Leonardo Bruni
LA CHIESA.
LA PARROCCHIA
Quinto Evangelista
Leonardo Bruni © Copyright 2013 Vietata la riproduzione totale o parziale con qualsiasi mezzo meccanico, elettronico o informatico senza la preventiva autorizzazione dell'autore
[ Collana Parola e Vita Eterna N° 17]
INTRODUZIONE
Va subito detto che la parrocchia, come porzione del popolo di Dio, non è di diritto divino. Questo è solo della Diocesi. È storicamente vero che, nel corso dei secoli, le Diocesi si sono organizzate strutturando al loro interno le parrocchie. Ma questo dipese da un complesso di fattori sociali e culturali presenti nel nostro mondo occidentale. Vale a dire di cultura greco/romana. In altri mondi, africani o asiatici, la parrocchia non ha la medesima importanza. Di fronte a paesi in cui una parrocchia avesse l'estensione di metà del nostro paese è evidente che il concetto stesso di parrocchia svanisce. Per questo negli ultimi cinquant'anni lo Spirito Santo ha fatto nascere e sviluppare tanti movimenti ecclesiali che hanno supplito alle nuove sfide spirituali. Ciò non significa che la parrocchia non sia importante, solo che non è il solo modo con cui il Signore può chiamare alla salvezza i suoi fedeli. Di fatto, nel cammino storico della nostra società europea, la prima immagine d'un credente riguardo al «luogo» in cui ha fatto esperienza della propria fede è la chiesa parrocchiale. Lì è stato battezzato, anche se dormiva; lì ha preso la cresima e la prima comunione. Lì si è ritrovato tante volte per eventi tristi o gioiosi. Per funerali di persone care, per il proprio matrimonio o quello di amici, per il battesimo dei figli. Per le grandi solennità di Natale e Pasqua. La parrocchia ha molteplici aspetti, sia spirituali che teologici o giuridici. Può sembrare strano a due fidanzati che vadano a parlare col parroco per sposarsi in Chiesa, che costui faccia delle domande ben precise. Per affiggere in Chiesa le cosiddette «Pubblicazioni» per un certo numero di giorni. In cui ogni fedele può vedere chi si sposa o eventualmente avvisare facendo delle riserve. Di certo alla Chiesa interessa l'amore dei due nubendi. Ma giuridicamente ha anche una responsabilità sociale. Che i due siano liberi da ostacoli, e che si sposino senza coercizione alcuna, in completa libertà d'assenso. I due punti di riferimento che seguiremo, per una maggiore chiarezza di esposizione e illuminare a tutto tondo la parrocchia saranno i pronunciamenti del Concilio Vaticano II e il nuovo Codice di Diritto Canonico.
§1] La natura spirituale della Parrocchia.
Nonostante gli ovvi mutamenti causati dalle vicende storiche e dall'evoluzione del pensiero, ancor oggi la Parrocchia conserva la connotazione fondamentale di Chiesa locale. I cui elementi costitutivi sono: lo Spirito Santo, il Vangelo, l'Eucarestia, i Ministri sacri, uno spicchio del popolo di Dio appartenente ad una Diocesi. Essa è una comunità originata da Gesù Cristo risorto, in cui uomini di mentalità, estrazione sociale ed età diverse, avvertono tra loro una particolare comunione raffigurante quella che sussiste tra Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. È l'unione con questa circolazione d'amore trinitario che dà sussistenza a questa comunione tra persone che, umanamente parlando, non avrebbero niente in comune. Per usare una frase fatta: “la Parrocchia è il luogo privilegiato dove persone, non legate da vincoli di sangue, si accorgono che e più quello che li unisce da quello che li divide”. La comunità parrocchiale ha fede nel Cristo e si raduna per celebrare l'Eucarestia, in cui si manifesta la vittoria di Gesù sulla nostra morte. Qui si superano le divisioni e gli egoismi introdotti dal peccato. Ciò nonostante la Parrocchia non rappresenta la Chiesa Universale. Essa «non rappresenta la Chiesa nella sua cattolicità universale, nella sua totalità, allo stesso modo della Diocesi; poiché vi manca il Vescovo»¹. In tal senso va chiarificato subito, a scanso di grossi equivoci, che la Parrocchia non rappresenta la chiesa universale. La Parrocchia è un pezzetto, uno spicchio della chiesa cattolica, la fetta d'una torta non la torta completa. La Chiesa universale è la Diocesi. Perciò la Parrocchia è subordinata alla Diocesi, non solo storicamente ma anche giuridicamente. L'evoluzione storica sta lì a dimostrare come la Diocesi abbia rappresentato, all'inizio, l'unica comunità di popolo chiamata a vivere l'esperienza della fede e dei rapporti fraterni. Ma attesta anche che, in breve tempo, l'evoluzione dei tempi e l'aumentare dei fedeli l'ha costretta ad una forma organizzativa più complessa, capillarmente più presente sul territorio. Ovvero la Parrocchia. Con
la presenza di un sacerdote, inviato dal vescovo, il popolo di Dio con i suoi carismi, l'esperienza della fede fa sì che la Parrocchia rappresenti, in un certo modo, la chiesa visibile stabilita su tutta la terra. Le funzioni spirituali un tempo della Diocesi, vennero fatte proprie dalle parrocchie. Alle Diocesi furono assegnati incarichi di controllo e prevalentemente amministrativi. La presidenza delle sue entità è però sostanzialmente diversa. Dal momento che il Vescovo fa della «comunità diocesana la chiesa universale in senso pieno. Come membro del collegio episcopale la collega all'evento originario di Cristo, la rappresenta presso le altre chiese, ed è anche il rappresentante della Chiesa cattolica presso la sua»². Dal punto di vista della pienezza del Sacerdozio di Cristo, il prete non la possiede in totalità come il vescovo. Nella connotazione spirituale e giuridica, nonché storica, il presbitero è configurato come un semplice collaboratore e rappresentante vicario del Vescovo. Anche se è il primo dei suoi collaboratori. Oltre al presbitero un elemento essenziale e importantissimo è rappresentato dal popolo di Dio. È l'insieme del popolo di Dio che costituisce il tessuto connettivo della Parrocchia e della Chiesa. Esso accoglie l'annuncio della salvezza, riceve i doni dello Spirito santo, vive l'esperienza della fede insieme ai fratelli e manifesta i propri carismi. È proprio nella realtà umana del popolo di Dio che si manifesta il segno sacramentale dell'evento della salvezza. La manifestazione concreta dell'opera invisibile di Dio, nel divenire delle nostre esistenze. La storia della salvezza universale e di quella nostra appaiono quindi come due realtà intimamente connesse. Questo normalmente si realizza in un luogo ben preciso: nella Parrocchia. Anche la vicenda della persona più umile qui ha un'importanza tutta speciale, perché il popolo di Dio è misteriosamente corroborato dal soffio dello Spirito Santo. Possiede un metro diverso, un discernimento differente rispetto allo spirito del mondo, su come giudicare l'operato delle persone. Per cui non è raro il caso di persone umilissime e disprezzate dal mondo che raccolgono una marea di gente al loro funerale, più di gente famosa. Perché nella coscienza degli appartenenti alla Parrocchia hanno svolto una funzione d'amore gratuito, non richiedente niente per sé. Fosse pur stato per es. pulire settimanalmente la chiesa, o andare a raccogliere di casa in casa le offerte per le missioni. Per cui il soffio dello Spirito è divenuto in queste persone segno tangibile di Cristo.
La comprensione della espressione «popolo di Dio» non è scontata. A seguito della sciagura protestante la Chiesa cattolica dovette, per forza di cose, far risaltare la gerarchia. Per cui qualcuno potrebbe pensare che il popolo di Dio siano i semplici fedeli. Niente di più errato. Il Pontefice medesimo e ogni vescovo fa parte del popolo di Dio. Tutti in sé esso racchiude. Poi tra il popolo c'è chi ha una funzione e chi un'altra. Così è nella Parrocchia. «La comunione ecclesiale, pur avendo sempre una dimensione universale, trova la sua espressione immediata e visibile nella Parrocchia: essa è l'ultima localizzazione della chiesa, è in un certo senso la chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie. È oggi più che mai necessario che tutti riscoprano, nella fede, il vero volto della Parrocchia, ossia il mistero stesso della Chiesa presente e operante in essa»³. La Parrocchia è quindi il luogo privilegiato dell'incontro tra Dio e la nostra storia umana. Tuttavia un'azione tale non avviene in modo invisibile. Si incarna e realizza in un luogo e tempo determinato, suscitando in esso un'insieme di persone, una comunità di credenti. Storicamente questa visione, all'inizio del cristianesimo, fu la Diocesi. Partendo da questa possiamo lumeggiare la natura teologica della Parrocchia. San Paolo indirizzando le sue lettere alla “chiesa di Dio che è in Corinto” (1ª Cor. 1,2) o “alle chiese della Galazia” ( Gal. 1,2) voleva significare proprio questo. Tanto la comunità dei battezzati che vi viveva, tanto il luogo geografico. Per cui la Diocesi è la stessa chiesa universale presente in un luogo determinato. Dalla realtà della Diocesi possiamo, quindi, delineare l'importanza e la natura della Parrocchia: «è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell'ambito di una chiesa particolare, e la cui cura pastorale è affidata, sotto l'autorità del vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore»⁴. Da ciò non dobbiamo trarne una indebita conclusione: che la Parrocchia sia una semplice circoscrizione amministrativa della diocesi. Come la chiesa particolare non è una sezione amministrativa di quella universale, così è della parrocchia rispetto alla diocesi. Onde la Parrocchia è la chiesa di tutto il popolo. Essa riunisce qualsiasi credente senza chiedere nessun'altra condivisione che quella della fede e dell'unità cattolica. La sua aspirazione è quella di raccogliere nell'unità persone più diverse tra loro: per età, estrazione sociale, mentalità, esperienze spirituali, cultura ed istruzione. La Parrocchia è anzitutto questa “comunità di persone”, unite tra loro dall'amore del Cristo. Sganciata da questa
corrente di Grazia non avrebbe ragione né senso di esistere. D'altronde la stessa eterogeneità delle persone la farebbe naufragare da sé. Ogni Parrocchia è organizzata sotto la guida di un pastore che fa le veci del vescovo. Per cui gli orientamenti pastorali, la iniziative e gli impegni di ogni parrocchia seguono le indicazioni diocesane. Di ogni Parrocchia possiamo evidenziare tre aspetti, che ne delineano i diritti e i doveri: → Comunità di Fede. Il perno e centro della sua azione pastorale sta nella evangelizzazione. La sollecitudine nella catechesi, sotto la guida del legittimo pastore, ovvero il parroco riguarda tutti i fedeli, ciascuno per la sua parte. →Comunità di culto. I culti e le preghiere e in particolare la celebrazione dell'Eucarestia, sono il centro della vita spirituale di ogni parrocchia. In quanto non sono azioni private, ma azioni della medesima chiesa. Appartengono allo stesso corpo della chiesa, lo manifestano e lo rendono accessibile a tutti. I singoli fedeli vi sono coinvolti ognuno a suo modo. Anche in funzioni differenti, secondo la diversità delle funzioni, degli ordini, e della personale partecipazione. La diversità della partecipazione non significa una graduatoria di dignità: ognuno è figlio di Dio e fratello in Cristo. Dal parroco al semplice fedele. → Comunità di Carità. Poiché è una comunità originata dalla fede in Gesù Risorto, in cui persone di estrazione del tutto diverse sperimentano tra loro una forma di comunione d'amore, la Parrocchia dovrà essere intenta ad aiutare gli ultimi. Termine da intendersi in tutti i sensi, per superare ogni divisione ed egoismo introdotto dal peccato. I bisognosi, sia materialmente che spiritualmente, dovranno essere coloro verso i quali l'opera di promozione e assistenza della Parrocchia è indirizzata. La Parrocchia, nonostante gli scontati mutamenti nel corso di decine di secoli, causati dalle vicende storiche e dallo sviluppo della cultura, ha sempre conservato la connotazione di chiesa locale. Proprio il divenire storico attesta
che la diocesi, dopo aver rappresentato la prima comunità del popolo di Dio, necessariamente per lo sviluppo del cristianesimo si è dovuta ramificare in forme organizzative più periferiche: ovvero le Parrocchie. Molte funzioni, un tempo svolte solo dalla diocesi, furono avocate e fatte proprie dalle parrocchie, restando alle prime l'incarico della presidenza nella persona del Vescovo. L'affermazione del carattere globale e organico della Parrocchia non deve condurre a vedere in essa un «microcosmo» completo e autosufficiente in sé. È articolazione e cellula della Chiesa/madre diocesana, la quale soltanto è comunità ecclesiale in pienezza. La stessa natura teologica della parrocchia fa comprendere come ci siano problemi, sociali e culturali, che trascendono i limiti parrocchiali. Nessuna parrocchia per quanto attiva e ben organizzata può esaudire da sola i molteplici bisogni della evangelizzazione e della formazione cristiana. Con tutto ciò che essa comporta.
§2] La Parrocchia dal Concilio Vaticano II
La realtà della Parrocchia è trattata in modo esplicito in diversi testi conciliari. Da tali i traspare sia l'aspetto strutturale/gerarchico, sia l'aspetto spirituale/misterico. Entrambi gli aspetti sono spiegati nella costituzione sulla Liturgia, dove la parrocchia è vista come centro irradiante tale vita. Non va mai dimenticato che la liturgia è l'unica azione umano/divina insieme. Nessun'altra azione può paragonarsi a quella. Poiché nella sua chiesa il vescovo non può presiedere personalmente sempre e comunque l'intero suo gregge, deve costituire perciò gruppi di fedeli, tra cui hanno un posto preminente le parrocchie. Costituite localmente, poste sotto la guida di un pastore che fa le veci del vescovo: esse infatti rappresentano in certo modo la chiesa visibile stabilita su tutta la terra⁵. Pure la costituzione sulla chiesa Lumen gentium fa riferimento alla realtà parrocchiale. Parlando dei sacerdoti che rendono visibile il vescovo nelle singole comunità di fedeli, si sottolinea come governando questa porzione del gregge loro affidata, si porti un grande contributo all'edificazione di tutto il corpo mistico di Cristo. La parrocchia viene definita come assemblea dei fedeli, porzione del gregge del Signore. Questo popolo nuovo è rappresentativo della chiesa cattolica su tutta la terra, e capace di renderla visibile. Ne consegue che gli elementi caratteristici della struttura parrocchiale appaiono, per il concilio così riassumibili: ► La comunità del fedeli. ► Il territorio. ► La presenza del presbitero, quale pastore in relazione di comunione con il vescovo. La parrocchia per sua natura è missionaria, inviata a tutti le persone che la compongono. Questo aspetto è trattato in diversi documenti. Nell'Apostolato dei
laici la parrocchia offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le differenze umane che vi si trovano, e inserendole nell'universalità della chiesa . Tale visione dinamica non riguarda solo i laici, ma primariamente è il principale dovere del parroco. Spetta a lui sviluppare una vita cristiana nella comunità parrocchiale. Riguardo l'attività missionaria della chiesa è da mettere in risalto come il popolo di Dio viva nella parrocchia, e in essa appare come forma visibile. Tocca proprio alla parrocchia rendere testimonianza di Cristo di fronte alle genti. La parrocchia non va tanto considerata riguardo al singolo fedele, quanto dall'agire di tutta la comunità. Come chiesa è chiamata dal suo Signore a prendere forza dal suo interno «ad intra», attraverso al celebrazione eucaristica. Onde essere capace di attestare la sua missione all'esterno, «ad extra».
§3] La Parrocchia nel Codice di Diritto Canonico
Il Codice tratta della parrocchia evidenziandola nei suoi diversi aspetti. In particolare viene trattata, in modo esauriente, la figura del parroco. La Parrocchia è contemplata come una comunità di fedeli, riunita in un determinato territorio, provvista di un parroco “stabilmente” costituito. È il pastore proprio della parrocchia affidatagli, esercitando la cura pastorale di quella comunità sotto l'autorità del vescovo diocesano. Onde compiere al servizio della comunità la funzioni di insegnare, santificare e governare⁷. Dal complesso di questi dati possiamo cercare di definire l'articolata e variegata realtà parrocchiale. Due sono gli elementi fondamentali d'individuazione della parrocchia: [a] Il principio comunitario. [b] Il parroco, figura di Cristo/capo.
§4] Il principio di Comunione.
Il codice attuale (1983), a differenza di quello precedente (1917), non considera di grande importanza il territorio e non lo pone come elemento costitutivo della parrocchia, ma solo determinativo. Facendo propria la dottrina conciliare che la comunione operata tra i fedeli dall'annuncio della Buona Notizia genera la chiesa “mistero di comunione” si vede la parrocchia come un “coetus fidelium”, una “communitas”. Esistente partendo dalla relazione con la diocesi. Mentre la diocesi è intesa nel senso di totalità a immagine della chiesa universale, e solo a partire da essa esiste la chiesa cattolica; la parrocchia è definita come «una determinata comunità di fedeli stabilmente costituiti nell'ambiente di una chiesa particolare». È evidente che il nuovo Codice ha recepito il principio spirituale di come il concilio intenda la chiesa. Appunto la scelta del termine “comunità di fedeli” esprime la realtà parrocchiale e ne è la riprova. L'anelito alla comunione pervade il codice, perché quando parla dei diritti e degli obblighi di tutti i fedeli, recita testualmente: «essi sono tenuti all'obbligo di conservare sempre, anche nel loro modo di agire la comunione con la chiesa»⁸. Questa comunione che è l'anima della comunità, edifica la parrocchia attraverso il concorso di elementi sia umani, sia divini; in quanto il Signore si fa presenta in un luogo e tempo determinati, in virtù di mediazioni umane. La parrocchia, in cui si intersecano e confluiscono energie umano/divine, deve essere aperta per realizzarsi con la chiesa diocesana. Affinché i fedeli si sentano membri di una diocesi, partecipando e sostenendo le opere finalizzate a promuovere la comunione. Un'altra forma di comunione e collaborazione è evidenziata dal codice attraverso il vicariato foraneo. Per favorire la cura pastorale mediante un'azione comune, più parrocchie vicine possono essere riunite in peculiari raggruppamenti quali sono i vicariati foranei. Il vicario foraneo ha appunto questo diritto/dovere di promuovere la comunione tra le diverse parrocchie di una medesima zona pastorale.
Insieme al concetto di comunione il codice sottolinea il concetto di costituzione. Essi non sono in antitesi, ma complementari. Per non correre il rischio di una chiesa comunionale/uniforme senza diversità di funzioni. Infatti spetta unicamente al vescovo erigere, sopprimere, o modificare il territorio delle parrocchie. Come pure affidarla in solido a più sacerdoti, o a motivo di scarsità di questi affidarla a un diacono. In questo c'è una coerenza: di ribadire la connessione tra l'aspetto misterico spirituale e l'aspetto gerarchico della chiesa stessa. Per cui parlando del vescovo e del parroco, evidenziando la loro funzione di presidenza/autorità, non si vuole sminuire la comunità dei credenti, quali soggetti attivi di vita parrocchiale. Ma far risplendere tutta intera l'organicità della chiesa.
§5] I Fedeli.
I fedeli hanno un ruolo fondamentale nell'ambito della parrocchia. L'unione a Cristo Gesù effettuata dal Battesimo, e dai sacramenti della iniziazione cristiana Cresima e Eucarestia, li costituisce tutti popolo di Dio. Per cui sono invitati ad attuare la missione che Cristo ha affidato alla chiesa. Si deve così ridimensionare e ribaltare la secolare contrapposizione tra fedeli laici e gerarchia ecclesiastica. Anche se nel contempo va ripetuta la diversità funzionale e dei compiti propri di ogni fedele. Il discorso dei compiti e delle condizioni di ciascuno è fattore di seria importanza. Tali termini stanno ad indicare la situazione concreta di ogni fedele di qualsiasi età, cultura, condizione sociale o professionale. Ne consegue che il semplice fedele acquista dei diritti nei confronti della parrocchia per la propria formazione alla vita cristiana. Innanzitutto quelli di ricevere la Parola di Dio, e una formazione di fede adeguata, e di partecipazione alle attività che promuovono lo spirito evangelico. Non sono certo da confondere tali indirizzi con quella d'una impresa. Non si possono contemplare in una parrocchia rapporti fondati sulla burocrazia di cariche e sull'efficientismo. Una comunità di fedeli non ha niente da imparare dall'agire commerciale. Al contrario il parroco deve conoscere e visitare i propri fedeli, privilegiando proprio di sostenere e confortare nei momenti di prova e dolore, i più bisognosi. Ovvero quelli che il carrierismo capitalista non contempla. Messi questi presupposti nell'ambito di una parrocchia i laici troveranno terreno fecondo per la proprio impegno ministeriale. La loro indole peculiare, infatti, non è quella di stare in sacrestia, ma quella di animare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali, nelle quali sono inseriti. Di essere così sale e lievito con il loro spirito evangelico. In conformità alla vocazione propria di ogni battezzato, che è quella di cercare il regno di Dio, trattando le cose temporali ma orientandole verso Dio. Questo non significa che un laico non possa avere dei compiti specifici, in
contatto con la gerarchia o con il proprio parroco. Non toglie che essi possano collaborare alle funzioni della gerarchia, col ministero della Parola, della catechesi, e con i ministeri cosiddetti istituiti: il lettorato, per leggere la Parola di Dio nella S. Messa. L'accolitato per la preparazione degna di ogni celebrazione liturgica. Il ministro straordinario per l'eucarestia onde portarla agli ammalati a lui affidati. Per cui l'identità della vocazione del semplice fedele si può definire con l'espressione «indole secolare».
§6] Il Parroco.
Il principio pastorale gerarchico è rappresentato dalla persona del parroco. L'ufficio pastorale è il secondo elemento costitutivo della parrocchia. Questo ufficio non può essere disgiunto dall'elemento gerarchico. Infatti è per volontà del suo Fondatore strutturale a tutta la chiesa, e perciò anche della parrocchia. Non stupisce allora come il Codice metta in evidenza come la cura pastorale di tale comunità “è affidata sotto l'autorità del vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore” . Un altro aspetto molto significativo per la comprensione giuridica non solo di ciò che il parroco è, ma anche della sua azione e della sua opera, risiede nella pastoralità. Un parroco, infatti, non è un semplice sacerdote. Tutti i parroci sono preti, ma non tutti i preti sono parroci. Questo antico adagio sta proprio a significare che un parroco è il pastore “proprio” della parrocchia affidatagli. Pastoralità significa che il parroco è un sacerdote preposto ad una determinata comunità di fedeli. Il quale esercita su di loro questa indole pastorale con un sigillo, uno stigma tutto speciale. Il parroco esercita un ministero al quale è congiunta una potestà di governo propria e ordinaria. Per tale ragione la sua azione assume sia dal punto di vista spirituale, sia propriamente giuridico, una valenza di forte spessore, molto più ampio di un semplice sacerdote. La cura pastorale che qui viene enunciata, ha come modello paradigmatico quella di Cristo medesimo. Il parroco nella scia di tale riferimento è chiamato a compiere il servizio, ovvero la “diakonìa”, per portare avanti il bene supremo della chiesa:la “salus animarum”. Certamente qualcuno dirà che ciò non rappresenta una novità assoluta. Tuttavia l'assunzione di tali verità nel Codice imprime ai valori affermati una forza più incisiva e vincolante. Unendo al punto di vista spirituale quello giuridico. Il parroco ha le funzioni di insegnare, santificare e governare. Questo anche in collaborazione con altri preti e diacono o con l'apporto di fedeli laici. L'aspetto più intimo e interessante, rappresentato dal parroco, non è tanto quello di aver ricevuto una delega di potere. Quanto piuttosto di essere un punto di
riferimento per tutta la comunità, quale fattore di unione. Il rapporto che rende autentico ed efficace tale servizio è quello della “koinonìa” con il vescovo. Unito al vescovo il parroco è unito al sacerdozio di Cristo. Il ministero del parroco ha, allora, due punti di riferimento: ecclesiale e cristologico. Con il primo aspetto si evidenzia la funzione gerarchica di comando e rappresentanza di Cristo capo. Con il secondo riferimento paradigma dell'unico sacerdozio di Cristo, viene messa in luce l'azione del parroco attraverso i tre uffici: quello profetico o di insegnare; quello sacerdotale o di santificare; quello regale o di servire il popolo di Dio.
§7] I requisiti del Parroco.
La prima di queste condizioni è che il parroco non sia una persona giuridica. Vale a dire deve essere una persona fisica. Non possono allora farsi carico della cura pastorale d'una parrocchia istituti religiosi o società clericali di vita apostolica. A meno che, con il consenso del superiore competente, non venga assegnata la responsabilità ad un singolo sacerdote. Il secondo requisito perché uno sia nominato parroco validamente, è che sia insignito dell'ordine sacro del presbiterato. Di poi ad ogni parroco vengono richieste eminenti doti morali, e onestà di costumi. Uniti allo zelo per le anime a lui affidate, insieme ad ogni altra virtù. Il Codice ricorda che per la “nomina a parroco è opportuno che venga accertata con sicurezza la sua idoneità, anche mediante un esame”¹ . Si postula una selezione intelligente e oculata, fatta con criteri non certo burocratico amministrativi, ma teologico spirituali. Inviato per edificare il corpo di Cristo, un parroco deve sempre avere come regola suprema del suo agire la salvezza delle anime. Di tutte quelle persone che Dio, tramite il mandato ricevuto dal vescovo, gli ha affidato. Tutto ciò richiede con insistenza non solo amore e stima per il ministero sacerdotale, ma ancor più un'unione intima tra il ministero ricevuto e la sua vita. Per assolvere al suo compito di maestro e guida nella fede, il parroco deve armonizzare azione e contemplazione, condotta di vita e preghiera. Al fine di servire la parrocchia con amore gratuito, non pensando a sé ma ai suoi fedeli. Deve pure avere a cuore una adeguata preparazione culturale, e specialmente biblico/teologica. Sono finiti i secoli in cui la chiesa aveva il monopolio della cultura e gli ecclesiastici erano i soli istruiti. Essendo il popolo in grande maggioranza analfabeta. Oggigiorno, fortunatamente, per la comune istruzione a livello di diploma superiore o addirittura di laurea universitaria la gran maggioranza della popolazione possiede un bagaglio culturale. Per la qual cosa è bene che il parroco sia edotto anche in altre scienze, che gli possano essere utili nell'esercizio del ministero sacerdotale¹¹. Nessun uomo è un isola e uno dei più grossi sbagli che potesse fare un parroco
sarebbe quello di estraniarsi dall'amicizia degli altri sacerdoti. Il presbiterio diocesano, l'insieme dei sacerdoti, serve proprio a questo: vivere in sintonia con il vescovo ed in amicizia con gli altri preti. A cui di regola lo uniscono comuni percorsi di scelta di vita. Pensiamo solo allo stare insieme negli anni della gioventù per sei, sette anni in un seminario, facendo il medesimo cammino. In ultimo “last but not least” siccome i parroci sono inseriti in una rete di molteplici relazioni, devono stare attenti ad evitare una eccessiva simpatia con certe persone, piuttosto che altre. Una familiarità troppo spinta può mettere in pericolo l'obbligo della castità per il regno dei Cieli, come pure creare dicerie e sconcerto in qualche fedele. In tale caso la virtù della prudenza è sommamente necessaria, per evitare di suscitare scandalo tra i fedeli. Ogni parroco deve dimostrare, come tutti gli eletti al sacerdozio, come il celibato sacerdotale sia una fulgida gemma che la chiesa custodisce da secoli. È la risposta d'amore dell'uomo all'amore di Cristo. Nessuno si auto elegge parroco. Provvedere all'ufficio del parroco per la propria diocesi spetta all'ordinario, al vescovo. Quindi l'assegnazione di tale ministero è un atto riservato all'episcopo. Questi in base al concordato tra Stato Italiano e la Santa Sede, ne deve informare l'autorità civile. Riguardo al tempo di permanenza in una parrocchia è opportuno che il parroco goda di stabilità. Per cui, normalmente, viene nominato a tempo indeterminato. Ora il fatto che non sia stabilita una scadenza non vuol dire che sia “inamovibile”. Anzi la Conferenza Episcopale Italiana ha stabilito che un parroco può essere nominato anche per un tempo determinato. Giudicando consona la durata di nove anni¹². Quindi possiamo avere dal vescovo due tipi di nomine: → A tempo indeterminato. → Per nove anni. In questa seconda ipotesi, alla fine del mandato, si può avere un rinnovo o una sostituzione. In qualche caso l'avvicendamento di parroci ha ingenerato dei problemi. Causati dai semplici fedeli, dal popolo di Dio eccessivamente attaccato alla persona particolare di un ministro. Atteggiamento errato sul piano dell'autentica vita di fede, che deve avere un solo ancoraggio fondamentale e definitivo: Gesù Cristo.
Oppure, e questo sarebbe più grave, connesso all'atteggiamento del sacerdote medesimo. Legando, in modo esclusivo, le prospettive della sua vita alla parrocchia di cui è pastore, rifiuta o tergiversa per l'obbedienza al vescovo. Soffiando sul fuoco sotto la cenere. A tutt'oggi la soluzione migliore è rappresentata da quel parroco che dopo nove anni, anche se nominato a tempo indeterminato, rimetta la sua nomina nelle mani del vescovo. Una volta rimesso il proprio mandato nelle sue mani, il vescovo deciderà se accogliere o meno le sue dimissioni. In genere, stante la penuria di sacerdoti, vengono rifiutate.
§8] Il ministero del Parroco.
A seguito dei principi giuridici e spirituali fin qui emersi, è lampante che al parroco sia assegnato il ministero di governare, insegnare e santificare. In forza del mandato ricevuto dal vescovo, e quale suo primo collaboratore in quel territorio, in forza del mandato ricevuto. ► Il Munus Docendi. L'ufficio di insegnare è importantissimo. Stante la prerogativa di annunciare integralmente la Parola di Dio a coloro che si trovano nella parrocchia. Si tratta di portare il messaggio di salvezza a tutti i parrocchiani indistintamente. I mezzi più idonei sono diversi, “in primis” l'omelia domenicale durante la celebrazione liturgica. Questa è un'occasione privilegiata, in quanto tra le forme di predicazione è eminente l'omelia; che è parte della stessa liturgia ed è riservata al sacerdote o al diacono. Vedi il caso di san sco che fu ordinato diacono, rifiutandosi sempre di diventare sacerdote, ritenendosi indegno. Fu fatto diacono proprio per tale fatto: affinché potesse predicare. Seguendo i vangeli riportati nel lezionario, lungo tutto l'anno liturgico, sarà cura del parroco esporre i misteri della fede e le norme della vita cristiana. Seguono poi altre forme di cui un parroco deve avere speciale cura. Sono occasioni importanti per formare e favorire la vita cristiana di fanciulli, giovani, adulti e anziani. Ovvero le catechesi adatte alle varie età. Come pure l'impegno in ordine alla giustizia sociale. Specialmente in tempi di crisi economica e di divaricazione sempre più grande tra i benestanti e gli indigenti, il parroco deve testimoniare la sensibilità e solidarietà cristiana. Trovandosi pastore sia degli uni che degli altri. In ciò un mezzo sempre più importante è la Caritas Parrocchiale. ► Il Munus Santificandi. L'ufficio di santificare è proprio del “sacer-dux”. Si esplica mediante la celebrazione dignitosa e devota dei sacramenti, in special modo attraverso la
celebrazione della santissima Eucarestia e della Confessione. Proprio attraverso il memoriale del sacrificio di Gesù, che rappresenta la fonte e il culmine della assemblea parrocchiale. In quei momenti il parroco unito a loro in preghiera, costituisce ed edifica la parrocchia. Lapidariamente possiamo elencare le principali funzioni di santificazione affidate ai parroci: [a] Amministrare il battesimo. [b] Amministrare il sacramento della Cresima, a coloro che sono in pericolo di morte. [c] Amministrare il sacramento dell'unzione agli infermi. [d] Amministrare il viatico e l'estrema unzione agli agonizzanti. [e] Celebrare i funerali. [f] Benedire il fonte battesimale e guidare le processioni. [g] Celebrare l'Eucarestia in modo più solenne nella domenica, nelle feste e solennità di precetto. Non v'è chi non veda come i “munera” del parroco siano numerosi: diversi di essi meriterebbero, per la loro intrinseca valenza, una specificazione più dettagliata. Pensiamo all'importanza della preparazione alla fede dei fanciulli; a quelli che si accostano per la prima volta all'Eucarestia. Oppure alla scrupolosa attenzione che si dovrebbe dare, per le problematiche inerenti agli effetti civili, riguardo al sacramento del matrimonio. Fortunatamente ad oggi sono scomparse le coppie che si sposavano in chiesa “per tradizione”, come si diceva una volta. È assolutamente necessario che chi decide di sposarsi con il sacramento lo faccia con la dovuta conoscenza dell'importanza del o che compie. Essendo il matrimonio in chiesa differente dalla semplice unione civile, o peggio da una convivenza “more uxorio”, come una Rolls Royce da una bicicletta sgangherata. Un'ultima osservazione da fare è relativa al lato economico/finanziario. Qui il Codice è abbastanza preciso prevedendo una normativa dettagliata riguardo alle offerte. Esse devono essere versate nella cassa parrocchiale, siano collette, vendite o alienazione di beni¹³. Provvederà poi il parroco, insieme al Consiglio
degli Affari Economici della parrocchia, a decidere come ripartirle secondo i bisogni della medesima. Come pure i parroci sono invitati, in vista del termine della peregrinazione terrena, a lasciare precise disposizioni testamentarie. Al fine che i beni di cui sono venuti in possesso, durante l'esercizio del loro ufficio ecclesiastico, siano impiegati per il bene della chiesa e per opere di carità.
§ 9] La fine dell'ufficio pastorale del Parroco.
Tutte le cose umane hanno un inizio e una fine: così è anche del ministero d'un parroco. La conclusione del suo ministero pastorale può avvenire per diverse ragioni: morte, trasferimento, rinuncia, rimozione. → Tralasciando il primo caso per ovvie ragioni, in quanto il momento della morte come quello della nascita non è nelle nostre mani ma risiede in una decisione divina, iamo a considerare il trasferimento. Questo caso prevede il aggio del sacerdote da una parrocchia all'altra. Oppure ad un altro ufficio o responsabilità per motivi stabiliti dal vescovo. Possono essere diversi, ma tutti riguardano in definitiva il bene delle anime e la necessità e l'utilità per la chiesa. Non è raro il caso di parroci che a causa di scarsità di preti, rimanendo vacanti parrocchie più grandi, vengono trasferite in queste. Oppure di parroci che vengono chiamati in Curia a svolgere Uffici più importanti a livello diocesano. → La Rimozione è l'aspetto più sofferto e delicato della fine d'un mandato pastorale. Avviene quando il ministero d'un parroco risulti dannoso o inefficace per cause importanti. Può avvenire anche senza colpa grave del parroco, causa conseguenze ingestibili. Certamente la rimozione è comminata dall'ordinario diocesano come “extrema ratio” al parroco interessato. Sono casi rari. → La Rinuncia è contemplata, e per essere validamente posta, deve avvenire nel pieno possesso delle facoltà del parroco declinante. Per essere ritenuta valida deve fondarsi su una giusta causa, proporzionata a ciò che si chiede. Il raggiungimento dei limiti di età (75 anni) definiti dal Diritto, comporta un caso particolare di rinuncia. Rappresenta la perdita dell'Ufficio ecclesiastico non per inabilità o indegnità del ministro. È invece un atto di disponibilità al vescovo, un gesto encomiabile, con cui si invita il parroco ad accettare la realtà. A prendere consapevolezza del vecchio adagio «senectute ipsa est morbus». Ovvero dei limiti intrinseci legati all'anzianità, e alla decadenza biologica di ogni essere umano.
ABBREVIAZIONI
1ª Cor. = Prima lettera di san Paolo ai fedeli di Corinto.
Gal. = Lettera di san Paolo ai fedeli della Galazia.
CJC. = Codex Juri Canonici. Codice di Diritto Canonico.
Note
1) A. Montan, Le istituzioni della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, Ut Unum Sint, Roma, 1987, pag. 110 2) A. Longhitano, La parrocchia tra storia, teologia e diritto, EDB, Bologna, 1987, pag. 21 3) Cristi fldeles Laici n° 26 4) CJC art 515 §1 5) Sacrosanctum Concilium 42,a 6) Apostolicam Auctositatem 10,b 7) CJC n° 519 8) CJC n° 209 §1
9) CJC n° 515 §1 10) CJC n° 521 §1 11) CJC n° 279 § 1,§2, §3 12) Notiziario CEI 6.9.84 delibera n° 17, pag. 204 13) CJC n° 531
Indice
INTRODUZIONE
§1] La natura spirituale della Parrocchia.
§2] La Parrocchia dal Concilio Vaticano II
§3] La Parrocchia nel Codice di Diritto Canonico
§4] Il principio di Comunione.
§5] I Fedeli.
§6] Il Parroco.
§7] I requisiti del Parroco.
§8] Il ministero del Parroco.
§ 9] La fine dell'ufficio pastorale del Parroco.
ABBREVIAZIONI
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