisce di fluire, così David si riempì i polmoni e disse le parole come un canto: L’amore… – sospirò – L’amore è il tutto! È la forza creatrice della vita, è l’afflato in armonia fra due esseri, è la resina speciale che tiene insieme una coppia di innamorati…è la stessa potenza e generosità di Dio. L’unico atto in cui deità e umanità si sfiorano non è forse nel ‘Sì’ di Maria? Lo Spirito Santo ‘estese la Sua ombra ‘su Maria ed Ella ci donò Gesù: uomo e Dio coesistettero nel grembo di Colei da sempre preparata ad esser Madre…’David si fermò e umilmente e confessò: ‘Ma Lei sa tutte queste cose meglio di me.’ ‘Continua – l’invitò don Giulio e smetti di rubarmi il mestiere, sii più umano.’ ‘L’amore… come lo intendo io… – riprese David – Per amore un uomo che ama la propria patria diventa un guerriero che non esita a donare la vita per essa. Per amore uno scienziato lascia il mondo e vive dedicando alla scienza ogni sua forza… per amore un artista sta mesi rinchiuso in una stanza seguendo il fuoco che lo spinge a dipingere, scolpire, scrivere… fino a vedere realizzata l’opera che ama, pur nel dubbio di non essere compreso o che la sua stessa creatura venga disprezzata…. L’amore è l’unica forza che spinge a fare cose grandi – sia nella scienza che nell’arte o nella carità – … l’amore è tutto! E la ione che
lega una coppia – che porta ad avere figli e dare nuove creature a Dio – non è forse il fine più nobile, alto, elevato…che può perseguire l’uomo? Io giungo a credere che l’amore sia la stessa Essenza di Dio! – ma di questo lei ne sa più di me…’ terminò David.
‘Tu sei un innamorato dell’amore!’ – commentò don Giulio ammirato dalla profondità dei sentimenti del giovane. ‘E non sei fidanzato… Sei ancora vergine?’ – domandò fra il sorpreso e l’incredulo. ‘Sì’ –ammise David – Desidero appartenere alla sola donna che amerò.’ ‘Questa tua decisione ti permetterà di godere di una lunga vita e ti lascerà forze e tempo da dedicare ai tuoi studi. Mi ero sempre meravigliato che uno così giovane avesse potuto già raggiungere i traguardi cui sei arrivato, ma adesso capisco… e ti apprezzo più di prima, se questo è possibile, perché so quanto è difficile resistere alla tentazione della carne.’ ‘Non mi è stato particolarmente difficile – si sminuì il giovane – date le mie convinzioni. Vede io mi sento attratto solo da una donna disposta ad amarmi e della quale sono innamorato. Le altre mi attirano sessualmente quanto una bistecca cruda appesa in una macelleria. Inoltre avevo già un’amante… la Scienza cui mi dedico.’ Un cattivo dubbio insistente tormentava l’animo di don Giulio: forse quel giovane appariva tanto puro perché la natura era stata matrigna con lui? Cercò di scacciare il dubbio, poi decise che valeva la pena di rischiare, per sapere se aveva davvero trovato una rara perla e se questa non era falsa. Così si fece coraggio, assunse un’espressione disagiata, come chi si appresta a fare una domanda che avrebbe voluto evitare, e domandò scegliendo la forma meno atta a ferire: ‘Sei un maschio completo, non è vero? Scusami se te lo chiedo, ma non desidero dubbi tra noi, se vogliamo fare insieme quella ricerca che ci siamo prefissi.’ ‘Non sono un impotente, solo un casto convinto. Trovo le donne attraenti, ma credo nell’Amore con la ‘A’ maiuscola. Inoltre, aggiungo per completare che,
secondo me, non esistono uomini belli. La bellezza è un attributo femminile, così come la forza è attributo maschile: la forza è per i guerrieri, la bellezza per la vita… e questa la portano le donne!’ – terminò. ‘Sei un uomo fortunato, secoli di abbrutimento morale non hanno inquinato le tue convinzioni che sembrano primordiali: così infatti credo che siano state nella stessa mente del Creatore quando dava vita all’uomo, prima che il nemico e l’entropia deteriorassero materia ed idee. Sono davvero lieto che tu mi abbia scelto per le tue confidenze, parleremo quando vuoi e non avere timore di svegliarmi Qui è un unico giorno ed è sempre mattino, ricordi?’ ‘Ricordo – rispose David alzandosi per uscire – e grazie. Stia tranquillo che tornerò da lei ogni volta che avrò un problema che mi agita. Si lasciarono con un sorriso pieno dal quale trasparivano l’affetto padre – figlio e l’ammirazione discepolo – maestro.
CAPITOLO IV
IL PROF. ‘ESSE’
Quel silenzio che sconvolge gli empi, obbligandoli a scrutarsi dentro e gratifica i santi dell’aiuto necessario a indagar l’Eterno, aveva avvolto da giorni l’astronave suscitando in tutti una grande emozione iniziale; poi si erano abituati e dopo qualche giorno erano in molti ad avere nostalgia dei rumori. Esse amava quel silenzio. Mentre David aveva trovato il modo di are il tempo con lunghe chiacchierate con Padre Giulio, sviscerando l’animo umano e facendosi insegnare un esatto ‘timor Dei’, il celebre Prof Smith, nel momento stesso in cui la Terra era scomparsa dalla loro vista, aveva provato una strana sensazione … come se all’improvviso fosse venuto a mancargli qualcosa di vitale, amico e nemico insieme, eppure necessario alla sua vita ma, appena si era concentrato sul silenzio che li avvolgeva, aveva cominciato a gustarlo. Sdraiato sul letto o seduto sulla comoda poltrona di cui era dotata la sua cameretta, il professore poteva restare immobile come morto per delle ore ascoltando soltanto quel silenzio, che la sua fervida immaginazione riempiva delle musiche più eccelse, quando non era occupato ad analizzare la propria vita: ‘Sono vecchio – si diceva – e potrei anche non rivedere la Terra; non voglio sprecare il tempo e desidero mettermi in pace con quel Dio che, forse, incontrerò presto. Farò un buon esame di coscienza e poi mi confesserò da Padre Giulio. ‘ – decise durante uno dei suoi riposi solitari. Partì a ricordare da lontano, dal povero villaggio in cui era nato, figlio di un onesto portalettere e di una dolce casalinga.
Non aveva avuto un’infanzia felice – pensò subito – ma non aveva colpa in questo anzi, nessuno aveva colpe perché la sua infelicità era causata dall’impossibilità di fare amicizia coi coetanei. Non riusciva a parlare con loro, raccontavano sempre cose noiose, superficiali per non dire stupide; gli piaceva stare ad ascoltare i giovani con tre o quattro anni più di lui, ma questi lo
rifiutavano perché era troppo piccolo. Non potendo legare coi coetanei – troppo immaturi! – ed essendo rifiutato dai compagni che si sarebbe scelto, non gli erano rimasti altri alleati che i libri, la fantasia e il silenzio della sua cameretta. Se non aveva potuto amare i bambini coi quali era venuto a contatto, non li aveva neppure odiati e in seguito, da studioso affermato, aveva riflettuto che doveva proprio al loro rifiuto se era riuscito ad amare i libri, lo studio e ad apionarsi alla conoscenza. Pensava ad essi con gratitudine… qui non c’erano peccati da confessare. Quanto ai suoi genitori li aveva amati da buon figlio ed era sempre stato grato dell’amore che entrambi avevano continuato a riversare su di lui. Anno dopo anno, qualche volta si era ribellato ed aveva fatto scelte contrarie ai loro desideri, ma questo faceva parte del crescere, non aveva disubbidito per odio, ma credendosi nel giusto… Anche qui non trovò di che condannarsi – Durante gli anni di liceo e di università… beh! Lì ne erano successe tante che, onestamente, non poteva ricordarle tutte. Però era certo di aver rispettato le leggi dello stato, inoltre era stato un bravo studente – e quindi aveva fatto il proprio dovere -; se, crescendo, gli era capitato di desiderare troppo intensamente una ragazza, o di essere un poco spregiudicato per farsi ammirare dagli amici, o di partecipare a qualche piccola avventura, non sempre edificante, insieme agli altri … questo pure faceva parte della vita e del crescere… No, neppure qui c’erano gravi colpe da confessare. Al tempo degli amori e dei corteggiamenti era stato subito fortunato: aveva conosciuto Annie che aveva contraccambiato i suoi sentimenti, gli era stata fedele e vicina, lo aveva incoraggiato e diretto, si era presa cura di lui aiutandolo a superare ogni crisi. Gli aveva dato il calore necessario e quando aveva deciso di donargli il suo corpo, lo aveva fatto nel momento più brutto della sua vita… Aveva perduto entrambi i genitori in un incidente e temeva di dover rinunciare a finire gli studi per mancanza di mezzi. Era proprio giù di morale ed Annie, che era stata sempre restia ad abbandonarsi completamente, quella sera lo aveva raggiunto ed era rimasta a dormire con lui. Avevano parlato a lungo, poi avevano fatto all’amore e lei era stata grande: prima maestra, poi madre, quindi amante… ed era riuscita a dargli fiducia in sé stesso, tanta da bastargli per trovare le vie giuste e poter continuare gli studi. Prima del matrimonio gli si era concessa solo quella volta, lo aveva fatto con quell’amore che è anche carità –certo lei non aveva peccato – e lui, che aveva
accettato perché aveva bisogno di sentirsi amato e di amare di più, con responsabilità di adulto… aveva peccato? Continuò a chiederselo per quasi un’ora cercando scuse e accuse, infine decise che nessun Dio lo avrebbe di certo condannato per questo atto; però lui, proprio per rispetto di quel Dio in cui credeva, avrebbe obbedito alla Sua legge e, per umiltà, avrebbe raccontato il fatto al confessore, rimettendosi al parere di quello. Da quando era entrato nel mondo del lavoro non si trovava colpe. Né colpe né meriti per la verità, perché la sua vita era stata facile e piana, diretta da due maestre affascinanti, amorevoli e tiranne insieme: la prima aveva nome Annie e la seconda Scienza. Nel fare carriera non aveva dato colpi bassi a nessuno, né usato mezzi scorretti: aveva vinto semplicemente perché i giudici lo avevano ritenuto migliore degli altri. Da quando aveva cominciato ad essere importante e a comandare, non aveva chiesto privilegi; aveva continuato a lavorare anche dieci ore al giorno, stando gomito a gomito con gli altri del gruppo che dirigeva; aveva continuato ad insegnare con ione e a giudicare onestamente gli allievi.’ Onestamente’? – si chiese – Non era forse vero che qualche volta aveva influenzato alcuni degli studenti migliori cercando di accaparrarseli? Riconobbe di averlo fatto, ma non era forse vero che uno di questi studenti adesso si trovava al comando dell’astronave? E questo significava che lui, Esse, aveva agito da disonesto, pensando solo a se stesso, oppure che era stato un buon giudice che aveva agito in favore della conoscenza ed aiutato un giovane dotato a scegliere per il meglio?. Si assolse con decisione: nessuno avrebbe potuto dire ‘disonesto’ al prof. Smith, neppure quel nemico che si era intrufolato dentro di lui e che cercava di renderlo insicuro. Cos’altro c’era da esaminare? “Solo il ‘non fatto’’ – si rispose accigliandosi. Già perché per giudicare quanto si è fatto basta ricordarlo, ma come ricordare ciò che non si è fatto? Chi sa quante volte siamo ati vicini ad uno disperato che avremmo potuto aiutare o addirittura salvare con un gesto, una parola, un poco di calore umano, mentre non ci siamo neppure accorti che esisteva, presi, nel nostro egoismo, dal solo tornaconto. ‘Chi sa quanto potrà pesare il ‘non fatto’?’ – si domandò. Continuando ad
esaminare pensò: ‘Il non fatto deve essere costituito da cose piccole e insignificanti, perché cose grosse le avrei notate e sarei, onestamente, intervenuto, quindi deve trattarsi di cose piccole. Ora quanto potranno pesare tutte queste cose piccole? Certo meno di una grande! – si rispose. Ma non aveva terminato il pensiero che gli tornò in mente un episodio dell’infanzia… Per recintare un’aiola vicino alla casa ci volevano delle pietre; suo padre aveva preso un grosso cesto e si era recato al vicino ruscello con lui: ‘Ci vogliono due sassi grossi e molti piccoli per recingere tutto il contorno. Scegline due grossi e torna a casa.’ ‘Tu sei più forte, perché non prendi tu i grossi e lasci i piccoli a me?’ – aveva ribattuto. Per tutta risposta suo padre aveva riso, poi aveva scelto le due pietre necessarie e gli aveva lasciato il cesto avvertendolo: ‘Riempilo fino a metà con pietre piccole e lisce’ – e se n’era andato. Esse aveva riempito il cesto fino a metà, ma quando era andato a sollevarlo non c’era riuscito e aveva dovuto togliere pietre e pietre, tante che ne aveva riportate una quantità insufficiente e suo padre era stato costretto a tornare al ruscello. Non gli aveva detto niente, lo aveva solo guardato in modo interrogativo, ma da quel giorno Esse aveva compreso il potere del numero. Non se la sentiva di assolversi dalle omissioni, peccati subdoli come un microbo, – che può uccidere un elefante! –, ma chi fa caso ad un microbo? Così come non facciamo caso alle cose ‘non fatte’, piccole pietre che riempiono cesti … cesti pesantissimi… ‘Sì di questo mi accò’ – concluse Esse. Poi, sereno, tornò ad immaginare la musica dolcissima del silenzio.
CAPITOLO V
La vita a bordo si svolgeva in un modo quasi monotono. Persone colte e bene educate, anche se costrette a vivere in uno spazio ristretto, si sanno organizzare in modo non solo da non disturbarsi, ma di essere di reciproco aiuto. Se stare agli oblò non attirava più nessuno, se non quando BH segnalava l’attraversamento di qualche sciame di meteoriti, sempre prontamente deviati dai potenti laser situati sulla prua dell’astronave e sotto i precisi impulsi del cervellone centrale, i vari eggeri del veicolo avevano fatto amicizie nuove e legato con i più affini, coi quali trascorrevano il tempo in lunghe discussioni filosofiche, silenziose partite a scacchi, impegnatissime partite con le carte. Nessuno si annoiava, anche perché i eggeri disponevano di una piccola ma fornita biblioteca e di una sala particolare, dove postazioni di singoli computer, permettevano di imparare l’uso degli stessi sotto la guida di maestri esperti. Chi si fosse annoiato dei giochi o delle chiacchiere con gli altri e avesse preferito riposare comodamente seduto in una delle poltrone della sala principale, non si sarebbe egualmente annoiato perché aveva la possibilità di guardare sul grande schermo la mappa dell’intero sistema solare, la posizione in cui si trovavano, la rotta seguita e il percorso che avrebbero dovuto ancora fare e, ai lati dello schermo, colonne di numeri che davano velocità, accelerazioni, chilometri percorsi e distanze varie. David aveva seguito il consiglio di Esse e trascorreva pochi minuti al giorno nel modulo di comando; dedicava tutto il tempo libero che gli restava a lunghe solitarie riflessioni, sempre perduto dietro l’eternità e affascinato dalla creatività del Signore. Qualche ora prima aveva fatto la prima chiacchierata con Padre Giulio e gli sembrava ancora presto per tornare a disturbarlo ed esporgli tutta la sua teoria sull’universo e sul paradiso. Così decise di sedersi in una poltrona appartata e far correre ancora la fantasia lungo quei sentieri che lo apionavano. Ricordò che c’era stato un grande poeta italiano che aveva voluto mettere in versi tutta la sua concezione dell’aldilà ed ebbe la fugace riflessione che sarebbe stato davvero bello se anche a lui fosse accaduto di avere una Beatrice che in sogno o in carne ed ossa gli avesse svelato qualche mistero. Si appisolò mescolando speranze e convinzioni e poco dopo sognò… ‘Una creatura bionda, di bellezza eccelsa / sedette all’oblò, accanto a lui/ e
cominciò a novellare dolce…’ L’universo che state attraversando/contiene tutto, anche il Paradiso. /L’umanità è poco più di un niente, /negli spazi infiniti del creato, /ma conta molto perché Dio la ama! /Il vostro viaggio per scoprire un poco/ del gran potere del Divin Creatore / poiché è fatto per amare l’uomo/che anch’Egli ama perché Sua creatura/ merita di essere premiato, /ed Io voglio sollevarti il dubbio. Quelle immense stelle che tu vedi/ non sono globi che danno solo luce, / ma case per gli spiriti arrivati. /Il numero aumenta all’infinito, /aumentando gli spiriti salvati/ col progredir del tempo e della storia. / La Madre va da una casa all’altra/ a visitare tutti i figli Suoi / e prega di continuo il Salvatore/perché intervenga al minimo bisogno. /Gli spiriti che giungono novelli, / non si sentono sperduti e solitari, /ma riconoscono figli e genitori… /: ogni casato ha la stella sua. /Chi generoso nella discendenza, avrà per casa una stella grande /dove vive con avi e pronipoti/per un tempo che non avrà fine /; chi fu più avaro nel donare figli/ avrà, per casa, una stella nana. / Ma solo Dio vedrà la differenza/ perché ogni casa avrà la stessa luce/che viene dall’Amore di Dio Padre. /Non ci saranno ‘più grandi o ‘più piccini/ sarà uno spazio pieno di armonie, / di canti di letizia e di ogni cosa/che aumenti la gioia dei salvati. /Sarà lo Stesso Dio a comandare/ buono, giusto e eternamente saggio. / Né fame o sete, stanchezza o malattia/ hanno posto nel Regno dell’Eterno/Che riempie tutto della propria gloria. /E tutti i figli Suoi vedranno allora/quanto è grande il potere del Signore/ e si rallegreranno l’un con l’altro/ per avere creduto solo in Lui! /L’amore, l’armonia e la mitezza/continueranno fino all’infinito, /non ci saranno ricchi o prepotenti/né dittatori, ladri, od assassini, /solo piccole e semplici creature/tutte estasiate dall’Amor di Dio! … .’ Quando si svegliò si sentì felice e soddisfatto: forse aveva indovinato una parte dell’opera di Dio? O forse quel sogno gli era stato concesso per confermargli alcuni dubbi, pensieri che aveva avuto e che gli erano sembrati troppo audaci: in fin dei conti lui era solo una piccola creatura, con quale diritto osava supporre il modus operandi del Creatore? Forse, però, se quel sogno gli era stato davvero concesso…’ Chi? – si chiese – Non seppe rispondersi e restò qualche istante immerso nella ridda di i ipotesi, prima di decidere di uscire da quella trappola… Aveva ricevuto un dono – le nuove conoscenze, che lui sentiva vere – e non interessava chi gli avesse fatto quel regalo, se il donatore non aveva voluto rivelarsi, quale diritto
aveva lui, piccolo uomo, di indagare? Poteva solo essere lieto del fatto che le nuove possibili verità avute in sogno, colmavano alcune lacune che aveva nella sua rappresentazione fisica del Regno. Sentì l’impulso di alzarsi e correre a parlare col prete, osservò l’ora e decise di non importunarlo fino a dopo pranzo. La prima volta non avevano parlato di niente in particolare, perché Padre Giulio aveva voluto indagare per essere in grado di poter giudicare l’allievo. Dopo pranzo avrebbe cercato di essere lui, David, a dirigere la conversazione per arrivare a sapere se le sue teorie erano possibili, accettabili o eretiche. Tre ore dopo sedeva di fronte al prelato: ‘Oggi desidero esporle le mie convinzioni e sapere come le giudica. In particolare desidero sapere se le mie sono teorie eretiche e se pecco di eresia.’ ‘Ti sapevo un fisico e non un filosofo’ – osservò Padre Giulio. ‘Infatti. Le mie sono teorie fisiche sull’opera di Dio e Dio Stesso –per il creato che riguarda il nostro modo materiale – non è altro che un super fisico… ‘Coosa? – l’interruppe di nuovo il prete – Ti assicuro che Dio è molto di più…’ ‘Mi lasci completare il mio pensiero. Io credo che Dio è Creatore e Padre Onnipotente, ma dico che nel caso dell’universo materiale, chiunque abbia una conoscenza perfetta della fisica potrebbe dominare l’universo come se fosse Dio.’ ‘Pensa solo ai miracoli… – come potrebbe un fisico?’ – osservò l’attento ascoltatore. ‘Comandi dati attraverso pacchetti ordinati di onde –rispose David – Solo stamattina, pigiando un bottone, ho inviato all’apparecchio che regola la temperatura nella mia camera, attraverso una breve, invisibile radiazione, l’ordine di accendersi, portare la temperatura sui venti gradi, correggere l’umidità dell’aria fino al valore comune a tutta l’astronave, spegnersi a temperatura raggiunta e riaccendersi se questa cala di oltre due gradi. Se noi, piccoli studiosi, ma non dei, riusciamo ad inviare tanti ordini pigiando un tasto, non potrà forse Dio, che sa tutto, inviare un pacchetto di energia ordinata, contenente tutte le informazioni necessarie e guarire una persona dal male che
l’affligge servendosi della sola fisica?’ Padre Giulio aveva ascoltato interessato e aveva capito che per giudicare gli era necessario conoscere il completo pensiero, tutta la teoria elaborata dal giovane. Così lo interruppe con un gesto della mano e disse: ‘Forse è preferibile che tu mi racconti tutta la teoria che hai elaborato, non tralasciare niente e sii semplice, non mescolarci troppa fisica o matematica. Non ho le tue conoscenze… ‘Sarò un poco lungo, ma elementare – promise David e cominciò. ‘Frequentavo il liceo quando il prof. di religione ci invitò a ricercare miracoli e apparizioni ate, non quelle che tutti conoscevano, ma le più sconosciute, garantendoci che ce ne erano state molte nel corso dei secoli. Se ce n’erano state, di sicuro i giornalisti ne avevano dato notizia ed avendo io un penfriend in Italia, terra di tanti santi, pensai di interessare l’amico. Qualche giorno dopo questi mi inviò per e – mail una serie di vecchi articoli di giornali che raccontavano eventi misteriosi. Quello di cui mi occupai io era accaduto nel centro Italia, nella campagna toscana, in una località sconosciuta, nascosta fra boschi e dirupi. Là viveva una vecchia contadina, persona semplice e schietta, che improvvisamente cominciò a dire di ricevere la visita della Madonna, che ogni volta le lasciava un messaggio. La notizia si sparse e la terza domenica del mese, giorno in cui la Vergine visitava la donna, cominciò ad affluire nel luogo gente da ogni parte. Attendevano tutti qualche evento straordinario e approfittando del cielo terso che capitava in quel giorno, all’ora in cui la Madonna lasciava il cielo per venire a visitare la contadina, cominciarono a fotografare il cielo, forse con l’assurda speranza di fotografare Maria. A qualcuno capitò di fotografare il sole e qui cominciarono le sorprese. Non solo il disco era perfettamente visibile e nella foto appariva di un colore chiaro sullo sfondo di un cielo di un pallido celeste, ma al centro del disco era chiaramente disegnata una porta. Sembrava proprio la porta di una casa –raccontano – e, come risultò, se la porta appariva aperta la Madonna era già arrivata presso la vecchia, se la porta era ancora chiusa, la Vergine non era ancora partita. Le foto erano possibili solo nel breve intervallo che precedeva l’arrivo di Maria e durante la Sua permanenza presso la vecchia. Fotografi professionisti e pellegrini qualsiasi, erano stati in molti a riuscire a fotografare il sole con questa porta aperta o chiusa.
Il fenomeno era durato quasi un anno. Questo quanto raccontavano i giornali. Forse la mia fantasia ne fu influenzata, di sicuro fin da quei tempi io cominciai a pensare ad un Paradiso Terrestre e al Regno di Dio come a luoghi occupanti uno spazio preciso: tutto l’universo. E immaginavo che gli spiriti salvati abitassero le stelle – che costituivano, quindi, le case del paradiso –, e gli spiriti non salvati fossero relegati nei cosiddetti ‘buchi neri’, tenuti prigionieri dalla enorme forza di gravità…’ ‘Padre Giulio ascoltava con un’espressione benevola dipinta sul volto: ‘La gravità ha effetto sulla materia, non sugli spiriti…’ – commentò scuotendo leggermente la testa. David non desiderava fare brutte figure con quel saggio prete e fu pronto a recuperare: ‘Questo lo so bene, ma la mia ipotesi va oltre…’ ‘Allora vada avanti’ – invitò il prete. ‘Vede, io credo che quando Dio ha creato la materia, ci ha fatto completamente di materia, spirito compreso, solo che mentre il corpo è di materia allo stato più grezzo, gli spiriti sono materia con una struttura ancor più elementare di quella della luce. Per questo possono essere tenuti prigionieri nei buchi neri, mentre altri abitano le stelle e la Madonna stessa, forse per esserci più vicina, mentre continua la storia della Terra, di preferenza abita nel Sole – che è la stella più prossima a noi.’ Il prete ascoltava interessato, certo che quel giovanotto aveva costruito un bel castello razionale, come c’era da attendersi da un geniale scienziato, né trovava niente di eretico nelle teorie che aveva udito, solo gli dispiaceva pensare ad un mondo dello spirito così sminuito. Commentò: ‘Questo universo avrà una fine…’ – ma David fu pronto a ribattere: ‘La materia già esistente si deteriora e finirà, ma l’universo è in continua espansione – cioè Dio crea di continuo altro spazio e tempo e mondi e la creazione può continuare per tutta l’eternità. Non è forse scritto che ‘esisteranno terre e cieli nuovi?’
‘Dio è infinito e tu mi pare che ne stia limitando il potere…’ ‘No, io ammetto che possono esistere infiniti universi, ed altri esseri fatti di sostanze diverse dalla materia. Non pongo limiti alla fantasia e al potere di Dio. Forse ha creato un’infinità di altri universi – ma di sostanze diverse, e diverse da ciò che chiamiamo materia – Forse in questi altri universi vivono esseri che hanno una loro storia diversa e una diversa via di salvezza eterna. Davvero la possibilità di Dio è infinita, io indago e rifletto solo sulla nostra realtà. ‘Se tu avessi ragione alla fine di tutti i tempi – nostro e degli altri universi – il Signore non si troverebbe Re di un unico Regno, ma ci sarebbero molti regni, mentre io credo che ci sarà un unico Re.’ ‘Un unico Re, sì, ma con molti reami. Come oggi ci sono molte nazioni nel nostro pianeta, alla fine dei tempi ci sarebbero molti reami, popolati da spiriti salvati e con un unico Re. ‘E anche gli spiriti sarebbero diversi?’ ‘Forse, potrebbero esserlo, come oggi sulla terra ci sono diverse razze, il Regno finale potrebbe essere abitato da spiriti diversi.’ ‘E tutti questi spiriti come potrebbero essere fratelli se appartenenti a realtà e mondi ancora diversi? ‘Dio è un Padre giusto e amerà tutti i figli nello stesso modo…’ – Padre Giulio si mosse a disagio e David quasi si scusò: ‘Lascio correre troppo la fantasia, non è vero? Forse la sto annoiando, inoltre stiamo uscendo dal campo più ristretto che mi interessa: l’uomo e l’universo materiale’ ‘Non mi stai annoiando, certo che hai una fantasia che corre molto. Torniamo pure a ciò che ti interessa…’ ‘Grazie – accettò David – perché devo ancora sottoporle la mia teoria sulla materia.’
‘Purché ricordi che le mie conoscenze non sono quelle di un fisico…’ – si cautelò il Padre. ‘Sarò semplice come chi racconta una novella…’ ‘In tal caso ascolterò volentieri.’ ‘Io credo che la materia sia continua, che costituisca sia il nostro universo che l’uomo, tutto l’uomo, spirito e pensiero compresi. ‘Mi è difficile ammettere spiriti e pensieri materiali…’ ‘Spiriti materiali, ma di materia allo stadio di radiazione luminosa e il pensiero… un altro tipo di radiazione, ma se lei mi interrompe, rischio di perdere il filo logico. ‘Non ti interromperò più, fino alla fine!’ – promise il Padre. ‘Oggi sappiamo che tutta la materia è costituita da atomi, che per molti anni sono apparsi come il componente più piccolo che dava luogo ad ogni costruzione. In seguito, affinandosi la tecnologia, abbiamo trovato oltre un centinaio di particelle sub atomiche – molte delle quali non sono state, ancora, mai viste. Si vedono però gli effetti e da questi si comprendono anche le caratteristiche della particela in oggetto. Attualmente si continua a studiare nel mondo dell’infinitamente piccolo alla ricerca di altre particelle, alcune teorizzate ed altre nemmeno supposte. Continuiamo ad indagare alla ricerca dell’inizio della creazione, per cercare di comprendere come ha avuto inizio il mondo e qual è stata la forza creatrice di Dio. Cerchiamo di arrivare a scoprire l’ultima particella materiale… dove finisce la materia e comincia un’altra dimensione, compresa quella che voi chiamate spirito. Come vede anche la scienza e gli scienziati cercano Dio, ne studiano la grandezza e cercano di capire le leggi sulle quali ha fondato l’universo…’ ‘Qualche volta ho il dubbio che la scienza e gli scienziati desiderino carpire il segreto della potenza di Dio, per sostituirsi a Lui. Siamo diventati dei megalomani, mentre bisognerebbe essere semplici e cercare il Signore soltanto col cuore. Troppo spesso la scienza è al servizio di una tecnologia non buona, ma pericolosa, che serve a creare armi e non conoscenza.’ – non riuscì a trattenersi il Padre.
‘Aveva promesso di non interrompermi, così apre altre strade a nuove ipotesi; se vuole ne parleremo dopo. Adesso desidero finire parlandole della materialità del pensiero: con il che avrei terminato la mia teoria che ‘tutto l‘uomo è solo materia.’ ‘Scusami, finisci pure.’ ‘Come gli spiriti sono materia allo stato che ho già detto, cioè di radiazione luminosa, di luce, che oggi sappiamo essere costituita di particelle materiali, così anche il pensiero dell’uomo è ancora una radiazione. La più sottile delle radiazioni materiali, quella costituita dalla materia allo stato più fino. Uno stato che definirei il punto di distacco fra la materia e ciò che i religiosi chiamano ‘spirito’ – cioè un’altra sostanza creata. Sono stati necessari quasi venti secoli di progresso scientifico per giungere a dimostrare che la luce è fatta di materia, forse ci vorranno altri venti secoli per appurare che anche il pensiero è costituito di particelle materiali, molto più piccole dei quanti di cui è costituita la radiazione luminosa.’ ‘… Una scintilla eccitata nel movimento del cuore…’ – non riuscì a trattenersi Padre Giulio – Come vedi anche per la Sapienza il pensiero è una scintilla…’ ‘Per me è costituito di materia molto più fina di quella che costituisce la luce…’ ‘Sei un materialista convinto, mi pare, e il Dio in cui credi …non so… Prima di criticare desidero riflettere da solo. È difficile controbattere le tue ipotesi, per ora ti dico che preferisco credere nel Dio Puro Spirito in cui ho sempre creduto.’ ‘Anch’io credo in quel Dio. Studiare una parte di ciò che ha creato è come cercare Lui Stesso. Non fu Cristo a dire: ‘Voi cercatemi…’ – io. Lo cerco tentando di conoscere la materia che ha creato e nella quale vivo. Quanto a Dio, credo che sia fatto di una sostanza di cui è fatto solo Lui. Termino con un’ultima ipotesi: non arriveremo mai a dimostrare la materialità del pensiero, proprio perché questo è il punto limite che è dato alla conoscenza fisica della materia. Il pensiero è il canale preferenziale che Dio si è riservato per ascoltare e parlare con le creature. Se arrivassimo ad essere padroni del pensiero, credo che potremmo essere a contatto con la stessa mente di Dio.’
‘Conclusione interessante, che ridimensiona un poco l’onnipotenza che molti vorrebbero dare alla scienza. ‘Solo i cattivi scienziati sono atei, gli altri sono affascinati da ciò che scoprono e si rendono conto che tanta armonia non può essere stata generata dal caos.’ ‘Almeno in questo siamo d’accordo. Mi hai dato molto materiale su cui riflettere. Per ora non ho risposte da darti, se ne troverò te le darò. Torna a trovarmi quando vuoi, parlo molto volentieri con te’ – l’assicurò Padre Giulio lasciandolo libero di tornare ai suoi compiti di comandante.
CAPITOLO VI
David decise di sdraiarsi per riposare un poco. Non guardò neppure l’orologio, non interessandogli conoscere l’ora terrestre: gli andava di riposare e si sarebbe riposato; se gli altri eggeri avevano accettato di stabilire un orario anche lì, a bordo, lui desiderava farne a meno, per sentirsi più libero e vivere secondo le esigenze del proprio corpo, come avrebbe potuto fare se avesse vissuto un unico lunghissimo giorno che avesse compreso tutta la sua vita: libero e indipendente! Essere il comandante doveva portare anche dei privilegi e sebbene non ne avesse mai chiesti, ora gli andava di prendersene uno. Così dormì mentre gli altri si riunivano per il pasto serale, fece uno spuntino all’ora che gli altri andavano a dormire e si alzò ben riposato. Dopo una sosta nel modulo di comando per rendersi conto se tutto procedeva regolarmente, fece una eggiata per i vari ponti senza incontrare nessuno e nel silenzio più profondo. Si divertì un poco con un computer sfidando se stesso ad una partita a scacchi, poi dedicò quasi un’ora alla lettura di un articolo sul Giornale di Fisica, che non aveva ancora letto e che trovò molto interessante, quindi sedette su una comoda poltrona e cominciò a sentire il peso della solitudine. Vivere così al di fuori degli schemi degli altri era un’esperienza nuova, aveva creduto che dare la precedenza alle esigenze del proprio corpo gli avrebbe consentito di essere sempre al meglio della forma, invece si rendeva conto di necessitare della presenza fisica degli altri. Sapeva che erano a pochi metri da lui, ma era come se non ci fossero, perché dormivano tutti… e David ebbe l’impressione di essere il traghettatore di una nave di morti, una specie di Caronte spaziale! ‘Ma via! – si disse – Non esagerare! Gli altri sono vivi e presenti, fra qualche ora saranno nuovamente a eggio per i vari ponti, non sono solo né traghetto morti. Solo che queste ore silenziose e vuote di presenze, sembrano più lunghe delle ore trascorse insieme agli altri.’ Combattuto dall’indecisione se tornare a dormire, restare alzato o bussare alla porta di qualcuno, rifletté: ‘Solo Esse potrei disturbare, certo di essere capito…’ – e questa breve riflessione sul professore lo portò dentro un altro problema. Stavano facendo il viaggio di prova, che procedeva nel migliore dei modi, ma al
viaggio vero Esse non avrebbe partecipato. Aveva molte buone ragioni per non farlo e sarebbe stato impossibile convincerlo. D’altra parte l’assenza del professore l’avrebbe sentita molto di più durante un lungo viaggio che in questa breve prova. Se a bordo tutti accettavano gli ordini che dava – più suggerimenti che veri e propri ordini – David non se lo nascondeva ed era ben consapevole del fatto che tutti seguivano l’esempio di Esse, che era sempre il primo a commentare: ‘ben detto!’ o ‘ben fatto!’ E, dopo l’approvazione di Esse, gli altri accettavano. Se fosse mancato il professore ce l’avrebbe fatta a farsi rispettare ogni volta? Più che ‘a farsi rispettare’ a far accettare la propria decisione come la migliore? Non aveva tanta personalità ne carisma – lo sapeva bene! –, inoltre si rendeva conto che la sua giovinezza necessitava della vicinanza di una vecchia quercia sotto la quale riparare in caso di fortunali… ‘Sì – concluse – A bordo ci vuole anche Esse, senza di lui non me la sento…’ Però, lo temeva, Esse non avrebbe accettato di partecipare ad un lungo viaggio – lo aveva già detto e ripetuto – e allora come avrebbe fatto? Non avrebbe neppure potuto sperimentare completamente l’MM, adatto in teoria a poter produrre una velocità infinita, mentre nella ragione dello spazio che stavano attraversando non avrebbero potuto superare quei limiti che erano imposti dalla teoria della relatività, teoria che, secondo David, non sarebbe più stata vera nello spazio profondo, cioè al di fuori del sistema solare. Senza Esse addio missione, addio possibilità di poter sperimentare l’MM, addio possibilità di verificare la sua teoria che prevedeva una diversa relatività – e quindi differenti limiti – per ogni diverso sistema solare…; in definitiva: addio all’esplorazione dello spazio profondo, addio al suo contributo determinante alla colonizzazione dell’universo! A meno che… Scartata l’ipotesi di poter convincere Esse a partecipare ad un viaggio più lungo, ebbe un’improvvisa idea risolutrice… L’astronave funzionava perfettamente, c’era un equipaggio adatto che legava bene, l’MM rispondeva secondo le previsioni e le provviste di bordo erano abbondanti. Di sicuro queste non sarebbero bastate per anni, ma durante il viaggio avrebbero incontrato altri pianeti e alcuni di questi avrebbero avuto sostanze necessarie a rifornirli, forse animali o altre specie di erbe e cereali. A bordo c’era tutto il necessario per fare ogni tipo di analisi, sì – decise – valeva la pena di tentare.
‘Se quando entreremo nell’orbita di Marte l’MM potrà funzionare come mi aspetto, allora cambierò rotta e solo dopo il suo inizio avviserò anche gli altri che il vero viaggio, quello per il quale abbiamo lavorato, è iniziato.’ Ebbe qualche timore pensando a come avrebbero reagito, poi si calmò riflettendo che Esse lo avrebbe compreso e che c’era troppo bisogno di avere lui, David, ai comandi per avere delle probabilità di successo, quindi se la sarebbe cavata con qualche rimprovero e questo era un prezzo che era ben disposto a pagare pur di poter sperimentare le proprie teorie e cercare risposta alla domanda che più assillava la sua vita di pensatore: ‘Qual è la via giusta per l’eternità – se una via esiste?’ David era sicuro di avere scelto il vero Dio e la giusta religione – Quale altro dio aveva avuto la bontà ed il coraggio di inviare il Figlio fra gli uomini, e chi altro, oltre il Cristo, aveva promesso una vita eterna? Non gli andava di scomparire dopo la morte, preferiva continuare ad esistere e poter gestire la bella intelligenza che gli era stata data. Era anche curioso: quali maggiori facoltà avrebbe avuto quando fosse stato solo uno spirito, senza più il peso della materia –e l’entropia cui questa era soggetta? Forse avrebbe potuto dare risposta ad ogni interrogativo scientifico – e questo gli sembrava già un modo appagante per trascorrere l’eternità senza annoiarsi, ma poi avrebbe potuto conoscere Dio e la Sua onnipotenza… Chi poteva mai dire quanto il Creatore avrebbe dato di conoscerLo? E ‘i nuovi cieli e nuove terre’ – da abitare e studiare, avendo l’eternità a disposizione, non erano forse un premio degno delle anime salve? ‘Ho scelto bene – si disse – in base alle mie conoscenze terrestri, ma se incontrerò civiltà più avanzate, potrò confrontare anche il Dio in cui credono con quello in cui credo io e scegliere il migliore… Intanto, mentre arriviamo a Marte, saggerò gli altri componenti dell’equipaggio per sentire cosa pensano e valutare come reagiranno allo scherzo che ho deciso di fare a tutti…’ Nei giorni che precedettero l’arrivo al campo gravitazionale di Marte, David riuscì a parlare singolarmente con tutti coloro che si trovavano a bordo. La tecnica usata e il discorso era sempre gli stessi: si avvicinava ad uno e chiedeva con cortesia che l’altro gli dedicasse due minuti per dargli un’opinione. Una volta in disparte, chiedeva se l’altro aveva trovato dei problemi durante il viaggio, se si era trovato a suo agio, se si annoiava, se aveva ancora un po’ di quella paura prudenziale che avevano avuto tutti al momento della partenza e,
infine azzardava: ‘Se questo viaggio di prova durasse più del previsto, magari per una sosta in qualche pianeta, avresti problemi o ti piacerebbe vedere qualcosa, toccandola materialmente? Mentre navigando possiamo vedere solo quello che ci mostrano gli strumenti?’ Tutti i componenti, si erano detti disposti a prolungare il viaggio e curiosi di scendere sulla superficie di qualche pianeta… se la cosa fosse stata possibile senza troppi rischi… ‘Se i rischi non sono accettabili, non scenderemo! – aveva rassicurato David – Io voglio riportare nave ed equipaggio sulla nostra amata Terra a godere la fama che avremo guadagnato’ Come deciso, aveva trascurato di fare anche ad Esse un tale discorso: il vecchio avrebbe capito subito e, se non fosse stato d’accordo, avrebbe potuto far fallire il piano. La repulsione del campo magnetico di Marte, sommata con un’abile sfruttamento dell’’effetto fionda’, per la perfetta angolazione della rotta d’impatto calcolata con precisione da BH, permisero all’astronave di raggiungere una velocità prossima a quella limite, che li portò a viaggiare a circa cento milioni di chilometri orari, in modo che avrebbero raggiunto il campo gravitazionale di Nettuno in poco più di un altro giorno e mezzo di navigazione. Fu lo stesso BH a dare l’informazione, con la solita voce metallica dell’altoparlante che gestiva, mentre i viaggiatori si erano seduti sulle comode poltrone della sala principale e continuavano ad osservare le immagini proiettate sugli schermi dalle cineprese esterne. Questa volta le immagini erano affascinanti; appena la velocità era divenuta così elevata da poter essere paragonata a quella limite, giochi di luci di ogni colore avevano avvolto l’astronave; osservavano fasci lucenti scivolare lungo la superficie esterna dell’ultimo ponte, annodarsi ad altri fasci provenienti dal dietro per dare origine a spettacolari colori e giochi di luci che cambiavano continuamente forma e tono di colore, come fossero enormi stendardi di stoffa agitati dalle mani sapienti di invisibili gnomi. I bordi scintillavano di piccole luminosità che sembravano scoppiare e riformarsi in continuazione.
David ed Esse osservavano ammirati dallo stesso oblò: ‘Se aumentiamo un altro poco la nostra velocità – disse Esse – chi sa cosa potremmo vedere…’ ‘Qualsiasi cosa o animale – assentì David – potremmo diventare una nuova arca di Noè; la teoria della relatività è ancora esatta, perché ci muoviamo dentro il sistema solare ‘Sei davvero convinto…? – osservò il professore e senza terminare la domanda aggiunse: ‘Purtroppo non ti è concesso di sperimentare le tue idee e, senza conferma, non possiamo accettare una teoria come l’unica vera… La tua resta una teoria, come le altre…’ ‘Chi sa? – ribatté David – Il sole è una piccola stella gialla, non ti pare logico pensare che una stella più grande, – per esempio – una che emetta luce azzurra abbia tutti i parametri superiori a quelli del sole? Maggiore campo gravitazionale, maggiore massa, radiazione luminosa più intensa e penetrante, cioè di frequenza superiore… e quindi anche una nuova velocità limite, diversa da quella che vale nel nostro sistema…’ – finì David con fervore. ‘Non sempre ciò che appare logico è davvero così ‘logico’ e spesso non è neppure vero…’ – ammonì Esse invitando l’allievo ad essere prudente. Poco dopo il professore, che era rimasto silenzioso dietro le proprie riflessioni, sospirò: ‘Però, sarebbe bello sperimentare quella tua teoria, peccato che io non ci sarò.’ David non si fece sfuggire l’occasione per tentare ancora di convincere Esse a partecipare al viaggio progettato, ma il vecchio oppose le solite scuse, pur ammattendo che gli sarebbe piaciuto poterci essere. David decise di osare il massimo: ‘Siamo già in viaggio, tutto funziona bene e l’equipaggio sarebbe d’accordo. Pensi quale sorpresa faremmo a tutti se decidessimo di trasformare questo viaggio di prova in un viaggio più lungo…
‘Cosa stai meditando?’ – domandò il vecchio. ‘Sto pensando di rapirla per un viaggio che le piacerà di sicuro.’ ‘Avevo qualche presentimento, ma ricordati che non puoi farlo. Non lo farai, non è vero? Non puoi violare i piani stabiliti.’ ‘Chi può impedircelo? – insistette il giovane scienziato – Se avremo successo nessuno ci punirà, se falliremo… nessuno sarà in grado di raccontarlo. Tutta la vita è una sfida – lo disse lei durante una lezione – e gli scienziati devono essere coraggiosi perché affrontano le sfide più ardue. Vorrebbe rimangiarsi le sue parole?’ ‘Non voglio sapere altro: tuo il rischio, tua la decisione, tuo il merito. Se sarò rapito… chi sa, forse sarà bello…’ – finì Esse lasciando il suo posto di osservazione.
II PARTE
CAPITOLO I
Il Prof. Smith stava ancora ringraziando Dio per il fortunato allunaggio, felice di essere sbarcato in un luogo che appariva ospitale e così simile alla terra, che avevano lasciato due mesi prima, da pensare di essere finiti in una radura del loro stesso pianeta, quando notò la figura che si stava dirigendo verso di loro. Gli occhi gli dicevano chiaramente che stava osservando un suo simile, ma la ragione si rifiutava di crederlo! Possibile che a miliardi di chilometri di distanza dal punto dello spazio da cui venivano ci fossero ancora degli umani? Forse secoli o millenni prima altri terrestri avevano avuto la loro stessa avventura e si erano spinti così distanti dal loro pianeta d’origine? Poteva essere davvero accaduto, nella storia della terra, che civiltà precedenti, forse sviluppatesi durante una delle ere terminate con una glaciazione, avessero raggiunto un grado di sviluppo tecnologico tale da permettere viaggi simili a quello che avevano fatto loro? Ogni conoscenza scientifica che aveva gli rispondeva di no, ma la figura che stava osservando avvicinarsi dimostrava il contrario. Forse, molto più semplicemente, l’universo era abitato da altri esseri simili all’uomo? La ridda delle ipotesi continuava a susseguirsi nella sua mente, senza che nessuna avesse risposta. E, insieme alle ipotesi, un’altra domanda, ben più pericolosa, si affacciò repentina: amico o nemico? Come si sarebbe comportato questo essere, che si avvicinava senza dimostrare alcun timore? Forse disponeva di armi talmente sofisticate da garantirgli tutta la sicurezza che voleva? Portò la mano a stringere l’impugnatura della pistola – laser sulla fondina al fianco e il contatto con l’arma lo rassicurò quel tanto che bastava a dargli il coraggio di attendere ancora. L’essere che si era avvicinato –chiaramente un umano! – continuava a non mostrare segnali aggressivi; adesso ne fissava gli occhi e in quelli dell’altro leggeva soltanto serenità. Per essere pronto a qualsiasi evenienza slacciò la fondina e tenne la mano sul calcio della pistola, pronto ad estrarla al minimo segnale di pericolo. Stava ancora fissando l’indigeno, quando il suo cervello registrò la ricezione di un messaggio che diceva: ‘Hai bisogno di qualcosa? Posso aiutarti?’
Impossibile! Le labbra dell’altro non si erano mosse e i suoi compagni di viaggio erano ancora dentro l’astronave, intenti ad indossare le speciali tute ed equipaggiarsi di tutti gli strumenti necessari alle varie misurazioni, ma allora perché continuava a udire in testa altri messaggi, come se l’uomo di fronte a lui stesse realmente parlando? E come poteva, l’altro, parlargli nella sua lingua? Ne osservò ancora lo sguardo sereno e interrogativo, l’espressione sorridente e pacifica e pensò: ‘Se potessi davvero parlarti! Chi sa quante cose avremmo da dirci! Invece non so nemmeno se mi sei amico o nemico e devo stare attento…’ Aveva appena terminato il proprio pensiero che restò esterrefatto: stava registrando una risposta! ‘Non ti sono nemico, ma amico, perché siamo fratelli. Tu puoi parlarmi perché io riesco a sentire i tuoi pensieri e tu puoi udire i miei, perché io lo voglio.’ Sorpreso, ma pronto e rassicurato pensò: ‘Tu hai poteri così grandi?’ – e di nuovo udì l’altro rispondere: ‘Non ho grandi poteri, ma non pretendere di capire tutto subito. Se ti fermerai qui da noi, allora potrai avere le risposte che cerchi e noi ti aiuteremo anche a trovare la risposta alla domanda fondamentale nella vita di ciascun essere vivente.’ ‘Grazie per le tue parole – voglio crederti! Noi veniamo in amicizia, ma adesso lascia che chiami i miei compagni e li rassicuri, io sono uscito fidandomi di quello che vedevo e di quanto avevano registrato i nostri strumenti; i miei amici stanno ancora indossando le tute…’ ‘Vai a rassicurarli, io ti aspetto qui’ – sorrise l’indigeno. Corse per i pochi metri che lo separavano dall’astronave col cuore che batteva a cento e l’animo pieno di gioia: Bussò allo sportello gridando: ‘Uscite pure, non ci sono pericoli e ho già incontrato un amico!’ ‘Un amico?’ – gli disse incredulo l’ addetto alla sicurezza dopo avere aperto il pesante sportello pneumatico – Forse l’atmosfera di questa luna contiene qualche
gas esilarante che le ha dato alla testa?’ ‘No! – rispose Esse ho incontrato un essere, uguale a noi, col quale ho parlato senza difficoltà…’ ‘Vuol dire che ha incontrato un uomo che parla la nostra lingua senza bisogno delle macchine traduttrici? Io credo che lei sia impazzito.’ ‘Fai scendere tutti e vedrete che ho ragione, torno ad aspettarvi insieme all’amico che ho trovato…’ Gli altri eggeri dell’astronave si erano accalcati dietro l’ufficiale e avevano udito le ultime parole; avevano sbirciato gli alberi della radura e respirato a pieni polmoni l’aria fresca, sapida e tersa. Avevano cessato di abbottonarsi le varie chiusure delle tute ed erano in preda alla curiosità più viva. ‘Scendiamo – propose qualcuno – Ma l’addetto alla sicurezza li fermò precisando: ‘Scenderemo non appena pronti. Continuate a vestirvi e prendete armi e strumenti; se non saranno necessari li riporremo, ma io ho il dovere di non farvi correre rischi. Il professore è sceso senza attendere il permesso e ormai può fare ciò che vuole, ma voi dovete eseguire i miei ordini!’ Poi gli avvenimenti si erano seguiti con un ritmo incalzante. Tutti i eggeri erano usciti e avevano seguito il professore, che aveva teso la mano all’indigeno, subito imitato da David e Padre Giulio, mentre l’ospite aveva continuato il suo discorso telepatico. ‘Dì ai tuoi amici di non preoccuparsi, io so cosa devo fare e te lo dico perché tu possa tranquillizzare tutti. Dì loro di lasciare ogni arma a bordo del vostro veicolo, perché qui non sono ammesse armi e non correte pericolo. Le vostre armi sarebbero insufficienti a difendervi, se decidessimo di cacciarvi, ma questo non accadrà se vi fiderete di noi. Adesso chiamerò delle persone che si prenderanno cura di voi. Vi trasporteremo in un apposito Centro dove sarete esaminati, sterilizzati da eventuali batteri a noi sconosciuti, rifocillati, e dotati delle conoscenze necessarie a poter vivere fra noi; quando uscirete dal luogo che vi ospiterà per una o due ore, sarete anche in grado di parlare e comprendere perfettamente la nostra lingua. La nostra civiltà è molto più vecchia e progredita della vostra e tutti noi siamo molto gentili con gli altri. Fidatevi e cercate di
usare tutta la cortesia di cui disponete…’ Il professore raccontò agli altri; questi erano ancora stupiti da quanto stava accadendo e ciascuno immerso nei propri pensieri: alcuni pregavano, altri si sforzavano di notare se ci fossero pericoli nelle vicinanze, altri ancora ammiravano quel nuovo suolo, identico a quello che avevano lasciato, ma molto più pulito, ordinato e con l’aria densa di profumi. Riflettevano sulle decisioni da prendere, quando avvertirono un leggero fruscio nell’aria; osservarono in alto e notarono un grande veicolo che stava lentamente scendendo verso di loro. L’ospite fece un cenno rassicurante e forse disse qualcosa al professore, che avvertì di non temere e non assumere atteggiamenti minacciosi: ‘Fidiamoci – disse – tanto non potremmo fare altro – e preghiamo quel Dio in cui tutti noi crediamo…’ Il grande disco atterrò a pochi metri da loro, appoggiando dolcemente su quattro grossi piedi. Non si aprirono sportelli né scesero altri indigeni. L’ospite si avvicinò al bordo del disco e parlò con qualcuno all’interno, poi tornò indietro e disse al prof.: ‘Hanno notato che siete armati e non sanno se possono fidarsi di voi. Perché non avete ancora posato le armi e gli strumenti? Lasciate tutto a bordo del vostro veicolo e seguite le mie istruzioni.’ ‘Il responsabile della nostra sicurezza ha il dovere di difenderci e teme possibili sorprese…’ – obiettò Esse. ‘Ti ho già detto che le vostre armi non sarebbero in grado di difendervi e, per convincere il tuo comandante chiederò ai miei amici di darvi una innocua dimostrazione.’ ‘Vuoi farci attaccare?’ – domandò preoccupato. L’indigeno lo tranquillizzò e sorrise ripetendogli: ‘Dì ai tuoi di fidarsi e che uno lasci cadere a terra la propria arma… è solo una dimostrazione per convincervi a fidarvi di noi e che niente potreste se vi fossimo nemici.’
Il professore tradusse e riuscì a convincere il comandante della sicurezza che ordinò ad una delle guardie di lasciare cadere a terra la propria arma e allontanarsi qualche o da quella. Appena l’uomo ebbe eseguito l’ordine, udirono un breve sibilo e l’arma scomparve, come se non fosse mai esistita. Sorpresi e spaventati, consci di essere completamente in balia dei padroni di casa, guardie e eggeri dell’astronave si strinsero l’uno all’altro mentre retrocedevano verso il proprio veicolo, quasi a cercare protezione dietro le sue spesse lamiere. ‘Non avete armi che possano difendervi, ma noi non vi siamo nemici, perché vi ostinate a non fidarvi? Credo che proveniate da un pianeta ancora lontano dalla civiltà’ – disse nuovamente l’indigeno al professore. ‘Se possono disintegrare un’arma, potrebbero disintegrare anche noi, se volessero! – osservò questo rivolgendosi a tutti i suoi – per cui seguiamo il consiglio avuto: posiamo armi e bagagli nell’astronave e affidiamoci a loro. Non abbiamo altra scelta!’ – e questa volta tutti furono d’accordo. Appena il professore ebbe comunicato all’indigeno che erano pronti a seguirli, si aprì una porta sul fianco del disco e salirono a bordo. Il disco si alzò dolcemente e si diresse verso l’orizzonte senza brusche accelerazioni. Stavano seduti su comode poltrone in un’ampia sala rettangolare e desiderio comune era quello di poter vedere all’esterno, ma l’indigeno, che era salito insieme a loro, spiegò: ‘Questo veicolo insieme ai cinque soldati d’equipaggio rappresenta tutto il nostro esercito, che abbiamo solo per difenderci, perché noi non attacchiamo mai nessuno. Se, però, capitano stranieri che non si fidano di noi, allora lo usiamo per convincerli ad accettare la nostra ospitalità e dissuaderli dal volere usare la forza. Non ve lo farò visitare perché potreste vedere armi che non conoscete e tentare di fabbricarle una volta tornati sul vostro pianeta. Poiché non siete ancora abbastanza civilizzati, le este per farvi guerra e noi non desideriamo causare male a nessuno. L’esterno è visibile soltanto al pilota e all’equipaggio, voi non vedrete niente, nemmeno uno dei soldati che sono a bordo. Adesso vi porteremo al centro di accoglienza dove, come ti ho già detto, verrete studiati, esaminati e vi sarà applicato uno speciale microchip alla base del cervello, in modo che possiate comprendere la lingua e avere un buon soggiorno tra noi. Tutte le operazioni che ti ho detto saranno eseguite velocemente e senza
produrvi alcun dolore, da apposite macchine. Informa i tuoi compagni. Tu, quel tuo giovane compagno che mi ha stretto la mano per primo e l’altro adulto dallo sguardo buono(così definì Padre Giulio) sarete collegati a me, cioè subirete un breve e innocuo trattamento che ci permetterà di sapere tutto di voi, attingendo ai vostri ricordi, inoltre dalle nozioni immagazzinate nei vostri cervelli estrarremo la storia del vostro pianeta. Siamo quasi arrivati, avverti i tuoi amici. Ci vedremo di nuovo all’uscita, io mi occuperò di farti da guida.’ L’indigeno smise di parlare e sedette nell’ultima poltroncina della sala. Poi le operazioni si svolsero in modo incalzante, rapide e precise, come erano state predette. Esse si rese conto, forse per la prima volta nella sua vita, dell’esatto significato delle frasi:’una civiltà avanzata’ e ‘automatismi perfetti.’ Infatti appena il disco si fermò, si aprì il soffitto sopra le loro teste e lunghi bracci metallici sollevarono le poltrone occupate, depositandole sopra un binario che attraversava una lunga e stretta camera piena di strane macchine che emanavano luci di vari colori. Ad un certo punto di quel breve tragitto il prof. avvertì una morbida presa che gli teneva ferma la testa e subito dopo un pizzico alla nuca; alcuni istanti più tardi si trovò ad incrociare l’indigeno che li aveva accompagnati, ma non riuscì a parlargli, perché le loro sedie si allontanarono subito trasportando ciascuno alla propria destinazione…
CAPITOLO II
BENVENUTI!
Erano stati riuniti in un’ampia sala circolare, dove file concentriche di comode poltroncine erano disposte in modo da lasciare sufficienti varchi per il aggio delle persone, mentre lo spazio al centro era occupato da un tavolo di forma rotonda, sopra il quale erano appoggiati oggetti sconosciuti. Il prof. dette uno sguardo ai compagni di viaggio e notò volti seri, ma con espressioni meno preoccupate del giorno precedente. Evidentemente l’accoglienza ricevuta era stata rassicurante e il sentimento che adesso prevaleva in ciascuno dei presenti era la curiosità. L’ampia sala era priva di finestre ed illuminata da una tenue luce soffusa e di uno strano colore, fra il verde e l’azzurro, che sembrava provenire da una miriade di piccoli fori praticati sull’alto delle pareti. L’aria era pulita, priva di odori e la temperatura gradevole. Non appena furono seduti, sul tavolo comparve un ologramma che cominciò a parlare: ‘Benvenuti – disse – Vi parlo dal Palazzo degli Studi; non meravigliatevi se dimostrerò una perfetta conoscenza della storia del vostro pianeta. Abbiamo esaminato il cervello di alcuni di voi ed estratto ricordi e conoscenze. Nel vostro atterraggio siete stati fortunati a fermarvi nel nostro piccolo pianeta, poiché noi siamo governati da due sole leggi. La prima è quella dell’accettazione: noi accettiamo qualsiasi evento accada perché lo riteniamo permesso o voluto da Dio, la seconda – credo che la conosciate in molti – deriva dall’insegnamento evangelico di Cristo; noi l’abbiamo adattata ai nostri scopi e adesso recita:’fai agli altri quello che desideri da loro.’ Con queste due sole leggi, siamo felici. Da quanto ho detto è chiaro che noi siamo seguaci della dottrina cristiana; negli altri pianeti, simili al nostro e che di sicuro avrete notato arrivando nel nostro sistema, altri uomini vivono seguendo filosofie o religioni diverse dalla nostra. Resterete fra noi finché non avrete trovato ciò che cercate, poi vi aiuteremo a tornare nel vostro sistema. Affinché comprendiate meglio vi parlerò brevemente della nostra storia. Forse avrete notato che intorno al nostro sole vi sono altri pianeti, più o meno grandi, mentre un pianeta maggiore si trova opposto al
pianeta centrale, dall’altra parte del nostro sole. Da principio tutti gli abitanti dei pianeti minori, noi compresi, vivevano insieme nel grande pianeta che chiamiamo Terra – Madre e che è simile al pianeta da cui provenite anche nella storia. Come voi abbiamo fatto guerre per millenni, intenti a conquistarci dei vantaggi; abbiamo cercato alleanze con altri popoli del pianeta e, progrediti, abbiamo provato a vivere in pace. Ma la cosa non è stata possibile per due motivi fondamentali: le diverse religioni e i diversi gradi di civiltà dei vari stati. Nonostante queste difficoltà, la nostra civiltà continuava a progredire e tutti i popoli erano concordi nel cercare un modo di vivere che permettesse la maggiore felicità possibile. Dopo anni di studi e ipotesi abbiamo raggiunto la comune convinzione che per poter costruire una civiltà perfetta era necessaria innanzi tutto una religione comune. Poiché avevamo già esplorato i pianeti più piccoli, l’Assemblea dei Popoli – che era il supremo organo pianificatore su Terra – Madre – stabilì di ridividere la popolazione non in base a principi etnici, ma in base alle credenze religiose. Pochi anni dopo abbiamo occupato questo e gli altri pianeti, come erano stati assegnati in base al numero dei credenti. Abbiamo lasciato Terra – Madre e abbiamo fondato i nuovi stati, ciascuno dei quali ammette una sola religione e una sola lingua senza dialetti. Siamo rimasti in contatto con gli altri popoli che occupano gli altri pianeti e ogni anno i vari rappresentati si ritrovano su Terra – Madre per confrontare i livelli di perfezione e felicità raggiunti. Infatti quando sarà dimostrato che uno stato ha raggiunto condizioni di vita ottimali, la sua religione sostituirà tutte le altre nei vari pianeti. Forse in un futuro non lontano tutti i nostri popoli potranno tornare a riunirsi su Terra – Madre non più divisi, ma cementati dalla stessa fede. Come ho già detto in questo pianeta viviamo applicando gli insegnamenti di Cristo, tutti noi siamo cristiani e non sono ammesse altre religioni. Chi desidera credere in un altro Dio, viene accompagnato nel pianeta che Lo venera, ma fino ad ora non ci sono state richieste. A voi saranno consentiti i vostri culti, se diversi dal nostro, a bordo del vostro veicolo; infatti qui non desideriamo contaminazioni, dalle quali trarrebbe vantaggio l’unico vero nemico dell’umanità: satana! Come ho già detto la sfida che c’è ora in corso, fra i singoli stati, è quella di dimostrare agli altri di avere scelto la via giusta – e il Dio giusto – per essere più felici possibili. Chi darà dimostrazione della propria felicità sarà copiato da tutti e finalmente avremo un pianeta con un solo popolo credente in un solo Dio. Noi crediamo di avere fatto la scelta vincente e durante il periodo che vi fermerete
fra noi potete aiutarci a migliorare rilevando ciò che troverete di sbagliato nel nostro fare. Se troverete situazioni incresciose, che vi causano malessere, vi preghiamo di farcele notare, avvertendo una qualsiasi delle persone che vi ospitano. Metteremo a vostra disposizione alcuni osservatori che si occuperanno di voi. Grazie per la vostra attenzione e buona permanenza’ – la voce si spense, l’ologramma scomparve e l’oscurità fu nuovamente respinta da una gradevole luce verde – azzurra. Quando si alzarono per uscire, si resero conto che ciascuno di loro era stato affidato ad un compagno che si sarebbe occupato di lui durante la permanenza. ‘Io sono Thos – si presentò semplicemente l’uomo – e tu sei stato affidato a me’ – disse a Esse che l’osservò bene prima di rispondere. ‘Spero che tu possa rispondere ai miei molti perché, anche se non sembri molto vecchio e non hai l’aspetto di uno studioso…’ ‘L’apparenza! – condannò l’altro prima di ribattere – Sono senza dubbio più vecchio di te e le mie conoscenze superano le tue, non per mio merito, ma perché appartengo ad una civiltà più progredita della tua. Chi ti ha affidato a me ti conosce bene, dopo avere studiato i tuoi ricordi: perché vuoi giudicare, invece di fidarti?’ ‘Scusami…’ – disse Esse accettando il rimprovero. Poi decise di mettere subito alla prova l’accompagnatore: ‘Avete scelto di vivere secondo la religione cristiana, chi vi assicura che vi porti alla felicità? Se ricordo bene anche il modo di agire di Dio è cambiato nel tempo…’ ‘Chiarisci’ – invitò l’altro. ‘Anche Dio cercò di imporre la Sua Legge, perché sapeva di non potersi fidare dell’uomo., ma in paradiso fu tradito da Eva e sulla terra Caino uccise…, quindi come potete sperare che tutte le persone che hanno accettato di sperimentare di vivere secondo la legge che avete adottato, continuino a rispettarla?’ ‘Credo che sia bene fare una breve chiacchierata prima di proseguire – lo invitò l’accompagnatore – Vieni, sediamoci qui da una parte…’
Si accomodarono in due comode sedie isolate, situate in uno slargo del corridoio, poi la guida cominciò…
CAPITOLO III
SPIEGAZIONI
L’uomo cominciò a parlare e andò avanti illustrando l’opera di Dio, dalla creazione degli spiriti a quella dell’uomo. Quindi ò ad illustrare la sfida in atto fra Dio e satana, parlò dell’infinito amore che pervade Dio, della venuta di Cristo, del destino finale dell’uomo e finì assumendo un’espressione beata mentre illustrava quanto sia bello vivere secondo la Parola. Affinché tu possa constatare come procedono in buona armonia le cose qui da noi, semplicemente basandoci sull’unica legge dell’amore cristiano, ti condurrò fra la gente, ci faremo ospitare da una famiglia qualsiasi; vedrai tu stesso che troverai un’ospitalità che solo la legge dell’amore può dare e che incontrerai solo persone che ti piaceranno. Non meravigliarti se ti tratteranno con familiarità, per tutti noi non esistono ‘stranieri’, ma ‘fratelli’. Io sarò con te e ti aiuterò a comprendere ciò che potrà sembrarti strano. Il mio racconto, per lungo e particolareggiato che possa essere, non riuscirebbe a convincere uno studioso per il quale ogni teoria è vera solo se convalidata dall’esperienza…’ – terminò l’uomo Esse era felice per quanto aveva udito: non dimostrava forse che le sue speranze potevano realizzarsi? Poco dopo era all’aperto e si osservava intorno, mentre l’osservatore era andato ad avvisare la famiglia che si sarebbe assentato per qualche giorno. Piante ben tenute fiancheggiavano le vie che si allontanavano a raggiera dal palazzo, e in alto le verdi chiome si sfioravano formando un gioioso tetto, che si apriva per un colpo di vento e lasciava filtrare i tiepidi raggi di luce inviati dal sole del pianeta. Le aree fra una via e l’altra erano soffici tappeti d’erba; uno abbondava di comode panchine per sedere, quello seguente era tappezzato da piccole, fitte e curatissime aiole, zeppe di fiori colorati; nel terzo alcuni recinti contenevano attrezzature varie adatte ai diversi giochi che alcuni bambini stavano facendo. Notò che non c’erano giovani in giro e rifletté che, data l’ora,
questi fossero a lavorare. Un altro aspetto che notò fu la pulizia. Per tutto lo spazio che vedeva non c’era una cicca a terra, né una busta di plastica, e nemmeno un pezzetto di carta. Il rumore dei bambini intenti a giocare non era sgraziato, non c’erano urli, ma trilli gioiosi di voci argentine. Li osservò correre, impegnati nei loro giochi e ammirò l’armonia che regnava fra loro: nessuna offesa, nessuno sgarbo, nessuna spinta voluta, solo gioia! . Stimò che l’età dei piccoli fosse compresa fra i cinque e i dieci anni e pensò che sulla terra i maggiori avrebbero dominato i più piccoli, allo scopo di vincere; qui, invece, accadeva il contrario ed erano i più piccoli ad avere la precedenza. Di quando in quando un gruppo di bambini lasciava il terreno di gioco e si dirigeva di corsa verso una panchina, dove una vecchia sorridente e vestita con abiti dai colori vistosi offriva loro dell’acqua e, ristorato, tornava a giocare. In queste corse per dissetarsi i maggiori giungevano per primi, ma non venivano serviti. Il primo ad essere servito era il più piccolo, spesso ultimo arrivato, poi a crescere fino al più grande. Nessuno protestava, nessuno cercava di are avanti ad un altro… erano calmi e tranquilli, troppo disciplinati per essere dei bambini! Stava ancora respirando a pieni polmoni quell’aria tersa e dai delicati profumi insoliti e rifletteva pensando di avere già trovato qualcosa da criticare: la troppa disciplina dei bambini, che stava osservando. Troppa disciplina sa di dittatura e limita l’estro e la creatività, sì lo avrebbe detto al suo colto istruttore. Pensava ancora al discorso che avrebbe fatto a Thos, quando gli si avvicinò un tale che gli disse: ‘Credo che sia tu il fratello che devo accompagnare, i tuoi abiti sono facilmente riconoscibili.’ ‘Ho già un accompagnatore – rispose. ‘Thos ha mandato me perché mi ritiene più adatto di lui a servirti.’ Ricordando la prima brutta figura che aveva fatto giudicando, il professore non ripeté l’errore e si limitò a dire: ‘Se Thos ha deciso così, senza dubbio ha deciso per il meglio; sarò molto grato anche a lei se vorrà occuparsi di me.’ ‘Ti insegnerò subito due cose – disse la guida – la prima è che a un fratello si dà del tu, l’altra è che sono io ad essere grato a te, perché mi permetti di servirti…’
‘Non sono così importante…’ – l’interruppe. ‘No, non è perché tu sei importante che ti servo, ma per amore di Dio, l’unico importante, che ci ha insegnato a servire. Servendo te, metto in pratica la Sua legge e Lo amo. Tu sei importantissimo, per me, perché mi permetti di amare Dio servendoti!’ ‘Ho tante domande da farti che non so da dove cominciare – Credo che ti stancherai presto di farmi da guida…’ ‘Non preoccuparti per me e lascia ogni tua ansia, qui non ne troverai…’ ‘Questa tua osservazione ha cambiato la precedenza nelle domande che volevo porti. Perché dici che qui non ci sono persone ansiose? Forse non hanno problemi?’ ‘Nessun problema! I problemi riguardano coloro che non hanno fede, noi abbiamo fede e non possiamo avere problemi. ‘Cosa mi stai raccontando? Tutti hanno problemi, più o meno grandi.’ ‘Ti sto dicendo la verità: noi non abbiamo problemi! Per farti capire dovrò fare un discorso lungo. Se ti annoierò, interrompimi.’ ‘Non mi annoierai, sono proprio curioso di sentire, perché tu stai superando le mie più rosee attese.’ ‘Vedi, ogni ansia e paura dell’uomo nasce dalla paura della morte, dalla mancanza di fede o dalla poca conoscenza della Parola di Dio. Qui tutti noi crediamo e sappiamo che la vita è solo un viaggio necessario per raggiungere la casa del Padre, dove sarà la felicità eterna. Immaginati la vita come una lunga strada, della quale non vedi la fine ma alla quale prima o poi giungerai – a questo, alla fine, credi anche tu, non è vero? Il professore assentì con alcuni cenni del capo e l’altro continuò: ‘La fine, quella che voi chiamate morte, noi la chiamiamo porta dell’Eden e non la temiamo, anzi desideriamo oltrearla presto, perché sappiamo che dopo di essa c’è la felicità eterna. Se non hai più timore della morte, molte ansie cadono, non credi?
‘Penso di sì…’ – ammise di nuovo il professore.’ Né ha più senso desiderare il possesso di molte cose – perché sai che dovrai lasciarle qui –, mentre con te, oltre la porta, porterai soltanto il bene che hai fatto e che rappresenta il vero tesoro che hai accumulato vivendo.’ ‘Ma le malattie, le guerre, i dispiaceri, la prepotenza degli altri… Come puoi pretendere di ignorarle? Sono pene e dolori che producono sofferenze e desideri di vendetta…’ ‘Analizziamole singolarmente… Malattie, hai detto? Credo che tu abbia già notato –se non ne hai avuto il tempo, te lo dico io – che qui da noi non esistono ospedali, medici e medicine servono soltanto a risanare piccoli inconvenienti. Curiamo chi si ammala seguendo la Parola di Dio: ci riuniamo intorno al malato, gli imponiamo le mani e preghiamo con fede il Signore, senza pretendere, ma fidandoci di Lui. Se Dio decide di guarire il malato, è cosa fatta; se, invece, ha deciso che per quello è giunta l’ora di oltreare la porta, allora il malato non guarirà, ma non è una tragedia per nessuno. Anche chi muore sa che in realtà va a vivere in eterno e nel Regno, alla presenza di Dio; è stato educato a credere che Dio è suo Padre, il più amorevole dei padri, come può temere di andare da Lui, dopo che qui ha vissuto seguendo il Suo messaggio d’amore?’ ‘Le guerre, hai detto? Ti risulta che ci sia mai stata una guerra nella quale nessuno dei contendenti desiderasse prendere qualcosa? Le guerre derivano dal desiderio di possedere, dalla concupiscenza dell’avere e, ancora, dall’ignoranza e dalla mancanza di fede. Sapendo che lascerai tutto e che potresti anche non fare in tempo a gustare quell’oggetto per il cui possesso ti sei battuto – perché nessuno sa quando muore –, sapendo che il male che hai causato… sarà quello che tu porterai con te oltre la porta e che di quello ti sarà chiesto conto…, credi ancora che abbia senso fare una guerra?’ ‘Tu la fai semplice! Se una nazione, un governo, entra in guerra contro un altro, i cittadini hanno il dovere di fare i soldati e battersi.’ – sbottò il professore. E la guida: ‘Purtroppo voi siete ancora sotto la legge! Non avete fede e vi necessitano regole umane da seguire. Come tutto ciò che è umano, anche le vostre leggi sono imperfette e restrittive, se decideste di applicare l’unica legge che ci ha dato il Creatore – legge semplice ed universale! – e decideste di fidarvi di Lui e avere
fede, allora non avreste bisogno di leggi, né di seguirle, perché sareste sotto la Grazia ! E non avreste neppure chi fa leggi sbagliate che vi costringano a fare guerre…’ ‘Mi stai descrivendo un’utopia! Chiunque abbia il compito di guidare uno stato, sarà sempre costretto a legiferare, dare regole comuni ai cittadini perché vivano in accordo; senza regole non può esserci una civile convivenza…’ – il professore aveva ancora dubbi. ‘La tua è la posizione di chi sta cercando una soluzione, la mia è quella di uno che questa soluzione l’ha trovata e la sta sperimentando con successo. Più che di parole, tu hai bisogno di vedere. Perché non vivi per qualche giorno fra la gente comune? Potrei farti ospitare in una famiglia, così potresti osservare, giudicare e credere…’ ‘Sono un forestiero e metterei in imbarazzo chiunque mi ospitasse. Dovresti rivolgerti ad una famiglia particolarmente civile, colta e aperta, ma così mi troverei a giudicare un elite che non rappresenterebbe il cittadino medio…’ ‘Sento che hai timore che io voglia imbrogliarti; ti farò ospitare da una famiglia semplice, di poca cultura, numerosa e dedita a lavori manuali, che abita in periferia… . Se sei d’accordo ti accompagno da loro…’ ‘Come potrò sdebitarmi con essi?’ ‘Sei una persona sensibile e deciderai tu stesso cosa fare per partecipare alla vita della famiglia senza pesare troppo sui componenti…’ ‘Ma hanno spese vive da sostenere per il mio mantenimento…’ ‘Fino a quando resterete in questo pianeta ne farete parte e sarà tutto il pianeta a mantenervi, non peserete su nessuno in particolare… Vedrai tu stesso, spiegarti sarebbe troppo lungo… Prendi con te soltanto quelle piccole cose personali alle quali la tua civiltà ti ha abituato e per il resto fidati di noi.’
CAPITOLO IV
Un’ora più tardi salirono sul tram elettrico che li avrebbe trasportati alla destinazione scelta dalla guida. Da quando erano arrivati il professore non aveva mai assistito al pagamento di un oggetto; aveva veduto persone che si comportavano come gente comune che fa spese, ma non aveva mai veduto circolare della moneta. Adesso che la guida avrebbe pagato i biglietti, avrebbe anche potuto vedere com’era la moneta circolante. Invece il tram partì senza che nessuno si fosse presentato a chiedere e il professore si rese conto che a bordo non c’era il controllore. La voce pacata dell’autista aveva avvisato che avrebbe chiuso le porte e sarebbero partiti. L’uomo alla guida, prima di spengere l’altoparlante, aveva augurato a tutti di fare un buon viaggio e aveva terminato inaspettatamente con un caloroso ‘Felice giornata a tutti!’ – che stabiliva subito un clima di cordiale amicizia fra i presenti. ‘Non ti ho veduto fare i biglietti…’ – osservò il professore ‘Biglietti!? – rispose la guida sorpresa – Già, c’è stato un tempo in cui era necessario comprare i biglietti, ma a quei tempi eravamo ancora su Terra – Madre e sotto la legge. Adesso non è più necessario acquistarli… e poi con cosa li pagheremmo, se non esiste più nemmeno il denaro? ‘Non esiste il denaro? – il professore restò a bocca aperta e continuò incredulo: ‘E come fate a comprare le cose che vi servono?’ ‘Non le compriamo, ci limitiamo a prendere ciò che ci serve nei vari negozi…’ ‘Gli ultimi non troveranno mai niente, perché i primi prenderanno tutto…’ ‘Cerca di sforzarti e di are dal modo di ragionare dell’infelice egoista che vive nella paura a quello dell’uomo misericordioso e felice che sa di avere tutto… Chi ha bisogno di una merce si reca nell’apposito negozio e prende quella tanta che gli serve. Non sceglie i pezzi migliori, ma osserva senza toccare e poi ne prende uno qualsiasi, sforzandosi di servire i fratelli anche in questo…’ ‘Quindi l’autista di questo tram lavora gratis? E chi lo obbliga?’
‘Tutti lavoriamo gratis e nessun capo ci obbliga, ma ciascuno è guidato dal desiderio di servire. Questo è uno stato dove vale la legge dell’Amore fraterno, ogni persona produce, lavora e usufruisce del lavoro degli altri.’ ‘Quindi ognuno fa quello che vuole? Ma così le cose non possono andare… sarebbe il caos! ‘Ti sembra che qui viviamo nel caos? Hai trovato società più ordinate e tranquille di questa? Se è così parlamene, perché noi desideriamo migliorare, se questo è davvero possibile’ ‘Non ho mai trovato civiltà più tranquille della vostra, ma mi chiedo come sia possibile una vita in cui tutto è lasciato al caso…’ ‘Qui niente è lasciato al caso, ma tutto è programmato minuziosamente perché questa società funzioni nel migliore dei modi. Non ti hanno parlato del lavoro dei nostri amministratori? ‘No, ma mi pare di capire che anche qui esistano dei capi…’ ‘Non capi, ma amministratori! Qui tutti i cittadini hanno la stessa importanza. Gli amministratori fanno stime di quante persone servono dedite ad ogni lavoro, cosicché tutti gli abitanti hanno un lavoro che è utile e necessario e al quale si dedicano sin dall’inizio del loro periodo produttivo. ‘Vuoi dire che ogni nuovo nato è destinato a fare un certo lavoro, senza che gli venga data la possibilità di scegliere? La guida osservò fuori dal finestrino, la campagna inondata di sole, spostò lo sguardo sui monti lontani e si rivolse nuovamente al vicino: ‘Il viaggio è ancora lungo e abbiamo tutto il tempo, per cui tenterò di farti capire come funzionano le cose… Un bambino che nasce ha davanti a sé cinque anni di libertà, durante i quali cresce e impara; al compimento del quinto anno uno dei genitori lo conduce nell’apposito ufficio, dove il piccolo viene studiato. Dal suo patrimonio genetico viene dedotto il tipo di lavoro o studio per il quale il soggetto è più naturalmente portato e la risposta viene data al genitore. Con questa conoscenza il padre si reca negli uffici del lavoro e chiede di poter
indirizzare il figlio verso quella scelta che gli hanno consigliato. Se ci sono ancora posti vacanti gli viene data l’autorizzazione, se invece il numero dei necessari addetti a quel tipo di lavoro è già completo, gli viene dato da scegliere fra un gruppo di lavori simili e per il quale il piccolo ha ugualmente attitudine. Una volta fatta la scelta, gli amministratori registrano che fra quindici anni ci sarà un nuovo pompiere, o contadino, fabbro o muratore, ingegnere o scrittore… ecc… Fino al momento in cui entrerà a fare parte della popolazione produttiva l’educazione sociale e religiosa del piccolo è lasciata alle cure della famiglia in cui nasce, mentre lo stato si occuperà della sua istruzione scolastica.’ Le cose che aveva udito avevano lasciato il professore pensoso a riflettere e la guida, notata la concentrazione dell’amico interruppe il racconto per lasciargli il tempo di assimilare. Mentre rifletteva, Esse continuava ad osservare intorno e fuori. A bordo c’erano poche persone, di età diversa, ma non più giovani… Tutte erano vestite in modo semplice: abiti puliti e fatti di stoffe dalle tinte allegre anche se sbiadite, come se tutti i presenti indossassero abiti vecchi. Erano scese e salite molte persone alle varie fermate: chi scendeva salutava e chi saliva faceva altrettanto e tutti avevano volti sereni. I rari giovani sorridevano mostrando dentature perfette, mentre i più vecchi si limitavano a sorridere con gli occhi. I vestiti degli uomini erano semplici, funzionali e puliti; quelli delle donne erano ancora semplici, ma più ricchi di fantasie allegre. I tagli degli abiti però – il professore se ne rese conto mentre osservava una bella ragazza – erano fatti in modo da non rendere provocante il fisico della persona che li indossava. ‘Se le ragazze della terra si vestissero con altrettanta modestia – pensò – a nessun uomo verrebbe in mente di violentarle…’ Essendogli venuti in mente pensieri rivolti alla sfera sessuale, volle indagare anche su questa e si rivolse nuovamente all’accompagnatore: ‘E i giovani? – disse – Come vanno i rapporti fra giovani? Si sposano, convivono o cosa altro?’ ‘I giovani sono giovani’ – gli rispose questi – Si frequentano, si conoscono e, quando nasce l’amore si sposano. Qui nessuno convive, le ragazze si sposano vergini e nessun giovane chiede più di un casto bacio alla ragazza che desidera come moglie. Qui nessuna coppia convive senza avere avuto la benedizione di
Dio; questo non perché sia imposto da qualche legge, ma perché –come già sai – noi siamo educati a vivere sotto la Grazia. Divorzio, convivenze, separazioni… sono errori che appartengono anche al nostro ato, quando vivevamo su Terra – Madre ed eravamo sotto la legge, da quando abbiamo scelto di fidarci di Dio, queste situazioni non esistono più…’ ‘Vuoi dire che qui non accade mai che una donna si venda?’ La guida sorrise prima di osservare disarmante: ’E a chi dovrebbe vendersi, se nessuno ha denaro?’ ‘D’accordo – insisté il professore – ma non può capitare che due giovani si lascino trasportare troppo dai sensi e finiscano col concedersi l’uno all’altra?’ ‘Per ora non è mai accaduto.’ ‘Forse perché non siete ionali?’ ‘Siamo persone con normali appetiti sessuali, ma per sbagliare è necessario essere tentati… e qui il tentatore è assente.’ ‘Vuoi dire che qui nessuno pecca mai? Avete cacciato anche il diavolo?’ ‘Ti ripeto che noi viviamo sotto la grazia, quindi peccare è impossibile; non perché noi siamo riusciti a tenere satana lontano da qui – e chi siamo noi, piccoli, per poterci opporre al suo immenso potere? – ma poiché la nostra ricerca di Dio è continua è Lui Stesso che ci tiene lontano il tentatore. ‘Siete così morigerati in tutto? Ma così facendo non vi private anche di molte sensazioni di intenso piacere? E non mi riferisco solo alla sfera sessuale…’ ‘Impariamo da piccoli ad essere felici in quello che ci viene dato: non abbiamo guerre né malattie, non abbiamo nemici e ci possiamo fidare di tutti; nessuno deve patire il freddo o la fame, la solitudine o la depressione; ogni marito ha la moglie più affettuosa che possa desiderare ed ogni sposa ha il marito più disponibile che immagini; i figli si sentono amati da tutti e rispettano ogni adulto… ti pare che ci venga donato poco? Gli sembrava troppa tanta perfezione e, quasi con cattiveria, cercò ancora di
trovare un punto debole: ‘È chiaro che per le vostre convinzioni, qui da voi è proibito anche l’uso di qualsiasi contraccettivo; le vostre famiglie dovrebbero essere numerosissime, mentre non ho notato troppi bambini… A meno che uomini e donne di qui abbiano desideri sessuali molto meno intensi dei nostri…’ ‘Vero che non usiamo contraccettivi, falso che i nostri appetiti siano inferiori ai vostri; purtroppo continui a non capire e a ragionare come chi non appartiene allo stato della Grazia. Tutti noi e gli sposi per primi – perché ad essi è dato il compito di procreare – sappiamo che ogni vita viene da Dio e che a Lui ritornerà. Lo crediamo e lo accettiamo. Gli sposi non cadono nell’errore di Adamo ed Eva, ma pregano Dio dicendoGli che loro sono disposti ad accettare una nuova vita se Lui li renderà fecondi e che, se deciderà in tale senso, allora ricordi che il bambino che verrà è una Sua creatura. Il Signore non tradisce mai. Egli sa che quelle due persone che si amano coi sensi non vogliono togliere niente a Lui, anzi applicano il suo comandamento, e penserà Lui a tutto: a non dare ad una coppia troppi figli che diventino pesanti da allevare e a prendersi cura di coloro che fa nascere. Da quando abbiamo scelto di vivere sotto la grazia, qui non ci sono mai state madri in pericolo di vita per un parto. Come vedi, credere ha i suoi vantaggi anche immediati.’ ‘Se Dio mandasse così le cose anche sulla Terra, allora…’ – sospirò il professore senza terminare la frase. ‘Dio vi lascia liberi di scegliere: se scegliete male non è colpa di Dio, ma colpa vostra!’ ‘Non abbiamo la vostra sapienza!’ ‘Noi siamo semplici e ci fidiamo di Dio’ ‘Ma avrete avuto qualcuno ad istruirvi…’ ‘Il tuo pianeta non ha forse ospitato il Cristo di Dio? Direi che nessuno ha avuto un Maestro più qualificato! Perché non Gli avete creduto? Noi ci abbiamo messo molto tempo, ma alla fine abbiamo capito.’
‘Era difficile! Gli uomini erano già preda di troppe ioni…’ ‘Anche noi abbiamo avuto un ato pieno di errori, ma a poco a poco siamo progrediti in conoscenza e in questo pianeta dove viviamo –come ti è già stato detto – sperimentiamo una via. Se questa via, basata sulla nostra religione, porterà alla felicità, allora anche gli altri stati ci copieranno e tutti gli altri popoli crederanno nello stesso Dio in cui crediamo noi. La storia dell’uomo, ovunque viva è solo una continua ricerca della felicità e Dio attende che ogni popolo comprenda che questa si trova solo nella Sua Legge. Avendo lasciato l’uomo libero di scegliere, Dio non può imporgli niente. Piano piano sarà l’uomo stesso a comprendere che l’unica via per poter vivere felici e in pace è quella di seguire Lui. Ogni altra dottrina o filosofia, inventata dall’uomo, sarà sempre imperfetta e apportatrice di guai. Prima della partenza da Terra – Madre, i vari stati che la formavano hanno sperimentato per anni ogni teoria che sembrasse donare a tutti pace e benessere, ma è stato invano. Soltanto noi, qui, ora cominciamo a credere di avere preso la via giusta. Nessuno sa quando sarà la fine dei tempi, noi crediamo che avverrà quando tutti gli uomini dell’universo avranno capito che l’unica via da seguire è quella insegnataci dal Creatore, che è l’unico Signore di tutto, ma che, per nostra fortuna, è anche un Dio Padre e buono, che ci ama di un amore infinito.’ ‘Quello che dici sembra accettabile e ha sufficiente razionalità anche per una mente speculativa, bisognerebbe solo decidere di provare, ma le tentazioni cui sono sottoposti gli uomini sulla Terra sono troppe, siamo ancora divisi e ostili tra noi. Non ci fidiamo l’uno dell’altro Non vedo come sia possibile arrivare all’attuazione di uno stato che viva sotto la Grazia…’ ‘Non disperare, voi continuate a cercare… Dio è dalla vostra parte e vi guiderà. La quantità di tempo necessaria per giungere ad accettare la Sua Legge dipende esclusivamente dalla fede e dall’abbandono che avrete in Lui. ‘Da come stanno andando le cose nel nostro pianeta, niente lascia prevedere una possibile vittoria di una religione che inviti all’umiltà e al servizio degli ultimi…’ ‘Forse siete ancora lontani, ma non disperare, perché Dio dirige la storia: Suo è il Regno e le cose andranno come Lui vuole; solo la lunghezza del tempo cambierà, dipendendo dalla vostra resistenza ai Suoi inviti…’
‘Spero che tu abbia ragione, ma non vedo come potrei far accettare sulla Terra – come convincere tutti – un modo di vivere simile al vostro!’ ‘Tu raccontalo, e quel seme che cadrà sulla terra fertile produrrà molto frutto…’ – finì la guida citando le scritture. Il capolinea del tram si trovava oltre l’estrema periferia, quasi in aperta campagna; il professore si alzò e seguì Khan – come gli aveva detto di chiamarsi la nuova guida che aveva sostituito Thos, – e gli sembrò del tutto naturale ripetere il saluto che l’altro rivolse ai eggeri che salivano: ‘Serena notte!’ – disse sorridente seguendo le parole dell’altro. Poi seguì Khan, mentre coloro che restavano a bordo contraccambiavano il saluto. Si diressero verso la campagna e presto la strada diventò un viottolo che serpeggiava fra i campi… Khan procedeva silenzioso e il professore cominciava a sentirsi stanco quando l’altro gli indicò il casolare cui erano diretti per chiedere ospitalità. ‘Non temere, c’è una strada migliore, ma questa è la più breve.’ – gli spiegò la guida, mentre si inoltrava per una stretta via priva di luce. Il professore rifletteva pensando che sulla Terra a quell’ora di notte non si sarebbe sentito tranquillo a percorrere una via sconosciuta, che serpeggiava fra colture e gruppi di alberi… con mille possibili nascondigli per un malintenzionato, mentre qui non aveva timori. Forse dipendeva dal fatto che il cielo era terso e una piccola luna dava un po’ di luce che rialzava il morale anche se non era sufficiente ad illuminare il cammino, o forse era la presenza della guida a dargli sicurezza. Si toccò il fianco, dove avrebbe dovuto trovarsi un’arma per difendersi, lo sentì vuoto ed ebbe un attimo di timore, subito fugato dalla voce della guida: ‘Ora vedrai cosa significa vivere in un mondo di fratelli…’ – gli disse dirigendosi verso la porta dell’abitazione di una cascina. ‘Conosci i proprietari? – domandò notando la sicurezza dell’altro. ‘No, ma sono fratelli desiderosi di servire…’ – gli rispose mentre bussava
leggermente alla porta e l’apriva senza attendere risposta. ‘Il Signore benedica!’ – disse Khan entrando e facendo segno di entrare anche a lui, che era rimasto –prudentemente o educatamente? – due i indietro. ‘Benedica!’ – rispose un coro di voci dalla stanza. E mentre anche il professore entrava e si accostava titubante a Khan, i presenti si alzarono dalle sedie e si fermarono davanti ai due. Li osservavano con curiosità, ma senza sguardi ostili o timorosi. Esse notò che erano una famiglia prolifica, infatti oltre i due genitori erano presenti anche quattro giovani, due maschi e due femmine, tutti ugualmente sorridenti e incuriositi. Il capo famiglia si presentò dicendo: ‘Io sono Ron, – e proseguì indicando gli altri componenti – mia moglie Zara, Hense, e Shase (le due ragazze), questo è Roddy, detto Rip, che ha dodici anni e questo altro è Zaudy, detto Zip,, di 7 anni. Come possiamo esservi utili?’ – finì rivolgendosi a Khan, mentre il professore rifletteva che sulla terra lui e l’amico sarebbero ancora stati fuori della porta a dare spiegazioni. ‘Sono Khan – rispose la guida – ed ho con me questo fratello che viene da un altro pianeta. Chiedo ospitalità per entrambi.’ ‘Siate i benvenuti. Daremo la stanza degli ospiti al forestiero, e faremo un posto per te… Avete mangiato?’ – finì l’ospite informandosi. Il professore stimò che avrebbe potuto dormire anche senza cena, perché non sentiva fame e le speciali pillole energetiche che aveva in tasca gli sarebbero state sufficienti a non sentire stimoli, pertanto fece un cenno che voleva significare di non avere necessità, ma Khan rispose che non avevano cenato e che avrebbe gradito un piccolo pasto. ‘In attesa che le ragazze preparino, sediamoci intorno al fuoco… – invitò Ron – forse l’astronauta avrà cose da raccontare a questi due giovanotti,…’ – finì accarezzando le teste dei figli. Esse avrebbe potuto raccontare cose interessanti, che avrebbero affascinato non solo i bambini, per giornate intere…, ma giudicò più importante il suo dovere di conoscere per riportare, così rispose:
‘Di fronte alla vostra civiltà mi sento un uomo primitivo… Non desidero far nascere la curiosità e il desiderio di viaggiare in questi due bambini. Dirò loro qualcosa che ne aumenti la saggezza e spero che Ron stia vicino a me per correggermi se sbaglierò.’ ‘Tu sei un uomo di scienza ed io un semplice agricoltore…’ – si sminuì Ro. ‘Ma tu sei un uomo felice, appartieni ad una civiltà molto più progredita della mia e vivi in un mondo che ha trovato il segreto che noi cerchiamo – replicò il professore, prima di rivolgersi a Rip e Zip dicendo: ‘Viaggiare per vedere cose belle è divertente, ma chi viaggia lo fa sempre perché sta cercando qualcosa. Nel pianeta dal quale provengo gli uomini non sono amici: si odiano e si fanno guerre, ci sono molti bambini malati e molti di più che soffrono la fame…’ ‘Non c’è da mangiare per tutti? – si informò Rip. ‘Ci sarebbe, ma è ripartito male: alcuni fanno indigestione e altri muoiono di fame…’sospirò il professore. ‘Se hanno fame perché non chiedono quello di cui hanno bisogno?’ – osservò Zip. ‘Anche se lo chiedessero nessuno lo darebbe loro, se non hanno con cosa pagarlo…’ Ron intervenne serio: ‘Non dire queste cose ai bambini, perché è pericoloso – sussurrò in modo che soltanto l’altro potesse udire – I bambini diventano la parola che ascoltano: se darai loro immagini positive e buone saranno buoni e positivi, meglio che non conoscano vie errate…’ ‘Scusami, come vedi sono io a dover essere educato prima di educare gli altri…’ ‘Eri partito bene: viaggia chi cerca e chi cerca non possiede la felicità – questo avevi detto, mi pare, non è vero? E a questo forse avresti voluto aggiungere: chi conosce il modo per essere felice non deve cercarne altri…’
‘Già…’ – ammise, mentre le due ragazze cominciavano a riempire i piatti con una minestra che emanava i profumi intensi di varie erbe. ‘Domani racconterò loro delle stelle che ho incontrato, soltanto le bellezze del creato, se vorranno udire altri racconti…’ ‘Questo mi pare bello e saggio…’ – osservò Ron – Ma adesso mangiamo…’ Il professore si avvicinò al tavolo ed osservò ciò che il suo piatto conteneva: non si era sbagliato nel giudicarlo un semplice minestrone. Invocò insieme a tutti gli altri la benedizione di Dio, poi mise in bocca il primo cucchiaio e restò sbalordito: nemmeno nei migliori ristoranti aveva potuto gustare sapori così intensi e delicati. ‘Non ho mai gustato verdure così saporite e profumate ‘ – ammise sincero e certo di fare un complimento alla cuoca. ‘Molte verdure sono buone da mangiare, nel tuo pianeta non le usate come cibo?’ – gli chiese la guida. ‘Sì’ – rispose -soltanto che non sono altrettanto buone; hanno minor profumo, sono meno saporite e più legnose. Quando ripartiremo mi darai dei semi da portare con me?’ ‘No – rispose l’osservatore – perché anche voi avete queste verdure e la bontà di queste che stai mangiando non dipende dal nostro pianeta, ma da come noi usiamo il suolo Se anche voi trattaste con amore la terra che calpestate, allora le erbe avrebbero gli stessi sapori che hanno qui.’ ‘Parli del suolo come se avesse un’anima…’ – osservò il professore. ‘No, ne parlo come di qualche cosa creato con grande amore e in perfetta armonia con le altre cose; nel tuo pianeta avete distrutto l’armonia: non rispettate ciò che vi è stato donato.’ ‘Cosa vuoi dire?’ – domandò ancora incerto. ‘Dai tuoi ricordi ho veduto un suolo contaminato da troppe sostanze nocive, per non parlare delle città, dove persone non buone producono sostanze che
provocano danni e non felicità a tutti.’ ‘È vero – ammise – abbiamo inquinato il suolo e le acque, ma adesso cerchiamo di rimediare al male fatto. Quanto alle droghe, alle quali mi pare che tu alluda, ogni stato fa quanto può per impedirne il consumo, ma è una lotta difficile… ‘Perché avete inventato cose che danneggiano l’uomo? Non avreste dovuto inventarle, così come non avreste dovuto inquinare il suolo. ‘Non sapevamo di farci tanto male!’ ‘Avete agito senza amore, schiavi dell’avere. Per riportare il vostro pianeta, il suolo, alla primitiva armonia dovete essere disposti a soffrire, perché soltanto il sacrificio in umiltà può far perdonare la colpa: soffrendo per amore potrete ristabilire quell’armonia che avete sciupato per avere usato poco amore o desideri smodati. Ma non mi sembrate così determinati e civilizzati per riuscire. ‘Vuoi dire che il mio pianeta è condannato alla fine?’ ‘Questo nessuno lo sa! Certo che voi lo trattate molto male! Se però sarete uniti e disposti a soffrire avete buone speranze di rimediare al male fatto. Uniti, tutti uniti! Credi che i tuoi fratelli riusciranno a comportarsi come se avessero un unico corpo, e ad agire con amore e spirito di sacrificio?’ ‘No – ammise il professore sconsolato – Gli uomini saranno sempre divisi da qualcuno o qualcosa…’ ‘Non abbatterti, anche noi lo siamo stati, fino a pochi secoli fa; adesso abbiamo trovato il modo giusto e speriamo che tutti gli altri lo adottino. Porta nel tuo pianeta questo seme, gli altri li avete già.’ ‘Oltre al seme che mi hai dato, perché non mi dai anche qualche suggerimento?’ ‘Sei qui e vedi da solo, sei intelligente e puoi trarre deduzioni: accetterai meglio una tua libera scoperta che dei consigli, poiché potresti sentirli come imposti o dimostrazione di superiorità da parte nostra…’ ‘Non mi sentirò offeso, ma grato: ti prego, dammi dei buoni consigli!’ ‘Non devi pregarmi! Si prega solo Dio! Io sono un tuo fratello e se mi chiedi di
servirti consigliandoti… beh, ti donerò il poco che posso… ‘I nostri antenati, quando si trasferirono qui da Terra – Madre, memori degli errori comuni fatti, stabilirono una prima regola da rispettare sempre nel nuovo pianeta: il rispetto delle cose. Cioè avrebbero trattato con amore sia la flora che la fauna e il suolo della nuova patria comune. Questa decisione ha impedito di riprodurre anche qui quelle invenzioni errate che avevamo sperimentato in Terra –Madre. Per rispettare il suolo, qui su Piccolo – che è il nome che abbiamo dato al nostro pianeta – non usiamo quei materiali che tanti guai ci avevano causato: niente di quanto usiamo qui può inquinare! E questo è un primo grande risultato. Non usiamo nessun tipo di plastica, né composti chimici che possano produrre alterazioni… ci fidiamo della natura e usiamo soltanto quello che ci è donato.’ ‘Ma certe invenzioni facilitano la vita!’ – osservò il professore che non riusciva a pensare un mondo senza tutta la tecnologia cui era abituato. ‘Solo a qualcuno e solo in apparenza! – ribatté il maestro, che continuò: ‘Un’altra regola stabilita dalla prima generazione riguarda proprio le invenzioni. I nostri progenitori stabilirono che non avrebbe dovuto essere immessa nel pianeta nessuna invenzione che non avesse potuto essere cancellata – se si fosse dimostrata dannosa – senza lasciare traccia. Così ogni nuova scoperta dei nostri scienziati, viene dapprima sperimentata in piccolo e se può essere inquinante – per il suolo o per le coscienze – viene rifiutata.’ ‘E l’inventore accetta? Una piccola scoperta può essere il risultato di anni di fatica e studio e chi l’ha fatta ha diritto ad averne un guadagno.’ ‘Chi l’ha fatta ha forse il diritto di fare danno agli altri fratelli? Una scoperta dannosa viene cancellata e chi l’ha fatta, se è in buona fede, si scusa per l’errore e non cerca gloria, perché qui – come ti ho già detto – alla base di tutto c’è il servizio e la gloria è solo per Dio.’ Il secondo piatto consisteva in un’abbondante insalata mista con una bistecca ben cotta. Il professore non aggiunse né sale né olio e dichiarò di non avere mai gustato sapori così intensi e buoni. ‘Già, rispettare il suolo e la fauna dà dei vantaggi, come vedi…’ – osservò la guida, che poi guardò il piatto del professore per chiedergli:
‘Non finisci la tua carne?’ ‘La sera non mangio molto…’ – si scusò l’interpellato. ‘Mangiare erba e carne non è ‘mangiare molto’. Vedrai che dormirai benissimo, fidati e mangia la razione che ti è stata data’ ‘Sono abituato a usare il pane…’ – osservò di nuovo il professore. ‘Accetta il nostro uso: la sera solo erba e carne, né pane, né altri farinacei… – vedrai che ti troverai bene…’ Il professore decise di fidarsi e finì quanto aveva nel piatto Aveva notato che sul tavolo non c’era vino, ma solo due boccali di acqua: possibile che su questo pianeta non conoscessero il vino? Ne avrebbe bevuto volentieri un buon bicchiere, forse anche due, sia perché c’era abituato, sia perché era curioso di assaggiare il vino che producevano qui. Dopo quello che aveva udito circa il rispetto per il suolo e per la flora, se producevano vino questo avrebbe dovuto risultare particolarmente sapido. Ma, forse, qui la bevanda era sconosciuta o, forse, la famiglia che li ospitava ne era sprovvista… così non ritenne opportuno chiedere. Quando tutti ebbero finito di mangiare, Ron fece un cenno ad una delle figlie. Questa si alzò, liberò la tavola dai piatti e dalle caraffe d’acqua e poco dopo posò nel mezzo una caraffa piena di un liquido rosso. Ron prese la caraffa e insisté per riempire lui stesso i bicchieri degli ospiti. Riempì per un terzo il bicchiere dei figli e per intero quelli degli adulti. Poi disse: ‘Ringraziamo il Signore per questo nettare che ci dona e facciamo due chiacchiere prima di riposare. Assaggiate questo vino e ditemi cosa ne pensate…’ – finì rivolgendosi agli ospiti. Il professore portò il bicchiere alle labbra, odorò il liquido e bevve una metà, poi staccò le labbra e guardò Ro dicendo: ‘Mai bevuto un vino altrettanto buono…’ ‘Prendine ancora… – suggerì l’uomo visibilmente lieto del commento – Questo vino lo facciamo noi con le poche viti che sono nell’orto. Se è buono è merito di
ciascuno di noi in parti uguali’ – finì. Il professore si servì un altro bicchiere, imitato dalla guida e da Ron e stavano per bere quando udirono bussare alla porta. ‘Avanti!’ – rispose Ron, ma Han si era già alzata in piedi ed era andata incontro al nuovo ospite. Il giovane che entrò doveva avere circa venticinque anni; aveva una corporatura snella e mani callose – cosa che il professore notò salutandolo –, ondulati capelli scuri e occhi chiari di un colore non bene definito ma insolito e gradevole. La poca barba era ben rasata e, nel complesso gli ricordava un giovanotto qualsiasi che si reca a trovare la fidanzata. Appariva come un bel giovane e l’aspetto sarebbe stato migliore se Gorry – nome dell’ultimo arrivato – avesse indossato abiti diversi da quelli che vestiva: vecchi, sbiaditi e con più di una traccia di rammendo. ‘Evidentemente appartiene ad una famiglia povera…’ – pensò Esse fra sé, ma Zip, avvicinatosi al giovane – che si era seduto vicino ad Han, intorno alla tavola – gli lisciò la giacca e chiese: ‘Quanti anni ha?’ –e senza attendere risposta si rivolse al fratello e aggiunse: ‘Vieni, Rip, vieni a sentire quanto è morbida!’ E anche Rip andò a lisciare l’indumento mentre il proprietario rispondeva con un certo imbarazzo: ‘Ha soltanto tre anni, ma io sono cresciuto e ho dovuto prenderne un’altra perché in quelle più vecchie non ci sto più. Quelle le usano i miei fratelli… Se vedessi! Ce n’è una che ha quasi dieci anni e credo che a te andrebbe bene.’ ‘Se tu non la usi, perché non me la regali?’ – domandò il piccolo. ‘Rip!’ – lo richiamò la madre. ‘Quando mio fratello non la indosserà più te la porterò: allora sarà ancora più bella!’ – promise il giovanotto, che subito dopo si rivolse al professore e ‘Tu sei uno dei fratelli venuti dallo spazio?’ – gli domandò.
‘Sì’ – rispose l’interpellato – Sono qui da pochi giorni e sono ospite della famiglia di Ron.’ ‘Tu sei ospite di tutti noi, anche di Gorry e degli altri – dichiarò l’uomo – Ancora non ti hanno spiegato come funzionano le cose su Piccolo?’ ‘Ancora non sa tutto – rispose la guida – ma mi pareva di avertelo già detto che la nostra è una sola grande famiglia e che quindi sei ospite di tutti, indipendentemente dalla casa che ti ha accettato’ – finì rivolto al professore. Questi ammise di avere dimenticato e cercò di spostare il discorso sul nuovo venuto. ‘Tu che lavoro fai?’ – gli chiese. Hense intervenne e spiegò con evidente orgoglio: ‘Gorry è il più giovane necroforo del comune. Il suo lavoro è molto utile non credi?’ ‘Non sono qui per giudicare, ma per imparare. Secondo me tutti i lavori sono utili, compreso quello di Gorry.’ Hense voleva dimostrare qualcosa che il professore, abituato alle malizie terrestri, capì subito; la ragazza prese ancora la parola per dire: ‘È vero che tutti i lavori sono utili, ma quanti ce ne sono umili come il suo? Chi più si umilia più segue l’invito della Parola, per questo sono così orgogliosa di lui!’ – terminò rivolgendo un dolce sguardo all’amico. ‘Volete parlare d’amore?’ – domandò Zara ai due giovani – Se è così lasciateci pure e cercatevi un posto dove le nostre chiacchiere non vi disturbino. Gorry rispose: ‘Sì, desideriamo parlare tra noi… Se è amore ve lo diremo appena saremo sicuri.’ ‘Che il Signore vi illumini!’ – li congedò Ron. Quindi si rivolse un’ultima volta al professore:
‘Cosa ne dici di bere un altro bicchiere? Mi è sembrato che ti pie e poiché domani è festa, possiamo dormire un’ora di più…’ Riempì soltanto due bicchieri e spiegò ai piccoli che lo guardavano: ‘Facciamo festa al nostro fratello che ci è venuto a trovare da così lontano…’
CAPITOLO V
OSPITE
Appena coricato udì ancora quel lieve ticchettio, che diventava presto un frusciare monotono e conciliava il sonno. Se fosse stato sulla terra avrebbe pensato che stesse piovendo, e lo avrebbe pensato anche qui se il cielo terso dell’intera giornata e le stelle che aveva osservato nel cielo pochi minuti prima, mentre si stava spogliando, non lo avesse fatto riflettere che quell’evento non era possibile, ma allora cosa poteva essere? Non voleva mostrarsi curioso forse violando un piccolo segreto di altri, ma rifletté che la sua curiosità sarebbe stata giustificata senz’altro e che quindi poteva alzarsi e dare una sbirciatina dalla finestra. Aprì le persiane e rimase di stucco: pioveva! Una pioggia ordinata e di media intensità stava inzuppando i campi e ripulendo l’aria. Ripensò allora che l’evento era accaduto anche nelle sere precedenti, quasi alla stessa ora; la cosa poteva spiegare anche l’aria tersa e profumata che aveva respirato i due mattini precedenti. Rimase appoggiato al davanzale ad osservare l’acqua e meditare. L’indomani mattina avrebbe domandato notizie anche sul clima. Non che avesse qualcosa da lamentarsi, infatti non gli era mai accaduto di avere una temperatura così gradita al suo fisico sia di giorno che di notte. La stagione poteva assomigliare alla primavera di un paese dal clima temperato – un giusto tepore durante il giorno e la giusta frescura nella notte – ma gli sembrava che qui fosse ancora più gradevole e forse il merito era proprio di quelle piccole piogge serali. Continuò ad osservare l’acqua che inzuppava il suolo arato dell’orto sottostante mentre il pensiero gli andava lontano: dapprima ai compagni di viaggio e poi alla Terra, ai suoi studi incompiuti, ai colleghi e ai pochi amici che aveva lasciato. Era trascorsa una mezz’ora dal momento in cui aveva udito il primo rumore delle gocce sui tetti, che la pioggia cessò. Era durata solo il tempo necessario a dissetare il suolo. Non richiuse le imposte per poter osservare, stando comodamente sdraiato sul letto, i mutamenti che sarebbero avvenuti nel cielo. E vide che le nuvole si dissolvevano velocemente, mentre tornava il sereno e riapparivano le stelle. Sembrava che la pioggia si fosse comportata come un solerte operaio che ha un lavoro da fare e, a lavoro
terminato, rimette tutto in ordine. Pregò brevemente e dormì bene fino alle prime luci dell’alba, che lo costrinsero a chiudere le imposte. Fatto nuovamente il buio nella camera, si rimise a letto e continuò a dormire fino alla sveglia. Aveva avuto il privilegio di avere una camera tutta per sé – mentre tutti gli altri dormivano nelle altre tre piccole stanze che oltre ai letti non dovevano contenere altro, data la mancanza di spazio. Si vestì con cura, cercando di apparire semplice ed ordinato, ma non elegante – in linea con le convinzioni di vita degli ospiti –, poi attese che gli altri fossero pronti. Poco dopo udì un breve suono, delicato ma di sufficiente intensità per svegliare tutti, e subito dopo udì voci seguite da tonfi sordi sulle pareti, mentre periodici scrosci d’acqua indicavano l’avvicendarsi in bagno. Quindi udì il rumore fatto dal vibrare dei vetri nel chiudere le finestre e subito dopo un busso leggero alla sua porta. Aprì l’uscio e disse: ‘Sono pronto, vengo subito.’ Varcò la soglia chiudendosi l’uscio alle spalle e si trovò nella grande sala fra tutti gli altri. Il padrone di casa aveva uno strano nome: Ron e quello di sua moglie non era certo meno strano: Zara. I nomi degli altri membri della famiglia erano altrettanto inconsueti e brevi. I due figli maschi, rispettivamente di sette e dodici anni, si chiamavano Zip il primo e Rip il secondo, mentre le due ragazze avevano nomi più dolci e altrettanto brevi: Hense e Shane. Shane aveva sedici anni, aveva un viso dolce ed un corpo grazioso. Pensò che sulla Terra, vestita in modo appropriato ad una ragazza della sua età, avrebbe fatto girare la testa a molti giovani mentre gli abiti che indossava potevano, al massimo, farla apparire carina, dato che neppure quelle povere vesti potevano mascherare la dolce armonia del suo volto e della figura. Hense aveva venti anni e si vedeva subito che era più donna della sorella. Anche lei aveva un bel viso, ma era dotata anche di curve sode che non metteva in risalto, ma non cercava
nemmeno di nascondere: quasi volesse dire che accettava la bellezza avuta in dono, ma non ne andava superba. Il tavolo era coperto da una candida tovaglia, sulla quale Hense depose due bricchi di latte caldo, Shane un bricco di caffè fumante e una zuccheriera, Rip le posate necessarie e alcuni vasi di marmellate mentre Zip –alto solo una spanna oltre il piano del tavolo – riuscì con evidente sforzo a deporre un grosso pane. Quando il tavolo fu preparato Ron e Zara si spostarono ad uno dei capi e restarono in piedi dietro la propria sedia indicando al professore di occupare il lato di fronte al loro; i quattro figli presero posto due per parte, i maschi dalla stessa parte del padre e le femmine da quella della madre, e tutti restarono immobili e silenziosi dietro la propria sedia. Il professore si era già seduto, ma vedendo che gli altri erano rimasti in piedi scostò nuovamente la sedia per prendere la stessa posizione. Forse per la sua espressione interrogativa, Ron credette opportuno spiegargli: ‘Prima di prendere le prime energie per vivere un altro giorno, ringraziamo Colui che ci dona tutto. Fece il segno della croce e, seguito dagli altri, iniziò una preghiera le cui parole il professore avrebbe ricordato e meditato a lungo. Il coro dei commensali pregava:
Al sorgere della luce ascolta, o Padre santo, la preghiera degli umili.
Dona un linguaggio mite, che non conosca i fremiti dell’orgoglio e dell’ira.
Donaci occhi limpidi Che vincano le torbide Suggestioni del male.
Donaci un cuore puro, fedele nel servizio e ardente nella lode
Guida i nostri i Secondo il Tuo volere, Per la Tua Gloria E la nostra vita eterna. Amen.
Quando Khan lo aveva lasciato solo, due giorni dopo il loro arrivo, il professore aveva provato una certa insicurezza iniziale; Ron se ne era accorto subito e aveva pensato di trattare l’ospite con maggior familiarità, per fugargli ogni fantasma… ‘Fino a quando non tornerà la tua guida considerati uno della famiglia – aveva cominciato – Noi ti tratteremo come se tu fossi il nonno che ci ha lasciati da pochi mesi, con lo stesso rispetto, affetto e familiarità.’ ‘Desidero solo osservare e chiedere, ma sarei lieto di potermi anche rendere utile a voi tutti…’
‘Non credo che tu sia pratico dei nostri lavori…’ – aveva obiettato Ron – Dedicati pure a quello che vuoi, non abbiamo bisogno del tuo aiuto.’ Nonostante il tono usato, le ultime parole potevano ferire un animo delicato e a rilevarlo per prima fu Shase: ‘Padre, perdonami, ma hai usato male le parole; il tuo messaggio forse ha ferito il nostro ospite… Permettimi di chiarire…’ Mio padre non desiderava essere duro come le parole che ha pronunciate, voleva solo essere chiaro e dire che l’aiuto di una persona non pratica spesso aumenta il lavoro degli altri, anziché diminuirlo. Comunque sia lui che noi ti siamo grati per la tua offerta e io l’accetto a nome di tutti e credo che saresti davvero molto utile se ti occui di Zip e Rip’– finì Shause, mentre Ron assentiva e consigliava: ‘Ricordati soltanto di farli aumentare in saggezza e umiltà, come avevi ben iniziato ieri e se hai bisogno di aiuto chiamami’ Poco dopo il professore seguiva i due piccoli che gli erano stati affidati attraverso i campi. Sorridendo fra sé pensava che se lo avessero potuto vedere i suoi colleghi di un tempo, chi sa cosa avrebbero detto! Eppure qui gli veniva del tutto naturale fare il babysitter, quasi che fosse un diciottenne in cerca dei primi guadagni. I due bambini continuavano a procedere di buon o e ad ignorarlo, finché chiese loro: ‘Dove stiamo andando?’ ‘Dobbiamo visitare alcuni nidi…’ – spiegò Rip. ‘Non dovete spiare i nidi – osservò il professore ricordando la propria infanzia in campagna – perché i genitori abbandoneranno i piccoli…’ ‘Noi non tocchiamo niente – assicurò Zip – ci limitiamo a raccogliere da terra gli uccellini nudi che cadono dal nido e li rimettiamo a posto. Lungo quella siepe ci sono molti nidi e ogni tanto capita che un uccellino cada fuori. I loro genitori sanno che noi li prendiamo in mano per rimetterli al loro posto e non si spaventano per la nostra presenza. Tu fermati qui e guarda…’ – finì. Continuò ad osservare da poco distante e vide i due bambini che si inginocchiavano ai lati della siepe e continuavano a guardare dentro. Ogni tanto
li vedeva allungare un braccio verso l’interno e contemporaneamente udiva un cinguettare affannoso che non poteva che provenire dalle gole dei volatili genitori. Gli era sembrato strano che quando i due piccoli erano giunti vicini alla siepe alcuni uccelli fossero venuti da lontano per tuffarsi fra quel verde, ma poi capì: gli animali non temevano i due bambini, anzi! Al loro arrivo rientravano al nido per vedere se c’erano figli bisognosi dell’aiuto degli uomini. E vide dei eri continuare a frullare intorno ai due monelli che si allontanavano, posandosi per brevi istanti sulle teste o sulle spalle, quasi a ringraziarli del loro operato. Questa amicizia fra uomo e animali – questa armonia nelle cose! – commosse il professore che pensò che per poter vedere o immaginare una scena simile sulla Terra era necessario pensare a San sco, mentre su questo pianeta bastavano due semplici scugnizzi. I bambini si fermarono vicino a lui e Zip gli chiese: ‘Hai notato che non hanno paura di noi?’ ‘Sì – rispose – e di me avrebbero paura?’ ‘Di te non sanno se sei loro amico… – spiegò Rip –, mentre sanno che di noi si possono fidare…’ ‘Già. – ammise il professore e poi domandò – ‘Oggi non avete scuola?’ ‘Sì – risposero in coro – prima serviamo te, poi faremo una corsa. Non arriveremo tardi, la scuola non comincia prima delle nove.’ Il professore rise fra sé: così quei due bambini erano convinti di servire lui e non del contrario? Forse era bene punire questa loro piccola superbia e credette opportuno ricordare loro che Ron li aveva affidati alla sua custodia e non viceversa… Le risposte che ebbe gli fecero sorgere dei dubbi. ‘L’ha fatto per non offenderti, ma noi andiamo tutte le mattine da soli a fare questo giro…’ – osservò Zip e Rip aggiunse: ‘Noi siamo contenti di averti in nostra compagnia e siamo contenti che tu stia volentieri con noi, perché questo significa che sei buono.’ ‘Ah sì?’ – commentò l’adulto.
‘Sì – spiegò uno dei piccoli – Nostra madre dice che soltanto le persone poco buone non stanno volentieri coi bambini.’ ‘Qui ci sono persone cattive?’ – s’informò il professore. ‘Cattive?’ – chiese Rip. ‘Cosa significa ‘cattive’?’ – chiese Zip. Il professore si meravigliò, ma prima di spiegare ricordò l’invito alla prudenza avuto da Ro e si limitò a rispondere: ‘Niente… volevo dire non buone.’ ‘Noi non ne abbiamo mai incontrate’ – gli risposero in coro. Si sarebbe meravigliato di avere una risposta diversa e decise di non porre altre domande prima di avere chiarito alcuni punti con Ro. Mentre continuavano la eggiata e rientravano a casa in tempo perché i piccoli si recassero a scuola, il professore continuò a cercare spiegazioni sul sottile modo di fare degli ospiti che era sicuro di avere capito. Ron era un adulto saggio e non poteva avere consegnato lui, professore, ai due bambini – come gli avevano detto questi – però, se aveva messo le cose in modo tale che i due fossero convinti di ‘servire’, questo non era affatto condannabile, anzi era in linea con l’educazione che davano ai bambini su Piccolo… Comportandosi come aveva fatto, Ron aveva messo tutti –bambini e lui, nella giusta convinzione di ‘servire’, e i piccoli sarebbero stati due volte lieti: ubbidivano a Ron, servivano un fratello e il tutto divertendosi. Poco più tardi i vari componenti della famiglia uscirono per dedicarsi ciascuno al proprio lavoro. Ron partì guidando un piccolo trattore alimentato con un gas del quale non disse il nome, mentre tuonò deciso:’Niente petrolio o derivati! – e si inoltrò fra i campi; Zara disse che avrebbe preparato il pane e invitò Hense a preparare la legna necessaria per scaldare il forno, mentre Shase andava nell’orto a cogliere verdure, una piccola parte delle quali sarebbe stata utilizzata per il fabbisogno della famiglia, mentre la parte maggiore sarebbe stata consegnata alla donna che si occupava di uno dei punti di distribuzione, alla periferia della città.
‘Sii saggia nello scegliere e attenta a rispettare le piante!’ – avvertì Zara. Rimasto solo, il professore si rese conto di non essere di alcuna utilità e avvertì l’impotenza di potersi rendere utile. Qui non aveva altro da imparare, mentre gli sarebbe tornato utile conoscere come funzionavano le cose in generale, per poter dare suggerimenti quando fossero tornati sulla Terra. Non poteva però chiedere di essere trasferito presso un’altra famiglia e magari che questa fosse in grado di rispondere agli interrogativi che ancora aveva, non voleva approfittare della disponibilità dimostrata dagli indigeni: se avesse superato il limite concessogli non avrebbe forse messo a repentaglio la riuscita del viaggio e, forse, la possibilità di tornare sulla Terra?’ Dopo il pranzo di domani tornerò per farti fare altre esperienze…’ – aveva promesso la sua guida lasciando la casa di Ro. ‘Dimmi una cosa – aveva chiesto il professore – da quando siamo arrivati sono stato così occupato dall’osservare tutte le novità che ho dimenticato di chiederti notizie del giovane che avete affidato ad un’altra guida.’ ‘David è ospite di una famiglia, come te, insieme alla guida che gli è stata data. Non preoccuparti per lui; se lo desidererai te lo farò incontrare…’ ‘Grazie…’ – aveva accettato il professore rassicurato. Il pomeriggio sarebbe uscito con la guida, ma sprecare quelle ore del mattino restando in casa gli sembrava stupido, così decise di uscire per fare una eggiata fra la gente. Poiché la città era distante, il professore si guardò intorno e notò che a meno di un chilometro dal punto in cui si trovava c’era una piccola collina, poco più di una gobba del terreno, ma dalla cui sommità avrebbe goduto un vasto panorama; inoltre la collinetta appariva di un bel verde che invitava a curiosare fra gli alberi. Prese un bel respiro e si incamminò deciso verso l’altura.
CAPITOLO VI
Il giovane comandante dell’astronave era ospite di una famiglia con le stesse abitudini di quella di Ron. Il capofamiglia si chiamava Zano e sua moglie Zania; avevano tre figli: due maschi di trenta e venticinque anni, rispettivamente Kope e Gigs, e una femmina di tredici anni: Shela. Zano e sua moglie erano persone dotate di buona cultura e dedite a ‘semplici lavori organizzativi’ – come aveva raccontato Zania, senza specificare altro e David, temendo di essere giudicato troppo curioso, si era accontentato. Anche i figli dei due non si occupavano di lavori manuali: Kope era un giovane ricercatore occupato dentro il Centro Studi ed era un bravo matematico. Non appena David lo seppe, chiese subito alla guida che gli era stata data di essere affidato a lui, se la cosa era possibile, perché era uno studioso della stessa materia ed era certo che si sarebbero compresi alla perfezione. ‘Se credi che Kope possa servirti meglio di me, ti affiderò a lui – rispose la guida – Darò a lui le conoscenze che ho avute io e, se lui accetta, potrò tornare al mio lavoro a servire altri…’ David credette opportuno specificare: ‘Sto bene anche con te, sei molto gentile e saggio, ma Kope ha la mia età e fa il mio stesso lavoro…’ ‘Lo so – rispose l’altro – Kope ha molti pregi, gli manca soltanto un po’ di saggezza. Quando sarà necessaria, meglio che tu ti rivolga ai suoi genitori…’ Si abbracciarono e la guida lo lasciò augurandogli un fraterno:’Dio ti assista!’ I due giovani sedettero in un giardino, pieno di gradevoli odori, sotto un pergolato per una prima conoscenza: ‘Mi dispiace averti allontanato dai tuoi studi per farti occupare di me’ – disse David. ‘Gli studi servono a progredire nella conoscenza del Signore – precisò Kope –
mentre servire te significa obbedire a Lui, e questo è più importante. Sono io che devo ringraziarti perché mi permetti di servirti.’ ‘Da quello che ho capito ci occupiamo di materie simili, anch’io sono uno studioso della matematica e della fisica. Penso che, se vuoi, mi potrai insegnare molte cose che noi ancora non conosciamo.’ ‘Forse, ma quale merito avresti se ti fi dono di qualche scoperta scientifica per la quale non hai lavorato e che nel tuo pianeta potrebbe risultare pericolosa, dato che siete ancora troppo lontani dalla Sapienza vera?’ ‘Quindi non mi farai regali di scienza?’ ‘Ogni civiltà deve progredire dapprima in sapienza e dopo nella conoscenza, affinché la troppa conoscenza venga usata non bene e risulti non buona. Però accetterò di parlare con te, fino alle tue conoscenze. A quale livello di conoscenza siete nel tuo pianeta? ‘Cerchiamo di applicare pacificamente E= mc2, anche se all’inizio abbiamo fatto solo bombe.’ ‘E voi a che livello siete?’ ‘Noi abbiamo una perfetta conoscenza della materia e siamo dediti alla conoscenza di Dio, ad attuare la Sua legge e a conoscere i suoi sentieri, perché questa è la vera sapienza: la conoscenza della strada giusta per giungere alla felicità eterna!’ ‘Quindi avete terminato ogni ricerca fisica…’ ‘Solo in senso materiale, di pura materia, infatti stiamo cercando le leggi che governano il pensiero.’ ‘Ho anch’io una mia teoria sul pensiero…’ – David non riuscì a trattenersi. ‘Vuoi dirmela? Forse ci aiuteremo a vicenda’. ‘Io credo che il pensiero sia una speciale radiazione, ancora corpuscolare, ma questa volta le particelle sono talmente piccole da non essere rilevabili da alcuno strumento materiale. Credo che il pensiero sia un regalo che Dio ha fatto agli
uomini perché possano comunicare direttamente con Lui – e viceversa – senza possibilità di intrusioni o violazioni di segreti.’ ‘Sono convinzioni anche nostre – questo è l’inizio –, ma siete fermi qui o avete cominciato a quantificare e sperimentare qualche legge?’ ‘Siamo fermi all’inizio. Anzi, questa teoria è ancora condivisa da pochi e avversata da molti, facile capire il perché.’ ‘Invece non capisco…’ – si stupì Kop. ‘Forse perché qui siete lontani dalle condizioni esistenti sulla Terra. Sul mio pianeta troppi studiosi e pseudo ricercatori sono materialisti, atei convinti, e ammettere che ci sono ‘corsie preferenziali’ non analizzabili perché superiori ai nostri mezzi, sarebbe un tacito ammettere che esiste qualcuno più grande dell’uomo e della materia di cui siamo fatti. Nella nostra civiltà dell’avere fa più comodo pensare che Dio non esiste. ‘Sento che siete ancora lontani, chi sa quali brutte prove dovrete superare per arrivare alla conoscenza vera! Forse la scienza potrà darvi un aiuto a credere tutti nello stesso Dio, o almeno nella Sua esistenza. Con questa speranza ti farò un piccolo regalo. Piccolo, perché è oggetto di studio anche qui da noi e ancora non vediamo come sperimentare per convalidare una formula che conosciamo da secoli e che ci fu lasciata dal primo che fece quella teoria sul pensiero che ti affascina… Questo studioso era un giovane ventenne, che si ritirò a vivere in una grotta, dedito alla meditazione. Ci ha lasciato prima di raggiungere i trenta anni e dalle carte trovate nella grotta si sono potute ricavare soltanto poche informazioni dei suoi studi sul trascendentale. Sul margine di uno dei fogli trovati, c’era appuntata una formula F = d2v/dt2! – Facile vedere la somiglianza con la nota: F = ma, che ben conosciamo, ma nella sua formula era scomparsa la massa. L’ultima cosa scritta nel diario ritrovato è questa frase:’ Ho trovato come fare l’esperimento’ – ed è tornato dal Creatore quello stesso giorno, senza scrivere altro.’ ‘Abbiamo chiacchierato molto ed è ora di mangiare, vieni, torniamo in casa… – invitò Kope – dopo pranzo usciremo fra la gente.’
Mangiarono cose semplici e gustose in piena concordia e serenità. Quando
ebbero terminato, tutti dettero una mano a sparecchiare la tavola, poi Zania cominciò a lavare i piatti e la piccola Shela ad asciugarli, ma non aveva ancora finito col primo che si sentì sollevare da terra: ‘Sappiamo tutti che sei una brava bambina, ma ho udito le tue amichette che sono fuori a giocare, vai anche tu; oggi voglio aiutare la mamma io, perché non l’aiuto quasi mai’ – rise Kope deponendo la sorellina qualche metro più in là. ‘Sono cose da donne ed io devo imparare e servire’ – rispose Shela. ‘Qualche volta lascia servire me che sono più grande’ – ribatté il fratello spingendo la piccola verso l’uscita. ‘Ti dispiace aspettarmi qualche minuto?’ – disse rivolto a David – Mi piace trattare Shela come una bambina – mi illudo che cresca più lentamente – e mi piace anche aiutare mia madre…’ ‘Fai pure, io non ho niente da fare…’ – rispose David, che si sedette da una parte, ammirato da tanta serenità familiare. Immaginò di far parte di quella famiglia per gustare l’armonia che regnava nella casa… Poi, mentre attendeva di uscire insieme al fratello che l’ospitava e che si sarebbe occupato di lui, rifletteva, ancora incredulo sul tipo di società che aveva trovato. Quante volte aveva tentato di immaginare una società perfetta, senza guerre né odi, fatta di uomini uguali, civili e buoni, pronti ad aiutarsi l’un l’altro! Eppure ogni volta aveva dovuto concludere che una simile società non era possibile. Era giunto a dubitare della ‘ricetta’, giungendo perfino ad avere dubbi sulla Parola, e invece, adesso, si trovava a vivere una realtà che, se non stava sognando, era proprio basata sugli insegnamenti di Cristo. Allora era possibile! – e quel tipo di società perfetta non era riservato soltanto agli spiriti che avrebbero popolato il Paradiso, come aveva immaginato! Già, sulla Terra la dottrina di Cristo sembrava un’utopia, però la gente del pianeta in cui si trovava era riuscita ad attuarla… o anche qui era soltanto un sogno di poche persone? Fra poco sarebbe uscito insieme al suo ospite, fra la gente comune e avrebbe potuto scoprire la ricetta per far funzionare le cose in quella maniera meravigliosa. Mentre attendeva che l’altro fratello fosse pronto – ‘Che strano – pensò – mi viene spontaneo pensare a lui come a un ‘fratello’ eppure lo conosco appena – vide un giornale appoggiato sopra un tavolo e decise di leggere: una prima conoscenza delle cose l’avrebbe avuta, forse, proprio da
quelle pagine… Il giornale che prese consisteva di un unico foglio piegato in due per un totale di quattro pagine. Aveva un titolo chiaro e semplice: ‘NOTIZIARIO COMUNALE’ e gli articoli erano scritti con caratteri abbastanza grandi. Cominciò col leggere l’editoriale; sul primo sorrise incredulo, poi scosse la testa come se stesse leggendo assurdità e infine rimase preso da ciò che leggeva… L’articolo cominciava. ‘Il Signore non è molto contento di noi’ – e questa prima frase l’aveva fatto ridere: parlavano del Signore come se Questi fosse stato il Presidente dello stato! La seconda frase diceva: ‘Forse è tempo che facciamo qualcosa!’ – e questa gli aveva fatto scrollare il capo: dunque anche qui le persone riconoscevano di non riuscire a fare tutto ciò che dovevano! Ma dalla terza frase cominciò ad attendere prima di giudicare. Lo scritto continuava: ‘Ieri nella nostra città sono nati cinque nuovi fratelli, uno dei quali, Ren, è nato cieco. Da dieci anni qui non erano più nati bambini menomati ed è quindi necessario fare alcune considerazioni. Se le nostre (poche) preghiere e il nostro modo di fare fossero stati secondo i desideri del Signore, Questi non ci avrebbe mandato un nuovo fratello a soffrire. Ogni volta che incontreremo Ren, ciascuno di noi si dovrà sentire un poco colpevole per la sua disgrazia e dovrà ringraziarlo per le sofferenze che lui saprà offrire per ciascuno di noi. I genitori del piccolo cieco non sono ‘i colpevoli’, ma ‘i benedetti’: ricordiamo infatti che il Signore dà carichi maggiori agli spiriti più grandi e che più ama… Chi di noi, al cospetto del Signore, potrà vantarsi di avere sofferto quanto i genitori del piccolo o quanto il piccolo stesso? Quindi, se ci amiamo – come dovremmo! – dovremmo anche riflettere seriamente e dedicare maggior tempo alla preghiera e alla lode. Sbrighiamoci a migliorare, per non causare altre sofferenze ai nostri fratelli, vivi o nascituri!’ David alzò gli occhi e sentì che una lacrima gli scorreva lungo una guancia; l’asciugò, respirò profondamente e ò a leggere gli altri scritti, rinviando alla sera le proprie riflessioni. Nella seconda pagina c’erano poche brevi notizie: un primo articolo, contornato da gioiosi disegni di fiori, annunciava brevemente: ‘Durante questa ultima settimana il Signore ha giudicati degni di essere
riammessi nel Suo Regno i nostri fratelli: seguiva una lista di nomi, con un numero che indicava l’età di ciascuno dei defunti. L’articolo terminava con una breve considerazione: ‘Dalle statistiche rileviamo che sta aumentando l’età media dei riammessi al Regno. I nostri antenati, quelli della prima generazione, avevano un’età media inferiore a 60; oggi è superiore a 80. Poiché gli anni da vecchi sono quelli della saggezza, si vede che, rispetto ai nostri avi, stiamo peggiorando poiché il Signore ha bisogno di un tempo più lungo per poterci riammettere alla Sua presenza. – Anche in questo articolo si parlava del Signore e del Regno come se fossero il primo ministro e lo stato! Ma si parlava anche della morte ed era evidente che queste persone, anziché temerla, l’attendevano come il premio della vita. ‘Questa gente crede davvero alla dottrina che pratica!’ – pensò – Per loro Dio è reale più che il capo dello stato fra noi!’ – e continuò a scorrere le pagine. La terza pagina elencava le richieste che l’amministrazione aveva ricevuto da parte dei cittadini (nuove strade, riparazioni di edifici, livellamenti…), le decisioni prese e i nomi delle ditte che avevano avuto i vari incarichi; ogni ditta era seguita da un numero fra parentesi – numero che rappresentava il totale dei dipendenti – e si poteva notare che molte delle imprese non erano più numerose di una piccola associazione… Una, che lo colpì particolarmente, era composta da cinque addetti: nonno, due figli e due nipoti. Il giornale invitava i cittadini liberi a dare un aiuto alle ditte bisognose,’secondo quello che è sempre stato il nostro modo di vivere’: Un simile invito in un giornale terrestre avrebbe guadagnato il ricovero in un manicomio all’articolista! Nella seconda metà della terza pagina erano riportati gli orari dei tram, quello delle messe nelle varie chiese, l’orario di apertura di mostre, gallerie e negozi… Nella quarta pagina c’era la posta: lettere pervenute al giornale e risposte varie. David ne lesse alcune qua e là, ma non gli dissero niente di nuovo finché non lesse la lettera di un giovane che si lamentava perché a lui non piacevano i vestiti che era costretto a indossare. Che male avrebbe fatto scegliendo i vestiti più nuovi e con bei colori, al posto di abiti dai colori sbiaditi? Perché era costretto a indossare gli abiti nuovi in casa o durante il lavoro, mentre per uscire fra gli altri doveva preferire gli abiti più vecchi? La risposta era molto breve:’Ecco uno che non ha ancora capito la non bellezza delle cose nuove e la bellezza delle cose usate. Cosa posso dire a questo giovane se non di fidarsi della saggezza degli altri e delle generazioni precedenti che ci hanno consegnato una società felice? Parla del tuo problema con una persona saggia, perché mi pare che nella tua
educazione ci siano gravi lacune.’ David non poté fare a meno di giudicare: ‘Questo giovane desidera soltanto essere elegante e apparire più bello, cosa c’è di male?’ – poi si sorprese a ricordare una discussione simile che aveva avuto quando frequentava ancora le elementari e interrogava suo padre… Erano andati a fare la consueta eggiata e David aveva indossato un elegante abito nuovo che gli piaceva. Mentre camminavano la stoffa nuova continuava a sfregargli le cosce e quando si erano fermati si era reso conto di avere un fastidioso e doloroso prurito. Si era massaggiato l’interno della coscia sinistra, grattandosi leggermente, con l’unico risultato di acuire il dolore ed il prurito. Stizzito aveva interrogato il padre… Il genitore gli aveva sorriso prima di osservare: ‘Se tu non avessi desiderato apparire troppo elegante e avessi indossato abiti già usati, allora non ti sarebbe accaduto niente. Invece, per apparire più bello, hai preferito un abito nuovo e nessuno sa come si comportano le cose nuove…’ Anche suo padre lo aveva invitato a fidarsi delle cose che conosceva e alla prudenza con le novità sconosciute… Lasciò perdere i ricordi per riprendere i contatti con Kope che gli faceva cenno di seguirlo. ‘C’è qualcosa in particolare che desideri vedere o sapere?’ – gli domandò appena furono fuori. ‘Come puoi insegnarmi se non sai niente di me né del mio mondo?’ – rispose David. ‘Sbagli, perché io so tutto di te e del tuo mondo.’ ‘E com’è possibile?’ ‘Durante la breve visita che avete subito al vostro arrivo, le macchine hanno decifrato la storia del vostro pianeta elaborando le vostre conoscenze e i vostri ricordi. Poiché era deciso che ci saremmo occupati in particolare di te e del tuo
amico – per quel vostro gesto di tendere con fiducia la mano ad uno sconosciuto – le macchine sono state programmate anche per recepire la tua storia personale, che poi sarebbe stata immessa fra le conoscenze della persona destinata ad occuparsi di te. La guida che ti ha lasciato mi ha ato la conoscenza della tua storia personale.’ ‘Vuoi dire che tu conosci la mia vita quanto me? Che sai tutto quello che ho fatto? Che potresti sostituirti a me?’ ‘So cosa ti è accaduto e quello che hai fatto; non conosco le motivazioni che ti hanno spinto ad agire in un modo o nell’altro; non potrei sostituirmi a te perché non saprei agire secondo i tuoi schemi mentali e le tue convinzioni. Ti conosco solo quanto basta per poterti aiutare. Le macchine sono state programmate per fornire alla guida soltanto gli elementi necessari alla sua buona operatività e non per conoscere i vostri segreti personali. Noi agiamo sempre con il massimo rispetto: si tratti di persone o cose…’ ‘Se mi conosci sai anche chi sono e cosa può interessarmi…’ – osservò il giovane, dubitando un po’ della sapienza dell’altro. ‘Credo che ti interessi conoscere come funzionano le cose qui da noi; come siamo organizzati e strutturati…’ ‘Hai indovinato perfettamente!’ – ammirò, rimangiando il dubbio avuto poco prima. ‘Allora consiglierei di partire dalla visione diretta della vita della gente; aggiungerò ogni volta quello che non puoi vedere, cioè quello che sta dietro quella azione: l’educazione, la scuola, lo stato…’ ‘Sono completamente d’accordo’ – approvò David. ‘Preferisci uscire a piedi o in auto? ‘Come vuoi tu.’ ‘Suggerisco di fare dapprima un giro in auto e dopo faremo una eggiata fra la gente.’ Scesero nel cortile e salirono su una delle auto parcheggiate. David notò che
queste erano tutte uguali – cambiando solo nei colori – e domandò subito: ‘Avete auto di una sola marca?’ ‘Provengono da varie fabbriche, ma quello che vedi è l’unico modello attualmente in produzione.’ ‘Mi sembra una decisione strana, per non dire errata…’ – osservò il terrestre. ‘Invece è saggia, perché nessuno sarà tentato di distinguersi per il possesso di un’auto – rispose la guida, che continuò a spiegare – Qui tutti possono avere un’auto; ogni cinque anni è ammesso restituirla e prenderne un’altra –ancora uguale alle altre. Tutte le auto hanno la stessa potenza, pari ai vostri 70HP e sono costruite in modo da avere una velocità massima di 50 km/h. Non vengono fabbricate, né ammesse auto diverse. Come vedi sono a due o quattro porte, noi ne abbiamo presa una a due posti, secondo le nostre esigenze. Ogni 50 anni cambiamo modello. Mi credi se ti dico che la massima parte delle persone, pur potendo cambiarla ogni cinque anni, usa soltanto un’auto durante la sua vita?’ ‘Mi è difficile crederti, anche perché non mi pare possibile che un’auto possa funzionare bene per tanto tempo…’ ‘È solo questione di amore…’ – replicò Kop enigmatico ‘Cosa vuoi dire?’ ‘Capirai da solo. Voi avete un detto nella marineria terrestre: ’Bandiera vecchia, gloria di capitano!’ noi abbiamo una convinzione, che è anche una regola, e che recita:’Cosa vecchia amore di padrone!’ ‘Non vedo il nesso…’ – osservò David. ‘Ti spiego… la nostra è una civiltà basata sull’amore. Chi consuma poco le cose dimostra di avere amore anche per la natura, oltre che per gli altri ai quali lascia maggiore possibilità di scelta; inoltre tenendo bene l’oggetto che prende dimostra gratitudine per chi lo ha fatto. In definitiva consumando il minimo c’è guadagno per tutti. Guadagno in amore, perché come sai qui è tutto gratuito. Non riavremo su questo piccolo pianeta la quantità di rifiuti che avete visto su Terra –
Madre!’ – terminò. Mentre parlavano l’auto si dirigeva verso la periferia della città; dopo avere percorso alcune vie relativamente strette si erano immessi in una arteria più larga che consisteva in un lungo rettilineo del quale non si vedeva la fine. Non avevano incontrato semafori e David notò che l’andatura delle auto che incontravano era sempre molto moderata, alcune procedevano addirittura a o d’uomo… Ai rari pedoni che attraversavano la strada veniva lasciata la precedenza, fra continui saluti e cenni di ringraziamento. Un’altra cosa che colpì il terrestre fu che l’età delle auto che vedeva era senza dubbio superiore ai cinque anni di cui aveva parlato la guida e rifletté che sulla Terra nessuno avrebbe avuto un’auto più vecchia del minimo obbligatorio, dato che era consentito cambiarla senza alcuna spesa. Decise di chiedere e la risposta gli illustrò ulteriormente il pensiero degli ospiti: ‘È solo uno dei risultati derivanti dalla nostra educazione: un invito a consumare il meno possibile. ‘Eppure il vostro pianeta non sembra così povero…’ – osservò. ‘Non risparmiamo perché siamo poveri, ma per rispetto al pianeta. Mi spiego: sfruttando le miniere solo per il necessario e continuando ad usare la stessa auto, ciascuno di noi contribuisce a non produrre rifiuti. Fu proprio a causa dell’enorme inquinamento prodotto dalla ‘civiltà dell’avere’ che i nostri avi furono costretti a lasciare Terra – Madre. Per loro fortuna, essi potevano disporre dei pianeti minori del nostro sistema solare; noi non abbiamo altri pianeti noti su cui poter migrare…’ ‘Ricordo che avevamo deciso di scendere sul vostro pianeta più grande – raccontò David – e prima di farlo decidemmo per un’accurata osservazione a bassa quota. I nostri strumenti rilevarono la presenza di poche forme di vita animale e che le acque avevano alte concentrazioni di sostanze tossiche. Inoltre ampie zone desertiche stavano respingendo il verde dei boschi e su ogni terra emersa montagne di rifiuti seppellivano i resti di città e paesi. Ricordo anche che mentre il computer di bordo invitava a scendere su uno dei pianeti minori, molti di noi commentarono: ‘Questa è la fine che attende anche la nostra amata Terra!’ Kop, visibilmente commosso, rispose:
‘Hai veduto dove conduce la ‘civiltà dell’avere’; qui non rifaremo lo stesso errore. Terra – Madre si sta lentamente rigenerando, senza presenza umana, e fra qualche secolo sarà nuovamente abitabile. Quando ciò avverrà, se anche gli altri saranno pronti, torneremo tutti su Terra – Madre a vivere uniti e felici, come deve essere fra fratelli… Chi sa fra quante generazioni questo sarà possibile! – sospirò interrompendosi un attimo prima di terminare – Mi hai ricordato una grave colpa dei nostri avi, una colpa per la quale noi tutti soffriamo ancora!’ ‘A poco a poco gli uomini dimenticheranno e torneranno a consumare il massimo possibile, perché questo fa parte della natura umana e dei difetti dell’uomo’ – sentenziò David Ma l’altro fu pronto a correggerlo: ‘Ciò che avete notato deriva dall’ignoranza e dall’egoismo: noi non ricadremo in questi errori. Rinunciare alla civiltà che abbiamo raggiunto sarebbe un peccato molto grave e una scelta errata: chi, libero e felice, può scegliere nuovamente la schiavitù e l’infelicità?’ ‘I giovani non sanno e desiderano sempre cambiare le cose, tentare vie nuove e fare esperienze diverse. Io credo che la vostra perfetta società attuale a poco a poco si deteriorerà. Ma voi siete ancora fortunati perché, quando accadrà, potrete tornare su Terra-Madre…’ ‘Ripeto che questo non accadrà! Le civiltà possono solo progredire e i nostri giovani non rappresentano un pericolo, perché sono bene educati. I giovani diventano la parola che ascoltano e noi, qui, li educhiamo secondo la Parola! Quale garanzia maggiore di questa?’ ‘Già voi avete molta fede e forse certe cose vi sono possibili…’ – ammise David. ‘E voi, perché non sperimentate il nostro modo di vivere? Mi chiedo spesso – continuò Kop – perché noi abbiamo atteso migliaia di anni ad applicare una ricetta che ci era stata donata gratuitamente dal Cristo. Se l’avessimo applicata sin da quando ci è stata insegnata… quante guerre e sofferenze in meno avrebbero dovuto patire i nostri avi!’ David annuì convinto mentre l’auto, dopo avere percorso un ultimo chilometro
fra lindi prati verdi pieni di panchine e bambini che giocavano, voltava a destra per immettersi in una larga arteria con un fondo stradale così levigato e pulito che il terrestre non sarebbe mai riuscito a immaginare. La guida riprese a parlare per istruire l’amico: ‘Questo è l’’anello’ – cioè la strada che circonda la città, mentre l’ultimo chilometro di verde che abbiamo attraversato è il parco cittadino: un anello di verde, profondo un chilometro, che occupa lo spazio fra la periferia e l’’anello’. Tutte le nostre città sono simili: hanno una pianta circolare e sono circondate da un parco e da un anello stradale. Dal centro partono a raggiera vie diritte che portano all’anello, mentre da questo ci si può immettere nelle varie direzioni extracittadine. Il numero di abitanti per ogni città non deve essere inferiore a trentamila, né superiore ai cinquantamila. Questa restrizione per conseguire il migliore andamento delle cose, cioè la migliore amministrazione possibile.’ ‘Come sono amministrate le città?’ ‘Da un gruppo di amministratori, il più vecchio dei quali fa da portavoce, voi direste che è il Sindaco, ma qui siamo tutti uguali perché fratelli. Gli amministratori decidono ogni cosa e le loro decisioni vengono pubblicate sul bollettino giornaliero che viene recapitato ad ogni famiglia.’ ‘Vuoi dire che tutta la comunità è amministrata da poche persone?’ ‘Certo! Noi non abbiamo bisogno di tutta la vostra burocrazia… Qui non c’è bisogno di certificati, né di notai; di giudici, presidenti, deputati… poiché noi diciamo sempre il vero, che bisogno abbiamo di doverlo dimostrare?… e solo per questo, ci sono sconosciuti tutti quei documenti che affliggono la vita degli abitanti del tuo pianeta, insieme a tutti gli uffici e alle montagne di carte che debbono custodire i vari atti legali che dimostrino la verità ai giudici… Così come non abbiamo bisogno di soldati o guardiani: se ci comportiamo tutti bene, da fratelli, che bisogno c’è di chi difenda o reprima? Naturalmente ogni cittadino ‘fa la guardia’ al territorio e informa direttamente l’amministrazione quando – a suo avviso – c’è un lavoro o una riparazione da fare. Avuta l’informazione uno degli amministratori va sul luogo a vedere e dà gli opportuni ordini agli addetti.’ ‘Questo può andare bene per una piccola comunità, ma tutta una nazione o addirittura un intero pianeta – stato – come nel vostro caso –, come può funzionare bene?’ – chiese David interessato.
‘Tutto dipende dall’avere usi e costumi comuni, senza variazioni, ne innovazioni, né eccezioni… Ogni comunità viene amministrata in modo identico alle altre, per cui lo stato è solo un mosaico composto da tante piccole tessere identiche; così è facile anche per gli amministratori centrali capire ogni realtà e decidere in poco tempo.’ Gli occhi del terrestre erano stretti come fessure, mentre si sforzava di immaginare la Terra popolata da persone simili… E vedeva tutta la Terra trasformarsi in un’oasi di pace e prosperità, letizia e serenità, ma un tarlo (poche parole fra le tante udite) lo fece dubitare: ‘Nessun dialetto, né cambiamento degli usi…’ – forse su questo pianeta c’erano riusciti, ma chi avrebbe convinto gli abitanti della Terra? Questi erano divisi non solo dalle religioni, dalle lingue diverse, dai costumi nazionali, dal colore della pelle…, ma anche dalle credenze locali, dagli usi dei clan e da tutte le piccole e grandi associazioni di potere economico, politico, religioso… Chi sarebbe mai riuscito a mettere d’accordo tutti i terrestri? Trovò le parole adatte a trasformare il suo dubbio in una domanda chiara e attese la risposta dell’amico. Questo pensò pochi attimi prima di rispondergli: ‘Progredendo in civiltà riuscirete anche voi… Siete ancora una civiltà poco progredita, perché vi occupate dell’avere e non dell’uomo e dell’Essere; progredendo aumenterete in saggezza e finalmente riuscirete anche voi. Forse vi ci vorranno ancora secoli, ma sii certo che riuscirete.’ ‘Chi ti dà questa certezza?’ ‘Il sapere che Dio ama ogni suo figlio e che il Suo Spirito guida la storia degli uomini. Io, personalmente, credo che quando tutti gli uomini avranno applicato la Sua legge, Egli avrà vinto la battaglia contro il male e verrà di nuovo per governare in eterno il suo popolo, che – finalmente! – crede nel Suo Amore.’ David aveva ancora dubbi da chiarire e tornò alla realizzazione pratica: ‘Non avete denaro… Come fa lo stato a costruire ponti, strade, fabbriche…’ ‘Gli amministratori centrali incaricano una prima ditta, che non sia già impegnata, di eseguire un certo progetto, per esempio costruire un ponte. Se la ditta ha operai e maestranze in numero sufficiente procede da sola, diversamente
chiama altre ditte ad aiutarla.’ ‘E se una ditta rifiuta?’ – obiettò. ‘Nessuno rifiuta, se è libero. Qui siamo sempre e tutti disponibili per gli altri! Non ricordi che il servizio del prossimo è la nostra prima regola? Anche il singolo, se ha troppe cose da fare, basta che chieda aiuto e sarà subito aiutato dal primo fratello libero da impegni. Nessuno è costretto ad essere iperattivo. Noi tutti lavoriamo e l’essere sempre disponibili ci consente di lavorare poco intensamente e non soffrire di lunghe ore di ozio Tornando alla tua domanda iniziale: la ditta prenderà i materiali che le occorrono nelle fabbriche che li producono e inizierà i lavori. Gli amministratori locali invieranno i propri esperti a vedere che il lavoro venga realizzato nel migliore dei modi, il che significa che verranno rispettate le necessità di tutti o, almeno, della massima parte. Se un’opera di pubblica utilità disturba pochi fratelli, questi sopporteranno perché anche questo è un servizio reso agli altri; inoltre il servizio di essere costretti a sopportare qualcosa per il bene di molti capiterà alla massima parte delle persone nell’arco della vita, per cui nessuno si sente defraudato o perseguitato… solo utile e tanto migliore quanto più serve! ‘Come siete riusciti a dare una simile educazione a tutti?’ ‘Il merito è dei nostri avi, dei primi venuti. Dopo i disastri accaduti su Terra – Madre, essi erano decisi a sperimentare la nuova teoria, elaborata seguendo la Parola, nella quale tutti loro credevano. Resisi conto che funzionava, decisero di insegnare ai figli le regole da seguire. Nessuno ha mai più cambiato le regole iniziali, che continuano a funzionare bene, garantendo a noi tutti il massimo della serenità. Educhiamo i nostri figli al rispetto di queste regole e alla conoscenza della Parola, ma facciamo leggere loro i libri che raccontano la nostra storia, le guerre, le carestie e tutte le sofferenze che l’egoismo può causare…’ ‘E i giovani rispettano queste regole?’ ‘Vengono educati a farlo!’ ‘Anche noi educhiamo i nostri figli meglio che possiamo, ma questi non è detto che seguano sempre gli insegnamenti ricevuti…’
‘Forse perché la scuola che avete non è la migliore…’ ‘Cosa vuoi dire?’ ‘Che forse insegnate loro troppe cose: I giovani non hanno ancora la saggezza per dare priorità e non seguiranno la scelta migliore, ma quella più allettante. Ai nostri figli noi insegniamo poche cose e, da principio, solo le più importanti.’ ‘Chiarisci con qualche esempio…’ – l’invitò. ‘Durante i primi cinque anni la nostra scuola insegna solo due cose: la lingua e la meditazione della Parola. Per cinque anni i bambini vengono stimolati a imparare bene la nostra lingua e viene insegnato loro l’esatto significato di ogni termine, spesso con lunghe meditazioni guidate. Dopo questi cinque anni comuni a maschi e femmine, ci sono corsi separati. Il secondo corso maschile insegna i primi erudimenti dei vari mestieri, in modo che quando un giovane avrà una famiglia possa rendersi utile al massimo nella propria casa; alle ragazze viene insegnato ad essere brave mogli e madri, i segreti per essere più amate dal proprio marito e dai figli… E a tutti – sempre! – dimostrata la bellezza e l’importanza del servizio verso gli altri. Noi educhiamo alla bellezza, alla gentilezza, alla sensibilità e esortiamo tutti alla ricerca continua dell’armonia: nella natura, negli oggetti e soprattutto nelle relazioni con gli altri. Insegniamo a non gareggiare e che i più forti hanno il dovere di servire più degli altri, mentre l’uso della forza per imporsi non fa parte della nostra religione, per cui se qualcuno usa la propria forza per un fine diverso dal servizio, questi non può rimanere fra di noi e viene esiliato da Piccolo.’ ‘Ma come, voi predicate il perdono, poi condannate senza perdonare?’ ‘No, noi perdoniamo sempre, ma su Piccolo tutti sanno che l’uso della forza comporta la perdita della cittadinanza. Per farti capire meglio: l’uso della forza per un fine diverso dal servizio è l’unico modo per ottenere l’allontanamento da Piccolo ed essere accompagnati sul pianeta scelto. Se c’è chi sceglie liberamente di voler abbandonare questo pianeta, noi, pur dispiaciuti, non possiamo non servirlo… e lo accompagniamo alla meta che lui desidera.’ ‘Mi pare un modo sottile per imporre qualcosa senza darne l’apparenza…’ – osservò David.
‘Lo sarebbe se non fosse chiaro a tutti, sin dalla più tenera età, che su Piccolo può vivere solo chi accetta completamente la dottrina cristiana. Chi non è disposto ad accettarla viene accompagnato nel pianeta che preferisce. Non viene imprigionato o ucciso, ma perdonato e accompagnato nel luogo più adatto alle sue credenze.’ ‘Allora ammetti che, nonostante la perfezione del vostro sistema, può capitare che ci sia qualcuno contrario, che desidera sperimentare altre vie… E questo fa parte del desiderio di conoscenza dell’uomo…’ – osservò il terrestre quasi contento di avere trovato una crepa in quel mondo perfetto. Ma la risposta di Kop fu chiara e sicura: ‘Fino ad ora non è mai accaduto, ti ho solo detto cosa accadrebbe se si verificasse il comportamento che hai immaginato… Ma lasciami finire di rispondere alla tua prima domanda…’ ‘Coloro che sono stati forniti di particolari talenti, anziché seguire uno dei due secondi corsi dei quali ti ho parlato, seguono corsi diversi che li porteranno ad essere amministratori, ricercatori, artisti… secondo le predisposizioni insite nel loro patrimonio genetico e le necessità degli abitanti di Piccolo. Alla fine del secondo corso – della durata di altri cinque anni – maschi e femmine sceglieranno il mestiere che desiderano fare ed avranno il loro distintivo, quello che vedi appuntato sul petto di tutti e che riporta il nome e il mestiere che fa. Una persona che non porta un cartellino sul petto o è tuttora uno studente o è troppo vecchio per lavorare ancora…’ ‘E se uno è malato?’ ‘Qui è difficile che le persone si ammalino, ma se ciò accade restano a curarsi nella propria casa e non le vedrai in giro…’ ‘Vuoi dirmi che ogni casa dispone delle apparecchiature e dell’assistenza necessaria a curare qualsiasi tipo di malattia?’ ‘Il malato viene assistito dai propri familiari e uno o più infermieri liberi da impegni; inoltre un medico si reca giornalmente a visitarlo. Come ti ho già detto, noi ci curiamo in modo diverso dal vostro… Quando si ammala una persona, il primo medico stabilisce la gravità della malattia e dà i primi consigli. Se si tratta
di una malattia leggera, curabile con poche medicine e in pochi giorni, nessun altro viene interessato. Quando, invece, la malattia è grave, allora i parenti, gli amici e uno o più ministri del culto si recano dal malato per pregare e imporgli le mani, secondo l’insegnamento della Parola. Poiché noi crediamo, ogni malattia viene guarita in poco tempo; se questo non accade significa che il Signore ha deciso diversamente e che ha bisogno delle sofferenze del malato; questa ipotesi è tanto più rara quanto migliori siamo noi nel servirci.’ ‘E se un malato necessita di un’operazione chirurgica?’ ‘Noi crediamo che ogni persona è un progetto di Dio. Dio è perfetto e non può sbagliare, quindi in ogni Suo progetto è insita la possibilità della cura di qualsiasi malattia. Se asportiamo una parte del corpo, chi ci garantisce che non stiamo danneggiando il progetto iniziale? Così ci limitiamo a pregare con fede e alla imposizione delle mani… Credimi se ti dico che qui da noi ci sono pochi malati e che guariscono sempre tutti nel modo migliore…’ ‘Tutto facile per voi, disponendo di un Dio così sollecito ai vostri bisogni…’ – replicò il terrestre. ‘Dio è un Padre misericordioso e che ama tutti i Suoi figli; non fa eccezioni e, se voi decideste di seguire la Parola e credere in Lui, sarebbe sollecito anche verso di voi. Noi abbiamo fatto una scelta: abbiamo deciso di fidarci di Lui e seguire tutti i suoi insegnamenti. Il Padre ci dona la Sua amicizia già durante questa vita ed è lieto di aiutarci… come ha detto Lui Stesso attraverso la Parola. Su Piccolo non c’è posto per satana e per le sue tentazioni…’ Era difficile discutere con uno che ha Dio dalla sua parte, ma d’altro canto le cose su Piccolo funzionavano davvero in modo perfetto, per quello che poteva vedere, e David decise di chiedere alla guida un altro favore, proprio per rendersi conto di come riuscivano ad educare i giovani. Gli adulti apparivano buoni e saggi, ma come riuscivano a convincere tutti i giovani fin dalla più tenera età? ‘Mi piacerebbe poter assistere ad una lezione, a scuola fra i piccoli, per capire tante cose, ma certo ti sto chiedendo l’impossibile…’ – osservò. ‘Credo anch’io che ti possa essere utile comprendere le basi della nostra educazione – rispose la guida – e domani stesso ti farò assistere ad una lezione fra gli scolari del primo anno… Ora continuiamo la nostra eggiata…’
Percorsero alcune vie fra gli orti della prima periferia e sostarono a riposare su una panchina in un prato erboso. Una leggera brezza portava sapidi profumi alle narici e riempiva gli orecchi del canto dei volatili vicini. Il cielo era del solito stupendo azzurro, mentre il sole giungeva tiepido alla carne. ‘Un mondo in pace, un amico – anzi un fratello! – vicino, la buona salute dei giovani, mentre sto vivendo un’avventura destinata a darmi fama… cosa posso desiderare di più, cosa manca alla mia felicità più completa? – pensava fra sé il terrestre. Quando era sicuro che in quel momento stava possedendo proprio il massimo, un’improvvisa apparizione lo fece riflettere che il suo essere mancava ancora di qualcosa… ‘Da quella parte dove sorge il sole, / si avanzava, lieve, una fanciulla/scegliendo il punto ove posare il piede/ché non ledesse i fiori, l’erba o il suolo/. Guardandosi a destra e alla sinistra/pareva che cercasse un posto vuoto/per riprendere fiato e riposarsi. / ‘Acia…’ – disse sedendo accanto a lui/su uno dei posti ancora in libertà/. ‘David…’ – riuscì con sforzo a pronunciare/, già catturato dalla sua bellezza/ e assorbito dall’esaminare/la sensazione che nasceva dentro… Gli occhi erano stati primi a raccontargli della bellezza che vedeva in lei e il cuore, generoso come sempre, aveva suggerito subito:’parlale d’amore!’ Quindi era stato il tempo del cervello/, malizioso, insicuro e titubante, /che aveva suggerito, deleterio, /’E se non fosse la persona adatta? Cosa conosci tu per giudicare/se è l’amore che cerchi nella vita? /E sentì scemare quella gioia /che gli era nata dentro all’improvviso… /Ma, tornando a guardare l’espressione/di dolcezza solitaria e pura/che raccontavano gli occhi ed il suo viso/disse al cervello: tu stattene zitto!’/Non mi è mai capitato sulla Terra/di avere una visione come questa! /Forse sarà lei a non volermi, /ma se non oso non sarò più uomo!’ E lasciò che la mano raggiungesse l’altra mano, ferma sopra il legno…
Le operose mani hanno tanti pregi, compreso quello di raccontare molte cose del proprietario. Questa volta, però, nessuno dei due giovani voleva informazioni sulla forza o l’operosità, desideravano molto di più… e riuscirono a sentirlo! Le dita che si insinuavano fra le dita, timide e delicate, ma anche curiose, quasi andassero in cerca di fare scoperte, in realtà portavano messaggi:’Voglio
conoscere il tuo corpo, desidero accarezzarlo e proteggerlo, voglio che quando sei con me tu ti senta al sicuro; non sarò mai prepotente o violento, ma amorevole e protettivo, desideroso di donarti letizia…’Le altre mani dicevano a loro volta: ‘Capisco i tuoi messaggi e mi piacciono, anch’io desidero conoscerti meglio, vorrei che quello che sento fosse tutto vero, ma ho il timore che non sia tu che trasmetti i messaggi che ricevo, ma che molti di essi siano dettati dal mio cuore che è ancora in cerca dell’amore …’ Il silenzio che era sceso fra i due, che continuavano ad accarezzarsi con gli occhi oltre che tenersi le mani, era stato subito notato da Kop che si era allontanato dicendo un superfluo: ‘Mi sembra che non abbiate bisogno di me, ti aspetto qui vicino…’ Quelle parole ruppero l’incanto e anche i due riuscirono a parlare: ‘Scusa se ho cercato la tua mano, ma non ho potuto farne a meno…’ – cominciò David. ‘Hai avuto la risposta che cercavi?’ – rispose Acia senza alcun timore. ‘Puoi fidarti di uno sconosciuto? – le chiese con un poca d’apprensione ‘Non sei uno sconosciuto, ma un fratello…’ ‘Vengo da un mondo molto più lontano, dove la fratellanza è una chimera… Non il fratello prese la tua mano, ma un uomo che cerca in te l’amore…’ ‘L’amore è la più bella delle cose! – sospirò Acia, tremandole la voce – È, per noi, la forza del creato, l’essenza stessa del Creatore nostro! L’amore vero è puro e per la vita, se per te è diverso, non tentarmi!’ Dolci parole, desiate sulla Terra /dove l’Amore è solo un’avventura/trovarle qui, lontano all’infinito/dette da bocca che non sarà mia… /Perché, o Dio, mi fai trovare qui/quella donna cercata nella vita/, che la pensasse proprio come me? /’ – pensieri gravi gli fan pesare il cuore, mentre gli occhi tornano a guardarla… Quello che vede gli dà forza nuova:
‘Potrà nascer tra noi quel sentimento/che supera comune intelligenza/e porta due persone sconosciute/ ad amarsi per sempre e a dare vita?’ ‘Come ho già detto, l’amore vien da Dio/ – è Sua forza e Sua virtù creatrice – e niente è impossibile al Signore! Se in noi sorgerà quel sentimento/che il Signore ama e predilige/niente potrà esserci d’impaccio/avendo un alleato così grande! Però è necessario essere certi che non si tratti solo di ione, /per quanto mi riguarda, già lo so! /, ma di te conosco troppo poco! Per cui propongo di vederci ancora, per parlare ed essere sicuri. Dopo non è importante la distanza, ma solo la purezza del tuo cuore! ‘Grazie di avermi permesso di sedere – disse Acia alzandosi da lì – Questa panchina sarà sempre la nostra e ogni giorno a quest’ora sarò qui!’ Dopo il saluto la ragazza si alzò e si allontanò, mentre nell’aria restava il suo profumo. Lieve visione che rubasti il core/per un sol verbo, pronunciato dolce/sei forse tu l’essere da amare/in luogo sì lontano dalla Terra? /Strano destino mi serbò quel Fato/che di Suo amore empie l’universo/: darmi l’amore, per la prima volta, /per una donna d’altra dimensione! Che figura farò, non solo io, /ma tutta la civiltà della mia Terra/se io mi mostrerò un inesperto/fra le lusinghe e i lacci dell’amore? Forse dovrei respinger la bellezza/: impossibile amare in questo luogo, /ma perché il mio cuore dice allora/che desidera amare solo lei? /Addio cervello e razionalità/se m’abbandono ingenuo al sentimento/,: non dirà lei che son poco civile/troppo rozzo per accettar mia corte? /Se invece a lei non importasse niente/da dove vengo, vado, o cosa penso/e per qualche mistero dell’amore/desiderasse che le resti intorno? /Voglio lasciare ogni titubanza/ed ascoltare cosa dice il cuore/: Ecco, t’ascolto, parla e sii conciso/: E il cuore disse, senza dubbio alcuno: /’Nella tua vita segui solo me!’ – e lo lasciò felice a immaginare/cos’avrebbe detto ancora a lei/nel caso che l’avesse rincontrata…
David respirò a pieni polmoni, prima di raggiungere l’amico. ‘Grazie per esserti allontanato e per avermi atteso’ – disse non appena raggiunse Kop. ‘Ho avuto la sensazione che fra voi fosse scoccata una scintilla, come se voleste
parlare d’amore. Poi ho riflettuto che non vi conoscevate, ma ho notato che avete parlato molto continuando a guardarvi negli occhi, hai forse trovato davvero l’amore qui?’ ‘Forse… – ammise David – Se lei deciderà di amarmi, io sono già disposto a donarmi a lei. ‘Attento – avvertì l’amico – qui da noi l’amore è una cosa molto seria. Lo consideriamo un’emanazione diretta di Dio e gli diamo la precedenza su tutto! – mentre mi pare che nel tuo pianeta sia soltanto un gioco, un atempo, uno sfogo dei sensi. Qui l’amore è per tutta la vita e solo la morte può porre fine a questo legame fra due persone.’ ‘Ho sempre desiderato un amore così…’ ‘Saresti disposto a restare qui per lei?’ ‘Perché, non potrebbe decidere lei di venire con me?’ ‘Conosci sia il tuo pianeta che questo; se vorrai portarla con te vuol dire o che non sai giudicare o che non l’ami davvero: l’obblighi a lasciare la felicità sicura che ha già.’ ‘Vuoi dire che sarei obbligato a restare qui?’ ‘Se l’ami davvero sì.’ ‘Dovrei abbandonare tutto e cominciare una nuova vita in un pianeta che non è il mio…’ ‘Certo che devi fare rinunce pesanti, ma l’amore vale qualsiasi sacrificio…’ ‘Forse non mi adatterei a questo pianeta e mi mancherebbero i difetti del mio…’ ‘Credevo che ti pie quello che hai visto, inoltre appagheresti molta tua curiosità scientifica…’ ‘E cosa farei? Quale lavoro, intendo.’ ‘Un lavoro adatto alle tue possibilità, cioè ai talenti che Dio ti ha dato.
Analizzeranno il tuo patrimonio genetico e ti suggeriranno i lavori per i quali sei più versato.’ ‘Dovrei imparare troppe cose e, forse, tornare a scuola…’ ‘Avresti la migliore insegnante: una ragazza innamorata! Se c’è amore fra di voi, diversamente non rivederla!’ ‘Credo che sia amore…’ ‘Rifletti e pesa ogni aspetto. Qui non è consentito scherzare con l’amore!’ ‘Stasera rifletterò, ora continuiamo la eggiata’ – disse alzandosi.
Adesso aveva un motivo in più per conoscere la vita di Piccolo e avrebbe osservato ogni cosa con la massima attenzione, cercando di comprendere meglio che poteva… Ripresero a camminare nella zona degli orti e David poté vedere solo persone serene che si dedicavano ai vari impegni. Uomini e donne lavoravano lentamente e con molta calma, nessuno dava l’impressione di voler terminare il proprio lavoro in poco tempo, magari per essere libero prima e dedicarsi agli svaghi preferiti. I più anziani andavano da una persona all’altra ad insegnare; di quando un quando li vedeva prendere in mano una zappa con la quale sembravano accarezzare il suolo più che colpirlo, continuando a parlare con l’allievo di turno, poi gli riconsegnavano l’attrezzo e andavano da un altro. Alcune bambine continuavano a visitare coloro che stavano lavorando per offrire acqua, mentre giovani maschi trasportavano gli attrezzi richiesti e riponevano quelli già usati in piccole capanne negli angoli degli orti. Un improvviso forte odore di letame riempì le narici dei due e David osservò il compagno con aria interrogativa, prima di dire: ‘Gli addetti a concimare non sono certo dei privilegiati…’ ‘Quello è uno dei lavori più umili e come tale dei più desiderati… – gli rispose la guida – Chi crede nel servizio lo sa.’ ‘Se adoperaste dei concimi e delle macchine per spargerli, non obblighereste nessuno a fare un lavoro così…’ – David lasciò in sospeso non trovando l’aggettivo giusto.
‘Così sporco, o umile, o degradante? – finì Kop prima di rispondere – Noi usiamo solo concimi organici, non usiamo concimi chimici; inoltre non usiamo macchine perché queste farebbero una distribuzione uniforme, dando la stessa dose ad ogni pianta. Invece noi, concimando pianta per pianta, possiamo dare a ciascuna la dose giusta: né troppa, né troppo poca. Noi abbiamo rispetto per ogni tipo di vita e le piante sono esseri viventi… Anche questo fa parte del nostro amore per il pianeta.’ ‘Ma – ribatté David – se usaste delle macchine fareste prima e nessuno si sporcherebbe…’ ‘Tu vorresti darci del tempo libero, ma noi non desideriamo tempo da trascorrere in ozio, preferiamo essere sempre occupati. Fra i tuoi ricordi c’è una vostra massima che recita:’l’ozio è il padre di tutti i vizi’ e noi non desideriamo vizi, perché questi portano a peccare e a perdere l’alleanza che abbiamo con Dio.’ ‘Vuoi dire che non vi riposate mai? ‘Riposiamo ogni volta che è necessario. Per riposare abbiamo la notte, il tempo dedicato al mangiare e allo stare insieme. Inoltre non lavoriamo in modo intenso e stressante, ma con tutta calma. Lavorare è un modo buono per trascorrere il tempo senza annoiarci…’ ‘Hai una risposta disarmante per ogni mia osservazione – ammise il terrestre – ma mi pare impossibile che la pensino tutti come te.’ ‘Eppure lo vedi da solo.’ ‘È vero, ma è tutto così perfetto da sembrare falso, una specie di recita per i visitatori…’ ‘Questa tua impressione deriva dal fatto che tu non riesci ancora a comprendere cosa significhi vivere sotto la grazia. Vieni da una civiltà che a ancora bisogno di leggi che impongano regole e puniscano i trasgressori. Quando accetterete di vivere seguendo la Parola non avrete più bisogno di leggi e vi verrà naturale vedere e cercare solo il bene di tutti…’ ‘Non posso discutere con te’ – ammise. E l’altro fu ancora pronto a spiegare:
‘Non puoi discutere con me, è vero: puoi soltanto imparare, com’è giusto che sia per chi appartiene ad una civiltà meno progredita.’ Durante le altre due ore che trascorsero insieme, David continuò a sentirsi immerso in un mare di calore fraterno. Quando andò a letto era così pieno di speranza che non vedeva l’ora di rialzarsi per andare a scuola fra i bambini. Forse ce l’avrebbe fatta a scoprire tutti i segreti necessari per far conoscere agli abitanti della Terra la via giusta da seguire per avere una vita serena. L’indomani avrebbe imparato qualcos’altro – pensò addormentandosi felice.
CAPITOLO VII
A SCUOLA
La costruzione era a un solo piano; una piccola casa bianca con grandi finestre sui quattro lati e ospitava quattro classi del primo ciclo. ‘Cominciamo coi più piccoli?’domandò cortesemente la guida. ‘Sì’ – rispose il viaggiatore. Bussarono leggermente alla prima delle quattro porte che si aprivano sul breve corridoio ed entrarono senza attendere permessi. ‘Buongiorno – salutò la guida appena entrati nell’aula – Ti prego di scusarmi se disturbiamo, ma ho bisogno del tuo aiuto per questo fratello che viene da un lontanissimo pianeta, ancora fermo alla civiltà dell’avere…’ L’insegnante era un uomo anziano, magro e con una piccola barba bianca ben curata, che aumentava l’espressione attenta del viso. Nonostante l’età non portava occhiali, ma nel guardare stringeva un poco gli occhi, fra una miriade di piccole rughe. L’uomo sembrava emanare calma e pace intorno a sé e parlava con una voce pacata dal tono incredibilmente morbido. ‘Nessun disturbo – rispose – Se posso essere utile e fare del bene… siamo tutti pronti, non è vero bambini?’ – finì rivolgendosi ai piccoli allevi che stavano ascoltando interessati e silenziosi. ‘Questo fratello vorrebbe assistere ad una lezione per vedere quali metodi usiamo per educare i nostri giovani, posso lasciartelo? – chiese la guida, concludendo:’erò a riprenderlo fra un’ora o due…’ ‘Spero che il tuo amico, dopo avere ascoltato noi, ci permetterà di fargli qualche domanda. I bambini saranno contenti di udire storie di un altro pianeta…’
‘Credo che sarà lieto di contraccambiare, è una persona saggia, considerando la civiltà da cui proviene…’ – assicurò la guida prima di lasciarlo. David sedette da una parte, in fondo, meravigliato dal comportamento dei piccoli che non manifestavano alcuna curiosità. ‘Oggi parleremo della bellezza delle cose vecchie… – cominciò l’insegnante – Riflettete un minuto, poi vediamo chi saprà dirmi un buon motivo per preferire ciò che è vecchio a ciò che è nuovo…’ Trascorso il minuto, il maestro fece un cenno d’assenso diretto a tutta la classe ed ecco che un primo bambino si alzò per dire: ‘Le cose vecchie portano con sé dei ricordi…’ ‘Bravo!’ – l’incoraggiò il maestro, mentre un secondo bambino già si alzava in piedi. Il piccolo attese un cenno del maestro, poi disse: ‘Le cose vecchie le abbiamo usate, quindi ci sono state utili ed è giusto che noi ci siamo affezionati.’ ‘Bravo!’ – incoraggiò di nuovo il maestro. Trascorsero circa due minuti in silenzio, mentre l’insegnante attendeva altre conclusioni, ma i bambini continuavano a tacere. ‘Mi sembra che Gi e Pim abbiano suggerito delle motivazioni importanti, che ora amplieremo insieme perché riusciamo tutti a capire bene il pensiero dei vostri amici. ‘Le cose vecchie ci portano dei ricordi – ha detto Gi – Se, però, ci portassero ricordi non belli, allora non ci sentiremmo affezionati ad esse. Quindi dobbiamo ricordarci sempre di usare bene le cose perché queste ci portino ricordi belli. Quando vediamo una cosa vecchia il più delle volte la riconosciamo e sappiamo a cosa serve e come usarla… Quella cosa non ci farà sorprese non belle, perché è come un vecchio amico: noi lo amiamo e anche lui ci ama. Inoltre – come ha detto Pim – le cose vecchie sono state usate, cioè ‘hanno servito!’ – sottolineò il maestro. Se parlassimo di persone potremmo dire che sono state generose e quindi da ammirarsi, parlando di cose possiamo solo dire che sono state utili e non hanno causato guai, per questo le ricordiamo con affetto, come dei vecchi
amici – e proviamo verso di loro un certo calore, quasi un senso di gratitudine per averci permesso di adoperarle per il nostro scopo. Fino ad ora abbiamo guardato con l’occhio del cuore, con amore – che è quello che conta sempre. Adesso osserveremo in un altro modo: adopereremo la vista in modo superficiale, senza fare intervenire il cuore e il sentimento. Se osserviamo una qualsiasi cosa vecchia, noteremo subito che non è bella; ci apparirà sporca o scolorita, rugginosa o piegata… e sembrandoci non bella, la getteremmo via preferendole una cosa nuova che ci apparirà lucente e bella, colorita o liscia, ma questa non ci darà ricordi belli né ci scalderà il cuore. Inoltre chi preferisce usare oggetti nuovi dovrà cambiarli di continuo e consumarne molti. Ora tutti noi sappiamo a cosa porta il consumare molte cose: porta a quella ‘civiltà dell’avere’ che costrinse i nostri antenati a lasciare Terra – Madre perché non era più abitabile. Ecco dunque il motivo per cui, appena occupato questo nostro nuovo pianeta, i nostri antenati stabilirono di usare ogni cosa con amore. L’amore che ciascuno di noi impiega nell’uso delle cose che gli appartengono, si può capire da quanto sono vecchi gli oggetti che ha. Quindi se incontrerete persone che indossano sempre abiti nuovi, viaggiano su mezzi nuovi e amano usare oggetti nuovi, non invidiatele, perché queste hanno poco amore e soffrono… Per premiarvi per la vostra attenzione, adesso faremo un gioco e cercheremo per vedere chi fra noi ha l’oggetto più bello, poi il proprietario ci parlerà della sua bellezza.’ I bambini cominciarono a cercare con entusiasmo e l’aula si animò di movimento e rumori. David era rimasto meravigliato dalla disciplina mostrata dai piccoli fino a quel momento, – tanto che quella lezione gli era sembrata irreale e gli alunni dei manichini privi di vita – ma come cominciarono a svuotarsi le tasche e a cercarsi addosso… gli sembrò di tornare sulla sua Terra, tanti anni fa, quando anche lui gareggiava con gli amici ad allineare piccoli tesori… anche se gli oggetti che ricordava erano molto più vistosi di quelli che poteva osservare sui quei semplici banchi. La gara continuò per una buona mezz’ora e la decisione fu difficile perché tutti i bambini avevano allineato oggetti semplici e vecchi, ciascuno carico dei ricordi del proprietario. Dopo una lunga eliminatoria il titolo di ‘oggetto più bello ‘fu vinto da una piccola pietra rossastra, della quale il proprietario raccontò: ‘Questa pietra era molto più grossa. Io l’ho avuta da mio padre, che l’ebbe dal
suo, che l’ebbe dal suo… che riuscì a portarla qui quando partì da Terra –Madre. Quando sarò padre, la darò all’ultimo figlio nato col compito di conservarla per il suo ultimo figlio. Per piccola che sia, questa pietra porta moltissimi ricordi e ci rammenta di progredire in civiltà per poter tornare a riunirci a tutti gli altri sul pianeta dal quale partirono gli antenati. Quando torneremo nel luogo da cui siamo partiti, allora il possessore di questa pietra dovrà rimetterla sul suolo da dove è stata tolta, fra le altre.’ Il maestro permise che l’oggetto fosse preso in mano da ciascuno dei piccoli, poi volle concludere con un’ultima riflessione: ‘Questa pietra mi ha ricordato il viaggio dell’anima che il Signore ha dato a ciascuno di noi: come questo sasso attende di tornare al pianeta dove è nato, così i nostri spiriti attendono di tornare al Padre che ce li ha dati, per essere sempre felici insieme a Lui. Rifletteteci anche voi mentre siete fuori. Adesso diciamo la nostra preghiera, poi tutti a giocare! ‘ – invitò il maestro. Tutti i presenti si alzarono in piedi e recitarono uniti quella preghiera che David aveva già udito e che gli era piaciuta molto. Insieme agli altri recitò: ‘Al sorger della luce…’ – poi uscì insieme agli alunni.
Notò che erano soltanto le dieci e, dopo una mezz’ora di giochi, riportare i bambini in classe e pretendere la loro attenzione… beh! Se i bambini di questo pianeta erano simili ai terrestri, come gli sembrava, dopo il gioco non avrebbero imparato altre nozioni. Disse i propri dubbi al maestro, non appena furono seduti in disparte, mentre i piccoli correvano sull’erba del prato. La riposta dell’insegnante era in linea con le credenze del pianeta e gli suggerì qualcosa di nuovo. ‘Noi cerchiamo di educare i bambini alla sapienza, non tanto al sapere dei colti o degli scienziati quanto alla sapienza dei saggi. Per raggiungere questo fine non è necessario che i piccoli dispongano di molte nozioni, perché è più facile are subito dalla semplicità ad un tipo di saggezza innocente senza che gli animi siano appesantiti da troppe regole. I piccoli sono facili alla meraviglia, che è madre della sapienza, come la curiosità è madre della scienza. Da principio è bene che questi scolari, nel meravigliarsi, vengano invasi dalla grandezza del Signore; in un secondo tempo, con la curiosità, saranno spinti alla conoscenza
delle cose che Lui ha creato. Tutta la nostra civiltà è basata sulla fede in Dio. Per essere sereni e poter vivere in letizia è necessaria solo la fede: per questo cerchiamo sempre di educare i piccoli a credere… Hai capito quello che intendevo dire? ‘Sì’ – rispose David – Ma desidero chiederti un’altra cosa…’ ‘Dimmi pure…’ – invitò il maestro. ‘So che la vostra scuola dedica i primi anni ad insegnare bene la lingua e che gli scolari sono spinti a riflettere su ciascun vocabolo per comprenderne appieno il significato. Per questo mi è sembrato strano che prima, mentre anche lei parlava, non siano mai stati usati alcuni aggettivi che avrebbero solo chiarito il discorso…’ ‘Fammi un esempio, perché non ho capito bene…’ – l’invitò il maestro. ‘Non ho mai udito pronunciare l’aggettivo ‘brutto’ o’ cattivo’, per voi tutto è ‘bello’ o ‘non bello’. ‘Ho capito – l’interruppe l’uomo – Vuoi sapere perché non usiamo parole negative e preferiamo dire ‘buono’ o ‘non – buono’, ‘bello’ o ‘non – bello.’ Noi vogliamo escludere ogni negatività dai nostri discorsi, per trasmettere solo immagini positive. ‘Mi pare che questo modo di fare impoverisca la vostra lingua, di sicuro avrete qualche buona ragione per comportarvi così…’ ‘Abbiamo molte buone ragioni, ma la spiegazione è un poco lunga…’ ‘Capisco e adesso hai da fare coi bambini…’ – si scusò David. ‘Loro possono continuare a giocare, dicevo per te: non vorrei annoiarti…’ ‘Non mi annoierò di certo…’ ‘Allora ascoltami. Un primo buon motivo è quello di seguire una delle regole stabilite dai primi coloni. Essi avevano fatto frutto di tutte le esperienze negative avute durante la vita su Terra – Madre, avevano studiato seriamente ogni problema ed erano giunti a scrivere le regole che sono alla base della nostra
civiltà. Poiché siamo tutti soddisfatti del nostro modo di vivere, rispettiamo le regole che ce lo permettono, senza giudicare coloro che ce le hanno tramandate. Ma mi rendo conto che per te questa spiegazione non basta e quindi permettimi di insegnarti come ad uno di questi piccoli. Desidero solo servirti bene, amandoti fraternamente, lungi da me qualsiasi desiderio di apparirti sapiente o buono, poiché tale è solo il Signore, nostro comune Padre.’ Dopo questa professione di umiltà l’insegnante si fermò pochi istanti a riflettere, poi riprese: ‘Le parole suggeriscono immagini che spingono un giovane a verificare e sperimentare. Così il commento ‘buono’, positivo, indicherà ai bambini che quello che hanno veduto è un comportamento da imitare perché piace agli altri, un comportamento errato sarà giudicato ‘non buono’ e i piccoli saranno portati ad evitarlo. Se, però questo stesso comportamento venisse giudicato ‘brutto’ un bambino potrebbe cominciare a pensare che esiste anche ‘la bruttezza.’ Ancora non sarebbe pericoloso, ma una volta scoperto il brutto, ci sarebbe qualcuno che, errando o per curiosità, desidererebbe sperimentare qualcosa di ‘più brutto – o peggiore e, continuando, scoprire anche ciò che verrebbe definito ‘pessimo’… e così la ‘bruttezza’ entrerebbe nella nostra vita, ando dall’immaginazione alla realtà. Se, però, non la facciamo esistere e siamo tutti e sempre protesi a ricercare ciò che è ‘bello’, i bambini cercheranno qualcosa di ‘più bello’ o di ‘bellissimo’: avranno sperimentato dei cambiamenti – come è giusto che facciano i giovani – ma lo avranno fatto migliorando le cose, nel verso positivo che è l’unico che conoscono… Mi hai capito?’ – terminò il maestro dubbioso. ‘Sì, tu vuoi dire che se non inventiamo cose pericolose, queste non potranno mai farci del male…’ ‘Già… è solo il cedere alle tentazioni che ci porta a inventare cose nuove e non belle e i nostri antenati sono stati lungimiranti nel lasciarci altre regole in materia, forse alcune le conosci già, né io desidero annoiarti.’ ‘Ma i vostri giovani non cercano di cambiare le regole?’ – insisté David.
‘Cambiare le regole è giudicato ‘non bello’ e i nostri giovani li educhiamo a cercare ciò che è positivo e giudicato ‘bello’. ‘E non ce n’è nessuno che sbaglia e fa scelte opposte?’ ‘Chi volontariamente sceglie di sbagliare lo fa perché si sente poco amato, perché chi si sente amato contraccambia amando e chi ama non desidera fare quello che non è desiderato dagli altri. Quindi non appena ci rendiamo conto che uno di questi piccoli fratelli sbaglia, ci sforziamo di amarlo di più e accade sempre che pochi giorni dopo colui che ha sbagliato si scusi per quello che ha fatto. Generalmente qui tutti si sentono amati, perché lo sono, e quindi nessuno desidera dispiacere agli altri. I giovani diventano la parola che ascoltano e, come sai, noi li educhiamo secondo la Parola. E secondo te, la Parola – ché è solo Amore e perfezione – potrà generare la tentazione di non amare?’
‘Arriveremo mai, noi Terrestri, ad una civiltà come la vostra?’ ‘Cristo ha seminato anche sul tuo pianeta, quindi ci arriverete, se deciderete di scegliere la Parola come maestra della vostra vita. Ma adesso scusami, è ora di tornare in classe per concludere la lezione di oggi. I bambini hanno corso a sufficienza…’ Il maestro fece un cenno e tutti i piccoli rientrarono educatamente nella classe. ‘Adesso ci racconterai tu qualcosa della vostra scuola, cosa insegnate voi ai bambini?’ David rifletté che doveva essere attento, perché un conto era ammettere che la civiltà dalla quale proveniva aveva il profitto come motore, un altro era far apparire i terrestri degli uomini primitivi. La civiltà di Piccolo era molto più avanzata di quella che c’era sulla Terra, ma David non desiderava avere un giudizio solo negativo; così rifletté fra le reminiscenze scolastiche che aveva ed iniziò: ‘Vi racconterò una storia che, nel pianeta da cui vengo, ogni maestro racconta ai suoi scolari. È una vecchia favola tramandataci e che si intitola ‘La volpe e l’uva’. David ebbe un breve lampo: forse la storiella che si apprestava a
raccontare era più da furbi che da saggi, e non sarebbe stata giudicata degna di un pianeta civile, ma sarebbe bastato metterla nella giusta luce… e questo l’avrebbe saputo fare… Quando terminò di raccontare la breve favola, si rese conto che tutti i bambini avevano il sorriso stampato sul volto: probabilmente la storiella era piaciuta o avevano compreso la morale, o forse entrambe le cose. Il maestro si complimentò e ammise che anche su Piccolo c’era una storia simile, con la stessa morale. ‘I bambini dovrebbero avere capito – disse rivolgendosi a David, poi li invitò: ‘Chi desidera spiegare il significato della favola che ci ha raccontato questo fratello?’ Quasi tutti i piccoli alzarono la mano, ma il maestro disse: ‘Sono contento che abbiate compreso tutti e ringrazio il nostro fratello’ – Quindi osservò l’altezza del sole e si preparò a terminare la lezione: ‘Cosa abbiamo imparato oggi?’ – domandò rivolgendosi alla classe ‘Che le cose vecchie sono le più belle’ – rispose un primo bambino. ‘E che per vederne la bellezza è necessario osservarle con il cuore…’ – disse una bambina. ‘Ricordatelo sempre – concluse il maestro – L’amore è alla base di tutto: ci dà letizia, serenità, concordia e ci condurrà tutti nel Regno felice del Padre. Preghiamo il Signore un’ultima volta e poi torniamo a casa a servire gli altri.’ Fuori il sole splendeva, l’aria era mite e regnava la pace…
CAPITOLO VIII
‘Vorrei che mi accompagnassi in un ufficio pubblico, sai uno di quelli che sul mio pianeta ci costringono a perdere tanto tempo per fare domande e produrre documenti…’ – disse David la mattina seguente, appena ebbero finito la preghiera comune e si sedevano per consumare insieme la colazione. ‘Sarò ben lieto di accontentarti – gli rispose Kope – Comincerai a notare i vantaggi che ci sono a vivere qui e, forse, quello che vedrai ti aiuterà a decidere per il meglio…’ – terminò con un’espressione complice dipinta sul viso… ‘Qui vicino c’è l’ufficio ‘Casa’ – dove chiunque ha problemi di alloggio, può andare per risolverli.’ ‘Sì –accettò David – credo che sarà istruttivo…’ ‘Perché, ieri sei rimasto deluso?’ ‘No, ma fatico a credere che vivere qui sia sempre così semplice…’ ‘Come deve essere difficile vivere fra persone che non possono fidarsi l’una dell’altra… – commentò Kope – Vieni, partiamo subito: credo che ti stupirai anche questa volta’ Attraversarono il parco, già così pieno di giovani, che la cosa stupì David. ‘Non dovrebbero essere a scuola?’ – domandò all’amico ‘Se sono qui significa che hanno qualcosa da fare, infatti, se osservi bene, stanno ripulendo il parco: raccolgono foglie e rami secchi, inoltre ognuno ha la sua pianta da curare. ‘Non c’è chi si prende cura del parco?’ ‘Gli addetti adulti intervengono per le cose importanti, quale potatura delle piante, rimozione di quelle secche, scavi necessari ecc…, ma curare le piccole cose è affidato ai giovani. Questi hanno molte energie da spendere e non devono
restare in ozio. Probabilmente questi gruppi appartengono a una scuola e, prima di iniziare le lezioni, fanno un po’ di moto. Inoltre ognuno ha una sua giovane pianta da curare. Vedi le piante più giovani, quelle che hanno meno di cinque anni di età? ‘Sì.’ ‘Bene, quelle sono ancora affidate alla cura di chi le ha piantate. Quando ci sono nuove piante da collocare gli adulti preparano il terreno e i bambini mettono a dimora gli arbusti, uno per ciascuno. Questi, in seguito, cresceranno insieme e ogni bambino curerà la propria pianta, gareggiando con gli altri nel farla crescere bella e rigogliosa. Quando la pianta sarà diventata troppo grande per essere accudita da un bambino, allora cessa la responsabilità del piccolo e iniziano le cure degli adulti addetti alla manutenzione del parco. Così ogni giovane che viene nel parco, viene prima di tutto a trovare un amico e non ha desiderio di ledere altre piante, che sono amiche dei suoi compagni. ‘Ma così facendo stimolate i piccoli ad amare il possesso di qualcosa…’ ‘No, perché i bambini sanno che l’arbusto che piantano è affidato alle loro cure solo fino alla festa delle piante, cioè al giorno in cui l’appezzamento che ha piantato insieme ai compagni non compirà l’età stabilita per are alla cura degli addetti. A quella data facciamo una piccola cerimonia, durante la quale ogni giovane presenta la propria pianta – alla quale spesso ha dato anche un nome – alla squadra degli adulti addetti, che si congratulano con lui se la pianta è stata tenuta bene, o lo invitano ad avere maggiore cura per la prossima che gli sarà affidata se la pianta è stata cresciuta non bene. Questo speciale affetto per la pianta che si è curata da giovanissimi resta per tutta la vita e accade spesso che uomini o donne anziani, prima di sedersi su una panchina si dirigano alla vecchia quercia che hanno piantato molti anni fa e depongano un bacio sul tronco o lo accarezzino come si trattasse di un cucciolo di animale. ‘ ‘Mi sembra poetico, ma esagerato’ – commentò David E Kope raccontò ancora: ‘Le piante sono esseri viventi e sono sensibili molto più di quanto tu creda. Anni fa uno studioso volle fare un esperimento: impedire ad un giovane arbusto il contatto col piccolo che lo aveva piantato, mentre gli altri dello stesso appezzamento continuavano a ricevere la visita giornaliera del padroncino. Dopo
una settimana di assenza del piccolo, l’arbusto – pur curato freddamente da un adulto esperto – era diventato il meno bello dell’appezzamento e sembrava destinato a seccare. Restituito alle cure del padroncino guarì in pochi giorni e presto diventò il più bello …È quell’alto cedro che vedi laggiù in fondo. Ai suoi piedi c’è un cartello che racconta la sua storia. ‘Voi non ammettete che una persona sia più importante di un’altra e poi rendete importante una pianta…’ – commentò ancora David. ‘Quella pianta ha servito più delle altre e, per servire, ha rischiato di morire. È un esempio di buon servizio e deve essere lodato.’ Sulla porta dell’ufficio in cui stavano entrando, una semplice targa con la scritta:’Problemi urbani’, lasciò David nella più completa ignoranza dei problemi che trattava. ‘Quali problemi?’ – domandò all’amico. ‘I problemi… tutti!’ – rispose questo mentre spingeva una porta e precedeva l’ospite nella sala. David entrò e si osservò intorno. La sala era rettangolare e divisa in due zone da un lungo bancone dietro il quale sedevano quattro uomini, mentre nella parte adibita al pubblico c’erano alcune sedie lungo le pareti e due di queste erano occupate. Uno dei due clienti dell’ufficio finì di parlare con uno degli impiegati, salutò ed uscì. L’altro cliente si alzò ed osservò Kope, che sorrise e fece un cenno di diniego – poi si avvicinò al bancone. David desiderava ascoltare la conversazione che sarebbe seguita, ma non voleva comportarsi da curioso maleducato, così restò alcuni i indietro. Kope lo riprese subito: ‘Sei venuto per capire, ma se non ascolti non potrai giudicare – gli disse secco, aggiungendo: Non temere, non ci sono segreti fra fratelli; soltanto chi non è onesto ha bisogno di segretezza, per fare cose non belle’ David si avvicinò al bancone e ascoltò la conversazione che seguì dopo un cortese scambio di saluti fra l’impiegato e il cliente.
‘Ho necessità di cambiare casa – disse questo – Mi è nata una bambina e non può stare nella stessa camera dei fratelli, così ci necessita una casa con tre camere: una per me e mia moglie e due per i figli’ L’impiegato si rallegrò col cliente, chiese quale nome avessero dato alla bambina, poi commentò che il nome era stato scelto davvero bene e, dopo avere battuto su alcuni tasti di un computer, domandò: ‘La preferisci vicino al centro o all’anello? Ci sono due case che possono andarti bene, scegli quella che vuoi. Potrai occuparla subito, ma il giorno dopo devi liberare quella che abiti adesso.’ ‘Preferisco quella vicino al parco’ ‘Eccoti le chiavi! Ricorda di riconsegnarmi quelle della casa che lasci’ ‘Arrivederci e grazie’ Mentre l’uomo usciva, David si rivolse a Kop, con l’aria di chi ha visto compiersi un miracolo sotto i propri occhi: ‘Non ho altro da vedere, solo domande da farti…’ –gli disse incredulo. ‘Allora possiamo uscire anche noi’ – rispose l’amico precedendolo. ‘Quel signore può davvero cambiare casa, dopo questa breve chiacchierata?’ – domandò. Certo! – rispose Kop – Il fratello non gli ha forse dato la chiave?’ ‘Ma chi garantisce che quello abbia detto la verità?’ ‘Non ricordi? Qui nessuno mente, per cui non c’è bisogno di dimostrazioni. Quanti certificati, domande e code agli sportelli avresti dovuto fare nel tuo pianeta per una questione come questa, solo perché non potete credervi gli uni con gli altri? ‘Molto tempo, denaro e forse contrarietà.’ – rispose prima di trovare un’altra obiezione:
‘Chi assicura che troverà una casa pronta ad essere abitata e che lascerà quella dove ha vissuto in condizioni altrettanto buone? ‘Per l’educazione che ha ricevuto su Piccolo, lascerà la casa che occupa nelle stesse condizioni nelle quali l’ha trovata: pulita e funzionante, condizioni in cui troverà quella che va ad occupare…’ ‘E se l’appartamento che va ad abitare non gli andasse bene? Potrà riavere quello che ha lasciato?’ ‘Perché non dovrebbe andargli bene? È stato studiato per una famiglia di quel tipo e lui sa cosa troverà; noi non ci facciamo mai sorprese non belle. Se non gli piacerà potrà riavere la casa che aveva solo se non è già stata assegnata e non potrà chiedere di nuovo di cambiare appartamento se non varia ancora il numero dei componenti della sua famiglia. Si troverà bene, stai tranquillo.’ ‘Potrebbe non trovarsi bene coi nuovi vicini: lascia degli amici e va a vivere fra sconosciuti…’ ‘No! Lascia dei fratelli e va a vivere fra altri fratelli… e i fratelli sono tutti uguali, non credi?’ ‘Già voi vi considerate tutti fratelli e per voi tutto è facile…’ ‘Sì per noi è tutto facile, perché siamo tutti fratelli amati dallo stesso Padre, cosa vi impedisce di copiarci? David non rispose: avrebbe dovuto fare un elenco interminabile… Non ancora convinto chiese con una vena di cattiveria: ‘Anche gli alloggi vengono dati gratuitamente?’ ‘Non esistendo denaro…’ osservò Kop. ‘Ho visto che ci sono alloggi grandi e piccoli, quelli grandi sono più comodi e valgono di più, così a qualcuno viene dato più che ad altri e mi pare che non sia giusto…’ ‘Rifletti sempre prima di giudicare – redarguì Kope – aggiungendo:
‘Gli alloggi sono di tutti – voi direste dello stato – e vengono assegnati in base alle esigenze della famiglia. Una famiglia più numerosa avrà un alloggio più grande di una meno numerosa, com’è giusto.’ ‘Ma una famiglia giovane può aumentare di numero, mentre una che ha persone anziane può diminuire. Così una disporrà di molto spazio e un’altra ne sarà carente… ‘Piccole difficoltà già superate… – spiegò di nuovo l’amico – La famiglia che a dalle iniziali 5 persone, per esempio, a quattro, restituisce l’appartamento e va ad occuparne un altro, restituito da un’altra famiglia che, invece, è ata da quattro a cinque componenti. Ogni appartamento viene lasciato pulito e funzionale, per cui non vedo il problema.’ ‘Cambiare casa non è divertente – osservò David – comporta sempre spese, fatiche, cambio di vicini e altri inconvenienti.’ ‘Non qui! – disse secco Kope, che dopo gli sorrise ammiccando – Mi sembra che questa mattina tu non sia particolarmente sveglio… Comunque ti spiego: ‘Spesa: non ce n’è, perché non esistono soldi; fatica: puoi chiedere ai giovani vigorosi che ti aiutino e coloro che sono liberi da impegni saranno lieti di farlo; scambio di vicini: lasci dei fratelli per avvicinarti ad altri, non cambiano nient’altro che i nomi; inconvenienti: hai già visto come è semplice risolverli quando c’è concordia e disponibilità a servire… Vivere su Piccolo è bello!’ – terminò ammiccandogli di nuovo. ‘Perché mi hai ammiccato come hai fatto? – chiese David curioso ‘Ho una speranza legata ad una tua speranza… se sei stato sincero. Quando rivedrai Acia? – finì Kope. ‘Ho capito – rispose – Tu vuoi che non la porti via, ma credo che sarà difficile che lei accetti di lasciare questo pianeta.’ ‘No, non è questo che desidero, ma vorrei che tu restassi qui; hai una mente speculativa e potremmo aiutarci a conoscere di più le vie del Signore…’ ‘Ma se mi trovi poco civile per armi le vostre conoscenze…’ – ribatté David.
‘Se resterai, impiegherai poco tempo a diventare come noi e subito dopo avrai tutte le nostre conoscenze. Poi cercheremo di progredire insieme scoprendo altre meraviglie della grandezza di Dio…’ ‘Non posso farti promesse.’ ‘Ancora non te ne chiedo’ ‘Posso farti un’altra domanda?’ – si informò David ‘Tutte quelle che desideri…’ ‘Non vi accade mai che, per disgrazia, qualcuno danneggi un altro? Quando ci sono danni di mezzo gli animi non restano sempre sereni nel giudicare…’ ‘Pensi che fra noi possa esistere l’ingiustizia? Domani ti accompagnerò in quello che voi definite ‘tribunale’ –per assistere ad una ulteriore dimostrazione. Ti posso assicurare fin da ora che anche lì è l’amore reciproco che ha il sopravvento, sempre!’ ‘Sono proprio curioso di vedere come riuscite a non litigare.’ ‘Domani lo vedrai!’ – assicurò Kop. Il giorno seguente David si aspettava di entrare in un serio ed imponente palazzo, che fe sentire chi entrava piccolo e insignificante rispetto ai potenti che lo avrebbero giudicato, invece Kope entrò in una casa più piccola delle altre, costituita da una sola sala e dai servizi. Una lapide affissa al muro, al lato destro della porta, portava la scritta:’Casa di riconciliazione’; oltreata la prima porta ce n’era una seconda a vetri opachi e sui vetri un cartello che nessuno avrebbe potuto ignorare con una scritta a caratteri cubitali che ricordava tutta la legge di Piccolo in sintesi:’Siamo fratelli che attendono di tornare alla casa del Padre, servendosi l’un l’altro, secondo la Parola.’ Kop lesse lentamente ed invitò l’amico a fare altrettanto, poi gli spiegò: ‘Questo cartello mette chi entra nel giusto spirito e leggerlo è un obbligo per tutti coloro che ano per questa porta.’ ‘Leggerlo o non, cosa vuoi che cambi, se due persone hanno deciso di litigare?’
‘Cambia molto! Ricorda loro cosa sono, che devono amarsi e l’atteggiamento che troveranno all’interno.’ ‘Sulla Terra non cambierebbe niente!’ – mormorò David fra sé. Kope udì e fu pronto a replicare: ‘Fortunatamente qui non siamo così incivili! Anche tu mi sembri già troppo civile per vivere nel pianeta da cui vieni. Su Piccolo ti troveresti benissimo…’ ‘Forse accadrà…’ – rispose il terrestre mentre entravano nell’unica sala. Un ambiente rettangolare, abbastanza grande e completamente spoglio. Le pareti erano dipinte di grigio, le finestre alte e piccole così da immettere poca luce e, nel mezzo della parete di fondo, un grande Crocifisso con un Cristo dall’espressione particolarmente sofferente. Sotto il crocifisso tre sedie sulle quali sedevano tre uomini avanti negli anni. Davanti ai tre, sul pavimento erano disegnati due piccoli cerchi che indicavano ai contendenti dove restare in piedi. ‘È un ambiente che fa nascere dentro la tristezza…’ – bisbigliò il terrestre. ‘Così devono sentirsi due fratelli in disaccordo!’ – rispose pronto Kop. ‘Non ci sono sedie per sedere – osservò David dopo essersi guardato intorno – Dovremo restare in piedi’ ‘Questo non è un luogo dove si viene come svago! Chi viene qui lo fa perché deve imparare qualcosa e, se ci tiene a imparare, deve essere anche disposto a soffrire un poco.’ Nell’attesa che arrivasse qualcuno a chiedere giustizia, David invitò Kop a raccontargli come funzionavano le cose e l’amico cominciò subito: ‘Su Piccolo non ci sono gravi delitti da giudicare, ma solo qualche incomprensione fra fratelli, da appianare per rendere a questi la serenità che hanno perduto. Non abbiamo giudici, avvocati né tribunali. Ogni zona della città ha una sala come questa, dove tre anziani, che sono stati scelti dai residenti nel rione, chiariscono i vari dubbi. I due bisognosi si presentano davanti a questi tre saggi durante il loro orario di lavoro ed espongono i propri punti di vista. I tre
saggi li ascoltano, poi parlano fra loro e danno la risposta – non la condanna, perché qui non c’è nessuno da condannare. Speravo che capitasse un colpo di fortuna e di farti assistere ad un giudizio, ma pare che anche questa mattina i tre saggi resteranno senza lavoro…’ osservò Kop. Prima che David rispondesse qualcosa entrarono due persone. Due uomini sui quarant’anni, uno dei quali aveva un braccio ingessato da poco. I due salutarono e presero posto nei cerchi stabiliti, davanti ai tre giudicanti: ‘Cos’è accaduto? – domandò il saggio centrale e subito uno dei due iniziò a rispondere: ‘Guidavo distratto, non l’ho visto in tempo e l’ho fatto cadere causandogli la rottura di un braccio’ ‘Non è vero – cominciò il secondo. Sono stato io che ho investito la sua auto: correvo guardandomi alle spalle, mentre ava la sua auto e ci sono andato a sbattere contro. Voglio poter accomodare le ammaccature che ho fatto alla sua vecchia auto.’ ‘Se fossi stato più attento mi sarei fermato! – riprese il primo – La colpa è mia e voglio riparare!’ ‘Mi pare una commedia – osservò David – Questi due non accusano l’altro perché rifonda il danno, ma se stessi per essere condannati… Roba da non credere!’ terminò. ‘Da non credere sulla Terra, ma normale qui! Vedi quei due desiderano essere in pace con se stessi e seguire la Parola… Aspetta sentiamo cosa decideranno i tre saggi.’ La soluzione risultò gradita ad entrambi gli uomini che ringraziarono i tre giudici prima di uscire: il feritore avrebbe servito il ferito fino a braccio guarito, e questi, una volta guarito, avrebbe riparato le ammaccature prodotte, inoltre avrebbe pensato a pulire l’auto dell’altro per un periodo doppio di quello ato a farsi servire. I due giudicati uscirono insieme parlando cordialmente. ‘Si trattava di una causa piuttosto semplice’ – sminuì David, dopo che l’amico
lo aveva invitato a notare come su Piccolo fosse facile anche amministrare la giustizia. ‘Tutte le cause legali sono semplici all’inizio. Vengono rese complicate da chi vuol nascondere la verità. Nel tuo pianeta pare che avvocati e giudici abbiano proprio queste mire: camuffare la verità i primi e ingigantire il processo i secondi…e il tutto con l’aiuto di testimoni, spesso falsi ed istruiti ad arte. Se vi affidaste alla verità…’ – finì Kop tentennando il capo. David, però, sembrava che non desiderasse continuare la discussione e aveva allungato il o, mentre erano diretti verso casa. L’amico lo invitò a rallentare: ‘Cos’è questa fretta? Forse hai fame? Il pranzo sarà pronto solo fra due ore… Facciamo quattro i fra la gente.’ ‘Desidero sedermi a riflettere su quanto ho visto.’ – spiegò l’altro. ‘Non mi convinci. Non puoi essere stanco e riflettere insieme a me potrebbe esserti più utile…, a meno che…’Kop lasciò la frase in sospeso. ‘Voglio riflettere su un problema mio personale…’ – ammise David. ‘Forse è un problema che comincia con la lettera A? – ammiccò l’amico. ‘Forse…’ – rispose. ‘In questo caso corriamo, perché di fronte all’amore… tutto il resto non conta!’ Nella grande cucina Zania era seduta su una sedia in un angolo, mentre Shela, dopo avere aperto loro la porta, li aveva preceduti ed era tornata ad affaccendarsi davanti al focolare, fra pentole e tegami dai quali uscivano profumi stuzzicanti. Kope si avvicinò alla piccola e le chiese: ‘Ti serve aiuto?’ Prima che Shela rispondesse, intervenne Zania: ‘Lascia che tua sorella impari il suo mestiere di donna. Quando verrà il suo tempo sarà lei a dover mettere a tavola la sua famiglia. Se le servono consigli non credi che possa chiedere a me?
‘Sei la migliore delle cuoche e delle mamme! Non volevo sminuirti.’ ‘Anche tu sei un bravo figlio; il punto non è questo, è che desidero che Shela impari bene. Tu occupati del fratello che ospitiamo.’ – comandò Zania. ‘Si è ritirato in camera sua perché vuole riflettere in solitudine’ – le rispose il figlio. ‘Perché non fai la stessa cosa? Qui sei di troppo! Se non hai niente da fare siediti e prega o loda il Signore fra noi.’ Kope lasciò la cucina per ritirarsi nella propria camera. Dall’altra parte della parete divisoria David cercava invano di mettere ordine nelle proprie riflessioni, che continuavano a susseguirsi disordinatamente…
CAPITOLO IX
ACIA – 2
Trovare la donna che cercava in un altro pianeta! Così simile alla Terra eppure così distante e non solo in chilometri. Come avrebbe potuto, onestamente, invitarla a seguirlo, chiederle di abbandonare la felicità certa, la sicurezza e l’armonia di Piccolo, per accettare tutti i difetti del pianeta in cui l’avrebbe portata? D’altra parte lui non poteva restare, fra l’altro aveva il compito di riportare l’astronave sulla Terra! Vero che BH sarebbe stato in grado di fare tutto da solo, specie adesso, dopo che aveva memorizzato e analizzato la sequenza degli ordini nella rotta di andata, ma sulla Terra ad attenderlo c’erano la sua famiglia, gli amici, l’Australia, la fama! Qui, su Piccolo, sarebbe stato una persona qualsiasi – che grande civiltà avevano! – forse avrebbe fatto un lavoro sulle orme di Kope, ma cosa avrebbe potuto offrire lui a persone che gli erano secoli e secoli avanti in civiltà e conoscenze? Si sarebbe sentito un fallito e sarebbe stato infelice. – Un flash e gli apparve il volto di Acia – buffo restare per avere la massima felicità e scoprire di avere inseguito un sogno impossibile – un altro flash: ancora il volto di lei! – … ma cosa volevano la sua anima, la sua ragione, i suoi sensi? Perché erano loro stessi i suoi primi avversari? Perché gli accadeva qui di trovarsi in lotta con se stesso, mentre sulla Terra riusciva sempre a trovare la serenità, a ragionare seriamente – come si conviene ad uno scienziato! – Cosa c’era qui, fra tanta perfezione che lo disturbava? Si sentì impotente, chinò la testa e in un lampo capì tutto! Poi, si intromise ancora il cervello e cominciò a portare nuovi dubbi… Avvertì un brivido di freddo e si rese conto di essere sudato. Si alzò di scatto e stabilì che ne avrebbe parlato con lei: fra poche ore l’avrebbe incontrata. Se non fosse stata ad attenderlo ogni problema sarebbe scomparso e, se ci fosse stata, forse avrebbero trovato insieme la soluzione. ’Chi può sapere cosa mi attende? – si disse e una voce interna echeggiò: ‘E chi può sapere?’
Fedele alla promessa fatta, Acia era già ad attendere sulla ‘loro’ panchina. David osservò la figura mentre gli tornavano alla mente dei versi letti nella Bibbia e inneggianti la bellezza: ’Quale purpureo nastro son le tue labbra/leggiadra è la tua bocca/spicchio di melagrana è la tua guancia dentro il tuo velo…Le tue mammelle son come caprioletti, gemelli di gazzella, pascolanti fra i gigli…’Sì, Acia era bella! Gli occhi l’avevano confermato: ‘È bella!’ e i sensi in mezzo ad una improvvisa tempesta, avevano gridato:Mi piaci!’ Il cuore, complice, aveva assicurato:’Potrei amarla per tutta la vita!’ E qualcosa di più profondo – l’animo? – aveva garantito: ‘È lei!’ Ma la bocca non aveva emesso alcun suono, perché la ragione, dubbiosa, aveva obiettato di nuovo che non sarebbe stato un comportamento da persona educata…, che si trattava solo del primo appuntamento che, forse, non si sarebbe più ripetuto…, che non la conosceva abbastanza, che lui aveva altre cose da fare… e infine, che la ragazza era di un altro pianeta! La ragazza gli aveva sorriso – un sorriso così dolce e carico di promesse che ne rimase incantato – mentre sussurrava un delicato ‘Grazie…’ ‘Per cosa mi ringrazi?’ – le domandò. ‘Per essere tornato… – spiegò Acia – questo vuole dire molte cose…’ Sedette vicino a lei mentre rispondeva: ‘Significa solo che mi piaci.’ ‘Soltanto questo? Secondo me significava altre cose, oltre quella che hai detto. Ad esempio che eri stato sincero durante il nostro primo incontro e che desideri davvero parlare d’amore con me…’ ‘Vorrei davvero parlarti d’amore, se fossimo sulla Terra non avrei tante paure, ma qui… tu appartieni ad un altro pianeta!’ – finì David con gesto sconsolato.
La ragazza parlò con voce soave e disse parole convincenti: ‘L’amore è universale, è Dio Stesso! Non è limitato ad un luogo, né riservato a creature dello stesso pianeta… non ha limiti! È la forza creatrice dell’universo e quello che unisce un uomo e una donna è sacro, tanto che Dio Stesso si affida loro per avere altri sudditi nel proprio Regno. Ciò di cui devi essere certo è che si tratti di vero amore e non di cercare un’avventura piacevole, che su Piccolo non avresti mai…’ ‘Sono sincero: mi piaci e vorrei poterti avere con me per sempre, ma ci sono troppe difficoltà; abbiamo usi, conoscenze ed esigenze diverse. Fra pochi giorni io dovrò ripartire e non posso chiederti di venire con me. D’altra parte io non posso restare qui, perché ho dei doveri verso il mio pianeta, verso gli amici e verso la mia patria. ‘Ne hai di più verso l’amore e verso Dio… Forse ti crei tanti problemi solo perché hai poca fede. Amare significa accettare di diventare collaboratori di Dio abbandonandosi alla Sua volontà. Se io potessi vedere bene in te e tu in me, allora decideremmo nel modo giusto…’ ‘Vorresti vedere la mia anima?’ ‘No, ma stabilire un contatto fra i nostri pensieri. Su Piccolo è possibile, noi veniamo educati a poter entrare in contatto col pensiero degli altri. C’è una prima prova infallibile per sapere se due persone possono parlare d’amore. Se io desidero parlare d’amore con te e se tu sei la persona giusta, allora tu udiresti i miei pensieri ed io i tuoi, senza dire parola.’ ‘Vuoi dire che fra innamorati potete parlare telepaticamente e per tutta la vita?’ ‘Sì, possiamo sentire i pensieri profondi dell’altro – quelli veri e scevri da sovrastrutture mentali – per il tempo necessario a conoscerci. Finché i due innamorati restano puri è dato loro questo potere; quando si amano per avere figli lo perdono in cambio dei piaceri della carne. Potrei insegnarti la strada, poi sarebbe facile conoscerci bene. Se sei davvero interessato a noi, allora ti insegnerò.’
Forse avrebbe riportato sulla Terra qualcosa di diverso, ma altrettanto utile delle cognizioni scientifiche che Kope gli continuava a dare e che apprendeva dalla vita di quei giorni. ‘Non credo che ci riuscirò, ma possiamo provare…’ acconsentì. ‘Dapprima ti convincerò che la cosa è possibile, poi ti insegnerò – cominciò la ragazza – Adesso stai rilassato e guarda il mio viso, udrai un mio pensiero.’ Continuava a guardarla negli occhi ma non udiva niente e dopo qualche istante ammise: ‘Vedi? Non puoi insegnarmi, non sono ricettivo.’ ‘No, c’era qualcosa di errato: il tuo sguardo portava messaggi troppo violenti ed io ammetto di essermi perduta con piacere dietro i sogni che leggevo. Riproviamo, ma non mangiarmi con lo sguardo…’ David la osservò di nuovo pensando solo a quanta armonia traspariva dalla figura di lei, quanta pura bellezza… e si sforzò di non pensare a quanto la desiderava… Trascorse un lunghissimo minuto, poi senza che Acia avesse mosso le labbra, udì un distinto: ‘Conosciamoci!’ ‘Sì’ rispose ancor prima di rendersi conto di ciò che era successo. Acia gli sorrise: ‘Adesso ti insegnerò ad udire i miei pensieri, ma anch’io sentirò i tuoi, quindi se con me hai fini non buoni mi saranno svelati. Hai paura?’ ‘Nessuna paura…’ – garantì. Ci vorrebbero due sedie, ma possiamo anche sederci a terra uno di fronte all’altra.’ Sedettero sul tiepido suolo coperto di erba e Acia cominciò a parlare lentamente: ‘Devi immaginare di essere me, di metterti al mio posto come se tu non esistessi
e la tua anima si trasferisse dentro il mio corpo. Immagina le sensazioni che io sto provando, come le sta registrando il mio cervello. Senti con me le sensazioni che provano le mie mani sfiorando l’erba, quelle che il vestito causa alla mia pelle, il solletico che mi fanno i capelli sulla fronte quando il vento li muove, immagina come io posso sentire il mio corpo… la forza delle mani…, la potenza dei muscoli della coscia…, le sensazioni che può darmi il delicato seno…, quello che posso provare guardandomi in uno specchio… immagina come ti vedono i miei occhi… e cosa mi dicono di te… Acia continuava a parlare lentamente, mentre David aveva deciso di tentare e si stava impegnando al massimo: Immaginò dapprima le sensazioni che dovevano trasmettere i glutei al cervello di lei, – sorrise pensando a quei sodi glutei – dovevano essere simili a quelle che registrava lui: il terreno era morbido, ma la morbidezza svaniva presto… poi immaginò la pressione che subivano i palmi delle mani sui quali Acia stava appoggiata, tenendo i bracci tesi dietro la schiena, poi immaginò di possedere il suo cervello, di impadronirsene e di ispezionare il ‘proprio’ nuovo corpo. Si trasferì spiritualmente nella testa di lei… – sorrise fra sé soddisfatto – la ragazza doveva essere contenta del proprio corpo armonioso ed altrettanto lieta doveva essere del proprio stato mentale, della serenità che l’avvolgeva, dell’equilibrio che dimostrava… pensò di essere lei stessa… era soddisfatto della propria figura, avvertiva quasi il solletico che produceva la vecchia stoffa dei vestiti di lei sul collo, sui fianchi, sulle gambe; inavvertitamente si toccò il petto e gli parve di registrare un reggiseno un po’ stretto che schiacciava troppo due mammelle piene e desiderose di altre carezze… – cacciò l’idea che stava insinuandosi tentatrice… – e avvertì che lo stomaco provava una strana uggìa, qualcosa fra la fame e l’abbandono… chi sa cosa poteva essere…, poi fu lieto di vedersi con gli occhi di lei… non era bello ma l’aveva attratta, quindi lei doveva vedere in lui qualcos’altro oltre le fattezze regolari del volto, si sentiva quasi accarezzato dallo sguardo… e continuò ad osservarsi con gli occhi di lei, a pensarsi col pensiero della ragazza, a mettere dentro di sé tutto quello che le sarebbe piaciuto. Acia si mosse, cambiò posizione e David pensò che la ragazza si stesse annoiando –ormai erano parecchi minuti che restavano in silenzio mentre lui immaginava –, non le disse niente ma pensò di terminare il corso delle immaginazioni… ‘Continua pure, stai andando bene…’ – registrò e fissò la bocca di lei per notare se muoveva le labbra.
Nessun muscolo della faccia della ragazza si era mosso e Acia assentiva lentamente con la testa, come se stesse dicendogli di non spaventarsi né meravigliarsi, di continuare a provare perché quella era la strada giusta. Continuò a immaginarsi lei per molti minuti, mentre la ragazza attendeva paziente e, finalmente!, udì un primo pensiero di lei:’Quanto sarà bello amarti!’, poi ne captò un secondo: ‘Desidero che sia tu la persona che il Signore mi ha destinato.’ Anche lui pensò che sarebbe stato davvero bello amare una ragazza come Acia: bella, dolce, pura, arrendevole…, ma pensò anche quanto sarebbe stato inebriante possederla e, subito, udì un nuovo pensiero dell’amica: ‘Non così, l’amore non è solo questo!’ – e pensò ‘Scusami, ancora sono troppo terrestre!’ Poi cominciò a riflettere sul pensiero avuto: cosa poteva voler dire quell’’ancora’? Lui era un terrestre e sarebbe rimasto tale per tutta la vita, forse il suo subcosciente o l’anima stessa, cominciavano ad insinuargli un dubbio?. Lasciò questa riflessione per abbandonarsi alla letizia che gli procuravano i pensieri dell’amica. Adesso udiva come lo giudicava lei, cosa si aspettava da lui e cosa ammetteva di essere disposta a fare per lui: ‘Com’è possibile tutto questo? – pensò chiedendole – perché Dio permette qui un metodo di conoscenza sconosciuto sulla Terra?’ ‘Qui è possibile perché noi ci abbandoniamo al volere di Dio e ci sforziamo di seguire la Parola; se nel tuo pianeta cercaste le vie del Signore quanto noi, allora anche per voi sarebbe possibile una conoscenza più profonda fra persone che desiderano amarsi. Infatti questo è uno dei misteri dell’amore uno dei tanti regali che Dio ha fatto alle Sue creature.: quando due persone si amano o desiderano amarsi, possono sempre comprendersi. Il fatto che sia permesso anche a te non mi sorprende, ma dimostra qualcosa di nuovo che noi supponevamo senza averne avuto mai conferma: l’universalità dell’amore… Dio è amore, ha creato tutto per amore e con amore e ha dato alle creature la possibilità di comunicare sempre, quando sono spinte da un atto d’amore che vada secondo la Sua volontà. Il sentimento che unisce un uomo e una donna è sacro, perché voluto da Dio, è qualcosa di puro e bello che va secondo i Suoi desideri… e Dio ne facilita l’attuazione. Noi vogliamo fare la Sua volontà, ed Egli ci benedice in ogni modo.’ ‘È bello avere la fede che avete ! Io credo, ma sono lontano dalla vostra
pienezza.’ ‘Ci aiuteremo a migliorare insieme…’ – auspicò la ragazza ‘Insieme… Per me essere insieme alla ragazza che amo significa anche scambio di affetto ed effusioni, voi siete molto freddi, mi pare…’ ‘Alcune effusioni sono consentite e lecite anche qui, purché tu non chieda troppo…’ ‘Vorrei stringerti fra le braccia e baciarti…’ ‘Questo è lecito…’ – disse alzandosi in piedi. David la imitò, le prese la mano e camminarono fin sotto la chioma di un salice frondoso, dove le cinse la vita e l’attirò a sé. Acia non oppose resistenza, né si spaventò – come lui temette –alla violenta reazione del corpo dell’amico, anzi, offrì le labbra…ma non permise niente più di un casto bacio. ‘Contento? – gli disse. ‘Per un solo bacio?’ ‘Non siamo ancora sposati, se mi vuoi amare davvero non puoi chiedermi niente di più. Ancora non sappiamo cosa deciderai e fin quando non sarai sicuro di te non potremo parlare di amore per sempre…’ ‘Io sono sicuro delle mie intenzioni…’ – pensò. ‘Vuoi restare su Piccolo e sposarmi?’ – udì il pensiero dell’amica. ‘Beh…’ – smise di pensare perché non aveva una risposta chiara. ‘Vedi? – trasmise Acia – devi ancora decidere… Io aspetterò e ci incontreremo ogni volta che vorrai, perché sento che posso fidarmi di te. Adesso accompagnami fino a casa, non abito lontano…’ ‘Cosa diranno vedendoti con me?’ – si preoccupò. ‘Si limiteranno a salutarci, come sempre. Siamo tutti fratelli… Abbandona ogni timore e sovrastruttura mentale negativa a cui ti ha abituato la vita sul tuo
pianeta, qui sei su Piccolo!’ Si avviarono a i lenti verso il centro della cittadina e David fu subito costretto a far paragoni. Quando camminava per le vie della sua città doveva continuare a stare attento a non dare o ricevere spinte, all’auto che sfrecciava vicina o al semaforo che cambiava colore: tutti andavano di fretta, se incontravano un amico lo salutavano da lontano per non perdere tempo… tutti ansiosi di arrivare presto dove dovevano. Qui le persone camminavano lentamente ‘eggiavano!’, si salutavano con un sorriso o con un inchino del capo e, se incontravano un amico o un parente, si fermavano a chiacchierare, interessandosi alle sue vicende. Nessuno guardava nervosamente l’orologio, né si metteva a correre rischiando di urtare un altro. Attesero alla fermata del tram insieme a pochi altri. Il torpedone era in ritardo, cinque… dieci minuti, un quarto d’ora! Nessuno si lamentò né fece gesti di stizza; David si rese conto di essere l’unico a portare l’orologio… Quando il tram si fermò scesero due signore incinte e appena partiti l’autista spiegò: Scusatemi se vi ho fatto attendere, ma è stato necessario servire le due sorelle che sono scese. Nessuno trovò da ridire. David non era abituato a tanta calma, sembrava che su Piccolo il tempo non avesse senso ma, se la pensavano così, ognuno poteva arrivare al lavoro, per esempio, quando gli pareva e questo modo di fare non poteva non generare confusione… Decise di chiedere alla ragazza: ‘Mi pare che qui nessuno abbia fretta, come se ciascuno avesse a sua disposizione tutto il tempo che vuole…’ ‘Infatti è così – gli rispose lei – Noi abbiamo pochi orari precisi: l’inizio del servizio(ciò che voi chiamate lavoro), il ritrovarsi ai pasti principali della famiglia, l’inizio delle funzioni religiose…Come avrai notato se un veicolo pubblico non rispetta l’orario previsto nessuno trova da ridire. Questo è possibile perché noi tutti viviamo in attesa di tornare nel Regno del Padre. Tutto ciò che facciamo qui è attendere quell’ora nel modo più edificante e buono che riusciamo. Il tempo è un padrone solo per chi non crede nell’eternità, noi non siamo schiavi del tempo…’
CAPITOLO X
David trascorse la settimana più brutta della sua vita. Continuò a restarsene in disparte, solo e taciturno, trovando scuse diverse per evitare anche la compagnia di Kope, tanto che questi pensò di averlo offeso e dopo due giorni di rifiuti gli chiese: ‘Dimmi cosa ti sta accadendo, se ti ho offeso io, ti chiedo perdono: l’ho fatto senza rendermene conto ’ – lo disse con un’aria così contrita e un tono tanto accorato che si sentì obbligato a tranquillizzarlo: ‘Non è colpa tua – iniziò – Devo prendere una decisione molto importante e devo decidere io, da solo! Devo analizzare bene ogni aspetto perché un errore sarebbe fatale non soltanto per me…’ ‘C’entra anche la ragazza?’ – domandò l’amico. Com’era bello parlare con queste persone che capivano – o captavano? – subito tutto! E come sarebbe stato bello essere compresi subito, sin dalla prima parola, anche da Acia – se avesse deciso per il sì – rifletté. Ma anche questa volta trovò un dubbio: lui l’avrebbe compresa altrettanto bene? Perché ogni volta che tentava di decidere in un certo senso – e aveva trovato buoni motivi per farlo – arrivava subito un altro maledetto dubbio, come se dentro di lui ci fosse stato un invisibile avversario, che gli faceva la più acuta delle osservazioni, l’unica capace di farlo dubitare di nuovo? Si perse nelle proprie riflessioni e si rese conto improvvisamente di non avere risposto alla domanda che gli era stata fatta, ma prima di udire la propria risposta – che continuava a non trovare – udì la voce calma dell’uomo che diceva: ‘Ho capito il tuo dilemma. Rifletti pure con calma e lascia che ti dia un consiglio: ascolta solo il cuore e non permettere che intervenga il cervello. Il cuore è il tuo amico, il cervello è la voce dell’altro, del nemico. Quindi fai decidere il tuo cuore e non te ne pentirai. Ti lascio, se credi che possa esserti utile vieni tu a cercarmi…’ – e se ne andò. Rimasto solo fu assalito di nuovo da tutti i dubbi che lo avevano tormentato in
quei giorni. Come una torma di lupi affamati si getta sulla preda, così i dubbi lo aggredirono ancora; gli sfilarono in mente uno dopo l’altro, incalzanti e insidiosi, servitori di un nemico razionale che cercava di soffocare l’amore… Cominciò la voce di suo padre che gli rammentava il primo dovere di uno scienziato. ‘Un bravo scienziato pensa solo al bene che può fare agli altri’ Poi fu la volta dell’unico amico vero che aveva, collega di lavoro, che gli diceva: ‘Ho sempre ammirato la tua generosità nel cercare soluzioni che diano vantaggi alle persone e lustro al nostro Paese, ti sono amico anche per questo e ti ammiro. Non cambiare!’ E pensò a quanto era bello poter disporre di un amico intelligente e fidato, alle situazioni che lo aveva aiutato a risolvere, a quelle volte in cui era stato Sam (diminutivo di Samuel –come si chiamava l’amico) a insistere per offrirgli la cena(che lui avrebbe saltato perché aveva finito i soldi del mese), o a tirargli su il morale, quando era necessario. Con chi l’avrebbe sostituito? Poi rivide il deserto e quella pianta isolata, al limitare, sotto la quale gli piaceva ritirarsi a meditare: una vecchia fidata amica, immersa in un’atmosfera magica, impossibile da ricreare altrove.’ Quante giuste decisioni era riuscito a prendere seduto ai piedi dell’albero che sembrava comunicargli tutta la saggezza e l’umanità di suo padre! Per poter andare all’oasi avrebbe prima dovuto tornare sulla Terra e questo avrebbe significato rinunciare a qualcosa cui teneva davvero… Acia… la serenità di Piccolo… Acia… la società sicura di Piccolo… Acia… la fratellanza di un intero pianeta… Acia… l’armonia di Piccolo… Acia… la giustizia, la semplicità, la speranza, la perfezione che esisteva solo su Piccolo – e che la Terra, forse, non avrebbe mai raggiunto … Acia e il primo e irripetibile amore che finalmente gli era capitato d’incontrare! Qual’era il primo obbligo di un uomo? Forse il dovere? Forse l’onore? Forse la riconoscenza per chi lo aveva aiutato: la famiglia, gli amici, lo stato? O, forse avevano ragione qui su Piccolo, dove l’amore aveva la precedenza su tutto? L’essere vivente che ponesse al primo posto l’amore non sarebbe anche sempre stato ben disposto verso gli altri, pronto a dare una mano e cooperare con calore, non avrebbe desiderato di vedere gli altri felici come era lui? E allora ecco che
l’amore avrebbe compreso anche l’onore e il dovere – dovere di agire bene verso gli altri – e il tutto in una calda atmosfera di gioia e non nella fredda o sconsolata decisione di doversi comportare in un certo modo ‘per onore’ o ‘per dovere’! Ma se le cose stavano davvero così, cosa c’era da decidere? Qui aveva l’amore, una vita felice e una fine serena, fine che lo avrebbe immesso nel Regno eterno del Padre. Non c’era niente da decidere! L’astronave sarebbe tornata sulla Terra e avrebbe portato il seme nei racconti degli altri. Quanto a lui, quindi, non era un fallito, un capitano che abbandona la propria nave, ma solo un pioniere che restava in uno sperduto avamposto, a vivere il sogno cercato, mentre inviava in patria il seme e le conoscenze per la felicità. Quando su di un piatto della bilancia poni l’amore, non c’è niente da porre sull’altro piatto per raggiungere l’equilibrio! Sarebbe rimasto! … c’era solo da verificare con un ultimo incontro con la ragazza dei suoi sogni. Per lei rinunciava ad avere un ato perché sarebbe stato costretto a rinunciare ai ricordi per non soffrire ogni volta… E fu nuovamente assalito dai dubbi. – Vivere qui come un servo e uno straccione – rinunciando ai suoi begli abiti e ad ogni ricchezza… e tutto solo per l’amore promessogli da una donna? E se in seguito lei non avesse mantenuto la promessa? Questo fu il dubbio più atroce e lo accusò con una smorfia simile a quella di un pugile che accusi un colpo basso, ma per sua fortuna il cuore dette un guizzo nel petto e si ribellò ‘Basta! – disse il cuore – adesso basta col cervello! Ora parlo io!’ E cominciò a porgli domande e suggerirgli visioni… Aveva mai veduto una creatura bella quanto Acia? O una altrettanto dolce? E aveva mai desiderato di stringere tra le braccia una ragazza con altrettanta struggente ione come gli accadeva pensando a lei? Aveva mai ‘sentito’ di potersi fidare di un’altra in modo così netto? ‘Fra voi due la creatura più importante è lei’ – il cuore continuava a parlare – ‘ricordi cosa ti diceva tuo padre parlando della donna? – ‘In amore l’uomo rischia una parte della propria vita, una donna la rischia tutta!’ – e Acia non ha paura di rischiare, fa uno scambio alla pari, lei che rischia più di te… e sei tu ad avere dei dubbi? Pensa con quanta dolcezza ti accoglierà ogni sera e pensa a quanto sarà bello darle dei figli ed aiutarla ad allevarli. Infine pensa a quanto è bello vivere in questo loro mondo saggio, dove tutti amano tutti ed hanno risposto alla domanda più importante della vita: dove andrò? Essi lo sanno e lo
credono fermamente, tu lo speri e affermi solo a parole? Perché se sei davvero convinto anche tu della verità della tua fede, allora non c’è altro da pensare. L’Amore Eterno ti fa chiamare ad amare dall’amore! Osi ancora dubitare? Quando la incontrerai dille soltanto che desideri amarla e servirla…’ Il cuore era stato un bravo avvocato; il cervello era già pronto a ribattere, ma l’animo si impose: ‘Basta! Ho ascoltato entrambi e avete finito in parità, ma poiché non temo il rischio decido di correrlo per qualcosa di nuovo e bello… e voto per il cuore…’ Presa la decisione andò in cerca di Kope e come lo trovò gli disse: ‘Il tuo consiglio mi ha dato la forza per decidere: ho votato per il cuore…’ ‘Sono contento per te, vedrai che ben presto avrai una guida migliore di me…’ ‘Dubito che Acia sia brava quanto te, perché è meno colta’ ‘Non deve insegnarti molte cose, ma solo chiarirti le idee. Riuscirà meglio di me perché ti ama due volte: come fratello e come l’uomo della sua vita, mentre io ti amo solo come fratello…’ ‘Ma tu sei più saggio.’ ‘Chi usa la forza dell’amore è sempre saggio, perché l’amore deriva da Dio. La ragazza che hai scelto sarà la guida migliore, tu continua ad usare il cuore e lasciati guidare…’ ‘Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me; adesso mi lascerai?’ ‘Torno a disposizione per servire un altro fratello. Tu non hai più bisogno’ ‘Mi piacerebbe rivederti, perché sei stato il primo a prenderti cura di me.’ ‘Se rimani, come hai detto, ci rivedremo di sicuro e se avrai ancora bisogno di me, sai dove trovarmi. Tu resterai ospite in questa casa fino a quando non te ne sarà data una tua… Penserà a tutto la ragazza’ ‘Prima di lasciarti avrei bisogno di fare un’ultima eggiata, chiacchierando
con te. Puoi dedicarmi ancora un giorno? ‘Con tutto il cuore!’ – rispose Kope.
CAPITOLO XI
Uscirono a eggio di buon mattino. David ammirò il cielo azzurro, gustò ancora i profumi intensi trasportati da una lieve brezza ed ebbe un brivido di piacere per quell’aria fresca che gli dava la sensazione di essere in forma perfetta. Scambiò cortesi saluti coi rari anti e Kope non poté fare a meno di osservare: ‘Vedo che cominci a muoverti fra noi con normalità, come uno di qui…’ ‘Tu corri troppo…’ – rispose l’amico ben sapendo a cosa l’altro volesse alludere – Lascia che sia io a proporre i temi che mi interessano.’ ‘Proponi pure’ – accettò Kope. ‘Ecco: una delle cose che mi hanno più meravigliato è il desiderio di tutti voi di fare lavori manuali…’ ‘Il motivo viene da lontano – lo fermò l’amico – e la spiegazione è lunga. Ci conviene andare a sedere su una delle panchine del parco; intanto puoi osservare il resto…’ David accettò allungando il o, mentre una lontana campana suonava le sette… e subito la strada si riempiva di persone. In massima parte erano giovani che David stimò fra i trenta e i quarant’anni; camminavano di buona lena, a piccoli gruppi che si infoltivano lungo la via e sembravano diretti all’anello o oltre. La completa mancanza di persone anziane e la scarsità delle ragazze meravigliarono il terrestre che si informò dall’amico. ‘Sono i giovani che hanno il compito di tenere a posto il pianeta. Ti spiego: ogni mattino, secondo un programma approvato dal centro, questi giovani vanno a visitare una zona più o meno vasta a secondo di quanto sia numeroso il gruppo. Alcuni si interessano delle acque: fiumi, torrenti, sorgenti… e puliscono, riparano o rinforzano ogni punto necessario perché non avvengano sorprese indesiderate. Altri ragazzi pensano ai boschi e tagliano o potano le piante, riparano il terreno, puliscono i canali di scolo, rafforzano i greti pericolanti, piantano nuovi arbusti per trattenere la terra che non scivoli a valle in
smottamenti. Altri ancora si occupano del sottosuolo e studiano l’eventualità che avvengano terremoti. Fra i giovani che vedi ci sono geologi, laureati in scienze agrarie o terrestri oppure semplici operai… ma sono tutti fratelli che operano insieme per mantenere sicuro il nostro pianeta. Noi amiamo molto il nostro Piccolo e lo curiamo e rispettiamo; per queste cure è spesso necessario il vigore dei giovani, così sono questi che si occupano della cosa. I più distanti resteranno fuori fino alla sera e saranno invitati a pranzo da qualche fratello che abita nella zona che visitano. Altri torneranno a casa loro per consumare il pranzo con la famiglia. Questi giovani che vedi indossare una tuta verde e che si occupano del benessere di Piccolo, devono iniziare il loro lavoro alle otto. Dopo le otto la strada si riempirà degli studenti che vanno a scuola, di bambini e dei vecchi che li accompagnano. Le donne hanno sempre molte piccole cose da fare e prendersi cura dei bambini serve ai vecchi per non sentirsi inutili, inoltre i vecchi sono i più fedeli trasmettitori delle regole degli antichi,quelle regole che noi desideriamo che non cambino mai. Siamo molto grati ai nostri vecchi e, come avrai notato, le persone anziane sono molto rispettate… ‘Ecco perché qui la natura è sempre benigna… – osservò David – Non è vero che Dio Stesso tiene tutto in ordine, ma siete voi che sapete amministrare bene…’ ‘Noi amiamo tutto e, amando, operiamo secondo i piani del Signore, Che da buon Padre ci benedice e assiste oltre i nostri meriti. ‘Se fimo così anche sulla Terra eviteremmo molte catastrofi – disse David. ‘E non avreste oziosi annoiati e tentati a fare brutte azioni…’ Mentre parlavano erano arrivati ad una panchina. Il terrestre non poté fare a meno di notare quanto la stessa fosse curata: pulita e verniciata con un’accattivante vernice trasparente che lasciava ammirare le venature del legno. ‘Parlami dei lavori manuali…’ – invitò David sedendo. ‘Comincerò col dirti una massima dei nostri antenati:’Il popolo che non usa le mani (per lavorare) è destinato a scomparire. Su Terra – Madre eravamo arrivati ad un consumismo esasperato. Sotto la spinta della civiltà dell’avere e del conseguente egoismo eravamo pervenuti ad un frammentazione estrema ed era difficile governare i popoli… Chi più poteva più prendeva – o rubava – mentre anche le facoltà di giudizio erano peggiorate, così i genitori spingevano i figli a
raggiungere posizioni importanti – che dessero un buon guadagno – e li esortavano a raggiungere quei titoli che si ottengono dopo anni di studi. Una tale aspirazione non è di per sé errata, ma un giovane cui non si insegna presto a lavorare con le mani, dopo anni di inutili tentativi perduti a seguire corsi per lui impossibili, anche se accetta di dedicarsi ad un lavoro più umile, è svantaggiato ed in ritardo rispetto agli altri che lo hanno accettato sin da piccoli… Con queste convinzioni inventammo tutte le macchine possibili e necessarie a fare quei lavori manuali che rifiutavamo di eseguire perché ritenuti umilianti. Schiere di robot, sostituivano gli operai in ogni lavoro, mentre altre macchine consentivano di vivere una insensata opulenza… Improvvisamente ci si rese conto che Terra –Madre non avrebbe resistito ancora e che la vita sul pianeta non era più possibile. Infatti cataclismi e terremoti sconvolgevano il nostro pianeta, i fiumi cambiavano alveo distruggendo paesi e campagne, le sorgenti si seccavano all’improvviso, mentre, montagne di rifiuti appestavano l’aria e inquinavano il terreno… Allora cominciammo a riusare le mani per occuparci delle nostre piccole ferite, ciascuno delle proprie, mentre l’Assemblea dei Popoli cercava la soluzione ottimale. Per nostra fortuna la trovò e i nostri antenati vennero su Piccolo e stabilirono le regole eterne, quelle che noi continueremo ad applicare per sempre…’ David osservò gli occhi lucidi di Kope che ammise: ‘Mi commuovo sempre ripensando ai nostri stupidi errori e a quante brave persone hanno sofferto per l’impero della civiltà dell’avere.’ Qui chi fa il lavoro manuale più umile è pari a chi fa un lavoro di ricerca. La nostra regola attuale è ‘Servire!’ – Tutti coloro che servono hanno la stessa importanza e dignità. La felicità deriva dall’armonia di tutte le parti che vivono insieme e cosa può dare armonia più della fratellanza? ‘Evviva il lavoro manuale!’ – disse David alzandosi, quasi per commentare. ‘È un modo per rimanere semplici e disponibili, senza lasciarsi vincere da tentazioni da megalomani. Noi tutti viviamo lentamente, senza correre e senza eccessi, in attesa di poter varcare la soglia dell’Eden, dove ci attende la felicità eterna. Per chi crede in Cristo la vita è semplice! Come dice la Parola’ il giogo che ci è richiesto è ‘ leggero’.
‘Beati voi!’ – sospirò David. ‘Se non c’è altro che vuoi sapere possiamo rientrare a casa…’ – invitò Kope. Percorrendo a ritroso quelle stesse vie che dalle sette alle otto brulicavano di persone, David notò che adesso – pochi minuti alle 12 – erano deserte. Sembrava una cosa innaturale: vie deserte senza pedoni né auto, fermi i tram e gli autobus. ‘Dov’è finita tutta la gente?’ – chiese meravigliato il terrestre. ‘Al lavoro!’ –rispose flemmatico Kope. ‘Tutti? Anche i vecchi e i bambini?’ ‘Ciascuno fa la sua parte – spiegò l’amico – Come ti ho già spiegato prima i vecchi si occupano di accompagnare a scuola i bambini, poi andranno a riprenderli, si preoccuperanno che studino secondo gli ordini del maestro e li accompagneranno a giocare negli spazi riservati. Quando i bambini giocano o sono a scuola le persone anziane riposano o vanno a pregare in chiesa, a chiacchierare al parco… secondo le esigenze di ciascuno. I giovani sono tutti al proprio lavoro…’ ‘Qui non avete disoccupati?’ – l’interruppe David. ‘Noi non abbiamo neppure la parola ‘disoccupato’ – spiegò subito Kope – Chi non fa niente è o malato o vagabondo. Scusiamo il primo e sproniamo il secondo: nessuno può restare ozioso. ! Così chiunque abbia energie sufficienti e nessuna cosa da fare, deve aggregarsi ad una delle squadre che curano il pianeta, dove aiuterà secondo gli ordini che gli verranno dati dal caposquadra… Avete risolto il problema della disoccupazione.’ – commentò il terrestre. ‘Chiunque ama ha sempre qualcosa da fare… – ribatté Kope – Voi siete dei pessimi amministratori del vostro pianeta perché avete poco amore, conseguenza della civiltà dell’avere…’ ‘Grazie… – mormorò David – mentre rientravano in casa – Credo di avere capito tutto…’
Il mattino seguente si abbracciarono come due fratelli e, augurandosi ogni bene si lasciarono per seguire, ciascuno, la propria strada… David trascorse i giorni che restavano come in un sogno: partecipava alla vita degli altri quasi senza vedere o notare, immerso in una realtà soltanto sua… Forse Kope aveva avvertito tutti, prima di lasciare la casa, o forse queste persone avevano ‘captato’ il suo stato d’animo e lo rispettavano. Finalmente arrivò l’ultima notte e David la trascorse insonne, nuovamente assalito dai dubbi e dai fantasmi… Quante volte dovette invocare il proprio cuore perché li respingesse! Quando spuntò l’alba si alzò coi primi. Per scaricare l’ansia decise di fare una breve corsa. Prese con se una fetta di pane e un pezzo di formaggio e corse fino alla panchina dove avevano stabilito di ritrovarsi. Sedette e mangiò con appetito il poco che aveva portato, bevve qualche sorso di acqua ad una vicina fontana, osservò ancora la panchina – quasi per rassicurarsi che c’era e ce l’avrebbe ritrovata – e tornò sui propri i con lenta corsa. Fino a quel giorno i suoi ospiti non gli avevano permesso che raramente di essere loro utile, mentre quella mattina sembrava che tutti avessero bisogno di lui. David riuscì a fatica ad essere libero per il tempo di partecipare ad una Santa Messa nella vicina chiesa, dove accompagnò la più vecchia della casa, una nonna quasi centenaria. Dopo il pranzo gli permisero di asciugare le stoviglie e poi lo pregarono di trasportare in casa alcune bracciate di legna; uno dei piccoli gli chiese aiuto per pulire le scarpe e una ragazzina che frequentava il primo anno del secondo corso, gli chiese di raccontarle una storia della Terra, che lei avrebbe riassunto e presentata a scuola come compito… Ricordando di essere in una civiltà saggia e molto progredita, David rispolverò i propri ricordi e narrò di nuovo la breve fiaba di Esopo, ‘la volpe e l’uva’, che fu ascoltata da tutti con interesse ed ebbe il plauso convinto degli adulti. Dimostrando di conoscere molto più di quanto avevano ammesso, uno degli uomini si complimentò col giovane dicendogli: ‘Sei già uno di noi…’ – frase che David gradì moltissimo e che gli dette più sicurezza per affrontare le ore che seguivano. E finalmente arrivò l’ora di recarsi all’appuntamento. Senza neppure rendersene conto si mosse con tale rapidità da arrivare con una mezz’ora di anticipo. Il cervello ne approfittò per tentarlo ancora:
‘Uno scienziato che trepida come un Romeo e che arriva in anticipo! Povero David come ti sei ridotto!’ Ma il cuore fu pronto a ribattere: ‘Bravo! Hai fatto bene ad arrivare prima di lei. Scorgendoti da lontano sarà lieta e ti sarà grata per la tua sensibilità ‘ Prima di sedersi soffiò via la polvere da tutta la panchina, poi sedette dalla parte dove il legno era più scolorito. ‘Strano – pensò mentre attendeva – non sono più ansioso, né mi sento osservato dai anti…’ Alcuni di questi lo salutavano andogli accanto e un’anziana signora con un piccolo in braccio gli si fermò davanti per chiedere il suo aiuto: ‘Per favore – gli disse – vuoi mettere a posto la stringa della scarpa a questo rompicollo? Io non ho gli occhiali e non vedo i buchi da infilare…’ Mentre faceva quello che gli era stato chiesto, il giovane continuava a riflettere tra sé: ‘Bella questa civiltà di fratelli! … uno mai visto che ti chiede di allacciargli una scarpa, senza vergogna né timori… Sulla Terra solo un bambino oserebbe chiedere tanto ad uno sconosciuto; vogliamo dimostrare che siamo forti e che non abbiamo bisogno degli altri, abbiamo timore di importunare il prossimo perché lo temiamo o perché ci giudicherà degli incapaci. Qui, invece, tutti fanno a gara per essere utili e fare favori, come potranno mai essere nemici due abitanti qualsiasi che, appena si incontrano, cercano, come prima cosa, di soddisfare i bisogni dell’altro?’ Poi vide arrivare un tram che si fermava alla fermata lontana appena un centinaio di metri da lui e ‘sentì’(forse lo desiderò soltanto, ma lui avrebbe sempre giurato di averlo ‘sentito’)che Acia era fra i eggeri. Osservò le persone che scendevano, indistinte a quella distanza, e continuò ad osservare la prima che si diresse dalla sua parte. Era lei! Ne era certo! Senza un cannocchiale nessuno avrebbe potuto riconoscere qualcuno, ma David avrebbe sempre sostenuto di avere ‘sentito ‘la presenza dell’amica e di avere riconosciuto lei appena scesa dal tram. Restò con lo sguardo fisso sulla graziosa figura che
avanzava, senza neppure un battito di palpebre. Man mano che la figura si avvicinava la speranza diveniva certezza e il suo cuore cantava: ‘Ecco l’amore che viene dall’amore! Come si offre al sole la natura, che dia colore alla sua bellezza, così Acia si offrirà all’amore dell’unico amato di sua vita. Accoglila con tutta l’attenzione e la grazia che sa dare amore: sii dolce, sensibile, innocente!; dimentica ogni dubbio che c’è in te.’ I piedi della ragazza accarezzavano l’erba del prato mentre una lieve brezza contraria fasciava il vestito alle sue forme. La stoffa s’increspava sull’addome – quel ventre che già desiderava! – spianava sulle cosce generose e accarezzava il suo virgineo seno. David non resistette e le corse incontro e mentre Acia, sorridente, lo salutava, lui abbandonò ogni pudore e le disse: ‘Grazie al cielo sei qui! Temevo che non saresti venuta…’ ‘Ti avevo promesso che ci saremmo rivisti e io mantengo sempre le promesse.’ ‘L’ultima volta ero stato così sciocco che temevo di averti allontanata…’ ‘È oggi il giorno delle decisioni! – ricordò Acia – Oggi possiamo allontanarci o sceglierci, ma ricorda che io offro tutto e pretendo molto.’ ‘Nel mio pianeta potrei offrirti molto, ma, qui ho soltanto me stesso…’ ‘A me non interessa possedere delle cose, mi basta un David sincero e innamorato…’ ‘Vieni, sediamoci…’ Sedettero e David le prese una mano fra le sue e la fissò negli occhi. ‘Che begli occhi che hai…’ – le disse. ‘Grazie, ma restiamo in silenzio e lasciamo che le nostre anime si conoscano…’suggerì Acia. Quante cose dicono gli occhi! Sono parole non scritte, che giungono
direttamente all’animo e l’inondano di calore, timori e richieste… Acia aveva dolci e grandi occhi celesti e David si sentì perduto e felice, attratto e smarrito nel mare immenso dell’amore di lei… ‘Quanti figli vuoi avere?’ – le chiese prima che quello sguardo lo eccitasse troppo. ‘Quelli che il Signore vorrà.’ – rispose Acia. ‘Credo che dipenda anche da noi…’ ‘È Dio che dà la vita! La ione è sterile senza il Suo aiuto.’ ‘Sai che desidero già stringerti fra le braccia?’ ‘Hai deciso di diventare uno di noi? Accetterai di fare un lavoro umile, di servire gli altri, e di dare il tuo contributo per migliorare la nostra civiltà? Sei disposto ad aiutarmi ad allevare i figli secondo la nostra fede? Sei disposto a seguire le due leggi base, dell’accettazione e del servizio? A rinunciare alla tua civiltà dell’avere, per accettare la legge dell’Essere? Se non hai timori né rimpianti, allora ti do il benvenuto tra di noi!’ ‘Devo accettare tutto questo soltanto per un benvenuto?’ – scherzò David. ‘Il benvenuto è anche da parte mia, che accetterò di amarti per sempre, se tu lo vorrai…’ ‘Così va già meglio…’ – scherzò ancora il giovane e cinse le spalle di Acia con un braccio attirandola a sé, poi le avvicinò la bocca, ma la ragazza si ritirò ricordandogli: ‘I nostri usi non consentono molte effusioni; il fidanzamento serve a conoscerci. Le ragazze di qui si concedono solo ad un uomo: il proprio sposo! Dovrai accettare anche questo nostro uso, perché questa è una delle ‘regole della saggezza’ che sono state poste alla base della nostre civiltà dagli antenati che vennero qui per primi.’ ‘Nemmeno un piccolo bacio per suggellare la promessa?’ ‘Ma ti accontenterai?’
‘Prometto!’ – assicurò con una mano aperta sul cuore. ‘Allora…’ – e Acia offrì la bocca per il suo primo bacio. Era una gattina titubante e insicura, forse timorosa o addirittura spaventata, che lo fissava con occhi spalancati …, tanto che David le prese il viso fra le mani e accarezzandola sulle gote, la baciò sulla fronte dicendole: ‘Non avere mai paura di me, io desidero solo farti felice…’ ‘Grazie…’ – rispose con un’espressione di lieta gratitudine stampata in viso e ripeté il gesto di lui: gli strinse il volto fra le mani e lo baciò sonoramente nel mezzo della fronte. Poi si alzò in piedi e prima di allontanarsi promise: ‘Domani ti aspetterò qui alla stessa ora e comincerò ad istruirti. Appena sarai uno di noi potremo sposarci. Io non cambierò idea…’ – promise allontanandosi. David rifletté che stava rinunciando a tutto il proprio mondo, ma quello di Acia offriva molto di più e poi quanto sarebbe stato bello insegnare qualche gioco d’amore a quella dolce creatura!
CAPITOLO XII
PADRE GIULIO
La guida di padre Giulio era una persona che dimostrava cinquant’anni. Vestiva in modo modesto e niente in lui era tale da attirare l’attenzione, solo lo sguardo sembrava particolarmente acuto. Anche questo, però, non di continuo, ma appariva vivido per brevi istanti, tradendo l’interesse che il proprietario aveva per un argomento o per l’altro. Aveva una classica famiglia composta da una moglie e due figli e viveva in un appartamento adatto a cinque persone. Sul cartellino appuntato sul petto c’era scritto: GAND – Falegname, scritta che fece dubitare il prete solo per un istante. Infatti, dopo avere pensato di getto che gli avevano dato una guida dalla quale avrebbe avuto poco da imparare, padre Giulio, con la prudenza che lo distingueva, cacciò il dubbio per soffermarsi a riflettere che persone appartenenti ad una civiltà tanto progredita non potevano avere commesso l’errore che aveva temuto per un attimo: doveva quindi attendere e fidarsi. Gand gli aveva presentato gli altri componenti della famiglia e subito dopo lo avevano accompagnato in una piccola camera, arredata con un tavolo una sedia e un morbido letto, avvertendolo che quella era stata la camera dell’amata figlia, primogenita che il Signore aveva portato nel Regno dopo una breve e improvvisa malattia, all’età di venti anni. Per questo ad una parete c’era ancora un grande specchio circondato da semplici istantanee della ragazza, che la madre toccò con la punta di un dito, indicandole, mentre sospirava ricordando che quella figlia, adesso, avrebbe avuto trent’anni. Poi aveva aggiunto che, forse, lei avrebbe già potuto essere nonna… se Dio non avesse deciso diversamente. Il dolore della madre era evidente, tanto che il marito le aveva circuito affettuosamente le spalle e l’aveva distolta dicendole: ‘Vieni, lasciamo che il nostro fratello si riposi un poco’ – e l’aveva spinta fuori, mentre la donna commentava ancora che non capiva il perché il Signore l’avesse voluta privare di quella figlia. Padre Giulio aveva accostato la porta sforzandosi di udire la risposta del marito, con una curiosità che aveva autogiustificato in nome di una migliore conoscenza di quella società. Era riuscito nell’intento e aveva udito la risposta di Gand:
‘… (non aveva capito il nome della ragazza) era così buona che il Signore l’ha chiamata ad abbellire il Suo Regno, prima che il tempo ne diminuisse la bellezza ‘ – aveva detto dolcemente il marito. Steso sul letto rifletteva:’Dunque la sofferenza esisteva anche qui! Lo aveva dimostrato chiaramente la madre col suo sospirare. Forse quella fede che tutti dicevano di avere non era tale da generare un totale abbandono alla volontà del Signore? O, forse, era umano ammettere che una madre, anche se piena di fede, provasse un minimo di dispiacere, proprio per esaltare e non sopprimere la sua natura umana?… Restò un poco a meditare, poi risolse: nonostante la fede che possedevano, Dio permetteva a queste persone di soffrire proprio per far accumulare loro altri tesori da spendere nel Suo Regno e per aumentare la grandezza di quelle anime. La sera, durante la frugale cena, Padre Giulio aveva narrato e raccontato della Terra e del viaggio, affascinando i due ragazzi, prima di concludere con prudenza: ‘Voi avete già trovato quella felicità che noi stiamo cercando.’ E Gand aveva completato: ‘Chi conosce la via giusta non ha bisogno di andarne in cerca.’ Quindi era stata la volta della madre che aveva precisato con un minimo di timore materno: ‘La felicità completa è nel Regno, e noi conosciamo la strada da percorrere per andarci: vivere amando e servendoci con semplicità, nell’attesa di trascorrere il tempo necessario per arrivare alla Porta dell’Eden. Non abbiamo bisogno di fare viaggi.’ – aveva concluso osservando i figli. Le parole della donna tradivano ancora il timore della madre: non desiderava perdere altri figli! – nemmeno vederli scomparire in un lungo viaggio. Padre Giulio comprese e credette opportuno tranquillizzarla: ‘Sono d’accordo con voi che viaggia solo chi cerca qualcosa, chi possiede la certezza non ha necessità di cercare…’ – e lesse vera gratitudine nello sguardo della madre. Il mattino seguente si apprestò ad uscire di buon’ora e avvertì Gand che non
necessitava di aiuto, per cui si dedicasse alle sue cose o a servire altri. La guida, però, non era d’accordo: ‘Devo servire te, ti disturbo se vengo anch’io?’ ‘Non mi disturbi – rispondeva il Padre mentre stavano già imboccando la prima via – desideravo fare una eggiata silenziosa per giudicare le sensazioni che avrei provato in una società come questa.’ ‘Capisco – assicurò Gand – vuoi sentire con l’anima, senza farti distogliere dalla ragione.’ ‘Già, l’animo non inganna, mentre il raziocinio si lascia influenzare.’ ’Sei uno strano falegname…’ – ammetteva il Padre poco dopo ‘Perché dici che sono strano?’ ‘Da noi i falegnami non hanno una grande sapienza, in generale, mentre tu dimostri una buona comprensione dell’animo e molta sensibilità.’ ‘Dimentichi quel falegname di cui parla la Bibbia? E che Gesù, bambino, lavorava con lui? Semplicità non è sinonimo di ignoranza… Ho molto tempo per leggere vari libri, come sai noi non permettiamo che l’ozio occupi la maggior parte del nostro tempo.’ ‘Non desideravo offenderti e sono lieto che tu sia come dici. Per un attimo ho temuto che tu non fossi all’altezza di insegnarmi, ma vedo che mi ero sbagliato…’ ‘Se sono stato scelto io per servirti, significa che mi hanno giudicato il più adatto… Adesso restiamo in silenzio, perché il tuo animo sia libero di assorbire sensazioni…’ Faceva uno strano effetto camminare per strade così pulite, fra persone che, incontrandoti, salutavano sorridenti, senza mai urtare una spalla e pronte a lasciarti la precedenza. Il Padre ammirava la naturalezza con cui le persone continuavano a fermarsi per scambiare convenevoli e interessarsi. Nessuno pareva avere fretta… I più vecchi continuavano ad avvicinarsi alle carrozzine che trasportavano bambini: ammiravano il piccolo, scambiavano saluti con le
madri e proseguivano dopo avere augurato la benedizione di Dio sul bambino. Sembrava che si conoscessero tutti e questo non poteva essere vero. Più tardi avrebbe chiesto a Gand, adesso voleva continuare ad assaporare quest’aura di fratellanza che c’era intorno. E, mentre continuava ad osservare i muri – pieni di disegni fatti da bambini, come rivelavano subito l’imperizia e la semplicità dei soggetti rappresentati – continuava ad osservare le porte e i negozi. Tutte le porte erano fatte di un legno chiaro, apparivano pulite ed erano prive di quelle piastre che annunciano la presenza di uno studio notarile, di uno studio tecnico, di un avvocato o di un medico. A metà altezza, sul lato destro in ogni porta, c’era una fila ci camli con allegata cartellina con scritto: ‘Corel – idraulico’ – ‘Samir – pastaio’ – ‘Novel – giardiniere’: nessuno si dava importanza, nessuno desiderava apparire più degli altri… tutti uguali, tutti fratelli…’e tutti figli amatissimi dello Stesso Dio’ – bisbigliò a chiusura dei propri pensieri. ‘Cosa c’è che ti ha colpito?’ – s’interessò Gand che continuava a camminargli vicino. ‘Ancora niente…’rispose il Padre lasciando comprendere che desiderava continuare in silenzio. Improvvisamente fece uno scatto di due o tre i verso un giovane che aveva preso una borsa dalla mano di una vecchia. Dunque anche qui c’era chi si approfittava dei più deboli? La vecchia però non gridò come il Padre si sarebbe aspettato, né il giovane cercò di scappare, anzi, dopo averle preso la pesante borsa dal dietro, senza che la vecchia l’avesse notato, si era fermato sorridente accanto a lei e si informava dove accompagnarla. Scrollò la testa, pensando a quanto era ancora condizionato dalla realtà terrestre e notò che Gand rideva: ‘Di cosa ridi?’gli chiese, lontano dal supporre che l’altro avesse notato e compreso tutto – ‘Delle tue reazioni e dei tuoi timori’ – rispose Gand che continuò: ‘Queste paure sono rimaste su Terra – Madre, al tempo della Civiltà dell’avere, da quando viviamo su Piccolo e seguiamo le regole lasciateci, noi non abbiamo più timori, ma solo fiducia. Tutti gli altri sono fratelli e non ci sono più nemici. Ti assicuro che vivere qui è facile ed è anche bello’ – terminò sorridendo comprensivo. Avevano percorso due vie secondarie, poi erano finiti in uno dei grandi rettilinei
che conducevano fino al parco. Mentre lo percorrevano il Padre aveva continuato ad essere rapito da quanto vedeva. Immerso nell’armonia che pervadeva il tutto, cercava di immaginare cosa avrebbe raccontato sulla Terra, per convincere gli altri a credere nella Parola e nel paradiso che aveva visitato e gli venne il dubbio che lo avrebbero deriso, forse dandogli del matto, perché sulla Terra una delle tante certezze negative condivise è che la perfezione non esiste. Anche il Padre era convinto che la perfezione si potesse trovare solo nel Regno e all’improvviso si disse: ‘Anche qui deve ed esserci qualcosa che non va; finora non l’ho notato perché l’ordine che noto, paragonato a quello cui sono abituato sulla Terra, è così grande da darmi l’impressione dell’armonia e della perfezione, ma qualcosa di sbagliato deve esistere anche qui. Voglio sentire cosa ne pensa Gand’ Il Padre era certo che la guida, messa alle strette, avrebbe finito con l’ammettere qualche imperfezione, qualche peccatuccio, personale o collettivo, qualcosa di sbagliato, insomma, che non poteva essere completamente assente dal mondo della materia di cui erano fatti anche Piccolo e la sua gente. La risposta della guida lasciò il Padre di stucco: ‘Noi seguiamo brevi regole precise, semplici e che non hanno subito modifiche, né ne subiranno… il trucco, se si può dire, è tutto qui: avere regole che non subiscono modifiche e prive di eccezioni.’ ‘Il progresso porta a migliorare qualsiasi vecchia legge, anche Cristo portò variazioni alle leggi date da Dio’ – obiettò Padre Giulio. ‘Cristo non cambiò nessuna legge, ma cercò di dare agli uomini un unico messaggio riassuntivo: anziché ricordare tutti i divieti, gli uomini avrebbero dovuto ricordare un unico invito: l’amore reciproco. Questo avrebbe permesso loro un più immediato e facile esame per giudicare il proprio comportamento.’ ‘Forse hai ragione…’ammise il Padre. ‘Credo che tu non abbia riflettuto sui percorsi di cui si serve satana per giungere a far cadere l’uomo. ‘Sono un religioso e conosco bene i mezzi usati dal maligno…’ – assicurò.
‘Desidero che tu segua il mio discorso senza interrompermi, alla fine farai le tue osservazioni.’ ‘D’accordo’ – promise. ‘Vedi, uno dei mali fondamentali di tutte le civiltà è proprio il continuo tentativo di perfezionare regole semplici e universali. In nome del progresso, della scienza, della migliore comprensione e attuazione della regola iniziale, gli uomini cominciano ad elencare casi e sottocasi, eccezioni, distinzioni, casi particolari… Nel tentativo di giungere ad una regola perfetta e che contempli ogni situazione, giungono invece ad una lunghissima legge che non assomiglia neppure più alla regola iniziale, che era semplicissima. Prendiamo ad esempio il comandamento Non uccidere: era breve, semplice e chiaro. Col progredire, gli uomini hanno cominciato a distinguere diversi casi… Intanto era ammesso uccidere i nemici in guerra, poi era ammesso anche uccidere per difendersi. Successivamente: come condannare un affamato, costretto a uccidere per procurarsi del cibo? Il suo era un reato che avrebbe dovuto punire lo stato, o restava peccato giustificabile e perdonabile dal confessore? E una madre che uccide – ma anche che ruba, che si prostituisce, che inganna – per procurare cibo ai figli, è una prostituta da lapidare, una ladra da imprigionare, una bugiarda da screditare o semplicemente una poveretta da comprendere e perdonare? Libri di leggi, di sottocasi per decidere, ma la decisione è giusta? Si sono davvero considerati tutti gli aspetti? No di certo, perché quella donna potrebbe essere figlia di una famiglia abbiente (l’hanno cacciata di casa? È stata lei ad andarsene per essere libera? Non era stata educata a lavorare o era vagabonda?… altri sottocasi…); era una donna di famiglia povera? (quanto era colpevole lei di questa povertà? Quanto la sua famiglia? Quanto lo stato?… altri sottocasi.). Era bella? (perché non si era scelta un pretendente in grado di mantenere lei e i figli?)Era stupida o intelligente? Aveva ucciso per errore, non volendo, oppure con rabbia? – Queste sono soltanto poche delle infinite possibilità, ma intanto osserva quanto sarebbe diventata lunga – e imprecisa! – quella semplice e chiara regola iniziale che diceva solo: non uccidere! Tutti i sottocasi che si accumulano sono causati da due fattori principali: l’abbandono della semplicità e gli stati che non funzionano come dovrebbero. Satana tenta l’uomo e lo spinge verso la megalomania, – e l’uomo per sentirsi grande schiaccia altri uomini e non è più fratello – satana solletica l’intelligenza e gli uomini inventano la dialettica, gli avvocati, i giudici esperti di leggi, per farsi giudicare. Il saper usare le parole, la dialettica, il saper prospettare le cose nel modo migliore… tutto ciò porterà lontano dal fatto iniziale e spesso il colpevole sarà assolto. Contento l’avvocato,
mentre coloro che resteranno insoddisfatti non crederanno più nella giustizia e cercheranno di farsela da soli. Lo stato degenera lentamente, peggiorano gli uomini e le istituzioni diventano elefanti. Il disordine aumenta e satana ride. E tutto perché l’uomo ha creduto che progresso significhi abbandono della semplicità. La regola era stata data: non uccidere, il vero progresso e tutto ciò che avrebbero dovuto fare gli uomini, sarebbe consistito nel favorire l’applicazione dell’insegnamento di Cristo (gli uomini sono fratelli che devono amarsi reciprocamente). Pervenendo a questa situazione nessuno avrebbe più bisogno di rubare per mangiare, di prostituirsi per avere il necessario per i figli, di uccidere per timore o per rabbia… essendo fratelli e amandosi, tutti disporrebbero del necessario e la stessa regola non uccidere diventerebbe superflua: nessuno uccide chi ama!’ ‘È quanto fate su Piccolo?’ – domandò il Padre. ‘Sì, ma siamo riusciti solo perché abbiamo seguito gli insegnamenti dei primi coloni e non abbiamo portato variazioni a nessuna delle semplici regole lasciateci. Quelle regole che i nostri progenitori hanno stabilito, per non ricadere nella civiltà dell’avere, della quale avevano sopportato i difetti.’ ‘Mi darai l’elenco di questi saggi principi che tu chiami regole? ‘Non funzionerebbero per voi, se non li scoprirete da soli. Quando la vostra storia vi avrà ammaestrato, allora arriverete a darvi quelle sagge regole che vi permetteranno di godere di uno stato simile al nostro.’ ‘Dammi almeno una prima via da seguire, che io riporti sul mio pianeta, un punto di partenza, l’inizio per una giusta conversione…’ ‘Ti darò l’aiuto che posso perché tu mi sembri già orientato nel verso giusto. Il primo o che dovete compiere è quello di superare la ‘civiltà dell’avere’, che ora sta dominando il vostro pianeta.’ ‘Questo lo sapevo già, ma come partire?’ ‘Con una conversione semplice, ma radicale. La civiltà dell’avere, massima tentazione della megalomania satanica, spinge a ricercare il ‘più’. Chi è ricco vuole esserlo di più, chi ha potere ne vuole di più, chi è bello vuole maggiore bellezza… Così chi è forte, chi è intelligente, chi ha una buona ma non perfetta salute… Nessuno di voi accetta il suo stato con gratitudine, cercate addirittura di
allungare la vostra vita con ogni mezzo, senza riflettere che vi condannate ad una lunga vecchiaia. Dovete credere in Dio, accettare la morte e credere che il vostro destino finale, lo scopo principale dell’esistenza di ciascuno di voi è quello di poter essere ripresi nel Regno, dov’è la felicità eterna. Non impedite a Dio di salvarvi! – perché la civiltà dell’avere, somma tentazione di satana!, cerca di condurre ciascuno di noi proprio a questo: rifiutare Dio e il Suo aiuto, ebbri dell’intelligenza e del progresso. Rifiutate, dunque, la ‘ricerca del più’ e scegliete di ‘preferire il meno’. Questo, in pratica, si attua considerando se stessi come servi al servizio di tutti gli altri.’ ‘Sarebbe stata una via facile se fosse stata seguita sin dall’inizio, ora è difficile da accettare e da far seguire’ – obiettò il prete. ‘Già, ma satana è stato subito presente ed al lavoro ovunque c’era l’uomo e gli è stato facile tentare i primi abitanti, costretti a vivere fra mille difficoltà. Sono stati proprio i primi abitanti ad indirizzarsi verso la civiltà dell’avere. Essi erano giustificabili, perché erano ignoranti e privi di molte cose. Se adesso siete in grado di fare viaggi nello spazio, vuol dire che siete molto progrediti e non avete più bisogni primari da soddisfare. Quindi è ora che cominciate a comprendere che progredire significa accettare la vita come Dio ce la dà e seguire le Sue regole per permetterGli di ricondurci nel Regno’ ‘Tutto semplice per te – commentò il Padre – Io credo a quello che dici, ma come riuscirò a farlo comprendere agli altri?’ ‘Anche noi abbiamo impiegato millenni per arrivare a questa armonia…’ – ammise il falegname. ‘E avevate un pianeta disponibile per tentare… Noi non abbiamo atri pianeti e, se ne avessimo, li avremmo già inquinati…’ ‘Cominciate col credere in un unico Dio, tutto il resto verrà col tempo’ – assicurò Gand. ‘Impossibile! Abbiamo troppe religioni e e nessun credente è disposto a rinunciare alla propria per accettarne un’altra…’ ‘Giungerà, per voi, un tempo in cui sarà necessario che seguiate le regole del Cristo: il vostro pianeta sarà ad un bivio: esistere accettando quelle regole o restare privo di vita.’
‘Non mi dai molta speranza…’ – commentò il Padre. ‘C’è in atto una guerra fra Dio e satana; l’uomo è il terreno su cui viene combattuta questa guerra. Dio ci ama, promette la felicità eterna e ci chiede di osservare le Sue leggi per permettergli di salvarci e vincere il nemico. La storia insegna che ogni guerra comporta dei sacrifici e l’uomo deve accettare quello che Dio gli chiede. Dio non può perdere lo scontro con satana perché gli abitanti del tuo pianeta non vogliono rinunciare ad ogni comodità e al piacere illusorio di sentirsi grandi e importanti! Nell’infinito universo quanti altri fratelli ci saranno? E tutti sono stati creati per appartenere al Regno eterno di Dio. Forse il Signore dovrà perderne qualcuno, ma sii certo che riuscirà a salvare tutti coloro che glielo permetteranno!’ ‘Conosco bene le parabole al riguardo…’ – convenne il Padre – ma pare che sulla Terra satana stia avendo la meglio…’ ‘Se è così, significa che la vostra civiltà dell’avere è al culmine… Arriverà qualcuno, illuminato dallo Spirito, a farvi cambiare la via errata che state seguendo’ ‘Molti crocifiggerebbero ancora lo stesso Cristo, se tornasse fra noi…’ – commentò sconsolato il terrestre ‘Lo Spirito dirige anche la vostra storia, non abbatterti: Dio può solo vincere, se non, non sarebbe Dio! Quello che dobbiamo capire noi, piccole Sue creature, è che le Sue vie non sono le nostre, anzi, dobbiamo solo obbedire alle regole che ci ha dato, senza neppur pretendere di capire le vie del Signore.’ ‘Facile per voi che già credete, uniti nella stessa fede!’ – commentò il Padre. ‘Arriverete anche voi, specie se comincerete a desiderare di essere più piccoli…’ Non poteva continuare a mostrarsi scoraggiato e senza speranza, se lo avesse fatto Gand avrebbe dovuto chiedersi che razza di religiosi c’erano su Terra, e finire col condannare anche lui, mentre Padre Giulio era orgoglioso di credere: ‘Ma è l’unico orgoglio che ho, Signore – si confessò mentalmente –non condannare il tuo servo per questo!’ – finì di pregare e, sollevato, accarezzò la chioma di un piccolo che gli era venuto contro mentre correva distratto; poi sorrise alla giovane donna che tentava di recuperare il bambino e Gand, che
aveva notato il tutto, osservò: ‘Se resterai qui… vedo che ti stai comportando già come uno di noi. Avrai una vita serena e attenderai fra fratelli il momento di oltreare la Porta dell’Eden. Resta qui!’ – l’invitò. Padre Giulio era davvero tentato di accettare, ma ricordò la via che aveva scelto e rispose: ‘Se ci fossi nato, avrei trascorso ogni istante a ringraziare il Signore, ma se Lui mi ha destinato ad un altro pianeta, vuol dire che è lì che devo servirLo! Non riuscirò a fare molto, ma cercherò di fare il mio umile lavoro di prete nel migliore dei modi, che non è certo quello di pensare a salvare soltanto la mia propria anima. Ti ringrazio dell’invito e spero che ci rincontriamo nel Regno.’ ‘Sei una grande anima e fai onore ai sacerdoti di Dio – ammirò Gand – Nel Regno tu sarai molto grande…’ Il Padre fece un gesto scacciamosche, quasi a rigettare la tentazione… e fissò lo sguardo su due giovani seduti su una panchina… Era facile capire che i due si corteggiavano: gli occhi negli occhi, le mani abbandonate fra le mani dell’altro, i volti sereni dalle espressioni estasiate… Sedevano vicini e sembrò al prete che restassero in silenzio, così decise di chiedere a Gand, tanto per iniziare un ultimo argomento sul quale voleva indagare. ‘Quei due ragazzi sembrano muti…’ ‘Stanno comunicando come usa fra giovani che parlano d’amore… sono gli animi che si parlano, la ione è per dopo, quando saranno sposi, per ora ci deve essere solo conoscenza reciproca… L’amore su Piccolo è una cosa molto seria: la più importante delle cose. Se vuoi te ne parlerò…’ ‘Ne parleremo a casa – rispose padre Giulio – adesso ho altro da chiederti. Stavo riflettendo che satana si serve spesso della donna, come mezzo di tentazione e scompiglio fra gli uomini. Ho notato che qui le ragazze sono molto modeste nel vestire, ma non possono essere sempre così coperte.’ ‘Invece lo sono sempre!’ – assicurò Gand. ‘Ma ci sono luoghi dove anche le più restie si spogliano un poco e devono
mostrare la propria avvenenza: penso alle spiagge, alle piscine e a luoghi simili. In questi luoghi i giovani non possono restare indifferenti al notare le grazie dei corpi e forse nascono contese o preferenze…’ ‘Piccolo è indenne anche da questa somma tentazione!’ ‘Non dirmi che qui non esiste attrazione sessuale e che i giovani si sposano solo per pregare… Se generano figli devono pure avere dell’attrazione reciproca…’ ‘Ti ho già detto che su Piccolo l’amore è la cosa più importante. La ione fa parte dell’amore coniugale. La ragazza che un giovane sceglie è quella che più lo attira, anche sessualmente, e questo fa parte dell’armonia della natura che spinge a scegliere una persona o l’altra perché il figlio prodotto sia il migliore possibile. La razza decade perché coloro che si sposano alle volte sbagliano la scelta. Su Piccolo accade di rado, ma è possibile anche qui.’ ‘Vuoi dire che la donna che un giovane sceglie è quella più adatta per avere figli con lui?’ ‘‘Se i due scelgono per amore… anche questo è un regalo che Dio ci fa…’ ‘Mi stai portando a parlare di altre cose, mentre voglio restare sull’argomento che ho scelto!’ – disse il Padre deciso ‘Sii chiaro ed io ti seguirò’ – promise la guida ‘La domanda è questa: sulla Terra tutte le civiltà sono terminate in orge di piaceri. Questi piaceri sono stati vari, ma di uno si è sempre servito satana: il piacere del sesso. Com’è possibile che qui non cadiate in questa trappola? ‘Perché rispettiamo le regole dei primi abitanti senza modifiche – La regola che riguarda questo caso dice: ‘Terrete sempre coperto da veli il rettangolo del corpo.’ ‘Il rettangolo?’ – interruppe. ‘Se dal nostro corpo togli le braccia, la testa e le gambe dal ginocchio in giù, quello che resta, busto e cosce, i primi colonizzatori lo chiamavano ‘rettangolo’. Hai notato qualcuno che lo mostri scoperto?’
‘No – ammise il Padre –, ma qui siamo in città…’ ‘Neppure in piscina o sulle spiagge i corpi sono più scoperti – assicurò Gand – I costumi sono fatti in modo tale da coprire tutto il rettangolo. Pur essendo aderenti sono studiati per la pudicizia. Come tu sai bene un prodotto non reclamizzato perde molta attrattiva, tanta da poter resistere al suo fascino. Così i giovani scoprono i piaceri del sesso solo dopo il matrimonio e sanno che quei piaceri sono ammessi perché finalizzati alla procreazione… così sono stati educati. E, se i giovani non cadono nella trappola del sesso… da vecchi siamo più saggi per caderci, non credi?’ ‘Mi è difficile credere che nessuno si scopra…’ ‘Le regole ci fanno liberi e felici. Chi si scopre se lo fa in solitudine non fa danno a nessuno, se fosse visto sarebbe subito ripreso e punito a discrezione dei saggi.’ ‘Quindi c’è qualcuno che si scopre…’ – insistette il Padre. ‘Che io sappia… non è mai accaduto. I primi coloni di Piccolo conoscevano bene le cause della fine delle civiltà che si erano seguite su Terra – Madre e avevano un modo volgare ma incisivo per ricordare questo. ‘Tutte le civiltà sono finite a vino e puttane!’ – avvertivano e su Piccolo ciascuno deve farsi da solo il vino che beve, mentre le donne sono educate alla più severa modestia.’ Il Padre tornò a guardare i due giovani che poco prima aveva visto seduti sulla panchina; si erano alzati e camminavano fra la gente tenendosi dolcemente per mano. Quando gli arono accanto il prete non poté fare a meno di augurare loro. ‘Che il Signore vi benedica!’ – e i due gli risposero in coro: ‘Grazie, e benedica anche te, fratello!’ Il Padre sorrise e pensò che erano anni che non riceveva più un così semplice e sincero saluto bene augurante. Su Terra sembrava che gli uomini fossero tutti così occupati a mostrare la propria grandezza che, pareva, non avessero tempo per ricordarsi del Signore, mentre qui era il primo nei pensieri di tutti. Accolse l’augurio in fondo all’animo e sorrise pensando quale effetto avrebbe avuto quando avesse raccontato il fatto dopo il suo ritorno a casa.
CAPITOLO XIII
David continuava a interrogare Kope nella speranza di avere nuove conoscenze scientifiche. ‘Avrei tante domande da farti, ma comprendo il tuo desiderio che io trovi da solo le risposta, quando avrò scelto se restare qui. Però una risposta immediata ad alcuni studi che stavo facendo durante gli ultimi tempi su Terra, potresti darmela, se la sai…’ ‘Fare eccezioni è contrario alle regole di Piccolo, mi permetterò di farne una solo perché ancora sei un terrestre. Chiedimi pure…’ ‘Dalle osservazioni studiate sembra che l’espansione dell’universo non avvenga a velocità costante, ma stia accelerando. Questo contraddice la Teoria della Relatività Generale di Einstein, che è tuttora il padre della Fisica moderna sulla Terra e le cui teorie non sono state mai intaccate.’ ‘L’espansione avviene davvero in modo accelerato e questo non dovrebbe sorprendere, basta riflettere un poco… Il Signore crea di continuo nuovo spazio e nuove stelle che saranno le case degli spiriti salvati. Col are degli anni, aumentano gli esseri viventi ed anche il numero di coloro che cessano di vivere e che, se salvi, arrivano nel regno. Per questo l’espansione è accelerata: sia per avere più spazio su cui collocare altre ‘case’, sia per aumentare la Gloria di Dio. Il Signore è infinitamente grande ed il Suo Regno avrà un limite degno di Lui. Capisci come tutto è logico?’ ‘Quindi la costante cosmologica che aveva fissato Einstein è errata?’ – si meravigliò David. ‘Non voglio diminuire la grandezza del vostro scienziato, ma anche la sua è una grandezza limitata dal tempo in cui è vissuto. Nel tuo pianeta nasceranno altri scienziati e, quando Dio lo vorrà, ci sarà un altro che andrà oltre le conoscenze già teorizzate. Se la grandezza di Dio è infinita e se il tempo continua a scorrere, perché Lui non dovrebbe donare l’opportunità di conoscere un poco di più la Sua immensa Sapienza? D’altra parte, durante il vostro viaggio non avete già sperimentato che anche quella che tu chiami ‘velocità limite’ è ‘limite’ soltanto
nel vostro sistema solare e che ogni sole ammette una sua propria ‘velocità limite’? ‘Sì’ – ammise il terrestre, ma questa è stata una intuizione che ho avuto e che fortunatamente si è dimostrata vera, diversamente saremmo ancora lontani dal nostro arrivo su Piccolo. E riguardo alle particelle iniziali, prime presenti all’atto della creazione… ‘Accontentati! – lo interruppe la guida – Ho già fatto una eccezione, non ti dirò altro! Scoprirai tutto da solo, pian piano, dopo che avrai deciso se restare qui. Gusterai di più le tante scoperte che farai ogni giorno… perché mi vuoi costringere a diminuire la tua felicità futura?’ ‘La tua tentazione è forte quanto quella cui mi sottopone Acia, finirò col capitolare…’ – ammise David Kop sorrise e l’invitò ad osservare altre cose…
Tutto era pronto per il viaggio di ritorno. I componenti dell’equipaggio erano stati riuniti nella vasta sala dell’edificio più vicino alla zona dove si trovava l’astronave. Quando si erano ritrovati si erano abbracciati con una familiarità che alla partenza non possedevano meravigliandosi, ciascuno e tutti, per la gioiosa letizia che li pervadeva. Non era soltanto la gioia del ritrovarsi, la contentezza per il viaggio andato bene e la fortuna di avere trovato un pianeta accogliente come Piccolo, sentivano di avere trovato qualcosa di più, di avere avuto risposta ai dubbi che li tormentavano nelle riflessioni esistenziali: si sentivano semplici, lieti e sicuri, come dei bambini ed altrettanto disposti ad amare ogni altro essere. Un gruppo di tecnici e studiosi di Piccolo aveva visitato l’astronave e analizzato il motore e la struttura, prima di dare il loro valido parere: il veicolo era in grado di rifare il viaggio fatto e BH in condizioni di fare tutto da solo. Le stive erano state riempite con prodotti vari e sufficienti per un viaggio di qualche mese. Il giorno della partenza quasi tutti gli abitanti della zona affollavano il prato intorno all’astronave: alcuni si fermavano a parlare col terrestre che avevano ospitato, molti bambini offrivano piccoli ricordi ai partenti; gli alunni di una scuola avevano uno striscione sul quale era scritto:’Addio fratelli, ci rivedremo nel Regno’ – e molti dell’equipaggio avevano sorriso e si erano asciugata una lacrima. L’equipaggio era salito a bordo e si stava sistemando negli appositi
giacigli: tutto era pronto alla partenza, ma mancava il capitano. Esse aveva udito qualche vaga notizia sull’amore nato fra un terrestre ed una donna di Piccolo, ma non avrebbe mai pensato che la cosa avesse riguardato proprio David. Finalmente qualcuno lo chiamò: ‘C’è il capitano al telefono e vuole parlare con lei…’ ‘Pronto!’ – disse Esse appena ebbe il ricevitore in mano – Dove sei? Ti ricordi che hai un’astronave da riportare sulla Terra o vuoi che partiamo senza di te?’ ‘Io resto qui! – rispose David – A voi il merito e gli onori!’ ‘Scherzi!?’ – obiettò Esse incredulo ‘Ho trovato il mondo che cercavo e l’Amore! E ho deciso che resterò! Voi non avete bisogno di me e a raccontare ci penseranno gli altri dell’equipaggio. Verrò a salutarvi fra poco e ti darò un breve messaggio da dare ai terrestri. Non tentare nemmeno di convincermi a ripartire: io resto qui! Il professore non aveva insistito ben sapendo che le decisioni dell’allievo erano conseguenti a lunghe riflessioni e che, una volta prese, erano definitive. Non si meravigliò quando lo vide arrivare correndo insieme ad una ragazza che teneva per mano; lo vide abbandonare la donna, abbracciare frettolosamente tutti i partenti e quindi dirigersi verso di lui con un foglio in mano. ‘Non dica niente! Non mi tenti! Porti il mio messaggio ai terrestri e racconti come vanno le cose qui. Ci rivedremo nel Regno. Per i dubbi che può avere parli con Padre Giulio, io ho avuto un ultimo colloquio telefonico con lui e mi ha capito e incoraggiato. Un’ultima cosa: i resoconti di tutti i miei studi sono nella cassaforte del mio studio al Centro e la combinazione per aprirla è la sua data di nascita.’ ‘Perché la mia e non la tua?’ – domandò Esse ridendo ‘Un segno del destino! Io resto qui, a chi avrei potuto lasciare i miei studi se non al maestro?’ Esse stava per dire qualcos’altro, ma David gli fece notare che aspettavano solo che salisse per partire.
‘È tutto qui’ – gli disse tendendogli la busta L’astronave si alzò lentamente e il vecchio professor Smith continuò, finché poté, a guardare il prato dove due braccia vicine continuavano a sventolare i fazzoletti. Quando Piccolo scomparve Esse aprì la busta e stese sulle ginocchia un foglio sul quale David aveva scritto il suo messaggio per i terrestri: ‘Cristiani della Terra unitevi e costruite insieme il paradiso. La Parola ha ogni direttiva!’
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