Marco Da Pozzo
Il cinema nel pallone - incontri tra calcio e grande schermo
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Indice dei contenuti
1. Il calcio nel cinema muto 2. Cinema e calcio negli anni Trenta 3. Dopoguerra e anni Cinquanta: il cinema nel pallone 4. Anni Sessanta e Settanta, tra analisi sociologica e satira di costume 5. Anni Ottanta, calcio e comicità nel cinema italiano 6. Il tifo nell'immaginario cinematografico 7. Calcio e cinema negli anni Duemila Bibliografia Sitografia Articoli e interviste da quotidiani e opuscoli Filmografia
Note
Marco Da Pozzo
Il cinema nel pallone incontri tra calcio e grande schermo
In copertina: Alberto Sordi durante le riprese de Il Presidente del Borgorosso Football Club (Luigi Filippo D'Amico, 1970) , Enrico Appetito/Archivio Storico del Cinema/AFE, Roma. Le foto presenti all'interno dell'opera provengono altresì dall'Archivio Storico del Cinema/AFE, Roma. Le critiche relative ai film, ove non diversamente specificato, sono riprese dal sito specializzato cinematografo.it – Fondazione Ente dello Spettacolo.
Ai miei cari
Indice
Introduzione
Il calcio nel cinema muto Cinema e calcio negli anni Trenta Dopoguerra e anni Cinquanta, il cinema nel pallone Anni Sessanta e Settanta, tra analisi sociologica e satira di costume Anni Ottanta, calcio e comicità nel cinema italiano Il tifo nell'immaginario cinematografico Calcio e cinema negli anni Duemila
Bibliografia Sitografia Articoli e interviste da quotidiani e opuscoli Filmografia Note
Introduzione
Sono svariati, nell'ultracentenaria storia del cinema, i film che hanno avuto come sfondo il mondo del calcio. Nel presente libro si descrivono gran parte di queste opere, con lo sport più amato trasposto nelle sue tante sfaccettature in decine di pellicole. Si parte dal breve documentario Football (Alexandre Promio, 1897), il più antico film sopravvissuto che riprende un campo di calcio , ando poi ad alcune importanti pellicole del cinema muto. Nel secondo capitolo si rammentano i film degli anni Trenta, tra cui 5 a 0 (Mario Bonnard, 1932), riconosciuta come la prima pellicola italiana di finzione ad avventurarsi nel mondo del pallone. Il terzo capitolo analizza poi i tanti incontri tra calcio e cinema del dopoguerra e degli anni Cinquanta, in gran parte commedie di produzione italiana come Gambe D'oro (Turi Vasile, 1958). A seguire, si parla dei film prodotti tra gli anni Sessanta e Settanta, spesso analisi dei cambiamenti sociali in atto e satire di costume, tra cui Il Presidente del Borgorosso Football Club (Luigi Filippo D'Amico, 1970) e L'arbitro (Luigi Filippo D'Amico, 1974). Il quinto capitolo è dedicato ai tanti film italiani che hanno intrecciato calcio e comicità negli anni Ottanta, fino al serioso Ultimo minuto (Pupi Avati, 1987). Successivamente, si rammentano i tentativi di rappresentazione del tifo calcistico compiuti dal cinema, da film drammatici come A mort l'arbitre! (Jean-Pierre Mocky, 1983) e The Firm (Alan Clarke, 1988) al caricaturale Tifosi (Neri Parenti, 1999). Infine, nel settimo ed ultimo capitolo, si citano le opere che hanno portato il calcio sul grande schermo negli anni Duemila, dal suggestivo Jimmy Grimble (John Hay, 2000) fino a L'arbitro (Paolo Zucca, 2013).
1. Il calcio nel cinema muto
La storia del calcio moderno e quella del cinema iniziano nella seconda metà del XIX secolo. Nel 1857, in Inghilterra, viene fondato lo Sheffield Football Club, la società calcistica più antica al mondo; sei anni più tardi, nel 1863, nasce a Londra la Football Association, prima federazione calcistica nazionale. Nel 1871 prende il via la Football Association Cup, primo torneo calcistico ufficiale con la partecipazione di quindici società, mentre la diffusione del calcio si espande in seguito in tutta Europa; nel 1872 viene fondato il Le Havre Athletic Club, prima società calcistica se, e nel 1888 nasce il Berliner Football Club Germania, prima squadra tedesca. A seguire, il Recreativo Huelva nel 1889 in Spagna e il Genoa, prima squadra di calcio italiana fondata nel 1893. Il cinema nasce a fine secolo, grazie all'evoluzione della fotografia e a precedenti invenzioni come il teatro ottico,[1] il kinetoscopio e il kinetografo.[2] Nel 1895, i fratelli August e Louise Lumière inventano il cinematografo, una piccola macchina da presa che utilizza una pellicola da 35 millimetri e che filma alla velocità di 16 fotogrammi al secondo. Il 28 dicembre 1895, si assiste così alla prima proiezione pubblica del cinematografo: presso il Grand Café di Parigi viene proiettato uno spettacolo comprensivo di dieci film, tra cui L'uscita dalle officine Lumière , primo film girato dai Lumière . Le prime produzioni cinematografiche relative al mondo del calcio risalgono agli albori del cinema, negli ultimi anni dell'Ottocento. La pellicola più antica sopravvissuta che riprende un campo di calcio è Football , produzione se risalente all'ultimo 1897, numero 699 del catalogo Lumière. Il film, girato a Londra dal regista Alexandre Promio,[3] dura meno di un minuto e riprende una reiterata azione tra due squadre in prossimità dell'area di rigore. Invece di una partita vera e propria pare infatti un allenamento, e una delle due squadre dovrebbe essere il Woolwich Arsenal, l'attuale Arsenal. I giocatori sono ammassati attorno al pallone perchè il regista voleva riprendere quanti più soggetti possibile.[4]
La scheda di Football : Produzione: Francia, 1897 Regia: Alexandre Promio Genere: Documentario Durata: 1'
L'anno successivo, il regista Arthur Cheetman[5] gira una pellicola della durata originale di 5 minuti, che riprende per la prima volta le azioni di una partita ufficiale: l'incontro del campionato inglese tra Blackburn Rovers e West Bromwich Albion. Nel 1899, viene filmata per la prima volta anche la finale di FA Cup (Sheffield United-Derby County 4-1); questo film-documentario rappresenta l'archetipo delle opere cinematografiche dedicate al calcio del decennio successivo, che furono appannaggio di operatori specializzati del nord dell'Inghilterra. Tra le società più famose, la Gaumont, la Warwick e la Mitchell & Kenyon; nei documentari calcistici inglesi girati all'inizio del '900, appaiono interessanti i motivi storico-sociali (comportamento della folla, vestiario, pubblicità) piuttosto che lo sport in se stesso, vista la limitazione delle riprese “sul campo” (che spesso coinvolgevano un singolo operatore posizionato a meta' campo). Intorno al 1910 si diffondono i cinegiornali, che cambiano il modo di filmare il calcio e di esporlo al pubblico. Le ormai diffusissime sale cinematografiche (che avevano sostituito le mostre e fiere itineranti) portano ad una regolarità di produzione e al conseguente allargamento di pubblico. Nel 1911 arriva il primo film di finzione sul calcio: Harry the Footballer, prodotto in Inghilterra e diretto da Lewin Fitzhamon. Questa pellicola narra la vicenda di Harry (interpretato da Hay Plumb), calciatore che in vista di una partita viene rapito dalla squadra avversaria. Finale lieto, con la ragazza del calciatore (Gladys Silvani) che riesce a sventare i rapitori, consentendo ad Harry di giocare la partita e segnare la rete decisiva. Il regista Lewin Fitzhamon lavorò dal 1904 al 1912 alla Hepworth Manufacturing di Cecil Hepworth, casa di produzione del film. Gladys Silvani,
qui ad una delle prime interpretazioni, fu attiva come attrice dal 1911 al 1913, periodò in cui partecipò a trentacinque film, tredici dei quali insieme a Hay Plumb.[6] Nel cast Jack Hulcup, nei panni del rivale, e Claire Pridille. Da notare, che il tema del rapimento del giocatore presente in Harry the Footballer ricorrerà in diverse produzioni cinematografiche a sfondo calcistico.
La scheda di Harry the Footballer: Produzione: Inghilterra, 1911 Regia: Lewin Fitzhamon Interpreti: Hay Plumb, Gladys Silvani, Jack Hulcup, Claire Pridille Genere: Commedia Durata: 10'
Anche nel primo dopoguerra, continuano le riprese dedicate alla realtà del mondo calcistico, come nel caso delle partite Francia-Irlanda del 1921 e della finale di FA Cup del 1923 tra West Ham e Bolton. Nel 1924, l'importante documentario se Le Jeux Olympiques Paris 1924 (diretto da Jean de Rovera) riprende la finale di calcio della competizione tra Uruguay e Svizzera, con i sudamericani vincitori della medaglia d'oro. Tornando ai film di finzione, nel 1926 viene girato The ball of fortune, diretto da Hugh Croise. Di questo film inglese, di cui è sopravvissuto un trailer, le riprese furono girate sul campo di Elland Road, stadio del Leeds United. La vicenda fu adattata dal romanzo omonimo del 1925 di Sydney Horler. Tra gli interpreti del film ci fu anche il calciatore gallese Billy Meredith,[7] nei panni di se stesso. L'interpretazione filmica del calcio si allargò naturalmente anche fuori dall'Inghilterra; ne sono esempio due pellicole tedesche girate nel 1927. Die elf Teufel (Gli undici diavoli), film diretto da Zoltan Korda,[8] narra di una squadra berlinese di estrazione popolare chiamata “Linda”. Il protagonista della storia è
Tommy (interpretato da Gustav Frohlich), punta di diamante della squadra, fidanzato con una ragazza di nome Linda (Eveline Holt), da cui deriva il nome della compagine. Tommy viene notato al campo d'allenamento da Vivian (Lissi Arna), affascinante emissaria dell'Internacional, una squadra altolocata. Una sera, il talentuoso calciatore viene invitato dal dirigente dell'Internacional MacLawrence (Fritz Alberti), che gli offre mille marchi per giocare con la sua squadra; Tommy rifiuta, dicendo di voler giocare con i suoi “undici diavoli”. La stessa sera, Tommy incontra Vivian: la donna fa di tutto per sedurlo e convincerlo a firmare per l'Internacional. Il ragazzo è in crisi e non sa cosa fare, così come la sua ragazza Linda, che non lo trova più. Alla fine firmerà per lo squadrone, tra grandi rimorsi. Un sorteggio poi, stabilisce le due squadre che si contenderanno la Coppa d'oro: e sono proprio Internacional e Linda. Tommy non sa ancora che deve affrontare i suoi ex compagni, e il giorno della partita, vedendoli di fronte, si rifiuta di giocare e straccia il suo contratto. MacLawrence, vista la sua reazione, gli fa i complimenti per la sua sportività. La partita intanto inizia: il Linda, senza Tommy, è costretto a giocare in dieci uomini. Il calciatore, rimasto negli spogliatoi, viene rimproverato da Pips (Bodo Gerstemberg), giovane mascotte del Linda. Tommy è combattuto, il pubblico lo acclama, mentre in campo l'Internacional domina e va in vantaggio con un calcio di rigore. Il ragazzo, a questo punto, decide di entrare ed aiutare i compagni del Linda a rimontare; il pareggio non fatica ad arrivare, ma poco dopo Tommy è costretto ad uscire dal campo per un brutto scontro di gioco. Il pubblico si scalda, mentre Linda e Vivian, presenti allo stadio, si chiariscono su Tommy; il quale, si riprende e torna in campo in tempo per segnare il 2-1. La Coppa d'oro è del Linda, ed è proprio la ragazza di Tommy ad alzarla in trionfo. Prodotto negli anni in cui si stava esaurendo la stagione del cinema espressionista tedesco,[9] questo film utilizza mezzi inusuali e innovativi per il tempo: per la prima volta nella storia del cinema, la macchina da presa entra in campo riprendendo da vicino le gesta dei giocatori. Il regista utilizza riprese in cui esalta le giocate del protagonista e un montaggio ritmico dei primi piani e altri dettagli (come le inquadrature dei tifosi) per intensificare la tensione della partita finale. In questo film, il calcio è promosso come “lo sport del secolo” e il protagonista ne incarna i valori più sani. Piuttosto marcata è l'appartenenza sociale del protagonista e dei suoi compagni, in contapposizione all'ambiente ricco e benestante dell'altra compagine (mostrata ironicamante nella differenza tra i bagni a disposizione delle due squadre). Gustav Frohlich, che in Die elf Teufel è il protagonista, è ricordato per
l'interpretazione del personaggio di Freder Fredersen in Metropolis (Fritz Lang, 1927). La giovanissima Eveline Holt è qui ad una delle sue prime interpretazioni cinematografiche, mentre Lissi Arna si affermò nel ruolo della “donna fatale” in diversi altri film di quegli anni. Nel cast anche Fritz Alberti, che si affacciò pochi anni prima al cinema e noto, tra l'altro, nei panni del conte nel film espressionista Lo studente di Praga (Henrik Galeen, 1926). Walter Reisch firma la sceneggiatura;[10] l'accompagnamento musicale al pianoforte è di Joachim Barenz.
La scheda di Die elf Teufel: Produzione: Germania, 1927 Regia: Zoltan Korda Soggetto e sceneggiatura: Walter Reisch Interpreti principali: Gustav Frohlich, Eveline Holt, Lissi Arna, Fritz Alberti Genere: Commedia Durata: 93'
Pochi mesi dopo l'uscita di Die elf Teufel, ecco arrivare nelle sale tedesche un'altra pellicola riguardante il mondo del calcio: König der Mittelstürmer (Il re dei centrattacco), film in sette atti per la regia di Fritz Freisler.[11] Si racconta di Tull Harper (Paul Richter), attaccante di una squadra di nome Alemania e figlio di Konsul (Fritz Alberti), un imprenditore non avvezzo al gioco del calcio. Tull s'innamora di Mabel (Aud Egede Nissen), una ricca ragazza che sta concludendo un affare col padre del giovane. La relazione scorre bene finchè il goffo segretario di Mabel (Teddy Bill) comunica alla ragazza che Konsul è sull'orlo del fallimento, destando i suoi sospetti sui veri sentimenti di Tull. Il ragazzo, all'insaputa di tutto, chiede a Mabel di sposarsi: lei chiede se lo faccia per amore o per soldi, scatenando la sua indignazione. La sorella di Tull (Colette Brettl) confida a Mabel che il ragazzo la ama davvero, mentre lui ha abbandonato la squadra di calcio su richiesta del padre; esso e Mabel poi, dopo una lunga
trattativa, concludono l'affare. Intanto, il campionato nazionale è alle porte e Tull, al lavoro nell'impresa del padre, subisce l'ostilità di Mabel. Il ragazzo non resiste e va al campo di gioco, dove vede la propria squadra allo sbando; il presidente dell'Alemania (Rudolf Lettinger) impreca così il padre di Tull di permettere al figlio di tornare a giocare. La risposta di Konsul è positiva e il ragazzo torna in campo per la partita tra Alemania e Burgund. Tull porta in vantaggio la propria squadra segnando di testa, poi gli avversari pareggiano con un rigore. Poco dopo, Tull s'infortuna e rientra negli spogliatoi, dove arriva Mabel, che gli presta le cure. Lui le richiede di sposarsi, lei sorride e risponde affermativamente. Nel frattempo, in campo, il Burgund è ato in vantaggio; Tull trova la forza di rientrare e segna le due reti della vittoria, tra la grande esultanza del pubblico in tribuna. L'Alemania è campione nazionale e dopo la partita, Tull e Mabel si baciano tra la gioia dei compagni di squadra. Il protagonista del film è interpretato da Paul Richter, molto noto per il personaggio di Sigfrido ne I Nibelunghi (Fritz Lang, 1924). L'attrice norvegese Aud Egede Nissen, che qui è Mabel, fu attiva nel cinema tra il 1913 e il 1942; nella vita reale fu sposata con Paul Richter.[12] Nel cast ritroviamo Fritz Alberti, in un altro ruolo “altolocato”. Grande è la precisione con cui il regista Fritz Freisler si concentra sui momenti in cui vengono segnate le reti. Freisler si avvale anche di immagini documentarie con stadi pieni per rendere al meglio l'atmosfera popolare del tifo calcistico. Le musiche (pianoforte, violino e viola) sono di Gunter A. Buchwald. König der Mittelstürmer fu una sorta di celebrazione(ma senza diretti riferimenti) del giocatore dell'epoca Otto Harder, detto “Tull”. Harder iniziò la sua carriera nell'Eintracht Braunschweig (sua città natale), ma esplose nell'Amburgo, dove giocò dal 1913 al 1930. Calciatore dal carattere difficile, diventò beniamino dei tifosi ed è tutt'oggi considerato uno dei migliori giocatori della storia dell'Amburgo. König der Mittelstürmer, come anche Die elf Teufel, ebbe notevole successo al botteghino, facendo registrare buoni incassi; merito delle trame non sofisticate e leggere di questi film, oltre che dell'ormai grande popolarità del calcio.
La scheda di König der Mittelstürmer :
Produzione: Germania, 1927 Regia: Fritz Freisler Soggetto e sceneggiatura: Hugo Huxhol, Kurt Lauermann Interpreti principali: Paul Richter, Aud Egede Nissen, Fritz Alberti, Teddy Bill, Colette Brettl Genere: Commedia Durata: 95'
2. Cinema e calcio negli anni Trenta
Il cinema italiano, che sarà quello che sfornerà più produzioni ambientate nel mondo del calcio, offre la prima opera di finzione sul tema nel 1932 con 5 a 0, pellicola firmata dal regista Mario Bonnard. [13] Il film racconta la storia del presidente di una squadra di calcio, interpretato da Angelo Musco, alle prese con i capricci della moglie (Tina Lattanzi), refrattaria al gioco del calcio. Come se non bastasse, il capitano della squadra Barenghi (Osvaldo Valenti) è innamorato di una cantante di varietà (Carla Mignone, alias Milly), con cui vive una fuga d'amore. Ma sarà proprio il calciatore a risollevare le sorti della propria squadra, davanti alla consorte e alla moglie del presidente, che si converte al tifo calcistico. Il titolo del film è un diretto riferimento alla partita giocata il 15 marzo 1931 a Campo Testaccio tra Roma e Juventus, vinta dai giallorossi per 5-0. Al film prendono parte anche i giocatori della Roma dell'epoca; tra questi, Fulvio Bernardini, Attilio Ferraris, Rodolfo Volk, Arturo Chini Luduena, Bruno Dugoni, Fernando Eusebio, Cesare Augusto Fasanelli, Guido Masetti, Attilio Mattei. La scelta dell'attore comico Angelo Musco [14] nella parte del presidente di una squadra di calcio presupponeva già da parte del regista la volontà di raccontare una storia sì sul calcio ma “semiseria”, una storia per ridere un po', lasciando il vero gioco del calcio sullo sfondo. [15] Musco fa da mattatore tra atleti e giovani attrici: a lungo la scena è rubata da baruffe matrimoniali, corteggiamenti, episodi da caffè-concerto, equivoci che alimentano la gelosia. Già compaiono però alcuni motivi destinati a durare nella rappresentazione cinematografica del calcio e dintorni: la prevalenza dell'ambiente calcistico sul gioco vero e proprio, la presenza di tifosi facili all'esaltazione e persino alla rissa, atleti “disturbati” da belle donne; tifosi (in questo caso un presidente-tifoso) ostacolati da mogli gelose e ostili al football; persino il ruolo dei media, nella fattispecie la radio, da cui il presidente - costretto a casa per ascoltare la consorte che suona il piano mentre la sua squadra si sta coprendo di gloria – cerca con difficoltà di seguire l'andamento della partita. [16]
Il personaggio di Musco è pioneristico per il cinema nella figura del presidente di una squadra di calcio; è innanzitutto un grande tifoso, che “perseguita” i suoi calciatori per assicurarne il buon rendimento sul campo anche a scapito della vita sentimentale. Ed è grazie al suo entusiasmo che alla fine della storia trasmette la ione del calcio anche alla moglie ostile; moglie del presidente che è interpretata da Tina Lattanzi, qui ad una delle prime interpretazioni cinematografiche e successivamente nota doppiatrice di attrici come Marlene Dietrich e Greta Garbo. La cantante Milly fa in 5 a 0 il suo esordio al cinema,ma il film segna anche altre importanti prime volte: è il primo film italiano per Osvaldo Valenti [17] e l'esordio assoluto per Totò Mignone (fratello di Milly, che interpreta il direttore del teatro) e Mario Siletti (nei panni di un professore di matematica). Giulio Bonnard, fratello del regista, cura le musiche del film insieme a Dan Caslar. Questa la recensione di 5 a 0 di Filippo Sacchi, apparsa il 4 novembre 1932 sul “Corriere della sera”:
“[...] Fatto per la persona di Musco, in questo film Musco è tutto. E' spesso irresistibile, ma forse qua e là l'effetto avrebbe guadagnato, se il direttore avesse saputo dosarne la mimica vertiginosa, secondo i bisogni dell'obbiettivo. [...] C'è qualche canzonetta riuscita, e Milly la canta con simpatico brio ”.
La scheda di 5 a 0: Regia: Mario Bonnard Produzione: Italia, 1932 Soggetto: Michele Galdieri Sceneggiatura: Mario Bonnard, Michele Galdieri Interpreti principali: Angelo Musco, Osvaldo Valenti, Milly, Tina Lattanzi, Franco Coop, Mario Siletti, Maurizio D'Ancora
Genere: Commedia Durata: 70'
Una locandina di presentazione di "5 a 0" in cui si rimarca la partecipazione della Roma
Nel 1937, Alessandro Blasetti firma la regia di Contessa di Parma. Il film racconta di Marcella (Elisa Cegani), indossatrice presso una casa di moda torinese, che alle corse ippiche di Mirafiori conosce Gino Vanni (Antonio Centa), centravanti della Nazionale. Marcella, che indossa un abito denominato Contessa di Parma (da qui il titolo), viene scambiata per una vera contessa dal calciatore, il quale inizia a farle la corte, dopo che i due avevano vinto puntando sullo stesso cavallo. I due si rincontrano, ma la storia non decolla, mentre Marcella non rivela la sua identità di indossatrice. A stravolgere tutto è l'arrivo della ricca zia del calciatore (Pina Gallini), che al Grand Hotel conosce per un equivoco la ragazza; la zia, vecchia conoscenza del direttore dei Magazzini Primavera (Umberto Melnati), con il quale non si era lasciata in buoni rapporti vent'anni prima, decide di aiutare Marcella a far carriera, prendendo le redini della casa di moda. Nascono tanti equivoci, come quando Gino tenta di restituire i soldi della vincita ai cavalli a Marcella e di farle recapitare dei fiori, che puntualmente finiscono nelle mani della zia. Durante un ballo al Grand Hotel, Gino e Marcella si rivedono, ma ne nasce un brutto litigio in quanto lui la crede una poco di buono, dopo che per un'iniziativa del direttore della casa di moda l'aveva vista infilare dei bigliettini nelle tasche degli ospiti presenti. La zia e Marcella poi, assistono insieme alla partita Italia-Svizzera, momento in cui la ragazza scopre che Gino è suo nipote. Successivamente, Gino si reca al Sestriere, dov'è in programma una sfilata; lì incontra Marcella, con la quale ancora non si sono appianati i dissapori. Sarà la zia a presentargliela come la ragazza da sposare: nel finale, i due, con Marcella in abito da sposa, sfilano felici e innamorati. Il film appartiene all'epoca cinematografica dei “telefoni bianchi”, [18] espressione di una società votata al benessere che qui viene mostrata coi bei vestiti, le belle macchine e suppellettili vari. Del cast fanno parte anche Maria Denis (collega di Marcella), Ugo Ceseri (amico di Gino), Osvaldo Valenti e Nunzio Filogamo (due duchi), divo della radio dell'epoca. Il calciatore interpretato da Antonio Centa è orgoglioso di praticare uno sport
“sano, vivo e dinamico come il calcio”, ed è un diretto riferimento a Felice Borel, centravanti della Juventus dell'epoca detto “Farfallino”. [19] Non mancano scene riprese all'interno dello stadio Olimpico di Torino, allora stadio “Benito Mussolini”: vuoto durante gli allenamenti del protagonista e gremito nelle immagini di repertorio per la partita finale. Il film cura notevolmente la rappresentazione di Torino e dintorni, dal centro città a Mirafiori, dai laghi d'Avigliana fino al Sestriere. La sceneggiatura è curata tra gli altri da Mario Soldati, fortemente voluto da Blasetti alla realizzazione del film. Contessa di Parma vede negli interpreti una forte contrapposizione tra il commendatoredirettore della casa di moda (Umberto Melnati) e la zia Marta Rossi (Pina Gallini); il primo è un personaggio molto materiale, che parla con accento se e che di quel mondo modaiolo e sfuggente è la rappresentazione. Il personaggio interpretato da Pina Gallini è invece una donna forte, bizzarra e generosa, con idee solide e legate alla tradizione. Ne è esempio la disputa finale al Sestriere, quando proprio la ricca zia fa sfilare le modelle in abiti da sposa, cosa a cui il commendatore è contrario. Ecco la recensione del film apparsa il 16 novembre 1937 su “Osservatore Romano”: [20]
“L'idea avuta dal Blasetti d'immaginare e immergere una vicenda briosa in un ambiente tutto italiano e di valorizzare talune iniziative nostrane, mostrando il lato ridicolo di certe affettazioni esterofile, è degna della massima considerazione: noi stessi più di una volta, abbiamo rivolto dei richiami in proposito. Disgraziatamente egli è stato tradito dai tre sceneggiatori i quali non hanno saputo sviluppare lo spunto, sia pur debole, di una vincita alle corse, rendendo, a lungo andare, il motivo quasi angoscioso. Vi sono, è vero, due ben tracciati caratteri – quello del comm. Ferrani – Umberto Melnati – e della vedova Rossi – Pina Gallini; ma se i loro tipi hanno vivificato l'azione, non sempre la regia ha saputo moderarne le esuberanze. Un altro apprezzabile intendimento, abbiamo notato, doveva esser quello di bollare il malvezzo di usare, nel corrente linguaggio, parole straniere. D'accordo; ma se si ha la pretesa di far accettare il nuovo vocabolo “indossatrice” in luogo di mannequin o si conia un “domanissimo” per esprimere un entusiastico domani, noi crediamo stia per precipitare la padella nella brace. Perciò questa Contessa di Parma nata sotto buoni auspici – alludiamo all'idea base – strada facendo ha trovato, negli sceneggiatori, chi ha saputo comprimere il suo promettente fiorire. Colpa della
nebbia, forse che ha danneggiato talvolta anche la fotografia del bravo Martelli. Comunque, anche se l'esibizione degli abbigliamenti muliebri è piuttosto insistente, l'idea di illustrare i dintorni di Torino, Sestriere, ecc., con spostamenti se non spontanei, di certo di gradevole fattura, è simpatica e non del tutto inutile. Concludendo, la commedia dal ritmo comico sentimentale anche se tenue e con un finale poco persuasivo, merita una benevola attenzione per le ragioni suddette e per averci offerto la possibilità di vedere la Cegani sensibilmente migliorata e con essa la Denis, anche se entrambe non sono state affatto aiutate dalla bravura di un tecnico del trucco. Senza eccellere, tutti gli altri sono a posto. Lo spettacolo, pur muovendosi in un ambiente di confezioni femminili, conserva un tono moderato di linguaggio e di modi ragion per cui la sua visione riteniamo possa esser lecita senza timori ” (M.M.).
La scheda di Contessa di Parma: Produzione: Italia, 1937 Regia: Alessandro Blasetti Soggetto: Alessandro Blasetti Sceneggiatura: Gherardo Gherardi, Aldo De Benedetti, Mario Soldati, Libero Solaroli (non accreditato) Interpreti principali: Elisa Cegani, Antonio Centa, Pina Gallini, Umberto Melnati, Ugo Ceseri. Genere: Commedia Durata: 90'
Nel 1939, tornando oltremanica, ecco un film tanto intrigante quanto suggestivo: The Arsenal stadium mystery. Questo film è un giallo inglese che ha come sfondo una partita amichevole tra l'Arsenal e i Trojans, squadra dilettante. Durante l'intervallo della partita, la stella dei Trojans John Doyce (Anthony Bushell) riceve un anello con cui si ferisce la mano, e poco dopo muore
crollando a terra sul campo. La partita viene sospesa e iniziano le indagini di Scotland Yard, che incarica l'eccentrico ispettore Anthony Slade (Leslie Banks) di risolvere il caso, aiutato dal manager dell'Arsenal, Allison (George Allison). I primi sospetti cadono su Gwen, ex amante della vittima (interpretata da Greta Gynt) che nel frattempo scappa rimuovendo gli indizi della sua vita con John. L'ispettore, nel corso delle indagini, scopre che la vittima ha subito una ferita da spillo alla mano, segno di un avvelenamento. Gwen viene successivamente rintracciata dall'ispettore in compagnia della cugina (Liane Linden) e del fidanzato Phillip (Brian Worth), anche lui giocatore dei Trojans, ma si rifiuta di collaborare; in seguito, anche la ragazza viene trovata morta. Nel giorno in cui la partita viene rigiocata, l'ispettore escogita un piano per scoprire il colpevole; è Raille (Esmond Knight), giocatore dei Trojans, che viene arrestato sul campo di gioco. Rivelerà di aver ucciso John perchè colpevole del suicidio della sua ex fidanzata e Gwen per non farla parlare. Il soggetto originale del film diretto da Thorold Dickinson è un romanzo dello scrittore Leonard Reginald Gribble; il protagonista assoluto è Leslie Banks, [21] ispettore dai tratti bizzarri, con la peculiarità di cambiare cappello ad ogni occasione. Esso, anche se appare poco serioso sul lavoro, riesce a dimostrare la sua abilità e a risolvere il caso. Nella scena finale, vediamo il protagonista abbigliato come Sherlock Holmes, allusione al grande senso investigativo del personaggio letterario di Arthur Conan Doyle. Nel film, nel ruolo di se stessi, compaiono George Allison (allenatore dell'Arsenal tra gli anni '30 e '40), Tom Whittaker (calciatore e poi successore di Allison) ed altri giocatori della squadra londinese di quegli anni. Inoltre, comparsata per E.V.H. Emmet, storico commentatore inglese. Alcune immagini sportive che si vedono riguardano la partita ufficiale di campionato giocata tra l'Arsenal e il Brentford, ultimo incontro dei “gunners” prima dello scoppio della seconda guerra mondiale.
La scheda di The Arsenal Stadium Mystery: Produzione:Inghilterra, 1939 Regia: Thorold Dickinson
Soggetto: Leonard Reginald Gribble (adattamento di Thorold Dickinson e Alan Hyman) Sceneggiatura: Donald Bull, Patrick Kirwan Interpreti principali: Leslie Banks, Greta Gynt, Anthony Bushell, Brian Worth, Esmond Knight Genere: Giallo Durata: 85'
3. Dopoguerra e anni Cinquanta: il cinema nel pallone
Nell'Italia del dopoguerra, col calcio che divenne sempre più una mania popolare, furono diverse le idee che portarono ad intrecciare questo sport e il cinema. La prima è del 1948, con 11 Uomini e un pallone diretto da Giorgio Simonelli.La storia racconta di Alfredo Massi (Octave Senoret), centravanti della società sportiva Olimpia e fidanzato di Gianna (Fiorella Betti), che viene coinvolto in una relazione dall'intrigante Emi (Greta Gonda). Da qui nascono degli equivoci, come quando Clelia (Clelia Matania), moglie di un arbitrofarmacista (Carlo Campanini), crede che sia il marito a tradirla con Emi. Di tutta la situazione cercano di approfittare i redattori del giornale “Il Pungiglione”, il cui capo (Georges Flamant) escogita un piano per vincere una scommessa. Mentre Alfredo ed Emi si trovano nel paese di San Teodoro in vacanza, il giornalista scommette sulla vittoria del campionato della Stella del Sud, squadra rivale dell'Olimpia; perciò, invita gli abitanti del paesello a innescare uno sciopero per impedire al forte centravanti di partecipare alla partita successiva. Inoltre, minaccia l'arbitro-farmacista di far perdere l'Olimpia, pena l'uccisione della moglie. Tutto si risolve, però: Alfredo viene “liberato” da un amico in sidecar (Saro Urzì) e arriva all'aereoporto insieme a Clelia, che nel frattempo era giunta a San Teodoro presa dall'ira (infondata) della gelosia. Il centravanti arriva allo stadio con l'aereo tra gli sguardi stupiti degli spettatori e l'Olimpia vince la partita, anche grazie ad un rigore parato dal bizzarro portiere Romeo (Carlo Dapporto). La messinscena dei giornalisti de “Il Pungiglione” non è funzionata e in compenso, è l'integerrimo professor Savini (Ernesto Almirante), padre di Gianna, a vincere una bella somma per aver scommesso sull'Olimpia. Il professore, che non nutriva simpatie per il gioco del calcio, ne diventa apionato, incoraggiando anche il rapporto tra la figlia e Alfredo che non vedeva di buon occhio. Il film inizia con una sorta di analessi, in cui si vedono dei bambini che giocano a pallone per strada e che ricalcano i personaggi di Gianna, Alfredo, Romeo e dell'arbitro Olivari. Al film hanno partecipato anche i calciatori professionisti Aldo Campatelli,
Amedeo Amadei, Leonardo Costagliola, Amedeo Biavati, Carlo Parola, Silvio Arrighini, Paolo Jacobini, Hector Puricelli, Leandro Remondini, Giuseppe Baldini, Pietro Magni, Mario Pretto. Il soggetto è di Ruggero Maccari e Mario Amendola; il nipote di quest'ultimo, Ferruccio, interpreta uno studente in una piccola parte. La sceneggiatura, firmata tra gli altri da Vittorio Metz, Marcello Marchesi e Gherardo Gherardi, risente di un impianto teatrale, negli anni d'oro del varietà. Spicca in questo senso l'esilarante prova di Carlo Dapporto. Il personaggio interpretato da Greta Gonda è doppiato da Tina Lattanzi. Commento musicale di Felice Montagnani e canzoni di Dino Fedri.
La scheda di 11 Uomini e un pallone : Produzione: Italia, 1948 Regia: Giorgio Simonelli Soggetto: Mario Amendola, Mac Sceneggiatura: Marcello Marchesi, Vittorio Metz, Gherardo Gherardi, Mario Amendola, Giorgio Simonelli Interpreti principali: Octave Senoret, Fiorella Betti, Ernesto Almirante, Carlo Dapporto, Carlo Campanini, Greta Gonda, Clelia Matania, Georges Flamant Genere: Commedia Durata: 93'
Nel 1950 Mario Mattoli firma la regia de L'inafferrabile 12, film comico in cui protagonista assoluto è il giovane Walter Chiari, che interpreta due personaggi, fratelli gemelli. La vicenda narra di una famiglia con undici figli in cui la madre mette al mondo due gemelli. Il padre, superstizioso al punto di non volere un numero di figli pari a 13, abbandona uno dei due gemelli in un convento. Gli anni ano e il giovane Carletto (Walter Chiari), che si crede orfano, lavora in
una ricevitoria del Lotto senza tante soddisfazioni ed è fidanzato con Teresa (Isa Barzizza). Per farsi apprezzare dal padre di lei, si fa consigliare dall'amico Beppe (Carlo Campanini) il modo di far vincere al Lotto il futuro suocero. Carletto inscena allora la falsa vincita del suocero, ma esagera e per lui diventa impossibile pagare di tasca propria. Il ragazzo decide quindi di andarsene a Roma con Beppe: sul treno del viaggio c'è Ercole (Walter Chiari), quello che è suo fratello gemello, il quale gioca come portiere nella Juventus. All'uscita della stazione di Roma, data la grande somiglianza, Carletto viene portato per equivoco a casa di Clara (Silvana Pampanini), l'amante di Ercole. Equivoci a non finire, con Carletto che finisce dal medico credendo di soffrire di allucinazioni. Poi, il furbo Beppe cerca di sfruttare la situazione sostituendo Carletto ad Ercole per far perdere la Juventus e sbancare il Totocalcio. Successivamente, Ercole viene arrestato al posto del fratello per l'iniziale truffa del Lotto ed è proprio Carletto che scende in campo al suo posto; prima le cose vanno male, ma poi, grazie all'effetto di alcune pillole, il portiere improvvisato para tutto, segnando persino la rete della vittoria. Il finale è lieto: i due fratelli si riconoscono dopo tanti anni e Carletto si sposa con Teresa. La sceneggiatura del film è firmata da due nomi che faranno la storia del cinema italiano: Mario Monicelli e Steno. Walter Chiari, qui al quinto film, interpreta un ruolo (anzi, due) che pare fatto su misura per lui. Al film prendono parte anche l'attrice Yvonne Sanson e alcuni calciatori dell'epoca come Giancarlo Boniperti, Carlo Parola, Bruno Pesaola e Alberto Piccinini (padre del noto giornalista Sandro). Mario Mattoli costruisce una commedia esilarante, di puro divertimento, utilizzando sia gli ingredienti di contorno della disciplina sportiva -le trasferte in pullman, la presenza di Nicolò Carosio,[22]gli intrighi amorosi degli atleti- sia la partita di calcio vera e propria, alternando fiction e immagini di repertorio, primi piani sui volti alterati dei tifosi e inquadrature delle imprese mirabolanti e grottesche dei calciatori.[23] La partita in cui Walter Chiari scende in campo, raccontata con le immagini di repertorio, è Roma-Juventus del 30 aprile 1950, terminata 1-0 per la 34esima giornata di Serie A. Come solito per tanti film comici dell'epoca, la critica è piuttosto aspra:
“Film per tanti versi insipido e che non è che una irrilevante variazione (…) sul
plautino equivoco dei due fratelli gemelli ignari l'uno dell'altro (…). Sul vecchio tema Mattoli non sa intessere (…) che un'altra storia di corna, scongiurate e no. (Film) ravvivato (…) da qualche battutella detta da Chiari in quel modo che lui solo sa”. (G.Castellano, ”Hollywood, 270, 1950).
Una curiosità sul film: la casa di produzione I.C.S (Industrie cinematografiche sociali) faceva capo alla famiglia Agnelli, che per la prima ed unica volta si occupò di cinema.
La scheda de L'inafferrabile 12 : Produzione: Italia, 1950 Regia: Mario Mattoli Soggetto: Alberto Alberti, Franco Bezzi Sceneggiatura: Mario Monicelli, Steno Interpreti principali: Walter Chiari, Isa Barzizza, Silvana Pampanini, Carlo Campanini, Pina Gallini, Aroldo Tieri Genere: Comico Durata: 91'
Un'immagine delle riprese de "L'inafferrabile 12" allo stadio Flaminio di Roma
Nel 1951 ecco un altro film comico: Milano Miliardaria, in cui a scontrarsi sono un fotografo milanese di nome Luigi (Tino Scotti), e Peppino, barbiere napoletano (Dante Maggio), tifosi accaniti l'uno dell'Inter e l'altro del Napoli. Arrivato il giorno di Napoli-Inter, il tifoso interista sfida il “rivale” arrivando addirittura a scommettere la propria moglie Vittoria (Isa Barzizza) contro la bottega del barbiere. La fidanzata di Peppino (Franca Marzi) però, venuta a conoscenza dell'indecente scommessa, informa la moglie del fotografo, la quale raggiunge i due tifosi avversari, partiti alla volta di Napoli per assistere alla partita. La donna, per ripicca, comunica così al marito di aver invertito la scommessa, e qualora dovesse vincere l'Inter si lascerà sedurre da Peppino. E l'Inter vince 3-0; Luigi è disperato, mentre il barbiere e Vittoria prendono alloggio a Sorrento. Ma costei si distoglierà dall'idea di tradirlo, ricevendo in cambio da Luigi la promessa di non fare più scommesse. Con la co-regia di Marcello Marchesi e Vittorio Metz (coppia già attiva nel teatro di rivista e poi autrice di programmi televisivi), nel film compaiono nomi come Mario Carotenuto, Aroldo Tieri e Carlo Giuffrè. Fa parte del cast anche la giovanissima Sophia Loren (nei panni di una barista e qui accreditata come Sofia Lazzaro). Inoltre, nei panni di loro stessi, il musicista Giovanni D'Anzi, Roberto Murolo e Giuseppe Meazza, oltre ad altri giocatori di Napoli e Inter. Il protagonista Tino Scotti, incarnazione della milanesità,[24] crea una rappresentazione estrema e maniaca del tifo, che annuncia così all'inizio della storia: “Signore e signori, questa è la mia storia, la storia di un uomo vittima della malattia più diffusa del nostro secolo, il tifo sportivo: un uomo travolto dall'insana ione per il calcio”. Il film è percorso dal mito di “Veleno”, il non dimenticato Lorenzi,[25] calciatore di quegli anni. Belle alcune immagini della vecchia Arena di Milano, ma indimenticabile lo sbarco dei milanesi alla stazione di Napoli, con tanto di “sciura”, cartelli (“W l'Inter abbasso tutti”, “Forza Veleno”) e scazzottata con i ers napoletani.[26] Piuttosto aspra la critica di Ernesto Fecchi in “Intermezzo” del 30 settembre 1951:
“La comicità di “Milano Miliardaria” è legata alle mossette di Tino Scotti, la cui 'verve' è un po' vecchio stile e spesso richiama alla mente la comicità degli attori del muto. Ma al di là delle risorse (…) è quanto di più scipito si possa raccomandare. I nomi dei registi, poi, suggeriscono il solito difetto di questo genere di film: lo stile della battuta sotto la vignetta, stile da redattori di giornali umoristici e non da registi”.
La scheda di Milano Miliardaria: Produzione: Italia, 1951 Regia: Marcello Marchesi, Vittorio Metz Soggetto e sceneggiatura: Marcello Marchesi, Vittorio Metz, Agenore Incrocci (Age), Furio Scarpelli, Mario Amendola Interpreti principali: Tino Scotti, Isa Barzizza, Dante Maggio, Franca Marzi, Mario Carotenuto, Aroldo Tieri Genere: Comico Durata: 90'
L'anno successivo, Mario Camerini firma la regia de Gli eroi della domenica. Il protagonista del film è Gino Bardi (Raf Vallone), centravanti della squadra dei “grigi”, che nell'ultima giornata di campionato deve affrontare il Milan per salvarsi. Alla vigilia della partita, Mara (Cosetta Greco), la compagna di Gino, cerca di convincere il giocatore a far perdere la propria squadra; così facendo, riceverà una grossa somma di denaro grazie ad un giro di scommesse. Questa scena viene vista da un giovane tifoso dei “grigi”, soprannominato Lenticchia (Guido Martufi), a cui Gino promette di non “vendersi”. Arriva il giorno della partita: dopo il primo tempo il Milan è gia sul 2-0 e Gino, al rientro negli spogliatoi, viene insultato dai propri tifosi giunti a San Siro. Poi, durante l'intervallo, il centravanti viene avvisato dal proprio medico (Sandro Ruffini) di
avere un grave problema cardiaco e di non poter più giocare a calcio. Ma il centravanti, sentitosi etichettato dai propri tifosi come “venduto”, ha uno scatto d'orgoglio e costi quel che costi, rientra in campo per risollevare le sorti della sua squadra. La partita cambia faccia e alla fine il risultato è di 3-4 per i “grigi”, proprio grazie alla rete decisiva di Gino Bardi. Il centravanti però, dopo aver segnato, cade a terra, dovendo uscire dal campo e finendo all'ospedale. La partita ha anche un altro eroe: l'inesperto portiere Marini (Franco Interlenghi), che para un rigore a tempo scaduto. Nel finale, i giocatori grigi decidono di cedere il premio partita a Bardi, il quale viene raggiunto in ospedale da Mariolina (Elena Varzi), la ragazza innamorata di lui. Nella scena che chiude il film, vediamo i due fratelli e tifosi sfegatati Carlo (Giovanni Cavalieri) e Piero (Paolo Stoppa), sui gradoni dello stadio ormai deserto e buio. I due, che dopo diverse peripezie non erano arrivati in tempo per vedere la partita, chiedono ad un inserviente di farsela raccontare, rispondendo apionati: ”Il più bel giorno della mia vita – E noi non c'eravamo”. Il protagonista Raf Vallone è stato un calciatore professionista dal 1934 al 1941, vestendo le maglie di Torino e Novara, approdando poi al cinema nel 1942 con Noi Vivi di Goffredo Alessandrini. Elena Varzi, volto importante del cinema neorealista,[27] fu la moglie di Vallone nella vita (i due si sposarono proprio nel 1952). Nel film vediamo anche Marcello Mastroianni (un giocatore dei grigi che alla fine rifiuterà la relazione con la truffaldina Mara), Marisa Merlini (moglie del radiocronista interpretato da Enrico Viarisio), Giovanna Scotto (madre del protagonista), Guglielmo Barnabò (presidente dei “grigi”), Ada Dondini (zia dei due tifosi). Inoltre, partecipazione del Milan 1952-53: tra gli altri, con Carletto Annovazzi, il portiere Lorenzo Buffon e il trio offensivo svedese “Gre-No-Li”, formato da Gunnar Gren, Gunnar Nordahl e Nils Liedholm. Apparizione anche per lo storico ct azzurro Vittorio Pozzo, che in tribuna, vedendo le gesta del protagonista in campo, dice: “E allora, quelle scarpe le appendiamo sempre al chiodo?”. Le sequenze della partita e quelle degli spalti sono piuttosto curate, così come è ben montata la miscela tra finzione e immagini di repertorio. Interessante e originale, inoltre, la descrizione delle ore che precedono il match. Giocatori, staff tecnico e dirigenti insieme nel mitico “ritiro prepartita”, momento topico del mondo calcistico, lontano da ogni possibile tentazione. Camerini è molto abile nel descrivere il clima stanco e opprimente che accompagna queste vigilie: le partite a carte, la povertà culturale dei calciatori (“Chi è Amleto? ” si interrogano perplessi intorno a un tavolo), il desiderio di fuga (qualcuno più intraprendente
“evade” durante la notte, in cerca di compagnia femminile). L'obiettivo perseguito col “ritiro” è l'isolamento, la separazione dal mondo esterno. Un obiettivo forse inutile – sembra dire il film – perchè la corruzione, ma anche le risorse morali per sconfiggerla, fanno parte di quello stesso mondo del calcio che si vorrebbe proteggere con l'isolamento.[28] Il quadro, per quanto scontato, risulta piacevole e ci racconta (insieme a tante commedie del periodo) un’Italia fiduciosa in se stessa, nella quale la mania del football ha attecchito con vigore, lasciando magari in ombra problematiche sociali più serie. Ciononostante, questo gruppo di personaggi, tutti di modesta estrazione, guarda alla vita con ottimismo, progetta la propria esistenza con serenità e realismo, risparmiando denari in vista di un futuro matrimonio considerato meta importante e risolutiva dell’esistenza. Camerini dunque descrive un’Italia rosa, che sa divertirsi e soprattutto che sa lottare con accanimento: in fondo l’intera vicenda della piccola squadra che si salva dal baratro (la retrocessione) può essere letta come una metafora della ione con cui gli Italiani stanno superando le dure prove del dopoguerra.[29] Questa è la critica al film in “Segnalazioni cinematografiche”, vol. 33:
“Il lavoro che denuncia e condanna le losche speculazioni sul gioco del calcio ha intenti positivi. (...) La vicenda è alquanto artificiosa: ma l'esperta regia, l'abile montaggio, l'inserzione di episodi collaterali, l'efficace interpretazione rendono il film interessante”.
La scheda de Gli eroi della domenica: Produzione: Italia, 1952 Regia: Mario Camerini Soggetto: Franco Brusati, Lionello De Felice, Dino Risi, Ennio De Concini Sceneggiatura: Franco Brusati, Lionello De Felice, Mario Camerini Interpreti principali: Raf Vallone, Cosetta Greco, Elena Varzi, Franco Interlenghi, Guido Martufi, Paolo Stoppa, Gianni Cavalieri, Marisa Merlini,
Marcello Mastroianni, Guglielmo Barnabò, Enrico Viarisio Genere: Commedia Durata: 89'
Nel 1953 si gira un film rappresentativo come La domenica della buona gente. Sullo sfondo della partita Roma-Napoli, si intrecciano storie diverse. Un pensionato (interpretato da Carlo Malesci) punta a vincere trecentomila lire e grazie alla schedina del Totocalcio vince quattro milioni; l'uomo è comunque disperato perchè sperava di fare 13 e invece fa solo 12. Il secondo episodio narra di Giulio, un giovane disoccupato (Renato Salvatori) invitato a pranzo dalla fidanzata Sandra (Maria Fiore), che grazie a suo zio (Alberto Talegalli) potrebbe trovargli un impiego. Ma il giovane, invitato dai suoi amici, vuole andare allo stadio a vedere la partita. Raccontando una bugia a Sandra, Giulio si dirige allo stadio, dove incontra Ines (Sophia Loren), una vedova rimasta incinta di un avvocato romano (Vittorio Sanipoli) e giunta a Roma da Salerno in cerca dell'uomo che l'ha abbandonata. Ma l'avvocato, nonostante i tentativi della donna, fugge puntualmente le occasioni per incontrarla. Ines e Giulio si ritrovano poi ad assistere alla partita insieme: il giovane nota il malessere della donna, finchè non scova una pistola nella sua borsa. Nel frattempo, Sandra, che aveva visto i due insieme, si dispera e torna a casa piangendo per le bugie di Giulio. Il giovane, che voleva solamente essere d'aiuto alla vedova in crisi, litiga poi animatamente con la fidanzata; i due hanno comunque il tempo di chiarirsi e finiscono per abbracciarsi sul ponte della stazione. Sandra getta sul treno merci la pistola della vedova e Giulio, con gli ultimi soldi che ha in tasca, le compra un gelato. Ines, rassegnata e in partenza per Salerno, viene raggiunta dall'avvocato alla stazione: tra i due nasce un'accesa discussione e lei dice all'uomo che non vedrà mai suo figlio. L'ultimo episodio racconta di un ex portiere (Piero Palermini) in cerca di lavoro come allenatore; l'uomo, padre di una bambina e in crisi con la moglie disillusa (Laura Tiberti), spera nella sconfitta del Napoli per poter subentrare su quella panchina. Tra Roma e Napoli finisce 5-2, ma l'ex portiere, incontrando un dirigente allo stadio, si trova di fronte alla drammatica realtà di non poter essere assunto. La moglie pensa così di abbandonare l'uomo portando con sé la figlioletta, che, vedendo il padre, gli va incontro abbracciandolo.
Il film, diretto da Anton Giulio Majano, è tratto dal radiodramma omonimo di Vasco Pratolini e Giandomenico Giagni.[30] Il contesto cinematografico in cui nasce il film è quello di un cinema di genere, che caratterizza gli anni Cinquanta italiani. In quegli anni il cinema italiano attraversa un periodo di transizione, che abbandonando le tematiche impegnate del neorealismo, spiana la strada alla commedia all'italiana che spopolerà tra anni Cinquanta e Sessanta. La domenica della buona gente, che nonostante le buone premesse non sbancò il botteghino, è un'opera che mischia elementi neorealistici, melodrammatici, fino al bozzettismo urbano anticipatore della commedia all'italiana, stile Poveri ma belli.[31] Rispetto alla versione radiofonica, si accentuano in particolare i toni melodrammatici, con l'inserimento dell'esplicita minaccia di morte e la presenza di una pistola nella borsa di Ines. Anche gli aspetti folcloristici e campanilistici vengono amplificati, cambiando l'avversario della Roma dalla Lucchese al Napoli. Inoltre, la ione per il calcio è presentata criticamente dal radiodramma, come un modo per dimenticare i problemi della disoccupazione e del salario; nel film, il disoccupato Giulio, ha un atteggiamento più disinteressato verso il lavoro e sembra mettere il pallone davanti a tutto.[32] Il film è accompagnato fin dall'inizio da una voce fuori campo, che nei diversi momenti della giornata si inserisce narrando con tono suggestivo l'atmosfera domenicale, e che introduce così le vicende: “Come dentro uno specchio, o appoggiati al davanzale che dà sulla strada, scorre davanti ai nostri occhi una qualsiasi domenica di quelle che viviamo; una domenica come un'altra, in cui cerchiamo di dimenticare i cattivi pensieri, e lutti, e ingiustizie, e guerra, e povertà, che sei giorni della settimana stanno di sentinella sui marciapiedi” . Rispetto a Gli eroi della domenica (Mario Camerini, 1952), in cui risalta la matrice “eroica” dei calciatori, Majano è piuttosto attento a descrivere fatti e sentimenti della gente comune, narrando uno spaccato di vita contestualizzato nella domenica calcistica. La trama alterna toni drammatici e spensierati e le scene dello stadio sono come al solito un misto di fiction e immagini di repertorio. Attraverso alcuni fotogrammi si vede il neonato Stadio Olimpico, che fu inaugurato il 17 maggio 1953; la partita Roma-Napoli che fa da sfondo alle vicende invece, si giocò allo Stadio Flaminio ed è riferita alla vittoria dei giallorossi sugli azzurri del 4 gennaio 1953. Il personaggio interpretato da Renato Salvatori è doppiato da Nino Manfredi, anch'esso presente nel film nella parte di un amico tifoso e doppiato a sua volta da Corrado Mantoni. Tra gli interpreti minori troviamo Ave Ninchi, Mariolina Bovo, Memmo Carotenuto, Turi Pandolfini (nei panni di un monsignore
tifosissimo del Napoli), Fiorenzo Fiorentini, Nino Milano (capotifoso del Napoli). Tra i tifosi napoletani si vedono anche Gigi Reder e Giacomo Furia; inoltre, apparizione di Nando Martellini nei panni personali del radiocronista. Giulio Cesare Castello fa così la sua critica al film in "Cinema", 129, 15 marzo 1954:
"In alcuni scadimenti melodrammatici (...) in talune insistenze macchiettistiche (...) risiedono i due limiti evidenti del film, limiti cui, del resto, opere del genere, tenute su un registro impressionistico, al di fuori di una storia solidamente costruita, difficilmente riescono a sottrarsi. Ma essi sono gradevolmente compensati dalla scioltezza di un raccontare lesto, appoggiato ad una frequente, acuta facoltà di osservazione, ad un umore sapido (...), ad un fervore dilogico, opportunamente colorati di succhi dialettali (...) ad una recitazione svelta".
La scheda de La domenica della buona gente : Produzione: Italia, 1953 Regia: Anton Giulio Majano Soggetto: Tratto dal radiodramma omonimo di Vasco Pratolini e Giandomenico Giagni Sceneggiatura: Anton Giulio Majano, Vasco Pratolini, Giandomenico Giagni, Massimo Mida Interpreti principali: Renato Salvatori, Maria Fiore, Sophia Loren, Carlo Romano, Vittorio Sanipoli, Piero Palermini, Alberto Talegalli Genere: Commedia Durata: 92'
Datato 1957, L'uomo a tre ruote (titolo originale Le Triporteur ) è una produzione se diretta dal regista Jacques Pinoteau. Il protagonista della vicenda è Antoine (Darry Cowl), goffo fattorino presso un forno di una cittadina se e sfegatato tifoso del Vauxbrelles, la squadra locale. Antoine, che per lavorare utilizza un triciclo (da qui il titolo), combina un grosso guaio quando col suo mezzo va a finire a tutta velocità nella vetrina del forno; Mouillefarine, il suo capo (Grégoire Aslan), lo licenzia. Dopo ciò, il giovane decide di seguire la sua squadra del cuore a Nizza, dov'è in programma la finale di Coppa. Durante il viaggio, Antoine ne a di tutti i colori: viene fermato da due gendarmi, uno dei quali è un ricercato che l'altro (Pierre Mondy) inseguirà comicamente a colpi di pistola; poi, finisce in una fattoria dove trova dei contadini ubriachi (tra cui Roger Carel) e da cui scappa dopo aver dato fuoco al fieno e aver liberato il bestiame. Successivamente, si innamora di Popeline (Beatrice Altariba), una ragazza che sta facendo il bagno in un fiume; essa però fa l'autostop e sale sulla macchina guidata da Jean-Claude (Jean-Claude Brialy). Antoine non si dà per vinto e vuole conquistare Popeline: a tutta velocità, cerca di raggiungerla col suo triciclo ed ha un incidente nei pressi di un campeggio. Così, si assiste ad una grottesca “operazione chirurgica” per riparare il triciclo, e il protagonista, nella notte prima della partita, si ritrova a dormire nel bagagliaio del suo mezzo perchè piove. Arriva poi l'atteso momento della partita: a fine primo tempo, il Vauxbrelles è sotto di una rete, ma nell'intervallo cambia tutto. Antoine, sceso negli spogliatoi per incoraggiare la squadra, trova il portiere Dabek (Mario David) sconsolato perchè ha scoperto il tradimento della fidanzata. Dabek non vuole più giocare e Antoine, che nel frattempo ha assunto per caso una potente sostanza, è pronto a prendere il suo posto in porta. La sua prestazione è ai limiti del fantastico: eggia sulla traversa dando indicazioni ai suoi compagni, si prende gioco del corpulento attaccante avversario “Boulet de canon” (Bob Ingarao) compiendo acrobatiche parate e infine, partendo dalla propria area, attraversa tutto il campo e va a segnare la rete della vittoria per il suo Vauxbrelles. Alla fine, riuscirà a conquistare anche il cuore della bella Popeline, che accompagnerà nel bagagliaio del suo triciclo. Il film è tratto dal romanzo di René Fallet del 1951. Il protagonista Darry Cowl, con l'interpretazione in Le triporteur, raggiunse una certa notorietà come attore. [33] Cowl, che aveva studiato al Conservatorio di Parigi diventando un affermato pianista, fu proiettato nella carriera cinematografica dopo che per caso, nel 1950, si ritrovò a intrattenere il pubblico di un teatro per il ritardo dell'attore Robert Lamoureux. Anche Beatrice Altariba, qui giovanissima, fu “consacrata” al cinema da questo film.[34] Jacques Pinoteau tornerà a dirigere
entrambi gli attori due anni più tardi in Robinson et le triporteur. Pierre Mondy, qui nei panni di un buffo gendarma, è ricordato tra l'altro nel ruolo da protagonista in Napoleone ad Austerliz (Abel Gance, 1960). Nel cast anche Jacques Hilling (nei panni dell'allenatore), Robert Arnoux (il presidente della squadra) e Maurice Gardett (il cronista). Il film uscì in Italia qualche anno dopo; ecco la critica in “Segnalazioni cinematografiche, vol.50, 1961:
“Costruito sulla misura delle capacità comiche di Darry Cowl, il film s'avvale dell'assai esile trama per collegare insieme una serie di scenette, alcune delle quali francamente comiche ed originali (come, per esempio, l'operazione chirurgica cui viene sottoposto un triciclo)”.
La scheda de L'uomo a tre ruote : Produzione: Francia, 1957 Regia: Jacques Pinoteau Soggetto: René Fallet Sceneggiatura: Jacques Pinoteau, Jacques Vilfrid, Jean Aurel Interpreti principali: Darry Cowl, Beatrice Altariba, Pierre Mondy, Jean-Claude Brialy, Roger Carel, Mario David, Bob Ingarao Genere: Comico Durata: 93'
Tornando in Italia, il 1958 è l'anno in cui si gira Gambe d'oro, film diretto da Turi Vasile. Si narra del Cerignola, squadra della provincia pugliese allenata da Armando (Memmo Carotenuto). Il presidente è il barone Luigi Fontana (Totò),
uomo dal carattere avaro e ostile al gioco del calcio, la cui figlia Carla (Rossella Como) è fidanzata con Aldo (Paolo Ferrari), mezzala della squadra. Il barone, a capo di un'azienda di vini pregiati, non vede di buon occhio questa relazione e decide di licenziare Aldo (impiegato oltre che calciatore) senza un vero motivo; il giovane pensa così di abbandonare Cerignola, ma un barbiere tifoso (Nino Vingelli) lo assume presso di lui convincendolo a restare. La squadra, trainata da Armando, ha un buon andamento e l'obiettivo della Serie C si avvicina; un giorno però, le cose cambiano con l'arrivo di un emissario di una squadra di Serie A (Josè Jaspe), che offre venti milioni al barone Fontana per acquistare i due migliori giocatori della squadra: Aldo e il centrattacco Franco (Rosario Borelli). Il barone, neanche a dirlo, accetta; lo stesso, intanto, si scontra con la moglie (Elsa Merlini), tifosissima della squadra, perchè vorrebbe mandare la figlia in collegio, cosa a cui la donna è contraria. Aldo viene informato dell'offerta mentre è impegnato a fare la barba al presidente, il quale gli dice: “Da oggi le sue gambe sono d'oro”. Il ragazzo comunica così la grande opportunità a Franco, che è costretto a lavorare di notte in un forno per mantenere il figlio appena nato dalla relazione con Gianna (Scilla Gabel). Armando, venuto a sapere il tutto, si arrabbia col presidente, chiedendogli di non cedere i due giocatori; il barone gli offre un assegno, che l'allenatore non esita a stracciare. La squadra si disunisce, si fanno largo alcuni rancori e in una partita fuori casa arriva una brutta sconfitta; come se non bastasse, al rientro negli spogliatoi, si scatena una furibonda rissa tra gli stessi giocatori. Armando è abbattuto e non sa cosa fare per sistemare la situazione. L'occasione del riscatto però, arriva: infatti, la Nazionale italiana, che deve affrontare una partita a Bari, ha scelto il Cerignola per disputare un incontro d'allenamento. Il giorno della partita, il paese è entusiasta e si precipita allo stadio, “diviso” tra i cartelli “W Cerignola” e “W Italia”. Il barone Fontana, il sindaco del paese (Turi Pandolfini) e il commendatore della squadra di Serie A (Folco Lulli) non vengono fatti entrare allo stadio da un integerrimo inserviente perchè senza il “lasciaare”; rimangono così fuori insieme agli abitanti del paese. Un ragazzino informa loro dell'andamento della partita dall'interno dello stadio: il Cerignola, incredibilmente, riesce a vincere la partita rimontando lo svantaggio con le reti di Aldo e Franco. E' grande festa: il barone Fontana diventa un tifoso della squadra, comunicando che Aldo sarà il suo futuro genero. In occasione del ricevimento per la storica vittoria sulla Nazionale, il presidente annuncia che Aldo e Franco vogliono andare a giocare in Serie A, ma “tra tre anni, con la maglia del Cerignola”. Il film si chude con Armando che, solo e sconsolato per la partenza dei suoi giocatori, viene avvisato da un piccolo tifoso (Gabriele Ladagna) che le cose sono cambiate e la sua squadra è rimasta la stessa.
Il film è un trionfo di buoni sentimenti. Vuole essere una sorta di j'accuse nei confronti del calcio milionario, metropolitano, fonte di sperperi se non di corruzione. Nel nome della sana provincia italiana, dove il cuore e l'amicizia (ma anche l'abilità) possono condurre a qualsiasi risultato. Armando, l'allenatore in apparenza burbero ma in realtà paterno (forse perchè padre mancato), personifica con precisione questa filosofia. In campo, come nella vita - “Il mondo cos'è? E' un'area di rigore”, dice la canzone che fa da colonna sonora al film (“Calypso Goal”, cantata da Paolo Bacilieri e dal Quartetto Radar) – gli schemi non contano, conta solo il cuore. Anche qui, come in 5 a 0 (Mario Bonnard, 1932) e 11 Uomini e un pallone (Giorgio Simonelli, 1948), si assite alla “conversione” al tifo calcistico di un personaggio precedentemente disinteressato al calcio. Il discorso finale del presidente è esemplare: al mediatore che obietta che “ non si può rifiutare un colpo di fortuna come questo ”, un Totò ormai convertito risponde: “ Ma basta coi colpi di fortuna, con le lotterie, con i telequiz, con i totosport, con i totototi. Essi dicono che la fortuna la vogliono guadagnare da sé. E poi insieme non sono solo una squadra, ma un gruppo compatto di amici! ”. In fondo, il profumo più godibile del film nasce dalla rappresentazione di questa provincia italiana degli anni Cinquanta e della sua ione calcistica.[35] In Gambe d'oro , i calciatori sono allegri giovanotti, che attirano l'attenzione delle belle ragazze di tutto il paese, ma sanno anche essere responsabili padri di famiglia.[36] Il film è girato tra Cerignola e Foggia, dove vennero effettuate le riprese della partita (per evitare grosse spese gli sceneggiatori optarono per una partita a porte chiuse). Nel cast anche Dolores Palumbo (moglie di Armando), Giampiero Littera (nei panni del portiere della squadra) e il giovanissimo Bruno Carotenuto (figlio di Memmo, e qui figlio del presidente). Folco Lulli, che interpreta il commendatore milanese, è doppiato da Luigi Pavese. Inoltre, esordio al cinema per il caratterista Luigi Origene Soffrano, conosciuto in futuro come Jimmy il Fenomeno,[37] che appare per pochi secondi alla ricevitoria del totocalcio. Le musiche sono curate da Lelio Luttazzi. Il film vinse l' “Ulivo d'oro”al Festival del cinema comico ed umoristico di Bordighera.
La scheda di Gambe d'oro :
Produzione: Italia, 1958 Regia: Turi Vasile Soggetto: Antonio Margheriti Sceneggiatura: Antonio Margheriti, Turi Vasile Interpreti principali: Totò, Memmo Carotenuto, Paolo Ferrari, Rosario Borelli, Rossella Como, Scilla Gabel Genere: Commedia Durata: 99'
L'anno successivo, sotto la regia di Gianni Puccini, viene girato Il nemico di mia moglie (Il marito bello). Il protagonista di questo film è Marco Tornabuoni (Marcello Mastroianni), in crisi con la moglie Luciana (Giovanna Ralli) perchè disoccupato e sempre alle prese con l'impegno di arbitro di calcio, ione a cui la consorte è contraria. Tramite la raccomandazione dell'amico e guardalinee Peppino (Giacomo Furia), Marco riesce a farsi assumere presso una compagnia turistica diretta da un bizzarro personaggio (Raimondo Vianello). Le cose tra Marco e Luciana sembrano andare meglio, ma la donna non riesce ad accettare le domeniche senza il marito, impegnato come arbitro e sempre in ritardo quando fa ritorno a casa; il loro rapporto precipita quando l'uomo, per arbitrare una partita infrasettimanale, si fa sostituire al lavoro da Peppino, il quale per errore “spedisce” una famiglia indiana a Bombay anziché a Pompei. Marco viene così licenziato e Luciana lo fa assumere presso la casa discografica dove lavora; ma il suo impiego dura poco: complice il clima soffocante e l'inadeguatezza al lavoro, Marco decide di licenziarsi e di tornare da suo padre (Vittorio De Sica), lasciando Luciana. Il padre, professore e bibliotecario, è un uomo dai principi molto rigidi e non vuol sentire neanche parlare di calcio, biasimando persino il nipote seminarista (Riccardo Garrone) che gioca di nascosto; così, il figlio gli nega di fare ancora l'arbitro. Nel frattempo, i familiari di Luciana, capitanati dal padre Nando (Memmo Carotenuto), vanno a cercare Marco alla biblioteca, il quale non si dice disposto a tornare dalla donna. Lui stesso, fingendo di dover consegnare alcuni libri, parte poi per Firenze dove dovrà arbitrare una partita; in viaggio, sul treno, conosce Giulia (Luciana
Paluzzi), con cui promette di rivedersi al più presto. Intanto, il padre di Marco va dalla famiglia di Luciana per tentare di ricongiungere la loro relazione: la cosa non ha buon esito e il professore litiga con la consuocera (Elvira Tonelli). A Firenze, Marco e Giulia si rincontrano, vanno in un locale e arrivano a baciarsi; sembra l'inizio di un nuovo amore, ma la ragazza ha un secondo fine: fa credere all'arbitro che sua zia (Armida De Pasquali) abbia scommesso un milione sulla sconfitta della Fiorentina, cercando di fargli manipolare la partita. Marco però, scopre l'inganno: è tutta una montatura ed è la stessa Giulia a far parte di un gruppo di truffatori che tentavano di far soldi facili. Arrivata la partita, Marco fa il suo degno arbitraggio, ma dopo viene aggredito per non aver accettato di influire sul risultato; Luciana viene a sapere tutto e si precipita da lui: gli propone le dimissioni da arbitro e i due si riappacificano. Il padre di Marco intanto, viene convinto da un monsignore sulla bellezza del gioco del calcio; sarà lo stesso professore a strappare la lettera di dimissioni del figlio, cominciando a seguire con ione le partite da lui dirette, emozionandosi alla radio. Nel finale, Luciana è allo stadio per seguire una partita arbitrata dal marito: immersa nel tifo calcistico, dopo il riferimento all'espulsione di Bruno Pesaola,[38] grida: “Arbitro cornuto!”. Il film di Gianni Puccini è il primo nel cinema italiano che si occupa della figura dell'arbitro. Qui, è centrale il tema della ”guerra dei sessi”, entrato in tantissime pellicole fin dal “pioneristico” 5 a 0 (Mario Bonnard, 1932); “Il gioco del calcio è tuo nemico, è nemico di tutte le mogli” dice il protagonista dopo l'ennesimo litigio e l'ennesima ingiunzione della consorte: “O smetti di fare l'arbitro o divorzio!”. Nel cast, Gisella Sofio (impiegata dell'Rca ed infatuata del protagonista), Andrea Checchi (direttore dell'Rca), Enzo Garinei (un folle inventore tedesco). Inoltre, nei panni dei fratelli di Luciana, vediamo Giuliano Gemma e Giovanni Pazzafini, entrambi all'inizio della carriera cinematografica. Apparizione anche per Teddy Reno, che canta “Nessuno” e “Tu che sei divina”; il commento musicale è di Lelio Luttazzi. Circa cinquant'anni dopo le riprese de Il nemico di mia moglie, Giovanna Ralli, intervistata da Paolo Toccafondi, ha ricordato così il film: “Specchio dei tempi, però devo dire che ho un ricordo molto bello. Era un film garbato, fresco, girato da Gianni Puccini, che era un regista stupendo, dolcissimo; sul lavoro era straordinario, amava gli attori e affidò a me e Marcello Mastroianni i ruoli dei protagonisti di questa storia. Con Marcello eravamo già una coppia affiatata:
avevamo già girato 'Il bigamo', 'Il momento più bello' e 'Verso sera'. Con lui era ogni volta un'esperienza nuova; lavorare con Marcello non era recitare, era parlare, vivere il personaggio. E' un film che ricordo con molta dolcezza, con molta tenerezza; i film di allora erano semplici, si parlava del quotidiano. Forse anche la recitazione era diversa: intanto i film erano scrittti da sceneggiatori straordinari per gli attori, che in questo erano molto aiutati”. Quasi tutti gli interni del film sono stati girati nelle sale di Palazzo Chigi di Ariccia. Un'irriconoscibile Sala Maestra è trasformata nella curiosa sede laziale dell'Associazione Italiana Arbitri con tanto di tavolo da ping pong. Alcune sale del piano nobile diventano invece gli ambienti dell'austera casa del prof. Tornabuoni. Riconosciamo in particolare il Salone Giallorosso, così denominato dal colore dei rivestimenti parietali, che fa da sfondo a numerose sequenze. Puccini utilizza anche gli ambienti della Galleria e della Scala Maestra e nel cortile è ripresa, tra l'altro, anche una curiosa partita di calcio tra prelati. Dal cortile di Palazzo Chigi si intravede in altre scene anche la seicentesca Piazza di Corte del Bernini con le fontane e la facciata della Collegiata di Santa Maria Assunta.[39]
La scheda de Il nemico di mia moglie (Il marito bello): Produzione: Italia, 1959 Regia: Gianni Puccini Soggetto: Gino Mangini Sceneggiatura: Bruno Baratti, Castellano e Pipolo, Gianni Puccini Interpreti principali: Marcello Mastroianni, Giovanna Ralli, Memmo Carotenuto, Vittorio De Sica, Luciana Paluzzi, Giacomo Furia, Riccardo Garrone Genere: Commedia Durata: 87'
4. Anni Sessanta e Settanta, tra analisi sociologica e satira di costume
Tra gli anni 60' e 70', i film ambientati nel mondo del calcio rifletterono i cambiamenti sociali in atto, concentrandosi sull'analisi sociologica e la satira di costume. In questi film sono inoltre tanti i riferimenti più o meno seriosi ai veri professionisti del pallone. Nel 1965 viene girato Idoli Controluce, film diretto da Enzo Battaglia. E' la storia di Ugo Sanfelice (Massimo Girotti), scrittore che deve realizzare una biografia sull'attaccante della Juventus Omar Sivori. Sanfelice è piuttosto ignorante in materia calcistica e, arrivato a Torino, fa la conoscenza di una giovane promessa, il centravanti Nanni Moretti (Gaspare Zola). Costui gli racconta la sua esperienza, dalle squadre minori fino all'esordio con la Juventus accanto a Sivori. Il giovane, abbandonato dalla fidanzata (Valeria Ciangottini) e influenzato dalla vita borghese dei salotti e delle feste, è destinato a non far carriera come calciatore. Nel frattempo, lo scrittore, attraverso la frequentazione degli ambienti e delle persone vicino a Sivori, raccoglie il materiale necessario al suo libro; esso incontrerà il calciatore argentino mentre quest'ultimo è in procinto di trasferirsi al Napoli. Alla fine della storia, Sanfelice inizia il suo libro così: “L'atleta di football in quanto eroe non esiste”, rinunciando poi alla stesura. Idoli controluce è un'amara analisi del cambiamento del mondo del calcio (e non solo) che stava avvenendo in quegli anni. Il calciatore a dalla figura dell'eroe (come il protagonista de Gli eroi della domenica) a quella di uomo viziato e rivolto alla “bella vita”. L'orizzonte assegnato alla macchina da presa è molto ampio: campi di calcio e salotti bene, allenamenti, interviste, redazioni di giornali, vecchi mestieranti del pallone; un rilievo particolare è riservato al rapporto fra i calciatori – proletari divenuti improvvisamente ricchi – e le donne, che spesso rappresentano il tramite con quel mondo borghese nel quale gli atleti rischiano di perdersi. Il film si muove tra inquadrature degli spalti, sequenze di partite reali e finzione; i due piani del racconto però, - quello esistenziale (la vita, gli amori, le culture) e quello del gioco (le partite, i tifosi, gli allenamenti) – non riescono a formare un tessuto unitario.[40]
Il regista Enzo Battaglia aveva diretto il suo primo lungometraggio tre anni prima (Gli arcangeli, 1962), anche lì cercando di analizzare i mutamenti sociali della gioventù italiana. Nel cast anche Riccardo Garrone, Johanna Shimkus e Alfredo Dari (nei panni dell'allenatore). Inoltre, nei loro panni personali, appaiono l'attaccante gallese della Juventus John Charles e l'arbitro Giuseppe Adami. Partecipazione anche del quartetto di cabaret “I Gufi”, formato da Nanni Svampa, Gianni Magni, Lino Patruno e Roberto Brivio, che canta “Il cimitero è meraviglioso" e “Si può morire”. Significativa la colonna sonora di Ennio Morricone.[41] Questa è una critica dell'epoca al film:[42]
“Core ‘e mamma, Sivori, si’ n’u ddjio, quanto si’ bello ed altre colorite frasi d’ammirazione hanno rumorosamente salutato […] l’ingresso del popolare calciatore argentino nel cinema Bellini [di Napoli], dove è stato proiettato – in prima mondiale – il film Idoli controluce, una pellicola girata con propositi moralistici [...] Il locale – costruito ai primi del ‘900 con fregi stile liberty e successivamente rimodernato – è risultato insufficiente a contenere la folla che, fin dalle prime ore della sera, si era accalcata al botteghino, ove, ben prima dell’inizio dello spettacolo, è stata apposta la scritta “tutto esaurito”. I biglietti erano stati accaparrati appena messi in vendita dai bagarini che hanno chiesto fino a cinquemila lire per le poltrone di sala ed una buona somma di poco inferiore per i posti di palchi. Migliaia di persone hanno dovuto accontentarsi di acclamare sotto la pioggia Sivori allorché è giunto in automobile. […] Egli ricorda […], non senza preoccupazione, gli eccessi di entusiasmo che suscitò il suo arrivo a Napoli [città nella cui squadra ha giocato dal 1965 al 1969]. Per evitare che si ripetessero simili scene, Sivori non ha risposto al saluto della folla. […] La pellicola è ambientata a Torino, nel periodo in cui Sivori ha fatto parte della Juventus [dal 1957 al 1965]. La trama è piuttosto artificiosa. […] Tutta la vicenda è congegnata per sfruttare la popolarità del calciatore ai fini di cassetta. Manca al protagonista – definito dal regista un ottimo attore – il tratto spontaneo ed umano, anche se si è cercato di dare alla storia un carattere personale centrandola sull’attrito esistente tra Sivori e l’allenatore Heriberto Herrera” (A. Luise, “La Stampa”, 13 novembre 1965).
La scheda di Idoli controluce: Produzione: Italia, 1965 Regia: Enzo Battaglia Soggetto: Enzo Battaglia, da un'idea di Walter Navarra Sceneggiatura: Enzo Battaglia, Giorgio Prosperi Interpreti principali: Massimo Girotti, Valeria Ciangottini, Omar Sivori, Riccardo Garrone, Johanna Shimkus, Alfredo Dari Genere: Drammatico Durata: 105'
Nel 1967, il regista Mario Camus dirige la produzione italo-spagnola Grazie amore mio (titolo spagnolo Volver a vivir). Ritroviamo Raf Vallone, nei panni di Luigi Rubio, ex calciatore del Racing Santander sconvolto dalla morte della moglie e deciso a tornare in Spagna dall'Argentina per guidare il club. Divenuto l'allenatore del Racing Santander, s'innamora di Maria (Lea Massari), la moglie del presidente della squadra (Alberto de Mendoza). Intanto Rubio si scontra con l'ambiente locale, in particolare col giornalista Andres (Luis Peña), che lo minaccia di tirare in ballo la sua oscura vita ata (il protagonista è stato ricoverato in un ospedale psichiatrico) se non gli dà alcune informazioni. La squadra, che punta alla promozione in prima divisione, ha un grande calo e rischia di non raggiungere l'obiettivo. Maria, che vorrebbe fuggire con lui in Francia, si fa da parte, ma Rubio viene comunque destituito dall'incarico; così, prepara in segreto la gara decisiva contro il Celta Vigo. Il giorno della partita, l'allenatore entra negli spogliatoi incoraggiando i giocatori con un gran discorso: la sua squadra riesce poi a conquistare la promozione portandolo in trionfo. Il regista Mario Camus, originario di Santander, gira Grazie amore mio in Cantabria, terra dove ambienterà altri svariati film. Quindici anni dopo Gli eroi della domenica, ritroviamo Raf Vallone protagonista, stavolta come allenatore; questo racconta così alla donna che ama il suo incontro con il calcio, divenuto una ione irrinunciabile: “Avevo sette anni, ero fattorino in una fabbrica di
cera. Non avevo nessuna attitudine al lavoro, anche il più semplice. Tutti mi dicevano che sarei stato fattorino tutta la vita senza migliorare mai. A quell'età andavo a giocare a calcio con i ragazzi del mio quartiere. A 13 anni il mio lavoro in fabbrica non era cambiato, sempre fattorino. Ma giocavo a football con gli uomini di trenta, sapevo evitare i colpi, e sgusciando, la differenza di peso. Sapevo dribblare e scendere con la palla attaccata al piede, riceverla e segnare gol, da qualsiasi posizione. Un giorno mi pagarono per questo e finalmente arrivai alla Nazionale. Sono felice del tuo amore, ma io non posso fare a meno del football, come non posso fare a meno di te”. Significativa l'interpretazione di Lea Massari,[43] protagonista femminile che arriva a capire la grande ione dell'amato per il calcio. La voce fuori campo è di Alberto de Mendoza, che interpreta il presidente della squadra. Le musiche sono curate da Angelo sco Lavagnino.[44] Nel film si vedono diversi spezzoni delle partite del Racing Club Santander del 1966-67 e alcuni giocatori tra cui Chisco Corral, Javi Alonso, Julio Gento e Docal Jimenez. Originariamente intitolato “Il ritorno di Martin Rubio”, il film uscì in Italia nel 1973. Questa è la critica dell'epoca apparsa su “Segnalazioni cinematografiche”:
“Il film, che vorrebbe descrivere la vita professionale di un allenatore, finisce invece, per mancanza di idee, per dilungarsi su quella sentimentale. Non è il solo difetto di una quanto mai mediocre sceneggiatura: vi si aggiungano la banalità dei dialoghi e l'inconsistenza psicologica dei personaggi. Oltre a presentare in una luce romanticheggiante la relazione adulterina dei protagonisti, il film lascia nell'ambiguità sia il modo in cui si è conclusa, sia, conseguentemente, il giudizio di valore etico sulla medesima”.
La scheda di Grazie amore mio : Produzione: Spagna/Italia 1967 Regia: Mario Camus
Soggetto e sceneggiatura: Mario Camus, Miguel Rubio Interpreti principali: Raf Vallone, Lea Massari, Alberto de Mendoza, Luis Peña, Carlos Otero Genere: Drammatico Durata: 103'
Arriviamo, nel 1970, ad uno dei film più rappresentativi ambientati nel mondo del calcio: Il Presidente del Borgorosso Football Club, diretto da Luigi Filippo D'Amico. Il film racconta di Benito Fornaciari (Alberto Sordi), impiegato in Vaticano, che va in Romagna a trovare il padre (sempre Sordi), sanguigno presidente del Borgorosso Football Club, squadra di calcio locale. Quest'ultimo, imprenditore di una cantina di vini e tifoso ionale, si è sentito male proprio mentre incitava i giocatori della squadra. Benito, arrivato in Romagna insieme alla madre Amelia (Tina Lattanzi), trova il padre ad ascoltare alla radiolina la penultima partita di campionato del Borogorosso, quando l'eccessiva emozione fa morire quest'ultimo. In seguito, Benito è indeciso sul da farsi: se vendere la squadra o prendere il posto del padre defunto; intanto, si gioca l'ultima e decisiva partita del campionato sul campo del Celerina: a fine primo tempo il Borgorosso è in vantaggio per due a zero, ma i tifosi avversari, arrabbiati per l'andamento della gara, danno vita a degli incidenti con lancio di oggetti. Benito, alla sua prima partita, è sconvolto e se ne va prima della fine; convinto della vittoria del Borgorosso, viene però informato successivamente che la squadra è stata rimontata e ha perso per 3-2. Parlando col sindaco del paese (Rino Cavalcanti), Benito è deciso a cedergli la squadra; nel frattempo arriva la notizia che i giocatori del Celerina erano dopati, così il Borgorosso ottiene la promozione in Serie D. Benito però, avvicinato da un agente di mercato, cede quattro importanti giocatori, scatenando l'ira dei tifosi che entrano nella sua abitazione. Travestitosi da donna, viene comunque riconosciuto e inseguito dalla folla, arrivando perfino a nascondersi nell'armadio, dove un quadro del padre gli parla e lo incoraggia. A questo punto, Benito reagisce e si affaccia dalla finestra, comunicando alla folla di voler tenere la squadra e rinnovarla: i tifosi, colpiti, lo acclamano. Per prima cosa, il neopresidente ingaggia un nuovo allenatore: il sudamericano (ma dalle inflessioni partenopee) Josè Bouonservizi (Carlo Taranto), chiamato “lo stregone”, che durante una giornata al mare gli presenta
Omar Sivori (che interpreta se stesso). Benito prende a cuore le sorti del Borgorosso, va in ritiro, si allena con la squadra (nel frattempo si è dimesso dal Vaticano); è contento della nuova aria romagnola, dalla cucina locale alla nuova auto fatta verniciare di bianco e nero in onore della squadra. La madre, ostile al gioco del calcio e al nuovo ambiente di vita del figlio, torna in Romagna cercando invano di dissuaderlo dalle sue scelte. Il campionato ha poi inizio nel peggiore dei modi per il Borgorosso, che perde sette partite di fila; il presidente prende così le redini della squadra, esonerando l'allenatore Buonservizi e costringendo la squadra a un duro ritiro. Le cose vanno meglio, tanto che la presenza di Benito in panchina porta la prima vittoria per il Borgorosso; lo stesso intanto, ha trovato anche l'occasione di “consolare” due donne (Elena Pedemonte e Rosita Toros) trascurate dalla troppa assenza dei mariti calciatori. Arriva anche il sentito derby col Sangiovese: l'irruenza del giocatore bianconero Celestino Guardavaccaro (Franco Accatino) e l'entrata sul campo di Benito suscitano la reazione violenta del pubblico “nemico”, che invade il campo provocando violenti tafferugli. Benito si ritrova solo sugli spalti, afflitto e col volto tumefatto; gli viene inflitta una pesante squalifica e inoltre, il ragioniere Quintino Braglia (Dante Cleri) gli comunica la gravità della situazione economica della squadra. La madre, insieme a un monsignore (sco Sormano), arriva in Romagna tentando ancora di convincerlo a tornare a Roma; Benito non ne vuole sapere, ma ormai ha tutto l'ambiente contro, dai tifosi alla dirigenza. Erminia (Margarita Lozano) e altre dipendenti della cantina sono le uniche rimaste dalla sua parte e lo invitano a non arrendersi, mentre lui si rassegna a lasciare la Romagna. Durante l'assemblea straordinaria della squadra, il consiglio dei soci offre la presidenza del Borgorosso al sindaco, tra l'opposizione della “minoranza” formata da Erminia e le colleghe. Benito, sulla via del ritorno a Roma, ha uno scatto d'orgoglio e torna indietro con la sua macchina; interrompe l'assemblea straordinaria e dice di aver sempre amato la squadra presentando di persona il nuovo acquisto del Borgorosso: Omar Sivori, che fa il suo ingresso in sala tra il tripudio generale. Benito ha nel frattempo venduto tutte le sue proprietà in Romagna, dimostrando così un amore ormai viscerale e incondizionato per la squadra. I tifosi si “convertono” nuovamente a Benito, compresi i soci della squadra che lo avevano duramente attaccato. Il film si conclude con Benito su un autocarro che accompagna la squadra a giocare una partita, comunicando di aver ricevuto una benedizione dal Papa per il Borgorosso. “I tifosi sono delle bestie, una cosa disgustosa”: così esordisce il neopresidente Benito Fornaciari; ma il tifo - “entusiasmo sportivo, sfogo dell'istinto animale”
secondo il prete del paese (interpretato da Daniele Vargas), sempre in prima fila allo stadio – lo contagerà e farà di lui un italiano come gli altri, un presidente che sull'orlo del fallimento, con l'ufficiale giudiziario che gli sta pignorando i mobili di casa, invece di abbandonare il campo compra Omar Sivori per rinforzare la squadra e riconquistare la stima dei tifosi. L'allenatore interpretato da Carlo Taranto è un sosia di Herrera e parla sudamericano, ma altro non è che un imbroglione di Castellamare di Stabia che porterà la squadra al tracollo. L'immagine complessiva proposta dal film è quella di un calcio da strapaese, clima che consente a Sordi di mettere in mostra qui e là il meglio del suo repertorio.[45] Il regista Luigi Filippo D'Amico[46] aveva già diretto Alberto Sordi nel suo primo film Bravissimo (1955) e nel celebre episodio “Guglielmo il dentone” de I complessi (1965). Nel cast ritroviamo Tina Lattanzi, in una delle sue ultime interpretazioni cinematografiche, nei panni della donna ostile al gioco del calcio così come in 5 a 0 (Mario Bonnard, 1932). Inoltre, fugace apparizione per i calciatori Aldo Bet e Sergio Santarini e per il giornalista Maurizio Barendson, in collegamento con l'Hotel Gallia di Milano, storica sede del calciomercato. Il film è stato girato principalmente a Bagnocavallo di Romagna, mentre per le sequenze delle partite è stato scelto lo stadio di Lugo, “casa” del Baracca Lugo. Il Presidente del Borgorosso Football Club ha alcune analogie con Gambe d'oro (Turi Vasile, 1958): il protagonista anche qui è a capo di una cantina di vini e da un'iniziale ostilità verso il calcio a ad esserne grande apionato. Le musiche, ritmate e suggestive, sono di Piero Piccioni. La canzone-inno del Borgorosso cantata da Alberto Sordi fu incisa su 45 giri; questo il testo:
“Siamo tutti del Borgorosso rosso rosso rosso rosso Bianconeri del Borgorosso Borgorosso Football Club Bianconero e' dipendente
del Benito Presidente presidente del Borgorosso rosso rosso Football Club Su andemo tutti burdel il football e' sempre il gioco piu' bel faccio il presidente e non mi importa niente la mia sola vera ion e' formare un grande squadron e il Borgorosso sara' sempre piu' degno del mio papa' Su andemo tutti burdel ne farem veder delle bel contro il Borgorosso se la fanno addosso e con neve pioggia o col sol tu Zebrotto segna un gol con quel gol si decidera' la promozione in serie A Su andemo tutti burdel
il football e' sempre il gioco piu' bel lui fa il presidente e non ha piu' niente su andemo incontro al gol tu Zebrotto segna un gol con quel gol si decidera' la promozione in serie A!”
Tra l'altro, il Borgorosso Football Club 1919 è il nome di un'associazione sportiva dilettantistica nata a Roma il 15 giugno 2006, giorno di compleanno di Alberto Sordi. Questa è la recensione “a freddo” del film firmata da Gordiano Lupi in un articolo del 27 agosto 2014:[47]
“[...] Il presidente del Borgorosso Football Club è un grande film sul calcio, forse una delle migliori commedie realizzate a tema sportivo, che gode della grande caratterizzazione di Alberto Sordi nei panni di un presidente innamorato della sua squadra. [...] La pellicola è una farsa, ma apiona il modo in cui il regista riporta al cinema il vero mondo del calcio fatto di riti scaramantici e consuetudini. Troviamo i ritiri, le mogli che si lamentano, gli allenatori maniaci che si danno arie da maghi, il pubblico esigente, i presidenti fanfaroni e prepotenti, gli arbitri arroganti. Sordi è un gigante, firma pure la sceneggiatura, scritta con la collaborazione di Sergio Amidei e di un ex calciatore come Adriano Zecca. Doppia interpretazione: il vecchio padre morente e il giovane rampollo inadeguato e sprovveduto che – spinto dalla ione delle lavoranti della fabbrica – decide di prendere in mano le redini della squadra. Brevi sequenze sexy, molto sfumate, con Sordi che si sostituisce ai calciatori in ritiro
per adempiere ai doveri coniugali nei confronti delle mogli. Farsesco il personaggio di Celestino, un gigantesco calciatore che parla in veneto, indossa gli occhiali ed è una sorta di panzer incapace a giocare. Ben fatta la sequenza dell’invasione di campo con il regista che riproduce la tristezza del presidente rimasto solo in tribuna a osservare la disfatta della squadra e la distruzione dello stadio. Musiche indimenticabili di Piero Piccioni, ritmate e calcistiche [...]”.
Antitetica, quella apparsa in "Segnalazioni Cinematografiche", vol. 70 del 1971:
“Si tratta della satira di alcune abberrazioni del mondo calcistico (sperpero di denaro, tifo esasperato) che per effetto di una sceneggiatura non molto fertile di trovate e attenta solo a creare macchiette, risulta imprecisa e, oltre tutto, saltuariamente divertente”.
La scheda de Il Presidente del Borgorosso Football Club : Produzione: Italia, 1970 Regia: Luigi Filippo D'Amico Soggetto: Sergio Amidei, Alberto Sordi, Adriano Zecca Sceneggiatura: Sergio Amidei, Alberto Sordi, Adriano Zecca Interpreti principali: Alberto Sordi, Tina Lattanzi, Margarita Lozano, Carlo Taranto, Daniele Vargas Genere: Commedia Durata: 117'
Sempre nel 1970, Mariano Laurenti dirige Franco Franchi e Ciccio Ingrassia ne I due maghi del pallone. Il film è ambientato nella cittadina di Pizzusiccu, in
Sicilia, e narra le vicende che ruotano attorno alla squadra della Schiapp. Il nome della compagine deriva dall'azienda farmaceutica che la sponsorizza, il cui responsabile è sco Ingrassetti (Ciccio Ingrassia). Questo, su commissione del commendator Cazzaniga (Umberto D'Orsi), capo dell'azienda, va a Milano per trovare un sostituto dell'allenatore della squadra (Elio Crovetto). Alla ricerca di un “mago” (in riferimento a Helenio Herrera), Ingrassetti ingaggia grottescamente un vero veggente, il mago K.K., anziché un allenatore di calcio. Arrivati in Sicilia, la squadra è pronta per iniziare il ritiro in un convento di frati cappuccini, ma K.K. Si oppone e porta il gruppo a Taormina. Qui, il giocatore Tonino (Lionello), fidanzato con la figlia (Paola Tedesco) del sindaco di Pizzusiccu (Enzo Andronico), s'infatua di Gretel (Karin Schubert), un'avvenente turista svedese. Le prime partite col mago K.K. in panchina vedono i successi della Schiapp, anche grazie al tentativo di corruzione dello stesso nei confronti dell'arbitro Concettino Lo Brutto (Tiberio Murgia). Poi, durante l'intervallo di una gara, K.K. mette dei farmaci nel tè che bevono i giocatori; l'inganno viene scoperto e Ingrassetti viene licenziato dalla squadra. Quest'ultimo allora, a ai rivali della Ghiandineddese, che prima del derby con la Schiapp decidono di rapire Tonino. Ingrassetti poi, decide di liberare il giocatore, ma una volta arrivati allo stadio, trovano il mago K.K. in campo al suo posto. Questo, con una prestazione fantastica, metterà a segno ben sei reti regalando la vittoria alla Schiapp sugli acerrimi rivali. Il finale vede K.K. diventare uomo di mercato conteso da Juventus, Milan e Inter, e Tonino che accompagna in Svezia la bella Gretel. Il regista Mariano Laurenti dirige per la seconda volta[48] il duo comico siciliano, in una parodia del mondo del calcio dell'epoca. Il mago-allenatore interpretato da Franco Franchi è un grottesco riferimento al grande allenatore dell'Inter degli anni Sessanta Helenio Herrera. K.K., nel momento cruciale dell'incontro, si trasforma da allenatore in calciatore e, con una tecnica che ricorda Omar Sivori, si rivela un campione straordinario che ribalta il risultato. Inoltre, l'allenatore esonerato e interpretato da Elio Crovetto, è riferibile a Nereo Rocco, “Paron” del Milan di quegli anni; l'arbitro Concettino Lo Brutto (Tiberio Murgia) è poi un riferimento satirico all'arbitro Concetto Lo Bello. Il giocatore Tonino è interpretato da Lionello (Franco Lionello), cantante tra gli anni Sessanta e Settanta, qui alla sua unica esperienza cinematografica. La sua canzone “Primi giorni di settembre” (di Bruno Lauzi e Gino Mescoli) è inserita nella colonna sonora, firmata da Bruno Nicolai.
L'attrice tedesca Karin Schubert è qui ad una delle primissime interpretazioni, [49] così come la giovanissima Paola Tedesco.[50] Nel cast anche Dada Gallotti, che interpreta la moglie del mago K.K., e Nino Vingelli (nei panni di un prete). I due maghi del pallone è una pellicola che rappresenta benissimo il sodalizio tra Franchi ed Ingrassia, che avevano esordito insieme al cinema dieci anni prima in una piccola parte in Appuntamento a Ischia (Mario Mattoli, 1960).[51] I due comici, negli anni sessanta-settanta, girarono insieme decine di film, spesso caratterizzati da una lavorazione veloce ed approssimativa, da copioni sgangherati (o addirittura da inesistenti sceneggiature), e riuscivano a supplire a questi deficit strutturali con la loro simpatia, il grande affiatamento che prevedeva Franchi nel ruolo di comico e Ingrassia in quello di spalla di lusso. Questi film, nonostante il basso budget, riscuotevano quasi sempre un buon successo di pubblico; nelle sale parrocchiali sono stati proiettati migliaia di volte perché la comicità dei due non era mai volgare, spesso banale, ma comunque legata alla maschera notevole di Franchi, un attore che, in tempi di revival, se fosse ancora vivo avrebbe ottenuto in vecchiaia ciò che la critica cinematografica, non sempre a torto, gli aveva negato in gioventù (e in piena maturità).[52] All'epoca, il film ricevette severe critiche viste le canzonature nei confronti del mondo calcistico, sempre poco incline a non prendersi sul serio, ma se si considera che fronte di un budget iniziale di soli 100 milioni di lire riuscì ad incassare ai botteghini ben 1 miliardo, possiamo dire con tutta franchezza e per l'ennesima volta quanto la gente amasse e seguisse con caloroso affetto i due mattatori siculi della risata, senza se e senza ma.[53] Questo è il testo della canzone “I due maghi del pallone” (scritta da Bruno Nicolai e Dino Verde e cantata da Franco Franchi) che apre il film:
Siamo i demoni del gol I Superman del campionato Squadra affiatata che dalla Z E' già arrivata in serie Q
Siamo gli eroi del football Ma non giochiamo mai per danaro Premio d'ingaggio salame e formaggio E ogni viaggio sempre in tram E quando abbiam la palla al piè Sembriamo undici Pelè Grida la folla: Viva viva la S.C.H.I.A.P.P.! Siamo i campioni Di tackle, dribbling e stop Quando giochiamo Diamo tre gol di handicap E senti urlar Hip hip hip! Viva la S.C.H.I.A.P.P. viva la S.C.H.I.A.P.P.! Sulla panchina Il Mago vigile c'è Vale un Herrera Moltiplicato uno un per tre Anche il portiere Manda all'attacco perchè
Nessuno ancora ci credete Mai una rete ci segnò! E quando abbiam la palla al piè Sembriamo undici Pelè Largo! Grida la folla: Eccoli viva viva la S.C.H.I.A.P.P.! Siamo i campioni Di tackle, dribbling e stop Quando giochiamo Diamo tre gol di handicap E senti urlar Hip hip hip! Viva la S.C.H.I.A.P.P. viva la S.C.H.I.A.P.P.! Salutiamo le mani a tutti!
La scheda de I due maghi del pallone : Produzione: Italia, 1970 Regia: Mariano Laurenti Soggetto: Roberto Gianviti Sceneggiatura: Roberto Gianviti
Interpreti principali: Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Lionello, Karin Schubert, Umberto D'Orsi, Dada Gallotti, Paola Tedesco, Elio Crovetto, Tiberio Murgia Genere: Comico Durata: 95'
In Svezia, nel febbraio 1974, esce Fimpen il goleador (titolo originale Fimpen), per la regia di Bo Widerberg. Questo film racconta la storia di Fimpen (Johan Bergman), un bambino di sei anni che viene notato mentre gioca a calcio da Mackan (Magnus Harenstam), giocatore dell'Hammarby. Quest'ultimo, fuori forma e deciso a lasciare la squadra, consiglia al proprio allenatore (Ernst-Hugo Jaregard) l'assunzione del bambino prodigio. Fimpen inizia a giocare nell'Hammarby e aiuta la squadra nel'importante vittoria contro l'Aatvidaberg. Notato anche dal ct della Svezia Georg Ericson (sé stesso), Fimpen viene convocato per la partita di qualificazione ai Mondiali contro l'Ungheria al Rasundastadion di Stoccolma; di seguito, giocherà anche conto l'Austria e il Portogallo. Nel frattempo, la presenza del bambino è d'intralcio ai giocatori svedesi, che si lamentano con l'allenatore. Fimpen, ormai lontano dalla vita regolare e solito addormentarsi, dichiara in un'intervista che lascerà la Nazionale per dedicarsi alla scuola. La Nazionale svedese parte così per Mosca senza Fimpen; ma il bambino segue ugualmente la squadra, innescando la felicità dell'allenatore. Fimpen giocherà comunque, segnando la rete decisiva contro la squadra sovietica, con l'allenatore che lo porterà sulle spalle in trionfo. Il finale vede il ritorno di Mackan nella squadra, e il bambino seduto sulle gradinate dello stadio di Stoccolma come spettatore. Il piccolo protagonista Johan Bergman fa in Fimpen la sua unica esperienza da attore. Al film, oltre all'allenatore della Svezia d'allora Georg “Aby” Ericson, partecipano diversi giocatori dell'epoca, come il portiere Ronnie Hellstrom, Ralf Edstrom (che si vede, particolarmente, nella scena in cui allaccia gli scarpini a Fimpen), Roland Sandberg e Benno Magnusson. Nel cast anche Monica Zetterlund (attrice e cantante jazz, qui nei panni di un'insegnante) e il giornalista Bo Holmstrom. Il regista Bo Widerberg, già scrittore, nel 1963 diresse Raven, uno dei suoi primi lungometraggi, che nel 1995 fu definito il miglior film svedese di tutti i tempi da
alcuni registi sulla rivista “Nojesguiden”.[54] Nel 2013, Fimpen il goleador ha vinto il premio come miglior lungometraggio al Fussbalfilm Festival di Berlino.
La scheda di Fimpen il goleador: Produzione: Svezia, 1974 Regia: Bo Widerberg Soggetto e sceneggiatura: Bo Widerberg Interpreti principali: Johan Bergman, Magnus Harenstam, Monica Zetterlund, Ernst-Hugo Jaregard Genere: Commedia Durata: 89'
Tornando in Italia, nel 1974 esce un film rappresentativo come L'arbitro, alla cui regia ritroviamo Luigi Filippo D'Amico. E' la storia di Carmelo Lo Cascio (Lando Buzzanca), arbitro di Acireale e gestore di una stazione di servizio, che ha il progetto di costruire un motel. Costui, per via della sua ione sportiva, ha un rapporto tormentato con la moglie Laura (Gabriella Pallotta) e per di più è bersaglio degli scherzi del figlio. Lo Cascio viene chiamato ad arbitrare il derby di Milano insieme al collega Tito Fichera (Ignazio Leone), guardalinee. Qui, dopo un arbitraggio perfetto, viene avvicinato dal commendatore Dino La Forgia (Massimo Mollica), che lo invita a cena; nell'occasione incontra Elena (Joan Collins), un'avvenente giornalista che lo provoca sul suo ruolo di arbitro “pavone” e con cui si bacia. Successivamente, Lo Cascio viene nominato arbitro internazionale e La Forgia, oltre a fargli i complimenti, gli approva il progetto del motel. Il paese dell'arbitro intanto è in festa per il suo successo, acclamandolo in piazza alla presenza del sindaco (Dino Curcio). Lo Cascio, divenuto arbitro internazionale, va ad arbitrare una competizione in Africa, dove viene seguito anche da Elena. Lei non approva la sua figura di “arbitro tutto d'un
pezzo”, ma lo desidera come uomo e i due hanno un'avventura insieme. Tornato in Sicilia, Lo Cascio si sente male e pensa di aver contratto una malattia durante l'esperienza in Africa; per non sminuire la sua figura, fa visitare al suo posto Tito, che finge i suoi sintomi e a cui il medico (Umberto D'Orsi) comunica di aver contratto una malattia tropicale. Lo Cascio, chiamato a dirigere la semifinale di Coppa dei Campioni a Dusseldorf, è sfiancato; sul campo vede appannato ed ha grosse difficoltà causate dai problemi intestinali, ma riesce comunque a fare un buon arbitraggio. In Germania, in albergo, trova a sorpresa Elena, arrivata lì solo per lui, ma l'arbitro stavolta non cede ai suoi approcci. Tornato in Italia e chiamato ad arbitrare a Terni, viene duramente contestato dal pubblico locale ed è costretto a travestirsi per uscire dallo stadio. Richiamato dal presidente degli arbitri (Daniele Vargas), Lo Cascio entra in crisi e chiede aiuto ad Elena, che gli consiglia di usare degli stimolanti. Così farà nella successiva partita tra Roma e Verona, finendo poi nuovamente in intimità con la giornalista. Lo Cascio continua ad assumere le sostanze stimolanti e dopo aver arbitrato una partita a San Siro, riceve le congratulazioni del presidente della commissione internazionale degli arbitri. Intanto, mentre continua la sua relazione con Elena, la moglie, ormai disillusa dall'atteggiamento del marito, va a stare dall'amica (Marisa Solinas), moglie di Tito. Il guardalinee lo informa di ciò, così l'arbitro decide di tornare dalla moglie e riprendere il rapporto con lei. Nel frattempo, il progetto del motel è stato approvato, ma durante la celebrazione, Lo Cascio scorge un tentativo di corruzione da parte del commendator La Forgia: così rinuncia a tutto interrompendo platealmente la pubblica cerimonia. Designato infine per arbitrare la finale di Coppa dei Campioni tra ira e Dresda, fa svolgere un recupero infinito della gara, venendo poi portato via in ambulanza, dove continua a decretare col suo fischietto. Luigi Filippo D'Amico, dopo Il Presidente del Borgorosso Football Club (1970), torna ad ambientare un film in ambiente calcistico.[55]Il personaggio portato sullo schermo da Buzzanca è il rappresentante cinematografico più importante della “categoria arbitrale”. Modellato su Concetto Lo Bello,[56] principe del fischietto degli anni Sessanta e colui che ha indicato all'intera categoria la strada per uscire dall'anonimato, l'arbitro di Buzzanca è il vero protagonista delle partite: si sente il perno dell'intero sistema calcistico, che sa come attirare su di sé i riflettori, che doma il pubblico godendo quasi nel prendere decisioni impopolari, che ruba ai calciatori anche il il ruolo di irresistibile latin lover.[57] Lo Cascio, pieno di sé, ospite a “La domenica sportiva”,[58] risponde così ad una
domanda sulla moviola rivoltagli dal giornalista Alfredo Pigna: “La moviola dovrebbe essere abolita, adesso mi spiego: io non mi sbaglio mai, ma se mi dovessi sbagliare, a che pro far perdere al pubblico la stima che ha in me? L'arbitro dovrebbe essere al di sopra di ogni polemica. La moviola è inattendibile e mendace. Il ritorno indietro, il ralenti, non hanno niente a che fare con l'azione che si è svolta rapida e immediata sotto i miei occhi e che io ho giudicato infallibilmente nel momento stesso in cui si realizzava. No no, la realtà dei fatti è quella che ho vissuto io in campo, unica e irripetibile”. Lo stesso Buzzanca, sul film avrà modo di dire: “L'arbitro è uno dei pochi film che ho voluto fare io in prima persona. Ciò che mi colpiva particolarmente degli arbitri è questa loro caratteristica di una fama che dura esattamente un'ora e mezza, in quei novanta minuti possono decidere le sorti delle squadre, le carriere dei giocatori, degli allenatori. E ciò che mi incuriosiva era invece raccontare cosa fero questi uomini nei restanti giorni della settimana, al di fuori quindi di quell'ora e mezza di popolarità, quando ano da personaggi odiati e fischiati a uomini comuni. Questo mi piacque di quel film, e credo che lo scopo fu raggiunto”. Le protagoniste femminili sono Gabriella Pallotta, qui ad una delle ultime interpretazioni,[59] e l'inglese Joan Collins, già figura sensuale del cinema inglese e hollywoodiano. Così come ne Il Presidente del Borgorosso Football Club, Dante Cleri interpreta il ruolo di un contabile. Nei panni del postino c'è Alvaro Vitali (non accreditato), attore lanciato da Federico Fellini qualche anno prima.[60] Piccola parte per Gianfranco Barra, nel ruolo di un agente di polizia che, riconosciuto l'arbitro travestito in fuga dai tifosi, anziché proteggerlo lo aggredisce. Apparizioni per i giornalisti Bruno Pizzul, Maurizio Barendson, Alfredo Pigna e Nicolò Carosio nella cronaca della partita finale. Tra le immagini di repertorio, il derby Milan-Inter del 1972-73 e Roma-Verona della stagione successiva. Le musiche sono curate da Guido e Maurizio De Angelis (noti come gli Oliver Onions), e la canzone che apre e chiude il film è “(I'm) Football crazy”, cantata da Giorgio Chinaglia, quell'anno Campione d'Italia con la Lazio allenata da Tommaso Maestrelli. Guido De Angelis, in particolare, balenò l’idea di coinvolgere “Long John” nella colonna sonora del film. Giorgio aveva tutte le virtù del mondo ma certo il timbro di voce non era un suo cavallo di battaglia. Si prestò però volentieri all’iniziativa, divertendosi anche molto. Tramite il decisivo
apporto di Angelo Tonello, storico dirigente della Lazio di Lenzini e non solo, Giorgio accettò di cantare la colonna sonora del film, venendo così catapultato all’interno degli studi della RCA, lungo via Tiburtina, per dare vita a “I’m football crazy”, melodia molto orecchiabile che l’accompagno’ anche nelle scoppiettanti annate vissute al Cosmos. Contestualmente all’arrivo di Long John, anche la compianta Gabriella Ferri piombò negli studi della RCA per l’incisione di “Rimedios”. Fu logica conseguenza, pertanto, che – necessitando “I’m football crazy” di un piccolo ausilio corale – Gabriella Ferri ed altri cantanti, anche complice il clima di cordialità che si era instaurato, vennero temporaneamente impiegati per dare manforte alla melodia cantata da Long John; che, al primo tentativo, peraltro, azzeccò l’interpretazione, subito avallata dai fratelli De Angelis.[61]
La scheda de L'arbitro: Produzione: Italia, 1974 Regia: Luigi Filippo D'Amico Soggetto: Luigi Filippo D'Amico Sceneggiatura: Giulio Scarnicci, Raimondo Vianello, Sandro Continenza, Luigi Filippo D'Amico Interpreti principali: Lando Buzzanca, Gabriella Pallotta, Ignazio Leone, Joan Collins, Massimo Mollica Genere: Commedia Durata: 107'
Ignazio Leone e Lando Buzzanca in una scena de "L'arbitro"
Scorrendo di qualche anno, a inizio 1979 esce in Francia Coupe de téte (titolo italiano Il sostituto), film diretto da Jean-Jacques Annaud. E' la storia di Francois Perrin (Patrick Dewaere), calciatore della squadra minore del Trincamp, che in allenamento ha uno scontro col compagno Berthier (Patrick Floersheim), fatto che gli costa un'ingiusta esclusione dalla compagine. Al contempo, viene anche licenziato dalla fabbrica in cui lavora, a cui capo c'è Sivardier (Jean Bouise), presidente del Trincamp. Francois, trovatosi letteralmente per strada, viene emarginato dal paese e dalla tifoseria, e si prepara a partire; durante una notte, incontra per strada Stephanie ( Dougnac), vittima di un tentativo di stupro da parte di Berthier. Francois si ritrova in commissariato, e complice la falsa testimonianza di due dirigenti del Trincamp (Michel Aumont e Paul Le Person), viene incarcerato per tentato stupro. Intanto, la squadra si appresta ad affrontare la trasferta contro l'U.S.S.T., valida per i sedicesimi di finale di Coppa di Francia; durante il viaggio, il pullman della squadra ha un incidente e i giocatori finiscono in ospedale feriti. La società ha bisogno di un valido sostituto e pensa a Francois, nel frattempo in carcere; il ragazzo, per via delle pressioni dei vertici del Trincamp, viene fatto uscire in permesso affinchè giochi l'importante partita. Francois, preso però dalla voglia di vendetta nei confronti di Stephanie (che crede responsabile dell'accusa nei suoi confronti), va a casa della donna pieno di rabbia; dopo un violento litigio, i due si parlano e lei lo raggiunge per strada e hanno modo di conoscersi. In macchina, vengono fermati da un blocco di polizia e Francois è accompagnato allo stadio per giocare la partita. Dopo un primo tempo sofferto, il Trincamp è sotto di una rete e negli spogliatoi l'allenatore (Michel Fortin) striglia la squadra. Nel secondo tempo la partita cambia faccia ed è proprio Francois che va a segno due volte regalando la vittoria ai suoi. Il pubblico acclama il giocatore, prima allo stadio e poi per le vie della cittadina; lo stesso viene coperto di attenzioni da parte della società, che lo fa ospitare in un albergo di lusso. Intanto, Stephanie gli comunica di essere stata minacciata dai due dirigenti affinchè lo incastrassero; lui così, in occasione di una cena a cui sono presenti il presidente della squadra, i dirigenti, Berthier e l'ispettore, si scaglia contro di essi umiliandoli e minacciandoli per le loro malefatte. Francois poi, segue in macchina il presidente e la moglie (Corinne Marchand) fino a casa; il calciatore, impossessatosi delle chiavi della loro auto, accompagna la signora
fino al luogo del tentato stupro, facendola scendere e lasciandola lì da sola. Anche i due dirigenti, l'uno proprietario di una concessionaria e l'altro di un negozio di mobili, sono in preda al panico, mentre il calciatore cammina fieramente per le vie del paese. Nel finale, Francois si fa dare un aggio da un camionista e raggiunge la casa di Stephanie, che lo aiuta a salire porgendogli una scala. Il film inizia con Patrick Dewaere sul pullman e i tifosi festanti per le vie della città; la storia prosegue quindi col protagonista che, in sottofondo, introduce gli accaduti prima della “portata in trionfo”. Coupe de téte rappresenta gli stereotipi di un'epoca analizzando con graffiante ironia il mondo del calcio. Il regista JeanJacques Annaud[62] focalizza alcuni temi quali la versatilità della folla, la malleabilità della giustizia e le conseguenze del successo. Il film descrive con precisione un universo popolare chiuso, costruito intorno alla squadra di calcio. Lo stesso regista volle fortemente Patrick Dewaere[63] come protagonista del film. L'attore si cala bene nel ruolo del calciatore scontroso ed è perfettamente a suo agio nell'interpretare la difficile situazione di chi viene accusato ingiustamente di un reato infamante. Annaud gira Coupe de téte in diverse città si, tra cui anche Auxerre, club allora allenato in seconda divisione da Guy Roux, accreditato come il consulente sportivo del film. Le immagini della partita tra l'altro, sono mischiate a quelle di repertorio di una partita giocata tra Auxerre e Troyes; il regista dichiarò di aver incontrato dirigenti e giocatori del Guingamp (da qui il nome simile della squadra del film) per immergersi al meglio nell'ambiente calcistico, da cui era scevro. Proprio le prestazioni del Guingamp nella Coppa di Francia 1972-73[64] pare che abbiano ispirato il regista nella realizzazione del film. Jean Bouise, che interpreta il presidente della squadra, nel 1980 vinse per questo ruolo il César Award come miglior attore non protagonista. Notevole la scena che si svolge negli spogliatoi all'intervallo della partita, in cui l'allenatore interpretato da Michel Fortin motiva la squadra dicendo: “Non segnamo con i piedi...segnamo con le palle!”. Nel cast inoltre, Dorothée Jemma (ad una delle primissime interpretazioni, qui nel ruolo dell'amante del protagonista), Maurice Barrier (barista del ritrovo dei tifosi), Gerard Hernandez (l'ispettore di polizia). Partecipazione anche per Mario David (che interpreta il fisioterapista della squadra). Da un soggetto originale di Alain Godard, il film è sceneggiato da Francis Veber
in collaborazione col regista. Le musiche, significative, sono di Pierre Bachelet. [65]
La scheda di Coupe de téte: Produzione: Francia, 1979 Regia: Jean-Jacques Annaud Soggetto: Alain Godard Sceneggiatura: Francis Veber, Jean-Jacques Annaud Interpreti principali: Patrick Dewaere, Dougnac, Jean Bouise, Michel Aumont, Paul Le Person, Michel Fortin Genere: Drammatico Durata: 85'
5. Anni Ottanta, calcio e comicità nel cinema italiano
Nel corso degli anni Ottanta, sono molteplici le occasioni in cui il calcio fa da sfondo al cinema comico italiano. In questi anni, il calcio viene rappresentato al cinema nella sua evoluzione sempre più commerciale e legata all'informazione. Nel 1982 viene girato Il tifoso, l'arbitro e il calciatore, diretto da Pier sco Pingitore. Questo film é diviso in due episodi; il primo, intitolato L'arbitro e il calciatore, ha per protagonista Alvaro Presutti (Alvaro Vitali), usciere presso una grande ditta e arbitro di calcio. Alvaro è sposato con Manuela (Carmen Russo) e amico stretto del collega Sposito (Enzo Cannavale); la vita dell'arbitro scorre tra i frequenti richiami del proprio principale (Luigi Montini), le vessazioni della suocera (Marisa Merlini) e le contestazioni dei tifosi, fino a quando a casa sua viene recapitata una videocassetta. Il nastro vuol dimostrare l'infedeltà della moglie agli occhi dell'uomo; l'arbitro, disperato, chiama il collega Sposito, che lo aiuta a riconoscere l' uomo che appare in video insieme alla moglie: è Walter Grass (Marco Gelardini), attaccante tedesco della Juventus. Alvaro si vuol vendicare del calciatore e per questo, grazie alle conoscenze di Sposito, si fa designare per dirigere Fiorentina-Juventus; durante questa partita, l'arbitro ne combina di tutti i colori, annullando quattro reti regolari alla squadra di Grass, che esasperato colpisce Alvaro mandandolo a terra. Il giocatore viene espulso, ma negli spogliatoi avrà modo di vendicarsi a sua volta dell'arbitro, che finisce all'ospedale con un trauma cranico. Qui, travestito da infermiere, arriva Grass, che in vista di una lunga squalifica, gli chiede il perchè lui voglia rovinarlo; l'arbitro gli spiega le sue ragioni, mostrandogli anche una foto che ritrae il calciatore insieme a sua moglie nuda. Grass prima gli rivela la sua omosessualità presentandogli il suo “compagno” (Bobby Rhodes), poi capisce che la foto non è altro che un fotomontaggio. Alvaro, incredulo, chiede spiegazioni alla moglie, che gli rivela che è stato Sposito a scattarle quella foto, che per anni le aveva promesso di spianarle la strada nel mondo dello spettacolo. Alvaro capisce che Sposito aveva architettato tutto affinchè potesse esser certo di vincere alle scommesse clandestine puntando su Fiorentina-Juventus; a questo punto, volendosi vendicare dell'amico infedele, si fa accompagnare all'aereoporto dallo stesso Sposito fingendo di dover andare ad arbitrare una partita. Nel frattempo,
la moglie fa da esca e lo invita a casa sua; Sposito, credendo all'assenza di Alvaro e desideroso di are una notte d'amore con la bella Manuela, rimarrà deluso: ad aspettarlo nel letto ci sarà il corpulento compagno di Walter Grass. Nel secondo episodio, Il tifoso, il protagonista è Amedeo (Pippo Franco), tifoso della Roma e impiegato presso la ditta del commendator Pecorazzi (Gigi Reder), suo futuro suocero e sfegatato laziale. Figlio di un barista dall'indomabile fede giallorossa (Mario Carotenuto), Amedeo è chiamato ad una scelta difficile quando il proprio principale (che ignora la sua vera fede calcistica) invita tutti i dipendenti ad andare allo stadio a vedere la Lazio. Amedeo, anche per salvaguardare il suo rapporto con Patrizia (Daniela Poggi), acconsente alla cosa, fingendosi tifoso laziale di fronte al futuro suocero. Mentre il padre di Amedeo e il club del bar che gestisce organizzano la trasferta della Roma a Napoli, l'uomo dice che dovrà disertare l'evento per motivi di lavoro; andrà invece allo stadio, tra i sostenitori biancocelesti, dove rischia inoltre di essere scoperto dal tifoso laziale Sportelli (Roberto Della Casa), abituale avventore del bar del padre e vittima puntuale dell'ostracismo dei romanisti. Amedeo viene invitato da Patrizia a porre fine al doppio gioco, che gli comunica anche di essere incinta. Amedeo non sa cosa fare e arriva persino a nascondersi dentro un bidone (finendo miseramente tra i rifiuti) per sfuggire a Sportelli, in visita in ditta al suo principale. Neanche a farlo apposta, viene organizzato il derby Roma-Lazio per beneficenza; Amedeo deve decidere chi accontentare: il padre o il futuro suocero? Roma o Lazio? Alla fine, cercherà goffamente di seguire entrambi: indossando una giacca e un cappello double face (giallorossi e biancocelesti), farà da spola tra le due curve fingendo di avere mal di pancia e allontanandosi reiteratamente. Dopo svariate corse da un'estremità all'altra dello stadio, con un clima teso e poco amichevole sia in campo che sugli spalti, si arriva all'ultimo minuto della partita, quando viene assegnato un calcio di rigore per la Roma; Amedeo, in questo momento, stremato dalle corse e dai continui “cambi d'abito”, si ritrova tra i tifosi laziali, con la giacca biancoceleste ma col cappello girato dal colore giallorosso. La Roma segna, e lui, non contenendo la propria fede calcistica, esulta in mezzo ai tifosi biancocelesti; scoperto da Sportelli e dal principale, viene inseguito dai tifosi laziali fin fuori lo stadio, ma qui, si ritroverà davanti anche i tifosi romanisti, compreso il padre, disperato alla vista di suo figlio con la giacca biancoceleste. In mezzo a una rissa furibonda, viene salvato da Patrizia, che lo carica sulla sua moto. Il finale è lieto: Patrizia mette al mondo due gemelli, che, uno in braccio al nonno laziale, e uno al nonno romanista, vengono battezzati rigorosamente vestiti coi colori delle due squadre.
Pier sco Pingitore, fondatore della compagnia di varietà del Bagaglino, [66] aveva esordito alla regia nel 1976 con Remo e Romolo – Storia di due figli di una lupa (diretto insieme a Mario Castellacci), con cui portò al cinema il suo gruppo di artisti, compreso Pippo Franco.[67] Sempre nel 1976, lo stesso attore sarà diretto ancora da Pingitore e Castellacci in Nerone; successivamente, la collaborazione continuerà con Scherzi da prete (1978), Tutti a squola (1979), L'imbranato (1979), Ciao marziano (1980), Il casinista (1980). Attenti a quei P2 (1982), Sfrattato cerca casa equo canone (1983). Nel cast de Il tifoso, l'arbitro e il calciatore, inoltre, Gianfranco Barra (un collega di Amedeo), Martufello (nei panni di un maggiordomo) e alcuni caratteristi storici del cinema italiano degli anni Settanta e Ottanta: Lucio Montanaro, Salvatore Baccaro (due tifosi romanisti) e l' “effemminato” Franco Caracciolo. Apparizione anche per il giornalista sportivo Mario Mattioli, doppiato mentre commenta la partita. Le musiche del film sono composte da Dimitri Gribanovski[68] ed eseguite dal gruppo “Spazio”.
La scheda de Il tifoso, l'arbitro e il calciatore: Produzione: Italia, 1982 Regia: Pier sco Pingitore Soggetto: Luciano Martino, sco Milizia, Pier sco Pingitore Sceneggiatura: Pier sco Pingitore Interpreti principali: Alvaro Vitali, Carmen Russo, Marisa Merlini, Enzo Cannavale, Pippo Franco, Mario Carotenuto, Gigi Reder, Roberto Della Casa Genere: Comico Durata: 93'
Pippo Franco, Gigi Reder e Roberto Della Casa in una scena de "Il tifoso, l'arbitro e il calciatore"
Sempre nel 1982, esce Eccezzziunale...veramente, pellicola diretta da Carlo Vanzina e con Diego Abatantuono protagonista. Il film è composto da tre episodi; nel primo, Donato (Diego Abatantuono), figlio di emigrati pugliesi, è lo sfegatato capo-tifoso del Milan, soprannominato “Ras della fossa”. Nella sederitrovo del suo gruppo organizzato incita grottescamente alla violenza (anzi “viuuulenza” con ostentato accento meridionale) contro i tifosi avversari e il suo idolo è Gianni Rivera. Nel giorno del derby contro l'Inter, che il Milan perde per 1-0, Donato e il suo gruppo incontrano i tifosi interisti nella metropolitana: inseguiti da questi, scappano, ma il ”ras” si ritrova comunque a tu per tu con Sandrino (Renato D'Amore), capo-tifoso interista; quest'ultimo, nel tentativo di affrontare il rivale milanista, scivola su una buccia e sbatte violentemente la testa, finendo all'ospedale in gravi condizioni. Donato, che crede di averlo ridotto così lui dopo avergli lanciato una spranga addosso, va in ospedale per rassicurarsi delle sue condizioni; Sandrino non parla e non si muove, mentre Donato fa la conoscenza di Loredana (Stefania Sandrelli), la sua fidanzata. La donna è attratta da Donato (che gli nasconde la sua identità di tifoso) e lo riaccompagna a casa: in macchina i due hanno un rapporto intimo; in seguito, Loredana chiede a Donato di dimenticare l'accaduto e i due litigano. Ma la donna, innamorata di lui, lo va a cercare e i due decidono d'iniziare una storia insieme. Donato non riesce però a distogliersi dalla fede calcistica e il giorno di Milan-Juventus, esce all'alba dalla casa di Loredana per andare allo stadio. La donna, disperata, gli telefona a casa dicendogli che si è avvelenata con dei barbiturici; portata in ospedale, Donato è al suo fianco proprio vicino al letto di Sandrino, mentre segue la partita alla radio. Il tifoso interista riacquista coscienza e capisce la relazione tra Loredana e Donato: quest'ultimo è costretto così a dileguarsi e raggiunge lo stadio. Arrivato nella curva rossonera, è acclamato dai suoi “adepti”; la Juventus vince 1-0 e all'uscita dello stadio, Donato, sconsolato, incontra Loredana, ormai conscia della sua vera “identità”. La donna gli confida di averlo scelto come uomo della sua vita e lui le promette di non andare più in trasferta. Ma una domenica, al cinema con Loredana, Donato non farà a meno di ascoltare di nascosto alla radiolina la partita tra Cagliari e Milan.
Il secondo episodio ha per protagonista Tirzan (Diego Abatantuono), camionista pugliese e tifoso juventino che vuole arrivare a Torino per il derby, ma che la domenica non può circolare col suo mezzo pesante. Fermato da due poliziotti in compagnia di un autostoppista (Franco Caracciolo), ascolta la partita alla radio (con la voce di Sandro Ciotti) e la Juventus vince; dopo aver atteso la mezzanotte per ripartire, la mattina seguente, in un'area di servizio, incontra un collega chiamato “lo slavo” (ma in realtà è greco, Yorgo Voyagis). Tirzan gli propone di fare a cambio di camion e di destinazione: così “lo slavo” può andare in Romania a trovare la sua fidanzata e Tirzan a Parigi per poi raggiungere la vicina Bruxelles e vedere la partita di Coppa tra Anderlecht e Juventus. Arrivato nella capitale se, dopo aver scaricato la merce, si fa rubare il camion sotto agli occhi; Tirzan si rivolge alla polizia e in commissariato chiede una televisione per poter assistere alla partita, mentre gli viene comunicato che la Juventus ha perso per 3-1. Aiutato da un commissario (Renzo Ozzano), si mette in cerca del mezzo, che rintraccia proprio quando gli autori del furto gli chiedono aiuto perchè il camion non parte. Rientrato in Italia, incontra “lo slavo” alla stazione di servizio e non sa come dirgli del camion incidentato; quest'ultimo non la prende male, visto che riconsegna a Tirzan il suo camion in ben più pessime condizioni. Così, il tifoso juventino prende un taxi per arrivare a San Siro e assistere a Milan-Juventus; in tribuna si siede accanto a un fantomatico avvocato Gianni Agnelli e la Juventus vince la partita. Finirà assunto come autista della Juventus. Nel terzo episodio, il tifoso interista Franco è vittima di uno scherzo degli amici (Massimo Boldi, Teo Teocoli, Ugo Conti), che gli infilano nella giacca una finta schedina da tredici. Tornato a casa dopo la vittoria dell'Inter nel derby, Franco respira l'aria pesante del rapporto con la moglie (Anna Melato) e la suocera (Clara Colosimo), e una volta scoperto di aver centrato il tredici da ottocento milioni, tira una torta in faccia alla donna e rompe i suppellettili, andandosene di casa. Franco si licenza dal lavoro, si dà alla bella vita e va ad alloggiare in un lussuoso albergo; qui, viene raggiunto dai tre amici, che non sanno come dirgli che la schedina vincente è uno scherzo. Così, uno di loro (Massimo Boldi) monta un video in cui spiega tutto e lascia il nastro nel videoregistratore; Franco, scoperta la dura verità, è disperato, visto che aveva già firmato cambiali per sessanta milioni. A questo punto, convinto da un allibratore (Saverio Fischetti), decide di scommettere venti milioni sulla vittoria dell'Avellino contro l'Inter, impegnando il bar dell'amico. Franco, insieme ai tre amici, parte col treno speciale dei tifosi nerazzurri e arriva ad Avellino: i quattro escogitano un piano di corruzione nei confronti dell'arbitro affinché l'Avellino vinca. Arrivati a
destinazione, vestiti in maniera rispettabile e ostentando un improvvisato accento campano, conducono il presunto arbitro (Gianfranco Barra) negli spogliatoi, minacciandolo con una pistola. Costui pero', altro non è che un commissario di polizia, che essendo grande tifoso dell'Avellino, non li arresta perché non farebbe in tempo ad assistere alla partita. L'Inter vincera' 5-0 e i quattro amici, vittime dell'allibratore, ci riproveranno puntando sessanta milioni piu' il bar sulla vittoria del campionato dell'Inter. Il film si apre con la voce narrante (di Giuseppe Rinaldi)[69] che introduce la domenica del derby milanese, mentre il protagonista (milanista) Abatantuono calca il campo dello stadio Meazza in sogno; nel tentativo di tirare un calcio di rigore (lo stesso Abatantuono appare anche in porta), la palla prende la traversa e torna indietro, colpendolo a sua volta comicamente in fronte. Il ricorso a immagini d'archivio - gli spalti di San Siro colmi di tifosi, gli striscioni, i gruppi ultra' o le azioni di gioco – benché scelte con cura e ben montate, era una prassi consolidata da tempo: il tratto distintivo di Eccezzziunale...veramente sta piuttosto nella dimensione totalizzante, quasi ossessiva, che il calcio assume nel profilo dei personaggi: il tifo non é piu' una questione privata, personale, quasi da celare di fronte alla complessita' del vivere, ma si fa elemento qualificante, da esibire, un attributo che ci rende insieme diversi ma uguali.[70] Diego Abatantuono, che aveva iniziato la propria carriera nel mondo spettacolo al Derby Club di Milano,[71] viene diretto da Carlo Vanzina dopo le precedenti collaborazioni in Arrivano i gatti (1980), Una vacanza bestiale (1980) e I fichissimi (1981).[72] In Eccezzziunale...veramente, Abatantuono porta alla grande ribalta il personaggio noto come “Il terrunciello”[73](ad eccezione dell'episodio dell'interista, in cui il suo accento e' inconfondibilmente milanese). Il personaggio del tifoso interista Sandrino “il mazzolatore” (interpretato da Renato D'Amore e doppiato da Luigi Montini) è un inconfondibile riferimento a Sandro Mazzola. Nei panni della moglie di Franco c'è Anna Melato, gia' cantautrice e sorella della piu' celebre Mariangela. Nel cast anche Guido Nicheli. [74] Apparizioni fugaci, nel finale, per Ennio Antonelli (un venditore ambulante) e Jimmy il Fenomeno. Le partite a cui si fa cenno (esclusa la vittoria dell'Inter ad Avellino), si sono giocate nella realta': il derby milanese vinto dai nerazzurri in trasferta con la rete
di Gabriele Oriali del 25 ottobre 1981 (riportato dall'immagine dell'inquadratura sul tebellone dello stadio); nella stessa giornata, la Juventus vinse il derby in casa del Torino con una rete di Claudio Gentile. Poi, la sconfitta della Juventus nell'andata degli ottavi di finale di Coppa dei Campioni in casa dell'Anderlecht per 3-1 (il 21 ottobre 1981) e la vittoria dei bianconeri in casa del Milan con rete di Pietro Paolo Virdis, corrispondente al 4 ottobre dello stesso anno. Del film, all'epoca, fu realizzata una versione televisiva leggermente piu' lunga e nel 2006 è stato girato un rifacimento, Eccezzziunale veramente Capitolo secondo...me,[75] diretto dallo stesso Carlo Vanzina e con gli stessi personaggi dell'opera “originale”. In occasione del trentennale dall'uscita di Eccezzziunale...veramente, nel dicembre 2012, alcune sale hanno riproposto il film in versione digitalizzata in alta definizione. In quell'occasione, Diego Abatantuono rispose così alle domande del giornalista Luigi Bolognini:[76]
Non vi aspettavate nulla di tutto ciò, mentre lo giravate?
"Ci aspettavamo un grande incasso, come ci fu, perché quello era il mio periodo d'oro. Il terrunciello tirava in un modo pazzesco. Pensi che tra il 1980 e il 1983 feci 17 film, tutti successi clamorosi. Questo poi portò all'esaurimento del personaggio, sfruttato e ipersfruttato, finché nel 1986 Pupi Avati pensò a me per Regalo di Natale, e iniziò la mia seconda carriera. Ma non pensavo che sarebbe diventato così di culto".
Anche perché fino ad allora i film sul calcio non erano mai andati bene.
"Vero, l'unico che aveva avuto qualche successo era stato Il presidente del Borgorosso football club di Sordi. Fu una scommessa anche in questo. Ma dettò la linea anche ai film che sarebbero seguiti dopo, penso all'Allenatore nel pallone: fare vedere poco, pochissimo, il campo, e per il resto raccontare la
ione di chi lo segue".
È vera la leggenda metropolitana per cui accanto a lei dovevano esserci Troisi, Verdone e addirittura Benigni?
"Non è una leggenda, è verissimo. Si voleva puntare sulla caratterizzazione regionale e sui dialetti. Ma erano tutti impegnati in altri film, e dovetti fare tutto io, sceneggiatura compresa. D'altronde quello è tutto repertorio che avevo portato in scena al Derby e in giro per l'Italia".
Pentito di avere fatto un seguito nel 2006?
"Per nulla, andò benissimo anche quello, a dimostrazione che certe cose si possono anche ripetere, sapendo come farle".
Ma non è cambiato tutto, da allora?
"Non idealizzi il ato: si ricordi che allora si usciva da uno scandalo di calcio scommesse. Certo, la 'viuuuulenza!' che gridavo allora era metaforica e al massimo c'era uno che batteva la testa cadendo, adesso accanto ai tifosi veri e puri ci sono anche dei delinquenti. Ma chi è cambiato radicalmente sono i calciatori: ai tempi guadagnavano bene, ma non da sceicchi, e li vedevi in giro a fare la spesa, adesso sono sceicchi tutti fregiati di tatuaggi. Non c'era Balotelli, c'erano Mazzola e Rivera, persone, non personaggi".
Però "Eccezzziunale" le parolacce le aveva.
"Vero, ma non era volgare. Perché la volgarità è tale solo quando è gratuita".
La colonna sonora di Eccezziunale...veramente è curata da Detto Mariano, in collaborazione con il Gruppo Clown. La canzone “Eccezzziunale...veramente”, che apre e chiude il film (di D.Abatantuono, D.Mariano e C.Vanzina) é cantata da Diego Abatantuono.
La scheda di Eccezzziunale...veramente: Produzione: Italia, 1982 Regia: Carlo Vanzina Soggetto e sceneggiatura: Carlo Vanzina, Enrico Vanzina, Diego Abatantuono Interpreti principali: Diego Abatantuono, Stefania Sandrelli, Renato D'Amore, Massimo Boldi, Teo Teocoli, Ugo Conti, Anna Melato, Clara Colosimo, Gianfranco Barra Genere: Comico Durata: 96'
Teo Teocoli, Massimo Boldi, Ugo Conti e Diego Abatantuono in "Eccezzziunale...veramente"
Nel 1983 esce un altro film comico col calcio a far da sfondo, Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento. Diretto da Nando Cicero, il film ha per protagonista un attaccante brasiliano di nome Cotechiño (interpretato da Alvaro Vitali), acquistato dal Napoli per tre miliardi ma fuori forma per via della saudade, una sorta di nostalgia delle proprie origini che affligge i brasiliani. Così, la dirigenza della squadra decide di far arrivare in Italia la fidanzata del calciatore, la procace ballerina Rosalia (Carmen Russo). Di colpo, il centravanti migliora le sue prestazioni, ma viene turbato da alcune lettere che vogliono dimostrare l'infedelta' di Rosalia. A fargliele recapitare è una contessa (Franca Valeri), che vuole scommettere le sue proprieta' sulla vittoria dell'Inter nell'imminente partita contro il Napoli. A dar manforte alla contessa ci sono il corpulento Mandingo (Bobby Rhodes) e un'ammiccante ragazza bionda (Moana Pozzi), “inviata” nell'albergo dove alloggia Cotechiño per distrarlo e coinvolgerlo in una notte d'amore. Il calciatore brasiliano, a cui continuano ad arrivare telegrammi minacciosi, si affida così ad un investigatore (Mario Carotenuto) e al nipote di quest'ultimo, l'idraulico Alvaro Cotechino (Alvaro Vitali), incredibilmente somigliante al centravanti. Mentre si avvicina il giorno della partita, l'allenatore del Napoli (Cristiano Censi) dichiara per tattica che Cotechiño è fuori forma. La contessa, intanto, vuole mettere fuori causa il centravanti brasiliano per vincere la scommessa: prima tenta di sparargli, poi il suo assistente Mandingo prova ad avvelenarlo, infine fanno credere a Rosalia che lui la tradisca (la cosa scatenera' la vendetta della bella ballerina, che esercitera' sul calciatore una tremenda “macumba”). I tentativi della contessa vanno a vuoto, finché un gruppo di rapitori sardi denominato “Brigate pecorine” (capitanato da Tiberio Murgia), prima intento a rapire il presidente del Consiglio Giovanni Spadolini, decide di sequestrare il centravanti brasiliano. L'impresa riesce, ma i sequestratori scambiano il calciatore con l'idraulico Alvaro, rapendo proprio quest'ultimo. Le “Brigate pecorine” chiedono un miliardo di riscatto (in tagli da mille lire!), mentre l'investigatore Mario scopre la contessa e il suo piano contro Cotechiño e la ricatta. Uno dei squestratori (Nino Terzo), tifoso del Napoli, libera il sosia di Cotechiño, poi il gruppo riesce a rimediare rapendo il vero calciatore. Arriva il momento della partita: sotto di una rete, il Napoli
pareggia con Cotechiño (o meglio, Alvaro l'idraulico). L'Inter ria in vantaggio, ma il nevrotico arbitro (Alfonso Tomas) sconvolge la partita segnando il pareggio del Napoli ed espellendo il finto Cotechiño. Intanto, il sequestratore e tifoso del Napoli fa 13 alla schedina e il centravanti brasiliano e' libero; corre in albergo da Rosalia, ma qui con lei trova Alvaro, il quale è vittima di un equivoco e costretto a scappare. Quest'ultimo e lo zio, nel frattempo fuggito dalla perfida contessa che voleva ucciderlo, si ritrovano a fare autostop: s'imbatteranno in un pullman di una squadra di calcio femminile e Alvaro, notata la somiglianza con la centravanti indisponibile (interpretata dallo stesso Vitali), deciderà di sostituirla. Il nome del protagonista che dà il titolo al film è un riferimento all'allora centrocampista brasiliano della Roma Paulo Roberto Falcao; il personaggio interpretato da Vitali, nella fisionomia e nei movimenti, appare pero' un'anticipazione del futuro idolo dei tifosi del Napoli Diego Armando Maradona. [77] Mario Carotenuto e Carmen Russo (gia' consorte di Alvaro Vitali ne Il tifoso, l'arbitro e il calciatore) sono qui ad una delle ultimissime interpretazioni cinematografiche. Oltre al cameo di Franca Valeri, il film vede la partecipazione di Giancarlo Fusco (nei panni di un giornalista ficcanaso), Vittorio Marsiglia (il direttore dell'albergo) ed Enzo Andronico, che interpreta un Cavaliere menagramo. Inoltre, presenti Roberto Ceccacci (agente del centravanti), i caratteristi Natale Tulli e Luciano Bonanni, e il giornalista Mario Mattioli. Al film avrebbe dovuto partecipare anche Paulo Roberto Falcao (quell'anno Campione d'Italia con la Roma di Nils Liedholm), ma rifiutò perche' riteneva che si trattasse di una parodia nei suoi confronti; inoltre, la somiglianza fisionomica del protagonista con Maradona non fu casuale, ma cercata dal regista Nando Cicero, a cavallo delle voci di mercato che volevano il calciatore argentino come futuro acquisto del Napoli (come ricordato da Alvaro Vitali in un'intervista al programma televisivo “Stracult”). Le musiche sono di Ubaldo Continiello.
La scheda di Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento: Produzione: Italia, 1983 Regia: Nando Cicero
Soggetto: Luciano Martino, Nando Cicero Sceneggiatura: sco Milizia, Nando Cicero Interpreti principali: Alvaro Vitali, Carmen Russo, Mario Carotenuto, Franca Valeri, Tiberio Murgia, Cristiano Censi, Bobby Rhodes Genere: Comico Durata: 88'
Nello stesso anno viene girato Il diavolo e l'acquasanta, per la regia di Bruno Corbucci. Il film ha per protagonista Bruno Marangoni (Tomas Milian), ex calciatore della Roma costretto a ritirarsi per un brutto infortunio. Sull'orlo della disperazione, l'uomo minaccia di gettarsi dal Colosseo, ma viene salvato da un parroco, Don Gaetano Morelli (Piero Mazzarella). Il sacerdote in questione vive a Castelfranco, un fantomatico paesello laziale, ed è grande tifoso del Castelfranco Tiberino, la squadra di calcio locale. Un giorno, dopo essere stato sfrattato, Bruno arriva a Castelfranco insieme alla compagna Silvana (Savina Gersak), cercando alloggio presso Don Gaetano. Bruno, col suo temperamento sfrontato, porta scompiglio nella piccola comunita', mentre Don Gaetano si rivolge a lui chedendogli di allenare il Castelfranco Tiberino; l'ex calciatore, intento a dimenticare il mondo del pallone, rifiuta, tentando nel frattempo di mettere a segno alcune truffe. Ma il suo amore per il calcio è sempre vivo e alla fine prendera' in mano le redini della piccola squadra, portandola a buoni risultati. La sua indole truffaldina pero', lo porta a pianificare un brutto inganno ai danni degli abitanti del paesello: fa credere che il sacrestano Elpidio (Giacomo Rizzo) sia stato guarito alle gambe grazie all'acqua del fiume. Comincia così a vendere grandi quantita' di quest'acqua ai danni degli ingenui cittadini; ma il trucco viene scoperto e Bruno è costretto a fuggire approfittando della macchina del cardinale (Leo Gavero). Durante la fuga, sintonizzato alla radio, ascolta la cronaca della partita del Castelfranco Tiberino, che sta perdendo 3-0 nella partita che deve assegnare il campionato. I ricordi ati sui campi di gioco smuovono ancora una volta Bruno, che torna indietro e si dirige allo stadio. Qui, fa il suo ingresso in campo all'inizio del secondo tempo, trovandosi di fronte l'avversario che gli causo' il grave infortunio ai tempi della Roma; Bruno, ispiratissimo, segna quattro reti spettacolari, portando il Castelfranco Tiberino in trionfo, tra la
felicita' di Don Gaetano e le sue lacrime di gioia che sanno di un ritorno alla vita. Il titolo del film vuol essere un'ovvia contrapposizione tra i due personaggi principali della storia: lo scaltro e imbroglione Bruno e il buon Don Gaetano. Il personaggio interpretato da Tomas Milian è per tutta la durata del film in bilico tra la vocazione alla truffa e a quella dell'amore per il calcio giocato, che alla fine prevarra'. L'attore originario di Cuba, per l'ennesima volta, è diretto da Bruno Corbucci e doppiato da Ferruccio Amendola, con la cui voce portò alla ribalta il colorito personaggio del maresciallo/ispettore romano Nico Giraldi.[78] Nel cast troviamo anche Margherita Fumero (la perpetua infatuata di Don Gaetano), Aldo Ralli (l'allenatore), Alfredo Rizzo (il sindaco), Franco Bracardi (il titolare di un ristorante), Diego Cappuccio (commesso dell'oreficeria) e Enzo Andronico (un brigadiere). Apparizione anche per Jimmy il Fenomeno, durante la distribuzione della finta acqua miracolosa. Il film è girato tra Roma, Bracciano, Anguillara Sabazia, Monterotondo e Oriolo Romano. Le immagini di repertorio, in campo e sugli spalti, sono di un derby Lazio-Roma (giocato il 16 novembre 1975 e terminato 1-1) e di un Inter-Roma del 27 aprile 1980, finito 2-2. Le musiche sono curate da Guido e Maurizio De Angelis.
La scheda de Il diavolo e l'acquasanta: Produzione: Italia, 1983 Regia: Bruno Corbucci Soggetto e sceneggiatura: Mario Amendola e Bruno Corbucci Interpreti principali: Tomas Milian, Piero Mazzarella, Giacomo Rizzo, Margherita Fumero, Aldo Ralli, Leo Gavero Genere: Commedia Durata: 93'
Anno 1984. Nelle sale italiane esce il rappresentativo L'allenatore nel pallone, diventato con gli anni una pellicola di culto. E' la storia di Oronzo Canà (Lino Banfi), allenatore di Serie B rimasto senza squadra, che viene ingaggiato dalla neopromossa in Serie A Longobarda del presidente Borlotti (Camillo Milli), il quale lo annuncia a sorpresa durante la trasmissione televisiva “Il processo di Biscardi”. Presentato dalla nuova squadra, Canà si reca poi col presidente a Milanofiori per il calciomercato. Qui, Borlotti illude Canà di poter acquistare giocatori del calibro di Platini, Rumenigge e addirittura Maradona, ma non riesce a fare niente di meglio che cedere alla Juventus due tra i migliori giocatori della sua squadra. Sempre presso la sede del calciomercato, Canà e Borlotti fanno la conoscenza di Andrea Bergonzoni (Andrea Roncato), un presunto mediatore di calciatori. Quest'ultimo dice di poterli aiutare a trovare una giovane promessa in Brasile, così parte insieme a Canà alla volta di Rio de Janeiro; qui, si fanno aiutare da Giginho (Gigi Sammarchi), amico di Bergonzoni e finto agente di calciatori (in verità è un inserviente dello stadio Maracanà), il quale tenta di avvicinarli al difensore del Flamengo, Junior; ma il finto contratto che tenta di fargli firmare Giginho è una bufala, visto che la moglie di Canà (Giuliana Calandra) informerà il marito dall'Italia che Junior è stato acquistato dal Torino. L'allenatore finge quindi di essere colpito da un'appendicite perforante per poter incontrare Socrates (medico oltre che centrocampista), ma subirà un'inutile e dolorosa operazione chirurgica non venendo a capo di nulla. Canà viene infine accompagnato da Andrea e Giginho ad un campetto adiacente lo stadio Maracanà, dove nota un ottimo calciatore di nome Aristoteles (Urs Althaus); così gli dice di volerlo portare a giocare in Italia e lui accetta. Canà, ispirato alla figura di Nils Liedholm, porta la squadra in ritiro in montagna, spiegando ai giocatori il suo modulo: la “bizona” schierata con un fantasioso 55-5. Nella prima partita di campionato, sul campo della Roma, Aristoteles porta in vantaggio la Longobarda, che viene però rimontata rimediando un sonoro 5-1. Le seguenti partite non vanno meglio, e in sette gare, la Longobarda racimola appena due punti; la panchina di Canà è in forte pericolo, mentre lo stesso allenatore subisce la pesante contestazione dei tifosi. La squadra va così in ritiro, dove Aristoteles lamenta l'emarginazione dai compagni e la nostalgia del Brasile e della famiglia. Canà gli dimostra il suo affetto, invitandolo a giocare bene; le cose cambiano, e proprio grazie all'attaccante brasiliano, la Longobarda inanella una serie di partite positive. L'attenzione dedicata dalla società e dai giornalisti ad Aristoteles infastidisce il compagno di squadra Speroni (Stefano Davanzati), il quale ha una relazione con la moglie del presidente (Licinia Lentini). Durante
la partita col Milan, Speroni ha un volontario scontro di gioco con Aristoteles, che costringe quest'ultimo ad uscire dal campo; la Longobarda subisce una pesante sconfitta per 7-0 e in seguito Aristoteles decide di fare ritorno in Brasile. Bloccato alla stazione da Canà, il brasiliano viene convinto a restare per il bene della squadra. Ma i guai non sono finiti: durante la partita contro la Juventus, disturbata da una forte nebbia, Canà atterra involontariamente Platini e viene squalificato per otto giornate. La Longobarda ne risente e ripiomba in una grave crisi: non mancano le contestazioni dei tifosi sotto casa dell'allenatore e la malinconia di Aristoteles, che non vuole rientrare, non fidandosi più dei suoi compagni. Canà cerca così di escogitare alcuni piani; prima spia Zico in vista della partita contro l'Udinese e, tramite la suocera (Viviana Larice), cerca di fargli un malocchio: la cosa ovviamente non funzona e la Longobarda perde 4-0 proprio con quattro reti dell'attaccante brasiliano. Poi, incontra l'allenatore della Fiorentina Giancarlo De Sisti provando a strappargi l'accordo per un pareggio nell'imminente trasferta in casa dei viola; ma gli intenti sono diversi e Canà non capisce l'intenzione di De Sisti di devolvere parte dell'incasso per beneficienza. La Fiorentina vince per 5-0, con un Canà su tutte le furie in quanto pensava di avere l'accordo per il pareggio. Mentre la dirigenza della Longobarda vuole esonerare a tutti i costi Canà, il presidente Borlotti è fermo nel tenerlo in panchina. Si arriva così alla penultima giornata di campionato, quando la Longobarda ha bisogno di due vittorie per potersi salvare dalla retrocessione. Nella trasferta contro la Lazio, la Longobarda a prima in svantaggio, poi, mentre Speroni spreca occasioni grossolane, Aristoteles fa il suo ritorno in campo e segna le due reti della vittoria. La squadra, compreso Canà, è adesso acclamata dalla tifoseria, ma il presidente Borlotti, in vista dell'ultima e decisiva partita, impone all'allenatore di perdere per i costi di gestione troppo alti della squadra in Serie A, offrendogli il rinnovo di contratto. Canà è abbattuto, diviso tra il futuro lavorativo e la sua onestà di uomo e allenatore. Nell'ultima partita, contro l'Atalanta, decide inizialmente di non schierare Aristoteles; il primo tempo termina 0-0 e segnala un clamoroso errore volontario di Speroni sotto porta. A inizio ripresa, l'Atalanta a in vantaggio e la figlia di Canà (Stefania Spugnini), che nel frattempo ha iniziato una relazione con Aristoteles, arriva fin sul campo supplicando il padre di far entrare il giocatore. Così è, in barba al presidente che assiste la partita dalla tribuna: Canà fa entrare il brasiliano proprio al posto dell'improbo Speroni. Aristoteles fa ancora una volta la differenza segnando le due reti della vittoria, e la Longobarda permane in Serie A. Durante i festeggiamenti sul campo, il presidente Borlotti comunica a Canà che è un disoccupato, mentre l'allenatore gli risponde: “E lei è un cornuto”.
Diretto da Sergio Martino, L'allenatore nel pallone è probabilmente il film che riassume in forma più macroscopica le caratteritiche del cinema immerso nel calcio; in ogni suo particolare, ma soprattutto nel tono con cui viene narrata la vicenda, c'è l'eco forte dell'affabulazione quotidiana proposta dai nostri media sul campionato di calcio, rafforzata poi dalla presenza nella pellicola di tanti giornalisti sportivi.[79] Il personaggio di Oronzo Canà, rimandabile all'allenatore Oronzo Pugliese,[80] si trova a confrontarsi grottescamente con il proprio modulo di gioco (che da 4-4-2 o 4-3-3 lui trasforma in 5-5-5), ambendo a confrontarsi col suo idolo, l'allora allenatore del Milan, Nils Liedholm: “Lui fa la zona, io la bizona […], so come fermarlo, gli blocco le fasce laterali e occupo la zona centrale” dice in un'intervista durante il film. Aristoteles, il protagonista “sul campo” del film, è interpretato da Urs Althaus, [81] nativo del Canton Zurigo e di padre nigeriano; Althaus, nella seconda metà degli anni Settanta, militò come calciatore nell' Fc Zurigo, e le immagini che lo riprendono col pallone tra i piedi dimostrano bene questo suo ato da giocatore. Il suo nome “Aristoteles” vuol essere una simpatica antitesi “filosofica” a Socrates, calciatore citato nel film che in quell'anno ò dal Corinthians alla Fiorentina. Althaus ha ricordato così il film trent'anni dopo, in un'intervista rilasciata a Valerio Arrichiello per “Il Secolo XIX”:[82] “Lavorare con Banfi è stato magnifico: attore di talento e uomo straordinario. Io da ragazzo giocavo davvero, con lo Zurigo. Il mio idolo era Pelé, ero un “10”, ma ho smesso per un incidente al braccio. Poi sono andato negli Usa, ho fatto il modello: sono stato il primo uomo di colore a posare sulla copertina di GQ”.
E poi?
“Dopo un incontro in ascensore con Lina Wertmüller a New York ho iniziato a fare l'attore. Al provino per l'Allenatore nel Pallone, Banfi palleggiava, poi mi ò il pallone: "Sei capace?". "Certo". Mi misi a fare un po' di giochetti e lui: "Ok, sei il mio Aristoteles".
Quel film è un cult. Quali sono le sue scene preferite? “Quelle in Brasile con il Maracanà e la partita nelle favelas. E poi la gara con la Roma: segno su punizione, ma perdiamo 5-1. Ho avuto l'onore di giocare con Pruzzo, Graziani, Ancelotti, Spinosi... ma la scena più divertente è un'altra...”.
Quale?
“Quando Canà, Gigi e Andrea cercano la cugina di Eder, una ballerina di samba. A un certo una sculetta con Lino che è tutto eccitato...il problema è che non era “una”...era un uomo...e quando Lino sente qualcosa di strano fa una faccia assurda...E poi la ninna nanna. Ero così nella parte che mi sono commosso. Nel film ero triste per la saudade, Lino canta e mi tira su e io faccio gol e vinciamo contro la Sampdoria...”.
Già, ma lo sa che Ferrero, il presidente della Samp è un produttore? Si dice che stia pensando a un film sul calcio, lei è disponibile?
“Recitare di nuovo in Italia in un film sul calcio sarebbe stupendo. Potrei fare il manager, o l'allenatore con Lino. Aristoteles e Canà di nuovo insieme: sarebbe un sogno...”.
Anche il nome della moglie di Canà, Mara, interpretata dalla piemontese Giuliana Calandra, vuol essere un gioco di parole riferito allo stadio “Maracanà” (che si materializza quando l'allenatore vuol parlare al telefono con la moglie proprio dallo stadio brasiliano, cosa che mette in difficoltà la centralinista). Andrea Roncato e Gigi Sammarchi, coppia comica ormai collaudata,[83] si calano bene nella parte dei due finti mediatori di mercato. Nel cast troviamo Franco Caracciolo (un invadente giornalista), Antonio Zambito (il giocatore panchinaro Crisantemi, considerato portasfortuna da Canà), Luigi e Antonio
Soldati (i due tifosi gemelli), Gino Pagnani (il dottore brasiliano che Canà crede Socrates) e Dino Cassio (nei panni del capostazione). Fugace apparizione per Nanni Moretti, amico della figlia di Canà, che lo rimprovera per la sua fede juventina. E' folta la presenza di veri giocatori e volti del mondo del calcio dell'epoca: Graziani, Ancelotti, Chierico, Pruzzo, Santarini, Scarnecchia, Spinosi, Liedholm, De Sisti, Zico e il procuratore Oscar Damiani. Tanti anche i giornalisti: Maffei, Biscardi, Martellini, Martino, Giubilo e Galeazzi. Le immagini di repertorio riguardano le partite: Roma-Liverpool del 1984 (finale di Coppa dei Campioni che Canà sta guardando in televisione da casa), Sambenedette-Pistoiese (partita di Serie B del 3 giugno 1984), AméricaFlamengo (per le scene girate in Brasile, dell'8 aprile 1984), Roma-Fiorentina (del 29 aprile 1984), Fiorentina-Genoa (del 6 maggio 1984), Lazio-Napoli (datata 21 aprile 1984), Milan-Inter (del 25 ottobre 1981) e AtalantaSambenedettese (del 10 giugno 1984, valse la promozione in Serie A per gli orobici e nel film rappresenta la partita promozione per la Longobarda). L'allenatore nel pallone è stato girato tra Roma, Marino, Rio De Janeiro, Rocca di Papa e Castel Gandolfo. Gli impianti ripresi sono lo stadio dei Marmi e il Flaminio di Roma, il Maracanà di Rio de Janeiro, lo stadio Moretti di Udine. Guido e Maurizio De Angelis firmano le musiche. Il film ha avuto un rifacimento nel 2007, L'allenatore nel pallone 2, sempre diretto da Sergio Martino e con gran parte del cast di ventiquattro anni prima. [84] Per queste interpretazioni, nel giugno 2014, Lino Banfi ha ricevuto il diploma di allenatore ad honorem da parte dell'Aiac (Associazione italiana allenatori di calcio). La critica dell'epoca, come Laura e Morando Morandini di “Telesette” non accolse bene un film poi diventato culto:
“Accanto a Banfi si muovono dei divi del calcio: De Sisti, Pruzzo, Graziani, Ancelotti e Nando Martellini. Il Lino ce la mette tutta per accontentare "fans" di bocca buona e nello squallore dell'insieme qualche risata ci scappa”.
La scheda de L'allenatore nel pallone: Produzione: Italia, 1984 Regia: Sergio Martino Soggetto: Franco Verucci, Romolo Guerrieri, Sergio Martino, Luciano Martino Sceneggiatura: Franco Verucci, Romolo Guerrieri, Sergio Martino, Lino Banfi Revisione e dialoghi: Pier sco Pingitore Interpreti principali: Lino Banfi, Camillo Milli, Urs Althaus, Andrea Roncato, Gigi Sammarchi, Giuliana Calandra, Stefano Davanzati, Licinia Lentini, Stefania Spugnini Genere: Commedia Durata: 98'
Nel 1985 ritroviamo Gigi e Andrea, sotto la regia di Sergio Martino, in Mezzo destro mezzo sinistro 2 calciatori senza pallone. Questo film ha per protagonista Andrea Margheritoni (Andrea Roncato), calciatore reduce da un'esperienza negli Stati Uniti, che fa ritorno in Italia dopo essere stato scoperto a letto con la moglie di un arbitro da cui si era fatto espellere. Il presidente della Marchigiana, Beccaceci (Silvio Spaccesi), alla ricerca di un nuovo giocatore per la squadra neopromossa in Serie A, compra proprio Margheritoni, che raggiunge così il suo amico centrocampista Gigi (Gigi Sammarchi). La Marchigiana, che vanta in rosa il brasiliano Gonzales (Sandro Ghiani) e il danese Kekkonen (il nome è tutto un programma, Bjorn Hammer), dopo una grottesca presentazione (coi giocatori costretti a tenere in mano dei polli per celebrare la ditta di pollame che fa da sponsor), inizia la preparazione agli ordini dell'allenatore Gianvincenzo Coligno (Gianni Ciardo). La prima partita di campionato, sul campo del Verona Campione d'Italia, va male e la Marchigiana perde 4-0. Nel frattempo, Margheritoni è corteggiato insistentemente da Mirtilla (Milena Vukotic), proprietaria della ditta di pollame, ed è costretto a cedere alle sue lusinghe. Il campionato prosegue male per la Marchigiana, fino a quando la squadra vince a Firenze con una fortunosa segnatura (col fondoschiena) di Margheritoni. La
classifica, alla fine del girone d'andata, è comunque impietosa e Coligno viene esonerato; al suo posto arriva l'allenatore argentino Fulgencio (Leo Gullotta). Questo allenatore impone la sua rigidità alla squadra e nella temibile trasferta di Napoli la Marchigiana rimedia un pareggio. Fulgencio decide poi di portare il gruppo in ritiro in un convento di clausura, affinchè i giocatori stiano lontani da qualsiasi tipo di distrazione; mentre l'allenatore si concede una notte d'amore con una bella ragazza (Loredana Romito), Gigi e Andrea tentano di “evadere”, ma vengono fermati dai cani da guardia, fatti appostare proprio da Fulgencio. Così, nelle partite successive, i due amici e compagni di squadra verranno tenuti in panchina, mentre in squadra fa il suo esordio il giovane attaccante Carlo Vacca (Pino Insegno), che segna subito due reti decisive diventando il nuovo idolo dei tifosi. La squadra torna successivamente in ritiro, dove Gigi e Andrea malmenano Fulgencio per poter uscire; qui arriva anche Mirtilla, che intenzionata ad “abbordare” il giovane Vacca, crea un gran caos all'interno del convento. Per la Marchigiana arriva poi la trasferta europea per la Coppa Mitropa, in quel di Francoforte. Margheritoni, la sera prima della partita, raggiunge una birreria per poter incontrare Daniela (Isabel Russinova), una bionda e affascinante giornalista di cui è rimasto infatuato dall'estate. All'interno del locale, gli italiani presenti vengono presi di mira da un gruppo di tedeschi e Margheritoni si azzuffa con uno di loro (sco Anniballi), che li aveva provocati lanciando sul tavolo una moneta in segno di carità; il tutto degenera in una rissa, a cui partecipano anche Fulgencio e Gigi, giunti sul luogo. Arriva poi il momento della partita: alla fine del primo tempo, il Francoforte è in vantaggio per 1-0. Margheritoni, inizialmente in panchina, entra al posto di Vacca: ai bordi del campo si trova di fronte i tifosi tedeschi che lo insultano, tra cui il provocatore della sera precedente. Il gestaccio della moneta lanciata si ripete e Margheritoni ha un grande sussulto d'orgoglio: prima pareggia, poi salva un tiro avversario sulla linea e infine sigla la rete della vittoria. In campo è festa grande, con i tricolori italiani e gli emigrati ad esultare; Margheritoni riuscirà così anche a conquistare il cuore della bella Daniela. Il calciatore interpretato da Andrea Roncato tratteggia per quasi tutta la storia la figura di un uomo inaffidabile e poco professionale; questi caratteri negativi vengono però capovolti nel finale, quando il personaggio si dimostra in poche ore un uomo onorevole, buon italiano e calciatore decisivo. Gigi Sammarchi veste i panni più marginali di un calciatore altrettanto casinista e sempre pronto a seguire l'amico e compagno di squadra Andrea. I due allenatori, interpretati da Gianni Ciardo e Leo Gullotta, hanno caratteristiche molto diverse e fanno riferimento a due tecnici veri; il primo, Coligno, è un allenatore-intellettuale, che
svolge gli allenamenti con la musica classica di sottofondo, amando ripetere “Il calcio è anche cultura”: riferimento a Manlio Scopigno, allenatore che vinse lo scudetto alla guida del Cagliari nel 1970. Il Fulgencio interpretato da Gullotta è un “sergente di ferro”, la cui rigidità e il suo nome rimandano a Juan Carlos Lorenzo, tecnico argentino che in Italia allenò Lazio e Roma. Il film di Sergio Martino è girato a San Benedetto del Tronto, dove si vedono bene il porto e lo stadio Riviera delle Palme, allora appena inaugurato; il convento del ritiro è invece ubicato ad Ascoli Piceno:[85] qui, allo stadio “Del Duca”, vengono girate anche le scene della partita finale. In riferimento a questa partita, le immagini di repertorio riprendono una gara tedesca, presubimilmente tra Eintracht Francoforte e Fortuna Dusseldorf (la maglia indossata dalla Marchigiana è simile in tutto a quella di questa squadra). E' invece fantasioso il riferimento alla Mitropa Cup,[86] competizione calcistica a cui non hanno mai partecipato squadre tedesche. Nel cast, Franco Caracciolo (un frate del convento), Natale Tulli (massaggiatore della squadra), Giorgio Vignali (un giornalista) e Luigi Montini (telecronista americano). I calciatori che si vedono sono Falcao, Ancelotti, Chierico e Paolo Rossi; piccola parte anche per il procuratore Oscar Damiani. A confermare lo stretto legame instaurato tra calcio e televisione negli anni Ottanta, così come ne L'allenatore nel pallone, sono tanti i giornalisti che appaiono nel film: Fabrizio Maffei, Tonino Carino, Nando Martellini, Paolo Valenti, Aldo Biscardi, José Altafini (già commentatore), Gianfranco De Laurentiis, Paola Perissi, Emanuela Falcetti. Le musiche del film sono firmate dagli Onions (Guido e Maurizio De Angelis), di cui alcuni temi sono già ascoltati nei precedenti Il diavolo e l'acquasanta e L'allenatore nel pallone. Curiosità: secondo il copione iniziale, avrebbe dovuto partecipare anche Lino Banfi nei panni del precedente Oronzo Canà, ma la sua presenza saltò per motivi non noti.
La scheda di Mezzo destro mezzo sinistro 2 calciatori senza pallone: Produzione: Italia, 1985
Regia: Sergio Martino Soggetto: Sergio Martino, Pier sco Pingitore Sceneggiatura: Pier sco Pingitore, Maria Perrone Capano, Sergio Martino Interpreti principali: Andrea Roncato, Gigi Sammarchi, Silvio Spaccesi, Milena Vukotic, Gianni Ciardo, Leo Gullotta, Pino Insegno Genere: Comico Durata: 93'
Nel 1987, dopo tante pellicole che hanno unito calcio e comicità, Pupi Avati dirige Ultimo minuto, film che rappresenta con toni drammatici il mondo attorno allo sport più amato dagli italiani. Qui, il protagonista è Walter Ferroni (Ugo Tognazzi), dirigente di una squadra di calcio di Serie A, alla cui presidenza entra il ricco industriale Renzo Di Carlo (Lino Capolicchio). Dopo la presentazione del nuovo presidente, la squadra va in ritiro e Di Carlo comunica a Ferroni di voler ridimensionare il suo ruolo all'interno della società (rimproverandogli inoltre di non essere un vero avvocato, come invece si fa chiamare); Ferroni, che ha dedicato la sua vita alla squadra e che per essa si era indebitato, dimostra la sua grande ione in faccia al presidente, spiegandogli con veemenza il suo coinvolgimento ato e presente. Dopo la discussione, Ferroni decide di lasciare l'albergo del ritiro e prepara un piano di sfiducia contro Di Carlo, cercando di coinvolgere il capo dei tifosi (Carlo Monni) e il coordinatore dei club (Gianfranco Agus). Intanto, Ferroni riceve una telefonata: l'attaccante Boschi (Massimo Bonetti) è stato ricoverato in ospedale per una rissa, dopo aver lasciato il ritiro e aver scoperto la moglie (Cinzia De Ponti) a letto con un altro uomo; conseguentemente, il giocatore viene messo fuori squadra. Marta (Elena Sofia Ricci), la figlia di Ferroni, intraprende poi una relazione con Boschi, cosa che il padre non prende di buon grado. L'uomo chiede così all'agente di calciatori Duccio Venturi (Diego Abatantuono) di poter far approdare Boschi in una grande squadra; Venturi non si dice disponibile, mentre gli mostra la foto di Paolo Tassoni (Marco Leonardi), un promettente giocatore 17enne da lui scoperto che sta muovendo i primi i con la squadra Primavera. Ferroni, sempre più esasperato dal distacco con la squadra, irrrompe in una riunione societaria chiedendo al presidente di far giocare Boschi nella prima partita di
campionato; così non avviene, e mentre Boschi si allena da solo in un campetto periferico, la squadra perde 3-0 all'esordio. L'ex dirigente tiene al bene della squadra e non si dà per vinto: così comincia ad elaborare degli schemi di gioco e giunge fino ad Avellino per studiare i futuri avversari. Dopo l'ennesima sconfitta, il presidente Di Carlo viene duramente contestato dai tifosi; in una situazione disperata, Ferroni decide di riprendere in mano le redini della squadra e, con il beneplacito sia del presidente che dell'allenatore Corti (Luigi Diberti), richiama Boschi. Ferroni è deciso e riparte da zero plasmando i giocatori; seguendo l'allenamento dei giovani Primavera poi, decide di convocare anche il giovanissimo Paolo Tassoni. Dopo duri allenamenti, arriva il giorno dell'importante partita contro l'Avellino; all'interno dello stadio è presente anche un ex giocatore ora dedito al calcioscommesse (Giorgio Biavati), che cerca di convincere Boschi a non giocare al meglio. La tensione di Ferroni in panchina al fianco di Corti è palpabile. Sul campo, Boschi gioca male e nel secondo tempo fallisce un calcio di rigore; Ferroni tenta così la carta a sorpresa facendo entrare al suo posto Paolo, mentre Boschi rientra negli spogliatoi tra la dura contestazione di tutto lo stadio. L'entrata in campo di Paolo non viene inizialmente appoggiata dal pubblico, ma sarà proprio il giovanissimo a segnare una bella rete sorprendendo tutti e regalando la vittoria alla sua squadra. Il film finisce con la figura di Ferroni vincitrice, che raggiunge la figlia Marta sui gradoni deserti dello stadio, delusa dalla prova del suo compagno come uomo e calciatore. Ultimo minuto ricalca bene il mondo del calcio italiano degli anni Ottanta, in cui molte società in crisi vennero rilevate da ricchi imprenditori: si ricorda l'Inter acquistata da Ernesto Pellegrini nel 1984, il Milan rilevato da Silvio Berlusconi nella primavera del 1986 e la Lazio ata da Giorgio Chinaglia a Gianmarco Calleri nello stesso anno. Inoltre, il film di Avati dà spazio anche al fenomeno del calcioscommesse, quando dopo lo scandalo del marzo 1980, si era aperto un altro filone relativo alle stagioni 1984-85 e 1985-86. Pupi Avati dirà sul film:[87] “Il fenomeno del calcioscommesse è di qualche anno prima ma le conseguenze sono ancora ben presenti. Tra l'altro era un momento che vedeva da un lato l'ingresso dei grandi tycoon come Berlusconi, con la loro managerialità moderna, e dall'altro il dissolversi di un ambiente per certi versi ancora romantico, in cui la figura del factotum aveva avuto una grande importanza. Mi sembrava che il calcio assomigliasse metaforicamente alla società, e per certi versi anche al cinema, dove c'era ancora chi - ma stava scomparendo - organizzava produzioni ai tavoli dei bar, firmando pacchi di cambiali”.
Il film si apre con l'agente Duccio Venturi, incisivo personaggio che “scova” su un campetto di periferia quello che sarà l'eroe finale, il 17enne Paolo Tassoni. Il protagonista interpretato da Ugo Tognazzi, nella vita, ha messo la sua squadra davanti a tutto: non si arrende di fronte all'arrivo del nuovo presidente che lo vuole ridimensonare, raccontandogli ciò che di lecito e meno ha fatto per la sua ione sportiva; è un dirigente tuttofare “vecchia maniera”, e il suo ruolo svaria dai “piani alti” agli spogliatoi, dagli schemi e le partite spiegate ai giocatori, fino al campo della squadra Primavera. Gran parte dei personaggi della storia sono poi figure antitetiche al protagonista, che vedono nella squadra innanzitutto un rendiconto: dal capotifoso (Carlo Monni), che detiene l'appalto delle pulizie dello stadio, all'allenatore (Luigi Diberti), servile nei confronti del nuovo presidente; fino al calciatore Boschi, che all'ultimo conferma la sua indole fedifraga e meschina accordandosi per una scommessa. Questo personaggio è interpretato da Massimo Bonetti, che iniziò la carriera di calciatore nelle giovanili della Lazio; intervistato da Monica Rossi[88] dopo oltre vent'anni dal film, ha dichiarato: “ Avendo giocato a calcio tanti anni, sono riuscito a portare quel po' di credibilità che calcisticamente, puntualmente manca in questi film, quindi io adesso molto presuntuosamente dico che Ultimo minuto è sicuramente un film più che decente sul mondo del calcio, perchè ha saputo raccontare il calcio facendo vedere anche quel po' di calcio giocato. Ultimo minuto è venuto bene, non voglio lodarmi, ma poiché si tratta di raccontare il gioco del calcio e, ci sono seri problemi a raccontarlo, il film e soprattutto Pupi Avati ha saputo superare gli ostacoli, sicuramente ad evitarli e ha puntato tutto su di me, inquadrandomi quando mi alleno da solo su di un campetto di periferia e lì sfoggio tutta la mia tecnica. Pupi Avati mi ha scelto perchè Antonio Avati[89] stava vedendo una trasmissione su Tele Roma 56, una trasmissione di calcio dove io ero ospite e Michele Plastino, che era il conduttore, mi disse 'Massimo io so che hai dei trascorsi da calciatore' e mi lanciò un pallone, io lo raccolsi e cominciai a palleggiare. Antonio Avati chiamò subito Pupi Avati dicendo che c'era un attore che si adattava al personaggio. Ecco, io ho avuto questa fortuna. A prescindere dal calcio, Pupi Avati è un grande regista e ha saputo cogliere anche l'aspetto umano dei personaggi ”. Nel cast anche Giovanna Maldotti (moglie del presidente e amica di Ferroni), Luigi Montini (un personaggio che ruota attorno la squadra), Nik Novecento[90] (nei panni di un benevolo tifoso) e Cesare Barbetti (un addetto stampa). Partecipazioni per i giornalisti Enrico Mentana, Aldo Biscardi, Ferruccio Gard ed Enrico Ameri, che vediamo commentare l'ultima partita; si ascoltano anche
spezzoni di “Tutto il calcio minuto per minuto”[91], dove si riconosce la voce del radiocronista Livio Forma. Il nome della squadra non viene mai detto nel film, ma i colori sociali (biancorossi) e alcuni particolari richiamano al Vicenza, archetipo e simbolo delle squadre minori della serie A in quegli anni. Nel finale, le scene della partita contro l'Avellino, altra tipica squadra "provinciale" dell'epoca, sono state girate all'interno dello stadio "Romeo Menti" di Vicenza e montate con riprese della curva vicentina. La società è accreditata nei titoli di coda.[92] Il giornalista Italo Cucci partecipò alla sceneggiatura del film, dichiarando in seguito che il personaggio di Tognazzi si ispirò alle figure dei dirigenti sportivi Italo Allodi[93] e Luciano Moggi. Le musiche sono di Riz Ortolani.
La scheda di Ultimo minuto : Produzione: Italia, 1987 Regia: Pupi Avati Soggetto e Sceneggiatura: Pupi Avati, Antonio Avati, Italo Cucci Interpreti principali: Ugo Tognazzi, Massimo Bonetti, Diego Abatantuono, Elena Sofia Ricci, Lino Capolicchio, Marco Leonardi, Nik Novecento Genere: Commedia Durata: 98'
6. Il tifo nell'immaginario cinematografico
In Italia, i primi gruppi organizzati di tifosi nacquero tra gli anni Sessanta e Settanta. Altresì in Inghilterra, il fenomeno degli “hooligans” aveva avuto la sua diffusione, finchè il governo di Margareth Thatcher emanò alcuni forti provvedimenti[94] tesi ad arginare gli episodi violenti e le intemperanze dei tifosi. Proprio a partire dagli anni Ottanta, il cinema ha tentato di fare una rappresentazione del tifo attraverso film tendenzialmente drammatici e principalmente di produzione italiana e inglese. Un primo film da ricordare in tal senso è A mort l'arbitre!, pellicola se del 1983 diretta da Jean-Pierre Mocky. Si racconta di un gruppo di tifosi, capitanati da Rico (Michel Serrault), che arriva allo stadio per seguire la propria squadra, dai colori sociali giallo-neri. La polizia, guidata dall'ispettore Granowski (JeanPierre Mocky), si è preparata in vista di un evento che si preannuncia alquanto teso. L'arbitro della partita è Maurice Bruno (Eddy Mitchell), la cui fidanzata Martine (Carol Laure) sta assistendo alla partita in tribuna come giornalista. Il direttore di gara fischia un rigore per la squadra bianco-rossa, che segnando vince la partita. Si scatena così la rabbia di Rico e del suo gruppo, a cui consegue la contestazione all'arbitro e una rissa coi tifosi avversari. Maurice e Martine, intanto, riescono a lasciare lo stadio nascosti in un furgone, evitando così i tifosi giallo-neri inferociti. Questi ultimi, guardando la televisione in un ristorante, vedono Maurice e Martine in una trasmissione sportiva; si precipitano così agli studi televisivi in cerca dell'arbitro. L'arbitro e la sua ragazza riescono a nascondersi all'interno di un centro commerciale. I tifosi giallo-neri si mettono sulle loro tracce e all'interno del supermercato, Rico colpisce accidentalmente Béru (Vincent Solignac), uno della sua banda, uccidendolo. Il capotifoso fa credere ai suoi amici che sia stato Maurice ad ucciderlo; il gruppo decide così di setacciare lo stadio per arrivare al domicilio dell'arbitro. Scoprono l'indirizzo di Martine, dove sono arrivati lei e Maurice. Rico tenta di entrare utilizzando una fiamma ossidrica per abbattere la porta, mentre la coppia scappa all'esterno. Intanto, uno dei facinorosi muore dopo esser caduto; gli altri, dopo aver
saccheggiato gli appartamenti dei vicini e averli aggrediti, continuano l'inseguimento di Maurice e Martine, prima in un supermercato poi dentro una fabbrica. Qui, Rico raggiuge i due e li minaccia con un'ascia, ma nel frattempo arriva l'ispettor Granovski; il Sindaco (Sindaco Anthony), uno dei tifosi, è armato di pistola e spara all'arbitro, ma viene ucciso dall'ispettore. Maurice e Martine fuggono nuovamente su un'auto, inseguiti dal pullman dei facinorosi: intorno ad un'escavazione sotterranea, Rico urta la vettura della coppia, che precipita. I due muoiono quando credevano di essere salvi e Rico, soddisfatto della sua folle impresa, gesticola e farnetica insultando i lavoratori del cantiere sotterrraneo, mentre una macchina della polizia lo sta raggiungendo. Ispirato al romanzo “The Death Penalty” dello scrittore inglese Alfred Draper, il film di Mocky colpisce per l'esasperata violenza del gruppo di tifosi, accecati da un'incontrollabile voglia di vendetta nei confronti dell'arbitro, insensatamente divenuto un nemico da eliminare. Le scene dello stadio sono state girate nell'impianto “Robert Diochon” di Rouen, dove Mocky effettuò le riprese durante l'incontro tra la squadra locale e lo Strasburgo.
La scheda di A mort l'arbitre!: Produzione: Francia, 1983 Regia: Jean-Pierre Mocky Soggetto e sceneggiatura: Jacques Dreux, Jean-Pierre Mocky (soggetto originale di Alfred Draper) Interpreti principali: Michel Serrault, Eddy Mitchell, Jean-Pierre Mocky, Carole Laure, Laurent Malet, Sophie Moyse, Claude Brosset, Sindaco Anthony Genere: Drammatico Durata: 82'
Nel 1987 esce Quel ragazzo della curva B, film diretto da Romano Scandariato. Il protagonista è Nino Esposito (Nino D'Angelo), meccanico e apionato
tifoso del Napoli che vuole organizzare un grande club che riunisca tutti i tifosi contrari alla violenza e alla droga. Con l'appoggio di Don Giulio (Benito Artesi), anch'esso grande tifoso, Nino riesce a fondare il club, che viene inaugurato alla presenza dei calciatori Giuseppe Bruscolotti e Bruno Giordano. Nino, titolare di un officina, è fidanzato con Angela (Laurentina Guidotti), e il loro rapporto è spesso messo a repentaglio per la ione sportiva di lui; intanto il ragazzo se la deve ben presto vedere con alcuni individui che all'interno della Curva B uniscono il tifo allo spaccio di droga. Questi, per non perdere i loro traffici, minacciano Angela affinchè Nino si faccia da parte per la supremazia nel settore caldo dello stadio. La ragazza, impaurita, chiede così a Nino di scegliere tra lei e il Napoli, non dicendogli dell'aggressione subita; ne consegue la rottura del loro rapporto. Il ragazzo è smarrito e suo nonno (Aldo Tarantino) va a parlare col padre di Angela (Tommaso Bianco) per sistemare le cose. Nino, nel frattempo, decide di incontrare la banda che gli sta facendo la guerra, quando questi gli propongono di vendere biglietti falsi e smerciare droga in occasione delle partite. Il ragazzo, nascosto tra i vestiti, ha un microfono, attraverso cui i componenti del club ascoltano la conversazione; questi arrivano così (compresi Don Giulio e Angela) per dare una lezione alla banda nemica, ma il sacerdote calma le acque, finchè Nino viene colpito con una coltellata. Amici e parenti di Nino giungono in ospedale, dove il ragazzo è costretto a rimanere per qualche giorno. Ma arrivato il giorno dell'ultima partita di campionato, in cui il Napoli si gioca lo scudetto, Nino è intenzionato a raggiungere lo stadio. Dopo aver scansato le attenzioni di sua madre (Gina Perna) e di Angela, il ragazzo fugge dalla finestra e ci arriva a fatica. Qui viene accolto dai suoi amici, e di lì a poco arriveranno anche sua madre e Angela. Durante la partita, Maradona subisce un infortunio ed è costretto ad uscire dal campo; ma la contemporanea sconfitta della Juventus a Verona e il rigore trasformato in seguito da Giordano regalano lo scudetto al Napoli: sugli spalti dello stadio San Paolo, non solo per Nino, è festa grande. In anni tesi per il tifo italiano, questo film vuol mandare un messaggio distensivo. Nino D'Angelo, pur non cadendo nella “macchietta”, tratteggia in maniera esasperata la figura di tifoso: è titolare di un officina chiamata “Forza Napoli”, gira su una 500 azzurra con la gigantografia di Maradona sul retro, digiuna per fioretto ad ogni sconfitta della sua squadra. Simpatica tra l'altro, la diatriba con Tommaso Bianco, padre della sua fidanzata e grande tifoso interista, a cui Nino ricorda che dovrebbe tifare Napoli viste le sue ataviche origini napolitane. Il tifo partenopeo è qui esplicato come un fattore semi-universale per la città di Napoli; il Don Giulio interpretato da Benito Artesi, retoricamente, dà un'importanza sacrale alla squadra azzurra (come quando al posto della stola
indossa una sciarpa del Napoli), che descrive così in risposta ad alcune fedeli: “Il Napoli in questa città è molto più di una squadra di calcio. E' la speranza in un futuro migliore, è il riscatto di una condizione di vita inaccettabile da secoli. E' l'anima di un popolo generoso e sincero, è il cuore caldo di un'umanità che crede ancora in qualche cosa. Il Napoli è un ideale e non si può chiedere a nessuno di rinunciare ai propri ideali”. Si noti che Quel ragazzo della curva B è stato girato durante la stagione 1986-87, al termine della quale il Napoli allenato da Ottavio Bianchi vinse il suo primo scudetto. Le immagini di repertorio alternano immagini degli spalti gremiti dello stadio San Paolo ad alcune partite di quell'anno, tra cui Napoli-Torino, NapoliAtalanta, Roma-Napoli (in riferimento a questa partita sono presenti immagini della trasferta dei tifosi partenopei nei pressi dello stadio Olimpico) e NapoliBrescia del gennaio 1987, che figura essere la gara che assegna lo scudetto al Napoli. Nel cast, oltre all'esordiente Biagio Izzo (un amico di Nino), troviamo Antonio Allocca, nei panni di un tifoso tirchio; inoltre, c'è un'apparizione di Gennaro Montuori, detto Palummella, ex capo tifoso della Curva B napoletana. Folta e attiva, la presenza di giocatori del Napoli di quell'anno, in particolare Giuseppe Bruscolotti, Bruno Giordano, Pietro Puzone, sco Romano e Andrea Carnevale. Partecipazione anche dell'ex allenatore e giocatore del Napoli Bruno Pesaola (doppiato) e del giornalista sportivo Italo Kuhne. Le musiche della pellicola sono curate da Franco Chiaravalle, e nel film si possono ascoltare diverse canzoni di Nino D'Angelo, tra cui la ricorrente “Napoli”. Questa la critica su “Il Corriere della Sera” del 18 maggio 1987:
“Il film si snoda in modo lineare e ingenuo, ma simpatico. Il filmetto, infatti, sia pure scontato in ogni suo aggio (le violenze alla fidanzatina di Nino, il teppismo degli stadi, la mediazione di un sacerdote deciso a placare gli animi, in nome del binomio 'fede e tifo') è un prodotto naif ma sincero nel suo buon cuore che vede, come sempre, Nino D'Angelo paladino del Bene, indifferente persino alle coltellate che gli vengono inferte purché si tratti di difendere l'onesta e di denunciare lo smercio di biglietti falsi, di farsi in quattro per assistere in casa o
in trasferta alle, ovviamente, registrazioni d'archivio della squadra prediletta e 'azzurra', fra le quali appaiono il veterano Bruno Pesaola e Bruno Giordano”.
La scheda di Quel ragazzo della curva B: Produzione: Italia, 1987 Regia: Romano Scandariato Soggetto: Nicola Masiello Sceneggiatura: Piero Regnoli, Nicola Masiello Interpreti principali: Nino D'Angelo, Laurentina Guidotti, Gina Perna, Benito Artesi, Aldo Tarantino Genere: Commedia Durata: 95'
Nel 1988, in Inghiterra, viene girato The Firm, diretto da Alan Clarke. Il film racconta di Bexy (Gary Oldman), uomo sposato e padre di una bimba piccola, che oltre a lavorare come agente immobiliare è a capo del gruppo di hooligans I.C.C. (acronimo di Inter City Crew).[95] Bexy e la sua banda sono in combutta con gli altri gruppi hooligans cittadini, tra cui quello dei “Buccaneers”,[96] capitanati da Yeti (Philip Davis), soliti ad atti di vandalismo nei confronti degli avversari. In vista degli imminenti Europei di calcio in Germania, si tiene un teso incontro tra i diversi gruppi per decidere il seguito della Nazionale inglese. In attesa, le faide tra le diverse “firm” si fanno a dir poco violente: macchine incendiate, scazzottate e un membro dell'I.C.C. (Terry Sue-Patt) che viene sfregiato al viso da un avversario. Bexy cerca subito di vendicarlo, entrando in casa dell'hooligan nemico e puntandogli un coltello sulla faccia; con lo stesso coltello, la figlia di Bexy si ferisce mentre il padre è al telefono con Yeti. Questo grave fatto causa la lite tra Bexy e la moglie (Lesley Manville), così l'hooligan si rifugia a casa del padre (Dave Atkins), dove in una stanza tappezzata dal materiale della sua squadra (il West Ham, ndr), tiene anche una valigia piena di
armi pronte da usare per gli scontri con i rivali. Il padre di Bexy non contrasta assolutamente la sfrenata ione del figlio e anzi, fa una fotografia a tutta la “firm” con tanto di armi in pugno. L'I.C.C., che medita di dare una lezione ai “Buccaneers”, si prepara ad andare all'assalto; mentre Yeti e i suoi pensano di incontrarli allo stadio, Bexy e la sua banda faranno irruzione nel loro pub dopo la partita, con mazze e bastoni alla mano. Lo scontro è violentissimo e Yeti, ferito gravemente a terra da Bexy, trova il modo di estrarre una pistola e sparare al rivale, uccidendolo. Nella scena finale, vediamo gli hooligans dell'I.C.C. che rivendicano il proprio stile di vita inneggiando a Bexy e all'Inghilterra davanti ad una telecamera. Realizzato per la rete televisiva Bbc qualche anno dopo il documentario Hooligans (Ian Stuttard, 1985),questo film è il primo che tenta una rappresentazione del fenomeno del tifo organizzato inglese, in anni particolari. The Firm racconta fin dai primi minuti la maniaca rivalità tra i diversi gruppi hooligans, che sfocia sempre in un'incondizionata ricerca della violenza. Il film tratteggia in maniera cruda ma tendenzialmente realistica un mondo difficile, senza ricorrere ad una facile retorica. Non mancano anche momenti ironici, come quando Bexy e i componenti della “firm” attuano un goliardico “rito d'iniziazione” ad una giovane leva. Il protagonista Gary Oldman delinea un personaggio diviso tra la vita familiare, il lavoro e le azioni violente con la sua banda di tifosi. The Firm, ultimo lavoro del regista e autore televisivo Alan Clarke, ha ricevuto negli anni molti apprezzamenti, ed è considerato il miglior film realizzato sul tema della violenza negli stadi.[97] Particolarmente apprezzata la prova del protagonista Gary Oldman, descritta come una delle migliori prove della sua carriera.[98] All'inizio del film, privo di colonna sonora, è possibile ascoltare la canzone “That's amore” cantata da Dean Martin. Vent'anni dopo, il regista Nick Love ha diretto l'omonimo The Firm (2009), sempre ambientato a fine anni Ottanta; qui, Love pone un forte accento sull'abbigliamento “casual” dei tifosi.
La scheda di The Firm: Regia: Alan Clarke
Produzione: Inghilterra, 1988 Soggetto e sceneggiatura: Al Hunter Interpreti principali: Gary Oldman, Phil Davis, Charles Lawson, Lesley Manville, Terry Sue-Patt, Steve McFadden, Dave Atkins Genere: Drammatico Durata: 66'
Tornando in Italia, nel 1991 esce Ultra', diretto da Ricky Tognazzi. Il film racconta di un gruppo di tifosi della Roma, la “Brigata Veleno”, capitanato da Principe (Claudio Amendola), appena uscito dopo due anni di galera per rapina. Durante il periodo in carcere, Cinzia (Giuppy Izzo), la sua ragazza, ha iniziato una relazione con Red (Ricky Memphis), membro del gruppo. Principe nota fin da subito dei cambiamenti in Cinzia, sospettando la sua relazione con Red; intanto, la “Brigata Veleno” si sta organizzando per la trasferta di Torino, dove la Roma affronterà la Juventus, i cui sostenitori sono loro acerrimi nemici. Alla trasferta, oltre a Principe, Red e i membri del gruppo tra cui Teschio (Antonello Morroni), Ciafretta (Gianmarco Tognazzi), Smilzo (Fabrizio Vidale) e Mandrake (Fabio Buttinelli), partecipa anche Fabietto (Alessandro Tiberi), undicenne fratello di Cinzia. I tifosi partono con un treno speciale in nottata; durante il viaggio, che scorre tra scherzi, birra e fumo, Principe e Red arrivano ad affrontarsi, con il primo che rinfaccia al secondo il suo rapporto con Cinzia e un suo progetto di stabilirsi a Terni, cosa che lo allontanerebbe dal gruppo. Il treno si ferma poi per un un guasto, momento in cui l'impacciato Smilzo (il nome è ironico vista la sua robusta corporatura) approccia con un'affascinante signora (Simona Izzo) offrendole dei biscotti. Intanto, Red e Principe riprendono la discussione e quest'ultimo, esagerando con le parole, viene colpito con un pugno dal primo. Il treno riparte poi verso Torino e l'adrenalina dei componenti del gruppo sale sempre più. Quando il convoglio sta arrivando alla stazione di Torino, il vagone dei romanisti viene colpito da una sassaiola: i tifosi bianconeri dei “Drughi” hanno dato loro il “benvenuto”. Ciafretta, colpito al viso da un sasso, rimane ferito, mentre la “Brigata Veleno” scende dal treno per cercare di rispondere fisicamente ai rivali. Principe e Red sono adesso uniti, come se le divergenze venuti fuori prima fossero dimenticate; i romanisti affrontano il
gruppo di juventini sui binari della stazione, facendosi valere e rubando loro anche una sciarpa bianconera che ha in mano Smilzo. La polizia ferma poi entrambi i gruppi: ai “Drughi” juventini, feriti, viene chiesto di riconoscere i loro aggressori; pur trovandosi faccia a faccia con Principe e compagnia, non fanno alcuna segnalazione. Dopo questo, Red telefona a Cinzia da una cabina della stazione, cosa che Principe nota: i malumori tra i due riemergono. I tifosi romanisti salgono poi sull'autobus alla volta dello stadio: c'è grande trepidazione, i cori si sprecano e Fabietto, alla sua prima trasferta, si emoziona ancor di più alla vista dello stadio. Scesi, nel piazzale antistante l'impianto, oltre ad una numerosa schiera di polizia, ci sono gli ultrà juventini; gli agenti non riescono a controllare i romanisti e un nuovo scontro è inevitabile. Stavolta però, la rissa è ancora più violenta: tra la paura del piccolo Fabietto e Ciafretta che difende lo striscione del gruppo, Principe, Red e gli altri si affrontano ferocemente con i rivali juventini; accade l'impensabile: Principe, a terra, nel tentativo di accoltellare un rivale, colpisce l'amico Smilzo, scambiandolo per uno juventino per via della sciarpa bianconera sottratta alla stazione. Mentre la polizia ferma tanti tifosi, la partita è già iniziata; Principe, accortosi del grave accaduto a Smilzo, entra insieme a lui aiutandolo a nascondere il suo ferimento. Una volta entrati, si dirigono nei bagni dello stadio, dove Smilzo muore. La parola che si sparge tra la tifoseria romanista è a questo punto una sola: vendetta. Red intanto, nota la sciarpa bianconera e capisce tutto: Principe nega di aver accoltellato l'amico per sbaglio, partendo col resto della tifoseria per dare l'assalto ai rivali juventini. Il finale vede Red, accasciato accanto all'amico Smilzo nei bagni, che non sapendo neanche il vero nome del ragazzo esanime, risponde ai poliziotti di non sapere chi sia stato a ferirlo a morte. Ultra' tenta di fare un ritratto del tifo organizzato italiano, causando all'epoca forti critiche da parte della tifoseria romanista; che, tra l'altro, distribuì dei volantini davanti al cinema in cui era in programmazione il film chiarendo che “infangava vergognosamente la mentalità ultras”, mancando di obiettività e non riconoscendo ad esempio le attività solidali dei gruppi ultras.[99] Il film si apre con una scena in bianco e nero che riprende un finto tentativo di stupro da parte del gruppo di tifosi ai danni di Cinzia. Durante la storia, la diatriba tra Principe e Red si accavalla all'organizzazione della trasferta di Torino; si nota il netto distacco tra i problemi personali e i fatti di gruppo, che riescono ad unire i personaggi. Il protagonista Claudio Amendola rappresenta una figura dalla vita difficile e
disagiata, che dopo due anni di detenzione torna a sentirsi sé stesso solo grazie al suo ruolo all'interno del gruppo; in una scena lo si vede sfogarsi chiamando in diretta il programma sportivo “Goal di notte” diretto da Michele Plastino e criticando il caro biglietti e l'operato della società romanista. Il personaggio interpretato da Ricky Memphis tratteggia un ragazzo indeciso e in crisi d'identità: da una parte l'ormai abitudinaria attività di gruppo e, dall'altra, l'amore per la ragazza e l'idea di un futuro lontano dalla vita di sempre. Sono significativi i personaggi dello Smilzo (Fabrizio Vidale), ragazzo impacciato vittima degli scherzi dei suoi amici, e di Fabietto (Alessandro Tiberi), bambino tifosissimo della Roma che sogna la sua prima trasferta, durante la quale si ritroverà davanti ad eventi drammatici. Piccola parte anche per l'odierno presidente della Sampdoria e produttore cinematografico Massimo Ferrero, nei panni di un tifoso romanista che va a salutare gli amici in partenza per la trasferta. Ne titoli di testa, il regista Ricky Tognazzi dedica al padre Ugo[100] il film: “Ad Ugo Tognazzi, mio padre ed amico”. Ultrà, per la miglior regia, nel 1991 ha ricevuto il David di Donatello e l'Orso d'argento al Festival di Berlino.[101] Le musiche sono di Antonello Venditti. Questa la critica dell'epoca di Mirella Poggialini su “L'Avvenire”:
“Unendo il tema del disagio giovanile a quello più specifico, della violenza legata allo sport e alle sue manifestazioni, Tognazzi osserva con occhio freddo e analitico le miserie di una bestialità che appare gratuita: ma sa esprimere con il cuore la sua volontà di capire”.
In Italia, un altro tentativo di rappresentare il tifo organizzato c'è stato con L'ultimo ultrà, film del 2009 diretto e interpretato da Stefano Calvagna.
La scheda di Ultra': Produzione: Italia, 1991
Regia: Ricky Tognazzi Soggetto: Ricky Tognazzi, Simona Izzo, Graziano Diana Sceneggiatura: Simona Izzo, Graziano Diana, Giuseppe Manfridi Interpreti principali: Claudio Amendola, Ricky Memphis, Giuppy Izzo, Fabrizio Vidale, Gianmarco Tognazzi, Alessandro Tiberi Genere: Drammatico Durata: 93'
Nel 1995 viene girato Hooligans, produzione anglo-tedesca diretta da Philip Davis. E' la storia di John (Reece Dinsdale), poliziotto che viene incaricato di infiltrarsi insieme ad altri tre colleghi nella frangia violenta dei tifosi dello Shadwell Town, chiamati “Dogs”. L'obiettivo della polizia è incastrare i capi della tifoseria e accusarli di associazione a delinquere. John, in coppia col sergente Trevor (Richard Graham), inizia così a seguire la squadra di seconda divisione sia in trasferta che in casa, dove lo stadio è chiamato dai tifosi “il canile”. Inizialmente i due, soprattutto Trevor, non sono visti di buon occhio dagli altri tifosi, ma poi si fanno ben accettare e, spacciandosi per imbianchini, cominciano a frequentare il “Rock”, pub punto di riferimento dei capi della tifoseria dove conoscono la barista Lynda (Saskia Reeves). I quattro infiltrati si sentono sempre più coinvolti nel ruolo di tifosi, finchè John approfitta per mettersi ancor di più in buona luce di fronte ai “Dogs”: infatti, mentre davanti al pub a un pullman di tifosi del Birmingham, lui parte da solo all'assalto di questi. Con questa azione si guadagna sempre maggior fiducia da parte della tifoseria, compreso il proprietario del locale Bob (Warren Clarke), zio di Lynda e appena uscito di prigione. Durante una trasferta, per la quale i “Dogs” avevano preparato un attacco nei confronti della tifoseria di casa, Trevor si ferma a telefonare ai colleghi per segnalare la situazione e i tifosi dello Shadwell saranno fermati da un blocco della polizia. Questo fatto lascia perplessi i “Dogs”, tra cui Bob, che al pub fa capire ai presenti che tra di loro sono nascoste delle spie; i maggiori sospetti cadono su John e Trevor, i quali riescono a convincere i tifosi che non siano infiltrati. John, per togliere ogni dubbio sulla sua identità, una sera finge davanti agli altri tifosi di non saper leggere e scrivere, cosa che fa convincere gli altri che di fatto non possa essere un poliziotto. I quattro infiltrati
vengono successivamente collocati in un'ex fabbrica di vernici, affinchè possano essere meno esposti. La vita di John prosegue tra il complicato rapporto con la compagna Marie (Claire Skinner) e l'attività di infiltrato tra pub e stadio. Durante la trasferta a Wapping, alcuni “Dogs” decidono di andare a provocare i tifosi avversari nel loro settore, provocando dei tafferugli in cui John si rende ancora protagonista, mentre Trevor si era già dileguato; dopo, John raggiunge il settore dei tifosi dello Shadwell che lo portano in trionfo. Agli infiltrati poi, visto il buon lavoro, viene prolungata la ”missione”, cosa che rende felici i quattro; John è ormai immedesimato nella tifoseria, cosa che incrina ancor di più il rapporto con Marie, a cui il poliziotto fa vedere lo stemma dello Shadwell che si è fatto tatuare. Dopo l'ennesimo litigio, John decide di andare da Lynda, che lo aveva corteggiato, iniziando una relazione con lei. L'infiltrato, ormai elemento importante della tifoseria, giunge allo stadio per seguire un'altra partita; al “canile”, i tifosi dello Shadwell vengono raggiunti da un fitto lancio di oggetti da parte dei temibili sostenitori del Tyburn; Gumbo (Lee Ross), uno dei ”Dogs”, viene gravemente ferito ad un occhio: John lo soccorre, prendendosela poi con una guardia, che minaccia con veemenza. Finita la partita, i “Dogs” hanno il dente avvelenato per quanto subito prima e sfondando un cordone di polizia vanno a caccia dei tifosi avversari. Li raggiungono nella piazza del mercato, ma i ”Dogs” sono in netta inferiorità numerica: sono solo John e Martin (Sean Pertwee) ad a andargli eroicamente incontro. Dopo lo scontro, i due si abbracciano soddisfatti, con John che ha la maglia completamente macchiata di sangue. In seguito, i colleghi lo informano di aver reperito un video degli scontri nella piazza del mercato, in cui un tifoso del Tyburn è morto accoltellato. Di nuovo al pub, John viene presentato a Wynton Mbula (Alan Cooke), uno dei capi della tifoseria, che prima gli offre una dose di droga e poi lo porta dagli altri capitifosi. Dopo il tragico tafferuglio, la squadra di infiltrati viene sospesa e tutto il materiale da loro reperito viene consegnato a Scotland Yard. John pensa così che non potrà più vivere la sua vita tra il pub e lo stadio a cui si era abituato; ha quindi uno scontro con Trevor, che cerca di ricordargli che è un poliziotto. Intanto, le indagini hanno portato alla chiusura del ”Rock”: Lynda è disperata e rompe il rapporto con John, dicendogli che fin dal primo momento aveva capito che era un poliziotto. John è allo sbando: ubriaco, va a cercare Marie a casa dei genitori, da cui viene però respinto. Il suo collega Eddie (Perry Fenwick), dissociato dopo l'esperienza da infiltrato, viene colto da un raptus negli spogliatoi della centrale e rompe uno specchio: viene così messo in una cella dove si ritrova ad ascoltare la partita dello Shadwell alla radio. John, tornato a casa, si disfa delle cose associate a Marie e le brucia, mentre lo Shadwell sale in prima divisione. Nel finale, il sergente Trevor, rientrato al lavoro di sempre, si
ritrova prima faccia a faccia con Gumbo, portato alla centrale di polizia per un furto, che rimane incredulo alla vista del poliziotto; poi, incontra John che sta partecipando ad un corteo, il quale, inneggiando al Terzo Reich, gli dice di essere in missione, cosa che lui non può capire. Il titolo originale del film è I.D. (Identification). Il regista Philip Davis[102] racconta il mondo degli hooligans inglesi parallelandolo a quello dei poliziotti; due mondi, questi, che durante il film finiscono per sovrapporsi. La tifoseria organizzata viene descritta separando i capi dai tifosi che seguono più frequentemente la squadra. Il personaggio di John è emblematico nel suo immedesimarsi nella tifoseria fino a diventarne un elemento tra i più importanti: l'assalto ai tifosi del Birmingham, il tatuaggio con lo stemma della squadra, la scelta di una relazione con la barista del ”Rock” Lynda (preferita alla sua compagna Marie per i suoi legami con la tifoseria), la discussione allo stadio con un poliziotto che non riconosce più come suo collega, fino ali tafferugli insieme all'amico Martin contro i tifosi del Tyburn sono tutti i aggi della sua “metamorfosi” da infiltrato a hooligan. Al personaggio interpretato da Reece Dinsdale si oppone quello di Trevor (Richard Graham), che, nonostante un moderato coinvolgimento nel tifo per la squadra, si mantiene fermo nel suo compito di infiltrato, fuggendo più volte in occasione dei tafferugli a cui prende parte invece John. Nel cast c'è Warren Clarke, uno dei “drughi” di Arancia Meccanica (Stanley Kubrick, 1971). Nel film non si vede mai il calcio giocato, ma gli stadi di Bradford e Rotherham, di cui la produzione ringrazia i rispettivi tifosi nei titoli di coda. L'idea di base del film, la cui musica è firmata da Will Gregory, pare sia stato un infiltraggio della polizia nella tifoseria del Wolwerhampton durante la stagione 1987/88. Negli anni a venire, il cinema ha fatto altre rappresentazioni del tifo violento inglese come in Football Factory (Nick Love, 2004), Green Street Hooligans (Lexi Alexander, 2005), Cass (Jon S. Baird, 2008), Green Street Hooligans 2 (Jesse Johnson, 2009).
La scheda di Hooligans:
Produzione: Inghilterra/Germania, 1995 Regia: Philip Davis Soggetto: Jim Bannon Sceneggiatura: Vincent O'Connel Interpreti principali: Reece Dinsdale, Richard Graham, Perry Fenwick, Philip Glenister, Saskia Reeves, Claire Skinner, Sean Pertwee, Warren Clarke, Lee Ross Genere: Poliziesco Durata: 101'
Due anni più tardi, esce in Inghilterra Febbre a 90° (titolo originale Fever Pitch), film diretto da David Evans che analizza il tifo a livello più personale. E' la storia di Paul (Colin Firth), professore di lettere in una scuola superiore londinese e grande tifoso dell'Arsenal, che sta giocando la stagione 1988-89. Paul non ha un metodo rigido nell'insegnamento e una mattina viene richiamato dalla collega Sarah (Ruth Gemmel) mentre dalla sua aula provenivano dei cori da stadio. Una sera Paul, dopo il ricevimento dei genitori, riaccompagna a casa Sarah e i due ano la notte insieme. Paul, che è anche l'allenatore della squadra di allievi della scuola, un giorno viene avvicinato sul campo dal preside (Ken Stott), che gli propone un ruolo da vicepreside: lui, concentrato sulla partita, ignora la possibilità. La vita di Paul scorre tra la compagnia dell'amico e tifoso Steve (Mark Strong) e la relazione con Sarah, che si sta abituando alla sua verace fede calcistica. Di fatto, Paul convince Sarah ad andare allo stadio in occasione di Arsenal-Newcastle; qui, nel settore più caldo dei tifosi dei “Gunners”, la ragazza percepisce qualche dolore alla pancia. In concomitanza della partita dell'Arsenal, si gioca ad Hillsborough la semifinale di Fa Cup tra Liverpool e Nottingham-Forest e Paul, sulle gradinate, chiede informazioni su questa sfida, vedendosi rispondere che si sono verificati gravi incidenti.[103] Una volta a casa, i due ragazzi sono a conoscenza della morte di 96 tifosi del Liverpool: Sarah, disgustata, chiede a Paul se nonostante quella tragedia continuerà ad andare allo stadio; lui risponde di sì, dicendo che il suo amore per l'Arsenal non cambia. I due litigano, con Paul che torna a casa sua; dopo una
lunga riflessione, il ragazzo telefona a Sarah, chiedendole se è incinta: il suo silenzio fa capire la risposta positiva. La ragazza, con un figlio in arrivo, è molto preoccupata, anche perchè ritiene la vita di Paul troppo infantile. Lui invece è entusiasta e pare intenzionato e pronto a dedicarsi alla nuova famiglia. In seguito, Paul e l'amico Steve, dopo essersi ritrovati al pub, vanno allo stadio per Arsenal-Norwich: i “Gunners” vincono 5-0 e il titolo, dopo quasi vent'anni, è sempre più vicino. Paul poi, porta Sarah a vedere quella che potrebbe essere la loro futura casa, che non a caso, è proprio di fronte allo stadio di Highbury. Il ragazzo sta vivendo uno dei momenti più importanti della sua vita: il figlio in arrivo e l'amato Arsenal ad un o dalla vittoria del campionato. I suoi ricordi riaffiorano, da quando era ragazzino, col padre che lo accompagnava a vedere le prime partite allo stadio. Paul decide anche di partecipare al colloquio per il posto da vicepreside: la commissione si dimostra però indiscreta, parlandogli della sua ione per l'Arsenal e rinfacciandogli la relazione con la collega. Nella penultima partita di campionato, l'Arsenal affronta il Derby County e una vittoria significherebbe il titolo per la squadra londinese; Paul va allo stadio con l'amico Steve, ma la partita non si sblocca e alla fine l'Arsenal perde. Il ragazzo è abbattuto e quando Sarah lo avvicina, i due discutono: per lui l'Arsenal non è un gioco come sostiene lei e la loro relazione sembra prendere un brutta piega. La fine della stagione (calcistica e scolastica) si avvicina e arriva anche la finale di Coppa della squadra di allievi di Paul; durante la gara, il suo alunno (e tifoso dell'Arsenal) Robert (Richard Claxton) sbaglia un calcio di rigore: il professore lo rincuora dicendogli che è più importante la partita del giorno dopo tra Liverpool e Arsenal che assegnerà il titolo. I rapporti con Sarah sono sempre distanti, mentre Paul, a poche ore dalla partita, ripercorre tutta la sua vita, da quando era ragazzino e provava le prime emozioni per l'Arsenal fino alla sua tormentata ma sincera relazione con Sarah. Arriva così il momento della verità: l'Arsenal gioca a Liverpool l'ultima partita di campionato, dove deve vincere almeno 2-0 per aggiudicarsi il titolo. Paul e Steve decidono di non seguire la squadra in trasferta, guardando la partita da casa. Sarah, nel mentre, è invitata ad una festa di una sua alunna: qui, la professoressa chiederà di accendere la televisione per sapere il risultato della partita, che a metà tempo è sullo 0-0 dopo un forte dominio dei “Gunners”. Paul, disilluso, pensa di uscire di casa senza assistere al secondo tempo, ma Steve lo convince a rimanere. Paul sta seguendo la partita appoggiato alla porta di casa quando all'inizio del secondo tempo l'Arsenal a in vantaggio con la rete di Alan Smith. Anche Sarah apprende la notizia del gol, che accoglie con entusiasmo; alla festa intanto, gli alunni la ringraziano per il suo lavoro, paragonandola bonariamente all'allenatore dell'Arsenal, George Graham. Lei decide così di correre al quartiere di Highbury
con un taxi; nel momento più sbagliato suona a casa di Paul, in quel momento completamente immerso nella partita. Dopo che il centrocampista Michael Thomas aveva fallito l'occasione del raddoppio, la partita giunge ai minuti di recupero tra la disperazione di Paul e Steve; Paul, che aveva sceso le scale per raggiungere Sarah, le risale immediatamente all'urlo dell'amico: Michael Thomas ha raddoppiato per l'Arsenal. I due esultano a più non posso aspettando con trepidazione il fischio finale, mentre Sarah sta camminando da sola ad Highbury. Pochi secondi dopo, il quartiere viene invaso dai tifosi festanti e colorati: l'Arsenal è Campione d'Inghilterra dopo 18 anni. I festeggiamenti continuano fino a tardi, quando gli occhi di Sarah e Paul si incrociano tra le bandiere biancorosse. I due si raggiungono e si baciano, la loro relazione adesso può ripartire più solida di prima. Nella scena finale, Sarah e Paul percorrono una strada ormai deserta di Highbury, che già si era vista nel ricordo di lui da ragazzino. Dal romanzo autobiografico di Nick Hornby, “Fever Pitch, A fan's life”, il film d'esordio di David Evans analizza l'influenza del tifo calcistico a livello personale. Il personaggio interpretato da Colin Firth mette davanti la propria fede sportiva alla propria carriera e anche la relazione con Sarah e la notizia del figlio in arrivo non riescono a distoglierlo dall'andamento dell'Arsenal nelle ultime decisive partite. “Gli antropologi hanno sempre avuto qualche difficoltà con il calcio. Il problema è che uno vede solo quello che sta fuori, ma c'è anche un dentro, che ci si creda o no. Abbiamo tutti lenostre ragioni per amare le cose come facciamo” è il pensiero del protagonista. Che dopo un litigio con Sarah, che arriva a rimproverarlo perchè le parla di “stagioni” (quelle calcistiche) anzichè di anni, penserà nella solitudine notturna: “Il calcio ha significato troppo per me e continua a significare troppe cose. Dopo un po' ti si mescola tutto in testa e non riesci più a capire se la vita è una merda perchè l'Arsenal fa schifo o viceversa. Sono andato avedere troppe partite, ho speso troppi soldi, mi sono incazzato per l'Arsenal quando avrei dovuto incazzarmi per altre cose. Ho preteso troppo dalla gente che amo. Ok, va bene tutto, ma non lo so, forse è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro. Come fai a capire quando mancano tre minuti alla fine e stai 2 a 1 in una semifinale e ti guardi intorno e vedi tutte quelle facce, migliaia di facce: stravolte, tirate per la paura, la speranza, la tensione, tutti completamente persi senza nient'altro nella testa. E poi il fischio dell'arbitro e tutti che impazziscono. E in quei minuti che seguono tu sei al centro del mondo. E il fatto che per te è così importante che il casino che hai fatto è stato cruciale in tutto questo, rende la cosa speciale. Perchè sei stato decisivo come e quanto i giocatori in campo. E se tu non ci fossi stato, a chi
fregherebbe niente del calcio? E la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continumente; c'è sempre un'altra stagione. Se perdi la finale di Coppa in maggio puoi sempre aspettare il terzo turno in gennaio. E che male c'è in questo? Anzi, è piuttosto confortante se ci pensi. Di quando in quando, non molto spesso però succede, ti capita di scoprire un mondo che funziona diversamente. Un mondo che non si ferma a maggio e riparte di nuovo in agosto. Ci sono cose che non ritornano più, e cose che non se ne andranno mai. E cose che non potresti ignorare anche se volessi”. L'inizio del film vede Paul da ragazzino (Luke Aikman) insieme alla sorella (Bea Guard) e il padre di loro (Neil Pearson). Sarà proprio il padre che lo porterà per la prima volta allo stadio per la partita Arsenal-Stoke City del 14 settembre 1968. Le analessi sono ricorrenti durante il film e spiegano bene la crescente ione per l'Arsenal di Paul; il quale, al padre che gli propone un programma alternativo rispetto allo stadio, auspicando che abbia superato la fase “immatura” del tifoso, risponde: “Noi non supereremo mai questa fase”. Nel finale, invece, la voce sottofondo di Paul descrive così il giorno del titolo dell'Arsenal collegandolo al rapporto con Sarah: “Quando ripenso al 26 maggio 1989, non so spiegarmi esattamente cosa sia successo a entrambi. Be', a tutti e tre se contiamo la squadra. Però so una cosa, che il mio rapporto con l'Arsenal è cambiato, quella sera. È come se fossi saltato sulle spalle della squadra e questa mi avesse trasportato nella luce che si irradiava di colpo su tutti noi. In quel momento, in qualche modo, mi sono sentito staccato dalla squadra. Oh sì, ci frequentiamo ancora e io continuo ad amarla e insieme a odiarla, ma ho la mia vita ora. I miei successi e i miei fallimenti non sono necessariamente legati ai suoi. E questa è una buona cosa, almeno credo”. L'azione temporale del film si svolge durante la stagione calcistica 1988-89, anno in cui l'Arsenal vinse il suo nono titolo nazionale. La sconfitta interna dell'Arsenal raccontata nella penultima partita col Derby County coincidette in realtà con uno 0-0 col Wimbledon. L'attaccante Alan Smith, autore della prima rete nella partita decisiva col Liverpool, vinse tra l'altro il titolo dei cannonieri con 23 marcature. Parte del film è girata nel quartiere di Highbury, casa dell'Arsenal, mentre le scene allo stadio sono state riprese al Craven Cottage, stadio del Fulham. Tante le immagini di repertorio, da quelle degli anni Settanta fino all'ultima partita di Liverpool. Il protagonista Colin Firth è doppiato da Danilo De Girolamo. Le musiche sono di Boo Hewerdine e Neil MacColl, e durante i titoli di coda si
ascoltano le note di “Goin' Back” cantata dai The Pretenders. Nel 2005 è stato girato L'amore in gioco, film statunitense diretto da Peter e Bobby Farrelly: questo film si ispira liberamente al romanzo di Hornby sostituendo però il tifo per il calcio a quello per il baseball. Questa la critica italiana a Febbre a 90° di Tullio Kezich su “Il Corriere della Sera” del 29 novembre 1997:
“Se dovessimo stabilire una priorità fra libro e film, non c'è dubbio che la pagina batterebbe lo schermo. David Evans, regista esordiente di matrice televisiva, se la cava onorevolmente ma non è certo Mike Leigh. E nella trasposizione la cruda, ambigua e a momenti derisoria sincerità del memorialista che nella sua ione sportiva si autodenuncia come caso clinico, non è altrettanto convincente attribuita a un personaggio di fantasia. Però il film si fa vedere lo stesso per doti di freschezza e originalità”.
La scheda di Febbre a 90°: Produzione: Inghilterra, 1997 Regia: David Evans Soggetto e sceneggiatura: Tratti dal libro “Fever pitch” di Nick Hornby Interpreti principali: Colin Firth, Ruth Gemmel, Mark Strong, Ken Stott, Luke Aikman, Neil Pearson Genere: Commedia Durata: 98'
Si arriva al 1999, quando in Italia esce Tifosi, per la regia di Neri Parenti. E' un film composto da quattro episodi, in cui vengono raccontate le grottesche avventure di alcuni sfegatati tifosi di calcio. In ordine di apparizione, il primo
episodio narra del signor Colombo (Enzo Iacchetti), pilota d'aereo di fede interista, il cui figlio Fabrizio (Giulio Brunetti) è fidanzato con Marta (Alessandra Bellini), figlia del medico e tifoso laziale Cesare Proietti (Christian De Sica). I ragazzi organizzano un incontro tra i due genitori, chiedendo loro di non parlare di calcio; ma è il giorno di Lazio-Inter e il ristorante “dar laziale” rovina il pranzo del signor Colombo, giunto a Roma principalmente per andare allo stadio. Quest'ultimo e Proietti poi, hanno un accenno di lite a tavola, pur tantando di nascondere goffamente la rispettiva fede calcistica; più tardi, si rivedranno allo stadio Olimpico, intenti uno più dell'altro ad incitare la propria squadra. Lo scontro è inevitabile e i due si azzuffano, sotto gli occhi dei figli. Questi ultimi, che paiono più maturi dei loro padri, gli comunicano che si vogliono sposare e che Marta, solo 17enne, è incinta. I due genitori mettono così da parte le stupide divisioni calcistiche e vanno a cercare i propri figlia a casa della ex del dottor Proietti; qui, ci sono ad attenderli due feroci cani da guardia, che li sbranano. Ricoverati in ospedale, ascoltati dai loro figli, si dimostrano contenti della relazione dei due ragazzi, ma si mettono a discutere sul nome da dare al futuro nipote, che ovviamente deve appartenere ad un giocatore di Lazio o Inter. Il secondo episodio ha per protagonista Gennaro Scognamiglio (Nino D'Angelo), tifoso napoletano che mentre sta per essere scarcerato da Poggioreale preferisce chiudersi dentro la cella per finire di ascoltare alla radio la partita del Napoli; decide infatti di uscire il sabato successivo, giusto in tempo per poter seguire il Napoli in trasferta sul campo dell'Atalanta. La trasferta però salta, visto che un ciuco-mascotte dei tifosi mangia il biglietto suo e dell'amico Ferdinando (Peppe Quintale); Gennaro, tornato a casa, scopre che la famiglia con moglie e quattro figli è stata sfrattata e vive in mezzo ad una strada di Napoli. Inoltre, Gennaro viene cercato da “Barracuda” (Peppe Lanzetta), un losco personaggio a cui deve pagare un debito di 50 milioni di lire e che gli fa firmare delle cambiali sotto minaccia. Così, l'amico Ferdinando lo convince a “lavorare”, ovvero a svaligiare un lussuoso attico. Una volta entrati nella casa, i due accendono per caso il decoder collegato alla televisione e gli appare in diretta la partita tra Atalanta e Napoli. Tutto si ferma, Gennaro e Ferdinando si perdono a guardare la partita dimenticandosi del motivo per cui erano arrivati in quella casa; pian piano, l'appartamento sarà riempito da tanti altri tifosi: dal vicino ai chierichetti arrivati insieme al sacerdote per la benedizione, dal barista a cui avevano ordinato i babà fino a due poliziotti avvisati per la confusione creata. Finita la partita, i due si mettono a rubare, ma una volta fatto il ”lavoro” e scesi in strada, Gennaro viene quasi investito da una macchina: alla guida c'è Diego Armando Maradona e per i
due è come una visione. I due ladruncoli si mettono a parlare con il loro idolo indiscusso e vengono a sapere che la casa svaligiata è la sua; Gennaro così finge dolore alla gamba per farsi accompagnare dal calciatore in farmacia, di modo che Ferdinando possa tornare su a rimettere tutto in ordine. Poi, Maradona invita a casa sua Gennaro, che gli chiede di fare una foto autografata: una volta sviluppata, dietro c'è anche Ferdinando, che si era messo in posa di nascosto. I due sono costretti così a dire del furto a Maradona, che promette di non denunciarli. La festa continua in pizzeria, dove Gennaro estingue il debito con Barracuda solo perchè gli ha permesso di farsi una foto insieme a Maradona. Il terzo episodio ha per protagonista Silvio Galliani (Massimo Boldi), tassista milanese e tifoso del Milan. Mentre va a giocare la schedina del Totocalcio, per errore mette la vittoria della Roma nell'imminente sfida in casa del Milan. Durante la giornata che precede l'incontro serale tra le due formazioni, il tassista, il cui taxi si chiama “Zaccheroni 4”,[104] ha ripetuti e fortuiti incidenti con i due tifosi romanisti Fabio e Nando (Angelo Bernabucci e Maurizio Mattioli), giunti a Milano per la trasferta. Silvio intanto, ha indovinato tutti i dodici risultati pronosticati nella schedina e, a poche ore dalla partita, apprende che la sua potenziale vincita in caso di vittoria della Roma è di un miliardo di lire. La sua grande fede rossonera comincia così a oscillare, almeno per una sera; a quel punto, in crisi tra il tifo per il Milan e il possibile “13”, Silvio decide di unirsi ai tifosi romanisti nel settore ospiti. Qui, incontra Fabio e Nando, che per sua fortuna non lo avevano riconosciuto durante la giornata a bordo del suo taxi, i quali gli chiedono se sia veramente un tifoso romanista notando le sue origini meneghine. Lui risponde di essere “milanese e lupacchiotto” e se li fa amici; sul campo intanto, il Milan a in vantaggio: Silvio non regge l'entusiasmo e strappa addirittura la schedina. In pochi minuti però, la Roma ribalta il risultato e vince la partita. Silvio è disperato, alla ricerca del tagliando vincente sui gradoni ormai deserti dello stadio Meazza. La schedina strappata a metà viene poi ritrovata, quando con Fabio e Nando si scambia i numeri di telefono; i due tifosi romanisti salgono in macchina e Silvio li raggiunge per impossessarsi dell'altra metà della schedina: Nando però la butta dal finestrino e così, il povero Silvio resta in macchina con loro, ben felici di portarlo a Roma. Nell'ultimo episodio, lo juventino Vito La Monica, detto “Zebrone” (Diego Abatantuono), è bandito dall'accesso allo stadio per tre anni da un giudice (Bruno Gambarotta) dopo aver causato dei disordini contro i rivali della Fiorentina. Non può così partecipare all'importante trasferta di Parma, incaricando i suoi amici di portare alto il suo blasone. Salutati gli amici alla
stazione in partenza per la trasferta, Zebrone non resiste e sale comunque sul treno; qui, abborda Luigia (Patrizia Loreti) per non essere scoperto dai controlli della polizia che lo sta cercando. Il tifoso viene comunque riconosciuto, e la stessa eggera, diretta anche lei a Parma, lo “copre” dicendo che è la sua fidanzata. Zebrone poi abbandona senza tanti complimenti la donna e, una volta arrivato nei pressi dello stadio Tardini, mette in guardia i suoi amici sui temibili tifosi avversari capitanati dai fratelli Culatello. Zebrone ha però il divieto d'accesso allo stadio e tenta così di entrare in tribuna stampa seguendo il noto tifoso juventino senegalese Idris: coloratosi la faccia di nero viene però individuato dalle guardie all'ultimo filtraggio e accompagnato fuori dallo stadio. Il tifoso juventino si ritrova in un bar pieno di tifosi del Parma quando in televisione riconosce Luigia, inquadrata nel terrazzo di casa sua proprio di fronte allo stadio. Zebrone non ci pensa due volte e si fionda da lei: una volta qui, la donna non pensa che sia intenzionato a seguire la partita dal terrazzo e così', infastidito, la lega ad una sedia. Proprio mentre segue la partita dall'alto, Zebrone si ritrova faccia a faccia con i fratelli Culatello (Victor Poletti, Alessandro Bettocchi e Giorgio Roma), che sono i vicini di casa. Questi lo “sequestrano” e lo portano nella sede del loro club, dove lo costringono a ripudiare la sua fede bianconera mentre lo riprendono con una telecamera. I tifosi parmigiani gli sottraggono anche la sciarpa bianconera simbolo della sua fede calcistica. Zebrone, riunitosi ai suoi amici pensa così ad una vendetta, ma una volta davanti alla sede del club, vede che il locale sta andando a fuoco per lo scoppio di una bombola. Così, preoccupato perchè potrebbe non ritrovare la sua sciarpa, si fionda dentro tra le fiamme: prima brucia la cassetta che lo disonorava, poi cerca di strappare la sua sciarpa al collo di Callisto, uno dei fratelli Culatello. Così facendo, fa la figura dell'eroe che ha salvato una vita davanti a tutti i tifosi e in più recupera la sua amata sciarpa. Durante un collegamento televisivo con la trasmissione “Goleada”, mentre spiega il suo gesto, discute con Giacomo Bulgarelli e Pasquale Bruno sulla rete ingiustamente convalidata alla Juventus, affermando che per lui è regolare: così arriva anche la zuffa con i fratelli Culatello in diretta. Il film di Neri Parenti è una rappresentazione nient'altro che caricaturale dei tifosi italiani. Sono tanti e ormai sorati gli stereotipi spesso ingiusti che definiscono i protagonisti. Anche i nomi dei personaggi sono stereotipicamente esosi: il tifoso milanista si chiama Silvio Galliani,[105] il tifoso laziale Cesare Proietti e quello interista Carlo Colombo, nomi e cognomi tipicamente romani e milanesi; i fratelli tifosi del Parma non sono a caso i “Culatello” e il tifoso juventino è Vito La Monica, richiamando ad un nominativo meridionale. Poi,
sono grotteschi i nomi dei figli del tifoso del Napoli, che si chiamano rispettivamente Diego, Armando, Mara e Dona. Il personaggio interpretato da Massimo Boldi è una riproposizione di un episodio del film Fratelli d'Italia (Neri Parenti, 1989), in cui il medesimo attore, anche lì sfegatato milanista, si ritrova suo malgrado in compagnia di due accesi tifosi romanisti, interpretati dagli stessi Angelo Bernabucci e Maurizio Mattioli. Anche il personaggio di “Zebrone” di Diego Abatantuono “terrunciello” si può dire un rifacimento del tifoso juventino già interpretato in Eccezzziunale...veramente (Carlo Vanzina, 1982). Oltre alla parte di Maradona nel ruolo di sé stesso, apparizione anche per Franco Baresi, che Massimo Boldi è ben lieto di far salire sul suo taxi. Reiterate le scene in cui si ascolta la trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto” con le voci di Alfredo Provenzali, Riccardo Cucchi, Bruno Gentili e Giulio Delfino. Il film si apre infatti col brano “A Taste of Honey”,[106] sigla della trasmissione, sulle immagini di repertorio degli stadi di Milano, Parma e Roma. Nel cast anche Franco Neri, che gioca la schedina a Massimo Boldi, e Antonio Allocca, “zio” di Nino D'Angelo. Numerose, oltre ai già citati, le apparizioni di volti televisivi: da Carlo Nesti a Maurizio Mosca, ando per Giampiero Galeazzi, Fabio Fazio, Massimo Caputi, Ela Weber e l'ex arbitro Paolo Fabricatore. La voce del tifoso del Bari e addetto dell'aeroporto che colloquia col pilota d'aereo Enzo Iacchetti è di Antonio Albanese. Le musiche del film sono curate da Bruno Zambrini.[107]
La scheda di Tifosi: Produzione: Italia, 1999 Regia: Neri Parenti Soggetto: Enrico Vanzina, Carlo Vanzina, Fausto Brizzi, Marco Martani, Neri Parenti Sceneggiatura: Enrico Vanzina, Fausto Brizzi, Marco Martani, Neri Parenti Interpreti principali: Enzo Iacchetti, Christian De Sica, Nino D'Angelo, Massimo Boldi, Diego Abatantuono, Peppe Quintale, Angelo Bernabucci, Maurizio Mattioli
Genere: Comico Durata: 118'
7. Calcio e cinema negli anni Duemila
Nei primi anni Duemila, il calcio ha fatto da sfondo alle produzioni cinematografiche con diverse intenzioni; maggiore tra le quali, quella di raccontare le ambizioni calcistiche dei giovani. A proposito, nel 2000 esce Jimmy Grimble, film diretto da John Hay. E' la storia di Jimmy (Lewis McKenzie), un introverso ragazzo 15enne che vive a Manchester, con la ione per il calcio e tifoso del Manchester City. La sua scuola è per la maggior parte frequentata da tifosi del Manchester United, alcuni dei quali vessano continuamente Jimmy per la sua fede calcistica. Durante le selezioni per la squadra scolastica, il ragazzo, seppur con un carattere remissivo, partecipa speranzoso di riuscire a farne parte; ma anche qui ci sono i soliti ragazzi che lo infastidiscono: Jimmy viene però difeso dall'insegnante di ginnastica ed allenatore della squadra Eric Wirral (Robert Carlyle), che decide di selezionarlo. Intanto, mentre la madre di Jimmy (Gina McKee) instaura una relazione con John (Ben Miller), un disordinato uomo che il ragazzo non vede di buon occhio, il 15enne s'infatua di Sarah (Samia Ghadie), una ragazza apionata di pugilato. Un giorno, quando ormai è buio, i suoi nemici di scuola tra cui Gordon Burley (Bobby Power), lo rincorrono per le vie della città: un'anziana signora (Jane Lapotaire) vede la scena e offre riparo a Jimmy nella sua fatiscente casa. Qui, il ragazzo nota due vecchi scarpini da calcio: la donna glieli dona dicendo che sono magici. Jimmy però, mentre sta tornando a casa, li getta in un bidone della spazzatura. Tornato a casa, sulla porta rivede Harry (Ray Winstone), l'ex compagno di sua madre a cui è rimasto legato anche perchè lo aveva accompagnato per la prima volta allo stadio. Harry però viene respinto dalla madre del ragazzo, con cui non si era lasciato bene perchè aveva nascosto il suo matrimonio. Si arriva così alla prima partita della squadra scolastica: il Greenock è impegnato sul periferico campo del Rotherham; Jimmy arriva al raduno, ma i soliti prepotenti, non volendolo con loro, gli gettano gli scarpini in un camion della spazzatura. Il ragazzo così, pensa a quelli che gli aveva regalato l'anziana signora: con una corsa disperata riesce ad andarli a recuperare e a tornare in tempo per la partenza. Arrivati a destinazione, Jimmy funge da riserva ed osserva la partita accanto all'allenatore Wirral, con cui ha una buona intesa;
sul campo intanto, tra la pioggia battente e il fango, la partita ha dei connotati piuttosto violenti, soprattutto per l'atteggiamento degli avversari. Il Greenock riesce comunque a are in vantaggio grazie a Gordon. Il secondo tempo si apre all'insegna dell'irregolarità come il primo, quando l'arbitro arriva addirittura a segnare di testa per la squadra locale; più che una partita è un incontro di lotta libera e Wirral getta coraggiosamente nella mischia Jimmy. Il ragazzo è schierato in difesa e durante il contropiede di un corpulento avversario, riesce a spazzare la palla con un tiro potente: Jimmy cade all'indietro e rimane in una pozza di fango, ma la traiettoria della palla è vincente, terminando in rete dopo aver attraversato più di metà campo e sorprendendo il portiere rivale impegnato a parlare al telefonino. Jimmy pensa così di andare a riferire all'anziana signora della sua prestazione; questa gli dice che gli scarpini sono appartenuti a Robby Brewer, un vecchio giocatore del Manchester City. Il ragazzo, cercando tra gli almanacchi della sua squadra, non riesce a trovare quel nome e quindi decide di andare nei pressi dello stadio “Maine Road” per chiedere informazioni. Un inserviente gli indica una casa dove può trovare un esperto in materia: suonando, si trova davanti Wirral, il suo allenatore. Questo gli dice di essere un ex giocatore del Manchester City, con cui ha giocato per due anni segnando anche una storica tripletta al Manchester United; ma Wirral non ha mai sentito parlare di tale Brewer. Per la squadra della scuola arriva poi il secondo turno sul temibile campo del Northmoor; qui c'è anche Ken, lo spocchioso padre di Gordon (John Henshaw) che vorrebbe che si asse la palla solo a suo figlio. Jimmy è in campo: la squadra a prima in svantaggio, poi sono due reti del ragazzino prodigio a capovolgere il risultato finale. Jimmy si guadagna il rispetto dei compagni, e con le sue prestazioni trascina la squadra fino alle semifinali, ma intanto non riesce a farsi avanti con Sarah per la sfiducia in sé stesso. La madre di Jimmy poi, centralinista in un radiotaxi, viene molestata dal suo capo ubriaco: uscendo di corsa dall'ufficio vede fuori il figlio in compagnia dell'ex Harry; questo li accompagna a casa, dove c'è John che lo maltratta. Jimmy dice così alla madre di lasciare l'uomo, mentre arriva il giorno della semifinale. Ad assistere alla partita c'è anche un osservatore del Manchester United (Dave Hill), che mette subito gli occhi sul talento di Jimmy. La sua squadra, grazie anche ad una sua segnatura, vince 2-0 conquistando l'accesso alla finale del torneo, che si terrà nell'incredibile scenario di Maine Road. In attesa della finale, Jimmy torna dall'anziana signora, che gli confida di aver litigato con Brewer perchè non gli aveva detto che era malato. In seguito, Jimmy vede una ruspa che tra la neve sta distruggendo la casa dell'anziana: disperato, cerca di fermare i lavori, ma poi corre per le vie adiacenti, scoprendo il corpo della donna esanime tra il ghaccio. A poche ore dalla finale, Jimmy è abbattuto. Sua madre, il giorno della partita,
scopre che John le ha rubato dei soldi, mentre quest'ultimo tenta un approccio con una ragazza: così si rompe la relazione tra i due, proprio dopo che qualche giorno prima anche l'ex Harry aveva lasciato la moglie. Il giorno della finale, negli spogliatoi, il preside della scuola (John McArdle) chiede a Wirral di tenere in panchina Jimmy; il motivo è una precedente promessa di donazione promessa da Ken per la costruzione della palestra della scuola. Non potendola mantenere, suo figlio Gordon getta gli scarpini “magici” di Jimmy in un fiume. Wirral decide che il ragazzo giocherà e gli compra un paio di scarpini presso un negozio al'interno dello stadio. Ma Jimmy, dopo la morte dell'anziana signora e la perdita dei suoi scarpini non sta bene, e riaffiorano i tarli mentali. Mentre in tribuna arriva anche Harry, che segue la partita insieme alla madre di Jimmy, in campo il ragazzo gioca male ed è distratto. E' proprio su un suo errore che gli avversari dell'Huntigdon ano in vantaggio; gli svarioni di Jimmy continuano e gli avversari trovano anche il raddoppio. Nell'intervallo della partita, Harry lo raggiunge e lo motiva insieme all'allenatore Wirral. Harry gli presenta il suo amico “Bob” (Jim Whelan), un uomo cieco che distribuisce il programma ufficiale del Manchester City allo stadio. E' lui Robby Brewer, che non è altro che il figlio dell'anziana che gli ha donato gli scarpini. Jimmy si convince che gli scarpini non possedevano nessuna magia, forza che può trovare solo dentro di sé. Inizia il secondo tempo e la prestazione di Jimmy prende una svolta: prima segna la rete che accorcia le distanze dopo una grande azione solitaria; poi arriva il pareggio segnato dal compagno-rivale Gordon. Nel finale, Jimmy taglia in verticale più di metà campo ritrovandosi a pochi metri dalla porta: al centro c'è Gordon, solo e in una situazione favorevole per segnare. Jimmy, indeciso, un po' per rabbia e un po' per convinzione, effettua un cross potente che colpisce in pieno volto Gordon: dopo il rimbalzo la palla entra in rete segnando la vittoria della Coppa scolastica del Greenock. Sul campo è grande festa, mentre la madre, Harry e Wirral lo abbracciano. Al rientro negli spogliatoi, Jimmy vede anche Sarah, trovando finalmente il coraggio di baciarla. Poi, l'osservatore del Manchester United gli propone di giocare per i “Red Devils”, ma lui gli dice che ha trovato un'offerta migliore, e cioè il Manchester City. La scena finale del film vede l'allenatore della squadra Wirral calciare in rete un calcio di rigore sul campo di Maine Road. Il film d'esordio di John Hay, il cui titolo originale è There's Only One Jimmy Grimble, è il classico trionfo dei buoni sentimenti; che qui sono rappresentati dal protagonista Lewis McKenzie (all'esordio) e dall'allenatore interpretato da Robert Carlyle. I due sono in sintonia fin dall'inizio, quando l'allenatore lo difende dai prepotenti. A casa dell'allenatore poi, quando Jimmy scopre il suo
ato nel Manchester City, l'uomo parla così al ragazzo che sta guardando una sua foto in campo con la maglia dei “Citizens”: “Cosa vuoi sentirti dire, che c'è altro al mondo che valga quanto questo? No, non c'è. Perchè la verità è che quando sei arrivato così in alto...tutto il resto non ha più valore..sembra privo di senso”. La parabola ascendente di Jimmy inizia da quella rete segnata nel fango della prima partita e arriva fino al bacio tanto desiderato con Sarah, ando per la “carambola” sul volto del nemico Gordon della finale, che sembra una punizione per tutte le angherie subite. Le musiche del film sono di Simon Boswelle e Alex James. Tra le canzoni che si possono ascoltare ci sono "Blue Moon", inno del Manchester City[108] canticchiato anche dal protagonista, "The Only One I Know" (The Charlatans), "Kinky Afro" (Happy Mondays), "Real Great Britain" (Asian Dub Foundation), "Unbelieveable" (EMF), "Waterfall" (The Stone Roses) ,"Feel the Panic" (Freestylers), "Right Here Right Now" (Fatboy Slim). Jimmy Grimble, tra tanti riconoscimenti, ha vinto anche il Festival Giffoni del 2001. Questa è la critica di Alberto Crespi su “Film Tv” datata 22 agosto 2001:
“Sembra un film finanziato dal Manchester City, 'Jimmy Grimble', il che basta a rendercelo simpatico. Il City è la squadra 'minore' e sfortunata di Manchester, contrapposta al vincente Manchester United; è anche la squadra per la quale fa il tifo il piccolo Jimmy, un ragazzino povero (...). Sia il campo da gioco del City sia il suo merchandising fanno capolino nel film in tutte le salse: sacrosanta propaganda per un club povero, che vive con immensa frustrazione la rivalità cittadina con gli arroganti 'red devils' di Beckham, Veron e soci. Questa la sostanza calcistica del film. Cinematograficamente, 'Jimmy Grimble' è una fiaba a lieto fine, e non a caso ha vinto un premio a Giffoni. Il copione è spesso tirato via ma la regia è puntuale e gli attori fanno simpatia. Cinema come calcio d'agosto: utile per rifinire la forma in attesa della stagione 2001-02”.
La scheda di Jimmy Grimble:
Produzione: Gran Bretagna/Francia, 2000 Regia: John Hay Soggetto: Simon Mayle Sceneggiatura: Simon Mayle, John Hay, Rik Carmichael Interpreti principali: Lewis McKenzie, Gina McKee, Robert Carlyle, Jane Lapotaire, Bobby Power, John Henshaw, Ray Winstone, Ben Miller, Samia Ghadie, Jim Whelan Genere: Commedia Durata: 101'
Nel 2000 viene prodotto il film Sfida per la vittoria, diretto da Michael Corrente. La storia ruota attorno al Kilnockie, squadra di un villaggio scozzese di pescatori che milita nella seconda divisione e allenata da Gordon McCloud (Robert Duvall). Il presidente del Kilnockie, l'americano Peter Cameron (Michael Keaton), ha il progetto di trasferire la squadra in Irlanda, cosa alla quale Gordon è fermamente contrario. La squadra deve rafforzarsi e acquista l'attaccante Jackie McQuillan (Ally McCoist), ex giocatore del Celtic Glasgow la cui carriera è alla deriva. Tra l'altro, Jackie è il genero di Gordon, con la cui figlia Kate (Kirsty Mitchell) ha avuto un bambino. Nel quarto turno di Coppa di Scozia, Jackie si mette subito ben in mostra segnando di testa la rete decisiva contro il Dumbarton, che permette al Kilnockie di raggiungere i quarti di finale. Jackie è comunque un uomo viziato: tra alcool e gioco d'azzardo tradisce anche Kate, con la quale ha una dura lite. Gordon poi, decide di portare la squadra ad allenarsi in un capannone: i metodi del tecnico sono rudi ed esigenti, come quando fa tornare i giocatori a casa a corsa senza usare le macchine. Intanto, viene effettuato il sorteggio per la Coppa: il prossimo avversario del Kilnockie sarà il Queen of the South. Il presidente del Kilnockie prende la decisione di far giocare la partita in trasferta alla sua squadra; sul campo la sfida è tirata, Jackie viene colpito duro e i padroni di casa ano in vantaggio. Nell'intervallo, Gordon striglia i suoi giocatori, che rientrano in campo motivati; Jackie pareggia con un gran gol, poi riesce a portare in vantaggio la sua squadra. Successivamente, lo stesso attaccante atterra un avversario con un brutto intervento, prima di segnare la
terza rete per il Kilnockie. Nel finale, lo stesso giocatore avversario provoca in maniera pesante Jackie, offendendo sua moglie. Jackie reagisce, lo colpisce e viene espulso. In un altro quarto di finale della Coppa, i Rangers Glasgow hanno superato i rivali del Celtic, e la partita era stata corredata da incidenti. La rivalità tra le due tifoserie è forte e Jackie nota un ragazzino con la maglia dei Rangers, che fa salire in macchina salvandolo dal possibile linciaggio di una gruppo di ragazzi del Celtic. Questa notizia esce sui giornali, giovando alla fama di Jackie; intanto il Kilnockie, pur senza il suo attaccante, vince diverse partite in campionato arrivando alla promozione in Premier League. Jackie si riavvicina a Kate, mentre arriva la semifinale di Coppa. L'avversario da incontrare è il Kilmarnock in campo neutro. Il Kilnockie gioca bene e a in vantaggio con una rete di testa del suo numero dieci. All'intervallo, Gordon chiede alla squadra di tenere duro, ma nel secondo tempo il portiere titolare ha un brutto infortunio. Questo viene così sostituito dall'inesperto portiere americano Kelsey O'Brian (Cole Ha), mentre Jackie sta guardando la partita in televisione. Il giovane portiere, dopo un brutto rinvio iniziale, si mette in evidenza nel finale per una bella deviazione; dopo quattro minuti di recupero, la partita finisce: il Kilnockie conquista una storica finale di Coppa contro i Rangers. L'allenatore Gordon è entusiasta, e alla festa della società incita la squadra alla vittoria in finale, per quanto non pronosticabile. Nella vigilia dell'incontro, Kate va in albergo a salutare Jackie, ma viene vista da due esagitati tifosi dei Rangers; quando esce dalla stanza in compagnia di Jackie, quest'ultimo viene provocato dai tifosi rivali e li colpisce, ritrovandosi a are la notte in carcere. Arriva la finale, dove Gordon si ritrova a sfidare il nemico di una vita Martin Smith (Brian Cox), con cui non parla da venti anni. Jackie viene rilasciato per la partita, ma parte dalla panchina. Sul campo i Rangers dominano e il giovane portiere O'Brian è costretto a fare gli straordinari; la squadra blu, ben più blasonata, a in vantaggio con Barry Ferguson prima dell'intervallo. Negli spogliatoi, il tecnico dei Rangers Smith non è contento della prestazione dei suoi, che stanno conducendo con uno stretto vantaggio di misura. Il tecnico del Kilnockie Gordon ha invece una dicussione con la figlia Kate, che gli rinfaccia una forma di gelosia per Jackie. Nel secondo tempo, Jackie viene fatto entrare in campo: la sua prestazione è buona, finchè viene colpito duramente da un avversario, scatenando la rabbia dei membri del Kilnockie che vorrebbero l'espulsione. La partita scorre fino all'ultimo minuto, quando Jackie segna memorabilmente di testa portando i suoi ai calci di rigore. I due allenatori stabiliscono i tiratori e anche Jackie è tra questi. Dopo quattro rigori segnati dai Rangers e tre dal Kilnockie, il quarto tiro per la squadra di Gordon viene fallito; il quinto rigore per i Rangers può essere quello finale, ma il giovane O'Brian lo para. L'ultimo
tiro della sequenza dal dischetto lo deve tirare proprio Jackie: tra la tensione generale, l'attaccante fallisce il tiro e i Rangers si aggiudicano la Coppa di Scozia. A fine partita, Gordon rincuora Jackie e i due escono dal campo insieme. Il presidente del Kilnockie decide poi di rimanere a giocare in Scozia rinunciando al trasferimento in Irlanda. Finale disteso, con l'allenatore dei Rangers che minimizza la vittoria ai rigori e stringe la mano a Gordon. La scena finale vede un quadro familiare sereno, con Gordon che pesca insieme al nipote, in compagnia di Kate e Jackie. Il titolo originale del film è A shot at glory. All'inizio, la voce sopra le immagini di repertorio introduce il significato del calcio in Scozia, mettendo in evidenza l'onnipresenza della rivalità tra le due squadre di Glasgow, Celtic e Rangers:“Gli scozzesi non hanno inventato il football, ma nessuno è più apionato quanto noi a questo gioco. Con quaranta squadre professioniste in un paese di cinque milioni di abitanti, il calcio fa parte della struttura nazionale quanto lo scotch e il brutto tempo. Qualcuno dice che è una religione: se è così, ci sono due confessioni in questa religione, i Celtic e i Rangers. Una cattolica, una protestante: noi e loro. Le forze delmale e delle tenebre, conosciute anche come 'The old firm”. E' impossibile che non ci sia rivalità nelle loro partite, più che in ogni altro sport. E' più di un secolo che i giocatori si picchiano in campo, e i loro tifosi sugli spalti. Le due formazioni hanno dominato il gioco e vinto più coppe di Scozia di tutte le altre squadre messe insieme, ma questa non è la storia di Celtic e dei Rangers: non ci sarebbe abbastanza birra in tutti i pub di Glasgow per brindare ad ogni loro prodezza. Inoltre, solo un pazzo potrebbe riuscire ad essere imparziale, ma qui, ogni storia sul calcio è colorata dalla loro rivalità. Qualsiasi sia la vostra squadra, grande o piccola, il calcio in Scozia non è questione di vita o di morte: è molto più importante”. Nel film, l'allenatore interpretato da Robert Duvall ricalca la parte protestante, in combutta col genero Ally McCoist, qui ex idolo dei tifosi cattolici del Celtic. Nella realtà, ironicamente, McCoist è stato un calciatore dei Rangers per quindici anni tra il 1983 e il 1998; con questa maglia ha vinto nove campionati di fila (tra il 1989 e il 1997) risultando il marcatore più prolifico di sempre in campionato.[109] Il film è stato girato in diverse località della Scozia, e le scene del fittizio paesino di Kilnockie sono riprese nel borgo di Crail, nella contea di Fife. Gli stadi ripresi sono “Boghead Park” di Dumbarton, “Palmerston Park” di Dumfries (stadio dei Queen of the South), il “Rugby Park” del Kilmarnock e l'Hampden Park di Glasgow. La colonna sonora è di Mark Knopfler.
La scheda di Sfida per la vittoria: Produzione: Stati Uniti/Scozia, 2000 Regia: Michael Corrente Soggetto e sceneggiatura: Denis O'Neill Interpreti principali: Robert Duvall, Ally McCoist, Michael Keaton, Kirsty Mitchell, Cole Ha, Brian Cox Genere: Commedia Durata: 110'
Nel settembre del 2004 iniziano le riprese di Tutti all'attacco, film diretto da Lorenzo Vignolo. Le vicende ruotano attorno alla squadra toscana del Collenovo, il cui presidente è deceduto dopo una partita vinta dalla squadra all'ultimo minuto. La società viene così affidata alla figlia Pamela Galasso (Sabrina Venezia), che torna in Italia dopo un periodo di studio negli Stati Uniti. Neri (Luis Molteni), direttore generale del Collenovo, viene incaricato dal commendator Balzani (Augusto Zucchi) di ingaggiare un allenatore scarso affinchè la squadra possa retrocedere per costruire un area commerciale al posto dello stadio. Neri individua così Max Bernabei (Massimo Ceccherini), allenatore disoccupato e con l'ultima esperienza nella squadra del centro psicoterapeutico. Max si trasferisce con la sorella Agnese (Isabella Cecchi), il genero e suo vice Miro (Alessandro Paci) e i nipoti presso la villa di proprietà dell'ex presidente, ora in pignoramento. Max, in una situazione apparentemente agiata, vede riavvicinarsi anche Filli (Rosalia Porcaro), l'esuberante ex moglie e aspirante cantante. L'allenatore, grande estimatore di Carlo Mazzone, studia un modulo ultra-difensivista, schierato con un 7-2-1. L'esordio però non è dei migliori, e il Collenovo viene sconfitto 3-0 dalla Prolanza. Il campionato prosegue e arrivano altre sconfitte, che relegano la squadra all'ultimo posto in classifica. Iniziano così forti contestazioni da parte della tifoseria (che in buona parte è composta da cinesi). Intanto, i due giornalisti Franco e Pino (Giovanni Cacioppo e Claudio Batta), inizialmente contrari all'allenatore, vengono messi sotto pressione da
Balzani e negano comicamente la disastrosa situazione del Collenovo. Il dg Neri comunica poi a Max che lui e i suoi familiari devono abbandonare la villa per il pignoramento. La gretta Filli cerca di sedurre Neri per poter rimanere nella bella abitazione, mentre Max, la sorella, il genero e i nipoti si trasferiscono in un piccolo appartamento. Filli abbandona Max con un biglietto d'addio: l'allenatore, visto anche l'andamento della squadra, è in crisi profonda. Girovagando di notte ubriaco, incontra Franco Colli (Dado), ex procuratore detto “Snaiman” per la sua attività di scommettitore. Questo gli consiglia di cambiare modulo, schierando un “pentadente” con cinque attaccanti, identificati nei fratelli cinesi Wong. La parola a alla presidentessa Pamela che, dopo averli visti in allenamento, decide di ingaggiare i cinque fratelli. Nella successiva partita contro la capolista Puntapenna, il Collenovo, grazie allo schieramento del “pentadente”, riesce a rimontare tre reti di svantaggio e a pareggiare. Il dg Neri, il cui compito è di far andar male la squadra, chiama il commendator Balzani per giustificarsi ed escogita così un piano per mettere fuori causa i cinque attaccanti orientali: fargli assumere sostanze dopanti. Ma il piano non va a buon fine, visto che la fiala destinata ai fratelli Wong viene bevuta da Max, che durante la partita ha delle strane visioni. Balzani, sempre più proccupato, ordina ai due giornalisti Franco e Pino di minimizzare il successo ottenuto grazie ai cinesi. Mentre Filli cerca di tornare con Max e lui la respinge, la situazione in casa Collenovo è più che positiva, con la squadra che continua ad inanellare vittorie. Balzani poi, incarica alcuni uomini di rapire i cinque fratelli Wong affinchè non possano più giocare; questi vengono incatenati e chiusi dentro ad un capannone, ma quando si svegliano trovano davanti a loro un mistico cinese esperto di “Shaolin Kung fu” che riesce a liberarli con una tecnica magica dell'arte marziale. Intanto è in programma una partita, e Max, non vedendo arrivare i fratelli Wong, fa scaldare altri giocatori. Improvvisamente poi, arrivano cinque ragazzi cinesi che tutti scambiano per i Wong, ma in verità sono i loro cugini; e in campo si vede, in quanto questi giocano molto male. I veri fratelli Wong vengono liberati dal capannone da un loro connazionale e arrivano alla partita dopo l'intervallo, col Collenovo sotto di tre reti. Il “pentadente” è tornato e si vede: grazie alla tecnica dello “Shaolin”, i fratelli Wong ribaltano la partita e fanno vincere il Collenovo. Successivamente, Max cambia la propria idea di gioco, sostituendo il quadro del difensivista Carlo Mazzone con quello di Zdenek Zeman, noto per il suo calcio offensivo. Poi, i fratelli Wong vengono venduti al Chelsea, “Snaiman” entra nella società del Collenovo e Balzani diventa il nuovo proprietario. Nel finale, Max, dopo aver rifiutato l'ennesimo tentativo di Filli, le dice di volersi trasferire all'estero perchè il calcio italiano non fa per lui: lo ritroviamo col vice Miro su una panchina in Russia, tra la neve.
Il film di Lorenzo Vignolo, regista proveniente dal mondo dei videoclip, è un più che chiaro riferimento a Shaolin Soccer (Stephen Chow, 2001), in cui si unisce la tecnica del Kung Fu al calcio. Il film si apre con le immagini di repertorio del Trofeo Luigi Berlusconi giocato tra Milan e Juventus il 28 agosto 2004. L'ambientazione si snoda tra la provincia toscana e la maggior parte dell'azione si svolge a Prato, dov'è evidente il riferimento satirico all'immigrazione di massa cinese. Le scene delle partite si svolgono maggiormente nello stadio “Paolo Magnolfi” di Calenzano, ma non mancano inquadrature dello stadio “Lungobisenzio” di Prato. Nel cast anche Eva Henger, moglie di un portiere geloso, e Chiara Francini, nei panni di una giornalista. Le musiche sono di Paolo Silvestri; durante il film si ascoltano anche le note di “Kung Fu Fighting” di Carl Douglas. Tutti all'attacco ha alcune analogie con L'allenatore nel pallone (Sergio Martino, 1984), come la grande ammirazione del protagonista per un allenatore (qui, eccessiva per Mazzone, mentre Oronzo Canà ammirava Liedholm) e gli strambi moduli di gioco formulati: dalla bizona 5-5-5 di Oronzo Canà al 7-2-1 di Max Bernabei, che poi si converte al “pentadente”. Pare tra l'altro che il protagonista del film sarebbe dovuto inizialmente essere Max Giusti, progetto che poi cambiò a pochi giorni dall'inizio delle riprese e che avrebbe dovuto coinvolgere anche il cast del programma televisivo “Stracult” e il suo autore Marco Giusti.[110]
La scheda di Tutti all'attacco: Produzione: Italia, 2005 Regia: Lorenzo Vignolo Soggetto e sceneggiatura: Gino Capone, Paolo Mariconda, Alberto Piccinini Interpreti principali: Massimo Ceccherini, Luis Molteni, Sabrina Venezia, Alessandro Paci, Giovanni Cacioppo, Claudio Batta, Augusto Zucchi, Dado, Isabella Cecchi, Rosalia Porcaro Genere: Comico Durata: 98'
Sempre nel 2005 esce il film Goal!, diretto da Danny Cannon. E' la storia di Santiago Munez (Kuno Becker), ragazzo messicano con la ione del calcio. Egli vive a Los Angeles e gioca per la squadra amatoriale dei Los Americanos Jovenes, quando il suo talento viene notato da Glen (Stephen Dillane), un ex giocatore e agente del Newcastle. Questo gli propone così di andare in Inghilterra a fare un provino. Santiago, a cui mancano 400 dollari per il viaggio, inizia a svolgere diversi lavori per potersi pagare il tutto; ma nonostante gli incoraggiamenti della nonna (Miriam Colon) e del fratellino, il padre (Tony Plana) gli sottrae i soldi di nascosto e i due litigano. Mentre a Newcastle si tiene la presentazione del nuovo acquisto Gavin Harris (Alessandro Nivola), la nonna di Santiago sacrifica i suoi risparmi permettendo al nipote di andare a Newcastle per il suo sogno. Il ragazzo parte la sera stessa all'insaputa del padre, il quale vorrebbe che continuasse a lavorare con lui nell'impresa di giardinaggio. Arrivato in Inghilterra si incontra con Glen, che lo accoglie a casa sua; l'impatto con il “continente” è estraneante, poi arriva finalmente il giorno del provino. Sotto una pioggia battente e un campo infangato, Santiago deve confrontarsi col gioco duro dei calciatori del Newcastle; lo stesso ragazzo è poi sfortunato e scivola all'indietro mentre calcia una punizione. Lo staff del Newcaste, a cominciare dall'allenatore Erik Dornhelm (Marcel Iures), non pare soddisfatto di quanto fatto vedere da Santiago e, in seguito, Glen gli comunica che non è stato selezionato. Ma lo stesso Glen crede fermamente nelle qualità di Santiago e prova a convincere l'allenatore, il quale decide di dargli un mese di tempo per inserirsi. Il ragazzo inizia così ad allenarsi e rimane meravigliato alla vista dei veri giocatori della prima squadra, tra cui Alan Shearer. Alle visite mediche di rito, incontra Roz (Anna Friel), un'infermiera di cui s'infatua e a cui non rivela di soffrire di asma. La Premier League, intanto, è giunta alla terz'ultima giornata, quando Santiago è in tribuna per assistere a Newcastle-Chelsea. In campo, l'attaccante Gavin Harris gioca male e viene sostituito da Patrick Kluivert, che segna la rete della vittoria. Santiago legge poi il suo nome nella lista dei convocati per la squadra delle riserve: i suoi sforzi sono stati premiati. Il ragazzo avvisa i familiari a Los Angeles, riscontrando l'entusiasmo della nonna e del fratello, ma non ancora quello del padre. Prima della partita delle riserve contro il Manchester United, il compagno di squadra Mcgowan, che gli è sempre stato ostile, gli distrugge lo spray anti-asma saltandoci sopra; in campo, Santiago è in crisi e il non aver assunto il farmaco lo fa esprimere al peggio. Così, l'allenatore lo sostituisce: negli spogliatoi, il vice Mal (Gary Lewis) gli dice che è costretto a non dargli altre possibilità. Santiago, abbattuto, parla con Roz e le dice di soffrire
di asma; lei lo rincuora e i due si baciano. Il ragazzo poi, su un taxi per arrivare in aeroporto, incontra per caso Gavin Harris, che aveva chiamato il mezzo perchè in ritardo per gli allenamenti dopo aver ato la notte con due donne. Santiago spiega la sua situazione a Harris, il quale è inviso ai tifosi per il suo scarso impegno. I due vanno così a parlare con l'allenatore, con Harris che tiene le parti di Santiago; il tecnico, saputo il problema dell'asma, concede un'ultima possibilità al ragazzo venuto da Los Angeles. Santiago inizia a giocar bene nelle successive partite con le riserve, segnando anche diverse reti. Intanto, il ragazzo si stabilisce a casa di Harris, che lo coinvolge nella sua vita di eccessi. Santiago, sempre più inserito nella nuova vita, chiama a casa, ma il padre non vuole parlargli, sempre ostile alla sua scelta. Per il ragazzo arriva poi un'ulteriore grande soddisfazione: la convocazione in prima squadra per la partita contro il Fulham a Londra. A sua insaputa, il giorno della partita, il padre di Santiago arriva in un pub di tifosi del Newcastle e segue la gara. Durante l'incontro, l'allenatore lo fa entrare in campo per sostituire un compagno di squadra colpito da una gomitata. Dopo un bello spunto personale, Santiago viene atterrato in area, conquistando un calcio di rigore; Harris lo segna, il Newcastle vince la partita e può ancora sperare nella qualificazione alla Champions League. Santiago è al settimo cielo, ma la vita sregolata con Harris lo porta ad essere fotografato e a finire sulla prima pagina di un quotidiano. Intanto, arriva una notizia tragica dagli Stati Uniti: il padre di Santiago è morto d'infarto; il ragazzo pensa di fare definitivamente ritorno a casa, ma la sua vita ormai è tracciata e decide di non partire. L'allenatore lo inquadra spiegandogli l'importanza del calcio e della squadra, che è superiore alla gloria personale. Arriva così l'ultima giornata di campionato, in casa contro il Liverpool; il Newcastle ha l'obbligo di vittoria e stavolta Santiago parte tra i titolari. La partita è aggressiva, e la nonna e il fratello del ragazzo la stanno guardando dal pub dov'era andato anche il padre prima di morire. I “Toon” ano in vantaggio con un colpo di testa di Harris, ma i “Reds” rimontano prima dell'intervallo con le reti di Biscan e Baros. Nel secondo tempo arriva il pareggio del Newcaste con Harris, dopo una splendida iniziativa personale di Santiago. In campo, la partita giunge ai tre minuti di recupero: il Newcaste guadagna una punizione dal limite dell'area e Harris la lascia tirare a Santiago. Il suo tiro sul secondo palo è perfetto e termina in rete: il Newcastle vince la partita e conquista l'accesso alla Champions League. A gara finita, i festeggiamenti sono grandi, dalle tribune al pub, dove la nonna di Santiago viene a sapere che il padre del ragazzo era stato lì per la partita precedente. Telefona così a Glen, che a il telefonino a Santiago: mentre Roz gli manda un bacio dalla tribuna, il ragazzo capisce che il suo trionfo non è solo sportivo.
Il film inizia con la famiglia di Santiago che anni prima si trasferisce dal Messico negli Stati Uniti e sta attraversando la frontiera: in quel momento, il ragazzo perde il suo pallone mentre il padre lo sta chiamando. E' questo tutto il motivo della storia, con il protagonista che sceglie di seguire la strada che sogna, cioè quella del pallone, in contrasto alla vita più sicura che auspica per lui il padre. Sono tante le immagini di repertorio che si vedono ed appartengono alla stagione 2004-2005 di Premier League. Diverse le apparizioni di veri calciatori, tra cui Alan Shearer[111] e gli allora giocatori del Real Madrid, David Beckham, Raul e Zinedine Zidane. Piccola parte anche per il cantante degli AC/DC Brian Johnson, che interpreta un tifoso del Newcastle al pub (il cantante è realmente tifoso della squadra inglese). La musica è curata da Graeme Revell, mentre per la colonna sonora si ascoltano diverse canzoni degli Oasis, tra cui “Cast No Shadow”, cantata da Noel Gallagher anziché dal fratello Liam, “Morning Glory”, mixata da Dave Sardy, e l'esclusiva “Weight of the world on your shoulders”, scritta e cantata sempre da Noel Gallagher. Il titolo originale del film è Goal! The dream begins e ci sono due seguiti: Goal II Vivere un sogno (Jaume Collet-Serra, 2007), in cui lo stesso protagonista interpretato da Kuno Becker si trasferisce dal Newcastle al Real Madrid, e Goal III Taking on the world (Andy Morahan, 2009), dove la storia gira intorno ai Mondiali 2006.
La scheda di Goal!: Produzione: Stati Uniti, Inghilterra, 2005 Regia: Danny Cannon Soggetto: Mike Jefferies, Adrian Butchart Sceneggiatura: Dick Clement, Ian La Frenais, Mike Jefferies Interpreti principali: Kuno Becker, Stephen Dillane, Tony Plana, Miriam Colon, Marcel Iures, Anna Friel, Alessandro Nivola Genere: Commedia
Durata: 113'
Datato 2006 è 4-4-2 il gioco più bello del mondo, film presentato da Paolo Virzì che si compone di quattro episodi. Il primo, Meglio di Maradona, è diretto da Michele Carrillo e narra la storia di Antimo (Alessandro Guasco), ragazzino napoletano di 14 anni che viene allenato sui campi di periferia dal suo fidato mister (Nino D'Angelo). Un giorno, il talento di Antimo viene notato da un osservatore della Juventus (Roberto Citran), che gli propone di giocare per gli Allievi bianconeri. Il ragazzino accetta, ma una volta a Torino non si adatta alla nuova vita né tantomeno all'idea di frequentare la scuola; una notte scappa anche dal convitto in cui alloggia, mandando su tutte le furie il direttore della struttura (Mauro Pirovano). Durante gli allenamenti poi, si fa notare per il suo eccessivo individualismo, non accettando alcuna critica da parte dello staff. Antimo è anche preso dalla curiosità di incontrare i veri giocatori della Juventus; così raggiunge il loro impianto d'allenamento, ma una volta qui, finisce negli spogliatoi a rubare diversa merce di valore appartenente agli stessi calciatori. Antimo ritorna a Napoli e distribuisce la roba rubata ai suoi amici, quando incontra il suo mister che lo rimprovera per la grande occasione sprecata. Il ragazzino, troppo affezionato alla sua vita e alle sue abitudini, gli risponde di non voler tornare a Torino dicendogli che solo lui lo sa allenare. Il secondo episodio, La donna del Mister, per la regia di Claudio Cupellini, ruota attorno alla squadra femminile della Lazio. La compagine è allenata da Alberto (Rolando Ravello), che mette fuori squadra sca (sca Inaudi) per violenti dissidi con la compagna Chiara (Anna Foglietta). Alberto è fidanzato con Laura (Alba Rohrwacher), ragazza pugliese che arriva a Roma, dove l'uomo le fa vedere la loro nuova casa. Complice anche l'arrivo della madre di Alberto (Piera Degli Esposti), la donna percepisce un senso di disattamento al nuovo contesto. In occasione di una cena della squadra, Laura viene avvicinata da sca, che le offre la sua amicizia. Successivamente, le due hanno occasione di uscire: sca la porta in un locale movimentato, dove si bacia con un'altra donna. Laura, scoperta l'omosessualità dell'amica, se ne va imbarazzata, dopo aver fatto la conoscenza di un barista suo conterraneo. sca e Laura hanno poi modo di rivedersi quando quest'ultima, insofferente al nuovo ambiente familiare, raggiunge l'amica a casa sua. La compagna di squadra Chiara, anche lei omosessuale, vede la scena e viene colta dalla gelosia, mentre Alberto arriva a casa di sca e litiga con questa per la situazione venutasi a creare. Il
giorno dopo, Laura parte per far ritorno in Puglia e rincontra il barista che la saluta. sca, rientrata in squadra, risulta poi decisiva nell'importante partita contro il Parma segnando su punizione: decide così di esultare spogliandosi. Il terzo episodio è Balondòr, diretto da sco Lagi; il protagonista è Antonio Colnaghi (Gigio Alberti), ex giocatore del Milan che ha scovato un bambino africano (Hady Sy) che tenta di far giocare con la squadra rossonera dopo averlo “nascosto” nel baule della macchina. Così, grazie alla vecchia conoscenza del dirigente De Nardis (Antonio Catania), riesce ad ottenere un provino per lui, che nel frattempo ha “ribattezzato” Oumar. Ma mentre inizia l'allenamento, Colnaghi non vede in campo il ragazzino, che è stato fermato alla visita medica: il medico gli comunica che la sua “scoperta” ha una cardiopatia e non può giocare a livello agonistico. Colnaghi, che contava tantissimo di poter inserire Omar nel Milan, va su tutte le furie e spacca un macchinario del centro medico. Una volta in macchina, l'ex giocatore fa scendere il ragazzino che rimane a piedi; ma preso dal rimorso, torna indietro alla sua ricerca: ritrova così Omar a giocare su un campetto di periferia mentre i presenti lo applaudono. I due non si capiscono ma Colnaghi crede ancora ciecamente in lui e gli dice che vincerà il “Balondòr”. L'ultima storia, Il terzo portiere, è diretta da Roan Johnson e racconta di tre giocatori che militano in una squadra toscana di Serie C in procinto di salire in B. Tra questi, il secondo portiere Bianchini (Massimo Reale) e il terzo, il 37enne Iuri Barzalli (Valerio Mastandrea), che non gioca da sette mesi. Questi, coinvolti dal compagno di squadra Maraschi (Michele De Virgilio), escogitano di vendere l'ultima partita scommettendo un'ingente cifra sulla sconfitta della loro squadra. Maraschi pensa così di mettere fuori gioco il giovane portiere titolare (Renato Sannio); in allenamento gli provoca un brutto infortunio affinchè possa giocare uno dei suoi amici. Bianchini però non è stato convinto fin dall'inizio, e mentre gli altri si sono organizzati per scommettere in agenzie di città diverse, lui non ha partecipato al piano. Arriva così il giorno della partita: a pochi minuti dal termine il risultato è di 0-0; Maraschi tenta persino un'autorete e per questo viene sostituito. All'ultimo minuto, viene assegnato un rigore per la squadra avversaria: il portiere Bianchini viene espulso ed entra così Iuri. Quest'ultimo, inconsciamente diviso tra la sua coscienza sportiva e i tanti soldi in ballo della scommessa, para il rigore e la sua squadra viene promossa in Serie B. La mattina seguente viene rintracciato da Maraschi, da cui si lascia aggredire dopo il grosso danno economico causato. Tra l'altro, come spiega la voce fuori campo della figlia di Iuri, Giulia (Giulia Gozzini), la squadra non andrà mai in serie B perchè fallisce. Il finale vede Barzalli e la figlia Giulia che ano in motorino davanti
allo stadio, dove campeggia ancora la scritta “Barza para per noi”. Il film è opera di quattro registi esordienti e il filo conduttore dei quatto episodi è il calcio scevro da qualsiasi tipo d'interesse: dal ragazzino napoletano che rifiuta il aggio alla Juventus per giocare nella sua periferia, alla ragazza che vede nel calcio la sua affermazione personale ed emancipata; ando per il procuratore improvvisato che non smette di credere nel talento del ragazzino africano da lui scovato, fino al portiere a fine carriera che istintivamente para un rigore perdendo i tanti soldi scommessi col compagno di squadra. Nei titoli di testa appaiono le frasi “Il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo” del critico lettarario se Roland Barthes e “...che io allora nello spogliatoio gli ho detto ai ragazzi: se non ci mettete l'anima ma che giocate a fa?” di Carletto Mazzone. Le musiche sono di Giuseppe Napoli, mentre in ogni episodio si ascolta la canzone del 1966 “Una stanza vuota” (di Carlo Rossi ed Ennio Morricone) cantata da Lisa Gastoni alla radio. Nel cast anche Bruno Gambarotta, barista torinese nel primo episodio, e Sabrina Impacciatore, speaker nel secondo. Gli stadi che si vedono sono quelli di Formello, Latina e Pisa.
La scheda di 4-4-2 il gioco più bello del mondo: Produzione: Italia, 2006 Regia: Michele Carrillo, Claudio Cupellini, sco Lagi, Roan Johnson Soggetto e sceneggiatura: Roan Johnson, Claudio Cupellini, Michele Carrillo, sco Lagi, Angelo Carbone, sco Cenni, Michele Pellegrini, Vanessa Picciarelli, Giuliano Miniati, Pierpaolo Picciarelli, sco Bruni, Paolo Virzì Interpreti principali: Alessandro Guasco, Nino D'Angelo, Roberto Citran, sca Inaudi, Rolando Ravello, Alba Rohrwacher, Piera Degli Esposti, Gigio Alberti, Hady Sy, Antonio Catania, Valerio Mastandrea, Michele De Virgilio, Giulia Gozzini, Massimo Reale Genere: Commedia Durata: 97'
Sempre nel 2006 viene girato A due calci dal paradiso, breve film diretto da Fabio Martina. E' la storia di Sandro (Daniele Doria) e sco (Giovanni Montarone), due adolescenti che giocano a calcio nell'Aldiniana, una squadra della periferia milanese. Un giorno, il presidente della squadra deve recapitare una lettera a sco: non trovandolo, gliela fa consegnare da Sandro. Quest'ultimo e il capitano della squadra Mancini (Andrea Calandrino) non reggono alla curiosità e aprono la busta, scoprendo così che il loro compagno di squadra è stato chiamato dall'Inter per un provino. Su suggerimento dell'amico, Sandro progetta di presentarsi al provino al posto di sco. Intanto, le ore di Sandro ano tra le vie del suo quartiere e il carcere dov'è detenuto il fratello, a cui mente dicendo di essere stato convocato per il provino all'Inter. Il ragazzo comunica la falsa notizia anche ai suoi familiari, che accolgono con entusiasmo la cosa, tranne la sorella Luana (Maria Bevilacqua), tra l'altro innamorata di sco. Questo intanto, è rimproverato dal padre per lo scarso impegno a scuola, prima di uscire di casa ed incontrare la fidanzata Daniela (Laia Manetti), con cui ha una relazione difficile; questa lo vuole indurre a fare una scelta tra lei e il calcio, cosa che rompe il rapporto. Il padre di sco, nel mentre, risponde al cellulare del figlio: è l'Inter che vuole confermare l'appuntamento per il provino dell'indomani; lo stesso però non dirà niente al figlio perchè deve affrontare un compito importante a scuola. Sandro poi incontra sco, ma non ha il coraggio di dirgli della lettera e del provino. La mattina successiva, Sandro si assicura che l'amico si diriga verso a scuola per raggiungere al suo posto l'agognato provino; a scuola, sco viene a sapere tutto dal compagno di banco Mancini, così esce dall'aula precipitandosi verso il centro sportivo Interello. Qui, Sandro è riuscito ad entrare senza il documento spacciandosi per l'amico e sta svolgendo il provino; gli elogi di due osservatori non mancano, ma uno viene a sapere il nome del ragazzo assente. Sandro dice di essere arrivato in sostiuzione di sco perchè non stava bene, ma intanto questo arriva al campo. Negli spogliatoi, i due hanno un violento diverbio, causato dalla giustificata rabbia di sco. Tornato a casa, il ragazzo litiga col padre che non gli aveva detto del provino; poi incontra il suo allenatore per strada, il quale cerca di rincuorarlo per l'atteggiamento di Sandro, comunicandogli che sono stati entrambi selezionati dall'Inter. Così, sco si mette in cerca di Sandro per le vie del quartiere: i due riprendono la loro amicizia e programmano una serata di divertimento. In giro in motorino di notte, vanno ad infastidire una prostituta rubandogli la borsetta, ma poi, intenti al solito scherzo, s'imbattono in un gruppo di “protettori” che li fermano e li aggrediscono; sco riesce a fuggire,
mentre Sandro viene malmenato. Ritornato sul posto, sco comunica all'amico che l'Inter vuole anche lui; Sandro non sta nella pelle e i due amici si ritrovano all'alba su di un tram per tornare a casa, dicendosi che non faranno più bravate. Ambientato nel quartiere di Quarto Oggiaro, il film del regista esordiente Fabio Martina rappresenta il calcio come via di fuga e riscatto da una periferia difficile. I due protagonisti vivono lo stesso contesto ma in modo diverso: Sandro, nullafacente, non è affatto ostacolato dalla famiglia nella sua ione sportiva, mentre sco, più sognatore, se la deve vedere con l'ostilità del padre e della fidanzata. Ma alla fine, nonostante i pesanti accaduti, l'amicizia tra i due si rinsalda più forte di prima, così come la voglia di sfondare nel mondo del calcio. Finanziato col contributo della Provincia di Milano, il film è stato realizzato nell'abito del progetto “Calciatori di periferia” e ha vinto il Premio Opera Prima, Menzione d'onore alla 24esima edizione del Festival Sport Movies & Tv 2006. La musica di A due calci dal paradiso, principalmente di genere rap, è firmata da Casino Royale, Club Dogo, Marracash e Vacca. Il regista Fabio Martina ha detto sulla realizzazione del film: “Anche nell'inferno della periferia il paradiso può essere distante non più di due tiri a un pallone. Perchè il calcio è anche mezzo di riscatto sociale e umano. E' quanto ha voluto raccontare 'A due calci dal paradiso', un film sulla ione per il calcio vissuta attraverso i sogni e le ambizioni di due diciassettenni di un quartiere lontano dalla Milano che conta. Girato con tecnologie digitali, grazie al o di maestri ed ex allievi della Scuola del Cinema di Milano, 'A due calci dal paradiso' è il risultato dell'incontro e del lavoro di due anni con i ragazzi della periferia di Quarto Oggiaro. A recitare, solo abitanti del quartiere: giovani, ma anche dirigenti di società, educatori e gente comune che si sono uniti al nostro progetto per raccontare la vita del loro quartiere attraverso la storia di due ragazzi alle prese con il difficile compito di diventare grandi”.[112]
La scheda di A due calci dal paradiso: Produzione: Italia, 2006 Regia: Fabio Martina
Soggetto e sceneggiatura: Fabio Martina, Riccardo Mini Interpreti principali: Daniele Doria, Giovanni Montarone, Andrea Calandrino, Maria Bevilacqua, Laia Manetti Genere: Commedia Durata: 60'
Nel 2012, in Francia viene girato Les Seigneurs, per la regia di Oliver Dahan. E' la storia di Patrick Orbera (José Garcia), cinquantenne ex calciatore di talento e commentatore televisivo. Orbera, dedito all'alcool, durante una diretta televisiva prende a pugni un arbitro, cosa che gli costa il posto di lavoro. L'uomo è separato dalla moglie e per poter vedere la figlia è obbligato dal giudice a trovarsi un lavoro e a smettere di bere; il lavoro che gli viene offerto è quello di allenare la squadra dilettantistica dell'isola di Molene, in Bretagna. Una volta arrivato sul posto, Orbera viene ospitato dal sindaco e presidente della squadra Legennec (Jean-Pierre Marielle), che ha il compito di vigliare sulla sua condotta, arrivando addirittura a chiuderlo a chiave in camera. Inizialmente, l'ex calciatore non riesce a riconoscere i giocatori del Molene, visto che sono tutti pescatori del luogo. La squadra ha sorprendentemente raggiunto il settimo turno della Coppa di Francia, ma l'aria che tira sull'isola è pesante; il conservificio che dà lavoro a quasi tutti gli abitanti dell'isola rischia infatti di essere chiuso, e il principale si è suicidato. Orbera capisce che il suo compito va oltre l'ambito sportivo, e se la squadra andrà avanti in Coppa, la fabbrica potrà essere salvata. L'uomo pensa così di assoldare alcune sue vecchie conoscenze da calciatore; prima chiama Marandella (Ramzy Bedia), ex portiere diventato cocainomane, poi coinvolge Ziani (Gad Elmaleh), ex giocatore con la mania dei videogiochi e in cura dallo psicanalista. Non solo: Orbera riesce a convincere anche N'Dogo (Omar Sy), ex difensore cardiopatico, e Berda (JoeyStarr), appena uscito dal carcere. Questi partono così alla volta di Molene; una volta arrivati qui, sono scontenti del luogo, vista la vita di vizi che gran parte di essi ha intrapreso. Orbera li fa allenare duro e li incita a seguire il loro sogno la sera prima della partita; l'indomani, la gara scorre tra gli svarioni di Marandella, che ha voluto per forza giocare da attaccante, e il gioco duro di Berda, ma il Molene riesce a vincere a tempo scaduto con una punizione di Ziani. La sera la squadra fa festa e Orbera può contare sull'amicizia di Anne (Clementine Baert), figlia del sindaco, che è
solita aprire la porta della sua stanza, chiusa sempre a chiave dal padre. Per ovviare alla noia che scorre tra i giocatori, Legennec e Orbera vanno in un locale della vicina Brest e propongono all'avvenente cameriera Floria (Frederique Bel) di lavorare come seduttrice della squadra. Intanto, a Molene arriva Leandri (Franck Dubosc), ex giocatore ed aspirante attore che Orbera aveva cercato di far entrare in squadra non riuscendoci; così, il sindaco si spaccia per un regista e gli fa fare le prove dello spettacolo teatrale “Cyrano de Bergerac”. In paese poi non arrivano buone notizie, visto che gli ufficiali giudiziari sono in arrivo per chiudere la fabbrica; Legennec è dunque costretto a dire la verità a Leandri per rafforzare la squadra e gli porge la maglia del Molene: l'aspirante attore accetta di giocare a patto che lo spettacolo si faccia lo stesso. La successiva partita di Coppa viene giocata dal Molene a porte chiuse per il lancio di un razzo in campo nella partita precedente. Negli spogliatoi, Leandri studia il suo copione e Marandella è chiamato al suo vecchio ruolo di portiere; ruolo che non rispetta visto che in campo esce sempre lasciando la porta sguarnita: gli avversari del Coetdic ano così in vantaggio. All'intervallo, mentre Orbera striglia i suoi con l'importante motivazione della fabbrica da salvare, Marandella viene avvicinato dal presidente avversario che gli offre diecimila euro per far perdere il Molene. Lui li prende e inizia il secondo tempo; il Molene pare soffrire l'assenza dei tifosi, che arrivano sulle loro imbarcazioni e seguono la partita da lì col sindaco in testa. Questo giova alla squadra, che pareggia con Leandri; lo stesso giocatore raddoppia, ma quando la vittoria sembra ad un o, gli avversari guadagnano un calcio di rigore. Marandella, nonostante aver accettato i diecimila euro, para il rigore e il Molene vince. A fine partita, il portiere consegna i soldi al sindaco per la fabbrica; la sera la squadra fa festa e Orbera è immancabilmente ubriaco, stavolta anche sotto gli occhi di Anne. L'indomani, gli ufficiali giudiziari arrivano per mettere i sigili al conservificio, ma i giocatori li bloccano minacciandoli. Intanto, il Molene ha raggiunto i 32esimi di finale di Coppa di Francia e il sorteggio riserva un'avversario difficile come l'Olympique Marsiglia. Tifosi e squadra partono in nave alla volta di Brest, dove si giocherà l'incontro; poco prima del fischio d'inizio, Ziani ha un collasso e viene trasportato fuori dal campo. Non avendo sostituti, i compagni di squadra convincono Orbera a giocare al suo posto. La partita è a senso unico e dopo cinque minuti il Marsiglia è gia sul 2-0. A Molene intanto, i gendarmi sono entrati nella fabbrica per chiuderla definitivamente; prima della fine del primo tempo, Leandri riesce a segnare dopo una grande iniziativa di Orbera, mentre Marandella è chiamato a fare gli straordinari per difendere la porta. Il secondo tempo scorre finchè nei minuti di recupero, su calcio d'angolo di Orbera, Leandri pareggia; si va così ai supplementari, mentre da casa, la figlia di Orbera (Elena
Zoualegh) e la moglie di N'Dogo (Claudia Tagbo) restano sorprese alla vista della loro partita in televisione. Il risultato non cambia e la partita si deciderà ai calci di rigore; i primi due vengono sbagliati da entrambe le squadre, poi segnano tutti, col Molene che va in rete con Orbera, Berda e N'Dogo. Il rigore decisivo tocca a Leandri, il quale va a segno, ma l'arbitro fa ripetere la battuta perchè non aveva fischiato. Leandri non vuole ripetere l'errore dal dischetto con un pallonetto che ha segnato la sua carriera, ma finisce per replicare con la stessa conclusione, che viene parata dal portiere del Marsiglia. Per il Molene la corsa in Coppa di Francia è finita e Orbera va a rincuorare l'abbattuto Leandri. Sembra così mettersi male anche per la fabbrica, visto che non ci saranno più soldi derivanti dalla competizione; Legennec però aveva fatto scommettere la moglie Nenene (Chantal Newuirth) sulla vittoria ai rigori del Marsiglia, arrivando a vincere ben 300mila euro. La fabbrica è salva, e Orbera bacia Anne; Legennec li vede ma non si arrabbia, offrendo all'allenatore un contratto di cinque anni, mentre a Molene arriva anche Louise, sua figlia; la storia si conclude con lo spettacolo teatrale di Leandri e lo spot pubblicitario dedicato alle sardine della fabbrica con Ziani e il giocatore Le Pen (Sami Ameziane). Il film inizia col protagonista da calciatore, quando era il numero dieci della Francia; poi i titoli dei giornali documentano il suo fallimento come uomo e calciatore. Il calcio è qui rappresentato come ione popolare di un'intera isola, strettamente collegato alla sua funzione “anti-capitalista” in difesa della fabbrica. A questo si aggiunge il coinvolgimento dei cinque ex giocatori sbandati, che non hanno nulla da perdere e tentano il loro riscatto personale facendosi coinvolgere sentimentalmente in una missione che va oltre lo sport. Non mancano momenti di pura comicità quando il protagonista assolda gli scalcagnati giocatori, tra cui quello interpretato da Gad Elmaleh che è dallo psicanalista e gli racconta della sua infelice esperienza in Italia, dove Berlusconi lo chiamava “Scarsedine Zidane”. Les Seigneurs è girato tra il suggestivo dipartimento bretone di Finistère e quello della Val d'Oise; le scene dell'ultima partita riprendono lo stadio di Brest. Piccola parte anche per Jean Reno, nei panni di se stesso. Il protagonista interpretato da José Garcia è doppiato da sco Pannofino. Musica di Guillaume Roussel.
La scheda di Les Seigneurs:
Produzione: Francia, 2012 Regia: Oliver Dahan Soggetto: Oliver Dahan, Isaac Sharry Sceneggiatura: Philippe de Chauveron, Marc de Chauveron Interpreti principali: José Garcia, Jean-Pierre Marielle, Gad Elmaleh, Ramzy Bedia, Omar Sy, Franck Dubosc, JoeyStarr, Chantal Newuirth, Clementine Baert Genere: Commedia Durata: 97'
Nel settembre del 2013 esce nelle sale italiane L'arbitro, film diretto da Paolo Zucca e girato in bianco e nero. E' la storia dell'arbitro internazionale Cruciani (Stefano Accorsi), parallela agli avvenimenti che coinvolgono la squadra dilettantistica sarda dell'Atletico Pabarile. Questa compagine è in forte combutta con i rivali del Montecrastu, capitanati da Brai (Alessio Di Clemente). Il Pabarile è allenato da Prospero (Benito Urgu), uomo cieco e padre della bella Miranda (Geppi Cucciari). La squadra è in forte crisi e a zero punti, e nell'ultima gara del girone d'andata viene sconfitta con un sonoro 5-0 dal Montecrastu. Gli sfottò di Brai agli avversari sono all'ordine del giorno, fin quando Matzutzi (Jacopo Cullin), ex abitante del paesello, ritorna dall'Argentina dopo tanti anni. Lui si ricorda dell'infantile amore con Miranda e la va a trovare; questa non si ricorda di lui, ma il padre Prospero gli chiede di giocare per il Pabarile. Il talento di Matzutzi si nota e giova alla squadra, che comincia a vincere. Intanto, l'allevatore e giocatore del Montecrastu, Franco (Franco Fais), contando le sue pecore, vede che ne manca una: ad ucciderla è stato il giovane Pietro (Marco Cadau), suo compagno di squadra, perchè infastidito dall'intrusione dell'animale nel suo territorio. L'arbitro Cruciani, soprannominato “Principe” per le sue capacità, parla con Candido (Marco Messeri), presidente della categoria, il quale gli ha promesso di favorirlo nel sorteggio per i quarti di finale della Champions League. E così, Cruciani viene sorteggiato per arbitrare una partita dei quarti di finale, affinchè abbia la possibilità di dirigere anche la finalissima. L'arbitro poi, a seguito di una chiacchiarata con Candido, viene indotto a favorire la squadra più blasonata nei quarti di finale. In Sardegna, Matzutzi, diventato giocatore di
punta del Pabarile, inizia a corteggiare Miranda, la quale, seppur attratta da lui, non cede inizialmente alle sue lusinghe. Il Pabarile continua la sua rimonta in campionato, cosa che preoccupa sempre più Brai e il suo assistente Quirico (Quirico Manunza). La penultima partita di campionato del Pabarile, ancora in corsa per la vittoria finale, viene arbitrata dal bizzarro e inaffidabile arbitro Mureno (sco Pannofino); questo effettua un arbitraggio assurdo, favorendo in maniera ridicola gli avversari del Pabarile. Addirittura, l'allenatore Prospero entra in campo preso dalla disperazione e scivola miseramente calciando una punizione. Il Pabarile esce immeritatamente sconfitto e abbattuto dalla gara, e Prospero convince i giocatori che la vittoria morale è stata la loro. Intanto, a Bari, si giocano i quarti di finale della Champions League: Cruciani è duramente contestato dall'allenatore della squadra belga al rientro negli spogliatoi e cerca di evitare il confronto civile con i dirigenti federali. L'arbitro, mentre lascia lo stadio, incontra Candido nel parcheggo sotterraneo, il quale gli dà una borsetta piena di soldi. Lui accetta malvolentieri e nell'uscire viene quasi investito da una macchina; sono alcuni dirigenti, che scoprono i soldi caduti per terra: la sua reputazione cade miseramente. Nel frattempo, l'allevatore Pietro, saputo che è stato il suo compagno di squadra ad uccidergli la pecora, si vendica lanciando una bottiglia incendiaria nella sua proprietà. Durante la festa di matrimonio di Brai poi, questo annuncia la vittoria del campionato, ma arrivano gli agguerriti giocatori del Pabarile, e una cameriera (Marta Attilia Umberta Gala) denuncia di aver visto Quirico corrompere l'arbitro Mureno ad un convegno di arbitri. Brai, dopo aver malmenato Quirico, propone così agli avversari di sancire la vincente del campionato nello scontro MontecrastuPabarile della domenica successiva. Intanto, la parallela lotta tra Franco e Pietro si acuisce: il ragazzo, dopo aver parlato con un anziano su un'altura, uccide brutalmente i due cani dell'allevatore. Cipriani nel mentre, va a parlare col presidente della federazione Jean Michel (Gregoire Oestermann), affinchè si prenda una decisione clemente dopo la sua corruzione; ma questo, che una volta lo rispettava, gli fa capire che non sarà così. Infatti, l'arbitro, ad un o dalla direzione della finale della Coppa europea, viene relegato all'ultima serie dilettantistica sarda, proprio quella del Pabarile. Si avvicina intanto la partita decisiva tra Pabarile e Montecrastu, e l'allenatore Prospero studia la tattica impostando tutto il gioco su Matzutzi; il ragazzo però, deluso dai rifiuti di Miranda, si rifugia su un albero per rivalsa. Prospero, inizialmente ostile al ragazzo, cerca così di convincere sua figlia ad andare al cinema con lui; alla fine i due ci vanno e, tra i ricordi dell'adolescenza, si baciano. Arriva così la fatidica partita che deciderà il campionato, e a dirigerla è proprio Cruciani. La tensione è alta sugli spalti e in campo, dove Franco lancia occhiate di sfida al compagno-
nemico Pietro. Dopo pochi secondi di gioco, Cruciani espelle Matzutzi per aver prima simulato in area di rigore e poi perchè gli ha rivolto un insulto, scatenando veementi proteste. Il primo tempo finisce 0-0; nel secondo, il Montecrastu segna con un gran tiro da lontano di Franco, che nell'esultanza respinge l'abbraccio di Pietro. In seguito, Cruciani assegna un rigore al Montecrastu, ma Brai fallisce l'occasione con un pallonetto che viene parato. Prospero tenta il tutto per tutto e fa entrare in campo Matzutzi con una parrucca bionda. La partita prosegue tra tanta tensione: l'invasione di campo dei tifosi e Franco che picchia selvaggiamente Pietro. Su un calcio d'angolo contestato, la palla rimbalza su Cipriani che manda in rete involontariamente; la segnatura è convalidata, la partita finisce in pareggio e l'arbitro festeggia con gli abitanti di Pabarile tra le vie del paese. Le immagini del campo danneggiato dopo la partita sono agghiaccianti, con il corpo di Pietro esanime e avvolto tra la rete della porta. Il film termina con Prospero solo sul campo, intento a tirare una punizione: la rete si gonfia ma il pallone non si vede. L'arbitro, primo lungometraggio del sardo Paolo Zucca, ha aperto le “Giornate degli Autori” alla 70esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia nel 2013. Il film narra in parallelo due mondi: il corrotto contesto del calcio internazionale e la provincia sarda, immersa nel calcio dilettantistico e divisa tra bonarietà e faide più o meno rilevanti. Il personaggio di Accorsi è una figura ambiziosa, molto religiosa, ma sola, che rimane vittima di quel sistema di corruzione di cui parla durante un' “autoconfessione”. Suggestive le immagini degli allenamenti degli arbitri e i riti pre-partita in cui viene coinvolto il protagonista; la sua sconfitta professionale e umana viene racchiusa nell'immagine del gatto che tiene in gabbia mentre sta viaggiando in traghetto verso la Sardegna. A lui fa da contraltare la figura immatura del Matzutzi, interpretato dal cagliaritano Jacopo Cullin; questo è tornato dall'Argentina senza ambizioni e senza speranze, se non quella di conquistare il cuore di Miranda. La scena in cui si siede in cima all'albero per i reiterati “no” della ragazza è riferibile a quella che vide protagonista Ciccio Ingrassia in Amarcord (Federico Fellini, 1972), che da un albero grida ripetutamente “Voglio una donna”. L'allenatore interpretato da Benito Urgu incarna un personaggio innamorato del calcio e della sua squadra: è apionato il suo discorso ai giocatori dopo l'immeritata sconfitta, e arriva addirittura a convincere la figlia ad uscire con Matzutzi affinchè questo giochi la partita decisiva. L'arbitro “Mureno”, in cui si cala sco Pannofino, è un chiaro riferimento all'ecuadoriano Byron Moreno, che ai Mondiali del 2002 giocati in Corea del Sud e Giappone si rese protagonista di un arbitraggio scandaloso nella partita
degli ottavi di finale tra Corea del Sud e Italia, vinta ai supplementari dai padroni di casa. Il regista Paolo Zucca ha girato nel 2009 un cortometraggio in bianco e nero sempre intitolato L'arbitro, col quale ha vinto il David di Donatello. Queste sono le sue parole rilasciate a Davide Zanza[113] prima dell'uscita nelle sale del film:
Perchè, ieri come oggi, la scelta di mettere al centro del tuo film un arbitro?
“Questa figura calcistica ha un aspetto molto coreografico. Durante la partita si esibisce attraverso mosse che nel film abbiamo enfatizzato in chiave ironica. Dentro l'arbitro abita un mondo metaforico: decide e nello stesso tempo diventa il capro espiatorio. Fa parte di un mondo calcistico che uso come metafora morale e umana. 'L'arbitro' allude in qualche modo all'arbitro supremo, che è la Provvidenza, o il caso che tutto domina, facendo incrociare le storie che compongono il film. Ci sono anche numerosi e divertiti riferimenti alla religione”.
Un uomo solo contro tutti?
“La caratteristica principale dell'arbitro è appunto la solitudine. Non ha una fidanzata né una famiglia. Mentre scrivevo la sceneggiatura ho avuto qualche difficoltà, perchè non volevo che incontrasse nessuno. Per tenerlo in perfetto isolamento ho dunque inventato molte situazioni: balla da solo, si confessa da solo. Il film racconta la storia di un arbitro, interpretato da Stefano Accorsi, contrapposto a un mondo pieno di persone. Parte dalla Champions League, quindi dalle stelle, per arrivare alle stalle della terza categoria”.
Geppi Cucciari interpreta Miranda, l'unico personaggio femminile in un mondo prettamente maschile come quello del calcio.
“Geppi è in effetti l'unica donna, eccetto una signora di ottant'anni. Attorno a lei ci sono centinaia e centinaia di persone tra calciatori e tifosi. Interpreta la figlia dell'allenatore, un Benito Urgu che in questo film compie una prova da grandissimo attore, togliendosi di dosso per la prima volta la maschera da cabarettista. Geppi vive una sorta di love story un po' strampalata con un emigrato che ritorna in Sardegna e diventa da subito il goleador e l'idolo del paese. Il personaggio è interpretato da Jacopo Cullin e brama per lei che è stata il suo amore d'infanzia. Ma in tutto questo c'è un piccolo problema: lei non ricorda niente di quest'amore infantile. Il tutto procede tra le avance di questo improbabile goleador con l'accento argentino e l'unica donna del film”.
Come hai lavorato dal punto di vista stilistico?
“Ho utilizzato registri e toni differenti. Il film è una commedia leggera, rotta a tratti da elementi fortemente drammatici per poi ritornare al lato comico. Non si tratta però di un semplice alternarsi: nel film convivono momenti di stacco con il aggio dal comico al grammatico e altri dove questi elementi coesistono nella stessa inquadratura. Ad esempio la pecora crocefissa, oltre a rappresentare un monito nei confronti dell'arbitro, diventa la sintesi di questa doppia anima del film: l'alto (vale a dire la croce, il divino) e il basso (la pecora, il grottesco)”.
Come hai raccontato la tua Sardegna?
“Uno dei principali motivi per cui ho fatto i film in bianco e nero era che volevo evitare che fosse scambiato per una rappresentazione oggettiva dell'isola. Il bianco e nero ti dà la possibilità di astrazione, allontanando la realtà delle cose. Nel contempo, 'L'arbitro' si sviluppa su una trama molto esile. Ho voluto giocare sul modello classico della faida: azione, reazione, controreazione in un'escalation tipica del codice barbaricino raccontato con astrazione, così da scatenare in
alcuni momenti le risate”.
Come hai impostato il lavoro con Stefano Accorsi e Geppi Cucciari?
“Con Stefano abbiamo lavorato sulle sottigliezze, sulle sfumature, sui silenzi del suo personaggio ma anche sull'aspetto coreografico e fisico. Nel film ha dovuto mettere in scena dei balletti scatenati in una camera d'albergo. In realtà il suo personaggio non è così buffo e divertente come a tratti può apparire. E' ambiguo, ambizioso, un po' leccapiedi e sfortunato, con una complessità mentale non così lontana da come sono in realtà gli arbitri. Quanto a Geppi, è diventata coautrice del suo personaggio. Compare poco, l'abbiamo coinvolta una volta concluso il cast. Abbiamo riscritto il suo personaggio insieme alla sceneggiatrice Barbara Alberti ascoltando tutti i suoi suggerimenti, drammaturgici e comici”.
Il film è stato girato tra le province di Cagliari ed Oristano; si vede lo stadio “San Nicola” di Bari in notturna e deserto, quando il protagonista va a fare un sopralluogo con degli assistenti. Le musiche sono di Andrea Guerra, mentre durante lo svolgimento si ascolta a più riprese “Vivere”, canzone scritta da Cesare Andrea Bixio nel 1937 e qui cantata da David Sotgiu ed Ermanno Giove.
La scheda de L'arbitro: Produzione: Italia, 2013 Regia: Paolo Zucca Soggetto: Paolo Zucca Sceneggiatura: Paolo Zucca, Barbara Alberti Interpreti principali: Stefano Accorsi, Benito Urgu, Alessio Di Clemente, Jacopo
Cullin, Geppi Cucciari, Marco Messeri, Franco Fais, Marco Cadau, sco Pannofino Genere: Commedia Durata: 92'
Bibliografia
“Ciak si gioca! Calcio e Tifo nel cinema italiano” di Guido Liguori e Antonio Smargiasse, editore Baldini e Castoldi, 2000 “Filmario dello sport” di Claudio Bertieri e Ugo Casiraghi, opera in tre volumi, editore Rassegna di Palermo, 1988-1990
“Ciak Goal, il cinema nel pallone” di Monica Rossi, edizione ePubblica, 2012 “Il cinema italiano dal dopoguerra a oggi” di Mino Argentieri, Editori Riuniti, 1998 “Dallo schermo alla carta: romanzi, fotoromanzi, rotocalchi cinematografici: il film e i suoi paratesti” di Raffaele De Berti, edizioni Vita e Pensiero, 2000 “Pupi Avati: il nascondiglio dei generi” di Simone Isola, Sovera Editore, 2007 “Dizionario del cinema italiano, i film vol.1: Tutti i film italiani dal 1930 al 1944” di Roberto Chiti e Enrico Lancia, Gremese Editore, 2005 “Dizionario del cinema italiano, i film vol.2: Tutti i film italiani dal 1945 al 1959” di Roberto Poppi e Roberto Chiti, Gremese Editore, 1991 “Il Farinotti 2013 Dizionario di tutti i film” di Pino Farinotti, Rossella Farinotti, Giancarlo Zappoli, editore Newton Compton, 2012
Sitografia
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Articoli e interviste da quotidiani e opuscoli
"Il Presidente del Borgorosso Football Club (Film, 1970)" di Gordiano Lupi, su Futuro-Europa.it, 27 agosto 2014 "Eccezzziunale... veramente" torna nelle sale. Abatantuono: "Così conquistai il cinema" di Luigi Bolognini, su la Repubblica.it, 15 dicembre 2012 Aristoteles chiama Ferrero: «Facciamo un film?» di Valerio Arrichiello, su Il Secolo XIX.it, 12 ottobre 2014 "The Firm" di Philip French su theguardian.com, 20 settembre 2009 "Quel film va sequestrato offende noi veri ultras" di Fabrizio Caccia, su Archivio la Repubblica.it, 10 marzo 1991 "A due calci dal paradiso: la prima all'Anteo" (Comunicato stampa), su www.cinemaindipendente.it, rif.937 "L'escalation" (Speciale Venezia 2013) di Davide Zanza, su Vivilcinema p.16, n.4 luglio-agosto 2013
Filmografia
1895: L'uscita dalle officine Lumière (August e Louise Lumière) 1897: Football (Alexandre Promio) 1911: Harry the Footballer (Lewin Fitzhamon) 1919: Il gabinetto del Dr. Caligari (Robert Wiene) 1922: Il Dottor Mabuse (Fritz Lang) 1924: I Nibelunghi (Fritz Lang) 1925: Le Jeux Olympiques Paris 1924 (Jean de Rovera) 1926: The ball of fortune (Hugh Croise) Lo studente di Praga (Henrik Galeen) 1927: Die elf Teufel (Zoltan Korda) Metropolis (Fritz Lang) König der Mittelstürmer (Fritz Freisler) 1928: Rapsodia ungherese (Hanns Schwarz) 1932: 5 a 0 (Mario Bonnard) The most dangerous game (Irving Pichel e Ernest Beaumont Schoedsack) 1934: L'uomo che sapeva troppo (Alfred Hitchcock) 1937: Contessa di Parma (Alessandro Blasetti)
II Signor Max (Mario Camerini) 1938: Ai vostri ordini, signora (Mario Mattoli) 1939: The Arsenal stadium mystery (Thorold Dickinson) 1942: Noi Vivi (Goffredo Alessandrini) 1948: 11 Uomini e un pallone (Giorgio Simonelli) 1949: E' primavera (Renato Castellani) 1950: L'inafferrabile 12 (Mario Mattoli) Il cammino della speranza (Pietro Germi) 1951: Milano Miliardaria (Marcello Marchesi, Vittorio Metz) 1952: Gli eroi della domenica (Mario Camerini) 1953: La domenica della buona gente (Anton Giulio Majano) Titanic (Jean Negulesco) 1954: Un americano a Roma (Steno) 1955: Bravissimo (Luigi Filippo D'Amico) 1956: Assassini e ladri (Sacha Guitry) Il tetto (Vittorio De Sica) 1957: Poveri ma belli (Dino Risi) L'uomo a tre ruote (Jacques Pinoteau) 1958: Gambe d'oro (Turi Vasile) 1959: Robinson et le triporteur (Jacques Pinoteau) Il nemico di mia moglie (Il marito bello) (Gianni Puccini)
La notte brava (Mauro Bolognini) 1960: Napoleone ad Austerliz (Abel Gance) L'avventura (Michelangelo Antonioni) Appuntamento a Ischia (Mario Mattoli) Il bell'Antonio (Mauro Bolognini) 1961: Il Federale (Luigi Zampa) L'onorata società (Riccardo Pazzaglia) 1962: Totò diabolicus (Steno) Gli arcangeli (Enzo Battaglia) 1963: Raven (Bo Widerberg) 1965: Idoli Controluce (Enzo Battaglia) Per qualche dollaro in più (Sergio Leone) I complessi (Dino Risi, Franco Rossi, Luigi Filippo D'Amico) 1966: ll buono, il brutto e il cattivo (Sergio Leone) 1967: Grazie amore mio (Mario Camus) Elvira Montana (Bo Widerberg) Se sei vivo spara (Giulio Questi) 1968: Tepepa (Giulio Petroni) 1969: Fellini Satyricon (Federico Fellini) 1970: Il Presidente del Borgorosso Football Club (Luigi Filippo D'Amico) I due maghi del pallone (Mariano Laurenti)
Satiricosissimo (Mariano Laurenti) 1971: I due assi del guantone (Mariano Laurenti) I clowns (Federico Fellini) Arancia Meccanica (Stanley Kubrick) 1972: Continuavano a chiamarli i due piloti più matti del mondo (Mariano Laurenti) Roma (Federico Fellini) Quel gran pezzo della Ubalda...tutta nuda e tutta calda (Mariano Laurenti) 1973: Amarcord (Federico Fellini) 1974: Fimpen il goleador (Bo Widerberg) L'arbitro (Luigi Filippo D'Amico) Il domestico (Luigi Filippo D'Amico) I santissimi (Bertrand Blier) 1976: San Pasquale Baylonne protettore delle donne (Luigi Filippo D'Amico) Bianco e nero a colori (Jean-Jacques Annaud) Remo e Romolo – Storia di due figli di una lupa (Pier sco Pingitore, Mario Castellacci) Nerone (Pier sco Pingitore, Mario Castellacci) Liberi armati pericolosi (Romolo Guerrieri) Squadra antifurto (Bruno Corbucci) 1977: Ride bene...chi ride ultimo (Pino Caruso)
La stanza del vescovo (Dino Risi) 1978: Preparate i fazzoletti (Bertrand Blier) Scherzi da prete (Pier sco Pingitore) 1979: Coupe de téte (Jean Jacques Annaud) Tutti a squola (Pier sco Pingitore) L'imbranato (Pier sco Pingitore) Quadrophenia (Franc Roddam) 1980: Ciao marziano (Pier sco Pingitore) lI casinista (Pier sco Pingitore) Arrivano i gatti (Carlo Vanzina) Una vacanza bestiale (Carlo Vanzina) Qua la mano (Pasquale Festa Campanile) 1981: I fichissimi (Carlo Vanzina) 1982: Il tifoso, l'arbitro e il calciatore (Pier sco Pingitore) Attenti a quei P2 (Pier sco Pingitore) Gian Burrasca (Pier sco Pingitore) Eccezzziunale...veramente (Carlo Vanzina) Delitto sull'autostrada (Bruno Corbucci) I camionisti (Flavio Mogherini) 1983: Sfrattato cerca casa equo canone (Pier sco Pingitore) Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento (Nando Cicero)
lI diavolo e l'acquasanta (Bruno Corbucci) A mort l'arbitre! (Jean-Pierre Mocky) 1984: L'allenatore nel pallone (Sergio Martino) Arrapaho (Ciro Ippolito) 1985: Mezzo destro mezzo sinistro 2 calciatori senza pallone (Sergio Martino) Hooligans (Ian Stuttard) 1986: Il nome della rosa (Jean-Jacques Annaud) 1987: Ultimo minuto (Pupi Avati) Quel ragazzo della curva B (Romano Scandariato) 1988: The Firm (Alan Clarke) 1989: Fratelli d'Italia (Neri Parenti) 1991: Ultra' (Ricky Tognazzi) Ragazzi fuori (Marco Risi) Il silenzio degli innocenti (Jonathan Demme) 1995: Hooligans (Philip Davis) 1997: Febbre a 90° (David Evans) 1999: Tifosi (Neri Parenti) 2000: Jimmy Grimble (John Hay) Sfida per la vittoria (Michael Corrente) 2001: Shaolin Soccer (Stephen Chow) 2004: Football Factory (Nick Love)
2005: Green Street Hooligans (Lexi Alexander) L'amore in gioco (Peter e Bobby Farrelly) Tutti all'attacco (Lorenzo Vignolo) Goal! (Danny Cannon) 2006: Eccezzziunale veramente Capitolo secondo...me (Carlo Vanzina) 4-4-2 il gioco più bello del mondo (Michele Carrillo, Claudio Cupellini, sco Lagi, Roan Johnson) A due calci dal paradiso (Fabio Martina) 2007: L'allenatore nel pallone 2 (Sergio Martino) Goal II Vivere un sogno (Jaume Collet Serra) 2008: Cass (Jon S. Baird) 2009: The Firm (Nick Love) L'ultimo ultrà (Stefano Calvagna) Green Street Hooligans 2 (Jesse Johnson) Goal III Taking on the world (Andy Morahan) 2012: Les Seigneurs (Oliver Dahan) 2013: L'arbitro (Paolo Zucca)
note
[1]
Inventato nel 1888 da Emile Reynaud, che applicò il dispositivo ottico del prassinoscopio (da lui inventato nel 1876) all'antico sistema di proiezione della lanterna magica. Il teatro ottico era dotato di un sistema di nastri mobili che permettevano a delle lastre di vetro di scorrere innanzi alla luce del proiettore. Su queste lastre, lo stesso Reynaud dipingeva a mano fondali e personaggi. Il teatro ottico, anticipatore del cinema di animazione, era corredato da accompagnamento musicale e fece la sua prima apparizione pubblica nel 1892 presso il museo Grévin di Parigi.
[2]
Ideati negli Stati Uniti da Thomas Alva Edison e il suo assistente William Dickson. Il kinetoscopio, anticipatore del proiettore cinematografico, era una grande cassa al cui interno erano posizionati dei rulli che permettevano il trascinamento della pellicola. Il kinetografo, messo a punto nel 1894, fu la prima macchina da presa e venne brevettato in Italia da Filoteo Alberini.
[3]
Operatore di macchina se di origini italiane.
[4]
http://thebioscope.net/2010/06/19/filming-football/
[5]
Primo regista di origine gallese.
[6]
Attore, regista e sceneggiatore di svariate decine di film negli anni '10.
[7]
Prolifico calciatore, di ruolo attaccante, giocò fino a quasi 50 anni alternandosi tra le due squadre di Manchester e la Nazionale. Era detto “il mago gallese”.
[8]
Regista e sceneggiatore ungherese, che qui dirige il suo primo film da solo.
[9]
Affermatosi tra gli anni '10 e '20 con film come Il gabinetto del Dr. Caligari (Robert Wiene, 1919) e Metropolis
(Fritz Lang, 1927).
[10]
Sceneggiatore e regista austriaco, vincitore dell'Oscar per la co-sceneggiatura di Titanic (Jean Negulesco, 1953).
[11]
Regista e sceneggiatore boemo.
[12]
I due appaiono insieme anche nel film espressionista Il Dottor Mabuse (Fritz Lang, 1922).
[13]
Già attore negli anni '10, è ricordato nella figura del “dandy” che poi ispirò il personaggio di Gastone di Ettore Petrolini .
[14]
Navigato attore del teatro popolare siciliano.
[15]
Monica Rossi, Ciak goal, il cinema nel pallone, ed. ePubblica.com, 2012.
[16]
Guido Liguori, Antonio Smargiasse, Ciak si gioca! Calcio e tifo nel cinema italiano, p.19, ed. Baldini e Castoldi, 2000.
[17]
L'attore aveva esordito al cinema nel film tedesco Rapsodia ungherese (Hanns Schwarz, 1928).
[18]
Questo filone produsse film tra gli anni '30 e '40. Ne sono esempi Il Signor Max (Mario Camerini, 1937) e Ai vostri ordini, signora (Mario Mattoli, 1938).
[19]
Esordiente in Serie A a 18 anni, fu subito capocannoniere nella stagione 1932-33 con 29 reti segnate in 28 partite.
[20]
Da un documento della Cineteca di Bologna.
[21]
Noto per l' interpretazione del conte in The most dangerous game (Irving Pichel e Ernest B. Schoedsack, 1932) e per il ruolo da protagonista ne L'uomo che sapeva troppo (Alfred Hitchcock, 1934).
[22]
Storica voce radiofonica e poi televisiva, commentò le partite della Nazionale
italiana dal 1934 al 1970.
[23]
Guido Liguori, Antonio Smargiasse, op.cit., p.30.
[24]
Durante gli anni '40 fece fortuna negli spettacoli di varietà con i personaggi tipicamente meneghini del “Bauscia” e del “Cavaliere”. Da ragazzo, giocò nelle giovanili dell'Inter.
[25]
Benito Lorenzi, attaccante dell'Inter dal 1947 al 1958, famoso per il suo carattere provocatorio.
[26]
Guido Liguori, Antonio Smargiasse, op.cit., p.229.
[27]
Esordì in E' primavera (Renato Castellani, 1949), seguito da Il cammino della speranza (Pietro Germi, 1950).
[28]
Guido Liguori, Antonio Smargiasse, op.cit., p.33.
[29]
http://www.giusepperausa.it/altri_tempi_e_noi_due_soli.html
[30]
Il radiodramma fu trasmesso il 12 marzo 1952 dal terzo programma, con Anton Giulio Majano sempre alla regia. Tra gli interpreti, Nino Manfredi e Carlo Romano, presenti anche nel film.
[31]
Raffaele De Berti, Dallo schermo alla carta: romanzi, fotoromanzi, rotocalchi cinematografici: il film e i suoi paratesti, p.132, ed. Vita e pensiero, 2000.
[32]
Ivi p.133.
[33]
Dopo alcuni piccoli ruoli, fu lanciato dal regista Sacha Guitry in Assassini e ladri (1956), arrivando ad interpretare circa 180 film in carriera.
[34]
Nel 1962 interpretò l'amante del marchese Galeazzo, ossia Totò, in Totò diabolicus, diretto da Steno.
[35]
Guido Liguori, Antonio Smargiasse, op.cit., pp.43-44.
[36]
Ivi, p.183.
[37]
Originario di Lucera, ha partecipato come comparsa e caratterista ad oltre 150 film di genere italiani.
[38]
Le immagini di repertorio mostrano la sfida tra Napoli e Juventus giocata allo stadio del Vomero il 22 febbraio 1959.
[39]
http://www.vivavoceonline.it/articoli.php?id_articolo=1630
[40]
Guido Liguori, Antonio Smargiasse, op.cit., p.48.
[41]
La sua prima colonna sonora per il cinema fu quella de Il Federale (Luigi Zampa, 1961). Collaboratore del regista Sergio Leone, firmò le celebri musiche di Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto e il cattivo (1966).
[42]
http://www.torinocittadelcinema.it/schedafilm.php?film_id=779&stile=large
[43]
Ricordata, tra l'altro, per l'interpretazione della giovane donna sparita ne L'avventura (Michelangelo Antonioni, 1960).
[44]
Noto compositore di decine di colonne sonore, tra cui quella di Un americano a Roma (Steno, 1954).
[45]
Guido Liguori, Antonio Smargiasse, op.cit., pp. 71-72.
[46]
Nipote del critico teatrale Silvio D'Amico.
[47]
http://www.futuro-europa.it/8787/cultura/il-presidente-del-borgorosso-footballclub-film-1970.html
[48]
Li aveva diretti per la prima volta nello stesso anno in Satiricosissimo, parodia di Fellini Satyricon (Federico Fellini, 1969). Anche nei primi anni Settanta, Franco e Ciccio saranno sotto la sua regia in film come I due assi del guantone (1971) e Continuavano a chiamarli i due piloti più matti del mondo (1972).
[49]
Già diretta da Laurenti in Satiricosissimo (1970), interpreterà svariate commedie erotiche italiane di quel decennio.
[50]
Presente, con Franco e Ciccio e sotto la regia di Laurenti, anche ne I due assi del guantone (1971). Paola Tedesco parteciperà a diversi film di genere degli anni Settanta e si affermerà anche come doppiatrice.
[51]
Il primo film da protagonisti per il duo comico siciliano fu L'onorata società (Riccardo Pazzaglia, 1961).
[52]
Ernesto Maria Volpe in http://colposucolpo1111.wordpress.com/2011/08/22/litalia-pallonara-i-duemaghi-del-pallone/
[53]
http://www.orrorea33giri.com/2012/01/franco-franchi-i-due-maghi-delpallone.html
[54]
Widerberg è anche ricordato per la regia di Elvira Montana (1967), che valse alla protagonista Pia Degermark il premio come miglior attrice al Festival di Cannes.
[55]
Il regista ha diretto Lando Buzzanca anche nelle commedie erotiche Il domestico (1974) e San Pasquale Baylonne protettore delle donne (1976).
[56]
Arbitro di Serie A dal 1954 al 1974 (internazionale dal 1958), nativo di Siracusa, città di cui fu sindaco per pochi mesi nel 1986.
[57]
Guido Liguori, Antonio Smargiasse, op.cit., p.154.
[58]
Storica trasmissione televisiva, la cui prima puntata fu trasmessa in via sperimentale l'11 ottobre 1953, a circa tre mesi dall'avvio ufficiale della programmazione del primo canale Rai.
[59]
Esordì ne Il tetto (Vittorio De Sica, 1956), che le valse il premio “La Noce d'oro” per attori esordienti. La sua ultima interpretazione fu in Ride bene...chi ride ultimo (Pino Caruso, 1977).
[60]
In una piccola parte in Fellini Satyricon (1969). Successivamente presente anche ne I clowns (1971) e in Roma (1972).
[61]
http://www.novegennaiomillenovecento.it/index.php? option=com_content&view=article&id=358:i-m-football-crazy-quandogabriella-ferri-canto-per-long-john&catid=54&Itemid=159
[62]
Nel 1976 diresse Bianco e nero a colori, film che non ebbe successo in Francia ma che l'anno successivo vinse l'Oscar al miglior film straniero in rappresentanza della Costa d'Avorio. Nel 1986 Annaud dirigerà Il nome della rosa, film tratto dal romanzo di Umberto Eco e pluripremiato.
[63]
Famose, tra l'altro, le sue interpretazioni ne I santissimi (Bertrand Blier, 1974) e in Preparate i fazzoletti (Bertrand Blier, 1978), film in cui recita accanto a Gerard Depardieu, considerato il suo “alter ego” cinematografico. E' ricordato anche per il ruolo da protagonista ne La stanza del vescovo (Dino Risi, 1977), accanto a Ugo Tognazzi e Ornella Muti. Dewaere fu sposato con l'attrice MiouMiou, dalla quale ebbe una figlia. L'attore morì tragicamente suicida nel 1982, a
soli 35 anni.
[64]
La squadra della Bretagna, allora relegata nelle serie minori, presieduta dal 30enne Noel La Graet e affidata al giocatore-allenatore 22enne Sylvestre Salvi, riuscì a raggiungere gli ottavi di finale di Coppa di Francia. In quel turno fu eliminata dal Rouen.
[65]
Al cinema, curò le musiche di alcuni film della serie di Emmanuelle. Nel 1982 inoltre, scriverà “Les Corons”, che diventerà l'inno del Lens.
[66]
Fondato nel 1965 insieme a Mario Castellacci, “Il Bagaglino” ha portato in scena, tra teatro e televisione, numerosissimi spettacoli satirici. Tra i componenti storici si ricordano Oreste Lionello, Leo Valeriano, Gabriella Ferri, Enrico Montesano, Pino Caruso, Laura Troschel, Maria Grazia Buccella, Isabella Biagini, Bombolo, Gianfranco D'Angelo, Angelo Pellegrino, Manlio Dovì, Leo Gullotta, Maurizio Mattioli, Martufello, Pamela Prati.
[67]
L'attore esordì al cinema con una piccola parte in Appuntamento a Ischia (Mario Mattoli, 1960), dove apparì col gruppo musicale de “I Pinguini”, di cui faceva parte allora. Il suo primo ruolo da protagonista fu in Quel gran pezzo della Ubalda...tutta nuda e tutta calda (Mariano Laurenti, 1972), pellicola culto della commedia erotica italiana.
[68]
Tra i primi componenti de “Il Bagaglino”, nello stesso anno curò le musiche per Gian Burrasca (Pier sco Pingitore), film comico con Alvaro Vitali, Mario Carotenuto, Marisa Merlini e Gigi Reder.
[69]
Doppiatore storico del cinema italiano e internazionale.
[70]
Guido Liguori, Antonio Smargiasse, op.cit., p.101.
[71]
Locale notturno di proprietà dello zio, dove avevano lavorato come attori anche Teo Teocoli, Massimo Boldi e Ugo Conti. Abatantuono esordì al cinema nel 1976 in Liberi armati pericolosi, film poliziesco diretto da Romolo Guerrieri.
[72]
Anche qui interpreta un tifoso milanista, in combutta con l'interista Jerry Cala'.
[73]
Gia' lanciato in uno spettacolo del Derby Club dall'attore Giorgio Porcaro.
[74]
Conosciuto come “Dogui”, inizio' anche lui la sua carriera al Derby, portando poi al cinema il personaggio del signore lombardo ricco e altezzoso.
[75]
Del film del 1982 ritroviamo solo Ugo Conti. Come calciatori vi hanno partecipato Paolo Maldini, Gennaro Gattuso, Massimo Ambrosini, Dida, Alessandro Costacurta e Andriy Shevchenko.
[76]
http://www.repubblica.it/spettacoli-ecultura/2012/12/15/news/eccezzziunale_veramente_torna_nelle_sale_abatantuono_cos_conqu 48782013/
[77]
Allora giocatore del Barcellona, l'argentino approdera' al Napoli nella stagione 1984-85.
[78]
Tomas Milian iniziò la carriera di attore in Una donna poliziotto, serie televisiva statunitense, per poi recitare nei primi film in Italia, La notte brava (1959) e Il bell'Antonio (1960) di Mauro Bolognini. Negli anni Sessanta interpreto' diversi western italiani, tra cui Se sei vivo spara (Giulio Questi, 1967) e Tepepa (Giulio Petroni, 1968). Dalla meta' degli anni Settanta fu protagonista per circa dieci anni di svariati film polizieschi, piu' e meno seriosi, ando per il citato personaggio di Nico Giraldi in film come Squadra antifurto (Bruno Corbucci, 1976) e Delitto sull'autostrada (Bruno Corbucci, 1982).
[79]
Guido Liguori, Antonio Smargiasse, op.cit., p.89.
[80]
Originario di Turi, in provincia di Bari, iniziò la carriera di allenatore tra gli anni Trenta e Quaranta, dopo essere stato calciatore nelle serie minori. Nella stagione 1964-65, sulla panchina del Foggia neopromosso, sconfisse l'Inter di Helenio Herrera per 3-2. Per questo, fu soprannominato “il mago di Turi”.
[81]
Sempre nel 1984 fu il protagonista di Arrapaho (Ciro Ippolito), riferimento all'omonimo album musicale degli Squallor.
[82]
http://www.ilsecoloxix.it/p/sport/2014/10/12/ARmqkjECaristoteles_facciamo_ferrero.shtml
[83]
Il duo comico bolognese fece la prima apparizione cinematografica in Qua la mano (Pasquale Festa Campanile, 1980). Il loro primo film da protagonisti è stato I camionisti (Flavio Mogherini, 1982).
[84]
Vi hanno partecipato inoltre tanti calciatori, tra cui i Campioni del mondo Buffon, Del Piero, Inzaghi, Totti, Toni, Materazzi, Oddo, Amelia e Gilardino.
[85]
http://marchecinema.cultura.marche.it/scheda.asp?id=77
[86]
Torneo istituito nel 1927, il cui nome deriva da “Mitteleuropa”. Inizialmente vi parteciparono due squadre di Austria, Cecoslovacchia, Jugoslavia ed Ungheria. Successivamente vi presero parte anche squadre italiane e svizzere. La Mitropa Cup godette di un certo prestigio nelle prime edizioni, ridimensionato nel dopoguerra, fino a diventare, nel 1979, il torneo delle squadre neopromosse nelle serie maggiori. Questa competizione fu soppressa nel 1992.
[87]
http://www.fondazionecsc.it/news.jsp? ID_NEWS=810&areaNews=10>emplate=news.jsp
[88]
Monica Rossi, op.cit. .
[89]
Fratello maggiore del regista e produttore del film.
[90]
Pseudonimo di Leonardo Sottani, attore prediletto da Pupi Avati, interpretò diversi film diretti dal regista bolognese. Morì in quell'anno, a soli 23 anni, per una malformazione al cuore.
[91]
Storica trasmissione radiofonica della Rai, ideata da Guglielmo Moretti, Roberto Bortoluzzi e Sergio Zavoli, iniziata ufficialmente il 10 gennaio 1960.
[92]
http://www.museovicenzacalcio1902.net/it/v/Gadgets/Vari+oggetti/Film+ULTIMO+MINUTO
[93]
Direttore sportivo dell'Inter dal 1959 al 1967, contibuì ai successi della grande squadra di Helenio Herrera.
[94]
Nel 1985, dopo la tragedia dello stadio “Heysel”, in cui morirono 39 tifosi juventini giunti a Bruxelles per seguire la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, fu emanato lo “Sporting Events Act”, che limitava l’acquisto e il consumo di bevande alcoliche negli stadi, nei treni e nei bus speciali per i tifosi. Nel 1986, il “Public Order Act” permise alla magistratura di interdire la presenza negli impianti sportivi di singoli ritenuti violenti costringendoli all’obbligo di firma in caserma (in Italia è noto come Daspo) e, per la prima volta, come reato la messa in atto di comportamenti ritenuti di turbativa della quiete pubblica. Poi, nel 1989, in seguito alla tragedia di Hillsborough (Sheffield, dove si giocava la semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest), in cui morirono 96 tifosi del Liverpool schiacciati nella calca per la scarsa capienza dell'impianto, fu emanato il “Football Spectators Act”, che sancì la possibilità di vietare la presenza a eventi sportivi al di fuori di Inghilterra e Galles a persone condannate per reati connessi alla disputa di partite di calcio e, per la prima volta, l’obbligo di entrare negli stadi con un documento di identità.
[95]
Riferimento all' “Inter City Firm”, violento gruppo hooligans a seguito del West Ham.
[96]
Il nome è adattato dai “Millwall Bushwackers”, “firm” di hooligans del Millwall, storici rivali del West Ham.
[97]
http://www.theguardian.com/film/2009/sep/20/the-firm-film-review
[98]
http://www.totalfilm.com/features/gary-oldman-best-movies
[99]
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/03/10/quel-filmva-sequestrato-offende-noi.html
[100]
Ugo Tognazzi morì il 27 ottobre 1990.
[101]
Rispettivamente ex aequo con Ragazzi fuori di MarcoRisi e Il silenzio degli innocenti diretto da Jonathan Demme.
[102]
Già attore in The Firm (Alan Clarke, 1988) nei panni di “Yeti”, interpretò anche uno dei “mods” di Quadrophenia (Franc Roddam, 1979).
[103]
Nella realtà, la tragica partita di Hillsborough non fu in concomitanza di nessuna partita dell'Arsenal.
[104]
Alberto, allenatore del Milan dal 1998 al 2001, vinse lo scudetto nel 1999, alla prima stagione alla guida dei rossoneri.
[105]
Unione del nome di Silvio Berlusconi e del cognome dello storico dirigente rossonero Adriano Galliani.
[106]
Scritta nel 1960 da Bobby Scott e Ric Marlow, questa versione fu interpretata da
Herb Alpert and The Tijuana Brass nel 1965.
[107]
Compositore di canzoni quali "Non son degno di te", "In ginocchio da te", "Se non avessi più te", "La fisarmonica", "Un mondo d'amore" di Gianni Morandi, "La bambola" di Patty Pravo e altre per Mina e Domenico Modugno. Zambrini è tra l'altro l'autore musicale della maggior parte dei film della serie di Fantozzi.
[108]
Adattato dalla canzone del 1934 di Richard Rodgers e Lorenz Hart, autori statunitensi.
[109]
McCoist, in 418 presenze in campionato coi Rangers, ha messo a segno 251 reti. Dal 2011 al 2014 è stato l'allenatore della squadra di Glasgow.
[110]
http://it.wikipedia.org/wiki/Tutti_all'attacco
[111]
Attaccante inglese, al Newcastle dal 1996 al 2006. Miglior realizzatore di sempre sia dei “Toon”, con cui ha segnato 148 reti, che della Premier League (260 reti totali).
[112]
http://www.cinemaindipendente.it/schedaarticolo.asp?id=937
[113]
Da “Vivilcinema” n.4, 2013.