Un'altra Estate Si Vedrà 3w2z1x

Maria Scarpetta

UN’ALTRA ESTATE SI VEDRÀ

Un'altra estate si vedrà Maria Scarpetta

Narcissus

Edizione digitale: marzo 2011

ISBN: 9788863690491

Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl

1.

“Come è possibile che non ti abbiano presa? E’ il 27 luglio, la ricerca è urgente per una persona immediatamente disponibile … e sicuramente nessuno si presenta per un lavoro che inizia domani, con turni anche la sera e i festivi”. “Infatti non è che non mi abbiano presa: l’idea è una soluzione più innovativa nel senso che … siccome ho l’aria creativa potrei sviluppare autonomamente un’attività redditizia.” “Ecché, stavano giocando? Non ti avevano chiamata apposta per quella posizione?” “ Sì, ma poi il Dottor Candiani ha guardato il mio CV, che la signora dell’agenzia gli ha portato in quel momento, e ha concluso che avevo un’esperienza particolare, molto variata …” “Cosa credeva, che per un posto temporaneo si presentasse un trentenne in carriera con due master alle spalle?” “Non so cosa si aspettasse, ma di sicuro cercava una persona completa, come diceva l’inserzione, massima serietà eccetera, e così quando mi ha chiesto Qual’é l’ultimo libro che hai letto? sono rimasta in dubbio perché sto leggendo Harry Potter in inglese, ma solo per fare esercizio di lingua, e non volevo che pensasse che ero una ragazzina …” “Come? Pronto, Camilla? … non c’è rete, non ho capito che cosa hai detto, ma … insomma: alla fine … non hai risposto niente?” “No, ho risposto che avevo letto le Novelle di Pirandello perché ho pensato che un libro di novelle va sempre bene, e una volta che ho detto Novelle mi è venuto di Pirandello tutto di seguito, e lui ha detto: Quanto tempo fa le ha lette? E io ho detto che le devo ancora finire, così era chiaro che le sto leggendo ancora, cioè che non ho piantato lì il libro che avevo iniziato per la scuola …”

“Ma allora perché poi è risultato che non ti hanno presa?” “La signora dell’agenzia cercava di favorirmi e allora ha detto: Interessante! Pensare che in Italia tutti vogliono scrivere e nessuno legge … e lui invece ha risposto: Ecco un giovane talento che potrebbe scrivere bene, con tutte le esperienze che ha da raccontare! Perché non prova? Poi Le manderò via e-mail i riferimenti di una persona che lavora nell’editoria: lui cerca nuove penne con idee fresche…” “Come hai fatto a resistere? Io a quel punto mi sarei alzata e me ne sarei andata!” “Più o meno infatti è quello che è successo, solo che ho aspettato che mi dicessero loro di andare pure … comunque ho pensato davvero di scrivere un libro e poi vedremo. Tra l’altro, devo preparare proprio un esame sull’argomento: Biografia, racconto di sé, autoritratto. Variazioni su un tema.” “Tanti auguri! E adesso che cosa racconti a tua mamma? Da sei mesi ti dice che è l’ultima volta che ti paga l’affitto per stare a Milano!” “Non so proprio, Debora. Nella cartellina che mi ha dato la signora dell’agenzia c’erano i consigli per scrivere correttamente per esempio a un datore di lavoro e … visto che mia madre mi paga l’affitto ho pensato che è un po’ come un datore di lavoro in questo caso.” “E allora le scriverai?” “Sì, le manderò un e-mail positivo cercando di sorridere mentre scrivo perché il destinatario percepisce se il mittente è una persona che sta bene con se stessa … ci sono stati casi in cui per esempio uno è riuscito a convincere il suo dirigente ad alzare un budget…”

2.

Da: [email protected] Oggetto: C.A. PAOLA DAVERI RISERVATO & CONFIDENZIALE

Ciao mamma, ieri ho fatto un colloquio che ha avuto un esito abbastanza positivo nel senso che ho imparato molto e mi ha dato delle idee. Dal punto di vista economico mi hanno prospettato alcune modalità con cui potrò raggiungere degli obiettivi di reddito e finalmente potrò evitare di chiederti di pagarmi le spese. Anzi: probabilmente riuscirò a restituirti quello che mi hai dato in ato. Ora però devo incominciare ad attivarmi e nel giro di qualche mese si vedranno i risultati. Grazie di tutto e non preoccuparti di nulla. Camilla

P.S. Purtroppo per agosto non ce l’ho fatta a contribuire neanche un po’ all’affitto dell’appartamento e quindi devo al padrone di casa 400 euro: li vuole in anticipo come al solito. Pare che abbiano dovuto anche fare dei lavori al piano di sotto per delle infiltrazioni d’acqua e ci saranno prima o poi altri 300 euro per ciascuna di noi, che dovremo versare extra.

Da: [email protected]

Oggetto: R: C.A. PAOLA DAVERI RISERVATO & CONFIDENZIALE

Ti hanno preso o no? Quanto ti danno al mese? Cerca di fare lo stesso gli esami per l’università. Se a Milano non devi fare altro che studiare, perché non vieni a casa? Meglio che stare in città tutto agosto. Ti abbraccio. Mamma

3.

In libreria ci sono poche persone il primo di agosto, ma non molte di meno che negli altri mesi. Camilla è qui per sbirciare i libri sulle mete in Italia e magari anche in Europa. C’è poi la guida ai campeggi economici e ai bungalow. Ma nel centro del mega-store troneggia il banco degli ultimi best-seller usciti. Non ce n’è uno che abbia meno di 250 pagine, e Camilla incomincia a pensare che forse potrebbe scrivere un libro di poesie autobiografiche. I libri di poesie sono più piccoli, possono essere solo di 50 pagine. O anche 40. E probabilmente alla casa editrice costa meno pubblicarli, e li può vendere ad un prezzo accessibile. Se Camilla si sbriga a scriverlo, il libricino può essere pubblicato prima di Natale: magari a qualcuno fa comodo comperarlo come regalo di scorta. Capita di ricevere un dono a sorpresa il 23 dicembre, dimenticare di aprire il biglietto di auguri sino al 24 pomeriggio … e poi è troppo tardi per restituire. Un libricino di poesie può costare anche solo 8 o 10 euro, si manda tranquillamente con un pony, oppure lo si porta in bicicletta di persona. Ci sono due clienti sui quarant’anni che girano intorno al banco ma sono soprattutto prese dalla conversazione fra loro. “Adesso Evangeline mi ha fatto un bello scherzo: ha preso un aereo last minute e starà a casa per tutto il mese, dopo avermi promesso che sarebbe rimasta almeno fino a Ferragosto: così noi dobbiamo cambiare programma. O portiamo mia madre al mare con noi, il che è al di là di ogni ragionevolezza, o dobbiamo spostare le date del soggiorno finché non ci siamo organizzati… ” “Che guaio, Ilaria! Ma tua madre ha proprio bisogno di una badante ventiquattro ore su ventiquattro?” “Di giorno c’è Juanita, che fa le pulizie, cucina, stira, controlla il giardino, innaffia le piante, eccetera. Ci vorrebbe una persona che stia lì a dormire e possa gestire l’emergenza se succede qualcosa di notte.” “Ih! A questo punto devi chiedere ad un’infermiera: ma sai quanto ti costa?”

“Non c’è bisogno di un’infermiera: basta una persona abbastanza affidabile, non fumatrice … l'importante é che le vada bene una situazione così, one shot e via... che non si aspetti un seguito ... farei un forfait di 600 euro per tutto il mese, prendere o lasciare. E acqua in bocca.” Camilla prende e lascia un libro dopo l’altro, in attesa di poter parlare: ci vuole un momento magico che le consenta di intromettersi nella conversazione. Ma il momento magico non arriva, e le due signore si allontanano verso il reparto di medicina alternativa ed auto-guarigione. Lei le segue come un’ombra, fingendo di interessarsi ai manuali. La signora che si chiama Ilaria improvvisamente si blocca, fissa il vuoto e parla ad alta voce.” Mamma? Sì, non muoverti, ora arrivo io …” Camilla nota il bottoncino nero del bluetooth che pare un coperchietto di plastica appoggiato magicamente in verticale sull’orecchio ruvido: fa pandant con la lucidità della pelle tirata dal lifting a pochi centimetri di distanza. Già, forse la signora ha cinquant’anni e a, non quaranta, anche se la maglia aderente che indossa è abbastanza giovanile. Quindi la madre deve essere veramente piuttosto anziana. Camilla deve farsi avanti: ora o mai più. “Scusi se mi intrometto – dice dirigendo la voce all’altro orecchio della signora – sono una studentessa, ma cerco lavoro per coprire le spese dell’università … ho fatto anche del volontariato e mi potrei offrire per assistenza agli anziani in agosto …” Ilaria osserva perplessa il libro che Camilla stringe contro il busto Mi sono disintossicato senza smettere di fumare – Una testimonianza, poi il suo sguardo scende sulle scarpe della ragazza, o meglio sui sandali, in particolare sul listello di cuoio rotto che dovrebbe stringerle l’alluce ma che penzola pericolosamente verso l’esterno. “Dove ha fatto volontariato?” Camilla ha aiutato un po’ gratuitamente il personale del gattile quando era ancora iscritta a Veterinaria, ma forse – a dirglielo - questa signora Ilaria avrebbe paura che lei porti qualche malattia alla sua mamma anziana. Quindi è meglio inventare un’altra esperienza. Ma inventare è anche rischioso. Ilaria potrebbe essere la moglie di un primario e conoscere tutti gli ospedali di Milano. O una

che fa della beneficenza e a Natale porta i panettoni in vari ospizi: infatti il braccialetto tennis che porta con noncuranza non sembra affatto di strass, e nemmeno di zirconi, ma forse proprio di brillanti veri. Debora, che condivide l’appartamento con Camilla, è bravissima a inventare storie, e dice che bisogna immaginarsi bene tutto lo scenario nei minimi particolari. Ecco che le ritorna in mente una “Casa Anziani” linda e pulita come un grande albergo, che ha visto in Svizzera quella volta che voleva fare una ricerca sui bovini. “Ho fatto volontariato in Svizzera, in una casa anziani. Facevo i turni di notte e poi servivo la prima colazione”. Si auto-immagina in camice bianco e zoccoli del Dottor Scholl in quel corridoio lucido, dietro alle grandi vetrate, come se tutto ciò fosse accaduto veramente. Potrebbe scriverci una poesia o un racconto, in effetti. Pensa a una colazione meravigliosa con cornetti al burro, marmellata al rabarbaro e fragole, con le fettine di formaggio disposte a raggiera sul piatto di legno trattato … e lei che versa caffè d’orzo da una bella caraffa di porcellana bianca … ma forse quello sta meglio in un film, o addirittura uno spot pubblicitario. Debora dice che immedesimandosi bene nella scena, chi ti ascolta viene influenzato e infine ti crede. E Ilaria sicuramente viene influenzata dal profumo del caffè d’orzo versato dalla caraffa bianca, come se fosse veramente uno spot: è una bella scena, convincente. La telepatia funziona e Ilaria pensa alla spa del Trentino in cui ha trascorso un week-end di luglio veramente rilassante. Insomma, Camilla emana qualcosa di confortevole nonostante il cinghino del sandalo, per non parlare delle unghie con decorazioni decisamente aggressive: era un esperimento di Roberta, l’amica di Debora che sta aprendo un centro di pedicure & nail art, ma ora contrastano con il fatto che da quando Roberta le ha decorato le unghie Camilla non ha il coraggio di guardarsi i piedi. Quindi si è anche dimenticata di strapparsi con la pinzetta i pelini sulle dita, che luccicano come minuscoli fili d’erba secca al sole. “Mi prometta che non fumerà, almeno in casa. Eventualmente in giardino, ma i mozziconi vanno raccolti nei rifiuti non riciclabili. Badi bene che siano spenti: li può are sotto il getto battericida della piscina prima di metterli nel sacco. Dimenticavo: piacere, Ilaria Minnelli”.

4.

Da: [email protected] Oggetto: Annuncio in giapponese

Ciao Fra, conosci qualcuno che mi possa tradurre in giapponese un annuncio per subaffittare la mia stanza in agosto? Preferisco una signora giapponese perché in teoria fa il bagno e non la doccia. Abbiamo avuto un problema con due in subaffitto che facevano la doccia … Tanto i giapponesi vengono a Milano anche in agosto: forse non sanno che quasi tutti i negozi sono chiusi. Io sarò in giro per lavoro specialmente di notte. Di giorno dovrò prepararmi per un esame della sessione di settembre, ma posso mettere i libri sul ripiano dell’angolo cottura. Così, se avrò voglia di fare un giro, invece di entrare in cucina uscirò dalla cucina, e non mangerò fuori pasto. Infine l’annuncio sarebbe: “Sei di aggio a Milano? Accomodation economica e sicura in appartamento. Collegato con la metropolitana alle vie dello shopping. Cell. 3354342418”.

Fammi sapere. Ciao Camy

Da: [email protected] Oggetto: R: Annuncio in giapponese

Ciao Camy, secondo me l’annuncio puoi metterlo in inglese, ti costa meno che tradurlo in giapponese, e poi Reiko, la nostra interprete, non lavora per così poche righe con due lingue di mezzo. Ma che lavoro fai? Non dirmi la fornaia perché i panettieri sono proprio tutti in ferie. Ora che ci penso, c’è una mia amica che verrà ad abitare fissa a Milano a settembre: quindi dal 20 agosto le farebbe comodo avere una base dalla quale cercare casa con calma. Non è giapponese ma è pulita lo stesso. Per quanto tempo starai fuori la notte? Big hug [Grande abbraccio, NdA] Fra

Nuovo messaggio da 3354342418 Deb, cedo mio posto letto 20 – 30 ago ad amica di Fra, OK per te? Dormirò fuori. Camy

Nuovo messaggio da 3285641333 OK. Anticipo $. Okkio alla doccia. Deb

Da: [email protected]

A: [email protected] Oggetto: R: R: Annuncio in giapponese

Ciao Fra, per la tua amica: confermato. Ho chiesto anche a Debora, che é al mare da qualche giorno e ritorna il 15: mi ha dato l’OK. Era solo un po’ preoccupata perché gli ultimi che sono venuti a stare da noi, in quanto abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci dia una mano a pagare l’affitto, sono stati uno Yogi, amico del compagno di sua sorella + la sua partner, ma loro devono sempre fare la doccia per riscaldarsi … e una volta hanno dimenticato di chiudere l’acqua e sono spariti. Senza lasciare i soldi. A meno che le banconote non siano state traghettate giù per le scale dalle rapide che si sono formate. Comunque non le abbiamo mai trovate. Il lavoro che faccio di notte è solo per questo mese: sostituisco una certa Ivan Gelin detta Eva, che ha dato buca per tutto il mese, ma non dirlo in giro perché non so come andrà a finire. Piuttosto: un Tizio che conosce un editore mi ha incoraggiato a scrivere una specie di diario. Del mio ato le cose brutte le ho rimosse e alla fine il libro sarebbe troppo noioso. Così ho pensato di scriverlo sul presente ed il futuro.

Ci sentiamo poi per telefono.

Camy

5.

Da: [email protected] Oggetto: Riferimenti

Camilla, il nostro incontro per il colloquio mi ha dato tanto, è stato tempo qualitativo. La persona di cui abbiamo parlato è Carlo Arancini, [email protected], 348 669 3888. Gli ho accennato ad un possibile contatto da parte tua (mi pare che ci davamo del tu, no?).

Gli piacerai di sicuro.

Franco

6.

Ilaria presenta sua madre con il nome di Nancy Minnelli. In realtà sulla busta di una raccomandata che Camilla nota sopra un bel tavolino di radica l'indirizzo é: Nunzia Minnelli – Via Privata Fratelli Rispoli – Milano. Nancy ha i capelli cotonati di un luminoso colore biondo-platino, grandi occhiali da sole e una camicia a fiorelloni vivaci. La villa all’interno è immersa nella penombra, ci sono teli sui divani e pare strano che Nancy abbia un posto dove sedersi e leggere un libro, visto che in camera sua c’è solo il letto, un enorme armadio con un’anta a specchio, ed una poltrona sommersa da vestiti. “Lei venga alle otto, o anche prima se vuole, ma comunque non più tardi delle otto, anche perché a quell’ora Juanita se ne va. Mia madre cena alle sette e mezza, poi ci sono le medicine da prendere: è tutto scritto sull’agenda del telefono. La mattina mamma si alza abbastanza tardi, per prima cosa fa colazione, ma a quello pensa di nuovo Juanita, che riprende servizio alle nove, orario in cui Lei quindi è libera di andare. Può dormire nella stanza di Eva: ho fatto cambiare le lenzuola. Cerchi di non toccare niente, perché Eva è gelosa delle sue cose.” E’ difficile capire lo stato d’animo di Ilaria: sorride abbastanza spesso, anche nel bel mezzo delle parole senza bisogno di pause, ma senza allegria. Più che un sorriso è una smorfia, che forse le pare utile per sottolineare o chiarire quello che sta dicendo. Nel giardino un SUV l’aspetta, con dentro due ragazzi di cui non si riesce a vedere altro che le sagome aguzze delle capigliature, come le cime seghettate di certe montagne di roccia. Nancy invece è più comunicativa: quando si toglie gli occhialoni, la ragnatela di rughe intorno agli occhi è in continuo movimento. “Brava brava, allora chi sei, un’amica di Andrea?” “No, in realtà ho conosciuto sua figlia Ilaria da poco e mi ha chiesto di venire qui la sera ….” Dire la notte pare un po’ fosco.

“Ah, allora non conosci Andrea? Peccato… brava brava, allora mi farai un po’ di compagnia. Come ti chiami, ancora?”

7.

Da: [email protected] Oggetto: Contatto con Dott. Candiani

Gentile Dott. Arancini, ho avuto il Suo indirizzo del Dott. Candiani, che mi ha incaricata di scrivere un libro e pensa che sia opportuno che ne parli con Lei. Veramente sto iniziando ora a scrivere una specie di diario, perciò forse è presto per parlarne. Tuttavia il Dott. Candiani ha ancora insistito oggi via e-mail perché organizziamo un incontro. Da parte mia, sono a Milano per tutto il mese, ma se per Lei è meglio risentirci a settembre non esiti a comunicarmelo. Cordiali saluti. Camilla Masarà

Da: [email protected] Oggetto: R: Contatto con Dott. Candiani

Camilla vieni domani alle 6 in via Albissola 9/D. L’ingresso è sul lato sinistro

dell’edificio, tu prendi l’ascensore piccolo e segui il corridoio con scritto B in giallo sul muro. Alla porta di vetro verrò a prenderti. Carlo

8.

Camilla pedala per le strade di periferia di Milano, con la pagina di www.tuttocitta.it in tasca, ripromettendosi di guardarla quando trova un semaforo rosso, ma essendo agosto anche ai semafori rossi non si ferma, perciò ad un certo punto ha l’impressione di essersi persa. Se non fosse per il fatto che sono già le sei meno dieci le farebbe anche piacere, perché le strade di periferia a lei piacciono. In questo è decisamente diversa da Debora, che le odia. Eppure – pensa Camilla – Debora dovrebbe essere affezionata a quel tipo di ambiente così soleggiato, visto che sin da piccola ha sempre abitato in periferia, mentre Camilla é vissuta in un paese sui monti e non ne ha avuto esperienza. Quindi trova simpatiche queste strade dove la luce dell’estate, battendo sull’asfalto e sul cemento, diventa ancora più .. estiva, e dai kebab esce il suono di musiche turche, melodie che in centro non capita mai di sentire. Non che Camilla sia apionata di canzoni turche, ma l’atmosfera a Milano, in agosto, è più vacanziera in periferia che in centro. In centro la gente o lavora o non c’è, mentre qui c’è sempre qualcuno che non lavora. Il problema è che non ci sono vigili a cui chiedere indicazioni per Via Albissola, visto che girovagando Camilla si trova in una piazza non indicata sulla cartina di ww.tuttocitta.it. E sono le sei. Per correttezza dovrebbe telefonare e dire che è in ritardo, ma non vuole far comparire il suo numero sul telefonino di questo Arancini che in fondo è un totale sconosciuto: lei il CV con i suoi recapiti l'ha mandato solamente all'agenzia del lavoro, con tanto di postilla sulla legge a protezione della privacy, e a rigore l'agenzia non l'avrebbe dovuto comunicare neppure a Candiani. Infine Camilla si decide ad entrare in un kebab sperando che le possano dire dov’è Via Albissola. La musica è ad altissimo volume ma non è turca, é latinoamericana. E’ appena entrata quando suona il telefonino, che è rimasto impostato su risposta premendo qualsiasi tasto da quando Camilla l’ha comperato, anche se si è sempre ripromessa di cambiare il setting. Così prende la chiamata e intanto l’uomo del kebab le sta chiedendo: Ti piace la salsa? … ma lei deve uscire di corsa dal locale perché la musica è veramente un po’ forte.

“Camilla.” Dice una voce sconosciuta. Una voce che fa sentire a Camilla una specie di vibrazione sotto il diaframma. “Sì, pronto?” “Ma dove sei.” “sono … sono … “ e cerca di approssimarsi alla lapide con il nome della via “Hai dimenticato l’appuntamento? Sono Carlo.” “Scusi tanto, veramente, ho sbagliato strada e stavo appunto cercando di chiedere indicazioni ma …” “Sei in macchina?” “No: sono in bicicletta – intanto è riuscita a raggiungere non una lapide, ma almeno un’insegna sopra una saracinesca chiusa: L’Osteria della Via Tevere – sono in Via Tevere”. “Via Tevere non esiste, ma ho capito dove sei. Sei al ristorante toscano che prende il nome da Via Tevere a Pieve Santo Stefano. Se hai il ristorante alla tua sinistra, prosegui e al secondo incrocio gira a destra. Vedrai una torre di vetro al di là del cavalcavia: tu continua diritto, ma prima del cavalcavia svolta nel viottolo. C’è una serie di stabili industriali ristrutturati: il nostro è il terzo sulla sinistra. Poi fai come ti ho detto e ci troviamo alla porta vetri”. Alle sei e dieci Camilla è davanti alla B gialla sul muro. Le pare di essere osservata, ma non riesce a capire da chi. Il ballatoio è vuoto, ma è come se fosse attraversato da percepibili sguardi. Ecco le ante di vetro, e la sagoma di un uomo che deve essere l’Arancini. Ma invece di aprirle, la sagoma scompare ed è lei, Camilla, che spinge la porta con una certa circospezione. “Ciao. Non aspetto mai 10 minuti una persona, ma Franco mi ha detto che sei il tipo che sto cercando.” Non la guarda apertamente, ma con la coda dell’occhio sembra avere già registrato quasi tutto di lei, anche nei minimi particolari, in effetti.

Le fa strada verso una specie di vano del grande loft, dove sta una scrivania imponente di cristallo con diverse fotografie messe a ventaglio - non si capisce se casualmente o se con una precisa ricercatezza che imita il casuale.

9.

“La maggior parte delle foto erano di un ragazzo bellissimo – quando mi ha detto che purtroppo aveva tempo solo fino alle sette perché doveva andare a prendere suo figlio all’aeroporto ho pensato che magari quello fosse il figlio, appunto: infatti gli assomiglia, solo che è giovane.” “Ma quanti anni avrà?” “Non so, Debora. Ventiquattro, ventotto … “ “No: dico lui, l’Arancini …” “L’Arancini? Non lo so. Non ci ho pensato in effetti. Comunque mi ha detto: tu devi essere una che ha molto da comunicare. Bisogna che tu possa parlare …” “Ma che cos’è questa storia del libro? Lo sai che praticamente tutti scrivono libri e nessuno li pubblica. Perché adesso vuoi scrivere un libro?” “E’ quello che mi ha chiesto anche lui. Ho risposto che a dire la verità ero andata da Candiani perché cercavo lavoro, Candiani poi mi ha dato quest’idea – anche se forse era solo una battuta – ed eccomi qui, cioè: lì. E lui ha detto che Candiani ha fiuto e gli trova sempre le persone giuste e lui invece scopre i talenti e aiuta le persone giovani che hanno delle idee, visto che può farlo”. “Per me fra tutti e due meglio perderli che trovarli, Camilla. Comunque scrivere è difficile.” “E’ quello che mi ha detto Arancini. Ha detto che alla fine quasi tutte le ragazze preferiscono ad esempio essere lanciate nello spettacolo.” “Era lì che l’aspettavo. Quindi ti ha proposto di lanciarti lui … eccetera eccetera.” “Non so, comunque prima che me lo proponesse ho detto che io invece preferisco scrivere perché l’importante è far divertire la gente, o almeno distrarla

un po’. E a me gli spettacoli distraggono poco. Per esempio al cinema mi metto a pensare ai fatti miei e quindi alla fine invece di distrarmi il film mi fa proprio l’effetto contrario. Invece quando leggo, specialmente in bagno, quella sì che è proprio la mia oasi di pace” “Non gli avrai detto questo!” “Non ho detto in bagno, ma il resto sì. E tu al mare come stai? Sei sempre con Massimo?” “Sì … sì … il posto è splendido, c’è dalla bella gente … comunque non rimango fino al 15. Ad un certo punto mi decido e me ne vado. L’appartamento lo terrà tutto Massimo, spero che pagherà anche la mia parte per il resto del soggiorno. Dopotutto starà più comodo … sono sicura che … gli andrà benissimo anche così”.

10.

Da:[email protected] Oggetto:

Camilla, mi interessa continuare il discorso di ieri. Domani mattina sarò alle messaggerie per scegliere un regalo. Ci possiamo trovare alle undici. E’ fattibile? Carlo

Le mail ti raggiungono ovunque con BlackBerry® from Vodafone!

11.

“Franco? Ciao. Ho visto quella ragazza. Hai azzeccato come sempre. Mi piace. Sono intrigato.” “Sì, mi era sembrata un tipo giusto, per cambiare ... acqua e sapone senza essere una bambina. Le hai proposto qualcosa?” “Ti ha preso sul serio sull'idea di scrivere un libro, e così gliel’ ho lasciato credere. La voglio tenere vicina. Poi si vedrà. Ho poco tempo, a fine mese parto per la Tanzania: scommetto che riesco a portarla con me.” “E Oksana?” “In confronto a questa … non mi dice più niente. Certo, Oksana é di una bellezza perfetta, mi aveva preso con quella faccia d'angelo e invece già dopo la prima volta la relazione era marcia. Però aspetto a scaricarla: non so se un mese basta per un tipo difficile come Camilla. Ma é una bella sfida, non mi capitava almeno da 25 anni.”

12.

A questo punto del diario, Camilla vorrebbe stampare le prime 3 pagine, per rileggerlo e farsi un’idea se veramente valga la pena di andare avanti a scrivere. Il libro le pare noioso. Non succede niente. Bisogna spiegare tutto. Certe volte però spiega troppo, e quindi non sembra neppure un diario, ma se l'autore dà le cose per scontate - come in un diario - alla fine i lettori non possono capire che cosa succede. E poi ci vorrebbe qualche personaggio antipatico, invece lei ha la brutta abitudine dimettersi nei panni degli altri e delle persone che minacciano di esserle veramente ostili pensa semplicemente che se non avrà mai più a che fare con loro, tanto meglio. Insomma, le rimuove, e come può inserirle tra gli amati personaggi di un libro? Perché infine Camy é capace di parlare e scrivere solo di ciò che in qualche modo apprezza – ama é una parola grossa, ma ci starebbe pure. Tutto questo é emerso nel colloquio con Arancini, il quale però deve avere capito qualcosa di diverso, ma non importa perché probabilmente lui al colloquio non ci pensa più, mentre lei ci pensa ancora. Però, a parte l'aspetto formale, i dubbi sulla sintassi e tutto il resto, Camilla si chiede se non sarebbe meglio davvero scrivere un libro di poesie. Sarebbe anche più facile metterci qualcosa di erotico detto in modo diverso dal solito, come aveva iniziato a suggerire Arancini, dicendo che era sicuro che lei sarebbe stata capace. Dopo mezza pagina di stampa, la cartuccia si esaurisce. Camilla è talmente abituata a trascurare la spia dell'inchiostro che non ha nessun ricambio pronto per la sostituzione. In compenso, Debora ha comperato mesi fa al discount il kit per ricaricare le cartucce, ed ha anche appiccicato con lo scotch un biglietto con il permesso di usarlo, con la raccomandazione di stare attenta a non schizzare con tre punti esclamativi. Ecco perché Camilla va in bagno per fare l’operazione, dove – mal che vada sarà facile pulire le piastrelle dalle macchie di inchiostro. E comunque tutto sta riuscendo benissimo se non che suona il cellulare e Camilla si innervosisce

perché deve decidere se sia il caso di ignorarlo o no. Infine l’inchiostro schizza dappertutto, persino sulla camicia di marca e le calze di simil-pizzo che Debora ha lasciato appese al gancio sul retro della porta, praticamente le cose a cui in questo periodo Debora tiene di più. Camilla non le ha mai notate da quando Debora è partita perché essendo sola nell’appartamento non chiude mai la porta del bagno. Questa volta l’ha chiusa per non sentire il cellulare ma intanto stava leggendo le istruzioni del kit e le collant da 40 euro – per non parlare della camicetta - non le ha proprio viste. E quando arriva al telefonino c’è una chiamata senza risposta, da un numero sconosciuto che il cellulare non ha neppure registrato. Ma non si può richiamare un numero se il software ha registrato solo la parola “sconosciuto”. Quella di cambiare le impostazioni del cellulare é una cosa che Camilla deve fare da un sacco di tempo, come spazzare sotto al letto e mettere in ordine cronologico i documenti nel faldone “cose importanti”. Comunque è più urgente cercare di smacchiare la camicetta di Debora per non parlare delle calze, ma il risultato è che le piccole macchie nere diventano grandi macchie livide e intanto il tempo a e si avvicina l’ora in cui Camilla deve andare alla villa della Signora Minnelli.

13.

“Debora?” “Sì, Camilla?” “Scusa se ti chiamo per una domanda strana, ma … le messaggerie dove sono?” “Quali messaggerie?” “Deve essere un posto a Milano dove si scelgono regali, però il nome mi suona un po’ equivoco.” “Equivoco? No, dovrebbe essere il negozio Mondadori di Corso Vittorio Emanuele.” “Capito. Non c’è problema, allora. Scusa, ora sono di corsa perché tra un po’ devo andare al lavoro: già, non ti ho detto che poi un modo per pagare l’affitto l’ho trovato. Poi ti racconterò.” “A quest’ora? che cos’è? un lavoro equivoco?”

14.

“Pronto!” “Ciao, sca … tutto bene?” “Sì, tutto bene. La mia amica che cerca casa è contenta della sistemazione. E tu che fai? Hai trovato un ragazzo?” “Io? Noo … ho trovato però un lavoro per qualche ora al giorno … così sarò più autonoma” “Uao! Come guida turistica?” “No, con l’università non c’entra. E’ proprio soltanto per rendermi un po’ autonoma.” “Be’, era quello che volevi, no? O che volevano i tuoi …” “Non so, mia madre fa la dura ma poi mi aiuta sempre. Le piace il contrasto, evidentemente: infatti é attratta da tipi che sono l'opposto di lei. Per esempio, mio padre fa sempre il morbido, così - a buoni conti – non mi paga l’affitto. Quindi ci tengo a non pesare sulla mamma, che ha già le spese di mio fratello Michele. Per il momento però non le ho detto niente. Non vorrei che qualcosa andasse per traverso ... e poi … deluderla, come ho letto sul manuale Autorevolezza e team building: una questione di credibilità.” “Quelli sono manuali scritti per i padri, non per le figlie.” “Si vede che non hanno scelto bene il target, come mi diceva ieri uno che lavora nell’editoria. L’importante è scegliere il target. Capita che ne scegli uno e il libro piace ad un altro. E infine il tutto si risolve in un fiasco. Infatti quel manuale l’ho trovato sulla bancarella per 50 centesimi. A proposito: tu che sei un’esperta di lingue, come scriveresti un messaggio breve senza dare né del tu né del lei?”

Da: [email protected] Oggetto: R:

Va bene alle 11.

15.

Sulla strada per la villa di Nancy Minnelli c’è un mega-store di video, computer e accessori. Non sono ancora le sette e mezza, perché Camilla ha previsto la possibilità di perdersi anche questa volta. Invece non si è persa, ed ha le idee abbastanza chiare sulla distanza che resta per la villa – se non c'é un aggio a livello dovrebbero essere cinque minuti in bici. Tra gli accessori nel mega-store ci potrebbe essere un solvente per le macchie d'inchiostro: dopotutto i colorifici oltre alle vernici vendono anche l'acquaragia. Analogamente, dove si procurano cartucce di inchiostro si dovrebbero rendere disponibili anche i relativi solventi. Però a Camilla non pare di averne mai visti sugli scaffali dei mega-store. Del resto, gli unici smacchiatori che abbia mai visto e comprato sono sempre stati nascostissimi anche al supermercato, e poi non hanno mai tolto le macchie elencate sulla confezione. Forse sono tenuti nascosti per questo. Peraltro i clienti che riescono a trovare articoli così ben nascosti sono in genere dei tipi ostinati, i tipi che polemizzano di più, insomma, quelli che non mollano finché non hanno ottenuto il rimborso del prezzo dal supermercato. Camilla invece le cose nascoste le vede un po' per caso – o forse ha il talento di essere attratta dalle fregature. In ogni caso, visto che con il kit di Debora (la quale per fortuna non é il tipo che esige rimborsi e infatti non trova mai niente neanche nei posti più in vista) non ha più caricato la cartuccia della stampante, le occorre comprarne una di ricambio. Sbircia dalla vetrina al di sopra di schermi accesi, con improbabili scene di disgrazie rocambolesche avvenute oggi agli italiani in vacanza nei posti più belli e lontani, e scorge un ragazzo che sembra stia guardando proprio lei, visto che al di là della strada c'é solo un gigantesco manifesto con la pubblicità di un gelato che - per quanto buono – non dovrebbe meritare grande curiosità. E quando entra nel negozio dove l'aria condizionata crea un ambiente frigorifero che tutt'al più potrebbe far desiderare un the cado, Camilla ha la certezza che la pubblicità del

gelato non poteva essere d’interesse per quel ragazzo, che sembra essere il caporeparto del settore informatico. Si sente in imbarazzo e all'improvviso ha fretta: decide di evitarlo il più possibile, di rinunciare a chiedere del solvente (che idea ridicola ...), trovarsi da sola la cartuccia e andare al più presto al lavoro. Peccato che non trovi più il foglietto dove si era scritta il numero del modello della stampante e debba frugare nello zainetto per cinque minuti. Mentre ha ancora il naso semi-immerso nel sacco, qualcuno le sfiora appena la spalla e chiede: “Posso aiutarti?” Era esattamente quello che non voleva ma ora le fa piacere. Se non fosse per quel calore che sente salire pericolosamente dal collo in su, verso gli occhiali neri. Che deve togliersi velocemente, né per educazione né per simpatia, come forse può credere il ragazzo. “Sono entrata per una cartuccia di ricambio della mia stampante, ma prima devo trovare il modello ...” “Di che marca é la stampante?” “E' una HP, mi ero scritta il numero, ma l’ho perso.” “Non le abbiamo tutte in negozio, probabilmente la dovrei ordinare comunque dal magazzino. Fai così: puoi telefonare stasera al reparto fino alle otto o domani mattina presto sul mio mobile, e dirmi il numero della cartuccia o della stampante: nel pomeriggio dopo le quattro ti faccio trovare il ricambio qui. Su questo biglietto c’è il numero fisso, ti scrivo dietro il cellulare.”

16.

“Ciao fratellone” “Davide! Come ti butta?” “Ho visto una ragazza carina” “Dove sei, al mare?” “No, papà e mamma hanno messo in vendita il nostro mulino in Liguria. Così ci va solo papà quando qualcuno lo vuole vedere. Ha deciso che se non trova nessuna opportunità di lavoro prima che finiscano i soldi della buonuscita … e soprattutto se dalla vendita ricava una discreta riserva finanziaria … si mette da solo a fare il consulente. Comunque io sono a Milano, ho trovato un lavoro che mi serve per la nostra invenzione. E’ in un mega-store, vedo anche i prodotti informatici e di elettronica appena escono, mi vengono delle idee. Ho un contratto per il mese di agosto, ma se vedo che riesco a studiare lo stesso, e se mi propongono di continuare, ci posso pensare.” “Per me dovreste distrarvi tutti un po’, come faccio io. Se papà va avanti così si deprime sempre di più. Tanto non cambia niente. Sembra che si autopunisca perché l’hanno segato. E anche tu … un lavoro di questa stagione a Milano? Meglio trovarlo su qualche isola - anche per le ragazze. Tanto di centri commerciali ce n’è dappertutto, ormai. E com'è 'sta tipa?” “Non so... mi piace.” “Ma l'hai solo vista o l'hai conosciuta?” “Le ho parlato, sto aspettando che mi richiami ... e a te come va?” “Sì, sono a Praga, c’è anche Alessia, ci divertiamo.” “Stai bene con lei …”

“Che cos'é, una domanda o una gufata? Sto già toccando ...” “Figurati, spero solo per te che sia una storia diversa dalle solite.” “Diciamo che non siamo ancora nella fase delle litigate. Ora sta arrivando. Ale, é Davide. Davide, Alessia ti saluta.” “Capito. Ti saluto anch'io.”

17.

Il cancello é solo accostato, molto visibilmente, dando l'impressione di totale noncuranza per il possibile ingresso di estranei. Il che contrasta con la telecamera mal celata dalle lucide foglie della siepe e con il sistema di allarme ben piazzato sul muro della villa. Nel silenzio della Milano di agosto, Camilla per la prima volta ha un po' paura e si chiede se non sia stata imprudente ad accettare – o meglio – a prendersi questo impegno, senza sapere nulla della casa dove dovrà stare le prossime trenta notti. La ghiaia del vialetto scricchiola in modo leggero ma ritmato: dalla curva appare una donna di età indefinibile, con i capelli tinti di fulvo che contrastano poco con la carnagione, che è quasi dello stesso colore. In compenso gli occhi neri di forma allungata sono vivacissimi. Il telefonino di Camilla suona di nuovo: anche questa volta è uno Sconosciuto, chissà se è lo stesso di prima. “Pronto …” “Aaah … ecco, Camilla, dove si trova? Sono Ilaria.” “Buona sera, sono proprio al cancello della villa.” “Perfetto … si faccia dare il numero di Juanita, così in caso la può chiamare. Juanita poi sa come trovarmi. Mi a Juanita?” Camilla allunga il cellulare a Juanita, che si è avvicinata. “Sì, certo, va bene segnora. Presento di nuovo Camilla alla segnora Nancy.” dice guardando Camilla e nello stesso tempo sorridendo, non si capisce esattamente a chi. Nancy è ancora seduta a tavola, sorseggiando acqua zuccherata da una tazzina da caffè. Un gradevole aroma di scorza di limone aleggia nella saletta.

“Brava brava, allora chi è questa, un’amica di Andrea?” “No segnora, Camilla starà qui per un poco al posto di Eba, solamente la sera.” “Ah, allora non conosce Andrea? Peccato… brava brava, allora mi farà un po’ di compagnia. Come ti chiami, ancora?” Quando Juanita esce, Nancy sembra acquisire maggiore padronanza di sé e della sua memoria. “Andiamo a fare due i in giardino, cara?” Il cancello ora è ben chiuso, la spia dell’impianto d’allarme pulsa lentamente, come il cuore di un dragone addormentato. Camilla sa che non potrà neppure uscire in modo indolore dalla proprietà dei Minnelli. “Sei una studentessa? Scusa se ti do del tu, ma potresti essere una mia nipote.” “Sì, sono iscritta a Storia delle Arti, della Musica e dello Spettacolo, finalizzata al turismo. Ho cambiato quest’anno, però, perciò non ho tanti amici in università per ora”. “Andrea, mio nipote, studia Filosofia. Stefano invece è il futuro manager della famiglia, come piace a sua madre … lui fa Economia. A proposito … ti devo qualcosa? Perché se aspetti Ilaria … ti ha detto qualcosa su quando ti paga?” “Nno, penso che lo farà al ritorno … vedo che in effetti controlla se sono presente … oppure ha dato incarico a Juanita?” “Vedrai che troverà il modo di non pagarti. Stai attenta …” Il telefonino fa il suono del grillo di notte con l’eco, il segnale che è arrivato un messaggio. “Ci sono dei grilli anche a Milano, vedi? Io d’estate ormai non mi voglio più muovere. Sto bene qui.” “Va via d’inverno?” “No, non vado via neanche d’inverno. Ho girato abbastanza nella mia vita. Ora

sto ferma. Mi basta una eggiatina in giardino. In Canada avevamo un giardino più grande … ma non era uno status symbol così eccezionale. Mia figlia Gaia era piccola ed era felice, in quel giardino. E’ in questa città di fanatici che si è ammalata …” Camilla sta sbirciando l’SMS che le è arrivato sul cellulare e non ascolta. Il messaggio è da sca: Nn cacciarti nei guai mi fai preoccupare mi chiami? Il problema è che - anche se non riesce a seguire il discorso di Nancy – Camilla ha l’impressione che deve almeno far credere alla signora di aver capito e non può neanche digitare un SMS di risposta. Sembra che l’argomento sia delicato, persino triste … insomma: di quelli che non si possono interrompere con una battuta sul tempo o sulla necessità di andare a dormire. “Tu che sei una studentessa saresti capace di fare una ricerca di persona?” “Cioè … fare io una ricerca? Su che cosa?” “Te l'ho già detto: su una persona. Cercare una persona. Una persona che non si trova.” “Ssì, nno … non so: dove?” “Benedetta ragazza- come ti chiami, ancora?- te l'ho già detto: una persona che non si trova non non si sa dove cercarla. Ma voi che siete giovani sapete fare le ricerche su internet. L’ho già chiesto ad Andrea … ma secondo me Ilaria l’ha bloccato. Possiamo rientrare, adesso. Fa umido.”

18.

Quando Camilla può finalmente telefonare a sca, è già ata almeno un’ora. “Fra?” “Camy! Che cosa combini?” “Sto bene, non mi succede niente di grave. Devo fare la guardia ad una signora anziana la notte, tutto qui”. “Un lavoro da cani... comunque mi tranquillizzi. Grazie di aver chiamato. Io parto domani per le vacanze.” “Dove vai?” “Vado in una specie di agriturismo dove si fa vita macrobiotica. Sono sola, con Paolo é finito tutto. Mi rimetto in forma e poi a settembre sarò come nuova dentro e fuori”. “Magari trovi degli amici lì.” “Magari. Comunque mi riposo, sto nella natura: basta parole parole parole, via la gente …. preferisco i vegetali.” “OK, se cambi idea puoi sempre chiamarmi. Anche se non so se avrò gran che da raccontare.” “Va be’, staremo un po’ zitte al telefono. Lo facevo con Paolo, all’inizio … quando avevamo qualcosa da dirci. Ciacciacciao”.

19.

La stanza è piccola e poco simpatica. C’è un armadio incombente, che Camilla ha deciso di non aprire. Sulla mensola ci sono cianfrusaglie ed oggetti stupidi, che è meglio non spostare, se è vero quello che ha detto Ilaria a proposito della “gelosia per le sue cose” di Eva. Il rumore tenue e spezzato che proviene dalla camera di Nancy ricorda a Camilla di quando Michele e lei erano piccoli e dormivano nella stessa stanza: allora si meravigliava che un bimbo potesse già russare – sintomo tipico degli anziani. Ed ora si meraviglia perché l’aveva relegato all’universo maschile, invece scopre che anche le donne russano. Forse anche lei stessa quando sarà vecchia. Ma tanto sarà sola, e non avrà sicuramente i soldi per pagare una studentessa che le faccia la guardia, quindi nessuno la sentirà. Camilla vorrebbe avere qualcuno con cui stare un po' in silenzio al telefono, ma si rende conto di non avere nessuno. Forse solo sua madre, ma preferisce non farle perdere tempo. Anche se, stando in silenzio, la telefonata potrebbe durare poco poco, sicuramente meno di una conversazione in cui si parla. Sovrappensiero, fa scorrere la rubrica del cellulare, e si ferma su Debora. L'ha sentita un po' strana e vorrebbe sapere come sta. “Camy, ciao!” “Ciao, Debora, come stai? Puoi parlare o sei con qualcuno?” “Aspetta che mi allontano un po’. Eccomi.” “Tutto a posto?” “Sì, ora è letteralmente tutto a posto. Mi sono trasferita questa sera.” “Trasferita? Dove? Non sei al mare?” “Sì, ma ho incontrato Giulia, una mia vecchia compagna di scuola, con un

gruppo di amici simpatici che stanno in campeggio. Giulia e un’altra ragazza si sono strette nella tenda per farmi posto: è un igloo da quattro anche se a me sembra piccoletto, infatti loro stavano comode in due. Sono state un amore a dirmi di venire lo stesso”. “E Massimo?” “Camy, non ne potevo più. Massimo … non so neppure perché mi abbia proposto di venire. Giulia mi ha visto in faccia e ha capito tutto. Quando si è state compagne da piccole si è quasi sorelle.” “Be’, con Massimo siete … eravate …” “Non eravamo niente, chiaro. Gli interessano solo i suoi amici di qui, sembrava che io fossi un soprammobile. Anzi: quando eravamo soli non mi diceva una parola. Con gli altri sembrava che gli dessi fastidio. C’è poi una che secondo me gli interessa perché solo quando c’era lei faceva il tenero con me. Uno schifo.” “Peccato, Debora. Pensare che ci tenevi a conoscere i suoi amici …” “Lascia perdere!” Sembra che Debora stia quasi per piangere e a Camilla dispiace di avere forse detto troppo. E non osa dire altro, perché sarebbe ancora più … troppo. Meglio cambiare argomento, dire qualcosa di pratico: “Hai anche lo spazio in tenda per tutti i …” sta per dire bei vestiti ma teme che Debora si metta a piangere per davvero, pensando alla cura con cui ha scelto l’abbigliamento per questa vacanza. “Nel sacco oblungo di nylon che serviva per le scarpe ho cacciato tutta la roba morbida e mi fa da materasso. La borsa da spiaggia - che a pensarci bene è proprio un po’ pacchiana - la uso per cuscino, il lato non decorato è abbastanza soffice. Lo scialle e il pareo mi fanno da coperta. Li ho intrisi bene di insetticida, spero che non mi faccia male alle pelle, ma almeno non ho formiche in giro. I sandali con i tacchi a spillo non servono: che li riporti a Milano lui con la macchina, li butti via, non me ne frega niente. Il gruppo con cui erò il resto delle vacanze non fa caso a come ci si veste. Giochiamo a beach volley, mangiamo al campo o in qualche pizzeria alla buona, dove quegli altri non entrano di certo … stiamo sulla spiaggia la sera a chiacchierare … c’è uno che suona la chitarra.”

“Sono contenta , sai? Ti sento bene. E’ una bella sorpresa. Adesso ti lascio, magari devi stare con loro”. “Sì … grazie. Ciao, un bacione”. Le dieci e mezza. E Camilla non riesce a dormire. Due amiche su due hanno appena dato un taglio alle loro storie. Dopo averle raccontato sogni e aspettative per tutto l’inverno. Pensa alle decorazioni sulla borsa da spiaggia di Debora, incrostate di terra, al pareo e allo scialle striati di insetticida, al vestito di chiffon pigiato nella sacca all’umido insieme al bolerino di rasatello, al top di Moschino, alla borsina di paillettes per la sera … quella è un po’ dura per dormirci sopra, forse è stata abbandonata insieme ai sandali. Debora sembrava che tenesse molto a Massimo. Ora potrebbe trattarsi solo di un momento di rabbia, non di un taglio definitivo. Eppure … Camilla ha sentito Debora così allegra, come se fosse uscita da un tunnel. E poi l’ha sentita più se stessa, più vera. Cerca di immaginarla sulla spiaggia con la sua nuova compagnia attorno ad un fuoco – o ad un lampadone ecologico, in caso sia vietato accendere fuochi. Ma c’è atmosfera anche con il lampadone: fa una luce un po’ lunare. Debora che fa la sofisticata in città, che ha cercato inutilmente tutto l’inverno di insegnarle ad essere più … donna di mondo. A proposito: Camilla domani dovrà trovarsi in centro alle 11 con Arancini e non farà neppure a tempo a are da casa per cambiarsi e truccarsi. Come ha fatto a non pensarci? E non riesce più a dormire perché è arrabbiata con se stessa per il fatto di dare tanta importanza a questo incontro. Che cosa le importa di Arancini? Non ricorda quasi la sua faccia. Ma ricorda troppo bene la voce. E le foto sulla scrivania, ma quello è suo figlio. Comunque le conviene dormire, per avere almeno un viso riposato.

20.

Il sole delle 10 è già così caldo che Camilla pedala all’ombra, sul marciapiede. Visto che ha ancora la maglia di ieri, spera almeno di non arrivare lucida come un ciclista del Giro d’Italia – dalla televisione non si può percepire altro che il brillare della pelle e degli indumenti incollati al corpo, ma la vista di quel luccichio, dal vero, non si ammira così volentieri. Il mega-store di informatica è già aperto: Camilla ricorda che avrebbe dovuto telefonare a quel ragazzo per comunicare il modello della stampante. Peccato che non sia ata neppure da casa … ma ha ancora il biglietto con il suo numero di cellulare: potrà sempre chiamarlo dopo l’incontro con Arancini. Non vuole però che lui la veda are, perciò si china sul manubrio per non essere scorta attraverso le due grandi vetrine che fanno angolo. Si piega sopra il cestello, dove è rimasto il sacchetto del Burger King comperato ieri pomeriggio per la cena che poi ha sgranocchiato in camera: non l’ha potuto buttare via perché non ha trovato i bidoncini della raccolta differenziata, ed è ancora mezzo pieno di roba fritta ormai molliccia. Tiene d’occhio la ruota davanti, ma è prima il rumore e poi la vista della sua gomma contro il paraurti nero che le fa capire di avere tamponato una macchina ferma sul marciapiede proprio dietro l’angolo, nonché lo zampillo di riccioli di patatine alla cipolla e carta sporca. Da sotto l’auto una gatta con due piccoli schizzano via. Subito dopo, si aprono le portiere anteriori: a sinistra emerge un uomo decisamente corpulento, anche piuttosto arrabbiato. A destra fa capolino una gamba nuda, con la pelle irritata per una recente depilazione, e sull’asfalto sporco plana il relativo piede strettamente insalamato in un sandalo rosso con la zeppa di sughero. “N…non ci sono segni, mi pare ” chiarisce subito Camilla. “Questo è da vedere” Dal negozio esce il ragazzo di ieri: “Tutto a posto?” chiede, sbirciando la targa della macchina in modo abbastanza

teatrale. “Non abbiamo bisogno di testimoni” risponde l’uomo, dando una spinta un po’ troppo decisa alla spalla del ragazzo. Alla gamba fuori dalla portiera si aggiunge l’altra gamba, e una donna in mini, un po’ scarmigliata, li raggiunge a i pesanti e malfermi: “Lascia perdere, andiamo …” “La colpa è di chi tampona, chiaro?” “Oscar, andiamo …” geme la donna, tirandolo per la maglietta nera chiazzata di sudore, che si spiccica a fatica dai ciambelloni di grasso, mentre un gruppo di piccioni si fa coraggio e becchetta le patatine di cui è cosparso il marciapiedi. Oscar la ignora e fa due o tre i avanti e indietro per ispezionare il paraurti, calciando l’aria dietro le code spennacchiate degli agilissimi piccioni, evidentemente bene abituati ad evitare pedate come i tre gatti, del resto, che tornano indietro in fila indiana rasente alle vetrine. “State alla larga, non provate a darmi problemi” conclude, dando un’altra spinta al ragazzo del negozio, che sta incominciando a fare molta fatica a restare calmo. Per fortuna l’uomo sale di nuovo in macchina e mette in moto fra un frullare d’ali, sgommando e scricchiolando sui cartocci del Burger King. Solo ora Camilla vede che la forcella anteriore della sua bicicletta ha perso la giusta inclinazione, ma ha molta fretta di levarsi di torno: “Grazie, ciao, allora ti farò sapere per la cartuccia …” “Ti ha piegato la forcella, quel bastardo.” risponde lui. “Ssì, ma non importa, credo che la bici possa andare lo stesso …” invece anche il parafango è fuori sede. “Quello si piazza sempre sul marciapiede e gli abbiamo detto cento volte di non sostare davanti alle vetrine per delle ore. Io lavoro qui da qualche giorno e solo per un mese, mi hanno detto di non litigare con lui. Ma se potessi…”

Uno sguardo all’orologio dice a Camilla che rischia anche questa volta il ritardo. Di nuovo con Arancini … a lei le stesse figuracce capitano sempre con le stesse persone. “Dove devi andare? - chiede il ragazzo – Mi chiamo Davide. Posso portarti in scooter, se non è lontano”. Previene la risposta di lei ed aggiunge: “Anche se è abbastanza lontano. Faccio finta di prendermi una pausa caffè, avverto gli altri del reparto.” E senza aspettare si infila nel negozio. Camilla cerca di muovere il parafango, ma non vuole rompersi un’unghia o arrivare in libreria con le dita nere, perciò rinuncia abbastanza presto. Anche perché il suono del motorino la distoglie dal lavoro. Davide senza mezzi termini l’aiuta a legare la bicicletta e le porge un casco: “E’ di un mio collega, comunque dovrebbe andarti bene.” Sembra leggere nel pensiero perché aggiunge: “Mi sembra anche pulito dentro” visto che fuori è costellato di moscerini schiacciati, ricoperti da un velluto di polvere bianca.

21.

Nell’enorme negozio di Multi-media, lo schermo assorbe tutta l'attenzione di Camilla anche se il video clip non le piace. Ma é sempre così, quando c'é uno schermo . Tutti vi danno almeno un'occhiata, e se non hanno nulla di urgente da fare continuano a guardare le immagini, persino quando l'audio non si sente. Chissà se qualcuno ha mai perso un treno perché é rimasto distratto dagli schermi con la pubblicità, alla stazione ferroviaria. Perché di certo il treno non ti viene vicino e non ti dice piano, quasi all'orecchio: “Camilla”, con la voce sexy di Arancini. Adesso deve decidere in mezzo secondo se dargli del tu o del lei. Su un sito internet dedicato alle giuste maniere per ogni circostanza ha letto che ormai in tutti gli ambienti tipo pubblicità, spettacolo, e forse anche editoria ci si da del tu, quindi le sembra abbastanza ovvio rispondere: “Ciao ... Carlo”. Nella pausa che segue si sente impallidire, nel dubbio di avere sbagliato nome. Franco ... no, quello era Candiani. ‘c.arancini’ era l'indirizzo email, e se il nome fosse stato Claudio ...no: Claudio é un nome che non ha sentito, ultimamente. In ogni caso Arancini non sembra minimamente offeso, quindi il nome é quello giusto. “Non sai come mi fa piacere che tu sia venuta.” Le spiega che vuole comprare un libro di lingua italiana per stranieri, per la baby-sitter inglese di suo figlio. “Quanti anni ha?”chiede Camilla, che era rimasta ferma all'idea che Arancini avesse un figlio grande. “Rose-lyn? Non lo so, ne avrà venticinque al massimo. Ehi, é una gusta considerazione: il libro deve essere divertente, per una giovane. Brava.” La guarda ancora una volta come se fosse la prima, e lei si sente come ipnotizzata a fare la stessa cosa. E si rende conto che il tipo nelle foto era lui,

Carlo Arancini, con venti anni o quindici di meno. Perché tiene le sue foto di tanto tempo prima sulla scrivania? Si chiede. Uno dovrebbe avere la foto della moglie, di tanto tempo prima. “C'é qualcuno che le parla italiano, oltre a suo figlio?” “Mio figlio Tommaso veramente deve parlare inglese. La madre di Tommaso ... é una prima della classe in tutto, le parla sicuramente sempre in perfetto inglese. Ma questo é un regalo che Tommy mi ha chiesto per Rose-lyn, sa che lo desidera. Non per approfittarne lui: proprio per farle piacere.” Sono davanti allo scaffale dei libri di italiano per stranieri, che é pericolosamente di fianco a quello dei manuali per scrivere bene. Ancora una volta lui coglie il suo pensiero: “Ehi, non farti incantare: a te non servono quelli. Dopo mi devi raccontare che cosa vuoi scrivere nel tuo libro.” “Vorrei che fosse un libro divertente. A proposito: questo testo di lingua per stranieri, con i dialoghi e le vignette, potrebbe essere carino. Ha allegati due CD e un'appendice con le canzoni italiane ... ma sono tutte canzoni d'amore, forse ad una inglese possono sembrare umoristiche”. “Questa sì é divertente: perché dovrebbero sembrare umoristiche? Le inglesi sono romantiche, impazziscono per il latin lover.” “Già, mi sono sbagliata. In effetti è a me che sembrano umoristiche, e io non sono inglese. Cioè ... - aggiunge in fretta perché ha sentito nel solito punto sotto il diaframma che ad Arancini non è piaciuto quello che ha detto – più che umoristiche... un po' esagerate, ecco.” “L'esagerazione è uno dei meccanismi della comicità: per scrivere il tuo libro divertente devi esagerare in qualche cosa, non credi? Mi sembri un tipo troppo tranquillo tu – senza offesa, s’intende.” “Non c’è problema, anzi: mi fa piacere essere considerata un tipo tranquillo”. Alla cassa, Arancini prende un libricino per lei: Un consiglio per ogni giorno dell’anno.

“Ti regalo questo, perché un regalo deve essere qualcosa di cui non si ha bisogno. E …fatti sentire: appena hai qualcosa di pronto lo voglio leggere.” Camilla apre una pagina a caso: Per chiarirti un dubbio, chiedi un parere. Il contrario della risposta è esattamente quello che pensi tu. “Credi veramente che un libro scritto da una esordiente possa interessare a qualcuno?” “… e perché no?”

22.

Da: [email protected] Oggetto: I: R: Lavoro per mantenermi a Milano

Tutto bene? Se fa troppo caldo per studiare vieni a casa. Sabato vengo a Milano perché accompagno Michele a prendere il volo per le Baleari con vostro papà. Ti abbraccio. mamma

Da: [email protected] Oggetto: R: I: R: Lavoro per mantenermi a Milano

Sì tutto bene, scusa se non telefono. E’ tutto tranquillo perciò studio meglio. Voglio recuperare il tempo perso. Questa volta la materia mi interessa. Sabato a che ora parte il volo? Tanti baci e un pizzicottino a Michele – forse a distanza non lo farà arrabbiare. Camy

Da: [email protected] Oggetto: R: R: I: R: Lavoro per mantenermi a Milano

Il volo parte alle sette e mezza circa, perciò saremo a Malpensa alle sei.

Da: [email protected] Oggetto: R: I: R: Lavoro per mantenermi a Milano

Posso arrivare con il Malpensa Express più o meno a quell’ora così almeno vi saluto. Alle sette devo andare. Ci sentiamo per telefono. Camy

23.

La bici è legata allo stesso palo, ma il parafango è stato sistemato. Forse anche la forcella ha ripreso la curvatura originaria. Quindi Camilla è in largo anticipo per andare da Nancy, e non le serve l’appunto che si è fatta dell’unico ciclista aperto in zona, a circa un chilometro di distanza, stando alle informazioni acquisite da internet. Le servirebbe invece il numero del modello della stampante, visto che ora è costretta ad entrare nel negozio, se non altro per ringraziare Davide. Ma questo pomeriggio non ha più stampato nulla perché dopo aver mangiato una vaschetta di gelato cercando di non pensare ad Arancini, si è immersa nello studio per l’esame Biografia, racconto di sé, autoritratto. Ha visto una quantità di autoritratti di vari autori ed essendosi riconosciuta pressocchè in tutti, per un motivo o per l’altro, ha pensato che infine ci sarebbe poca unità di stile nell’autoritratto che può fare di sé. Quindi ha pensato di rinunciare a scrivere il libro: infine il suo obiettivo è di fare la guida turistica, anche se Debora dice che si guadagna pochissimo. Peraltro, uno scrittore di autobiografie che non riesce a pubblicarle guadagna meno di pochissimo – quelli che guadagnano sono gli autori di autobiografie che sono già ricchi e famosi, perché riescono a pubblicarle, ma il più delle volte non le scrivono loro. Perciò poi si è messa a cercare su internet i più famosi autoritratti, da Rubens a Van Gogh, e ha deciso che un bel tour da proporre sarebbe nelle Fiandre e in Olanda, visto che i pittori di quella zona si facevano volentieri l’autoritratto. Ci sono ad esempio dei bei giri da fare in bicicletta. A quel punto ha completamente dimenticato la cartuccia e le è venuto in mente che la bici non era nel cortile, bensì legata ad un palo sulla strada per la villa dei Minnelli, e quindi lei avrebbe dovuto uscire ben più presto di casa per essere puntuale alle otto da Nancy. Ora che deve solamente ringraziare Davide, le spiace non potergli dire il modello della stampante: sembra proprio che prenda molto alla leggera quello che lui le ha suggerito. Camilla gira nel reparto deserto e non lo vede. C’è un altro assistente giovane, magro e occhialuto, intento a are un lettore di codici sulle etichette, che non pare affatto disponibile ad aiutarla. Lei cerca di chiedere:

“Scusa …?” ma lui la scansa dicendo: “Prego, non c’è problema”. Biip … biip … biip … fa il lettore, come quelli della cassa al supermercato. L’assistente si limita a fissare l’aggeggio, forse controllando i dati ma senza prendere nota di nulla. Camilla vorrebbe vedere la reazione dell’apparecchio – e soprattutto dell’operatore – se si scontrassero con un codice a barre completamente estraneo. Ad esempio, l’etichetta sul libro per l’esame di settembre, quello che lei sta tenendo sotto al braccio perché nello zainetto sono già stipati due panini, una bottiglietta di aranciata, una saponetta, lo spazzolino da denti e il dentifricio, la spazzola, il trucco (anche se domani mattina non deve vedere nessuno), una salvietta (perché non ha voglia di asciugarsi con la carta igienica come ha fatto oggi dopo essersi lavata con la sola acqua fredda nel bagno totalmente sguarnito a casa di Nancy). Comunque l’obiettivo di Camilla è ringraziare chi le ha sistemato la bici, e può dedicare solo il tempo che avrebbe impiegato a portarla dal ciclista. Si apposta al termine del corridoio in cui l’assistente di negozio sta camminando imperterrito al ritmo dei biip, finché si scontra letteralmente contro di lei. L’aggeggio ignora il codice a barre del libro. L’operatore bofonchia: “Oops, attenzione!”, e fa dietro front per procedere agli scaffali sull’altro lato della corsia. “Scusa … sto cercando Davide …” . “Vuvvuvvu Davide punto it, il filtro per internet? Secondo corridoio a sinistra, sotto al cartello Software.” Il lettore lampeggia in modo sinistro, ed il ragazzo, aggiustandosi gli occhiali, riprende il giro sull’altro lato del corridoio. Biip … biip … biip … continua l’apparecchio, ad un volume inversamente proporzionale alla distanza. Non resta che prendere la bicicletta e ricordarsi, domani mattina, di telefonare, con anche i riferimenti della stampante. Camilla controlla se ha ancora il biglietto con il numero di telefono. Fruga nello zainetto, controlla le tasche esterne … e trova il famoso pezzetto di carta dove aveva scritto il numero di modello HP. Biip … biip … biip … echeggia nel corridoio. Camilla raggiunge la cassa del reparto, recupera anche una penna e scrive sul retro del foglietto: A Davide:GRAZIE!

P.F. gira x printer [stampante, NdA] e poi non ci sta altro. Lo incastra sotto allo spigolo del registratore di cassa, sperando che il collega di Davide continui ad ignorare la clientela e non venda nulla per tutta la sera. Comunque, un misero appunto senza codice a barre non gli dovrebbe interessare.

24.

“Camy? Stefania.” “Ciao, sorellona, dove sei?” “Noi siamo ancora a casa, partiamo settimana prossima. Tu, piuttosto! Mi ha detto mamma che stai a Milano tutto agosto: sei impazzita?” “Ssì … cioè … sì: sto a Milano. Mi dispiace di avere cambiato facoltà e perso tempo così. Cerco di recuperare. E cerco anche lavoro per contribuire alle spese”. “Lo cerchi in agosto a Milano? Non fare il papà: sembra una presa in giro.” “Sai .. forse non è più come una volta … la città non è deserta …” si difende debolmente Camilla, come ha sempre fatto papà con mamma, in effetti. Inciampa in una lattina vuota che rotola sonoramente giù dal marciapiede e si ferma sotto ad una macchina posteggiata nella via, all’altezza del palo deve la bicicletta è ancora legata. I tre gatti schizzano via miagolando. “Sì, lo sento che c’è rumore di sottofondo … ma dove sei?” “Adesso sono per la strada. Ma sono sola, posso parlare.” “Perché non vai con papà e Michele alle Baleari? Hanno preso un Low Cost, mamma te lo pagherebbe.” “Mah … è il periodo di vacanza stabilito per Michele e papà, io ormai sono fuori dalla questione.” “Sì, ma sai come andrà a finire … se ci sei tu la mamma è più tranquilla anche per Michele. Papà non può dimenticarselo in autogrill solo perché alle Baleari ci si va in aereo.” “Ora però Michele ha diciassette anni: non ha l’età di farsi dimenticare in

autogrill, no?” “No, ma ha l’età di farsi dimenticare volentieri. In posti peggiori dell’autogrill.” L’orologio segna pericolosamente le otto meno dieci. “Ci penserò. Parlerò con mamma. Grazie. Comunque non ci saranno problemi, vedrai”. Stefania é la più severa nei riguardi del padre. Più severa anche della mamma, che continua a chiamarlo papà oppure vostro papà con i figli, e per Camilla questo è molto meglio di vostro padre. Stefania combatte contro la minaccia che le cose si ripetano, come dice lei stessa, perciò per non ripetere l’esperienza di mamma si innamora di tipi noiosissimi, esattamente il contrario di papà. Dopodiché prima o poi si stufa ed esplode, e loro dicono in giro che lei è balzana. A quel punto Stefania lotta contro l’incubo di essere, tra i figli, quella che ha preso certi geni dal padre: la balorda, la delinquente, la sbagliata. Da qualche mese vive con uno psicologo, che potrebbe diventare ricco perché fa deprimere solo a vederlo, quindi non dovrebbe fare fatica a trovare clienti. Ed è anche bravo, perché dopo un paio di sedute i pazienti acquistano abbastanza forza d’animo per darsela a gambe. Perciò Stefania dice che tutti ormai prendono psico-farmaci e sbagliano terribilmente, mentre Michele dice che ha sbagliato quello lì a fare lo psicologo invece di fare lo psichiatra, e mamma dice che ha sbagliato Stefania a mettersi con uno così negato a far quattrini. E se papà fosse un tipo attento ai suoi figli, di certo la sua opinione sarebbe che è sbagliato dare tanta importanza ai soldi, ma papà – si sa - non ne dice una giusta: lo sa persino lui ed è per questo che preferisce stare zitto, però Camilla pensa che quando sta zitto sbaglia. Ora Camilla si chiede se non ha sbagliato ad impegnarsi a Milano per tutto agosto … d’altra parte quando si parla al telefono con Stefania è normale che da qualche parte salti fuori un errore.

25.

Quando Camilla arriva alla villa, suona al citofono perché questa volta il cancello sembra chiuso. Nessuno risponde: Juanita deve essere già andata. Sono le otto e zero uno, in effetti. Camilla prova lo stesso ad impugnare la grossa maniglia di ottone, e questa cede. Fa qualche o nel viale, trascinando la bici, e spera che Nancy si ricordi di lei senza bisogno di un’altra presentazione da parte di Juanita. Anche il portoncino di ingresso non è stato chiuso, e infatti le chiavi sono all’interno, come un memorandum per Camilla affinché dia quattro giri sopra e sotto e metta il mazzo al sicuro. Questi semplici movimenti le danno l’impressione di essere di casa e le tolgono un poco la paura che affiora dal profondo, dove ha sepolto le immagini più spaventose di Psycho. La poltrona del salotto che volta lo schienale all’andito, con i capelli di Nancy che emergono da sopra ed un filo di fumo dal fianco, però, è sufficiente per farla rabbrividire. Il telefono incomincia a squillare proprio in quel momento, e Camilla si chiede se sia meglio aspettare che vada la Signora Minnelli o rispondere lei, visto che non pare che Nancy senta il trillo. C’è però una luce rossa in alto sulla parete che lampeggia vistosamente. “Chi è, Andrea?” “No, sono … Camilla. Buona sera, Nancy. Sta suonando il telefono”. Anche la suoneria di Camilla parte a tutto volume, visto che la tiene al massimo perché emerga dal fondo dello zainetto e copra il rumore del traffico, in caso qualcuno la chiami mentre lei è in giro in bicicletta. “Ah sì? Non è la radio?” Al suo cellulare Camilla risponde senz’altro: oltre tutto, l’altro telefono ha smesso.

“Pronto!” “Camilla? Dove si trova?” “Buona sera, Ilaria, sono a casa vostra.” “La chiamo sul fisso, allora. Risponda, per favore.” Intanto Nancy si è appostata vicino all’apparecchio, e risponde prontamente al primo squillo. “Ilaria! Dove sei? …. Chi? …Camilla? Qui non c’è nessuna Camilla. … Aspetta… ah, sì, c’è una ragazza, deve essere un’amica di Andrea. … Dici che Andrea è con te? Ah sì? … allora … sì, sì, te la o subito. Ciao.” Camilla prende il ricevitore. “E’ lei? A posto, allora. Si ricordi di chiudere bene tutto e mettere l’allarme. Non cammini al piano terra di notte perché ci sono i sensori. Stia attenta che neppure mia madre scenda al piano terra, altrimenti la sirena suona e la guardia di sicurezza viene avvisata automaticamente. Poi sono costi per noi, se la guardia deve uscire a vuoto. Non dia retta a mia madre se le racconta storie sul ato: non ci faccia caso. E poi vorrei sperare nella sua riservatezza.” “Sì, no, assolutamente.” “Brava. Buona serata e buona notte.” Nancy si è seduta di nuovo sulla poltrona e spegne la sigaretta su un posacenere con il fondo morbido, adagiato come un mini-pouf sul bracciolo della poltrona. Poi guarda l’ora sul suo oroo d’oro da polso. “Sai dirmi le ore, cara? Ho paura che si sia fermato…” “Le otto e cinque.” “Ah sì? Allora funziona ancora bene. Certe volte mi dimentico di caricarlo. Chiederò ad Andrea di ricordarmelo, stasera, prima di andare a letto. … E tu chi sei, un’amica di Andrea?”

“No, in realtà ho conosciuto sua figlia Ilaria a fine luglio e mi ha chiesto di venire qui …” . “Ah, allora non conosci Andrea? Peccato… e così mi farai un po’ di compagnia. Come ti chiami, ancora?” “Camilla. Sono una studentessa”. “Anche Gaia studiava … era bravissima. Avrà finito l’università? Avrà un lavoro adatto a lei? Non so più niente. Ilaria non aveva voglia di studiare, ma ha sempre fatto quello che voleva. Quello che voleva al momento, poi non so …ma ora sono ate le otto: hai già mangiato qualcosa?” “Sì, certo, mi organizzo sempre prima di venire qua …” ed è quasi vero, nel senso che Camilla si è scordata le ciabatte di spugna, ma non gli sfilatini al prosciutto. “Non incominciare anche tu a non mangiare, mi raccomando” dice Nancy alzandosi dalla sedia e guardando affettuosamente la ragazza che ha davanti, che in questo caso è Camilla. La quale risponde subito: “Non c’è pericolo, io non ho mai fame … cioè: non mi faccio venire la fame … voglio dire: prima che mi venga troppa fame mangio, ecco. ” Intanto spera che dallo stomaco non echeggino brontolii traditori. I due panini e l’aranciata li sgranocchierà con calma quando la signora Minnelli sarà a dormire. Per fortuna Nancy probabilmente è un po’ dura d’orecchio e fino alle dieci gli eventuali gorgogli dovrebbero restare ad un livello di volume abbastanza modesto. “Tu che sei una studentessa, saresti capace di fare una ricerca di persona?” Questa frase Camilla l’ha già sentita. Come anche le altre, del resto. E’ solo il secondo giorno che viene, ma i ritornelli dell’anziana signora la fanno sentire come se fosse in questa casa da molto più tempo e la conoscesse nei dettagli. Invece, in verità, i mobili coperti dai teli ed i quadri spettrali alle prime ombre della sera le incutono quel vago senso di terrore che emana dall’ignoto. “Cercare una persona su internet?” questa volta sa persino la risposta giusta. “Brava. L’ho già chiesto ad Andrea … secondo me Ilaria l’ha bloccato. Si

chiama Gaia. Gaia Minnelli.” “Come Sua fff…” oops, che osservazione imbecille. Meglio camuffarla in uno starnuto, che è facilissimo da inscenare, vista la fame. E meno male che Nancy o non sente o finge di non capire. “Vieni, saliamo nella stanza di Andrea. Lì c’è il computer.”

26.

La camera di Andrea è ordinatissima, come Camilla non si aspetterebbe minimente da uno studente di Filosofia. Ma lei - come le fanno notare a turno Roberta e Debora - è rimasta troppo indietro, troppo tradizionale, ha studiato in una piccola città, eccetera. Insomma, non è aggiornata con i moderni studenti di Filosofia di Milano. In effetti, quando era a scuola, Camilla per filosofia ha studiato solo Platone che è abbastanza indietro con i tempi, però tutti dicono che è attuale, universale, tradizionale. Insomma: una base vera e propria, ed anche la mentalità di provincia è alla base di tutti i paesi più moderni, come ha letto da qualche parte, che non era un libro di storia o filosofia, bensì un una pagina di attualità. E a Camilla è rimasta questa base perché - anche se il programma di filosofia intanto proseguiva - la professoressa è cambiata e lei si è offerta volontaria per essere interrogata di nuovo su Platone. E l’anno dopo con un professore nuovo si è offerta per aiutare i compagni che avevano i debiti formativi e così ha fatto insieme a loro una ricerca su Platone. L’ultimo anno, infine, c’era quasi sempre un supplente che non riusciva a tenere la disciplina in classe e durante filosofia tutti studiavano fisica per l’ora dopo. Quindi affrontando la filosofia in modo così approfondito – visto che Platone rimane uno che ha detto praticamente tutto quello che si poteva dire – non c’è bisogno di avere tanti libri in giro: ne basta qualcuno su Platone. Forse quei pochi libri sono nascosti dietro alle ante laccate di rosso, anche nella stanza di Andrea. “Dopo gli chiediamo il permesso di usare il computer: ce lo darà sicuramente. E’ tanto caro. Tu sei capace di accenderlo?” Si siedono fianco a fianco alla lucida scrivania di vetro satinato. Camilla pensa alla cattedra di truciolato e formica, un po’ sbeccata sugli spigoli, della sua aula scolastica. Che trauma, se Andrea dovesse fare il supplente di filosofia come primo lavoro. Però potrebbe portarsi un i-pad e mentre i ragazzi studiano fisica lui potrebbe scrivere su un suo blog. Deve averlo già: appena il computer si avvia, alcuni messaggi segnalano dei nuovi post.

Camilla digita: Gaia Minnelli. E Nancy esulta, perché il motore di ricerca trova subito due pagine con questo nome. Camilla clicca per andare sulla prima delle due. Non è Gaia Minnelli che cercavi? E’ la frase che appare scritta sotto la foto di un paesaggio pieno di fiori, con un grazioso cottage sullo sfondo. “Che cosa vuol dire? Che cosa abbiamo trovato?” chiede Nancy. “Non lo so, dobbiamo registrarci nel social network, che è una specie di gruppo di amici on-line … cioè … un gruppo di amici che si corrispondono via internet, insomma… e vedere. Mi sembra di capire che Andrea è registrato: possiamo accedere come se fossimo lui, ma di certo poi se ne accorgerà”. Nonostante gli sforzi di Camilla per rendere comprensibile il linguaggio informatico, Nancy ha reso vitreo e perso-nel-vuoto il suo sguardo sin dalle sue prime parole. O forse si è semplicemente addentrata nel labirinto dei ricordi ed ha staccato la connessione col presente.

27.

“Gaia ha incominciato a non mangiare qui in Italia. Mio marito è mancato che eravamo ancora in Canada, e lei aveva dodici anni. Si direbbe: quello è stato uno shock, giusto? Invece no, ha superato il dolore, ci eravamo strette insieme, Ilaria, lei, io. E dal punto di vista economico non ha sentito una grossa differenza perché siamo riuscite a gestire bene tutto, siamo state aiutate … poi per i soldi non ha mai avuto il pallino, al contrario di Ilaria. Ha incominciato a non mangiare che aveva quindici anni, e non si è mai risolto il problema.” “Vi siete trasferite dall’America all’Italia? Be’ anche quello è uno shock … voglio dire: non per parlare male dell’Italia … o bene del Canada … cioè: lo shock é il fatto di trasferirsi …” “Giusto. Così mi hanno detto in tanti. Medici, psicologi … Non sai che cosa voglia dire essere la mamma di una ragazza con disturbi dell’alimentazione. Ormai il manuale è stato scritto e riscritto, lo sanno tutti a memoria: madre ansiosa …. madre troppo presente … madre virago … madre che ha trasmesso la fobia del sesso … madre ricca …” “Be’ … ricca può essere anche la famiglia in generale, non solo la madre. E comunque ho avuto amiche con disturbi alimentari che non erano ricche. E alla loro mamma il sesso piaceva … voglio dire … non che lo sapessi per esperienza diretta … e poi … non voglio fare nessuna allusione, mi perdoni …” “Ti capisco bene, sei un libro aperto, non hai bisogno di scusarti con me. Sei una cara persona, tu … peccato che non conosci Andrea …” OK, mi ha identificato, pensa Camilla. Ma di questo Andrea già non ne può più. Meglio cambiare subito discorso: “Perché adesso dobbiamo cercare Gaia? Le è successo qualcosa? Voglio dire … qualcos’altro … insomma: è la stessa persona, di cui stiamo parlando, no?”

Nancy sembra completamente lucida ed efficiente, ora: “Ti devo fare un riassunto di quello che è successo, così ti può servire per cercarla. Ad un certo punto mi hanno consigliato di farla uscire da casa: aveva ventidue anni, dopotutto era anche una decisione ragionevole. L’idea però era che Gaia aveva troppe paure, in particolare paura del sesso, che io ero abituata a chiamare amore, veramente, e … stando per conto suo si sarebbe sentita più libera, avrebbe potuto elaborare … che in italiano non so che cosa voglia dire … a me sembrava troppo fragile per andare a stare da sola, ma ovviamente in questi casi la madre non può mettere il becco, e Ilaria preferiva che Gaia se ne andasse, così – a parte le spese per l’appartamento – la sua malattia avrebbe smesso di succhiare soldi”. “Però!” scappa a Camilla. Segue una pausa imbarazzante. “Però … cosa?” “Però … però … - accidenti, in questo caso il famoso libro aperto non ha funzionato, ma meglio così, forse – però … ecco: non è detto che sia colpa della paura del sesso … voglio dire: pure io ho paura del... no, veramente io ho paura di quello che viene dopo ... ma non per questo mi é venuta l'anoressia.” Nancy la osserva con molta attenzione, come se fosse una mappa di Tuttocittà per una via ancora più difficile da trovare di Via Albissola. “Di che cosa hai paura, esattamente?” “Non lo so, ma il risultato é – come per Sua figlia - che al momento non voglio mettermi con nessuno ... non ho voglia di ripetere quel copione scontato ... quando vedo due tutti entusiasti che camminano tenendosi per mano ... un ragazzo che respira i capelli di lei appena dietro l'orecchio e le dà un bacino quasi di nascosto ... non riesco a trattenermi dall'immaginare quale delle tante parti reciterà al momento di mollarla... anzi: se avrà bisogno di recitare una parte o se lei avrà già pronto il prossimo a cui solleticare le spalle appena sotto lo scollo della t-shirt come sta facendo a lui ... e sono già stufa prima ancora di iniziare, persino prima di incontrare qualcuno, che in effetti non ho ancora mai incontrato”.

“Ma … mia cara, se la pensi così non lo incontrerai mai.” “Tanto meglio. Una volta ne parlavo con mia sorella Stefania e le ricordavo il ritornello che ripeteva mia madre per non comperarci un cane: Poi quando muore vi dispiace troppo ... e Stefania mi ha risposto: OK, ma si può vivere senza un cane, mentre a un certo punto non ce la fai più a vivere da sola senza qualcuno ...” “Vedi? ...e tua sorella ha trovato qualcuno?” “Sì ... cioè: lei ne ha trovati tanti... uno alla volta, naturalmente, almeno: credo. A Sua figlia, poi, che cosa é successo?” “Anche lei, una volta uscita di casa, ne ha trovato uno ... o é lui che ha trovato lei ... perché lei non penso che avesse veramente deciso: si é lasciata prendere, mentre lui credo mirasse ai suoi soldi. Ai nostri soldi. E non era neppure uno per cui valesse la pena.” Camilla vorrebbe capire se non valeva la pena di spendere dei soldi o di innamorasi o chissà che altro, ma non le pare una domanda da fare. “E si sono sposati?” “Lei é rimasta incinta e lui si é fatto avanti. E poi …” qui Nancy si blocca, sposta la sua mente da qualche altra parte. E poi riprende: “ Ma tu sei un’amica di Andrea?” “No, in realtà … sono arrivata qui perché …” “Già. Sì, ora ricordo. Tu mi aiuterai di più di Andrea, perché tu mi dici delle cose interessanti. Non mi aiuterai solo per cercarla, ma anche per altre indagini. Come ti chiami, ancora?” “Camilla. Sì, vorrei aiutarLa, anche se la mia esperienza è piuttosto scarsa … Una mia compagna di classe aveva una specie di mania un po’ come l’anoressia, però lei voleva più che altro essere magra. Cercavo di farle smettere le diete pazzesche che faceva e quindi la tentavo, ma a fin di bene … e all’intervallo andavo a mangiare la merenda di fronte a lei: copiavo la pubblicità della mozzarella e davo morsi voluttuosi alla mia crostatina, la quale però si sbriciolava e in effetti la scena diventava abbastanza disgustosa. Insomma: non

sono riuscita. E poi leccavo il gelato con golosissimi giri di lingua, di nuovo prendendo l’idea dagli spot, ma se adesso Lei mi dice che l’anoressia è un rifiuto del … voglio dire: non é servito a molto. La mia amica era solo contenta di rifilarmi i tramezzini che sua madre le metteva nello zaino.” “E poi é guarita?” “Non so: lei si é iscritta a Medicina perché vuole fare il chirurgo plastico, io invece a Veterinaria perché era il periodo che pensavo che gli animali fossero meglio degli uomini. E speravo che le sarebbe ata la mania di dimagrire, perché alla fine avrebbe scoperto che si fa prima a tagliare via qualche pezzo che a consumarlo con diete e workout estenuanti, per i quali, se farà carriera, non avrà più neppure il tempo.” “E poi?” “Poi lei è ancora lì che studia, del resto è molto brava a studiare, io invece la primavera scorsa, che era appunto quella del primo anno, ho visto che le specie degli animali sono proprio troppe da imparare. Pur essendo tante mi annoiavano da morire, mentre l'umanità – anche se dal punto di vista scientifico è una sola specie – è più variata. Fa un sacco di cose divertenti. Ne ha fatte una marea anche in ato, infatti, oltre ai fossili, ne ha lasciata di roba da far vedere ai turisti …” “E stai ancora studiando Veterinaria?” “No, ora sono iscritta a Storia delle arti, della musica e dello spettacolo. Avevo ato anche quel test di ingresso … ma anche se riuscissi bene, non diventerei mai un’artista. Sono più una ricercatrice … però il massimo per me sarebbe fare la guida turistica.” “Allora sarai capace di trovare Gaia.” Camilla parlando di merende e gelati si è ricordata all’improvviso del fatto che non ha ancora dato neppure un morso alla sua cena, e che i suoi sfilatini stanno probabilmente entrando nella fase di trasformazione da croccante pane caldo a gommosa mollica ricoperta di crosta spacca-denti. Quindi cerca di tagliare corto: “Ci proverò: dove è scomparsa?”

“Non si sa. Ilaria voleva … prima sperava che Gaia perdesse il bambino: visto che era in quelle condizioni, la cosa sembrava anche probabile. Lì abbiamo incominciato ad andare apertamente in disaccordo. Come si fa a sperare …? Infine Gaia deve aver preso una decisione … e il padre del bambino ha accusato me di averla convinta … invece io sono stata esclusa. Completamente esclusa. Ilaria non ha più voluto che io avessi rapporti con Gaia.” “Quanto tempo è ato?” “Anni. Anni e anni. Quando sei giovane, anni sembra un periodo lunghissimo, durante il quale puoi fare tutto quello che vuoi. Invece non è così. Stai ferma per un po’ perché non vuoi muoverti, stai ferma un altro po’ perché non puoi … e intanto …” Nancy sospira, non prosegue. Camilla capisce che tocca a lei continuare: “Gaia non ha mai cercato di …?” “Gaia è andata via e non si è più fatta trovare. Secondo me Ilaria sa dov’è. Ma non vuole che io abbia contatti perché ha paura che spenda dei soldi per lei. A proposito: se trovi Gaia ti compenserò. Ti ha pagato, Ilaria?” “Nno, penso che mi pagherà quando ritorna … vedo che in effetti controlla se sono presente … oppure ha dato incarico a Juanita?” “Vedrai che troverà il modo di non pagarti. Stai attenta …”

28.

Nancy è andata a dormire, Camilla ha divorato i sandwich e con un tocco alla tastiera si è liberata dello screensaver, ritornando ai risultati della ricerca su Google. C’era un secondo sito da esplorare … ma poi risulta che numero di telefono, e-mail, tutto! di Gaia Minnelli non sono riportati. In compenso, sono comparsi altri avvisi di nuovi post, e Camilla senza farlo apposta si ritrova nella pagina più recente di un forum iniziato evidentemente da Andrea.

Autore Nikki Il probl è che qndo si fa una rivoluzione si trascina la gente a fare qlcosa: la ns Autore Panocchio @ Nikki: non chiamiamola rivoluzione, allora. Cmq a me pare che le rivoluzio Autore Scettico BiancoSì, ma poi qlli che guidavano la rivoluzione erano qlli che ql qlcosa volevano Autore Andro nell’antro Chi ti dice che non finiremo per farlo? Autore Scettico BiancoSe è così esco dal gruppo, raga. Non avevamo detto nelle regole: OK REALIS

Camilla vorrebbe andare indietro per trovare i post scritti dal famoso Andrea. Solo per curiosità, non per altro. Poi si metterà a studiare: non le sarà difficile, questa sera, perché non ha sonno. Andro nell’antro potrebbe essere uno che si chiama Andrea, in effetti. Ma deve essere un amico. Finalmente Camilla ricostruisce che i post corrispondenti all’utente di questo PC sono quelli dell’autore Andrx, che ha dato inizio alla discussione:

Autore Andrx Ci hanno presentato i conflitti storici fra categorie di persone: poveri e ricchi, giovani e Infatti prima erano nella classe degli oppressi: questi sono persone che vengono sfrutta Infatti prima devo terminare un altro mio studio, che ha l’obiettivo di individuare la ris L’amore ha un modo di riprodursi diverso dalle energie fisiche, la misurazione dell’am Ci potrebbe essere il collegamento con una ricerca sull’evoluzione: prima nell’universo I miei due studi sono collegati, perciò, raga, vi chiederei se potete continuare voi l’inda

Camilla si chiede se Andrea non abbia studiato troppa fisica anche lui durante le ore di filosofia al liceo. Ed incomincia a prendere sul serio l’unica teoria che lei stessa abbia mai formulato - cioè che le persone troppo ordinate sono pericolose, anche se è una tesi che lei ha sempre citato per scherzo, un po’ perché l’ha elaborata insieme a papà, un po’ perché di persone troppo ordinate non ne ha mai incontrate (persino il PC di Andrea ha una quantità di documenti salvati sul desktop fuori dalle cartelle), e neanche di persone pericolose, a pensarci bene.

29.

“Pronto, Debora?” “Ciao, Camy! Tutto a posto?” “Ssì, nno … c’è una cosa che dovevo già dirti …” “Hai invitato qualcuno che ha allagato di nuovo la doccia?” “No, quello no, per fortuna.” “Menomale, mi ero già messa comoda sulla sdraio per svenire senza cadere. E a te? Non ti é successo niente di brutto, vero? Lì sola in città … che idea assurda, però, che hai avuto.” “Nno, a me non è successo niente. Solo che … sai quella camicetta che hai lasciato appesa alla porta del bagno?” “Io? Una camicetta? Perché, ha creato problemi?” “No, sono io che ho creato un problema alla camicia .. nel senso che stavo iniettando l’inchiostro nella cartuccia della stampante con il kit e l’ho macchiata.” “A.” “E anche le calze … c’erano anche delle calze …” “O, ma sai che non ricordo che camicetta è ? Comunque non credo che uscirò ancora con Massimo, che ci teneva tanto al look. Insomma, non credo che sia un grosso problema”. “Ho pensato che potrei tingerla tutta di nero, così la puoi recuperare: mi spiace, davvero, che si sia rovinata”.

“Perché, adesso di che colore è?” “Inizialmente era rosa pallido, ma è schizzata di nero, appunto.” “Di pari o con la mia storia. Un segno. Ah! Ho capito qual era. Accidenti, ci tenevo abbastanza. Comunque non ci pensare, OK? Sì, la tintura … una camicetta tutta nera non ce l’ho, e poi sono ingrassata un po’ e mi starebbe bene, potrebbe essere un’idea.”

30.

Il profilo delle montagne sfuma senza troppo contrasto contro il cielo: le grandi vetrate creano una barriera invisibile tra l’interno dell’aeroporto, dove il clima è refrigerato dall’aria condizionata, e l’esterno dominato dalla foschia. Il panorama quindi risulta un po’ irreale. L’appuntamento con mamma e Michele è alla Cafferia, ma Camilla ha il tempo di girellare per l’aeroporto perché è arrivata un po’ in anticipo. E’ letteralmente fuggita di casa dopo essersi accorta di avere tinto di nero, oltre alla camicetta di Debora, anche le tendine delle finestre, che Debora aveva pensato di lavare prima di partire e poi aveva dimenticato nella macchina, spiaccicate contro le pareti del cestello. In effetti Camilla si era chiesta dove fossero sparite le tendine, ma poi non ci aveva più pensato. E questo pomeriggio, quando ha deciso di rischiare l’avventura della tintura, ha aperto lo sportello della lavatrice tenendo in una mano la camicetta gocciolante, in quanto le istruzioni raccomandavano di bagnare il capo prima di introdurlo nella lavatrice, e nell’altra il telefonino dal quale stava parlando con Michele. Quindi ha chiuso in fretta il portellone della lavatrice senza guardare. Ora si sta chiedendo all’improvviso se dalle tende - che ha appeso ancora bagnate alle finestre - non scenderà una pioggerella inquinata di nero sul vecchio pavimento di parquet poroso, dove il trattamento impermeabilizzante è un lontano ricordo. La camicetta è appesa alla doccia, quindi lì non c’è pericolo. Le è parsa un po’ più piccina, però: forse si è ristretta, mentre pare che Debora sia ingrassata …. E’ immersa in questi tragici pensieri quando vede Arancini proprio di fianco a sé: sembra che si stia divertendo ad aspettare che lei si accorga della sua presenza, e intanto finge di guardare anche lui il panorama che sicuramente ha sempre ignorato, attraversando in fretta l’aeroporto. Un rapido sguardo all’orologio dice a Camilla che – tra l’altro – dovrebbe

muoversi per andare al luogo del’appuntamento. Quindi è meglio salutare e cercare di sbrigarsela in fretta. “Ciao … sembra che l’aeroporto sia l’unico posto a Milano dove incontrare qualcuno!” cerca di scherzare. “Che fai, parti?” chiede lui. “No, sono qui per salutare mio fratello che va al mare. … Tu?” “Ero qui ad accompagnare mio figlio e Rose-lyn: lei torna a casa e così fa il viaggio insieme a lui, che va per un mese in un Campus in Inghilterra. Hanno già imbarcato i eggeri.” Pausa. Una di quelle pause che rendono imbarazzante dire: “Bene, allora alla prossima” o qualcosa del genere. Il che si rende particolarmente urgente perché Camilla intravede mamma e Michele che si avvicinano. “So che cosa stai pensando: che padre degenere, non a col figlio neanche il periodo di vacanza cui ha diritto.” Aiuto, qui si apre una discorso di quelli che non si possono liquidare in due parole. “No … non l’ho pensato, in effetti.” Forse ce l’ ha fatta in sette parole. Si accorge di essere stata vista già da Michele; da mamma non ancora, per fortuna. Sente il solito odioso calore che le sale dallo scollo della maglietta, e nota che Arancini si sta divertendo ancora di più, convinto di avere provocato quell’imbarazzo con le sue insinuazioni. “Ti devo salutare, vedo mio fratello e abbiamo poco tempo per stare insieme”. “Chi, tu e lui o noi due?” ride. “Domani vado a Lugano per vedere una location dove faremo la presentazione di un film. Vuoi venire con me?” “Io … sì, ma devo essere a Milano per le sette”. “Benissimo. Partiamo alle due. Ti vengo a prendere … dove?”

Michele e mamma le stanno indicando l’area del caffè, come dire: Noi siamo lì. “Alle due … siccome mi trovo a pranzo con una mia amica al Fredy Bar, in zona Bicocca, potremmo trovarci lì.” Sperando che il Fredy Bar sia aperto in agosto, altrimenti Arancini capirà che il pranzo fuori è un’invenzione di Camilla per non dirgli dove abita. “Il locale è in una traversa, ma possiamo trovarci in Viale Sarca”. Così il rischio della figuraccia si riduce. “Viale Sarca … è un po’ lungo. A che altezza?” Michele da lontano fa il segno delle forbici a Camilla. “All’altezza di Via Emanueli. Dove a …” “Bene, lo metto nel tomtom. Incrocio Viale Sarca-Via Emanueli. Ciao”. Le prende con delicatezza la spalla sinistra e la saluta con uno, poi due, poi tre baci alternati sulle guance. “In Svizzera i baci sono tre. Poi si dice che gli Svizzeri sono poco furbi …” Camilla cerca di ignorare Michele che cammina in avanti voltato indietro ghignando, per farle capire che la sta guardando e quindi farle dispetto. Gli augura di andare a sbattere contro qualche turista di dimensioni gigantesche che attraversa l’aeroporto a tutta velocità trascinando un trolley pesantissimo. Infine è poi mamma che trascina Michele dandogli uno strattone per farlo smettere.

31.

Quando, alle sette meno cinque, Camilla ha preso il Malpensa Express per Milano, papà non era ancora comparso all’aeroporto. Aveva lui i biglietti, perciò Michele non poteva neppure iniziare a fare il check-in. Camilla avrebbe voluto vedere suo padre almeno due minuti, perché nonostante tutto quello che tutti hanno sempre detto contro di lui, secondo lei papà è un tipo che mette di buon umore solo a vederlo. Dopo ti fa arrabbiare, ma la prima impressione è sempre un’ondata di gioia. Forse perché lei è sua figlia, ma infine anche per mamma deve essere stato così. E probabilmente lo sarebbe ancora, perché mamma sembra ricacciare indietro questa ondata di gioia con un molo altissimo pietre, e ogni pietra è qualcosa che si deve fare: si deve fare questo per i ragazzi, si deve fare quello per la casa, eccetera. Camilla invece fa come un surfista, o più modestamente come uno che nuota cercando di non affogare. O uno che sta sul mare con un materassino gonfiabile, meglio ancora. Quindi ha smesso di aspettarsi qualcosa di duraturo da papà, ma vederlo poco e spesso è la soluzione migliore. Forse anche lui preferisce così: è come uno che ha scatto nella corsa ma non ha resistenza. Però questa volta Camilla non poteva proprio fermarsi ad aspettarlo. E poi era andata per mamma e Michele, forse a papà sarebbe anche sembrato strano vederla lì. Ora controlla l’orologio: sette e mezza. Vorrebbe chiedere a mamma se infine lui è arrivato e ce l’hanno fatta a prendere il volo ma non vuole sentirsi dire da sua madre su tutte le furie che papà anche questa volta ha fatto uno dei suoi memorabili bidoni. Infine papà di bidoni non ne ha fatti così tanti, che Camilla ricordi. Diciamo che fa stare un po’ in ansia, ma alla fine le promesse importanti le mantiene. Questa con mamma sarebbe una gaffe, perché se pensiamo al matrimonio come ad una promessa… ma Camilla intende altre promesse abbastanza importanti. Promesse di contenuto … logistico, insomma. All’improvviso Camilla ricorda che anche lei aveva promesso a quel Davide di comperare la cartuccia: monta in fretta sulla bici che lasciato legata ad un palo alla stazione. Se si sbriga, riuscirà a fare un

salto al mega-store sulla strada per Villa Minnelli. Agosto è il mese dei lavori sulle strade della città: anche davanti al negozio, sul marciapiede, è stato scavato un solco che scopre le tubature, forse dell’acqua. La solita macchina parcheggiata, almeno, si è messa sulla strada, e Camilla al di là dei finestrini aperti a metà non intravede nessun occupante. Tuttavia, per prudenza, lega la bicicletta dietro l’angolo, per evitare che venga riconosciuta da quel tipo che si chiama Oscar. Un vento violento preannuncia un temporale, e Camilla entra in fretta, visto che il tempo per evitare la pioggia sarà probabilmente poco. Davide è alla cassa, sembra che stia giocherellando con un aggeggio che lampeggia come il lettore di codici a barre del collega ma è un po’ più voluminoso e forse anche pesante, con una forma a disco che ricorda una base spaziale dei cartoni animati. “E’ pericoloso? “ chiede Camilla, indicando l’oggetto. “Dipende … se sei un taccheggiatore sì”. Risponde lui, evidentemente fiero dell’oggetto. “Ah, è una specie di anti-furto?” “Sì, questo è un prototipo. L’ho progettato con mio fratello: lui si laurea in ingegneria fra poco, io studio chimica. Abbiamo anche degli amici che ci hanno aiutato a realizzarlo. Sto cercando di convincere il gestore di questo negozio a sperimentarlo. Basta stampare i codici a barre su delle etichette costituite da un piccolo specchio, di materiale assolutamente economico. Questo lettore rileva i codici che non sono stati smagnetizzati. Fin qui, niente di nuovo.E’ un apparecchio da mettere all’uscita del negozio, come quelli che normalmente fanno suonare gli allarmi. La novità è che, invece di far suonare l’allarme, libera un magnete speciale, che sta bloccato al suo interno. Il magnete, costituito da una qualità nuova di neodimio, viene calamitato dagli specchi con una forza enormemente superiore al suo peso: quindi appena lo si lascia andare si fionda sull’oggetto rubato, appiccicandosi saldamente allo specchietto. Il magnete in posizione di stand-by è coperto da uno schermo, che viene rimosso dal comando.” “Però! … è ingegnoso! Ma se per caso una persona ha uno specchietto nella borsa? Ad esempio come questo che ho io nella scatolina del fard. Non c’è

pericolo che il magnete si fiondi su quello?” “In teoria il pulsante che sgancia il magnete si attiva in due modi: o manualmente, o perché lo comanda il sensore, e il sensore deve avere intercettato il codice per dare il comando. L’unico difetto che non ho ancora corretto è che certe volte il magnete non si sgancia, però siccome lo schermo viene rimosso, il risultato è che tutto il dispositivo si fionda contro lo specchio. Ora che ci penso, hai ragione: potrebbe anche succedere che il magnete si diriga sull’oggetto sbagliato. Già … non l’avevo previsto. Ti chiedo troppo se facciamo una prova? Ho anche i campioni delle etichette. Prendi questa, che non è smagnetizzata.” Camilla fissa l’ordigno, ipnotizzata e affascinata. La città vuota in agosto, popolata da pochi tipi strambi, le ricorda un film sui pionieri del Far West, mentre il mostruoso oggetto che tiene in mano è più da fantascienza, in effetti. Si reca all’uscita, oltre la quale vede sollevarsi la polvere e persino un po’ di ghiaia dalla strada, perché il vento soffia forte. E c’è anche un orologio pubblico che segna le otto meno cinque. Davide si apposta ai lati della porta automatica, che si apre. Camilla fa un o … e un tonfo secco la fa sobbalzare. Subito dopo sente una specie di mano di ferro sullo zaino. Qualcosa di pesante è caduto dall’alto, dritto sulla tubazione scoperta, dalla quale si innalza in diverse direzioni un violento zampillo di acqua piuttosto maleodorante, che raggiunge sia le vetrine del negozio, sia i finestrini semi-abbassati della macchina. Ma quella cosa pesante non può essere il prototipo, primo perché è caduta dall’esterno del palazzo, secondo perché il disco tutto intero è appunto quella mano di ferro che si è appiccicata allo zainetto di Camilla, e non è ancora chiaro da che cosa sia stato attratto. La portiera della macchina si apre di botto. Oscar esce minaccioso peggio del temporale, mentre affiora dall’altra parte il capo della donna scarmigliata. I tre gatti schizzano via da sotto l’automobile e anche Camilla schizza via per raggiungere la bici dietro l’angolo e scappare. Arriva al suo lavoro alle otto e zero due, con la chiamata di Ilaria che fa suonare già il cellulare a tutto volume e l’aggeggio infernale ancora appiccicato allo zainetto. Camilla immerge la mano nel sacco per estrarne il telefonino, che come al solito

è scivolato in fondo. La sua mano ne esce coperta da una strana cipria iridescente: non è solo il fard, ma persino lo specchietto, che si è praticamente polverizzato, mentre l’etichetta di specchio è saldamente aderente alla stoffa dall’interno, in corrispondenza del prototipo all’esterno. “Pronto!” “Camilla, mi a mia madre?” Peccato che i cellulari non possano essere messi in attesa, come i centralini dei call-center. Camilla corre su per le scale finché trova Nancy in camera di Andrea, davanti al computer . La signora Minnelli prende l’apparecchio e fa cenno a Camilla di uscire. La raggiunge poco dopo nel corridoio: “Andrea si è accorto che qualcuno accede al suo PC. Ma gli ho detto di non preoccuparsi, che sono io. Gli ho chiesto il permesso. Al momento me l’ha dato, ma non vorrei che poi trovasse il modo di non farci più vedere nulla”. “Se è per cercare Gaia, lo posso fare anche da casa, dal mio PC.” “L’ho visto subito che sei una cara ragazza. A proposito: ho detto a Ilaria che voglio iniziare a pagarti, quindi ti darò il compenso settimana per settimana. Lei stranamente non si è opposta: si vede che stando in vacanza si rilassa un po’. Tra qualche giorno ricordami di darti 150 euro.”

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“Pronto … Davide?” “Sì … sei tu? Tutto bene?” “Sì, sono io … cioè: se intendi me, che ti ho chiesto la cartuccia della stampante ... e che ho ancora il tuo .. antifurto … sullo zaino… sono io.” “Ti sei spaventata? Mi dispiace.” “Non è stato il tuo … disco volante a fare il guaio. Tu hai capito che cosa è successo?” “E’ stata una coincidenza incredibile: un vaso di fiori è caduto dal balcone dell’ultimo piano e ha sfondato le tubazioni su cui stanno facendo i lavori.” Camilla non vuole che Nancy la senta, perciò si contorce in silenzio dalle risate. “Pronto? Tutto bene?” “Ssì …” altra pausa per riprendersi “ sto ridendo”. “Dicono che le ragazze ridono in modo diverso, ma giuro che questo modo qui non l’avevo ancora sentito.” “Non si deve sentire, in effetti. Ma ora come faccio a restituirti la tua invenzione? Siete aperti anche la domenica?” “No, stiamo aperti il sabato fino alle otto perché poi - almeno la domenica - si chiude. Tu … dove sei adesso?” “Purtroppo adesso sono … anch’io ho un lavoro estivo, quindi non posso muovermi. E’ un problema se te la riporto lunedì? A proposito: dovresti insegnarmi come si fa a disattivare la calamita”.

“C’è un pulsante sotto la base del disco: quello aziona lo schermo. Quando il dispositivo è in stand-by, basta che sfiori appena il pulsante e la protezione viene rimossa. Ora che vuoi far ritornare lo schermo sul magnete, tieni premuto un po’: si dovrebbe azionare lo schermo che va a ricoprire la pallina di neodimio.” “Giusto. Lo sto facendo in tempo reale. Funziona! L’ho messo nella tasca esterna, così resta pulito.” “Pulito ? … OK. Grazie. OK. E … l’altro specchio ha interferito?” “Già. L’altro specchio … in realtà si è polverizzato.” “Davvero? Questo non l’avevo previsto”. “Se riesco a non vuotare il sacco, lunedì te lo faccio vedere”. “Vuotare il sacco? E con chi?” “Con nessuno. Con chi lo dovrei vuotare?” “Non so … hai detto: se riesco a non vuotare il sacco….” “Sì, intendevo dire: lascio lo zainetto così com’è e non tolgo nulla.” “Chiaro. Non avevo capito. Be’ … buona serata … non-so-come-ti-chiami”. “Camilla. A scuola mi dicevano: Camilla, Camomilla… sogni d’oro!” “Sogni d’oro? … Be’, è carino. Sembra il nome di una principessa di Shreck ultima edizione. Voglio dire … non ti sarai offesa, spero.” “Quando ero piccola o adesso?” “Nessuna delle due, chiaro. Ma soprattutto non questa volta, voglio dire … buona notte ... nel senso: buona notte, Camilla”. “Buona notte, Davide.”

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Camilla ha telefonato dalla stanza di Andrea, perché quella di Eva, a lei destinata, è troppo vicina a quella della signora Minnelli e le pareti sono piuttosto sottili, a giudicare da come Camilla la sente russare. Lo schermo del PC sembra spento, ma c’è una piccola luce che lampeggia: Nancy lo stava utilizzando quando Camilla è arrivata, poi ha parlato al telefono con Ilaria e Andrea, infine è andata a letto e l’ha dimenticato . Camilla pensa che probabilmente questa sarà l’ultima volta che vi potrà accedere, perché - una volta chiusa questa sessione - il computer chiederà una , mentre sinora è stato senza protezione. E’ curiosa di vedere se ci sono stati altri post sul blog di Andrea. Non che il discorso le sembri sensato, ma visto che questo è il mese degli aspiranti geni si vuole divertire un po’. E poi non riuscirà sicuramente a dormire perché avrà fame per tutta la notte: all’aeroporto ha mangiato solo un toast e un cappuccino e nello zaino non ha niente di scorta. Cioè: ci sarebbero due brioche che ha comperato in più, ma di certo la polvere di vetro misto a fard le ha letteralmente glassate penetrando dalle pieghe del tovagliolino.

Autore Ghighi Non so come proporre una rivoluzione, però posso raccontarvi come abbiamo Autore Andro nell’antro La rabbia è giusta, se restassimo imibili come statue di terracotta vorrebbe Autore Skatenata Pienamente d’accordo con Ghighi per la prima parte, e ancora di più con Andr Autore Scettico BiancoPerò come dice Andrx quelli che vogliono sfruttare le emozioni degli altri non Autore

Andro nell’antro @ Scettico Bianco: … e la regola REALISMO SÌ, MA SOPRATTUTTO IDE Autore Skatenata E poi le rivoluzioni esistono. Riescono. Autore Scettico Bianco Andro lasciami dire un’ultima cosa: le rivoluzioni IN PEGGIO riescono. Fate Autore Andro nell’antro I rivoluzionari dicono: LA NOSTRA È UNA RIVOLUZIONE IN MEGLIO! E Autore Andrx La nostra però sarà anche una rivoluzione scientifica: per esempio, Copernico Autore Emily Non è facile distinguere chi sfrutta da chi è sfruttato. Ci sono persone che stan

Autore Condor @ Emily: centro! Vorrei chiedere ad Andrx se non gli è mai capitato di approfittarsi di Autore Andrx @ Condor: per evitare l’effetto ping-pong nella discussione di tutti, ti risponderò via e

E’ quasi un comando automatico quello che dà Camilla per aprire la posta elettronica di Andrea. Andrà solo sulla pagina dei messaggi inviati, unicamente perché è curiosa di capire come se l’è cavata Andrx con il suo amico del blog. Leggerà esclusivamente quello. Dopotutto il blog è pubblico, e una risposta solo per evitare l’effetto ping-pong è praticamente quasi pubblica. Il problema sarà capire quale indirizzo corrisponda a Condor, soprannome che potrebbe valere solo per quel forum. Camilla percorre con lo sguardo la griglia dei messaggi inviati oggi, in particolare la colonna dei destinatari. Condor sembrerebbe maschile, quindi: no [email protected], che è l’università … poi si va troppo indietro con la data. Magari si ha qualche indizio nella colonna Oggetto … ma non tutti i messaggi l’hanno indicato, come quello all’indirizzo strano olandese… …l’indirizzo strano olandese!

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Da: [email protected] Oggetto:

Cara zia, noi siamo in vacanza, la nonna è rimasta a casa in città. Mi sono accorto che ha il mio PC, perciò non vorrei che avesse letto anche la posta. Cercherò di mettere una all’utente da remoto, ma non so se riesco. In più, se ha già visto che siamo in contatto per me è un problema serio. Le ho sempre detto che non sono riuscito a trovarti e che ho mandato e-mail in giro un po’ a caso.

Approfitto dell’incidente (sul serio, non è una palla) per darti questa idea: non potresti scriverle una lettera e mandarla via posta cartacea? La mamma tanto non la vedrà mai perché sta con noi al mare tutto il mese.

Non ti arrabbiare, però vorrei che mi ascoltassi questa volta. Non dico altro perché la libertà delle persone per me è sacra. A proposito, mi devo correggere: se ti vuoi arrabbiare è tuo diritto farlo.

Andrea

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“Pronto, Fra?” “Camy, che tesoro sei, a chiamarmi” “Com’è, lì?” “Insomma … il posto è bello, il mangiare è punitivo da morire, stasera ho rinunciato alla cena, ma pazienza.” “Consolati perché siamo in due: anch’io ho saltato la cena” “Tu almeno non l’avrai pagata, spero.” “No, in effetti ho pagato solo due euro e quaranta per due brioche che poi sono diventate immangiabili …” “Si vede che non avevano conservanti. Come la roba di qui, che infatti è immangiabile.” “E la gente com’è?” “Fanno un mucchio di discorsi, io che non volevo sentire parole …” “Magari nel mucchio c’è qualcosa di interessante …” “Proverò a togliere un po’ di crusca dai loro bla-bla, vediamo che cosa resta.” “A Milano non c’è quasi nessuno, ma i pochi che incontro sono tutti aspiranti scienziati e filosofi.” “Anche per questo allora siamo in due.” “Avevo pensato di fare l’aspirante scrittrice ma poi ho deciso che non conosco abbastanza i significati delle parole. Come una pasticcera che non è pratica di

creme e marmellate. Meglio lasciar perdere.” “Ma in che lingua volevi scrivere?” “In italiano. Però ad esempio stavo facendo una tabella per capire chi è meglio aiutare in un gruppo di persone. In orizzontale ho messo i nomi: Nancy, Gaia, Ilaria, Andrea. In verticale ho messo: libertà. Ad esempio: libertà di non farsi trovare, eccetera. Per ogni libertà la persona corrispondente ha un punto. Poi, sotto le libertà, volevo mettere: diritti. Per esempio: diritto di arrabbiarsi, eccetera. Anche qui: un punto per diritto ad ogni concorrente. E mi sono fermata perché ripetevo le stesse cose due volte: libertà di cercare propria figlia, diritto di cercare propria figlia. Allora ho guardato il dizionario dei sinonimi on-line e per la parola diritto c’erano diversi sinonimi, ma libertà non c’era, e cercando libertà c’erano un mucchio di parole, come dici tu, ma diritto non c’era. Tu che fai traduzioni forse ne sai di più”. “Sei peggio di questa gente che sta in vacanza qui. Ma a che cosa ti serve tutta questa disquisizione?” “A rispondere a un tizio che se la prenderà sicuramente con me perché ho cercato delle informazioni nella sua posta elettronica personale…” “Ti sei presa una bella libertà, infatti! E che cosa hai cercato?” “Come aiutare sua nonna, una mamma che vuole ritrovare la figlia dopo tanti anni, che poi è sua zia, ma la sorella non vuole”. “Che cos’è, un indovinello?” “Hai ragione, Fra. Gira e rigira, non ci si azzecca. Comunque preferisco libertà a diritti. Anche se certe volte sono la stessa cosa.” “In inglese, diritto si dice right e libertà freedom. Right vuol dire anche giusto e vuol dire anche destro. Freedom vuol dire solo libertà. Non so se ti può aiutare.” “Sì, infatti quello che voglio fare mi sembra giusto. La madre di quel tizio invece è un tipo un po’ sinistro.” “La mamma che cerca la figlia?”

“No, la figlia della mamma.” “… Camy, perché non vieni a raggiungermi all’agriturismo? Seriamente. Ti distrai un po’, in due ci possiamo divertire … ”

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La macchina coupé di Arancini arriva a velocità ridotta, nonostante Viale Sarca sia più vuoto di un’autostrada la notte di Natale. Camilla la riconosce da lontano anche se non l’ha mai vista prima. E quando si avvicina, con il tetto scoperchiato ed i gonfi sedili color panna bene in mostra, Camilla spera che non incontrerà nessuno che la possa riconoscere, a bordo di quell’auto. Ma Roberta, che è stata in Svizzera per imparare l’arte di ricostruire le unghie col gel, una volta ha detto che gli italiani che si incontrano per caso a Lugano fanno finta di non vedersi sperando di non essere visti a loro volta. Se è così, anche se Camilla incontrasse qualcuno per caso, la situazione diventerebbe meno imbarazzante. Già sulla tangenziale, poi, Arancini raggiunge i centotrenta chilometri orari ed aziona il comando per chiudere il tetto. L’automobile scivola silenziosa: mentre la lancetta del tachimetro scende sempre più a destra, Camilla non può fare a meno di pensare a tutte le volte che è stata curiosa di sapere chi sta all’interno delle macchine che sfrecciano a oltre centoquaranta e di cui lei, dalla carreggiata centrale, riesce a cogliere a malapena la sagoma del baule, anche perché il vetro del finestrino trema appena superati i centodieci. “Vuoi sentire un po’ di musica?” “Se la vuoi tu, va bene, ma se è per me, non ci tengo.” “Mi fa piacere. Preferisco che parliamo un po’. Dimmi qualcosa di te. O vuoi lasciarmi la sorpresa per quando leggerò il tuo diario-romanzo?” “Purtroppo non sto andando avanti col libro. Sto cercando di dedicare più tempo allo studio”. “Però sei venuta ugualmente, oggi. Non sai che cosa significa per me.” Camilla cerca di distrarsi osservando il paesaggio fuori dal finestrino, ma i cartelli che fuggono all’indietro come schegge la spaventano. Deve ritornare a

guardare Carlo, ma l’atmosfera è troppo calda e densa. Si aggrappa al disco volante di Davide, al di là della stoffa leggera dello zainetto. Con quel ragazzo tutto è stato assurdo, ma anche divertente. Con questo … uomo, tutto sembra irreale, ma … disturba. Toglie serenità. “Dimmi che cosa vuoi fare oggi. Che cosa ti piace?” “Dobbiamo vedere una location, no? Già questo mi piace. Ora sto preparando un esame sulla biografia, ma la facoltà è comprende tutta la storia dello spettacolo, ci saranno esami sul cinema, penso, e sicuramente l’esperienza di oggi mi servirà.” Arancini accende la radio. O forse è un CD, perché non è possibile che lui sia così fortunato da trovare una canzone dei Queen dal principio, mentre a Camilla, quando accende la radio, capita sempre o la pubblicità o il telegiornale o qualche DJ che ripete battute sceme e ridacchia per far are i minuti. Non può essere pura fortuna, forse è davvero tutto calcolato, visto che tra una galleria e l’altra, come un sogno improvviso, appare e scompare il panorama sul lago di Como, una scena mozzafiato con le montagne grigio-azzurre sullo sfondo e quelle più vicine che paiono delle quinte di teatro, perché il loro profilo è scosceso ed i loro colori più brillanti. Veloci come stelle cadenti, tra le chiome scure degli alberi spiccano i particolari di ville antiche che aspettano un intervento conservativo con una certa urgenza, accanto ad altre che l’hanno già avuto e si fanno ammirare come splendide signore nel pieno della giovinezza, perché alle ville non succede mai che interventi di quel tipo non riescano. Camilla pensa a quello che scrive Andrx sul suo blog: ci sono persone che sfruttano le emozioni delle loro prede … ma forse è rimasto un po’ indietro. Ormai i ritmi sono più veloci: quelli che vengono stimolati sono istinti che vanno più in fretta. Altrimenti, nel tempo che un’emozione impiega ad affiorare, arriva un altro sfruttatore e … zac! soffia la preda al primo, sfruttando qualche moto più istantaneo. Per esempio, in questo momento in lei viene sollecitato qualcosa di più tangibile delle emozioni. C’è un buon profumo nell’auto, che da quando il tetto è stato chiuso ha pervaso tutto l’abitacolo, nonostante il condizionamento dell’aria. Un profumo che emana dalla camicia di Carlo, di cui lei all’inizio ha pensato che era un po’ troppo da ex-playboy, di colore gessato blu, ma ora incomincia a piacerle, anche per quel profumo. Viene voglia, in effetti, di sentire la consistenza della stoffa, insieme all’odore, più da vicino. Per

fortuna c’è la dogana, e Camilla deve immergere il naso nello zaino per cercare la carta di identità. L’ex-fragranza delle brioche mista all’ex-profumo del fard sparso all’interno del sacco la richiamano ad un sano realismo. Ma i doganieri sono più concentrati ad esaminare le gomme dell’automobile che le persone e i loro documenti – o forse stanno memorizzando il numero di targa, chissà. Fatto sta che Camilla può risparmiarsi la figuraccia di estrarre il documento in una nuvola di polvere iridescente. “Fortuna che non hanno i cani” dice Arancini. “E tu non mi hai ancora detto che cosa desideri. Coraggio.” Camilla incomincia a desiderare di non essere venuta, ma questo non può starci nelle regole della conversazione. Oppure desidera che al primo semaforo, una volta usciti dall’autostrada, un vaso di fiori cada su un tubo scoperto, ma in Svizzera, come ha letto sulla copertina del libro Helvetia, Padania, Insubria:modelli transalpini e cisalpini, ci sono regole precise per qualsiasi cosa e, contrariamente a quello che sembrerebbe dalle cartoline, non si possono mettere vasi di fiori sui davanzali, per non parlare dei lavori sui marciapiedi che vengono implementati nel massimo rispetto ecologico e della normativa sulla sicurezza. E non ci sono gatti randagi. E non c’è Davide che venga fuori ad aiutarla contro Oscar imboscato nell’automobile. Perché nessuno si imbosca nelle automobili, vanno tutti in albergo. “Vuoi vedere un albergo veramente raffinato? E’ talmente esclusivo che pochissimi sanno che esiste.” “E’ la location per la presentazione del film?” “Aaargh! Mi viene voglia di morderti.” Camilla se ne era già accorta.

37.

All’uscita dall’autosilo, Arancini mette nella mano di Camilla il biglietto del parcheggio e le chiede di attenderlo un attimo. Una dozzina di persone stanno aspettando il loro turno davanti alla cassa automatica, e Camilla nota che le donne sono in media ben più alte e slanciate che a Milano. A meno di cento chilometri di distanza, in un Paese straniero in cui peraltro si parla italiano, pare incredibile che l’aspetto della gente sia già così diverso, pensa Camilla. Ma, avvicinandosi, sente parlare una varietà di lingue da cui sono escluse comunque quelle della Confederazione Elvetica. Se è così, anche a Taormina o Capri la fila per il parcheggio sarebbe fatta da persone come queste, però forse a lì non starebbero in fila ma verrebbero prese d’assalto da guardiani di parcheggi più o meno autorizzati. Sono quasi tutte biondissime, ma può essere che per questo ci sia stato un piccolo aiuto del parrucchiere, visto che il colore olivastro della loro pelle é molto simile a quello degli stivali estivi a gamba larga che sembrano di gran moda qui a Lugano. Come a Milano, del resto, a giudicare dalle vetrine dei negozi chiusi per ferie, ma a in città non ci sono ragazze in giro perché la maggior parte è andata in posti di mare dove non si portano gli stivaloni di camoscio bensì gli infra-dito che Camilla sta indossando anche qui, sebbene non sia sicura che siano intonati con questa atmosfera chic. Il cielo che si intravede al di fuori è brillante, perché una brezza piacevole lo tiene assolutamente pulito da nuvole e foschia. Visto che Arancini non arriva ancora, Camilla si avvicina all’uscita, attraversando una piccola galleria di negozi, perché spera che da lì possa scorgere il lago, scintillante per il riflesso del sole. Dall’arcata fa capolino sulla strada e viene urtata da una ragazza di statura piuttosto colossale che sta camminando mollemente appoggiata ad un signore distinto in giacca e cravatta. L’urto fa scivolare il biglietto dalla mano di Camilla sin dentro l’intercapedine fra il bordo dello stivale e lo stinco lucido e sodo della ragazza, che ricorda la gamba di plastica della bambola Barbie quando Camilla, da bambina, l’ha avuta

in regalo con lo Happy Meal di McDonald’s. Siccome puzzava di fritto, l’ha subito lavata con la dose di olio e aceto per l’insalata di mamma: la bustina assomigliava proprio ad uno di quei campioncini di bagnoschiuma che mamma pescava dal cesto in farmacia mentre la dottoressa leggeva la ricetta del pediatra, e Camilla aveva concluso che in qualsiasi esercizio commerciale, vuoi di medicine o di hamburger, l’omaggio era una bustina di bagnoschiuma. In quegli anni l’olio da bagno non si usava: forse l’idea di riportarlo in voga l’ha avuta di recente un papà erborista che va da McDonald’s con i figli di nascosto dai clienti, con la scusa che piace ai bambini. Perciò mamma si era arrabbiata parecchio e le aveva detto che alla sua età avrebbe dovuto comunque saper riconoscere l’olio dal sapone, e Camilla si era messa a piangere perché aveva pensato che – indirettamente - anche la bambola era arrabbiata con lei. Ma ora questa bambolona si arrabbia con lei in via molto diretta, e Camilla non capisce una parola perché sembrerebbe che la sfuriata sia quasi tutta in lingua russa, con solo qualche parola in italiano qua e là perché il signore in giacca e cravatta le mormora timidamente: “Oksana, non prendertela così, ti aiuto io a togliere lo stivale”. Camilla è un po’ sulle spine e non capisce perché Arancini non sia ancora uscito dal bagno o dal posto dove si è cacciato. Finalmente lo scorge: sta uscendo dalla profumeria dell’arcata di negozi, con un pacchetto abbastanza voluminoso che ha tutta l’aria di contenere una bottiglia di acqua di Cologna. Oksana infine, che sembra aborrire l’idea che il signore svizzero le tolga lo stivale, si dirige verso la toilette dell’autosilo e si ritrova davanti Carlo. O forse è lui che si ritrova davanti lei. In ogni caso, Camilla non capisce perché all’improvviso non vede più né l’uno né l’altra, e ano ancora almeno cinque minuti prima che lui finalmente la raggiunga, con una certa fretta di andar via di lì. E chissà dove ha nascosto il pacchetto, visto che non ha una borsa e neppure una blusa munita di tasche. “Scusa, ti ho fatto aspettare … ho avuto un contrattempo”. “Anch’io ho avuto un problema: il biglietto del parcheggio è sc … caduto … l’ha preso … stavo aspettando la signora che me lo deve ridare: dovremmo

fermarci ancora un attimo qui.” “Scaduto? Non dovrebbe scadere … ma quale signora? Non c’è personale nel parcheggio, la cassa é automatica”. Il tipo distinto si fa avanti e dice: “ La signorina vuol dire che il vostro biglietto è scivolato per disgrazia nell’ … nell’abbigliamento di una signora, e appunto vorrebbe attendere che la signora ritorni. Eccola, sta uscendo in questo momento”. Camilla vede un’ombra nel vano delle toilette, che subito svanisce, come la pagina di un libro che ritorna indietro, sfogliata dal vento. “Andiamo: non importa, Camilla. Devo essere per tempo all’appuntamento con gli allestitori del palco. All’uscita troveremo il modo di risolvere il problema”. “Se avete fretta, consegnerò io il biglietto all’inserviente del parking – interviene il signore – c’è il pulsante chiedere assistenza sulla cassa e l’operatore arriva subito. Quando ritornate, chiamatelo e spiegategli che siete voi i titolari del biglietto”. L’attenzione di Camilla è attratta da uno sguardo che si sente bruciare addosso come un raggio perforante: sembra che provenga dall’uscita della toilette. Le pare che ci sia qualcuno che si affaccia e poi si nasconde. E sebbene Carlo la prenda per il gomito e la trascini via, fa a tempo a vedere con la coda dell’occhio che è proprio dalla porta dei servizi che viene scagliato con violenza un pesante oggetto: è il pacchetto della profumeria, che schiantandosi sul marciapiede appena dietro ai loro talloni schizza Opium Femme da tutte le parti. Arancini con un braccio protettivo quasi solleva da terra Camilla: “Ehi!” protesta. Ma subito si fa più dolce: “Ti sei fatta male?” “Nno grazie …” e coglie sul suo volto, così vicino che quasi lo sfiora, l’imbarazzo e la delusione per una giornata offerta da lui che sta buttando male. “Sto bene, è un pomeriggio splendido, qui. Cose così possono succedere, no? A me capitano sempre … ed è meglio un profumo che l’acqua delle fff … insomma: si vede che in Svizzera tutto avviene in modo più elegante.”

38.

“Non capisco perché hai rinunciato all’idea di scrivere. Credo che un libro scritto da te sarebbe interessante”. Sono quasi le sei e, persino in anticipo rispetto alla richiesta di Camilla, Arancini la sta riaccompagnando a Milano. Ha rinunciato a portarla nell’albergo veramente raffinato, le ha mostrato tutto quello per cui lei ha dimostrato interesse: in pratica le due ore sono volate. “Proverò di nuovo. Ti ringrazio per il complimento, comunque”. “Non è un complimento. Lo capisco da come osservi le cose. Ti guardo mentre osservi. E mentre ascolti. Ho incontrato poche persone che osservano e ascoltano come te. ” “Ma scrivere è tutta un’altra attività. E’ un’attività … attiva.” “E’ attivo anche il tuo modo di osservare ed ascoltare, Camilla. Te lo devo dire: mi fai sentire bene. Se non fossi stata presente, mi sarei lasciato prendere dalla rabbia, per esempio, quando il tecnico delle luci non voleva capire quello che gli chiedevo di fare. Sapessi che cosa mi succede quando mi lascio prendere dalla rabbia!” “Oggi per me era tutto una novità, per questo ero così curiosa. Mi ha anche meravigliato un allestimento così simile a quello per i concerti, per una manifestazione che pensavo molto formale”. “A dire il vero il film che presenteremo è abbastanza … sperimentale. Inizialmente ho pensato che mi piacerebbe avere il tuo parere sul film: avrei voluto invitarti, insomma. Ora non sono più così sicuro. Ci penserò. Manca ancora un po’ di tempo alla presentazione.” Sono quasi arrivati alla periferia della città quando Carlo decide di fermarsi a un distributore di benzina. Camilla si accorge all’improvviso che lui è piuttosto

pallido e stanco, come svuotato. “Scusa, mi sono dimenticato di fare il pieno in Svizzera: incredibile che cosa mi fai fare, anzi, che cosa mi fai non fare.” Sola nell’auto, Camilla guarda l’orologio: le sei. Forse ce la fa a are da casa e prendere il suo computer, che è un portatile, così a Villa Minnelli potrà continuare il lavoro riguardo a Gaia senza dover utilizzare il PC di Andrea. Anche se l’avventura che sino a questa mattina la entusiasmava ora le sembra una storia lontana e poco importante, come un ricordo sbiadito. E dovrebbe anche procurarsi qualcosa da mangiare, visto che Arancini le ha sì offerto un gelato fantastico, ma non abbastanza da costituire una cena, specialmente alle cinque del pomeriggio. Ma non ha il minimo appetito, è ancora troppo su di giri. Probabilmente quando si troverà sola nella stanza di Eva, con il monotono sottofondo del russare di Nancy, le verrà addosso tutta la fame di colpo. a qualche minuto ancora, e Camilla controlla il telefonino. C’è un messaggio di mamma: Noi tutto Ok e tu? Strano! Non l’ha visto questa mattina. Chissa se è di ieri o di oggi. Certe volte gli SMS arrivano con molto ritardo. Sta cercando le informazioni relative al messaggio, quando la portiera si apre bruscamente e rientra in macchina Arancini, perché di certo non può essere altri che lui, con la stessa camicia e gli stessi mocassini, in una stazione di servizio deserta alle sei di sera della prima domenica di agosto alle porte di Milano, dove si trovava fino a dieci minuti prima. Ma sembra diverso, stranamente euforico, e ride allegramente mentre chiede a Camilla: “Ne hai approfittato per telefonare al tuo fidanzato? Ha ha ha” “Nno, stavo cercando di … ricordare quello che devo fare prima di …” e si blocca: quasi per istinto, non le va di fargli sapere più nulla. “Ti porto a casa: guidami” dice lui, sornione, incurante della frase spezzata. Ma Camilla, che poco prima aveva deciso fra sé di fidarsi e farsi accompagnare sino al portone, d’impulso cambia programma:“Devo prendere le metropolitana, basta che mi lasci ad una stazione qualsiasi”. Non capisce che cosa ci sia di tanto divertente nella sua risposta. E’ piuttosto squallida, in realtà. Invece lui ride ancora. Guida con sicurezza ma

automaticamente, come su un percorso guidato. “Allora possiamo mettere la macchina al sicuro in un box che tengo da queste parti? Poi facciamo due i fino alla fermata”. Prima che abbia tempo dire sì o no, Camilla vede di fronte a sé una barriera apparsa dal nulla: è la saracinesca del box che sia apre, azionata dal telecomando: sembra la bocca del pescecane nelle illustrazioni di Pinocchio, ed il garage ingoia l’automobile con i suoi occupanti. Ora è Camilla che si sente spossata, ma un senso di allarme tiene in circolo la sua energia, come la corrente elettrica in un circuito, a livello minimo. Arancini scende, gira intorno all’auto e le apre la portiera: “Vieni, ti faccio vedere una cosa.” Camilla deve abituarsi alla penombra e batte le palpebre due o tre volte. Stringe sempre a sé lo zainetto, che le infonde sicurezza. Quando riesce a scorgere l’ambiente del garage, si accorge che i muri sono bene imbiancati e che una graziosa scaletta conduce evidentemente ad un piano superiore, o ad un soppalco. Carlo è già a metà della rampa e la invita a seguirlo. Camilla non può fare a meno di cercare con lo sguardo, prima di avventurarsi su per i gradini, se c’è un comando per aprire la saracinesca dall’interno. Un grosso pulsante rosso, posizionato sulla parete opposta alla scala, dovrebbe essere quello, rassicurante come il nasone di un clown. La voce di Arancini la chiama da sopra: sembra che per il momento non le resti che salire, per evitare incidenti diplomatici. C’è una botola, ovviamente, che in questo momento è scoperchiata. Perciò la prima cosa che Camilla riesce a vedere è il soffitto del soppalco, e viene presa dalle vertigini. Il soffitto è un enorme specchio, nel quale lei scorge parte della propria immagine e soprattutto Arancini, spaparanzato su un enorme tatami ricoperto da una conturbante pelle di zebra. “Ha ha ha” risuona nello spazio ristretto fra il suolo e lo specchio. Camilla si aggrappa con la mano al proprio zaino e la forma tonda del prototipo di Davide le trasmette la forza di cui ha bisogno per non cadere all’indietro. “Devo venirti a prendere?”

Camilla apre in fretta lo zaino, estrae il disco e sfiora il pulsante. Il disco parte come una saetta. Morde lo specchio come un mostro alieno e lo sgretola nei pochi istanti che seguono il secco suono metallico del contatto. “Che c…” la densa nuvola di polvere di vetro si espande come fumo nell’oscurità, simile a quelle che nelle riprese del telegiornale sovrastano bombe ed esplosioni. Poi un tonfo sordo: l’aggeggio è atterrato sulla zebra. Camilla non può abbandonarlo lì. A tentoni cerca di afferrarlo sul tatami, mentre allo stesso modo Carlo cerca di afferrare lei. Sembra che facciano a gara a pestare violenti accordi su un immaginario pianoforte costituito dalla pelle di zebra. Poi Camilla ricorda che nello zaino ha ancora l’etichetta-specchio, e la espone verso l’alto come un naufrago espone una bandiera, mentre incomincia a scendere le scale all’indietro. E il prototipo si fionda sul vetrino. “Camilla! Camilla, dove sei? Ti sei fatta male?” Camilla era bravissima a ping-pong quando si trattava di giocare al gioco del “giro”. La coupè non ha neppure gli spigoli che ha un tavolo da ping-pong, e Camilla fa presto a percorrere i tre lati che la separano dal bottone rosso. Per allentare la tensione pensa a Davide: potrebbe suggerirgli di inventare un tavolo con gli angoli smussati, il fantastico “campo da ping-pong giro”. Con un magnete-robot che fa da raccattapalle. Ma non ha tempo, adesso. Domani. Verrà il giorno di domani, finalmente! Un colpo al nasone da clown, giù sotto la saracinesca non appena uno spiraglio di apertura lo consente, e via di corsa per la strada in piena luce.

39.

Non ha la più pallida idea di dove sia la stazione della metropolitana più vicina. Le vie sono anonime e per lei assolutamente nuove. E non è da escludere che la metropolitana da queste parti non i neppure, e che Arancini le abbia dato un’informazione fasulla solo per ingannarla. Un autobus si avvicina velocemente: Camilla raggiunge di corsa la pensilina graffitata e dà uno sguardo al cartello con il percorso della linea e le coincidenze con altri mezzi pubblici. Scorge più di una rassicurante lettera M accanto al tracciato, anche se i nomi delle fermate le pare di averli sentiti nominare solo nelle notizie di cronaca nera. Salta sull’autobus, si siede vicino ad un finestrino in fondo, e a sorpresa scoppia a piangere. Dietro di lei, due ragazzi con larghe magliette e cappellini da baseball messi di sbieco parlano animatamente in una lingua asiatica. Meglio così: se anche sentono qualche singhiozzo dal sedile davanti, possono pensare che lei stia parlando al telefonino in un remoto dialetto. Camilla ha sempre ammirato sca perché conosce quattro lingue, ma oggi per la prima volta si accorge che essere poliglotti può essere più frustrante che scalare montagne: in cima alla parete di roccia scopri che ne inizia subito un'altra che dal basso non avevi notato. Camilla piange e l’autobus va, e per fortuna il capolinea è in corrispondenza di una fermata della metropolitana. Sono le sette e cinque. Meglio andare direttamente da Nancy: Camilla si sente così fragile che ha paura di non farcela ad arrivare alla villa se deve programmare altre tappe, per esempio a casa o al fast-food. E’ di fronte all’entrata alle otto meno venti. Questa sera il cancello è chiuso per davvero, e Camilla deve suonare. La telecamera la riprende, e poco dopo la signora Minnelli appare sul vialetto: “Che piacere, sei venuta un po’ prima! Hai avuto un pensiero gentile: Juanita infatti la domenica non viene e sono stata sola tutto il giorno.”

Le apre il cancellone e continua: “Ho cercato più volte di chiamare Andrea, ma non mi risponde. Strano! Sono riuscita invece a parlare con Ilaria, sia alle undici che alle tre: le ho chiesto di armi i ragazzi, ma Andrea non era mai lì quando telefonavo. E infine lei mi ha detto di usare Skype piuttosto che consumare il credito del cellulare.” “Avete Skype?” “Sì, ma come spesso avviene con le novità, all’inizio ero entusiasta, ora invece ho ripreso ad usare soprattutto il telefono. Non uso molto il computer, perciò per me è più immediato chiamare alla vecchia maniera.” Camilla ripete a mente più volte il compito per domani, a casa: cercare, se esiste, l’indirizzo Skype di Gaia. “Ma tu hai un faccino stanco: hai mangiato? Io non ho ancora guardato che cosa mi ha lasciato Juanita per stasera. In frigo, comunque, teniamo sempre qualcosa di scorta.” Infatti, un vassoio di affettato ricoperto di domopak occupa un intero ripiano. In basso è stato posizionato un melone già tagliato a spicchi e pulito dai semi. “Prosciutto e melone … Gaia lo mangiava volentieri. Una delle poche cose che le potevo sempre offrire. Ci sono stati momenti in cui prendeva solo una fettina trasparente di prosciutto e uno spicchio di melone sottile come una falce … ma non me l’ha mai rifiutato completamente. Scusami … ti parlo sempre di Gaia. Ma per quanto possa sembrare strano, non ho persone con cui poterla ricordare.” “Che cosa farebbe se … se riuscisse a sapere dov’è ora, per esempio se scoprisse che sta da qualche parte .. magari non troppo facile da raggiungere … come per esempio … all’estero: le scriverebbe? Le direbbe di venire a trovarla o cercherebbe di andare Lei da sua figlia?” “Se hai scoperto qualcosa, non fare tante giravolte: dimmi quello che sai”.

40.

“In effetti … mi è venuto un dubbio: quando abbiamo cercato Gaia e c’era la foto di quel paesaggio di campagna, mi è sembrato assolutamente fuori luogo e non ho proseguito la ricerca su quella pista. Ma ci vorrei provare, domani, e …” “Proviamo adesso, perché aspettare domani?” “Se Andrea ha messo la al suo computer …” “D’accordo, ma se non l’ha messa …” Nancy è già per le scale per il piano superiore. In effetti non l’ha messa. Camilla si chiede se abbia optato per cancellare i messaggi di posta con Gaia, ma in ogni caso non le interessa gran che: ora il suo problema è ben diverso. Come può reagire una madre anziana e con la mente non sempre lucida ad uno shock così grande, anche se positivo? E se poi Gaia rispondesse con il due di picche e lo shock fosse negativo? C’è chi si fa venire un infarto per molto meno. E chiamare un’ambulanza in una sera di agosto a Milano non è proprio il modo con cui Camilla vorrebbe concludere questa giornata già piuttosto movimentata. L’unico aspetto positivo sarebbe che per arrivare anche dall’ospedale più lontano della città l’ambulanza impiegherebbe pochissimo tempo, anche senza azionare la sirena. “Immaginavo che non l’avrebbe messa: se Ilaria desidera che io usi Skype, del resto, devono lasciarmi accendere questo PC.” Camilla esita un poco prima di sedere di fronte allo schermo, ma Nancy ha già ripercorso quanto fatto da Camilla la prima volta. Non è Gaia Minnelli che cercavi? “Ci eravamo fermate qui, perché hai detto che ci si doveva iscrivere a qualcosa … se c’è bisogno di pagare non ti spaventare. Ho la carta di credito in qualche cassetto, la devo solo cercare.”

Questo sarebbe un modo per guadagnare tempo, in effetti. Di certo la ricerca della carta di credito prenderebbe tutta la serata: addirittura la carta potrebbe non trovarsi mai. Camilla è proprio tentata di dirle che sì, bisogna versare una fantomatica quota on-line. Invece sente la sua propria voce dire: “No, non è necessario, tanto Andrea è registrato … e poi …” E poi vede le sue proprie dita volare sulla tastiera, come le gambe di due ballerine che sfuggono al suo comando, e scrivere nello spazio del motore di ricerca in alto sullo schermo: www.jorengaiakamers.nl Il cottage con i fiori è ancora più delizioso, nella foto ingrandita sullo schermo. Ma ora si vede bene che è un Bed and Breakfast a conduzione familiare. L’immagine si dissolve ed altri soggetti si alternano: sabbia liscia con una lamina d’acqua a specchio, prati verdi, turisti in bicicletta, i tavolini dell’area ristorante in pieno sole, i clienti soddisfatti ai tavoli, una giovane donna sorridente con un vassoio ricco di vivande, una signora di mezza età che apre la porta di ingresso, un uomo che versa il vino nei calici, l’interno di una camera doppia, la mansarda con una grande stanza per famiglie, dove il letto a castello per i bambini è a forma di nave dei pirati. La sequenza riprende da capo, mentre Camilla cerca inutilmente un link alla English Version e poi - un po’ meno inutilmente - di capire qualcosa del testo scritto in olandese.

Boek online! somiglia ad on-line booking [prenotare on-line, NdA], ed é bene che Camilla lo impari in più lingue possibili, se vorrà lavorare nel turismo. Dopotutto anche se lingue fossero mille, la frase è una sola.

“Ferma un po’ qui …” dice Nancy, ma le immagini scorrono, e a cliccarci sopra compare una piccola icona con il simbolo della sosta vietata.

“Aspetta un momento …”

Camilla tiene d’occhio il volto della signora. “Ci siamo: – rimugina – adesso le viene un colpo: ormai, la frittata è fatta.” La frittata … ha letto in una statistica che è il piatto più richiesto come ultimo desiderio prima di morire.

Invece Nancy è completamente viva, anche se ammutolita dietro gli occhiali appannati. Li toglie, e le lacrime scorrono libere sulle sue morbide guance stropicciate.

Per la prima volta, Camilla sente il ticchettio di un orologio o di una sveglia che evidentemente sta da qualche parte nella stanza di Andrea.

Tic … toc … tic … toc …

“Sono di adesso, queste foto?”

“Non so … saranno comunque recenti … possiamo provare a scrivere …” Camilla fa una buffa ginnastica con le narici, perché piangere due volte nella stessa giornata le sembra un po’ troppo. Anche se il motivo per la seconda occasione è l’opposto di quello per la prima.

“Partiamo al più presto. – ordina Nancy – Andiamo lì.”

41.

“Polizia” dice una voce dal pianerottolo, mentre tutto il piccolo appartamento sembra rimbombare di colpi. Camilla apre la porta: non quella di ingresso, bensì quella del bagno, il più caro rifugio per tutte le occasioni. Le arriva dritto sul naso un bottone proiettato dalla camicia tinta di nero di Debora, la quale sta praticamente esplodendo dall’indumento troppo stretto come il genio che emerge dalla lampada di Aladino in tutta grandezza, ma il volto è piuttosto quello di Hulk, molto più verde e meno sorridente, però almeno non ha la barba nera. Camilla fa un rapido dietro-front e si trova davanti al poliziotto, scortato da Juanita: deve avere sfondato la porta, perciò forse Camilla può ancora farcela a sgattaiolare via. Si abbassa di scatto e … finalmente apre gli occhi e si ritrova sullo scendiletto della stanza di Eva. Dal solaio della villa continuano provenire i colpi che Camilla ha sentito nel sogno. Che siano entrati dei ladri? Camilla per un istante lo spera: potrebbe essere il modo per evitare la partenza per Amsterdam. Intanto sulla casa è sceso di nuovo il silenzio. a qualche lunghissimo minuto. Poi un fruscio e dei i leggeri sulle scale. Camilla pensa che se tutti i capelli le stanno diventando bianchi potrà finalmente farsi anche lei una bella tinta biondo-platino, come le ragazze che ha visto a Lugano. Sarà più facile e non si vedrà la ricrescita. Pensa così per distrarsi, perché in realtà sta tremando dalla paura, soprattutto perché intravede nell’oscurità il riflesso della maniglia di ottone sulla sua porta che sta scendendo piano … piano … piano. L’unica possibilità è infilarsi sotto al letto, andando a sbattere contro dei contenitori di plastica su ruote. La porta si apre e Nancy, portando su un braccio una discreta montagna di golf e giacche impermeabili, si ferma attonita, guardandosi attorno. Sembra spaventata dal fatto di non vedere nessuna sagoma umana sul letto, ma

Camilla teme che lo sarebbe ancora di più se ne vedesse una emergere da sotto. “Camilla …” chiama timidamente la signora. “Sì, sono qui …” e strisciando avverte un oggetto piccolo, tondo e duro sul pavimento. Un bottone, probabilmente scollatosi dal vivace pannello appeso al muro in capo al letto, probabilmente un regalo di Juanita ad Eva, che rappresenta un famiglia in costume peruviano realizzata con simpatiche bamboline di stoffa in costume con tutti gli accessori, appiccicate ad un fondo di paglia intrecciata. “Che cosa stai facendo?” “Ecco… sto raccogliendo un bottone … che è caduto dal quadro, evidentemente … e mi ha svegliato, ma del resto è quasi ora di alzarsi se davvero vogliamo partire con il volo delle 7:55 da Linate. Infatti le lancette fosforescenti dell’orologio segnano le cinque e mezza. “Io non ho dormito neanche un po’: sono troppo agitata … allora mi sono ricordata di un baule in solaio dove Ilaria aveva riposto i suoi vestiti di quando era ragazza … non li ha voluti dare via direttamente perché pensava di venderli ad un negozio di roba di seconda mano, ma poi il prezzo che le avevano proposto era troppo basso e li ha scaraventati furiosa in quel vecchio baule di zinco in solaio, appunto. Ho fatto un po’ di fatica ad aprirlo, ma alla fine sono riuscita. Ho pensato che non hai neppure un ricambio per il viaggio, forse qualcosa di biancheria lo puoi prendere dai cassetti di Eva, ma per il resto non ha assolutamente la tua taglia. Ilaria, invece, aveva più o meno le tue misure, credo.” Camilla pensa che ora le misure di Ilaria sono almeno la metà delle sue. Ma ci deve essere un aiuto da parte del chirurgo plastico, in effetti. Incomincia ad immaginare come potrebbe essere la vera Ilaria, cosa che l’ha incuriosita sin dal primo momento che l’ha vista: ha sempre ha percepito che la sua figura esteriore era qualcosa di non corrispondente alla persona reale, quella che è stata registrata nei geni da qualche parte, e per fortuna l’ingegneria genetica non ha ancora fatto i i da gigante che ha fatto invece la chirurgia plastica. Ma anche se li fe, Camilla rimane convinta che la persona reale rimarrebbe comunque registrata da qualche parte, se non altro in mente Dei. E per sentirsi più a suo

agio in presenza di Ilaria le sarebbe utile immaginare come lei è veramente, e scavalcare con la mente quello strano corpo inguainato nei jeans a sigaretta e nella camicia stretch, con un sederino piccolo piccolo e due palloncini tondi al posto del seno, neppure carini come quelli delle donnine nelle vignette di Peynet. Ma Peynet usava i palloncini gonfiabili da bambini nelle sue vignette, teneri e graziosi, non fatti di silicone indurito. “Spero che a Ilaria non dia fastidio che usi delle cose sue …” tergiversa Camilla. La sua stessa osservazione, però, le sembra subito assolutamente stupida. A Ilaria darà un enorme fastidio tutto quello che sta per accadere. A Juanita si dovrà chiedere di stare zitta, e non è detto che acconsentirà. Tra l’altro, glielo si chiederà per iscritto su un foglio lasciato sul tavolo della cucina, e non si saprà la sua reazione perché alle nove sia Nancy che Camilla saranno in volo e non le potranno telefonare. Proveranno appena atterrate, a distanza di venti minuti dall’arrivo di Juanita a Villa Minnelli, ma in quei venti minuti Juanita potrà avere già avvisato Ilaria e mobilitato servizi segreti ed Interpol. “Più che altro: Eva non è tanto gelosa delle sue cose?” “Gliene regaleremo altre anche più belle, non ti preoccupare.” In effetti Nancy non ha avuto nessun problema a trovare la carta di credito ieri sera. Camilla ha messo in azione le sue capacità di tour operator cercando i primi voli prenotabili per l’Olanda, ma non credeva che ne avrebbe trovato uno alle 7:55 della mattina dopo. Era convinta che a distanza di 12 ore i voli risultano chiusi anche se i posti sono esauriti. Anche perché voleva avere il tempo di considerare un po’ tutti i rischi di quel viaggio. Camilla sa quali medicine deve darle la sera ma potrebbero esserci altre terapie durante il giorno, di cui lei è completamente all’oscuro. Ilaria potrebbe denunciarla per sequestro di persona, circonvenzione d’incapace … anche se Nancy da ieri sera non pare per nulla incapace: a Camilla ricorda quei personaggi dalla doppia personalità come Amleto o la Primula Rossa … o più semplicemente si finge svampita per difendere la sua libertà, come fanno i bambini che i grandi si ostinano a chiamare cari angioletti anche se l’automobile è esplosa perché qualcuno ha provato a cuocere la torta nel cofano del motore invece che nel forno a gas. Ed esattamente come fanno i bambini, ha preso la decisione senza esitare: il

programma non le è parso affatto difficile da realizzare, per ogni difficoltà pratica ha trovato allegramente la soluzione. “Per andare a Linate? Si prenota un taxi. Gianmaria, il padre di Stefano e Andrea, chiamava la segretaria e il taxi era qui dopo dieci minuti. Oppure glielo prenotavano per qualsiasi ora del giorno e della notte. Da Amsterdam alla Frisia? Ci saranno dei treni, se è un posto per turisti. Le valigie? Basta cercare in cantina o in solaio, di certo non se le sono portate via tutte. E infine … non voglio più aspettare. Alla mia età, non si può dire con tanta disinvoltura: Tra un mese … o persino: Tra una settimana … : domani mattina va benissimo.”

42.

Il taxi scivola silenzioso verso l’aeroporto, Nancy si è addormentata di colpo subito dopo essere entrata nella comoda Multipla, forse provata dalla fatica di fare i bagagli, ricordare documenti, cellulare, caricatore, medicine … e poi scrivere il messaggio per Juanita, controllare le finestre e chiudere bene la porta. Una fatica condivisa con Camilla, che - a proposito di ricaricare la batteria – non ha il cavetto con sé e deve per lo meno avvisare mamma e Debora, perché non pensino che sia stata rapita se non potrà rispondere i prossimi giorni. Non propriamente rapita, in effetti. Comunque non rapita con certi rischi, a meno che nel Cottage di Gaia non succedano strane cose, ma dall’aspetto non pareva: non c’erano neppure i box, ma solo un parcheggio all’aperto con la tettoia. Solo ora Camilla si rende conto di avere ancora il prototipo di Davide e di non poterglielo restituire oggi, come promesso. E sono le sei e un quarto del mattino: non può neppure telefonargli. C’è poi un aspetto ancora più preoccupante: che cosa succederà a quello strano ordigno mentre erà attraverso i controlli anti-terrorismo? Più che altro: che cosa succederà a lei. E poi a Nancy, se lei viene fermata dalla polizia. Uh oh. Le sei e sedici. Dopotutto non è un orario così terribile, di lunedì. Insomma, se non fosse agosto, per esempio, Viale Forlanini anche a quest’ora sarebbe pieno di traffico. E i custodi alle cinque e mezza portano fuori i sacchi della raccolta differenziata. Infine il taxista è già al lavoro. Solo Nancy dorme, però va anche detto che è anziana e non ha chiuso occhio tutta la notte. Camilla seleziona il numero di Davide, ma dopo alcuni squilli è la segreteria telefonica che risponde. Lei rimane senza parole e fa quello che ha sempre sconsigliato agli altri di fare in questi casi, specialmente dopo avere sbirciato in libreria alcune regole sul manuale Auto-stima al telefono: lasciare partire la registrazione, stare in silenzio, riagganciare dopo una specie di sospiro. L’icona della piccola busta dei messaggi le ricorda che non ha ancora risposto

all’SMS di mamma, quello che ha letto nella macchina di Arancini prima che … ogni volta che ripensa all’accaduto si sente soffocare. Il cellulare suona e lei è di nuovo in uno stato di affannoso mutismo. “Camilla … - dice Davide quasi sottovoce – mi hai cercato tu? Scusa se ti chiamo a quest’ora, ma ho visto una chiamata. Se è partita per sbaglio …” Il fatto che lui si scusi le fa riacquistare il dono della parola all’istante: forse gli potrà dire senza problemi che sta portando all’aeroporto la sua preziosa invenzione, la quale con ogni probabilità verrà sequestrata dalla polizia, smontata accuratamente e smagnetizzata. “Partenze internazionali?” chiede il taxista. Nancy è nel sonno più profondo. “Davide, non è uno sbaglio. Ti ho telefonato veramente. Puoi aspettarmi ancora cinque minuti? Devo svegliare una persona … poi ti richiamo io.” “Un’altra?” Risponde lui, ma per fortuna Camilla ha già interrotto la comunicazione.

43.

“Perché stiamo ferme qui e non andiamo già nella zona imbarchi?” chiede Nancy per la sesta o settima volta. “Sto aspettando un … un mio amico a cui devo consegnare una cosa che è sua e che mi è rimasta nello zaino da sabato”. “Speriamo che arrivi presto. Qui c’è troppa aria, non mi piace. E’ da tanto tempo che non viaggio, non sono più abituata. Non rischiamo di perdere l’aereo?” “Non penso: sono appena le sette meno dieci. Vorrei aspettare fino alle sette … Intanto mi è venuto in mente che potremmo telefonare a Juanita, è meglio parlarle che lasciarle un semplice messaggio sul tavolo della cucina. Forse a quest’ora è già sveglia.” “Sì, è una buona idea. La chiamo.” “In caso voglia dirmi qualcosa, me la può are: volevo telefonare a mia mamma, ma forse è meglio che le mandi solo un SMS”. Mentre la signora Minnelli parla con Juanita, Camilla incomincia a scrivere la risposta al messaggio di mamma: Anch’io bene. Sto partendo per l’Olanda, ritorno … non sa quando ritorneranno perché hanno prenotato solo l’andata e non possono prevedere come sarà quest’avventura. Cancella e ritenta con un altro testo: Tutto ok. Trovato lavoro a chiamata. Nn potrò risp al cell … che però non possa rispondere 24 ore su 24 suona un po’ improbabile. Tutto ok. Sim smagnetizz nn posso risp al cell … ma di solito si fa presto a risolvere il problema, alla peggio si deve cambiare

numero. E poi, come potrebbe scrive un SMS con la carta smagnetizzata? Nancy ha terminato la conversazione e dice trionfante: “Juanita ha promesso che non dirà niente ad Ilaria, si aspetta che ritorniamo entro domenica, però. Che peccato!” Camilla aveva sottovalutato il potenziale di Juanita. Capita di sottovalutare i potenziali, come insegnava il mensile dell’Università in un servizio intitolato: Viste imprendibili, le occasioni del futuro, che lei aveva pensato trattasse annunci immobiliari e invece parlava di occasioni di lavoro. Ed aveva sottovalutato anche il potenziale di Davide, e non solo per la capacità di arrivare in scooter a Linate in venti minuti da chissà quale zona di Milano. Infatti eccolo davanti a loro, nemmeno troppo spettinato. Non è un brutto ragazzo, in effetti. “Grazie! Mi hai salvato da un bel rischio. Ti spiegherò tutto quando torno. Arrivi da molto lontano?” “No, fortunatamente abito dalle parti di Piazzale Susa” “Ah. Comunque avevo sott … cioè: … anche la tua invenzione è fantastica.” “L’avevi sotterrata nella sabbia e funzionava lo stesso?” chiede Davide, prendendo fra due dita il prototipo ricoperto di polvere di vetro e fard. “Ragazzi, dobbiamo andare - sollecita Nancy – Tu sei un amico di Andrea?” “Andrea… quale?” “Lascia perdere: vuole solamente dire che le sei simpatico”.

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Nuovo messaggio da 3354342418 Tutto ok mi cambiano il numero quello nuovo è +39 340 2477 521 Camy

Il cellulare di Nancy squilla immediatamente. “E’ tua madre, chiede di te”. “Ciao, mamma! Scusa, non volevo chiamarti a quest’ora, pensavo che dormissi”. “Vai all’estero?” “Ssì … come lo sai?” “Mi hai detto tu di fare il prefisso sul nuovo numero. Ma … con chi sei?” “Sono con … sto facendo pratica per fare la guida turistica. Sto accompagnando una signora ad Amsterdam e poi in un altro posto in Olanda”. “Ad Amsterdam!? Chi ti ha dato questo incarico?” “Lei, la signora. Siamo all’aeroporto.” “Mi lasci un po’ in ansia, Camy. Chi è questa persona? Non è che ti ha dato da indossare qualcosa di suo?” “Sì, mi ha prestato dei golf e .. altri indumenti…” “Ih!” “… per esempio in questo momento per fortuna ho il giaccone di sua figlia: fa fresco, qui al gate.”

“Aaah, sei al gate! Hai già ato i controlli in Italia, quindi. Menomale.” “Perché menomale?” “No, così … avevo sentito delle storie … che prendevano delle persone sprovvedute come esca … facevano indossare a loro dei vestiti con dentro roba nascosta … ” Ma a che cosa sta pensando, mamma? “Non preoccuparti, è tutto sotto controllo. E poi la droga si trova più facilmente a Milano che in Olanda, ormai.” “Infatti ti dico: fa’ come vuoi, ma se è solo per studiare … vieni a casa. Sempre meglio che … ah, già. E quando torni?” “Prima di domenica, promesso”.

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Nuovo messaggio da 3354342418 Deb vado in Olanda 4 o 5 gg. Cell scarico finché torno

Nuovo messaggio da 3285641333 WOW! Ti chiamo.

“Camy?” “Debora, sei già sveglia a quest’ora?” “Sto cercando di stare a dieta: dalle sei non riesco più a dormire per la fame. Menomale che in tenda non teniamo nulla da mangiare. Sono al bar del campeggio, ma sto resistendo: ho ordinato solo un tè caldo.” “Non puoi iniziare la dieta quando finisci le vacanze?” “Non voglio che Massimo mi veda e pensi che sono ingrassata perché sono depressa. Dimmi di te, invece. Sono contenta che vai anche tu da qualche parte. E il tuo libro? Quel tale Limonetti che ti doveva sponsorizzare?” “Un disastro. Ti vorrei raccontare … non riesco nemmeno a parlarne. Non mi vengono le parole.” “Scrivi, allora. Dicono che sia terapeutico.” “Proverò. Ma non fa ridere.” “Daaai, c’è sempre qualcosa di divertente in ogni situazione. Per esempio, ora il

tipo simpatico del bar a cui ho chiesto il tè è andato in bagno ed il gestore – un vecchio odioso che ieri non mi lasciava stare seduta al tavolo a chiacchierare con gli altri se non mangiavo anch’io - mi ha portato un toast e una spremuta d’arancia. Vedo che sta portando il tè ad un ragazzo tedesco che era già qui prima di me e che assomiglia da pazzi a Brad Pitt, tranne che è rosso di capelli con il naso lungo e le orecchie a sventola. Il barista l’avrà scambiato per un inglese. Invece probabilmente è lui che ha ordinato il toast. O me lo mangio lo stesso, come farebbe Mr. Bean godendosi la rissa fra Dumbo-Brad e il barista, o glielo porto e faccio anche amicizia con lui, così dimentico la fame. E’ una winwin situation, come direbbe sca. Lui mangia il toast e io dimagrisco.” “Mi devo imbarcare, Deb. Bacione.” “Ok, mi imbarco anch’io in quest’avventura. Cccciao bella.”

46.

Dopo lo spettacolo fantastico delle Alpi, dal finestrino dell’aereo si vede solo un mare di bambagia. Sembra un enorme materasso: ora è Camilla che vorrebbe dormire. Chiude gli occhi, ma Nancy non ci fa caso. “Hai preso il numero di telefono, vero?” “Sì, ho stampato la pagina da Internet con l’indirizzo eccetera”. Chiude di nuovo gli occhi e si mette più comoda sul sedile. “A che ora arriviamo ad Amsterdam?” “Prima delle nove e mezza. Dovremmo farcela a prendere il treno delle dieci meno un quarto per Leeuwarden, che arriva a mezzogiorno e un quarto. Per arrivare al cottage, con una linea secondaria di treno di cui non so gli orari, calcolerei un’altra oretta, compreso l’ultimo tratto di strada in taxi.” Con questo spera di essere stata esauriente. “Telefoniamo da Amsterdam, comunque. Leeuwarden è troppo vicina … va bene farle una sorpresa, ma almeno con tre ore di … preavviso. Gaia ha sempre avuto paura degli imprevisti. Anche se ora, nella foto, sembra così diversa … sicuramente sta meglio.” Nancy estrae velocemente un pacchetto di fazzoletti di carta dalla tasca del cardigan e si soffia il naso con un suono elefantino. “Gaia è in una delle foto?” Camilla non è mai stata pettegola, ma in questo caso la sua curiosità è più che legittima. “Sì, lei é quella che apre la porta …” “Già. Per un attimo ho pensato che fosse la donna giovane … ma non ho calcolato che è ato del tempo.”

“La donna giovane … - Nancy ricorre di nuovo al pacchetto di fazzoletti - ... non voglio illudermi di una cosa che sarebbe troppo bella …” altro fazzoletto. La signora che occupa il sedile davanti a lei copre con il tovagliolino immacolato la sua tazza ancora colma di caffè e lancia un’occhiata di traverso: quello che riesce a vedere è il movimento delle narici di Camilla, che vorrebbe evitare di doversi asciugare eventuali lacrime con il tovagliolo appiccicoso e macchiato di marmellata. “Forse è meglio che riposiamo un po’” suggerisce Camilla, cercando subito di dare il buon esempio. Così chiude il sipario sulla signora davanti, che riprende a sorbire il caffè. “Quanti anni daresti alla giovane? Più di venti?” “Non sono brava a indovinare l’età delle persone: ho sempre fatto gaffe …” “In questo caso lei non ti sente, perciò non c’è pericolo: venticinque?” “Sì, venticinque glieli darei tutti. Perché?” “Perché … mi è venuto in mente solo ieri, guardando la sua foto, che potrei essermi sbagliata … in tutti questi anni … potrei essere stata troppo pessimista e avere creduto che la decisione presa da Gaia fosse stata di sbarazzarsi del …” altra soffiata di naso. La eggera seduta davanti per fortuna ha terminato il caffè e si alza per andare alla toilette. “ ... e invece forse ha fatto quello che speravo io: ora capisco perché tutti hanno detto che l’avevo influenzata. Ha tenuto il bambino … cioè: la bambina … A meno che questa non sia un’altra figlia, magari avuta con quest’uomo olandese … fatto sta però che assomiglia un po’ a Gaia ed anche un po’ a … o forse sono tutte fantasie. Meglio riposare, come dici tu.” Chiude gli occhi e si appoggia bene allo schienale. La signora ritorna dal bagno e guarda fisso Camilla che, non essendo più riuscita dormire, ha pensato di radunare i contenitori vuoti della colazione sua e di Nancy su un vassoio solo. Il bicchiere che conteneva il succo di arancia cade, e Camilla si precipita a raccoglierlo prima che rotoli sui piedi della signora. Si china in avanti, intercetta il soffio gelido di aria condizionata, starnutisce … e tutto il contenuto del vassoio viene sbalzato nello stretto pertugio fra i sedili.

Nella calma che segue l’intervento della hostess, Camilla per la prima volta prova un senso di vertigine riguardo all’avventura in cui si è cacciata. La viaggiatrice del sedile davanti, con quella faccia da gufo, l’ha fatta sentire improvvisamente stupida e sprovveduta. E se la signora Minnelli fosse completamente stordita? In effetti, se sua figlia si è ridotta a chiamare una studentessa sconosciuta in aiuto per la notte, l’ipotesi non è così assurda. Assurdo è che Camilla abbia accettato questo strano lavoro per guadagnare qualche soldo, ed ora si trovi nel cielo sopra la Germania con un biglietto di sola andata per Amsterdam, rischiando di ritornare in Italia a sue spese. D’altra parte lo scambio di e-mail fra Andrea e Gaia sembrava comprovare quanto narrato da Nancy. A meno che tutti i membri della famiglia siano affetti da problemi psichici. Come fanno, peraltro, ad essere così facoltosi? A Camilla hanno sempre insegnato che per fare quattrini, e soprattutto per conservarli, ci vuole una mente solida ed equilibrata. Però le hanno anche raccontato di gente che è impazzita perché ha fatto troppa fortuna in poco tempo … ed il contrasto tra infanzia ed età adulta è stato troppo forte. “Hai tenuto la dose di panna per il caffè che non ho usato? – chiede Nancy, senza aprire gli occhi – Detesto sprecare la roba da mangiare. Da bambina, al mio paese, ero contenta se riuscivo ad avere un pezzetto di pane senza niente per colazione. E in America mi sono dovuta abituare a portare le scarpe tutti i giorni, perché prima, in Italia, le mettevo solo la domenica.”

47.

All’aeroporto non c’è stato il tempo per telefonare a Gaia: recuperare il bagaglio, capire da dove partono i treni diretti a nord, comperare i biglietti e non sbagliare binario, nell’atmosfera elettrizzata dalla pioggia battente sopra la struttura del tetto, ha assorbito tutta l’attenzione di Camilla, mentre Nancy ha cercato di captare il più possibile informazioni e particolari di questo Paese, che forse da anni è la dimora di sua figlia. Ed ora guarda dal finestrino il paesaggio dai colori plumbei ma vividi, perché il verde dei campi riflette la luce madreperlacea del cielo. Anche Camilla è curiosa e cerca di non perdere nulla di questo viaggio inaspettato, che le è toccato come il premio di un concorso promosso dalla Kraft. Le pare strano un paesaggio senza nessun profilo montuoso a delimitare l’orizzonte. “In Canada stavamo nella pianura … - dice Nancy, come sullo stesso filo di pensiero di Camilla – Le dimensioni là sono più vaste, ma c’è qualcosa di simile … forse per questo Gaia si trova bene qui.” Camilla si infila una giacca a vento e pensa che forse anche il clima ha qualche somiglianza con quello canadese. L’unico eggero vicino a loro sul treno é in maglietta, forse grazie alla sua stazza robusta – anche quella più simile a misure nordamericane che italiane. “Sono le undici: Vuole telefonare al cottage?” propone Camilla. L’ideale sarebbe che Gaia si commuovesse a tal punto da venirle a prendere alla stazione di Leeuwarden. Camilla è improvvisamente spossata: l’intervento di Gaia la potrebbe sollevare dalla responsabilità che le pesa addosso come le nuvole grigie fuori dal finestrino. Nancy fruga nella tasca del cardigan, ma il pacchetto dei fazzoletti è già stato utilizzato completamente.

“Fai tu il numero” dice a Camilla porgendole il cellulare. "Goedemorgen, u spreekt met Nanke Minnelli". [“Buon giorno, state parlando con Nanke Minnelli” NdA] Camilla comprende a malapena le ultime parole: o la ragazza al telefono é una maga e vede a distanza che la chiamata viene da Nancy Minnelli, oppure … oppure Nanke Minnelli è il suo nome. “Hello? Can I talk to Gaia?” [“Pronto? Posso parlare con Gaia?” NdA] “May I have your name, Madam?” [“Posso avere il Suo nome, Signora?” NdA] “Uhm … my name is … Camilla, but … please tell Gaia that Nancy is calling”. [“Mi chiamo … Camilla, ma … per favore dica a Gaia che Nancy la sta chiamando.” NdA] “Who’s calling?” [“Chi parla?” NdA] Nancy fa strani segnali che Camilla non capisce. “It’s a surprise, a very nice surprise. We can explain everything to Gaia. Please …” [“E’ una sorpresa, una bella sorpresa. Possiamo spiegare tutto a Gaia. Per favore …” NdA] Camilla si rende perfettamente conto di stare sbagliando praticamente tutto. Lei stessa, nei panni di questa Nanke, non erebbe la comunicazione a Gaia. Invece la ragazza deve avere capito che la questione è importante, come se fosse contrassegnata da una bandierina rossa. Esattamente la stessa bandierina rossa che anche Camilla ha percepito sin dall’inizio, e non è stata un’emozione che l’ha condotta fino a questo treno in mezzo alla pioggia, senza un soldo, con un bagaglio di pochi vestiti presi a prestito ed il cellulare scarico. E’ stata una certezza sul da farsi. Proprio per lei, Camilla, che non è mai stata sicura di niente in vita sua. “All right, just hold.” [“Va bene, aspetti.” NdA]

“Ha detto hold” [hold significa aspettare, ma anche reggere in mano NdA]dice Camilla porgendo il telefonino a Nancy. Ed ora sa che deve alzarsi e andare in un altro vagone, sperando che il tipo in maglietta non sia il mostro del treno di cui ha letto che esiste una particolare specie che aggredisce le vecchiette.

48.

L’ombrello ripara le valigie e Camilla che si sente letteralmente un pesce fuor d’acqua mentre Nancy e Gaia, man mano che la pioggia appiccica i vestiti ed i capelli ai loro corpi abbracciati sotto il diluvio, le ricordano sempre di più uno di quei gruppi statuari che stanno sopra le tombe di famiglia nei cimiteri monumentali. Forse perché il clima è simile a quello che in Italia si ha a novembre … o anche perché in quella pioggia si scioglie il pianto trattenuto per tanto, troppo tempo. Eppure è un momento di grande felicità, e Camilla avrebbe voglia di danzare con l’ombrello oppure partire verso l’alto come Mary Poppins, ma poi le valigie si bagnerebbero e non sarebbe un comportamento professionale per una guida turistica. “Ecco la persona che dobbiamo ringraziare. Gaia, questa è Camilla.” “Chi è, un’amica di Andrea?” Ah, ma allora è proprio un vizio di famiglia. “No: è una studentessa. Ilaria le ha chiesto di stare a dormire da me mentre lei è al mare con i ragazzi. Ma io per prima cosa le ho chiesto di darmi una mano a cercarti.” “Ci voleva una persona completamente fuori dalla famiglia e dai conoscenti per aiutarci. Problema è … che tu non riesci a chiedere aiuto a una persona così … nuova. E una persona che ti conosce da poco non è disposta a fare così tanto per te. Grazie molte, Camilla.”

49.

Per quanto ci rifletta sopra, Camilla non riesce a capire come mai Gaia si rifiutasse di farsi trovare quando glielo chiedeva Andrea, mentre ora sembra tutto risolto come in una favola. Ma non può chiederle nulla, né farle sapere che conosce tanti particolari della sua vita romanzesca. E tra l’altro il romanzo sarà destinato a restare privo di tanti capitoli, come se fosse stato pubblicato a puntante e lei si fosse dimenticata di comprare diversi fascicoli: madre e figlia sono state tutto il pomeriggio a parlare, ma Camilla ovviamente non si è intromessa, ed ora della storia di Gaia non saprà più nulla. Per fuggire alla tentazione di stare a sentire i loro discorsi, ha esplorato i dintorni del cottage sbirciando da sotto il cappuccio della cerata di Joren, attraverso le gocce che le bagnavano la frangia e le entravano negli occhi, e poi ha letto sui depliant a disposizione degli ospiti quante belle cose si potrebbero fare e vedere se solo smettesse di diluviare. Ma anche sotto l’acquazzone quel posto dà a Camilla la sensazione di essere libera tra terra e cielo, e l’atmosfera è talmente carica della personalità degli elementi – nuvole, aria, mare – che può apparire leggermente fosca ma tutt’altro che deprimente. La sera Gaia accompagna Camilla all’unica stanza rimasta libera per lei: la stanza dei bambini con il letto a forma di nave dei pirati. “Scusa se non ho un letto più grande. Nancy non può stare nella mansarda … ti va bene questa sistemazione?” “Sì, è fantastica … divertentissima. Adoro le mansarde. Per una volta sono contenta di essere piccola di statura: il letto è della mia taglia. E poi sono io che mi devo scusare: non vorrei avere combinato un pasticcio …” . “No problem, è un pasticcio che va bene. Hai fatto un bel lavoro.” “L’incarico che mi aveva dato la signora Ilaria era un altro, in effetti”. “Sono sicura che non ti ha pagato. E che non ti ha fatto un contratto.”

“No, ma le avevo promesso … “ “Hai promesso di stare attenta a sua madre, così non aveva bisogno di portarla al mare con lei. L’hai fatto. Basta.” “Abbiamo anche promesso a Juanita, che è in servizio nella villa di Milano, che ritorneremo domenica: Juanita in cambio non dirà nulla ad Ilaria”. “Ilaria … cara Camilla, non è così importante. Ilaria non vuole problemi, non vuole spendere soldi. Ho chiesto a … mia madre di rimanere fino a settembre, poi con Joren prenderemo un po’ di vacanza e la potremo accompagnare in Italia. Lo diremo noi a Ilaria. Diremo che tu hai fatto tutto giusto, niente sbagliato. Scusa, ma non parlo italiano da un po’ di tempo. Abbiamo pensato piuttosto a te: che cosa desideri fare? Se vuoi essere nostra ospite, fermati fino a quando vuoi. Qualche giorno che abbiamo no vacancies [tutto esaurito, NdA], Joren può andare a dormire a casa di suo fratello, mamma dorme con me e tu puoi dormire con Nanke. Mi dispiace tanto che non è bel tempo. Se preferisci ritornare a casa, non fare complimenti.” “Qui è meraviglioso. Sono appena arrivata, mi riesce difficile decidere per quanto restare. A mia madre ho detto che ritornerò entro domenica. Non ho portato i libri per studiare, ma per qualche giorno posso fare una pausa. Devo scrivere …” “Abbiamo due computer per gli ospiti, c’é la connessione wireless. Ti faccio vedere dove sono. Puoi scrivere tutto quello che devi e salvarlo su una chiavetta, oppure mandare il documento via e-mail”.

50.

E finalmente Camilla riesce a scrivere. Scrive quello che le è successo con Arancini, che ora le pare un fatto lontanissimo nel tempo, poco importante e … Debora ha ragione: anche abbastanza comico, visto che infine non si é lasciata prendere. Ai tempi in cui Nancy si chiamava Nunzia, un tipo così lo si definiva uno sciupa-femmine. Oggi non ha più significato neanche il termine di play-boy. Però un pomeriggio con uno di loro può lasciare un simpatico ricordo, a patto che si interrompa non più tardi delle sei. E poi scrive qualcosa che non è propriamente da ridere, però è a lieto fine, basta non deprimersi prima: scrive che ogni madre perde e ritrova i suoi figli. Anche lei, Camilla, si è trasferita a Milano con la scusa che il viaggio casa-università prende più di due ore e costa molto, ma la realtà è che sta più volentieri con un’amica che con sua madre. E mamma prende la scusa che a Milano fa caldo e c’è smog per chiederle di stare con lei almeno d’estate. Invece Camy va a cercare altri prati ed altri fiori in Olanda, e questo pomeriggio era felice di respirare il profumo dell’erba bagnata molto più che a casa. Va detto che qui l’odore è diverso e pecore così grandi in Italia non ce ne sono, ma i turisti olandesi che popolano da marzo a ottobre l’Hotel Bellavista, dove lavora mamma, non sembrano sentirne la mancanza: si accontentano di qualche capretta da avvistare con un po’ di fortuna durante le eggiate sui sentieri in quota. E comunque non si può paragonare la compagnia di animali da latte con quella di una madre, per quanto il paragone regga per un bebè da un punto di vista strettamente fisico: questo Camilla lo sa, e sa che un giorno, prima di finire in un cimitero qualsiasi senza statue, anche lei e sua madre staranno volentieri abbracciate per un po’, come hanno fatto Nancy e Gaia alla stazione. Scrive che c’è qualcuno che ostacola i buoni rapporti fra le persone e qualcuno che li favorisce. Scegliere che parte recitare: questa, sì, è la più importante delle decisioni. E viene spontaneo favorire piuttosto che ostacolare, se non si è influenzati da una delle solite manie, come quella per i soldi … eccetera. Sono manie che facilmente si criticano negli altri ma si tengono strette per sé, non ano mai di moda e divertono sempre nelle commedie e nei romanzi. Quindi è probabile che i rapporti fra le persone continueranno ad essere complicati.

E poi Camilla deve smettere di digitare sulla tastiera e riflettere un po’. Per la prima volta da quando le hanno detto che lei non sa abbastanza bene quello che vuole, considera questa specie di difetto come un vantaggio. Perché chi convoglia tutte le risorse verso i propri obiettivi non ha né tempo né spazio per le richieste di aiuto impreviste, a cui invece vale la pena di rispondere. E infine l’importante è che quello che una persona vuole sia qualcosa che vale la pena di volere, e che sia frutto della sua volontà lo si vede perché alla fine quella persona lo fa, ma non è detto che sappia in anticipo che cosa sia esattamente. Chissà se Ilaria, all’età di Camilla, era una di cui si poteva dire: Sa quello che vuole. Probabilmente ... in un certo senso. E Arancini? Uguale. Nel senso che entrambi sapevano quello che mi dà l’adrenalina. Camilla quest’inverno aveva come al solito notato un manuale in libreria: La tensione emotiva verso gli obiettivi sulla via del successo. Parlava dell’importanza dell’adrenalina. Forse anche Andrea l’ha sfogliato nello stesso negozio di libri in centro a Milano e l’ha riposto nello scaffale, ma lui poi l’ha criticato in qualche forum, mentre Camilla l’ha semplicemente dimenticato. Le ritorna in mente il blog di Andrea e anche se non ci ha capito molto conclude che per favorire i rapporti tra le persone è meglio lasciar perdere le emozioni e fare quello che è più sensato. E’ sensato che una madre e una figlia non perdano le tracce l’una dell’altra. Quindi è sensato anche aiutarle a ritrovarsi. Ed è strano che facendo cose sensate ci si diverta di più, mentre facendo cose insensate alla fine non ci si diverta neanche un po’. Pensa a suo padre e sua madre che sarebbe più sensato che stessero insieme, e pare impossibile che sia sensato lasciare le persone libere di essere infelici, ma obbligarle ad essere felici … questo sì che sarebbe impossibile, oltre che insensato.

51.

Il mattino seguente la pioggia non c’è più. Il cielo pare quello di un quadro barocco, con le nuvole gonfie come zucchero filato. Camilla si sveglia dopo le dieci: nel cottage è rimasta solo Gaia. Nanke, Joren, Nancy e gli ospiti sono tutti usciti. Nel giardino Camilla può finalmente notare i colori dei fiori. E quello del mare. L’odore del mare avvolge collo e gola come una sciarpa, anche se non tiene caldo per niente. Ma fa stare così bene che alla fine non importa se non fa caldo. All’interno il profumo era di caffè filtrato, di sale, di panna fresca e di campagna. Un misto di tutte le cose più buone del mondo. In più Nanke ha messo sulla tavola un extra di frollini speziati, sapendo che in Italia i biscotti si prendono volentieri a colazione. Gaia propone di fare un giro in bicicletta ed eventualmente una eggiata su una spiaggia poco lontano. Il verso dei gabbiani, dal lato strettamente acustico, non è tanto diverso dal rumore di certe sirene della polizia, ma il suo modo di riecheggiare e rimbalzare all’infinito dà pace e fa venire voglia di fermasi, mentre quello delle sirene della polizia innervosisce e fa venire voglia di scappare. Nella grande spiaggia, Gaia e Camilla si fermano a respirare il vento, anche se lo spazio per camminare sulla sabbia non mancherebbe. Nel traffico delle città, invece, lo spazio per fuggire non c’è mai e il vento non si sente. Che fosse per questo che Gaia aveva disturbi dell’alimentazione a Milano? Non solo per questo, visto che Camilla sa di altri casi di malattie analoghe in città piccole o paesi. Però qui, in questo scenario di natura umile e superba, rigida e tollerante nello stesso tempo, i concetti di benessere e di bellezza sono diversi, specialmente per una che viene da fuori. Quando ci si trapianta in un’altra terra, quello che pensano gli indigeni è comunque un po’ buffo e un po’ strano, e non tocca nel profondo. Basterebbe sentirsi leggermente forestieri dappertutto per volare ancora più in alto di questi gabbiani. Forse anche un filino stranieri di se stessi. “Mia madre vuole compensarti, almeno con i seicento euro che Ilaria ti aveva

promesso, - dice Gaia – ma soprattutto sarai sempre per noi una grande amica. Non ti dimenticheremo facilmente”. “Lo stesso vale per me: di questa avventura non vorrei dimenticare neppure un particolare. A proposito: devo decidere quando partire. Visto che mi piacerebbe diventare una guida turistica, mi interessa ovviamente vedere Amsterdam ma anche girare per la Frisia, che è meravigliosa, e conoscere la gente che sta qui. Ci sono molti Olandesi che vengono in vacanza dalle mie parti: se vedo come vivono e che cosa fanno nel tempo libero mi rendo conto di che cosa si aspettano da un viaggio in Italia.” “Per questo ci vorrebbe un periodo abbastanza lungo. Non puoi farcela entro domenica …” Un periodo abbastanza lungo è come un paesaggio in pianura. Continua finché si cammina. O come un viaggio in mare. Si naviga finché non si approda da qualche parte. Invece Camilla è abituata ad avere sempre qualche montagna all’orizzonte. Limita, ma dà anche sicurezza. Perciò partirà sabato, e cercherà di godere al massimo questi pochi giorni. Lo spiega a Gaia, sperando che non si offenda. “Ok, sei molto saggia. Anche Nanke è saggia. Quando ero giovane, gli adulti erano saggi e i figli no. Ora è il contrario”. “Be’, in scienze ho studiato che i caratteri recessivi si ereditano a generazioni alternate.” Gaia esplode in una risata: “La saggezza non è prevalente, vero?” Si vede che Gaia non parla italiano da un po’. “Vuoi dire: non è … dominante. Però! Questa è da postare ad Andrea.”

52.

La prima cosa che Camilla compera con i soldi ricevuti da Nancy è un caricabatteria per il cellulare. Le chiamate senza risposta sono: tre da Arancini, una da sca, una da Michele. Per sca prende subito una cartolina postale al villaggio, e con l’occasione ne sceglie altre quatto o cinque con pascoli e mucche per gli ex-compagni di Veterinaria alle prese con gli studi sui bovini. A Carlo non saprebbe che cosa dire perciò decide che non risponderà neanche se lui dovesse richiamare in seguito. Telefona subito a Michele, invece. Difficilmente suo fratello si fa vivo se non ne ha combinata una grossa o non è seriamente nei guai. Si sdraia nel prato per evitare di cadere dalla sedia se le notizie saranno peggio dell’immaginabile. “Michele, mi hai cercato?” “Camy? Sì, ma tu dove sei?” “Sono in vacanza anch’io … ti racconterò. Penso che starò qualche giorno a casa con te e mamma quando ritorno. E voi? Vi divertite?” “Certo, che domanda. All’inizio avevamo noleggiato due motorini per girare sull’isola”. “E adesso che fate, state fermi o girate in elicottero?” “C’è poco da scherzare. Domenica sera avevamo lasciato gli scooter fuori dalla discoteca … era tutto sotto controllo …” “Tu e il papà in discoteca? Chi teneva sotto controllo chi?”

“Non eravamo per niente ciucchi e siamo usciti presto, verso le due.” “Alle due è mattina presto, in effetti.” “Insomma, arriviamo lì dove avevamo messo i Phantom e … niente, neanche l’ombra.” “Be’, alle due del mattino c’è poco da cercare ombre e fantasmi, specialmente alle Baleari. Forse al Polo Nord …” “Alla fine troviamo un avviso scritto dalla polizia: li avevano sequestrati, perché erano in sosta vietata!!! Figurati, sosta vietata a Ibiza!” “Incredibile! Proprio vero che si è sempre meridionali di qualcuno, come diceva Luciano De Crescenzo: perfino di quelli che stanno più a sud.” “Altro che! Loro però sono più meridionali di noi, perché l’organizzazione dei vigili era più che sudicia: era fetente!” “Ehi, siamo in roaming, cerca di essere politically correct”. “Fatto sta che abbiamo girato per un bel po’, e all’indirizzo che avevano indicato non c’era nessuno.” “Ma che indirizzo era?” “In teoria l’indirizzo del posto di polizia, ma il Tizio era in giro col furgone a sequestrare motorini. Alla fine è arrivato, ed erano già quasi le quattro. Per restituirci gli scooter ha preteso da noi 120 euro a testa.” “Cooosa?” “Eh sì, in totale 240. Per fortuna dei 250 euro che mi aveva dato mamma in contanti non avevo ancora speso nulla. L’ingresso in discoteca l’aveva pagato papà.” “Quindi la multa l’hai pagata tu. Un conto a me e uno a te … Bingo! … E ora?” “E ora è un guaio. Papà non ce la fa a restituirmi i soldi … però a mamma non so che cosa raccontare.”

Già, papà è sempre squattrinato, o meglio: lo è quando vuole, ma per le spese che gli piacciono non lo è. Del resto capita a tutti: certi costi pesano, altri si affrontano a cuor leggero. Persino Ilaria Minnelli, tirchia com’è, gli interventi di chirurgia plastica se li vuole permettere, evidentemente. A meno che non li consideri degli investimenti … delle spese di rappresentanza … o forse conosce il chirurgo plastico che glieli fa gratis. E il chirurgo plastico rinuncia ad un ricavo, quindi è come se spendesse. Per Ilaria sì e per altri no. Siamo tutti fatti così. Da dire ad Andrea, il quale per ogni spesa stupida riuscirebbe a trovare la relativa stupida emozione, ed anche il cattivo che la manipola e la sfrutta. Il problema è che mamma si arrabbierà. E questa non sarà un’emozione stupida, ma abbastanza sensata. “Senti ... quand’è che arrivate all’aeroporto sabato prossimo?” “Alle diciotto e cinquantacinque.” “E mamma ti viene a prendere?” “Certo, naturale. Se tutto va bene.” “Non farmi fare gli scongiuri, per favore.” “Vedi? Sei più meridionale di me, hai preso dal papà terrone: sei superstiziosa …” “OK. Dal papà latin lover. Comunque anche al nord sono superstiziosi: i marinai per esempio …” “I marinai svizzeri?” “Michele, di mari è piena la Terra. Io per esempio ora sono in Olanda, in mezzo all’erba.” “Ah, mi ero accorto di qualcosa.” “Di qualcosa … cosa? Ma veniamo al dunque. Prima di cercare mamma, quando sbarchi, cerca me.”

53.

Camilla cerca un volo su internet che arrivi sabato a Malpensa prima delle sei e mezza, ad un prezzo conveniente. Nancy le ha detto di non preoccuparsi della spesa per il ritorno, e di scegliere la soluzione migliore per lei, ma probabilmente Ilaria verrà a sapere di tutto l’accaduto e dei relativi costi. E Camilla pensa che infine ha avuto una bella vacanza gratis, oltre al compenso di un mese in cambio del lavoro di una settimana: Ilaria potrebbe avere qualcosa da ridire, se davvero è un tipo che bada solo all’aspetto economico di qualsiasi cosa. Intanto … d’ora in poi dovrà mettere in conto un bel po’ di biglietti Milano-Amsterdam per sua madre. Magari anche Andrea l’accompagnerà, visto che è il suo nipote del cuore. Camilla cerca di immaginare Andrea: ormai è certa che non lo incontrerà mai. Come gli è venuta in mente quella teoria delle emozioni? Forse qualcuno ha cercato di strumentalizzare le sue? Non pare verosimile che sia stata Ilaria. Che sia stato suo padre? Chissà che tipo è il padre di Andrea. Forse c’è sotto la solita storia dei genitori divorziati che cercano di utilizzare l’affetto dei figli per rivalersi l’uno contro l’altro. Ma è poi vera questa solita storia? Per esempio: nella famiglia di Camilla si è verificata? Camilla non lo sa, in ogni caso non se ne è accorta. Le sue emozioni non sono mai state utili da sfruttare: neanche lei é riuscita ad utilizzarle per convincere papà e mamma a restare insieme, cosa che non sarebbe stata poi tanto difficile. Camilla non ha avuto difficoltà a sopportare tutti e due, sia in contemporanea che separatamente, quindi loro avrebbero potuto benissimo accettarsi a vicenda, visto che avevano soltanto una persona per ciascuno da prendere così com’era. E non ha voglia di chiedere ai figli di genitori uniti che differenza c’è tra le loro famiglie e la sua. Non ha proprio voglia di parlare di queste cose con persone che non possono fare il paragone con quello che è successo a lei. Quel Davide del negozio, per esempio, ha l’aria di essere figlio di due che non litigano. Infatti per lui tutto va sempre bene, anche se lei gli fa sparire il suo stupido ordigno o manca agli appuntamenti per giorni e giorni. Insomma, non sembra un tipo giusto, nel senso che sarebbe troppo giusto e i tipi sbagliati sono più umani, anche se poi non sono per niente giusti neanche loro: lo dice la

parola. In ogni caso, fa rabbia che sia così gentile e quindi rimane quasi antipatico. Peccato. Perché uno così genialoide sarebbe di certo più divertente di uno che pianta grane contro gli sfruttatori di emozioni. O di quei vecchi bavosi – o anche giovani, perché no? – che in effetti cercano di solleticare le emozioni per il loro interesse e per il loro piacere: in questo Camilla è del tutto d’accordo con Andrea. Per questo sta bene qui ed apre i vetri della finestra, stando bene attenta a non sciupare i fiori: perché il brivido che le dà questo scenario le è arrivato gratuitamente e nessuno lo potrà mai strumentalizzare. Semplicemente, lei aveva rinunciato alle vacanze e invece le è capitato un viaggio in Frisia. Bingo! “Got a deal?”[“Hai fatto un affare?” NdA] chiede Nanke, che é entrata nella stanza. “Wh …?” Camilla non capisce la frase e domanda qualcosa che inizia per Wh … perché in inglese le parole per domandare iniziano tutte così. Infatti Nanke risponde: “Just because I heard you say: Bingo! and I thought you had found your flight back to Milan.” [“Solo perché ti ho sentito dire: Bingo! E ho pensato che avevi trovato il volo di ritorno per Milano” NdA] Poi le propone di andare a cena all’isola di Terschelling con lei, Joren e Lammert, un loro amico artista che oltre a parlare inglese sa anche un po’ l’italiano. Camilla guarda meglio dalla finestra e scorge nella strada al di là del giardino un pulmino Wolkswagen completamente aerografato. Lammert deve essere l’uomo sulla trentina la cui tozza figura vestita di nero si staglia contro il furgone dalla testa in giù. I capelli insieme a goatie, baffi e basette hanno forma e colore più indistinti e si confondono con l’ocra della scritta Mijn Bulli [Bulli è il nome di un “mitico” modello di furgoncino della Wolksvagen, NdA] dipinta su uno sfondo rossiccio di nuvole e cielo al tramonto. Il risultato è che il proprietario del Bulli assomiglia in modo tetro ad una persona decapitata, un po’ improbabile come amico con cui uscire a mangiare. Camilla non ha preso altro che la colazione questa mattina, perché dopo la telefonata con Michele si è concentrata sulla ricerca dei voli, o forse perché nel

dubbio tra un pezzo di aringa cruda e un mini-sandwich con formaggio e cetriolino ha deciso per la dimenticanza totale del pranzo. E ora sono le due e mezza. Ma l’entusiasmo per la gita inaspettata mette a tacere il suo stomaco brontolone. Tra l’altro, è curiosa di vedere come farà il van ad arrivare a Terschelling: forse si farà crescere un paio di ali d’aquila triangolari come i basettoni di Lammert, o si trasformerà in un seabuggy [nome spesso dato in lingua inglese a piccoli battelli, da buggy, carrozza leggera, e sea, mare. NdA], anzi, un seabulli. Invece quando arrivano al molo, molto più realisticamente, i quattro decidono di parcheggiare lì e prendere il traghetto come semplici eggeri.

54.

Camilla fissa le onde e pensa alle lenzuola che vengono fatte serpeggiare nelle scene di teatro per rappresentare il mare. Sono proprio un buffo tentavo di rendere questo profondo respiro. Lammert sta vicino a lei, sul ponte, mentre Nanke e Joren hanno preferito un posto più riparato. “Io so che cosa stai ammirando. Il potenziale del mare”. “Il potenziale?” Camilla ha letto ovviamente Il tuo potenziale, questo sconosciuto e Il potenziale nascosto delle nostre facoltà inutilizzate, sempre al fine di riuscire ad impressionare i cacciatori di teste ai colloqui di lavoro. Ma il mare non è uno che cerca lavoro: se mai dà lavoro ai pescatori e ai naviganti. In questo senso un potenziale ce l’ha, un po’ come le fonti di energia. “Yeah … il potenziale: la forza che si risveglia”. “Be’, in effetti … questo mare fa pensare all’universo vivo”. “Hey, tu sei una ragazza inspirescionale. Che cosa immagini che potrebbe uscire dall’acqua?” Camilla non capisce che cosa possa voler dire inspirescionale. Ha sentito dire sensational, e spera che non sia quello che Lammert intenda. Le è già bastato Arancini con le sue avances, anche se in effetti Lammert è meglio di lui, meno appiccicoso sicuramente, forse anzi un po’ scivoloso, nel senso: sfuggente. Ed ha gli occhi azzurri come due pezzetti di vetro. Ma forse intendeva: aspirational. Camilla ha letto la parola aspirational nelle pubblicità degli orologi e di abbigliamento casual chic. Le viene in mente un aspirapolvere, ma con l’acqua proprio non c’entra. Se mai c’entra un’idropulitrice, la quale peraltro butta fuori un getto come un mostro getta vapore dalle narici, dunque non aspira. Tutto sommato, comunque, l’immagine è quella di un vortice, e dal vortice potrebbe uscire … “Un drago!”

Lammert sorride scivolosamente, cioè: un po’ di sfuggita. E dice: “Come un serpente, vero? Ti vorrei mostrare la mia ultima opera d’arte, prima di portarla in Toscana, ad una mostra internazionale di arte contemporanea.” Ad un certo punto è l’isola stessa che pare affiorare dalle acque come un serpente sdraiato sulla linea dell’orizzonte. Ma Camilla non osa più comunicare a Lammert le sue impressioni, perché il modo con cui lui dilata ed enfatizza qualsiasi sensazione la spaventa un po’. Per fortuna anche lui sembra essere un tipo contemplativo e non sollecita più la conversazione. La vista del porto è rallegrata dagli alberi delle navi, che da lontano sembrano un mucchio di stuzzicadenti disordinatamente conficcati nella sabbia bagnata. Poco dietro, si staglia la figura del faro Brandaris. Nanke, Joren e Lammert accompagnano Camilla a vedere il faro da vicino: “Anche in Italia probabilmente avete molti fari, per chi viene da queste parti il Brandaris è … da non perdere” dice Nanke. “E’ bellissimo, infatti. Ha una forma proporzionata, mi ricorda la Torre Garisenda di Bologna …” “C’è il mare, a Bologna?” si informa Lammert. “Veramente …” Camilla ha la sensazione di avere detto una colossale stupidaggine: in effetti oltre al fatto che a Bologna non c’è il mare, la Garisenda è di mattoni di colore scuro e pende, mentre questa costruzione è di pietra gialla e sembra diritta. Per non parlare dell’epoca storica, che sicuramente non coincide. “Venerdì sera vado in Italia con Bulli, perché devo portare alla mostra in Toscana la mia opera d’arte. Il viaggio dura 15 ore: parto intorno alle 9 e faccio molta strada di notte. Vorei arrivare al traforo del San Gottardo presto sabato mattina: l’anno scorso sono ato di pomeriggio e sono rimasto per ore nella coda dei turisti che fano vacanza in sud Europa ...” Simpatico, Lammert: ha cambiato discorso e Camilla si sente sollevata dall’imbarazzo. Può dimenticare Bologna e la sua gaffe.

“ … Quindi se tutto OK saro a Bologna alle undici. E’ famosa per la buona cucina. Fantastica pausa per lunch. Se c’é anche un faro … wonderful [meraviglioso, NdA].” “Veramente a Bologna non c’è il mare, - rettifica in fretta Camilla – ma vale la pena di andare alle due torri.” Infine lei deve diventare una guida turistica, quindi è bene iniziare ad esercitarsi. “Due? Due torri?” Sembra che Lammert sia colpito dallo spreco di monumenti. Per fortuna ai tempi nostri non si devono rottamare o eliminare tramite raccolta differenziata. “Sì, a Bologna nel Medio Evo le torri erano molte, ma servivano: erano praticamente delle case. C’è una stampa antica pubblicata su Wikipedia, dove le torri di Bologna assomigliano agli alberi delle navi qui nel porto: visti da lontano sono come dei pali conficcati nel suolo …” “Interessante! Quello che tu dici … sempre mi inspira delle opere d’arte.” Ecco che cosa significava inspirescionale. Inspirational. Già, sicuramente sca avrebbe subito capito.

55.

A tavola Nanke, Joren e Lammert si preoccupano che Camilla non resti isolata e parlano inglese. Camilla da parte sua cerca di far sembrare che capisca tutto, ma intanto pensa che un corso di lingua non le farebbe male. Proporrà a sca di parlare sempre in inglese, per fare esercizio. In realtà è stata un’iniziativa già tentata più volte, e invariabilmente interrotta “perché … aspetta: questo è urgente e importante” e perché di cose non urgenti o importanti da dirsi non ne hanno mai. Va anche detto che l’abbondante porzione di salmone che le viene servita, annegato in una salsetta agrodolce sfiziosissima, assorbe gran parte della sua attenzione. E’ ben più saporito dei pezzetti quasi invisibili sulla pizza al salmone che Camilla invariabilmente ordina in pizzeria. Quando poi arriva la torta di mele con una montagna di panna montata così genuina che al suo confronto qualsiasi altra crema di pasticceria parrebbe schiuma da barba, diventa praticamente impossibile concentrarsi su altri suoni che non siano mmmmmmh! Comunque le pare di cogliere ripetutamente le parole problem, Lex, look after, my artwork e si chiede se Lammert abbia dei problemi con la legge, forse a causa di una sua opera d’arte. Sembra che il fatto riguardi soprattutto il viaggio in Italia programmato per venerdì sera. Ad un certo punto Joren annuncia di avere un’idea che potrebbe aiutare allo stesso tempo Lammert e Camilla: lui potrebbe dare un aggio a lei sul Bulli fino a Milano. Camilla ha la sensazione che dovrebbe manifestare entusiasmo per questa proposta, ma in realtà non è troppo tranquilla. Le ritorna alla mente l’ansia di sua madre e – visto che in questo momento mamma non c’è – non le pare il caso di fare la spavalda: anzi. Forse è proprio il caso di essere prudente come un intero gruppo di genitori e nonni. E se l’opera d’arte fosse una scultura di gesso ripiena di cocaina? E se il tema fosse così sconcio da essere perseguibile perché turba

l’ordine pubblico, anche se visto di sfuggita dal finestrino di un van? Camilla si chiede che cosa potrebbe essere tanto osceno. Sinceramente non le viene in mente niente, e mentre fissa il vuoto alla ricerca di qualcosa di super-scandaloso si accorge che tutti la stanno guardando con una certa aspettativa. Quindi si affretta a rispondere: “Thanks! Fantastic!”[Grazie!Fantastico! NdA] … Eventualmente farà a tempo prima di venerdì a trovare qualche scusa per cambiare programma. All’uscita dal ristorante, lo scenario è meraviglioso. La sabbia sembra una materia irreale, ma il profumo del mare ed il vento fra i capelli richiamano prepotentemente alla realtà. Il riflesso del sole ricorda il colore caldo del bronzo, e viene esaltato dalle forme fantasiose delle nuvole. Camilla immagina gli eroi della mitologia nordica fra i raggi del sole: i potenti guerrieri Odino e Thor, che non hanno bisogno di lucidi muscoli in vista per dimostrare la loro forza, la giovane Freya, che affascina per la sua selvaggia vitalità e corre come l’aria che muove l’erba sulle dune. Se il disagio di Gaia a Milano era dovuto alle opprimenti convenzioni sociali che sentiva in famiglia, di certo ha potuto liberarsene quando si è trovata senza legami in questo posto dove non c’è bisogno di inseguire modelli artificiosi di bellezza e status. Le catene della sua ossessione si sono dissolte come la spuma delle onde, che si rompono lontano dalla spiaggia e formano sulla distesa liscia della rena una sottile lastra iridescente. A Camilla quasi dispiace di non avere nessun problema psichico da risolvere, perché sicuramente in questo momento ne potrebbe guarire. L’unico problema psichico di cui gli altri l’accusano è che non ha mai le idee particolarmente chiare su quello che desidera. Però ora sa, ad esempio, che vorrebbe condividere questo momento di sogno con qualcuno. Qualcuno che le sia più caro di questi amici, per quanto simpatici, conosciuti da troppo poco tempo … ed è un peccato che non possa mettersi a telefonare proprio ora. D’altra parte sarebbe un po’ strano chiamare sua madre o Debora per dire che sta vivendo un momento di sogno. Loro sospetterebbero che ha appena fumato una canna. Perché alle cose entusiasmanti vere non crede mai nessuno, ma poi c’è chi cerca di evadere con cose esagerate inventate apposta.

56.

“sca? Indovina da dove sto chiamando…” “Non so: ti sei districata dal tormentone di quella famiglia contorta?” “Già! Ti avevo già raccontato qualcosa. Il tormentone si è dipanato nel senso che ora sono ad Amsterdam ed ho visto già la piazza della pesa, il parco, i canali, le house-boat da fuori ma ora ne vedrò una dentro, perché ho conosciuto un artista che espone le sue opere dentro una barca nel canale.” “Uao! Meglio di così … ma sei sicura di non avere fatto un salto anche in qualche coffee-shop?” “Uuuh, ma quanto siete convenzionaaaaali! Pensa che neppure questo artista, che si chiama Lammert, ha mai usato troppo le sostanze. Dice che la sua è slowart nel senso che se non gli viene l’ispirazione, pazienza, ma non ha voglia di stimolarla artificialmente.” “Vorrei capire che cosa intendi per troppo.” “Intendo che ha detto: My, ain’t too keen on drugs here.” [“Ehi, non mi piacciono troppo le sostanze qui” NdA] Ammetto che non capisco molto di quello che dice …” “Strana frase. Sembra più probabile che abbia detto: My, ain’t you keen on drugs here? Cioè lo chiedeva a te.” [“Ehi, non ti piacciono le sostanze qui?” NdA] “Adesso mi metti in ansia. A proposito: ha parlato anche di Lex e di problems: tu che sai bene l’inglese, pensi che voglia dire che fa qualcosa di illegale? Sono un po’ preoccupata perché ha intenzione di accompagnarmi in Italia con un camioncino”. “Se stava parlando di camion può aver detto: My, ain’t you keen on trucks, dear? [“Ehi, non ti piacciono i camion, cara?” NdA] Quanto a Lex … forse è un nome

proprio: la legge non c’entra per niente. Lex è latino, in inglese si dice Law.” “A. Questo capita quando si studia l’inglese a scuola, in effetti. Credevo che Law fosse una parola volgare, come cesso in italiano.” “Quello è loo, si pronuncia con la u.” “Una volta ho visto un film in lingua originale con la trama di un libro di Grisham. Mi pareva strano che parlassero sempre di andare in bagno, in effetti. Invece era tutta una questione di avvocati. Menomale.” “Sì, ma tu vai dall’Olanda all’Italia in furgone da sola con questo tipo senza capire una parola di quello che ti dice? Ti piace, almeno?” “Ma va’! Potrebbe essere mio zio!” “Davvero? A chi somiglia, a tuo papà o a tua mamma?” “A nessuno dei due, fortunatamente. Dico: potrebbe essere mio zio per l’età.” “Fortunatamente per loro o per lui?” “Fortunatamente per me.” “Ah, già. Dimenticavo che devi farci un viaggio in un van.” “Appunto. I miei quando ero bambina e soffrivo il mal d’auto nelle strade di montagna non si fermavano neppure un secondo: mi ordinavano semplicemente di guardare fuori dal finestrino”. “Si, ma se attraversate la Germania e la Svizzera in autostrada e poi ate sotto il traforo del Gottardo non ci sono tante curve.” “Menomale. Anche perché viaggeremo di notte e dal finestrino non si vedrà niente. E poi i finestrini dietro sono tutti verniciati.” “Di notte? Camy, va bene fidarsi della gente, ma sei sicura di non rischiare … ?” “D’accordo, ci penserò bene. Oggi vado a vedere la sua opera d’arte. Pare che lui abbia bisogno di qualcuno che lo accompagni per il fatto che trasporta questo … non so neppure io se è un quadro o una creazione d’altro genere. Se fosse …

da paura, lascio perdere.”

57.

La house boat di Lammert non è di legno antico con ottoni e timone in vista. Praticamente assomiglia ad una casa-vacanza come quelle che Camilla ha visto spesso anche dalle parti di casa, e che in effetti sono spesso date in affitto a turisti stranieri durante l’estate, con l’unica differenza che sta sul canale e non su un prato. Tuttavia Camilla è sinceramente incuriosita ed anche ammirata per la cura con cui sono stati messi fiori alle finestre, e per l’atmosfera moderna del locale d’ingresso, dal quale si accede alla galleria d’arte estesa su tutto il piano terra. Lammert accoglie Camilla con grande cordialità: “Per fortuna non c’è gente, adesso. Ho avuto visitatori tutta la mattina, e siccome Lex è all’ospedale, sono qui solo.” Ora è chiaro: sca aveva ragione. Lex è una persona. “Mi spiace tanto per Lex: si riprenderà presto?” “Non lo so. Purtroppo non posso rimandare il viaggio in Italia: lui stesso non vorrebbe mai che rinunciassi ad esporre la nostra opera a quella mostra. Proprio perché sta male ha bisogno di questa soddisfazione per non deprimersi. Vuoi vederla subito o preferisci fare un giro per vedere le altre, prima?” Camilla ha già ispezionato i muri con gli occhi, cercando quadri, ma benché le pareti siano vivacemente colorate non sembra che le opere d’arte siano quelle. Camilla fa un o in avanti per poter sbirciare nel locale adiacente, totalmente buio, ed inciampa in qualche cosa di spigoloso sul pavimento: non cade solo perché Lammert è pronto ad afferrarla. “Scusa” dicono Camy e Lammert l’uno all’altra, in coro. E lui prosegue: “Non ti avevo avvertito che stavi ad un centimetro dall’opera: De droom van de gekko,

che significa: Il sogno del geco”. Il cubo sul pavimento è una teca, bassa ma lunga e larga, con il coperchio trasparente ed il fondo di erba e sassi. Spaventato dall’urto, un geco si sta muovendo a scatti fra le pietre, ed in sincronia con i suoi movimenti, diversi fasci di luce colorata si alzano dai quattro angoli della teca e proiettano sul soffitto nero ghirigori color sabbia. Da due altoparlanti situati negli angoli esce un rumore inquietante come di frana o di ghiaia che rotola, ad un volume sempre crescente, che poi cessa di colpo. “Impressionante!” dice Camilla, che dallo spavento stava quasi per sobbalzare e planare sulla teca stessa, con relativo sfondamento del coperchio e atterraggio sul povero geco. Il seguito sarebbe stato molto movimentato, quasi come la frana del ghiaione. Lammert sembra soddisfatto e conduce baldanzosamente Camilla nell’altra stanza, quella buia. Questa volta lei scruta attentamente il pavimento, per quanto possibile, per evitare sorprese: varcata la soglia, un odore di acqua e vegetali marci la insospettisce. Essendo in una house boat, in realtà, si chiede se non ci sia qualche problema di riflusso dallo scarico del lavello della cucina. Un rumore si accompagna strategicamente all’olezzo: plic … plac … ciaf .. ciaf … non si capisce se assomigli a i nel fango, gocce che cadono in una grotta o remi di canoa in una palude. All’improvviso un ologramma gigantesco emerge nel centro della stanza: rappresenta un occhio di coccodrillo, giallo con la terribile pupilla ellittica che sembra pulsare. Al primo movimento di Camilla l’ologramma cambia e gli occhi diventano tanti come quelli sulla coda dei pavoni. Il rumore si fonde in una specie di sciacquio di onde e l’ologramma si trasforma in una specie di danza vorticosa di code dondolanti … non di pavoni, purtroppo, bensì di coccodrilli. Camilla ringrazia il Cielo di essere al buio, così probabilmente Lammert non può notare che è impallidita e che sul suo viso si è disegnata involontariamente un’espressione abbastanza disgustata. “Questa è De dans van de crocs, La danza dei coccodrilli. Che cosa ti ricorda?” Camilla ricorda nostalgicamente i cartoni animati con gli occhi di coccodrillo poco diversi da quelli di Pippo quando ha sonno o di qualsiasi altro animaletto con le palpebre semi-abbassate. Perché non ha pensato di fare la baby-sitter,

come lavoro da studentessa? I coccodrilli nella canzoncine sono molto più addomesticati: “E il coccodrillo come fa … non c’è nessuno che lo sa …” In effetti neppure Lammert ha potuto far risuonare il verso del coccodrillo dai suoi diabolici altoparlanti. “Mi ricorda qualcosa di romantico come … Il canto del pavone, ma per l’appunto i coccodrilli non cantano: danzano”. “Amazing! Inspirational …” si entusiasma Lammert. Menomale. Perché ora che si riprende dallo shock Camilla si rende conto che il titolo era Il canto del cigno, non del pavone. Aveva cercato qualcosa di parallelo alla danza del coccodrillo. Comunque ci ha azzeccato anche così, se l’obiettivo era dire qualcosa di gratificante per l’artista. “Anche l’opera da trasportare in Toscana è così …” Camilla non sa che aggettivo utilizzare. Per fortuna c’è di mezzo la barriera linguistica, e Lammert può credere che lei stia cercando un termine facile per esprimere un pensiero complesso. Comunque non la lascia finire ed interviene: “Così difficile da montare? Sì, proprio così. Il problema è che nel furgone non c’è la corrente elettrica, come nello spazio espositivo. Gli effetti speciali sono sincronizzati ma senza la corrente elettrica non posso tenere sotto controllo l’apertura e la chiusura della teca, per esempio. Di solito viaggiamo in due: Lex ed io, che sempre lavoriamo insieme. Così mentre uno è alla guida, l’altro sorveglia il protagonista. Ora vedrai.” Il locale che ospita l’opera, questa volta, è piccolo, con le pareti bianche. Sembra ancora più angusto in quanto al centro c’è un grosso pilastro, sormontato da un acquario cilindrico. Il lato superiore non è un coperchio, ma una specie di elica che assomiglia ad una porta girevole messa per traverso. L’acquario è talmente grande che tra i muri della camera ed il vetro lo spazio è ristretto: lo spettatore deve quasi strisciare intorno al cilindro trasparente. Anche questa volta lo scenario, all’interno, è desertico. Camilla non riesce a vedere quale sia il protagonista, ed incomincia a sperare che l’animale non ci sia del tutto, visto che - a quanto pare - si tratta sempre di rettili. Respira di sollievo, visto che l’aria qui non sembra che sia utilizzata per comunicare sensazioni. Quasi subito quella che sembrava semplice terra incomincia a muoversi: c’è un serpente, mimetizzato alla perfezione, che si snoda lentissimamente dalla posizione acciambellata in cui forse stava sonnecchiando. L’elica sovrastante ruota in sincronia, mentre un

ologramma compare sul vetro concavo del fondo: all’orizzonte del paesaggio desertico sorge un mostruoso sole artificiale, a forma di lampadina, che in realtà è la figura enorme di un orecchio. Lammert si avvicina a Camilla e lei si scosta leggermente: così la sua prospettiva sul rettilario ruota. Le spire della serpe si allargano ancora ed ecco tramontare l’orecchio ed alzarsi un’altra forma rosata, che Camilla spera sia solamente l’immagine di una grossa bocca o tutt’al più una lingua. Nel frattempo Lammert le annuncia il titolo: “Het ontwaken van de zintuigen, Il risveglio dei sensi.” Un istante dopo, nella stanza dirompe il suono del grillo di notte con l’eco, il segnale che è arrivato un messaggio sul cellulare di Camilla. “No: questo suono non è adatto” commenta Lammert. “Scusa … è il mio telefono, in effetti …” risponde Camilla, ben felice di potersi allontanare prima che i prossimi ologrammi alludano ad ulteriori risvegli.

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Nuovo messaggio da 3285641333 Fra dice ke viaggi da sola con 1 ke nn conosci da NL. Okkio. Prendi volo. Ti presto $.

Camilla è ancora nella house boat con Lammert quando legge il messaggio di Debora. L’artista nel frattempo le ha spiegato che tra lui e l’amico, quello che ci sa fare con i serpenti è Lex: lui si occupa degli aspetti tecnici, come i sensori che azionano la proiezione degli ologrammi, il meccanismo del coperchio girevole, eccetera. Il coperchio ha la possibilità di essere messo in una posizione che impedisce completamente il aggio al boa, ma è meglio non sigillare il terrario perché deve essere areato. L’ideale sarebbe che una persona sorvegliasse il rettilario, anche per riempire la vaschetta dell’acqua in caso si rovesci per una curva o uno scossone, e chiuda il coperchio solo se vede che è necessario. “Si potrebbe mettere il serpente in un terrario separato, più adatto al viaggio, con un coperchio che faciliti l’aerazione.” Suggerisce Camilla, sfoderando le sue virtù di protettrice degli animali. “Sì, ma un rettilario costa molto, il serpente ormai si è abituato a quello dove sta … poi ti devo confessare una cosa … non sono capace di spostare un serpente da una parte all’altra. Tu lo sai fare?” “No, però posso versare l’acqua con una brocca e chiudere il coperchio, se mi spieghi come si fa, se non mi sono addormentata nel frattempo e … se non c’è bisogno di guardare troppo dentro la teca. Non si sa mai … il serpente potrebbe ipnotizzarmi.” Con questo, Camilla ha deciso che aiuterà Lammert, anche se la sua opera d’arte non le piace gran che. Ma forse non piace neppure a lui, a pensarci bene.

“Debora?” “Camy! Tutto a posto? Hai letto il mio messaggio?” “Sì, e ti ringrazio. Sei un’amica. Comunque non è il caso di preoccuparsi: puoi rassicurare anche sca.” “Ti sei presa una cotta per questo ragazzo?” “Non è un ragazzo, è molto più grande di me. E’ solo che fa l’artista e mi è simpatico: è amico di questa gente che mi ha ospitato e … voglio aiutarlo, aiutare lui e Lex, con cui fa le opere d’arte, e che ci rimarrebbe troppo male se saltasse la loro partecipazione ad una mostra collettiva …” “Che cosa c’entra questo con il tuo viaggio in furgone?” “C’entra perché l’opera d’arte… diciamo che ha bisogno di essere sempre sorvegliata. Lex non può andare perché sta in ospedale e allora accompagno io Lammert.” “La partner del tuo amico? Come mai è in ospedale? Deve avere un bambino?” “No, Lex è un ragazzo … un uomo … non so, comunque è un lui.” “Ho capito. Allora sto tranquilla. Cioè … uh! stai attenta, comunque. Non … innamorarti, non si sa mai.”

59.

“Camilla?” “Ciao, mamma!” “Allora il telefonino prende!” “Sì, in effetti prende.” “Dove sei?” “Sono a Leeuwarden, in Olanda. Pensa che qui è nata Mata Hari: ho visto la sua statua. Lei non era bella: aveva un nasone ed era grassottella almeno quanto me … in compenso la statua è così graziosa … Meglio lasciare statue che fotografie, per ricordo. E poi è meglio non farsi troppo notare: siccome era famosa, l’hanno condannata a morte per spionaggio e invece era innocente, poverina. Si vede che quelli del controspionaggio erano poco furbi: non hanno capito che lei non era una spia!” “O forse erano così furbi che … lasciamo perdere, Camy. Tu stai bene? Hai bisogno di qualche cosa?” “Sì, no … cioè: sì, sto bene; no, non ho bisogno di niente. E’ bellissimo! C’è una torre pendente anche in questa città, come a Pisa e a Bologna … in effetti deve essere difficile costruire torri diritte. Dappertutto le torri pendono! C’è di buono che stanno in piedi lo stesso, quindi evidentemente non è poi così necessario costruirle diritte.” “Credo che le costruiscano diritte e si mettano a pendere dopo”. “A. Allora … se le costruissero storte cadrebbero di più o si raddrizzerebbero?” “Mi sa che cadrebbero, Camy. Ma dimmi ancora: sei sicura di stare bene? Quando ritorni?”

“Torno sabato. Non chiedermi il volo però. Adesso non so gli orari. Diciamo che in un modo o nell’altro ci rivediamo a Malpensa alle sette e qualcosa. Va bene?” “Sabato … che bella combinazione! Vado a prendere Michele alle diciotto e cinquantacinque. E qualcosa spero non siano altri cinquantacinque minuti!” “No, no: saranno dieci minuti, un quarto d’ora … allora ci vediamo lì, agli arrivi.” “Aspetta, sono davanti al PC e posso vedere subito. Ah, sì, un Easy Jet atterra alle sette e un altro alle sette e un quarto. Il tuo sarà uno dei due.” “Ecco, perfetto. Speriamo che il volo di Michele sia in orario.” “Be’ … se non è in orario lo aspettiamo, no?” “OK. Allora … in effetti potrebbe essere in ritardo anche il mio: per favore aspettami, in quel caso.”

60.

“sca? Ciao, sono Debora.” “Ciao! Sei in vacanza?” “Sì, sono al mare. Tutto bene, mi diverto. E tu?” “Mi rilasso abbastanza, l’agriturismo funziona: mi sto rimettendo veramente in forma. Ho sentito Camilla: è in giro per l’Olanda, se la gode.” “Sì, speriamo che non si cacci nei guai, però. E’ sempre così candida in tutto, ma secondo me non si accorge neppure se c’è qualche pericolo.” “Per la traversata dell’Europa in Bulli? Ammetto che mi sono preoccupata anch’io, ma ripensandoci l’ho sentita così entusiasta … alla fine che cosa vuoi che le capiti?” “Che ne so: viaggia da sola tutta la notte con un artista che secondo me è bi-sex e che ha il compagno in ospedale … non vorrei che si trattasse di qualcosa di serio …” “Che cosa vuoi che ci sia di serio fra Camilla e un artista mezzo matto? Camilla deve trovare uno come lei … oppure resta single per sempre, io del resto la vedo. E’ troppo … non so … troppo … insomma: non la vedo incasinata in una vita di coppia.” “Il fatto è che mezza matta lo è anche Camy, quando ci si mette. Ma io dicevo serio il motivo per cui quel tipo sta in ospedale. D’accordo, non sono affari nostri. Però se Camilla è coinvolta … un po’ mi interessa, tutto qui.” “Non possiamo andarla a prendere in Olanda, giusto?” “No. Comunque teniamoci in contatto. Parte domani sera: le telefonerò ogni … paio d’ore. O anche più spesso. Tanto non riuscirò a dormire sicuramente.”

“Magari invece è la volta buona e lei non avrà nessuna voglia di essere disturbata. Forse è meglio mandare messaggi e vedere se rispondono.” “D’accordo. Anzi: le chiedo di scrivermi un SMS ogni tanto per tranquillizzarmi. Se non ricevo nulla, chiamo.” “Chi chiami, l’Interpol?” “No, chiamo lei.” “Fammi sapere se hai bisogno di un’interprete, anche se non parlo olandese. Possiamo fare una conference call alle tre del mattino di sabato.”

61.

Sono ati solo pochi giorni, ma quando Camilla pensa alla sua vita di prima in Italia le pare una storia vecchia, quasi di un’altra persona. C’è ancora così tanto da vedere ed il posto è così bello, che l’unico motivo perché lei debba ritornare così presto è che vuole dare i soldi a Michele, così mamma non saprà della multa per i motorini sequestrati ad Ibiza. Gaia e Joren sono stati ospitali ma le hanno lasciato la massima libertà, quindi lei è stata sempre fuori e loro le sono rimasti totalmente estranei. Del resto, erano degli sconosciuti sino alla settimana scorsa. Nancy, intanto, sta prendendo confidenza con la casa e Camilla ha l’impressione che Gaia si sia già pentita di avere programmato la sua permanenza sino alla fine del mese. Questa mattina ad esempio Nancy insisteva perché Nanke cambiasse la disposizione dei mobili nel salotto comune al piano terra, e non è stato per niente facile distrarla dal suo progetto. Quando Nanke è andata fuori dalla stanza con la scusa di una commissione, la Signora Minnelli ha incominciato a trascinare il divanetto rivelando una macchia incrostata sul pavimento di simil-parquet sottostante, una calza anti-scivolo appallottolata, qualche forcina e un vecchio biglietto per un museo di Amsterdam. Camilla in quel momento è entrata disgraziatamente nel salotto e Nancy ha preteso che provasse a cambiare anche la posizione della lampada a terra, ed il fatto che il cavo non fosse abbastanza lungo per arrivare alla presa di corrente se non attraversando la stanza in diagonale non l’ha scoraggiata. Si è invece meravigliata che in tutto il cottage non ci fosse una prolunga di cinque metri da dipanare lungo il perimetro del locale, preferibilmente sotto una canalina fatta costruire per l’occasione. All’improvviso, fortunatamente, ha avuto bisogno di andare in bagno e Camilla ha rimesso tutto l’arredo dove si trovava inizialmente. Purtroppo - non sapendo dove trovare un aspirapolvere o almeno una scopa - ha dovuto riferire l’accaduto a Gaia, per farsi dare un attrezzo acconcio ad eliminare le tracce di polvere sul pavimento.

“Mi ero dimenticata del suo lato predispotente” commenta Gaia, e Camilla ha continuato a chiedersi per un po’ se intendesse prepotente, indisponente, dispotico, o semplicemente che vuole predisporre tutto. Nel pomeriggio, mentre prepara la valigia, Camilla sente le voci di Nancy e Gaia che discutono a volume trattenuto ma comunque udibile dalla stanza accanto,. “Questo non è un posto chic. Joren è una persona normalissima, e stiamo bene insieme. Credo che voglia bene anche a Nanke più o meno come a una figlia – o meglio a una sorella minore, qualcosa del genere. Mi sono costruita la mia vita: se ti va di venirmi a trovare OK, ma non cercare di cambiare le cose.” “Siamo tornati in Europa perché voi poteste stare nei migliori ambienti: i soldi non mancavano … e non capisco perché hai voluto sprecare tutto quello che ti abbiamo dato, in questo modo.” “Non disconosco quello che mi avete dato. Sono contenta della mia vita ora, probabilmente è grazie a voi, anche. Che altro si può desiderare?” “Dico soltanto che con qualche tocco di classe, il tono dell’albergo potrebbe migliorare. E’ per aiutarti …” Gaia non alza la voce, ma parla più in fretta, controllando meno la correttezza del suo italiano arrugginito: “Hai sempre avuto questa minia della upper class. Non ci tengo, OK? Sono andata lontano, così non dovevate vergognarmi di me, che ero totalmente negata a questa famosa classe. Ho provato ad acquirarla e alla fine ho rinonsiato … per fortuna! perché così sono surviva. Se sei venuta qui per appesterarmi con questa obsessione, puoi ritornare in Italia con i vostri fantastici status symbols.”

62.

Camilla spera che non la spediscano su un aereo questa sera stessa insieme a Nancy: anche se il viaggio sarebbe in effetti molto più comodo, non vuole deludere Lammert all’ultimo momento. Perciò scende le scale in punta di piedi e prende la bicicletta che Nanke le ha detto di usare pure al pomeriggio, quando lei è impegnata nella fattoria. Camilla pedala per questo ultimo giro in bici, riempiendosi gli occhi di prati e fiori: si chiede se in effetti un paesaggio possa essere più o meno di classe, come una persona o una casa. Le piace questo mare superbo, ma anche le sue montagne in Italia, maestose pure quelle. Comunque, né l’uno né le altre hanno l’aria di mettersi in mostra: sono lì, semplicemente, e per chiunque. Le piacciono i monumenti e le opere d’arte, di cui vorrebbe fare apprezzare il fascino e la bellezza a tutti i turisti del mondo. Ma anche qui non è una questione di posizione sociale, almeno al giorno d’oggi: i monumenti si vedono gratis, i musei costano meno che andare a un concerto rock. Tra gli animali, Camilla predilige quelli di campagna, e poi i cavalli, ma forse ancor più gli asini … quindi è chiaro che i suoi gusti sono protesi ad una volgare semplicità. Preferisce sicuramente i pastori tedeschi a quei levrieri magrissimi che fanno venire freddo solo a guardarli. Dei gatti, i più simpatici sono quelli che popolano il cortile di casa di mamma, che portano sul mantello di pelo tutti colori dei loro ascendenti sino alla quarta generazione, mentre il gatto dei genitori di Debora, che sembra una statua egizia, ha qualche cosa che istintivamente … allontana. Forse se vorrà fare la guida turistica dovrà imparare a gestire questa ione per la classe, perché tra i clienti sicuramente qualcuno ci terrà. Il problema è che a Camilla piace ridere, e la gente che ci tiene allo status ha un senso dell’umorismo un po’ diverso. Un bel po’ di anni fa, mamma aveva fatto un tentativo per mandare Michele ad una scuola privata: era ancora il periodo in cui i genitori di Camilla stavano insieme, e la decisione era stata presa perché il papà aveva avuto un anno

fortunato con la sua attività di vendita di spazi pubblicitari. Per ironia della sorte, però, la fortuna se ne era fuggita appena Michele era stato iscritto. Dopo un paio di mesi i genitori dei compagni di Michele avevano deciso di fare una festicciola fra genitori. Mamma non poteva andare perché faceva dei turni serali come hostess ai convegni negli alberghi, e siccome non era fissa non poteva rinunciare a nessuna chiamata. Però aveva chiesto a papà di andare, almeno lui, per conoscere quella “bella gente”. Papà aveva accompagnato Camilla dal dentista il pomeriggio e lei si trovava ancora in macchina con lui, perciò era andata alla festicciola, sperando almeno di scroccare un gelato. Era particolarmente depressa perché sapeva che – oltretutto - il dentista aveva assorbito gran parte delle scorte finanziarie della famiglia. E il papà aveva detto che la retta dell’istituto privato era insostenibile e Michele avrebbe dovuto cambiare scuola quanto prima. Erano arrivati alla festa nella villa di un genitore, sentendosi come i personaggi finiti per sbaglio sul palcoscenico di un'altra commedia. Tutti quei signori si erano presentati declamando anche il lavoro – o meglio la professione – di ciascuno. Papà aveva detto che lui e mamma erano dei free-lance con poco lavoro, vale a dire equivalenti a due disoccupati che non prendevano neanche il sussidio. Camilla era piccola e non sapeva il significato di queste espressioni, ma aveva capito che era una frase per ridere e l’aveva trovata divertentissima. Del resto, tutte le volte che il papà diceva una battuta, lei la capiva, nel senso che le veniva da ridere, anche se non coglieva esattamente il senso delle parole. Ma quei signori della festa avevano avuto la reazione opposta, perché sapevano benissimo che cosa voleva dire “free-lance”, “sussidio”, “disoccupazione” eccetera, ma non avevano riso per niente, anzi sembravano addirittura in imbarazzo. E quindi Camilla rimane dell’idea che stare in classi alte non è né divertente né particolarmente bello. Il serpente di Lammert, per esempio, ha una certa classe ma bello non è, mentre il Bulli è piuttosto pacchiano, ma è divertentissimo e Camilla è contenta di attraversare l’Europa a bordo di quello, nonostante – appunto - la presenza del boa.

63.

La sera rimane ancora chiara, con una luce particolare. Camilla sa che rimpiangerà questa luminosità un po’ madreperlacea, perché in Italia o è giorno o è notte, e in mezzo c’è il tramonto colorato. Qui la notte invece non si decide a venire, e Camilla non vorrebbe decidersi a partire. Nancy sta tentando ancora una volta di spostare i mobili in salotto. Camilla ha già pronta la sua valigia e deve dare un saluto a tutti. Cerca di fare più in fretta che può, sia perché non deve perdere il treno per Amsterdam, dove ha appuntamento con Lammert, sia perché non le piacciono gli addii. Gaia e Nancy le garantiscono che questo è un arrivederci, ma Camilla non è nemmeno tanto sicura che sia ciò che desidera. Alla stazione di Amsterdam, Lammert è puntualissimo. “Che cosa fa il serpente?” chiede Camilla appena salita sul Bulli. L’odore all’interno non è dei migliori, e lei si chiede se i serpenti puzzino. Di solo sono gli animali a pelo che emanano odore di selvatico, però in effetti anche gli uccelli non scherzano da questo punto di vista. Dei serpenti sinora non ha esperienza. Comunque potrebbe essere anche tutto lo scenario di sassi e terra o … non osa pensare a eventuali topi che costituiscono le scorte alimentari del boa. Ma ora non è il caso di avere ripensamenti: le tocca resistere, si tratta solo di una decina di ore, infine. “Sono preoccupato perché non mangia più da una settimana … anche quando sei venuta da me, infatti, stava troppo fermo. Gli occhi sono appannati e la pancia rosa. Forse sta facendo la muta … proprio ora che c’è l’exhibition [mostra, NdA]. Ho messo una piastra riscaldante sotto il terrario. Va a batteria. Spero non problemi. Uccellini surgelati sono pronti, fuori la busta termica: li potremo dare se avrà fame.” Camilla spera soltanto di essere di turno alla guida quando sarà il momento di dare da mangiare al boa. Anche se guidare un furgone non le capita tutti i giorni e per il momento se la sente solo di andare in autostrada, a patto che non ci siano

imprevisti. Guidare in autostrada è come camminare con delle pantofole abbastanza larghe: anche una persona molto grassa ce la fa, specialmente se deve andare soltanto diritto. Camilla osserva bene i movimenti di Lammert alla guida, e ascolta il motore. Ha sempre avuto empatia con i mezzi di trasporto, e questo Bulli le è stato simpatico sin dal primo momento che l’ha visto. C’è spazio fra i sedili anteriori e quelli posteriori: lì è stato sistemato il terrario con il boa, e ancora c’è spazio su un ripiano che fa praticamente da tavolo. Un PC portatile sta sul ripiano, con una chiavetta per internet pronta all’uso. Camilla avrebbe un gran voglia di cercare delle istruzioni, possibilmente in italiano, su come si deve badare ad un boa. Il serpentone in effetti non ha un aspetto molto arzillo: sta acciambellato nella vasca dell’acqua, con gli occhi appannati. “Se sta mutando pelle, che cosa si deve fare?” “C’è libro su allevamento di serpenti nel borsone. Non ho letto perché di solito è Lex che si occupa di boa.” “Posso guardarlo, finché guidi tu?” “Certo, però è in olandese, non so se comprendi … per fortuna ha molte figure.” “Già … forse però non bastano, le figure” Camilla avrebbe sicuramente voltato in fretta qualsiasi pagina con figure di serpenti, dunque sarebbe arrivata presto in fondo al libro, ma senza imparare gran che. “Posso cercare qualcosa sul web?” “Yeah, sicuro. Quando finito, lascia Homepage di Hotmail, così poi ci scambiamo e vedo mio e-mail”. Camilla cerca le pagine in italiano che trattino la vita dei serpenti e la muta, e viene ad apprendere che il serpente, se ha mangiato controvoglia, può addirittura vomitare. I consigli degli esperti mettono in guardia contro lo stress per la povera bestia nel momento delicato del cambio-pelle. Il boa le sembra poco stressato, a dire il vero, ma senza dubbio ha un’aria infelice.

“Lammert, leggo su internet che non dobbiamo assolutamente dare da mangiare al boa: potrebbe addirittura rimettere…” “Meglio così: più facile. Peccato buttare via gli uccellini. Li darò a sco, mio amico italiano che fa cuoco creativo: viene alla mostra e li usa per esperimentare nuova ricetta”. Camilla incomincia a sentirsi un po’ come il serpente. O è lui che la ipnotizza con quegli occhi spenti e bluastri, o la pelle le si sta accapponando all’idea della ricetta creativa di sco. E anche lei, in effetti, ha un po’ di nausea. All’improvviso le viene in mente che la suoneria del suo cellulare potrebbe dar fastidio al boa, quindi pensa di cambiarla. Almeno quella dei messaggi, che ha il suono del grillo di notte. Scorre fra i vari suoni, quando un sobbalzo del Bulli fa schizzare fuori dalla vasca un bel po’ di acqua. Il serpente si muove infastidito. “Lammert, vuoi un cambio alla guida? Qui resta solo da aggiungere un po’ d’acqua nella vasca, penso che la si possa anche versare dall’alto. Per lui sarà un po’ come un temporale estivo, sicuramente ai tropici ce n’è così, di acquazzoni, e non dovrebbe fargli male. Ho già messo il portale di Hotmail sul PC.”

64.

Sono ate alcune ore, ma Camilla è ancora al volante. Le è sempre piaciuto andare in autostrada di notte. Sembra che non ci siano limiti: non si sa che ora sia, altro che dal display sul cruscotto, che però sul Bulli non c’é. Di giorno si vede bene il nastro d’asfalto stagliato nella campagna, ma di notte c’è solo l’inerzia che porta avanti, su un percorso che potrebbe essere anche infinito, scandito dai fari delle macchine che procedono in senso opposto, anche quelle senza numero. A volte sono poche, a volte un po’ di più. Anche i rumori sono diversi, a dire il vero sono per lo più assenti. Camilla sente ogni tanto uno strano tonfo provenire da dietro, ma non dovrebbe essere il boa, e quanto a Lammert ha fatto un tonfo subito dopo avere spento il PC, nel senso che la testa gli è caduta sulle braccia incrociate sul piano d’appoggio. Ed ora russa aritmicamente, con qualche verso più sonoro ogni tanto e dei soffi che a dire il vero potrebbero essere anche del boa, ma Camilla spera che siano di Lammert. Sono rumori che innervosiscono parecchio, ma almeno hanno il vantaggio di tenere sveglia Camilla. Suona il telefonino, ma Lammert non si sveglia. Camilla l’ha lasciato sul sedile quando si è rovesciata l’acqua, mentre cambiava la suoneria dei messaggi. Sono le due di notte: chi può essere a quest’ora? Alla prima piazzola ferma il Bulli e va a recuperare il cellulare. La chiamata senza risposta è di Debora, e ci sono altri 5 messaggi sempre da lei, che chiedono notizie e conferma che tutto sia OK. Strano che Camilla non li abbia sentiti! Ma in effetti aveva cambiato la suoneria e non sa neppure quale abbia scelto, perché si è interrotta quando l’acqua si è rovesciata nel terrario. Comunque ora è urgente richiamare: “Deb?” “Camy! Tutto a posto?” “Sì, sono in Germania da qualche parte. Credo che tra poco arriveremo al

confine con la Svizzera. Ma tu non dormi?” “Sì, ora vado a dormire. Mi raccomando, tieni il mio numero pronto, così se mi devi chiamare basta che premi un tasto.” “Grazie, Deb. Sono un po’ sola qui nel buio con il serpente mezzo stordito e Lammert che ronfa. Mi ha fatto piacere sentirti, buona notte.” Le ha fatto piacere, ma stranamente tutta la sua situazione le sembra improvvisamente assurda e stancante. Riprendere guidare ora sarebbe una fatica insostenibile. C’è un piumino su sedile posteriore, forse Lammert l’aveva preparato per lei. E in ogni caso Camilla lo avvolge intorno a sé e si addormenta di colpo.

Dicono che il mare nei sogni sia il simbolo dell’affettività. Fatto sta che Camilla sogna il mare in tempesta, con cavalloni e lampi. Cerca di scampare alla tempesta ma quando si muove sente una strana pressione attorno alla vita. Mentre si sveglia, le ritorna in mente il boa, Lammert, il Bulli, e spera che quello strano abbraccio sia di Lammert che magari sta sognando di stare con un’altra persona, piuttosto che del serpente. O che sia Lammert che vuole stare proprio con lei? Ops. I lampi, comunque, continuano anche fuori dal sogno. Camilla batte le palpebre più volte e finalmente si raccapezza: Lammert sta ancora dormendo appoggiato al ripiano. Il serpente nella teca non si vede. Non c’è rumore di pioggia, bensì uno strano rumore di sfregamento. Una luce bluastra lampeggia fuori dai finestrini. Qualcuno picchia sui vetri, e Camilla si accorge che non si può alzare perché il piumino le si è attorcigliato attorno: da una parte è impigliato nella fessura del sedile, dall’altra è bloccato dal suo stesso peso. Rotola su se stessa per potersi liberare. “Polizei” dice una voce, mentre lei sta ancora cercando di aprire la tendina.

65.

Lammert sta cercando di spiegare che ha tutti i documenti in regola, sia per sé, sia per il van, sia per la sua opera d’arte. Purtroppo Lammert non parla tedesco, e i poliziotti non parlano olandese, però con un inglese elementare la comunicazione sembra funzionare. E in più Camilla riesce a capire che gli agenti hanno dei dubbi sul fatto che le opere d’arte possano are la dogana tra UE e Svizzera senza problemi. Questo, però, non è di loro competenza, perciò infine lasciano la piazzola. Il seguito della strada è una discesa ripida, e la macchina della polizia scompare velocemente. Ormai sia Camilla che Lammert sono ben svegli, e decidono di riprendere il viaggio. Lammert si mette al volante, ma il furgone non parte. Camilla si rende conto di avere lasciato i fari accesi, perché quando si è fermata pensava di sostare solo per una telefonata. Poi si è addormentata troppo in fretta per pensare di spegnere i fari. “No problem, vedrai che parte - continua a rassicurarla lui – non è stato lungo tempo.” Camilla si sente troppo in colpa, e si offre si scendere a spingere. “No, scendo io, tu guida!” Lammert scende e spinge il Bulli fuori dalla piazzola, sulla strada in pendenza. Dopodiché è la stessa discesa a facilitare le cose. La velocità aumenta, il motore prende … sì, ma Camilla è sola sul furgone, Lammert è rimasto a terra. E se Camilla si ferma un’altra volta, siamo daccapo. Pensa freneticamente a una soluzione, ma non le viene in mente proprio niente. Intanto il rumore di sfregamento continua, e in più ecco di nuovo un tonfo. Camilla dà un’occhiata dietro e vede che il suo cellulare si è illuminato: già, il tonfo deve essere la suoneria per i messaggi che casualmente ha scelto quando ha voluto cambiare dal verso dei grilli. Forse Lammert le ha mandato un messaggio? Camilla accosta, mette in folle con il freno a mano, sperando che il motore non si spenga. Riesce a protendersi oltre lo schienale e a raggiungere il telefonino. Il messaggio questa volta è da

sca: “Tutto OK?” “Pronto, Fra? Siete due angeli custodi, voi due!” “Beh, non riuscivo tanto a dormire, perché qui albeggia e i galli incominciano a cantare. Sapendo che eri in giro ti ho mandato un saluto. Tutto a posto?” “Veramente … no. Si è scaricata la batteria del furgone, siamo ripartiti a spinta, ma ora io sono al volante e il mio amico è rimasto a terra. La strada è una discesa ripida, ma se fermo il motore siamo punto e a capo. E poi non so come ritrovare Lammert.” “Non hai il suo numero di cellulare?” “Sì, ma quando è sceso per spingere non credo l’avesse addosso.” “Puoi sempre provare. Tieni il furgone in folle e dagli un po’ di gas perché non si spenga, sperando che il freno a mano funzioni bene. Scommettiamo che ha il cellulare addosso.” “D’accordo. Se ce l’ha … vuol dire che trovi presto un altro fidanzato, OK ?” “Lascia perdere, non ci crederei: queste stupide scommessine sono pura fantasia. Se ce l’ha … semplicemente risolvi il tuo problema.” Il problema, comunque, sembra risolversi da solo, perché un TIR accosta il furgone: Lammert ha fatto l’autostop e il camionista l’ha portato per questo tratto di strada. “Ehi, ce l’ha fatta da solo! C’è il mio amico, qui!” “OK … a posto, allora. Però … è segno che rimango ancora single per un pezzo.”

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All’ingresso in territorio svizzero, il doganiere fa segno di accostare. Lammert ha i documenti già pronti, ma la comunicazione questa volta è molto più difficile, perché le guardie non parlano inglese. Si capisce però perfettamente che voglio sapere che cosa c’è nel furgone. Camilla ricorda – da quanto ha leggiucchiato sulle regole doganali – che i serpenti rientrano nella categoria degli animali da compagnia. Quindi, prima che Lammert tutto fiero annunzi che terrario, contenuto ed accessori siano un’opera d’arte, interviene: “We have our dear ... pet”.[“Abbiamo il nostro caro ... animale domestico” NdA] “Ein Tier? Pet?” [“Un animale? Animaletto?” NdA] chiede la guardia. “Ja, een huisdier” [“Sì, un animale domestico” NdA] conferma prontamente Lammert. Ma l’idea sembra non funzionare. La guardia infatti scambia un’occhiata con il collega a poi riprende a spiegare in tedesco qualcosa che ha l’aria di una seccatura, se non peggio. Lammert cerca di replicare, ma non si capisce se l’ostacolo linguistico sia un fattore peggiorativo o se comunque le guardie abbiano perso la pazienza. Infine a Lammert non resta che cedere: apre il coperchio del terrario e lascia che uno dei due estragga il boa in tutta la sua lunghezza e lo metta nella scatola grigia dotata di pochi forellini, che il collega gli ha portato dall’ufficio doganale. La povera bestia sembra particolarmente inerte a Camilla, ma quello che appare ancora più svuotato dell’anima è Lammert. Tuttavia riprende a guidare in silenzio, con la luce dell’alba che illumina le montagne all’orizzonte. “Forse riesci a procurarti un serpente in Italia: non sarà proprio la stessa cosa, ma … almeno l’opera può partecipare alla mostra.”

“Detto che serpente deve stare in quarantena … forse dopo check loro restituiscono a noi”. Il coperchio della teca è rimasto aperto, e Camilla si volta per dare uno sguardo nostalgico all’opera d’arte senza protagonista. “Lammert .. Lammert! Il boa sta uscendo dal terrario!” “Il boa? Non é alla dogana?” La testa del serpente, con un colore più chiaro e brillante, fa capolino dalla teca. “Buttagli dentro qualcosa da mangiare! Forse ritorna sul fondo e possiamo chiudere il coperchio!” “ Ma … sta facendo muta … “ “La muta! Fantastico! Ecco la spiegazione. Le guardie si sono prese la pelle vecchia e il serpente è rimasto con noi!” Lammert sembra rinascere. Camilla, in compenso si sente morire perché il serpente non ha nessuna intenzione di ridiscendere nel terrario. E a lei toccherà prendere un uccelletto scongelato e calarlo nella teca. Almeno avesse un guanto di plastica. Ma no, si deve accontentare del sacchetto vuoto delle patatine fritte. Si spenzola di nuovo dal sedile ed esegue l’operazione, più o meno voltata dall’altra parte. Poco dopo la testa del serpente si inabissa sotto il livello del coperchio, che Camilla prontamente fa scivolare in posizione chiusa. “Finalmente sembra tutto sotto controllo” sospira lei, e si gode il paesaggio che diventa sempre più montuoso e iridescente di luce, come per magia, dopo il lungo percorso monotono nella notte buia. “C’è altra dogana, però: se guardie hanno visto che è solo pelle? Se ci fermano su confine con Italia?” “Possiamo sempre dire che il serpente è scappato dal furgone mentre eravamo ancora in Germania: faccio io la scena disperata della padrona inconsolabile, se vuoi. Sto studiando storia dello spettacolo e devo anche imparare a fare un po’ l’attrice, se capita.”

“Sì, ma … dove nascondiamo lui?” “Già. Per questo ci vorrebbe un mago”.

67.

Camilla guida, Lammert dipinge dei poster da attaccare alle pareti della teca, in modo che eventualmente si possa far are l’opera d’arte per un cubo decorato. Sono già quasi le sette quando decidono di fermarsi per fare benzina e colazione. I pannelli che Lammert ha fatto in così poco tempo sono belli,e Camilla si chiede se non sarebbe meglio esporre veramente il cubo decorato piuttosto che quello stupido boa, per quanto sia più in forma nella sua pelle nuova. Il caffèlatte ha un profumo delizioso, e nonostante sia estate fa piacere mangiare un paio di toast caldi: dormire poco fa sempre venire un po’ freddo, oltre che il doppio della fame. “Lammert, i tuoi acquarelli sono bellissimi: perché non li esponi?” “Lavoro con Lex, non facile esporre. Partecipamo a mostre collettive … lui riesce sempre a vendere, io non così. Se non era lui, facevo forse altro mestiere.” “Però è strano. Mi dicono sempre che uno deve volere fare un certo mestiere. Veramente, per quanto mi riguarda, mi criticano perché non ho le idee chiare su quello che voglio, come se uno dovesse sapere esattamente come andranno le cose.” “Il punto è: tu vuoi fare una cosa, riesci a farla, riesci a guadagnare da quella. Oppure: voresti fare una cosa, non ci riesci, allora fai altra cosa.” “OK, ma è così importante tenerci alle cose? Per esempio: tu ci tieni a fare l’artista? Se Lex non ti aiutasse e dovessi fare un altro lavoro, ti dispiacerebbe così tanto?” ”Io dispiacceressi se Lex non aiutasse.” “OK, allora non é questione di mestiere, ma di persone”.

“Lex aiuta perché sa che fare artista è importante per me, come è per lui.” “Se è così, perché non ti fai aiutare ad esporre gli acquarelli?” “Lex ha idee molto chiare su nostra arte. Non cambia idea. Lui non sa dipingere, perciò … solo composizioni”. Lammert diventa piuttosto asciutto, e Camilla capisce che non deve più insistere. Durante il viaggio, mentre sorveglia il terrario e contempla gli acquarelli, pronti da appiccicare ai vetri poco prima del confine, Camilla cerca di immaginare un lieto fine per la storia di Lammert. Lex muore. Come nei western. Ma purtroppo in questo film il buono si è troppo affezionato al cattivo. Allora il lieto fine dovrebbe essere: Lex finalmente capisce che Lammert è un artista e che i terrari contenti serpenti sono da esporre al rettilario, più che alle mostre. Ma non sembra un lieto fine realizzabile, perché questo Lex deve essere piuttosto testardo. Altro lieto fine: arrestano Lammert alla dogana per falsa dichiarazione a pubblico ufficiale svizzero, lo mettono in prigione e lui si mette a dipingere in cella per ingannare il tempo. Il suo compagno di cella, che è un miliardario evasore fiscale per cui è stata chiesta l’estradizione, lo scopre, e quando escono di prigione gli fa da mecenate e lo lancia. Boom! Quando smette di fantasticare, Camilla fuori dal finestrino ritrova il panorama del Lago di Como che ha visto pochi giorni prima nel viaggio con Arancini: è già l’Italia! Alla dogana non c’è stato il minimo problema.

68.

Sul tabellone dell’aeroporto l’orologio segna le sei e cinquanta. Non si prevedono ritardi né per il volo dalle Baleari, né per quello da Amsterdam. Camilla ha già scritto un SMS a Michele indicando i servizi dove si devono trovare. Si mette nel corridoio appena davanti alla porta, così se per caso arrivasse mamma, a cui per disgrazia è venuta l’idea di andare al bagno, può sempre sgattaiolare dentro ed infilarsi in un WC. Il bagno degli uomini è vuoto, nessuno entra né esce. La porta però è stata lasciata aperta, e Camilla prudentemente la chiude. Il bagno delle donne, invece, è piuttosto frequentato: quando entrano, le utilizzatrici ignorano Camilla, quando escono, invece, le danno uno sguardo veloce, come se fosse uno specchio in cui controllare se il rossetto è a posto o gli occhiali da sole sono ancora lì, come un cerchietto fra i capelli. Finalmente, ecco Michele, abbronzato e trafelato, con la sua abituale espressione un po’ stordita. “Michele! Tutto a posto?” “Sì, facciamo presto, mamma è già lì con papà. Mi aspettano.” “Mamma poi aspetta anche me. Andiamo nel bagno dei maschi o delle donne?” Una signora a e li guarda, questa volta prima di entrare. “In quello delle donne no!” ”Stiamo qui, tanto è un attimo. Ho già la busta pronta.” “Ma sei sicura? Sono soldi tuoi? Tienili tu, allora.” ”Lascia perdere. Non dire niente e basta. Torna lì da loro, distraili un po’, perché mamma crede di vedermi uscire insieme alla gente che arriva da Amsterdam, invece dobbiamo fare come se non mi avessero visto e poi vi raggiungo. Ho

detto che venivo dall’Olanda.” “Dall’Olanda? Che fantasia! Dovresti scrivere un libro.” Michele sparisce e poco dopo anche Camilla si avvia verso l’area degli arrivi. Di gente ce n’è parecchia, perciò le è abbastanza facile mimetizzarsi e poi apparire all’improvviso alle spalle di mamma. “Ciao, sono qui! Come è andata?” L’atmosfera é piuttosto tetra. Michele è mogio, papà ha tutta l’aria di volersene andare al più presto, mamma è più nera del gendarme svizzero se si fosse accorto che il boa nella scatola era solo la vecchia pelle. “Tuo padre ne ha fatta una delle sue”. Evidentemente, mentre Michele si allontanava, papà per una volta ha voluto fare il sincero e le ha raccontato della multa. “Ah sì? Non ci credo … per me ti ha fatto uno scherzo per sentirsi più giovane.” “Uno scherzo? Sarebbe assolutamente stupido, come al solito”. “Sentiamo Michele, che era con lui. Che cosa è successo, Michele?” Camilla cerca di manovrare Michele con lo sguardo, come un burattinaio che possa muovere i fili delle marionette con la pura forza del pensiero. “Ma sì, mamma … non è successo niente. Papà ti ha detto che abbiamo preso una multa per dimostrare come siamo stati bravi a non prenderla.” “Che discorsi sono?” “In effetti è vero – interviene Camilla - si dà sempre per scontato che tutto vada bene, invece proprio scontato non è. Insomma, siamo qui tutti insieme, per una volta, nessuno si è fatto male, nessuno è stato fermato dalla polizia …” “Non intendevo avere una famiglia di delinquenti. Andiamo, Michele. Tu Camilla che cosa fai?”

“Potrei venire a casa e stare un po’ con voi … ritorno a Milano lunedì perché ho lasciato tutti i libri là.” Aveva pensato di stare a casa molto di più, ma con la distanza si era dimenticata quanto le riesce ancora difficile stare con mamma. E tutto l’orgoglio per aver fatto qualcosa di bello, per evitare un malumore fra i suoi con il suo contributo, si è trasformato all’improvviso in una brutta sensazione di inadeguatezza. “Ciao, papà.” “Ciao, Camy.” Anche lui ha tutta l’aria di sentirsi inadeguato. Chissà, forse anche lui aveva sperato di fare qualcosa di bello portando Michele alle Baleari.

69.

“Il papà una volta ha detto che la sua donna infine sei tu.” “Sì, a lui fa comodo dire così.” “Credo … credo che volesse dire che in effetti non è che non conti più nulla che vi siete sposati. Cioè: per lui siete ancora sposati.” “Lo so che tu vorresti che tornassimo insieme, ma non è possibile.” “Michele ha detto che lui sperava …” papà sperava che la mamma lo accogliesse come una volta, contenta di vederlo, e invece lei appena lo vede diventa seria e nervosa. E’ incredibile quanto sia insormontabile questa barriera di nervosismo e serietà. E non importa se lui si è fatto dare o no una multa da 200 euro. A questo punto mamma non cambierebbe espressione neppure se i 200 euro li desse papà a lei. Questo veramente Camilla non lo può dire perché non è mai successo. “Che cosa sperava?” “Non mi ricordo esattamente, ma … insomma: forse anche a lui farebbe piacere riprovare…” Camilla sa di essere su un terreno pericoloso. Pericoloso anche per lei, perché non le piace sentirsi dire che loro tre sono venuti fuori da un equivoco, da un lungo errore. “ I miei genitori me l’avevano detto di non sposarlo”. Ecco la conferma. “Sì, ma se tu non li hai ascoltati è perché hai deciso che non avevano ragione, giusto? Papà non la vede così. Nessuno gli ha detto niente, oppure lui non ha ascoltato nessuno, tipicamente. Per lui è successo e basta, pensa che la sua donna sei tu.” Adesso le cose si mettono pericolose per mamma. Si sta veramente irritando, pare.

“Non è questione di ragioni. Comunque avevano previsto tutto.” Camilla decide di fare ancora un ultimo o avanti, poi rinuncerà. “Secondo me ti hanno influenzato. Invece c’è quel detto che l’uomo lascia il padre e la madre e diventa una cosa sola con la donna …” “Non è un detto, è una frase nella Bibbia.” “Be’, potrebbe funzionare.” “Con noi non ha funzionato.” “Se è nella Bibbia forse per funzionare bisogna che ci si creda di più”. “Forse.”

70.

“Deb? Ciao, sono a casa da mia mamma.Tu quando torni a Milano? Io penserei di ritornare domani.” “Ciao! Io sono già nella nostra tana. Ti aspetto, allora. Ho visto che hai cercato di stampare qualcosa. Stai ancora scrivendo il tuo libro?” “Sì, lo scrivo così, per esercitarmi sulla biografia … ma a questo punto Arancini non lo vedrò più e non ho nessuno che mi aiuti a pubblicarlo.” “Lascia perdere, tanto era un'impresa impossibile. Così hai più tempo per studiare. Potrai pubblicare una guida turistica se diventi famosa come tour operator. Così sarà il tuo campo.” “A proposto di campo: ho dovuto leggere il libro di un'amica di Arancini, che lui ha fatto pubblicare. E' campato in aria completamente. Non significa nulla. Me l'ha prestato e poi mi aveva chiesto di dirgli che cosa ne pensavo. Me lo sono ritrovato nello zaino, l’ho leggiucchiato ieri sera e domani glielo spedisco per posta con un biglietto.” “Che cosa scrivi, nel biglietto?” “Per non addormentarmi mentre sfogliavo quel mucchio di banalità ho dato uno sguardo al manuale Nonsolofrottole - creatività del linguaggio gentile, che stava ancora in camera mia sul comodino da quando Michele me l’ha regalato – senza allusioni, come mi ha detto mentre me lo dava. Così ho visto delle frasi mica male da utilizzare. Potrei scrivere, come dice il manuale, che il libro é interessante per le osservazioni trasversali sulle realtà scottanti ... ” “Perché, tratta di realtà scottanti?” “In effetti … dicendo realtà … scottanti mi é venuto di seguito. Comunque, per esempio, inizia con una scena di sesso hot descritta in modo abbastanza schifoso... forse l'autrice vorrebbe che dal libro si possa fare un film, ma non

penso che le scene hot le mettano proprio all'inizio perché c'é sempre qualcuno che arriva in ritardo.” “E il film da quel libro l'hanno fatto o no? Arancini te l'ha detto?” “No: ha detto che in effetti i film che fanno più cassa sono meno aggressivi.” “Be', ormai non c'é più da pensarci.” “OK, ci penso per l'ultima volta appena arrivo a Milano, e poi mi metto a studiare. Se c'é stato qualcuno che ha comprato quel libro, magari si può vendere anche il mio. Farebbe cassa, non é aggressivo: non ci sono nemmeno personaggi antipatici, come può esserlo?'” “Te l’ho già detto: lascia perdere ... però dei personaggi antipatici dovresti metterli. Se non ti viene in mente nessuno te ne suggerisco io un paio, o anche di più.”

71.

Non è che a Camilla interessi rivedere Davide. E’ solo che gli ha fatto ordinare la cartuccia per la stampante e non le sembra corretto non acquistarla. Tutto qui. E poi fare un giro in bici non fa male: non si può stare in casa a studiare senza uscire per un giorno intero. Debora è andata in piscina perché dice che riesce a studiare anche meglio che a casa. Studia giurisprudenza: visto che i capitoli del manuale sono tutti uguali senza figure, se ha intorno uno scenario più vivace se li ricorda meglio, collegando ogni argomento a qualcosa che succede all’esterno mentre lei legge. Ad esempio: capitolo quindici … quando un ragazzino si è tuffato schizzando tutto il libro. Capitolo ventotto … ehi, che bel costume che ha quella signora: sta bene persino a lei, nonostante abbia le spalle cadenti e la pancia in fuori. E così via. Ma per Camilla la questione è diversa: quello che studia, comunque, non ha bisogno di altre scene per essere ricordato, visto che la materia tratta di creatività e spettacolo. Piuttosto succede il contrario: a Camilla sembra di essere lei la materia del suo esame, e tutto quello che succede potrebbe essere, in effetti, una storia. Questa mattina Debora le ha chiesto ancora del libro, perché in effetti è anche un po’ curiosa. “E’ vero che puoi provare a scrivere: dopotutto se nessuno avesse l’iniziativa di farlo saremmo ancora fermi alla Divina Commedia.” “La Divina Commedia? Ma io al massimo scrivo una storia breve, non un poema. Qualcosa che sia facile da leggere. Non ero brava a scuola come te.” “Certo! Anch’io della Divina Commedia ricordo solo i pezzi facili da leggere. Paolo e sca … in nessun libro, lungo o corto, semplice o complicato, c’è gusto se l’autore non infila una storia d’amore.” “Ah sì? Non ci avevo pensato. Soprattutto, se devo scrivere un’autobiografia,

non ho molto materiale a disposizione per una storia d’amore.” “Dai, non dirmi che non ti è mai piaciuto nessuno, almeno. O che nessuno ti ha mai filato.” “A scuola mi piaceva Matteo, un ragazzo più grande … mi sembrava simpaticissimo. Un astro. Ma praticamente ci siamo parlati due o tre volte, all’open day della scuola una volta perché dovevo tenere aperta la porta e invece l’ho lasciata sbattere mentre suo padre stava entrando …” “Una scena alla Mr. Bean! E si è fatto male? “No, ma ha detto: ciuspia!, e io ho detto: Scusi! e intanto Matteo mi ha detto: Scusa: intendeva ciumbia, non ciospa”. “Non male! E poi?” “E poi basta. Un’altra volta mentre eravamo tutti pigiati a guardare i voti sui cartelloni lui mi ha detto: Il cartello della terza è là, non qua. Lui era in quarta.” “Carino! Praticamente senza speranza”. Alla fine si è accorto di me quando era all’ultimo anno ed io al penultimo. O forse qualcuno gli ha detto che probabilmente mi piaceva. Così siamo arrivati a giugno del suo anno di maturità … Pensavo che mancava così poco tempo alla fine della scuola che non valeva neanche più la pena di fare amicizia.” “Avreste potuto mettervi insieme e poi continuare a vedervi anche dopo, no?” “Mah … per me sarebbe stato bello essere un po’ più amici, invece a lui sarebbe bastato anche solo l’intervallo dell’ultimo giorno di scuola per quello che voleva fare.” “Fantastico! Almeno potevi cogliere l’ultima occasione.” “Più che fantastico, per me è stato indimenticabile.” “Hai visto?” “No, non ho visto. L’ho visto, invece … nel senso che era davanti alla porta del

bagno con la faccia allupata e arrogante … devo dire che ho avuto anche paura.” “Paura? Non ti piaceva?” “Sì, ma mi piaceva come me l’ero immaginato. Invece mi si è presentato in un modo piuttosto squallido. Ho avuto paura che magari spuntasse qualche amico e mi aggredissero in due o tre. E ho telato.” “Telato? Non l’ ho mai sentito dire:che cosa intendi? Avete …” “Intendo che sono scappata. Fine. Sipario. Cala la tela. Il bello è stato che dopo l’estate, quando sono ritornata a scuola, invece di sospirare perché lui non c’era ho tirato un vero sospiro perché lui, appunto, non c’era. Durante le vacanze mi capitava spesso che mi pie qualcun altro, e quando ritornavo a scuola mi piaceva di nuovo lui. Invece l’anno della maturità, senza di lui, è volato.” “Ma una storia più bella non ce l’hai? Almeno un ricordo di un momento magico, in cui ci credevi … lasciamo perdere se poi è finita in un modo o nell’altro.” “Non ho niente che si possa spacciare per storia d’amore, dovrei proprio mettermi a inventare qualcosa. Gli anni scorsi per me era sufficiente pensare a qualcuno. Mi viene in mente mio fratello Michele che ha costruito una specie di scooter sotto la tettoia del giardino, con dei pezzi di ricambio che un suo amico meccanico gli fornisce. Lo scooter non potrà mai andare, perché è tutto strano e mancano degli elementi fondamentali. Ma a Michele non interessa questo, e mia madre non lo capisce. Vorrebbe che Michele costruisse uno scooter vero, oppure niente del tutto.” “Non capisco che cosa c’entra questo con una storia d’amore. Michele è orientato sessualmente verso i motorini?” “C’entra nel senso che nell’età di mezzo, prima di essere totalmente adulti, è bello progettare. Invece gli adulti vogliono che si vada al sodo subito. Anche in amore è così: gli adulti ci spingono ad andare al sodo, ma sarebbe come avviare lo scooter di Michele: una delusione. Un disastro. E poi non è neppure quello che desidera lui.” “Daaai, anche noi volevamo andare al sodo. Sono d’accordo sul disastro e sulla delusione, ma non è perché gli adulti ci hanno spinto … nel senso: non c’è

sicuramente bisogno che ci spingano loro! Al massimo diciamo che … non ci hanno trattenuti, come facevano ai tempi dei nostri nonni.” “Non so. Io guardo il risultato. Fatto sta che tra la gente più capace di amare ci sono i nostri nonni. Quindi se li hanno trattenuti non li hanno sicuramente castrati, anzi.” “Insomma, vorresti scrivere una storia d’amore all’antica?” “No, sarebbe patetica. Troppo diversa da quello che sento raccontare.” “Allora scrivi quello che senti raccontare”. “OK, ci penserò”. Camilla non vuole dire a Debora che quello che sente raccontare non la ispira un gran che. Quello che la ispira in questo momento è immaginare che possa succedere qualcosa di bello. A Debora farebbe ridere la storia che Camilla vorrebbe raccontare: una storia dove non si prendono batoste. Perché si pensa a quello che si dà, non a quello che si prende. Forse solo una nonna … o una bisnonna troverebbe normale il sogno di Camilla. Però … potrebbe esserci qualcuno a cui piace leggere una storia così: qualcuno a cui piace … progettare. D’accordo con Debora su questo: certe persone della generazione di mezzo, di mezzo fra la bisnonna e Camilla, non ne vogliono sentire parlare di sogni. Sembra che si siano ingrippate, sull’amore, e non vogliano riconoscere che, se loro sono andate a sbattere in un mucchio come le macchinette degli autoscontri, pazienza, ma si può sempre fare retromarcia e ripartire. Invece no. Loro vogliono un’ammucchiata sempre più grande … oops, solo nel senso che: vogliono che tutte le vetture si intoppino in un mucchio sempre più grande, finché tutta la pista dell’autoscontro sia tappezzata di macchine bloccate. Neanche al nipote di Nancy, il famoso Andrea del blog, piacerebbe questa pista di autoscontri ingombra di macchine la cui energia va sprecata. Di persone che sono state fatte impazzire giocando con le emozioni e ora non possono più andare da nessuna parte. Thump! La gomma della bicicletta contro il paraurti della macchina di Oscar. Camilla,

troppo assorta nei suoi pensieri, è andata a sbattere anche questa volta. La gatta e i suoi figli, ormai adolescenti pure loro, schizzano via. Per fortuna dalla macchina non esce nessuno: Oscar e la sua amica saranno andati al bar.

72.

“Camilla? Ciao, sono Davide” “Ciao! Ieri sono ata dal negozio per la cartuccia: il tuo collega me l’ha consegnata, grazie!” “Sì, lo so … cioè: non lo sapevo. Be’ … comunque: tutto a posto? E’ quella giusta?” “Sì, credo … cioè: non l’ho ancora sostituita, ma sicuramente andrà benissimo”. “Be’, se non dovesse andare bene fammi sapere: te ne procuro un’altra.” “Giusto. In effetti potrei averne bisogno. Per ora sto navigando in internet, ma tra un po’ dovrò stampare qualcosa”. “Stai cercando qualcosa su internet?” “No, così … stavo guardando a che punto è un blog che ho visto un po’ di giorni fa. C’è uno che se la prende con la gente che sfrutta le emozioni degli altri.” “Be’, non mi sembra una cosa strana.” “Già, in effetti … detta così non sembra strano neanche a me. Solo che quando ho visto il blog la prima volta mi sembrava un discorso più complicato e quindi abbastanza originale”. “Be’, una cosa originale non deve essere per forza complicata: può essere anche semplice, no?” “In effetti … sì, ma allora deve essere originale veramente. Comunque un sacco di gente ha risposto sul blog.” “Be’, in definitiva che cosa si aspettavano?”

“Dicevano che ci vuole una specie di rivoluzione … nel senso: voi volete fare leva sulle nostre emozioni e noi vi facciamo vedere che non ci riuscite”. “Be’, per questo non c’è bisogno di una rivoluzione. Basta essere abbastanza forti”. “Eh, se aspetti che tutti siano forti … no, io credo che intendesse … un po’ a livello culturale. Per esempio: mi fai venire voglia di comperare un paio di jeans perché il cartellone fa leva sulle emozioni. Se fosse come dici tu, qualcuno abbastanza forte non compera quei jeans: ne compera degli altri che costano meno e vanno bene uguale. Che cosa cambia? Niente. Ma quello che dicevano loro era una specie di rivoluzione per cui anche i produttori nelle loro pubblicità sappiano che è meglio scrivere: la stoffa è bella, il taglio é studiato, il prezzo è giusto”. “Be’, così però sarebbe un po’ squallido. Senza fantasia.” “Però nessuno verrebbe preso in giro.” “Be’, allora non si fa più niente: tutto è un po’ una presa in giro, una volta o l’altra”. “In effetti … veramente? Non c’é neanche una cosa che non sia una presa in giro?” “Be’, adesso non prendermi sul serio così”. “Chiedevo.” E Camilla vorrebbe continuare: tu hai tutta l’aria di avere i genitori ancora insieme e dici che tutto è una presa in giro. Che cosa dovrei dire io? A scuola qualcuno bisbigliava in sala professori: poverina di qua… poverina di là… é il papà che se ne è andato, oppure è la mamma che lo ha cacciato? … ma in realtà era una presa in giro, cioè: lo si diceva tanto per farsi notare dai colleghi, e poi in una piccola provincia sono così poche le cose su cui spettegolare ... e pensare che in una città grande sarebbero di più e la gente spettegola di meno. C’era anche la psicologa che voleva convincere Camilla che una persona intelligente deve esternare ed elaborare … e mai dire che qualcuno ha sbagliato. Allora Camilla un giorno le aveva esternato la sua elaborazione che suo padre aveva avuto un complesso edipico ma non era per niente sbagliato, anzi era un fattore

culturale come nelle commedie greche, e la psicologa era stata contenta. Veramente Camilla aveva iniziato col dire complesso ed edipico era venuto tutto di seguito. E commedie le era scappato invece di tragedie, perché sua mamma guardava sempre un filmato di Vittorio Gassmann che recitava Edipo Re e Camilla l’aveva momentaneamente confuso con L’Armata Brancaleone, che invece era un film commedia. Per fortuna la psicologa non se ne era accorta, in più non sapeva che il papà aveva altri tre fratelli e che la nonna li metteva tutti in riga senza tante coccole, ma ora che Camilla ci pensa, forse al papà una donna così spartana come mamma è piaciuta per questo. In ogni caso, lei aveva preso un po’ in giro la psicologa … ma era soprattutto per non doverla più rivedere. E alla fine dovrebbe dire che i suoi genitori l’hanno presa in giro con il lasciarla nascere … ma se anche fosse stato uno scherzo, preferisce che l’abbiano fatto piuttosto che no. Però Camilla, a Davide, non dice tutto questo. Dice solo l’ultimo pezzo: “Comunque, certi scherzi … meglio che succedano anziché no”. Un po’ antiquato quell’ anziché no. Le è venuto di seguito a scherzi, per assonanza. Potrebbe metterlo nel libro, se fosse un po’ comico come l’Armata Brancaleone. Camilla appoggia il telefonino e digita la frase sulla tastiera del PC in un documento di appunti, da copiare una volta o l’altra. “Vabbe’, allora sei tu che hai senso dell’umorismo. Tu sì che potresti scrivere”. “Cioè: secondo te quelli del bvece no?” “Ma perché ti interessa tanto questo blog? Lo ha iniziato un tuo amico?” “E dalli! Non conosco questo Andrea a tutti me lo vogliono affibbiare per forza. Il blog mi ha incuriosito perché era assurdo, ma secondo me c’era qualcosa di vero.” “Ci sono anche quelli che seducono le persone: sfruttano le emozioni degli altri in quel senso. Ma la maggior parte delle volte è per i soldi. Mio padre … anche lui si è sentito preso in giro: con la crisi l’hanno mandato a casa. Era dirigente… be’, è rimasto disoccupato e gli hanno proposto dei corsi di formazione per riciclarsi nel lavoro: come parlare, come convincere, come sedurre … lui si deprime solo a leggere i titoli dei corsi. Dice che le donne sono avvantaggiate perché possono anche provarci nel solito modo. E non hanno bisogno di corsi per sedurre, se sono abbastanza facili”.

Camilla non segue bene il ragionamento: facili i corsi o le ragazze? Comunque anche Davide ha i suoi problemi, evidentemente. “In effetti … mi dispiace. Mi padre è sempre stato abbastanza disoccupato ma lui diceva che era praticamente free-lance con poco lavoro. Invece a uno che faceva il dirigente deve pesare di più, in effetti. E adesso come fate?” “Mia mamma lavora in uno studio legale dove si occupano di brevetti e diritti d’autore. Aveva appena chiesto il part-time … ci ha portato proprio sfiga, ops, scusa. Quindi adesso cerco di pagarmi io gli studi, con mio fratello lavoro a delle invenzioni con questo sogno: che una magari abbia successo.” “Anch’io sto scrivendo un libro, ma non è per il successo. Sto preparando un esame sulla biografia … poi un tipo con cui ho fatto un colloquio mi aveva incoraggiato a scriverlo. Ma non ci provo neppure, a cercare il successo. Non sfrutto le emozioni di nessuno, nel mio libro. Nemmeno le mie … cioè: le mie forse le descrivo un po’ … diciamo: senza esagerare … non le sfrutto, però. Invece si dice che un artista debba essere un po’ come una … una tipa facile, come dici tu”. “Be’, che c’entra. Secondo me, no. Diventa come una di quelle se svende la sua arte. Tu invece non svendi niente …” “Più che altro: non vendo niente, purtroppo.” “Be’, quando lo finisci mi piacerebbe leggerlo. Se hai voglia che qualcuno lo legga. Cioè: non voglio dire che non … cioè: lo leggeranno di sicuro già tante persone, ma se hai voglia che lo legga anch’io.” Bip bip bip, fa la linea. Forse Davide sta finendo il credito telefonico. Camilla pensa che si sono detti un bel po’ di cose, e che in effetti si conoscono da poco tempo. Che strano. Ma non è un fatto di emozioni. Lei ad esempio non prova niente, ecco. E’ un fatto normale, quello di parlare, con questo ragazzo. Con altre persone, invece, non é normale. Sarebbe bello che fosse normale con tutti così. O forse no, perché allora nessuno sarebbe così speciale. Speciale perché parlare con lui è normale. “Be’ … - come dice lui - Ciao, Davide.”

“In effetti siamo al telefono da un bel po’. Ma se ti va possiamo uscire qualche volta, così non abbiamo i minuti contati.” “Giusto. Mandami un SMS per quando puoi tu.” “ Puoi contarci. Ciao.”

73.

“Davide?” “Luca! Ciao, fratello.” “Sei ancora a Milano ad arrostire anche a Ferragosto?” “Sì, ma domani faccio un giro in moto.” “Hai rimorchiato quella ragazza?” “Be’, il giro in moto lo faccio con lei. Le ho mandato un SMS e ha detto che viene.” “Bravo. E non fare il timido come al solito. Probabilmente lei aspetta solo che tu ti butti.” “Non so … comunque grazie per il consiglio da esperto.” “Non so se sono tanto esperto. Alessia e io forse ci molliamo.” “Mi spiace. Perché?” “Lei è gelosa, dice che io guardo le ragazze. Per me è complessata: dice così solo perché qui ci sono delle sventolone da urlo e allora lei non si sente all’altezza, letteralmente, nel senso che loro sono dagli uno e ottanta in su e a lei mancano venti centimetri, ma a me piace lo stesso basta che non sia così pesante – di carattere, intendo.” “Be’, dille che non ti interessano.” “Eh, ma capirebbe subito che è una palla. Cioè: è inverosimile …” “Allora se ti interessano ha ragione lei.”

“Si vede che studi chimica. Devi sempre fare precisazioni.” “Scusa, ma anche un ingegnere dovrebbe usare la logica.” “Appunto: la logica è che ti interessa sempre una bella gn …” “Ho capito. Comunque … quando tornate dalle vacanze forse si risolve tutto.” “Qualche sventolona però la posso trovare anche a Milano. La tua com’è?” “La mi … se intendi … be’, non è una sventolona.” “Puoi anche dire la verità. Stai tranquillo che non te la voglio portare via.” “Non credo che sia il tuo tipo, comunque. E’ una ragazza semplice … cioè: non semplice per dire che è stupida. Nel senso che è … essenziale. Voglio dire: una che probabilmente va all’essenziale.” “Fantastico! Allora che cosa aspetti?” “Non intendevo quel tipo di … essenziale. Sembra che … non la pensi come … insomma non … non pensa alle solite stupide cose.” “Per capirti quando parli, stupida non deve essere di sicuro. Ci vuole una abbastanza perspicace.” “Be’, forse lei capisce così … a istinto.” “OK, vedo che siete ben messi. Auguri. Io torno la settimana prossima. Ciao fratello.”

74.

“Menomale che abbiamo solo un mini-armadio per ciascuna … - dice Debora mentre l’ultima maglietta di Camilla plana sul mucchio di indumenti estratti dal guardaroba, provati e poi lanciati sul letto - questa mattina non riesco a vestirmi”. “Non devi andare ad un colloquio di lavoro: vestiti come vuoi”. “Sì, ma non mi va bene niente.” “Tra le cinque magliette che hai indossato da quando sono uscita dal bagno, mi sembra che potevano andare sia quella rosa, sia quella con il pizzetto, sia quella con i lacci, sia quella a righe, sia quella blu.” “Hai una memoria visiva fantastica. Ci credo che riesci a studiare giurisprudenza. Potresti imparare anche due o tre lingue straniere. Ora ho di nuovo caldo: mi farei un’altra doccia se non fosse che i blue-jeans, almeno quelli, sono riuscita a mettermeli e non li voglio togliere.” Camilla ritorna comunque in bagno e si sciacqua un po’. Per distrarsi dalla difficile operazione di vestirsi, incomincia a truccarsi. Suona il citofono e lei sobbalza mentre si sta mettendo il mascara, che inevitabilmente lascia una traccia di troppo sotto all’occhio. Si pulisce con un poco di carta igienica su cui ha versato una goccia del latte solare di Debora– più o meno avrà gli stessi ingredienti di un latte detergente. “Camy, devo rispondere io o ce la fai tu?” Camilla esce dal bagno come un razzo e promette a Davide che scende subito. Debora intanto ha ripescato la maglia con il bordo di pizzo e la infila sulla testa di Camilla mentre parla al citofono, così non può protestare subito. Ma solo dopo avere riagganciato:

“Non c’entra niente con il giubbotto, però.” “Basta che tieni il giubbotto chiuso: la maglia sotto non si vede. Quando invece togli il giubbotto, non si vede più quello.” “OK. Molto diplomatico. Grazie. Prendo la patente: non si sa mai.” Camilla esce con notevole sollievo di Debora. Dopo pochi istanti, però, rientra: “Non ho messo neanche gli orecchini.” “Non sono fondamentali.” “Menomale che sono ritornata per gli orecchini: nella vaschetta avevo dimenticato anche l’orologio da polso”. “Non credo che lo guarderai spesso, a quanto pare”. Ma Camilla è già sulle scale.

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“Dove si va?” “Pensavo di deciderlo con te.” “OK, ma sei tu che guidi la moto”. “Sì, ma tu sei l’ospite.” “In pieno agosto, per trovare una meta con poca gente e facilmente raggiungibile da Milano, o si deve scegliere un posto brutto, o si deve rinunciare ad una delle due premesse.” “Per me va bene rinunciare al facilmente raggiungibile, ma non so se ti va di stare più di due ore in moto fra andata e ritorno”. “Potremmo prendere una strada che non solo porta a una bella destinazione, ma offre qualche possibilità lungo il percorso.” “Si può andare verso la Liguria. Prima c’é la campagna lungo il Naviglio o il Ticino, poi ci sono i monti, poi c’è il mare”. Camilla si inerpica sul sellino, che in effetti è piuttosto alto. Insomma, anche se aveva pensato che non si sarebbe aggrappata a Davide, alla fine è quello che letteralmente fa. E durante il viaggio incomincia a fantasticare. E’ sempre così quando si trova in treno o in automobile, ed ora persino in moto. Forse in aereo le capita di meno, ma il modo di spostarsi dell’aereo è diverso. In più, se si guarda dal finestrino è lo spettacolo è troppo interessante ed è impossibile distrarsi. Viaggiando via terra, invece, il paesaggio scorre come una quinta del palcoscenico, ma il palcoscenico è vuoto, dunque fantasticare viene praticamente di seguito. Camilla pensa alla mostra d’arte di Lammert. Ai doganieri e alla loro faccia quando si saranno accorti che del serpente c’era solo la pelle. A Nancy nel

cottage con Gaia e al girotondo dei mobili nel salottino. Al blog di Andrea, a Ilaria quando saprà della fuga di sua madre, a Juanita che se la dovrà cavare per spiegare tutto. A mamma e Michele, che anche lui dovrà usare un po’ di diplomazia per raccontare che cosa ha fatto in vacanza con papà. A sca che ritornerà finalmente a casa e potrà mangiare hamburger e pop corn senza appurare se il mais è OGM o no. A Debora che probabilmente ha appeso nell’armadio la camicetta tinta di nero per quando troverà di nuovo un fidanzato un po’ fissato con le firme, quindi si spera il più tardi possibile. Cioè: il più tardi possibile non il fidanzato, ma la fissazione delle firme. E poi Arancini e il suo incredibile box a strati – quello veramente l’aveva rimosso. E l’aggeggio di Davide. Ah già, Davide che sta proprio qui appiccato a lei. Cioè: è lei che è appiccicata a lui, ma va anche bene così, dopotutto è solo per la paura di cadere. Il fatto è che nel turbinio generale di fatti e di persone è abbastanza utile potersi tenere a qualcuno. Davide intanto è entrato in autostrada: forse avendo visto che lei non chiedeva mai di fermarsi ha pensato di andare direttamente al mare. O forse ha intenzione di andare in un posto che sa lui. Infatti esce verso l’Alta Valle Scrivia e prende la provinciale, che si snoda nel verde, come se fosse assolutamente previsto che si debba andare da quella parte. Si ferma dopo dieci minuti, dove pare che la strada finisca. Camilla tasta istintivamente lo zainetto, per sentire sotto le dita la rassicurante forma del telefonino. In effetti è in un bel vicolo cieco. Anche se volesse telefonare a Debora, a Fra o addirittura a mamma, non servirebbe a molto. “C’è un sentiero che porta ad un castello: il Castello della Pietra. Vuoi vederlo?” “Un castello? Qui ci sono solo speroni di roccia” “C’è anche un castello medioevale. Lo hanno rimesso in sesto, se siamo fortunati qualcuno ha già prenotato una visita e magari ci possiamo aggregare.” “Fantastico: così conosco un posto poco famoso. Mi piace scoprire posti poco famosi. Peccato che poi non si riesca tanto a descriverli perché la gente riesce a immaginare solo le cose che ha già visto”. “Be’, se le ha già viste non le deve immaginare: le deve solo ricordare”.

“Io invece qui il castello me lo devo proprio immaginare perché non solo non l’ho mai visto, ma neppure adesso si vede. Potrebbe avere una torre, potrebbe essere nero o giallo.” “O di mattoni, o di pietra”. Davide guarda Camilla con una specie di glitter nello sguardo, come se fosse divertente tutto quello che stanno dicendo. Non è un trucco: sinora il trucco col glitter lo si può mettere addosso ma non nelle vibrazioni tra una persona e l’altra, a meno che non abbiano inventato qualche effetto speciale ultimamente, specialmente ad uso dei maschi. Eppure a Camilla sembra abbastanza assurdo, più che divertente, quello che stanno dicendo. Però deve ammettere che si sta divertendo anche lei. E pensare che Davide sembrava un tipo abbastanza razionale. Però, in effetti, per avere un certo senso dell’umorismo essere razionali è una premessa necessaria. Perché è divertente scontrarsi a sorpresa con qualcosa che non quadra. E se una persona è sempre un po’ sballata, non si scontra mai a sorpresa con qualcosa che non quadra, perché niente nella sua vita quadra. Forse, più che divertirsi, fa divertire gli altri, ma senza accorgersene. Camilla spera di non essere fra queste persone. Oppure ci sono quelli che - se si scontrano con qualcosa che non quadra - si scontrano e basta. Anzi, magari si seccano pure. Non capiscono, e si arrabbiano per il fatto di non capire, e diventano anche loro abbastanza buffi, specialmente se in generale si credono intelligenti. Davide non sembra il tipo che si crede intelligente. In effetti si è sempre meno intelligenti di qualcuno. E poi c’è sempre qualcuno che ti dice che sei meno intelligente di lui, specialmente se è meno intelligente di te. Comunque è una fortuna venire a contatto con queste persone poco intelligenti, perché aiutano a mantenersi raso-terra e a non perdere il senso dell’umorismo. Ed ora Camilla si scontra con la rocca letteralmente incastonata fra i picchi di pietra. Per un momento le pare di essere in uno spazio assolutamente vuoto dove non c’è neppure lo spessore dell’aria, e non importa: in questo strano spazio fuori dal tempo si può anche fare a meno di respirare. Sarà perché ha camminato in fretta, sarà per la bellezza del posto, o magari per un altro motivo a cui per il momento preferisce non pensare.

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“Camilla?” “Fra ! Da dove chiami?” “Da casa: Sono ritornata, ma ho ancora un giorno di ferie. Lo sto utilizzando per risistemarmi prima di ritornare al lavoro in agenzia”. “Se ti va, o a trovarti.” “Sì, mi fa piacere. Così mi racconti un po’ di te.” “OK, a dopo.” sca apre la porta saltellando su un piede solo, mentre l’altro sembra un fiore con i petali a raggiera, tenuti in forma dal separa-dita. In testa ha un asciugamani a foggia di turbante. “Scusa: forse non è il momento migliore …” “Prima era ancora peggio, perché avevo lo shampoo colore in posa.” “Comunque sei in perfetta forma: non sembrerebbe che ci sia bisogno d’altro.” “ Eh, dove lavoro io invece l’apparenza fa parte della professione. Non per dire che facciamo altro oltre a tradurre in varie lingue … ma, insomma … la presenza conta.” “Però alla fine quello che importa è la competenza, e tu ce l’hai.” “Non lo so. Comunque mi sento più sicura se sono irreprensibile anche nell’immagine.” “Una bella fatica, però.”

“Questo soggiorno almeno mi è stato utile. Ho la pelle a posto, sono in linea … insomma: mi sono portata avanti. Se fossi stata in vacanza a divertirmi, o con un ragazzo, adesso avrei un bell’arretrato da sistemare.” “Ma allora … non ti sei divertita?” “Insomma … non lo so. Sono stata bene, sapevo che era utile … anche questo è un modo di riposarsi”. Camilla fa tesoro di quello che sca le dice: deve sapere che cosa le persone si aspettano dalle vacanze, se vuole diventare una guida turistica. In effetti si è sempre chiesta come mai abbiamo tanto successo le vacanze benessere: a lei sembrano noiose e punitive. Va detto però che a Camilla non piace neppure andare dal parrucchiere, e le creme che sua sorella ha avuto la bizzarra idea di regalarle qualche volta sono rimaste inutilizzate fino al punto da diventare simili a formaggini cremosi, che Camilla ha poi utilizzato per ammorbidire il cuoio degli scarponi da montagna o la pelle dei guanti. Comunque pare che per certe persone sia talmente importante mettersi in tiro che diventa una specie di stress: e se riescono a sbrigare una parte del lavoro che a loro sembra indispensabile, si sentono sollevate. In vacanza, quasi. Però Camilla non pensava che sca fosse tra queste persone. Le pareva un tipo più … genuino, che non ha bisogno di curare la forma esteriore più di tanto. “E tu … che cosa hai fatto in Olanda? Ammetto che Debora ed io eravamo un po’ preoccupate, ad un certo punto. Invece deve essere stato bellissimo. O no?” “A ripensarci … mi sembra un sogno. Come se fossi entrata nelle foto di una rivista di viaggi. Foto che non avevo mai visto, però. Cioè: una di quelle che raramente compaiono sulle riviste. Insomma, non le solite spiagge bianche con le palme eccetera.” “In Olanda le palme non le vedrei proprio.” “Comunque è stato incredibile. Una sorpresa meglio di un last minute. Perché con il last minute sai che avrai una sorpresa, quindi nessuna sorpresa alla fine ti sorprende più di tanto. Io invece non mi aspettavo neanche di avere una sorpresa.”

“Insomma: come vincere la lotteria senza comprare i biglietto. Uao!” “Un po’ … oppure come trovare il fidanzato in una missione etologica sui serpenti.” “A parte i serpenti, magari gli altri etologi non sarebbero così da buttare via … quel tipo olandese com’era?” “Simpatico, ma per me assolutamente solo un amico.” “E tu per lui?” “Io per lui? Non lo so proprio. Non ci ho assolutamente pensato.” sca si sfila il separa-dita dal piede e lo incastra bene sull’altro. Incomincia a pennellare con arte le unghie e intanto sembra meditare profondamente. “Non so se sei tu che non ti accorgi dei ragazzi o se sono loro che non si accorgono di te.” “Alla fine non c’è molta differenza: o sì?” ”C’è la differenza che se sei tu che non ti accorgi, basta solo che tu faccia un po’ più di attenzione”. “Perché dovrei fare attenzione?” “Ho capito. Sei proprio refrattaria. Comunque ti invidio. A me dispiace non essere ancora riuscita ad avere un rapporto decente. Per quanto ci abbia provato.” “La cosa che mi fa più pensare è questa: sai quanta gente divorzia la prima volta e poi sta discretamente bene nel secondo matrimonio?” “Non lo so: quanta?” “Non lo so, ma era un modo di dire.” “Ah, certo. E allora?” “Allora io dico: stanno bene la seconda volta perché ci tengono di meno? Perché

sono più vecchi? Chi lo sa. Ma perché bisogna attraversare l’inferno della prima volta per arrivare ad un certo equilibrio la seconda? Non si può essere già equilibrati la prima volta?” “Non lo so. Sembrerebbe noioso essere già equilibrati la prima volta.” “Eh, allora poi non ci si può lamentare.” sca sembra essere un po’ stufa. Ha anche terminato di pennellare tutte le unghie. “E chi si lamenta?” “Qualcuno si lamenta. Se non altro … i figli, per esempio. Comunque mia madre non è nella fase della seconda volta. Lei penso che a questo punto preferisca stare da sola.” “Anche tu preferisci stare da sola.” “In effetti tutti mi volevano spingere a fare più esperienze … più esperienze … perché le esperienze ti cambiano … ma anche il non fare quelle esperienze è un’esperienza. E nessuno resta uguale: né chi fa le esperienze, né chi non le fa. Non si resta comunque fermi. Resti fermo - o ferma - solo se non vuoi pensare. O non ci riesci più per qualche brutta esperienza che hai fatto.” sca contempla le unghie e poi contempla Camilla. Le unghie, e poi Camilla. “Sì, a vederti così si direbbe che … si imparano le lingue straniere ma anche nella propria lingua c’è parecchio da capire.” “Ora devo scrivere un libro. Chissà se sarà comprensibile o no”. sca ha preso una decalcomania e la sta appiccicando con delicatezza sull’unghia dell’alluce dove lo smalto si è già asciugato. “Però non è giusto. I pittori possono fare dei quadri incomprensibili e va bene lo stesso. Un ideogramma sull’unghia è comunque carino. Eppure non ho la minima idea di che cosa voglia dire. A proposito: domani lo chiedo alla collega che traduce dal cinese. E allora, perché non si può scrivere un libro incomprensibile? Questo non è ancora diventato di moda. Nemmeno il più stralunato dei radical-chic starebbe in posa ad ammirare un libro aperto,

incomprensibile.” “In effetti, se apro un libro scritto in cinese non è che mi venga voglia di stare lì a contemplarlo come un quadro.” “D’accordo, ma il tuo libro non sarà mica scritto in cinese, no? O lo scrivi in italiano per venderlo ai cinesi?”

77.

All’improvviso il cielo è diventato scuro come se fosse già sera e la pioggia ha incominciato a scrosciare contro le finestre. Per fortuna sia Debora che Camilla si sono ben guardate dal lavare i vetri dopo la famosa pulizia di Pasqua. Si sono sempre dette l’un l’altra che sicuramente appena avessero pulito i vetri sarebbe venuta una brutta pioggia acida a sporcarli. “Ho fatto appena a tempo a ritornare dalla casa di Federica. Menomale!” “Già: l’hai vista? Come sta?” “Bene. Però forse non si è divertita tanto in vacanza”. “Peccato. Sarà per la prossima volta. Dài.” “Sì. Lei poi ci tiene tantissimo al suo lavoro. Perciò in effetti sembrava contenta di ricominciare”. “Il lavoro almeno sembra una cosa che puoi fare andare bene: basta un po’ di buona volontà.” “In effetti la gente della nostra età la pensa così. Invece quelli che ci hanno provato non sono completamente d’accordo.” “OK, ma lasciami arrivare alla loro età prima di esser così pessimista. Alla nostra età, visto che non si può tanto sognare sull’amore, lasciateci almeno sognare sul lavoro. Tu stai sempre scrivendo il tuo libro?” ”Sì, devo dire che quest’estate ne ho visti di tipi un po’ fuori, da mettere nel libro: farebbero persino credere che io abbia un sacco di fantasia. Invece li ho incontrati veramente.” “Sì, ma tu hai fantasia. Perché chi non ha fantasia i tipi un po’ fuori non li vuole proprio vedere. Se li incontra … praticamente li ignora. Tu invece sembra che li

attiri come una calamita”. A proposito di calamita, Camilla racconta a Debora come funziona l’aggeggio inventato da Davide e suo fratello. “Ehi, è una bella scoperta, ma l’applicazione è un po’ stupida.” “Ti pare stupida? In effetti è complicata, però a qualcosa serve”. “A me sembra che convenga di più farsi rubare un paio di cose che mettere in piedi tutto quel meccanismo assurdo.” Peccato, pensa Camilla, ma sicuramente Debora ha ragione. Lei ha una mentalità abbastanza pratica. Forse Davide è troppo … sognatore. Eppure anche Debora ha riconosciuto che la scoperta ha del potenziale. “Sapessi che forza che sviluppa quel magnete.” Un vento forte scuote i vetri e il tuono schiocca come se una gigantesca ascia si stesse abbattendo nella via stretta, facendo quasi spostare le case. “Perché non la usano come fonte di energia alternativa? Sicuramente crea un campo di forze – o qualcosa che si chiama circa così”. “Che bella idea! Gliela posso dire?” “Sì, certo, non voglio i diritti di proprietà intellettuale. A meno che non diventiate miliardari, allora magari qualcosina me la potete anche riconoscere.”

78.

“Davide?” “Ciao, Luca.” “Ciao, fratello! Allora come va con la tua ragazza?” “Non è la mia ragazza.” “Certo che se non ti decidi …” “Non ho bisogno di avere una ragazza per forza, va bene?” “Che fai, ti auto-punisci anche tu perché papà è senza lavoro?” “Per me ognuno di noi può fare come si sente. Del resto, tu ti stai laureando, tra qualche mese facilmente avrai uno stipendio decente, quindi non dico niente se vai in vacanza, hai la ragazza … quindi, per favore, fai lo stesso con me.” “Io non posso non dire niente a te se vai in vacanza e hai la ragazza, perché tu non vai da nessuna parte e stai da solo.” “Voglio dire: non dire niente per quello che decido di fare o non fare.” “Raga, sei permaloso! Se mi ascoltassi, vedresti come la vita ti sorride. E poi la ragazza non aspetta altro che tu ti faccia avanti.” “Questo non lo so. Non credo … preferisco lasciare le cose … così.” “Va be’, allora se pensi che direbbe di no, cercane un’altra. Se hai paura …” “Cioè … secondo te, adesso, ho paura? E di che cosa?” “Che ne so, di star male. A me è capitato di stare male per qualche ragazza. Per poco tempo, ma mi è capitato. Comunque non ho paura, tu invece sei bloccato.”

“Guarda: sto già abbastanza male se decido di continuare a vederla così. Ma ho l’impressione che lei preferisca, che si offenderebbe se … Quindi non è che ho paura di stare male. Però è vero che mi dispiacerebbe non vederla più se si offende con me.” “Questo così non l’ho capito. Ma forse hai paura di stare peggio. Devi lasciarla perdere del tutto e trovarne una meno deprimente.” “Non è deprimente. E’ in gamba. Mi ha fatto notare che il nostro magnete potrebbe schizzare contro un altro specchio, che magari una persona ha nello zaino.” “Vedi? Fa la gufa, quella. Lasciala perdere. Il nostro sistema anti-taccheggio è assolutamente innovativo. Meglio di un allarme. Prende il ladro di sorpresa. Zac! E’ fantastico. Ci devi credere, altrimenti come fai a convincere gli altri? Comunque, se c’è veramente il rischio che s’appiccichi ad altre persone che non c’entrano, dobbiamo pensare ad una soluzione.” “OK, ci penserò anche io. Forse ci vuole un materiale speciale, per le etichette, ed un magnete tarato su quello.” “Come te e la tua ragazza: forse per lei sei tarato.” “Grazie: sempre gentile, fratello.”

79.

L’estate calda è già ata. Per chi sta in città, comunque, non va male. Camilla si è alzata presto per studiare e scrivere, e alle 11 con il minifrigo vuoto e nessuno a cui telefonare non sa come inventarsi una pausa. C’è sempre la bicicletta in cortile, e con il fresco dopo i temporali sarà anche gradevole fare un giro. Mentre pedala senza una meta, con la mente sgombra, ricorda all’improvviso che domani è il 20 agosto: l’amica di sca a cui hanno promesso il posto nell’appartamento si presenterà e avrà diritto a sistemarsi in casa. Tra una cosa e l’altra, Camilla l’aveva completamente dimenticato. E neppure sca gliene ha parlato quando si sono viste. Ora i casi sono due: o Camilla dormirà sul materasso gonfiabile in cucina, o erà una decina di giorni da mamma. Le piacerebbe riuscire a stare a casa con mamma e Michele serenamente, ma le succede una cosa strana: a distanza ne ha un ricordo bello, ma non appena riprova a vivere con loro – specialmente con mamma – qualcosa non va e Camilla deve trovare al più presto una scusa per fuggire di nuovo a Milano. Che sia la stessa cosa che è avveniva a mamma e papà? Un magnete che poi spacca i materiali. Una forza che prima attrae e poi respinge. Eppure qualcuno riesce a gestire le forze magnetiche e ad avere rapporti decenti per … diciamo per dei periodi lunghi di cui non si sa quando sarà la fine. Sì, insomma, qualcuno lo chiama anche “per tutta la vita”. Una cosa da nonni, ma evidentemente non completamente al di fuori delle possibilità umane. E a proposito di magneti, Camilla non sa se sia stata attratta da qualche forza o se è stato una specie di pilota automatico che l’ha portata di nuovo davanti al negozio dove lavora Davide. E non ha neppure una scusa per entrare. Ma una scusa si può trovare anche all’ultimo momento, se poi non ha i soldi può sempre dire che ha dimenticato il borsellino e rierà un’altra volta.

Fa un giro per i corridoi e cerca di trovare l’oggetto da comperare, cioè la scusa ufficiale per essere ritornata. Potrebbe sempre esserci qualcosa da regalare a Michele a Natale. Delle cuffie per suonare quell’infernale pianola che Michele strimpella a tutte le ore, senza dare fastidio a mamma, per esempio. Il negozio sembra deserto. E’ anche piuttosto difficile scorgere gli assistenti, Davide compreso. Infine Camilla lo scorge dietro al bancone della cassa, immerso nella lettura di un libro: probabilmente sta studiando. Camilla si ferma lì come se stesse guardando i prodotti allineati di fronte a sé – che non sa neppure esattamente che cosa siano e a che servano – e intanto guarda che cosa fa lui. Ogni tanto gira una pagina. Ovviamente. Se non girasse le pagine sarebbe piuttosto stupido, in effetti: vorrebbe dire che per capire quello che sta scritto sul libro impiegherebbe un’eternità. Un’eternità. Camilla sta lì davanti ai prodotti misteriosi e intanto fissa Davide e rimane sovra pensiero. Un’eternità. Le hanno detto che in certe posizioni Yoga uno riesce a riposarsi in pochi minuti come se dormisse una notte intera. E’ così: ci sono certi spazi che hanno una specie di quarta dimensione temporale – nel senso una dimensione in più, ammesso che le dimensioni esistenti siano per l’appunto tre. Ma le dimensioni del tempo quante sono? Forse una sola, in effetti. Davide gira di nuovo una pagina. Sembra che si sia accorto di qualche cosa perché si volta dalla sua parte. Non la vede. Però chiude il libro e si dirige verso di lei. Una forza magnetica. Anche per lui una specie di pilota automatico. Fatto sta che poco dopo è proprio vicino a lei e dice: “Ah, ma sei proprio tu?” “Ssì, stavo cercando un regalo per mio fratello.” “Ah. Di che cosa ha bisogno tuo fratello?” “Eh, ha bisogno di un sacco di cose. Ma ora stavo solo pensando a delle cuffie …”

“Le cuffie sono nell’altro corridoio” dice Davide “ ti accompagno”. “Mi spiace farti perdere tempo. Stavi studiando?” “Ssì, stavo studiando. Ma non riesco tanto, speravo meglio. Alla fine studio comunque la sera.” “Sai, ho pensato alla tua invenzione …” “Davvero?” Camilla non vuole dirgli che ne ha parlato con Debora: forse lui preferisce che resti una specie di segreto. Un segreto industriale. “Potreste anche sviluppare il potenziale che ha come campo di energia.” “Bellissima idea! E’ vero. Lo dirò a Luca”. “Chi è Luca? “E’ mio fratello, con cui abbiamo messo a punto il prototipo. Glielo dirò. Così non potrà più fare le sue battute su …” Davide si ferma e Camilla deve per forza chiedere: “Su che cosa?” “Niente, così, lui fa battute su tutto.” Camilla pensa che a questo punto si è resa abbastanza utile, ha comunicato a Davide il consiglio di Debora e ora può anche andare a casa a studiare. E a sistemare un po’ la casa per l’amica di sca. Intanto penserà se restare a Milano o andare da mamma. “Sai, ti devo salutare: forse domani parto per un po’. Vado a casa da mia madre per qualche giorno”. Davide sembra piuttosto deluso: “E il regalo per tuo fratello?” “Già: facciamo così. Gli chiedo che cosa vuole, così quando torno lo prendo senza sbagliare.” “OK. E’ lontano dove sta tua mamma?”

“No, ci vuole mezz’ora di autostrada e poi la provinciale per tre quarti d’ora”. “Be’ se magari devo muovere un po’ la moto ti vengo a trovare”. “Ah, certo. Ti conviene muoverla un po’ altrimenti si scarica la batteria.” Veramente lo scooter è davanti al negozio e probabilmente Davide lo muove tutti i giorni. Ma non sempre le cose che si dicono devono essere così tecniche. Certe volte si dicono anche per qualche altro motivo.

80.

“Deb? Ti ricordi che domani arriva quell’amica di sca?” “Ah, già. Ma ti dovevo dire che ho di nuovo cambiato programma.” “Stai via il week-end?” “Sì, sto via il week-end sicuramente … poi non so. Quando ci vediamo, ti racconto.” “Per me va bene: allora è meglio che io resti qui. Menomale che non ho promesso a mamma di andare da lei”.

Sabato mattina Camilla sta ancora dormendo quando il citofono suona. “Sono Safron, l’amica di sca”. “Sali con l’ascensore all’ultimo piano, poi c’è ancora una rampa di scale: ti vengo incontro”. Camilla si chiede se Safron sia un nome o un cognome: detto così, dovrebbe essere un nome. Del resto, se la ragazza si è presentata in questo modo, significa che la migliore risposta é: “Ciao, Safron, benvenuta”. Safron sembra abbastanza a suo agio. Trascina un borsone a rotelle a Camilla si chiede all’improvviso dove potrà mettere le sue cose: a questo non ha ancora pensato. Dovrà sgombrare in fretta un cassetto almeno e uno scomparto nell’armadio dalla sua roba, e metterla impilata sul letto di Debora dove lei stessa dormirà, per questa notte. Tanto Camilla dorme raggomitolata. Converrà comunque scopare un po’ per terra perché sicuramente qualcosa cadrà dal letto e non è il caso che i bioccoli di polvere si appiccichino ai golf.

Nonostante il nome, Safron sembrerebbe totalmente italiana. “Se vuoi, dopo ti accompagno al supermercato più vicino. Ora che è agosto è l’unico punto di riferimento sicuro. Poi apriranno anche altri negozi. Conosci Milano?” “Poco. Io sono sempre vissuta a Bologna. Ma il mese prossimo mi sposo e il mio fidanzato verrà trasferito a Milano. Devo trovare in fretta una casa, quindi vi devo ringraziare per avermi procurato una base qui.” Camilla è abbastanza scioccata. Safron dimostra la sua stessa età, o al massimo ventuno, ventidue anni. Che aspetti un bambino? “Spero che il letto sia abbastanza comodo. Noi siamo abbastanza in giro durante il giorno, perciò se devi riposarti non credo che ti disturberemo.” “Grazie, ma sarò molto in giro anch’io” risponde Safron, un po’ divertita. Meglio non continuare il discorso in questa direzione. “Io devo ancora fare colazione: ti posso offrire un caffè?” Ops, ma se è incinta forse non può. “Grazie, anche se è il terzo di oggi … ma mi sono svegliata alle cinque e comunque non voglio perdere tempo dormendo. Ho lasciato la bicicletta legata al palo davanti al portone: c’è un cortile dove si può tenere? L’ho portata in treno da Bologna.”. O vuole perdere il bambino, o non è incinta. “Però! Sei arrivata qui in bici con la valigia?” “Sì, si riescono ad usare i maniglioni come bretelle e la si porta in spalla.” La roba dentro deve essersi abbastanza rimescolata come in un frullatore. Safron non deve essere il tipo che ci tiene troppo ad avere i vestiti stirati. Forse uno scomparto nell’armadio ed un cassetto saranno sufficienti. “Mi fa piacere che tu non mi abbia fatto la domanda che mi fanno tutti e che mi scoccia da morire”.

“Ah sì? Che domanda?” ”Prova un po’ a indovinare”. “Mah, non so … di che segno sei …” “Magari! No, quella non me la fanno perché pensano: magari è islamica e allora non crede nell’oroscopo … “ “Mica male però come difesa … potrei dire che mi chiamo Kamal invece di Camilla, d’ora in poi …” ”Non so … credo che Kamal sia un nome da uomo. Poi Camilla è un bel nome: non hai bisogno di cambiarlo. Non come è successo a me.” “Perché, tu hai cambiato nome?” ”Mia madre mi ha dato il nome Saffo, ma ad un certo punto non ne potevo più e lo volevo cambiare”. “Eh, non deve essere facile cambiare il nome: come si fa?” “Sui documenti non ho potuto cambiarlo, ma insomma a me bastava che tutti mi chiamassero in qualche altro modo. Il problema è che sia mia madre che le sue amiche boicottavano qualsiasi nome diverso che io cercavo di introdurre. In una città non troppo grande, se un gruppo di gente decide di non far are un tipo di comunicazione, non la fa are.” “Allora sarai contenta di essere venuta a Milano: nessuno ti conosce e puoi presentarti come vuoi.” “Sì, ma la maggior parte della gente chiede: Safron? Di nome o di cognome? Appunto la domanda che tu non mi hai fatto.” “In effetti … ah, ecco: il supermercato è quello. Hai bisogno di qualche cosa?” “Forse sì, qualcosa da mangiare per oggi e domani, grazie. E poi mi interessa vedere che prodotti ci sono, così se mi capita del lavoro all’improvviso so come posso muovermi.”

“Ah sì? … che lavoro fai?” “Faccio il catering sono me, cioè la cuoca a domicilio. A seconda delle richieste preparo pranzi o buffet, ho un repertorio abbastanza variato, dai piatti tradizionali ai menu extra light, che forse a Milano vanno di più. Così mi ha detto sca.” “In effetti sca conosce un sacco di gente. Io purtroppo non sono di Milano, ma se mi viene in mente qualcosa che può essere un’occasione di lavoro, te lo dico.” Nel supermercato, Safron prende appunti su quello che le interessa in un blocco note. Compera poche cose per sé: solo le più convenienti. Alla cassa, nota le bustine di zafferano custodite sotto chiave. “Ehi, come mai lo zafferano è così prezioso?” “Non so, forse è facile infilarsi in tasca le bustine…” Safron sembra particolarmente divertita: “E’ grazie allo zafferano che sono finalmente riuscita a cambiare nome, anche a Bologna … ti stavo dicendo appunto che non riuscivo a farmi chiamare Sofia, Savina … ho tentato pure Zaf, visto che il figlio di uno dei Beatles si chiama Zac … ma niente, mia madre ribadiva: Ma quale Savina, ma quale Zaf … si chiama Saffo, come la poetessa. Alla fine, quando ho iniziato a fare la cuoca, ho detto a mia madre che un nome d’arte per la mia attività non poteva essere Saffo, ma Safron, che significa appunto zafferano. E mentre all’inizio lei faceva la snob, poi quando ha visto che prendevo un batedo di fresca [prendevo molti soldi in dialetto bolognese, NdA] ha dovuto rassegnarsi. Anche perché ormai tutti mi identificavano come Safron.” “Fantastico! Questo si chiama sapere quello che si vuole. Fantastico, davvero.” Safron resta un attimo perplessa: forse questa non se l’aspettava. Comunque, si sono incontrate mezz’ora fa e già è facile parlare, come se fossero amiche da un bel pezzo. E Camilla riprende: “Allora se eri bene avviata a Bologna forse preferivi restare lì.” “Sì, ma Roberto lo mandano qui e quindi non se ne parlava che io stessi a Bologna”.

Ora Camilla non sa che cosa dire. Le amiche che ha visto fidanzate, sinora, non si sarebbero sicuramente spostate da una città all’altra se avessero avuto un lavoro avviato. Avrebbero detto che da Milano a Bologna la distanza non è poi così tremenda: si può anche avere il fidanzato nell’altra città e vederlo al weekend. Però forse Camilla preferisce questa Safron, che sembra così tranquilla e così entusiasta nello stesso tempo. Il contrario di quelli che sono eccitati e spenti nello stesso tempo. Mica male come contrasto. Quello di Safron.

81.

“Pronto, Fra? Ho conosciuto la tua amica. E’ simpaticissima!” “Menomale che andate d’accorto. E’ una un po’ diversa dai soliti standard.” ”Sì, appunto. E’ simpatica per quello.” “Anche tu, del resto, non sei proprio standard.” “Grazie, Fra. Ma chi è che è standard? Tu per esempio secondo me non lo sei.” “Ora ti ringrazio io. Ma in tante cose sono standard eccome. Comunque … insomma, va tutto bene?” “Sì, va tutto bene: pensavo di andare da mia madre mentre c’è qui lei, ma mi farebbe anche piacere restare … probabilmente riusciamo ad arrangiarci.” “Allora Debora ha già deciso di trasferirsi da Massimo?” “Massimoooo? Non lo sai? Si sono lasciati mentre erano al mare!” “Sì, ma adesso lei c’è cascata un’altra volta. Non ce la fa a staccarsi da lui, anche se sa benissimo che non stanno bene insieme.” “In effetti .. accidenti, è un bel guaio. Allora vado da mamma, così almeno appena Debora si decide a ritornare sa che un letto a Milano, se vuole, ce l’ha.” “Come preferisci. Ma non credo che si decida. E’ quello il problema. Non ce la fa a spezzare il legame. Forse se aspettava un po’ prima di mettersi insieme … forse … l’avrebbe visto più obiettivamente … ma non si riesce mai a fare così. Allora: o prendi tutto con distacco, o non te ne frega niente, in pratica, di quello con cui stai .. . un po’ come faccio io, che però a quel punto dico: vabbé, se non me ne frega niente chi me lo fa fare? E mollo il colpo. Lei, invece, il contrario.” “Chissà, magari …” magari con poca speranza, Camilla lo sa benissimo.

“Magari niente. Comunque … scusa se mi sono un po’ lasciata andare.” “Figurati: se siamo amiche, un motivo ci sarà. Io purtroppo me ne intendo poco di queste cose.” “Sì, ma per questo con te si può parlare. Le altre paragonano sempre le storie con le loro e dicono : come Luca… che stronzo .. come Daniele .. che bastardo ... e via di seguito.” “Safron mi sembra più ottimista, invece.” “Sì, lei è una tosta: pensa che si vuole sposare.” “Me l’ha detto, in effetti. Allora è vero? Ma … come mai?” “Che ne so. Lei e Roberto non sono neanche insieme. Sono proprio fidanzati. Come una volta. Pazzesco. Neanche i preti ci credono più che qualcuno si comporti così al giorno d’oggi.” “Be’, magari se incominciano a vedere che un po’ di gente si comporta così, prima o poi devono crederci anche loro.” “Eh, sarebbe una bella predica: mica dall’alto, ma dalla base. Uao! Per una volta ….”

82.

Nuovo messaggio da: +3296598785 Faccio un giro in moto tu dove 6? Davide

Nuovo messaggio da 3354342418 Sono a MI nn so quando parto. Camy

Nuovo messaggio da: +3296598785 Verresti da un’altra parte? Davide

Be’, dipende da dove. Ma non è carino rispondere così. In teoria una dice di sì o di no perché vuole o no fare un giro con chi la invita. E a Camilla piacerebbe abbastanza. Però preferirebbe evitare di andare al mare o in piscina. Non ha voglia di mettersi in costume, visto che è bianca come un formaggino e tutti gli altri sono sicuramente già abbronzati.

Nuovo messaggio da 3354342418 Dove stai andando? Camy

“Pronto, Camilla?”

“Sì, ciao, Davide.” “In effetti – come dici sempre tu – dovrei andare alla casa dei miei in Liguria. Non è proprio sul mare, è nell’entroterra. Non so se ti va. Nel senso: la casa è un vecchio mulino riadattato, magari ti diverti a vederlo. Ma io più che altro devo andare a controllare che sia tutto a posto.” “I tuoi non sono lì?” “No, la devono vendere perciò la vogliono lasciare in ordine il più possibile”. “Ok, mi interessa il mulino. Grazie”.

“Deb?” “Ehi, Camy!” “Puoi parlare?” “Sì, non siamo al punto che non posso parlare, dai! Poi Massimo non c’è, adesso.” “Sto uscendo con un mio amico: facciamo un giro in moto. Tu quando ritorni a casa?” “Non lo so. Ma non ti preoccupare. Tanto al massimo ci si sta anche in tre: tu, io e la ragazza nuova. Ma .. chi è il tipo con cui vai in moto? Hai trovato un ragazzo?” “Non lo so. Secondo te, uno si offende se ti chiede di uscire in moto e tu gli rispondi che ti interessa il mulino?” “Il mulino? Perché, adesso si dice così?” “Già, ti devo spiegare: lui ha detto che andremo a vedere un mulino e se avevo voglia di andare, e io ho detto che mi interessava il mulino”. “Ma a te il mulino interessa o no?”

“Sì, certo.” “E lui?” “Sì, anche lui. Cioè …” “Ormai l’hai detto, Camy. Ti auguro che sia una storia bella. Ora sta arrivando Massimo: ti devo lasciare.”

83.

Comunque, Davide non sembra offeso. Sembra piuttosto contento, in effetti. Dopo un paio d’ore che ano in un soffio, davanti ad un piccolo cancello di legno come quelli delle case degli gnomi, ferma la moto, scende, e le dice esplicitamente: “Grazie di avermi accompagnato. Se venivo da solo era deprimente. Con te invece qualsiasi posto diventa diverso.” “Be’, grazie. In effetti vorrei fare …” sta per dire la guida turistica, ma si ferma a tempo: questa sì che sarebbe proprio una doccia fredda. Lui però sta aspettando che lei finisca la frase. “ … vorrei fare … qualche foto con il cellulare. Non vengono un gran che, ma … meglio di niente.” “OK. Se ti va, lasciamo qui lo scooter. La strada che porta al mulino è di pietra, si può fare anche in moto o in macchina, ma vorrei dare un’occhiata anche al terreno.” “Sì, mi fa piacere camminare. Qui è bellissimo”. Davide la prende per mano e a lei sembra la cosa più ovvia. Questa stradina che si inerpica fra le piante con il sottofondo del rumore del ruscello sembra fatta apposta per essere percorsa così, da due che, in effetti, si tengono per mano. Il paesaggio fa esattamente l’effetto ottico opposto di quello della montagna: là sembra tutto vicino e invece ogni tratta richiede almeno due ore di eggiata. Qui, invece, sembra di dover percorrere un tragitto arzigogolato e lungo, invece dopo cinque minuti ecco il mulino emergere all’improvviso dietro all’ultima curva, come l’avverarsi di un sogno. “Che bello! E… funziona ancora?”

“Be’ … non so se si riuscirebbe: forse si dovrebbe aggiungere un motore … dovremmo inventarci qualche cosa, io e mio fratello. Ma a che cosa servirebbe? Ora lo si usa come casa vacanza.” Il termine casa-vacanza ricorda a Camilla gli annunci su Internet per affittare appartamenti e villette ai tedeschi, ma l’immagine che richiama è quella di un normalissimo residence, tutt’al più con piscina. Questo invece è minimo minimo un agriturismo ristrutturato e ampliato con finitura di pregio, da non perdere, occasione irripetibile, incantevole, imprendibile … e perché imprendibile venga usato negli annunci immobiliari resta un mistero: parrebbe il contrario di quello che si vuole dire… ma per questo mulino persino imprendibile va bene: l’importante è che esprima stupore, entusiasmo, meraviglia. Davide dà un calcio ad un sassetto nella radura davanti all’edificio in pietra, che sembra vivo e in qualche modo triste. Sembra che voglia dire: “Perché avete deciso di darmi via?” Ma forse è Davide che sta pensando così, non la casa. Ed il suo pensiero rimbalza sulle finestre chiuse e ritorna indietro in modo che Camilla lo capisca. “Perché lo volete vendere? Potreste affittarlo, semplicemente.” Davide lascia la sua mano e la guarda in un modo che è ancora più coinvolgente, però. “Ehi, non ci abbiamo ancora pensato. Che stupidi. Ti assicuro. Almeno: che io sappia, non ci abbiamo pensato. O forse i miei ci hanno pensato ma non hanno voglia di occuparsi di tutto. Controllare chi viene, organizzare che qualcuno pulisca, contabilizzare, pagare le tasse … è un’impresa”. “Fammi vedere dentro com’è.” Altro effetto ottico: da fuori sembrava abbastanza grande, ma dentro è proprio enorme. Camilla si chiede se Davide abbia dodici fratello o giù di lì. E come agriturismo … sarebbe proprio quello che persino lei, Camilla, lei che non sa quello che vuole, ora sa che saprebbe ... insomma: questo sarebbe un agriturismo che lei si sentirebbe di gestire. Il cottage di Gaia é più piccolo e più semplice di questo, eppure lei, Joren e Nanke sembra che riescano a campare di quell’attività. “E’ grandissimo! Lo usate solo voi? Ma… quanti siete, in famiglia?”

“Be’, noi siamo in quattro, ma tante volte abbiamo invitato qualcuno. Qui è un posto isolato, e se non si viene in compagnia non è il massimo del divertimento. A mio padre il tempo ava perché a lui piace lavorare il terreno: dice che si rilassa … anche a me piace. Mia madre e mio fratello, invece, se non hanno la compagnia si stufano. Mia madre ha organizzato delle feste bellissime, qui.” Camilla è di nuovo presa dalla sua visione: “Giusto! Si può anche affittare per feste e matrimoni. Ci potrebbe anche stare un ristorante nella taverna, quello potrebbe funzionare tutto l’anno.” Ci vorrebbe una mano da parte di qualcuno che sappia cucinare bene, però. O potrebbe cercare di imparare lei stessa. E … mai dire mai, forse anche Davide, a sorpresa, potrebbe rivelarsi un bravo cuoco: tra la chimica e la cucina, infine, qualcosa in comune c’è. Lui però non risponde nulla, per il momento. Deve fare il suo dovere di controllo e fa un giro nelle stanze: non le chiede neppure se vuole accompagnarlo. Forse preferisce lasciarla libera di seguirlo o no, e poi sta a vedere lei che cosa decide. A Camilla basta dare un colpo d’occhio al piano di sopra e scattare un paio di foto, ma ben presto ritorna all’ingresso del mulino. Non si sa mai che cosa potrebbe saltare in mente a lui: l’atmosfera, in effetti, è abbastanza carica di emozioni. Che cosa direbbe Andrea? Qualcuno sta sfruttando le emozioni di qualcun altro? Camilla esce nel giardino, che praticamente è un terreno con ulivi e macchia mediterranea. Il profumo delle erbe aromatiche è meraviglioso, misto al salmastro che si sente fin qui: forse anche l’aria del mare ha la ione di venire in vacanza al mulino, e appena può risale la valletta contorta. No, non c’è nessuna emozione. C’è un progetto, incredibilmente immaginario, ma Camilla lo sente così concreto … che non riesce ad immaginare altro di più reale. Il mulino non è suo, in effetti … è di due signori che lei non ha mai visto, genitori di un tipo che lei a malapena conosce. Però i padroni hanno bisogno di guadagnare da questo edificio. Se lei riuscisse a convincerli che il guadagno arriverebbe lo stesso … non tutto insieme, ma dilazionato nel tempo. E alla lunga sarebbe più sicuro di un piccolo capitale, che però potrebbe anche presto svanire. Davide è uscito. Sembra triste, ed anche un po’ distratto.

“A te piace la cucina?” “Che cosa?” “No, pensavo … così. I tuoi hanno trovato qualcuno che compera la casa?” “I miei … per il momento, no. Forse chiedono troppo”. “Mi darebbero un periodo di prova per vedere quanto riesco a fare?” “Un periodo di prova? Per che cosa? E … quando?” “Adesso, per esempio. Tanto se qualcuno vuole comperare il mulino come seconda casa, ormai, sarà per la stagione ventura. Invece se ho carta bianca da oggi io ve lo riempio dal prossimo week-end fino a metà ottobre: turisti dalla Germania e dall’Olanda ve li trovo anche subito. Fantastico! Un’offerta last minute. sca mi prepara l’annuncio su Internet in tutte le lingue. E per prima cosa telefono ad una mia amica olandese che mi può mandare qualcuno che conosce. Ho solo bisogno di sapere qui dove si va a fare la spesa e poi … già, procurarmi una macchina. Vi faccio prendere 4.000-5.000 euro al mese, al netto delle tasse. Sono abbastanza? Se funziona, l’anno prossimo da aprile a ottobre sono almeno 30.000 euro. Per non parlare dei week-end, che possono andare tutto l’anno. E il ristorante.” Davide rimane zitto a guardarla mentre parla. Si vede che avrebbe voglia di fare qualcosa. Ma Camilla preferirebbe che lui seguisse di più il suo discorso, e che le rispondesse. Invece non dice nulla sul progetto, e lei alla fine deve anche smettere di parlare. Rimangono lì come due statue nel giardino, ma questo non è un giardino da statue. E’ un giardino vitale e arruffato. Camilla ha un po’ paura all’improvviso, e scende per la stradina, vergognandosi anche di quello che ha detto troppo in fretta. Era un bel progetto, però. Davide la raggiunge al cancello e le dice seriamente: “Ehi, guarda che ho capito tutto. Se ti rispondessi adesso non sarebbe serio. Ma ti saprò dire. E alla fine se non ti spiace potremmo farlo insieme. Alla fine … invece di lavori qualsiasi che non sono né il mio né il tuo, potremmo guadagnare qualcosa in un modo molto più … non so come dire … in modo più vero. Cioè: che fa parte della nostra vita, non una parentesi un ruolo temporaneo.”

“Tu credi che sia vero?” Davide ha già il casco e risponde qualcosa, ma Camilla non capisce. Forse, meglio così.

84.

Sul tavolo della cucina, Safron ha lasciato un biglietto: è fuori per lavoro e ritornerà circa a mezzanotte. Debora non è ritornata, per il momento. La casa è vuota. Perfetto: Camilla vuole stare da sola, ripensare alla giornata. Chiude gli occhi e vede Davide, li apre e vede il mulino trasformato in agriturismo. Chiude gli occhi e vede Davide, li apre e vede il mulino trasformato in agriturismo. Qui bisogna telefonare a qualcuno. “Stefania? Ciao, Camy.” “Camy! Che brava, ogni tanto ti ricordi di chiamarmi. Oppure … tutto bene? Ti è successo qualcosa?” “Sì, tutto bene. Mi è successo qualcosa.” “Oddìo, dove sei?” “Sono a Milano, al solito posto.” “E allora … che cosa ti è successo?” “No, niente, ho conosciuto uno … con cui le cose sembrano diverse. Io, che tutti dicono che non ho nessun progetto …. Che non so che cosa voglio … con lui mi viene proprio quella che si dice: la vision, come ho letto nel manuale: Leader e vision: mai l’uno senza l’altra.” “Ho capito: lui fa il leader e tu fai la vision. Lo so che la tua generazione ormai il femminismo se l’è lasciato totalmente alle spalle … – Stefania sospira al telefono - Almeno … com’è?” “ Non so … è … non so … mi tratta bene”. C’è un silenzio lunghissimo, dall’altra parte. Forse Camilla ha detto qualcosa di

sbagliato? Già, con Stefania si sbaglia sempre. “Perché hai telefonato a me?” “Volevo … in effetti … una sorella è sempre una a cui si vogliono dire le cose più importanti.” “Sono contenta per te, se è importante.” Era meglio telefonare a mamma, in effetti. Ma con mamma preferirebbe parlare a tu per tu. E quando poi lei e mamma sono a tu per tu, tutto va male. Chiude gli occhi e vede Davide, li apre e vede il mulino trasformato in agriturismo. Chiude gli occhi e vede Davide, li apre e vede il mulino trasformato in agriturismo. La chiave gira nella serratura, Debora entra. “Ciao, Deb!” Camilla va verso di lei e l’abbraccia, non sa neppure il perché. E Debora incomincia a piangere, probabilmente neppure lei sa il perché. Cioè: il perché lo sa benissimo, ma non sa perché non riesca a fare finta di niente come sempre. Va anche detto che non è mai capitato che Camilla l’abbracciasse. E Camilla preferisce non dirle niente della sua giornata, del pranzo all’osteria tipica, della corsa fino al mare, della caletta di scogli e del bagno che hanno fatto insieme, anche se lei non aveva il costume. Debora penserebbe che l’abbia fatto nuda, invece l’ha fatto vestita, e a Davide non è sembrato strano: semplicemente, si è divertito. E poi il sole era abbastanza forte e i vestiti le si sono asciugati addosso prima che lei salisse di nuovo sulla moto. Camilla non racconta niente … ed è un vero peccato che mentre quando una è ricca i soldi li può sempre dare a chi non li ha, certe altre cose è più complicato condividerle. Ma ci sarà un modo per poterlo fare, prima o poi. Il mulino, per esempio, potrebbe diventare un posto dove si respira … qualcosa. Andrea direbbe: un posto in cui le emozioni si danno in omaggio. Ma non sarebbero emozioni, sarebbe … uno spirito. Quello, sempre si dà in omaggio. Se si vendesse, sarebbe solo un’emozione.

85.

Da: [email protected]

Cara Gaia, spero tutto bene. Ti ringrazio ancora per il periodo fantastico che ho ato da voi. So che tra poco verrete in vacanza in Italia e ti vorrei segnalare un posto molto pittoresco dove si può alloggiare, in Liguria, a pochi chilometri dal mare. Era un mulino ad acqua ed è stato ristrutturato. Forse hai già prenotato degli alberghi e non hai intenzione di are dalla Liguria, comunque se hai degli amici a cui interessa un last minute, fammelo sapere. Allego delle foto che ho preso con il telefonino, solo per darvi un’idea. Una settimana bed and breakfast per camera da due costerebbe 600 euro. Se siete un gruppo di otto persone, c’è lo sconto del 5%, per dieci persone (che sarebbero gli unici ospiti, occupando tutta la capienza a disposizione) lo sconto è del 10%. Per la pensione completa, c’è una cuoca esperta di Bologna a disposizione, ma il costo è extra. Saluti anche a Nancy.

Camilla

PS= Hai notizie di Lammert? Spero che abbia avuto successo alla mostra.

86.

Da: [email protected]

Cara Camy,

mi dispiace per scriverti con ritardo. Aspettavo una risposta: ho sentito i miei amici Thomas e Johanna, che hanno due ragazze di 15 e 19 anni, Lisa e Joke. Verrebbero volentieri in Liguria, insieme ai loro amici Peter e Ada, con i figli Ruben, Conrad e Siska. Avevano prenotato un altro posto ma poi hanno saputo che non potevano portare il cane di Johanna, Rox, che è un Leonberger assolutamente simpatico e abituato a viaggiare. Così hanno cancellato la prenotazione.

Loro vorrebbero partire domenica: è ancora possibile avere il mulino per due settimane, con anche Rox? Contano come 8 persone ? (Rox è uno della famiglia). Pagare anche per 8 con sconto 5% é OK, comunque.

In attesa della tua risposta. Baci. Gaia

P.S. Non ho notizie da Lammert. Quando ritorna ci racconterà.

87.

Sono le 11. Camilla ha finito di gonfiare il materasso in cucina per andare a dormire, ma poi le è venuta l’ispirazione per un’altra pagina del suo libro e ha ri il computer. Scrive, appollaiata sul materasso, e così riesce a non pensare che Davide non si è più fatto sentire dal giorno della gita in moto, mentre lei ha già risposto a Gaia che il mulino è disponibile per tutti, compreso il cane. La chiave nella serratura del portoncino gira lentamente: è Safron che rientra cercando di fare poco rumore. “Safron? Ciao, sono ancora sveglia, e Debora non c’é.” “Bene. Vorrei farmi una doccia prima di andare a letto. Domani vado a vedere una casa: speriamo che possa andare.” “Incrociamo le dita. E … con il lavoro come sei messa? Avrei forse una proposta da farti.” “Sabato e domenica sono tranquilla. Sabato viene Roberto. La settimana prossima, non lo so ancora. E’ incredibile: in questi giorni, in cui credevo che la città fosse vuota, mi hanno chiamato un bel po’ di volte: i pochi che ci sono preferiscono trovarsi a cena in casa piuttosto che uscire … e poi hanno sparso la voce … devo dire che sto prendendo coraggio”. “Mi sembra che di coraggio ne hai già parecchio, tu”. “Certe volte quello che sembra non è proprio vero.” “In effetti … già. A proposito: hai un pochino di tempo? Vorrei chiederti un parere.” Safron si siede sul materasso. “Ehi, è comodo, però. Io che mi sentivo in colpa perché tu dormi sul gonfiabile

… Comunque: dimmi.” Camilla racconta in fretta del mulino, degli olandesi in arrivo e chiede a Safron se se la sentirebbe di fare cucina per tutti, in caso lo richiedano. “Divertente! Sei tu che gestisci tutto? Bravissima! Non lo sapevo … Ma non mi hai chiesto un parere: mi hai solo domandato se sono disponibile e ti dico di sì. Sabato Roberto viene in macchina e mi può accompagnare. Là avremo una macchina per fare la spesa?” Già. Ci vuole anche una macchina. Non solo manca la risposta da parte dei padroni del mulino, ma non c’è neppure la macchina. Però si può sempre affittarne una, oppure scendere al centro commerciale in moto e chiedere il trasporto a domicilio. “Per la sera di domenica, devo chiedere se vogliono mangiare al mulino. Forse, per la cena, conviene portare tutto da Milano sabato: ti so dire domani o al più tardi venerdì.” “Benissimo: aspetta domani mattina a scrivere. Ti butto giù un paio di menù e i prezzi.”

88.

Nuovo messaggio da 3354342418 6 ancora sveglio? Dovrei chiederti una cosa. Camy

Dopo dieci minuti Camilla decide che Davide non ha letto il messaggio: forse dorme già. Debora non ritorna ancora: probabilmente rimarrà fuori tutta la notte. Safron ha già fatto la doccia e spento la luce. Per Camilla dormire è assolutamente impossibile. In compenso, le dita volano sulla tastiera e lei continua a scrivere il suo libro: quello che sta diventando sempre più difficile nella realtà si realizza come una fiaba sullo schermo del PC.

Nuovo messaggio da: +3296598785 6 ancora sveglia? Sono sotto, da te. Davide

89.

Ora Camilla spera che Debora non torni sul serio. E che Safron non si svegli. Ha aperto il tappo del materasso e l’ha cacciato in fretta nella doccia mentre si afflosciava piano piano, prima che Davide arrivasse su. Sono lì uno di fronte all’altra, con il tavolo della cucina ed il PC portatile ancora aperto nel bel mezzo, come la rete del ping-pong. Ma nessuno inizia a giocare.

“Il tuo romanzo è scritto qui dentro?” Ping! “Sì, sto andando abbastanza in fretta, adesso.” Pong … rete.

“E … quand’è che hai il prossimo esame?” Ping! “A fine settembre. Ho ancora tutto il tempo per …” Pong … rete.

Davide gira intorno al tavolo e viene dalla sua parte. Ora, ancora più sul serio, Camilla spera che Debora non torni. E che Safron non si svegli. Del resto, Davide sta parlando sottovoce, e non c’è bisogno che parli più forte, visto che praticamente la sta abbracciando. “Ho cercato di … ho proposto quella cosa … ma mio padre non se la sente. Insomma, non vuole”. “Non vuole?”

“Ha detto che è complicato. Ha detto che dovresti essere pagata. Poi ha detto che dovrebbe esserci almeno una società o un’impresa turistica. Poi ha detto che ci vorrebbe un commercialista. Ho provato a convincerlo … ma non ci sono riuscito. Mi spiace.” “Sai che avreste già la possibilità di prendere circa 4.500 euro nelle prossime due settimane, a partire da domenica? E poi non si deve dire mai mi spiace, come ho letto in … ” Ma questa volta Camilla non può dire dove l’ha letto perché é una citazione da Love Story, scritta anche sulla copertina: “Amare è non dover mai dire mi spiace”,e si meraviglia persino di averci pensato. Ma anche Davide deve avere letto Love Story, o almeno la copertina, altrimenti non la starebbe baciando così.

90.

“Pronto, Luca?” “Ehi, papà! Tutto bene?” “Lasciamo perdere. Hai sentito Davide, ultimamente?” “Be’, ultimamente è una parola grossa …” “Ti ha detto qualcosa a proposito del mulino?” “Del mulino? Ssì, andava lui a controllare, no?” “Certo, ma poi ti ha detto della sua amica … dell’idea di affittarlo ai turisti …?” “Di affittarlo … mica male! … Si potrebbe provare.” “Una sua amica - che non so chi sia - si è messa in mezzo e sembra che abbia già trovato della gente.” “E brava la sua amichetta.” “Non fare lo spiritoso. Tua madre non ne vuole sapere. Ha detto: Chi è questa ragazza? Una fraschetta che ha visto la casa e allora si vuole piazzare …? Si sarà messa con lui … e naturalmente Davide ha perso la testa …” “No, guarda: lei non mi pare il tipo da …” “Ah, ma allora la conosci!” “Andiamoci piano: non l’ho mai vista … comunque credo di sapere un po’ la storia.” “E allora … ?”

“E allora cosa?” “Allora, insomma … che cosa sai? Che cosa ne pensi?” “Che cosa devo dire, papà? L’ho sempre preso in giro perché il fratellino è un po’ imbranato … specialmente con le ragazze … però magari questa volta sta combinando qualcosa di meglio delle solite storie … fine a se stesse … che puzzano subito. Tic … tuc … tac … che palle! Almeno qui, forse, ne viene qualcosa di buono”. “Ma che cosa dici? Quali storie?” “Niente, non parlavo di lui. Dunque: che cosa dobbiamo aspettare?” “Pare che la ragazza abbia già preso accordi … cerca di metterci davanti al fatto compiuto…” “Quale fatto compiuto? Aspetta un bambino?” “La pianti di fare il cretino? Se hai detto che non è il tipo!” “Già, è vero. Scusa. Eravamo rimasti a: quali accordi?” “Ha già pronti dei turisti che verrebbero. Domenica. Per due settimane. Per 4.500 euro.” “Perfetto! Quindi: che problema c’è?” “Luca, non siamo preparati! Si dovrà fare un contratto, no? Ci vorrà qualcuno che stia lì! Pare che lei si sia offerta di occuparsene, ma poi la si dovrà pagare, almeno, no? Non c’è neanche un’impresa, una partita IVA, uno straccio di niente!” “Vabbé: vado giù io a controllare che cosa succede. D’accordo? Tanto Davide non ci potrebbe andare comunque: non ha un lavoro temporaneo fino alla fine del mese? Stai tranquillo che non gli soffio la ragazza. Anzi: magari porto una mia amica, ma non paghiamo un centesimo, sia chiaro … adesso che la casa è diventata un albergo, non si sa mai. E per i contratti, eccetera … non mi pare che ci sia nulla di insormontabile. Vediamo che cosa vale la pena di fare, e scegliamo la soluzione migliore.”

91.

Da:[email protected] Oggetto:

Gentile Dott.ssa Bianchi,

ho avuto il Suo indirizzo dal Prof. Mintendo, del quale ho seguito il corso: Biografia, racconto di sé, autoritratto. Variazioni su un tema.

Ho sostenuto l’esame la settimana scorsa ed il professore mi ha incoraggiata a farLe avere il mio elaborato, che pertanto allego a questo messaggio: si tratta di un racconto autobiografico, per il quale non ho ancora pensato ad un titolo.

Ringraziando per l’attenzione, rimango in attesa di cortese riscontro.

Cordiali saluti.

Camilla Masarà

92.

Da: [email protected] A: ‘Prof. Alessandro Mintendo’

Alessandro,

ho ricevuto un manoscritto dalla studentessa Camilla Masarà, che afferma di essere una tua allieva.

E’ vero? Scusa se ti chiedo conferma, ma - come sai - gli aspiranti scrittori utilizzano qualsiasi mezzo per farsi notare.

In caso sia vero che l’hai incoraggiata a mandarmi il manoscritto, senz’altro lo prenderò in considerazione. Tuttavia è un momento difficile per l’editoria e dobbiamo anche fare i conti con il successo commerciale che l’opera può avere.

In attesa di tue notizie, ti saluto cordialmente.

Antonella

Da: ‘Prof. Alessandro Mintendo’ A: [email protected]

Cara Antonella,

Camilla ha sostenuto da poco l’esame con me e le ho dato io i tuoi riferimenti.

A mio avviso, nella sua apparente semplicità il racconto coglie lo Zeitgeist di una buona parte della generazione dei giovani, cui nessuno dà voce.

Sentiti libera di valutarlo, tuttavia tieni presente che l’Università può concorrere alle spese di pubblicazione con un contributo, in quanto è stato stanziato un fondo apposito.

Un caro saluto.

Alessandro

93.

Antonella Bianchi rotea gli occhi al cielo e fa un mezzo giro di sedia. Lo sguardo le si ferma sul poster del calciatore che sta appeso dietro la sua scrivania. Quel torso plastico e nudo è sempre in grado di sollevarle il morale. Ora al poster sono stati appiccicati troppi appunti sui “giallini” quadrati, che vanno a coprire la parte più bassa dell’addome, quella più sexy, in realtà. L’effetto finale è che sembra che “lui” stia facendo il bagno in un mare di ondine gialle e quadrate: Eros che emerge dalle acque.Il Prof. Mintendo – che di erotico non ha proprio nulla - l’ha messa come al solito in difficoltà. Ora si è entusiasmato per questa storia, assolutamente diversa senza essere trasgressiva … forse vera, ma sicuramente inverosimile … insomma: proprio il contrario di quello che va per la maggiore.

Ad Antonella, poi, questa Camilla sta decisamente antipatica. Ma nel lavoro non si possono seguire troppo le emozioni. Le emozioni … come diceva appunto nel libro la studentessa. Ed i suoi amici. Antonella non può credere che esistano giovani così. Altro che spirito dei tempi! Se i giovani diventano così, l’unica caratteristica che a lei rimane della gioventù – la voglia di ione, di trasgressione, appunto – non è più una caratteristica della gioventù. E quindi lei, Antonella, deve rassegnarsi: giovane irrimediabilmente non è più. Neanche per il rotto della cuffia. Neanche per l’atteggiamento. Neanche nell’emotività. Finito.

“Pronto, Cinzia?” “Sì, Antonella, dimmi.” “Come vanno le vendite? Il Professor Mintendo, sai, quello dell’Università, mi ha mandato un manoscritto di una sua allieva e vuole che lo pubblichiamo: non può essere altro che un flop, ma per dirgli di no ho bisogno di dati alla mano.”

“Le vendite vanno maluccio, persino per le guide turistiche abbiamo problemi … quella sull’Olanda, per esempio, abbiamo deciso di non pubblicarla e la Goudzwaard dell’agenzia del turismo se l’è legata al dito …” “Ma le avevate promesso qualcosa?” “Direi di sì, in un certo senso … L’agenzia ci ha dato un anticipo per le spese di pubblicazione, ed ora dobbiamo restituire tutto. Un casino.” “E se … e se si pubblicasse un libro che … diciamo che fa pubblicità all’Olanda, senza che sia una guida turistica? Ci darebbero gli stessi soldi, come … compenso per un product placement?” “Si può provare a chiederglielo. Hai qualcosa in mente?” “Quel racconto della studentessa ad un certo punto parla della Frisia …” “Ma in che stagione si svolge? In estate?” “Sì, perciò se lo facciamo uscire a giugno, quando la gente incomincia ad avere più tempo per leggere roba leggera … magari lo si fa distribuire come allegato a qualche rivista di viaggi … e ci coordiniamo con le agenzie che nello stesso tempo spingono sui last minute …” “ E come è intitolato?” “Il titolo lo possiamo mettere noi. Mintendo dice che la storia prende lo Zeitgeist, ma a me non pare …” “Zeit … geist? Che cos’è, il fantasma dell’orologio? Mica male come titolo, mi ricorda … L’Olandese Volante, ma quello esiste già.” Antonella fa un mezzo giro con la sedia per guardare di nuovo verso Eros che sorge dalle acque, ma il suo effetto ristoratore sta diminuendo rapidamente, ora che lei sospetta che l’età la stia portando inesorabilmente alla deriva. Prima o poi toglierà quel manifesto. Forse veramente i tempi stanno cambiando ed è meglio tenere un poster con … un faro sul mare del Nord, o un mulino a vento.

94.

“Davide? Camy.” “Ehi, ciao.” “Ascolta: ti dovrei chiedere un grandissimo favore.” “Il genio della calamita ti ascolta, principessa.” “Ti ricordi la Bianchi, quella della casa editrice?” “Non me la ricordo, comunque ho capito: quella a cui hai mandato il libro”. “Sì proprio lei. Ho già fatto una figura da stordita quando le ho mandato l’email, perché non ho messo l’oggetto nel messaggio.” “Se tratta con gli artisti, sarà abituata a qualche distrazione.” “Speriamo. Comunque non ha risposto per un bel po’ di giorni, ed ora all’improvviso mi ha chiesto di andare da lei domani a mezzogiorno.” “Benissimo! Ti vorrà dare una buona notizia. Ne vorrà parlare. In ogni caso, è interessata.” “Non so, Davide. Non sono così ottimista. Al telefono sembrava piuttosto scostante. E poi domani mattina al mulino c’è un gruppo di turisti che va per funghi: alle dieci devo essere lì con Safron perché si farà un gran pranzo.” “Chiaro. Accompagno io Safron al tuo posto. Va bene.” “Già. Si potrebbe fare anche così. Però avevo pensato a … no, hai ragione. Non si può.” “Ehi, io non ho detto niente.”

Camilla rimane zitta al telefono. “Cioè: tu vorresti che io … be’, per me non è un problema, ma che cosa le racconto? Lei vorrà parlare con l’autrice del libro, penso …” “Lo so, ma … scusa, sarò poco tosta, ma … non mi va di andare lì per sentirmi dire che … insomma, io ci tengo abbastanza … però anche se non se ne fa niente non importa … può scrivermelo per e-mail, comunque. Qualsiasi cosa, la leggo dal PC di casa, mi faccio fuori un vasetto di Nutella e me la butto alle spalle. Ma così, davanti a quella lì, a cui mi sembra pure di essere antipatica … Non potresti dirle che ho avuto un incidente in moto e che ho mandato te per non mancare all’appuntamento?” “Va be’, le dirò che ti è venuto il morbillo e che non volevi attaccarglielo: questo è un rischio che posso prendere. Il genio della calamita è un po’ superstizioso, nonostante tutto”.

95.

“Ma è tutto vero quello che racconta nel libro?” “Certo che è vero. Per la sua privacy, infatti, Camilla lo vorrebbe pubblicare sotto un nome d’arte, come Scarpetta per esempio, visto che ricorda romanzi … commedie …” dice Davide, prima ancora di avere colto un dubbio nell’intonazione della Bianchi. E poi: “Sì, insomma, può darsi che in qualche cosa abbia un po’ esagerato, come la doccia di quei due che hanno allagato il bagno…” “No, quello è assolutamente verosimile. E’ successo anche a ... hmm. No, non quello: é proprio tutto l'approccio alle situazioni, questa ingenuità ... insomma: al giorno d'oggi non c'é nessuno che viva in questo modo – o che sopravviva – ma c'é pur sempre qualche perdente in ogni epoca, ci sono perdenti che infine sono eroi della letteratura ... ma sono perdenti del tipo giusto ... e gli editori é proprio questo che devono saper capire.... e si prendono anche delle cantonate certe volte ... perciò ora, appunto, non so ...” Davide lascia che una pausa abbastanza lunga trascorra, per essere certo che la Bianchi non abbia sicuramente più nulla da dire. Perché in realtà non la sta ascoltando. Ha già la risposta da darle, come aveva deciso prima ancora che lei parlasse, e non importa se non é precisamente una risposta a tono. “Bene ... ad un certo momento, comunque, Camilla vorrà sapere se avrete deciso di pubblicarlo … poi c’è la questione del titolo …” Ora la Bianchi sembra avere riacquistato una certa fermezza: “Non so se potremo pubblicarlo. Non so …è un po’ lontano dalla realtà …” Davide fissa avanti a sé: di fronte ha il manifesto del calciatore nudo che emerge dalle onde quadrate fatte di giallini. Un insieme abbastanza assurdo, in effetti, come direbbe Camilla.

“Ma quale realtà? Che realtà ci si deve immaginare? Questo, in effetti, è quello che è successo …” La Bianchi ora si é anche alzata dalla sedia: “Grazie, se mai faremo sapere a Camilla la risposta via mail” Altra pausa. “Sì, per favore, le scriva comunque qualcosa per il sì o per il no: se non lo vorrà pubblicare, un commento con il motivo per cui l’ha scartato ... e se lo vorrà pubblicare, il titolo proposto dall'editore ... o proposto da Lei, che lo rappresenta. Basterà che risponda al messaggio senza oggetto che Le ha mandato Camilla: Le prenderà meno di un minuto.”

96.

Indice

Capitolo 1 Capitolo 2 Capitolo 3 Capitolo 4 Capitolo 5 Capitolo 6 Capitolo 7 Capitolo 8 Capitolo 9 Capitolo 10 Capitolo 11 Capitolo 12 Capitolo 13 Capitolo 14 Capitolo 15 Capitolo 16 Capitolo 17

Capitolo 18 Capitolo 19 Capitolo 20 Capitolo 21 Capitolo 22 Capitolo 23 Capitolo 24 Capitolo 25 Capitolo 26 Capitolo 27 Capitolo 28 Capitolo 29 Capitolo 30 Capitolo 31 Capitolo 32 Capitolo 33 Capitolo 34 Capitolo 35 Capitolo 36 Capitolo 37 Capitolo 38

Capitolo 39 Capitolo 40 Capitolo 41 Capitolo 42 Capitolo 43 Capitolo 44 Capitolo 45 Capitolo 46 Capitolo 47 Capitolo 48 Capitolo 49 Capitolo 50 Capitolo 51 Capitolo 52 Capitolo 53 Capitolo 54 Capitolo 55 Capitolo 56 Capitolo 57 Capitolo 58 Capitolo 59

Capitolo 60 Capitolo 61 Capitolo 62 Capitolo 63 Capitolo 64 Capitolo 65 Capitolo 66 Capitolo 67 Capitolo 68 Capitolo 69 Capitolo 70 Capitolo 71 Capitolo 72 Capitolo 73 Capitolo 74 Capitolo 75 Capitolo 76 Capitolo 77 Capitolo 78 Capitolo 79 Capitolo 80

Capitolo 81 Capitolo 82 Capitolo 83 Capitolo 84 Capitolo 85 Capitolo 86 Capitolo 87 Capitolo 88 Capitolo 89 Capitolo 90 Capitolo 91 Capitolo 92 Capitolo 93 Capitolo 94 Capitolo 95 Capitolo 96