Il Sacrificio z5p43

Ivan Monasterolo

Il sacrificio

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Ringraziamenti

Carissimi e Vivissimi ringraziamenti a Tutti quelli che mi hanno ato e sopportato, durante questo bellissimo percorso, leggendo in anteprima ogni capitolo della storia. Grazie. Ivan

Prologo

Il cielo eruttava lampi e i tuoni scuotevano la terra per chilometri. Dalle nuvole di piombo scendeva una pioggia torrenziale che inghiottiva tutto nel suo scrosciare. Sotto di lui la città era deserta, nessuno osava sfidare il maltempo e questo gli rendeva impossibile trovare un corpo che lo ospitasse. Avrebbe dovuto dare ascolto agli altri quattro Re e non affrontare da solo Nherb, il Re Nero. Negli ultimi secoli era sparito, facendo perdere ogni traccia della sua esistenza e ora, era tornato pretendendo il comando assoluto sui cinque Re. Ovviamente lui, il grande Flern, Re delle Fiamme, il più potente di tutti i cinque sovrani, aveva riso e schernito le raccomandazioni avanzate dai suoi pari, così osavano definirsi, e ignorandoli aveva attaccato a testa bassa. Per secoli aveva regolato i trasgressori con la pura forza delle sue fiamme, ma questa volta aveva sottovalutato il suo nemico. Senza che se ne accorgesse era stato circondato da quegli esseri informi e il suo potere risucchiato da quella specie di bastone fatto di fumo. Aveva resistito e combattuto assiduamente, poi quando aveva capito di non potercela fare era scappato, ma Nherb lo aveva raggiunto con l'intento di ucciderlo. Poco prima che il Re Nero lo infilzasse con quella sua arma diabolica, era riuscito a fuggire nel piano di esistenza parallelo al loro, quello degli umani. Ora non gli rimaneva che trovare un ospite, un corpo che lo avrebbe accolto per tutto il tempo necessario a fargli recuperare le forze. Una volta ristabilito avrebbe raggiunto la Grande Sala, riunito gli Anziani e organizzato una resistenza atta a fermare e distruggere Nherb. Ora doveva trovare un corpo idoneo ad ospitarlo, ma dove? Un fulmine lo traò facendolo sussultare, ma senza arrecargli danno. Nessuno poteva vederlo o toccarlo, era immateriale, nulla di più di una calda corrente d’aria. Ahrcs, Re dei Venti, glielo aveva detto e ripetuto e ora le sue parole gli giravano in testa ininterrotte. «Non andare! Le mie correnti d'aria mi dicono che intorno alla roccaforte di Nherb c'è uno strano alone di potere che blocca ogni loro tentativo di infiltrarsi al suo interno». Il suo corpo, fatto di turbini d'aria vorticanti si gonfiò per poi tornare alle dimensioni normali. «Non c'è posto in cui io non possa entrare, un buco, una crepa, una serratura, posso entrare ovunque! OVUNQUE! Tranne lì!». La voce di Ahrcs si era fatta cupa, profonda e sibilante. «Dobbiamo dargli retta» intervenne Khork, Re della Terra, con la sua voce granitica. «Sappiamo tutti come possa essere volubile la volontà del vento e delle sue correnti, ma in questo caso io mi aggrego ai suoi presentimenti. Anche il suolo in quella regione è diventato ostile, i miei figli e le mie figlie non

rispondono più al mio richiamo e, come potrà confermare Ghroomh, l'intero paese è diventato sterile». Il gigante fatto di corteccia, agitò la chioma di foglie confermando le parole del massiccio Khork. Il più pacato e riflessivo era Ohk, Re delle Acque, che guardava e ascoltava i quattro Re discutere sulla questione, senza pronunciarsi. Non era mai stato di molte parole e anche in quel caso si asteneva da qualsiasi commento. Magari, se almeno quella volta si fosse mosso in suo favore e lo avesse accompagnato dal Re Nero, probabilmente in due avrebbero avuto qualche possibilità di fermarlo. Ma come al solito rimaneva in attesa di qualche evento speciale che lo smuovesse dal suo quieto vivere. Con l'ultimo barlume di forza che ancora possedeva localizzò alcuni possibili candidati che potessero ospitarlo. Essendo lui, Flern, Re del fuoco, aveva bisogno di un uomo o donna con un corpo speciale, nato con la capacità di sopportare e gestire l’energia da lui generata o sarebbe morto nel giro di pochi giorni. In quel modo sarebbe morto pure lui, così doveva scegliere in modo oculato il suo candidato. Un bagliore più intenso degli altri catturò la sua attenzione. «Eccolo! Finalmente!» disse con voce affaticata. Planò invisibile fin sulla casa del candidato, poi ò attraverso le mura raggiungendo il bagliore nella stanza nella quale, la persona, dormiva ignara. Era una donna. Non era il momento per sindacare sul sesso del candidato, si stava spegnendo come una candela senza stoppino, doveva fare in fretta così, allargando la sua aura come una coperta, avvolse la donna e si fuse con la sua energia con l'intento di lasciarla una volta ristabilito.

Capitolo 1

«Phill! Phill! Vieni con noi?» chiese una ragazza sorridente. «No, grazie Susy!» rispose Phill riconoscente. «Ho ancora gente in studio e poi domani devo are all'orfanotrofio per controllare i bambini». «Come sei carino! Ma promettimi che se ti liberi in fretta ci raggiungi sulle piste da sci. Ok?». «Promesso, se potrò vi raggiungerò!». «Promesso! Ciao!» Susy sorrise e agitò la mano poi si voltò e sparì dietro la porta dello studio di Phill. «Eccomi, scusi signora Glenn» disse Phill appoggiandole una mano sul ginocchio. «Sembra che vada meglio, l'infiammazione è diminuita. Lei cosa sente?». «Io dico... Che se glielo chiederai, lei sarà felice di uscire con te» disse con aria di chi la sa lunga. «Ma cosa dice?». Phill era arrossito visibilmente «io parlavo del ginocchio!». «Ragazzo, lo avevo capito di cosa parlavi e tu, hai capito cosa stavo dicendo io?» chiese con aria furbesca la signora. «Sì, ma è una cosa impossibile! Io... Lei... Torniamo a noi. Il ginocchio?». Sempre più imbarazzato cambiò discorso e la signora Glenn capì che non era il caso di insistere. «Meglio, mi fa meno male e riesco a fare le scale quasi senza sentire dolore. Grazie mille, hai le mani d'oro». La signora Glenn si alzò, prese la borsa, si mise la giacca e prima di uscire dallo studio si voltò verso Phill «comunque se io fossi in te non me la lascerei scappare!». Fece l'occhiolino e uscì. Phill sorrise «in un'altra vita magari lo avrei fatto, ma in questa...». Uscì dallo studio deserto chiuse tutto a chiave e si diresse a casa. Non aveva detto a nessuno della disavventura avuta una decina di anni prima sulle piste da sci. A causa sua per poco non morirono centinaia di persone, ma per fortuna ci furono

solo alcuni feriti lievi. Fin da quando ne aveva memoria non aveva mai patito il freddo ed in inverno gli bastava una giacca leggera per stare bene. Aveva notato dei leggeri picchi di calore nei momenti di nervosismo, ma mai come quella volta. Era andato a sciare con degli amici e una pseudo fidanzata, poi avevano litigato e si erano lasciati. Colto dal nervosismo era andato su una pista quasi deserta e cominciata la discesa si era accorto che qualcosa non andava. Dai suoi abiti usciva un filo di vapore che andò via via aumentando. Spaventato, Phill, si buttò a terra affondando le mani nella neve gelida, cercando di raffreddate il suo corpo. Tutto quello che indossava stava fumando compresi scarponi e sci e proprio uno di essi si staccò e cominciò a scendere a valle. Il calore era tale da creare, al suo aggio, un solco nella neve sempre più profondo fino a quando successe il fatto. Una parte della parete innevata si staccò e da essa ne nacque una slavina, che travolse tutto fino a valle, sciatori compresi. Phill fu risucchiato dall'impeto della valanga, ma grazie alla sua condizione si salvò senza conseguenze. Non fu mai scoperto il motivo di quella slavina improvvisa e improbabile e lui si guardò bene dal dire qualcosa. Quello fu l'episodio che più lo segnò e in quel momento decise che avrebbe trovato un modo per utilizzare il suo dono per fare del bene, così studiò medicina e divenne un Pranoterapeuta. Cominciò così a curare la gente con la sua energia. Ora era finalmente conscio di quello che doveva e poteva fare per gli altri e una di quelle cose era evitare le piste da sci. Il giorno seguente andò all'orfanotrofio per curare i bambini bisognosi, piccoli orfani in attesa di una famiglia. «Buongiorno Suor Beth. Come va oggi?» salutò cortese Phill mentre entrava nello stabile. «Bene caro ragazzo. Bene. E tu come stai? È tanto che non ci vediamo!». La voce, come tutto il resto di lei era tremante e incerta. Lui se la ricordava già vecchia e claudicante, ma in quegli ultimi anni era peggiorata tantissimo. «Io bene grazie». «Hai ancora gli incubi di notte?». «No, per fortuna non ne ho da molto tempo» rispose cortesemente alla suora. «Ottimo! Allora le caramelle che avevo preparato per te, posso darle agli altri ragazzi!». Mentre parlava ripose un sacchetto, prelevato dalla tasca del vestito,

in un cassetto di un mobile lì vicino. «Ci sono due ragazzi che lamentano un dolore alle costole e uno alla caviglia. Li troverai nelle camerate al piano di sopra. Vai pure tranquillo io ho delle faccende da sbrigare». Con un cenno d'assenso, Phill si diresse verso le camere per visitare i ragazzi. Era ato molto tempo da quando era stato un ospite di quella struttura e le pareti scrostate, i corrimano usurati e l'odore di chiuso lo portavano indietro nel tempo. Con un dito tracciò il percorso che stava seguendo sul muro, come era solito fare da bambino, poi afferrò il pomello della scala e con un saltellò la salì due gradini alla volta. Quanta nostalgia. Aveva ato lì dentro gran parte della sua infanzia poi era stato adottato e ora viveva da solo. Quando arrivò trovò i ragazzi seduti sui letti che lo aspettavano. «Ciao Phill!» lo accolsero in coro. «Ciao ragazzi! Chi sono gli infortunati oggi?» chiese divertito osservando i sorrisi sui volti dei bambini. Vide alzarsi un paio di mani da alcuni letti e un terzo ragazzo si alzò claudicante per andargli incontro. Tra una battuta e l'altra Phill controllò i ragazzi e decretò che, quelli con le costole incrinate, sarebbero guariti nel giro di qualche mese, mentre sarebbero bastate un paio di settimane al ragazzo con la caviglia slogata. Quando ebbe finito, ò da Suor Beth per salutarla e dirle che sarebbe riato nel giro di qualche giorno, per controllare l'evolversi della situazione dei piccoli infortunati. «Tieni ragazzo, sono per te» disse la donna mentre gli porgeva del denaro «il tempo di un medico non è sicuramente gratuito. È tutto quello che posso darti». Phill vide lo sguardo dell'anziana farsi cupo e lucido. «Non li voglio» disse Phill allontanando la mano di lei gentilmente e riponendo i soldi sul tavolo. «Non vengo qui per farmi pagare e lo sai. Tutte le volte la stessa storia». Il suo intento era di sgridare la donna, ma il tono di voce fece trasparire dolcezza e comione. «Grazie Phill, sei così gentile!». Beth lo abbracciò e lo tenne stretto per alcuni secondi. «Dovrei essere io a ringraziarti, Beth».

Ormai quello era diventato il loro modo di salutarsi, lei gli dava dei soldi e lui li rifiutava ringraziandola per il ato in modo che non si sentisse troppo in colpa. «Alla prossima!». Phill uscì dall'orfanotrofio salutando con la mano l'anziana suora e i ragazzi che dal piano di sopra agitavano le loro piccole manine in saluto. Tutte le volte che usciva da lì aveva un groppo in gola, ma era felice di andarci. Quella era stata la sua casa da quando ne aveva memoria, da quando i suoi genitori erano morti in quell'incidente con la macchina. La cicatrice che aveva sulla spalla sinistra era l'unico ricordo di quell'evento traumatico che si portava dietro. Si era fatto tardi e il sole stava tramontando. Aveva perso la cognizione del tempo e ora si ritrovava a camminare per le strade buie in una zona poco raccomandabile. In lontananza vide il pullman che avrebbe dovuto prendere per tornare a casa e accelerò il o per raggiungere la fermata dove prenderlo, ma arrivò tardi e lo perse. «Maledizione! Che testa! Potevo stare più attento!». La rabbia cominciava a farsi strada, ma subito si calmò evitando inutili surriscaldamenti. I minuti avano e il cielo diventava sempre più buio e del pullman non ve n’era traccia. Dei rumori alle sue spalle lo turbarono al punto da farlo alzare. Si guardò intorno e vide tre loschi figuri avanzare verso di lui intenti nel prendere a calci una lattina vuota. Cercò di dissimulare noncuranza, ma quando i tre lo videro, persero interesse per la lattina e ne trovarono in lui. Con lentezza, fecero un giro intorno alla fermata del pullman e poi lo accerchiarono, due dietro e uno davanti. «Cosa abbiamo qui?» chiese quello davanti a Phill. Non sapendo se la domanda fosse indirizzata a lui o no, decise che non era il caso di rispondere. «Un damerino in giro a quest'ora non si vede tutti i giorni! Vero ragazzi!». Il tizio che parlava probabilmente il capogruppo, aveva una cuffia nera, una giacca dello stesso colore, pantaloni verde militare e masticava uno stuzzicadenti in modo compulsivo.

«Già! Non si vede tutti i giorni!» disse una voce dietro di lui. «Chissà cosa c'è dentro la valigetta!». Il terzo a parlare aveva una voce stridula e gracchiante che ricordava molto un corvo. Phill, quando andava a visitare, si portava sempre la valigetta con dentro delle bende e alcune creme antinfiammatorie in modo da poter fasciare al meglio i pazienti. «Non c'è niente di valore solo alcune medicine, più che altro antinfiammatori» disse Phill cercando di far desistere i tre malintenzionati. «Mh...» disse il tizio davanti a lui che sputò lo stuzzica denti e si accese una sigaretta gustandosi il primo tiro per lunghi istanti. «Può essere, ma meglio controllare. Sai, non vorrei tornare a casa con il dubbio di aver lasciato lì dentro qualcosa di valore. Non potrei perdonarmelo!». Ad un suo gesto i due alle sue spalle lo presero per le braccia e lo sbatterono contro una saracinesca di metallo. Il gran rumore prodotto dal botto non fu niente in confronto al dolore provocato dal pugno che gli arrivò alla bocca dello stomaco. «Ahahah! Sì! Questo sì che si chiama divertimento!» urlò, con la voce gracchiante, uno dei tre mentre, lui, senza aria nei polmoni si accasciava a terra. «Prendetela, è vostra!». La voce di Phill era ridotta ad un rantolo. «Certo che ce la prendiamo! E prendiamo anche i tuoi soldi dal portafoglio!». Come se non bastasse, il capogruppo gli diede un calcio ad un fianco per farlo girare così che uno scagnozzo potesse perquisirlo. ‘È così che ti fai trattare!’. Phill sentì qualcuno parlare, ma non capì chi fosse e al di fuori dei tre delinquenti non vedeva nessun altro. ‘Ribellati! Schiaccia quella feccia!’. Oltre alle parole ora sentiva crescergli dentro un calore mai sentito prima. Cosa gli stava succedendo? «Chi sei! Cosa vuoi da me!» disse alla voce misteriosa senza rendersi conto che gli unici a sentirlo erano i tre loschi personaggi.

«Come scusa? Ti stai rivolgendo a me?». Il tizio con la sigaretta in bocca si avvicinò a Phill e lo guardò in faccia con un ghigno per niente rassicurante. «Non ti devi permettere mai più di usare quel tono con me!». Senza mezze misure pestò una mano a Phill che urlò di dolore poi, prese la sigaretta dalla bocca e gliela spense sul dorso. Il grido di Phill fu muto, ebbe un paio di fremiti poi si accasciò a terra. «Ahahah! Mammoletta!» disse ridendo mentre si voltava verso i compari. «Trovato qualcosa?». «Niente! Mi sa che aveva ragione!». «Anche nel portafoglio non c'era un granché!» disse il tizio con la voce stridula buttando il portafoglio sul corpo di Phill. «Andiamocene!» Ordinò l’uomo con la cuffia nera indicando con un gesto della testa la strada da dove erano giunti, quando un rumore dietro di loro li bloccò e li indusse a girarsi. Phill era in piedi che si guardava le mani e il corpo come se non li avesse mai visti. «Forse non hai capito! Devi rimanere a terra!». Il capogruppo furente gli si avventò contro, ma quando fu a pochi i dal ragazzo, si bloccò. I loro sguardi si erano incrociati e quello che aveva visto lo aveva atterrito. Phill al posto degli occhi aveva due sfere incandescenti e dalle narici emetteva fumo. «Avreste dovuto andarvene finche potevate, nonostante i maltrattamenti il giovane ragazzo non avrebbe avuto il coraggio di farvi niente, ma per vostra sfortuna è svenuto e io non avrò pietà!». «Chi... Chi sei? Cosa vuoi da me?» chiese terrorizzato l'uomo con la cuffia. «Ti direi niente, ma sarebbe una bugia, mi accontenterò della tua patetica e inutile vita!». La voce di Phill era la stessa, ma per via del fumo che gli usciva dal naso e dalla bocca sembrava molto più cattiva e terrorizzante. Alzò la mano e mostrò il segno della sigaretta a colui che l'aveva procurata. «Phill, ha sentito dolore per questa cosuccia, ma io, per tua sfortuna, ho provato nostalgia. Sai

cosa si prova a bruciare?» disse avanzando di un o verso il terrorizzato delinquente, che negò con un movimento della testa. «No? Te lo dico io: la pelle si scalda al punto da squagliarsi, la carne sfrigola e il dolore avvampa come lava incandescente in circolo nelle vene. Io sono Flern, Re delle Fiamme e ora scoprirai cosa vuol dire bruciare». La sigaretta, che l'uomo stava tenendo stretta tra le labbra tremanti, avvampò i una fiammata che lo avvolse completamente. Il calore del fuoco fu talmente intenso da consumarlo sul colpo senza lasciargli il tempo di urlare. Le fiamme, dopo aver consumato l'uomo, si alzarono a mezz'aria e andarono da Phill che le guardò, come un padrone guarda il suo cucciolo prediletto. Fluttuarono lentamente intorno ad esso poi si posarono sulle sue mani aperte. «Erano anni che non provavo una sensazione del genere!» aspirò l'aria circostante come per saggiarne un buon profumo, ma di fronte a lui aveva il corpo carbonizzato del delinquente. «Ora, cosa dobbiamo farne di voi?». I due individui guardavano terrorizzati il corpo fumante del loro compare, scioccati al punto da essersela fatta sotto. «Patetici esseri senza spina dorsale, vi do tre secondi per sparire dalla mia vista altrimenti farete la sua stessa fine». Nel sentire quelle parole i due uomini scapparono a gambe levate. Quando furono a un centinaio di i di distanza Flern alzò le mani e liberò le fiamme che rincorsero i malcapitati e li bruciarono sul colpo come avevano fatto pocanzi con io loro capo. Soddisfatto da quella dimostrazione di forza il Re delle Fiamme si diresse verso casa, ossia quella in cui abitava Phill. Quando il ragazzo con le fiamme fu abbastanza lontano dal luogo dell’aggressione una figura misteriosa uscì dall’ombra, si avvicinò al corpo esanime ancora fumante e lo esaminò con cura. «Forse l’ho trovato, ma devo fare attenzione. A quanto pare non è consapevole di cosa si porta dentro e quando perde i sensi Il Re delle Fiamme ne prende il controllo. Da quello che ho potuto vedere sembra che poco prima di svenire lo abbia sentito». Con un calcio girò il cadavere carbonizzato che esplose in scintille ardenti. «Grazie a voi ora il ragazzo sa di avere qualcosa dentro di se e per me avvicinarlo sarà più semplice». Con un sorriso compiaciuto fece un o nell’ombra e sparì, così come era arrivato.

Capitolo 2

Phill aprì un occhio, poi l'altro. Aveva la vista appannata e male ovunque. Braccia, gambe, spalle, le dita delle mani, tutto. Ogni singola fibra del suo corpo gli doleva. Con molta fatica si sedette sul letto e si guardò intorno. “Cosa ci faccio a casa?” pensò confuso. L'ultima cosa che ricordava era l'orfanotrofio, i bambini, il pullman e... «I delinquenti!». D'istinto saltò giù dal letto, ma il corpo non rispose alla sua volontà facendolo cadere a terra. «Ah! Che male!». Si guardò per sapere se aveva delle ferite e scoprì di essere nudo. «Ma cosa diamine sta succedendo?». ‘Davvero non te lo ricordi?’ disse Flern divertito. «Ah! Chi sei? Fatti vedere!». Phill prese un paio di pantaloni di una tuta da un cassetto e, tra un gemito di dolore e l'altro, li indossò. Nello stesso modo infilò anche una maglietta e poi guardingo cominciò a perlustrare casa. «Ti ho detto di venire fuori! Chi ti ha dato il permesso di entrare?». ‘Io non ho bisogno di nessun permesso, entro dove voglio quando voglio!’ asserì Flern altezzoso. Spaventato dalla voce altisonante, Phill, si voltò di scatto pensando di averlo dietro di se, ma non trovo nessuno. «Esci fuori! Fatti vedere! Altrimenti chiamo la Polizia! Anzi la chiamo subito!». Impaurito da quella presenza, Phill prese il cellulare con l'intenzione di chiamare le forze dell'ordine. ‘Mi vuoi davvero vedere? Metti giù quel coso che chiamate telefono e vai in bagno’. Con il dito appoggiato al tasto per la chiamata e il numero pronto sul display, Phill si avviò in bagno, accese la luce e non vi trovò nessuno. ‘Bravo! Cominci a piacermi! Ora vai avanti e voltati a destra’.

Seguendo le indicazioni della voce il ragazzo fece un o e poi si girò. Si ritrovò ad osservare la sua immagine riflessa nello specchio. Aveva i capelli arruffati, occhiaie vistose e alcuni segni rossastri sul volto. ‘Sei ancora intenzionato a vedermi?’ chiese Flern al ragazzo che annui senza proferire parola. ‘Non distogliere lo sguardo qualsiasi cosa accada’. Phill non capiva da dove provenisse la voce, se da fuori o da dentro la sua testa e ora eri lì, come uno stupido, che fissava il suo riflesso. Stava per tornare in camera quando un calore improvviso gli colpì gli occhi. «Ah! Cosa sta succedendo!» urlò il ragazzo dolorante. ‘Ora guardati!’ ordinò Flern. Phill alzò gli occhi e ciò che vide lo lasciò esterrefatto. Al posto degli occhi aveva due globi di fuoco e tutto intorno alla sua figura vedeva tremolare l'aria. ‘Quello che vedi è parte del mio potere, una piccola parte, oserei dire. Per anni sono stato imprigionato dentro al tuo fragile corpo senza la possibilità di interagire con il mondo esterno. Ma ieri, grazie all'intervento di quei miseri esseri senza orgoglio, la mia gabbia è stata allentata e parte di me è fuoriuscito’. Phill si guardava gli occhi, le mani, il corpo. Tutto intorno a se vedeva questo alone tremolante, molto simile all'effetto del calore sull'asfalto d'estate, che lo circondava e ne seguiva ogni movimento. «Cosa c'entro io con tutto questo?» chiese il ragazzo con un filo di voce. ‘Tu, sei stato un imprevisto. Anni fa, affrontai un essere molto pericoloso, conosciuto come Re Nero e contro ogni mia aspettativa ebbi la peggio. Feci ricorso a tutte le mie energie, ma per quanto mi sforzassi era tutto inutile. Aveva con se una strana arma che assorbiva e annullava ogni mio attacco o difesa. Così, decisi di fuggire in questo mondo con l'intento di trovare qualcuno in grado di ospitarmi, riprendere le forze e, al momento opportuno, ritornare per cercare di fermarlo. Ma una volta arrivato il momento di lasciare il corpo, nel quale mi ero rifugiato, non potei andarmene perché la mia essenza si era fusa con una nuova vita che si era creata dentro alla donna. Tu’. Flern fece una pausa per dare tempo a Phill di assimilare le notizie poi fece per riprendere il discorso ma fu interrotto dal ragazzo.

«Sì, certo. E tu chi saresti?». ‘Io sono Flern! Re delle Fiamme!’ rispose Flern con solennità. «Ho capito, mi sa che al posto della polizia devo chiamare l'ospedale psichiatrico». Phill uscì dal bagno, andò in camera e si distese sul letto coprendosi gli occhi con il braccio. ‘Come osi mettere in dubbio ciò che dico? Tu, un misero umano, la cui esistenza ha lo stesso valore di uno starnuto!’. Flern si stava alterando e con essa anche la temperatura corporea di Phill. ‘Vuoi una prova di quello che sto dicendo? Guardati la spalla sinistra e chiediti come hai fatto a farti quella cicatrice!’. «Cosa ne vuoi sapere tu di questa maledetta cicatrice! È l'unico ricordo che ho dei miei genitori! Il segno indelebile dell'incidente d'auto che me li ha portati via!» urlò Phill alla voce nella sua testa. Ormai lo aveva capito, stava impazzendo, ma che gli si toccasse quell'argomento non lo accettava neanche da una pseudo illusione. Flern nel sentire quelle parole si calmò, sapeva quello che aveva fatto e, nonostante fosse il più potente dei Re, il senso di colpa lo fece star male. ‘Scusa, ragazzo. Ma quello che dici non è esatto. Quando presi possesso del corpo di tua madre non notai la tua presenza e quando me ne accorsi fu troppo tardi. Allora i piani cambiarono, decisi di aspettare il giorno del parto per abbandonare questo mondo lasciando te e tua madre intatti, ma le cose non andarono così. Nel momento esatto in cui tu nascesti sciolsi il legame con la donna e non ci furono problemi, ma quando provai con te le cose precipitarono. La mia energia fu dispersa nell'ambiente travolgendo tutto e tutti quelli presenti in quel momento, tranne te, che eri protetto dal mio potere. Morirono tutti, i tuoi genitori, i medici, le infermiere, tutti. Mi accorsi che le nostre esistenze si erano saldate, così tornai dentro di te. Quella che hai sulla spalla e il segno che ti ho lasciato mentre ritornavo nel tuo corpo. Mi dispiace’. Dopo quella spiegazione scese il silenzio. Phill singhiozzava e piangeva. Com'era possibile una cosa del genere? Come poteva avere ragione? Quella che aveva in testa era la voce della sua fantasia, o molto più probabilmente era un effetto delle botte subite. Rimase immobile per un tempo indefinito, poi si alzò e si mise al computer. Tramite internet cercò ogni notizia che riportasse di un incidente d'auto e non trovò nulla che riguardasse i suoi genitori, poi inserì le

parole incendio e esplosione e comparvero tantissimi risultati. Restrinse il campo di ricerca all'anno della sua nascita e dopo aver scartato molti articoli trovò quello che cercava. Parlava di un'esplosione avvenuta in una sala parto e imputavano la causa dell'avvenimento ad una fuga di ossigeno. Fatalità o errore umano non si era capito, ma in cinque avevano perso la vita: i genitori del piccolo appena nato, due ostetriche e un ginecologo. Miracolato il bimbo che ne uscì quasi indenne. Dopodiché l'articolo terminava e non diceva nient'altro. Possibile che fosse vero? Possibile che quella voce nella testa fosse realmente di qualcuno? «No! Non è possibile» disse tra se e se. Stranamente indolenzito si coricò nuovamente e dopo pochi attimi si addormentò. Il mattino seguente fu un mattino solare e gioioso. La voce era sparita e con essa anche i dolori. Sembrava rinato, una strana energia gli scorreva dentro. Visitò tutto il giorno senza prendersi un momento per riposare. Quando fu sera e l'ultimo cliente fu uscito dallo studio si sedette sulla sua poltrona e sorridente si guardò le mani. ‘Tutta quell'energia sprecata. È proprio necessario curare tutta quella gente?’ chiese Flern indispettito. «No! Eri sparita! Perché sei tornata!» urlò Phill, strappandosi manciate di capelli. ‘Mh... Te l'ho già detto! Non posso andarmene, siamo un unico essere! La cosa non piace a te, quanto non piace a me!’. «Almeno su questo siamo d'accordo!». Non capiva perché si ostinava a rispondere ad una voce che nemmeno esisteva. ‘Dimmi un po', secondo te come fai a curare tutta quella gente?’ chiese Flern saccente. Phill si alzò e ignorandolo cominciò a riordinare lo studio medico. ‘Giovane! Non risolverai la situazione ignorandomi! Al contrario, se ti arrenderai all'idea di condividere con me, il Re delle Fiamme, la tua patetica esistenza, eviterai un esaurimento nervoso’.

«No! Io non ti accetterò mai!». Phill stava raggiungendo il punto di non ritorno. Tremava e la sua voce era sempre più forte. ‘Dovresti ringraziarmi, è grazie alla mia energia se hai potuto curare tutta quella gente in questi anni. È grazie a quello che sono se non hai mai patito il freddo e non hai mai temuto le alte temperature, come quella volta che da bambino ti rovesciasti addosso la pentola dell'acqua che bolliva. Devi ringraziare me...’. «Se i miei genitori sono morti? Se ho vissuto come un orfano tutta la mia infanzia? Se per poco non uccido centinaia di persone a causa di una slavina causata dalla temperatura del mio corpo?». La rabbia stava avendo la meglio sugli altri sentimenti. Le mani tremanti si chio a pugno e il calore che da essi ne scaturì annerì la scrivania. Un rumore alle sue spalle lo indusse a voltarsi, ma nel compiere il gesto nascose le mani dietro alla schiena. Dalla porta dello studio era entrata Susy che lo guardava sorridente. «Susy! Cosa ci fai qui? Non dovresti essere a sciare?» chiese felice di vederla. Nonostante pensasse di non avere possibilità con lei, quando era in su compagnia il suo umore era sempre alle stelle. Anche in quel caso, il solo fatto di vederla, gli fece are il nervoso. «Sì» rispose titubante Susy «sarei dovuta rimanere sulle piste fino a domani, ma ho preso un colpo al ginocchio e non riuscivo più a sciate così ne ho approfittato per venire a trovarti». «Caspita! Ti sei fatta male?». Non gli era sembrato di vederla zoppicare, ma vista l'agitazione di poco prima poteva essergli sfuggito. «Vieni, accomodati che ti controllo». «Grazie Phill, sei sempre così gentile». «Ma figurati! Per te questo e altro! ». ‘Come siamo galanti! Bravo, continua così che prima o poi la conquisti’ disse Flern denigrando i modi di fare del ragazzo, che anche in questo caso ignorò le sue parole. Phill cominciò a are una mano sul ginocchio destro, prima dall'alto, poi dal basso per poi controllare anche dietro alla gamba, ma non trovò niente di strano. Con naturalezza ò all'altro ginocchio e come prima non trovò segno di

infiammazioni, lesioni o traumi di nessun genere. Perplesso ricontrollò il ginocchio destro. «Mi devo scusare con te Phill, non sono neanche ata a salutarti. Siamo partiti all'improvviso e non ho avuto tempo. Mi dispiace, sarei dovuta are lo stesso». «Non ti preoccupare, tanto non sarei venuto. Non amo sciare e poi il lavoro mi prende moltissimo». Phill era sempre più perplesso, non aveva trovato tracce di traumi su nessun ginocchio e stava per chiederle informazioni a riguardo quando lei si alzò. «Wow! Ma sei magico!» Susy si piegò sulle ginocchia due o tre volte poi lo abbracciò con calore. «Lascia che ti offra una pizza per ripagarti del lavoro che hai appena fatto». «No, io non ho fatto niente!» protestò lui. Fosse stata una menzogna ma era la verità. «Non fare il finto tonto! Su dai, chiudi lo studio che andiamo a mangiare!». Lo prese per un braccio e lo portò fuori di peso dandogli giusto tempo di togliere il camice. Susy vestiva sempre elegante, anche quando era in tenuta sportiva, tranne in quel momento, si vede che nella fretta di venire lì non aveva trovato qualcosa di adatto da mettere. Aveva dei jeans attillati, consumati in alcuni punti e strappati in altri. Una felpa aperta le faceva da giacca lasciando intravedere sotto una maglietta grigia. Mentre la osservava non fece caso alla strada che stavano percorrendo e non si accorse di aver imboccato un vicolo fino a quando lei si fermò. «Dove mi hai portato?» chiese Phill confuso. «La pizzeria è dall'altra parte!». «Hai ragione, ma io volevo stare da sola con te». Le sue braccia lo cinsero al collo e prima che lui potesse dire qualcosa le loro labbra si unirono. ‘Non ci vuole un genio per capire che c'è qualcosa che non quadra’ disse Flern interrompendo il bacio ‘ma non riesco a capire cosa! Ha mentito su quasi tutto’. «Ti sembra il momento!». Phill parlò senza pensare.

«Come scusa? Il momento per cosa?» chiese Susy guardandolo negli occhi. «Niente scusa! Sono un po' stressato ultimamente e capita che a volte dica cose senza senso». Phill diventò rosso per l'imbarazzo. Fece per sciogliersi dall'abbraccio di lei, ma si ritrovò legato in una morsa ferrea. «Cosa succede?» chiese Phill nervoso. «Niente, ora stai tranquillo e vedrai che tutto finirà in fretta». In una frazione di secondo lei gli fece il giro in torno e gli serrò le braccia sulla gola strozzandogli il fiato. Lui cercò di liberarsi, ma una forza incredibile gli impediva di sciogliere l'abbraccio mortale di Susy. «Ferma! Cosa fai!» disse rantolando. «Cosa faccio? Quello che mi è stato ordinato! Ti uccido!». La voce della ragazza per una frazione di secondo cambiò diventando fredda e cupa. ‘Phill! Phill! Per il bene di entrambi ora devi ascoltarmi!’ disse Flern agitato ‘ricordati che se muori tu io muoio con te!’. «Sarebbe una liberazione!» rispose Phill boccheggiando. ‘Non fare il testardo proprio ora! Potrai portarmi rancore per tutta la vita se vuoi, lo posso capire, ma l'unico modo per farlo è rimanendo vivo!’. Flern non aveva tutti o torti e più tempo ava meno ossigeno gli arrivava nei polmoni. «Parla!». «Cosa vuoi che ti dica? Addio?» rispose Susy credendo che Phill stesse parlando con lei. ‘Appoggia le mani sulle sue braccia e fai come quando curi le persone, concentrati sulla sua carne e al posto di cercare un trauma immagina di riversare dentro al suo corpo calore, tanto, moltissimo calore’. Titubante Phill fece ciò che gli disse Flern. Quando curava la gente appoggiava le mani al loro corpo e immaginava di assorbirne il dolore e sostituirlo con la sua

energia. Non aveva mai usato quel processo per infliggere dolore a qualcuno. Non ci aveva mai neanche pensato, fino ad ora. Chiuse gli occhi, si costrinse a trattenere il fiato, già scarso, e immaginò un mare di fuoco are dalle sue mani al corpo della ragazza. Lentamente, una sensazione di calore crebbe in lui e cominciò a fluire da un corpo all'altro. ‘Troppo lento! Sbrigati o di noi non rimarrà che un cumulo di cenere!’. Questa volta Flern sembrava decisamente spaventato. Tutta la sua boria e superiorità era svanita. Ormai Phill vedeva i puntini luminosi, segno che stava per perdere i sensi e con essi la vita. Improvvisamente il calore aumentò repentinamente e ebbe l'effetto sperato. La ragazza indietreggiò con un salto da Phill che tossendo convulsamente si allontanò a sua volta di qualche o. Ora la sentiva, energia pura che gli pervadeva il corpo. Ogni singola fibra del suo corpo vibrava e ribolliva di quella forza rovente. ‘Ah! Hai visto! Ora alza una mano verso di lei e bruciala! Consumala fino a farla sparire in una spira di fumo!’. Flern, era su di giri per quella dimostrazione di forza, ma Phill era senza fiato e la gola gli faceva un male cane. Susy si massaggiava il braccio ustionato dal quale si levava un miasma grigio e sottile. «Maledetto!» urlò furibonda la ragazza che fece per avventarsi su di lui. Phill alzò una mano come gli aveva suggerito Flern, anche se l'intento non era quello di ucciderla, ma bensì di intimorirla e farla desistere. E ci riuscì. Vide chiaramente il dubbio sul volto della ragazza. Bluff o no, per sfortuna di Phill, Susy decise che non gli importava e attaccò lo stesso. Un movimento fulmineo la portò sotto al ragazzo e con un montante lo prese al mento scaraventandolo contro al muro dietro di lui. Dolorante, il ragazzo si accasciò a terra. ‘Uccidila! Falla fuori o per noi è la fine!’. Le urla di Flern, unite al suo potere, fecero rinsavire Phill che alzò di nuovo il braccio e urlò con quanto più fiato avesse ancora in corpo: «Brucia!». ‘Così si fa! Io sono il grande Re delle Fiamme e nessuno può pensare di minacciarmi!’. L'eccitazione di Flern durò pochissimo perché non successe niente. Susy rimase un secondo in attesa che accadesse qualcosa poi con un sorriso maligno e i

calcolati si fece avanti minacciosa. «Alla fine quella di prima è stata pura fortuna! Ahahah! E io che mi ero pure preoccupata! Ahahah». Ridendo malignamente, la ragazza estrasse un coltello da una tasca della felpa e si accinse a colpire il ragazzo indifeso, quando una lama le uscì dal petto. Il suo corpo ebbe un sussulto poi cominciò a mutare. Da quello bello e armonioso della ragazza, che Phill conosceva, si tramuto in quello di un uomo dalla pelle semi trasparente, calvo e magrissimo. Dopo qualche attimo cominciò a rimpicciolire e quando fu della grandezza di un bambino si squagliò in una poltiglia nera. Non ne rimase niente, neanche i vestiti che indossava, tutto si trasformò in un liquido nero come la pece che puzzava di marcio. Phill si spostò schifato con la paura di essere toccato quella sostanza nauseabonda. «Che schifo! Non mi ci abituerò mai!» commentò l’uomo che aveva appena ucciso Susy. Con un abile gesto pulì la lama sporca di melma nera e la ripose nel fodero, poi si avvicinò a Phill e allungò una mano. Il ragazzo, stanco, spaventato e diffidente guardò per qualche attimo la mano tesa poi decise di afferrarla e farsi aiutare a mettersi in piedi. «Grazie mille...». Phill lasciò in sospeso la frase dando modo all'uomo di presentarsi. Lo sconosciuto lo guardò perplesso poi capì. «Mi scusi, non mi sono ancora presentato». Detto ciò si inginocchiò solenne, con un ginocchio a terra, le mani dietro alla schiena e lo sguardo rivolto verso il basso in segno di reverenza. «Io sono uno dei Rak e provengo da Rak-Dhora, città stato, della Valle Iridescente o anche Irys!». ‘Un Cercatore. Dobbiamo esse prudenti, chiedigli del sigillo’ suggerì Flern. «Cos'era quella cosa?» chiese invece Phill ancora sconvolto. «Quella era una Marionetta Oscura, che noi chiamiamo Ombra, agli ordini del Re Nero. A quanto pare voleva sbarazzarsi di voi». ‘Il sigillo!’ urlò Flern nella testa di Phill che sobbalzò. «Sigillo?» chiese titubante.

Senza proferire parola, l'uomo, si scoprì l'avambraccio destro e lo mostrò, sempre tenendo la testa rivolta verso il basso. Ricoperto di cicatrici e sporcizia di vario genere si notava un disegno impresso nella carne. Era un teschio completamente nero privo di occhi e bocca. ‘Toccalo!’ ordinò Flern. «Non ci penso minimamente! Neanche lo conosco e dovrei toccarlo?» rispose schifato Phill. ‘Lo fai in continuazione con gente che non hai mai visto e ora di scandalizzi in questo modo?’. «Non è la stesa cosa! Io la gente la curo! Non la tocco per divertimento!». ‘Ti ricordo che è da quando sei nato che sono qui dentro e tutte le volte che hai "curato" delle ragazze i tuoi pensieri erano tutt'altro che professionali!’. Phill preso in contro piede si bloccò. «Questo è un colpo basso!». ‘Ahahah e non sarà l'ultimo, io sono Flern, il Re delle Fiamme!’. «Sì, sì. Bla bla bla!». Con riluttanza Phil tornò dall'uomo ancora inginocchiato, allungò un dito e lo poggiò sulla figura. Una leggera scarica elettrica o dal dito al braccio e immediatamente la forma di una fiamma si disegnò, con linee di fuoco, all’interno del teschio. Lo spettacolo durò qualche secondo poi tutto tornò come prima. ‘Ha detto la verità, possiamo fidarci’ asserì Flern tirando un sospiro di sollievo. «Fidarci? Io non ho ancora capito cosa sta succedendo! Cosa vuole questo individuo inginocchiato davanti a me, ma soprattutto cosa vuoi tu dalla mia vita!». Non voleva crederci, non poteva crederci. La sua vita, in un battito di cuore era cambiata, sconvolta. Un essere rinchiuso dentro al suo corpo, fautore della morte dei suoi genitori, una persona con le sembianze di Susy morta accoltellata ora ridotta ad una poltiglia maleodorante e chissà cos'altro ancora dovrà affrontare. «C'è altra soluzione?» chiese mesto a Flern.

‘No. Al momento no, ma una volta rientrati a Rak-Dhora troveremo il modo di farmi uscire da qui e ti ridarò la tua vita’. Il tono di Flern sembrava serio così Phill annuì. «Alzati, mi metti a disagio se te ne stai lì inginocchiato come una statua. Ce l'hai un nome o ti devo chiamare Rak?». Le parole di Phill non volevano essere un ordine, ma furono recepite come tale. «Il mio nome è Ray. Signore». Rispose formalmente Ray alla domanda di Phil. «Signore? Non sono il tuo capo non chiamarmi Signore! Chiamami Phill!». «Si. Signore!» rispose secco Ray. Phill stava per ripetersi ma Flern lo anticipò. "Non può chiamarti per nome. Quello che è successo poco fa, identifica me, quindi di conseguenza anche te, come un reale. L'etica in questo caso gli impone di comportarsi così. Farà tutto quello che gli chiederai. «Oh! Non ci credo! Ora sono un Re!» disse esasperato Phill. ‘E non uno qualunque, ma il Re delle Fiamme’. «Certo un Re inutile! Fosse stato per le tue tanto acclamate fiamme a quest'ora eravamo morti!». ‘Come osi! Se non fossi imprigionato qui dentro ti consumerei all'istante!’. Phill lo ignorò e non fu cosa semplice visto che il suo sproloquiare andò avanti per qualche minuto. Qualche parola qua e là però la comprese e avevano a che fare con tortura, inferno, urlare, poi le solite fiamme e altre ancora. «Ascolta, io non so chi sei e non conosco Rak-Dhora, ma so che in questo momento ho fame e voglia di farmi una doccia» disse Phill sfinito «quindi ora, andiamo a prenderci due pizze e le portiamo a casa mia e poi ci facciamo una bella doccia perché ne abbiamo davvero bisogno. Domani a mente riposata decidiamo il da farsi ok?». «Si, Signore!» rispose Ray.

Sfinito e senza voglia di discutere si avviarono verso la pizzeria, ma dopo pochi i si bloccarono. «Oh no! Ho lasciato i soldi a casa!» disse Phill picchiandosi sulla fronte, poi guardò Ray «tu hai dei soldi?». «Si, non esco mai senza!». Suonava come una critica, ma il ragazzo sorvolò sulla faccenda.«Bene! Allora paghi tu!». «Si, Signore! Sarà un piacere!». Un sorriso solcò il volto di Phill, dopo tutto essere considerato un Re aveva i suoi vantaggi. Svoltarono l'angolo e sparirono nel buio della notte.

Percorreva quel corridoio di pietra centinaia di volte al giorno, ma mai come in quel momento era felice di risalire il castello per andare dal sommo Nherb a portare informazioni. Arrivato d'innanzi ad una porta di pesante legno massiccio si fermò, riacquistò la compostezza degna di un generale e, con la mano di ferro, busso con energia. Anni prima aveva dato delle informazioni sbagliate che avevano comportato la perdita di molte Ombre Minori e alcune Ombre Maggiori e il Re lo aveva punito strappandogli un braccio. Dolorante lo aveva ringraziato per avergli risparmiato la vita e se n'era andato. Da allora non si era più dato pace, aveva rincorso ogni obiettivo con la speranza di trovare un giorno la notizia che gli avrebbe fatto riguadagnare la fiducia del suo padrone. E ora finalmente l’aveva trovata. Le porte si aprirono, facendo gemere i cardini sotto lo sforzo estremo a cui erano sottoposti, e rivelarono ai suoi occhi la sala del trono. Con reverenza entrò, badando a non produrre alcun rumore e quando fu a pochi metri dal trono, si chinò senza mai alzare lo sguardo da terra. «Mio fedele Hahrg, quale notizia mi porti». La voce del Re Nero era sibilante e prometteva infinito dolore a tutti coloro che osavano contraddirne il volere. «Lo abbiamo trovato, Sire. Colui che anni fa osò affrontarla e poi, con la coda tra le gambe, le sfuggì con un trucchetto da codardi». Rispose Hahrg scegliendo

attentamente le parole. «A quanto pare si è impossessato di un corpo umano con l'intento di guarire e fare ritorno nel suo regno. Ihihih! Quando vedrà cosa ne resta capirà che se vuole sopravvivere dovrà farlo come parassita in un corpo che non gli appartiene». «Hai ragione, fedele Hahrg, ma la prudenza non è mai troppa, perché aspettare che torni, finiamolo subito in modo che non riveda mai più la sua terra! Ahahah». Nherb rise di gusto facendo trasalire Hahrg, che resistette all'impulso improvviso di retrocedere di un o. «Sarà fatto, Sire. Ho già pronte alcune Ombre Maggiori, partiranno subito». «Ben fatto Hahrg! Ora va e non tornare fino a quando non avrai la testa dell'umano!». Senza rispondere strisciò fino alla porta che si richiuse non appena fu fuori dalla sala del trono. Non aveva accennato alla morte dell'Ombra Minore, non era il caso di allarmare il Re Nero per così poco, ma doveva assicurarsi che quell'umano non arrivasse a Rak-Dhora se non a pezzi in una scatola. Non poteva rischiare di fallire, non ora, avrebbe inviato le Ombre, come aveva appena detto al suo Re, ma avrebbe mandato anche un paio di Khuruhk. Un sorriso maligno e soddisfatto solcò il suo volto rivelando denti neri e aguzzi.

Capitolo 3

Il paesaggio scorreva veloce mentre Phill guardava fuori dal finestrino. Il giorno dopo l'aggressione della finta Susy, erano partiti verso il covo di Ray. Siccome tutti i documenti di Phill erano rimasti sul luogo dell'aggressione, non avevano potuto prendere la macchina, così avevano optato per il treno. Durante il primo tratto di strada il Cacciatore aveva spiegato al ragazzo che il teschio che aveva sul braccio era stato impresso nella sua carne tramite una magia e solo un componente reale o un suo portavoce avrebbe potuto attivarlo. Poi aveva risposto ad alcune domande di Phill riguardanti le Ombre. La differenza tra Maggiore e Minore era in sostanza la potenza di attacco e di difesa. Oltre ad essere sensibilmente più forti, le Ombre Maggiori erano anche più intelligenti e in alcuni casi sapevano usare alcune magie. Nel mondo dal quale provenivano Ray e Flern, un luogo impregnato di magia, queste creature erano temutissime, al contrario lì, tra gli umani, erano in netto svantaggio. Per potersi muovere liberamente dovevano impossessarsi di un corpo mortale fino a quando questo non fosse consumato e quindi cambiarlo. Phill ricordò l'immagine dell'uomo magrissimo poco prima che diventasse melma nera e non gli fece per niente piacere. Più è potente l'Ombra e più in fretta il corpo umano si deteriora, così sono costretti a cambiarli sovente. Una delle loro abilità più fastidiose era quella di assumere le sembianze di qualcuno caro alla vittima, in modo da poterlo avvicinare senza tanti problemi. Phill era talmente assorto nei suoi pensiero che non sentì Ray chiamarlo. «Phill! Phill!». «Ah! Scusa! Dimmi tutto!» rispose Phill. «La sera dell'aggressione, dopo che il tizio con la cuffia ti ha spento la sigaretta sulla mano, sei svenuto e Flern, Re delle Fiamme, ha preso il possesso del tuo corpo, liberando parte dei suoi poteri. Colto dall’euforia del momento non si è preoccupato delle conseguenze che avrebbe avuto liberare una così grande quantità di energia, attirando sguardi indiscreti. Io, per fortuna, ero già nei paraggi quando ho avvertito il rilascio di quella enorme potenza, così quando quell’Ombra Minore ti ha raggiunto ho potuto intervenire tempestivamente». Mentre parlava Ray mise un rametto sul tavolo e cominciò a arci sopra le mani. Da un piccolo nodo nel legno cominciò a formarsi un bocciolo che crebbe fino alle dimensioni di una noce. Phill guardò esterrefatto, cose del genere si

vedevano solo nei film. Ad un certo punto il fiore ebbe un tremito e sbocciò liberando nell'aria una finissima polverina gialla. I petali del fiore erano rosa, con delle macchiette nere e bordate di un fucsia intenso. Era un fiore bellissimo e il fatto che fosse nato da un rametto spezzato rendeva la cosa ancora più unica. «Magnifico!» sussurrò Phill facendo sorridere Ray. «Questa è Cryo Spectha, un fiore molto delicato che, dopo la fioritura, resiste qualche minuto prima di apire». «Che peccato!». «Purtroppo questo, bellissimo fiore, non è nato per abbellire una tavola imbandita, ma per fare la guardia. Hai presente la finissima polverina gialla cha hai visto prima?». Proprio mentre Ray formulava la domanda il fiore apì, si seccò e si staccò dal rametto cadendo inerte sul tavolino. «Sì» asserì il ragazzo. «Sono spore microscopiche che hanno il potere di assorbire il potere magico di cose o persone e rivelarne il vero aspetto. Tutto sta nel cosa voglio smascherare. Per esempio: noi siamo in due e voglio tenere lontane le Ombre, sia Minori che Maggiori, così mentre lo nutro con la mia energia gli impartisco il mio volere. Una volta fiorito le spore si librano in aria e tutte le Ombre che entreranno in contatto con loro verranno smascherate». «Pazzesco! E che portata hanno?» chiese Phill con gli occhi luminosi. «In un posto chiuso, come questo potrei anche controllare tutto il treno, a patto che sia un ambiente unico senza interruzioni, in un posto all'aperto pochi metri in condizioni ideali, altrimenti l'aria ne disperde subito le spore e tutto diventa inutile». Ray mise il rametto in tasca e si guardò intorno attento a qualsiasi cambiamento nelle persone presenti. «Quindi vuoi dirmi che quella che hai appena fatto è una magia?» chiese Phill scettico. «Aha! Non era una delle più potenti, ma si lo era». ‘Quella una magia? Ahahah! Assomigliava di più a un trucchetto per bambini,

altro che magia!’. Flern era stato calmo fino a quel momento, ma dopo quell'affermazione non era più riuscito a trattenersi. Phill come la maggior parte delle volte lo ignorò. «I Rak, vengono istruiti fin dalla giovane età ad usare la magia. Non tutti i bambini nascono con delle capacità magiche così chi non le ha viene scartato. In questi anni di lotte e resistente contro Nherb la magia del nostro regno è diminuita molto e i neonati con peculiarità magiche sono diminuiti drasticamente. Io e mia sorella siamo stati fortunati, se così vogliamo vederla, perché quando siamo nati l'influenza della magia era ancora molto forte, così da donarci la capacità di controllarne alcuni aspetti». «Hai una sorella?». «Sì, gemella» asserì Ray. «E come si chiama?». «Kryia» tagliò corto Ray come se il discorso lo infastidisse. «Ascolta, questo mondo, non è fatto per la magia, da quello che ho visto in questi lunghi anni di ricerca ho capito che qui non esiste e nessuno ne sente la mancanza, per quello che non riesci a controllare il fuoco. Finché saremo in viaggio dovrai fare attenzione, contare sulle tue forze e ascoltare quello che ti dirò. Chiaro?». Lo sguardo di Ray era duro e imibile. «Certo nessun problema, tanto non saprei come fare altrimenti». ‘Come si permette? E tu, non gli dici niente? Siamo noi che comandiamo e lui deve obbedire!’. «Piantala! Non mi sembra il momento di sindacare su chi sia cosa, se vuoi riavere la libertà e io il mio corpo, l'unica cosa da fare e ascoltare quello che dice Ray!». «Qualche problema?». «Certo! Il problema è avere un pazzo megalomane rinchiuso dentro al mio corpo che si lamenta e sputa sentenze in continuazione! Ecco qual è il problema!» sbottò esasperato Phill.

«Chiedo scusa per la mia imposizione, ma se vogliamo arrivare in patria sani e salvi dobbiamo essere prudenti, cerchi di capire, per un forestiero le nostre terre possono essere molto pericolose». Ray aveva cambiato tono e ora si stava rivolgendo direttamente a Flern. ‘Sì, sì, certo! Spero solo che questa situazione duri il meno possibile’. Con un cenno della testa Phill fece capire al Cercatore che il messaggio era stato recepito. Il treno dopo una breve sosta si era rimesso in marcia e, come succedeva in quelle occasioni, Ray diventava più silenzioso e più attento alle persone che avano per il loro vagone. Tutto nella norma, nessun segno di anomalie fino a quando entrò un signore con un largo e lungo cappotto nero.

Hahrg era stato chiaro, doveva andare nel mondo degli umani, trovare Flern ed eliminarlo, portando come prova del suo successo la testa dell'uomo nel quale si nascondeva. Come se non bastasse, gli aveva affibbiato due Ombre Maggiori. D'altronde, se ora si trovava lì era colpa sua, aveva sentito il generale parlare con due Khuruhk di una missione segreta, poi quando aveva sentito nominare il Re delle Fiamme non aveva resistito e si era fatto avanti. Il Generale, quando lo vide, sgranò gli occhi dallo stupore, ma allo stesso tempo gioì di quella intromissione. Sapeva che affidando a lui la missione c'erano altre probabilità di successo. L'unica condizione, era che si portasse dietro due sgherri in caso di bisogno. Quando Hahrg gli aveva proposto i Khuruhk, lui aveva rifiutato categoricamente. Dopo varie discussioni erano giunti ad un accordo: lui si sarebbe portato dietro due Ombre Maggiori e Hahrg lo avrebbe ricoperto di oro e potere. Arrivati nella città dove l'Ombra Minore era stata uccisa in poco tempo aveva trovato la traccia dei fuggitivi e ora era sul treno con loro a qualche vagone di distanza. Non aveva mai dato la caccia a un Rak, sapeva delle loro abilita e preferiva non averci a che fare, ma questa volta era diverso. La posta in palio era alta e non voleva rinunciarci. Con molte probabilità, il Cercatore, salendo in un posto così stretto, aveva piazzato delle trappole o incantesimi di identificazione così da rendere vano ogni loro tentativo di mimetizzarsi. Con un cenno della mano fece avvicinare le due Ombre. «Il Re delle Fiamme è su questo treno» disse con voce appena percettibile «ora;

uno va avanti e l'altro torna indietro e perlustrate ogni vagone senza attirare l'attenzione. Appena lo trovate, tornate a riferire ogni cosa. Ripeto: non fate casino il Cercatore è abile e potrebbe scapparci». Le Ombre si guardarono consapevoli del rischio di un fallimento. Hahrg li avrebbe frustati e mutilati mentre il Re Nero li avrebbe trucidati facendoli a pezzi. Forti dei loro corpi appena presi si divisero e cominciarono la ricerca. «Ridicoli!» disse tra se e se mentre osservava le due Ombre allontanarsi. «Anche ad occhi chiusi sarei più letale di quei due. Oltretutto non hanno gusto nel scegliere i corpi da occupare, uno ha preso una donna senza un briciolo di prestanza fisica e l'altro un uomo obeso con un cappotto decisamente orribile». Stava sorridendo tra se e se quando uno scossone fece tremare il vagone. Sapeva che si sarebbero fatti scoprire, ingannare un cercatore non era semplice, ma così in fretta era da dilettanti. Nella confusione creatasi a bordo l'Ombra con le sembianze della donna ò correndo. Con gli occhi rivolti al cielo, Arz, si alzò e lentamente si avviò nella stessa direzione.

L'uomo con il cappotto nero entrò nel vagone e dopo pochi i cominciò a tremare. Un leggero fumo scaturì dai suoi vestiti accompagnato da dei gemiti gutturali che attirarono l'attenzione dei eggeri, compresa quella di Ray. «Ci siamo Phill! È un'Ombra! Stai dietro di me e in qualche modo ne usciremo». Ray era serio e preoccupato, così Phill annuì senza replicare. Dopo aver avvertito Phill con la mano sinistra, impugnò il bastoncino, che aveva usato poco prima per creare il fiore, e con la mano destra sguainò un lungo coltello che teneva saldamente fissato a tracolla, come una pistola. Alla vista dell'arma i eggeri cominciarono a urlare, ma poco dopo un cupo brontolio li azzittì tutti. Artigli affilati squarciarono il lungo cappotto nero, rivelando cosa si nascondeva sotto. Un volto umano completamente sfigurato, occhi bianchi, bava alla bocca e denti appuntiti. Il corpo era ricurvo con la schiena in una posizione poco naturale che a Phill ricordò molto un mostro visto pochi giorni prima alla tv. «È un'Ombra Maggiore!» urlò il Cercatore verso Phill dandogli uno spintone per allontanarlo dal pericolo. «Ghroomh proteggimi!». Subito dopo aver pronunciato quelle parole una luce verde scaturì dalla mano, nella quale Ray teneva il

bastoncino. Il pezzo di legno sparì e al suo posto Phill vide qualcosa propagarsi sotto la pelle del ragazzo. Linee verdi e leggeri bagliori smeraldini ricoprirono tutto il corpo di Ray che, con i misurati, si stava avvicinando alla creatura. La bestia in risposta alzò una mano artigliata e colpì con forza, ma Ray parò alzando il braccio in difesa del volto. Al posto di vedere sangue e pezzi di carne strappati dall'impeto del colpo, Phill vide schegge di legno e linfa verde. Il braccio del Cercatore si era tramutato in un tronco fungendo da scudo. Con un movimento fulmineo, Ray, tagliò di netto il braccio alla creatura poi, senza lasciargli scampo gli conficcò il coltello nel cuore. Un sussulto sconquassò la creatura che si accasciò a terra. L'Ombra cessò di muoversi e come successo nel vicolo, il corpo si trasformò in un liquido nero putrescente. Ray si guardò in torno e vide Phill con gli occhi sbarrati palesemente scioccato. Stava per dirgli che tutto era finito quando una seconda Ombra Maggiore entrò nel vagone senza preoccuparsi di aprire la porta. Pezzi di vetro misti a legno e metallo volarono dappertutto. La seconda creatura era simile alla prima ma leggermente più bassa e snella, ma si muoveva talmente in fretta che Ray ebbe solo il tempo di bloccare le fauci della bestia prima che lo azzannassero al collo. Uniti in un abbraccio mortale i due volarono tra la folla, che urlante si allargò. «Devo fare qualcosa» mormorò Phill afferrando un pezzo di legno che era atterrato sul tavolino. ‘Non dire idiozie! Nelle tue condizioni attuali non saresti d'aiuto, anzi saresti un peso e un pericolo! Ricorda che quello che sta facendo il Cercatore lo fa per te!’. Per una volta Flern diceva una cosa sensata, ma non poteva stare lì fermo senza fare niente. Un guaito straziante provenne dal posto in cui i due stavano lottando e poco dopo Ray si alzò ansante. Dal braccio con cui Ray aveva bloccato le fauci dell’Ombra grondava linfa verde misto a liquido nero maleodorante. ‘Visto cosa ti dicevo?’ asserì Flern saccente. La pelle di Ray piano tornò normale e il legno lasciò il posto alla pelle lacerata e sanguinante. «Stai bene Phill?» chiese il Cacciatore avvicinandosi al ragazzo. «Sì, grazie e tu?».

«Sì, mi ha solo preso di slancio con una forza enorme, non credevo ne fossero capaci, qui nel vostro mondo». Sembrava davvero colpito dalla dimostrazione di forza del suo avversario. «Comunque in confronto alle loro reali capacità non era niente, speriamo di non incontrarne mai due insieme una volta arrivati a Irys». ‘Clap. Clap. Clap’. Un uomo, tranquillamente appoggiato a quello che rimaneva della porta, applaudiva lo spettacolo appena visto inducendo Ray a voltarsi. «Complimenti! Gran riflessi e forza da vendere!» disse entrando con tranquillità nel vagone osservando il disastro fatto dalle due Ombre. Ray lo osservava perplesso. Non poteva essere un'Ombra maggiore, si sarebbe già trasformato a causa della Cryo Spectha. Allora chi era? Chi altri avrebbero mandato a dargli la caccia? Guardò Phill, che come lui stava osservando incredulo il nuovo arrivato, poi un barlume di consapevolezza si fece strada. «Phill, vieni allontaniamoci da qui, con movimenti molto cauti». Phill notò che il Cercatore era impallidito visibilmente. Stava per chiedere cosa gli stesse prendendo, ma un’occhiata di Ray, lo convinse a non dire niente e a fare ciò che gli stava chiedendo. ‘Avrà fiutato un nuovo pericolo’ disse Flern con tono riflessivo ‘e ho paura di aver capito di cosa si tratta. È un Arz-Lhar, uno degli assassini del Re Nero’. Se anche Flern ammetteva che la situazione si stava complicando erano proprio nei pasticci. Phil si mosse con lentezza rimanendo sempre dietro a Ray, scavalcò il tavolino e saltò nel corridoio finendo esattamente nella pozza nera nauseabonda. ‘Sei veramente un disastro! Con tutti i posti dove potevi saltare tu dovevi finire proprio dentro a quello schifo! Ora ci porteremo dietro la puzza per giorni!’. I commenti del Re Fiamma erano come acqua fresca in relazione alla tensione che si era formata nel vagone. «Suvvia» disse l'uomo appena arrivato «non essere sciocco, sappiamo entrambi che da qui non uscirete vivi».

«Solo perché sei uno dei Arz-Lhar non vuol dire che sei invincibile» rispose risoluto Ray. «È vero, hai ragione, ma io non sono un Arz-Lhar, ma sono Arz!». Ray sgranò gli occhi e fece un o indietro poi prese la sua decisione. Il suo corpo pulsò di verde e si trasformò tramutando la sua pelle in solida corteccia. Con un balzo fu addosso ad Arz che schivò agilmente ogni attacco che il ragazzo assestava. Sembrava divertirsi, come un gatto con il topo, poi la lama incise uno zigomo dell'uomo che cambiò espressione. Da divertita a collerica in un batter d'occhio. Con un'agilità fuori dal comune afferrò la mano di Ray che impugnava la lama e con l'altro braccio lo colpì al petto. L’impatto fu tremendo e a Phill sembrò di sentire qualche scricchiolio. Dopo un attimo di esitazione Ray ci riprovò, ma questa volta ricevette un calcio al ginocchio che lo fece quasi cadere. Affannato e chiaramente in difficoltà il Cercatore si girò verso Phill e gli disse: «Ora lo immobilizzerò e tu devi scappare, non ti voltare mai, continua finché non sarai lontano. Tra qualche giorno arriverà un mio sostituto che ti porterà a Irys». Phill non credeva alle sue orecchie, stava sacrificando la sua vita per permettergli di scappare. Ray si lanciò nuovamente all'attacco, ma questa volta non cercò di colpirlo bensì lo cinse in un abbraccio. Numerosi rami crebbero dal corpo del ragazzo avvolgendoli in un bozzo legnoso, creando una prigione naturale. «No! Perché? Non c'era un'altra soluzione?» gridò Phill incredulo davanti allo spettacolo agghiacciante. ‘Presto, dobbiamo andare o il suo sacrificio sarà stato vano’ incalzò Flern. Il Re delle Fiamme aveva ragione doveva tener fede alle parole di Ray, alche si girò e tra gli sguardi attoniti dei eggeri cominciò ad allontanarsi. Raggiunta la porta in fondo al vagone mise una mano sulla maniglia e all'improvviso tutto fu muto. Il rumore del treno sui binari, i eggeri spaventati, tutto sparito. Provò a parlare, ma la sua stessa voce non produsse un singolo suono. Anche la sensibilità della mano era cambiata, nonostante stringesse la maniglia della porta non ne sentiva la presenza. Spaventato si voltò e quello che vide lo paralizzò dal

terrore. Tutti i eggeri erano morti e Arz era in piedi davanti a lui che lo guardava. ‘Scappa Phill, non pensare a nient'altro, scappa!’. Stranamente la voce di Flern la sentiva forte e chiara, al contrario di tutto il resto. I muscoli delle gambe sembravano di pietra, non rispondevano al suo volere. Cercò di dire qualcosa, ma dalla bocca non uscì un rumore. ‘Reagisci! Fai qualcosa!’ le urla di Flern erano disperate, ma il terrore e l'angoscia di Phill erano assoluti. «Quello stolto di Hahrg, vuole estinguere il debito con il suo padrone» iniziò a dire Arz «con la tua testa, ma si accorgerà ben presto che sono molto più furbo e cattivo di lui. Quando mi presenterò dal Re Nero con ciò che vuole, sarò io quello lodato e premiato e non lui! Ahahah!». Parlando Arz si avvicinò al ragazzo e quando fu a portata di mano lo afferrò per entrambe le braccia e, con estrema facilità, lo sollevò da terra. Phill, tenuto sospeso a qualche centimetro dal pavimento, vedeva Arz parlare, ma a causa di una qualche magia non ne sentiva neanche una parola. Un movimento sotto la maglia attirò la sua attenzione. Uno strattone improvviso lacerò la stoffa e rivelò a Phill due braccia che di umano avevano molto poco. Tornite e muscolose erano provviste di tre, lunghe e ossute, dita con unghie affilate e la pelle era di color grigio fumo. Con lentezza il secondo braccio destro estrasse un coltello dal fodero assicurato alla cintura e lo avvicinò al collo del ragazzo. «Ora ti staccherò questa bella testolina che ti ritrovi e la metterò in un sacco, ma prima fammi vedere se il Re delle Fiamme è lì». Arz incuriosito avvicinò la sua faccia a quella di Phill e lo guardò dritto negli occhi. Poi lentamente appoggiò la lama del coltello al collo del ragazzo e cominciò a premere. Il dolore fu atroce e con esso tutto tornò normale. «Ben tornato tra noi! Sai nessuno è mai sopravvissuto dopo aver provato quello che hai appena provato tu ora. Non ti preoccupare, presto morirai anche tu, prima devi solo rispondere ad alcune mie domande, va bene?». Phill era pietrificato, il collo gli faceva male e sentiva il sangue colargli dentro ai

vestiti e l'unica cosa che poté fare fu annuire. «Ottimo! Allora... Flern è lì dentro?» chiese picchiettando con la punta del coltello sulla testa di Phill. ‘Sì sono qui e ringrazia che non posso uscire se no rimpiangeresti di essere nato!’ urlò Flern furioso espandendo la sua energia. «Sì» rispose mestamente il ragazzo. «E può sentirmi?». «Sì». «Ricordi una certa Ninfa del fuoco di nome Fiirha? Alta, sinuosa, Focosa! Te la ricordi?» chiese Arz rivolto al Re delle Fiamme. ‘Fiirha! Maledetto! Se le hai torto anche solo un capello, giuro che troverò il modo di farti bruciare in eterno!’. Il potere di Flern ebbe un sussulto e gli occhi di Phill lampeggiarono di rosso. «Ma certo che ti ricordi, che domande! Ebbene, non ti preoccupare, quando le ho piantato il coltello nel cuore non ha sofferto molto, l’unico inconveniente è stato il calore generato dal suo corpo morente. Non pensavo fosse possibile sciogliere così una lama del genere, ma mi sono dovuto ricredere. Per colpa di quella inutile Ninfa ho dovuto comperare un coltello nuovo. Che spreco!». Phill era esterrefatto, non sapeva che legame ci fosse tra Flern e la Ninfa, ma a sentire dalle emozioni del Re era sicuramente qualcosa di profondo. Il calore all’interno del ragazzo aumentò repentinamente al punto da farlo sudare. Le mani di Arz cominciarono a fumare, ma non se ne preoccupò minimamente. «Ahahah! Ora sì che si ragiona!Guarda come fuma!Ahahah! Ora che il Re delle Fiamme ha scoperto che fine ha fatto sua figlia posso uccidervi entrambi». Alzò teatralmente la mano nella quale stringeva la lama e la calò sul ragazzo indifeso. “E’ la fine” pensò Phill chiudendo gli occhi rassegnato alla morte imminente, ma il fendente non arrivò. Inaspettatamente sentì la presa di Arz farsi più fievole fino al punto da scivolare a terra. Stupito dall’accaduto guardò cosa stava succedendo e vide una cosa incredibile. Il corpo dell’Arz-Lhar, era trafitto in più

punti da paletti di un cristallo azzurro. Il volto di Arz si trasformo in una smorfia di dolore e rabbia. Furiosamente afferrò un paio di quei cristalli e li scagliò verso una figura indistinta dietro di lui. «Ah! Maledetto! Chi sei! Ora ti pentirai di ciò che hai fatto». Arz era furibondo e il viso dell’uomo che poco prima lo minacciava non ve ne era più traccia. La pelle era diventata grigia come quella delle braccia, il naso si era trasformato e ora assomigliava a quello di un felino e i denti si erano fatti piccoli e sottili tranne i canini che spuntavano dalle labbra serrate. Della persona di prima ora ne rimaneva solo il ricordo. Non sapeva come, ma ora Arz stringeva un pugnale in ogni mano e, grazie ai suoi movimenti estremamente rapidi, sibilavano in aria. «Vattene Arz!» ordinò la figura rimanendo immobile. «So chi sei e ti dico che oggi non ucciderai nessuno». «Ahahah! Ridicolo, non c’è anima viva che possa realmente pensare di conoscermi davvero. Tantomeno uno come te!». Prima ancora di finire di parlare, spiccò un salto verso l’uomo che lo stava affrontando, con l’intento di trafiggerlo con ogni pugnale in suo possesso, ma si scontrò contro un muro di cristallo finendo a terra. Con un ringhio terrificante, Arz, riprese l’attacco e fu allora che Phill vide cos’era quel cristallo misterioso. Acqua. Si scioglieva e si cristallizzava ad una velocità incredibile, tanto da anticipare ogni movimento dell’ Arz-Lhar. L’uomo incappucciato non aveva ancora fatto un movimento e se ne stava fermo con le mani incrociate e la faccia nascosta da un cappuccio. Arz, per quanto si sforzasse, non riusciva ad avanzare di un o. Con un gesto della mano, l’uomo incappucciato, scagliò quattro dardi di ghiaccio che si conficcarono in ogni mano dell’Arz-Lhar facendogli perdere il controllo delle armi. Preso in contropiede dai colpi, si sbilanciò e finì a terra ringhiando e dimenandosi. L’uomo misterioso si fece avanti e questa volta usò entrambe le mani per impartire ordini al cristallo azzurro. Paletti affilatissimi si conficcarono dentro al corpo dello sventurato Arz, immobilizzandolo al suolo. «Ah! Uccidimi o giuro che la prossima volta che ci incroceremo ti ridurrò a brandelli!». Nonostante fosse nettamente in svantaggio la forza della delle sue minacce era reale. «Per te, la morte sarebbe una liberazione, al contrario l’umiliazione e la punizione del tuo padrone saranno sicuramente qualcosa che non scorderai molto presto». Dal tono di voce traspariva soddisfazione mista a divertimento. Con

i misurati raggiunse Ray, lo avvolse con due fasce di ghiaccio che lo sollevarono da terra e lo avvicinarono al ragazzo tremante ancora accasciato a terra. «Afferragli un braccio e non mollare la presa per nessun motivo al mondo, ne sei in grado?». Phill guardo il corpo del Cercatore poi la strana figura in piedi davanti lui e non rispose. «Ah! Siamo proprio ben messi!» disse sospirando. Un globo di acqua si avvicinò a Phill, ne circondò un braccio e poi si solidificò in freddo ghiaccio. «Così non rischiamo di perderti per strada». Mise una mano in tasca e ne estrasse una pietra grigio/azzurra che si illuminò di una tenue luce. Nello stesso momento Arz urlò furibondo. Un attimo prima era seduto sul pavimento di un vagone semi distrutto ora era in una stanza con dei mobili in legno, un caminetto e delle finestre dalla quale filtrava una tenue luce solare. Phill si guardava intorno attonito e spaesato. Senza proferire parola il misterioso uomo portò Ray in un’altra stanza e dopo qualche momento tornò da lui. Il ghiaccio che gli cingeva il braccio era svanito e con esso la sensazione di freddo. Cercò di alzarsi, ma si sentì improvvisamente stanco e un capogiro rischiò di farlo svenire, così si sedette al tavolo lì vicino. «Tieni, bevi questo» disse, l’uomo incappucciato, con voce morbida e fluente, completamente diversa da quella usata poco prima. Phill prese il boccale offertogli dall’uomo e bevve un sorso del suo contenuto. Prima, fresco e dissetante ridiede energia al corpo, poi lentamente si scaldò dandogli conforto. «Con quello starai meglio, ma tra un po’ ti addormenterai. Non ti preoccupare, non voglio farti del male, anche se molti mi pagherebbero per farlo». Mentre ascoltava le parole della strana persona cominciò a sentirsi stanco, con la testa vuota, in pace. Poco dopo si addormento con la testa appoggiata al tavolo.

Capitolo 4

Erano ati quasi cinque giorni dal loro arrivo, tre dei quali ati a dormire. La ferita al collo era guarita quasi del tutto e si sentiva bene, pieno di energie. Lo sconosciuto ava ore nella stanza con Ray poi usciva senza proferire parola. Non si soffermava mai a parlare e le poche volte che Phill cercò di fare conversazione, ricevette in cambio solo silenzio imbarazzante. Quel mattino, quando si era svegliato, aveva deciso di andare a fare visita a Ray, però doveva attendere che lo strano uomo non ci fosse. Il giorno precedente ci aveva provato, ma era stato fermato. In quel momento stava mangiando colazione e come tutte le mattine, dopo una rapida controllata, l'uomo sarebbe uscito e infatti eccolo uscire dalla stanza. Sempre incappucciato e irriconoscibile gli ò davanti e se ne andò. Per precauzione, Phill finì la colazione poi, dopo essersi guardato intorno, si avvicinò cauto alla porta. Titubante afferrò la maniglia e spinse aprendo la porta lentamente. "Bene è aperta" pensò Phill tirando un sospiro di sollievo poi, dopo aver controllato ancora una volta di non essere visto, entrò. ‘Sicuro di voler entrare?’ chiese Flern al ragazzo ‘non mi è sembrato molto contento l'ultima volta che hai ci hai provato’. «Fai silenzio che mi distrai!» sussurrò esasperato Phill. La stanza era immersa nella penombra e gli ci vollero alcuni momenti per abituarsi alla scarsa luminosità. Non si sentiva nessun rumore, solamente un leggero sibilo a pause regolari. Finalmente cominciò a mettere a fuoco la stanza. Il letto era posizionato in fondo al muro e sotto alle coperte vide la sagoma di Ray. Con cautela, Phill, si avvicinò facendo piccoli i incerti e, quando fu al capezzale del cercatore, rimase senza fiato. Della persona che ricordava non ne rimaneva niente, ogni parte del corpo, visibile fuori dalle coperte, era ricoperta da una spessa corteccia. Il braccio appoggiato sulle coperte era pieno di venature e nodi tipici del legno e ciuffi sporadici di muschio crescevano qua e là. «Cosa sta succedendo?» sussurrò Phill allungando il dito con l'intenzione di sfiorarne la superficie rugosa. ‘Da quello che abbiamo visto l'altro giorno, posso solo ipotizzare che sia un effetto collaterale della magia che fa usato per salvarci’ rispose Flern alla domanda indiretta del ragazzo.

Phill ci ripensò e ritrasse la mano prima del contatto, ma fece un ulteriore o in avanti per vedere il volto di Ray. Nonostante si aspettasse uno spettacolo simile a quello del braccio rimase scioccato nel constatare che avesse ragione. Il volto dell'uomo non cera più, al suo posto c'era quella che si poteva definire una scultura intagliata nel legno. Al posto dei capelli aveva sottili fili di erba e in alcuni punti qualche piccolo fiorellino stava sbocciando. Chiuse gli occhi per non guardare oltre quello scempio. "Perché? Non c'era un altro modo?" pensò avvilito Phill sentendosi per l'ennesima volta impotente e inutile. Ora che lo aveva visto stava peggio di prima, ma doveva sapere. Fece un o indietro e istintivamente fece per mettergli una mano sul braccio di legno. «Non lo farei se fossi in te». La voce dell'uomo blocco il movimento di Phill che si immobilizzò. «Cosa gli è successo?» chiese Phill senza voltarsi. «Vieni, è ora che io e te facciamo una bella chiacchierata». Senza aspettare risposta si voltò e uscì dalla stanza. «Ray». Phill chiuse gli occhi, serrò la mano, poi si voltò e uscì chiudendosi la porta alle spalle. L'uomo incappucciato era seduto al tavolo, eretto, con le braccia appoggiate al tavolo in modo poco naturale. Phill lo guardava con durezza, cercando di non fasi intimidire, ma bastò un suo leggero movimento per farlo sobbalzare. Quando furono seduti uno di fronte all'altro la tensione diventò palpabile. «Chi sei?» chiese Phill per primo. «Io sono...» rispose dopo qualche esitazione «Kryia». Phill aveva già sentito quel nome, ma non ricordava quando. Intanto, con movimenti lenti e calcolati, afferrò il cappuccio e rivelò ciò che si celava sotto. Una chioma nera, riccioluta, occhi color nocciola caldi ed espressivi, zigomi rosa, labbra carnose e naso delicato. «Una donna?». Phill era basito e turbato allo stesso tempo. Nonostante non l'avesse mai vista gli sembrava un volto già conosciuto.

«Sì» rispose lei con una voce delicata e soave da donna. «Anche la voce è diversa!». «È un incantesimo per camuffare la mia vera identità, così, quando sono me stessa, nessuno può riconoscermi per sbaglio dalla voce». La postura di Kryia si rilassò un po' e anche lo sguardo si addolcì. «Ray è mio fratello gemello». La bocca di Phill si aprì e poi si chiuse, si aprì nuovamente e si richiuse. ‘Ecco svelata la somiglianza!’ disse Flern estasiato dalla scoperta ‘quindi anche lei è un Cercatore!’. «Kryia! Me lo ha detto poco prima che l'Ombra ci attaccasse!». L'entusiasmo del ragazzo svanì quando gli venne in mente il gesto di Ray. «Cosa gli sta succedendo?». «Sai cosa sta succedendo? Mio fratello ha agito da stupido e ne ha pagato le conseguenze! Io glielo avevo detto che quello non era un compito adatto a lui, ma no, non ha voluto ascoltare ragioni! E ora, è là, più morto che vivo!». Una lacrima le solcò il viso, ma subito l'asciugò con la manica della giacca. «Non ti azzardare mai più a dare dello stupido a Ray! Ha sacrificato se stesso per salvare me!». Phill sbatte i pugni sul tavolo sporgendosi verso la donna. «Sì lo dico e lo ripeto, stupido idiota! Il suo gesto sarebbe stato eroico se avesse funzionato, ma se non fossi intervenuta io a quest'ora avresti la testa in un sacco!». Questa volta fu Kryia a sbattere i pugni. Il tavolo tremò e Phill si zittì. «Anni fa, quando decise di intraprendere questa missione suicida, io glielo dissi che non sarebbe finita bene perché lui non era un Cercatore adatto a quel compito. Le sue maggiori capacità sono: lo smascherare, il proteggere e il curare. Il potere di Ghroomh è quello della natura e della vita e per quanto uno sia bravo nel combattimento non potrà mai eccellere in tale disciplina, e tutto ciò in uno scontro corpo a corpo…». Phill capì quale fosse la fine della frase e non ci fu il bisogno di chiarirlo. «Ora, veniamo a noi, tu sei davvero il Re delle Fiamme?» chiese la ragazza puntando gli occhi nocciola su di lui.

«Sì». ‘Non dire stupidaggini, io sono Flern, Re delle Fiamme, tu sei Phill’ lo corresse Flern. «Mh... Per la precisione io sono Phill, il povero e sfortunato ragazzo nel quale Flern, unico e solo Re delle Fiamme, ha trovato riparo». Le parole del ragazzo furono appositamente esagerate per dare fastidio al Re delle Fiamme, che non lo trovò per niente divertente. «Quindi vuoi dirmi che Lui è dentro di te?» chiese scettica Kryia. Phill asserì con un gesto del capo, poi gli raccontò tutta la storia, dalla sua nascita fino al loro primo incontro sul vagone. «Capisco, allora il Re delle Fiamme non sa cos'è successo qui negli ultimi anni». Più che una domanda fu una constatazione. «Dopo aver affrontato Flern, il Re Nero ha incominciato ad invadere le terre alleate incominciando proprio dal Monte Mhag. Ha ucciso e disperso ogni oppositore e poi se ne andato. Lo stesso ha fatto con il Deserto di Khork, poi dopo aver fatto asse il Re di RakDhora ha contattato gli altri Re rimasti e dato loro la possibilità di decidere: o si sarebbero costituiti di loro spontanea volontà o avrebbe invaso e distrutto ogni terra e ucciso chiunque gli si parasse davanti». ‘Maledetto! Come ci è riuscito?’ chiese Flern. «Il Re delle Fiamme chiede se sai come è stato possibile tutto ciò» disse Phill al posto del Re. «Nessuno lo sa, i pochi che lo hanno affrontato sono deceduti o spariti, senza contare che ha liberato i Khuruhk e se ne serve come esercito personale. Nessuno osa avvicinarsi, chi lo fa va in contro a morte certa». Lo sguardo di Kryia era triste e rassegnato, poi lo puntò sul ragazzo. «L'unico sopravvissuto è Flern e tutti pensano che il suo ritorno possa cambiare le cose». ‘Chi meglio del Grande Flern potrebbe riuscirci!’. «Grande Flern un fico secco!» sbottò Phill «ti ricordo che non riesci a controllare neanche una candela, come pensi di salvare Irys?».

Kryia guardò Phill stupita, poi sorrise senza farsi notare dal ragazzo. I battibecchi tra di lui e Flern lo facevano sembrare pazzo, uno che parla da solo con botta e risposta sicuramente non sembra tanto normale. «Scusa, ma ogni tanto mi fa andare fuori di testa!» si scusò Phill per la scenata appena fatta. «Ora mi spieghi cos'ha Ray?». La ragazza si rabbuiò. «Ha usato una magia di contenimento, quella che ha evocato è una pianta parassita che si nutre di energia. Pensava di intrappolarci dentro Arz, ma non ha calcolato che se si fosse liberato, come effettivamente poi ha fatto, la pianta avrebbe cercato energia altrove. Ora è in un limbo poiché la magia verde tenta di curarlo dalle ferite, ma al contempo la pianta parassita lo priva delle energie necessarie per guarire. Per quello che non torna normale, anzi sta peggiorando di giorno in giorno e se non facciamo qualcosa si trasformerà del tutto in una pianta». ‘Chiedile se è una Cercatrice e fatti mostrare il marchio!’ Ordinò Flern perentorio. «Ancora non ti fidi? Uff!» sospirò Phill a disagio «senti, mi chiede di chiederti di mostrarci il marchio». La ragazza titubò qualche secondo poi si sfilò la giacca con il cappuccio e la maglia che aveva sotto restando in reggiseno. Il marchio era esattamente sopra al cuore. Kryia porse il petto risoluta e questa volta fu Phill a esitare. ‘Avanti mammoletta! Non devi mica molestarla! E poi, a vedere così, sembra abituata!’ disse Flern divertito dalla reazione del ragazzo. Con delicatezza Phill fece come aveva fatto con Ray, ci appoggiò sopra un dito e appena sentì la scarica elettrica are da un corpo all'altro lo tolse. Dentro al teschio si formò nuovamente il disegno di una fiamma che dopo pochi secondi sparì. ‘Anche lei è un Cercatore’ confermò il Re delle Fiamme. «Perché lì e non sul braccio come tuo fratello?» chiese Phill perplesso. Se tutte le volte doveva fare tutta sta scena per far vedere il marchio la cosa poteva farsi imbarazzante.

«Anni fa, quando ci sottoposero alla prova di controllo, scoprirono a quale elemento eravamo legati e poi ci mandarono nei rispettivi templi per imparare a controllarlo. Dopo lunghi anni di allenamenti ci imposero i marchi. Ognuno fu libero di scegliere e, chi come me, intraprese la via dell'anonimato fu costretto a farlo in un luogo poco visibile». ‘Effettivamente se avesse il marchio sul braccio le possibilità che venga visto sarebbero maggiori che in un posto come quello’ confermò Flern. «Ora riposati che domani partiamo» disse Kryia alzandosi «ci metteremo in viaggio alle prime ore del giorno». Dopo essersi rivestita, si tirò sulla testa il cappuccio e uscì dalla casa. Phill rimase in silenzio mentre la guardava uscire.

Uno scossone lo risvegliò dal sonno. Con la vista appannata si guardò intorno e vide Kryia che lo guardava. «È già ora?» chiese con la bocca impastata. «Tra poco sarà giorno, il contatto ci attende al limitare della foresta ai primi raggi». «Bene». Al mattino non era mai stato di molte parole e in completo silenzio si mise gli stivali, indossò la mantella e si avviò verso la porta. La sera precedente, aveva deciso di andare a dormire vestito per facilitare la partenza e ora ringraziava di averlo fatto. Fuori della casa l'aria era pungente, ma piacevole. Dopo giorni ati al chiuso, respirare aria pulita era rinvigorente. Kryia chiuse la porta poi ò una mano sulla maniglia che si ricoprì di un cristallo azzurro. «Andiamo, non abbiamo più molto tempo, il sole sta per sorgere». La ragazza lo precedette con accanto Ray che fluttuava sostenuto dai cristalli azzurri. Camminarono per alcuni momenti poi si fermarono e la Cercatrice fece segno a Phill di avvicinarsi. Quando le fu vicino, lei gli fece notare una pietra blu appoggiata a terra. «Vedi quella pietra?» chiese Kryia al Phill che annuì. «Sono pietre particolari, in

grado di assorbire energia. Io ne ho disposte tutto intorno alla casa formando così una barriera in grado di limitare la quantità di magia percettibile. In questo modo il tuo organismo si abituerà in modo graduale a questo mondo. Se non lo avessi fatto, l'energia di Flern sommata a quella dell'ambiente avrebbe potuto ucciderti». La ragazza fece una pausa perplessa poi continuò con la spiegazione. «Ho predisposto quattro cerchi che, a mio parere, ti aiuteranno ad ambientarti al nostro mondo e all'energia in esso contenuta. Non ho idea di come reagirà il tuo corpo a questo cambiamento, ma ormai non abbiamo più tempo di aspettare o di fare delle prove». «Quindi è per questo che uscivi tutti i giorni?» chiese meravigliato Phill. «Non solo per questo, ma per la maggior parte del tempo sì. Non sembra, ma quelle piccole pietroline blu assorbono un quantità di energia impressionante». Kryia fece un o avanti, oltreando la linea immaginaria del primo perimetro e proseguì come se nulla fosse. Phill era titubante, incerto e spaventato da quelli che sarebbero potuti essere i primi effetti della magia suo corpo. ‘Non fare la femminuccia! Tutte le volte che si tratta di fare qualcosa di un po' più pericoloso, il tuo primo pensiero è quello di tirarti indietro. Sii uomo per una volta!’. La voce di Flern fu come uno spillo rovente piantato nel suo ego tanto da farlo avanzare con risolutezza. Pochi i dopo aver oltreato il primo perimetro cominciò a sentire un leggero formicolio che si propagò per tutto il corpo, ma qualche attimo dopo tutto tornò alla normalità. Siccome il cielo si stava rischiarando, Kryia decise di accelerare il o. Altri due perimetri arono e a parte il formicolio Phill non notò niente di particolare, tolto il sudore copioso che gli scendeva dalla fronte. ‘Non lo senti?’ chiese improvvisamente Flern al ragazzo. «Che cosa?». ‘Il potere che permea questo mondo, l'energia che esso emana!’. «Fammi pensare... No, per niente, in compenso sento bene il caldo che fa!» disse Phill asciugandosi il sudore con la manica della mantella. Flern lo percepiva, si sentiva vivo e fiammante come non mai. Erano anni che non si sentiva così.

L’alba era ormai alle porte e quando i due ragazzi raggiunsero la foresta i primi raggi del sole ne colpivano le alte fronde. Senza esitare proseguirono fino a pochi i da essa e poi si fermarono. «Ora controllo se il contatto è giá arrivato nel frattempo oltrea l'ultimo cerchio magico così se poi ci danno il permesso, proseguiamo» disse Kryia prima di avvicinarsi ad una radice enorme, sulla quale ci appoggiò una mano. Phill la guardò incuriosito, ma non successe nulla, poi abbassò lo sguardo e vide l'ultima pietra blu in attesa di essere superata. «Pronto?» chiese più a se stesso che al suo ospite. ‘Sono anni che sogno di uscire da qui dentro, certo che sono pronto!’ esclamò Flern entusiasta. Phill trattenne il respiro e fece un o avanti, superando il masso, poi rimase in attesa. Niente, nessun effetto, stava per rilassarsi quando una fitta alla festa lo costrinse ad inginocchiarsi. Tutte le giunture formicolavano. La temperatura del corpo aumentò improvvisamente e con essa il dolore. ‘Sì! Ah! Ora sì che si ragiona! Ahahah!’. Flern era euforico, troppo preso dalla sua allegria per accorgersi della sofferenza del ragazzo. «Flern! Flern!» urlò Phill disperato senza ricevere risposta. Non sapeva come fare per liberarsi di tutta quell’energia che aveva in corpo, se fosse aumentata ancora sarebbe sicuramente impazzito o peggio, morto. L'unica cosa che sapeva fare con le mani era curare... «Mani» rantolò quasi senza fiato. In un ultimo gesto disperato batté le mani a terra più e più volte, ma non bastò, poi gli venne in mente la sera nel vicolo, quando Flern gli disse di immaginare l'energia calda nel suo corpo are a quello dell'Ombra che lo stava attaccando, e così fece. Un boato fece tremare le piante circostanti. Kryia si girò allarmata e vide ciò che era successo. Il ragazzo era a terra ansante e tutto intorno a lui c'era un cerchio d’erba marrone. Si staccò dalla radice e gli andò in contro. Quando fu a pochi i da lui, sentì l'erba sotto ai suoi piedi scricchiolare. Incuriosita si chinò e ne raccolse qualche ciuffo che si sbriciolò all'istante. Era tutta secca. «Phill! Phill, stai bene?» chiese avvicinandosi al ragazzo.

«Più o meno» rispose lui «ora incomincia ad andare meglio». Quando Phill riuscì a rimettersi in piedi, Kryia lo vide in faccia. Era talmente rosso che sembrava bruciato. «Sicuro che stai bene? Ce la fai a camminare?». «Sì, credo di sì». Il primo o fu difficoltoso, ma via via divenne sempre più facile e meno doloroso. La Cercatrice annuì soddisfatta, poi tornò dalla radice. ‘Hai sentito! Che potenza! Quanta energia! Capito perché ero il più forte dei Re?’. «L'unica cosa che ho capito è che, a causa tua e della tua meravigliosa e potente energia, ci stavo per rimettere le penne». La voce di Phill risultò secca e infastidita e Flern se ne accorse, ma il suo orgoglio non gli fece dire niente. «Venite, il mio contatto è arrivato e a quanto pare ha avuto il permesso di portarci al suo villaggio» disse Kryia speranzosa. La radice, sulla quale la ragazza aveva appoggiato la mano, cominciò a tremare, poi si staccò dal suolo e formò un arco. «Venite avanti, siate i benvenuti nella Foresta Eterna». Una voce li invitò a are sotto la radice che, non appena furono tutti all'interno, con un boato si rimise nella posizione iniziale. «Io son Swhith» si presentò la voce «piacere di conoscervi. Mi scuso in anticipo, poiché per ordine dell'anziano non potrò mostrarvi a voi finché non sarete giudicati. Fino ad allora dovrete seguire la mia voce e le mie indicazioni. Tutto chiaro?». La vocina era fine e delicata, non stridula e fastidiosa, ma melodiosa e piacevole. «Ray!» esclamò Swhith «è più grave di quanto immaginassimo! Presto non c'è un minuto da perdere! Andate dritto finché non trovate un bivio, poi svoltate a destra e proseguite fino ad un tronco cavo». Gli ordini furono secchi e perentori e nessuno ebbe da replicare in merito.

‘Questa è la più misteriosa delle foreste’ disse Flern mentre Phill seguiva attentamente La Cercatrice ‘chi entra senza permesso non ne esce più, speriamo che i piccoletti siano di buon umore’. «Piccoletti?» chiese Phill in soprappensiero. ‘Sì, sono molto selettivi e guardinghi e se fanno tutto questo per Ray vuol dire che per loro lui è importante’. «Sono così diffidenti?». ‘Diffidenti? Ahahah! Diffidenti! Questa è bella! Nessuno li ha mai visti, solo i cercatori che vengono addestrati nell'uso della magia verde hanno questo privilegio! E tu dici diffidenti! Ti spiego una cosa: loro sono una popolazione pacifica, che molto raramente mette mano alle armi, ma se vogliono farti sparire lo fanno tramite la foresta e i loro abitanti senza sporcarsi le mani’. «Ah! Buono a sapersi!» commentò Phill non proprio entusiasta della notizia. Mentre camminavano videro fiori dai colori mai visti, insetti enormi, animali piccolissimi mangiare piccole radici e piante giganti, che il solo girarci intorno avrebbe richiesto non meno di venti i. Arrivati all'albero cavo fecero una pausa e attesero il ritorno di Swhith seduti su una radice enorme. Phill, dopo qualche attimo, si alzò e fece un giro per guardare meglio quella meraviglia naturale. Tutti quei fiori colorati dalle forme più disparate lo attiravano come una farfalla. Doveva vederli da vicino e saggiarne la fragranza. Stava per toccarne uno quando la voce di Swhith lo fermò. «No! Fermo! Non toccarlo! Non ti muovere!». «Ah! Ma sei matto? Mi hai spaventato a morte!» urlò Phill alla voce incorporea. «No! Non hai capito, sei in una situazione molto pericolosa!». Phill si guardò intorno senza vedere niente di pericoloso al di fuori del fiore che stava per toccare, quando un cupo brontolio gli fece venire la pelle d'oca. «Cos'è stato?» chiese il ragazzo spaventato. «È una Tigre Verde» rispose Swhith credendo di chiarire la situazione.

«Dalle mie parti una tigre è pericolosa, dalle vostre?». Phill continuava a guardarsi intorno, ma continuava a non vedere niente. «Molto pericolosa, ma se non tocchi il fiore e lentamente torni indietro senza voltarti, forse te la cavi». ‘Sei proprio un genio! Non solo siamo braccati da un assassino del perfido Nherb, ma per non farci mancare niente rischiamo la vita coccolando una splendida Tigre Verde in un ambiente che non conosci’ polemizzò Flern per niente contento di quello che stava succedendo. «Tu sai che forma ha una Tigre Verde? E non me lo potevi dire prima?». ‘Certo che no! Essendo rinchiuso in questo corpo inutile, le mie capacità magiche sono limitate, per non dire quasi del tutto assenti, di conseguenza non sono in grado di riconoscere le cose normalmente!’. Flern si stava irritando e lo stesso stava succedendo al ragazzo. Un ringhio minaccioso e potente interruppe ogni astio e attirò su di se l'attenzione. In quel momento Phill vide una bocca aperta irta di denti a poca distanza dalla sua gamba sinistra. Seguendone i contorni, identificò la testa del felino e poi il corpo, le zampe e la coda. Era una cosa mai vista. «Wow, meravigliosa!». Finalmente la vide per quello che era. ‘Bella vero!’. Ora entrambi potevano mirarne le fattezze. Gli occhi verdi smeraldo, erano incorniciati da un folto pelo marroncino che quando le palpebre si chiudevano assomigliavano in tutto e per tutto dei un rami. Tutto il pelo della creatura era disseminato di giochi di colore verdi e marrone, in alcuni punti sembrava addirittura di vedere delle foglie in movimento. Un ringhio profondo richiamò nuovamente l'attenzione verso le fauci irte di denti lunghi e affilati. «Fermo, ci penso io» disse Swhith e pochi secondi dopo la Tigre Verde si rilassò visibilmente accucciandosi e tornando invisibile tra la vegetazione. «C...come hai fatto?» chiese Phill guardandosi intorno. «Semplice, gli ho detto che non eri buono da mangiare e che per questa volta

poteva lasciarti andare». «Gli hai solo parlato e lei ha fatto come dicevi?». «Sì, con gli animali e alcune persone funziona, ma debbono avere una mente semplice se no non funziona» spiegò Swhith. ‘Visto, se non gli vai a genio, sussurrano a un paio di Tigri che assomigli ad un bel pezzo di carne e… il resto lo lascio alla tua immaginazione’. Phill era troppo scosso, sia da quello che aveva appena visto che da quello che aveva sentito, per ascoltare Flern, ma concordò con quanto aveva appena detto. Ascoltando le indicazioni di Swhith, Phill, tornò da Kryia che se ne stava comodamente seduta in attesa dell'arrivo della loro guida. «Eccomi, ora possiamo proseguire» annunciò la voce incorporea davanti a loro. Il tronco cavo si aprì lasciando intravedere un ponte che collegava due sponde di un ruscello impetuoso. «Questo è l'unico accesso che permette, a gente come voi, di accedere al Cuore Eterno. Fulcro della vita della Foresta Eterna e luogo in cui abitiamo noi» spiegò la loro guida invisibile. Kryia era visibilmente timorosa, fece il primo o sul ponte con reverenza assoluta e Phill cercò di imitarla. Aveva capito l'importanza del luogo e non voleva mettere lei e se stesso in qualche pasticcio. Proprio come aveva appena fatto con la Tigre Verde. Il tronco cavo si chiuse celando nuovamente l'ingresso ai non autorizzati e l'uscita a chi era appena entrato. Camminarono per ore, sospesi a decine di i da terra, su ponti sospesi o vere e proprie impalcature in legno, altre volte si ritrovarono a are sottoterra tra le radici degli alberi o a percorrere strade sospese fatte solo ed esclusivamente di rami intrecciati. Alla fine giunsero in quello che era in tutto e per tutto il fulcro della Foresta Eterna. Uscirono dal folto degli alberi e sbucarono in una radura circolare grande come quattro campi da calcio. L'erba era talmente corta e fitta che sembrava di camminare su di un immenso tappeto verde. Al centro della radura c'era un albero gigantesco che svettava statuario. Erano troppo distanti per riconoscerne il tipo, ma quando

furono più vicini scoprirono che si trattava di un Salice Piangente. I rami che cadevano dall'alto formavano un muro invalicabile ricoperto di smeraldine foglie lucenti. I giochi di luce da esse create erano tali da dare un senso di movimento e profondità che dava la sensazione di avere di fronte una superficie liquida. «Wow» mormorò Phill meravigliato. Improvvisamente i rami cominciarono ad aprirsi, come un sipario, e rivelarono dietro di esso un tronco immenso, liscio, perfetto. Alla base di esso, c'era un trono fatto dagli stessi rami che piovevano dalla chioma altissima e seduto su di esso vi era una figura indistinta. «Quale urgente motivo vi porta nel Cuore Eterno?». La voce eruppe portentosa e saturò tutto l'ambiente circostante. Kryia si fece avanti e quando arrivò a qualche o dalla figura misteriosa si chinò. «Perdonate il mio affronto, ma ero in pensiero per mio fratello Ray, uno dei vostri discepoli. Sarò lieta di accettare ogni punizione decidiate di darmi». «Così sei tu, che hai usato una Magia Verde, quando in te risiede il nucleo dell'Acqua?». Il terreno vibrò e con esso tutta la foresta. «Sì». Kryia rispose consapevole del gesto compiuto accentuando l'inchino. «Usare una magia di un nucleo al quale non si appartiene è severamente vietato, come sei venuta a conoscenza di tale pratica?». «Tempo fa discussi con mio fratello sulla pericolosità della sua missione e della possibilità di rimanere ferito o peggio, ucciso» spiegò la Cercatrice «ma visto la sua importanza non volle sapere ragioni, così gli chiesi di insegnarmi una magia in grado di contattarvi in caso ce ne fosse stato il bisogno». «Mh... interessante, avvicinalo» ordinò perentorio. Senza parlare Kryia avvicinò Ray all'Anziano. Dei rami avvilupparono il giovane Cercatore e lo issarono nel folto dell'albero. «Non dovrebbe essere tardi per porre rimedio al suo pasticcio, per quanto ti

riguarda avrò modo di valutare e decidere con calma. Ora... Vieni avanti straniero!». Phill fu scosso da un tremito e ,imitando la ragazza, si avvicinò con la testa bassa. «Mostrati, non avere paura! Non ci capita così sovente di vedere un uomo originario del mondo senza magia». La voce dell'Anziano era cambiata, ora non era più potente e vibrante, ma calda e accogliente. Phill alzò la testa e per la prima volta lo vide. L'essere sul trono era alto più o meno come un bambino, aveva occhi castani e la pelle era come corteccia raggrinzita. Al posto dei capelli aveva fili d'erba e rametti, intorno ai quali volteggiavano alcune farfalle coloratissime. Il viso era privo di lineamenti poiché gli unici tratti somatici presenti sembravano intagliati con lo scalpello direttamente nel legno. Non gli si poteva dare un'età, ma ad occhio sembrava molto vecchio. ‘È più vecchio di quello che si crede’ disse Flern seguendo il filo logico dei suoi pensieri. ‘Era un rametto insignificante quando Ghroomh lo scelse per farne il suo braccio destro’. «Quindi tu saresti il motivo dell'immolazione del ragazzo. Alcune voci dicono che all'interno del tuo corpo risieda il grande e potente Flern. È vero?». «S... Sì Signore» rispose Phill titubante. «Non deve essere stato semplice convivere con un tale... fardello. Sai, io ho sempre pensato a lui come un grande e possente guerriero, impavido e sprezzante dei pericoli, ma allo stesso tempo ritenevo che al posto del cervello avesse solo fumo e fuliggine». Sul volto dell'Anziano sembrò disegnarsi un accenno di sorriso. ‘Vischio! Digli vischio e lui capirà che non stai mentendo’. «Vischio?» chiese Phill smarrito. «Ahahah!Sì è proprio lì dentro!». L'anziano sembrava divertito da quello che gli aveva appena sentito.

«Ma cosa gli ho detto di così divertente?» chiese Phill a Flern che se la rideva a crepapelle. ‘Quando ci incontravamo per delle riunioni, io e lui eravamo soliti scambiarci parole gentili, come quelle che ti ha appena detto, alche io gli rispondevo che era un Vischio. Come tu ben saprai il Vischio è una pianta parassita, che sopravvive attaccata ad altre piante, in questo caso io gli dicevo che era sempre attaccato alle chiappe di Ghroomh come un Vischio!Ahahah!’. «E io avrei dato del parassita all'Anziano?» sbottò Phill ad alta voce, poi si rese conto che lo avevano sentito tutti e dopo essere arrossito visibilmente, abbassò la testa mortificato. «Non ti preoccupare, giovane ragazzo, non ricordo quando iniziò questo piacevole scambio di convenevoli, ma è una lunga tradizione alla quale mi ci ero affezionato e durante questi cupi anni ne ho sentito la mancanza». ‘È vero, siamo sempre stati un po' pungenti, ma alla lunga era diventato divertente, era mancato anche a me’. Un ramo del salice si allungò e si intrecciò alla testa di Phill che si immobilizzò. «Ora figliolo lascia che veda con i miei occhi quello che ti è successo». L'anziano chiuse gli occhi e poco dopo lo sentì nella sua testa, come sentiva Flern. ‘Scintilla! Quanto tempo!’. La voce dell'anziano era cala e rassicurante mentre quella di Flern era energica e potente. ‘Vecchio arbusto! Non ti credevo capace di una cosa così!’ ribatté il Re delle Fiamme scherzoso. ‘Visto? C'è sempre da imparare’. Ad un tratto entrambi si fecero silenziosi e Phill sentì un leggero capogiro. Le gambe cedettero, ma fu sorretto dai rami del salice che lo avvolsero con delicatezza. ‘Scusa ragazzo, Phill giusto? Questa operazione richiede un gran dispendio di energia, ma visto quanta ne hai non sarà un problema, per te, recuperare’ si scusò

l'anziano. ‘Il solito piantagrane! Se glielo dicevi subito magari si sedeva e non correva il pericolo di farsi male!’ sbottò Flern infastidito dal suo comportamento. ‘Anche tu sei sempre il solito, fai il burbero e lo spocchioso, ma alla fine ti affezioni alla gente e per cose come questa ne fai una tragedia. Ahahah!’. Flern non seppe più cosa dire, ma il suo imbarazzo fece aumentare la temperatura di Phill che recuperò un po' delle energie perse. ‘Mi piace scintilla! Posso chiamarti così d'ora in poi?’ chiese scherzoso Phill. ‘Assolutamente no!’. "Oh, d'accordo... Scintilla! Ahahah!". ‘Ragazzo" intervenne l'anziano ‘ho visto il tuo ato e ti ringrazio per quello che hai vissuto e mi rammarico per quello che hai perduto, saremo sempre in debito con te. Per dimostrarti il mio riconoscimento di dirò il mio nome. Io sono Ginkgo, aiutante del grande Ghroomh, Re delle Piante e protettore della Vita’. ‘In fondo io non ho fatto niente, ma grazie mille Ginkgo’. Avesse potuto si sarebbe inchinato un'altra volta, ma essendo nella sua testa sperò bastasse il pensiero. "Scintilla, con tutto quello che ti è successo la fortuna per una volta ti ha sorriso, questo ragazzo è il tesoro più grande che ti sia mai capitato, trattalo con cura e rispetto" disse Ginkgo a Flern. ‘Capito!’ pensò euforico Phill senza ricordarsi che ogni suo pensiero loro lo avrebbero sentito. Senza preavviso l'anziano uscì dalla testa del ragazzo e ritornò nel suo corpo ridando modo a Phill di riprendersi. «Phill, ti sei dimostrato degno della mia fiducia e di quella della Foresta Eterna. Questo è il segno che sarai sempre il benvenuto tra noi». Mentre Ginkgo parlava un ramo si arrotolo intorno alla testa di Phill e poi si spaccò, il pezzo rimasto cominciò a muoversi per conto suo, si infilò nella maglia e andò al braccio

destro dove vi si attorcigliò per poi non muoversi più. L'esperienza non era stata delle più gradevoli, ma ora sentiva qualcosa di diverso intorno a se. Chiuse gli occhi e una leggera brezza gli ò sulla pelle per poi andarsene. La sentiva, la foresta era viva e respirava. Colmo di gioia aprì gli occhi e quello che vide lo lasciò senza parole. Un esserino alto più o meno la metà di lui, lo guardava senza muoversi. Aveva grandi occhi cangianti che lo osservavano curiosi, naso giusto accennato e bocca piccola e fine. I capelli, come quelli di Ginkgo, erano formati da sottili fili d'erba ma erano privi di rametti e aveva due orecchie lunghe e appuntite. Indossava un paio di pantaloni marroni pieni di tasche e a tenerli su ci pensava una cintura stipata di piccoli scompartimenti chiusi da un piccolo bottone. Portava una camicia verde a righe, guanti e stivali marroni e la pelle color verde pallido completavano il quadro. «Phill?» chiese l'esserino intuendo che potesse vederlo. «Swhith?». «Sì! Che bello ora puoi vedermi!». Il piccolo essere saltò eccitato a destra e a sinistra poi gli si fermò davanti gli prese la mano e la strinse nella sua. Il ragazzo quasi non si accorse del contatto, fu leggero e sfuggente come un soffio di brezza tra i rami di un albero. Un rumore di fronde agitate attirò il suo sguardo lasciandolo a bocca aperta. Tutta la radura era stipata di piccoli esseri come Swhith, con la differenza che nessuno aveva i vestiti che indossava lui. Ora che aveva ricevuto il dono di Ginkgo poteva vedere gli abitanti della Foresta Eterna. Era senza parole, quello che vedeva era impossibile da descrivere. «Cosa... Cosa siete?» chiese a Swhith quasi sottovoce. «Siamo Elfi, abitanti e custodi della Foresta Eterna». «Elfi». ‘Hai visto Phill?’ chiese Flern ‘i piccoletti di cui ti parlavo’. «Magnifico». Phill non sapeva come descrivere ciò che vedeva. «Phill! Phill!». La voce di Kryia lo riscosse dal torpore di quella formidabile visione.

«Kryia, tu li vedi?» chiese spostando lo sguardo dalla ragazza alla radura. «Vedere cosa?». «Gli Elfi!». «No, non vedo nessuno» rispose rattristata. «Non ti preoccupare, quando anche tu avrai finito con l'anziano potrai vederci» la rassicurò Swhith. «Ragazzo! Ora sei libero di andare e seguire il tuo cammino. La ragazza al momento si ferma qui, ma non preoccuparti ti affiderò il mio fidato Swhith, che ti farà da guida e sarà un ottimo alleato. Confidiamo in te e in quella zucca vuota che ti porti appresso» detto ciò i rami del salice tornarono al loro posto e Ginkgo sparì dalla loro vista. «Wow! Che emozione! Non ero mai uscito dalla foresta! O meglio, mai autorizzato» si corresse a bassa voce il piccolo elfo. Il colore delle guance si accentuò diventando più intenso poi tornò quello di prima. Un forte rumore di fronde agitate nel vento riempì l'aria. Phill si guardò intorno per vedere da dove provenisse e scoprì che era il rumore creato dagli elfi che tornavano nel bosco. «Phill» disse Kryia avvicinandosi a lui «i nostri cammini si dividono, ma spero che un giorno si riuniscano e insieme rimetteremo a posto questa terra malandata». Phill, colto alla sprovvista allungò una mano, strinse quella della ragazza e rispose: «Abbi cura di te e di tuo fratello». «E tu non metterti nei guai!». «Ci proverò!». Phill era rattristato da quella separazione. Nonostante non la conoscesse, era l'unica persona, oltre a Ray, che gli era familiare in quel posto. E ora era solo. Certo con lui c'era Swhith, ma non era la stessa cosa. Un paio di rami si staccarono dalla cascata verde, afferrarono la ragazza e la portarono in alto tra le fronde del salice. «Bene! Vieni con me, per sta notte resterai qui, partiremo domani mattina. Sarai

stanco e affamato» disse Swhith facendogli segno di seguirlo. Non aveva idea di quanto tempo fosse ato dalla loro partenza e ora che glielo faceva notare, sentiva un certo languorino. Oltrearono la radura e si inoltrarono nuovamente nella foresta dove fu guidato tra ponti sospesi, rami enormi e sentieri scolpiti nel legno fino ad un albero altissimo. Phill, durante il tragitto, si guardò intorno alla ricerca di qualche piccolo elfo da osservare, ma non ne vide nessuno. «Qui è dove erai la notte, non dovrai preoccuparti di niente tutto ciò che desideri lo avrai». Swhith appoggiò la mano su un ramo ed esso si alzò rivelando una sorta di terrazza fatta interamente di rami intrecciati. Sbalordito Phill ci camminò sopra e ne constatò la solidità. Quando si voltò per parlare con l'elfo e chiedergli come ottenere del cibo esso era già sparito. Non era esattamente quello che lui considerava una comoda sistemazione, ma in qualche modo si sarebbe arrangiato. Per il momento voleva distendersi un po' e il posto più comodo fu a terra su delle foglie. «Cosa non darei per un letto comodo» disse sospirando. In risposta alle sue parole sentì una risatina provenire da qualche parte intorno a lui, poi i rami cominciarono a crescere e a formare un letto fatto da uno spesso strato di foglie. «Pazzesco! Grazie!» urlò riconoscente e in risposta sentì una lieve risatina. Si sistemò con cura sul nuovo giaciglio morbido e confortevole e fece per addormentarsi quando un forte gorgoglio gli rammentò che non aveva ancora mangiato. La fame stava aumentando. Questa volta senza dire niente un ramo si avvicinò a lui e magicamente fiorì. Qualche attimo dopo la fioritura vide spuntare dei piccoli frutti che si ingrandirono e maturarono sotto ai suoi occhi e alla fine si staccarono per cadere soffici sul letto di foglie. Phill titubante ne prese uno e lo addentò. «Mh dolcissimo! Buono!». «Ihihih!». Phill non capiva chi fosse, ma sospettava essere un piccolo elfo che lo stava osservando. Ora era sazio e prossimo a dormire, ma mancava ancora una cosa. Un bel bagno o una doccia. Da quando era arrivato in quella magica terra non si

era ancora lavato e a casa di Kryia non aveva osato chiedere. Un rumore di rami proveniente dal basso lo fece sussultare poi nel pavimento ligneo si aprì un buco dal quale spuntò un fiore gigantesco. Aveva petali enormi, spessi come pannelli di legno e colorati come l'arcobaleno. Phill si avvicinò per capire cosa stava succedendo e vide che dentro la corona del fiore c'era dell'acqua. Nuovamente la risata riempì l'ambiente e Phill si sentì grato e in debito con quell'essere così premuroso. Titubante si tolse i vestiti e si immerse in quel liquido tiepido e ristoratore. Dopo qualche momento ato nel fiore a godersi il bagno si rivestì e si coricò. Uno spiraglio di luce rosata si infiltrò tra i rami e l'ultima cosa che sentì fu ancora una volta la risatina felice e soave del suo nuovo amico invisibile.

Capitolo 5

Da giorni cavalcavano su due destrieri enormi, muscolosi e agilissimi, che fendevano la vegetazione inesorabili. Ogni cosa giungeva e ava ad una velocità spaventosa. Il primo giorno fu bruttissimo, ò tutto il tempo cercando di non cadere irrigidendosi ed aggrappandosi al cavallo giungendo a fine giornata spossato e dolorante. Il giorno seguente fu migliore e ora cavalcava in maniera decente godendosi perfino il viaggio. Swhith, nonostante fosse un elfo, si era arreso all'idea del cavallo perché seppur velocissimo non poteva eguagliare la velocità dei Nhier, purosangue originari della Foresta Eterna. Così eccolo lì in groppa ad un animale immenso senza sella e felice di quella situazione. «Caspita! Lo avessi saputo anni fa, mi sarei evitato giorni e giorni di cammino!» esclamò l'elfo alzando le mani al cielo. «Dici? Io non ho mai cavalcato e devo dire che a pelo non è proprio facilissimo e oltretutto fa un male assurdo al sedere!». Phill si sollevò leggermente dalla schiena dell'animale facendo qualche smorfia di dolore. «Resisti, per stasera dovremmo arrivare al confine con Rak-Dhora, da lì in poi andremo a piedi e potrai riposare il fondo schiena». A Phill sembrò di percepire una nota di divertimento nella voce del piccolo elfo, ma non disse niente perché aveva ragione. Come anticipato da Swhith gli alberi si diradarono e presto si cominciò a vedere oltre la foresta. Prima di rimanere allo scoperto smontarono da cavallo e li lasciarono liberi di tornare nel folto della vegetazione dal quale provenivano. Phill una volta a terra si avvicinò al duo destriero e, dopo avergli appoggiato una mano sul colle possente, lo ringraziò. Aveva cominciato a farlo dopo la notte sull'albero, ogni volta che prendeva o riceveva qualcosa ringraziava con il cuore perché gli sembrava giusto farlo. Il cavallo gli diede un colpo affettuoso con il muso e si allontanò al trotto. «Più ti guardo e più mi chiedo se tu sei davvero originario della terra senza magia. Ti comporti come se fossi nato qui». «Non so perché, ma da quando ho incontrato Ginkgo è scattato qualcosa in me che non so spiegare e mi viene naturale ringraziare per le cose che ricevo. Lo

sento dentro, nel cuore, è la cosa giusta da fare». Phill si mise una mano sul cuore e chiuse gli occhi assorto nei suoi pensieri. Swhith lo guardava sorridente e commosso, erano anni che non incontrava una persona così gentile. Ma ora era tempo di tirare fuori le unghie e farsi coraggio, da lì in poi le cose sarebbero state difficili. «Phill, quello che incontreremo ora non sarà come la Foresta Eterna, per alcuni aspetti sarà più famigliare, per altri sarà molto più pericolosa e insidiosa. Pronto?». Phill lo guardò con preoccupazione: «Pronto è una grossa parola, ma sì, andiamo». Swhith lo precedette fuori dalla foresta. Il paesaggio che si presentò agli occhi del ragazzo fu desolante. Il verde lasciò spazio al marrone e al grigio, alberi secchi e privi di vita spuntavano sporadici qua e là testimoni di una vita ata ormai perduta. L'erba, nel giro di pochi i, ingiallì e seccò lasciando, come monito a chi si avvicinava alla città , terra secca e morta. «Com'è possibile?» chiese Phill a bassa voce. «L'avidità delle persone con una punta di menefreghismo rendono possibile ogni cosa. Oltretutto da quando è morto il Re di Rak-Dhora la situazione è peggiorata tantissimo. Prima i soldati controllavano chi entrava e chi usciva, ronde notturne mitigavano pensieri violenti ed evitavano il diffondersi della malavita, ora...» Swhith si rabbuiò al pensiero «non c'è più nessun controllo, la gente ha paura e le forze armate si limitano a sorvegliare due o tre posti e lasciano il resto in mano ai banditi». «Com'è stata stato possibile? Chi ha potuto uccidere il Re?». «Assassini. Il Re Nero ha mandato tutti i suoi assassini in missione finché uno di loro è riuscito nell'intento. Al Re defunto è subentrato il reggente che ha preferito non farsi eleggere come Re di Rak-Dhora per non correre pericoli, ma allo stesso tempo garantisce una parvenza di vita normale per chi ci abita». «Tu l'hai mai visto?» chiese Phill all'Elfo. «No, ma si dice che sia un veterano di guerra e non bastino uno o due assassini

per intimorirlo. Tempo fa è stato assalito nei suoi alloggi e il mattino dopo, i soldati, hanno esposto il cadavere del sicario nella piazza cittadina come monito». «Ma se è così duro perché non fa qualcosa per porre rimedio a questa situazione?». «Perché» Swhith agitò la testa «dopo un paio di tentativi falliti, il Re Nero, cominciò a colpire i cittadini. Ogni uomo, donna o bambino che si permetteva di pronunciare parole di astio nei suoi confronti lo faceva sparire, per poi farlo ricomparire nella piazza cittadina. Capirai anche tu che dopo i primi cadaveri le acque si calmarono e alla lunga nessuno ebbe più il coraggio di opporsi a Nherb». Phill era esterrefatto da quanto aveva appena appreso, il Re Nero non si fermava davanti a niente e se voleva la sua testa prima o poi l'avrebbe ottenuta. Nel frattempo avevano raggiunto le prime case, che fungevano da perimetro esterno alla città. Come pianificato, il sole stava tramontando e con il favore selle tenebre entrare in città sarebbe stato più semplice. Con il cappuccio sulla testa e Swhith davanti a lui, si fece strada tra i vicoli bui evitando accuratamente di are vicino alle locande. Gli unici punti luminosi sul suo cammino furono piccole lanterne ad olio sistemate in alto su pali di legno che al posto di illuminare il cammino ai viandanti creavano ombre sinuose e visioni fugaci di esseri creati dall'immaginazione. Più di una volta Phill si girò di scatto credendo di essere seguito da qualcuno. «Rilassati, ci sono io con te e tu sei l'unico che può vedermi» gli disse in quell'occasione Swhith rassicurandolo «se qualcuno ci seguisse io lo avrei già notato». Più tranquillo il ragazzo continuò per la sua strada tra vicoli bui e maleodoranti. Sapevano di marcio e di escrementi di vario genere, senza contare i rifiuti abbandonati senza pudore da chi abitava in quelle case fatiscenti. I muri erano neri come la pece, oleosi e mezzi ammuffiti, le finestre erano rotte e in alcuni punti rischiavano di cadere rovinando in testa ad un qualche ante ignaro. Erano quasi arrivati alla cerchia di costruzioni più interne quando un carretto o loro davanti per fermarsi a qualche o di distanza. Se il piccolo elfo non lo avesse avvertito, ora Phill sarebbe parte integrante del putridume

cittadino. «Per un pelo!» esclamò Phill nascondendosi dietro ad una colonna fatta di pietre. «Devi fare più attenzione!» lo redarguì Swhith brusco. «Ma non è colpa mia! Quel maledetto carretto non faceva nessun rumore!». «Ovvio! Quelli, sono cacciatori di creature magiche, mettono degli stracci intorno alle ruote e agli zoccoli degli animali per non farsi sentire!». «Oh! Non lo sapevo». Phill guardò verso il carro che si era fermato davanti ad una porta e vide due losche figure scaricare dei sacchi. Alcuni erano piccoli mentre altri furono costretti a prenderli in due. Phill ne contò circa una ventina poi smise di guardare e si appoggiò amareggiato al muretto. Non poteva credere a quella follia, voleva fare qualcosa, ma per l'ennesima volta si sentiva impotente. Un tafferuglio lo fece voltare. Uno dei sacchi era finito a terra e si muoveva impedendo all'uomo incappucciato di afferrarlo saldamente. Stufo di quella rincorsa inutile prese un bastone e cominciò a picchiare come un forsennato. Il sacco si aprì e ne uscì un esserino piccolo e marrone che si muoveva su quattro zampe. Barcollava stordito per le botte, ma non si fermava, non voleva tornare nel sacco. Nella concitazione della lotta finirono nel cerchio luminoso di una lampada e Phill vide di cosa si trattava. Sembrava un cucciolo di qualche animale, tutto marrone con la pelle spigolosa. Strinse gli occhi per vederci meglio e: «Pietra?». «Sì, quello è un cucciolo di Thog, sono dei cani, se vogliamo definirli così, di pietra che provengono dal regno di Khork. Vengono catturati quando sono cuccioli e allevati in cattività per via dei loro denti di diamante. Affilati e letali sono armi temibili e catturare una bestia del genere da adulta è impensabile, allora li prendono da piccoli e raggiunta l'età di un anno glieli strappano a forza». «Barbari maledetti! E ai cuccioli cosa succede?» chiese Phill arrabbiato. «In generale sopravvivono alla pratica crudele, ma muoiono di fame nel giro di pochi giorni. Mangiando pietre i denti sono l'unica cosa in grado di rompere e tritare i piccoli sassolini». «Schifosi vermi!». Le mani di Phill tremavano e una calda energia si agitava in

lui. «Calma Phill, capisco cosa provi e fosse per me li avrei già bastonati a dovere, ma al momento abbiamo una cosa molto più importante da fare». Swhith lo guardò intensamente con i suoi occhi scuri e profondi pieni di rabbia e risentimento. «Hai ragione, ma prima o poi gliela faremo pagare». La promessa di Phill fu suggellata dai tumori dei loschi mercanti che rimettevano il piccolo Thog nel sacco e lo portavano dentro alla casa diroccata. Si mossero furtivi tra le vie malsane di Rak-Dhora e presto raggiunsero i confini esterni del palazzo reale che erano costituiti da una siepe altissima di rovi spinosi. Attesero nell'ombra il aggio di una pattuglia composta da sei guardie armate e poi si avvicinarono al muro di spine. «Dobbiamo are oltre» disse Swhith appoggiando una mano sulla siepe. Chiuse gli occhi e si concentrò sulla pianta spinosa, ma non accadde nulla, solo un leggero tremolio. «Non riesco a parlare con la pianta, è troppo tempo ormai che nessuno parla con lei così ha smesso di farlo, come se si fosse assopita e la mia energia non basta per risvegliarla!». Ansante abbassò la mano. Poi guardò Phill. «Provaci tu!». «Io!». «Non devi fare altro che appoggiare una mano sulla mia e quando te lo dico liberi l'energia di Flern, ovviamente senza cuocermela» spiegò l'elfo con ironia. «Sicuro?». «Certo, mi fido!». Lui si fidava, ma Phill non era così sicuro di riuscirci, però ormai erano lì e non poteva tirarsi indietro. Swhith appoggiò nuovamente la mano ai rovi poi Phill gli appoggiò sopra la sua e si concentrò. «Vai!». L'elfo lo incitò a emettere l'energia, ma come prima non accadde nulla al di fuori di un leggero tremolio della pianta. Phill stava per demordere avvilito

quando fece per sollevare la mano, ma sentì Swhith appoggiargli sopra alla sua l'altra mano e trattenerlo. «Immagina: Ray avvolto dai rami in fin di vita, l'assassino Arz, il povero cucciolo di Thog brutalmente percosso, questo è il primo o per fermare tutto ciò». La voce dell'elfo si insinuò nella testa del ragazzo richiamando immagini che non avrebbe più voluto vedere. Dolore, rabbia, rammarico e impotenza si mischiarono dentro di lui accendendo la voglia di fare qualcosa, la convinzione che nonostante tutto, nonostante la sua incapacità di agire e la sua estraneità del luogo, lui avrebbe potuto fare qualcosa. La scintilla divenne un fuoco ardente che divampò dentro al suo corpo, ruggente e affamato si dimenava voglioso di uscire da quell'involucro di carne e ossa. Phill indirizzò quella energia alla mano e fuori di esso limitandone, per quanto possibile la forza distruttiva. Swhith sentì subito che le sue parole, pesanti e dolorose, avevano fatto breccia in Phill. Il calore della mano del ragazzo stava aumentando e presto sarebbe stato insopportabile, poi arrivò come un fiume in piena lo travolse. L'energia di Flern lo pervase. Non aveva tempo di preoccuparsi dei danni subiti alla mano doveva incanalare l'energia e trasmetterla alla pianta, e così fece. Lunghi secondi arono lenti e inesorabili prima che il muro di spine reagisse. Un violento scossone agitò l'intera siepe, come un lungo respiro dopo un'apnea forzata, le foglie si mossero in tutte le direzioni. Il colore, verde marcio, divenne via via più brillante e in alcuni punti spuntarono anche dei fiori. Nel punto dove Swhith teneva la mano appoggiata si creò un arco floreale che li accolse e li fece are. Phill guardò la scena ammutolito. Meravigliato. Quella era magia. «Sono stato io?» chiese all'elfo mentre avano nel corridoio di fiori. «Diciamo che lo abbiamo fatto insieme, ma senza di te non ci sarei mai riuscito». Swhith si teneva la mano dolorante, ma non disse niente. Lo aveva messo in conto e per procedere era un piccolo prezzo da pagare. Una volta dall'altra parte la siepe si richiuse alle loro spalle cancellando ogni traccia del loro aggio. Phill guardò per l'ultima volta il muro verde alle sue spalle e scorrendo con gli occhi vide che i fiori continuavano a sbocciare. «Nonostante tutto ho come l'impressione che si accorgeranno molto presto che qualcosa non va» disse sorridente Phill «da che parte ora?».

Senza farselo ripetere Swhith guidò il ragazzo tra le mura del palazzo reale fino alla sala del trono ando attraverso corridoi bui e aggi segreti. Si vedeva che non era la prima volta che l'elfo veniva in quel posto, ogni svolta, ogni porta e corridoio sapeva esattamente dove li avrebbero condotti. Incrociarono un paio di pattuglie, ma facendo attenzione a non fare rumore arono inosservati fino ad arrivare nella sala del trono. Era buio, non si vedeva nulla al di fuori di qualche piccolo luccichio qua e là dovuto molto probabilmente a pezzi di metallo lucido che riflettevano la luce lunare proveniente da una vetrata alle spalle del trono. Phill entrò guardingo cercando di non fare rumore, ma il pavimento ricoperto di cocci di vari generi rese arduo anche il solo muoversi. Con cautela arrivò al centro della sala dove a terra era raffigurato un momento di battaglia tra due guerrieri ormai rovinato dal tempo e vandalismo, quando tutto ad un tratto delle torce vennero accese rivelando centinaia di soldati che impugnavano le spade pronte ad essere usate. «Voi! Rivelate il vostro intento!» gridò una voce altisonante riempiendo la sala. «Io... io...». Phill balbettava impaurito e disorientato. Non erano entrati senza farsi vedere? «Sii più chiaro! Per quale motivo ti sei intrufolato nel palazzo reale? Parla! Prima che impartisca l'ordine di ucciderti». Per sottolineare le parole del loro Generale il primo cerchio di soldati si strinse intorno a Phill puntandogli le spade contro. «Dammi una mano!» supplicò il ragazzo a Swhith lì vicino. «Mi spiace, ma non possono vedermi». «Veniamo a nome di Ginkgo e di un'altro Re» provò a dire Phill impacciato. «Ginkgo? E quale sarebbe questo "Altro" Re?». La voce si fece più vicino rivelando la posizione dell'interlocutore che si trovava esattamente di fronte a lui. «Flern, il Re delle Fiamme!». «Ahahah! Non so se lo sai, ma quel Re è sparito molto tempo fa’. C'è chi dice che sia morto o che più semplicemente sia fuggito con la coda tra le gambe, ma

la voce che ultimamente spopola di più è che abbia tradito il regno fingendo di essere sconfitto in modo da lasciare campo libero al Re Nero. Tu di che pensiero sei?». Mentre parlava l'uomo avanzò tra gli uomini armati fermandosi subito prima dell'ultimo cerchio. «Flern, se ci sei e io so per certo che ci sei, perché non dici qualcosa? Sono giorni che non ti sento e la cosa mi rilassa un sacco, ma ora mi sarebbe utile un aiutino! Flern!». «Ragazzo, abbiamo capito tutti che sai pronunciare bene il suo nome, ma a noi non interessa, vero ragazzi?». Il cerchio di spade si strinse ulteriormente arrivando a non più di un o di distanza da lui. ‘Chiedi, a quel borioso comandante dei miei stivali, il suo nome o per lo meno di farsi vedere’. Il Re delle Fiamme si fece sentire, ma il tono di voce piatto e apatico non rincuorò Phill. «Posso cortesemente sapere il suo nome o vederla in faccia?». Phill in quella richiesta mise tutta la gentilezza di cui era capace. «Stai scherzando? Uccidetelo!» l'ordine fu talmente repentino che prese in contropiede i suoi soldati. ‘Il solito idiota, ripeti con me: luce blu, fiamma nera, cuore saldo, anima vera’. «LUCE BLU, FIAMMA NERA, CUORE SALDO, ANIMA VERA!». Phill non solo ripeté quello che gli disse Flern, ma lo gridò con foga. «Fermi! Fermi!» ordinò l'uomo stupito dalla reazione del ragazzo. «Come puoi sapere questa frase?». «Me l'ha appena detta Flern». «Quindi vuoi dirmi che le voci del ritorno del Re delle Fiamme sono vere e non una farsa?». Phill asserì con un cenno della testa. «L'ultima domanda e poi deciderò cosa farne di te, sei stato tu a cambiare la siepe intorno al palazzo?».

«Diciamo che è stata una cosa involontaria, noi volevamo solo are, mi dispiace». Phill si chiuse nelle spalle dispiaciuto per l'inconveniente. «Fuori tutti!» ordinò l'uomo con decisione e in pochi secondi furono soli. «Vieni con me». Phill seguì lo strano uomo dietro al trono che, dopo aver tirato una leva nascosta, si sollevò da terra rivelando un aggio nascosto. Grossi gradini di pietra scendevano nel profondo della terra sparendo nel buio. Senza preoccuparsi della luce l'uomo vi entrò senza indugio e cominciò a scendere con o sicuro. Phill senza possibilità di scelta lo seguì incerto rischiando di inciampare alla luce flebile che c'era in quel luogo. L'ascesa durò diverso tempo, l'aria da umida ò a fredda e pungente tanto che il respiro creava nuvole di condensa davanti a Phill. Arrivarono davanti ad una porta di legno intarsiata, alta e massiccia, con ai lati due alberi enormi che intrecciando i propri rami ne impedivano il aggio. L'uomo si avvicinò al portone e dopo qualche istante sollevò una mano. In risposta le piante si ritirarono sciogliendo la matassa di rami, subito dopo una folata d'aria colpì violentemente la porta aprendola quel tanto che serviva loro per are. Quasi sicuramente anche lui aveva il controllo delle piante e molto probabilmente aveva anche la magia dell'aria. Appena oltre l'entrata la porta si richiuse e un forte fruscio disse a Phill che anche le piante erano tornate come prima. Un filo di luce, proveniente da un punto imprecisato dal soffitto colpiva una mezza luna d'argento sul pavimento che ne rifrangeva e ampliava la luminosità. L'effetto visivo era incredibile. L'astro creato con l'arte del mosaico rifletteva migliaia di piccoli raggi argentei ovunque, sul soffitto, sulle pareti e su i due uomini che erano appena entrati. Davanti alla mezza luna c'era un altare con sul muro retrostante un sole immenso creato con la stessa maestria dell'astro a terra. L'altare era in marmo nero talmente scuro da assorbire la luce che lo colpiva. Ci girarono intorno e si fermarono dal lato opposto dando le spalle al sole. Guardando attentamente il marmo nero si intravvedeva un solco attraversare la dura pietra, ma non se ne capiva il motivo. «Innanzitutto vi porgo le mie scuse per il trattamento ricevuto» esordì l'uomo «ultimamente le cose non sono più tanto rosee come un tempo, perciò dobbiamo essere i primi ad agire. Quando ho sentito un'interferenza all'interno della siepe di cinta mi sono allarmato. Sono rimasti pochissimi a far uso di tale magia e alcuni di essi non sono brave persone, così ho organizzato una trappola». «Sono io a dovermi scusare, abbiamo agito in questo modo perché pensavamo

che ando dall'ingresso principale ci avreste fermati o peggio...» disse Phill costernato. «Ci sei andato vicino ragazzo! Qui nessuno può sentirci o vederci e so per certo che c'è un'altra presenza oltre a te e a me, ma che secondo le mie indagini non è dei cattivi. Giusto?». L'uomo parlava in modo naturale e senza preoccupazioni. «Sì, è Swhith, un elfo mandato da Ginkgo per farmi da guida». Phill si girò e guardò l'amico che gli stava a qualche o di distanza. «Così è per merito suo se siete entrati?». «Diciamo che abbiamo collaborato» precisò il ragazzo sorridendo. «Mi basta. Allora mi presento io sono il Generale Maahr». Mentre si presentava Maahr si produsse in un inchino. «Quando il Re era ancora vivo ero il suo secondo, ma da quando è ato a miglior vita cerco di far andare avanti le cose anche senza corona. Meno rischi per me e più libertà di movimento per i miei uomini, anche se ciò non vuol dire essere al sicuro». Con la mano sinistra si batté sul braccio destro e si sentì un rumore metallico. «Il giorno dopo l'assassinio del Re fui attaccato negli alloggi reali da tre Arz-Lhar. La mia scorta morì in un istante, sei uomini valorosi si spensero in un attimo senza la possibilità di difendersi. Il mio ato da Rak mi salvò la vita, ma non il braccio. Il mio dono, assai raro, del doppio controllo mi aiutò a uccidere gli assassini e tutt'ora mi a dandomi una "Mano"». Maahr si sfilò il guanto in cuoio e rivelò una mano in metallo che con un movimento brusco staccò e sfilò come un secondo guanto. Phill inorridì e fece un o indietro. Il Generale alzò la mano verso un raggio luminoso dando la possibilità al ragazzo di osservare meglio. Quello che Phill, a prima vista, aveva scambiato per uno scheletro era in realtà legno. Il polso, la mano e le dita erano interamente fatte di legno. La cosa straordinaria era che si muoveva come un arto vero, aprendosi e chiudendosi con naturalezza. Nonostante lo stupore a Phill vennero i brividi per quello che stava vedendo e se aveva capito bene, tutto il braccio era così. «Sì» rispose Maahr alla muta domanda del ragazzo «Tutto il braccio fino alla spalla». «Non so proprio cosa dire. Mi dispiace». «A me no! Ci hanno provato più volte a farmi la pelle e finché avrò un cuore

pulsante non importa di cos'è fatto il mio corpo, legno, acqua o aria, sarò sempre pronto a ricacciarli nel buco dal quale provengono. Come hai detto che ti chiami figliolo?». «Phill». «Vieni Phill ora è il tuo turno. Questo che vedi è il banco di prova dei Cercatori. Una volta selezionati si veniva qua sotto e ci si sottoponeva alla prova, che consisteva nel farsi un taglio e fare gocciolare il sangue in questa fessura». Senza esitazione Maahr prese il coltello che portava assicurato alla cintura e si tagliò il palmo della mano. Dopo qualche secondo la strinse a pugno e fece sgorgare il sangue esattamente nella fessura da lui menzionata. Phill guardò a bocca aperta quel gesto sconsiderato seguendo la scia rossa nel suo lento percorso. Dopo un primo tratto in leggera pendenza stazionò in una conca fatta di un cristallo trasparente che cominciò a pulsare di luce propria. Dopo un paio di pulsazioni si spense e il sangue continuò il suo cammino. Alla seconda conca oltre alla luce pulsante ci fu una grande folata di vento che vorticò intorno all'altare. Alla terza e alla quarta fece solo luce mentre alla quinta conca dal sangue crebbe un intreccio di rami che avvolse il monolito nero ricoprendolo poi con foglie e fiori di ogni genere e colori, permeando l'ambiente di fresco profumo primaverile. un intreccio di rami sottili avvolse il tavolo in marmo poi si coprirono di foglie e in fine fiorirono mostrando migliaia di fiori differenti, coloratissimi e profumatissimi. Maahr tolse la mano interrompendo il flusso di sangue che sparì senza lasciare alcuna traccia. «Bene, ora tocca a te» disse senza tanti complimenti porgendogli il coltello. «No grazie» rifiutò Phill gentilmente, ma in risposta sentì un bruciore tremendo alla mano. Con un gesto improvviso Maahr gli aveva praticato il taglio sulla mano e ora gliela teneva sulla fessura. Il sangue scivolò lungo il tragitto intagliato nella pietra nera, illuminando fievolmente ogni conca senza produrne alcun effetto. «Ecco, questo non lo avevo previsto. Pensavo che almeno quello del fuoco si sarebbe attivato e ora come facciamo?». Nonostante non lo vedesse bene in faccia, a causa della scarsa illuminazione, il tono di voce denotò una forte delusione. «Devo pensare. Non avevo previsto una cosa del genere. Mangiate e riposate che domani decideremo come procedere».

Per l'ennesima volta Phill ebbe la conferma della sua inutilità. Mogio e abbattuto seguì Maahr lungo le scale, attraverso i corridoi bui del palazzo fino ad una porta in legno. «Questa sarà la vostra stanza. Buona notte». Non diede tempo al ragazzo di rispondere che sparì nel buio. La stanza era illuminata dal fuoco del camino che avevano apposta per loro, sul letto c'era un vassoio con del pane e del formaggio raffermo. Accanto al letto c'era un piccolo tavolino con una brocca e due bicchieri. Nessuno aveva voglia di parlare, Phill mangiò quello che gentilmente gli avevano preparato mentre Swhith si sfamò con dei frutti presi nella foresta. Lasciarono che il fuoco si consumasse e al rosso chiarore delle braci si coricarono. «Flern? Flern?» chiamò Phill. ‘Dimmi ragazzo’ rispose il Re delle Fiamme stanco. «Sono giorni che non ti sento, posso sapere come mai?». ‘Non mi andava di parlare, ormai le speranza di uscire da qui sono nulle e come se non bastasse quel verme di Arz ha ucciso tutti compresa mia figlia. La ninfa di cui parlava era la mia unica figlia’. Dopo quella rivelazione a Phill ò del tutto la voglia di parlare e cullato, dalla luce rossa sulle pareti, e tormentato dal dubbio di cosa avrebbe dovuto fare ora si addormentò.

Erano ati diversi giorni dal suo infausto incontro con quel maledetto Rak sul treno nel mondo parallelo e da allora l'unica sua preoccupazione fu quella di guarire dalle ferite ricevute. Arz era nella stanza della meditazione che controllava lo stato del suo fisico. Quelli ricevuti, non erano danni gravi, ma andavano controllati bene per non incorrere in problemi futuri. Era a metà di un esercizio quando sentì bussare alla porta. «Chi osa interrompermi? Lo sanno che se mi disturbano mentre sono qui potrebbero non sopravvivere!». Pronto a sfogare la sua ira sul mal capitato aprì

la porta, ma non trovò nessuno a parte un pacco e un foglio appoggiati a terra. Arz prese il messaggio e lo lesse: "Ho saputo della tua totale disfatta e se non fosse per l'importanza della missione starei ridendo di gusto, ma non è così. Sono amareggiato dal tuo fallimento e in dubbio se punirti o meno, ma ho deciso di darti un'altra possibilità. Prendi il pacco e portalo a Rak-Dhora, il mio contatto ti attenderà dietro alla locanda Il Boccale Rotto".

Nessuna firma, nessun segno di riconoscimento, era sicuramente da parte di Hahrg. Così a malincuore prese il pacco e tornò a fare esercizio. Aveva viaggiato veloce e senza imprevisti, un paio di viandanti gli avevano dato sollazzo per alcuni istanti poi aveva ripreso il cammino. Era da alcune ore ormai che attendeva l'arrivo della persona a cui doveva recapitare l'oggetto, ma non aveva ancora visto nessuno quando una figura ammantata si posizionò sul retro bottega. Rimase fermo ad osservarlo per qualche tempo poi, quasi certo che fosse la persona giusta si avvicinò. Fece il girò della casa e prima di contattarlo espanse la sua magia in modo da disorientarlo, renderlo sordo alla minaccia incombente. Si avvicinò quatto, estrasse il coltello e fece per afferrarlo alle spalle, ma si ritrovò immobilizzato. Un tentacolo di fumo nero lo aveva avvolto e lo teneva saldo. «Poi si chiedono come abbia fatto a sfuggirti il topolino. Come assassino non sei poi un gran che». L'uomo parlò senza neanche voltarsi. «Voi Servitori Neri siete solo capaci di vantarvi, ma se non aveste il potere che il nostro amato Re vi ha donato non sareste nessuno!». Arz sputò a terra disgustato. «Può darsi, ma questo non toglie la tua inferiorità. Sai un uccellino mi ha detto che il tuo topolino è a palazzo. Cosa farai ora? Andrai a nasconderti con la coda tra le gambe? Ahahah!». Mentre l'uomo rideva un tentacolo prese il pacco e glielo mise tra le mani. «Sparisci! Non farti vedere più da queste parti!». Arz non disse nulla, non poteva mettersi contro un servo di Hahrg, non ora, ma un giorno anche lui gliel'avrebbe pagata.

«Ah! Maledetto!». La rabbia stava per esplodere, doveva trovare un modo per sfogarsi. Entrò nella locanda, conto quindici persone tra cui otto civili, sei guardie armate e l'oste. Non era il massimo, ma si sarebbe accontentato. Si chiuse la porta alle spalle, tirò il chiavistello e dopo aver ordinato un boccale di sidro lasciò che ira e frustrazione prendessero il sopravvento.

Capitolo 6

Quella mattina Phill si svegliò presto, addirittura prima di Swhith che normalmente si alzava prima del sorgere del sole. Non sapeva perché, ma una strana sensazione gli diceva che presto sarebbero partiti. Dalla sera del loro incontro con Maahr non lo avevano più visto. Servitori e militari si erano occupati di loro in modo impeccabile non facendogli mancare niente. Si vestì, uscì dalla stanza e si diresse alla terrazza dove era solito andare al mattino. Lo spettacolo che aveva visto il primo giorno dopo al suo risveglio era unico e voleva vederlo ancora una volta. Uscito sulla terrazza andò alla balconata e si appoggiò al parapetto in pietra lavorata. Il cielo era ancora blu con qualche timida stella accesa qua e là. Nel suo mondo gli era già capitato di vedere sorgere il sole, ma mai di assistere ad uno spettacolo del genere. I primi raggi solari entrarono in contatto con la barriera illuminandola di verde e man mano che il sole acquistava vigore l'intensità della luce da essa sprigionata scemava, lasciando qua e là piccoli arcobaleni argentei che colpiti dai raggi solari cangiavano in una miriade di colori mai visti. Phill era assorto nello spettacolo luminescente che non si accorse della presenza del Generale Maahr. «È quasi commovente» disse in un sussurro facendo sobbalzare il ragazzo. «Pensa che quando la magia della barriera era completa incolori e le sfumature erano molte di più e in base all'umore dei Re si potevano vedere delle immagini del loro regno. Era bellissimo. Quanto tempo...». Maahr sospirò stanco. Phill aveva saputo della barriera da Swhith il mattino dopo al loro arrivo e ora il Generale glielo confermava. Aveva l'aria stanca, di chi non dorme da diverse notti. «Siete stanco Generale non avete una bella cera». La notte del loro incontro Phill non lo aveva visto molto bene in volto, solo ora si rendeva conto di quello che aveva ato quell'uomo. Occhi grigi, segnati dal tempo, volto ricoperto dalla barba interrotta qua e là da cicatrici. Collo massiccio, spalle larghe e andatura fiera, tipica di un veterano di guerra, ne connotavano l'esperienza di molteplici battaglie. E ora costretto a governare una città in decadimento senza esserne riconosciuto come si conviene. Doveva essere dura, ma nonostante tutto andava avanti. «Hai ragione» rispose il Generale andosi la mano sul viso stanco «sono stati

giorni di intense ricerche, ma probabilmente abbiamo trovato una soluzione». Phill lo guardò perplesso e quando capì di cosa parlava si illuminò. «Davvero?». «Sì, vediamoci nella sala del trono dopo colazione così vi dirò cosa abbiamo scoperto». Dettò ciò si congedò con un sorriso tirato e si dileguò nel dedalo di corridoi del palazzo reale. Phill si catapultò in camera da letto e svegliò Swhith annunciando la lieta novella. Mangiarono un boccone e poi si precipitarono nella sala del trono. Maahr era seduto in centro alla sala con in grembo un libro. Foderato in pelle lavorata, ornata con disegni e strani simboli, era consumato e ingiallito dal tempo. «Questo» esordì il Generale «è il diario di colui che fondò Irys migliaia di anni fa, prima di Rak-Dhora e prima ancora dei cinque Re. Al suo interno abbiamo trovato una formula magica che potrebbe aiutarci a porre rimedio ai danni causati dal Re Nero. È una pratica pericolosa che può portare alla morte, ma allo stesso tempo può fermare Nherb e darci il tempo di organizzare un esercito per contrastarlo». Maahr si alzò e portò Phill ad un tavolo di legno, approntato per l'occasione, sito in fondo alla sala. Su di esso si trovava già una mappa srotolata con indicati sei punti. Uno lo riconobbe subito, era Rak-Dhora, poi ve n'erano altri cinque messi a semicerchio nella parte superiore della mappa. ‘Quelle sono le rispettive residenze dei Re, c'è la Foresta Eterna, il Lago di Cristallo, il Monte Mhag, il Deserto di Khork e in fine il Monte Cavo’ spiegò Flern a Phill che non replicò. Maahr lasciò cadere il libro che atterrò sul tavolo con un tonfo, sollevando una nuvola di polvere. Prese a sfogliarlo e arrivato alla pagina giusta la fece vedere al ragazzo. Il diario riportava il disegno di un uomo in mezzo ad un cerchio di sei pietre e sopra di esso vi era rappresentato un essere dalle fattezze confuse. Phill cercò di girare pagina ma fu preceduto dal Generale che glielo tolse da davanti. «Quello che hai visto era un rituale usato dai nostri antenati per imprigionare delle entità eteree dentro al corpo di un uomo. Tale pratica era usata in caso di guerra così da avere dei soldati con dei poteri magici e avere la meglio sugli avversari. Questa magia, in sostanza, confinava uno spirito estremamente potente in un corpo umano portando alla pazzia l'uomo che se ne faceva carico.

In alcuni casi l'ibrido si rivoltò contro il proprio popolo arrecando più danni di quanti potevano farne i nemici. Dopo secoli di guerre, i capi di ogni villaggio si ritrovarono e decisero di bandire tale pratica e di utilizzare quelle pietre per creare uno scudo che proteggesse tutti quanti dai pericoli esterni. Ogni villaggio distrusse tutti i cristalli tranne uno nel quale venne imprigionato lo spirito che normalmente veniva inserito negli uomini. Quando ogni villaggio ebbe finito, quelle pietre magiche furono usate per creare una barriera che proteggesse l'intera valle. Da quel giorno, grazie ai poteri congiunti degli spiriti protettori di ogni villaggio, il cielo divenne cangiante e in quel momento nacque la Valle Iridescente o Irys». «E questo cosa c'entra con noi?» chiese Phill affascinato dalla storia appena narrata dal Generale. «Questo procedimento può essere usato al contrario, per estrarre lo spirito dal corpo dell'uomo che lo ospita. Il rito richiede "Solo" due cose. La prima è un sacrificio di sangue e la seconda un nuovo contenitore che contenga l'entità e tutta la sua energia». Maahr per l'ennesima volta si o le mani sul viso stanco. «Un sacrificio?». A Phill l'idea non piaceva per niente. «Sì, ma non è come pensi. Si tratta di bagnare i cristalli con il tuo sangue per attivare il loro potere e attrarre fuori lo spirito dal tuo corpo per poi inserirlo dentro al nuovo contenitore, che in questo caso sarà una nuova pietra». «Oh! Meno male!». Phill tirò un sospiro di sollievo. «Dove troviamo questi cristalli?». «Qui viene il problema. Ci sono sei pietre. Ogni Re ne possedeva una e l'ultima è qui in cima al palazzo. Una volta bagnate le cinque pietre dovrete tornare qui e compiere il rituale. Se tutto andrà per il meglio Flern potrà uscire e tu sarai libero da questo supplizio». ‘Se il Generale non sbaglia potremo porre fine a questa storia una volta per tutte e fermare Nherb’ disse Flern con una nota di speranza nella voce. ‘Spero non si sbagli, nonostante le migliaia di anni vissuti non ho mai sentito questa storia, però devo dire che io non sono stato il primo Re e neanche il secondo, quindi potrebbe avere ragione’. «Ora sappiamo come tirare fuori da lì dentro il Re delle Fiamme» disse Maahr

toccando il petto di Phill con un dito «l'unica incognita che ci rimane è: Ginkgo ci lascerà toccare la sua pietra? Le atre terre al momento sono privi di un regnante quindi dovrebbe essere relativamente semplice, ma con lui...». Phill si guardò intorno e quando trovò Swhith questo alzò le spalle. Sperava in un cenno di assenso incondizionato, ma probabilmente neanche lui poteva sapere una cosa del genere. Ne avrebbero parlato in separata sede. «Alcuni esploratori hanno riportato le notizie di qualche nucleo di resistenza su ogni territorio, se sarete fortunati vi basterà incontrarli, spiegargli la situazione e sperare che vi credano, in caso contrario avrete qualche problema in più da affrontare. Gli scagnozzi di Nherb sono dappertutto, senza contare i cacciatori di frodo». Maahr chiuse il libro e vi ci si posò sopra con tutto il peso. «Basterà fare attenzione e procedere con calma. Sicuramente, troveremo qualcuno disposto ad aiutarci». Phill era speranzoso, senza ombra di dubbio avrebbero trovato qualcuno ancora legato ai Re e alla vita che facevano prima dell'invasione di Nherb. «Mi spiace deluderti ragazzo, ma il tempo non è proprio dalla nostra parte. Da quando è iniziato tutto questo casino, periodicamente mando delle spie nel territorio del Re Nero per cercare di capire cosa sta tramando. Nelle rare occasioni in cui qualcuna di esse fa ritorno le notizie riportate sono allarmanti. L'ultima spedizione risale a una decina di giorni fa e delle dieci spie mandate solo in due anno fatto ritorno. Una di esse parlava di strani esperimenti sulle creature magiche, ma non sapeva di cosa si trattasse, l'altra invece menzionava un esercito di Khuruhk pronto a invadere Rak-Dhora e la Foresta Eterna. Diverse migliaia di quelle creature si stanno preparando ad assalire la città e al momento l'unica cosa che impedisce loro di marciare su di noi è la flebile protezione del cristallo di Ginkgo. Senza di esso...». La voce di Maahr si affievolì fino a spegnersi. «Non si preoccupi» intervenne Phill «faremo il possibile per evitare che ciò accada». La voce ferma e risoluta non rispecchiava l'agitazione e la paura del ragazzo. «Speriamo altrimenti...». Il Generale non finì la frase, raccolse il libro e se ne andò troppo stanco per aggiungere qualsiasi altra cosa. «Lasciamolo andare» disse Swhith seguendolo con gli occhi «deve riposare, è

grazie a lui se abbiamo trovato un modo per liberare Flern. Sarà anche remota e improbabile, ma è pur sempre una possibilità che prima non avevamo. D'altronde per quale motivo eravamo diretti qui a Rak-Dhora?». L'elfo era determinato e convinto. Ora avevano una missione e una meta, più di quanto avevano prima mentre si dirigevano lì senza sapere se era il posto giusto o no. «Hai ragione Swhith, ma che strada dobbiamo prendere?» chiese Phill mentre guardava la cartina appoggiata al tavolo. Sulla mappa era riportata l'intera Valle Iridescente. Al centro c'era Rak-Dhora e tutt'intorno, a semicerchio, c'erano le terre dei Re. Partendo da sinistra c'era il Deserto di Khork, subito dopo il Monte Mhag e a seguire la Foresta Eterna. Quest'ultima occupava metà della mappa poiché al suo interno ospitava il Lago di Cristallo, regno dell'acqua e dei cercatori come Kryia, e il Monte Cavo territorio di Ahrcs, Re dei Venti. Formavano un arco tutt'intorno a Rak-Dhora mentre sotto c'era il nulla. Una landa desolata senza nessuna indicazione a parte una scritta: «Fossa Khuruhk». Phill lesse a bassa voce l'indicazione. «Quella è, o era, la prigione dei Khuruhk. Centinaio di anni fa il re di Rak-Dhora impazzì e cominciò a fare esperimenti con la magia proibita e creò quelle creature malvagie, tanto orribili quanto crudeli. Da allora tutti cominciarono a chiamarlo Nherb, il Re Nero. I cinque Re decisero che non poteva continuare in quel modo e lo esiliarono con la forza, rinchiudendo le sue creature in quella fossa senza fine e condannando lui a vagabondare per le lande desolate. Non si sa come e dove trovò delle creature da sottomettere, ma nel giro di qualche decennio costruì un castello dove vi si barricò, tramando vendetta. E ora sappiamo quello che ha in mente. Invadere Rak-Dhora e tutti i territori limitrofi». Swhith aveva lo sguardo fisso sulla mappa, come se stesse assistendo allo scempio e all'orrore che il Re Nero avrebbe causato con le sue azioni. «Dobbiamo impedirlo». «Per prima cosa dobbiamo pensare ai cristalli e a liberare "Scintilla", poi penseremo a un modo per fermare Nherb. Da dove partiamo?» chiese Phill. ‘Ragazzino, cerca di non allargarti troppo o quando esco di qua ti cuocio per bene a fuoco lento’. Flern minacciò Phill, ma il suo tono non era duro anzi sembrava addirittura scherzoso. «Io proporrei di andare prima sul Monte Mhag, così che Flern possa avvertire i suoi che non è morto, poi possiamo andare nel Deserto di Khork per poi are

al Monte Cavo. Da lì raggiungere nuovamente Ginkgo ed in fine il Lago» suggerì Phill toccando di volta in volta ogni territorio che nominava. «Mh... È un giro troppo articolato. Ci porterebbe a ripercorrere due volte la stessa strada, con una perdita di tempo non indifferente» obiettò Swhith «però se iniziassimo dal regno di Khork e da lì in successione ogni territorio, fino ad arrivate alla Foresta Eterna. Saremo prevedibili, ma sicuramente più rapidi, mi scuso con il Re delle Fiamme, ma se dobbiamo essere veloci questo è il percorso migliore». ‘Ha ragione’ concordò Flern con Swhith ‘la mia gente può aspettare, giorno più giorno meno non cambierà niente, ora dobbiamo essere rapidi e fare attenzione a non farci seguire o peggio, catturare’. «Perfetto, è deciso. Flern dice che aspettare qualche giorno in più non gli creerà dei problemi. Come facciamo ad entrare nel regno di Khork? Qualcuno di voi conosce la strada?». Phill pose la domanda sia a Swhith che al Re delle Fiamme. ‘No’. «No» gli fece eco Swhith. «E come facciamo? Non conosci nessuno in grado di farci da guida? O di indicarci la via giusta?». Alla sua domanda Phill ricevette di nuovo delle risposte negative. «Ci vorrebbe qualcuno come te Swhith, un abitante del Deserto di Khork, ma dove lo troviamo?». Non aveva ancora finito di fare la domanda che la risposta gli si delineò in testa. «Il Thog! Se è ancora vivo e riusciamo a liberarlo magari sarà disposto a guidarci». «Potrebbe essere una soluzione» disse Swhith. ‘Bravo ragazzo! Bella pensata!’ lo elogiò Flern. «Più tardi, dopo aver cenato e salutato tutti per la notte partiremo. Questa volta non eremo per la siepe, ma ci caleremo da una finestra del corridoio a est. In

questi giorni ho vagato per il castello e mi sono accorto che è l'unica parte del palazzo che da direttamente all'esterno». Swhith, orgoglioso del suo operato gonfiò il petto e si mise sulle punte. Deciso il da farsi piegarono la mappa e si diressero nella loro stanza per sistemare le ultima cose prima della partenza. La notte giunse e avvolse tutto nella sua oscurità. Phill e Swhith attesero il momento più opportuno poi uscirono dalla stanza e si diressero verso il corridoio designato. «Presto!» sussurrò Swhith già in prossimità della finestra scelta per la fuga. Phill si avvicinò estrasse dallo zaino, preso in prestito dall'armeria quel pomeriggio, una lunga corda, fatta con le lenzuola del letto e la fisso ad un gancio nel muro. Senza esitare aprirono la finestra e lanciarono nel vuoto la corda. Come previsto non arrivava fino a terra, ma lo spazio rimanente lo avrebbe colmato saltando. Per primo si calò il piccolo elfo che con agilità scese fino ad atterrare sulla strada sottostante. Poi fu il momento di Phill. Insicuro, impacciato e visibilmente terrorizzato era quasi imbarazzante guardarlo. «Dai Phill! Non abbiamo tutta la notte!». ‘Lo senti? Per una volta devo concordare con l'elfo! Se ci metti ancora un po' farà giorno e ti vedranno qui appeso come un salame’. «Guarda che è già la seconda volta che ti trovi d'accordo con lui!» ribatté il ragazzo mentre con estrema fatica si calava lungo la fune improvvisata. Uno strattone improvviso fece quasi perdere la presa a Phill che allarmato guardò in alto, ma non vide nessuno. Cosa stava succedendo? Un rumore di stoffa lacerata attirò la sua attenzione e quello che vide non gli piacque. Uno squarcio nelle lenzuola si stava allargando a vista d'occhio e presto si sarebbe strappata del tutto. ‘Giù, veloce!’. Flern aveva ragione, doveva scendere il più in fretta possibile. Un altro strattone avvertì Phill dell'imminente caduta. Mancavano un paio di i alla fine della corda improvvisata quando una sensazione di vuoto gli mise sottosopra lo stomaco. Stava precipitando. Il tempo rallentò fino quasi a fermarsi mentre il suolo si avvicinava inesorabile. Phill chiuse gli occhi e aspettò lo schianto che

non avvenne. Atterrò su uno strato di erba, alta e soffice, che ne mitigò il colpo e ne limitò i danni. «Grazie!» disse Phill a Swhith che lo stava guardando in apprensione. «Ora muoviamoci prima che qualcuno ci veda. Fai strada». I due si mossero tra le case diroccate come la notte in cui erano arrivati e, grazie alla straordinaria capacita di orientamento dell'elfo, in brevissimo tempo ritrovarono il capanno dei cacciatori. Si appostarono dietro ad un muretto e ne sorvegliarono l'ingresso per diverso tempo poi, vista l'assenza di movimento, si avvicinarono per controllare l'interno che sembrava vuoto. Con un cenno Swhith indicò a Phill di aspettarlo dalla porta poi svanì nel buio. Dopo qualche attimo sentì un rumore provenire dalla porta che si aprì. «Sul retro c'era una finestra aperta» disse orgoglioso l'elfo allo sguardo stupefatto del ragazzo. Nel locale regnava l'oscurità e ci volle qualche momento prima che gli occhi di Phill si abituassero, poi la scena che gli si presentò fu terribile. Gabbie piene di animali di tutti i generi, sacchi appesi come stracci sporchi, polvere e immondizia ovunque. Senza toccare niente cominciarono a perlustrare la casa e non trovarono nessun segno di un Thog. Stavano perdendo ogni speranza quando videro un leggero filo di luce are sotto una parete. Si avvicinarono e cominciarono a spingere la lastra di legno cercando un punto d'accesso quando delle voci, in prossimità della porta d'ingresso, ruppe il silenzio mettendoli in allarme. «oh no! Stanno arrivando i cacciatori!» bisbigliò Phill cercando un modo per entrare nella stanza segreta. ‘Sbrigati Phill, se ci trovano qui ci scuoiano e ci vendono al mercato!’. La porta segreta non dava segni di cedimento. Phill si spostò per fare più forza e un'asse di legno del pavimento scricchiolò. Speranzoso controllò il bordo della piccola tavola fino a che riuscì a inserirgli un dito sotto e a sollevarla rivelando una piccola leva che tirò senza esitazione. Con un click la parete si aprì dando modo ai due di entrare. Fecero appena in tempo a richiudersi la porta segreta alle spalle che i cacciatori entrarono in casa. Un forte calore li investì soffocandoli nel tanfo di marcio e carne putrefatta. Un conato di vomito colpì Phill che si

trattenne per non fare rumore e attirare l'attenzione. Quel posto era il mattatoio della casa. Lì torturavano, uccidevano e scuoiavano quei piccoli animali. Ovunque si girava vedeva macchie di sangue, pinze arrugginite e barili pieni di sale. Un forno dall'altro lato della stanza riscaldava l'ambiente rendendolo anche un essiccatoio. Mentre vagava con lo sguardo vide appeso ad un gancio un piccolo Thog che, nonostante fosse di pietra, il pezzo di metallo lo ava da parte a parte. Sotto di esso, appoggiato al bancone vi erano tre diamanti appuntiti, i denti della povera bestiolina. Un movimento dentro ad un sacco attirò l'attenzione di Phill che, muovendosi sulle punte, andò a controllare. Il sacco era pesante e non fu facile staccarlo e appoggiarlo a terra. Tirò i lacci che lo chiudevano e ne rivelò il contenuto. Era un cucciolo di Thog. Sembrava quasi morto, ma piccoli movimenti della testa rivelavano che era ancora vivo. Quando aprì ulteriormente il sacco il piccolo animale saltò fuori come una furia cercando di addentare Phill e cominciò a correre sbattendo ovunque creando un caos non indifferente. «Ah! Faceva finta!» disse Phill spaventato e preoccupato. Nella stanza accanto i cacciatori avrebbero sentito il rumore e sarebbero venuti a controllare. E infatti la porta si aprì mostrandogli due ceffi sorridenti e divertiti che quando lo videro cambiarono espressione. «E tu cosa ci fai qui!» urlò uno afferrando un pugnale. «Non sapevo che trattassi anche i topi di fogna!» disse l'altro ridendo senza muovere un dito. «Zitto e occupati del mostriciattolo di pietra mentre io mi occupo di lui!». Lo sguardo dell'uomo non prometteva niente di buono. Con le mani protese afferrò Phill e lo sbatté contro al tavolo dove giacevano i denti del povero animale morto. Il coltello gli si avvicinò pericolosamente al viso muovendosi con lentezza a destra e a sinistra. «Fammi pensare, ti cavo un occhio o ti strappo la lingua e la do in pasto ai topi?». Le sue parole sapevano di alcol miste a fumo e il modo con cui parlava non era proprio di una persona lucida. ‘Coraggio, dagli un pugno, un calcio, una testata! Sono talmente fatti che non se ne accorgeranno nemmeno e quando si riprenderanno saremo lontani!’. Flern lo istigava a combattere, ma lui non lo aveva mai fatto. Solo qualche piccola

scaramuccia quando era giovane, ma niente di che. ‘Fallo!". L'urlo del Re delle Fiamme lo scosse al punto da farlo scattare come una molla. La mano si serrò e con violenza colpì la faccia del suo aggressore. Colto di sorpresa l'uomo fece un o in dietro e lo guardò sbigottito, poi si ò una mano sulla faccia dolorante e rise di gusto. Lo sguardo divenne affilato e malvagio, la mano che stringeva il pugnale si alzò per poi colpire con ferocia. "È la fine" pensò Phill che senza pensarci alzò il braccio per proteggersi. Fu più un automatismo che un gesto voluto. Quando il coltello lo colpì fece un rumore insolito. "Tock". Phill, che aveva chiuso gli occhi li riaprì, e guardò il braccio con stupore. Era diventato di legno. La mano e tutto il resto erano ricoperti da una corteccia ruvida e spessa. Il cacciatore cercò di svellere il pugnale dal braccio del ragazzo, ma non ci riuscì. In quel momento nel ragazzo scattò l'istinto di sopravvivenza e la rabbia, per le cose atroci viste in quel luogo, ne alimentò il fuoco. Senza pensare colpì nuovamente il suo rivale, ma questa volta la forza fu devastante. Lo catapultò contro la porta segreta sfondandola. L'altro cacciatore, che aveva rincorso e preso il Thog, quando vide il suo compare volare inerte per la stanza si voltò, ma fu lento. Una serie di rami lo avvolsero e lo legarono al soffitto. Nell'agitazione degli eventi il cucciolo di pietra era caduto dalle mani dell'uomo e si era rifugiato sotto ad un tavolo. Phill raggiunse il malcapitato e lo colpì facendolo svenire. ata la rabbia, anche l'energia svanì e pian piano tornò normale. Phill si guardò la mano, poi l'uomo appeso al soffitto ed in fine Swhith. «Grazie mille amico, è la seconda volta che mi salvi stasera. Speriamo solo che non diventi un'abitudine!». ‘Io mi chiedo che fine faremo se mai dovessimo separarci'. Le parole di Flern furono ignorate perché ora il ragazzo stava guardando il piccolo Thog tremante. «Vieni, non vogliamo farti del male!». Swhith si avvicinò al cucciolo e dopo avergli dato qualche sassolino lo accarezzo con gentilezza facendolo calmare.

«Ha capito che non vogliamo fargli del male, ma è ancora diffidente. Portiamolo via poi domani gli chiederemo se può mostrarci la strada per raggiungete il Deserto di Khork» disse l'elfo dando qualche piccola pietra all'animaletto. Senza esitare oltre fecero per uscire quando Phill si bloccò e tornò indietro per poi tornare con un sacco in mano. «Non potevo lasciarli qui. Li riporteremo nella loro terra». Phill aprì il sacchetto e mostrò i denti e il corpo del Thog che avevano visto appeso nella stanza delle torture. Swhith annuì e Flern d'accordo con il ragazzo non ebbe nulla da protestare. Uscirono nella notte, si guardarono intorno e si dileguarono tra le case.

Erano giorni che vagava nelle vicinanze del castello e ormai la scia di cadaveri era piuttosto evidente. Non avrebbe potuto sostare ancora per molto, presto le autorità avrebbero cominciato a indagare sull'accaduto. Già alla locanda aveva fatto un mezzo macello, ma lì era stato più uno sfogo che un atempo. Il cadavere che aveva scuoiato e fatto a pezzi cominciava a puzzare e stava attirando l'attenzione. Doveva trovare una nuova casa da occupare. Quella sarebbe stata l'ultima notte lì. Si stava guardando intorno per decidere quale catapecchia sarebbe stata la meno peggio quando un movimento catturò la sua attenzione. Una finestra del palazzo reale si era aperta e da essa era stata calata una fune fatta di lenzuola e coperte. Divertente. Non aveva mai visto nessuno evadere da un posto nel quale non si era imprigionati. Eccolo! Il Topo! Si stava calando faticosamente dalla finestra. "Speriamo non cada" pensò Arz guardando divertito l'impaccio del giovane ragazzo. Poi cambiò idea e pensò che sarebbe stato divertente vederlo cadere. Prese uno dei suoi piccoli pugnali, quelli anonimi che usava per gli omicidi senza valore e lo scagliò verso la corda. Un' improvviso scossone spostò la fune di lenzuola dalla traiettoria del coltello che ne tagliò solo una minima parte. Il tessuto logoro e malandato delle lenzuola fece il resto. Da un piccolo taglietto ad uno strappo ed in fine alla rottura totale. Il giovane cercò di scendere rapidamente, ma non fu abbastanza veloce. Quando fu a un paio di i dalla fine della corda essa si tranciò di netto. Eccolo che cadeva. Si sarebbe rotto un braccio? Una gamba? Il collo? Non credeva ai suoi occhi. Era vivo e incolume. Uno strato di vegetazione era sorto in brevissimo tempo e ne aveva assorbito l'urto.

"Quindi le voci che circolano sul suo ipotetico alleato verde sono vere!”. Non aveva mai messo le mani su di un Elfo e non vedeva l’ora di farlo. La prima occasione era svanita ora non gli rimaneva che seguirli e attendere. Saltando da un tetto all'altro seguì la sua preda fino ad una casa malandata. Dopo aver perlustrato la zona entrarono. Così facendo non si accorsero dei cacciatori che stavano rientrando. Ne seguì una colluttazione e dopo un po' di trambusto Phill ne uscì vincitore con in mano un sacco. Cosa doveva prendere? Incuriosito Arz andò a controllare. Un uomo era fissato al soffitto con delle strane radici, mentre l'altro era a terra senza conoscenza. «I soliti incapaci». Arz prese l'uomo sul pavimento, lo trascinò nella stanza segreta e lo svegliò colpendolo ripetutamente al volto. «Ah! Chi sei!» urlò il cacciatore frastornato. «Zitto! Le domande le faccio io!». Arz prese la pinza appoggiata sul tavolo, le aprì e ci strinse un dito del malcapitato. «V... va bene! Ma non fare scherzi con quelle!» disse il cacciatore tremante. «Bravo! Allora, una domanda, una risposta. Capito?». L'uomo asserì con un cenno del capo. «Cosa c'era nel sacco?». Lo sguardo dell'uomo si fece assente, poi timidamente rispose: «Quale sacco?». "Crack". La pinza si chiuse con violenza rompendo il dito al cacciatore che fece per urlare, ma una mano gli tappò la bocca. Arz avvicinò la bocca all'orecchio dell'uomo: «ti avevo avvertito. Riproviamo: il ragazzo che ha attaccato al soffitto il tuo amico e che ti ha steso, è uscito da qui con un sacco. Voglio sapere cosa c'era dentro». La pinza non si chiuse su nessun dito, questa volta si strinse sul naso. Impaurito il cacciatore cominciò a guadarsi intorno in cerca di un indizio che gli indicasse ciò che voleva sapere l'assassino. Cosa mancava? Più controllava e più non capiva. Stremato si appoggiò al bancone e lì capì. Mancavano il cadavere del Thog e i suoi denti e il cucciolo ancora in vita.

«Thog. Ha preso il piccolo di pietra vivo, quello morto, i denti... tutto». Seguendo la direzione degli occhi del cacciatore, Arz vide il gancio vuoto dove, stando alle parole dell’uomo impaurito, vi avevano appeso il cadavere dell’animale. «Mi prendi per uno stupido!» urlò l'assassino collerico per via di quella risposta idiota. Che cosa se ne faceva un uomo, venuto da un altro mondo, di un Thog appena nato! Stava per strappargli il naso con le pinze quando gli venne in mente un'idea migliore. Con un rapido gesto lo colpì alla fronte facendolo cadere frastornato poi, dopo essere andato nell'altra stanza, liberò gli anali nelle gabbie. Per la maggior parte erano piccoli animali, per lo più roditori o rettili, ma dentro a due o tre casse c'erano delle Tigri Verdi per niente contente. Quando uscì dalla casa il rumore della lotta durò per alcuni momenti poi fu silenzio. Con un sorriso maligno e soddisfatto Arz si mise in cammino verso il deserto di Khork. L'unico motivo per cui uno straniero volesse prendere un animale come quello era per liberarlo o chiedergli informazioni. Decise di seguire il suo intuito e, come Phill prima di lui, si immerse nella notte e sparì tra le case di Rak-Dhora.

Capitolo 7

La notte in cui avevano trovato il Thog era ata e con essa i due giorni successivi. Il cucciolo di pietra si era ambientato e ora correva a destra e a sinistra senza un attimo di sosta riportando le pietre che Phill e Swhith gli lanciavano. Quando lo avevano trovato era diffidente, mal nutrito e in pericolo di vita, ora mangiava quando ne aveva voglia e di notte dormiva vicino a Phill che, nonostante la natura pietrosa dell'animale, non si asteneva dall'accarezzarlo. Da circa un giorno avevano oltreato il confine con il deserto e da allora non avevano più avuto ripari, ne per la notte che per nascondersi. Erano completamente scoperti. C'era di vantaggioso che se qualcuno li avesse seguiti loro li avrebbero visti da una considerevole distanza potendo così, se necessario, scappare. «Thog! Thog!» chiamò Phill. «Certo che chiamare un animale con il nome della propria specie è davvero strano» commentò Swhith sentendo il ragazzo chiamare il piccolo animale. «Perché? Da noi sovente chiamiamo gli animali con il nome che ne identifica l'appartenenza al regno animale. E poi non so nemmeno se mi capisce». «Sicuramente ti sente» disse l'elfo dubbioso mentre, per l'ennesima volta, si girava per guardarsi alle spalle. «C'è qualcosa che ti turba?» chiese Phill che da tempo aveva notato quello strano comportamento. «Mh... È da un po' che mi sembra di essere osservato» commentò l'elfo pensieroso. «Se ci fosse qualcuno lo avremmo visto. Intorno a noi c'è solo desolazione». «Sarà, ma la sensazione rimane». Phill stava per chiamare nuovamente Thog quando lo vide arrivare, mogio, lento, tremante. Preoccupato il ragazzo si chinò per prenderlo in braccio, ma si bloccò perché il peso dell'animale era aumentato tanto e non glielo permetteva. «Thog! Cosa succede?» chiese Phill allungando una mano per accarezzarlo.

L'animale tremava tantissimo, cercava di nascondersi sotto di lui. Tremava a tal punto che gli sembrava di tremare pure lui, poi si accorse che alcune pietre lì intorno si muovevano. Prima quelle piccole poi quelle più grosse ed in fine cominciò a vibrare anche lui. Il terreno sobbalzava al punto da buttare a terra entrambi. «Cosa sta succedendo?» urlò Phill cercando di sovrastare il frastuono. «Un terremoto!» rispose Swhith cercando di rimettersi in piedi. Improvvisamente intorno a loro si alzò un polverone immenso che diradandosi svelò delle pareti immense che si stavano sollevando dal terreno. Non potevano scappare. Oltre alle vibrazioni che impediva loro di camminare, le pareti erano tutto intorno a loro e oltre a circondarli si stavano chiudendo sulle loro teste. Poi tutto fu buio. «Swhith! Ci sei!» urlò Phill alla cieca. «Sì, un po' indolenzito, ma ci sono». Finalmente il terremoto era finito e, a parte il rumore di qualche smottamento lontano, era tutto silenzioso. Phill fece per chiamare nuovamente Swhith quando il terreno sotto ai loro piedi cedette e precipitarono nel vuoto.

Non era ato tanto tempo da quando Arz era arrivato al confine con il deserto che sbucarono anche le sue prede, il ragazzo e il cane di pietra. Anche questa volta la fortuna gli aveva sorriso e con tutti i posti probabili per addentrarsi in quella terra desolata loro avevano scelto quella più diretta. Per un breve periodo li aveva seguiti da vicino, studiandone i movimenti e le abitudini poi un giorno il ragazzo si voltò indietro per controllare che nessuno li seguisse. Pensava ad una coincidenza e non ci diede peso, ma quel gesto diventò ripetitivo. Era improbabile che l'uomo lo avesse visto e oltre al Thog non aveva scorto nessun altro, ma questo non implicava necessariamente che fosse da solo. A dirla tutta, ogni tanto lo aveva visto parlare in direzione dell'animale di pietra e sulle prime pensava fosse solo uno strano comportamento da parte sua, ma ora si stava chiedendo se lì con loro non ci fosse qualcuno in grado di rendersi invisibile ad occhi indiscreti. Lui conosceva un paio di creature capaci di fare una cosa del genere: i primi erano gli elfi, in grado di farsi vedere solo da chi ritenevano

degni di tale onore, mentre le altre erano i cacciatori con la capacità di controllare il vento, ma quella era un'abilità che richiedeva molta energia e ormai lui lo inseguiva da giorni senza aver mai visto nessun altro al di fuori del ragazzo. Alla fine Arz ne aveva concluso che o parlava da solo o con il Thog oppure con un piccolo Elfo e questo avrebbe anche spiegato quel cuscino d'erba che aveva attutito la caduta del ragazzo fuori dal palazzo reale. Sì era l'unica spiegazione plausibile. Da quel momento aveva seguito il suo obbiettivo dalla lunga distanza ed ora, per l'ennesima volta era sdraiato a terra intento a nascondersi quando sentì uno strano ronzio provenire dal terreno sotto di lui farsi sempre più forte. «Cosa sta succedendo?». Dicerie raccontavano di persone sparite e mai più ritrovate, mentre altre ricomparivano misteriosamente lungo il confine con Irys disorientate e spaventate. «No! Se li perdo è la fine!» urlò alzandosi in piedi e mettendosi a correre verso Phill. Ma quel gesto sconsiderato fu inutile. Qualcosa era sorto dalla terra e aveva inglobato il ragazzo e poi era tornato da dove era venuto. Quando Arz raggiunse il luogo dell'accaduto, l'unica cosa che trovò fu un buco di diversi i di profondità e terra smossa. Del ragazzo neanche l'ombra. «Ah! E ora come faccio!». L'ira per la perdita sbottò e gli offuscò i sensi rendendogli impossibile sentire la presenza dietro di lui. «Tu! Straniero!». La voce roca e profonda fece sobbalzare Arz che reagendo colpì d'istinto. Il coltello colpì esattamente all'altezza del cuore e la forza impressa nell'affondo avrebbe ucciso il mal capitato, ma non fu così. L'urto con la dura pietra fece perdere la presa sul pugnale e gli intorpidì la mano. Arz guardò il suo aggressore e quando inquadrò l'essere di pietra fece un o indietro dallo stupore. La schiena urtò contro delle sbarre di pietra create dal nulla dal terreno e presto fu ingabbiato come un animale. «Ah! Fatemi uscire di qui!» urlò imbestialito aggrappandosi alla gabbia di pietra e agitandosi come un matto. «Tu intruso, come uomo prima di te, loro catturati con aiuto di grande Verme, io preso te. Ahahah!». La risata, simile allo stridio di macigni in movimento, fu dolorosa per l'assassino al punto da fargli perdere i sensi.

Phill aprì gli occhi e tutto ciò che vide fu nero. Buio fitto come se stesse ancora tenendo gli occhi chiusi. Tastò il terreno con le mani e sentì sotto di se solo dura roccia. Dopo la caduta non ricordava nulla e ora non sapeva neanche dove fosse. ‘Tutto bene ragazzo?’ chiese Flern con gentilezza. «Sì, grazie. Qualche contusione qua e là, ma niente di grave». «Phill!» si sentì chiamare il ragazzo da una voce assomigliante a quella dell'elfo. «Phill!». Non si era sbagliato era proprio lui! «Swhith! Dove sei? Stai bene?». «Sì, per fortuna niente di rotto. Ci hanno messo dentro a delle gabbie di pietra!». «Come fai a...» la frase fu interrotta da un colpo alla fronte. Phill allungò la mano e constatò la verità delle parole dell'amico. Tutto intorno a se aveva delle sbarre di pietra che formavano una gabbia alta come lui, larga un o e lunga due. Li avevano imprigionati come animali, sia lui che Swhith nonostante fosse invisibile. ‘Siamo nel territorio di Khork, chiunque metta piede sul suo deserto lui e la sua gente viene a saperlo. Non importa che tu sia trasparente o meno loro lo sanno’. Ecco spiegato come mai anche Swhith era finito in gabbia. Tutto intorno a loro era buio, nero come la pece e che tenesse gli occhi aperti o chiusi non faceva differenza. Nel vano tentativo di scorgere qualcosa in quel mare di oscurità Phill vide due fievoli puntini gialli. Non si accorse subito del loro impercettibile movimento, ma man mano che si avvicinavano diventavano sempre più grandi muovendosi su e giù ritmicamente accompagnati da dei leggeri tonfi. Quando furono davanti alle gabbie si fermarono e rimasero immobili sospesi a mezz'aria. Qualche secondo più tardi un paio di colpi improvvisi scossero il terreno e come per magia incominciarono ad accendersi altre luci tutto intorno a loro. Queste, non erano gialle, come le prime, ma rosse. Due, quattro, sei, Phill cercò di contarle, ma presto rinunciò data la loro quantità. Nonostante tutte quelle piccole luci il buio rimase intatto, rendendo impossibile capire cosa significasse tutto ciò. Un terzo colpo fece accendere una luce gialla sopra alle loro teste, che al contrario delle altre prese vigore e aumentò di intensità illuminando l'ambiente,

dissipando l'oscurità. Come l'alba al mattino, la luce, poco per volta, rivelò ai due prigionieri quello che avevano intorno, in modo graduale senza arrecare danno ai loro occhi. Le piccole luci gialle e quelle rosse lentamente svanirono lasciando posto a dei giganti di pietra. Centinaia di colossi che erano sempre stati li senza produrre il minimo rumore. Al posto degli occhi avevano delle gemme colorate, le stesse che Phill aveva visto illuminarsi al buio. Il gigante dagli occhi gialli si avvicinò e appoggiò una grossa mano rocciosa sulla sua gabbia e disse con ferocia: «Voi essere intrusi con cucciolo morto nel sacco!». La voce ruvida e profonda fece vibrare le sbarre della gabbia. «Perché voi qui?». «Ciao, io sono Phill» cominciò a dire il ragazzo. Il piccolo Thog morto non aveva fatto una bella impressione e ora doveva evitare il peggio. «Io e il mio amico Swhith siamo qui per parlare con chi comanda». Le parole di Phill non sortirono alcun effetto, allora provò a menzionare il generale. «Ci manda Maahr!». Nell'udire quel nome tutti i giganti si scossero dal loro torpore. Improvvisamente la mano di roccia si strinse sulle sbarre e Phill venne sollevato con tutta la gabbia. Non capiva se quello che aveva detto era stato di aiuto o no. Intorno a se vedeva solo rocce, alcune rotte, altre nere come la notte poi davanti a loro si palesò una pozza di fango fumante. «Questo è il posto in cui il nostro popolo cessa di esistere sul piano materiale per riunirsi con le anime dei nostri avi, i loro corpi vengono gettati nelle fonti sulfuree in modo che possano contribuire alla nascita delle nuove generazioni e ora tu avrai lo stesso onore». Il gigante di roccia sollevò la gabbia di pietra e fece per scaraventarla nella pozza di fango quando il piccolo Thog, salvato dai cacciatori, si fece avanti e gli morsicò un piede. «Ah! Urlò l'essere» gettando a terra la gabbia con l'intento di schiacciare il cucciolo «come hai osato! Se vuoi vedere sorgere il sole non ti avvicinare più!». Il cucciolo non lo ascoltò e in risposta gli morse l'altro piede. Il gigante di pietra rispose con un calcio che mandò il cucciolo a sbattere contro un masso lì vicino e lo tramortì poi lo afferrò per una zampa e lo portò sulla pozza. «Ti avevo avvertito! Non sarà una grande perdita, d'altronde non sei che un cucciolo». Detto ciò mollò la presa.

A Phill il tempo sembrò rallentare. Il corpo del Thog stava cadendo inesorabile verso la pozza fumante e lui non poteva fare niente. Dalla disperazione si allungò attraverso le sbarre di pietra ferendosi il braccio, ma lo mancò di poco. «No!» urlò a squarcia gola con le lacrime che gli rigavano il volto. Chiuse gli occhi per non vedere la morte del piccolo e innocente cucciolo che nonostante lo conoscesse da pochi giorni lo aveva difeso. Per l'ennesima volta si sentì impotente e inutile. Un brivido lo percorse, dalla schiena alla nuca e nello stesso istante sentì Flern urlare di rabbia. Come un fuoco l'energia del Re delle Fiamme si espanse fuori dal corpo del ragazzo. Tutto si fermò. Il gigante di pietra, il fumo sulfureo, il cuore di Phill e il piccolo Thog. Tutto si immobilizzò. Phill aprì gli occhi e vide il cucciolo di pietra sospeso a mezz'aria a poco più di un dito dal fango mortale legato ad un ramo proveniente dalla sua mano. Non ebbe il tempo di chiedersi come aveva fatto, il gigante con un ringhio mostruoso prese la gabbia con lui dentro e la lanciò direttamente nella pozza fumante. L'ira di Flern prese il sopravvento. Il braccio tramutò in un tronco sempre più spesso finché le sbarre di pietra esplosero. Phill si buttò fuori dalla gabbia e con un gesto fulmineo puntò la mano verso il gigante. Dalle dita scaturirono cinque rami che avvolsero la creatura e permisero al ragazzo di atterrare sul terreno al sicuro. «Come osi!». Il gigante di roccia senza sforzo frantumò i rami e si fece avanti minaccioso. Reagendo di istinto, Phill, tramutò la propria pelle in dura corteccia e si preparò allo scontro. Una miriade di rami spuntarono dal terreno intorno a lui e intercettarono il cammino della creatura iraconda avvolgendola in un bozzolo legnoso, che resistette per qualche breve momento prima di frantumarsi. Una mano granitica calò sul ragazzo che, guidato dall'istinto, schivò buttandosi di lato. Senza ragionare colpì con un pugno il gigante dritto su quello che doveva essere il volto. Un forte rumore di legno frantumato si sparse nell'aria. Phill sentì un dolore fortissimo alla mano, ma non gli importava, lo avrebbe percosso fino a quando non avrebbe chiesto pietà. Caricò di nuovo il colpo, ma con sua sorpresa il gigante retrocedette portandosi una mano nel punto dove era stato colpito. Una piccola scheggia si staccò dal viso lasciando un piccolo solco simile ad una cicatrice. «Chi sei tu?» chiese esterrefatto il gigante al ragazzo. «Sono Phill!». Lo sguardo del ragazzo era intenso e carico di energia.

«Poco fa ho sentito una forza che da anni non sentivo. Calda, forte, pura. Conoscevo una sola creatura in grado di scaturire una tale forza...». «Flern!». Il gigante di roccia stava per aggiungere qualcosa, ma fu interrotto da un boato. Terra e polvere scaturirono da una parete di roccia alle spalle di Phill. Una decina di ombre nere ne uscirono e cominciarono ad attaccare chiunque fosse sul loro cammino. I giganti con gli occhi arancioni, che fino a quel momento erano stati immobili si mossero all'unisono attaccando gli intrusi. Non si capiva bene cosa fossero, di tanto in tanto si vedevano delle fauci scintillare, ma per lo più sembravano degli esseri fatti di solida oscurità. Erano veloci, forti e letali, in pochi colpi riuscivano a smembrare un gigante mentre ci volevano due o più di loro per fermarne una. Improvvisamente Phill fu faccia a faccia con una di quelle creature. Era un Thog adulto, con denti affilati e unghie letali, ma al posto degli occhi aveva due fessure dalle quali usciva un denso e maleodorante fumo nero che lo avvolgeva dalla testa alle zampe. Ad ogni o le zampe lasciavano solchi anneriti sul terreno come se fosse stato bruciato. I due si guardarono, poi l'animale si scagliò su di lui. Nuovamente gli venne in soccorso l’istinto. Phill scartò di lato evitando il contatto con il Thog poi lo avvolse con decine di rami con l'intento di rallentarlo, ma non funzionò, apirono e morirono in pochi secondi. Nuovamente schivò l'attacco e legò l'animale con corde più spesse, ma poco cambiò, allora ò all'attacco. Usò rami e foglie come diversivo saltò più in alto che poté e colpì il Thog dritto alla nuca con una clava di legno indurito con la magia. L'arma si ruppe in mille schegge, ma l'animale di pietra finì al suolo tramortita. Un paio di giganti lo presero e lo fecero a pezzi. Lo scontro durò a lungo, i feriti e i morti si accumularono, ma alla fine i giganti riuscirono ad avere la meglio. «Combatti bene per essere un umano!» disse il gigante di pietra con gli occhi gialli mentre si avvicinava a Phill. «Grazie, ad essere sinceri non sapevo di esserne capace, ma penso non sia tutto merito mio, anzi devo ringraziare lui... Flern». ‘Pensavo ti prendessi tutto il merito!’ commentò sarcastico Flern. «Quindi é vero! Il grande Re delle Fiamme é tornato!». Senza aggiungere altro si inginocchiò davanti a lui, imitato da tutti i presenti, compreso il piccolo Thog

che si era nascosto da qualche parte e ora era tornato a farsi vedere. ‘Finalmente una degna accoglienza!’. «Ma se fino a poco fa volevano arrostirci dentro a quel fango maleodorante!» disse Phill a bassa voce. ‘Sì, ma non per merito mio! Sembra che il tuo amico Maahr non sia tanto ben visto qui, o sbaglio?’. Flern aveva ragione, era bastato il suo nome a far imbestialire il gigante davanti a lui. «Grazie, ma non é il caso, tiratevi su» disse Phill ai giganti inginocchiati.«Le voci dicevano il vero! Un umano, con dentro il Re delle Fiamme! Lasciate che mi presenti, io sono Krhaa, il successore di Khork, è un onore avervi qui». Krhaa si produsse in un altro inchino mettendo a disagio il ragazzo. Mentre distoglieva lo sguardo imbarazzato, Phill vide i resti di un Thog. «Come mai quegli animali ci hanno attaccato?». «Quelli non sono più animali, il Re Nero prende i cuccioli e li trasforma con la sua magia e poi li manda in giro a combattere. Non avevano mai osato tanto, ma molto probabilmente puntavano a voi». «Quindi quelli sono il frutto della magia nera» pensò Phill ad alta voce. «Sì, un giorno gliela faremo pagare per tutto questo, a lui e a Maahr! Già, hai capito bene, quello è un traditore, vile e spietato che non guarda in faccia nessuno!». Krhaa sbatté a terra un piede e fece tremare il suolo. «Come mai c'è l'hai con lui?». «Anni or sono, quando c'era ancora Khork, mandammo un esercito a proteggere lui e Rak-Dhora, ma durante una notte misteriosa, morirono tutti e le sue spiegazioni quali furono? Un’imboscata!». Gli occhi gialli lampeggiarono dalla collera. «E voi come mai siete qui?». Phill non sapeva come rispondere, ma alla fine optò per la sincerità e raccontò tutto quello che Maahr gli aveva detto, compreso il sacrificio di sangue e delle

gemme. Il gigante di pietra ascoltò senza interrompere e alla fine Phill fu sorpreso di vedere titubanza nel gigante. «Nonostante tutto credo che non vi abbia mentito, probabilmente dice la verità. Quando ero piccolo si narravano alcune storie e una di esse era appunto il sacrificio di sangue. Ci pensò qualche momento poi decise di portarli nella stanza del trono. Attraversarono il campo di battaglia e dopo aver percorso diversi tunnel sbucarono in una grotta immensa, sorretta da delle colonne di pietra enormi. La loro circonferenza era pari all'altezza di due uomini. Il soffitto era talmente alto che in alcuni punti la luce non arrivava ad illuminarlo creando un gioco di chiaro scuro molto suggestivo. Come nella grotta precedente l'illuminazione era data da delle pietre luminescenti sparse qua e la, alcune appese al soffitto, altre alle colonne. Per quanto fosse grezzo e poco curato, quel luogo, incuteva timore reverenziale e affascinava Phill che si guardava intorno con ammirazione. Arrivati in fondo alla grotta Krhaa si sedette su quello che doveva essere il trono. Era sormontato da tre stalagmiti che puntavano verso il soffitto e solamente quella centrale, si innalzava altissima e convergeva verso una stalattite che scendeva dall'alto collegandosi tra di loro. Esattamente nel punto di contatto c'era una pietra trasparente che riluceva di una luce propria. Krhaa appoggiò una mano sulla stalagmite centrale. La pietra sembrò liquefarsi, delle onde corsero fino alla gemma che venne assorbita dalla pietra per comparire poco dopo nelle mani del gigante. «Ecco, Phill. Questa è la pietra che stai cercando, con essa i miei predecessori proteggevano Irys e ora l'affido a te». Krhaa allungò la mano e porse la pietra al ragazzo. Phill lo guardò titubante senza sapere cosa fare. 'Forza ragazzo, non te la sta dando in senso materiale del gesto, te la sta affidando affinché tu faccia il sacrificio e riattivi la magia al suo interno'. Senza parlare Phill si tastò le tasche in cerca di un coltello o qualunque cosa per potersi ferire la mano, ma non trovò nulla. Imbarazzato fece per chiedere, ma fu preceduto dal gigante dagli occhi gialli che gli porse un coltello. L'arma aveva l'impugnatura molle, simile al fango, che una volta afferrato cominciò a solidificarsi adattandosi perfettamente alla sua mano e la lama era un diamante

del tutto simile ai denti del Thog. «Tieni, è un regalo da parte mia. Un grande guerriero deve possedere una grande arma e cosa meglio di un artiglio di Thog lo può essere?». «Grazie mille, non so cosa dire» rispose imbarazzato Phill. «Non dire nulla, fa sì che queste terre tornino a splendere come anni or sono». Con un gesto deciso Phill si incise la mano, che nel frattempo era tornata normale, poi l'appoggiò al cristallo. L'energia di Flern, tramite il sangue, ò dal ragazzo alla pietra rapida e inesorabile lasciando Phill esausto, privo di forze. La gemma pulsò di energia vitale rinnovata, calda e potente. Tutte le luci intorno presero vigore illuminando ogni anfratto come se fosse giorno. Per la seconda volta tutti si inginocchiarono al cospetto del ragazzo. «Grazie» disse Krhaa rivolto a Phill sorretto da Swhith. «Prenditi cura di lui anche da parte nostra» aggiunse in direzione del piccolo abitante della foresta. L'elfo, finora rimasto in disparte annui convinto e sbalordito dal fatto che potesse vederlo. «Lo farò a costo della vita». «Penso che da ora in poi non sarete più soli» aggiunse il gigante indicando un punto dietro di loro. Il piccolo Thog era seduto che li guardava e aspettava il momento di ripartire. «Ora riposatevi, questa sera ci sarà un banchetto e una festa in vostro onore!» proclamò Krhaa. Tutti urlarono e batterono i piedi eccitati. «Mi spiace ma non possiamo» annunciò Phill mesto, il tempo è tiranno, il Re Nero sta preparando un esercito e a noi mancano tutte le pietre a parte questa. Scusaci, ma ripartiremo subito». «E sia! Giovane valoroso, permettimi di darti un mezzo di trasporto». Fece un cenno e un paio di giganti sparirono. «Vi abbiamo portato qui come intrusi e vi riporteremo fuori come amici, un Ahrkrha vi riporterà in superficie come vi ha condotti qui». Con un gesto della mano fece avvicinare uno dei giganti lì vicino. «Lui vi condurrà nella stanza della partenza. Abbiate cura di voi, quando tornerete a Rak-Dhora vi raggiungerò per discutere della guerra imminente. Arrivederci!».

«Arrivederci Krhaa e grazie di tutto». I due si strinsero la mano poi Phill, Swhith e il piccolo Thog seguirono il gigante di pietra. In silenzio i tre arono attraverso altre grandi caverne osservati con curiosità dagli abitanti di quel mondo sotterraneo. In un paio di occasioni a Phill sembrò di vedere degli esseri fatti di carne e ossa e non di pietra, ma le visioni furono talmente fugaci che pensò di esserselo immaginato. In fine arrivarono nella sala della partenza. I due giganti, mandati da Krhaa, li stavano aspettando davanti a quello che sembrava un enorme: «Verme!». Vennero fatti are attraverso un buco nella parete esterna dell'animale e condotti in una stanza piena di gemme colorate più o meno brillanti. La cosa che colpì Phill non fu tanto il fatto di entrare dentro ad un invertebrato gigante, quanto la puzza che da esso proveniva. L'odore acre e nauseabondo era tale da costringere il ragazzo a respirare con la bocca aperta. Al posto della carne viscida e maleodorante del verme, percorsero cunicoli di roccia e pietra levigata ando accanto a vere e proprie stanze. «Com'è possibile costruire cose del genere dentro ad un animale?» chiese Phill alla loro guida. «Gli Ahrkrha sono esseri molto vecchi e resistenti, quando raggiungono le dimensioni adatte vendono immerse nel fango della vita e impregnate di energia magica, la stessa che ci dona la vita, e in seguito, senza alcun dolore, vengono preparate per trasportare il nostro popolo in ogni posto noi vogliamo. Stanze, caverne, prigioni, ogni creatura è adibita ad un scopo. Per esempio il Ahrkrha che vi ha catturato è specializzato nella cattura e trasporto in sicurezza degli intrusi». «Interessante. Come fanno a muoversi sotto terra?». «In alcuni casi, sfruttiamo dei canali già esistenti, costruiti appositamente per permettere gli spostamenti: sono più resistenti di quelli normali e possono sopportare anche decine di Ahrkrha alla volta. Al contrario, per i vermi da ricognizione, come quello che vi ha catturato, non c'è bisogno di un percorso prestabilito, dalla punta anteriore emettono una vibrazione in grado frantumare il terreno che permette a loro di are attraverso qualsiasi tipo di roccia gli si para davanti, mentre nella parte finale del corpo emettono una sostanza in grado di riformare la terra spaccata ed evitare smottamenti pericolosi». Quando la spiegazione finì entrarono in una stanza più piccola dove all'interno ci stavano due al massimo tre giganti. Al centro di essa c'erano due colonne di pietra che si ergevano dal suolo in modo da essere alla portata delle mani del gigante che ve

le appoggiò sopra. Phill vide la roccia delle colonne fondersi con le mani della loro guida che precedendo ogni domanda spiegò loro cosa stava facendo: «Siccome i vermi sono creature cieche, per poterle comandare ci fondiamo con la loro mente e diciamo loro dove andare tramite immagini e sensazioni. Ognuno di noi ha innata la capacità di orientarsi e questo ci permette di sapere sempre dove siamo e a che distanza siamo dalla nostra destinazione. Ora scusate ma devo concentrarmi, potete andare nella stanza di fianco a questa per aspettare l'arrivo a destinazione». Detto ciò la flebile luce presente nei suoi occhi si affievolì e si spense, così per non disturbare fecero come era stato detto loro andando nella stanza appena menzionata per aspettare la fine del viaggio comodamente seduti su delle sedie di roccia.

Da quando era stato catturato aveva provato svariate volte a liberarsi, ma quelle gabbie di pietra erano decisamente robuste. Nonostante le sue quattro braccia e la forza superiore a quello di un uomo normale non riuscì neanche ad incrinare una sbarra così rinunciò e rimase in attesa di un evento propizio. Sotto terra per lui era difficile stabilire quanto tempo era ato, ma il buio non era un problema. Nonostante l'oscurità avvolgesse tutto, lui vedeva cosa lo circondava: centinaia di grossi uomini di pietra, gli abitanti del deserto di Khork. Erano immobili, come grosse statue di pietra, in attesa di un segnale dal loro capo. Il tempo per loro non era un problema, essendo esseri di dura roccia, potevano rimanere in letargo per decenni per poi svegliarsi come se fossero ati solo pochi attimi. Arz era immerso nei suoi cupi pensieri quando una pietra luminosa rischiarò la grossa caverna in cui lo avevano rinchiuso. Il grande capo era venuto fin lì, ma sicuramente per far visita agli altri prigionieri. Dalle voci che aveva sentito anche il ragazzo era prigioniero in quel posto. "Qualcosa deve essere andato storto" pensò l'assassino. Se erano venuti con l'intenzione di chiedere aiuto, non aveva funzionato. Un ringhio disumano ruppe il silenzio seguito da un botto e concitazione generale, ma i giganti non si mossero. Poi improvvisamente una parete esplose e dalla polvere e calcinacci uscirono delle bestie immonde. Assomigliavano a dei Thog, ma avevano qualcosa che aveva già visto. Dell'energia nera che ammantava le creature e le rendeva crudeli e mortali oltre ogni dire. Senza dubbio c'era lo zampino di Hahrg e i suoi esperimenti. Non sapeva se essere preoccupato o geloso di quel potere così devastante. Intorno a lui tutti lottavano, morivano o uccidevano. Le Bestie Nere, così decise di chiamarle, mietevano vite a destra e a sinistra e per essere fermate ci volevano due o tre dei giganti di pietra. Improvvisamente una Bestia Nera si fece avanti e

aggredì la gabbia, dove era imprigionato, con l'intento di ucciderlo. La roccia a contatto con gli artigli dell'animale andò in frantumi catapultando Arz all'indietro che ne approfittò per nascondersi. Non poteva nulla contro quelle creature così cercò un posto da dove controllare la situazione e il ragazzo che a quanto pare ora poteva controllare il potere delle piante. Quando la battaglia finì vide il capo dei giganti chinarsi davanti al giovane, poi lo condusse in un'altra grotta dove gli diede un coltello con il quale compì un sacrificio di sangue. Non capiva quel gesto, ma se avevano fatto tanta strada e corso tanti pericoli per quello, allora doveva scoprire cosa significasse. I giganti esultarono per l'accadimento, ma subito dopo il ragazzo seguì uno di loro verso un'altra grotta e poi dentro ad un verme gigante. Fu difficile intrufolarsi all’interno di quell'immenso essere strisciante, ma approfittando di una distrazione di una guardia riuscì ad entrare un attimo prima che si mettesse in marcia. ò da una stanza all'altra in cerca del ragazzo chiamato Phill accompagnato dal suo amico elfo che, se non aveva capito male, si chiamava Swhith e il loro nuovo amico di pietra. Eccoli, per poco non si faceva scoprire. Stava per girare l'angolo quando sentì delle voci. Phill stava dicendo qualcosa, probabilmente al piccolo elfo, poi sparirono dentro ad una stanza lì accanto. Voleva approfittarne e colpire subito il ragazzo per portare a termine il suo compito, ma non era il momento giusto. Avrebbe aspettato che si addormentasse e poi lo avrebbe ucciso. Stava diventando potente e non poteva correre il rischio di essere scoperto prima di averlo in pugno. Cercò una stanza buia, si avvolse nella sua oscurità e attese.

Capitolo 8

Uno scossone riscosse Phill e Arz dal sonno. Non era stato un viaggio comodo, scossoni e sobbalzi improvvisi ce n'erano stati in abbondanza, ma non come quello. Polvere e sassolini si erano staccati dal soffitto della stanza dove dormiva e gli erano caduti addosso. Cosa stava succedendo? Phill, ancora avvolto dalla sonnolenza, si alzò e con o incerto andò dal gigante di pietra per chiedergli informazioni, ma quello che vide non gli piacque. Il l’essere era coricato a terra e due suoi compagni cercavano di tirarlo su. «Cosa sta succedendo?» chiese spaventato. «Qualcosa ha danneggiato l'Ahrkrha e di conseguenza lui ne ha risentito» rispose uno dei due senza voltarsi. «E cosa può aver danneggiato il verme?». «Non lo sappiamo, ma qualsiasi cosa sia si è aperto un varco ed è entrato». A Phill venne in mente l'immagine di uno di quei Thog che li avevano attaccati prima. Com'era possibile una cosa del genere? Trafelato tornò da Swhith per svegliarlo e lo trovò in piedi che a stento tratteneva Thog. «Thog è agitato, tu sai il perché?» chiese Swhith preoccupato. «Hanno attaccato il verme e sono penetrati al suo interno. Non hanno saputo dirmi cosa fosse, ma io temo che siano nuovamente i Thog che ci hanno attaccato mentre eravamo con Krhaa». «Cosa facciamo?». Bella domanda, cosa dovevano fare? Alla peggio lui sarebbe riuscito ad affrontarne uno, forse due, ma se ce n’erano di più sperava che se ne occuero i giganti a bordo dell’Ahrkrha. «Ragazzo!» disse uno di questi entrando nella stanza. «Thog cattivi sono entrati nell'Ahrkrha. Krhaa ci ha ordinato che se fosse successa una cosa così noi avremmo portato grande verme al fiume sotterraneo e gettato te dentro per salvarti. Il verme arriverà tra poco, basta avere pazienza, poi io porta te all'uscita e mette in salvo. Io proteggere te e tuoi amici». Nonostante l'incertezza nel

parlare Phill aveva capito cos'aveva detto. Le sue paure si erano avverate. Mentre il gigante si piazzava davanti alla porta sentì la paura afferrargli lo stomaco. ‘Stai tranquillo Phill, ci penseranno i giganti di pietra a fermarli, noi aspetteremo qui tranquilli e quando sarà il momento ci lanceremo nel fiume e saremo in salvo’. Le parole di Flern erano rassicuranti, ma Phill sentiva la sua agitazione e quello non lo rincuorava per niente. Poco fuori dalla stanza un ruggito e un urlo ruppero il silenzio, poi il gigante di guardia alla porta fu buttato a terra e dopo una lotta frenetica si sentì un forte rumore di rocce frantumate. Il gigante si afflosciò senza vita e il Thogh si fece avanti lentamente come un predatore prima dell'agguato. Phill era pietrificato e non riusciva a muoversi. Swhith era invisibile agli occhi fumanti della bestia e cercò di spostarsi per uscire dalla stanza, ma un movimento della testa dell'animale gli disse che in qualche modo lo percepiva. Il cucciolo di pietra si fece avanti ringhiando, come aveva fatto quando Phill era stato minacciato da Krhaa, ma bastò un ringhio del Thog corrotto per farlo correre a ripararsi dietro a Phill. ‘Coraggio ragazzo, sai che puoi farcela. Devi credere ti te!’ lo incitò Flern, ma il terrore era troppo e lui non riusciva neanche a pensare. L'animale si fermò un attimo prima di spiccare un salto verso di lui. L'istinto del Re delle Fiamme lo salvò per l'ennesima volta costringendolo a buttarsi di lato. Fu veloce, ma non abbastanza, una zampa dell'animale lo colpì ad una spalla mandandolo a sbattere contro la parete tramortendolo. Con lentezza l’animale si avvicinò a lui e quando gli fu sopra aprì le fauci e fece per mordergli la testa, come aveva fatto poco prima con il gigante di pietra, ma fu interrotto dal piccolo cucciolo di pietra che lo azzannò ad una zampa. Fu tutto inutile. Più infastidito che altro il grosso animale se lo scrollò di dosso lanciandolo contro alla parete in fondo alla sala tramortendolo, poi tornò da Phill che nel frattempo si era, suo malgrado, ricoperto di un folto strato di foglie e rami. I denti neri e letali del Thog morsero e lacerarono rami e foglie e si fermarono a poche dita dal volto del ragazzo atterrito pronti a mettere fine alla sua vita. ‘Ora!’ urlò Flern. In risposta Phill piantò il coltello ricevuto in dono da Krhaa nella testa dell'animale che si afflosciò al suolo senza vita. Nonostante il Thog fosse fatto di pietra il pugnale penetrò a fondo come avrebbe fatto una lama normale in una testa “normale”.

‘Bravo! Così si fa!’ esultò il Re delle Fiamme. Dubbioso Phill si alzò in piedi con la spalla dolorante, Swhith era spaventato, ma incolume mentre il piccolo Thog era solo un po’ frastornato, ma illeso. «Presto, dobbiamo fuggire!». Era chiaro che stavano cercando lui. Non sapeva se la sensazione che sentiva era coraggio o incoscienza, ma afferrò il coltello e si diresse verso l'uscita. Tutto dove guardava vedeva corpi di pietra immobili, senza vita, riversi al suolo o fatti a pezzi. «Aiutami» sussurrò a Flern, incerto dei suoi movimenti. ‘Quando sarà il momento saprai cosa fare’. Ripercorsero i corridoi di pietra a ritroso fino ad arrivare alla porta che, sfortunatamente per loro, era ancora sbarrata. Uno stridio fece accapponare la pelle a Phill che si girò di scatto per controllare cosa lo avesse prodotto. Eccolo lì. Più grosso di quello di prima, gli artigli, di diamante nero, con estrema facilità penetravano nella roccia del pavimento. Con lentezza avanzò, sprizzando scintille nere dalle zampe. La bocca semi aperta mostrava i denti che avrebbero frantumato pietre e ossa con la stessa facilità. Un riflesso incondizionato lo portò davanti a Swhith che tremava anche più di lui. «Stai indietro!» urlò con coraggio mostrando il pugnale. Più che un ringhio fu un cupo lamento, quello proveniente dalla gola profonda dell'animale che fece tremare le ossa a Phill. Flern fremeva dalla voglia di combattere, Phill lo sentiva chiaramente e molto probabilmente lui avrebbe potuto fare qualcosa. Dovevano tentare. Cercò di mettere da parte la paura e si impose compostezza e risolutezza, ergendosi in tutta la sua statura. Nulla in confronto alla mole dell’animale. «Flern, aiutami. Aiutami a salvare i miei amici, ti prego. Aiutami. Ti prego per favore dammi la tua forza». Phill ricordò la lotta fatta con il Thog nella caverna, era più piccolo e non era riuscito a fermarlo del tutto, ma era privo di armi mentre ora aveva il coltello di Krhaa e con quello avrebbe almeno guadagnato del tempo per permettere a Swhith e il piccolo cucciolo di pietra di fuggire. ‘Sei pronto ragazzo?’ chiese il Re delle Fiamme. ‘Finora non ho mai espanso la mia aura al massimo per paura di ferirti o peggio… di ucciderti’.

«Scusa, so che chiedendoti questo tu potresti morire con me, accetti lo stesso?». Phill voleva piangere, urlare, scappare, ma l'unica cosa che poteva fare era lottare, perché quella era una terra diversa da quella da dove veniva lui. Niente TV, radio, film o fumetti, qui contavano l’amicizia, il sacrificio e il coraggio. ‘Sì, sono pronto, grazie di tutto è stato un onore vivere con te e sarà un onore morire con te’. Quando le parole di Flern si spensero, Phill sentì un fuoco accendersi dentro e avvampare. Ogni singola cellula fu arsa dalla forza del Re. Un dolore immenso lo fece urlare, battere i pugni al suolo facendosi sanguinare le mani, ma niente poteva alleviare quel male straziante se sormontava qualsiasi cosa e che, inesorabile, aumentava sempre di più. Dalla gola gli uscì un cupo lamento simile a quello del Thog che, nonostante tutto, continuava ad avanzare. Alla fine il dolore si spense e lasciò luce bianca, rovente, ristorante, seducente. Sembrava il sole a mezzogiorno quando si trovava allo zenit, potente fulgore incandescente. L'animale di pietra ebbe una leggera esitazione, poi balzò sul ragazzo. Phill vide l'attacco, al posto di schivare fece un o avanti e colpì con tutta la forza che possedeva. Il pugno si tramutò i un tronco e impattò contro al muso ringhiante del grosso rivale dagli occhi neri. La bestia fu sbalzata a diversi i di distanza e intontita dal colpo barcollò vistosamente. L'ira del ragazzo non si era placata e bruciava determinata a porre fine a quel combattimento. Il Thog piantò saldamente gli artigli a terra pronto a balzare nuovamente all'attacco, ma un gesto della mano di Phill fece spuntare dal suolo delle spesse radici che legarono saldamente l'animale al suolo. L'espediente durò pochi attimi: erano creature che molto difficilmente si sarebbero fatte catturare vive, infatti con pochi colpi si liberò della trappola. I due si corsero incontro a vicenda ringhiano ognuno a modo suo. Quando fu il momento Phill invocò il potere del Re delle Fiamme e impalò al soffitto la creatura con uno spuntone di legno, che lo traò da parte a parte. Nonostante tutto il Thog si muoveva ancora, così, senza un attimo di esitazione, lo fece ancora e ancora finché l'animale non ebbe un sussulto e si immobilizzò. Nello stesso momento il verme ebbe un tremito e si fermò. La porta di pietra si aprì lasciando entrare una folata di aria gelida seguita dallo sciabordio dell'acqua. Erano arrivati. «Presto» urlò Phill prendendo Swhith e il piccolo Thog sotto braccio per poi lanciarsi alla cieca nel vuoto. Il salto durò il tempo di un respiro, poi le dita gelide dell'acqua li ghermì e li trascinò nell'oscurità. Rocce appuntite lo ferirono più e più volte colpendolo ovunque, ma lui non mollava la presa, non avrebbe mai lasciato andare i suoi due amici. Disperatamente avvolse se stesso, l'elfo e il piccolo cucciolo con migliaia di rami e foglie, creando così una zattera resistente

agli urti in grado di galleggiare. Non sapeva da quanto erano in acqua, l'oscurità rendeva impossibile stabilire il are del tempo, l'energia era ormai agli sgoccioli e la gabbia di rami si stava, lentamente, disfacendo. L'ultimo pezzo di legno sparì nel momento in cui Phill toccò una sponda ghiaiosa del fiume. Swhith lo prese per un braccio e lo trascinò all'asciutto in modo che la corrente non lo risucchiasse nuovamente tra le acque impetuose di quel torrente sotterraneo. Thog sembrava a suo agio nell'oscurità più assoluta standogli accucciato di fianco mentre l'elfo tremava e non trovava il coraggio di avventurarsi alla ricerca di una strada che portasse allo scoperto. Un improvviso sciabordio dell'acqua, diverso da quello sentito fino a quel momento li fece sobbalzare. Qualcosa era arrivato fin lì con loro. Phill mise da parte la stanchezza e accumulò l'energia necessaria per creare un ultimo riparo intorno a loro. Le forze fluirono, la terrà tremò e la stanchezza prese il sopravvento illudendolo di sentire qualcuno chiamare il suo nome, poi esausto svenne.

Luce azzurra, soffusa, delicata. Tutto intorno a lui c’era un’aura turchese che non ricordava. Phill si mise a sedere e la prima cosa che notò furono le pareti semi trasparenti dalle quali si spandeva la luce. L'unica cosa che addobbava la stanza era il letto nel quale era coricato e il piccolo Thog che dormiva lì accanto. «Dove sono finito?» si chiese a bassa voce. Ancora intontito si rese conto di indossare solo i pantaloni e gli stivali e che in giro per la camera non vi era traccia dell’altra sua roba. Incerto scese dal letto e si avviò fuori dalla stanza imboccando un lungo corridoio che dava l'accesso a molte altre camere come la sua, allestite nella stessa maniera: pochi arredi in molti casi fatti a pezzi, ma tutto rigorosamente di quel cristallo azzurro. In alcuni casi, addirittura i muri erano stati distrutti. Più procedeva e più la devastazione si faceva violenta e feroce. Il corridoio finì in concomitanza di una porta fatta di legno. L'unica vista finora, fatta di un materiale non trasparente. Esitante la spinse e ò oltre ritrovandosi in una stanza enorme, illuminata da lampadari colmi di luci eteree. Esterrefatto si guardò intorno, i muri, non trasparenti, erano stipati di libri, lunghissimi mobili di legno, colmi di volumi più o meno grandi, ricoprivano le pareti da cima a fondo, senza contare le svariate file di librerie disposte ordinatamente per tutta la stanza. Senza ombra di dubbio era una biblioteca. Entusiasta, Phill si mosse verso il centro della stanza e non si accorse

della presenza che lo stava osservando. «Buongiorno!» lo salutò una voce decisa, ma cordiale. «S... Salve» rispose colto alla sprovvista Phill. «Ti sei riposato? Swhith è andato nel Cuore della Foresta Eterna ad avvertire Ginkgo del pericolo che Irys sta correndo, mentre il cucciolo di pietra ha voluto stare con te» disse la voce misteriosa. Il ragazzo sentendo parlare di Thog si ricordò di averlo visto nella stanza azzurra, ma poi rapito da cosa gli stava intorno lo aveva dimenticato. Si girò guardandosi attorno e lo vide là, seduto vicino alla porta che si guardava attorno. «Sì, sto meglio, anche se ho male un po' ovunque» disse sempre più incuriosito dalla persona con cui stava parlando. «Dove siamo? Quanto sono stato senza conoscenza?». «Qualche ora» preciso una ragazza palesandosi. «Kryia!» esclamò Phill raggiungendola di slancio ed abbracciandola. «Che bello vederti! E tuo fratello!». La ragazza fu piacevolmente colpita dal calore del ragazzo e contraccambiò con trasporto. Era bello vedere che qualcuno, nonostante tutto, non era ancora cambiato. "Per ora" pensò dura. «Ray si è ripreso dopo qualche giorno di cure, poi Ginkgo mi ha mandata qui, quasi sapesse che prima o poi saresti arrivato». Il viso della ragazza si rabbuiò, come se ci fosse qualcosa che non andava. «Swhith mi ha raccontato qualcosa, ma ha detto che se volevo sapere di più dovevo chiedere a te». Mentre parlava gli porse la maglia, che gli aveva tolto prima di sistemarlo nel letto, poi dopo che lui se la fu indossata lo guidò verso un tavolo al centro di una saletta, dove si sedette in attesa che le raccontasse ogni particolare. Mentre Phill non risparmiava i particolari della sua avventura, Kryia ascoltava rapita e di tanto in tanto sembrava assorta in chissà quali pensieri. «Tu ti fidi del generale Maahr?» chiese lei senza preavviso. La domanda lo spiazzò, ma non fu difficile rispondere, visto che era da tempo

che anche lui ci stava pensando. «Non mi convince molto, se è quello che vuoi dire. Quando ho fatto il suo nome davanti a Krhaa, mi ha quasi ucciso in una pozza di fango maleodorante, d'altro canto è l'unico che ci ha dato una soluzione plausibile al nostro problema. Anche Flern ha qualche remora, ma come dicevo prima è l'unica strada che abbiamo da percorrere. Per il momento andremo avanti così, sperando di accorgerci di qualsivoglia inganno prima che sia troppo tardi». Phill era convito di quello che stava dicendo, ma in cuor suo sapeva che non sarebbe stato così facile. «Mi hai raccontato che ti ha sottoposto al test dei Cercatori e che sei risultato negativo a ogni elemento, ma l'elfo mi ha detto che sai usare la magia di mio fratello... com'è possibile?». «Non lo so, ma quando Flern scatena la sua energia riesco a comandare la natura e non le fiamme». Phill fece un movimento con le spalle «non sappiamo come mai». «Sembra quasi che la tua incapacità di controllare un elemento ti dia la possibilità di comandarli a tuo piacimento, a patto tu abbia un vettore attraverso il quale incanalare l'energia del Re delle Fiamme» spiegò Kryia «mentre eri senza conoscenza ho fatto qualche ricerca su quello che mi aveva detto Swhith sui cristalli e il sacrificio di sangue, ma a tal proposito non ho trovato nulla. Invece ho trovato una cosa interessante». Con lo sguardo luminoso Kryia si alzò prese un volume dalla libreria lì accanto, lo appoggiò davanti a Phill e lo aprì. Le pagine che vide mostravano il disegno di un uomo che indossava dei monili recanti i simboli di ogni elemento e che attorno a lui erano rappresentate le varie magie. «Non ho idea a quale era risalga questo documento, ma a vedere dalle rune con cui è stato scritto è molto vecchio. Se non ho interpretato male i simboli, narra di uomini e donne capaci di controllare gli elementi a loro piacimento. Attraverso oggetti magici quali collane, bracciali o armi, erano in grado di richiamare il potere che gli serviva e di usarlo. Fuoco, terra, aria, acqua o quello della natura a seconda delle esigenze. Erano persone dotate di grandi quantità di magia neutra che attraverso quegli oggetti ne assorbiva l’essenza e le caratteristiche. Proprio come è successo a te». «Come me? Ma la mia magia non è neutra, dentro di me c'è il Re delle Fiamme e

la sua è una magia rovente» la bruciante sensazione provata durante la fusione con Flern gli tornò in mente vivida e dolorosa. «Lo so... Ho paura che senza di lui tu non saresti in grado di usare nessun tipo di magia. Il tuo corpo trasforma la sua energia “calda” in energia neutra che poi viene incanalata in qualche oggetto in tuo possesso. Ma quale?». 'Il dono di Ginkgo, quello che ti rende un membro riconosciuto della Foresta Eterna' disse Flern che fino a quel momento era rimasto in silenzio. «Giusto, Flern mi ricorda il ramo che Ginkgo mi ha messo al braccio come segno di rispetto e fiducia». Phill alzò la manica a rivelare il ramoscello attorcigliato al braccio e al posto vi trovò dei disegni verde smeraldo impressi nella pelle. «Cosa vuol dire tutto ciò?» chiese preoccupato alla ragazza stupita quanto lui. 'Quello che ti ha fatto, non era un semplice regalo, è parte della pianta alla quale è legato tutt'ora e nel caso asse a miglior vita, tu, saresti il suo successore riconosciuto". Phill rimase senza parole e quando ne spiegò il motivo a Kryia anche lei ammutolì. Com'era possibile che lo avesse investito di un tale onore senza neanche conoscerlo? «Questo spiega come tu possa usare la magia del legno, ma come spieghiamo quella della terra?» disse la ragazza in soprappensiero. «Scusa? Della terra?» chiese Phill guardandola stranito. «Sì, come te lo spieghi?». «Non me lo spiego perché io non so come usarla». La faccia della ragazza era perplessa e per alcuni attimi sembrò rimuginare su qualcosa. «Quando vi ho trovato lungo il fiume, non credevo a quello che avevo davanti agli occhi. Eri sdraiato a terra con l'elfo che ti reggeva la testa, il Thog vicino ai piedi e tutt'intorno avevate una corona di pietre appuntite che vi circondava. Era impossibile che ci foste finiti in mezzo per pura fortuna, chiunque si sarebbe ferito cercando di entrarvi sotto la luce del sole, figuriamoci alla cieca nel buio più profondo».

«Non ho idea di come abbia potuto evocare la terra, ma so che prima di svenire ho sentito un rumore nell'acqua e il mio primo pensiero è stato di proteggere Swhith e Thog con qualcosa di più resistente delle radici, poi ho sentito un tremolio provenire dal terreno sotto di me e sono svenuto». Phill non capiva come avesse potuto fare una cosa del genere poi collegò il discorso dei manufatti magici e... «Il pugnale!». Si tastò le gambe poi si alzò di scatto e corse nella sua stanza, ma non trovandovi nulla tornò in biblioteca, al tavolo, dove vide la ragazza intenta ad esaminare il coltello che gli aveva regalato Krhaa. «Cercavi questo?» chiese sorridendo sorniona. «Pensavo di averlo perso. Quello me lo ha dato Krhaa quando ho fatto il primo sacrificio e poi me lo ha lasciato in dono». Phill allungò una mano e se lo fece restituire. «Dici che è per merito di questo pugnale se ho creato quella sorta di barriera?». «Non lo so, ma è l'unica spiegazione plausibile che abbiamo». Kryia si ò una mano sul viso poi lo guardò con gli occhi luminosi. «Facciamo una prova!». Senza aspettare una risposta da parte di Phill, lo prese per una mano e lo portò al centro della biblioteca dove la stanza era più spaziosa. «Prima iniziamo con qualcosa che in teoria sai controllare. La magia della natura, quella del legno». Phill non era sicuro di sapere quello che faceva, ma ci volle comunque provare. «Pronto Flern?» chiese al Re delle Fiamme. 'Sì' fu la risposta scettica del Re. Phill si concentrò e con sua sorpresa sentì chiara e vivida l'energia del suo ospite scorrergli dentro. Non l'aveva mai sentito così bene come in quel momento. Era quasi tangibile. Non sapendo come impiegare quell'energia pensò di rivestire la mano destra con la corteccia, come era successo quando stava combattendo contro il Thog dagli occhi neri. Immediatamente l'arto si rivestì di coriacea pelle legnosa, dura al tatto, ma flessibile nei movimenti. «È la prima volta che riesco a controllarla così bene, normalmente dovevo essere sotto pressione o esasperato per far sì che si rivelasse». «A mio fratello gli ci sono voluti anni per imparare quella magia» disse esterrefatta Kryia. «Ora prova con quella della pietra». Phill alzò il pugnale davanti ai suoi occhi e si concentrò su di esso. Qualche

istante dopo il cristallo, di cui era fatta la lama, emise un lieve luccichio, niente di più. Com'era possibile? Il ragazzo alzò lo sguardo interrogativo sulla Cercatrice e la vide in posizione di attacco con un globo di liquido blu che le girava intorno. «Probabilmente se messo alle strette riuscirai a combinare qualcosa». Quando la frase finì dalla sfera di acqua fluttuante partirono dei proiettili di liquido nella sua direzione. Com'era successo in precedenza, schivò il primo attacco grazie al l'istinto del Re delle Fiamme, ma poi, con le spalle al muro e i proiettili di acqua davanti a lui, l'unica cosa a cui pensò fu uno scudo di pietra in grado di fermare i dardi. Poco prima di essere colpito dal suolo si alzò una lastra di duro minerale che ne intercettò la traiettoria e lo mise al riparo dai colpi. L'entusiasmo di Phill per quello che aveva appena visto si spense immediatamente, l'energia usata per creare lo scudo fu troppa e rischiò di svenire nuovamente. «Phill! È colpa mia» intervenne Kryia per sorreggerlo «non avrei dovuto farti sforzare così tanto dopo quello che è successo. Ora vai a riposare, domani faremo il sacrificio poi vedremo il da farsi». Sorretto dalla ragazza, Phill, si fece accompagnare nella stanza dove si era svegliato e poco dopo essersi disteso piombò in un sonno profondo e ristoratore.. Il giorno seguente Kryia lo portò dalla Gemma per fare il sacrificio. arono attraverso un villaggio fatto tutto di muri traslucidi come quelli che Phill aveva visto all'interno della biblioteca, con la differenza che lì quasi tutti erano in frantumi. La ragazza raccontò che Il Re Nero promise la grazia al popolo se Ohk si fosse costituito, ma non fu così. Una volta imprigionato il Re delle Acque Nherb scatenò il suo esercito invadendo il lago e uccidendo la maggior parte dei suoi abitanti, imprigionando chi si arrendeva o chi non moriva. Case, palazzi, muri di cinta, tutto fatto a pezzi. Guardandosi intorno Phill vide desolazione, distruzione e morte. Scheletri sotto le macerie testimoniavano la crudeltà e la cruenta violenta azione distruttiva dell'esercito del Re Nero. Tutt'ora non si sapeva che fine avessero fatto Ohk e i cittadini del Lago di Cristallo. Superarono la città sommersa ormai deserta e si recarono nel palazzo reale dove la scena si ripeté ancora più forte. Lì la violenza degli invasori era stata maggiore, senza freni. Arti scheletrici sparsi qua e là come foglie secche, cadute dall'albero morente, giacevano a terra tra pezzi di muri e sculture deturpate. Teschi ammucchiati a creare macabre opere d'arte rappresentavano la pazzia

dell’invasore privo di umanità e rispetto per i morti. Phill non ebbe parole per commentare tale scempio, tutta quella violenza irrispettosa lo turbava nel profondo. Nella sala del trono il pulpito dal quale il Re teneva i discorsi era stato fatto a pezzi così come il suo trono, poi avevano cercato di distruggere anche il piedistallo dove era appoggiato il trono senza riuscirci. Kryia vi ci salì sopra facendo segno a Phill di imitarla. Quando i due vi ci furono sopra lei indicò sotto di loro con un dito. Nell’azzurro del minerale si intravvedeva un globo di un colore più scuro. «L'unico modo per poter accedere alla gemma è attraverso la magia, altrimenti è impossibile rompere il cristallo che la protegge» Kryia lo guardò poi con sguardo sicuro e deciso aggiunse: «Cerca di estrarre la gemma dal cristallo che la protegge». «Ma… non ho niente con cui focalizzare il potere di Flern» disse titubante Phill. ‘Mammoletta’ commentò il Re delle Fiamme senza mezzi termini. «Guardati intorno, è pieno di cristallo, ma credo che il migliore sia proprio quello sulla quale ci troviamo noi». Al contrario del Re focoso che aveva dentro di se le parole di Kryia furono gentili e pazienti. Phill, seppur titubante, provò ad appoggiare la mano sul piedistallo e ad infonderci la sua energia neutra all'interno. Con sua sorpresa, sulla superficie del minerale, si formarono delle increspature che si espansero su tutta la sua superficie, poi lentamente la gemma venne a galla. «Come supponevo il cristallo ha risposto alla tua energia. Questo è quello che noi definiamo il Primitivo, ossia il più puro e nobile dei liquidi utilizzato per la magia di Ohk». Mentre si chinava per raccogliere la gemma, immerse una mano nel Primitivo e ne raccolse un po' e lo porse a Phill. «Io non sono nessuno, paragonata al Re delle Acque, ma al momento sono l'unica in grado di fare una cosa del genere e suppongo che se fosse qui farebbe la stessa cosa». Dal liquido che teneva in mano si librarono per aria decine di piccolissime sfere che si unirono una all'altra a formare una sort a di sottile catena, il rimanete si trasformò in un cristallo di neve come quelli che da giovane aveva visto al microscopio. Quando Kryia ebbe finito Phill indossava la collana con il ciondolo

fatta con il Primitivo. «Fatto, ora sei un membro ufficiale della popolazione del Lago di Cristallo e con esso sarai in grado di controllare le acque di Irys». «Grazie, sono lusingato. Grazie». Phill si ò il ciondolo tra le dita mentre una lacrima gli rigava il volto. Ripresosi dall'emozione estrasse il pugnale e si incise la mano, esattamente nel punto fatto nel deserto con Krhaa e cosparse la gemma compiendo il sacrificio. Kryia rimise la pietra nel cristallo che cominciò a pulsare di luce azzurrina e a vibrare pericolosamente. Spaventati, i due ragazzi, saltarono giù dal piedistallo e cominciarono a guardarsi intorno. Il palazzo cominciò a tremare, scosso da terribili pulsazioni di un cuore remoto, esanime, privo di vita da moltissimo tempo. I muri, semi trasparenti, si riempirono di crepe e si frantumarono prima di sciogliersi come ghiaccio al sole per poi riformarsi belli, solidi e imponenti colmi di una gloria ata e futura. Stemmi e blasoni spuntarono ovunque riportando l'immagine del medaglione che Phill portava al collo. Con gli occhi pieni di meraviglia Kryia si guardava intorno poi con una mano lo toccò su di una spalla. «Guarda...». Phill si voltò e lo vide, magnifico, imponente, eretto in tutta la sua imponenza. Il trono era tornato in tutta la sua regalità a svettare davanti a quella che era la sala del Re. «Ti sta reclamando» disse la ragazza inchinandosi. Phill si avvicinò al trono, lo toccò con le dita e ne saggiò la solidità. 'Sono meravigliato quanto te da questa cosa, ma sei sicuro di voler accettare?'. Phill non rispose, ma si sedette sullo scanno e guardò la sala vuota e poi la ragazza ancora inginocchiata davanti a lui. «Come dicevi prima» disse sommessamente il ragazzo alzandosi dal trono e porgendo la mano alla ragazza «Ohk non è qui ma sarebbe più contento di sapere te al suo posto che me, uno, sconosciuto arrivato da un altro mondo con al suo interno un Re che si infiamma per un non nulla». Phill le sorrise e con gentilezza invertì i loro posti. Questa volta fu lui a inginocchiarsi. «Mia Regina».

«Non posso» esclamò lei scendendo dal piedistallo. «Chi meglio di te! Sei coraggiosa, intelligente e molto probabilmente sei l'ultima del tuo popolo». Kryia si fermò scossa dai singhiozzi. «Lo so, ma...» non riuscì a finire la frase. Era troppo per lei ammettere di essere l'ultima abitante rimasta del Lago di Cristallo. Senza parlare uscì dal castello dove ritrovò tutta la città sommersa ricostruita, più solida e sfarzosa di prima. Era uno spettacolo senza eguali, sì, ma era una città fantasma e non sapeva se sarebbe mai ritornata viva e rumorosa come un tempo. Per il resto della giornata i due ragazzi non si parlarono più, ognuno stette per conto proprio poi prima di coricarsi Kryia ò da Phill per dirgli che, Swhith, prima di partire le aveva detto che se nell'arco di cinque giorni non fosse tornato, avrebbero dovuto continuare senza di lui. In un modo o nell'altro li avrebbe raggiunti. Phill non capiva come mai li avesse lasciati così, senza una spiegazione. Sicuramente aveva avuto i suoi validi motivi, ma poteva almento aspettare che si riprendesse per poterglielo dire di persona. L'unico compagno che gli rimaneva era il piccolo Thog, che nonostante ogni tanto Phill si dimenticasse ci fosse, era sempre lì al suo fianco intento a sgranocchiare qualche cristallo blu. I giorni arono, Kryia, dal giorno seguente sembrò più decisa e risoluta al punto da obbligarlo a fare esercizio nel combattimento corpo a corpo. Tra i suoi insegnamenti e l’esperienza del Re del Fuoco al suo interno, in breve tempo il ragazzo riuscì a tenere testa alla ragazza, sia nel combattimento con le armi che in quello magico. La mattina del sesto giorno Phill e Kryia percorsero la strada principale della città sommersa finché non sbucarono sulla costa del lago in direzione del Monte Cavo. «Grazie di tutto» disse Phill abbracciando la ragazza. «Grazie a te» replicò lei contraccambiando con calore. «Ho pensato a lungo alle tue parole e, nonostante mi faccia male ammetterlo, solo per il momento accetterò il posto di Regina del Lago di Cristallo. Se Nherb ha davvero intenzione di scatenare la guerra ci servirà un esercito in grado di fermarlo e

spazzarlo via. Nei giorni ati ho già lanciato dei segnali noti solo alla popolazione del lago. Spero che in questo modo chi è sopravvissuto torni e mi aiuti a ricreare il regno così com’era prima della venuta di Nherb. Sempre che lo voglia. Magari sono ancora troppo spaventati e non vogliono correre altri pericoli. Comunque vada, nel momento del bisogno noi ci saremo, anche se dovessi esserci solo io». Gli occhi della ragazza luccicavano emozionati. «Grazie a te Kryia, per il dono che mi hai fatto e per tutte le cose che mi hai insegnato. Sarai una splendida regina». Phill si inginocchiò reverenziale. 'Da quello che ho potuto vedere in questi giorni' disse Flern 'sono convinto anch'io che sarà un'ottima regina adesso è in futuro'. «Il Re delle Fiamme si dice d'accordo con me, Regina». «Grazie mille a tutti e due. Ora andate». Con quelle parole di commiato Kryia si girò e rientrò nel aggio che portava alla città che si chiuse alle sue spalle lasciando l'acqua azzurra del lago a riflettere la luce del sole che stava sorgendo. Phill guardò verso l'imponente Monte Cavo e carico di un nuovo spirito e nuove speranze si inoltrò nella foresta. La strada da percorrere era ancora lunga, ma si sentiva positivo e felice e con Thog al suo fianco era pronto per riprendere il viaggio.

Capitolo 9

Erano ati tre giorni da quando aveva lasciato il lago con la sua nuova Regina, ma nonostante marciasse in modo spedito il Monte sembrava sempre molto lontano. Una cosa che al contrario stava cambiando molto era la stazza del piccolo Thog, che ormai non sembrava più tanto piccolo. Da quando erano riemersi in mezzo alla natura non aveva fatto altro che mangiare ogni tipo di pietra gli si parasse davanti. Probabilmente la dieta a base di cristallo azzurro non gli era piaciuta un granché e quindi doveva rifarsi, oppure era solo una fase evolutiva della sua crescita. Oltretutto, fino a quel momento, era stato privo di occhi mentre ora si potevano vedere due piccole gemme scure che di tanto in tanto brillavano di una fievole luce azzurrina. La notte stava prendendo prepotentemente il posto al giorno così Phill si decise a fermarsi. Con l'abilità acquisita con l'allenamento di Kryia, si fece un riparo con delle radici create dal terreno e con la magia della pietra fece un piccolo riparo dove poter accendere un fuoco in tutta sicurezza. Prima di partire, la cercatrice, gli aveva dato delle scorte di viveri necessari per qualche giorno, in modo che potesse procedere senza rallentamenti, ma erano quasi alla fine e presto avrebbe dovuto cacciare o chiedere agli alberi di dargli qualche frutto. Ora che ci pensava però, da quando era nel bosco non aveva ancora ne visto e sentito nessun elfo delle piante. La mole del suo piccolo amico non era più tanto minuta da permettergli di dormire con lui, così restava sempre allo scoperto. A Thog, stare sotto le stelle, non sembrava dispiacergli e Phill in questo modo dormiva tranquillo. Un Thog adolescente di quelle dimensioni, davanti all’entrata del suo rifugio, fungeva da deterrente per qualsiasi animale selvatico. Le braci del falò erano ancora rosse e la notte ancora buia quando uno schiocco improvviso squarciò il silenzio della foresta. Phill si svegliò e per prima cosa chiamò Thog che si affacciò subito all'entrata del riparo, gli mise una mano sul muso di pietra e fecero silenzio qualche momento per capire cosa fosse stato, ma non si ripeté, magari era stato frutto della sua immaginazione. Chiuse gli occhi e non fece in tempo a riaddormentarsi che un secondo schiocco, questa volta più vicino, risuonò nella foresta. Thog, questa volta, si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro nervosamente. Qualcosa non andava. Ogni suono era sparito, anche il frusciare delle foglie al vento era cessato, come se tutta la foresta stesse tenendo il fiato sospeso. Improvvisamente il Thogh di pietra emise un cupo brontolio, segno che qualcosa lo stava agitando. 'Qualcosa non va' intervenne Flern.

«Già!» fu la risposta secca del ragazzo. I rumori aumentarono, destra, sinistra, davanti e dietro. Erano accerchiati. Phill appoggiò la mano a terra e sprigionò la magia della natura. Era un trucco che gli aveva mostrato Kryia, un espediente che suo fratello usava sovente nei pedinamenti, gli permetteva di stabilire il numero di avversari e dato il peso esercitato sul terreno anche la loro stazza. La magia si diffuse intorno a loro toccando piante, cespugli, fiori e i loro aggressori. Erano tanti, almeno cinque di loro si muovevano su quattro zampe, probabilmente Thog adulti, mentre i rimanenti si muovevano su due piedi, ma di quelli Phill ne rilevava quasi il doppio. 'Siamo in un bel guaio, questa volta sono in tanti'. «Sì, ma questa volta sono preparato». La sicurezza acquisita non era tale da celare la paura che gli attanagliava le viscere. Era il primo scontro che affrontava con le sue sole forze e quelle di Thog senza l'aiuto di nessuno. Cupi brontolii si stavano avvicinando e con loro urla concitate in una lingua che non conosceva. 'Khuruhk, non ci voleva. Non bastavano quelle bestie orrende, ora ci manda anche i suoi sgherri!'. L'agitazione del Re delle Fiamme non fu di grande aiuto per il morale del ragazzo. 'Comunque vada non ci avranno mai!'. L'energia di Flern divampò e avvolse Phill che rabbrividì. Grazie alla magia della natura seppe dove colpire e non aspettò una loro mossa per agire. Concentrandosi richiamo la magia della terra pronto ad intrappolare i nemici, ma le parole di Kryia risuonarono nella sua mente: «Difficilmente riuscirai a catturare un Thog adulto, per di più uno di quelli corrotti dalla magia di Nherb, dovrai ucciderli o loro uccideranno te. Se ne hai l'occasione non esitare. Non sono più come il tuo amico roccioso, sono diversi, crudeli, violenti, creati per un solo motivo». Dispiaciuto per le sue prossime azioni chiuse gli occhi e incanalò il suo volere alla terra sottostante. Varie stalagmiti di roccia durissima bloccarono i movimenti dei cinque Thog poi con un colpo deciso li impalò uccidendo tre di loro sul colpo. Due sfuggirono alla trappola frantumando la roccia con i denti e si lanciarono verso di lui accompagnati dai loro guardiani.

«Vai Thog!». Sentendo le sue parole l'animale si scagliò sul primo Khuruhk che gli si parò davanti sparendo tra la vegetazione. Finché gli altri Thog corrotti sarebbero rimasti in vita sia lui che il suo amico a quattro zampe sarebbero stati in pericolo, così la prima cosa da fare era eliminare proprio loro. Alzò una mano, afferrò una liana richiamata con la magia e salì in alto, al sicuro, tra i rami dell'albero. Con lo stesso espediente fece sparire un paio di Khuruhk che però rimasero appesi senza vita a mezz’aria. L'allenamento con la cercatrice stava dando i suoi frutti. Era pronto, attento e agiva con rapidità ed efficacia. 'Certo, merito suo perché è una donna e anche abbastanza attraente!' protestò Flern ai pensieri di Phill. «Anche tu sei fantastico!». La sua voce attirò l'attenzione del nemico e una spada si piantò appena sopra la sua spalla, mancandolo di poco. «Per un pelo! Per rispondere alle tue stupidaggini tra un po’ ci rimango!» sussurrò Phill irritato, che si spostò saltando da un ramo all'altro come uno scoiattolo. Quando fu al sicuro appoggiò una mano al tronco e rifece come prima. Rilevò la posizione dei nemici e uno ad uno li fece sparire tra le fronde. Cominciava a stancarsi, non era abituato ad usare così a lungo l'energia di Flern. Fece per spostarsi, ma mise un piede in fallo e scivolò di sotto. La caduta nel buio fu rapida e in’aspettata, ma con prontezza richiamò a se la forza della natura e alcuni rami lo avvolsero fermandolo a poche dita dal suolo. Con un sospiro sciolse i tralci r rotolò dietro ad un cespuglio ripromettendosi di fare più attenzione. I rumori della lotta tra il Thog e i Kuruhk pervadevano il bosco intervallati da momenti di silenzio. Phill ne approfittò per rilassarsi e recuperare le forze, aveva ancora due mastini rocciosi corrotti da sistemare e tre Khuruhk da uccidere. I sensi magici gli dicevano che nonostante tutto, i nemici, lo avevano circondato e si stavano stringendo intorno a lui. Due Thog a destra e i loro tre padroni a sinistra. Con un leggero movimento delle piante guidò i due animali di pietra verso di lui e quando furono abbastanza vicini li trafisse con una miriade di lance di pietra. «Perfetto, ora però la parte più difficile» disse girandosi verso destra in direzione dei Khuruhk. Mantenendo un leggero controllo sulla magia della natura, per sapere dove fossero i suoi avversari, concentrò, quella che ne rimaneva, sul ciondolo datogli in dono da Kryia. Il Cristallo blu si deformò fino a prendere le sembianze di una spada. Silenziosamente aggirò il primo rivale con l'intento di prenderlo alle spalle, ma quando fu il momento di colpire quello si girò di scatto e parò il fendente con la sua lama. Lo aveva sentito, in qualche modo aveva capito che stava arrivando. Non era solo alto e grosso, ma aveva anche un

cervello. Phill non era in grado di sconfiggerlo solo con le armi e un ulteriore utilizzo di forza magica lo avrebbe debilitato ulteriormente. Lo scambio si protrasse per qualche momento poi fu sbattuto a terra sfinito e l'arma tornò nella sua forma originaria. Davanti a se aveva uno di quegli esseri che lo osservava e anche nel buio della notte, Phill, notò i tre corni e gli occhi pieni di malvagità. Poco dopo arrivarono anche gli altri due Khuruhk che, con grande orrore da parte di Phill, avevano con loro il Thog, trascinato a peso morto. Senza riguardi lo lanciarono di fianco a lui che incurante della situazione andò a sincerarsi delle sue condizioni. Non sembrava morto, ferite non ne aveva, era stato solo tramortito. Il più vicino dei tre emise degli strani versi gutturali che fece ridere gli altri due. Probabilmente ridevano della sua premura nei riguardi del Thog di roccia. Colto da un'improvvisa ira Phill raccolse le ultime gocce di energia che gli rimaneva per scagliarla su di loro quando fu fermato. 'Non farlo, nel migliore dei casi li uccidi, rimani senza energie e tra un’ora o due al massimo la retroguardia ci trova e ci porta dal loro capo, oppure nel peggiore dei casi loro muoiono, noi moriamo, il regno viene invaso dal Re Nero e alla fine muoiono tutti’. Flern aveva ragione, ma come avrebbero fatto a uscire da quella situazione? Phill mise da parte l'idea di ucciderli, ma non la speranza di liberarsi di loro. Fece per alzarsi, ma pedata non tanto delicata lo rimise al suo posto. Ogni attimo che ava le chance di riuscire a fuggire diminuivano. Testardo provò nuovamente a tirarsi su, ma questa volta fu tramortito con un colpo alla nuca. Tutto cominciò a roteare e a riempirsi di puntini luminosi. Le buone maniere erano finite. Un conato rischiò di farlo vomitare. 'Cerca di non farli arrabbiare, privo di sensi sei utile come una borraccia forata'. Non fosse stato per il senso di nausea avrebbe riso per l'analogia appena usata da Flern, ma l'unica cosa che fu in grado di fare fu coricarsi a pancia in su e respirare a grandi boccate. I puntini luminosi non accennavano a sparire, al contrario, e la conferma di ciò gli arrivò quando vide uno dei Khuruhk agitare una mano artigliata cercando di allontanarne una come se fosse una lucciola. «Ma cosa s...». Le parole gli morirono in gola quando vide una delle grosse creature venire a contatto con una di quelle piccole luci e sparire nel nulla lasciando al suo posto una miriade di scintille. Gli altri Khuruhk cominciarono ad agitarsi muovendo per aria le loro armi con l'intento di farle andare via, ma fu tutto vano. Ben presto anche i due rimanenti scomparvero come aveva fatto il

primo. Phill si guardava intorno basito, ora, al posto dei suoi nemici, era circondato da quelle piccole lucciole che sostavano a mezz'aria come in attesa di qualcosa. 'Hai visto? Non sono bellissime?'. «Stai delirando? Hai battuto anche tu la testa!» chiese come se fosse una cosa possibile. 'Sono creature che fanno parte del mio popolo, si chiamano Fate Scintillanti. Sono piccolissime fatine alate con un'abilità estremamente singolare e utile. Quando minacciate, si disfano del loro corpo materiale per tornare con la loro essenza le luogo di origine, dove, dopo qualche giorno, riacquistano la loro forma fisica'. Mentre Flern palava, una di queste misteriose fatine si avvicinò a lui e si mostrò in tutta la sua bellezza. Aveva grandi ali scure, nere come la notte che si muovevano rapidissime, al punto da sembrare ferme. Su ogni ala c'era un puntino luminoso che si spostava di continuo sembrando una cosa viva. Il piccolo corpo era anch'esso nero e non sembrava avere arti come braccia o gambe, ma era impossibile stabilirlo con la poche luce disponibile. Mentre cercava di stabilire se avesse o no un viso umano o meno, un forte desiderio lo assalì. Doveva assolutamente toccarla, quindi contro ogni logica, visto quello che era appena successo ai suoi rivali, alzò una mano. Quando fu lì lì per sfiorarla le porse il palmo invitandola a posarsi su di esso. ‘La cosa singolare di questa capacità’ aggiunse il Re delle Fiamme ‘è che le rende in grado di trasportare oggetti o esseri viventi oltre a loro stesse. L'unico effetto negativo è il dolore che prova il trasportato nel momento in cui la Fata si smaterializza portandolo con se, subito dopo essere entrata in contatto con lui'. Phill, assorto dalla visione ipnotica della Fata, recepì solo all'ultimo le parole di Flern e non fece in tempo a ritrarre la mano. Il piccolo essere volante si posò con grazia sul suo palmo poi, dopo un lieve lampeggio, scoppiò irradiandolo con il calore prodotto dalla deflagrazione. Il dolore fu immenso e fulmineo. Phill chiuse gli occhi e si strinse la mano al petto cercando di attenuarne il male. Quando lentamente aprì gli occhi non vide l'oscurità della foresta, ma luci rosse e arancioni che lo circondavano. Un leggero odore di zolfo permeava l'aria e un piacevole calore lo stava riscaldando. 'Casa!' esclamò Flern felice. 'Finalmente siamo arrivati'.

Claudicante, con la mano dolorante e un'emicrania da urlo, Phill, si alzò e si guardò intorno. Pozze rosse fumanti, rivoli di un liquido denso e viscoso che sembrava lava scorrevano sporadiche qua e la. Il dolore alla testa non lo aiutava a pensare, ma, visto il panorama, probabilmente era finito in una caverna. 'Siamo in un vulcano, giovane amico' rispose il Re delle Fiamme ai suoi pensieri ’e per la precisione nel Monte Mhag’. «Vulcano!» urlo Phill senza accorgersene. «Phill?». Una voce dietro di lui lo chiamò inducendolo a girarsi. Quello che vide lo lasciò senza parole. Una creatura alta come lui lo stava guardando con due occhi rossi come rubini. I capelli, lunghi fino alle anche, erano ramati e risplendevano lucenti. La pelle era cangiante, sempre in movimento, morbida ed eterea come la seta più pregiata. Il corpo era slanciato e formoso coperto da un vestito rosso che sfumava al nero via via che scendeva verso il basso. «S... Si?». 'Chiudi la bocca, che figura ci faccio? È una Ninfa del Fuoco e ti consiglio di non toccarla a meno che non sia lei ad invitarti a farlo'. In vita sua non aveva mai visto un essere tanto bello e luminoso. Il dolore alla testa, alla mano e le vertigini sembravano essere sparite. «La prego di seguirmi». La Ninfa aspettò qualche momento poi si voltò per controllare se lui stesse effettivamente facendo ciò che gli aveva detto, facendo ondeggiare il vestito mettendo in evidenza i piedi scalzi. «Come fa a camminare scalza?» chiese a Flern mentre la seguiva. 'Tutte le ninfe sono scalze, che siano del fuoco o dell'acqua o di qualche altro elemento le vedrai sempre senza calzature' spiegò il Re delle Fiamme a Phill. arono attraverso varie grotte, alcune piccole, senza emissioni sulfuree, e altre grandi e nebbiose. A differenza di quella nella cui era stato trasportato dalla Fata Scintillante, in quelle c'era molto movimento. Esseri di fuoco si aggiravano in ogni dove intenti nei loro lavori e quasi non li notarono. Uomini fiammeggianti entravano e uscivano da pozze piene di lava incandescente,

giganti di pietra lavica ancora rovente alzavano massi enormi per poi buttarli nelle pozze rosse per scioglierli. Fate scintillanti entravano e uscivano da fori nei muri e Ninfe del Fuoco erano impegnate a modellare la pietra fusa in quelli che poi sarebbero diventati i giganti. Tra tutte quelle strane creature, Phill, intravide delle persone di bassa statura del tutto assomiglianti a degli uomini. Sembravano essere dei nani, come quelli che si vedevano nei film solo più muscolosi e senza pancia. Uno di essi si girò nella sua direzione e gli lanciò un'occhiataccia. 'Devi capire' spiegò Flern al ragazzo 'che negli ultimi anni hanno vissuto nel terrore e nella discrezione. Il posto dove ti trovi è un luogo segreto che pochi conoscono, creato apposta per dare riparo e sicurezza alla mia gente in caso di necessità. «Scusi? Scusi?» chiamò Phill. «Sì?» rispose la ninfa girandosi verso di lui. «Per caso avete portato qui anche un Thog?». Phill era in pensiero per il suo amico, se non avevano portato anche lui ora si trovava nel bosco da solo. «Sì. Ci sono volute quattro fatine per portarlo fin qui, tra poco potrai rivederlo» disse seccata senza nemmeno voltarsi. «Meno male!». Phill tirò un sospiro di sollievo. Il soffitto delle caverne si era fatto via via più alto dissipando il calore delle pozze laviche, fino a quando, sopra di loro, apparse un immenso foro dal quale si intravedeva il cielo albeggiante. Erano nel cratere del Monte Mhag. Nonostante fossero risaliti molto, dal punto in cui si era ritrovato dopo il trasporto poco convenzionale, erano ancora molto in profondità. Un brusio attirò la sua attenzione. Un tavolo, esattamente al centro del vulcano, ospitava quattro figure che confabulavano e discutevano animatamente. Da lontano, l'unico che riusciva a riconoscere era il granitico Krhaa, gli altri non li vedeva bene per dire chi fossero o se li aveva già incontrati. Più si avvicinava è più capiva che la discussione era incentrata sulla,protezione di Irys. «Signori!» esclamò la ninfa a pochi i dal tavolo «È arrivato il ragazzo». Un'occhiataccia da parte della ragazza si seta lo convinse a farsi avanti a testa bassa.

«Ben arrivato figliolo!». Lo salutò Krhaa con il suo vocione profondo e stridente. «Phill!» esclamò una voce famigliare. A quel suono il ragazzo alzò gli occhi e vide «Ray!». Senza prestare attenzione ai presenti fece il giro del tavolo e lo abbracciò calorosamente. «Tua sorella mi ha detto che eri guarito, ma vederti qui mi rende felice oltre ogni dire!». «Esagerato! Neanche fossimo amici di vecchia data» rispose Ray palesemente imbarazzato. «Signori, se abbiamo concluso con i convenevoli possiamo continuare la riunione». La voce ferma e autoritaria mise in soggezione Phill. «Scusi». L'uomo che aveva parlato era poco più basso di Ray, aveva i capelli neri, ispidi e cortissimi, occhi neri e sopracciglia folte, corrucciate, che lo fissavano. Indossava una canottiera sporca di fuliggine e pantaloni consumati. La carnagione rosa scuro, i muscoli guizzanti e le mani callose ne facevano un personaggio impossibile da contraddire, così senza fiatare, Phill, andò a sedersi. L'ultimo uomo seduto al tavolo lo guardò e gli fece un gesto di saluto con la testa, ma non emise un suono. «Prima di continuare facciamo le dovute presentazioni. Krhaa e Ray li conosci già, ma non sai chi è lui». Con un gesto della mano indicò l'uomo che poco prima lo aveva giusto salutato. «Lui è Davian il più vecchio cercatore di Monte Cavo, colui che ha preso il posto di Ahrcs, Re del Vento ». L'uomo era alto come lui, capelli biondi, leggermente mossi, tirati indietro. Occhi di ghiaccio e lineamenti spigolosi davano l'impressione di avere di fronte una persona fredda e calcolatrice, ma quando gli strinse la mano e ricambiò il saluto risultò caldo e amichevole. «Piacere di conoscerti Phill, Ray e Krhaa mi hanno parlato di te e non vedevo l'ora di conoscerti». Davian, con entrambe le mani, cinse la sua calorosamente sfoderando un sorriso luminoso e amichevole. «Oh, davvero? Avranno sicuramente esagerato». «Vedremo».

La risposta di Davian lo lasciò interdetto, non capiva se era una minaccia o un'affermazione amichevole. «È merito suo se siamo riusciti a trovarti e soccorrerti. Uno dei suoi venti ci ha avvertito della presenza di un piccolo contingente di Khuruhk in marcia attraverso la foresta, così abbiamo mandato le Fate in avanscoperta. La fortuna ci ha assistito e ti abbiamo trovato». «Grazie per averci soccorso» ringraziò Phill riconoscente. Proprio in quell’istante sentì qualcosa di duro e spigoloso dietro al ginocchio. Voltandosi vide Thog che lo guardava mentre con la testa si strusciava contro la sua gamba. «Thog! Come stai?» esclamò lui cingendolo tra le braccia controllando che non avesse ferite. «Scusate ero in pensiero». «Bene. Ed in fine a noi: io sono Trarhos capo del Monte Mhag, successore di Flern, Re delle Fiamme». Il tono con cui finì la frase fu duro e freddo come ghiaccio e la stretta di mano fu rapida e dolorosa, come l’esplosione della fatina. 'Trarhos! Com'è cambiato! Il mio secondo era suo padre... Probabilmente è morto durante la guerra contro Nherb' pensò Flern. «Ora che ci siamo tutti possiamo continuare». Trarhos tornò al suo posto, si chinò sulla mappa che c'era sul tavolo e batté il pugno chiuso nel punto dove era segnata la tana del nemico. «Mentre noi siamo qui a cianciare, il Re Nero sta accumulando il suo esercito alle porte di Irys, in attesa che la barriera crolli per poi invadere la Valle Iridescente e tutte le terre limitrofe» disse con enfasi Trarhos. «Per guadagnare del tempo prezioso » spiegò Davian «possiamo schierare il nostro esercito subito dietro alla barriera in modo da rallentare quello del Re Nero il tempo necessario per fare il sacrificio e ristabilire la protezione. Una volta che la barriera sarà nuovamente attiva non ci rimane che sistemare il nemico dentro ai confini magici». «Vi ricordo che noi possediamo un esercito di qualche migliaio di guerrieri tra uomini roccia, abitanti del vulcano e creature alate, mentre loro saranno almeno tre volte in nostro numero se non di più». Con le sue parole, Khork, fece scendere il silenzio. La situazione era fatalmente a loro sfavore.

«E gli abitanti della Foresta?» chiese Phill. Ray lo guardò mesto poi abbassò lo sguardo. «Ginkgo...». Le parole gli morirono in gola, ma ci pensò Trarhos a concludere la frase. «Ginkgo, al posto di combattere, ha stretto un patto con Nherb. In cambio della sua collaborazione il Re Nero non avrebbe toccato gli Abitanti della Foresta Eterna. L'esempio del suo Re non gli è bastato, ha commesso il suo stesso errore. Prima si inchina e poi muore. Secondo te, come mai tutto dove andavi gli sgherri di Nherb ti trovavano?». Phill aveva capito il discorso di Trarhos, ma non voleva crederci: se ciò che aveva detto era vero voleva dire che Ginkgo era morto e che il suo amico Swhith lo aveva tradito. «Chi... Chi ha preso il suo posto?» chiese sommessamente il ragazzo. Tutti gli occhi si puntarono su Ray che arrossì. «È solo una situazione momentanea» disse quasi sussurrando. Anche Flern non sapeva cosa dire. Tutto avrebbe pensato fuorché a Ginkgo traditore. «Visto che è da ore che siamo qui e l'idea più sensata che abbiamo avuto è stata questa, direi che sarà la nostra linea di difesa». Dichiarò Trarhos. «Tra cinque giorni da adesso movimenteremo l'esercito fino al limitare della foresta tenendolo al riparo da occhi indiscreti, al sesto giorno tu andrai dal Generale Maahr e farai l'ultimo sacrificio così appena la barriera si spezzerà noi saremo pronti a colpire. Se tutto procederà nel migliore dei modi, avremo dalla nostra parte il Potentissimo Re delle Fiamme che, con un solo gesto, carbonizzerà metà dell'esercito di Nherb. Dopo di che potremmo ritirarci e preparare una controffensiva con i fiocchi per sbarazzarci definitivamente di quel pazzo». Il discorso di Trarhos aveva convinto i presenti, compreso Flern, che annuivano soddisfatti. «Prima di accomiatarci, direi che sarebbe meglio se il ragazzo fe ciò per cui è stato fatto venire qui». Phill guardava i presenti con aria smarrita, poi vide Davian fare un gesto. Nella sua mano cominciarono a vorticare spire di vento impetuose che si unirono formando il cristallo appartenuto al popolo del Monte Cavo.

«Il sacrificio!» esclamò vedendo il minerale sospeso per aria. «Esattamente!» esclamò Davian. Senza che l’uomo fe alcun che, la gemma fluttuò in direzione di Phill. Gli astanti guardarono in silenzio quello che stava succedendo, in attesa di assistere alla magia prodigiosa già avvenuta nel paese degli uomini roccia e nel Cuore della Foresta. Quando gli fu davanti, Phill estrasse il pugnale donatogli da Krhaa, si incise per l'ennesima volta la mano e ci fece cadere su di essa alcune gocce di sangue. Il fluido rosso scivolò sulla pietra per qualche attimo poi sparì, come assorbito. La pietra esplose, creando un turbinio impetuoso di correnti d'aria che roteavano velocissime. Incantato da quello spettacolo Phill allungò la mano ferita inserendola nel cuore impetuoso della gemma. L'aria, prima fredda e pungente, si adattò alla temperatura corporea del ragazzo, poi massaggiò la ferita fino a farla guarire sotto gli occhi stupefatti dei presenti, Davian compreso. Finita la guarigione l'aria si divise in due correnti che gli girarono intorno al braccio, poi al corpo, fino a separarsi da lui e andare da Davian che sorrideva estasiato. L'aria, non fece come con Phill, gli rimase dietro alla schiena come se fosse diventata improvvisamente timida e non volesse farsi vedere, poi Krhaa, Trarhos Ray e lo stesso Phill trattennero il fiato. Sulla schiena del cercatore si formarono un paio di ali eteree. Più avano i secondi, più prendevano forma e solidità. Quando la magia terminò Davian aveva dietro di sé un paio ali completamente formate che lo avvolsero in un ampio abbraccio protettivo. Lo stupore, sulla faccia del cercatore era immenso, poi allargò le braccia e le ali di conseguenza si aprirono sollevandolo da terra. Senza neanche un rumore, un refolo d'aria o una parola di Davian lo portarono fino a metà del cratere, per poi riadagiarlo a terra in una grande dimostrazione di potenza ed eleganza. «Fantastico» fu l'unico commento dell'uomo visibilmente colpito dall'accaduto. Le ali, così come si erano formate, si dissolsero. Senza proferire parola Davian si inchinò di fronte a Phill, poi si alzò e si mise da parte. «Impressionante» disse Trarhos senza trasporto «Krhaa mi ha raccontato quello che è successo nelle sue caverne e ora, come conferma delle sue parole ho potuto assistere in prima persona e constatare che c’era della verità nelle sue parole, ma mi chiedo se in fin dei conti sarai in grado di farlo anche con la gemma del nostro popolo».

Phill non capiva il perché di quelle parole così dure e scettiche e glielo avrebbe chiesto se Trarhos non lo avesse preceduto. «Devi sapere» disse il nano con aria altezzosa «che le gemme non hanno tutte lo stesso potere, al contrario di quanto sostenuto dai più in questa stanza. Con la sua immensa potenza, la pietra del Monte Mhag, ha tenuto attivo il vulcano per millenni e solo un Re era in grado di eguagliare e controllare tutta quella energia, non per nulla era il più potente di tutti i sovrani. A nessun mortale è concesso toccare la gemma, anche ora nonostante abbia perso gran parte della sua magnificenza è in grado di annichilire chiunque cerchi di controllarla. Tutti, nessuno escluso». In quelle parole Phill colse un velo di risentimento. Probabilmente anche lui, sovrano del vulcano, non era riuscito e l’idea che lo fe uno sconosciuto lo contrariava non poco. Con aria di sfida Trarhos gli si parò davanti con il petto gonfio e gli occhi incandescenti: «Credi di esserne all'altezza?». «Io...» disse Phill incerto. Dentro di se aveva colui che per secoli ne aveva controllato il potere, ma non era quello a preoccuparlo, non sapeva se la sua neutralità in questo caso lo avrebbe aiutato o no. 'Vieni ragazzo' esclamò Flern interrompendo i suoi pensieri 'facciamo vedere a questo Trarhos chi comanda. Mi stava più simpatico da giovane, era meno strafottente e più riverente'. Phill trattenne a stento un sorriso poi seguì le indicazioni del Re delle Fiamme che lo portarono al tavolo, più esattamente davanti alla sedia dove poco prima era seduto Trarhos. La superficie liscia del tavolo, fatto in pietra lavica solidificata, era immacolata come uno specchio tranne che in due punti dove c'erano delle impronte a forma di mano. 'Ora ti chiedo di tagliarti entrambi i palmi, poi inserisci le mani nelle fessure che vedi e afferri saldamente la pietra lavica'. Phill senza commentare eseguì ogni ordine in religioso silenzio. Prese il coltello, eseguì i tagli e mise le mani nelle impronte nella pietra che calzavano perfettamente. Sembravano fatte con un calco esatto dei suoi arti. Quando serrò la presa sentì una leggera fitta di dolore poi percepì il fluire caldo del sangue. Per lunghi momenti non successe nulla poi sentì un refolo di calore salire dalla pietra. Fece per estrarre le mani, ma Flern lo fermò. 'Non farlo, non sentirai

dolore, infondo io sono dentro di te e tu sei parte di me'. “Speriamo” pensò Phill memore delle parole del nano. Al centro del tavolo si accese una leggera luce rossastra, dalla quale leggere volute di fumo salirono verso la bocca del cratere sopra di loro. Un fiammella scaturì spontaneamente. Flebile, senza vigore pronta a spegnersi al primo colpo d'aria. Phill si sentiva sempre più stanco, era la prima volta che un sacrificio gli costava così tanta energia, ma non voleva mollare. 'Pronto Phill?' chiese Flern al ragazzo. «Sì scintilla, sono pronto» lo schernì lui cercando di smorzare la tensione. Il Re delle Fiamme si concentrò e lasciò fluire tutta la sua energia, come quella volta nel verme gigante. Un brivido scosse Phill e lo fece urlare. La fiamma avvampò alta, potente e rovente illuminando tutti i presenti. Il tavolo cominciò a sciogliersi intorno alle sue mani senza però procurargli dolore. Il vulcano ebbe un gemito, una vibrazione salì dal basso per poi propagarsi in tutte le direzioni. In risposta ogni pozza, cratere, piccola fenditura nel terreno eruttò lava liquida. Ninfe euforiche cominciarono a ballare sotto ad una pioggia scarlatta di lapilli incandescenti, giganti di pietra lavica si buttarono nelle vasche colme di magma come bambini nelle piscine, le Fate Scintillanti si tuffavano nelle cascate arancioni volando felici a destra e a sinistra. In tutta quella euforia gli uomini e le donne simili a Trarhos si guardavano intorno stupefatti. Erano anni che non vedevano una tale energia all'interno del vulcano. 'Ora il tocco finale'. Il contatto tra Phill e Flern era talmente profondo che il ragazzo seppe cosa fare senza che glielo dicesse. Le mani, ancora immerse nella pietra fusa, si alzarono portando con se della lava che fluttuò in aria e si trasformò in una corona ardente che si posizionò sulla sua testa. In quel momento tutti si inginocchiarono, anche le Fate Scintillanti si posarono a terra riverenti, tutti, tranne Trarhos, si fermarono a rendere omaggio al Re delle Fiamme. Phill capì cosa stava succedendo, probabilmente Trarhos avrebbe riconosciuto come re il vero Re delle Fiamme, non di sicuro un uomo che ne possedeva i poteri, così con un gesto della mano fece fluttuare la corono fino all'uomo che lo stava guardando con durezza posandogliela sul capo. Poi, imitando tutti i presenti, Phill, si inginocchiò al suo cospetto.

«Alzati!» disse Trarhos perentorio. «Non sono il Re di Mhag solo perché tu ora mi incoroni, lo sono perché ho combattuto, ho sofferto, ho perso delle persone care facendo tutto quello che era in mio potere per salvare la “mia” popolazione. Ne ho acquisito il diritto e il dovere di farlo!». Con un gesto secco prese la corona e la sbatté a terra, poi si voltò e se ne andò. 'Come osa! Rifiutare così un dono del suo Re! Fermalo! Non può voltarmi le spalle in quel modo! Io Sono Flern!'. Urlò infuriato Flern. «Lasciamolo andare, in fondo ha ragione. Chi siamo noi per giudicarlo?». 'Io Sono il Re!'. «E io no! Oltretutto se non erro è da un po' che sei via!». Phill raccolse la corona, si alzò e fece per buttarla nella lava, ma Flern lo fermò. 'Aspetta, ti servirà un catalizzatore per la tua energia'. «Certo che mi servirà, ma non indosserò mai una corona!» sbottò esasperato Phill. 'Per quello che lo fonderai e ne farai uno o due bracciali!'. Phill, non proprio convinto, infuse energia nella corona che si sciolse e si riformò sotto forma di bracciale che andò a chiudersi intorno al suo braccio. Più che un ornamento sembrava un pezzo di armatura. Ora, che anche il sacrificio nel vulcano era compiuto non gli rimaneva che completare il giro e tornare nel Cuore della Foresta Eterna. Intorno a lui le persone e le creature magiche erano tornate a festeggiare, ma lui non aveva voglia di gioire. Alzando lo sguardo notò Davian che gli andava incontro. «Phill» cominciò mesto «in pochi giorni hai compiuto atti straordinari, ma mi duole ammetterlo, non basteranno per fermare il Re Nero. Noi non siamo in tanti e da quanto ne so, il reame del Lago di Cristallo conta meno presenze di noi, ma raduneremo tutte le persone che vorranno combattere per un futuro lucente è pieno di speranza. Prima di tornare a casa, erò dalla regina Kryia e l'aiuterò a cercare il suo popolo. Sappi che chi combatterà lo farà anche in tuo nome. Dentro di te c'è uno dei più grandi e potenti Re che queste terre abbiano mai visto, non temere di sbagliare o di fallire, solo provandoci capiremo cosa ne sarà del nostro destino. Grazie per quello che hai fatto, grazie per quello, che stai

facendo e Grazie per qualsiasi cosa farai». Davian gli strinse la mano con una solida presa guardandolo fiero e speranzoso. Non si aspettava parole di commiato da parte sua e Phill ne fu grato perché non seppe cosa dire. «Arrivederci» disse prima di andarsene accennando un sorriso, poi guardò in direzione di Ray e aggiunse: «credo che voglia fare due parole con te». «Grazie di tutto Davian». Davian non rispose, sorrise e, dopo aver dispiegato le ali fatte d'aria, volò in alto fin fuori dal cratere. «Forte vero?» disse Ray avvicinandosi da dietro. «Sì, perché non mi è capitato il Re dei Venti?» disse ironico sperando di sdrammatizzare, ma Flern non rispose alla provocazione. «Ahahah! Magari poi si dava delle arie!» rispose Ray ridendo. «Ciao Ray! Come va? Hai saputo di tua sorella?». «Sì, chi lo avrebbe mai detto. Però a pensarci bene era prevedibile. Nel regno di Ohk non rimaneva più nessuno in grado di gestire la situazione, soprattutto qualcuno con il potete di farlo». Ray fece un sospiro e guardò Phill con aria mesta. «Mentre ero nel Cuore Eterno ho visto vari movimenti sospetti, gente particolare che proveniva da oltre la barriera incontrare Ginkgo. Poi un giorno vengo chiamato proprio da lui per un colloquio riservato e, con mio stupore, ha confessato il tradimento. Mi ha detto che anni fa fu costretto ad accettare le condizioni imposte da Nherb per proteggere il suo popolo, ma ora, visto la tua presenza e quella del Re delle Fiamme, non sarebbe più sottostato all'accordo e che chiunque avesse messo piede nella Foresta sarebbe stato ucciso». Ray, non ancora al pieno delle forze dovette sedersi. «Come hanno fatto ad ucciderlo?». «È arrivato un contingente armato che si è fatto strada con la forza. Avevano i poteri dei Cercatori, ma erano oscuri, neri, malvagi, inarrestabili. Addirittura Ginkgo con o suoi poteri non è riuscito a tenergli testa». I loro sguardi si incrociarono e Phill capì che Ray gli stava per dire qualcosa di poco piacevole. «Il dono che ti ha fatto...».

«Lo sappiamo, ci dà il diritto di salire al trono come legittimi successori» Phill finì la frase per Ray. «Come...». «Il giorno che abbiamo scoperto come usare i miei poteri abbiamo capito cosa fosse questo dono fattoci da Ginkgo. Aveva calcolato tutto fin dall'inizio. Finché io sarò in vita nessuno potrà aspirare al trono a meno che io non rinunci al diritto di successione» Phill scosse la testa «il fatto è che io non voglio una simile responsabilità, l'unica cosa che davvero desidero è finire questo assurdo viaggio, liberare Flern dal mio corpo e se possibile tornare nel mio mondo». Aveva imparato molto in quei giorni, ma aveva visto solo difficoltà e nessuna gioia era normale che la pensasse così. «Swhith? Come sta? È dal Lago che non lo vedo». «L'elfo sta bene, dopo che è arrivato nel Cuore della Foresta ha parlato con Ginkgo e subito dopo ha eseguito il sacrificio con il tuo sangue. Lo aveva raccolto da alcune ferite mentre eri svenuto e tenuto liquido con il siero di una pianta. Ginkgo non era d'accordo, ma lui fu più veloce e praticò il sacrificio senza ottenere effetti. Pensammo» disse agitando le mani «che data la lontananza non funzionasse così lasciamo perdere. Invece, a distanza di qualche ora, la pianta ebbe un tremito così come tutta la Foresta Eterna, subito dopo tutte le piante fiorirono. Fu uno spettacolo emozionante. Ogni albero aveva migliaia di boccioli fioriti di colori diversi, frutti succosi e farfalle che volavano di ramo in ramo. Le piante apiate a causa del tempo o dei veleni del Re Nero tornarono in vita più forti e sane di prima. Gli elfi delle piante festeggiarono per giorni la rinascita del Cuore e della Foresta Eterna». Quel discorso spiazzò Phill che rimase in silenzio per alcuni momenti. Ora collegava tutto. Il piano di Trarhos prevedeva che tra cinque giorni lui si recasse da Maahr per compiere l'ultimo sacrificio proprio perché sapeva che quello alla foresta era già stato fatto. Un capogiro lo colse mozzandogli il fiato. La rivelazione di quella scoperta lo lasciò interdetto. Da lì a cinque giorni lui sarebbe andato a Rak-Dhora e molto probabilmente sarebbe sceso in guerra o forse, sarebbe riuscito a liberarsi del Re delle Fiamme e a tornare a casa prima dello scontro. «Come mai non avete convocato anche Maahr alla riunione?» chiese mesto a

Ray. «Perché molti credono che sia un doppiogiochista e sia fedele a Nherb, così hanno deciso di tenerlo allo scuro di tutto e dirglielo solo alla fine». Ray fece una piccola pausa poi aggiunse «sarai tu a dirglielo quando andrai per fare l'ultimo sacrificio. In base alla sua reazione capiremo se è un traditore o no». «E se lo è?». «Dovrai metterlo fuori gioco e prendere il controllo di Rak-Dhora» spiegò Ray a Phill che lo guardò basito. «Ma stiamo scherzando? Lo hai visto anche tu! È una persona pericolosa, potente e sicuramente preparato, non come me: inesperto in tutto e con una paura folle! No, scordatevelo, finora ho fatto quello che tutti si aspettavano da me, ma ora basta!». Phil tremava all'idea di affrontare Maahr, un Thog Nero gli sembrava meno molto pericoloso. Tutta quell'agitazione non gli aveva fatto sentire la ninfa che gli si era avvicinato da dietro. Ray guardò nella sua direzione e indusse il ragazzo a girarsi. «Maestà!» salutò la ninfa in direzione di Ray facendo un leggero inchino, poi, titubante, si inginocchiò a terra davanti a Phill. «Mio signore». «Alzati, io non sono il signore di nessuno!» sbottò lui esausto da quella situazione. «Si sbaglia, mio Signore, tutti hanno visto cosa ha fatto e chi non c'era l'ha saputo dalle voci che corrono veloci come il vento. Alcuni credono che lei sia qui per prendere il posto di Trarhos, altri che sia venuto per sconfiggere Nherb». La Ninfa si alzò e lo guardò duramente «però dalle sue parole si capisce che non vuole fare ne una ne l'altra cosa!». Ora era davvero troppo, non solo era stato preso a forza dal suo mondo e inserito in una realtà assurda dove magia, uomini di pietra e elfi esistevano davvero, ora si pretendeva anche che lui salvasse il paese rischiando la sua vita? «Sai chi sono io?» chiese Phill alzando la voce. «Io sono un ragazzo che proviene da un altro mondo dove tutto ciò non esiste. Tu non esisti, lui non esiste, nessuna creatura magica esiste! Figuriamoci poi tutti questi Re di fuoco o aria o di terra! Fino a qualche giorno fa io curavo la gente! Non la uccidevo!». Il

nervosismo fece avanzare di un o Phill e senza che se ne accorgesse creò un turbinio di fiamme che circondò i tre ragazzi. Quando si accorse di quello che stava succedendo cercò di tranquillizzarsi però non riuscì ad estinguere il cerchio di fuoco. «A quanto pare assomigli molto a Flern Re delle Fiamme visto che queste rispondono ai tuoi stati d'animo. Domani mattina vieni qui che cercheremo di migliorare questa tua penosa situazione». La Ninfa, persa ogni parvenza di riverenza, si voltò senza salutare ne lui ne Ray, attraversò le fiamme come se non esistessero e sparì dalla loro vista. Phill guardò l'amico esterrefatto poi, mentre cercava di capire come uscire da quell'impiccio vide Thog che saltava dentro e fuori dal cerchio fiammeggiante divertendosi un mondo. La scena fece sorridere Phill ed estinguere le fiamme che lasciarono un solco nero sul pavimento. «Per fortuna!» disse Ray andosi una mano sulla fronte «incominciava a fare caldo!». Si avvicinò a Phill, gli diede una pacca sulle spalle e aggiunse: «non ti invidio per niente». Anche lui, dopo averlo salutato se ne andò per la sua strada lasciandolo solo. «Almeno tu sai come divertirti!» disse a Thog che stava addentando una pietra lavica. «Ora, vediamo se qualcuno sa dirci dove possiamo riposare e magiare un boccone?». Aveva mille pensieri per la testa, ma decise di lasciarli da parte almeno fino a quando non avesse avuto la pancia piena e fatto un sonnellino.

Capitolo 10

Phill, pochi momenti prima, era stato svegliato dalla ninfa per iniziare gli allenamenti ed ora, ancora confuso dalla sonnolenza, si trovava in una grossa grotta con in mano una strana spada.. Quando aveva accennato alla colazione, lei gli aveva detto chiaramente che non avrebbe mangiato finché non se lo fosse meritato. Oltre a quelle dure parole non aveva detto nient'altro, poi erano arrivati nel luogo designato per l'allenamento e gli aveva messo in mano quella spada che era tutto fuorché comoda da brandire. La trovava pesante, sbilanciata è brutta a vedersi. Aveva la lama larga, grezzamente affilata da un lato, mentre dall'altro il filo era giusto accennato. L'impugnatura era lunga e senza pomolo, così che, all'occorrenza, potesse essere impugnata con due mani. Tra la lama e l'impugnatura c'era una guardia singolare, corta e tozza, con la parte superiore grezza non lavorata. Per concludere, la punta della spada non c'era, era piatta. Phill, la faceva oscillare cercando di trovarne l'equilibrio, come gli aveva insegnato Kryia, ma più ci provava è più gli risultava difficile. «Hai quasi finito?» chiese spazientita la ninfa. «È un esercizio che mi ha insegnato Kryia, sto cercando di trovare l'equilibrio dell'arma per poterla usare al meglio» disse Phill mentre con estrema fatica alzava la spada. «Tutta fatica sprecata» replicò lei agitando la testa e muovendo la sua arma con estrema semplicità «queste spade sono create appositamente con un baricentro sfasato. Tutto il peso è concentrato tra il medio è il debole della lama». La ninfa stava per aggiungere altro ma lo sguardo smarrito di Phill la bloccò. «Non sai cosa sto dicendo vero? Allora... Il medio è la parte a metà della lama mentre la parte debole è quella in punta. Siccome questa spada è tutta uniforme non ha distinzioni tra forte, medio è debole, hanno creato questo sbilanciamento per imprimere una forza maggiore nei colpi. La parte affilata taglia quasi ogni cosa, mentre quella smussata serve per rompere». Phill durante la spiegazione aveva osservato l'arma e ora che ne conosceva le caratteristiche la stava rivalutando. Quello non toglieva però la scomodità d'uso. «Siccome il nostro popolo è prettamente un popolo basato sulla forza e l'energia, questa spada è stata pensata appositamente per essere usata con la pura forza». Detto ciò fece volteggiare l'arma provocando il sibilo dell'aria intorno a lei.

«Cominciamo!». «Aspetta!» urlò Phill vedendola lanciarsi verso di lui bloccandola. «Dimmi almeno come ti chiami! Così almeno saprò a chi imputare il male fisico che proverò stasera!». «Myrhia». Quella fu l'ultima parola che sentì. Andarono avanti tutto la mattina e tutto il pomeriggio concedendosi una breve pausa a pranzo. Fosse stato per Myrhia non avrebbe mangiato neanche un boccone, ma per fortuna, Ray intervenne, portando del cibo che sbocconcellarono seduti a terra. Finiti gli allenamenti Phill ebbe solo la forza di mangiare, lavarsi e mettersi a letto in vista di un'altra giornata intensa e dolorosa. I giorni avano e anche il dolore ai muscoli. Stranamente, Phill, appendeva in fretta ciò che Myrhia gli insegnava e il suo corpo si stava adattando molto velocemente all'uso di quella strana spada. Probabilmente era merito del suo ospite. Da quando Flern aveva dato sfogo al suo potere liberandolo fino ai massimi livelli, qualcosa era cambiato nel fisico del ragazzo. Recuperava più velocemente dagli sforzi e dalle ferite e i suoi muscoli sembravano più tonici e scattanti. A dimostrazione di ciò già dal secondo giorno fu in grado di maneggiare, abbastanza liberamente, la spada e di impegnare la ninfa in uno scontro serio. Kryia gli aveva insegnato qualcosa sulla scherma, ma era niente in confronto a quanto aveva appreso fino a quel momento con lei. Il penultimo giorno prima della partenza, gli scambi tra Myrhia e Phill duravano anche ore senza che nessuno cedesse il o o commettesse errori è proprio mentre il ragazzo stava per avere la peggio furono interrotti da Trarhos. La ninfa si produsse in un inchino e si fece da parte mentre Phill, con il fiato corto accennò al saluto con la testa. L'uomo era armato e vestito pronto per la guerra. L'armatura che indossava era tanto lucente quanto massiccia. Due spade erano legate dietro alla schiena a formare una croce con le impugnature poste sopra ad ogni spalla. «Ho saputo che Myrhia ti ha dato un po' di lezioni sull'uso della spada» disse con tono neutro «ti andrebbe di incrociare le lame con me prima di andare a RakDhora?». Nonostante la frase potesse sembrare una domanda, Phill capì che non lo era.

Non poteva tirarsi indietro senza risultare scortese, maleducato, irrispettoso e codardo. Così asserì con un cenno del capo. «Bene» disse Trarhos accennando un sorriso. «Quando vuoi tu». Phill impugnò la spada e si mise in posa in attesa di un suo movimento. Trarhos era un veterano e non si buttava in un combattimento senza conoscere l'avversario, infatti, ò i primi momenti dello scontro ad osservare il suo avversario. Phill non capiva cosa stesse facendo Trarhos, fermo immobile senza impugnare la spada. Stava per abbassare l'arma quando l'uomo davanti a lui fece un o in avanti. Si stava avvicinando disarmato, come doveva affrontarlo? Era in difficoltà. Trarhos era a pochi i e non accennava a rallentare la sua andatura dura e fiera. L'aura che emanava lo fece arretrare, quello fu il suo errore. Mentre era impegnato a valutarne la pericolosità non percepì il movimento del corpo. In una frazione di secondo sguainò una delle sue spade e l'abbatté su quella di Phill. L'arma non gli cadde, ma la vibrazione del metallo gli intorpidì la mano. I colpi si susseguirono a catena finché Phill non perse l’equilibrio e la spada volò via. «È così che ti sei allenato con Myrhia! Le hai solo fatto perdere del tempo!» urlò furioso calciando la spada che giaceva a terra. «Ora ti alzi e mi fai vedere qualcosa di più di questo schifo!». Phill aveva il corpo dolorante per tutti gli sforzi fatti poco prima con la ninfa e lui diceva che le aveva fatto perdere tempo? Un'ondata di calore salì dal profondo. Flern si stava agitando e lui lo percepiva. Nuova energia gli pervase il corpo. Prese la spada e si avventò su Trarhos. Affondi, fendenti, schivate. Si era stabilito una sorta di equilibrio dove ognuno parava e schivava l'arma dell'altro senza che nessuno prevalesse. Un sorriso tagliente e poco rassicurante solcò il volto dell'uomo con l'armatura. Con un balzo indietro prese le distanze poi sguainò anche l'altra. «Mh… meglio! Sei “accettabile” con una spada, ma con due?». «Stiamo scherzando? Oltretutto hai anche l'armatura! Anche se ti colpissi non ti farei niente, al contrario se tu riuscissi a toccarmi mi faresti male!». «Ragazzino! Hai la testa? Usala! Sbaglio o puoi usare ben quattro poteri? L'armatura puoi creartela!».

Quando Phill capì cosa volesse dire, Trarhos ripartì all'attacco sollevando le due armi letali. 'Sono pronto!' Ringhiò Flern. In un attimo il suo corpo si ricoprì di corteccia solida che resistette ad un paio di colpi poi cominciò a sfaldarsi. Alcuni fendenti Phill li aveva fermati, ma due spade erano davvero troppe. Quando si accorse che il legno non bastava si ricoprì con uno strato di pietra. Al che Trarhos girò una spada, dal lato smussato della lama, e colpì con una forza mai dimostrata finora. Per poco non gli spezzò un braccio. Tutte quelle protezioni lo avevano rallentato e ora stava subendo colpi da ogni parte. «Non limitarti a proteggerti devi anche attaccare! La mia armatura mi protegge, ma non limita i miei movimenti!». Urlò l'uomo tra un colpo e l'altro. 'Dobbiamo attaccare!' gli fece eco Flern. Phill mise tutta la forza che aveva nel braccio che usava la spada bloccando l'attacco di Trarhos. Lo scontro provocò delle scintille che avvamparono in fiamme ruggenti avvolgendo l'uomo con l'armatura. 'Così!' festeggiò il Re delle Fiamme. «Ora ci siamo! Ma ai sbagliato elemento. Sono nato e cresciuto in un vulcano, queste fiamme sono una calda brezza sulla mia pelle, niente di più». Con estrema calma, Trarhos uscì dall'inferno di fuoco in cui era stato inghiottito. L'armatura fumava leggermente e alcune ciocche di capelli avevano le punte rosse, ma niente di più. 'Non farti impressionare, è solo un uomo'. «Avrai anche ragione, ma a me fa paura!» disse Phill concentrandosi. Una colonna di pietra salì dal suolo davanti a Trarhos che al posto di schivarla frantumò con una spada mentre con l'altra si preparava ad attaccare. Radici sbucarono dal sottosuolo afferrandolo alle gambe limitandone i movimenti. Distratto da quello che stava succedendo a terra, non vide le gemme azzurre che si trasformarono in bracciali e fissandosi una ad ogni braccio resero ogni suo movimento lento e impegnativo. Nonostante tutto Trarhos riusciva ancora a muoversi e ad essere pericoloso. Phill non si perse d'animo, anzi, vedendo che

poteva essere rallentato continuò con radici e bracciali. Come ultima cosa gettò sull'uomo un'ondata di fiamme che lo avvolse. «Ahahah, comincio a divertirmi!». Al posto di essere preoccupato si stava divertendo. Il commento fece crescere, in Phill, la voglia di colpire Trarhos con tanta più forza possibile così senza pensarci fece tre i di corsa e si buttò anche lui tra le fiamme.

Dopo essere caduto dal verme gigante dentro ad un torrente sotterraneo, Arz era approdato su un lembo di terra asciutta dove aveva ripreso le forze, ma per una sfortunata coincidenza era finito sulla riva opposta a quella delle sue prede. Se ne accorse quando una luce illuminò l'anfratto rivelandogli la malaugurata sorte. Mentre il ragazzo veniva prelevato dalla cercatrice che lo aveva ferito e umiliato sul treno, guadò il fiume sotterraneo saltando di pietra in pietra fino a raggiungerne il lato opposto. Grazie alle sue abilità innate, sfruttò la tenue luce della torcia della donna per seguirli. Per una sorta di macabra ironia con quella debole luce stavano salvando colui che li avrebbe assassinati. Quel pensiero lo fece quasi ridere, ma si trattenne. La cercatrice parlava sovente con Phill e anche con un certo Swhith, che a questo punto non doveva essere altri che l'elfo, senza contare poi quell'odioso del Thog che sfruttava ogni momento disponibile per rosicchiare qualcosa. Doveva fare attenzione, quel piccolo essere roccioso aveva un udito è un sesto senso molto sviluppati. Decise così di stare ancora una volta in disparte. La cosa lo stava logorando, non era mai stato tanto tempo inattivo come da quando era alle calcagna di quel ragazzo. Ne avrebbe approfittato in un attimo di riposo, a vederlo così il ragazzo sembrava distrutto. Appena la cercatrice lo avesse lasciato solo ne avrebbe approfittato e lo avrebbe fatto fuori. Come non detto. In quel posto maledetto ogni muro era trasparente o quasi, senza parlare della stanza in era stato sistemato. "Aspetterò ancora" pensò esausto mentre si sistemava in una casa disabitata lontano da occhi indiscreti. Nei giorni a seguire rimase in disparte ad annoiarsi mentre Phill e la donna si allenavano. Ogni giorno che ava il ragazzo acquisiva sempre più padronanza del suo potere, oltretutto, ora poteva controllare anche l'elemento del Lago di Cristallo, l'acqua. Più andava avanti e più elementi riusciva a fare suoi. Era diventato pericoloso. "Maledizione"

imprecò a labbra strette mentre l'osservava "avrei dovuto ucciderlo su quel maledetto treno!". Con il suo nuovo potere, quel piccolo e insulso poppante, aveva ristrutturato tutto il lago, aggiustando ogni singola casa, corridoio e colonna di cui quel posto era composto. A prima vista, a parte la mancanza della popolazione, tutto si sarebbe detto tranne che fosse un luogo in declino, ma ricco e prosperoso. Tutto dove andava ristabiliva i vecchi fasti e ridonava forza e voglia di combattere. La pericolosità di quel ragazzo non era la forza o la capacità di comandare a suo piacimento i vari elementi, no, era l'abilità innata di stringere rapporti con la gente, di ispirare fiducia e ricevere la loro lealtà, la loro amicizia. Un dubbio si insinuò nella sua mente: se avesse continuato così non sarebbe più bastato fermare lui per impedire alle popolazioni di ribellarsi, ma ucciderlo, avrebbe incendiato gli animi di tutti quelli che, in lui, avevano trovato un barlume di speranza. Una reazione così violenta che nessuno, neanche il Re Nero, avrebbe potuto fermare. Doveva pensare ad un modo per porre la parola fine a tutto ciò. Doveva uscire di lì e ucciderlo. Finché erano dentro al lago aveva le mani legate, ma una volta fuori lo avrebbe tolto di mezzo. Così attese paziente la sua possibilità, che non tardò. Un giorno vide i due ragazzi allontanarsi, incuriosito li seguì, facendo sempre attenzione al Thog, che sembrava crescere ogni giorno di più. Un'altra preoccupazione da sommare alle altre. Aveva visto giusto, stavano risalendo in superficie. Quando Phill e Kryia si salutarono lui sgattaiolò fuori dal tunnel e si confuse con la vegetazione della foresta. Dopo mille parole i due si separarono e Phill riprese il suo cammino, non verso la Foresta Eterna, ma verso il Vulcano. Non poteva permettere che il popolo più potente di tutta la valle tornasse ai vecchi albori, doveva fermalo prima. Con il favore del buio si avvicinò fino a sentirne la voce è l'odore. Per arrivare a lui doveva per prima cosa sistemare quel maledetto animale roccioso, ma ucciderlo, ora come ora, era impossibile per i mezzi che disponeva al momento, doveva intrappolarlo da qualche parte. Stava per fare la prima mossa quando sentì dei movimenti intorno a lui. i pesanti e sgraziati, respiri profondi e rauchi, odore rancido di sego e metallo. I Khuruhk. Cosa ci facevano lì? Come avevano fatto a scoprire dov'era il ragazzo? Non poteva permettere a quelle bestie immonde di sottrargli il suo bottino, la sua preda. Avrebbe dovuto ucciderli tutti. Si avvolse nella sua oscurità, seguì il primo bersaglio e scagliò uno dei suoi pugnali che prese in pieno la vittima designata alla nuca togliendole la vita sul colpo. Il corpo esanime non toccò neanche a terra, una serie di rami si avvolse in torno ad esso è lo portò tra le fronde nel buio della notte. Il ragazzo si era messo all'opera. Arz rinfoderò gli altri pugnali godendosi lo spettacolo, senza contare il Thog che diffondeva confusione tra le fila nemiche. Durante uno scontro approfittò di un momento di distrazione dell'animale di pietra per

saltargli sopra e tramortirlo, aiutando così i Khuruhk a catturarlo. Il ragazzo ormai era allo sbando, senza forze, coricato a terra in balia di quei mostri, doveva intervenire e farlo suo. Stava per saltare tra gli ignari bestioni quando una miriade di scintille rosse invase la foresta. Migliaia di minuscoli puntini volavano nella loro direzione. Incuriosito ne seguì i movimenti finché una di queste piccole luci si posò su di uno dei Khuruhk che sparì all'istante. Non ebbe il tempo di dire o fare alcunché che uno ad uno sparirono anche tutti compresi Phill e il suo Thog. «No!». L'urlo terrificante echeggiò sinistro nella notte buia. Ormai abbattuto e senza volontà si inginocchiò lì, dove poco prima giaceva il ragazzo, con la mente vuota. Giorni ati al suo inseguimento e ora cosa gli rimaneva? Niente! Solo un grande senso di vuoto e la rabbia ribollente che cresceva inesorabile. L'unica cosa sensata che poteva fare ora, era tornare a Rak-Dhora e indagare. Prima o poi il ragazzo sarebbe dovuto tornare in città ed allora lo avrebbe intrappolato. Avvolto nella sua oscurità si immerse nella foresta e sparì.

Capitolo 11

Il sesto giorno arrivò, forse, troppo in fretta. Nonostante gli allenamenti con Trarhos e Myrhia, Phill non si sentiva pronto. Doveva capire quali fossero i pensieri del Generale e comportarsi di conseguenza. Per la prima volta in assoluto era contento di avere un o invisibile e che solo lui poteva sentire. Il Sole stava sorgendo colorando il cielo di tinte calde e rassicuranti. Intorno a lui Trarhos, la ninfa, Krhaa e Ray lo sostenevano silenziosamente. L'esercito era stato posizionato la notte precedente e ora era il suo momento. «Coraggio ragazzo, non temere, saremo pronti a soccorrerti in caso di bisogno» disse Trarhos dandogli una sonora pacca sulla spalla. «Grazie. Grazie a tutti» disse guardando uno dopo l'altro. Poi si soffermò su Myrhia che ricambiò lo sguardo in modo sfuggevole. «Sei ancora in tempo per ripensarci. Non sei costretta a venire, io e Thog possiamo andare tranquillamente da soli». «Nessuno mi obbliga, so che il mio aiuto potrà non essere necessario, ma in caso contrario io sarò lì pronta a sacrificarmi per Irys e la mia gente». Per sancire la fine del discorso appoggiò la mano sull'elsa della spada e si allontanò da Phill. 'Lasciala stare Phill, ha fatto la sua scelta e non riuscirai a dissuaderla. A essere sincero sono contento venga con noi, è una valida combattente e un'alleata fidata e leale' disse Flern. «Non ti fidi abbastanza di me, ecco perché sei contento che ci sarà anche lei». Una grossa e nodosa mano lo afferrò. «Ragazzo, devo consegnarti una cosa da parte di Davian» disse Trarhos prendendo un oggetto da una tasca dei pantaloni. Era una strana boccetta di vetro con un tappo. «Prima di chiedere alcun che, mi hanno detto di riferirti queste esatte parole: Ho parlato con Kryia e ho scoperto che puoi usare degli amuleti per controllare gli elementi. L'aria è capricciosa, mutevole e imprevedibile, delicata con i fiori, ma dura e mortale con i suoi nemici. Grazie al tuo sacrificio venti che da anni non sentivo più sono tornati a sussurrarmi alle orecchie storie meravigliose. In questa boccetta c'è una misera parte di uno di questi venti tornati in vita. Ti servirà e proteggerà come il più fidato dei guerrieri e il migliore tra gli amici. Siate buoni compagni di viaggio. A presto Davian».

Phill stringeva la boccetta tra le dita. Con mano tremante la stappò e attese. Un leggero sibilo si levò accompagnato da un refolo d’aria che scompigliò i capelli a tutti presenti per poi attorcigliarsi intorno a Phill. Gambe, mani, braccia e collo. Era tutto avviluppato da un leggero strato di materia invisibile.. «Cosa...». 'Energia, infondigli la nostra energia e sarà legato a te per sempre' suggerì Flern. Phill espanse la sua aura e quando entrò in contatto con il soffio di vento che lo circondava ci fu un boato. Un'ondata d'aria si propagò tutto intorno a loro vorticante, alzando polvere e foglie per poi tornare da Phill e concentrarsi in un singolo punto del suo corpo. Velocissimo si attorcigliò ad una mano per poi are ad un dito. La rotazione aumentò talmente tanto da sembrare fermo, finché si solidificò in un anello splendente con incise fantasie auree. Phill lo guardò con attenzione e al suo interno vide qualcosa agitarsi in attesa di essere liberato. Eccolo, l'ultimo elemento era ora in suo possesso. Doveva provarlo. Alzò la mano, ma Flern lo fermò. 'Non abbiamo tempo, dobbiamo andare'. «Hai ragione» asserì un po’ deluso «Andiamo!». Guardò prima Trarhos che lo osservava a bocca aperta, poi Krhaa. «L'ora è giunta. Poniamo la parola fine a tutto ciò. Grazie di tutto ci vediamo a Rak-Dhora». Dopo aver stretto la mano ai due Re si girò e, dissimulando sicurezza, si avviò verso Myrhia che aspettava impaziente. «Eccomi». «Era ora! Pensavo di doverci andare da sola!». Con lo sguardo abbassato, Phill, non ebbe altro da fare che seguire i piedi scalzi della Ninfa che lo precedeva verso Rak-Dhora. Dopo circa un'ora di cammino superarono il confine della città lasciandosi alle spalle il vulcano fumante all'orizzonte. Le case devastate dalla povertà erano stranamente vuote e silenziose. Thog si guardava intorno fiutando l'aria in cerca di qualcosa che evidentemente non trovava. Più si addentravano e più era chiaro che qualcosa non andava. Ad un certo punto incontrarono una pattuglia che li accerchiò con le punte acuminate delle lance pronte a trafiggerli. «Alto là! Identificatevi!» urlò una guardia.

«Sono Phill e devo vedere il Generale Maahr!» annunciò Phill con sicurezza, ma in cambio ottenne sguardi incerti. «Non ne siamo stati informati. Venite con noi!». Sempre con le lance puntate i soldati scortarono i due ragazzi e il Thog dentro al castello. «Generale!» esclamò uno della guardia «abbiamo trovato questi strani individui in città! Asseriscono di dovervi incontrare». «In città?». Lo sguardo del generale si alzò dai documenti che stava visionando e quando si posò su di loro era tutt'altro che amichevole, poi riconobbe Phill e cambiò. «Phill! Lasciateli!» ordinò ai militari che immediatamente si dispersero. «Generale, cosa sta succedendo?» chiese il ragazzo preoccupato. «Il caos. L'armata di Nherb è a un o dal confine. Ogni giorno, piccoli contingenti del nemico, ano al di qua della barriera, fanno razzie spaventose, uccidono e catturando chiunque si pari loro davanti. I pochi abitanti rimasti sono al sicuro tra le mura del palazzo». «Come fanno a oltreare la barriera?» chiese Myrhia. «È Il potere di Nherb, con quello lui riesce ad aprire dei varchi temporanei e a far are dei Khuruhk. Il punto è che ogni giorno ne fa are un numero sempre superiore, in questo modo ha seminato terrore ovunque e dimezzato le forze umane in grado di prendere parte alla battaglia. Uomini e giovani ragazzi morti o spariti». «Che disgrazia!» Esclamò Phill a denti stretti «di quante unità disponiamo?». «Se al completo potevamo contare poche migliaia di persone, dopo quello che hanno fatto se arriviamo a mille siamo fortunati». Il Generale era visibilmente provato, sembrava addirittura dimagrito e i segni sotto gli occhi si erano allargati. Non stava bene e probabilmente era da parecchio tempo che non dormiva. Stava per dirgli dell'armata posizionata nel folto della foresta, ma il generale lo anticipò chiedendogli delle gemme. «Sei riuscito a fare tutti i sacrifici?». «Sì, ho avuto molta fortuna e qualche aiuto, ma c'è l'ho fatta, ne manca solo uno».

A quelle parole il viso dell'uomo si accese e si rilassò. «Bravo ragazzo! Ora che tutte le pietre sono state riattivate, possiamo sistemare la barriera e far uscire da lì il Re delle Fiamme» disse puntandogli un dito sulle costole. «Perfetto, fammi strada così la facciamo finita» esclamò Phill facendosi avanti. «Questo è lo spirito! Ma non subito. Devo preparare un paio di cose, il tuo arrivo mi ha colto alla sprovvista, goditi la giornata e preparati che domani mattina finiremo ciò che abbiamo iniziato». Gli occhi arono da lui alla ninfa per poi tornare su di lui. «Tu e la ninfa potete andare a riposarvi, i miei uomini vi scorteranno ai vostri alloggi». «V... Va bene, lo faremo domani» rispose Phill titubante mentre due guardie armate si avvicinarono ubbidienti. Senza dire una parola, Phill e Myrhia percorsero i cupi corridoi del palazzo fino ad arrivare ad una porta di pesante legno massiccio. «Entrate!» ordinò una guardia armata, neanche fosse stata una cella, poi chiuse la porta dietro di loro con forza. «Che trattamento!» commentò spazientita la ninfa che fino a quel momento non aveva detto niente. «Già, mi aspettavo un po' più di calore». Phill si guardò intorno e vide che, per fortuna, la stanza era dotata di due letti separati. «Cerchiamo di riposarci e di capire cosa sta succedendo, così da poter reagire prontamente qualsiasi cosa accada». Myrhia si avvicinò alla porta e provò ad aprirla e, con suo stupore, scoprì che era aperta. Sbirciò oltre e non vide nessuno di guardia. «Sembra non esserci nessuno, o almeno nessuno che possiamo vedere da qui. Prima che Phill riuscisse a dire qualcosa la donna fu fuori. 'Sono sempre così agitate! Non riescono a stare tranquille neanche per un momento' disse Flern rassegnato 'non preoccupiamoci per lei, noi riposiamo che domani ci attende un giorno impegnativo'. Phill annuì con un gesto della testa, poi dopo essersi rinfrescato con dell'acqua si coricò sul letto. Prima di addormentarsi ripensò allo scontro contro Trarhos. Dopo essersi lanciato in mezzo alle fiamme aveva calato la sua spada dall'alto

sul nano, imprimendole tutta la forza di cui disponeva. L'uomo aveva previsto quel gesto infatti era preparato sulle gambe in posizione di difesa. In quel decimo di secondo Phill, senza pensare, non fece altro che abbassare la terra sotto a uno dei piedi del suo rivale sbilanciandolo, aprendosi così un varco. Tanto bastò per far are la sua lama attraverso la guardia di Trarhos e colpirlo violentemente ad una spalla. L'armatura assorbì quasi del tutto l’impatto piegandosi malamente. La rabbia negli occhi di Trarhos gli fece venire i brividi, cercò di divincolare l'arma dall'armatura, ma il metallo si era deformato al punto da incastrarla, così fece un o indietro lasciandola lì dov'era. Lo stupore sostituì la rabbia ed in fine una risata proruppe dalla gola dell'uomo. «Ahahah! Bravo ragazzo! Ben fatto!». Con un gesto divelse l'arma dallo spallaccio deformato e gliela porse. «Non mi aspettavo una mossa del genere, complimenti. E grazie, per non avermi staccato di netto il braccio. Con la forza con cui hai attaccato se avessi usato la spada dalla parte tagliente a quest'ora avrei avuto un arto in meno. Ahahah!». Ora che era disteso su letto un sorriso gli solcò il volto, ma in quel momento si era preso uno spavento enorme, sia per il fatto di aver quasi ferito l'uomo, sia per il fatto che mentre saltava nelle fiamme aveva sentito una libertà mai provata e gli era piaciuto. Nessun pensiero solo il prossimo colpo. 'Non devi fartene una colpa, è questo mondo. Cambia le persone, alcune diventano cattive altre buone, molti diventano guerrieri e tanti rimangono semplicemente persone comuni senza nessuna capacità. Tu sei speciale, questo posto ha tirato fuori una tua qualità che altrimenti nel tuo mondo non sarebbe mai venuta a galla e non devi vergognartene'. «Non lo so, è stata una sensazione che non ho mai provato e la cosa mi ha lasciato un po'... Spiazzato. Non sono mai stato una persona violenta e non credevo che una cosa così, fisica, come un combattimento con la spada mi avrebbe scosso a tal punto». Phill chiuse lentamente gli occhi immaginando il momento dell'impatto con l'armatura di Trarhos. Un brivido lo scosse. 'Probabilmente sei più adatto ad una vita del genere che ad una ata seduto su di una sedia a guarire il prossimo’. Le parole di Flern non lo turbarono, anzi, gli confermarono quello che già pensava. Finita questa storia avrebbe ancora voluto tornare nel suo mondo? Non aveva ne genitori ne parenti stretti, solo qualche amico. I pensieri si

susseguivano a ritmo serrato quando la porta si aprì e un leggero rumore di i si insinuò nella stanza. Phill aprì un occhio e vide la ninfa coricarsi sul letto accanto al suo. «Hai fatto in fretta» commentò il ragazzo. «Troppe guardie, are inosservata era un problema così ho lasciato perdere» fu la risposta sbrigativa di Myrhia. Phill sapeva che non era una ragazza di molte parole e non si stupì se lei tagliò corto, così chiuse gli occhi e si riposò. Un bussare insistente lo riportò alla realtà, dalla finestra non traspariva il minimo cenno di luce, probabilmente era notte fonda. Myrhia si alzò e aprì la porta. «Il generale vi attende» disse una guardia trafelata. Phill scese dal letto, fece cenno a Thog di seguirlo e con Myrhia a chiudere la fila si avviarono nei corridoi bui illuminati da tenui candele. Il militare li scortò nella sala dove, tempo prima, con il Generale, avevano discusso la possibilità di liberare Flern dal suo corpo e appena superarono il portone di legno massiccio videro Maahr intento nei preparativi per la cerimonia. Un leggio di legno era posto di fronte ad un cerchio tracciato a terra contenete strane scritte, che anche Flern non riconosceva. Dal cerchio si diramavano cinque linee che ai vertici avevano ognuna un simbolo differente. «Ben trovati! Venite! Venite! Ho quasi terminato con i preparativi». Prima di avvicinarsi ai due ragazzi accese le ultime candele che posò una su ogni linea. Visibilmente concentrato si alzò e si avvicinò ai due che lo stavano osservando. «Ora è tutto pronto. E tu?». «Non proprio, ma prima facciamo meglio è». «Così si fa!». Maahr lo afferrò per un braccio e lo portò dentro al cerchio. «Tu stai lì, io farò praticamente tutto il lavoro. Quando te lo dirò farai il sacrificio così da chiudere il cerchio di gemme ed estrarre il Re delle Fiamme dal tuo corpo». «Cominciamo!» urlò il Generale dando un colpo su di un tomo polveroso sito sul leggio di legno. Thog si avvicinò a Phill che gli fece cenno di tornare indietro.

«Vai da Myrhia!» gli ordinò lui ma il grosso animale roccioso non si mosse. Non capiva come mai non ascoltasse allora decise di chiedere alla ninfa di prenderlo e spostarlo da lì. Con uno sguardo fece capire a Myrhia di portarlo lontano dal cerchio e lei in risposta si avvicinò al Thog, lo toccò sulla testa per attirarne l'attenzione e in cambio lui le pestò un piede. «Ah! Maledetto bestione!» urlò lei sgraziata tenendosi un piede e saltellando sull'altro. Phill trovò divertente la situazione e stava per ridere quando si accorse di un particolare che non aveva notato. La Ninfa calzava stivali di cuoio neri. La fattura era sicuramente ottima e femminile, ma la cosa non gli tornava. Flern gli aveva detto che le Ninfe non avrebbero mai messo una scarpa o uno stivale, una cosa del genere era considerata alla stregua di una violenza. Da quello che vedeva, però, non era un problema per lei, quasi come se li calzasse abitualmente. Fece un o per andare dalla Ninfa e dal Thog, ma un campo energetico invisibile lo bloccò dentro. «Maahr! Fammi uscire da qui! Cosa ne hai fatto di Myrhia!» urlò in direzione del Generale. Un ghigno malefico solcò il volto dell’uomo e un'ombra scura gli si allargò alle spalle. Un tentacolo di fumo nero come la pece colpì il Thog che sbatté contro il muro. Cos'era quella magia che stava usando? Assomigliava a quella della natura, ma era oscura, malvagia, cattiva. Un mugolio attirò la sua attenzione, la falsa Myrhia saltò in groppa all'animale di pietra bloccandolo al suolo. Un sinistro scricchiolio fece capire a Phill che se la cosa fosse continuata qualcosa nel Thog si sarebbe rotto e nel peggiore di casi sarebbe morto. «Fermo Thog! Stai giù!» ordinò disperato il ragazzo. «Stai fermo!». Sentendo l'insistenza degli ordini Thog si arrese e rimase giù immobile. «Bravo cucciolo!» esclamò la donna dandogli una pacca sulla testa. «Hai fatto una cosa inutile» disse Maahr «quando avrò finito con te, mi dedicherò anche a lui». La risata che seguì le parole del generale fu agghiacciante. Senza perdersi in altre parole inutili, Maahr, aprì il volume appoggiato sul leggio servendosi di un segnalibro in stoffa, logorato dal tempo, precedentemente posizionato. Phill, dentro a quel campo energetico di pura magia, si sentiva perso, inerme. Con lo sguardo andò a Thog, imprigionato nella morsa di quella falsa ninfa, poi pensò a Myrhia, rinchiusa chissà dove. Preso dalla disperazione cominciò a colpire la barriera, sempre più forte, sempre più violentemente. L’energia del campo magico gli ustionava le mani, ma lui continuava imperterrito. Ad un certo punto una voce profonda si levò nella

stanza, ritmica, cupa e ripetitiva. Il Generale aveva cominciato il rituale per separare Flern dal corpo mortale del ragazzo. Le linee tracciate cominciarono ad illuminarsi una ad una fino a quando tutte non furono accese, poi toccò ad una sesta riga che Phill non aveva notato. Lentamente la luce si propagò dall'inizio fino alla fine della retta disegnata a terra che conduceva ad un altro cerchio che si accese anch'esso insieme alle scritte al suo interno. Un bagliore potentissimo investì la stanza, ma non bastò a dissipare l'oscurità che avvolgeva Maahr impegnato nella sua cantilena. Phill strinse gli occhi per capire cosa producesse un tale fulgore e vide una gemma, l'ultima pietra sulla quale doveva compiere il sacrificio. Stava assorbendo l'energia derivante dal suo cerchio, che a sua volta la prendeva da lui. Lentamente, cominciò a sentire le forze che lo abbandonavano, insieme alla voglia di lottare, lasciando il posto all’impotenza. 'Phill! Non mollare! In qualche modo ne usciremo!'. La voce del Re delle Fiamme si stava affievolendo, poco per volta divenne sempre più etera fino a sparire del tutto. Il mondo intorno a lui si fece offuscato, confuso, buio. «Sveglia! Sveglia!». Un calcio accompagnò le urla, svegliando Phill e allo stesso tempo togliendogli il respiro. «Ragazzo, avrai tempo dopo per dormire, ora tirati su e vieni con me!». Phill si guardava intorno intontito, la testa pulsava e girava e le costole dolevano per via del calcio appena ricevuto. «Dove mi porti?» chiese biascicando le parole. «Da nessuna parte, non volevo tirarti su a forza, sai ho una certa età e sforzi del genere possono essere fatali! Ahahah!». Il generale diede un'altra calcio a Phill facendolo cadere davanti al cristallo che pulsava di luce propria. «Coraggio, fai ciò che sei venuto a fare, compi l'ultimo sacrificio e poi muori! Ahahah! Forse quando ci siamo visti l'ultima volta ho dimenticato di dirti che dal momento in cui il Re viene estratto dal corpo che lo ospita quest'ultimo sopravvive qualche momento poi si spegne. La mancanza improvvisa di energia fa collassare il cuore che non riesce più a funzionare correttamente». Nonostante l'orrore che stava provando, in quel momento dovette dare ragione al generale. Un formicolio cominciava a farsi sentire alle dita delle mani e dei piedi, sintomo di un mal funzionamento della circolazione sanguigna. «Phill... Mi dispiace. Siamo stati ingannati». La voce famigliare del Re delle

Fiamme proveniva da un posto esterno alla sua testa. Phill guardò in quella direzione e vide Flern imprigionato dentro ad un cerchio di luce simile a quello in cui poco prima era rinchiuso lui. «Scintilla, scusami tu, non sono stato capace di aiutarti, ne di aiutare Irys, ed ora la fine si avvicina». Fece per tirarsi su, ma le braccia non ressero lo sforzo e sbatté la faccia a terra ferendosi al labbro superiore che cominciò a sanguinare. «Ahahah, che patetico omuncolo senza spina dorsale!». Il generale si chinò e ò una mano sul volto del ragazzo imbrattandola con il suo sangue poi si avvicinò al cristallo e prima di effettuare il sacrificio prese un coltello e si tagliò il palmo poi appoggiò la mano sulla gemma luminescente imbrattandola con un miscuglio di entrambi i liquidi scarlatti. La pietra cominciò a lampeggiare poi improvvisamente si crepò. Un forte getto magico partì verso l'alto, colpì il soffitto lo perforò e continuò il suo percorso fino ad uscire dal palazzo, distruggendo ogni cosa incontrasse sul suo cammino. Phill, esausto e quasi senza vita, e Maahr guardarono l'inquietante spettacolo fino a quando l'ondata magica colpì la barriera che andò in frantumi come un grosso vetro. Un flash accecante rischiarò Irys per un istante poi la notte tornò scura e silenziosa. «Nherb aveva ragione, il sangue corrotto mischiato con quello portante avrebbe distrutto la gemma e con essa la cupola che proteggeva la vallata. Ahahah! Ora non gli rimane che invadere Rak-Dhora e con essa le terre confinati cadranno una dopo l'altra! Dopo anni di lotte e battaglie finalmente il giorno della vittoria è arrivato!». «Maledetto! Non pensi a tutte le persone che soffriranno e che hanno sofferto in tutti questi anni?» urlò Flern agitandosi dentro la gabbia magica. Le fiamme lambivano il soffitto ruggendo minacciose, ma il Generale non sembrava essere preoccupato dell'ira del Re. «Flern...» disse Phill con voce strozzata ormai in procinto di esalare l'ultimo respiro «... prendi Thog e salva Myrhia, Trarhos avrà sicuramente bisogno di una mano». Con un ultimo gesto disperato prese il coltello e lo lanciò verso il Re delle Fiamme con l'intento di distruggere la prigione che lo rinchiudeva. Phill no sapeva il perché di quell’ultimo e folle gesto, lo fece e basta, senza sapere che gli artigli di un Thog adulto erano in grado di fendere la magia. La rotazione impressa all'arma fece sì che a colpire la barriera magica fu il manico, vanificando l'ultimo tentativo del ragazzo prima di morire. Il corpo esanime di

Phill si accasciò a terra con una mano rivolta verso Flern e l'altra verso il suo fedele amico e compagno di viaggio Thog. L'urlo delle Re delle Fiamme riecheggiò in tutto il palazzo poi anche quello si spense.

Dopo la traversata del bosco in solitaria, Arz aveva finalmente fatto ritorno in città e quello che aveva visto non gli era piaciuto. Non che lui fosse mai stato un uomo di legge, ma quando vide un gruppo di banditi aggredire e violentare una coppia di donne a pochi i da un gruppo di militari che se la ridevano, capì che qualcosa era cambiato e non in meglio. Cercò una casa vicino al palazzo del Generale e l'occupò. Nei giorni a venire setacciò i bassifondi alla ricerca di qualche informazione utile fino a quando per caso sentì due militari discutere animatamente. Incuriosito si avvicinò e ascoltò con interesse. «Tu forse non hai capito» disse il più giovane dei due militari «all'interno del corpo di difesa del palazzo sta succedendo qualcosa, ogni giorno si vedono facce nuove e non novellini spauriti, ma uomini duri e temerari pronti a uccidere chicchessia al primo ordine. Mercenari. Sono mercenari al soldo del Generale che vengono mischiati ai semplici militari con la scusa del rinfoltimento delle fila». I due si guardarono pensierosi. «Ma ne sei certo?» chiese il più anziano dubbioso «se l'intento è quello di rinforzare ed ampliare l'esercito potrebbe avere un senso, perché dici che c'è qualcosa che non va?». «Perché? L'esercito non aumenta, anzi per ogni nuovo entrato uno dei vecchi commilitoni sparisce. Ogni giorno che a ci sono sempre meno militari e sempre più Mercenari». «Ascolta» disse il più vecchio avvicinandosi all'altro militare palesemente preoccupato «il generale ha in mente una contro offensiva nel caso le cose si fero difficili, per questo sta togliendo di mezzo le persone che potrebbero dare dei problemi con i loro pensieri perbenisti». Il ragazzo, prima di capire le parole del compagno, annuì lievemente poi alzò lo sguardo sbigottito in cerca di una spiegazione, ma l'unica cosa che trovò fu una lama acuminata che gli perforò il torace colpendolo dritto al cuore. Un leggero rantolo accompagnò il corpo a terra dove vi rimase inerte. Il militare anziano si guardò attorno per assicurarsi che nessuno lo avesse visto poi rinfoderò l'arma e

se ne andò come se nulla fosse successo. «Quindi Maahr ha in mente qualcosa, interessante!» bisbigliò Arz nell'oscurità mentre un sorriso gli solcava il volto. La sua attesa non fu lunga, qualche giorno più tardi notò del movimento vicino al palazzo e incuriosito si avvicinò e quello che vide lo lasciò a bocca aperta. Il ragazzo, Phill, accompagnato da una Ninfa del fuoco e da quell'odioso di un Thog. Non sembrava esserci anche l'elfo invisibile, ma non poteva esserne certo. Con accortezza seguì il corteo militare che li scortava, poi, utilizzando la sua ombra magica, si infiltrò nel palazzo. Il discorso sentito qualche notte prima era veritiero, più della metà delle persone incontrate non erano semplici militari, ma gente rodata da combattimenti ed esperienze di vita totalmente differenti da quelli militari. Mentre controllava i corridoi del palazzo trovò una stanza con dentro alcune Ombre che discutevano animatamente su chi avrebbe dovuto rapire la ninfa poi una di loro si trasformò in una sua copia perfetta e lasciò la stanza. "Il piano del Generale è iniziato" pensò Arz eccitato. A conferma di ciò, poco dopo incrociò due guardie che trasportavano il corpo inerte della ninfa nelle segrete, mentre quella falsa li seguiva sorridendo. Non si fece scappare quella ghiotta occasione per scoprire la stanza del ragazzo e infatti la copia lo portò dritto da lui, ma non poté avvicinarlo per via del Thog così si appostò in una stanza poco lontano in attesa di qualche movimento. Ore dopo un militare affannato chiamò i due ragazzi, Phill e la falsa ninfa, e li condusse nella sala principale del palazzo, dentro alla quale a nessuno era ammesso entrare. Arz sarebbe potuto sgattaiolare dentro con facilità, ma l'energia che saturava la sala lo avrebbe smascherato immediatamente. Non sapeva cosa stesse succedendo, ma sicuramente era qualcosa di molto potente. Non ebbe il tempo di cercarsi un nascondiglio che cominciarono i tafferugli. Rumori e boati provenienti da lontano agitarono i militari presenti nel palazzo così decise di dare un'occhiata. La scena che gli si presentò davanti lo lasciò interdetto. Fiamme ardevano in ogni dove, muri fumanti e corpi carbonizzati ornavano i corridoi spogli delle segrete. Uno scoppio fece tremare le fondamenta del palazzo, un gruppo di soldati gli arono accanto correndo terrorizzati. Poco dopo ò la Ninfa del Fuoco ardente di rabbia. Intorno a lei un alone di calore abbrustoliva la pietra e fondeva i metalli. Arretrò anche lui per non entrare in contatto con la sua furia e rimanerne ferito. Stava cercando il ragazzo e data la direzione presa sapeva dove

trovarlo. Come poteva fermare una furia di fuoco e fiamme? Provò, nascosto in un antro, a lanciarle un coltello, ma il metallo si sciolse e il legno del manico si consumò all'istante. Come aveva immaginato era impossibile avvicinarla se non con un arma magica e lui ne era privo. Quando arrivò davanti alla porta della sala il calore da lei emanato ne fuse i cardini e con un calcio la buttò a terra. Quello che vide la lasciò senza parole. C'era una sua copia esatta in groppa al Thog che lo stava schiacciando al suolo impedendogli ogni mossa. Senza esitare entrò di slancio e con una fiammata sbalzò l'Ombra dall'animale di pietra che si rialzò sollevato. «Myrhia!» urlò Flern da dentro al campo energetico. Lei, sentendosi chiamare, si girò e vide Phill a terra e il Re delle Fiamme intrappolato. Senza pensarci due volte, si lanciò sul ragazzo, ma un tentacolo nero come la notte la sollevò da terra e la spinse contro al muro. La ninfa aumentò il calore delle sue fiamme che l’avvolsero liberandola dalla morsa ferrea del tentacolo. Bruciato uno ne arrivarono subito due, che ne seguirono la stessa sorte, poi ne giunsero altrettanti e altri ancora finché ebbero la meglio e la soffocarono fino ad estinguerne l'ira fiammeggiante. «Lasciami!» urlò disperata la ninfa dimenandosi. «Sei un po' troppo focosa per i miei gusti! Ahahah!». Maahr si fece una risata schernendo la ragazza. Thog, ormai libero, saltò verso Phill, lo annusò e lo toccò con una zampa. Un cupo mormorio si levò dalla sua gola, poi lentamente si girò verso il Generale con occhi lampeggianti. Le unghie di puro cristallo si piantarono nel pavimento facendolo scricchiolare ad ogni o. «Stai calmo cucciolone, non vorrei dover fare del male anche a te» fu l’avvertimento dell’uomo che, nonostante tutto, fece un o indietro. Non ebbe il tempo di terminare la frase che l'animale gli saltò addosso costringendolo ad arretrare ulteriormente. Una serie di lunghi tentacoli neri ghermirono l'animale che, contro ogni previsione di Maahr, lacerò con facilità. Flern guardò la scena allibito, come faceva ad essere così potente? Possibile che l’influenza di Phill e il suo potere avesse in qualche modo influenzato la sua crescita? Oppure la varietà di pietre differenti mangiate lungo il suo cammino lo avevano irrobustito al punto da renderlo più forte di un Thog normale. La

baldanza del generale cominciò a svanire lasciando il posto ad una stupefatta ira e all'incertezza di poter fermare l'animale. Dalla disperazione, il Generale, lasciò andare la ninfa e concentrò tutte le sue forze nel tentativo di fermare quella furia di pietra che gli stava davanti. Myrhia con difficoltà si avvicinò al Re delle Fiamme per poterlo liberare, ma appena appoggiò una mano alla barriera una scarica di energia la colpì violentemente tramortendola. «No!» l'urlo di Flern richiamò l'attenzione di Thog che si girò e tornò indietro. Un pensiero disperato ò nella mente di Flern «Thog! La barriera! Distruggila!». Pochi comandi, essenziali che fecero capire all'animale di pietra cosa doveva fare. Il Generale caricò tutta l'energia e colpì Thog per fermarlo e in parte ci riuscì, ma una zampa artigliata riuscì nell’intento e ghermì la barriera che si crepò esplodendo liberando il Re delle Fiamme. Tutta la rabbia repressa fiammeggiò contro il Generale che frappose tra se e la furia rossa uno scudo nero come la notte che annullò le fiamme del Re. «Sei patetico, un Re potente come te che non riesce nemmeno a superare un ridicolo scudo magico come questo e pensare che non ci sto mettendo neanche un terzo della mia forza mentre tu, al massimo della tua possanza, non sei in grado neanche di impensierirmi. Per forza quel ragazzo è morto così facilmente. Ho faticato di più con la ninfa e contro quell’abominio di pietra che vi portate appresso. Sei pietoso!». Ricordandosi di Phill l'ira del Re si dissipò quel tanto da permettergli di concentrarsi sul ragazzo e vedere la sua fiamma spegnersi lentamente. La stessa fiamma che anni prima ardeva in sua madre e che lo aveva convinto ad entrare dentro di lei. Doveva prendere una decisione: lasciarlo morire e riguadagnare così la tanto agognata libertà o salvare Phill perdendo per sempre la possibilità di camminare libero per le sue terre? La porta era aperta e con un balzo avrebbe potuto guadagnado così una via di fuga. Myrhia giaceva a terra priva di sensi, Thog arrancava claudicante contro il muro in fondo alla sala e Phill... Era indeciso, confuso, la mente rivendicava la libertà a gran voce, ma il cuore prevalse su tutto. Il corpo di Flern si trasformò in una fiamma libera e volò sul ragazzo avvolgendolo in un abbraccio rovente. Lentamente la scintilla vitale di Phill prese vigore e il fuoco della vita tornò ad ardere in lui. Con un gemito riprese a respirare e a tossire ansimante. Piccoli puntini luminosi gli coprivano la vista, poi cominciarono a diradarsi pulendogli il campo visivo nel quale si ergeva il Generale Maahr circondato da un'ombra nera, liquida, viva, che danzava come un cobra in attesa di attaccare.

«Stolto di un Flern, dopo tutto quello che avete ato proprio per farti uscire da quel corpo mortale fatto di carne e ossa, così fragile, così labile tu cosa fai? Patetico. Non ti ricordavo così codardo e sentimentale». «Fammi indovinare» rispose ironico Phill «il gigante saresti tu?». Un lampo nero scaturì dalla nube e fece per colpire Phill, ma una lingua di fuoco lo intercettò incenerendola a mezz'aria. Entrambi assistettero alla scena stupiti. Maahr attaccò più volte e ogni volta successe la stessa cosa. Phill incurante del pericolo si diresse prima da Myrhia prendendola in braccio, poi da Thog, che lo accolse strusciando la testa di dura pietra contro la sua gamba. Troppo dolore, troppa sofferenza, troppe vite erano state mietute. Una rovente sensazione crebbe in lui avvolgendolo in calde spire di un fuoco danzante. Non sapeva da dove scaturisse quell'energia, ma non gli importava. Un turbinio di fiamme si alzò intorno a lui ruggendo smaniose di vendetta e di giustizia. Phill avanzò verso il Generale che provò a resistere al calore, ma presto dovette retrocedere impotente. Quando ebbe le spalle contro al muro e la fuga ormai impossibile, Maahr concentrò le sue forze contro al vortice di fuoco che ingoiò ogni suo attacco come sassolini lanciati in un lago. Quando ebbe esaurito tutte le energie il muro di fiamme ardenti si aprì e mise a confronto i due. «Arrenditi, ormai le tue magie non anno più effetto. Ora che Il Re delle Fiamme è tornato dentro di me sento il suo potere come qualcosa di vivo, con una sua volontà. Percepisco ogni piccola fiamma presente dentro al palazzo come se fosse parte di me. Grazie a te, ho il pieno controllo del potere del Re delle Fiamme, arrenditi finche puoi». «Mai! Piuttosto la morte!» urlò lanciandosi contro di lui. Un sibilo e un tonfo sordo risuonarono nella stanza. Il Generale sgranò gli portandosi le mani al petto dal quale spuntava il manico di un pugnale. Lentamente finì a terra esanime. Phill si guardò intorno, ma non vide nessuno poi gli venne in mente l'assassino, l'Arz-Lhar, che lo stava seguendo. Bastò un pensiero e le fiamme si aprirono a ventaglio lambendo ogni angolo buio della sala senza trovare alcunché. Era fuggito non appena scagliato il pugnale. Guardò il corpo morto del Generale e non provò nulla, solo il rammarico di non averlo interrogato sulle reali intenzioni di Nherb. Un rumore di i concitati e di armi sguainate invase i corridoi e subito dopo l'esercito si riversò nella sala.

«Fermo lì!» gridò un militare. «Mani in alto! Non fare un solo movimento!». Dopo aver impartito l’ordine si avvicinò al corpo del Generale e ne constatò la morte, poi si avvicinò a Phill puntandogli la spada al petto. «Hai ucciso il Generale! Sarai impiccato per questo!». Un mormorio di assenso si alzò dai militari intorno a lui. Con una rapida occhiata Phill decretò di avere intorno circa venticinque trenta militari armati e pronti ad uccidere. Doveva fare qualcosa per poter prendere il comando. Ma come? Un gemito attirò la sua attenzione e quella dell'uomo che lo stava minacciando. La copia di Myrhia si stava riprendendo. Una speranza si accese dentro al ragazzo. Chiuse gli occhi e concentrò l'energia che aveva in corpo per richiamare a sé il potere della natura con la quale creò una serie di radici e rami spessi un braccio che sigillarono l'entrata, poi dei rampicanti si allungarono sul soffitto. Una serie di piccoli boccioli crebbero e sbocciarono nel giro di pochi attimi rilasciando nell'aria una fine polverina. Alcuni dei presenti si tapparono le vie respiratorie credendo in una sorta di veleno altri alzarono le armi pronti a colpire. «Smettila immediatamente!» sbraitò la guardia con aria minacciosa «Qualsiasi cosa tu stia facendo, ti ordino di smettere!». «Non si preoccupi, non voglio fare male a nessuno, sto solo depurando l'ambiente dalle presenze scomode ». Le parole di Phill furono accompagnate da dei lamenti, gemiti innaturali. Un decina di militari si trasformarono in quello che erano davvero. Ombre. Anche la falsa Myrhia cambiò aspetto tornando a quello originale. L'ombra era alta quasi due i e ringhiava come una belva feroce. I militari rimasti illesi puntarono le loro lame contro ai nuovi nemici, ma l'incertezza sui loro volti palesava una paura recondita e viscerale che paralizzava gambe e braccia. «Non sono io il nemico, sono loro e ora, che si ritrovano senza una guida, sono ancora più pericolosi». Il militare guardò il Generale privo di vita, poi con aria interrogativa tornò a guardare Phill. «Già li comandava lui e sono pronto a scommettere che tra le vostre fila ci sono altri intrusi assoldati dal vostro amato Maahr. Sono altrettanto sicuro» continuò Phill ignorando i suoni grotteschi provenienti dalle Ombre «che non c’è solo gente corrotta, ma anche della brava gente che ha giurato di

proteggere la città e i suoi abitanti». Un ringhio cupo e profondo interruppe il discorso di Phill che chiese sbrigativo «Scegli: posso andarmene e lasciarvi in balia di quei mostri oppure rimanere e darvi una mano a sanare l'esercito, prendendo il controllo del palazzo e diventando di fatto il nuovo comandante». Il tempo dell'indeciso e insicuro Phill era morto quando il suo cuore aveva cessato di battere, da quel momento in poi sarebbe stato spietato contro ogni nemico, umano o no, che gli si fosse parato davanti. In quel momento le Ombre cominciarono ad attaccare. Lo sguardo impaurito dell'uomo corse prima a destra poi a sinistra ed in fine a Phill che non si era mosso di un centimetro nonostante sorreggesse il corpo incosciente della Ninfa. Con un cenno d'assenso il militare rinfoderò la lama e si batte un colpo sul petto all'altezza del cuore. Phill non conosceva gli usi di quei militari, ma il gesto sembrava abbastanza chiaro. Aveva preso la sua decisione. Nello stesso istante rocce e legno crearono attorno alle Ombre delle gabbie inespugnabili che resistettero alla loro furia. Quando tutti i militari furono al sicuro, Phill si portò al centro della sala. Fiamme ruggenti scaturirono dal nulla al’interno delle gabbie consumando senza pietà tutto ciò che vi era al loro interno. Il silenzio scese tra le fila dei militari, che poco alla volta rinfoderarono le armi. Le radici che bloccavano la porta si ritirarono aprendo una via d’uscita dalla sala che ormai puzzava di bruciato. «Sei tu che comandi qui?» chiese Phill al militare con cui aveva parlato poco prima, che asserì con un cenno della testa. «Andate, prendetevi cura dei feriti e non fate parola con nessuno di quello che è successo qui» disse Phill ai militari presenti nella sala, che prima di obbedire guardarono il loro comandante che, con un cenno della testa, confermò l'ordine. Appena tutti furono lontani guardò il militare negli occhi e disse: «poco fa mentre parlavo ho avuto la sensazione che le mie parole non fossero proprio fuori posto». «Per niente» rispose senza esitare il soldato «a quanto pare il Generale stava introducendo dei mercenari all’interno dell’esercito per averne il pieno controllo... e ora ne capisco il motivo. Gente pagata per obbedire senza morale, se non quella dei soldi». Phill pensò per qualche secondo alle parole del soldato. «Vieni tra un'ora nella nostra stanza, porta i comandanti di tutte le unità e fammi una lista di quelli fedeli alla città e dei mercenari che il Generale ha inserito nell'esercito, al resto ci penserò io». «Tu cosa farai?» chiese a sua volta.

«Per prima cosa metterò lei su di un letto perché comincia a pesare, poi... non lo so proprio». Un’ombra pericolosa ò nello sguardo di Phill che fece fare al militare un o indietro. «Come ti chiami?». «Io sono Khall, signore» rispose immediatamente l’uomo mettendosi sull’attenti. «Khall... Tu da che parte stai?». Un cerchio di fuoco si accese intorno ai piedi del militare che rispose senza pensare. «Rak-Dhora! Signore!». «Bene! Ci vediamo tra un ora. Khall!». ‘Non ti sembra di aver esagerato?’ chiese Flern. «Esagerato è dire poco, ma ho dovuto. Non sappiamo di chi fidarci e se la paura è un buon deterrente la emo a nostro vantaggio. La cosa non mi piace per niente, ma al momento mi sembra l'unica soluzione. Poi, dopo aver fatto pulizia magari conquisteremo anche la fiducia di chi combatte davvero per la città e i suoi cittadini, ci sarà ancora qualcuno fedele che vorrà seguirci». ‘Speriamo’ fu l'unica risposta laconica del Re delle Fiamme. «Già speriamo» fece eco Phill che con un cenno della testa indicò la strada a Thog che claudicante li stava seguendo. «Speriamo» sussurrò per un ultima volta Phill prima di entrare nella sua stanza con in braccio Myrhia.

Capitolo 12

L'ora data al militare per radunare i capitani e per fare la lista era ata da circa mezz'ora e i dubbi stavano assalendo Phill. E se fosse stato lui stesso un traditore? E se al posto di riunire i pezzi grossi dell'esercito stesse organizzando una trappola? Mille pensieri gli stavano affollavano la testa quando un colpo secco alla porta lo fece trasalire. «Chi é?» chiese il ragazzo alzandosi dal letto. «Khall, Signore!» rispose una voce appena fuori dalla stanza. «Entra!». Senza indugiare, il militare entrò nella stanza chiudendosi la porta alle spalle. Phill lo guardò perplesso e quando fece per chiedergli spiegazioni l'uomo gli porse un foglietto. Dentro c'erano scritti una serie di nomi con accanto ad ognuno di essi un simbolo. Alcuni riportavano un cerchio, altri una croce. «Quelli con la croce sono quelli di cui non mi fido o che so, con sicurezza, essere ai comandi diretti del Generale defunto. Gli altri non mi hanno mai dimostrato di essere corrotti o mutati in qualche modo» spiegò in risposta all'occhiata lanciatagli da Phill. «Bene, li hai anche convocati?». «Sì, sono qui fuori in attesa di una spiegazione». «Perfetto, andiamo nella sala così potremo parlare con più calma guardandoci tutti in faccia». Prima di uscire Phill, si girò a guardare Myrhia coricata nel letto ancora priva di sensi. Era preoccupato per lei perché il suo corpo si stava raffreddando e non accennava a scaldarsi. Phill guidò i militari nella sala che odorava ancora di bruciato. Occhiate indagatrici e diffidenti lo accolsero e lo misero in soggezione, ma non titubò neanche un istante. Aveva già sprecato troppo tempo. «Signori, il Generale Maahr é morto. I suoi piani prevedevano il controllo totale

di Rak-Dhora attraverso un esercito personale e l’inganno. Per colpa sua il Re delle Fiamme ha rinunciato alla sua libertà e Myrhia, la ninfa che mi ha accompagnato qui è in pericolo. Dopo una feroce lotta sono riuscito a fermarlo e a catturarlo, ma proprio uno dei suoi sicari ha finito per ucciderlo». Come in precedenza delle radici sigillarono le porte e la sala fu invasa dalla polverina dei fiori evocati da Phill. Con sua grande sorpresa non successe niente, così si preparò a proseguire con il discorso. «Mi ero preparato ad un combattimento contro a delle Ombre sotto sembianze umane, ma fortunatamente non è stato necessario». Fece una pausa ando in rassegna con lo sguardo ogni presente. «Il Generale Maahr ha assoldato dei Mercenari e li ha infiltrati all'interno dell'esercito con l'intento di aiutare l'avanzata del Re Nero, causando gravi perdite umane e di risorse. Nel breve tempo concessomi per riflettere sulla questione ho pensato a un paio di soluzioni. La prima, più istintiva, é quella di rintracciare tutti gli intrusi e giustiziarli senza alcuna pietà...» a quelle parole più della metà dei presenti mise mano alla spada e fece un o indietro. Molti sguardi d'intesa corsero da uno all'altro palesando una collaborazione che andava al di là della solidarietà militare. Prima che scoppiasse uno scontro, Phill si affrettò a continuare con quanto stava dicendo: «l'altra soluzione... più pacifica, è quella di dare la possibilità a tutti gli "Intrusi" di farsi avanti e costituirsi. non saranno ne imprigionati, ne puniti, ma usati per creare un esercito alternativo, di o, a quello ufficiale. Non ci sarà paga o ricompense per il lavoro svolto, daremo ad ognuno di voi vitto e alloggio e una volta finita questa guerra potrete tornare alla vita di tutti i giorni o unirvi alle forze ufficiali di Rak-Dhora». Il silenzio scese nella sala, sia i Mercenari che i soldati erano agitati perché quella proposta non era propriamente una soluzione che accontentava tutti, ma i più accorti avevano capito il perché di quella scelta e stavano annuendo. Se i Mercenari fossero stati uccisi o imprigionati, avrebbero dimezzato la forza bellica di Rak-Dhora, al contrario, se si fossero uniti all'esercito, con la loro esperienza, avrebbero dato una grossa mano alla città. Phill sperava in una soluzione pacifica, ma se qualcuno era propenso per quella strada qualcun altro non lo era. «Chi sei tu per dirci cosa fare o non fare? Chi ti da il diritto di decidere delle nostre vite?» urlò un Mercenario facendo un o avanti sguainando la spada e puntandogliela contro. ‘Non farti intimorire Phill, é quello che vogliono. Solo una dimostrazione di forza chiarirà il tuo diritto di comandare’ disse Flern che fino a quel momento

era stato in silenzio. «Nessuno, hai ragione, ma nel momento in cui sono quasi morto ho capito che qualcuno avrebbe dovuto farsi carico di questo peso e che quel qualcuno sarei stato proprio io» rispose rassegnato Phill. Il mercenario cominciò ad avanzare minaccioso verso di lui, ma Khall si frappose tra di loro. «Stai indietro!» ordinò perentorio «lui é l'unico che può ristabilire l'equilibrio a Rak-Dhora e dare una possibilità a tutti quanti di ricominciare!». L'uomo in risposta levò l'arma e la calò con forza sul militare, ma un muro di pietra parò il colpo e fece indietreggiare l'aggressore. «Un mio amico, originario di queste terre, mi ha fatto notare che in questo momento l'unica cosa che potrebbe farvi riflettere é una sana dimostrazione di forza. Visto che non sono propenso ad uccidere delle persone, o almeno non ancora, vi darò modo di saggiare la mia forza. Radunate l'esercito nel cortile del palazzo e vi farò vedere quello che posso fare. Ci vediamo tra un attimo in cortile». Phill stanco si mise una mano sugli occhi. ‘Dovevi ucciderlo per dimostrare a tutti che hai il sangue freddo per farlo!’ sbottò Flern. «Sarei diventato un sostituto del Generale Maahr e nulla più, stessi metodi due persone differenti. Devono capire che io non sono come lui, che se ucciderò qualcuno sarà perché non potrò farne a meno». Lentamente Phill si avviò nei corridoi del palazzo fino ad uscire nel cortile che solo ora si rese conto di non aver mai visto. Prima di proseguire sbirciò nella stanza, ma Myrhia non era migliorata. Thog come sempre era seduto al suo capezzale, che faceva la guardia. Stava per chiamarlo a sé, ma decise che era meglio non fidarsi di nessuno fino a quando non avesse fatto una bonifica delle Ombre e capito su chi realmente contare. Rattristato, chiuse la porta e si diresse verso il cortile. Non sapeva quando, ma era sorto il sole. Debole e pallido illuminava il cortile con i suoi fiochi raggi e con esso i militari raggruppati al suo interno. Era stata una nottata lunga e faticosa e non vedeva l'ora di riposarsi un po', ma dubitava che da lì in avanti avrebbe avuto modo di farlo. Guardandosi intorno vide le siepi famigliari altissime e fiorite, le mura interne del palazzo e un balcone dal

quale Maahr, molto probabilmente parlava in occasioni del genere. Se ci avesse pensato prima al posto di scendere sarebbe potuto andare là e vedere tutti dall'alto. Con un movimento della mano la terra sotto ai suoi piedi si mosse e lo sollevò in alto sopra a tutti. ‘Ecco risolto il problema’ fece eco Flern ai suoi pensieri. Phill guardò la marea di gente sotto di lui, mille o due mila persone che lo guardavano e attendevano un suo cenno. Osservando attentamente si accorse che c'erano due schieramenti ben distinti. A destra i soldati normali, quelli fedeli alla città, a sinistra i mercenari. Erano in tanti, quasi quanto gli altri. Phill era in difficoltà perché non sapeva cosa dire e come dirlo, parlare a venti persone era un conto, ma a duemila... quindi lasciò le parole da parte e ò ai fatti. Alzò le mani, anche se avrebbe potuto non farlo, e dei rami cominciarono ad allungarsi da una siepe all'altra formando una fitta rete naturale sopra le loro teste. Come fatto nella stanza fece sbocciare centinaia e centinaia di fiori rivelatori con l'intento di smascherare tutto quello che non era umano. Ombre, disseminate sia nella parte di destra che in quella a sinistra, cominciarono a rivelarsi per quello che erano. Senza perdere un secondo di troppo, Phill cominciò a imprigionarle e a incenerirle nelle loro prigioni di pietra. Erano molte e alcune prima che riuscisse a fermarle cominciarono ad attaccare indistintamente qualsiasi cosa si muovesse. Altre si unirono in esseri più grossi e pericolosi. Quelle piccole, furono debellate quasi subito grazie alla superiorità numerica dei militari aiutati da Phill, quelle grosse, ignorando completamente le armi che le percuotevano, puntarono dritte su di lui. «Sono decisamente grossi!» commentò Phill vedendoli arrivare. ‘Neanche così tanto’ commentò scherzosamente Flern ‘sono leggermente più alti di come eravamo noi Re nella nostra forma originale". Una cosa a cui Phill non aveva mai pensato, erano proprio le dimensioni di Flern, aveva dato per scontato che doveva essere più o meno come lui. Ora vedendo quelle bestie alte quasi tre i si rendeva conto di quanto avesse sbagliato. Alzando le mani scagliò loro addosso pietre, radici e getti di fuoco incandescente, ma nulla poté contro quegli esseri. ‘É arrivato il momento di far vedere chi siamo’ disse Flern eccitato. ‘Devi ergerti allo loro altezza e colpirlo con tutte le forze di cui disponi o non ne usciremo

vivi. Tre di quelle cose sono una bella seccatura anche per un Re’. «Come posso fare?». ‘Vestiti dei tuoi poteri e lascia fluire la tua forza, non limitarla come hai sempre fatto fino ad oggi. Accetta quello che sei realmente’. Non doveva stupirsi se Flern sapeva quali paure ed ansie lo assillavano, era dentro di lui da quando era nato e provavano le stesse cose. Chiuse gli occhi e prese un grosso respiro poi fece quello che mai avrebbe avuto il coraggio di fare. Liberò l'energia racchiusa nel suo corpo. Un boato percosse il palazzo e tutti i presenti, comprese le Ombre giganti che si fermarono titubanti. Da quando Flern era uscito dal suo corpo qualcosa era cambiato. Sentiva tutto più nitido, chiaro, vivo. La terra, la natura, l'aria, il fuoco e l'acqua sembravano parti di se e non qualcosa va comandare a piacimento. La terra tremò, il piedistallo crebbe intorno a Phill ricoprendolo come una sorta di armatura, lasciandogli solo gli occhi scoperti. Il primo essere a raggiungerlo sferrò un colpo micidiale che fece volare tutt'intorno pezzi di terra e pietra. «Questo l'ho sentito» disse Phill dolorante. «Ora come mi muovo?». ‘Non pensare a quello che devi fare e a come farlo, fallo e basta!’. Come poteva pensare di spostare una mole del genere di terra e roccia? L'Ombra portò un altro attacco che andò a vuoto. Reagendo d'istinto, Phill schivò da un lato poi contrattaccò. Il pugno devastante lo colpì nel punto esatto dove doveva trovarsi la testa. La creatura barcollò poi crollò a terra. ‘Finiscilo!’ urlò Flern eccitato. Trasportato dalla frenesia, il ragazzo ci appoggiò sopra una mano granitica e con una fiammata bianca la incenerì. L'eccitazione stava contagiando anche Phill, che si scagliò sul secondo avversario. Al solo pensiero di immobilizzare l'Ombra, una serie di grossi tentacoli lignei l’avvolse e la bloccò permettendogli di saltargli addosso e schiacciarlo con il peso del corpo per poi bruciarlo come il primo. I poteri rispondevano come mai prima. Un pensiero e il suo volere si materializzava. Alzò una mano gigante e al suo comando una spada, simile a quella usata nel vulcano per allenarsi, si materializzò. Era fatta di cristallo puro come quello di cui era fatta la collana regalatogli da Kryia. Un paio di fendenti decretarono la morte dell'Ombra che seguì la sorte delle precedenti. I militari

esultarono e applaudirono contagiando anche i mercenari che si unirono all’ovazione. Phill appoggiò la punta della spada a terra e si guardò intorno. ‘Forse li abbiamo convinti’ disse Flern soddisfatto. «Speriamo» commentò Phill esausto. Lentamente l’armatura di pietra si sgretolò e lo riportò alla luce facendo aumentare per un attimo le acclamazioni, poi fu il silenzio. «Ho promesso clemenza per tutti i mercenari che decideranno di unirsi in modo umile e serio all’esercito e alla fine di tutto ciò, se ci sarà un seguito, darò loro la possibilità di restare in pianta stabile o andarsene. Per coloro che decideranno di rimanere ci saranno agi e onori riservati ai militari, per gli altri l’esilio e nessun trattamento di favore, anzi, se commetteranno anche solo un crimine verranno imprigionati e alla peggio giustiziati. Non costringerò nessuno a rimanere sarà una vostra scelta, ma fino ad allora sarete membri di questo esercito o prigionieri senza diritti. Che cosa volte essere?». Il combattimento aveva infuso energia nelle sue parole che sortirono l’effetto desiderato e il primo a rispondere al suo richiamo fu Khall. «Sono con te!» urlò mettendosi in ginocchio porgendo la propria spada a Phill in segno di sottomissione. Lentamente voci sparse qua e là ne seguirono l’esempio, lasciando in piedi solo i Mercenari. Alcuni si inginocchiarono quasi subito certi della scelta fatta, altri ci misero qualche attimo in più, ma alla fine tutti giurarono fedeltà al nuovo Comandante. «Grazie a tutti!» disse Phill sancendo l’avvenimento «ora in piedi, c’è bisogno di noi! Khall! Prendi cinquanta soldati e controlla il palazzo da cima a fondo, gli altri rimangano in attesa di ordini!». Khall si alzò, reclutò personalmente i militari e si mise al lavoro. Phill, prima di rientrare, si diresse verso un angolo delle mura interne avvolte nell’oscurità. «Sapevo che, dopo aver ucciso il Generale, non saresti andato lontano così mi è venuta un’idea e devo dire che ha funzionato» disse rivolto al muro. Lentamente l’oscurità si dissipò rivelando un Arz furibondo, imprigionato in un groviglio di radici e pietre.

«Maledetto! Liberami immediatamente!» urlò sputando saliva da tutte le parti. «Non ci pensare proprio, quando avremo un po' di tempo faremo due chiacchiere, fino ad allora…». Con un movimento della mano il cristallo della spada si sciolse e si legò intorno all’assassino bloccandolo, poi dopo che rami e pietre si furono ritirati Phill lo portò nelle segrete che sigillò con la magi. «… starai qui, dove non potrai nuocere a nessuno, poi decideremo cosa farne di te». Detto ciò il ragazzo si girò e se ne andò, ignorando le urla disumane di Arz. Prima di uscire dalle segrete diede l’ordine ai soldati di non fare entrare nessuno, per nessun motivo. La stanchezza lo colpì duramente. il nuovo potere era eccezionale, ma aveva i suoi lati negativi. Le gambe indolenzite e le braccia gli tremavano come se avessero fatto uno sforzo immenso. Aveva sete e cominciava a sentire anche la fame. Prima di entrare nella sua stanza, chiese cortesemente ad una guardia se avrebbe potuto avere da bere e da mangiare e questo aveva asserito con un «Si, Signore» ed era sparito lungo i corridoi del palazzo, tornando poco dopo con un vassoio colmo di formaggio, pane e una brocca di vino. Stupito dalla celerità del servizio aveva preso il tutto e portato dentro alla camera. Il formaggio speziato e il pane, gli smorzarono i morsi della fame mentre il vino rosso lo scaldò in modo piacevole. Nel suo mondo era solito consumare birra, fresca e dissetante birra, ma in quel momento accettò di buon grado un boccale di dolce e succoso vino rosso. Thog seguì l’esempio di Phill e si saziò mangiando una buona porzione del caminetto. La scena gli mise un po' di allegria, ma poi il pensiero della barriera crollata e l’invasione dell’esercito di Nherb gli smorzò l’appetito. Avrebbe voluto sapere come se la stavano cavando Krhaa, Davian, Kryia e quel caloroso di Trarhos. Una strana sensazione lo pervase poi una leggera brezza si alzò all’interno della stanza. L’anello datogli in regalato da Davian pulsava leggermente e solo allora capì. Il Re del Vento usava i suoi “servi” per comunicare e osservare cosa succedeva nel suo paese. Ora toccava a lui. «Vai da Krhaa e gli altri e portami loro notizie» disse alla stanza in subbuglio. La finestra si spalancò e intorno a lui tornò la quiete. Ora non gli restava che aspettare. La luce del giorno penetrava dalla finestra colpendo Myrhia sul volto, facendole muovere la testa. Era il primo cenno di vita che mostrava da ore. Cosa lo aveva provocato? La luce? No, non era solo quello, ma il calore del sole. Si stava

raffreddando e per lei il calore era vita. Sapeva cosa fare. ‘non lo fare, Phill’ disse Flern quasi sottovoce. ‘Non è una cosa che un umano possa fare’. «Di cosa stai parlando?». ‘Della tua strampalata idea di infondergli calore’. Era ovvio che lo sapesse. «Perché non dovrei?» chiese sornione. ‘Anni fa, prima di incontrare tua madre, ho visto un umano offrire il suo calore corporeo ad una ninfa morente e questo lo ha consumato, nel vero senso della parola. È stato privato di tutta l’energia vitale fino a renderlo uno scheletro fumante. Nonostante ciò il suo sacrificio fu vano. La Ninfa, nonostante avesse accettato lo scambio morì poco dopo. Di lei non rimase altro che un mucchietto di cenere grigio’. «Scambio? In che senso?» chiese Phill incuriosito dalle parole del Re delle Fiamme. ‘Nel momento in cui la ninfa accetta le “fiamme” di qualcun altro, dona la sua intera esistenza a questo essere o persona incondizionatamente. Lei sarà, per sempre, legata a te, una sorta di matrimonio insolubile, almeno da parte sua. Normalmente, chi dona la propria energia anche a costo della vita, è qualcuno che cerca di salvare la donna che ama. Ma tu perché lo vuoi fare?’ chiese Flern serio ‘sei pronto a condividere con lei il resto della tua vita?’. Nel sentire ciò la buona volontà di Phill ebbe un leggero tentennamento. Poteva davvero dedicare la vita ad una persona che aveva appena conosciuto? Poteva legare a sé la Ninfa senza chiederle il permesso? Valeva tutto ciò la sua vita? Domande difficile alla quale lui non sapeva dare una risposta. L'unica cosa di cui era sicuro era che la vita di chiunque non aveva un prezzo. Nei momenti precedenti alla sua morte Phill aveva visto Myrhia e Thog liberare Flern che senza sapere se lui volesse vivere o morire lo aveva salvato dalla morte. Non si era posto il dubbio se era la cosa giusta da fare o no. Ed ora lui era nella stessa situazione. Giusto o sbagliato lui le avrebbe salvato la vita, quello che ne sarebbe derivato lo avrebbe affrontato dopo. Si alzò in piedi e si avvicino alla Ninfa, la scoprì dalle lenzuola che la avvolgevano e le appoggiò le mani

sull'addome. ‘Il calore deve essere inserito nel corpo il più vicino possibile al cuore’ spiegò Flern vedendo l'impaccio del ragazzo. Imbarazzato spostò la mano e la appoggiò tra i seni della Ninfa, direttamente sul suo cuore. ‘Bravo così é perfetto. L'altra tienila indietro, se sopravviviamo almeno una mano ti servirà sana’. Ascoltando il consiglio di Flern mise la mano destra dietro alla schiena. ‘Quando ti senti pronto sprigiona tutta l'energia che puoi. Speriamo che basti’. Flern non ebbe il tempo di finire la frase che Phill scatenò tutta l'energia che ancora gli rimaneva dentro a alla ninfa. Il calore del suo corpo rimase invariato per alcuni istanti, poi aumentò repentinamente. Come una calamita, la mano di Phill, attirò le fiamme del caminetto che l’avvolsero come un guanto, aumentando d’intensità fino a diventare bianche. Uno scossone percosse la ninfa che spalancò gli occhi ansimando. «Ah! Cosa...» urlò afferrandogli il polso con le mani cercando di allontanarlo. Istintivamente cercò di evocare le fiamme con cui aveva lottato migliaia di volte e che l’avevano protetta da mille asperità, ma non successe nulla. Solo allora si accorse che il fuoco che brillava come il sole non era il suo, ma quello di Phill. «Cosa stai facendo? Cosa sta succedendo?» Chiese lei impaurita. «Penso tu lo sappia, ora lasciami concentrare» rispose Phill a denti stretti. «No! Lasciami! Non puoi farlo! Morirai! Meglio io che te!». Myrhia si agitò cercando di liberarsi dalla stretta del ragazzo, ma fu tutto inutile, le poche forze che aveva in corpo non bastavano. «Ti prego, smettila. Lasciami spegnere come una scintilla al vento». Dagli occhi della ninfa cominciarono a scendere delle lacrime che le rigarono il volto. «Flern ha deciso che valeva la pena salvarmi e io ho fatto la stessa scelta nei tuoi confronti. Ora rispondimi sinceramente... Vuoi davvero lasciarti morire?». Chiese Phill guardandola dritta negli occhi. Myrhia lo guardò per alcuni lunghi momenti poi scosse la testa. «No. Voglio

vivere. Vivere!». Il pianto della Ninfa scoppiò liberatorio. Si era aperta, aveva lasciato trasparire i suoi sentimenti e riposto la sua fiducia in una persona quasi del tutto sconosciuta, ma l’energia che le stava ridando vita non era ancora sufficiente. Gocce di sudore comparvero sulla fronte di Phill e poi evaporarono nell’istante successivo. La luce e il calore aumentarono costantemente fino a quando tutto sparì in una bolla bianca incandescente. Le guardie spaventate dal trambusto cercarono di entrare, ma la maniglia e i cardini erano stati deformati dal calore, così dovettero buttarla giù con la forza. Tutto, nella stanza, era consumato. Il letto non c’era più, le stoviglie di metallo erano deformate e inutilizzabili e tutti i muri erano ricoperti da un velo nero di fuliggine. A terra giaceva la Ninfa che cingeva tra le braccia Phill privo di sensi, ma vivo. Con cautela i militari fecero un o in avanti richiamando su di loro la sua attenzione. I capelli di Myrhia si innalzarono verso il soffitto tramutandosi in lingue di fuoco minacciose. «Non fate un altro o se vi è cara la vita!». La voce cupa e roca, simile a quella di una belva feroce, fu un deterrente più che efficace. Gli uomini tornarono indietro e si rimisero di guardia.

Era notte fonda quando la cupola ebbe un sussulto e, dopo un lampo luminoso che la percosse, si sgretolò. Davian e Krhaa si guardarono consapevoli di ciò che stava succedendo e come da accordi, diedero l’ordine alla loro parte di esercito di uscire allo scoperto. Così, a loro volta, fecero Kryia e Trarhos. Il popolo del vulcano era numeroso, forte e compatto, al contrario di quello del Lago che, nonostante tutti gli sforzi congiunti di Kryia e Davian, contava solo poche decine di persone, per lo più cercatori scappati nel momento della disfatta. Lo schieramento dell’esercito ebbe appena il tempo di sistemarsi che un rombo assordante fece tremare la terra. Migliaia di Khuruhk si riversarono oltre il confine magico, ormai svanito. In prima fila, guidati da Krhaa, una muraglia di guerrieri di pietra smorzò la foga degli invasori, aiutati da centinaia di Thog agguerriti che mordevano e smembravano senza sosta. La prima ondata fu solo un diversivo e servì ad aprire un varco tra i difensori per poterli colpire dritti al cuore. Lo scontro fu spaventoso. L’esercito di Krhaa si scontrò contro suoi pari, Giganti di pietra corrotti dall’oscurità armati di spade di cristallo nero. Arti e teste spaccate ornarono il campo di battaglia insieme ai corpi dei Khuruhk caduti

durante la prima offensiva. I Rak del Lago davano o dalle retrovie, con i loro dardi di cristallo azzurro, mietendo vittime a destra e a sinistra. L’esercito di Nherb superò il primo ostacolo solo per trovarne un’altro. Trarhos, con il suo esercito fiammeggiante, formò una linea invalicabile di fiamme e spade assetate di vendetta, aiutati dai Rak del Vento che alimentavano le loro lingue di fuoco innalzandole per decine di i. Più ne ammazzavano più ne spuntavano dall’oscurità della notte, la foga con cui attaccavano era pari solo alla loro efferatezza. Presto, l’esercito difensore di Rak-Dhora, dovette retrocedere. Il sole, albeggiando all’orizzonte, svelò l’immensità del nemico fiaccando l’animo e la volontà di chi stava dando il tutto è per tutto per resistere. «Ritirata!» urlò Trarhos seguito da Davian e dagli altri due Re, che si assicurarono di proteggere la retrovia prima di ritirarsi loro stessi. Con grande sorpresa di tutti l'esercito invasore si fermò senza seguirli. Volevano dare un segno di forza. A loro non serviva inseguirli per annientarli, lo avrebbero fatto comunque, che fossero in fuga o riorganizzati, a loro non importava, li avrebbero travolti e massacrati comunque. «Quanta boria!» esclamò Krhaa battendo un pugno a terra dalla frustrazione. «Dove l’avrà trovato un esercito così imponente?». «Non lo so, ma il peggio deve ancora venire. Finora non abbiano visto nessun'Ombra. Le terrà per dare il colpo finale alla città». Davian stava svelando ai suoi compagni i suoi pensieri quando la voce gli venne meno. Si guardò intorno poi sorrise. «Phill sta bene e a quanto pare ha avuto la meglio sul Generale e ha riunito l'esercito». Nel sentire le parole di Davian i presenti si rilassarono e ritrovarono un po’ della fiducia persa. «Ora gli spiego in che situazione siamo messi e gli chiedo di mandarci dei rinforzi». Con pochi gesti delle mani il Re di Monte Cavo, congedò l'aria mandata da Phill che tornò indietro con le notizie da lui richieste. Lentamente aprì gli occhi e si guardò intorno. L'ultima cosa che ricordava era la voce di Myrhia che gli chiedeva di salvarla, poi un flash bianco e più niente. Ora si trovava coricato in un letto morbido, avvolto da lenzuola profumate. Il soffitto era composto da lastre di legno, intarsiate con fantasie riguardanti momenti di caccia. Lungo le pareti erano appese delle candele e dalla finestra, lunga almeno tre i, penetravano caldi e intensi raggi di sole. Arazzi e tappeti sul pavimento scaldavano l'ambiente e davano un tocco di sfarzo degno di un Re. Non si

trovava nella camera piccola e striminzita in cui lo avevano sistemato dopo il suo arrivo. Fece per tirarsi su, ma una fitta di dolore alla mano sinistra gli mozzò il fiato. Aveva tutto l'avambraccio fasciato e non riusciva a muovere le dita della mano. Una rapida occhiata al resto del corpo gli fece capire che non era proprio in forma. Varie bruciature gli segnavano la pelle un po' ovunque e il classico odore di pollo bruciato aleggiava nella. Una porta si aprì ed entrò Myrhia seguita da Khall. «Mi assento per un momento e già prendi il controllo di tutto?» disse mettendosi seduto. «Phill!» La Ninfa gli corse in contro e lo abbracciò procurandogli altre fitte di dolore «Pensavo che non ti saresti più svegliato!». «Quanto sono stato "assente"?». Aveva scelto un brutto momento per compiere quell'atto di eroismo e così facendo aveva messo in difficoltà Rak-Dhora e i suoi abitanti, senza contare tutti quelli che stavano combattendo contro l'esercito di Nherb. «Due giorni» rispose Khall. «Come procede l'avanzata del nemico?» Chiese Phill aspettandosi brutte notizie. Khall e Myrhia si guardarono mesti poi il militare gli riportò la situazione. Ogni giorno l'esercito era avanzato guadagnando terreno fino a fermarsi ad un centinaio di i dalle prime case di Rak-Dhora. I giganti di roccia, comandati da Krhaa e ati dai Rak di Kryia, rallentavano la loro avanzata in modo esemplare, ma la superiorità numerica prevalicava il duro lavoro rendendo inutile ogni sforzo. L'altra parte di esercito dava la caccia a gruppi di Khuruhk che si staccavano dal gruppo per attaccare dai fianchi o per aggirare la città e colpire da dietro. Nherb non si era ancora visto sul campo di battaglia e tanto meno le sue amate Ombre. Phill guardò prima uno e poi l'altro capendo che la situazione era disperata. «Lady Myrhia ha disposto l'esercito per le strade della città assicurandone un controllo totale. Senza di lei in città sarebbe scoppiato il caos». Khall era sinceramente colpito da come la Ninfa aveva gestito la situazione e per questo la rispettava visibilmente.

«Grazie» rispose lei «ma senza il tuo aiuto non c'è l'avrei mai fatta, sei un soldato valido e una risorsa indispensabile per questa città». Myrhia guardò Phill poi aggiunse «ti dispiacerebbe chiedere qualcosa da mangiare e fare entrare i nostri ospiti?». «Con piacere!». Khall fece un rapido saluto militare, poi uscì dalla stanza lasciando la porta aperta dalla quale entrarono Kryia, Krhaa, Davian e Trarhos. Erano tutti segnati da ferite, ma sembravano solo stanchi. «Amici! Che piacere vedervi!» disse Phill che, nonostante il male e che fosse vestito solo con un paio di pantaloni, si alzò per andare loro in contro. Anche Thog, che finora era rimasto immobile si alzò per festeggiare il loro arrivo. «Pensavamo ti fosse successo qualcosa. Dopo due giorni senza avere tue notizie ci siamo convinti a venire a controllare e tu... Dormivi beato nel lusso» disse Davian guardandosi intorno. «Scusate... Non so proprio cosa dire». «Cosa c'è da dire!» sbottò Trarhos «salvare una vita é sempre un nobile gesto! Non devi scusarti, solo, la prossima volta, cerca di scegliere un momento migliore! Ahahah!». Phill strinse la mano a tutti poi quando fu il momento di Kryia lei lo abbracciò calorosamente. «Per fortuna sei vivo! La situazione é davvero brutta, ma con te forse abbiamo una speranza». Le parole della ragazza rispecchiavano il pensiero dei presenti che annuirono all'unisono. Phill fece accomodare tutti al tavolo, sito in un angolo della camera e quando arrivò Khall con il cibo, mangiarono tutti insieme discutendo della situazione e di come avrebbero dovuto affrontare l'esercito del Re Nero. In quanto a numeri erano sicuramente in svantaggio, nonostante i circa duemila militari di Rak-Dhora il nemico era ancora troppo imponente e per questo uno scontro frontale era impensabile. Dovevano agire d'astuzia e decimare l'esercito poco per volta. Ognuno aveva le sue idee, per lo più valide, ma prevedevano sempre un rischio troppo alto e soprattutto un attacco in campo aperto, poi Phill buttò lì un'idea folle. «Facciamoli entrare in città!». Il brusio di fondo cessò e tutti lo fissarono come se al suo posto ci fosse uno sconosciuto.

«Stiamo facendo di tutto per salvare proprio la città e i suoi abitanti e tu ora vuoi farli venire dritto su di noi!». La voce cupa e profonda di Trarhos fece tintinnare le stoviglie. «Lo so che tutti gli sforzi fatti fino ad ora sono stati fatti appositamente per salvaguardare la città, ma se andremo avanti in questo modo verremo sopraffatti e tutto sarà perduto. Al contrario se fimo entrare il nemico secondo dei percorsi ben precisi, possiamo incanalarlo tra le case e decimarlo, colpendolo dall'alto. Arcieri e cercatori possono infliggere un danno notevole in breve tempo e poi fuggire, mentre i giganti possono fare piazza pulita dei sopravvissuti. Ogni volta che verrà portato un attacco innalzeremo un muro per farli deviare e ricominceremo da capo». Siccome tutti i presenti a parte Phill, la Ninfa e Khall, avevano visto e toccato con mano la potenza dell'esercito di Nherb accolsero, seppur con qualche remora, positivamente la sua idea. «E i cittadini?» chiese Davian. «Li trasferiamo in un posto sicuro con l'aiuto dei vermoni di Krhaa, nel deserto o nel vulcano». «Lo sai che se la nostra strategia risultasse vincente potrebbe scendere in campo anche il Re Nero?». Kryia mise in evidenza quello che Phill sospettava. «Sì, lo immaginavo, in quel caso lo affronteremo tutti insieme qui a palazzo». Quando Phill finì di parlare nessun altro chiese niente, tutti si rifugiarono nei loro pensieri. Era una teoria valida e un buon piano di attacco, rischioso, ma ormai erano giunti all'apice dello scontro. In breve tempo, uno, massimo due giorni, l'esercito avrebbe fatto irruzione in città e sarebbe stata la fine. «Ci sto!» disse Trarhos battendo un pugno sul tavolo «facciamogli vedere di che pasta siamo fatti!». «Concordo, meglio attaccare che aspettare di essere travolti dalla loro furia» gli fece eco Krhaa. «É deciso! Darò disposizioni ai Rak del Lago» disse Kryia alzandosi a sua volta. «Avvertite i vostri uomini, che si preparino, tra un'ora cominceremo i preparativi!». Phill si alzò a sua volta congedando tutti tranne Kryia che gli si

avvicinò. «Mio fratello... Non é potuto venire a causa di gravi problemi nella Foresta. Piante corrotte e elfi trasformati dal potere di Nherb. Mi ha detto di riferirti che farà tutto il possibile per unirsi alla battaglia e dare una mano. È molto rammaricato di non essere al tuo fianco nel momento del bisogno». Il tono di voce di Kryia rese l’idea e Phill non dubitò del sentimento di Ray. Il ragazzo fece qualche o verso la grande finestra e guardò fuori, verso l’orizzonte. «Noi e i cittadini di Rak-Dhora, Ray e gli abitanti della foresta, ognuno di noi sta combattendo la propria guerra che alla fine si risolve con un unico nemico comune... Nherb. Non nascondo che la mancanza di Ray mi rende ancora più insicuro di quanto già non sono, ma è giusto così. Krhaa, Trarhos, Davian e tu stessa, se il nemico fosse in casa vostra e minacciasse il vostro popolo fareste la stessa cosa, come lo farei io. Se noi riuscissimo a sconfiggere il Re Nero daremo una mano a lui e viceversa, se lui risolverà la sua situazione verrà a darci una mano. Siamo alleati, amici e tra amici ci si sostiene a vicenda». Con un movimento spinse le finestre che si aprirono e fecero entrare l’aria della città con tutti i suoi rumori e odori. Kryia non seppe cosa rispondere. Nonostante le difficoltà ate non era cambiato, il suo cuore non era stato corrotto. Fece un leggero inchino e senza disturbare si girò e andò a prepararsi per la battaglia. Il sole stava tramontando allungando le ombre e accentuando l'angoscia di uno scontro imminente. Phill aveva lavorato duramente tutto il giorno per preparare le trappole e studiarne il percorso, ipotetico, da far seguire all'esercito di Nherb. Cominciando dalle case più vicine al palazzo, avevano eretto da un tetto all'altro, delle erelle in grado di sostenere un buon numero di militari armati e consentire loro, in caso di bisogno, un rapido spostamento tra le varie postazioni. Poi, con l'aiuto di Flern, studiarono il percorso da far fare al nemico costruendo solidi muri impenetrabili, dove necessari, e false barriere facili da distruggere in punti strategici. Quando Phill ebbe chiesto del perché quei muri fossero necessari Flern gli aveva risposto: ‘I Khuruhk non sono sicuramente un popolo di esseri intelligenti, ma alla lunga si accorgeranno dell’inganno e cominceranno a disperdersi mandando a monte il nostro piano, ma se noi, di tanto in tanto, diamo a loro qualcosa da distruggere, l’eccitazione e la foga del momento li renderà ciechi alla verità facendoli cadere in trappola’.

Phill era stato colpito da quell'idea e ringraziava di avere con se uno stratega con centinaia di anni di esperienza. Trappole, falsi percorsi, arcieri, Rak e l'intero esercito era stato posizionato. Erano riusciti ad evacuare anche i cittadini che, dopo qualche protesta, avevano accettato di salire sui vermi di Krhaa. Phill si guardava attorno, sembrava una scena tratto da qualche libro o film, ma per sua sfortuna era la realtà. Puntò lo sguardo di fronte a lui e gli si mozzò il fiato. L'esercito di Nherb era infinito. Una chiazza nera nel candido calore del tramonto. Sapeva che l'armata del Re Nero era grande, ma vederlo con i propri occhi lo aveva fatto tentennare. Fuggire non era sua intenzione, anche se più di una volta aveva considerato l'idea di crearsi una via di fuga in caso di bisogno. ‘Non devi vergognarti di un pensiero simile, ogni guerriero che si rispetti ha paura della morte ed é proprio questa paura che lo rende forte. La voglia di sopravvivere tira fuori il meglio di noi, o il peggio, ma non nel tuo caso’ lo aveva rassicurato Flern gentilmente. Ora guardando quello spettacolo indescrivibile un vuoto gli crebbe nello stomaco. Un suo gesto e la battaglia per la sopravvivenza sarebbe cominciata. ‘Grazie, per tutto quello che hai fatto per me e per la gente di questo posto. Una terra e un popolo, ormai sconfitti, si sono riuniti per affrontare insieme il nemico comune e tutto ciò grazie al tuo sacrificio. Se mai usciremo da questa situazione e il tuo desiderio sarà quello di tornare a casa ti seguirò senza indugio, ma se questo é il nostro ultimo giorno volevo dirti che é stato un onore conoscerti’. Quando lo aveva conosciuto era una presenza scomoda, inaspettata e del tutto fuori dall'ordinario. Con il tempo il suo vociare, lamentarsi e surriscaldarsi per ogni minima cosa gli erano diventati familiari e il pensiero di separarsi, ora come ora, gli metteva tristezza. In più di un'occasione, con la sua esperienza o con la sua forza, gli aveva salvato la vita e se c'era qualcuno che doveva ringraziare quello era lui. Aprì la bocca per dimostrare la sua gratitudine, ma fu interrotto dal suono di un corno. In tutta la valle scese il silenzio. L'esercito nemico aveva dichiarato l'attacco. «É ora Scintilla, facciamogli vedere contro chi si sono messi». Phill alzò un braccio al cielo e la terra cominciò a tremare.

Capitolo 13

I muri della cella che lo rinchiudevano, erano di solida pietra e ogni tentativo di danneggiarli era completamente inutile. Arz si stava disperando, l’unico momento in cui aveva avuto la possibilità di uccidere quel maledetto ragazzino era stato sul treno, nel suo mondo, da lì in poi non aveva fatto altro che rincorrerlo senza avere mai una reale possibilità di avvicinarlo in modo da poterlo uccidere. Un sorriso sarcastico comparve sul suo volto. Almeno aveva avuto la sua rivincita sul Generale, lurido e patetico verme agli ordini di Nherb. Mai avrebbe pensato che Maahr fosse al servizio del nemico e invece eccolo lì, con i poteri oscuri, che combatteva contro al ragazzino. Come al solito la sua inettitudine lo ha portato alla rovina e se non fosse stato veloce nell’ucciderlo ora, probabilmente, avrebbe spifferato a tutti i piani del Re Nero. Dovevano essergli grati per quello che aveva fatto, avrebbero dovuto premiarlo per il suo sacrificio e naturalmente sapeva già cosa chiedere. Prima però doveva uscire da quel buco. Un violento scossone fece tremare la terra sotto ai suoi piedi. Calcinacci e schegge caddero dal soffitto affilate come coltelli. Senza accorgersene si ritrovò a terra, con il solo pensiero di coprirsi il volto e prepararsi al crollo del palazzo, che non avvenne. Così come era cominciato tutto finì. I muri erano ancora in piedi, anche se una lama di luce gli disse che una delle pareti era stata danneggiata. Per sua sfortuna la crepa era talmente sottile da non permettere a niente di are, ma almeno aveva la possibilità di respirare aria pulita. Con rassegnazione si sedette a terra aspettando che succedesse qualcosa. Ormai l’attesa era diventata per lui uno stile di vita.

Al suo segnale, Krhaa diede l’ordine e gli Ahrkrha si misero in movimento. Phill si ancorò al suolo con le radici, ma molti militari, a causa delle vibrazioni del terreno, caddero. Non potevano permettersi un attacco frontale contro un esercito così vasto, neanche con una piccola fazione di soldati con l’intento di attirarli dove volevano loro, avevano bisogno un un’azione offensiva e provocatoria di dimensioni tali da scatenare una immediata controffensiva. Ci avevano pensato tutto il giorno poi Krhaa aveva esposto la sua idea e a Phill era piaciuta. Sapevano che i vermi giganti non sarebbero sopravvissuti, ma era un sacrificio che andava fatto. Due dei più grossi avrebbero scavato intorno a Rak-Dhora un fossato invalicabile, profondo decine e decine di i, lasciando una striscia di

terreno intatta in concomitanza con l’entrata della città, mentre altri due Ahrkrha, più piccoli e veloci, avrebbero scavato intorno all’esercito nemico ingoiando e schiacciando più nemici possibili. A tale operazione si sarebbero uniti anche quelli più grossi una volta finito di costruire il percorso forzato. Polvere e detriti volavano da tutte le parti, enormi blocchi di terra e roccia cadevano a strapiombo nella voragine lasciata dal verme. Fu l’inizio del caos. L’armata nemica ebbe un sussulto improvviso, non capivano cosa stesse succedendo, poi il panico. I due vermi più piccoli stavano imperversando tra le fila nemiche mietendo vittime e confondendo gli animi. Uno a destra e uno a sinistra. Quando, anche i due più grossi si unirono all’azione offensiva, un’ondata di speranza colse gli uomini sulle mura che urlarono la loro gioia al vento surclassando i rumori di fondo. Phill guardo a turno i suoi compagni e vide, anche sui loro volti, riaccendersi la speranza. Poi gli unici rumori che rimasero sospesi nel vento furono quelli provocati dalla terra in assestamento. La polvere di diradò e ai loro occhi si palesò il risultato di quell’azione disperata. Intere porzioni dell’esercito nemico era sparito, alcuni vermi, prima di morire, erano saltati fuori dal terreno schiacciando centinaia di Khuruhk. Nessuno si muoveva, l’esercito non accennava a muoversi. Possibile che la loro disciplina era così ferrea da farli uscire indenni anche da un attacco del genere? Un urlo di sfida si levò da una delle case alla sua sinistra, un’altro gli fece eco alla sua destra e man mano altri si unirono al coro. Un corno risuonò in risposta e come una marea nera l’esercito si mise in moto. L’impeto della carica fu tale da spingere quelli davanti nei burroni. Come bestie senza cervello caricarono alla cieca, senza curarsi di cosa schiacciavano lungo il cammino decimandosi a loro volta. Il piano aveva funzionato. Al segnale di Davian un nugolo di frecce si alzò in cielo per poi abbattersi sulle teste dei Khuruhk indifesi. Per tanti che ne cadevano, altri ne prendevano il posto. Palle di fuoco, lanciate dagli elementali del Monte Magh, impattarono tra le file nemiche incendiando e bruciando, ma nulla fermò la carica forsennata dell’esercito di Nherb. Ormai l’ondata era alle porte della città ed era ora che anche lui si preparasse allo scontro. Arrivato in quella che doveva essere la prima postazione, Phill, si preparò ad agire. Il terreno tremava sotto l’impeto omicida delle bestie assetate di sangue. Una freccia, con le penne verdi, gli si piantò alla sua sinistra. Ecco il segnale. Concentrò l’energia e creò il primo muro intrappolando la prima porzione di nemici. Immediatamente, senza aspettare, ò al secondo punto. Correva a perdifiato secondo un percorso studiato attentamente, che ava attraverso cortili e case. Piccoli corridoi di roccia creati appositamente per rendere il percorso più diretto e veloce possibile. Il rumore della battaglia era assordante, urla e grugniti lo stavano scuotendo nel profondo. Un conto era parlarne, un’altro era viverlo. Alcune frecce rudimentali,

con piume nere e unte di sego, gli si piantarono attorno. Anche i nemici avevano degli arcieri e questo avrebbe rallentato la loro linea difensiva. Dovevano accelerare il o, ma l’armatura che indossava lo rallentava. Era pesante e rumorosa. «È indispensabile!» aveva detto Khall mentre gliela metteva, anche Myrhia aveva insistito e ovviamente lui non si era opposto, ma ora doveva togliersela. ‘Non pensarci nemmeno!’ Gli disse Flern. «Con questa addosso faccio fatica, perdo tempo ed energie utili per il contrattacco!» ribatté Phill seccato. Saltò dentro ad una casa e, neanche a farlo apposta, un gambale gli si impigliò in una maniglia di un mobile e lo scaraventò a terra. «Ah!» urlò infastidito cercando di togliersi quella trappola di metallo che si portava a presso. Cercò di sciogliere i nodi che fissavano i vari pezzi dell’armatura al suo corpo, ma non ci arrivava. Non poteva perdere tempo. Si alzò in piedi, si rivestì di uno strato di pietra che, espandendosi, lacerò le strisce di cuoio che fissavano l’armatura. Gambali, pettorale, schinieri uno dopo l’altro i pezzi dell’armatura caddero a terra liberandolo. «Oh! Meglio!» disse sospirando Phill. ‘Si meglio e ora cosa ti proteggerà dalle frecce e dalle spade?’. «Questa!». Un sottile strato di legno lo ricoprì. Poi riprese a correre. Quando arrivò al secondo punto, innalzò il muro e diede un’occhiata ai tetti delle case per vedere come stavano procedendo le cose e quello che vide non gli piacque. Metà dei militari incaricati di scagliare frecce dall’alto erano stati colpiti e l’altra metà era in seria difficoltà. Pensò rapidamente ad una soluzione poi corse sul primo tetto disponibile e urlò: «Via! Andate al prossimo posto di blocco!». I militari lo guardarono incerti senza muoversi. «Andate!». «Ma Signore!» rispose il responsabile del gruppo rimasto. «Come faremo?». In risposta Phill appoggiò una mano a terra. Una miriade di lance acuminate di solida pietra comparvero dal suolo mettendo fine a quello scontro. I soldati lo guardarono sorpresi e un po' turbati, ma si alzarono e si avviarono verso il posto

di blocco designato. Perché lo avevano guardato così? Lui era con loro e stava facendo il possibile per farli sopravvivere, allora perché nei loro occhi aveva visto paura e diffidenza? Prima di proseguire anch’egli si alzò e guardò oltre al parapetto e lo spettacolo che vide non era dei migliori. Arti staccati, corpi impalati dalle lance di pietra che lui stesso aveva evocato, teste spaccate a metà con la materia cerebrale che ne fuoriusciva. Un conato di vomito lo colpì e bile amara gli salì in gola. ‘Non guardare, quello scempio fa parte della guerra. Sicuramente prima che sorga il nuovo giorno altri di loro moriranno insieme a qualcuno dei nostri’. Flern aveva ragione, ma lui non era abituato a tutto ciò. Girò la testa dall’altra parte e ripartì correndo. Ad ogni posto di blocco la situazione si ripeteva. Ormai Phill non sentiva altro che il rumore delle ossa rotte e il gorgoglio dei corpi morenti. La stanchezza stava avanzando velocemente. Come previsto l’esercito si era diviso in due rami, uno era andato nella sua direzione e l’altro verso Krhaa, Davian e Trarhos. Kryia faceva la spola, un po' di qua e un po' di là, aiutando chi ne aveva bisogno. «Come sta procedendo?» le chiese Phill dopo aver sterminato un manipolo di nemici. «Non bene, stanno diventando più scaltri e meno prevedibili. Ad ogni nuovo blocco imprigioniamo meno Khuruhk e subiamo più perdite. Non sta procedendo come volevamo anche se li stiamo decimando. Andando avanti così tutta la notte è subendo meno perdite possibili, all’alba dovremmo pareggiare il loro numero e poter finalmente procedere con uno scontro diretto». Phill guardò il cielo che, lentamente, stava assumendo la colorazione tipica notturna. Alcune timide stelle cominciavano a intravedersi e il loro fioco bagliore riscaldò l’umore di Phill. Lui le sorrise: «per il momento direi che funziona, ma dobbiamo stare attenti, non sappiamo quali sorprese ha in serbo Nherb». Le parole di Phill anticiparono un boato a poca distanza da loro che li fece barcollare. «Cos’è stato!» gridò Kryia.

«Andiamo a vedere!». Phill si lanciò sul tetto della casa adiacente e poi su quella successiva fino ad arrivare nel punto dal quale era giunto il rumore. La ragazza, lo raggiunse poco dopo planando dal cielo sopra ad un disco di cristallo blu dal quale scese con grazia e agilità. «Ognuno usa i mezzi che ha a disposizione» disse lei toccandogli un braccio ricoperta di corteccia. Un ringhio cupo e disumano, richiamò la loro attenzione poi il pavimento sotto di loro crollò trascinandoli giù. Una mano artigliata lo afferrò per una spalla, scheggiandogli la pelle lignea, per poi scagliarlo fuori dalla casa attraverso una parete di dura pietra. L’impatto gli fece girare la testa e perdere l’orientamento per qualche secondo. Kryia riuscì a proteggersi richiudendosi dentro ad un bozzolo di cristallo che la salvò dagli artigli dell’Ombra, ma non dalle unghie affilate, del gigante corrotto. Il primo colpo mandò in frantumi il suo scudo e il secondo la ferì ad una gamba facendola gridare di dolore. Phill sentì l’urlo e capì che qualcosa era andato storto. Flern si agitò arrabbiato e questo gli diede nuova energia per reagire. Con impeto colpì l’Ombra che si era avvicinata dietro di lui e la proiettò contro un muro, poi entrò nella casa dove c’era ancora Kryia e si lanciò contro al gigante di pietra. Poco prima di essergli addosso, Phill si rivestì anch’esso di pietra e il suo peso unito allo slancio portò tutti e due, attraverso il muro di cinta, nella casa vicino. Entrambi si rialzarono illesi e cominciarono a scambiarsi colpi. Phill riusciva a schivare quasi ogni colpo, ma i pochi che andavano a segno erano pesanti e dolorosi. Mentre il colosso che aveva di fronte non subiva grossi danni, lui ne risentiva sempre di più. Doveva fermarlo e l’unico modo per farlo era ucciderlo. Come con tutti gli altri nemici, era necessario togliergli la vita per salvarne un’altra, molte altre. Un urlo uscì dalla sua bocca, il fuoco del Re delle Fiamme avvampò e l’energia nel suo corpo eruttò come mai prima d’ora. Allungò una mano, prese in gigante alla testa e lo atterrò con una forza tale da spezzargli la tesa. Poi tornò indietro, dove c’era l’Ombra che nel frattempo aveva preso Kryia in ostaggio. Non le diede neanche il tempo di respirare. Radici, pietra e cristalli blu la immobilizzarono perforandola e inchiodandola al suolo, poi, con l’ausilio dell’aria trasportò la ragazza al sicuro. «Sarete uccisi tutti» disse la creatura con una voce gutturale, per niente umana. «Chi non sarà ammazzato diventerà uno schiavo e le donne... ». Non riuscì a finire la frase, una lama di cristallo gli traò la testa mettendo

fine alla sua vita. Senza dire niente Phill si voltò lasciando il corpo esanime appeso in segno di disprezzo e disgusto. Doveva proteggere la città, ad ogni costo. Tornò da Kryia per vedere come stava. La ferita alla gamba non era profonda, ma le impediva di camminare correttamente, senza contare tutto il sangue che sgorgava. Phill non perse tempo, prese la spada, evocò delle fiamme che ne arroventarono la punta e cauterizzo. L'urlo della ragazza fu disumano. «Mi dispiace, ma non abbiamo tempo». Spiegò Phill duro. Poi le appoggiò la mano destra sulla gamba ferita e, come faceva nel suo mondo, prima di scoprire la presenza del Re delle Fiamme dentro di se, fece fluire l'energia dal suo corpo per immetterlo in quello di lei. Kryia trattenne il fiato timorosa, ma con sua immensa meraviglia il dolore si dimezzò consentendole di muoversi. «Ogni volta che ci incontriamo mi stupisci con qualcosa di nuovo» disse Kryia alzandosi in piedi. «Prima di scoprire la magia e il potere che da esso ne deriva, usavo il mio "dono" per alleviare le sofferenze altrui e non per causarne». Mentre parlava, Phill, lanciò una sfuggevole occhiata alla macabra scultura, che ancora svettava sul campo di battaglia. «Le cose stanno cambiando, Nherb sta mettendo in campo le sue armi migliori e le nostre truppe non sono pronte. Dobbiamo avvertirli prima che sia troppo tardi». Con un gesto della mano avvolse la ragazza con una soffice e morbida coperta d’aria e la sollevò da terra facendole l'occhiolino. Lei sorrise e accolse di buon grado l'aiuto appena ricevuto. Lo spettacolo che di presentò ai loro occhi fu desolante. Ombre e Giganti di pietra corrotti che imperversavano tra le fila di militari, mietendo vittime mentre i Khuruhk tenevano a bada le truppe granitiche di Krhaa. Non era così che doveva andare. Tutto dove si girava vedeva morte e sofferenza. Stavano perdendo terreno e non solo quello. Ormai erano entrati all'interno delle mura del palazzo. Tenendo Kryia alta sulla testa avanzò come una furia colpendo tutto ciò che si muoveva. Radici, lance di dura roccia, proiettili di cristallo, usava ogni mezzo a sua disposizione per ferire, uccidere e proteggere i suoi uomini dal nemico, mentre dall’alto Kryia difendeva lui con uno scudo ceruleo. Insieme furono una forza travolgente e ristabilirono l'equilibrio tra le parti. Stava usando moltissimo potere senza elemosinare sul come e quando usarlo e lo sforzo prolungato cominciava a farsi sentire. «Davian!» urlò ansante quando fu a portata d'orecchio.

«Phill! Eravamo preoccupati che ti fosse successo qualcosa!» disse l'uomo che sbalordito guardò verso l'alto verso la ragazza, che lo salutò agitando una mano.. «É una storia lunga» si giustificò Phill con un mezzo sorriso, poi lo sguardo tornò duro. «L'esercito nemico si sta riorganizzando, hanno sfondato le nostre difese con l’ausilio di Ombre e Giganti corrotti». Lo sguardo di Davian si incupì e rimase in attesa di una soluzione alla quale Phill aveva già pensato. «Dobbiamo farlo anche noi. Riorganizziamo le difese» disse convinto Phill «mettiamo un Gigante con un qualche arciere e dei Rak. Con quella formazione riusciranno almeno a rallentarli». Davian asserì con incertezza. «Abbiamo perso metà esercito e non abbiamo abbastanza truppe da frapporre al nemico. Sarà solo una questione di tempo, ma alla fine avranno la meglio». Il rombo della guerra intorno a loro per un attimo cessò, solo morte, lamenti e sacrificio aleggiava nell'aria. Possibile che avevano finito le risorse? Poi uno strano rumore attirò la loro attenzione. Non era un suono metallico, assomigliava di più ad un richiamo, un ululato. Questo si ripeté più volte fino a moltiplicarsi e a saturare l'aria intorno a loro. Poco lontano da loro un ringhio feroce e delle urla agghiaccianti gli fecero gelare il sangue nelle vene. Cos'altro aveva in serbo Nherb? Un secondo brontolio non tanto lontano da loro lo fece voltare. Una tigre verde avanzava verso di loro con movenze tutt'altro che amichevole. Un'ombra le si parò davanti, ma questa con un balzo le fu addosso e con un colpo delle sue fauci possenti le staccò la testa dal collo, facendola crollare senza vita. Phill rimase immobile e ordinò a tutti di fare altrettanto. La magnifica creatura gli si avvicinò fino ad appoggiargli il muso contro lo stomaco. Non se la ricordava così grossa, ma il loro primo incontro era durato molto poco. «Non ve la state cavando molto bene» disse una voce famigliare «probabilmente potremmo essere d'aiuto». Man mano che le parole venivano pronunciate una sagoma, in groppa alla tigre, prendeva forma. «Swhith!» esclamò vedendolo per la prima volta da tanto tempo. «Com'è possibile tutto ciò?». Phill guardò l'amico e lo trovò cambiato. Tre cicatrici che gli solcavano il viso più magro e spigoloso di quanto ricordasse. «Siete riusciti a convincere gli animali della Foresta Eterna ad aiutarci? A quale prezzo?».

Swhith asserì con il capo poi con una mano si toccò il viso. «Nessun prezzo é troppo alto rispetto a questo scempio». L'elfo abbracciò tutto quello che lo circondava con lo sguardo. «Siamo in tanti e presto la situazione migliorerà e solo allora potremmo tirare un sospiro di sollievo. Ora scusatemi, ma devo andare a coordinare i vari gruppi di o. Fece un cenno con la mano poi, a cavallo della sua tigre, si dileguò tra le rovine fumanti. «Caspita! Quasi non lo riconoscevo. Anche lui deve averne ate di brutte. Hai visto i tre segni sul volto?» chiese Phill a Kryia che asserì con un cenno della testa. «Nessuno di noi sarà più lo stesso dopo questa guerra» commentò Davian spossato. Niente di più vero. Anche la città sarebbe cambiata. Falò sparsi ovunque, consumavano lentamente le mura della case e quello che rimaneva di quanti avevano cercato di proteggerla. Anche nel palazzo le cose non erano andate meglio. Myrhia e Thog lo avevano difeso con ogni fibra del loro corpo, ma alla fine erano penetrati anche lì. La siepe, con i suoi fiori, in alcune zone era stata divelta mentre in altre consumata dalle fiamme. Scheletri anneriti ornavano il cortile come macabre statue, mentre i corpi dei militari morti testimoniavano la crudeltà del nemico invasore. Man mano che avanzava verso l'entrata del palazzo il suo cuore tremava, nessun rumore di combattimenti proveniva dal suo interno, nessun cenno di vita, solo un mortale silenzio. Ovunque guardasse vedeva cadaveri di Khuruhk o dei soldati della guardia, ma del suo amico roccioso o della Ninfa neanche l'ombra. Poi una voce. «Phill!». Era Myrhia. Lui alzò lo sguardo e la vide, avvolta tra le sue fiamme splendente come una stella. Si appoggiava affaticata al parapetto del balcone, ma sembrava stare bene. Un rumore improvviso seguito da un cumulo di polvere fece sobbalzare il ragazzo spaventato. Era Thog che per andargli in contro era saltato direttamente di sotto. «Thog!» esclamò lui inginocchiandosi per abbracciarlo. «Mi sei mancato! Hai fatto una buona guardia?». La domanda era rivolta più a Myrhia che al Thog, che con un cenno del capo rispose: «Sì, é stato perfetto. In alcuni casi mi ha anche salvata».

«Bravissimo! Quando tutto sarà finito ti darò delle buone pietre da mangiare!». Kryia, ancora sollevata dalla corrente d'aria, guardava la scena commossa, ma era preoccupata per Phill. Per tutto il tempo ato a parlare, combattere o ad accarezzare il Thog, aveva tenuto la mano sinistra sempre in disparte, facendo ben attenzione che niente e nessuno la toccasse. Trarhos le aveva detto cosa era successo e in quel momento aveva pensato a quanto fosse stato stupido e avventato. Compiere un'azione del genere in un momento così delicato. Oltretutto sacrificando una mano che a detta di Trarhos non sarebbe più tornata come prima, ma ora vedendo quella scena capiva perché l'aveva fatto. «Phill! Kryia!». La voce di Davian ruppe la magia del momento per riportare i presenti alla realtà. Lui e Trarhos avanzavano sorreggendosi a vicenda, entrambi avevano subito ferite alle gambe e si muovevano con fatica. Krhaa, che li seguiva stoico, camminava normalmente, ma gli mancava tutto il braccio destro e una buona porzione di spalla. A Phill mancò il fiato. «Ragazzi! Siete salvi! Krhaa...» non seppe cos'altro dire. «Non ti preoccupare, un bagno nel fango della vita e torno come nuovo. Essere fatto di pietra, in fondo, ha anche i suoi vantaggi!». Con la mano sinistra si batté un sonoro colpo sul petto. «Sì, già... Beato lui! A me mi ci vorrà un po’ più di un bagno ristoratore!» ribatté Trarhos ruvido. I presenti cominciarono a ridere quando un tonfo sordo in lontananza richiamò la loro attenzione. Guardarono in ogni direzione senza notare niente, poi un secondo rumore cupo e ovattato, seguito da una nuvola di polvere, li fece voltare verso le terre desolate, proprio dalla direzione dal quale proveniva l'esercito nemico. Phill, si sollevò fino all'altezza del balcone con l'aiuto della terra e osservò meglio la situazione. Mentre cercava di capire cosa fosse stato vide Khall entrare nel cortile. «Raduna tutti i superstiti e falli venire qui, anche i giganti e gli elfi con i loro animali!» ordinò a gran voce. «Pensi anche tu quello che penso io?» chiese Davian a Phill. «Nherb!» rispose Myrhia in un sussurro.

Tutti avevano avuto la stessa idea. Messo alle strette era sceso in campo per finire il lavoro. Un altro boato, seguito da una colonna di polvere. Si stava avvicinando. Nel frattempo Khall fece entrare ciò che rimaneva dell'esercito seguito dai pochi giganti rimasti, dagli abitanti del vulcano e dal popolo della foresta. Nonostante l'aiuto inaspettato, le loro forze si erano ridotte drasticamente. Con pochi ordini dispiegò la forza militare a semicerchio, metà da un lato e metà dall'altra avendo come punto di incontro il balcone sul quale vi erano Phill e la ninfa. Una casa, posta esattamente davanti all'entrata del palazzo si sgretolò e andò in pezzi, consumata da una forza devastante, come se fosse invecchiata improvvisamente di cento e più anni. La stessa sorte toccò anche al portone che si sgretolò come sabbia al vento. Con lentezza esasperata, Nherb comparve dalla nuvola di polvere e venne avanti fino al centro del cortile. Per Phill era la prima volta che lo vedeva. Una massa informe di fumo e pece liquida sempre in movimento, alla costante ricerca di una forma nella quale stabilizzarsi. Nonostante fosse nel centro del campo nemico e per di più circondato, era calmo e sicuro di se. «Finalmente ci vediamo, uomo venuto dal mondo parallelo, involucro di carne del nostro tanto beneamato Re delle Fiamme! É un piacere fare la tua conoscenza». La voce graffiante del Re Nero fu seguita da un refolo di aria gelata. «Uno mio servo doveva separarti dal quel caloroso di Flern, ma a quanto pare non c'é riuscito... Poco importa, morirete insieme». Phill non voleva dargli la soddisfazione di dirgli che il suo servo, seppur se per poco tempo, ci era riuscito così non proferì parola. In compenso Khall diede l'ordine e tutti attaccarono con archi, palle di fuoco, gemme e cristalli. Qualunque cosa avessero tra le mani la scagliarono su di lui. Fu tutto inutile. Le armi più piccole come frecce e piccole pietre si polverizzarono appena lo sfiorarono, le altre più grandi gli arono attraverso senza creargli alcun danno. Gli attacchi magici vennero assorbiti come se nulla fosse. ‘Proprio come l'ultima volta che l'ho affrontato. Gli attacchi fisici lo lasciano indifferente mentre quelli magici vengono risucchiati da quella specie di mantello di fumo che lo ricopre’ disse Flern agitato. Phill lanciò un’occhiata ai sui amici che, nonostante le ferite si erano già messi

in posizione. «È ora di finirla con questa storia, il tuo esercito è sconfitto! Deponi le armi e arrenditi!» ordinò Phill a gran voce. «Sciocco, a me non serve un esercito per annientarvi tutti! Ahahah, allora non sai con chi hai a che fare! Chiedi al tuo ospite... Chiedigli! Lui saprà dirti com’è andata l’ultima volta! Ahahah!». Il Re Nero rise con la sua voce graffiante che gli fece accapponare la pelle. «So bene com’è andata l’altra volta, ma ora sarà diverso! Ora siamo uniti e tutti insieme ti sconfiggeremo!». A quelle parole segui una scarica di frecce e proiettili lanciati dai soldati, ma com'è successo precedentemente non causarono alcun danno. «Ora basta!». L’ira di Nherb scoppiò e tentacoli neri sferzarono l’aria colpendo a destra e a sinistra lasciando solchi neri nella roccia e consumando all’istante chi veniva colpito. «No!» urlò Phill scagliandosi su di lui. Il suo corpo si rivestì di roccia e nella mano destra comparve la spada di cristallo, proprio com’era successo con le Ombre qualche ora prima. Krhaa, Davian e Kryia lanciarono sul Re Nero i loro elementi mentre Trarhos urlava ai suoi uomini di fare altrettanto. Phill atterrò davanti al suo avversario è cominciò a sferzarlo con tutta la sua rabbia. Ogni fendente, spazzata o affondo non sortiva alcun effetto, anzi, consumava la sua spada che, grazie al potere di Flern legato a quello di Phill si rigenerava. I colpi superficiali non sortivano alcun effetto, così decise di andare più a fondo. Poco prima di un fendente, la spada di cristallo si allungò permettendo al colpo di tranciare di netto il corpo etereo del Re Nero. Per un attimo tutti trattennero il respiro, quando videro distintamente le due meta staccarsi una dall’altra. Sembrava il colpo decisivo. Poi l’oscurità di cui era composto Nherb lo riassestò. Un cupo brontolio precedette il contrattacco. Tentacoli di liquido nero si lanciarono su Phill che retrocedette. Alcuni li parò con la spada altri lo colpirono consumandogli la corazza di roccia. Tra i due comparve un solido muro di cristallo, creato da Kryia, ma venne fatto evaporare in un batter d’occhio, così come le lame di vento di Davian. Phill, con il fiato corto fece un balzo indietro per recuperare le energie e vide una cosa strana. Ora Nherb stringeva tra le mani un’asta scura, sembrava di metallo, con strani intarsi incisi per tutta la sua lunghezza.

«Allora un’arma ce l’ha!» disse Phill indispettito. ‘Aveva qualcosa di simile anche quando l’ho affrontato io anni orsono, ma era eterea come il suo corpo’. L’asta continuava a prendere forma e, dal lungo bastone a cui assomigliava, finì per essere una lancia sormontata da una lama nera come la notte. Intorno ad essa anche la luce sembrava ritirarsi. Con un paio di movimenti, Nherb, tagliò la roccia che li separava e con essa la barriera, creata da Kryia, poi con un ampio fendente cercò di tagliarlo in due, proprio come aveva fatto lui poco prima. Phill alzò la spada per pararlo, ma poi un sesto senso gli disse di schivarlo e così fece, saltando verso l’alto. Il colpo andò a vuoto, lasciando il ragazzo illeso, ma non fu così per il palazzo alle sue spalle. La lama del Re Nero aveva espanso la sua portata è tagliato in due la residenza del Re. Muri e colonne stavano cedendo facendo crollare l’intera costruzione. «Non sei il solo capace di fare giochetti con le armi!» bofonchiò divertito il Re Nero. Una grossa nuvola di polvere si innalzò alta nel cielo sancendo la distruzione totale del palazzo. Phill si girò per guardare il disastro che era appena stato compiuto, quando un colpo al mento lo fece quasi cadere. «Non ti distrarre io sono ancora qua». Il punto colpito diventò insensibile poi un dolore lancinante si propagò dal punto d’impatto al resto della bocca. Piccole luci gli invasero la vista facendogli girare la testa. Quell’arma era davvero pericolosa, cosa potevano fare per contrastarla? Un movimento alle sue spalle lo mise in allerta. Nherb affondò la sua lama nella terra mancandolo di un soffio. Come in precedenza il terreno si consumò lasciando un grosso buco grigio. Phill agì d’istinto, afferrò l’asta con la mano sinistra, ignorando il dolore tremendo che gli percorse tutto il braccio, e tirò un pugno al Re Nero. Gesto disperato che misteriosamente ebbe effetto. La roccia intorno al pugno si dissolse, appena toccò l’ombra di cui era rivestito Nherb, ma la mano ò misteriosamente oltre, impattando con qualcosa di duro facendo barcollare il suo avversario.. Siccome era stato l’istinto a farlo muovere, non aveva pensato alla mano sinistra con cui aveva afferrato il bastone e quando la ritrasse gli mancò il respiro. Tutta la carne era stata consumata, lasciando un sottile strato di pelle secca e ruvida a

coprire le ossa di cui era composta. Ormai era morta, anche il dolore era svanito. Phill si guardò la mano consumata dalla magia nera di Nherb. «Cos’è successo?» chiese confuso. ‘Non lo so, ma ha funzionato!’ Urlò estasiato Flern. «Sì, facciamolo ancora!». ‘Ma così ti consumerai tutto ilo resto del braccio!’ protestò Il Re delle Fiamme. «Non importa, se è l’unico modo per fermarlo lo faremo finché sarà necessario! Pronto?». ‘Prontissimo!’. Le fiamme di Flern avvamparono e nuova energia saturò Phill. Rocce appuntite, lance di cristallo, lame d’aria e radici ghermirono Nherb con una furia e un’energia mai vista. Nonostante l’oscurità liquida consumasse ogni cosa non riusciva a star dietro alla furia del ragazzo. Approfittando del momento Phill si lanciò su di lui afferrando nuovamente l’arma nera con la mano ormai consumata. In quel momento successe una cosa che prima non era accaduta. Intorno a se solo buio, palpabile, spesso, pesante buio. Un rantolo, davanti a lui, lo scosse nel profondo. Dov’era finito? Tre sfere rosse si accesero poco distanti da lui, ma avevano qualcosa di strano, una fessura verticale esattamente nel centro, nera come l’oscurità che lo circondava. Erano tre occhi, immensi, che lo stavano scrutando nel profondo. «Chi sei tu?» chiese una voce cupa e profonda tutt’intorno a lui. «Ah! Sei l’umano arrivato dall’altro mondo! Interessante!». Phill non riuscì a dire niente, neanche ad annuire. Lo sguardo dei tre occhi iniettati di sangue lo impietriva. Le tre orbite fluttuanti davanti a lui lo scrutarono, lo studiarono per alcuni momenti poi le pupille ferine si allargarono inghiottendolo. «Ora capisco, sei diverso, sei vuoto, e proprio per questo sei speciale. Hai sacrificato solo una parte del tuo corpo per controllare quel potere che ha consumato quell’uomo dai cupi sentimenti. Un potere così misero se paragonato al mio, ma tale da farlo impazzire. Lo avevo avvertito, glielo avevo detto di non abusarne, ma voi umani quando assaggiate il potere non sapete più farne a

meno». Un dolore straziante lo colpì alla mano, qualcosa gli stava lacerando la poca carne che ancora non era morta e rompendo tutte le ossa; dal polso alle dita non rimase neanche un osso integro. Phill spalancò la bocca in un urlo muto, perso nell’oscurità di quella visione. «Saprai farne a meno o ti perderai nell’oscurità usandolo? Ormai sei mio, come saranno miei i figli dei tuoi figli, finché un giorno avrò al mio servizio qualcuno in grado di controllare il mio potere e di farmi rinascere. Presto... Presto o tardi tornerò ed allora non basterà un misero uomo per rinchiudermi ancora, neanche una schiera di dei riuscirà a fermare la mia ira!». L’urlo della creatura lo avvolse e lo fece sprofondare nell’oblio. L’ultima parola che sentì prima di riaprire gli occhi fu Ohrkmark. L’urlo muto di Phill eruppe a pieni polmoni. Un’ondata di energia investì tutti i presenti scaraventandoli a terra, poi un cono di aria e fiamme si alzò intorno a loro isolandoli. «Chi è Ohrkmark!» ringhiò Phill espandendo l’energia di cui ancora disponeva. Senza rendersene conto fece affluire la magia del Re delle Fiamme attraverso la mano martoriata da Ohrkmark e improvvisamente Nherb cominciò a rimpicciolire. «Come fai a conoscere quel nome?» chiese rantolando il Re Nero cercando di sottrarsi alla presa ferrea di Phill. «Faccio io le domande! Chi è!». La rabbia di Phill fece alzare le fiamme che li circondavano alte nel cielo. «Non lo so! L’ho sentito nominare dal generale Hahrg quando eravamo nella Fossa dei Khuruhk. Poi un giorno, venne da me e mi diede questa lancia dicendomi che il dio Ohrkmark mi avrebbe protetto con il suo potere e che avrei potuto vendicarmi su coloro mi avevano espulso dalla mia città!». L’oscurità che avvolgeva Nherb cominciò a ritirarsi assorbito nella mano di Phill. «Lasciami andare! Perdonami! Risparmia la mia vita!» urlò terrorizzato. «Quanti uomini e donne innocenti ti hanno gridato queste stesse parole prima di essere uccisisi? Consumati da questo tuo potere? Quante!». L’odio di Phill

esplose consumando del tutto Nherb assorbendone il potere. ‘Phill! Phill!’ Urlò Flern spaventato da quella reazione. Alla fine l’arma del Re Nero aveva funzionato da tramite per il suo potere, proprio come il cristallo di Kryia e il pugnale di Krhaa e di tutti gli altri elementi. Per un attimo aveva perso il, contatto con Phill e non gli era piaciuto e poi lui aveva pronunciato quel nome dimenticato da tempo. ‘Phill!’. «Flern!» rispose stordito il ragazzo che lentamente si stava riprendendo. ‘Ben tornato figliolo, non so dove sei stato, ma ben tornato’. Parlando con Flern abbassò gli occhi e vide cosa rimaneva del Re Nero: uno scheletro ricoperto di pelle secca, un corpo svuotato dall’energia vitale. Un brivido gli percorse la schiena. Automaticamente alzò la mano sinistra e la studiò per alcuni momenti. Non gli faceva più male. Al tatto era fredda come il marmo e come tale era ricoperta da venature nere. Lentamente stava recuperando anche la sensibilità, ma non il calore corporeo. «Tu l’hai visto?» chiese il ragazzo a Flern. ‘Chi?’. «Come chi! Ohrkmark!». ‘No, c’è stato un momento in cui io ero l’unico dentro al tuo corpo, la tua coscienza è stata attirata altrove. Mi sono spaventato a morte, pensavo che l’arma di Nherb ti avesse risucchiato. Per un attimo ho temuto di averti perso, poi sei ritornato con quello strano potere nella mano e quel nome stampato sulla lingua’. In quel momento Phill decise di raccontargli tutto soprattutto della minaccia ricevuta prima di tornare nel suo corpo. Flern conosceva la leggenda del temibile Ohrkmark. Le storie narravano di un essere talmente pauroso che perfino l’oscurità temeva di incrociare la sua strada. Una leggenda niente di più. Fin’ora almeno. In quel momento Flern decise di omettere la conoscenza di tale storie tenendolo all’oscuro di tutto.

‘Andiamo ragazzo, ti stanno aspettando’. Phill richiamò le fiamme che si estinsero all’istante rivelando lo scempio creato dalla furia del Re Nero. I suoi amici stavano bene, anche Thog e Myrhia erano salvi, ma non si poteva dire altrettanto del palazzo. «Nherb è morto! Il Re Nero è stato sconfitto!». Urla di gioia si innalzarono tutt’intorno a lui, inneggiandolo come salvatore, liberatore di Irys e nuovo protettore di Rak-Dhora.

Phill si fermò davanti alla porta, inserì la chiave nella serratura le fece fare due scatti ed entrò. L’odore di chiuso lo investì facendogli salire alla mente bei ricordi famigliari. Aprì uno scuro facendo entrare i raggi di sole che disegnarono lame di luce che lluminarono l’ambiente. Pensieroso e in certa maniera, nostalgico, ò un dito sui mobili, accarezzò il lettino sul quale visitava e chiuse un’anta di un armadietto che faceva fatica a chiudersi. «Ha sempre avuto qualche problema a chiudersi» disse Phill con un nodo stretto intorno alla gola «per pigrizia non l’ho mai fatto aggiustare, alla fine mi ci sono affezionato». ‘Sicuro di aver preso la decisione giusta?’ chiese Flern comprensivo. ‘Non ti mancherà?’. «Penso di no, alla fine credo che non fe per me. Mi ci stavo abituando, ma…» «E’ permesso?» chiese una voce proveniente dalla porta d’ingresso, interrompendo il discorso intrapreso con il suo ospite. «Prego entri, venga avanti» disse gentile Phill. L’uomo avanzò titubante nella penombra guardandosi intorno. «Buongiorno, piacere di conoscerla, io sono Phill». «Piacere mio. Tom».

I due si strinsero la mano cordialmente, poi i loro sguardi si incrociarono. Tom fece un o indietro massaggiandosi la mano dolente per la stretta appena ricevuta. L’uomo davanti sé non è come se lo aspettava, il suo sguardo era duro e ti scrutava dentro lasciandoti addosso un senso di impotenza e vulnerabilità, il viso era abbronzato solcato da cicatrici più chiare, recenti. Vestiva in modo strano, con pantaloni fuori moda, stivali e camicia provenienti da un’altra epoca. Ma la cosa più strana era il guanto al braccio sinistro, lungo fino al gomito. «Sono contento che sia qui, ho letto qualche sua credenziale e ho subito pensato che fosse l’uomo adatto a questa comunità. Hanno bisogno di qualcuno che li faccia sentire i benvenuti e a casa». Senza lasciare a Tom il tempo di rispondere, con la mano guantata, gli lanciò un piccolo mazzo di chiavi che prese al volo. «E lei?» chiese titubante l’uomo. «Io… ho un piccolo impegno a cui proprio non posso mancare» disse Phill sorridente. ‘Diventare Re e protettore di Rak-Dhora lo chiami piccolo impegno?’ disse Flern scherzosamente. «E come se no?». «Come scusi?» chiese smarrito Tom, dopo averlo sentito parlare da solo. «Abbia cura di questo studio mi raccomando». Phill uscì dalla porta di ingresso senza salutare e quando l’uomo lo seguì per accomiatarsi non trovò nessuno, solo un vago sentore di bruciato.

«Sei in ritardo!» lo sgridò Myrhia appena comparve nella stanza da letto. «Secondo te, che impressione può dare un Re in ritardo alla sua proclamazione?». «Hai ragione, scusa. Non succederà più, promesso». Phill le sorrise e in cambio ricevette un colpo alla spalla e un bacio sulla guancia. «E questo?». «Come regalo di buon auspicio. Ora va!». Con un gesto plateale, la Ninfa aprì la finestra e lo fece uscire sul balcone del palazzo reale.

Un boato lo accolse. Tutti i cittadini di Rak-Dhora si erano raccolti sulla piazza centrale in attesa di vedere il loro salvatore essere incoronato. Davian, Trarhos, Krhaa, Ray e sua sorella Kryia lo stavano aspettando. Tutti sorrisero tranne quel burbero di Trarhos che scosse la testa. Con i cittadini si erano radunati anche gli abitanti delle rispettive regioni, sancendo così la fine delle ostilità interne a Irys. Dopo la vittoria contro Nherb ricostruirono Rak-Dhora dalle fondamenta, smantellando quella vecchia per farne nascere una più grande e bella. La terra arida intorno alla città era sparita per lasciare il posto a verdi pascoli e terre coltivate. Le case più solide circondavano il palazzo reale, che sorgeva in mezzo alla città senza mura di protezione. Phill voleva dare un forte messaggio di fiducia da parte sua verso gli abitanti. Davanti al palazzo erano stati create cinque zone uniche, una per ogni regione. La pozza della Vita, dove ogni mese sarebbe nato un cucciolo di Thog o un gigante di pietra, un Fonte Lavica, con la quale i cittadini del vulcano potessero trovare calore e ristoro. Un albero maestoso i cui frutti sarebbero stati raccolti tutto l’anno e distribuiti ai cittadini in onore degli amici elfi e, in fine, un piccolo colle dove un mulinello di aria girava perenne come portatore di messaggi, utilizzabile da tutti coloro che avessero avuto il bisogno di comunicare con qualcuno lontano. Phill aveva costruito tutto ciò in collaborazione con tutti i nuovi Re delle regioni limitrofe a Rak-Dhora, per unire la popolazione di Irys. Oltretutto aveva vietato la caccia nelle zone boscose per salvaguardare la fauna del Bosco Eterno e organizzato pascoli in grado di soddisfare il bisogno di tutti. Insomma aveva fatto di tutto perché quelle terre risorgessero nel migliore dei modi ora mancava solo una cosa, la buona volontà dei cittadini. Quando fu davanti a tutti ed incoronato Re la folla lo acclamò facendo vibrare il palazzo. Poi guardandosi intorno vide una cosa che non aveva notato. Esattamente davanti all’entrata del palazzo si ergeva una statua. Un gigante di roccia che impugnava una spada di cristallo. «Bella vero?» disse Khall da dietro. «Ne abbiamo tra di noi e ne abbiamo convenuto che questo sarà il nostro simbolo. Il tuo Simbolo». Una lacrima gli solcò il viso. Era felice, ammaccato, dolorante, ma felice. Guardò tutti dall’alto, poi rivolse lo sguardo verso le terre dalla quale Nherb era venuto e un pensiero gli trafisse il cuore. Arz, l’assassino, era fuggito. Di lui si erano ritrovate solo due braccia, schiacciate sotto le macerie, ma del suo corpo niente. Scosse la testa e tornò a sorridere alla sua gente, il suo popolo, la sua

nuova vita.

Come se qualcuno lo avesse chiamato, Arz si voltò. Rak-Dhora si ergeva all’orizzonte più splendente che mai. «Cosa succede? Per caso un ripensamento?» chiese Hahrg con voce melliflua. «Certo che no! Solo mi è sembrato… Niente». Arz apri e chiuse le mani delle quattro braccia. Quando Nherb era penetrato nel palazzo reale era crollato tutto e lui era rimasto schiacciato sotto le macerie. Stava morendo dissanguato e con il sangue stava perdendo ogni speranza di sopravvivere, quando il macigno che lo stava uccidendo venne spostato. Pensava fosse qualche nemico pronto a finirlo, ma con sua grande sorpresa vide il generale Hahrg. Senza tanti preamboli gli aveva chiesto quale sorte stava attendendo: morte o vendetta. Ovviamente lui aveva risposto vendetta. Hahrg sorridendo maligno gli aveva risposto che lui gli avrebbe dato i mezzi per ottenerla, ma ad una condizione: avrebbe dovuto giurare fedeltà assoluta al suo padrone. Lui rise, nonostante il dolore, il suo padrone stava morendo per mano di quel misero uomo. Poi Hahrg, più cupo e guardingo, nominò un certo Ohrkmark, e gli disse che il Re Nero era stata solo una pedina, un esperimento. Allora lui accettò. Gli vennero strappate le braccia, che lo stavano trascinando nel baratro, e al loro posto vennero piantati due pezzi di metallo neri. Un dolore atroce lo percosse per qualche secondo poi un fumo denso e nero crebbe e prese le sembianze dei due arti appena persi. Sentì crescere un potere senza pari. Rinato a nuova vita e con il potere che da tempo immemore desiderava, si affidò alle mani di Hahrg e al suo padrone Ohrkmark. «Andiamo!» ordinò il generale «il mio padrone non ama aspettare!». «Sì, neanche a me piace aspettare!» disse tagliente Arz sparendo nel buio della caverna dei Khuruhk.

Indice

Ringraziamenti Prologo Capitolo 1 Capitolo 2 Capitolo 3 Capitolo 4 Capitolo 5 Capitolo 6 Capitolo 7 Capitolo 8 Capitolo 9 Capitolo 10 Capitolo 11 Capitolo 12 Capitolo 13