Stefano Borile
Kor e il grande mare
Coccinella
Titolo originale: "Kor e il grande mare" © 2015 Giovane Holden Edizioni Sas - Viareggio (Lu) I edizione cartacea ottobre 2014 ISBN edizione cartacea: 978-88-6396-544-5 I edizione e-book gennaio 2015 ISBN edizione e-book: 978-88-6396-566-7 www.giovaneholden.it
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UUID: 9788863965667
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Indice
I C’era una volta II L’arcobaleno III Il torrente Rufo IV La lunga giornata V Le spiegazioni di Neb VI L’incendio VII Il primo sogno dei colori VIII Il secondo sogno IX La montagna X La scomparsa XI Il dolore XII La decisione XIII La rinascita XIV Kor gnomo dell’arcobaleno
L'Autore
A Mario e Rosamarie, genitori unici e veri insegnanti di vita.
I
C’era una volta
C’era una volta in un bosco lontano, una piccola famiglia di gnomi che vivevano da parecchie vite all’interno di quella radura tagliata in due dal grosso torrente Rufo. Gli gnomi di quel bosco venivano detti delle Querce per la loro ostinazione e il loro carattere mai arrendevole, ma sempre pronto a ogni avventura. La famiglia della nostra storia era composta dal padre Neb, dalla madre Adel e dai figli Guendy e il nostro amico Kor. La madre Adel era dedita ai lavori culinari e alla sistemazione delle faccende domestiche, aiutata dalla figlia Guendy, la quale amava, nel tempo libero, stare sdraiata sull’erba del bosco ad ascoltare il melodioso canto degli uccelli sognando di poter volare verso il sole in piena armonia. Il padre provvedeva alla raccolta del cibo e si occupava del famoso arcobaleno della foresta. Il piccolo Kor cercava sempre di aiutarlo, ma la sua struttura fisica non gli permetteva le enormi sfaticate che Neb si sorbiva giornalmente. Infatti si alzava all’alba, raggiungeva il torrente Rufo, lo guadava, poi proseguiva fino a quando non trovava il posto giusto per aprire il suo magnifico arcobaleno. Kor lo seguiva molte volte di nascosto, ma spesso all’arrivo sulle sponde del grande fiume doveva fermarsi perché la velocità e la profondità delle acque lo avrebbero portato con loro. Fu proprio su quelle sponde che Kor fece amicizia con Elfy la Lontra, la quale sapeva raccontare storie su quelle acque da far incantare. Quando Elfy incominciava i suoi racconti tutta la natura intorno ammutoliva,
perfino gli uccelli smettevano il loro dolce canto per ascoltarla meglio. Poi, d’improvviso il vecchio fiume rumoreggiando maggiormente richiamava la piccola Lontra fra i suoi flutti e a malincuore Kor riprendeva la strada di casa, chiedendosi perché mai Rufo fosse così scorbutico e non fe mai finire le mitiche storie di Elfy. Alla sera Neb usciva dal suo albero e, radunata la famiglia, raccontava la sua giornata accendendosi con tutta calma la sua pipa. I ragazzi ascoltavano attentamente fino a quando il sonno li vinceva e allora i due simpatici gnomi prendevano fra le braccia i loro figli e li coricavano a letto. Mentre scendevano i rami della loro casetta, Kor apriva leggermente gli occhi e osservava attentamente i lineamenti del volto di suo padre, rimanendo attratto dalla folta barba bianca che scendeva quasi alle sue gambe.
La vita scorreva sempre tranquilla e tutta la foresta viveva in piena armonia e famigliarità.
II
L’arcobaleno
Tutti sapevano che dietro a ogni arcobaleno c’era la mano esperta dello gnomo Neb. Ogni animale e pianta della foresta lo aspettavano ansiosi ed era sempre più bello, tanto che al suo apparire anche gli uomini si fermavano nelle loro attività e lo guardavano stupiti. Addirittura pensavano che alla fine del suo arco fosse nascosto un tesoro: una pentola piena zeppa di monete d’oro. Già! Quante volte l’arcobaleno era apparso con i suoi svariati colori e poi, filtrato a volte da raggi di sole mista a pioggia, riusciva a far sorridere tutti e portava una grande serenità. Il vecchio Neb era un vero esperto, anche perché il suo era un mestiere che si tramandava di generazione in generazione e ognuno aveva cercato di migliorare il proprio arcobaleno con l’aggiunta di nuovi colori oppure con la sua grandezza. Quando compariva sopra la foresta era sempre un vero spettacolo. Kor, a volte, si chiedeva quando sarebbe stato pronto per iniziare la scoperta delle regole del suo incanto, ma suo padre, lo induceva ad aspettare in quanto non bastava la semplice conoscenza pratica nel comporre i colori, ma era necessaria la preparazione interiore dell’animo. Padre e figlio avano interi pomeriggi a parlare di questo e certi discorsi sembravano molto complicati al piccolo Kor. Essere pronto, cercare di capire e parlare con i colori, costruire l’arco che si librava sopra la foresta e, infine, il regalo del colore.
Quelle erano forse le cose più semplici da comprendere, veramente arduo era capire e parlare con i colori. Neb li descriveva come un gruppo di amici a volte un po’ permalosi che dovevano fare un viaggio e ognuno doveva apportare un po’ di se stesso. Niente da fare, per Kor questo era veramente difficile da capire, e mentre mentalmente cercava di immaginarsi il suo arcobaleno, suo padre gli spiegava le differenze cromatiche dei colori. La somma di tre colori dava una infinità totale di colori e ogni gnomo dell’arcobaleno aveva il suo preferito. Finito di parlare anche Neb, coricato sull’erba guardando verso il cielo, riposava soddisfatto.
III
Il torrente Rufo
Il torrente Rufo tagliava in due, con le sue acque, la grande foresta. Era quasi sempre imbronciato, i più anziani abitanti della foresta lo chiamavano Il vecchio Generale e si narrava che in qualche strano modo era riuscito ad aiutare la fuga di alcuni giovani indiani che scappavano dopo aver svegliato il Grande Bisonte. Rufo aveva visto e conosciuto tantissima gente e nelle calde sere estive, quando il suo corso diventava meno abbondante, il suo letto somigliava al volto di un vecchio coperto da due grossi baffoni bianchi. Amava il silenzio e si godeva il cinguettio degli uccellini che si abbeveravano alle sue sponde. A volte, quando la piccola lontra Elfy incominciava i suoi racconti, il torrente Rufo ascoltava silenzioso, ma poi, per paura che dicesse qualche segreto, con borbottii e saltelli d’acqua la richiamava subito nei suoi flutti. Rufo conosceva tutti gli abitanti del bosco e sapeva tanti segreti che custodiva gelosamente sui suoi fondali. Nonostante fosse un personaggio burbero, Rufo, era di nobile cuore e cercava di porre la sua saggezza al bisogno degli altri. Il suo pensiero correva sempre al grande mare, una distesa infinita di acqua molto più grande di tutta la sua foresta.
Il grande mare celava tra le sue acque enormi segreti e pesci colorati. Addirittura, era così profondo, che una leggenda narrava come nei suoi fondali si nascondessero casse d’oro che le onde infuriate avevano rubato alle sacre montagne, le quali le tenevano custodite tra le pareti di nevi perenni.
IV
La lunga giornata
Una notte il vento Ernestino entrò nella foresta e, raggiunta la casa degli gnomi, soffiò parole di angoscia. Quella notte tutti gli animali si svegliarono per ascoltare e perfino le querce tremarono per la paura. Era un cattivo presagio e questo a gnomo Kor fu confermato dall’agitazione con la quale suo padre al mattino fece colazione. Con parole molto forti disse al figlio che non era il caso che raggiungesse con lui il torrente Rufo. Kor non comprese, ma osservò sua madre, anch’ella molto nervosa. In un attimo gnomo Neb era pronto per la sua giornata di lavoro e infilandosi il sacco sopra le spalle uscì di casa. Prima di chiudere la porta si voltò sorrise e poi sussurrò alla consorte una frase che la rassicurasse. Kor era molto arrabbiato e, domandandosi perché non avesse potuto accompagnare suo padre come di solito, osservava la figura di Neb che lentamente si addentrava nella grande foresta delle Sette Querce. Per la prima volta Kor sentì dentro di sé un sentimento di pura angoscia. Non fece neanche in tempo a infilarsi la giacca che corse fuori gridando a suo padre di aspettarlo, ma non udì nessuna risposta e corse veloce saltando le radici umide degli alberi, silenziosi spettatori. Anche gli uccelli erano in silenzio e sembrava che la natura fosse diventata improvvisamente muta. Sfinito Kor si sdraiò e piccoli scoiattoli lo attorniarono, incuriositi dal dirotto pianto del piccolo gnomo.
La stanchezza e l’angoscia furono un dolce sonnifero e Kor si addormentò, ma non fu un sonno tranquillo, perché incubi angoscianti spaventarono il nostro amico. Quando di soprassalto si svegliò, tutto intorno a lui era diventato scuro. La notte avvolgeva ogni cosa con il suo nero mantello e la luna crescente faceva capolino timidamente fra i cupi alberi, i quali sembravano animarsi sopra Kor. Il piccolo gnomo voleva ritornare a casa, ma quella cupa atmosfera e il pensiero di suo padre lo spinsero a nascondersi in quella fitta radura per pensare. Già pensare, ma a cosa? Visto che non sapeva niente e non capiva cosa stava succedendo. Una cosa era certa, doveva scrollarsi di dosso la paura e far rientro a casa. Il torrente Rufo fischiettava minaccioso e Kor solo poche volte alzò la testa per guardarlo. Era molto umido e parve un sogno al piccolo gnomo lo scorgere in lontananza la luce di una casa. Era riuscito nel suo intento! Infatti, adesso vedeva chiaramente la fisionomia del suo albero e la piccola luce che oscillava al vento davanti alla porta di casa. Poi, sentì improvvisamente sopra la sua spalla una mano forte e carnosa, si girò e con grande stupore vide il viso di suo padre. Non parlarono e insieme si avvicinarono a casa. Una volta entrati, rischiarata da una piccola candela e seduta con una mano appoggiata al tavolo, c’era sua madre. Si alzò di scatto e gli corse incontro quasi piangente. Kor balbettò qualcosa per giustificare il suo comportamento e poi gnomo Neb gli disse che erano molto preoccupati per la sua mancanza e che lo avevano cercato per parecchie ore. Con voce calma e rassicurante Neb spiegò anche che nel suo lavoro molte volte si incontrano situazioni rischiose e quindi deve poterle affrontare senza pensieri. Parole che furono interrotte dal sonno improvviso del giovane gnomo. Il mattino successivo un caldo sole e il cinguettio degli uccellini risvegliò la nostra allegra brigata; Kor si alzò di buona lena e con tanta voglia di fare colazione. Sua sorella era già intenta a preparare la tavola e Kor di corsa si mise a sedere. C’era un profumo delizioso e quando apparve la madre portò un grosso vassoio di frittelle calde.
V
Le spiegazioni di Neb
La giornata era così radiosa che aveva cancellato tutte le preoccupazioni e le angosce vissute in quella precedente. Finita la colazione il vecchio Neb chiese a Kor di accompagnarlo nella foresta. Alla richiesta il nostro gnomo, sebbene quanto mai sorpreso, si sentì al settimo cielo. Partirono insieme incoraggiati da un caldo sole e appena raggiunsero il centro della radura si misero a sedere l’uno di fronte all’altro. Il sole filtrava dai rami e disegnava strane geometrie sul suolo. Neb incominciò a spiegare a suo figlio alcune saggezze per diventare un bravo gnomo dell’arcobaleno. Kor sorrideva e ascoltava con enorme attenzione, poi d’un tratto una piccola farfalla colorata si posò sopra la testa di Neb e aprì completamente le sue ali. I colori espressi erano a dir poco magnifici e in silenzio padre e figlio osservarono il decollo e il leggiadro volo di quella piccola amica. Anche le lunghe pause di silenzio erano un fitto dialogo fra i due gnomi e il piccolo Kor ragionava su quello che aveva appena appreso. Neb era veramente un esperto, per lui la natura non nascondeva segreti e ne faceva insegnamento a suo figlio in ogni momento. I due ripresero un lungo cammino, tanto che non si accorsero che il sole stava lentamente tramontando e faceva capolino fra le alte fronde del bosco; con l’allungarsi delle ombre e l’arrossarsi del cielo il bosco sembrava essere cambiato.
Quando i due gnomi arrivarono alla radura del tiglio, l’aria era piena di un intenso profumo, il cielo prima scuro, faceva intravedere migliaia di stelle sovrastate da una luna enorme e bianca, quasi abbagliante agli occhi di padre e figlio. I due si sedettero e Neb incominciò a descrivere la volta celeste, sembrava che conoscesse tutte le stelle e, man mano che spiegava, Kor era attratto dalle numerose scie delle stelle cadenti, che avano da parte a parte il cielo scuro. Il vecchio Neb accendendosi la pipa spiegò che ogni stella cadente vista dall’uomo avvera un suo desiderio. È come una goccia di rugiada che, scivolando da un filo d’erba, si ferma sopra la terra prima di diventarne parte integrante. Kor immaginava quasi visivamente tutte queste cose e gli sembrava di volare insieme a tali meraviglie. Neb, con voce sicura, invitò Kor a rientrare perché il giorno dopo doveva alzarsi presto. Il vento Ernestino aveva ripreso a soffiare e a giocare con la folta chioma e la barba bianca di gnomo Neb, ma il profumo di quel bosco era veramente magico e regalava armonia e serenità alla mente del giovane gnomo. Giunti nella loro casetta Neb si sedette mentre Kor si allungò quasi immediatamente nel suo letto.
VI
L’incendio
Il vento quella notte soffiò molto forte e i rami della casa sbattevano minacciosi. Kor era tranquillo, ma quella tranquillità era destinata a non durare. Il giorno successivo tutta la radura era battuta da una forte pioggia accompagnata da fulmini e tuoni rimbombanti. Kor si svegliò, ma non si alzò, rimase comodamente abbracciato alle sue calde copertine osservando l’acqua, che spinta contro il vetro, scivolava lentamente verso il basso disegnando un tortuoso percorso. Stranamente non aveva la solita voglia matta di far colazione, era come assente. Questa situazione venne interrotta dal grido di sua sorella che invitava Kor in maniera risoluta ad abbandonare la posizione nel letto per permetterle di riassettare la stanza. Il giorno era già pronunciato, ma numerose nubi nere ingrigivano tutto l’ambiente. Arrivando in cucina Kor si accorse dell’ora inoltrata e rimase male quando sua madre gli disse che il padre era già partito da tanto tempo. Consumata una rapida colazione gnomo Kor si sedette davanti al davanzale e osservò la pioggia e la radura circostante. D’un tratto, un enorme boato riecheggiò in tutta la valle tanto che Kor si ritrovò abbracciato a sua madre e a sua sorella. Fu uno scossone terribile, poi un misterioso silenzio, rotto solo dallo scroscio veloce dell’acqua. Kor andò ad aprire la porta, ma non riusciva a vedere nulla e allora decise di uscire fino alla radura.
Coperto da un enorme impermeabile partì a forte o, ma quando entrò nella foresta si rese conto che era successo qualcosa di terribile. Il profumo nell’aria era diverso e tutti gli animali scappavano qua e là in ordine sparso profondamente spaventati. Kor decise di andare avanti. La pioggia e il vento sembravano sbarrargli il o, ma lui continuò cercando di capire, cercando di vedere. Improvvisamente, sentì la voce dura del torrente Rufo che incitava gli animali a scappare; non ebbe neanche il tempo di ascoltare le parole che incominciò a sentire uno strano odore. Rialzò lentamente la testa e vide che a quello strano odore si accompagnava un alone di fumo. Non poteva sbagliarsi: la foresta stava bruciando. Kor si girò di scatto e incominciò a correre. Corse più forte che poteva e sentiva solamente la voce di Rufo che gridava la minaccia per avvertire tutti. Kor arrivò quasi sfinito alla fine della radura e, quando attraversò il prato davanti alla sua casa, si sfilò velocemente l’impermeabile ed entrò in casa con tutta la sua disperazione. Non aveva fiato, ma riuscì lo stesso a spiegare ciò che stava accadendo. Sua madre asciugandosi le mani corse sulla porta a osservare la situazione e tranquillizzò la piccola figlia perché il fuoco era alquanto lontano dalla loro abitazione e quindi non correvano pericoli, ma il pensiero corse a tutti gli abitanti della zona. Dopo poche ore, inzuppato come non mai, rientrò Neb che portò notizie nuove sull’accaduto. Purtroppo il fuoco era un triste compagno, il suo aggio devastava tutto ciò che incontrava. Quella volta, tuttavia, grazie anche alla provvidenziale acqua che scese copiosa, ebbe vita breve e si spense nel giro di poche ore. Il mattino successivo la luce abbagliante del nuovo giorno evidenziò tutta la drammaticità dei danni provocati. Neb partì insieme a gnomo Kor i quali, addentrandosi nella foresta, respirarono ancora l’odore di morte e distruzione. Era terribile vedere ciò che era successo e quello che rimaneva, una completa desolazione, spezzava veramente il cuore.
Per gnomo Kor era impensabile che fosse tutto reale. Il suo cuore saliva in gola nel vedere ciò che rimaneva della sua radura e degli alberi sopra i quali, tante volte, si era arrampicato per guardare l’orizzonte e osservare i nidi degli uccelli. Vide un palo nero ancora fumante e ricordò quell’albero dalle enormi fronde, sopra il quale, Kor, aveva costruito il suo primo nascondiglio. Tutte le avventure della sua giovane infanzia erano diventate solamente ricordi: non era rimasto più niente che le testimoniasse. Quasi singhiozzante, il giovane gnomo, chiese spiegazioni a suo padre che, scuotendo la testa, cercava di fargli capire come tutto fosse legato a un destino. Kor non capiva e dentro piangeva, piangeva tanto, perché aveva perso irrimediabilmente qualcosa. Mentre i due gnomi camminavano, Neb si chinò a raccogliere quello che restava di un piccolo nido. Le sue mani lo strinsero delicatamente come fosse una cosa viva e Kor rimase molto impressionato da questo atteggiamento; si accorse che anche suo padre stava piangendo. Arrivarono in una piccola radura baciata dal torrente Rufo, che stranamente correva silenzioso e come di consueto si sedettero. Neb aprì la sua bisaccia e tirò fuori la borraccia di pelle, la porse a Kor che bevve a brevi sorsi, senza staccare gli occhi da quella selva un tempo così verde e così profumata. Neb incominciò a parlare con la sua voce calda sempre piena di saggezza. ‒ Vedi ragazzo mio, quando ero piccolo amavo osservare questi uccelli che volteggiano liberi nell’aria, mi apionavo a vedere i tentativi delle rondini nel costruire i loro solidi nidi e guardavo sempre con trepidazione i loro raduni prima della partenza sul finire dell’estate. Tante volte tenevo in mano un piccolo uccellino, sentivo il suo profumo che sapeva di vento e di libertà. Una volta mi apparse alto nel cielo un grande uccello scuro che volteggiava sicuro librandosi nelle correnti d’aria. Aveva forme e colori che non avevo mai visto. Lo vidi una volta sola, però il suo ricordo è ancora vivo in me come allora. Ho vissuto tanti anni in questa foresta e ho imparato ad amare il sole come la pioggia. Ho imparato ad amare anche la vita con tutte le sue gioie e le sue asprezze. Pertanto raccogli i tuoi ricordi e vai avanti, cercando sempre un motivo per continuare a vivere con il sorriso. Le parole di Neb avevano letteralmente incantato il piccolo gnomo che non sentì
ripetere la consueta frase: ‒ Allora adesso in marcia! Ripresero il cammino e si fermarono solo quando videro un piccolo cerbiatto che aspettava la madre per poter attraversare il fiume. A casa le donne avevano preparato una abbondante colazione e, dopo l’abituale fumata di Neb e la buonanotte di rito, il buio e il silenzio avevano già coperto la foresta delle querce. Quella notte però non fu molto tranquilla perché gnomo Kor fece un sogno molto particolare.
VII
Il primo sogno dei colori
Il piccolo Kor si agitava nel letto quando, d’improvviso, dalla finestrella apparve una luce abbagliante. Kor si alzò di scatto e corse, molto incuriosito, dietro alla luce. Una enorme farfalla volteggiava nel bagliore e sprigionava dalle sue ali colori insoliti, ma veramente belli. Kor avvicinò la sua mano per toccare quella meraviglia, ma la farfalla fece un balzò indietro e chiuse in parte le sue ali. Scosso, il giovane gnomo, ritirò la mano quasi pentito del suo gesto, ma la farfalla gli disse: ‒ Mio piccolo amico se tu tocchi le mie ali io non potrò più volare e allora la mia esistenza diventerebbe inutile. Osserva invece i miei colori e cerca di trasformarli nell’immenso del cielo. Kor ascoltava sbalordito e lei riprese: ‒ Io sono venuta per indicarti la via, devi solo aprire il tuo cuore e lasciare libera la tua mano… ricorda: aprila e liberala e allora il cielo si colorerà per te. Pronunciate queste parole improvvisamente diventò buio e il nostro Kor si trovò seduto in fondo al suo lettino. Era frastornato, sicuramente incuriosito e quindi decise di parlarne con suo padre il giorno successivo. Il sole era già alto quando Kor decise di aprire i suoi occhi e, siccome suo padre era già partito, decise di farsi una eggiata e di andare a trovare Elfy, la piccola lontra. ò molto velocemente nella radura bruciata e arrivò in fretta sulle sponde del
fiume Rufo.
Elfy lo scorse e gli corse incontro contenta. Dopo i saluti, spinto dalla curiosità della Lontra, Kor si decise a raccontare il suo sogno, ma appena terminato, improvvisamente, irruppe il vento Ernestino. I due amici si tennero stretti pieni di paura, Ernestino si fermò un istante sopra di loro e poi, con un grosso sibilo, corse via lasciandoli tremanti sotto un cielo colmo di nubi nere e minacciose. Kor decise di rientrare a casa e, salutata Elfy, si incamminò di gran carriera. Arrivato a casa si mise a scherzare con sua sorella e, nel frattempo, iniziò a piovere e le nubi sembravano toccare terra tanto erano gonfie. Sembrava quasi una giornata autunnale e la madre accese il caminetto in attesa del ritorno di Neb. Kor si appostò sulla poltrona davanti al fuoco e, ammirando le falene che agitate salivano verso l’alto, si addormentò quasi di colpo.
VIII
Il secondo sogno
Il sonno tranquillo fu interrotto, in quanto Kor si risvegliò improvvisamente e, con enorme meraviglia, stava volando insieme alla farfalla sognata la notte precedente. La farfalla irradiava tutto il paesaggio con le sue ali colorate e lasciava cadere piccole scintille che, a loro volta, disegnavano mille cerchi nel cielo azzurro. Kor si sentiva leggero, ma anche stranamente turbato. Arrivati in cima a un monte osservarono il paesaggio e, con grande stupore, Kor si accorse che c’era una distesa enorme di acqua spruzzata dai raggi del sole che illuminavano le bianche creste di una candida schiuma. Kor chiese spiegazioni, ma al posto della farfalla di fianco a lui c’era suo padre, il quale gli disse: ‒ Il mare, questo è il grande mare, al quale tutti i torrenti si inchinano donando la propria corsa e la propria vita. ‒ Ma come, ‒ esclamò Kor, ‒ il fiume non muore mai… ‒ Il fiume della nostra vita nasce e un giorno termina, ma il termine non è altro che una nuova nascita, ‒ concluse il padre. Poi, d’improvviso, Kor si ritrovò di nuovo in volo accompagnato dalla misteriosa farfalla. Quando si svegliò, era ancora notte fonda, ma Kor non aveva più sonno, si preparò e uscì nella radura per osservare la luna. Tante volte si era fermato davanti a quella sfera bianca rimanendo parecchio tempo in silenziosa meditazione. I sogni l’avevano turbato non poco, ma era sicuro che l’indomani li avrebbe raccontati.
IX
La montagna
Il giovane gnomo decise di salire in montagna, luogo a lui molto familiare, in quanto, con suo padre, era già salito parecchie volte. Il sentiero era illuminato dalla luna e, mentre saliva, osservava il fiume sotto di lui, colorato d’argento, e guardava la natura che lo circondava, sentiva il respiro e ripensava al suo sogno, incapace di darsi una spiegazione, un significato. Eppure, Kor, dentro sentiva rumoreggiare una strana malinconia e uno stato di paura. Saliva veloce, ammaliato da quella luna che lo seguiva grande e silenziosa; a un certo punto montò su un sasso, si sedette e incominciò a pensare a tutti i discorsi fatti con suo padre: discorsi strani che assumono un senso solo davanti alla vita e agli occhi di suo padre che si intristivano senza un motivo apparente. Fra i tanti pensieri che correvano nella testa del povero gnomo, non poteva mancare il ricordo ancora vivo dell’incendio, di quelli uccellini che cercavano il loro nido e le loro famiglie e il motivo di tutto questo. Perché in un attimo le cose cambiano portando dolore? Fu in quel momento che Kor, dentro, sentì forte la voce di suo padre che gli spiegava che non esiste niente e nessuno su questa terra che non abbia provato il dolore e la pena. Si ricordò di quando suo padre gli aveva parlato così e si rammentò anche che gnomo Neb diceva che chi vive senza dubbi e con le proprie certezze non riesce ad assaporare il gusto vero della vita.
La notte ò veloce e il suo mantello nero si ritirava molto lentamente ridefinendo i contorni di quella pianura e modificandone le varie forme. Quando Kor rientrò dai suoi pensieri, stava già albeggiando, quindi non perse tempo e imboccò subito il sentiero di casa. Il silenzio era il suo compagno e l’alba salutava la radura riscaldando quel paesaggio molto particolare. Kor arrivò sull’uscio d’entrata di casa, ma qualcosa non quadrava. La porta era aperta e sua madre gli corse incontro abbracciandolo. Gnomo Neb era già partito per un nuova giornata di lavoro in una valle più lontana. Kor provò un brivido e alzò gli occhi osservando la pendola appesa alla parete. Il battere regolare dei secondi per il giovane gnomo era un rumore assordante che rimbalzava follemente nella sua testa…
X
La scomparsa
Con quel rumore che continuava a battere, Kor corse verso il grande fiume. Il cuore batteva e il suo respiro affannoso si confondeva con il rumore di foglie secche calpestate nella sua disperata corsa. Dopo alcuni minuti arrivò alla sponda del fiume Rufo, ma suo padre aveva già effettuato il guado; d’improvviso un rumore allungò lo sguardo e vide Neb che usciva dall’acqua. Kor incominciò a urlare, urlare sempre più forte e alla fine Neb si girò, lo vide e alzò il braccio in segno di saluto, poi rimase alcuni secondi fermo immobile; i loro sguardi si incrociarono silenziosi, dopo di ché gnomo Neb si addentrò nella foresta. Kor si sedette e aspettò l’arrivo della piccola lontra, la quale non tardò; incominciò a raccontarle in maniera alquanto confusa tutto ciò che gli stava accadendo, ma un tremendo boato fermò il suo racconto. Stava per scoppiare un temporale e Kor, dopo aver salutato la lontra amica, si mise a correre verso casa. Arrivato sull’uscio incominciò un fortissimo acquazzone. Sua madre osservava il temporale dalla finestra, mentre Guendy cuciva velocemente un nuovo vestito. Ci fu un enorme bagliore seguito da un boato impressionante; Kor si scosse dallo spavento, ma sua madre incoraggiò i suoi ragazzi invitandoli a sistemare le loro stanze. Kor e Guendy obbedirono brontolando fra sé.
Non arono troppe ore che un arcobaleno si slanciò sopra la foresta: era immenso, sembrava un fiore dai petali multicolori. Tutti gli animali e gli uomini uscirono dalle loro abitazioni per ammirarlo. Quando lo vide Kor rimase sbalordito, suo padre aveva superato se stesso. I colori sembravano voler parlare da quanto erano intensi, per tacere della grandezza dell’arco, sembrava coprire interamente il cielo. Kor dentro di sé era veramente orgoglioso, tutti sapevano che quella era opera di gnomo Neb e, mentre continuava a osservare estasiato, pensò a quanto lavoro e a quanta preparazione ci volessero per costruire un simile arcobaleno. Poi, pensò a tutti gli insegnamenti di suo padre. Già suo padre! Ripensò alle battute festose che avrebbe fatto al suo rientro. Il destino a volte trama la sua tela non sulle gioie delle persone, ma seguendo ben altre strade. arono ancora poche ore e alla porta della loro casetta qualcuno bussò con tocco cupo. Guendy corse ad aprire e si trovò innanzi la leggendaria Aquila Azzurra, la quale è messaggera di comunicazioni profondamente importanti. Tutta la famiglia si radunò in un istante, ma il messaggio dell’aquila fermò il loro respiro: gnomo Neb era morto. Dopo aver aperto il suo arcobaleno, forse il più bello della sua vita, un fulmine lo aveva centrato, ma Neb aveva continuato per qualche istante a tenere in piedi la sua creazione poi, si era spento. Tutta la famiglia era lì, ammutolita davanti all’immensa aquila che, a testa china, si allontanò. Nel frattempo la foresta divenne silenziosa: ognuno rimase affranto nei suoi pensieri e perso nella propria incredulità.
XI
Il dolore
Kor era lì impietrito per il dolore, lì in un silenzio strano e osservava tutti coloro che entravano per le condoglianze di rito. Kor ascoltava senza parlare, poi decise di uscire. Per iniziare la sua eggiata si dovette fare largo fra le numerose persone che assiepavano il prato davanti alla loro quercia. Camminare senza sapere, senza una meta, ma camminare accompagnato dai tanti perché. Arrivò vicino al fiume, ma non trovò pace, allora si sedette e incominciò a pensare. Ma il pensiero a volte è più pesante del ferro, ogni volta rivedeva gli occhi di suo padre. Tanti pensieri, ma quello più insistente tornava all’arcobaleno. Ora toccava a Kor, ma lui si sentiva impreparato e poi non sarebbe mai stato in grado di avvicinare le mitiche imprese di suo padre, si sentiva troppo giovane e inesperto. Mille domande e uno strano sentimento di odio e avversione nei confronti dell’arcobaleno. Le foglie dei platani cadevano dagli alberi a salutare un autunno incominciato troppo presto e Kor era lì, con una confusione e un dolore sordo. Ritornò verso casa, il sole stava tramontando colorando la radura. In casa sua madre e sua sorella erano strette vicino al caminetto, entrò e si strinse a loro, non pronunciarono parole e guardavano estraniati le faville che si alzavano dal fuoco. La loro vita sembrava essersi fermata davanti ai mille ricordi e all’incredulità di qualcosa di molto grande che non ha una sua logica apparente.
I funerali di Neb si svolsero molto velocemente e poi di nuovo il silenzio. Quel silenzio dai mille suoni fu rotto da un ticchettio stonato. Aveva incominciato a piovere e le gocce innalzavano piccoli bagliori di polvere sulla strada secca. La mente di Kor rivangava sconsolata i ricordi e si perdeva fra i tanti pensieri. Lo gnomo ascoltava quella pioggia rumorosa che cadeva inarrestabile; pensò che due i sotto la pioggia lo avrebbero aiutato un momento a rilassarsi. Uscì di casa senza meta e eggiando arrivò sulla riva del fiume Rufo. Era così avvolto nei suoi pensieri che non si rese conto che la pioggia incessante lo aveva completamente inzuppato. Rufo lo vide così perso nei suoi pensieri che provò uno strano senso di comione. Con un borbottio dei suoi richiamò l’attenzione di piccolo Kor, il quale sembrò destarsi da un lungo sonno. ‒ Mi hai fatto quasi paura, esclamò il giovane gnomo. ‒ Sei tutto bagnato, dove stai andando? ‒ ribatté con voce profonda il rumoroso torrente. ‒ Ho fatto due i in compagnia di tanti pensieri e sono arrivato fino a qua. Voglio stare solo, devo riflettere. Non fece neanche in tempo a terminare la frase che Rufo disse: ‒ Conosco i tuoi pensieri, li ho sentiti tante volte. Gnomi, elfi, animali e anche uomini. Quando la vita porta via qualcuno di caro, eccovi qui a guardare le mie acque con gli occhi lucidi e la testa immersa in confusione totale. Ma ricorda che tutto ha una fine. Anch’io nasco e muoio ogni giorno. È una cosa naturale. ‒ Ma cosa stai dicendo? Tu mi parli da anni, lo stai facendo anche in questo momento. Non sei morto. ‒ I miei flutti, le mie acque nascono nelle più alte montagne, piccole e forti ridiscendono valli incantate, arrivano alla pianura e si spingono al mare per non ritornare mai più. È la regola della vita. Kor ascoltò con molto interesse e anche incredulità. Quel discorso lo incuriosiva e invitò l’amico Rufo ad andare avanti.
Rufo sembrò sorridere e riprese: ‒ Giovane gnomo, l’arcobaleno è tuo, tu sei l’erede universale di questa grande magia. ‒ Ma come! ‒ urlò spaventato Kor, ‒ io non ho le forze e la capacità , non conosco tutti i suoi segreti. Stavo imparando quando… ‒ E il pianto interruppe il discorso. Ma Rufo disse: ‒ Quando la vita decide che devi essere in grado di affrontarla, non saresti, o meglio non ti sentiresti, mai pronto per farlo, almeno finché ti nascondi dietro alle orme degli altri. Vai Kor, non ti preoccupare, tu hai dentro di te tutte le risposte, ascolta la tua voce e segui il tuo cuore, sentirai anche la voce di gnomo Neb dentro di te. Preparati, la pioggia sta per terminare e sta arrivando l’ora del tuo arcobaleno. Finite queste parole Rufo si nascose in acque più profonde. Kor si avviò ancora sbalordito verso casa.
XII
La decisione
Giunto a casa Kor prese in mano la borsa di suo padre, sentì un fremito attraversargli tutto il corpo, ma continuò senza dire una sola parola. Sua madre lo osservava con enorme ammirazione. Quella borsa più volte l’aveva vista, ma non aveva mai pensato che un giorno l’avrebbe presa in mano. Comunque i discorsi con Rufo avevano dato al giovane gnomo un po’ di coraggio. Spiegò a sua madre la sua voglia di provare e le lacrime di lei furono molto contagiose. La decisione era presa. Kor uscì di casa e prima di intraprendere la strada della foresta incontrò anche sua sorella Guendy, le sorrise e la strinse a sé. Percorse il tratto di foresta fino al fiume, senza pensare a niente. Rufo lo aspettava impaziente. Quando lo vide in lontananza chiamò la piccola Elfy, la quale si avvicinò velocemente alla riva. Kor sorrise ed Elfy uscì subito dall’acqua. Si avvicinò lo abbracciò e lo condusse dove l’acqua era più bassa per farlo guadare. Il piccolo gnomo era agitato quanto spaventato e si rendeva conto che in quel breve tragitto, si mescolavano tantissime emozioni. Kor si preoccupava del da farsi cercando di concentrarsi sull’arcobaleno, sulla scelta dei colori, sull’esposizione al sole, sulla curvatura del raggio. Improvvisamente davanti a lui apparve un uccello bianco e grigio che non aveva mai visto.
L’osservò attentamente, ma con un fischio strano l’uccello si alzò in volo e sparì all’orizzonte. Kor rimase un attimo bloccato e vide una farfalla che volò sulla borsa appoggiata davanti a lui. Kor lo intese come un segno. Si rese conto di aver compiuto un lungo tragitto e si ricordò in quell’istante di non aver neanche ringraziato Rufo ed Elfy per l’aiuto nel guado, ma era come sotto un incantesimo. Aprì la borsa, la farfalla si alzò in volo, e in silenzio incominciò a estendere il suo arcobaleno, osservò con delicata attenzione la miscela dei colori e l’aprirsi verso il cielo. La pioggia cadeva al suo interno formando aloni di luce meravigliosa e modificando il reale paesaggio. Kor si sentì tutto scosso e continuava a lavorare alacremente. Finita l’opera si alzò e si spostò per osservare meglio l’arcobaleno. Dall’altra parte della foresta tutti erano estasiati nel vedere il lavoro del piccolo oramai grande gnomo. Finito l’acquazzone Kor ripiegò tutto il suo materiale all’interno della borsa e piano piano si incamminò verso casa. Le emozioni che percepiva erano così immense che ogni tanto si fermava senza neanche accorgersene. Le ombre notturne prendevano posizione all’interno della radura e quando Kor arrivò al fiume Rufo, la notte aveva già calato il suo scuro mantello. Kor in silenzio guadò il fiume nel medesimo punto insegnatogli da Elfy e proseguì. Osservò gli alberi e sentì la malinconia di quando suo padre lo trovò da solo e spaurito in quella radura, infine scorse il lumicino posto sopra la sua dimora. I grilli salutavano le stelle e, in quel silenzio quanto mai irreale, Kor entrò nella sua casa. Il fuoco si era spento da poco e nel braciere i legni arrossati zampillavano in maniera casuale. Sua madre gli corse incontro, si guardarono a lungo senza dire una parola. Kor era alquanto stanco ma oramai aveva capito tante cose e di contro sua madre sapeva che quel momento di grande fierezza per il proprio figlio oramai grande sarebbe stato un istante tanto meraviglioso quanto tremendo. Le lacrime fermarono ogni pensiero e un abbraccio di quelli che non hanno fine chiuse quel momento della famiglia degli gnomi delle querce.
Il giorno seguente dopo una abbondante colazione, Kor si mise subito al lavoro, aprì la borsa dell’arcobaleno e incominciò a sistemare tutti i materiali, osservando i colori, i fili invisibili, e quant’altro. Kor era molto silenzioso, ma in verità il suo pensiero era fissato sui sogni che nei giorni precedenti avevano agitato il suo sonno. Finiti tutti i preparativi uscì e incontrò tante persone che si complimentarono per la sua opera del giorno precedente ricordando quanti arcobaleni aveva aperto gnomo Neb. Il pomeriggio Kor si recò in cima al monte per osservare la nuvole e mentre camminava sentì un sibilo strano, si fermò e incominciò a osservarsi intorno, poi alzò improvvisamente le mani e con voce pacata salutò il vento Ernestino. Gli chiese quale notizie stava portando, ma Ernestino non rispose e continuò il suo percorso. Kor andò avanti, si fermò sotto un grosso larice e decise di arrampicarsi sopra. Si sentiva forte e nel pieno di tutte le sue qualità. Era orgoglioso del suo arcobaleno, ma aveva sempre davanti agli occhi il viso di suo padre. Ricordava quel sorriso che schiacciava le guance rosse e pelose, gli occhi che guardavano lontano a un futuro sempre sconosciuto e poi, ricordava la sua voce. E quando il ricordo gridava troppo dentro il cuore, le silenziose lacrime accompagnavano il rientro di Kor dal mondo dei ricordi. In cima al larice osservò tutta la valle, i verdi boschi di conifere, i torrenti dalle bianche acque, i piccoli specchi lacustri illuminati dal sole, le cime dei monti più alti. I colori di quella valle erano meravigliosi, poi stava per arrivare l’autunno e quindi ogni cosa avrebbe cambiato il proprio abito. Mentre scendeva dall’albero una luce molto fastidiosa colpì il volto e l’attenzione di gnomo Kor. Era il sole, che rosso scendeva dalla sua postazione di lavoro per riposarsi silenzioso dietro ad un monte. Kor tornò a casa, ma non era sereno, c’era qualcosa che non quadrava nella sua testolina. Come mai d’improvviso gli erano ritornato in mente il mare e il sogno della farfalla? A cena Kor fu molto crucciato e, appena finita, sua madre si avvicinò a lui e accarezzandolo dolcemente lo strinse a sé. Kor incominciò a spiegare a sua madre di nutrire strani sentimenti, come se dentro di lui stesse cambiando qualcosa. La madre lo ascoltò molto attentamente, poi si alzò, lo sguardo triste rivolto a terra e un sorriso malinconico furono la risposta. Kor non capì, si alzò
immediatamente e le corse incontro, ma lei lo respinse. Kor rimase un attimo confuso, poi capì. Andò fuori osservò la luna tagliata da una sinistra nuvola nera, Ernestino nel frattempo fischiava impetuoso annunciando l’arrivo dell’inverno. Lo gnomo rientrò in casa alquanto intirizzito, depose un legno nel braciere e poi si coricò. Quella notte fu abbastanza agitata, ma in fondo il destino non si può cambiare e Kor sentiva che quella trasformazione stava per arrivare. Ernestino soffiò forte quella notte e tutti gli gnomi si svegliarono. C’era molta agitazione nell’aria e al mattino nubi nere sovrastavano velocemente il cielo in tutta la radura. Kor si alzò molto silenziosamente, osservò il cielo e poi andò da sua madre, le sussurrò che doveva andare, ma che quel giorno avrebbe portato alla vista tutti i suoi colori. ‒ Madre, oggi finalmente ho capito i tanti insegnamenti di mio padre, la scelta dei colori viene dal cuore e io voglio dare all’arcobaleno un colore nuovo che riapra il cuore agli uomini e agli animali e a tutti faccia pensare che ogni giorno la vita ricomincia nel bene e nel male, affinché ognuno possa portare agli altri il proprio sorriso, le proprie emozioni. La sorella ascoltò il discorso senza farsi vedere e, quando Kor discese le scale accompagnato dalla generosa madre, gli corse incontro incoraggiandolo, orgogliosa di lui e della sua scelta.
XIII
La rinascita
La porta di casa si aprì e il vento freddo salutò il nostro gnomo, il quale armato della sacra borsa paterna, abbottonandosi fino all’ultimo bottone, con un o frettoloso intraprese la strada per il fiume. Rufo lo vide arrivare e sorridendo richiamò la sua attenzione, Kor gli sorrise e cercò di spiegargli, ma Elfy lo interruppe per accompagnarlo al guado. ‒ Forza giovane gnomo, sei in ritardo, il tuo arcobaleno non può aspettare ancora, ‒ disse con voce sicura nascondendo un nodo alla gola. Kor non rispose nulla, ma ringraziò con la testa. ato il torrente si fermò e salutò con la mano, e subito dopo sparì. Mentre riprendeva il cammino pensò al suo saluto a Elfy e Rufo e gli venne in mente il saluto simile di suo padre che un giorno aveva avuto per lui. Scosse la testa soddisfatto dell’opera e riprese la sua frettolosa marcia. All’interno del bosco incominciò una piccola grandinata, i rami degli alberi facevano da riparo ma ogni tanto qualche piccolo sassolino bianco di ghiaccio cadeva sugli aghi di pino e sul muschio. Kor si fermò stupito nell’osservare quel piccolo ma meraviglioso spettacolo, sembrava una collana di perle che dopo essersi rotta cadeva casualmente su di un tappeto. Raccolse a fatica un piccolo granello, lo portò vicino al cuore e disse: ‒ Oggi si è rotta la collana sacra degli gnomi, ma il mio arcobaleno richiamerà il sole che scioglierà queste perle che diventeranno gocce di rugiada e, depositate sui fiori, luccicheranno come coccinelle argentate.
Detto questo si meravigliò della strana preghiera, aprì la mano e il chicco di grandine si era sciolto, e allora pensò: Lacrime di gnomo. Il vento rafforzò il suo soffio, allora Kor scorse velocemente il cielo, e vide le nubi nere che avanzavano verso nord. Decise di tagliare per la collina dei conigli giganti, così avrebbe guadagnato un po’ di tempo per prepararsi all’apertura dell’arcobaleno. La collina dei conigli giganti era famosa in quanto la sua conformazione di granito faceva pensare che sulla cima ci fossero due conigli giganti che guardavano verso il cielo. I fulmini incominciavano a schiarire l’orizzonte. Kor aumentò il o, salì le pietre bianche e nere saltellando fra un sasso e l’altro. I fulmini erano aumentati, il temporale aveva trovato la compagnia di altre due bufere che venivano da sud. Kor si fermò a ragionare, doveva stare attento in quanto, se fosse stato accerchiato dai temporali, le probabilità di essere colpito da un fulmine erano sicuramente notevoli. D’un tratto scorse una radura in fondo a una piccola gola, non si fece ulteriori pensieri e si avviò verso quel luogo, quanto mai propizio per l’apertura del suo arcobaleno multicolore. Il vento Ernestino osservava il suo impegnativo lavoro e sorrideva in ogni parte. Kor non si perse d’animo e incominciò a tracciare più righe colorate. Fu alquanto faticoso ma alla fine il risultato fu una meraviglia. Aveva formato tre arcobaleni che si concatenavano l’un l’altro. Era uno spettacolo grandioso e Kor stesso fu colpito dal suo lavoro. Tutti in ogni parte della foresta osservavano quella grandezza di colori e specialmente mamma Adel si sentì fiera e felice perché Kor finalmente aveva conquistato la fiducia necessaria per scoprire il suo colore determinante. Chiamò Guendy e senza parlare alzò il braccio a indicare i tre arcobaleni. Guendy allora disse: ‒ Questo vuol dire che Kor è pronto, vero? E mamma Adel rispose: ‒ Sì, adesso è pronto, dipende solo da lui stabilire quando.
Si abbracciarono e rimasero così per parecchio tempo. La gente della foresta osservò in silenzio quella commovente scena e silenziosamente sfilarono in ordine sparso davanti ad Adel regalando un mesto sorriso di comprensione. Mamma Adel, si raccolse ed entrò in casa. Guendy la seguì. Il torrente Rufo chiamò Elfy e si abbracciarono anch’essi fra piccole onde di bianca bava. Nel frattempo Kor aveva il suo bel da fare a tenere concatenati i vari arcobaleni, ma alla fine riuscì nell’impresa. Una volta rimesso tutto a posto, il cielo azzurro post-temporale si era imbrattato di stelle, Kor quindi decise di rimanere lì per are la notte, anche perché al buio non era il caso di intraprendere la via di casa, troppo lunga e troppo pericolosa di notte. Nelle vicinanze aveva visto un albero su di un piccolo rialzo che scopriva delle lunghe e sicure radici, decise di andare là e di sistemarsi proprio tra quelle radici per are la notte. Si sentiva sereno e felice, aveva fatto un ottimo lavoro ma la stanchezza vinse su tutto e in un attimo Kor si addormentò. Il sonno non fu tranquillo, in quanto fece un sogno alquanto strano. Rivide suo padre il quale cavalcava una grande farfalla, non ci furono parole ma solo sguardi. Volava sopra una distesa azzurra di dimensioni infinite. Una goccia cadente da un ramo fu la sveglia brusca per il nostro gnomo. Kor si levò di scatto, era notte, un profumo aveva invaso l’aria. Era il profumo dei tigli che faceva compagnia al silenzio delle stelle. La luna illuminava gli alberi e la radura, la quale ancora bagnata luccicava in maniera molto particolare. Kor, oramai in piedi, osservava quel magico paesaggio. Incominciò a pensare a quanti momenti la natura offre in tutta una giornata, ma quanto in pochi possano vedere e apprezzare tale spettacolo gratuito. Pensò di voler in qualche maniera aiutare tutti affinché questi momenti potessero essere goduti da gran parte dell’umanità. In fondo quella incantevole natura aveva fatto parte integrante della sua vita, nelle camminate riflessive, nei suoi sogni e nei tanti discorsi sui sogni e le speranze per un futuro ancora inesplorato. Il pensiero si era trasformato in un cammino che lo portò oltre la collina e sotto la bianca luna che rischiarava il suo cammino continuò il suo percorso con questa idea fissa. Poi, come un fulmine che rischiara la notte, la sua mente
escogitò la grande idea. Devo trovare un colore nuovo che possa far sospirare tutti e devo aprire il mio arcobaleno in più momenti della giornata. Grandioso pensiero. Purtroppo le idee devono prendere forma e questo aggio a volte diventa impossibile. Ma il forte gnomo sapeva che tutto ciò che si desidera si realizza a patto che i sogni rimangano vivi sempre. Si fermò, alzò lo sguardo alla luna e quando lo abbassò osservò una distesa blu scuro sulla quale saltellavano i bianchi raggi come pesciolini in festa. Kor decise di scendere verso quella macchia scura. Si sentiva attratto e mentre il suo obbiettivo si ingrandiva sempre più incominciò a sentire un rumore. Era un rumore strano ma avvolgente, ritmico, ipnotizzante. Il silenzio avvolgeva tutta la zona, solo questo rumore riecheggiava nell’aria. Kor arrivò davanti allo scuro mare, la luna non illuminava più le sue acque ma le onde che si infrangevano sulla battigia poco prima di confondersi con la sabbia per un secondo si illuminavano di un bianco intenso. Lo gnomo era sbalordito, non aveva mai visto questa meraviglia, camminò sulla sabbia la quale avvolgeva le sue caviglie entrando nelle sue buffe calzature, camminò sulla sabbia umida compattata dall’acqua, osservò le numerose conchiglie che esprimevano i più strani colori del mare. Fu colpito dai tanti colori e dalle forme che decise di catturarne un bel po’ per portarsele a casa, ma si accorse che man mano che la sua mano lucidava questi piccoli frammenti dalla sabbia il loro colore e il loro aspetto mutava terribilmente. Sorrise, si chinò e le depose sulla sabbia, pensando ai suoi fiori della foresta che, una volta estirpati, dopo pochi minuti perdevano tutta la loro bellezza. Forse i fiori erano imparentati con quelle strane conchiglie e forse quando alla sera si chiudono escono dal mare sotto forma di bianche conchiglie. Questi pensieri ballavano armoniosi nella testa di gnomo Kor che non si accorse di aver superato la spiaggia e di essere a pochi centimetri dal mare. Quasi estasiato si levò i calzari, entrò nell’acqua e rimase armoniosamente imprigionato da quella fresca sensazione. Guardò in basso, e vide l’acqua scura che si stava arrossendo, alzò lo sguardo e osservò il sole che stava nascendo. Una palla rossa enorme che sembrava in movimento. Quel colore fu per Kor un scossone. Capì immediatamente. Continuò a camminare nell’acqua del mare sentendo la sabbia che sprofondava dolcemente sotto i suoi piedi, sempre
tenendo lo sguardo sul sole che si alzava piano piano, alzò le braccia per cercare di toccarlo, sentì un calore che avvolgeva il suo corpo. Fu un attimo e poi tutto il cielo cambiò improvvisamente colore. Il sole era lontano e tutto il cielo era dipinto di un rosso arancione meraviglioso.
XIV
Kor gnomo dell’arcobaleno
Nella foresta delle Querce tutti si erano improvvisamente svegliati ed erano corsi fuori dalle varie abitazioni per osservare quel cielo così meraviglioso. La notizia arrivò simultanea. Era l’opera di gnomo Kor, lo gnomo dell’arcobaleno. Tutta la radura si strinse commossa alla sua famiglia, la quale orgogliosa piangeva di commozione. Anche gli uomini osservarono quello strano cielo e si sentirono pervasi di strani sentimenti. Il colore di gnomo Kor era scritto nel cielo e quando lui lo trovò lo realizzò per la gioia di altri. Ancora oggi l’alba e il tramonto parlano di lui, della sua storia e tutti si fermano per ascoltare la sua canzone che il mare consegna al vento e che il vento la fischietta nel mondo. Pertanto, se vi capita di raccogliere una conchiglia oppure un fiore in qualche bosco ricordate di sentirne il battito del cuore di Kor, lo gnomo dell’arcobaleno. Non tornò mai più a casa, ma oggi tutti narrano della sua leggenda e quando il sole si alza al mattino tutti vedono ancora gnomo Kor che lo tiene in mano per poi depositarlo nel mare alla sera.
Kor e il grande mare, si conobbero per caso un mattino e da allora non si lasciarono mai più.
L'Autore
Stefano Borile nasce a Milano il 27/11/1964, si trasferisce a Levico Terme negli anni ’90 e qui vive felicemente sposato e padre del piccolo sco Mario. Formatore di teatro-terapia, scrittore e poeta, autore e regista teatrale per alcune compagnie trentine. Nella sua vita artistica-professionale ha sviluppato percorsi di arte terapia, quali il teatro, la pittura e la scrittura creativa ed elaborativa. Ha inoltre proposto corsi di clown-terapia e trattato la conduzione pedagogica di incontri di auto-mutuo-aiuto e rielaborazione di eventi generali e comportamentali. Attualmente regista della compagnia Filolevico di Levico Terme e referente artistico culturale del Cenacolo Valsugana.