Cedere Al Piacere: Harmony Destiny 3l5y3j

Titolo originale dell’edizione in lingua inglese: The Last Reilly Standing Silhouette Desire © 2005 Maureen Child Traduzione di Lucilla Negro

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A.

Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

eBook ISBN 978-88-5893-894-2

www.harlequinmondadori.it

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1

Aidan Reilly era così vicino alla vittoria che gli sembrava già di sentire in bocca il sapore dello champagne stappato per festeggiare. Be’, se non proprio dello champagne, di una bella birra ghiacciata... e ugualmente frizzante. Stavano per concludersi i tre mesi più lunghi di tutta la sua vita. Ancora tre settimane e sarebbe stato proclamato vincitore della scommessa in cui si erano lasciati coinvolgere lui e i suoi fratelli all’inizio dell’estate. Gli venivano i brividi solo a pensarci. Novanta giorni di assoluta castità e il vincitore sarebbe entrato in possesso della generosa somma di diecimila dollari lasciati in eredità ai gemelli Reilly da un loro prozio. L’idea della scommessa era venuta in mente al fratello maggiore, Liam, padre Liam Reilly, per la precisione. Aveva gettato loro il guanto della sfida insistendo che i preti possedevano... più attributi dei marine in quanto avevano dovuto rinunciare ai piaceri della carne per la vita. E siccome nessun Reilly che si rispetti si era mai tirato indietro di fronte a una sfida, ai tre gemelli non era rimasto altro che raccogliere il guanto, sebbene stavolta il terreno su cui gareggiare fosse veramente duro e insidioso. Brian e Connor erano già fuori combattimento, il che lasciava Aidan da solo a tenere alta la bandiera della famiglia ed evitare che Liam si burlasse a vita di tutti e tre. Per lui non era più una questione di soldi, si ripeteva, fissando il fratello maggiore che gli stava seduto di fronte al tavolo del Lighthouse Restaurant. L’intento di Liam era sostanzialmente far sì che tutti e tre perdessero la scommessa perché così l’intero bottino sarebbe andato a lui, che lo avrebbe utilizzato per rifare il tetto alla sua amata chiesa. Be’, Aidan non era ancora intenzionato a dirglielo, ma, una volta vinta la scommessa e ricevuto il meritato elogio da parte dei fratelli, avrebbe comunque consegnato il denaro a Liam.

Non aveva bisogno di quei soldi. Guadagnava già quello che gli serviva con il suo lavoro nei marine. Non era stato certo per avidità che aveva accettato la sfida. Quel che contava per lui era vincere. Dimostrare agli altri che era il più forte. Si appoggiò allo schienale ed evitò di lasciare scorrere lo sguardo per la sala gremita. Il Lighthouse era un ristorante frequentato da famiglie, per cui si sentiva abbastanza al sicuro lì dentro. Le uniche donne di cui doveva preoccuparsi erano le cameriere, tutte fin troppo carine per i suoi gusti. A quel pensiero, spostò di nuovo lo sguardo sulla sua birra. «Nervoso?» lo punzecchiò Brian, notando il suo impaccio. «No... perché dovrei esserlo? Sto per tagliare il traguardo.» «Non hai ancora vinto, però.» «È solo una questione di tempo.» Aidan accennò un sorriso, continuando a fissare il bicchiere. «La sai una cosa?» interloquì Connor, appoggiandosi con i gomiti al tavolo e sporgendosi in avanti. «Non credevo saresti durato così a lungo.» «Se è per questo, neanch’io» ammise Liam. «Be’, ciò significa che sono il più forte, no?» si vantò Aidan, sorridendo al fratello maggiore e ignorando gli altri due. «Uhm, non saprei» dubitò Liam, con un risolino beffardo. «Dalla tua hai che sei sempre stato il più ostinato, questo è poco ma sicuro. È la tenacia, infatti, il tuo punto di forza. La testa dura...» Accanto a lui, Connor sghignazzò e Aidan gli conficcò una gomitata nelle costole. «Ride bene chi ride ultimo» sibilò a denti stretti. «Voglio proprio vedere le vostre facce quando mi intascherò tutto il malloppo.» «Non dire gatto finché non ce l’hai nel sacco. Mancano ancora tre settimane» gli rammentò Brian dal suo posto accanto a Liam, citando il vecchio adagio. «Sta di

fatto che, per il momento, io e Connor ce la siamo con le nostre dolci mogliettine, mentre tu sei solo come un cane, senza una donna che ti scaldi il letto la sera.» Purtroppo, aveva ragione. Con una faccia truce, Aidan ingoiò una sorsata di birra, impegnandosi a non distogliere lo sguardo dai tre uomini seduti al tavolo con lui. Un’occhiata fugace a una bionda sensuale o una procace brunetta di aggio e sarebbe dovuto correre a casa a buttarsi sotto la doccia ghiacciata. Aveva speso più tempo nell’acqua gelida negli ultimi tempi che in tutta la sua vita. Tra le docce terapeutiche e il suo lavoro come membro della squadra di soccorso in mare dei marine, si stava trasformando in una specie di pinguino. «Ce la farò» asserì, convinto. «Tre settimane non sono poche» insistette Connor con voce cantilenante. «Ne ho già superate nove» gli fece presente Aidan. Nove terribili settimane. Il peggio era ato, si disse. Era ormai in dirittura di arrivo e niente e nessuno lo avrebbe ostacolato. «Già. Ma sanno tutti che gli ultimi chilometri prima del traguardo sono sempre i più difficoltosi» incalzò Liam con malcelata goduria. «Grazie tante per l’incoraggiamento.» «Ventuno lunghi giorni» scandì il fratello in tono solenne, facendo sembrare quelle tre settimane ancora più lunghe. «Quante ore?» gli fece eco Brian. «Certo è che siete proprio dei sadici!» «Che fratelli saremmo, altrimenti?» ribatté Connor con un ghigno canzonatorio. Aidan sbuffò e si spinse indietro con la sedia. Ignorando Liam, indirizzò ai gemelli un sorrisetto compiaciuto. «Devo ricordarvi che razza di mollaccioni siete? Quanto poco avete resistito?» Brian storse il viso in una smorfia e Connor si mosse a disagio sulla sedia.

«Mmh, no..» mugugnò, ridendo sotto i baffi. «Immagino che lo sappiate già.» Di buon’ora, il mattino seguente, Terry Evans si guardò intorno e si disse che lavorare alla Casa del Principe Ranocchio, la libreria della sua amica Donna, sarebbe stato un gioco da ragazzi. Oltre che un piacevole diversivo e un’interessante variazione nel percorso lungo e lineare della sua vita. Almeno finché un bambino di cinque anni non strappò un libro di mano a una bambina di tre e ne derivò un urlo, degno di un documentario sui coyote trasmesso sul canale satellitare dedicato alla natura. Terry trasalì e sorrise osservando le mamme accorrere precipitosamente per dividere i rispettivi pargoli. Oh, certo, pensò, rivalutando la sua generosa offerta d’aiuto all’amica, proprio un gioco da ragazzi. C’erano bambini dappertutto, il che era normale, dal momento che la libreria si rivolgeva a un’utenza dai dieci anni in giù. Bambini e mamme. La Casa del Principe Ranocchio non era una libreria come le altre. C’erano sedioline e soffici puf sparsi ovunque, dove i piccoli lettori in erba potevano consultare un libro mentre le loro mamme sedevano a dei tavolini rotondi a sorseggiare un tè o un caffè in santa pace. I bambini si divertivano moltissimo a esplorare un luogo dove era tutto a portata di mano e le mamme si rilassavano, sapendo che i loro tesori non sarebbero incorsi in alcun pericolo in un posto simile. Donna desiderava un negozio che fosse a misura di bambino, allegro e colorato, e nell’allestirlo si era ispirata alle fantasie dei più piccoli. Sulle pareti erano raffigurate favole diverse e in un angolo erano stati disposti dei lunghi tavoli, affollati di libri da colorare e di pastelli di ogni tipo. Durante l’ora della favola, alle quattro in punto tutti i pomeriggi, almeno una ventina di bambini si sedevano a gambe incrociate sui tappetini variopinti e ascoltavano rapiti il lettore di turno. Terry sospirò e sorrise guardando i due contendenti messi di nuovo a tacere, ciascuno con il proprio libro in mano, stavolta. Il suo sguardo indugiò qualche secondo in più sul maschietto e le si strinse il cuore. Era un dolore antico, non più intenso come un tempo, con il quale aveva imparato a convivere perché sapeva che non sarebbe mai andato via.

E a dire il vero, non voleva che se ne andasse, perché, se avesse perso quel dolore, sapeva che avrebbe perso anche il ricordo di ciò che lo aveva causato. E lei non voleva che ciò accadesse. «Mi scusi.» Terry staccò lo sguardo dai bambini radunati attorno al tavolo, disseminato di album spaginati e pastelli rosicchiati, e si trovò davanti... UN UOMO. A prima vista, le venne naturale pensare a lui a caratteri cubitali. Mentre la temperatura corporea saliva, lo guardò meglio. Alto, di sicuro intorno al metro e novanta, indossava una maglietta a mezze maniche con il logo dei marine stampato sul petto a sinistra. Non era strano trovarsi di fronte un marine. Baywater era a un tiro di schioppo da Parris Island, dove era situato il centro di addestramento delle reclute, così come la vicina base aerea di Beaufort. Ma quel marine in particolare aveva catturato immediatamente la sua attenzione. Non era un tipo che ava inosservato. La maglietta aderente metteva in evidenza dei pettorali niente male e, quando lo vide incrociare le braccia sul petto, gonfiando i muscoli, le sfuggì quasi un applauso. Aveva i fianchi stretti e gambe lunghe avvolte in jeans sdruciti, infilati in un paio di texani consumati al punto giusto. Insomma, una sorta di spettacolare incrocio tra un eroico marine e un selvaggio cowboy. Spostò lo sguardo sul viso e sentì la temperatura impennarsi ancora di più. Capelli neri, quasi rasati, occhi azzurri, mascella quadrata e profilo romano. Quando sorrise ed espose una dentatura bianchissima, insieme a una fossetta sulla guancia destra, Terry si sentì mancare l’aria. Com’è che faceva improvvisamente così caldo lì dentro? «Salve. Tutto bene?» Terry scrollò la testa di soprassalto allorché il marine le schioccò le dita davanti

al viso. Oddio, era rimasta imbambolata. «Oh, mi... mi scusi» balbettò. «Che cosa posso fare per lei?» L’uomo le elargì un sorriso indolente che aumentò in lei l’effetto serra. Terry represse un brontolio, sperando che la sua frase non fosse stata fraintesa e interpretata come una sorta di invito a un incontro rovente sotto le lenzuola. «In che cosa posso esserle utile?» tentò di rimediare, senza grossi risultati. Alla fine, perlomeno, il bel moro smise di sorridere, avanzò e si guardò intorno, come se cercasse qualcosa in particolare. «Può dirmi, per cortesia, dove posso trovare la signora Donna Fletcher?» le domandò, puntandole di nuovo addosso il suo sguardo penetrante. Terry guardò l’orologio, poi il suo interlocutore. «Be’, a quest’ora, dovrebbe essere già in volo per le Hawaii.» «Di già?» si sorprese il marine. «Non mi aveva detto che sarebbe partita così presto.» Terry inarcò le sopracciglia ben disegnate. «C’è qualche ragione particolare perché avrebbe dovuto informarla?» Lui si sfregò la mascella. «No, immagino di no» ammise, sospirando. «È solo che stavo lavorando a un progetto per lei e...» A quel punto, Terry capì. Si sentiva un po’ come un personaggio dei fumetti al quale qualcuno aveva appena disegnato sopra la testa la classica lampadina. «Sei Aidan Reilly!» Lo vide sgranare gli occhi. «Esatto. Come fa a saperlo?» Donna le aveva raccontato della bizzarra scommessa dei fratelli Reilly e di come lei avesse offerto al suo amico Aidan di rifugiarsi nel suo negozio per allontanarsi dalla tentazione del gentil sesso. Per non cadere in tentazione, naturalmente. In cambio, lui aveva accettato di costruire un castello della lettura per i suoi giovani clienti. L’amica, però, le aveva omesso un particolare importante: non le aveva detto che

Aidan Reilly sembrava un cartellone pubblicitario sul sesso! Quel marine trasudava erotismo da tutti i pori. Terry corrugò la fronte con aria sospettosa. Iniziava a sentire puzza di bruciato. Da inguaribile romantica quale era, Donna si era impuntata che lei aveva bisogno di un uomo fisso, una persona da amare e da cui essere amata. Il fatto che non fosse interessata a un partner che durasse più di un weekend non voleva proprio entrare in testa all’amica. E a quanto pareva, Aidan Reilly era l’ultimo razzo sparato dall’aspirante paraninfa in una battaglia che durava ormai da diverso tempo. Tuttavia, sebbene Terry non fosse interessata all’argomento, doveva riconoscere che stavolta Donna si era servita di munizioni di primissima categoria. Il marine le schioccò le dita davanti al viso. Lei scacciò la mano, irritata. «Uffa, perché continui a farlo? È fastidioso.» «Perché tu continui a incantarti» la rimbeccò lui in tono confidenziale. «È ancora più fastidioso.» «Ti chiedo scusa, sono un po’ stanca. Sai com’è, ho fatto le ore piccole, ieri sera, e stamattina mi sono dovuta alzare presto per aprire il negozio...» Di colpo si interruppe. Perché si stava giustificando? Con uno sconosciuto, per giunta. «Interessante» replicò Aidan con una percettibile punta di ironia. «Non mi hai ancora detto, però, come fai a sapere il mio nome e perché Donna ha anticipato la sua partenza.» «È stata proprio lei a parlarmi di te. E, se ti interessa sapere come mi chiamo, il mio nome è Terry. Terry Evans» si presentò e sorrise a una signora che si era appena avvicinata, porgendole un libro da pagare. Girando dietro al bancone, Terry batté l’importo in cassa e ò la carta di credito che la donna le aveva porto. Quando ebbe terminato, augurò alla cliente una buona giornata e si rivolse di nuovo a Mister Fusto, riprendendo il discorso da dove lo aveva interrotto. «E immagino che, se Donna non ti ha informato della sua partenza anticipata, evidentemente non lo ha ritenuto necessario.»

A quella frase, lui si adombrò e, stranamente, Terry trovò quell’espressione accigliata ancor più interessante del delizioso sorriso con la fossetta di poco prima. «Le avevo promesso che avrei accompagnato lei e i bambini in aeroporto» si rammaricò. «Solo che pensavo non partisse prima di venerdì.» «Ha trovato un volo prima e non si è lasciata sfuggire l’occasione» spiegò Terry, scrollando le spalle. «L’ho accompagnata io all’aeroporto» aggiunse, ricordando gli abbracci affettuosi e i teneri baci della famiglia Fletcher, prima della partenza. Aidan emise un sospiro. «Tutto sommato, ha fatto bene ad anticipare la partenza. Una bella vacanza gioverà a tutti loro.» «Certo» condivise Terry. «I genitori di Donna vivono a Maui e non vedono l’ora di abbracciare i nipotini. E poi, con...» «... con Tony in missione, aveva bisogno di distrarsi, di cambiare aria per un po’» concluse Aidan al posto suo. «Già. L’ansia logora.» Accidenti, non era lei la moglie di Tony Fletcher ed era comunque terribilmente in pena per lui. Non osava immaginare che cosa significasse essere sposata con un marine, gestire una casa, occuparsi dei figli e intanto avere un tarlo nella mente, una preoccupazione costante per la vita del proprio marito. «Così si dice.» «A ogni modo» proseguì, incurvando il dito indice e segnalandogli di seguirla, «Donna mi ha informata del tuo... problema, prima di partire.» «Sul serio?» Lei annuì mentre raggiungeva la vetrinetta delle brioches. Sfilando un bicchierino di carta dall’apposito distributore accanto alla macchina dell’espresso, aggiunse: «E mi ha anche detto come ti piace il caffè». Lui si produsse in un nuovo sorriso e lei si impose di ignorare le fluttuazioni del suo barometro interno. Quell’uomo era davvero un allarme rosso di erotismo.

Impossibile per una donna restare immune a una sensualità così prorompente. Terry rispose al suo sorriso con una smorfia impacciata, poi distolse lo sguardo, concludendo che osservare Aidan Reilly non favoriva la concentrazione. E far funzionare la complicata macchina del caffè con tutti quei beccucci, pulsanti, bocchette per il vapore e via discorrendo richiedeva molta concentrazione. Mentre il vapore usciva fischiando, si avventurò in un’altra fugace occhiata e notò che lui si era appoggiato al bancone di vetro e la stava osservando. I suoi occhi erano di un azzurro oltremare che invogliava a tuffarcisi, pensò con indolenza e si chiese a quante donne uno così avesse fatto girare la testa. «Che cos’è che ti ha detto Donna, esattamente su di me?» gli sentì domandare a bassa voce. Schiarendosi la voce con un colpetto di tosse, Terry confessò: «Mi ha parlato della stupida scommessa che avete fatto tu e i tuoi fratelli». «Stupida?» «Non lo è?» Estrasse il bricco di acciaio con il latte spumoso da sotto il beccuccio e, versandone un po’ nel bicchierino con il caffè, proseguì: «Mi ha detto che ti ha offerto di utilizzare la libreria come una sorta di zona demilitarizzata e che, in cambio, tu le avresti costruito un castello per i bambini». Era più o meno in quei termini che Donna le aveva descritto la faccenda. Ricordava ancora la succinta spiegazione che le aveva fornito la sera precedente e la riportò al marine.

«Aidan è un caro ragazzo» le disse Donna, ficcando in valigia le ultime cose. «Ma si è messo in testa che deve vincere a tutti i costi quella scommessa. Così, gli ho proposto di rifugiarsi in negozio quando non è alla base. Qui può stare al sicuro perché è raro che entri una donna single. Le mie clienti sono tutte giovani mamme. In cambio, lui ha promesso che mi costruirà un castello della lettura per i miei clienti più piccoli.»

«E io dovrei quindi proteggerlo dalle donne?» indagò Terry, a metà tra l’allarmato e lo stupito. «Ti prego, tesoro, Aidan non ha bisogno di protezione» ribatté Donna, ridendo. «Gli serve solo un posto sicuro dove rintanarsi fino alla fine della scommessa.» «Ma perché gli fai questo favore?» Donna chiuse la valigia, poi adocchiò una copertina tutta bucherellata, una sorta di inseparabile feticcio per la sua Jamie, sospirò e riaprì la valigia per ficcare dentro anche quella. Quando ebbe finito, si sedette sul letto e guardò Terry. «Perché lui mi è stato vicino quando Tony era in missione. Mi ha dato una mano quando ne avevo bisogno, con il lavandino rotto o con una gomma bucata. Lui e Tony hanno fatto il corso di addestramento insieme, sono come fratelli.»

«Zona demilitarizzata, eh?» ripeté Aidan, perplesso. «Che modo singolare di definirla.» Lei sorrise e spolverò di cacao il caffè macchiato, prima di porgerglielo. «Donna dice che vieni qui a battere in ritirata quando non sei alla base, perché questo posto è frequentato solo da donne sposate con figli... e perciò inoffensive.» Aidan bevve un sorso di caffè, inarcò entrambe le sopracciglia e piegò il capo in un cenno di approvazione. «Uhm. Niente male.» «Grazie.» «Comunque, la mia non è propriamente una fuga.» «Ah, no? E come la definiresti, allora?» «Una ritirata strategica.» Terry sorrise. «Definiscila un po’ come ti pare.» Alzò le spalle e riprese, dopo una breve pausa: «Se non mi sbaglio, ti restano altre tre settimane di vita monastica per vincere». Lui fece spallucce. «Ho praticamente la vittoria in tasca.»

«Quanta baldanza! Sei uno sicuro di sé, eh?» osservò Terry con un sorrisetto critico, uscendo da dietro il bancone. Si diresse verso il tavolo attrezzato per colorare e iniziò a mettere in ordine. Aidan la seguì, sforzandosi di ignorare la massa di capelli biondi che le fluivano sulle spalle e soprattutto la curva dei fianchi, o come l’orlo della gonna salisse mentre lei si chinava sui libri sparpagliati sul ripiano di formica. E decisamente si sforzò di ignorare le lunghe gambe lisce. Donna doveva essere impazzita. Incaricare Terry Evans di aiutarlo a stare lontano dal sesso era come accendere un fuoco in un bosco per evitare un incendio. Eh sì, il paragone era più che calzante. Con una lieve smorfia, le chiese: «Allora, mi aiuterai a vincere la scommessa?». «Certamente.» «In che modo?» Lei sorrise e Aidan rimase quasi tramortito dal guizzo radioso che le illuminò il viso. «Be’, sergente Reilly, se dovesse affacciarsi qualche bella ragazza, io mi getterò su di te come se fossi una granata pronta a esplodere.» Aidan la squadrò da capo a piedi, lentamente. Poi scosse il capo. «Terry Evans... aiutami così e sono un uomo morto.»

2

Le estati nella Carolina del Sud erano così calde e afose da mettere in ginocchio chiunque, anche un vigoroso marine abituato alla fatica e agli stenti. E settembre, sebbene annunciasse in teoria l’arrivo dell’autunno, era in realtà l’ultimo colpo di coda di una stagione a dir poco infernale. Quel giorno non era da meno. Aidan si fermò e alzò lo sguardo sull’immensa e sfolgorante volta celeste, cercando una nuvola. Niente. Non vi era nulla che potesse schermare la vampata torrida, neppure un angolo in ombra in quel tratto di vialetto sul retro della libreria. Avrebbe potuto mettersi a lavorare all’interno, ma stare lì fuori, sotto il sole, lontano da Terry Evans, lo faceva sentire un po’ più al sicuro. Non che fosse un codardo, un uomo abituato a nascondersi quando fiutava il pericolo. Tutt’altro. Amava il rischio, l’adrenalina che gli pompava nelle vene, la sensazione di precario equilibrio fra la vita e la morte. Però, non era così stupido da scambiare per adrenalina quel che provava quando guardava l’amica di Donna. No, quella era pura libidine. Il genere di impeto erotico che avrebbe dovuto soffocare per altre tre lunghe, estenuanti settimane. «Donna, per la miseria» borbottò, «non potevi farti venire un’idea migliore?» Non ricevette, ovviamente, alcuna risposta e si concentrò sulle assi di legno accatastate davanti a sé. «Pensa a lavorare, idiota.» Aidan aveva imparato ben presto l’importanza di restare concentrato sul compito da svolgere, ignorando le distrazioni esterne. Nel suo mestiere una distrazione poteva costargli la vita. E Terry Evans era una distrazione. Gli sembrava di udire ancora la sua gioiosa risata echeggiargli nelle orecchie e la sua voce, quando parlava con i bambini che affollavano il negozio, era dolce e melodiosa. Proprio il timbro vocale che a un uomo piaceva sentire giungere dal

cuscino accanto. «Concentrazione» si impose, battendo con energia il martello su un chiodo. Non si capacitava di quel brusco voltafaccia della fortuna. Si era illuso che le tre settimane che lo separavano dalla vittoria sarebbero trascorse lisce come l’olio. A dire il vero, aveva creduto che Donna avrebbe chiuso il negozio durante la sua assenza, fornendogli così un rifugio tranquillo dove lavorare in santa pace e stare al sicuro fino alla fine della scommessa. E invece no. Gli aveva messo fra i piedi una sorta di dea dallo sguardo magnetico. Si salvava solo perché preferiva le brune... ma anche questo falso principio era da rivedere. «Come va?» Lupus in fabula... La voce di Terry lo fece sussultare e, colto di sorpresa, si batté il martello sul dito. Vide le stelle. Si strinse il dito dolorante nella mano e serrò la mascella, ingoiando una sfilza di imprecazioni. Spostando lo sguardo su di lei, represse un grugnito. Non di dolore, stavolta. Era un lamento di frustrazione. Trovarsi di fronte una creatura così splendida e sapere di non poter agire come faceva abitualmente con una donna che gli piaceva. Come offrirle da bere, per esempio, sfoderare il suo proverbiale fascino da rubacuori e lavorarsela ben bene, fino a ottenere ciò che voleva. Stare al buio. Nel suo letto. Nudi. Oh, sì, pensò Aidan, incatenando lo sguardo ai suoi fulgidi occhi verdi. Si prospettavano tre settimane da incubo. Il dito gli pulsava in sintonia con il battito del cuore. Mentre la fissava, lei incrociò le braccia sotto i seni generosi e lo osservò con uno sguardo di condiscendenza che pareva dirgli che intuiva esattamente la natura peccaminosa

dei suoi pensieri in quel momento. «La sai una cosa?» disse alla fine, scrollando la testa per scostarsi i capelli dal viso, mentre giungeva un dolce refolo dal mare. «Se continui a guardare le donne in quel modo, dubito che durerai altre tre settimane.» Lui si esibì nel migliore dei suoi sorrisi da seduttore e le fitte al dito scemarono. «Ho uno sguardo irresistibile, eh, piccola?» Strabuzzando gli occhi, Terry scese un altro gradino del piccolo portico sul retro del negozio e si sedette sulle scale. Nell’accovacciarsi, la gonna salì e Aidan non seppe resistere alla tentazione di darle una fugace sbirciata alle gambe. «Per quel che mi riguarda, saprò trattenermi.» «Buono a sapersi.» «Inoltre, non sei interessato a me in particolare» puntualizzò. «Ah, no?» Incuriosito dall’osservazione, Aidan dimenticò del tutto il polpastrello dolente. Infilando il martello in un ante dei jeans, appiattì una mano contro la parete, incrociò un piede sopra l’altro e la scrutò con occhi stretti. «No.» Terry si lisciò la gonna verde scuro e accavallò le gambe da un lato, con eleganza e compostezza. Che classe! Sembrava una diva d’altri tempi. «Il fatto è, Aidan» si spiegò, «che al momento sei un uomo... provato. È come se stessi morendo di fame e io fossi un hamburger.» Lui fece una smorfia e la squadrò da capo a piedi. «Piccola, tu non sei un hamburger» la corresse, incontrando di nuovo le sue verdi iridi. «Ma una bistecca.» Un sorriso le sfuggì dalle labbra. «Be’, per un uomo come te, a digiuno da nove mesi, anche un hamburger bruciacchiato potrebbe sembrare del prelibato filetto.»

«Ma ti sei guardata allo specchio?» «Lo faccio tutti i giorni.» «E vedi... un hamburger bruciacchiato?» «Quel che vedo sono degli occhi troppo rotondi, una bocca troppo grande, un naso con la punta troppo all’insù, una cicatrice bruttina sul sopracciglio e un mento con uno stupido buchetto al centro.» Incredibile, pensò Aidan. Era abbastanza esperto da capire quando una donna era in cerca di complimenti. E a dire il vero, con lui non ce n’era bisogno, perché era il primo a esprimere apprezzamenti sulla pettinatura, sulle scarpe, sul sorriso della ragazza di turno. Solo che questa donna non stava cercando di estrapolare elogi. «Vuoi sapere quel che vedo io?» Si staccò dal muro, agganciò i pollici nelle tasche posteriori dei jeans e la esaminò con occhio critico. «Una bistecca?» «Un paio di occhi come sfavillanti smeraldi, una bocca sensuale, un nasino alla se, un intrigante segnetto su un sopracciglio perfettamente disegnato e una deliziosa fossetta in un mento dall’impeccabile rotondità.» Terry inclinò la testa e lo fissò con aria stranita. «Complimenti! Non so come tu abbia fatto a resistere nove settimane.» «Perché?» «Ci stai praticamente provando con la donna che dovrebbe aiutarti a vincere la scommessa.» Aidan si crucciò. «Dici? Ti sembra che ci stia provando?» «Lo vedi? Non te ne accorgi neppure. Ti viene naturale.» «Che cosa?» «Fare il cascamorto.» Terry si alzò in piedi e si lisciò la gonna distrattamente. «È

evidente che per te corteggiare una donna è normale, come respirare.» «Ma io non ti stavo corteggiando» dissentì lui, afferrando il martello agganciato al ante. «Ah, no? Occhi come sfavillanti smeraldi, deliziosa fossetta...?» «Stavo solo...» «Recitando un copione» concluse lei al suo posto, mentre risaliva le scale e si avviava verso la porta. «E, lasciatelo dire, era un corteggiamento sfacciato, banale e scontato. Nulla di velato, sottile... intrigante.» «Dici?» «Oh, sì» confermò Terry, la mano stretta attorno alla maniglia di ottone. «Non riesco a credere che le donne non si rendano conto che le stai abbindolando per routine e ci caschino.» Aidan si offese e lei mascherò un sorriso. Quell’uomo aveva un ego stratosferico, era arcisicuro di sé, dei propri mezzi seduttivi. E Terry era convinta, nonostante il momentaneo cipiglio, di non essere riuscita a scalfire neanche un po’ tutta quella prosopopea. D’altro canto, però, se lui avesse solo lontanamente immaginato che i suoi complimenti non l’avevano lasciata del tutto indifferente... be’, non sarebbe riuscito a vincere nessuna scommessa. E Terry non era lì per rompergli le uova nel paniere. Era lì per fare un favore a un’amica. E il favore includeva aiutare anche il suo amico marine. «Ho l’impressione che tu sia un bell’osso duro, signorina Evans» stigmatizzò lui, stringendo gli occhi con legittima perplessità. «Mi chiedo perché sei venuta a trovarmi. Per darmi il tormento?» «A dire il vero, ero venuta a chiederti se gradivi del tè freddo» lo contraddisse lei, aprendo la porta.

«Oh...» Aidan impugnò il martello e lo batté ritmicamente contro l’altra palma. «Se le cose stanno così... grazie, lo accetto volentieri.» «È in frigo. Serviti pure.» Così dicendo, Terry si voltò e fece per andarsene, poi si fermò quando lui riprese a parlare. «Perché non me lo porti tu?» Lei sorrise, scuotendo la testa. «A quanto pare, sei abituato a essere servito e riverito dalle donne. Be’, mi dispiace deluderti.» Aidan osservò una pausa. «Te lo farò sapere io quando mi deluderai, piccola» replicò poi con voce roca e un sorrisetto sfrontato. Terry trasse un respiro profondo, allargò le spalle e si rifugiò nell’ambiente climatizzato della piccola cucina situata sul retro della libreria. Richiuse l’uscio dietro di sé, vi si appoggiò contro e fissò il soffitto. «Accidenti, Donna, in che razza di guaio mi hai cacciata?»

I due giorni seguenti furono molto... interessanti. Se fosse stata in grado di esaminarli con oggettivo distacco, Terry avrebbe potuto considerarli come un ottimo esercizio di autocontrollo. E, invece, era tesa come una corda e dubitava di riuscire ad arrivare in fondo alle tre settimane. Non solo Aidan Reilly aveva fascino da vendere, ma era anche affamato di sesso. In quanto a se stessa, poi, non si ricordava neppure da quant’era che non aveva un orgasmo. Era uscita con diversi uomini, negli ultimi tempi. Ma tra l’andarci a cena e finirci a letto il salto era notevole. Aveva gusti difficili, ne era consapevole. Oltretutto, non se la sentiva neppure di investire in una relazione stabile, con il risultato che era da un pezzo ormai che il suo letto non aveva un bel nulla da raccontare. Non ne faceva un dramma, però. L’importante era tenersi costantemente impegnata. Da qualche anno, infatti, si occupava di beneficenza e volontariato ed era membro attivo di numerose associazioni umanitarie. Era sempre in prima linea nelle iniziative di solidarietà e la sua abilità nel raccogliere fondi era leggendaria. E poiché possedeva un vero talento con i numeri, le erano state

consegnate le redini dell’impero finanziario della sua famiglia, che gestiva ormai da tre anni. Quella era la prima vacanza che si concedeva da un bel pezzo. La maggior parte dei newyorkesi che conosceva non avrebbe di certo considerato una vacanza lavorare in una libreria di un piccolo centro, ma per lei era una gradevole parentesi di riposo. Fatta eccezione per l’imprevisto di nome Aidan Reilly, naturalmente. La situazione che si era venuta a creare con lui era paradossale. Pareva una sorta di scherzo del destino. Affidare a una donna da lungo tempo in astinenza sessuale il compito di impedire all’uomo più sexy della terra di avere rapporti intimi aveva, bisognava ammetterlo, un risvolto piuttosto comico. Aidan ebbe un fremito mentre entrava nel negozio piacevolmente rinfrescato dall’impianto di climatizzazione e si fermò sulla porta che dalla cucina conduceva alla sala principale. C’erano bambini dappertutto, che ridevano e strepitavano. Le madri erano intente a scambiare quattro chiacchiere tra di loro in tutta tranquillità, con una capacità singolare di estraniarsi dallo schiamazzo. Lui osservava la scena, pensando che piuttosto avrebbe preferito trovarsi in mare aperto, impegnato in una rischiosa operazione di salvataggio. Non aveva mai compreso il desiderio di tante persone di procreare. Per lui, i figli erano delle palle al piede, degli impedimenti, concepiti solo per mettere un uomo alle corde. E poi, riuscivano a produrre un tale caos. Veramente insopportabile. Era entrato solo perché aveva appena completato lo scheletro del castello e voleva che Terry vi desse un’occhiata. Sorrise. Be’, non che avesse effettivamente bisogno del suo parere. Aveva già discusso il progetto con Donna e concordato ogni dettaglio. Ciò che desiderava in realtà era dare un’altra occhiata alla donna che da due notti tormentava i suoi sogni. L’istinto di conservazione gli suggeriva di tenersi alla larga, ma era pur vero che era quello stesso istinto a spingerlo costantemente a proporsi volontario nelle operazioni di soccorso più pericolose. E ciò spiegava perché ora fosse alla ricerca spasmodica di quella donna. Poi la vide, mentre si muoveva in un mare di marmocchi come un’elegante barca a vela tra onde tumultuose. Sollevandosi e chinandosi con grazia naturale, aveva

un sorriso per ciascuno di quei diavoli scatenati e pareva che il baccano che producevano non la scomponesse minimamente. Si sedette sotto un fascio di luce e i bambini le si radunarono intorno. Piano piano si zittirono, le risatine e i gridolini si smorzarono in un gradito silenzio allorché Terry prese un libro e iniziò a leggere. La sua voce si alzava e si abbassava seguendo il ritmo della storia e Aidan, come i bambini, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Di tanto in tanto, sollevava il libro colorato per mostrare le figure e i suoi piccoli ascoltatori ridevano quando cambiava voce, interpretando i vari personaggi. Era davvero brava, pensò Aidan, così sosa, coinvolgente. Ci sapeva fare con i bambini. Ma anche se una parte di sé apprezzava il quadretto, un’altra gli urlava di stare in guardia. Era davvero pe-ri-co-lo-sa! Si rendeva conto che la cosa più sensata da fare era mollare tutto e andarsene. Aveva superato nove lunghe settimane di tentazioni e non voleva rischiare di perdere la scommessa proprio a un o dal traguardo, per colpa di una bionda formosa dallo sguardo magnetico. I bambini scoppiarono a ridere e lui ne approfittò per scrollarsi di dosso il torpore nel quale era scivolato. Al diavolo il suo parere sul castello. Meglio riportare la struttura in magazzino e filarsela, finché era in tempo. Proprio mentre meditava la fuga, il cellulare custodito nella tasca del jeans emise un richiamo ovattato. Lo estrasse, consultò il numero apparso sul display e rispose alla chiamata mentre si incamminava verso l’uscita di servizio. «Devi raggiungerci al più presto» echeggiò la voce concitata di T.J., il collega pilota di elicottero. «Si è ribaltato un grosso fuoribordo a cinque miglia dalla costa. Mi raccomando, sbrigati!» «Arrivo.» All’istante, tutti gli altri pensieri si annullarono nella sua mente. Aidan chiuse la comunicazione, mise il telefono in tasca e scappò via. Mentre infilava la porta che conduceva verso la cucina e l’uscita posteriore, si voltò e incrociò lo sguardo di Terry che lo stava fissando con aria interrogativa.

Una ragione in più per tenersi a distanza. Lui non era il tipo a cui piaceva fornire spiegazioni. Dover rendere conto solo a se stesso delle proprie azioni gli semplificava notevolmente la vita. A volte si sentiva solo, sì, ma questo era un problema risolvibile ricercando la compagnia di un amico o di una donna che sapeva di non doversi aspettare nulla da lui. Terry Evans non gli sembrava affatto il genere di donna che non guardava al futuro o che non pretendesse nulla da un uomo. E questo doveva bastare a tenerlo alla larga da lei.

3

Il mare lo inghiottì. In quel preciso istante, quando la testa scivolò sotto l’acqua fredda, Aidan si domandò come sempre, in un angolo recondito della sua mente, se quella volta il mare non avrebbe avuto la meglio su di lui. Se la corrente non lo avrebbe ghermito e risucchiato nel profondo degli abissi, nelle acque più scure, dove il sole non arrivava mai. Dove non c’erano pesci. Dove il freddo era intenso come le tenebre. Con la stessa rapidità con cui era arrivato, quel brutto pensiero se ne andò. Aidan lo allontanò con forza, in modo da poter svolgere al meglio il compito per il quale era stato addestrato. Con un paio di energiche spinte, riuscì ad affiorare in superficie. Il sole appena velato dalle nuvole lo investì con il suo accecante barbaglio e Aidan ci mise un istante per ritrovare l’orientamento. Guardando alla sua sinistra, adocchiò l’imbarcazione capovolta a tre, quattro metri di distanza, poi sollevò lo sguardo verso l’elicottero, che si librava sopra di lui. Le pale dell’elica fendevano e smuovevano l’aria, increspando il mare già mosso. Il rumore era assordante. Alzò un braccio, facendo un cenno a Monk, proteso fuori dal boccaporto, quindi iniziò a nuotare verso la barca e i due uomini che si tenevano aggrappati allo scafo inclinato. «Ehi, ragazzi» invocò il più anziano dei due naufraghi, «siamo proprio contenti di vedervi.» Aidan sorrise. Aggrappandosi alla carena, guardò i due uomini. Sembravano padre e figlio. Il più giovane non aveva più di diciassette anni e pareva spaventato e infreddolito. E come dargli torto? Doveva essere stata un’esperienza traumatica. Aidan batté la mano sulla fiancata dello scafo. «Vi serve un aggio?» volle sdrammatizzare con una battuta.

L’elicottero si avvicinò e calò in acqua la gabbia metallica arancione che si adoperava in quel genere di salvataggio. «Direi proprio di sì» rispose quello che sembrava il padre, dando al figlio una pacca sulla schiena. «Portate prima Danny.» Aidan scosse la testa mentre il canestro si avvicinava. Lo bloccò e continuò a muovere le gambe freneticamente, dandosi la spinta necessaria per restare a galla e tenere la testa fuori dall’acqua, sputando quella che le entrava in bocca ogni qualvolta un’onda forte gli sciabordava sul viso. «C’è abbastanza posto per tutti e tre.» Il ragazzo non sembrava tanto convinto, ma mise da parte le proprie paure e staccò le mani dalla chiglia, lasciandosi scivolare in acqua. Aidan lo afferrò prontamente per un braccio, trascinandolo verso di sé. Dall’auricolare, udì la voce di Monk che lo incitava ad affrettarsi. «Sbrigati, Reilly. Non riesco più a tenere fermo l’elicottero.» «Ci sono quasi. Un attimo solo.» «Con chi sta parlando?» gridò il ragazzo mentre si arrampicava alle sbarre, aiutato da Aidan, e si rincantucciava in un angolo del gabbione, tenendosi ben saldo al parapetto. «Con quei due uomini lassù» gli rispose, puntando un dito al cielo, verso il velivolo sospeso sopra di loro. Poi, rivolgendosi all’adulto, urlò: «Andiamo!». Il padre del ragazzo scivolò a sua volta dentro al recinto di acciaio, con meno difficoltà del figlio. Poi fu la volta di Aidan. «Portaci a casa, J.T.!» si sgolò, rivolgendosi al pilota. Mentre l’elicottero si muoveva, il canestro penzolava dolcemente in aria, come la vettura di una giostra del luna park. Monk azionò l’argano, sollevando la struttura metallica fino al portellone; poi, quando fu vicina abbastanza, l’afferrò per un’asta e la tirò dentro. «Tutto bene?» si informò, alzando la voce per farsi sentire oltre il rombo del motore.

«Bene, bene.» L’uomo più adulto salì a bordo, poi allungò una mano verso il figlio, aiutandolo a entrare all’interno dell’abitacolo. «Grazie tante per averci ripescati.» Monk avvolse i due naufraghi in alcune coperte mentre Aidan sorrideva e saltava fuori dal canestro di acciaio, tutto grondante. «Non c’è di che» rispose, sentendo ancora l’adrenalina che gli pompava dentro. «Che è successo alla vostra barca?» L’uomo scosse il capo e si appoggiò contro la parete metallica del velivolo. «Di punto in bianco abbiamo cominciato a imbarcare acqua. Avevamo appena finito di parlare via radio con la guardia costiera che il fuoribordo ha iniziato ad affondare e a un certo punto si è capovolto, sbalzandoci in mare.» «Non mi sono mai piaciute le barche» deplorò Monk mentre afferrava una delle cinghie agganciate al canestro. «Se Dio avesse voluto che vivessimo in acqua, ci avrebbe munito di branchie.» La battuta, pronunciata dal collega con voce solenne, strappò ad Aidan una risata. Strano che fosse finito nella squadra di soccorso in mare. «In quanto a volare, invece? Nessun problema?» lo punzecchiò affettuosamente, conoscendo già la risposta ancora prima di porre la domanda. «Be’, è di certo molto più sicuro. Si sono mai visti maremoti in cielo?» Mentre padre e figlio si rilassavano godendosi il volo, Aidan rideva, ripetendosi che era un uomo fortunato. Il suo mestiere era gettarsi in acqua da un elicottero, e per uno come lui che adorava cielo e mare, cosa avrebbe potuto desiderare di meglio dalla vita?

Dopo gli ultimi giorni trascorsi in clausura, tappata in libreria o nella casetta stile baita di Donna, Terry sentiva il bisogno di concedersi qualche ora all’aria aperta. Non era mai uscita per Baywater perché non conosceva nessuno in città, a parte Aidan Reilly, naturalmente, che tra l’altro non vedeva dal giorno in cui aveva lasciato il negozio di corsa, senza dire una parola. Non che sentisse la sua mancanza.

Stando tutto quel tempo da sola, però, aveva avuto modo di riflettere. Il che non era sempre vantaggioso. A ogni modo, il fatto che fosse da sola in una città che non conosceva non significava che dovesse starsene tutto il tempo chiusa in casa o in negozio. Per questo aveva deciso di sfruttare la pausa pranzo per fare una eggiata per le strade affollate di Baywater e dare un’occhiata alle vetrine. In quel momento, in verità, già iniziava a pentirsene. Il sole di settembre irradiava il suo calore, infuocando i marciapiedi e investendo i pedoni con il suo torrido riverbero. Sebbene non indossasse che un top leggero e dei freschi pantaloncini di lino, era in un bagno di sudore. Era l’afa a rendere il caldo insopportabile, un’afa più terribile di quella di Manhattan. Sollevò i capelli da dietro la nuca e si lasciò carezzare la pelle madida dalla dolce brezza dell’oceano. Durò un attimo. Prima che potesse trarne refrigerio, l’aria si fermò. Tutto intorno, c’erano famigliole che ridevano e chiacchieravano, bambini che si rincorrevano per la spiaggia e giovani coppiette che eggiavano sul lungomare, mano nella mano. Giunta all’incrocio, Terry sostò sul marciapiede, in attesa che scattasse il verde per i pedoni, e osservò le auto che sfrecciavano lungo il corso principale. In realtà, non andavano a velocità sostenuta, ma in ogni caso il traffico era piuttosto intenso per una cittadina di quelle dimensioni. Dopo aver attraversato, si diresse verso il molo. A mano a mano che si avvicinava al mare, la brezza diventava più fresca e lei apprezzò l’aria salmastra che le soffiava sul viso. Imbarcazioni di ogni genere erano allineate lungo il pontile, dai gommoni alle barche a remi, dagli enormi motoscafi ai mini yacht, che si urtavano l’uno con l’altro come vecchi amici a un’affollata festa di compleanno. Il molo era disseminato di pescatori che tendevano le loro canne da pesca oltre la ringhiera arrugginita. Due ragazzi sugli skateboard zigzagavano tra la folla come abili ballerini che si esibivano a una gara. Un palloncino sfuggì di mano a una bambina, e mentre la mamma la consolava, il vento lo portava lontano, finché non fu che un puntino rosso nel cielo azzurro.

Terry sorrise continuando a camminare. L’odore degli hot dog e delle creme solari intrideva l’aria e, ando davanti a un ambulante, cedette alla fame e acquistò uno di quei panini appetitosi insieme a una coca, dirigendosi poi verso delle scalette scavate fra le rocce che portavano alla spiaggia. Si appollaiò su uno scoglio, si portò le ginocchia al petto e addentò il suo caldo panino, estraniandosi quasi del tutto dai rumori della folla poco distante e concentrando lo sguardo su una coppia di surfisti che cavalcava un’onda bassa che rotolava verso la riva. «Che strano venire in spiaggia nel bel mezzo di una giornata lavorativa» mormorò, assorta, parlando con se stessa e guardandosi intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno a sentirla. Si sarebbe vergognata. Se fosse stata a casa sua, a quest’ora si sarebbe probabilmente trovata nella Fifth Avenue, la borsetta stretta sotto il braccio, che camminava a o svelto per raggiungere la sede di una delle tante associazioni di volontariato di cui faceva parte. Di sicuro avrebbe avuto qualche riunione a cui partecipare o una raccolta fondi da organizzare. Il tutto a ritmo serrato, con un’agenda fitta di pranzi e cene di lavoro nei locali più chic e alla moda di New York. Era così che si svolgevano normalmente le sue giornate. Senza mai un attimo di tregua. Giornate piene... e notti vuote. Un fremito la percorse. Diede un altro morso al panino e si convinse che era contenta così. Svolgeva un lavoro importante e, nel grande schema del mondo, cosa mai poteva contare in fondo se, a un certo punto della sua esistenza, lei aveva rinunciato a vivere? Erano cinque anni, ormai, che nella sua vita c’era solo il lavoro e nient’altro. «Magnifico» mugugnò, tamponandosi la bocca con un tovagliolo di carta e bevendo un sorso di coca. «Benvenuti al festival dell’autocommiserazione.» Si alzò in piedi e si incamminò verso la spiaggia, dove l’acqua lambiva la sabbia, rendendola scura e luminosa. Terry sorrise, si levò i sandali e affondò i piedi nudi nella fresca rena, lasciandosi bagnare la pelle dall’oceano che si increspava dolcemente sulla riva. Quando le squillò il cellulare, sulle prime pensò di ignorarlo. Poi, sbuffando, lo pescò nella tasca dei pantaloni e guardò il numero sul display prima di

rispondere. «Donna. Come va la vita lì, alle Hawaii?» «Bene. È sempre piacevole tornare a casa per un po’!» esclamò l’amica con voce gioiosa, poi cambiò tono bruscamente: «Jamie, smettila di colpire tuo fratello con il secchiello». Terry soffocò una risata e iniziò a camminare sul bagnasciuga. Il rumore della risacca forniva un regolare contrappunto ai suoi i e le grida dei bambini che giocavano sulla spiaggia accarezzavano amabilmente le sue orecchie. «E lì come procede?» chiese Donna non appena sedata la scaramuccia. «Tutto bene. Il lavoro va a gonfie vele.» «E Aidan?» Terry scosse la testa in un gesto sconsolato. «Non ti arrendi mai, tu, eh?» «Non capisco che cosa tu voglia dire.» «Come no.» Terry rise. «Sei... senza ritegno.» «Sono solo una romantica.» «Che sta sprecando il suo tempo.» «Su, Terry, devi perlomeno ammettere che è uno schianto.» «Lo è, infatti» riconobbe con un sospiro, mentre un’immagine di Aidan Reilly le attraversava la mente. «Ma non aveva giurato di astenersi dal sesso?» «Per la miseria, altroché» sogghignò l’amica. «E devi credermi, è come una pentola a pressione che sta per esplodere. Non dovrebbe essere difficile per te metterlo al tappeto.» «Mi sembrava di aver capito che dovessi aiutarlo, invece.» «In realtà, io sto cercando di aiutare tutti e due.»

«Non sarà che stai cercando, piuttosto, di intrometterti in fatti che non ti riguardano?» «Mamma mia, che mente sospettosa...» «Non mi interessa» tagliò corto Terry, infondendo in quelle parole una determinazione fin troppo eccessiva, quasi volesse convincere più se stessa che l’amica. Poi aggiunse, in tono più moderato: «Sul serio, Donna, l’argomento non mi interessa, e tu lo sai». «Bene, bene» accettò l’amica. «Vedo che perseveri nella tua sciocca ostinazione. Fa’ finta che non ti abbia detto nulla, allora.» «Lo sto già facendo» le assicurò Terry, voltandosi verso il mare e sferrando un calcetto verso l’acqua fresca. Fu allora che, in lontananza, scorse un uomo che si tuffava dal molo. «Che imbecille!» «Chi? Di chi stai parlando?» «Di un idiota che si è appena tuffato dal molo» rispose, scuotendo il capo. «È davvero un incosciente» condivise Donna. «Non sa che in prossimità della spiaggia ci sono rocce e cordoni di sabbia che...» «Sta nuotando verso la riva, ciò significa che è sopravvissuto.» «Sai come si dice, no? Il Signore protegge gli stolti e gli ubriachi... Jamie! Non colpire tuo fratello neppure con la paletta!» «Se è uno stolto o un ubriaco, resterà un mistero» mormorò Terry, ascoltando distrattamente l’amica, intenta com’era a fissare il folle temerario che sfidava le onde. «Però, devo ammettere che è un bravo nuotatore.» Quando, alla fine, giunse a riva, l’uomo si voltò e si incamminò verso di lei. La maglietta scura gli aderiva al petto e i bermuda di jeans gli stavano aderenti sui fianchi stretti. Mentre Terry lo osservava, lui le sorrideva. Ebbe una stretta allo stomaco e bisbigliò: «Non ci posso credere».

«Che cosa?» «È Aidan!» «Chi? L’imbecille che si è tuffato dal molo?» «Proprio lui e si sta dirigendo verso di me» la informò, tentando di ignorare il nodo alla bocca dello stomaco. «Be’» esplose Donna in una risata, «non è un bel ragazzo?» «Va’ a salvare Danny da Jamie» brontolò Terry e la congedò, mentre l’amica si sbellicava ancora dalle risate. Riponendo il telefonino in tasca, si piegò per afferrare i sandali e attese che Aidan si avvicinasse. Se avesse avuto un po’ di buonsenso, si sarebbe voltata e se ne sarebbe tornata da dove era venuta. Di corsa in libreria. Ma fu l’orgoglio a trattenerla. Mai e poi mai sarebbe scappata davanti ad Aidan Reilly, dandogli così la soddisfazione di intuire con che facilità gli sarebbe crollata ai piedi. «Vieni spesso qui in spiaggia?» le domandò Aidan, quando l’ebbe raggiunta. «Ma sei pazzo a tuffarti dal molo?» lo aggredì lei, ignorando la sua domanda. Lui si voltò verso il mare e agitò una mano. Due uomini sul pontile gli risposero. «I tuoi sostenitori?» chiese Terry, sdegnosa. Aidan rise e si voltò di nuovo verso di lei. «I miei fratelli. Due di loro, perlomeno.» Mentre la guardava, si accorse che era infastidita. Ma non solo. I suoi occhi fiammeggianti esprimevano qualcos’altro oltre al disappunto... eccitazione, forse. Al che pensò che era valsa la pena, stavolta, di fare quella bravata. Sentiva le grida di esultanza di Connor e Brian quando lo videro in compagnia di

una ragazza e gridò loro di recuperare la sua attrezzatura da pesca e portarla a casa. Non aveva dubbi che stessero già pensando di fare spazio anche per lui nella decappottabile a bordo della quale avrebbero sfilato per la base militare, durante la parata del Battle Color Day, vestiti nientedimeno che da hawaiane, con gonnellino di paglia e reggiseno di cocco. Era questo il pegno da pagare per chi avrebbe perso la scommessa. Ma lui non ci sarebbe stato. No, per nulla al mondo si sarebbe messo in ridicolo così. Lui avrebbe vinto la scommessa. Per questo aveva già pensato di farsi riservare un posto in prima fila per godersi al meglio l’umiliazione dei suoi fratelli e poterli salutare al loro aggio, pavoneggiandosi nella gloria della vittoria e crogiolandosi nel bagliore della loro invidia. «Gli altri due gemelli?» Aidan inarcò un sopracciglio. «Donna ti ha raccontato un sacco di cose sul mio conto.» «Giusto l’essenziale» replicò Terry, impettita. «Non mi ha detto, però, del tuo desiderio di voler morire.» Lui gettò il capo all’indietro e scoppiò a ridere. «Desiderio di morire? Per essermi tuffato dal pontile? Ragazza mia, per me quel tuffo equivale a una capriola giù dal letto.» «E non hai pensato alle rocce? Ai cordoni di sabbia?» «Dal quarto pilastro al sesto, c’è un canale in cui l’acqua è più profonda. Ci tuffavamo sempre da lì quando eravamo bambini.» «Allora, vi è sempre mancata qualche rotella. A te e ai tuoi fratelli.» «Forse sì, un po’.» Terry scosse il capo con rassegnata incredulità e, dopo una breve pausa, gli domandò: «Sei di qui?». «Allora Donna non ti ha raccontato proprio tutto.»

Lei emise un risolino asciutto, lo guardò e fece spallucce. «Quanto sei presuntuoso. Cosa credi che io e la mia amica non abbiamo niente di meglio da fare che parlare di te?» Aidan scoppiò di nuovo a ridere. La capacità di Terry di are in un attimo dalla rabbia allo scherzo lo intrigava oltremodo. Non c’era niente di meglio che una donna volubile e imprevedibile per tenere un uomo costantemente sulla corda. Per non parlare del suo corpo voluttuoso. Non era stato difficile identificarla dal molo. Il suo profilo era inconfondibile. Aveva curve più pericolose del circuito di Indianapolis e la chioma bionda le svolazzava attorno al viso, smossa dal vento, come un drappo di seta. Era sicuro che a tutti gli uomini nei paraggi fosse girata la testa nel vederla. A lui di sicuro. Si scrollò quel pensiero dalla mente. Non poteva comportarsi come un adolescente in piena tempesta ormonale. Doveva controllarsi e riuscire a parlarle senza lasciarsi distrarre da pensieri illeciti. E voleva dimostrarlo, a se stesso e ai suoi fratelli, che di certo lo stavano spiando dal pontile. «Bene, allora» disse, avvicinandosi e immergendo i piedi nell’acqua fresca e spumeggiante, «permettimi di deliziarti con il racconto della vita rocambolesca dei famosi fratelli Reilly.» «Che cos’è, un romanzo d’avventura?» «Più o meno.» Aidan spostò lo sguardo verso la sconfinata distesa d’acqua e iniziò: «Ci siamo trasferiti a Baywater che avevamo tredici anni. Liam ne aveva quindici. Nostro padre era un marine, per cui ci spostavamo in continuazione da un luogo all’altro per seguirlo nelle sue varie destinazioni». Sorrise mentre raccontava, ricordando i numerosi traslochi con più nostalgia di quanto non succedesse alla loro madre, per la quale invece era un trauma, ogni volta, ricominciare tutto da capo. «Abbiamo vissuto in Germania, Okinawa, California e per un breve periodo anche alle Hawaii.» «Tutto nei primi tredici anni?»

«Già. Finché non è stato assegnato alla base aerea di Beaufort in maniera definitiva e noi lo abbiamo seguito, come sempre. Papà ci faceva sembrare ogni trasferimento come un’avventura. Nuova città, nuovi amici, nuova scuola.» Terry restò in silenzio per qualche istante, poi gli rivolse uno sguardo intenso. «Deve essere stata una vita dura.» «Avrebbe potuto esserlo, sì, ma eravamo un gruppo familiare affiatato e ci siamo sempre sostenuti e fatti coraggio l’un l’altro.» «Questo è molto bello.» Era proprio così. I fratelli Reilly erano sempre stati uniti, nella buona e nella cattiva sorte. Anche quando litigavano, il che accadeva di sovente, c’era un forte legame tra di loro che li aiutava a superare le avversità e le pressioni esterne. «C’è sempre qualcosa da raccontare in una famiglia numerosa. Non ci si annoia mai.» «Però, si litiga anche.» «È vero. Noi lo facevamo spesso» ammise Aidan. «E tu, hai fratelli, sorelle?» «Un fratello» rispose Terry. «Maggiore di me. Ma non siamo molto legati.» C’era tutta una storia dietro a quella frase laconica che lei non voleva evidentemente raccontargli. Aidan lo intuì dal suo disagio. Il linguaggio del corpo era molto più eloquente di quello verbale. «Come mai?» Terry si irrigidì e sollevò il mento, quasi preparandosi a una battaglia abituata a combattere da anni. «Per una serie di ragioni che non mi va ora di ricordare. Ma stavamo parlando di te, se non sbaglio.» Per il momento, Aidan lasciò correre, aveva capito benissimo che non sarebbe servito a nulla insistere. Terry si era chiusa a riccio. Sarebbe tornato sull’argomento un’altra volta, decise. Voleva scoprire perché era calato quel velo sui suoi bellissimi occhi verdi e perché le compariva quella ruga sulla fronte quando le si nominava la famiglia. «Giusto.» Cacciò uno sbuffo d’aria e riprese: «In ogni modo, era mia madre che

si occupava di tutto, che contattava ogni volta la ditta di traslochi, che saldava i conti, che preparava i bagagli. Insomma, per mio padre trasferirsi era un’avventura, per mia madre una fatica. Ma non ce lo ha fatto mai pesare». «Una donna in gamba» commentò Terry con sincera ammirazione. «Io, al suo posto, non so se ce l’avrei fatta.» Aidan sorrise. «È stata lei la prima ad accettare questa nostra vita raminga.» Scrollò le spalle e allungò lo sguardo verso l’orizzonte, dove cielo e mare si univano, diventando l’uno parte dell’altro. «Tutto è cambiato, però, quando siamo arrivati qui. Mamma si è innamorata all’istante di questo posto. Lo adorava. Diceva che sentiva un legame con esso. Le piacevano Beaufort, il sud, la gente. Poi ha scoperto Baywater e ha tanto insistito con mio padre perché ci stabilissimo qui per sempre.» «Ed è stato possibile per lui scegliere di non essere più trasferito?» «Non è stato facile, ma alla fine l’ha spuntata. Solo che mia madre sapeva quanto fossero importanti per lui quegli spostamenti.» «E quindi?» «Gli ha augurato praticamente buon viaggio, rassicurandolo che se la sarebbe cavata qui da sola con noi figli. Questo ci ha consentito di frequentare la stessa scuola, gli stessi amici, e di avere una certa stabilità.» Aidan si infilò le mani in tasca e storse il viso in una smorfia quando si accorse che si era tuffato in acqua con tutto il portafoglio. Ma quando aveva visto Terry dal pontile, non aveva capito più nulla. «La mamma voleva che concludessimo le superiori nello stesso posto.» «E quindi lo ha lasciato andare?» «Sì.» «Una donna forte.» «Non hai idea quanto.» Aidan sorrise pensando a come sua madre fosse riuscita

a tenere a bada quattro figli adolescenti, senza l’appoggio di un uomo. «Papà ha continuato a spostarsi per un altro paio d’anni, poi ha accettato un incarico alla base aerea di Beaufort, dov’è rimasto fino a che non è andato in pensione.» «E ora dov’è?» Aidan sospirò. «È morto da qualche anno.» «Oh, mi dispiace.» «Grazie. Mia madre vive ancora in zona ed è contenta di poter raggiungere tutti e quattro i figli quando lo desidera.» «Immagino che l’adoriate.» «E come potrebbe essere altrimenti?» «E l’altro tuo fratello?» «Padre Liam?» Aidan posò lo sguardo su di lei e le scostò una ciocca di capelli dal viso. «Mia madre, da buona irlandese, è molto orgogliosa di avere un prete in famiglia. Sta qui a Baywater anche lui, alla chiesa di San Sebastiano.» «Siete proprio una bella famiglia.» Lui la osservò e notò di nuovo quel velo calare sui suoi occhi. C’era una parte di sé che desiderava rassicurarla, fugare le ombre e farla sorridere. E questo gli metteva addosso una paura veramente pazzesca.

4

Era tardo pomeriggio e si era alzato il vento, il cielo si era coperto di nuvole e Terry tentava ancora di convincersi che non le importava nulla di Aidan Reilly. Ma non era così. Chiuse il negozio, abbassò la saracinesca e si incamminò lungo il marciapiede. Guardò il cielo, osservando le nuvole grigie che entravano in collisione l’una con l’altra come le vetture dell’autoscontro del luna park. «Tempesta in arrivo.» Una dolce voce femminile, tinta appena di umorismo, le echeggiò alle spalle. Terry si voltò e sorrise a Selma Wyatt, una settantenne dagli occhietti vispi e una vitalità da fare invidia a una trentenne. Portava i capelli grigi raccolti in una grossa treccia che le scendeva su una spalla, e un abito giallo limone, lungo fino alla caviglia, da cui spuntavano un paio di scarpette da ginnastica viola. «Eh, già» confermò Terry, dando un’altra sbirciata al cielo, «pare proprio così.» Selma scosse la testa, facendo ondeggiare la treccia come un pendolo. «Non sto parlando di quella tempesta, mia cara.» «Ah...» annuì Terry con un sorrisetto d’intesa. «Deve aver letto qualcosa di interessante nelle carte, allora.» La signora Wyatt leggeva la mano e i tarocchi e gestiva un piccolo emporio in fondo alla strada. E sebbene Terry non credesse in quel genere di cose, immaginava che Selma fosse brava nel suo mestiere perché aveva sempre la fila fuori dal negozio. Da quando era arrivata a Baywater, la donna l’aveva praticamente adottata, offrendole la sua amicizia e la sua compagnia. ava spesso a prenderla in libreria per portarla a pranzo e le aveva presentato tutti i clienti abituali della trattoria Delilah’s. Si era persino offerta di leggerle la mano, ma Terry si era

rifiutata perché, diceva, se il futuro è come il ato, non lo voglio conoscere. «Oh, no, mia cara. Non servono certo le carte per capirlo. Impregna nell’aria. Non lo senti anche tu?» Un brivido le corse lungo la schiena prima che Terry se lo scrollasse di dosso, ripetendosi che Selma ava troppo tempo a guardare nella sfera di cristallo. «L’unico temporale che sento è quello che sta arrivando dall’oceano.» Selma le elargì un sorriso paziente, lo stesso genere di sorriso che un adulto rivolge a un bimbo di due anni che si ostina a volersi allacciare le scarpe da solo, pur non essendone capace. «Certo, mia cara, non dare retta a una vecchia stramba come me.» Poi piegò il capo da un lato e, dopo una breve pausa, aggiunse: «Eccolo che arriva». Con un lieve senso di disagio, Terry inspirò e chiese: «Chi sta arrivando?». Poi, lo udì. Un rombo lontano. Come un tuono distante che mugghiava sempre più forte a mano a mano che si avvicinava. Terry sentì la peluria rizzarsi dietro la nuca mentre ruotava il capo verso quel rumore. In cielo, bagliori di luce rilucevano attraverso le nuvole, prime avvisaglie di un temporale prossimo ad arrivare. L’impressione era che, di lì a poco, si sarebbe scatenato il finimondo. Ma lei si dimenticò del temporale mentre posava lo sguardo su un’enorme motocicletta che svoltava l’angolo. Le cromature tirate a lucido scintillavano nel fosco chiarore dell’imbrunire e la vernice nera metallizzata risplendeva di un fascino misterioso. In sella alla moto c’era... Aidan Reilly. «Ecco che arriva la tempesta, mia cara» mormorò Selma. «E che tempesta!» Terry a stento l’ascoltò. Aveva il fiato corto, il cuore in gola e il corpo improvvisamente attraversato da una vampata incandescente.

Aidan indossava un paio di jeans scoloriti e i texani consumati che portava il giorno in cui lo aveva visto per la prima volta. Era uno spettacolare incrocio tra un rude cowboy e un tenebroso centauro. La T-shirt nera gli aderiva ai tonici pettorali. Un paio di occhiali da sole gli nascondeva gli occhi, ma non portava il casco e aveva un’aria... molto pericolosa. Terry deglutì forte, ingoiando un groppo di tensione che le si era accumulato in gola. Poi lui le sorrise e lei arricciò senza motivo la punta dei piedi. Oddio, non era una reazione normale. «Buonasera, signora Wyatt» pronunciò lui con voce roca come il rombo del motore della sua moto. «Aidan» lo salutò Selma con un cenno del capo e un sorriso. «Sei venuto a farti leggere la mano?» Lui sorrise. «Lo sa, signora Wyatt, che preferisco le sorprese.» «Allora, vi saluto» si congedò la donna, incamminandosi lungo il marciapiede. Terry registrò a malapena il fatto che Selma se n’era andata. Riusciva a pensare a una sola cosa: non era giusto che un uomo fosse così bello ed eccitante. In sella alla motocicletta, poi, era ancora più seducente. «Terry!» Batté le palpebre, quasi svegliandosi da un sogno, e si rese conto che Aidan doveva averla chiamata con insistenza. Voleva morire per l’imbarazzo. Camuffando quella sua reazione adolescenziale dietro una maschera austera, disse in tono vibrante: «Che diavolo ci fai qui, Aidan?». Lui consultò il cielo nero, che non prometteva nulla di buono, mentre un altro tuono rumoreggiava in lontananza, poi incontrò di nuovo il suo sguardo. «Ho

pensato che forse avevi bisogno di uno strappo fino a casa.» «Ci vado a piedi» rifiutò lei, voltandosi e iniziando a camminare. Prima si allontanava da Aidan, meglio era. «Grazie lo stesso.» Lui la seguì, scendendo dalla moto e trascinandola a braccia lungo la strada. «Potrebbe piovere da un momento all’altro» le fece presente. «Allora, sarà meglio che mi sbrighi» ribatté Terry, concentrandosi a mettere un piede davanti all’altro, senza distrarsi. Senza guardarlo. Aidan ridacchiò sommessamente. «Sei così testarda che preferisci rischiare di bagnarti come un pulcino piuttosto che accettare un aggio da me?» Lei lo guardò di sbieco. «In moto? Mi bagnerei ugualmente.» «Sì, però si fa prima. E poi è più divertente. Non ti va di provare il brivido della velocità?» «Chi va piano va sano e va lontano» sentenziò Terry, e in quel momento si sentì una vecchia libraia di novant’anni. «In taluni casi, andare piano è molto meglio... sì.» Lei inciampò allorché le immagini evocate da quella frase allusiva le si delinearono nella mente. Il cuore le batteva così forte da intontirla. Dopo aver deglutito, gli domandò: «Ma non hai di meglio da fare che stare appresso a me? E la scommessa?». «Che c’entra la scommessa? Ti ho solo chiesto se volevi montare in sella alla mia moto, non sopra di me.» Una vampata di calore le invase le guance e Terry si chiese se anche gli altri vedessero i puntini neri che le tremolavano davanti agli occhi. Ma probabilmente li vedeva solo lei. E non era un buon segno. Con un respiro profondo, si impose di mantenere il controllo sugli ormoni impazziti. Lei non cercava un’avventura e comunque non con Aidan Reilly. Quell’uomo aveva giurato di astenersi proprio da ciò di cui lei sentiva un’improvvisa, irrefrenabile voglia. A che pro, quindi, alimentare quella

frenesia? Quando la prima, solitaria goccia d’acqua le cadde sulla testa, Terry decise che, tutto sommato, poteva accettare un aggio in moto senza incorrere in eccessive complicazioni. In fondo, era un atto dettato dalla necessità. Meglio arrivare in fretta a casa e mettersi al riparo dalla pioggia che intestardirsi nel voler tornare a piedi e infradiciarsi. «Va bene, accetto il aggio» comunicò alla fine di quella disquisizione con se stessa. Sorridendole, lui diede gas al motore e, mentre la pioggia iniziava a venire giù fitta, Terry si sistemava dietro di lui e indossava il casco. «Tieniti forte» le raccomandò Aidan ruotando appena il capo verso di lei. Il motore rombava, facendo vibrare tutta la motocicletta e inviandole piacevoli fremiti in tutto il corpo. Terry strinse i denti e si aggrappò a lui, evitando di cingerlo completamente e limitandosi ad appoggiargli una mano in vita, il minimo necessario per sorreggersi e non perdere l’equilibrio. Il semaforo all’incrocio in fondo alla strada era rosso, quindi procedettero con calma. «Ti suggerisco di tenerti aggrappata a me un po’ meglio di così, piccola» le ripeté Aidan con una sfumatura ilare nella voce. «Sto benissimo così» ribadì lei con puntiglio, sforzandosi di non pensare alle cosce che rasentavano quelle di Aidan e al motore potente che le vibrava sotto, amplificando la vertigine che le dava stare così stretta a lui. «Che c’è, piccola? Ti rendo nervosa?» «Perché non pensi a guidare che a me ci penso io? E smettila di chiamarmi piccola!»

«Come vuoi.» Lui scrollò le spalle, tornò a guardare davanti e, quando scattò il verde, ripartì a tutta velocità. «Ehi!» gridò Terry e d’istinto si avvinghiò a lui. Aidan rise e lei sentì il suo corpo sussultare leggermente allo stesso ritmo. Ridi pure quanto ti pare, pensò. Per il momento, le interessava di più tenersi ben salda anziché continuare a recitare la parte della sostenuta altezzosa. Aidan imboccò il corso principale, sfrecciando fra le automobili in corsa. Mentre prendevano velocità, Terry sentiva gli schiaffi del vento sul viso e la pioggia mista a grandine che la colpiva come fosse una serie di proiettili di ghiaccio. Sorrise, godendosi quel meraviglioso senso di libertà. Prima che la sua vita diventasse un susseguirsi di impegni nel campo della beneficenza e del volontariato, era stata un’amante anche lei delle moto, della velocità e degli sport estremi, come il parapendio, le immersioni subacquee e il free-climbing. Era diventata un tipo avventuroso, sprezzante del pericolo, dopo che il mondo le era crollato addosso e lei aveva creduto di morire stritolata dal più insopportabile dei lutti. Si era allora lanciata nelle imprese più temerarie, nella speranza di soffocare il dolore in un impeto di adrenalina. Fino a cinque anni prima. Quando una mattina si era svegliata nel letto di un ospedale con una gamba e un braccio rotti. E aveva capito che sfidare la morte, stordirsi di quella delirante euforia non sarebbe servito a cancellare il dolore. E che il solo modo per rendere quella sofferenza sopportabile era aiutare la gente bisognosa, la gente che soffriva come e quanto lei. Da quel giorno la sua vita era cambiata. Si era impegnata nel sociale, aderendo a diverse associazioni filantropiche e promuovendo svariate iniziative di solidarietà. Era diventata bravissima nel raccogliere fondi, nel convincere plurimilionari indifferenti a compiere generose elargizioni e a trasformare un’asta di beneficenza nell’evento dell’anno.

Aveva legioni di conoscenti, ma un numero ristretto di amici. Amici a cui lei si sentiva più legata che non alla sua stessa famiglia. Ed era stato per aiutare uno di loro che era finita a Baywater, seduta in sella a una moto, dietro a un affascinante centauro, a sfrecciare sotto la pioggia. Donna. Dopo la disgrazia, accaduta dodici anni prima, Donna le era stata vicina. Aveva pianto con lei, l’aveva abbracciata, consolata e sostenuta, sopperendo alle mancanze della sua famiglia. Donna Fletcher era l’unico legame con un ato che Terry custodiva nel suo cuore come un prezioso tesoro. Dopo qualche istante, si accorse che non si stavano dirigendo verso casa dell’amica e si allarmò. Forse aveva sbagliato a fidarsi. «Aidan, dove stiamo andando?» si sgolò. «Rilassati e goditi la eggiata.» «Sotto la pioggia?» Lui distese un braccio, rivolgendo la palma all’insù, e si strinse nelle spalle. «Ci siamo lasciati la pioggia alle spalle già da qualche minuto.» Corrugando la fronte, Terry levò lo sguardo al cielo e si accorse che aveva ragione. Erano usciti da Baywater, allontanandosi dal temporale, tipico della stagione estiva. Quando Aidan si fermò e smontarono dalla sella, Terry si guardò intorno. Si trovavano su una scogliera a picco sul mare. La strada che avevano percorso era deserta, bordeggiata da alberi svettanti che si piegavano e ondeggiavano al vento, a tempo con una musica che solo loro potevano sentire. Quando si voltò per guardare Aidan, lo trovò al suo fianco, che fissava le acque scure. La luna faceva capolino da dietro le nuvole, apparendo e scomparendo come un bambino che gioca a nascondino. «Ne è valsa la pena?» le domandò.

Terry abbracciò con lo sguardo lo scenario circostante e dovette ammettere che era incantevole. La luna brillava sul mare e le creste spumeggianti delle onde splendevano di una luce fosforescente che le faceva sembrare fantasmi nel buio. «È meraviglioso.» «È uno dei miei posti preferiti» le confessò Aidan. Si accostò al bordo della scogliera e si sporse, aggrappandosi al parapetto. «Vengo sempre qui quando voglio estraniarmi dal resto del mondo e godermi qualche momento di solitudine.» Lei lo raggiunse, muovendosi con i lenti e incerti. «Non dovresti portarci nessuno, allora.» Aidan la guardò e scrollò le spalle. «Di solito non lo faccio.» «Perché hai portato me?» «Bella domanda.» «Non è una risposta.» Rivolgendo le spalle al paesaggio, si girò verso di lei, appoggiandosi al parapetto e incrociando le braccia. «Non ne ho un’altra» ammise, dopo un lungo istante. Terry dovette sforzarsi di non vacillare sotto il suo sguardo fermo e insistente. Non voleva pensare alle ondate di calore che le lambivano lo stomaco. Voleva mantenere il controllo, ma iniziava già a dare segni di cedimento. «Avevo voglia di rivederti.» «Perché?» «Perché altrimenti sarei impazzito.» «Non è stata una buona idea» pronunciò lei, con un sospiro. «A che cosa ti riferisci?» «A questo.» Terry si sfilò il casco e distese il braccio, indicando tutto intorno. «A noi. A me. A te. Qui...»

«Non hai idea di cosa provo quando sono con te, quando ti ho vicina.» «Aidan...» «E sono sicuro che lo provi anche tu.» Oddio, aveva ragione. Ma non era questo il punto. «Che importanza ha quello che proviamo?» Terry alzò il mento con piglio imperioso e lo fissò, fermamente decisa a non fargli sapere quanto prossima fosse a perdere il controllo. «Perché?» «Perché di qualunque cosa si tratti, è basata su una pura e semplice attrazione fisica.» «E con questo?» «Per la miseria, Aidan, non siamo due adolescenti in preda agli istinti.» «Che cosa pensi di fare, allora?» Riflettere, si disse. Ma con tutti gli sforzi del mondo, era impossibile attivare il cervello quando il corpo era così sotto tensione. Scuotendo il capo, Aidan riprese la parola. «C’è qualcosa, Terry. C’è qualcosa di forte tra di noi.» «Non può esserci nulla tra me e te.» Lui emise una risata sommessa e roca che le rotolò addosso, avvolgendola in un manto caldo che disperse il vento pungente. «Perché no, me lo vuoi spiegare?» «Tanto per incominciare, per via di quella tua stupida scommessa.» Aidan liquidò l’argomento con un gesto stizzito della mano. «Non sto parlando di sesso.»

Terry rimase di sasso. «Ah, no?» «Delusa?» «Certo che no» ribatté prontamente. «Sono solo... confusa.» «Be’, lascia che ti chiarisca io le idee. Non mi sono dimenticato della scommessa. Ancora tre settimane e sarò il campione.» «È così importante per te vincere?» «Assolutamente. Voglio che i miei fratelli se lo ricordino per sempre che sono il più forte.» «Non mi sembra un atteggiamento molto maturo.» Aidan alzò le spalle e sorrise. «A ogni modo, non stavo parlando di sesso, prima. Sono contento, però, che tu abbia introdotto l’argomento.» «Lasciamo perdere, vuoi?» tagliò corto Terry, iniziando ad alterarsi e lanciandogli il casco, che lui afferrò al volo. «Tu non vuoi perdere la scommessa e a me non interessa un’avventura estiva.» «Oh, non ho nessuna intenzione di perdere la scommessa» precisò lui. «E neppure di diventare la tua avventura estiva.» «Bene.» «Ma...» «Niente ma.» «Ma...» ripeté Aidan, avanzando mentre lei indietreggiava. «Ci sono un sacco di cose che un uomo e una donna possono fare senza avere un rapporto sessuale.» «Non mi va di proseguire in questa conversazione.» «Su questo ci troviamo d’accordo, perlomeno.»

«Che cosa?» Il vento soffiava forte, arruffandole i capelli, e Terry li scostò dal viso con un gesto nervoso. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Era come prigioniera di un campo magnetico. Aidan lasciò scivolare il casco verso la moto e lo osservò rotolare per terra finché non si bloccò davanti alla ruota anteriore. Poi, riportò lo sguardo su di lei mentre continuava ad avvicinarsi, finché non l’afferrò saldamente per i fianchi, con tutte e due le mani. «Aidan...» «Terry...» Chinò il capo, sorrise e sussurrò: «Zitta», un attimo prima di baciarla.

5

Con un gemito roco, Aidan si impadronì della sua bocca. Non era uscito con lei con il preciso intento di baciarla. A dir la verità, non pensava neppure di vederla, quella sera. Dopo il lavoro, era andato dritto all’Off Duty, un bar di Baywater che era il punto di ritrovo di tutti i militari della zona. Aveva bevuto una birra, aveva giocato una partita a biliardo con un sergente con più soldi in tasca che talento. Aveva scambiato quattro chiacchiere con i suoi amici, brindato a un collega che stava per essere trasferito e poi se n’era andato. Non era riuscito a trattenersi oltre perché aveva la mente altrove. A Terry Evans. Quella donna lo aveva tormentato per tutto il giorno. Il suo viso lo aveva inseguito ovunque, il suo sorriso era stato una continua distrazione. Aveva un temperamento intrigante, così volubile, imprevedibile. Sin da quando si era tuffato dal molo e l’aveva raggiunta, Terry era rimasta con lui, entrandogli sotto la pelle. E a nulla erano serviti i numerosi sforzi di scrollarsela di dosso. E adesso, con la bocca incollata alla sua, la sentiva scivolare ancora più dentro di lui, nel profondo. Il suo sapore, il suo calore gli accendevano sensazioni mai provate.E per questo voleva di più. La teneva stretta a sé, stretta in un abbraccio, e con le mani le lisciava la schiena, seguendo la linea della spina dorsale, chiudendo fra le palme la curva delle natiche. Quando lei schiuse la bocca, ne approfittò per iniziare con la lingua una lenta esplorazione, godendo delle meravigliose sensazioni che gli pulsavano in tutto il corpo.

Terry emise un sospiro contro la sua bocca e il fiato si mescolò al suo. Lui lo inghiottì e rinsaldò la stretta attorno al suo corpo, il desiderio che sfiorava la follia. Un bacio non gli bastava. Troppe settimane di astinenza, si disse inquieto, mentre si staccava dalla sua bocca per leccarle la pelle morbida e calda del collo. Troppo tempo senza il calore di una donna. La sua era una reazione prevedibile. No, mormorò, lambendole la pelle con la punta della lingua finché lei non fremette e si aggrappò alle sue spalle. Non si trattava solo di questo. Altre volte era stato preda della bramosia sessuale. Stavolta, capiva che non si trattava solo di un istinto che reclamava di essere soddisfatto. Era proprio lei, Terry, che desiderava. «Aidan...» Udì appena il suo bisbiglio, soffocato dalle pulsazioni del proprio cuore e dal pompare serrato del sangue nelle vene che lo avvolgevano in una sorta di torpore mentale, levandogli il fiato. «Aidan...» Stordito, come un uomo reduce da una sbornia colossale, Aidan sollevò il capo e la guardò negli occhi. «Terry...» Le sfiorò il viso e lei socchiuse le palpebre, emettendo un respiro tremante. «Non voglio» mormorò Terry alla fine, con una voce flebile che si portò via il vento. E si staccò da lui. Aidan lasciò ricadere la mano lungo il fianco, stringendola a pugno, quasi a voler catturare la sensazione della sua pelle fra le dita. Provava un forte desiderio di abbracciarla di nuovo. Sentiva già la sua mancanza. Un camlo d’allarme gli echeggiò nelle retrovie della mente, ma lui lo ignorò. Intanto, il cuore gli batteva all’impazzata e respirava con affanno.

Sotto di loro, in fondo al dirupo, il mare rumoreggiava sordo e le onde si infrangevano contro le rocce bianche. Un’auto sfrecciò lungo la strada, lasciandosi dietro un mugolio sommesso prima di essere inghiottita dall’oscurità. E proprio lassù, in cima alla scogliera, il vento li avvolgeva in un turbine freddo. Un vento che, soffiando così impetuoso, pareva ora congiungerli, ora dividerli. «Ascolta, Aidan» iniziò Terry, bloccandosi i capelli dietro la nuca con entrambe le mani. «Io ritengo che tutto questo sia... pericoloso.» Aidan le rispose con un fugace sorriso. «Un po’ di sano pericolo non guasta. Serve a dare sapore alle cose.» Una risata asciutta le sfuggì dalle labbra. «È un bene, allora, che non ci siamo conosciuti cinque anni fa.» «Perché, che è successo cinque anni fa?» si incuriosì. Terry lo scrutò con i suoi occhi di smeraldo, nei quali si specchiava la luna, rendendoli più luminosi che mai. «A quel tempo» rispose pacata, «ero molto più spericolata di te.» «Davvero?» Lei spostò di nuovo lo sguardo verso l’oceano e mosse i due i necessari per raggiungere il parapetto. Chiuse le mani attorno alla ringhiera e, sollevando il viso, confermò: «Eh, già, ero una vera temeraria. Le ho provate tutte, sai? Parapendio, immersioni, free-climbing...». «Incredibile. Non ti ci vedo nelle vesti della ragazza avventurosa, sprezzante del pericolo.» Aidan sorrise mentre si sforzava di figurarsela abbarbicata a una roccia o appesa a un paracadute. «È stato tanto tempo fa.» «Mi pare che ne parli con una certa nostalgia. Devi esserti divertita.» «È così, infatti. Per un certo periodo, almeno, è stato così.» Aidan appoggiò un fianco alla balaustra e, incrociando le braccia al petto, la

fissò con interesse e curiosità. «Che cosa è cambiato da allora?» Terry si sporse verso l’oceano, quasi volesse sfuggire alla conversazione. «Io sono cambiata.» «Che peccato!» «No, invece.» «Che c’è di male nel voler vivere una vita al massimo?» «L’importante è che non lo si faccia solo con lo scopo di fuggire da qualcosa che non ci piace.» «Cosa?» Aidan voleva sapere, benché una parte di sé si chiedesse come mai la conversazione avesse preso quella piega. Fino a un minuto prima, la teneva stretta fra le braccia, assaporando la sua bocca, il suo respiro, catturando i suoi gemiti e i suoi fremiti. Ora, invece, la sentiva distante. Come se vi fossero chilometri fra di loro. «Da qualcosa... che non ci piace?» Una patina di dolore le alterò i lineamenti e persino nella penombra, con una luna quasi oscurata dalle nuvole, Aidan riuscì a scorgere il velo di tristezza che era disceso sui suoi occhi. Aveva voglia di attirarla a sé, di stringerla forte; ma qualcosa gli diceva che lei non avrebbe gradito il contatto. Non in quel momento. «Ti va di parlarne?» Terry lo guardò, restò in silenzio qualche istante, a riflettere, poi disse semplicemente: «No». Aidan ci rimase male e questo lo sorprese. Voleva conoscere le ragioni di quella profonda tristezza, scoprire perché, a distanza di cinque anni, le bastava il ricordo per far riaffiorare un dolore così forte da darle i tremiti.

Era la prima volta che gli succedeva una cosa del genere, di voler approfondire la conoscenza di una donna. Fino a quel momento, le sue relazioni si erano sempre mantenute su un piano superficiale. Non aveva mai cercato l’amore vero, quello che dura tutta la vita, né la donna giusta, l’anima gemella. L’idea del matrimonio e di una lunga vita insieme non gli erano mai appartenuti. Aidan era sempre partito dal concetto che il mondo era pieno di donne e che lui aveva poco tempo per conoscerle e apprezzarle tutte. Gli piaceva vivere ioni brevi e travolgenti con donne che non si aspettavano nulla di serio e stabile. E fino a quel momento, gli era andata più che bene quella visione della vita. Non gli importava nulla che i suoi due gemelli avessero alla fine trovato rifugio fra le braccia di due splendide donne. E a dir la verità, non gli dispiaceva affatto essere rimasto l’unico scapolo della famiglia. Avrebbe continuato a vivere la sua vita portando alta la bandiera del celibato. Allora, cos’era quell’improvvisa voglia di conoscere i segreti di Terry Evans? Di scavare nel suo cuore, nelle ragioni del suo dolore? In fondo, non erano affari suoi... Eppure, gli importava. «Vorrei che mi portassi a casa, se non ti dispiace» scandì lei, frantumando i suoi pensieri con l’efficacia di una granata. Forse, era meglio così, si disse, poi però le chiese, quasi senza rendersene conto: «Ancora in fuga?». La vide irrigidirsi e ridurre gli occhi a due fessure. Grandioso. Si diede subito dell’imbecille. Alzò le mani e si scusò con un sorriso: «Ho detto una cosa sciocca. Perdonami». «Possiamo andare, adesso?» «Certo.» Aidan la prese per un gomito e la condusse alla vicina motocicletta. Si chinò, raccolse velocemente il casco da terra e glielo porse. Lei lo afferrò con entrambe le mani e, fissandolo come se non lo avesse visto

prima, disse: «Ascolta, Aidan, riguardo a quel bacio...». Sollevando la gamba sinistra, lui montò in sella. Poi, guardandola negli occhi, le sorrise e la rassicurò: «È stato solo un bacio. Niente di che». «Giusto.» Terry indossò il casco, lo allacciò e salì in moto dietro di lui. «Solo un bacio.» Allineò le gambe alle sue. Gli cinse le braccia intorno alla vita. Premette i seni contro la sua schiena. Aidan avviò il motore e digrignò i denti mentre conduceva la moto lungo la strada maestra, verso il temporale che imperversava su Baywater. Oh, sì. Solo un bacio. Nessun problema.

«Qual è il problema?» Aidan fissò il fratello con sguardo torvo, poi gli lanciò la palla. «Allora, non mi hai ascoltato!» Liam rise, trattenne la palla e iniziò a palleggiare con indolenza, tenendo d’occhio sia il fratello sia il gioco. «Ti riferisci alla storia sconclusionata con cui mi hai frastornato per un’ora e mezza? Certo che ti ho ascoltato.» Aidan imprecò fra i denti, si chinò e afferrò una bottiglia d’acqua appoggiata per terra, sul praticello dietro la chiesa di San Sebastiano. Svitò il tappo e bevve un lungo sorso, sperando che il liquido fresco spegnesse almeno un po’ il fuoco che gli continuava ad ardere dentro da quando aveva lasciato Terry a casa di Donna, la sera prima. Non servì a nulla.

Neppure il tempo pareva essergli d’aiuto. Faceva caldo. Un caldo umido, soffocante. L’aria era talmente pesante che sembrava la si dovesse masticare più che inspirare. Il cielo era velato e un vento torrido si alzava di tanto in tanto, all’improvviso, proveniente da chissà dove. Era così la stagione degli uragani nel Sud. Aidan sbuffò e rivolse gli occhi al cielo. Aveva come il presentimento che l’uragano che si stava preparando in lontananza non avrebbe tardato a raggiungerli. Ciò significava che l’unità di soccorso presso la quale prestava servizio sarebbe stata in allerta ventiquattro ore su ventiquattro, lavorando a fianco a fianco con la polizia locale e la guardia costiera, come sempre accadeva nelle situazioni d’emergenza. Strizzò gli occhi per via del sole che aveva fatto appena capolino da dietro le nuvole e pensò all’ultimo uragano che si era scatenato sulla zona, solo un mese prima. Poderose masse d’acqua si erano rovesciate sulla città e la forza del vento era stata tale da sradicare alberi e scoperchiare case. «Sei preoccupato per la tempesta?» indagò Liam, distogliendo Aidan dai suoi cupi pensieri. «Un po’» rispose, stringendosi nelle spalle. «I bollettini meteo dicono che l’uragano piegherà verso la Carolina del Nord, saltandoci. Ma io ho un brutto presentimento.» Liam annuì e scrutò lui stesso il cielo. «Non è che voglio fare gli scongiuri perché la sfortuna tocchi ad altri...» «Stai solo sperando, come tutti, che l’uragano ci risparmi.» Aidan richiuse la bottiglia e la gettò sull’erba, all’ombra di una quercia, poi indirizzò un’altra occhiata al fratello. «Tornando a noi, che consiglio mi dai, padre? Sei un prete, no? Di’ qualcosa di significativo.» Liam sorrise, gli voltò le spalle e, con un salto, andò a imbucare la palla nel canestro fissato sopra la porta del garage, dietro la canonica. Poi, tutto soddisfatto, riprese la palla e la lanciò al fratello minore. «Che genere di consiglio avresti in mente, Aidan?»

«Qualcosa che mi sia di conforto, per la miseria.» «Da quando in qua hai bisogno di essere confortato riguardo alle donne?» Aidan strinse i denti e sibilò: «Da qualche giorno, va bene?». Di che cosa aveva parlato per un’ora e mezza? «Se ho ben capito, allora, questa Terry... l’amica di Donna, ti ha fatto perdere la testa.» «Be’, io non la metterei proprio così.» «Lo hai detto tu.» No, non aveva detto così. In realtà, ci era girato intorno, badando a non usare certe espressioni compromettenti. Ma, a quanto pareva, Liam aveva letto fra le righe. «Che cosa vuoi che ti dica, Aidan?» «Non lo so. Sei tu il prete. Fatti venire in mente qualcosa.» Liam fece rimbalzare la palla un paio di volte, poi gliela lanciò. Aidan l’afferrò, stringendola forte tra le mani. Aveva pensato a Terry tutta la notte. Al loro bacio. Ai suoi occhi in cui si specchiava la luna. A come lo aveva guardato. Alle ombre nel suo sguardo. Per tutta la notte si era agitato nel letto, pensando a quanto fosse stato stupido a non essere rimasto con lei, a non aver insistito affinché gli raccontasse quel che le soffocava il cuore. E così, cosa alquanto strana per lui, alle prime luci dell’alba si era presentato in canonica, per ricevere un po’ di conforto dal fratello sacerdote. Ma, fino a quel momento, non aveva ricevuto altro che una sconfitta a pallacanestro. Liam andò a prendere la bottiglia d’acqua che Aidan aveva lasciato sull’erba e se ne scolò più di metà. «Sei sconvolto perché è la prima volta che ti capita di provare interesse per una donna che non sia circoscritto al letto. Semplice» sentenziò dopo aver bevuto.

Aidan sgranò gli occhi. «Tutto qui quello che sai dirmi? Ma che diavolo ti hanno insegnato in seminario?» «Stai sfogando la tua aggressività su di me» esplicitò Liam, pacato, richiudendo la bottiglia e depositandola di nuovo sull’erba. «Ma non è con me che sei arrabbiato.» «E con chi, allora?» «Con te stesso.» «Fantastico! Ed è per sentirmi dire questo che mi sono alzato presto stamattina e sono venuto fin qui?» Scuotendo il capo, si chinò per prendere la maglietta che aveva lasciato sull’erba e la indossò, puntando il fratello con occhio truce. «Non vuoi sapere perché ce l’hai così tanto con te stesso?» «Avanti, sentiamo.» «Perché questa donna ti interessa, ti coinvolge. E tu non lo sopporti.» Non era affatto lontano dalla verità, solo che Aidan non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di ammetterlo. «Non incominciare a vedere cuoricini, dove non ci sono. La conosco solo da qualche giorno.» Liam fece spallucce e si asciugò il sudore con il lembo della maglietta. «Ci sono per caso limiti di tempo nell’innamoramento?» «Ma di che parli? Sei completamente fuori strada.» «Dici?» «Certo. Non c’è nulla tra di noi.» A parte una chimica prepotente e una certa curiosità da parte sua. «Perché sei qui, allora?» «A dire il vero, mi sono già pentito di essere venuto.» Liam ridacchiò. «Tu vuoi sapere la mia opinione solo se questa combacia con la

tua.» «La sai una cosa?» ribatté Aidan, scuotendo la testa. «Perché sia venuto a chiedere consiglio a te su una donna ancora non lo capisco. Sono quindici anni che conduci una vita solitaria.» «E come mai allora tu, pur non essendo un prete, ti senti libero di poter esprimere dei giudizi sulla chiesa?» «Su questo hai ragione.» «In ogni caso, che tu lo voglia o no, io ti darò il mio consiglio.» Liam si avvicinò, gli prese la palla e palleggiò qualche istante, mentre radunava le idee. Poi disse: «Ti si presenta una grossa opportunità, Aidan». «Vale a dire?» «Hai la possibilità di conoscere una donna al di fuori del letto. Perché non ne approfitti? Potresti scoprire che ti piace.» «Be’... è carina, interessante.» «Vedi?» lo prese in giro. «C’è qualche speranza anche per uno come te.» «Già» mugugnò Aidan, sfilando la palla di mano al fratello e facendola rimbalzare, mentre si sforzava di capire quand’è che Terry Evans avesse cominciato a piacergli così tanto. «Allora, pensi ancora di vincere la scommessa?» «Certo che la vincerò.» «Uh-uh... giusto perché tu lo sappia, l’altro ieri ho preso le misure a Connor e Brian per il gonnellino di paglia e il reggiseno di cocco.» Bastò l’immagine dei suoi fratelli vestiti da ballerine hawaiane perché Aidan scoppiasse in una fragorosa risata. «Perfetto.» «Ho prenotato un costumino anche per te, nel caso...»

«Te lo puoi scordare» lo interruppe, irrigidendosi. «Io vincerò.» «Staremo a vedere. Mancano due settimane e...» Prima che Aidan avesse il tempo di controbattere, un tuono rumoreggiò minaccioso e le foglie degli alberi stormirono, smosse da una forte folata di vento. Lui alzò lo sguardo, osservando i nuvoloni neri che si addensavano in cielo. «Che cosa pensi?» «Che non la eremo liscia stavolta.» «Sei di servizio?» domandò Liam, cambiando improvvisamente registro e assumendo un’espressione seria. «Nella stagione degli uragani? Sempre. Ventiquattro ore su ventiquattro.» Sperava solo che l’uragano perdesse parte della sua forza una volta arrivato a Baywater, ma il vento e la pioggia che lo accompagnavano avrebbero comunque provocato dei disastri. «Stento a credere che qualcuno possa desiderare di uscire per mare con un tempo così» stava commentando Liam. Ma Aidan sapeva benissimo che le cose stavano diversamente. Le persone non immaginavano mai che le sciagure potessero accadere a loro. Erano sempre gli altri che finivano con una foto sul giornale in un articolo dal contenuto infausto. Prese al volo la palla che Liam gli lanciò ed eseguì tre lunghe falcate prima di spiccare un salto e infilarla nel canestro. Liam afferrò il pallone di rimbalzo e saltò mentre Aidan diceva: «Ti garantisco, invece, che proprio in questo momento, in mare, c’è qualche pazzo incosciente che sarebbe stato meglio non fosse mai uscito di casa».

6

Non sarebbe mai dovuta uscire di casa. «Maledizione!» Terry girò la chiave nell’accensione ancora una volta e ascoltò con disappunto il monotono uggiolio di un motore che provava a partire, ma non ce la faceva. Sbatté un pugno contro il cruscotto, poi strinse il volante con entrambe le mani, per non strapparsi i capelli. «Non ci posso credere» brontolò, osservando il mare scuro, che si increspava sempre più. Si scostò i capelli dal viso e allungò lo sguardo in direzione di Baywater. Non riusciva a scorgere la terraferma. Fu presa dallo sconforto. Non voleva finire inghiottita dai flutti. Quella stupida barca era riuscita a condurla a qualche miglio dalla costa e poi, all’improvviso, si era fermata. Non ne voleva proprio sapere di ripartire. «Che cosa diavolo credevi di fare?» si domandò, arrabbiata con se stessa, senza riuscire ovviamente a darsi una risposta. Era stata sveglia tutta la notte, tentando disperatamente di prendere sonno, di chiudere gli occhi senza essere risucchiata dal vortice di emozioni che Aidan Reilly le aveva scatenato. Tutto era iniziato con il dannato rombo di quella motocicletta. Seduta dietro di lui, poi, premuta contro il suo corpo caldo e solido, non era più riuscita a evitare tutto il resto. Era da tanto che non provava più quel fremito elettrizzante, quel senso di vitalità ed energia, quella voglia di avventura. Aveva creduto di aver sepolto per sempre la smania di certe forti emozioni, ma ora che si erano improvvisamente risvegliate dentro di lei, non era più in grado di contrastarle. E voleva maledire Aidan per questo. Nonostante una parte di sé, in realtà, gli fosse grata.

E poi, c’era stato quel bacio. Chiuse gli occhi e si abbandonò al ricordo. Era stato incredibile, violento e tenero al tempo stesso. Lui le aveva smosso dentro qualcosa di molto più esaltante della voglia di avventura. Aidan Reilly era riuscito a farle ricordare la persona che lei era stata un tempo, prima che smettesse di vivere, prima che decidesse di soffocare ogni slancio vitale in una sorta di torpore protettivo. Aprì gli occhi e sospirò mentre scrutava l’oceano, cercando disperatamente un’altra barca. Qualcuno che l’aiutasse, la soccorresse. Ma era dannatamente sola. Ed era tutta colpa di Aidan Reilly. Un po’ prima che albeggiasse, stufa di restare nel letto a rimuginare, a lottare contro l’insonnia, si era arresa all’impeto di alzarsi e mettersi in attività. Per non impazzire. Era uscita di casa e si era diretta al porto, aveva trovato un posto dove si noleggiavano barche e ne aveva presa una che la portasse al largo per qualche ora. Non desiderava altro. Stare in mezzo all’oceano, sentire il vento sul viso, la salsedine sulla pelle. Sentirsi... libera. «Naturalmente, sarebbe andato tutto bene se questa maledetta bagnarola non si fosse fermata» sbraitò. Imprecando fra i denti, afferrò la radio e lanciò di nuovo un SOS. Nessuno le rispose neppure questa volta. Silenzio assoluto. Cambiò frequenza, girando la manopola come fosse una ruota della fortuna. Niente da fare. In fondo, perché sorprendersi? Se il motore non andava, era normale che non funzionasse neppure la radio. Che idiota che era. Perché non aveva effettuato un controllo prima di partire? Era stata imprudente e sconsiderata. Poi, si ricordò del cellulare. Lasciando perdere la radio, frugò nella borsa a tracolla di cuoio e pescò il telefonino ultrapiatto. Sospirando, compose il numero della Guardia Costiera, spiegò il suo problema e comunicò all’operatore le sue coordinate, necessarie per essere rintracciata.

Le fu assicurato che qualcuno, in breve, sarebbe arrivato a soccorrerla. Poi, quando la voce si spense, Terry rimase di nuovo sola in mezzo al mare, cercando di rimanere in equilibro sulla barca sballottata dalle onde, in trepidante attesa di qualcuno che la salvasse.

«È una delle barche di Bucky!» gridò Monk, nonostante il microfono attaccato al casco. «Il poveretto che l’ha noleggiata non ha potuto neppure usare la radio di bordo per chiamare aiuto, perché non funzionava. Per fortuna che aveva con sé un cellulare.» Non avendo al momento uomini disponibili per eseguire il salvataggio, la Guardia Costiera aveva dirottato la chiamata all’unità di soccorso dei marine. «Mi stupisce che le barche di quell’imbroglione siano ancora in circolazione» gli fece eco Aidan, sconcertato. «Prima o poi, qualcuno ci rimetterà la pelle.» Monk annuì. «Bisognerebbe che gli fero chiudere l’attività. Quell’uomo è un pericolo pubblico.» «Sì, però, senza Bucky che cala in acqua le sue tinozze arrugginite, chi andremmo a salvare noi?» Monk ondeggiò il capo, scuro in viso. Un omone di oltre un metro e novanta per una novantina di chili, Monk era piuttosto ingombrante e aveva sempre l’espressione truce. Si sporse oltre il portellone aperto e guardò i torbidi cavalloni. «La situazione, qui, sta decisamente peggiorando, Reilly.» Aidan sentì la voce del compagno attraverso l’auricolare, nonostante il rumore dell’elicottero che volava a una decina di metri sopra la superficie del mare. Scrutò mare e cielo anche lui e constatò che la burrasca era ormai vicina. Il vento contrario rallentava l’andatura dell’elicottero. Un altro paio di giorni, e allora sì che si sarebbe scatenato il finimondo su Baywater. «Questo mare non mi piace affatto» si allarmò Monk, scuotendo la testa. «Rilassati, non sei tu a doverti tuffare.»

«Ci mancherebbe altro» ribadì il collega, sbirciandolo di sottecchi. «Neanche se mi pagassero tutto l’oro del mondo mi tufferei tra tutti quei pesci. Voi sommozzatori dovete essere folli.» «Lo sai che ci sono molte più persone che hanno paura di volare, invece.» «La gente è proprio stramba» disapprovò l’altro, incredulo. «Preferisce nuotare a fianco degli squali, sedersi su una gracile barchetta e salutare le balene con la mano, e poi ha paura di prendere un aereo, un congegno perfetto simbolo dell’alta tecnologia moderna. Non ha senso.» «Ci siamo» annunciò J.T. al microfono dalla cabina di pilotaggio. «Due minuti all’incirca.» Monk si aggrappò a una delle cinghie di sicurezza e si sporse dall’elicottero, molto più rilassato per aria di quanto tante persone non lo fossero sulla terraferma. «Eccola, la vedo. È un miracolo che non sia ancora affondata e che il poveraccio a bordo non sia finito in pasto ai pescecani.» «Su, Monk, smettila» lo zittì J.T. «Sbrighiamoci, vuoi?» Aidan scoppiò a ridere mentre dava un’ultima controllata alla muta e si sistemava la maschera. «Tenetevi pronti con il canestro di salvataggio. Porteremo via il naufrago e lasceremo la barca in mare. Verrà a prendersela poi Bucky, se vorrà.» «Così impara» approvò Monk. «Quel farabutto si meriterebbe proprio di farsi un bel giretto in un mare come questo su uno di quei suoi trabiccoli.» Aidan sorrise e si avvicinò al portellone aperto. L’elicottero si abbassò e rimase sospeso sopra l’imbarcazione, nonostante le forti raffiche di vento. Guardando le acque tempestose, Aidan indirizzò una fugace occhiata alla barchetta sballottata dalle onde, poi fece con la mano un cenno d’intesa a Monk, si abbassò la maschera sul viso e si tuffò. Quel primo secondo fuori dall’elicottero fu una sferzata di adrenalina. Anche se per un breve istante, stava volando. Libero e leggero, con il vento che gli mulinava intorno, Aidan si sentiva... vivo, come non si sarebbe mai potuto sentire se avesse svolto un lavoro impiegatizio.

Poi, colpì la superficie marina e l’impatto con l’acqua gelida fu traumatico, come sempre. Il mare lo inghiottì, trascinandolo giù con mani fredde, trattenendolo qualche istante nella sua quiete ovattata e oscura. Aidan sbatté le gambe, dandosi la spinta necessaria per risalire in superficie. Quando emerse, si ritrovò a pochi metri di distanza dall’imbarcazione in panne. Con qualche poderosa bracciata, la raggiunse e si aggrappò alla fiancata. Qualcuno a bordo gli afferrò la mano e, quando lui sollevò lo sguardo per salutare, il sorriso gli si raggelò sulle labbra. «Terry?» «Santo cielo. Tu?» «È quel che dico anch’io, maledizione. Che diavolo ci fai qui?» Aidan scosse la testa, incredulo, poi fece cenno a Monk di calare il cesto. Rivolgendosi di nuovo a Terry, si aggrappò con entrambe le mani al bordo della barca e l’aggredì: «Sei impazzita? Come cavolo ti è venuto in mente di uscire per mare con un tempo simile? Ma non hai sentito dell’uragano in arrivo?». «Quale uragano?» Dibattuto tra stupore e rabbia di fronte all’espressione sbalordita che le vide sul viso, sbraitò: «Prendi la tua roba che ti porto via da qui». «E la barca?» «Verrà Bucky a prendersela, accidenti a lui!» «Come fai a sapere che l’ho noleggiata da...» «Da chi altri sennò? È vecchia e arrugginita come il cervello del suo proprietario. Ma ora andiamo, vuoi?» Terry si era già voltata per recuperare la borsa e il piccolo thermos. «Pronta?» incalzò Aidan mentre afferrava una sbarra e trascinava il canestro di salvataggio verso di sé.

«Prontissima.» L’aiutò a salire. «Mi dispiace, ma ti bagnerai un po’» l’avvisò. Terry sorrise e rovesciò la testa all’indietro, scostandosi i capelli dal viso. «Non più di quanto mi sarei bagnata se fossi rimasta su questa barca. Credo che avrei fatto una brutta fine!» A quel punto, nonostante il misto di rabbia e paura che gli macinava dentro, Aidan non poté non guardarla con profonda ammirazione. Che donna!, si disse. Non una lacrima, non un pianto isterico. Stava dimostrando di possedere una calma e un sangue freddo degni di un marine. Represse un sorriso mentre teneva bloccato il canestro. Terry si lasciò scivolare giù dal bordo della barca, atterrando goffamente dentro al gabbione metallico. Un’onda la investì, ando attraverso le sbarre e bagnandola dal busto ai piedi. «Wow!» esclamò, trattenendo il fiato per via della gelida frustata. Sollevò la borsa per evitare che si infradiciasse e si tenne stretta a un’asta di acciaio. Salì a bordo anche Aidan e indicò a Monk di azionare il verricello. Il canestro iniziò a salire, sballottato dal vento rapinoso, e Terry rinsaldò la stretta attorno alla sbarra, finché le nocche non divennero bianche. Osservandola, Aidan notò l’espressione eccitata che le illuminava gli occhi, appena velati da una più che giustificabile paura... e sentì qualcosa. Il batticuore non si era più fermato da quando aveva incrociato il suo sguardo di smeraldo. Trovarla lì, da sola, in mezzo all’oceano, con il mare grosso e la minaccia incombente dell’uragano, lo aveva spaventato a morte. Ma vederla ora che affrontava quella trasvolata con l’entusiasmo di una bimba al luna park gli suscitava qualcosa di completamente diverso. Qualcosa di profondo. Qualcosa di caldo. Di... pericoloso. Una volta giunti alla base, Terry tremava come una foglia, nonostante la calda coperta che Monk le aveva fornito. Non si oppose quando Aidan si offrì di accompagnarla a casa e non disse una parola durante tutto il tragitto.

Neanche lui aprì bocca, troppo impegnato a decifrare la natura dei propri sentimenti per parlare. Restò tutto il tempo muto come un pesce, concentrato sulla guida, gettando di tanto in tanto qualche occhiata in tralice alla sua eggera. Erano a metà percorso quando la situazione atmosferica precipitò. Lampi abbaglianti squarciarono le nuvole come una lama che taglia un palloncino pieno d’acqua, e la pioggia cadde giù scrosciante. «Per fortuna non sono più su quella barca» mormorò lei, stringendosi nella coperta. La sua voce era poco più che un sussurro che si perse nel fragore della pioggia che martellava implacabile contro il tettuccio dell’automobile. Aidan strinse le mani attorno al volante. «Mi vuoi spiegare perché diavolo ti trovavi lì?» le domandò, agitato, non riuscendo più a trattenersi. Terry sospirò e reclinò il capo contro il sedile. «Volevo... volevo fare un giro in barca. Tutto qui» rispose, sdegnosa. «E hai deciso di aspettare che arrivasse l’uragano per improvvisarti lupo di mare?» «Non sapevo nulla dell’uragano.» Lui strabuzzò gli occhi e sospirò avvilito. «Di solito, la gente consulta i bollettini meteo prima di uscire in barca.» «Ma io non sono la gente, no?» rimarcò, puntigliosa. «Già» mugugnò Aidan, ricordando il sussulto di spavento che aveva provato quando l’aveva vista rannicchiata su quella barchetta malandata. «E come ti è venuto in mente di noleggiare una barca proprio da Buck?» «Era l’unico aperto.» «E questo non ti ha insospettita?» «Insomma. Non sapevo nulla dell’uragano, te l’ho già detto» si stufò.

«Basta, non ne parliamo più» preferì tagliare corto lui. «Ti ringrazio. Non che non apprezzi il salvataggio, ma avrei preferito fare a meno della ramanzina.» «Ovvio.» Aidan non osava immaginare che cosa le sarebbe potuto accadere se lui e i suoi compagni non fossero arrivati in tempo a soccorrerla. Alla deriva in un mare minaccioso, con un uragano in arrivo, su una barca di Buck, per giunta. Che era come dire di intraprendere una crociera a bordo di un colabrodo. «È solo che mi è preso un colpo quando ho visto che il naufrago eri tu.» «Se è per questo, mi sono spaventata a morte anch’io» ammise lei, alla fine, in tono mogio. «A ogni modo... è tutta colpa tua!» lo accusò, recuperando la grinta. Aidan inchiodò lungo il vialetto di casa di Donna, sbottò in una risata sbalordita e ruotò il capo, sgranando gli occhi su di lei. «Che c’entro io?» «C’entri, eccome» ribadì Terry, agitandogli la mano davanti al viso con gesto minaccioso. «Ieri sera... il giro in moto. E poi il...» Si zittì di colpo, scosse la testa e aprì la portiera. Un raffica di vento e acqua la investì all’istante. Richiuse lo sportello con un colpo energico che fece vibrare la vettura, poi si voltò e iniziò a marciare spedita verso il portico principale. Aidan la seguì immediatamente. Maledizione, non sopportava quando lei iniziava un discorso, smozzicava qualcosa e poi si interrompeva. La raggiunse davanti alla porta e fu grato alla tettoia che li proteggeva dalle intemperie. Il vento, tuttavia, soffiava così impetuoso che la pioggia li colpiva comunque, violenta come una scudisciata. Si accorse che le tremavano le mani, quindi le sfilò la chiave dalle dita e aprì lui. Terry varcò l’ingresso della casa di Donna e Aidan entrò subito dopo di lei, riaccostò il battente e si voltò, preparandosi a un confronto. Non aveva intenzione di lasciar morire il discorso così. «Grazie per avermi accompagnata» articolò lei, asciutta, sollevando il mento in un piglio imperioso che comunicava chiusura. «Ora, se non ti dispiace... sono molto stanca. Ti saluto.»

Si sentiva ancora tutta sottosopra. Reduce da un mare in burrasca, recuperata con una specie di gabbia di ferro e condotta in elicottero alla base dei marine. E poi ancora vento, pioggia e rumore, prima di potersi ristorare con una tazza di caffè caldo. Ma tutto ciò era nulla in confronto a quel che provava in quel momento. Si sentiva come in bilico sull’orlo di un precipizio, le rocce a strapiombo sotto e nessuna barriera protettiva sopra. E non era il trauma della disavventura per mare che le causava quel senso di precarietà. Era Aidan. Ingoiò un nodo di tensione e si allontanò da lui, attraversando il grazioso soggiorno per raggiungere la cucina in fondo all’abitazione. Accese la luce e continuò a camminare, diretta verso la veranda coperta che si affacciava sul retro. Aidan la seguì. Terry udiva i suoi i, ma avrebbe percepito ugualmente la sua presenza, anche senza sentirlo. Sapeva che non se ne sarebbe andato subito, però se lo era augurato. Al momento, le sue emozioni erano un’ingarbugliata matassa, come i capelli arruffati dal vento, e trascorrere altro tempo in sua compagnia non le sarebbe stato d’aiuto. Per la miseria, si era gettato da un elicottero per salvarla! Appoggiò le palme al bordo della lavatrice, socchiuse gli occhi e le parve ancora di vederlo, mentre saltava giù dall’elicottero e fendeva l’acqua, scomparendo al di sotto della superficie. Ancora prima di sapere che si trattava di Aidan, era rimasta colpita dall’eroismo del tuffatore. Poi, quando lo aveva visto sorriderle, il cuore le era schizzato in gola. Quell’uomo le suscitava reazioni emotive inaspettate, del tutto nuove per lei. E, maledizione, non sapeva proprio cosa fare.

«Concludi» la esortò Aidan, afferrandola per un braccio e voltandola verso di sé. Terry ignorò la sensazione bruciante che le serpeggiò dentro, partendo dal punto di contatto del braccio con la sua mano. «Concludere... che cosa?» «Quello che stavi dicendo. Il giro in moto e...» incalzò. Lei trasse un respiro profondo, espirò lentamente e iniziò a picchiettare sul pavimento la punta della scarpa bagnata. Scrutandolo con sguardo fermo, gli chiese: «Non molli, eh?». «No.» Un altro sospiro. Un’altra pausa. Terry spostò lo sguardo da lui alla vetrata che chiudeva la veranda. La pioggia batteva contro le lastre smerigliate con implacabile violenza. Sebbene non fosse neppure mezzogiorno, pareva pomeriggio inoltrato talmente era fioca la luce. Il vento furioso faceva tremare tutto e ululava sotto i cornicioni. Sembrava la voce lamentosa delle anime dei dannati, intrappolate nei canali di scolo, che cercavano disperatamente di uscire. Era così che si sentiva lei in quel momento, un’anima in pena, braccata, senza via di scampo. Voleva tirarsi fuori da quella situazione, ma non aveva idea di come fare. La mano di Aidan rinsaldò la stretta attorno al suo braccio. «Il bacio, va bene?» esplose alla fine. «Sei contento, ora?» Aidan era palesemente compiaciuto. «Da impazzire.» «Perfetto. Adesso te ne puoi andare.» «Non mi va.» «Sul serio, Aidan.» Terry si sforzò di mantenere un tono di voce fermo, nonostante la tachicardia. «Credo che dovresti andartene, invece.» «Forse sì, dovrei» ammise lui, lasciando scorrere la mano sul suo braccio in una carezza a fior di pelle che le fece venire i brividi. «Ma non lo farò.»

«E io ti ripeto che non è una buona idea» mormorò Terry, con languente convinzione, protendendosi istintivamente verso di lui e sollevando il viso. «Questo l’ho capito.» Lei era ormai in balia del prepotente magnetismo di quell’uomo. «Ma... non hai ugualmente intenzione di andartene, vero?» concluse, speranzosa. «No.»

7

Terry emise un debole sospiro mentre Aidan si avvicinava sempre più. Le sue braccia la circondarono e lei si perse nell’azzurro delle sue iridi. Più vivido del cielo. Più profondo del mare. Poi le bocche si congiunsero, Terry chiuse gli occhi e una miriade di stelle esplosero dietro le palpebre abbassate. Ogni centimetro del suo corpo si accese, lampeggiando come un’insegna al neon in piena notte. Fremiti di piacere le guizzarono in ogni dove e si scordò quasi di respirare. Aidan le dischiuse con stentata lentezza le labbra e le loro lingue si intrecciarono in una vorticosa danza. Pura vertigine. Il cuore le martellava così forte da assordarla, quasi. Il sangue le pompava nelle vene e un velo di torpore calò sulla sua mente, mentre si abbandonava a sensazioni di intensità incredibile, alla meraviglia di essere posseduta da lui. Sentiva le sue mani accarezzarle la schiena, scivolando su e giù, finché non si bloccarono sui glutei. Avvertì la pressione delle dita contro il tessuto freddo e umido dei pantaloncini, che le trasmettevano un calore tale che non si sarebbe sorpresa se avesse scorto nuvole di vapore sollevarsi attorno a loro. Allungò le braccia e gliele chiuse attorno al collo, attirandolo a sé. Le loro bocche si saldarono, i loro respiri si mescolarono e sospiri e gemiti saturarono l’aria. Terry si sentì avvolgere da un calore mai provato prima. Era tutto nuovo. Tutto così meraviglioso. Travolgente. Ed ebbe paura. Un angolo del suo cervello tentò di restare lucido, nonostante il soprassalto di bramosia che la rendeva stordita e boccheggiante. E quando lui staccò la bocca

dalle sue labbra per leccarla sul collo, Terry rovesciò il capo all’indietro, fissò il soffitto e provò a dare ascolto alla voce della ragione. Sapeva che era un errore. Sapeva che non poteva esserci nulla tra lei e quell’uomo. E sapeva pure, senza ombra di dubbio, che se lui avesse smesso di toccarla, lei si sarebbe semplicemente limitata a un atteggiamento a cavallo tra il risentito e l’indeciso. Un tremito le solleticò il ventre e si strofinò a lui, ondeggiando istintivamente i fianchi, contorcendosi contro il suo corpo, in preda a un’ingovernabile frenesia. «Così mi uccidi» ansimò Aidan, carezzandole la pelle con il suo fiato caldo, finché non fu invasa dai brividi. «Credimi, l’ultima cosa che voglio è vederti morto» gli mormorò. Lui ridacchiò sommessamente e Terry sentì la vibrazione della sua risata agitargli il corpo. Gli lisciò la schiena, palpando i muscoli tonici sotto la sottile maglina della T-shirt. Dio, quanto desiderava sentire la sua pelle sotto le mani. Voleva percorrere con le dita ogni centimetro di quel suo petto scolpito, della schiena, dei glutei marmorei. Desiderava accarezzarlo dappertutto e osservare i suoi occhi accendersi di ione. «Oddio» sospirò, in preda a una febbre che le toglieva il fiato. «Sì, piccola, ho voglia di toccarti, di farti impazzire...» «Che aspetti, allora.» Terry si tappò le orecchie alla voce della ragione. Non aveva voglia di usare il raziocinio, di soffocare le pulsioni con la logica e la coerenza mentale. Non aveva voglia di pensare a niente. Voleva solo ascoltare il suo corpo e godere. Le mani di Aidan si infilarono sotto la cintura dei pantaloncini e il respiro si fece corto e affannoso mentre lui armeggiava con il bottone e la chiusura lampo. Dai, dai, sbrigati, urlava fra sé e sé. Era trascorso così tanto tempo dall’ultima volta che aveva provato la carezza di un uomo.

E non era mai stato così elettrizzante. Mai. Le mancava l’aria. Non capiva più nulla, era in preda a un’ansia spossante. Finalmente, sentì il bottone sbucare dall’asola e la zip scivolare giù. Un gemito roco le fuoriuscì dalla bocca allorché la mano di Aidan si appiattì sull’addome. «Ho voglia di toccarti, Terry, di sentire il tuo calore. Adesso. Subito. Senza aspettare.» «Sì!» gridò lei, aggrappandosi alle sue robuste spalle mentre la mano si introduceva sotto l’elastico delle mutandine di pizzo e scivolava giù, verso il fulcro del suo femminile piacere. «Aidan!» Lui le mordicchiò il collo delicatamente, le sfiorò la pelle con la punta della lingua, mentre con le dita faceva magie. Terry si strinse ulteriormente a lui, reclamando di più, facendogli capire che desiderava sentirlo dentro di sé. Poi, prima che se ne rendesse conto, Aidan la liberò degli indumenti e, afferrandola per la vita, la sollevò e la posizionò sul ripiano della lavatrice. Terry sentì il freddo metallo contro la pelle nuda, ma niente poteva domare le fiamme che la consumavano. Non riusciva a pensare a nulla, a ragionare su quello che stavano facendo. Intanto, la pioggia martellava contro il tetto e la vetrata. Il vento mugghiava e faceva tremare i muri. Era come se la natura stessa fosse stata sfidata a esprimersi in tutta la sua irruenza e ora avesse perso il controllo sulla furia dei suoi elementi. Lei gli chiuse le mani attorno al viso, seguendo con le dita il profilo delle labbra, degli zigomi, la mente appannata e il respiro incespicante. Lui si sporse e la baciò con voracità, divorandole la bocca in un’incursione furente che la lasciò tremante e vogliosa. Poi, però, si staccò, nonostante le dita di Terry aggrappate alle sue spalle, nonostante i gemiti di protesta. Con le sue mani grandi, Aidan le dischiuse le cosce con dolce determinazione, e

quando le si inginocchiò davanti, lei capì quel che era in procinto di compiere e il fiato le si intrappolò in gola senza vie d’uscita. Il cuore si fermò, tutto il mondo si arrestò mentre lo osservava protendersi verso il suo corpo per prenderla nella maniera più intima possibile. Si sospinse all’indietro, ancorandosi ai bordi della lavatrice, cercando un appiglio in un universo che le turbinava intorno. Ma le mani di Aidan la tenevano ben salda anche quando lei si sentì precipitare in una voragine di piacere delirante. Lui continuava a suggerla, lambirla con la lingua, addentrandosi ed esplorando i suoi più intimi segreti, finché una meravigliosa tensione non le montò dentro sempre più ed esplose in uno straordinario tripudio di piacere. «Aidan!» invocò, allorché i primi spasmi la ghermirono, strappandole gli ultimi brandelli di autocontrollo. Si tenne abbarbicata a lui e si concentrò sulla meravigliosa sensazione di essere unita a quell’uomo così intimamente. Tremava e le scoppiava il cuore. Quando l’ultima ondata di piacere scemò, Aidan si sollevò e la cinse nel caldo cerchio delle sue braccia. Lei si lasciò stringere, bloccandogli le gambe attorno ai fianchi e premendolo a sé. Aidan aveva il cuore che gli pulsava forte, allo stesso ritmo martellante di quello di Terry. L’aveva sentita fremere, godere fino all’estasi, attraverso lei aveva sperimentato lui stesso quel piacere, quella gioia sublime. E ora voleva di più. Le chiuse il viso fra le mani, le accarezzò le guance e la guardò dritta in quei suoi occhi lucenti, illanguiditi dalla ione. «Oh, Aidan» ansimò Terry, sforzandosi di recuperare lucidità e una respirazione regolare. «È stato...» «... solo l’inizio» concluse lui e la baciò, ingoiando i suoi sospiri. «Ti voglio» dichiarò, quando riuscì a staccarsi dalla sua bocca. «Ti desidero da pazzi.» «Ne sono felice» gioì Terry, con un sorrisetto fugace. Si sporse per baciarlo di nuovo, poi però si fermò, arretrò con la schiena la distanza necessaria per poterlo guardare dritto negli occhi. «E la scommessa?»

Già. La scommessa. Un interruttore scattò nel cervello di Aidan pervaso dalla nebbia. Se avesse ceduto al desiderio, avrebbe perso quella stupida scommessa e sarebbe finito in gonnellino di paglia e reggiseno di cocco. E, come se non bastasse, i suoi fratelli gliel’avrebbero fatta pagare per come lui si era divertito a sbeffeggiarli e mortificarli nelle ultime settimane, vantandosi di avere già la vittoria in tasca. Guardò Terry. Sentì la forza delle sue cosce strette attorno ai fianchi. Notò le labbra tumide a un soffio dalle sue. Non ci mise molto a prendere una decisione. «Al diavolo la scommessa.» «Speravo dicessi così» bisbigliò Terry con visibile soddisfazione, mentre lasciava già scivolare le mani sulla cerniera dei suoi jeans. Gli sfiorò l’addome, giocherellando con i polpastrelli sulla sua pelle calda, e il corpo di Aidan si contrasse. Se non l’avesse posseduta subito, sarebbe esploso. Ma mentre si lasciava spogliare dalle mani frenetiche di Terry, il cellulare che era rimasto nella tasca dei jeans li interruppe con il suo trillo ovattato. «Non rispondere» lo implorò lei, strofinandogli le mani sul petto, sotto la camicia. «Devo. Sono in servizio» borbottò Aidan a denti stretti, mentre estraeva dalla tasca il dannato congegno. Guardò il numero sul display e imprecò. «Maledizione, è la base.» Staccandosi da Terry con riluttanza, rispose alla chiamata. «Che c’è?» «Un’altra emergenza, amico mio. Alza le chiappe e raggiungici.» La voce di J.T. gli sembrò quasi giocosa e ciò bastò a fargli venire voglia di mandarlo al diavolo. andosi una mano fra i capelli, si informò: «Che cosa è successo?». «L’idiota di turno che è finito in acqua da una barca da pesca, stavolta.»

«Ma chi diavolo va a pescare con un tempo così?» «Insomma, vieni o no?» «Un quarto d’ora e sono da voi.» Aidan richiuse il telefono e, sbuffando, si allacciò i jeans. Poi raccolse da terra anche gli indumenti di Terry e glieli lanciò. «E così, non sono l’unica imbecille che esce in barca con il brutto tempo» commentò Terry mentre si rivestiva. Aidan accennò un sorriso e, osservandola, meditò di ignorare la chiamata e restare con lei. Era la prima volta che gli succedeva una cosa del genere. Perdere la testa per una donna che conosceva da meno di una settimana. La reazione a quel pensiero fu di allarme. Si strofinò una mano sul viso, infilò il cellulare in tasca e si avvicinò a Terry, ancora appollaiata sulla lavatrice. Un impeto di ione lo assalì e non seppe resistere alla voglia di baciarla di nuovo. «Mi fai un favore?» chiese alla fine. «Che genere di favore?» Aidan incamerò un’abbondante boccata d’aria e disse in tono perentorio: «Resta a casa per oggi. Non aprire il negozio». «Ma i clienti...» «Fidati» la interruppe bruscamente. «Non verrà nessuno in libreria. Resteranno tutti barricati in casa, ad aspettare l’uragano.» Lei sospirò. «Se l’uragano arriva, allora mi tocca andare in negozio per forza. A sbarrare le finestre. Donna si è tanto raccomandata...» «Ci penserò io.» «Posso farlo da sola. Non sono un’incapace» ribatté, risentita. «Non ho detto questo» borbottò Aidan, d’un tratto serio e preoccupato. «Allora aspettami almeno, va bene? Ti aiuterò io. Se vuoi cominciare a rinforzare le

finestre di casa, per me va bene. Però sta’ attenta.» Per un attimo, si aspettò che lei controbattesse. Poi, la vide annuire. «D’accordo.» Le diede un altro bacio, un bacio indolente, carico di promesse, disappunto e rammarico. Poi indietreggiò e si girò verso la porta della cucina. «Devo andare.» «Aidan?» Lui si voltò. «Sta’ attento anche tu.» Un lento sorriso gli incurvò le labbra. «Non ti preoccupare, piccola.» E sparì.

8

I vicini le diedero una mano. Con l’arrivo della stagione degli uragani, sembrava che i turisti si dileguassero di colpo. Una pioggia torrenziale si abbatté su Baywater, così fitta e scrosciante che non si riusciva a vedere da un lato all’altro della strada. Il vento percuoteva i rami degli alberi e strappava le tegole malferme dai tetti delle case che tremavano, scosse dalle raffiche impetuose. Donna era stata previdente e aveva istruito l’amica sul da farsi in una tale circostanza. Le assi di legno da inchiodare alle finestre erano accatastate in maniera ordinata in garage, ciascuna contrassegnata da un’etichetta che spiegava a Terry dove andava posizionata. Con l’aiuto di un paio di vicini, la casa di Donna era stata adeguatamente sistemata, nell’eventualità che accadesse il peggio. Una volta ultimato il lavoro, non restava che aspettare. Mentre si preparava una tazza di caffè, Terry trasalì, ascoltando il cupo e minaccioso ululare del temporale. Teneva il televisore , così come le era stato suggerito, in modo da ascoltare eventuali ordini di evacuazione immediata. Aveva lo stomaco contratto e i nervi tesi come corde di violino. Strinse la tazza calda fra le mani e provò a estraniarsi dai rumori della tempesta. «D’accordo, un conto è l’avventura» mugugnò, guardando il soffitto, come se fosse in grado di vedere, al di là di esso, il cielo tempestoso. «Ma così c’è solo da impazzire.» E Aidan era fuori, impegnato in un salvataggio.

Erano trascorse ormai diverse ore da quando se n’era andato. Ore in cui era stata con il fiato sospeso, in ansia per lui. Eppure, si ripeteva, non doveva preoccuparsi. Aidan era addestrato a svolgere quel tipo di operazioni ed era bravissimo nel suo mestiere. Tuttavia, pareva non servire a nulla essere consapevole dell’abilità di Aidan. Si sentiva il cuore stretto in una morsa gelida e non riusciva a levarsi dagli occhi l’immagine di lui che si lanciava dall’elicottero in acque tempestose. Lo vedeva nuotare verso il naufrago da salvare e poi sparire, inghiottito da un mare che non avrebbe restituito i suoi tesori. Mentre quelle e altre immagini spaventose si inseguivano nella sua mente, Terry tremò, appoggiò la tazza sul tavolo e lasciò la cucina. Attraversò il soggiorno, immerso nell’oscurità, nonostante le lampade accese qua e là per tenere a bada le ombre. Con le assi inchiodate alle finestre, le sembrava di essere rinchiusa in una bara. Si sentiva sola. Spaventata. Scuotendo la testa, raggiunse d’impeto la porta d’ingresso, afferrò la maniglia e spalancò l’uscio. Vento e acqua la investirono all’istante, irrompendo dentro casa attraverso la porta a rete. Era un tempo da lupi. Gli alberi ondeggiavano, piegandosi da una parte all’altra, come peccatori disperati che imploravano perdono. La pioggia veniva giù fitta da un cielo plumbeo. Le abitazioni avevano, come la sua, tutte le finestre inchiodate e non c’era anima viva per strada. La gente si era barricata, pregando affinché la forza più distruttiva dell’uragano li risparmiasse. Terry attraversò il portico, avanzando a fatica. Era come correre in una piscina. Si aggrappò con le dita alla ringhiera e strizzò gli occhi contro la pioggia che continuava a schiaffeggiarla. Che stupida. Avrebbe dovuto restare dentro, al caldo e all’asciutto. Ma si sentiva troppo sola. Stare lì in silenzio, la induceva a pensare a come fosse

diversa dalle altre donne di quella piccola città, che in quel momento si trovavano al riparo, nelle proprie abitazioni, insieme alla propria famiglia e alle persone più care. Lei non aveva nessuno. Ma era stata una sua scelta. Per anni, aveva fatto di tutto per tenersi a distanza da qualunque individuo o cosa a cui avrebbe potuto affezionarsi. Aveva perso la persona che amava di più al mondo e aveva promesso a se stessa che non avrebbe più rischiato di soffrire un dolore così straziante e sconvolgente. Be’, aveva funzionato, si disse, tenendosi ben salda alla balaustra e osservando quel mondo in via di distruzione. Era riuscita a isolarsi. Ma mai come in quel momento si era sentita così sola.

La famiglia era salva. Aidan guidava con cautela, avanzando lentamente lungo il corso principale della città. I tergicristalli lavoravano a pieno ritmo, facendo del loro meglio per contrastare la pioggia battente che scrosciava sul vetro, appannando la visuale. Tutto gli appariva sfocato, nebuloso, dai contorni imprecisi. La mente, però, era chiara, lucida, concentrata. Era appena ato a controllare i suoi familiari. Sua madre era da Brian e Tina, e Connor ed Emma li aveva trovati in chiesa a dare una mano a Liam, insieme agli altri parrocchiani, a tappare le finestre della basilica di San Sebastiano con rinforzi di legno. Il che lo lasciava libero di dirigersi dove lo portava il cuore. Da Terry. Dopo essere ritornato alla base, con al seguito un infuriato pescatore che minacciava di querelarli, era corso alla Casa del Principe Ranocchio. Con l’aiuto degli altri negozianti della zona, era riuscito ad assicurare tutte le aperture della libreria con le apposite assi e a fare altrettanto con l’emporio di Selma. A quel punto, non restava altro che aspettare e sperare.

E voleva farlo con Terry. Il pensiero di lei lo aveva accompagnato per tutta la giornata. Mentre era impegnato nelle operazioni di soccorso, mentre adempiva alle procedure d’obbligo in situazioni d’emergenza come quella, Terry era lì, che faceva capolino tra le ombre della sua mente. Ricordandogli che ora aveva un’altra persona di cui preoccuparsi, oltre ai suoi familiari. «Chi se lo sarebbe mai aspettato» mugugnò, mentre aggirava un albero caduto, facendo attenzione a evitare eventuali cavi elettrici buttati giù anch’essi dalla violenza del vento. Non aveva messo in conto che avrebbe finito con l’interessarsi così tanto a una bionda formosa, dalla bocca deliziosa e gli occhi di smeraldo. Eppure, invece di restare alla base in attesa di eventuali chiamate, stava sfidando gli elementi per correre da lei. Per accertarsi che stesse bene. Aveva provato a telefonarle, ma le linee telefoniche erano fuori uso per via del cattivo tempo. Quella era la prima volta che l’impossibilità di fare una telefonata lo rendeva così inquieto. I suoi pugni erano stretti attorno al volante mentre l’auto sbandava per via delle forti raffiche di vento. Chinò il capo per vedere meglio attraverso il vetro e trasalì mentre osservava gli alberi che si protendevano minacciosi sulla strada, in precario equilibrio, i rami scossi da fremiti violenti e le foglie che si staccavano e schizzavano in aria, come piccoli missili verdi. Aidan svoltò su Elmwood Road e il suo sguardo notò appena le case protette dalle assi o l’aria di abbandono che regnava in quella strada solitamente popolata di bambini che giocavano. I suoi occhi erano rivolti su una sola abitazione. Si diresse verso di essa, in balia quasi di una forza magnetica che lui non aveva nessuna intenzione di contrastare. Poi la vide. Era sul portico, aggrappata alla ringhiera, come fosse la sua sola ancora di salvezza. Il cuore prese a martellargli in petto mentre osservava i suoi lunghi

capelli ingarbugliati dal vento. La vide schermarsi gli occhi con la mano mentre lui si avvicinava e scorse un lampo di gioia attraversarle il viso mentre imboccava il vialetto. Si accostò il più possibile al garage, dove l’auto sarebbe stata protetta almeno su un lato, dalla casa stessa. Poi spense il motore, tirò il freno a mano e uscì dalla vettura. Un vento violento lo investì, catturandolo nel suo turbine selvaggio e facendolo sbandare. Con enorme sforzo, Aidan riprese la sua traiettoria, avanzando a fatica verso l’abitazione. I piedi affondavano nel fango e nelle pozzanghere, la pioggia lo frustava e il vento lo spingeva indietro, quasi volesse deliberatamente tenerlo lontano da lei. Ma niente e nessuno gli avrebbe impedito di raggiungerla. Si inerpicò su per le scale, afferrò Terry e la trascinò dentro casa. Dopo aver richiuso la porta, l’abbracciò forte, tenendola semplicemente stretta a sé, senza dire nulla. «Che diavolo ci facevi lì fuori?» le domandò dopo qualche istante con allarmata dolcezza. «Non sopportavo più di stare qui dentro. Mi sentivo così... sola.» Aidan le accarezzò il viso dolcemente. «Non lo sei più. Ci sono io qui con te, adesso.» «Non sai quanto sia felice di vederti.» «Anch’io.» Le mani di Terry iniziarono a muoversi su di lui, spostandosi dalla schiena al petto avvolti nella maglietta bagnata. Aidan riusciva a sentire il calore delle sue carezze penetrargli nelle ossa. «Sei stato via tanto tempo.» Lui respirò a fondo. «Non è stato facile ritrovare il pescatore che si era smarrito.»

«Ma alla fine ce l’avete fatta.» «Già.» Lasciò scivolare una mano lungo la sua schiena, la sentì tremare e spostò le dita più giù, accarezzandole la curva delle natiche. Incontrò il suo sguardo, scrutandola intensamente, alla ricerca di un qualcosa. «J.T. ha perlustrato la zona in lungo e in largo prima di localizzarlo.» «Ma sta bene, ora, vero?» Aidan annuì. «Quell’ingrato. Ha minacciato di farci causa.» «Come mai?» si stupì Terry. «Si è lussato una spalla saltando dentro al canestro di salvataggio.» «Che idiota. Bella riconoscenza. Non ci pensare più, ora» gli suggerì, mentre introduceva le mani sotto i pantaloni. «Ehi... così mi uccidi.» Un sorriso indolente le affiorò sulle labbra. «Di nuovo, non è questa la mia intenzione, te lo assicuro.» Aidan le chiuse una mano dietro la nuca e, intrecciando le dita ai suoi capelli, le reclinò il capo e la guardò dritta negli occhi. Poi si abbassò e la baciò a lungo. «Ho il presentimento che non ci fermeremo a un bacio» mormorò con voce roca, alla fine di quel rapinoso assalto. «Uhm, è quel che penso anch’io» gli sussurrò lei di rimando e deglutì in modo evidente. «Prima, allora, che la situazione ci sfugga di mano, ti informo che ho inchiodato le assi di rinforzo alle finestre della libreria.» «Oh, bene. Ti ringrazio.» Un sorrisetto fugace gli increspò le labbra. «Non sei arrabbiata perché l’ho fatto da solo, senza coinvolgerti?» «Per niente.»

Intanto, il vento incalzava e la porta tremò, come se ci fosse una bestia feroce che fosse sul punto di sfondarla. «Lo sai che siamo intrappolati qui dentro, vero? Non potremo uscire per un bel po’.» Terry dischiuse gli occhi e lo guardò con espressione languida. «E chi vuole uscire?» «Io no di certo, piccola.» «Devi smetterla di chiamarmi così.» Un altro sorriso. «Ci proverò... un’altra volta.» «Oh, certo. Un’altra volta.» Aidan si impadronì della sua bocca, dimostrandole quanto la desiderasse, quanto l’avesse pensata tutto il giorno. Lei dischiuse le labbra e, quando le loro lingue si incontrarono, Aidan boccheggiò come un moribondo che si aggrappava agli ultimi istanti di vita. La mordicchiò, esplorò ogni centimetro della sua pelle, assorbendo quel calore che alimentava le fiamme che gli ardevano dentro. Era questo che lo aveva tenuto in piedi e gli aveva dato forza durante tutta la giornata. Il pensiero di stringerla a sé, di accarezzarla, baciarla, esplorare il suo corpo. Le strinse la mano attorno a un gluteo e lei gemette, contorcendosi contro di lui, strofinando i seni al suo petto, finché Aidan non sentì la sua essenza imprimergli la pelle attraverso la maglietta. Terry si divincolò dal suo abbraccio, ma solo per prenderlo per mano e condurlo in camera da letto. Durante il tragitto, Aidan non seppe resistere e con mani frenetiche iniziò a spogliarla, mentre la divorava di baci. Giunti accanto al letto, con una mano Terry scostò la trapunta, scoprendo lenzuola candide e fresche come la neve, una sorta di angolo di paradiso, al riparo dal ciclone che stava scuotendo il mondo lì fuori.

«Accendi la luce» le mormorò lui contro la guancia. «Voglio vederti.» Un respiro singhiozzante le fuoriuscì dai polmoni, ma Terry annuì e si recò sul lato opposto della stanza per accendere la lampada Tiffany che era sullo scrittoio. Una luce pallida, dai colori sfumati, si sparse per la camera, scintillando attraverso il vetro decorato del paralume. Terry lo fissava, rapita. Non vi era più possibilità di tirarsi indietro, ormai. E forse non c’era mai stata. Forse, sin dal primo momento in cui si erano incontrati, il loro destino era stato segnato. Non aveva lei forse avvertito con un senso di ineluttabilità la forte attrazione che la spingeva verso di lui, nonostante tutti i suoi sforzi per resistervi? Non aveva forse sentito subito come una magia, una sorta di scossa elettrica ogni qualvolta gli stava accanto? E non aveva trascorso quelle ultime, lunghissime ore a ricordare l’incredibile orgasmo che lui le aveva regalato e a desiderare che quei momenti di meraviglioso piacere si ripetessero al più presto? Mentre lui la osservava, incamerò un altro lento respiro e si sfilò la maglietta. Aidan trattenne il fiato e lei si sentì addosso il suo sguardo, che bramava i suoi seni, ancora nascosti dal sottile schermo di pizzo. Con movimento languido e provocante, Terry portò le dita al gancio frontale e lo slacciò. Si scrollò di dosso l’indumento intimo e lo lasciò cadere per terra. «Terry...» Scosse la testa all’indietro e, sotto lo sguardo di Aidan che seguiva ogni sua mossa, abbassò lentamente la zip dei pantaloncini bagnati. Poi li lasciò scivolare giù per le gambe e afflosciarsi ai suoi piedi, sul pavimento. «Così mi farai impazzire» si lamentò Aidan con una sorta di rantolo animalesco. «Se non ti posseggo subito, potrei morire.» Terry sorrise, colta da un piacevole soprassalto di consapevolezza del proprio potere femminile che la fece tremare. «Hai troppi vestiti addosso per i miei gusti» mormorò con un guizzo impudente. In un secondo, Aidan si liberò della maglietta, dei jeans e di tutto il resto, esponendosi allo sguardo di lei in tutta la sua statuaria bellezza.

Terry non aveva mai visto un uomo così attraente, la pelle abbronzata, di un caldo marrone dorato, i muscoli delle braccia, del petto e dell’addome perfettamente modellati. «Mio Dio!» Non riuscì a trattenere l’esclamazione estasiata. Aidan sorrise e si avvicinò, stringendola fra le braccia e premendola contro il suo corpo eccitato. Carne soffice contro muscoli tonici, pelle calda contro pelle calda. I capezzoli turgidi strofinavano contro il torace di Aidan mentre questi si impadroniva della sua bocca e intrecciava la lingua alla sua in una frenetica spirale di piacere. Le girava la testa. Le batteva forte il cuore. Il desiderio le montò dentro a ritmo vertiginoso, come era accaduto sulla lavatrice, solo che stavolta era addirittura più forte perché lei sapeva che sarebbe stata sua completamente. «Prendimi» implorò, interrompendo il bacio e mordicchiandolo sul collo. «Prendimi subito.» E mentre fuori infuriava la tempesta, Aidan l’adagiò sul letto e si distese sopra di lei. Specchiandosi nei suoi occhi, la penetrò lentamente, lasciandosi ospitare dal suo soffice calore. Lei gli avvinghiò le gambe attorno ai fianchi e si inarcò verso di lui, per accoglierlo in profondità. «Oh, sì, Aidan, voglio sentirti tutto dentro di me» ansimò, fremente. Un inferno di ione esplose intorno a loro, intrappolandoli tra le fiamme, sospingendoli sempre più nella voragine del desiderio. Lui chinò il capo e con la lingua e i denti stuzzicò le punte sensibili con estenuante lentezza, finché un gemito sfuggì dalle labbra di Terry, seguito da un violento tremore.

Si sentiva viva, palpitante, eccitata, deliziosamente vittima dell’incanto che quelle labbra e mani rapaci producevano su di lei. Ma non era abbastanza. Aidan udì il suo mugolio e qualcosa di irreversibile scattò dentro di lui, sospingendolo al limite dell’autocontrollo, in un turbine di ione. Non aveva mai conosciuto un desiderio così furente, divorante. Non aveva mai assaporato una bramosia così intensa, così disperata. E mai aveva trovato una sintonia così forte come con quella donna. Sollevò il capo e la guardò in viso mentre sfruttava ogni grammo della propria forza per stabilire il ritmo giusto che li avrebbe condotti entrambi al delirio. Contemplò il gioco di luci azzurre, verdi e dorate che le rischiaravano la pelle candida e si perse nella meraviglia del momento. Terry si aggrappò alle sue spalle e innalzò e abbassò i fianchi a ritmo forsennato, smanioso, come una creatura insaziabile. Aidan sentì il cervello andare in corto circuito. Il cuore gli batteva in petto a ritmo accelerato. Era tutto sfocato attorno a lui. Non vedeva nulla, tranne Terry. Che era tutto il suo mondo. La udì invocare il suo nome, la sentì contrarsi in un primo, violento spasmo. E poi gemiti, sospiri, membra che si contorcevano febbrili, impetuose, fino all’estasi finale.

9

Mentre fuori Madre Natura scatenava la furia dei suoi elementi, dentro si celebrava l’amore travolgente. Ancor prima che nel suo corpo si placassero gli ultimi tremiti, Aidan aveva già voglia di riavere Terry dentro di sé. Con una ione, se possibile, ancora più intensa. Non aveva mai provato nulla di simile in vita sua. Non aveva mai conosciuto una bramosia così difficile da appagare, una sete così impossibile da spegnere. Anche ora, il viso sepolto tra le lenzuola morbide, ardeva per un nuovo amplesso. Per un’altra furibonda cavalcata verso la follia e l’estasi. E quando guardò Terry negli occhi e vide la propria smania rispecchiarsi in quelle verdi iridi, nulla riuscì più a fermarlo. Tutto ciò che desiderava era lì, in quella stanza, su quel letto. E mentre la bufera dirompeva sulla città, sulle bianche lenzuola profumate di lavanda si consumò il piacere. E Aidan si tuffò insieme a lei in acque profonde e impetuose dalle quali sapeva di non volersi più salvare. Minuti, o forse ore più tardi, Aidan girò la testa sul cuscino e guardò la donna distesa al suo fianco. Nella penombra, sembrava qualcosa di mistico, una creatura non di questo mondo. Mentre lo pensava, sorrideva, rendendosi conto che il suo sangue irlandese veniva fuori, di tanto in tanto. Con quei suoi capelli biondi e la pelle candida, pareva una statua di alabastro scolpita da un artista di talento. E, invece, era vera, e lui era lì per dimostrarlo. Terry ruotò il capo sul guanciale e il suo sguardo incontrò quello di Aidan. Gli sorrise. «Be’, ora possiamo dichiarare con assoluta certezza che hai perso la scommessa.»

Lui storse il viso in una smorfia, ma non aveva la lucidità mentale per dispiacersene. «Immagino proprio di sì» confermò. «Oddio, non oso pensare a quanto mi prenderanno in giro i miei fratelli.» Lei rotolò sul fianco e si appoggiò su un gomito per poterlo osservare meglio. «Perché lo hai fatto? Perché hai mollato tutto proprio a un o dalla vittoria?» Aidan ci rifletté qualche istante. In realtà, non era necessario spremersi le meningi, in quel momento, per darle una risposta, perché lo aveva già fatto prima, quel giorno stesso. Per l’intera giornata, in verità. Per il lasso di tempo in cui le era stato lontano, attendendo con ansia di rivederla, riabbracciarla, sentire di nuovo il suo sapore. Si girò sul fianco anche lui, sollevandosi sul gomito, e la osservò, mentre con un dito iniziava a titillarle i seni. Lei emise un sospiro tremante. «Perché» le rispose con calma, «desideravo te più di quanto non desiderassi vincere.» «Immagino che debba prenderlo come un complimento.» «Certamente.» Terry gli catturò la mano, intrecciando le dita alle sue. «Perché ci tenevi così tanto a vincere quella scommessa?» «Per dimostrare di essere il migliore» rispose lui senza esitare. «L’ultimo Reilly a essere rimasto in piedi.» «E adesso?» Lui sorrise. «Be’, adesso... Liam si prenderà tutti e diecimila dollari e potrà rifare il tetto della sua chiesa.» Osservò una pausa e tese l’orecchio al rumoreggiare del vento e della pioggia incessanti. «E a giudicare da come infuria la tempesta lì fuori, ce ne sarà un immediato bisogno.» «Bene, allora, no?»

«Certo. In verità, quei soldi li avrei dati a lui lo stesso» ammise e si rese conto che Terry era la prima persona a cui confessava il suo intento. Fu inevitabile, a quel punto, chiedersi perché si sentisse così rilassato a parlare con quella donna di se stesso, della sua famiglia, di tutto ciò che per lui era importante. Poi accantonò il quesito, ricacciandolo in un angolo remoto della mente affinché potesse esaminarlo in un altro momento. «Volevo semplicemente vincere.» «È importante vincere, eh?» «Nella mia famiglia, sì. Eccome.» «Però ci hai rinunciato.» Terry sfregò il dito contro la palma della sua mano e toccò a lui, stavolta, sospirare. «E lo rifarei» le assicurò Aidan. «Be’, per un pomeriggio così» pronunciò lei, «lo avrei fatto anch’io.» «Mi fa piacere sentirtelo dire.» Terry scoppiò a ridere, una risata di gola, roca, che innescò brividi caldi nel corpo di Aidan. «Suvvia, lo sai anche tu che sono stata benissimo, oggi, con te.» «La giornata non è ancora finita.» «Buono a sapersi» replicò lei, accorciando le distanze fra di loro. Inclinando il capo all’indietro, confessò: «Oggi è stato un giorno... speciale, è questa la parola giusta. Non stavo così da tantissimo tempo». Aidan lo aveva intuito, ma lo rendeva felice ugualmente sentirglielo dire. Non voleva pensare a Terry con un altro uomo. E non voleva pensare che, nel giro di un paio di settimane, lei sarebbe sparita dalla sua vita. Quindi sorrise. «Be’, lo stesso vale per me.» «Poverino...»

«Mi piace il tono ironico in bocca a una donna nuda.» Aidan cambiò posizione, afferrandola e facendola rotolare sulla schiena. Poi la baciò. Sulla bocca, sui seni, sul ventre. Lei gli ò le dita tra i capelli cortissimi, massaggiandogli dolcemente il cuoio capelluto. «Ti ho detto che era da tanto che non stavo così bene perché ci tenevo che tu sapessi che non sono quel genere di donna.» «Che genere di donna?» «Hai capito benissimo» replicò Terry, sospirando mentre sentiva il suo alito caldo carezzargli la pelle dell’addome. «Il tipo di ragazza leggera, che a senza problemi da un’avventura all’altra. Sono... molto più complicata, io, credimi.» Lui le rise contro il ventre. «Credimi, piccola, ma lo avevo intuito. Comunque, grazie lo stesso per avermi avvisato.» Un tuono rumoreggiò sopra le loro teste e il vento sbatté contro le assi di legno che coprivano le finestre. Terry fremette e Aidan adoperò mani e bocca per distrarla. Dopo un paio di minuti, lei riprese il discorso. «Ci sono stati solo tre uomini nella mia vita. Uno che ho amato molto... uno che credevo di amare, il che è pressappoco la stessa cosa.» Fece una pausa. «E poi ci sei tu.» Aidan si paralizzò. Persino il battito del suo cuore parve arrestarsi. Fuori, invece, la tempesta continuava a infuriare, percuotendo porte e finestre, quasi volesse entrare. Ma lì, in quella stanza, un’altra tempesta stava montando. Nel cuore di Aidan. Lei lo amava? Chi aveva mai parlato di amore? Terry emise una breve risata. «Non andare nel panico, Aidan. Non intendevo farti nessuna dichiarazione.» Lui esibì un sorrisetto contratto. «Volevo solo dire» proseguì, sistemandosi dei cuscini sotto la testa per guardarlo

meglio, «che quel che c’è tra di noi significa comunque qualcosa per me.» Aidan incontrò il suo sguardo e disse, in tutta sincerità: «Anche per me significa qualcosa. Non so che cosa, Terry, ma significa qualcosa». «Grazie.» «Perché?» «Per non avermi mentito. Per non aver finto che sono la donna della tua vita e che mi ami da impazzire. Per avermi rispettata abbastanza da dirmi la verità.» «Te l’ho sempre detta, piccola.» Lei sorrise. «La sai una cosa? È buffo, comincia a piacermi quando mi chiami così.» «Ne sono contento.» Aidan le posò un altro bacio sul ventre, poi si spostò un po’ più giù. Terry emise un sospiro. «A ogni modo, non sono più in cerca dell’amore.» Quella frase catturò immediatamente l’attenzione di Aidan. La tristezza, il dolore nella sua voce erano percepibili e lui sapeva che, se l’avesse guardata negli occhi, avrebbe rivisto quelle ombre. Non poteva, però, non guardarla. E così vide il dolore. «Come si chiamava?» Terry sospirò di nuovo e quel semplice sbuffo di fiato gli penetrò l’anima. «Il suo nome era Eric.» Aidan già lo odiava. Di sicuro era il classico bellimbusto tutto muscoli e poco cervello che non si era neppure reso conto del tesoro prezioso che gli era capitato fra le mani. «Che cosa è successo?» Lei chiuse gli occhi. «È... morto.»

«Oddio, Terry, mi dispiace.» «È stato tanto tempo fa.» «Quanto tempo?» chiese, perché il dolore che traspariva dal suo sguardo sembrava ancora così vivo. Terry aprì gli occhi e, guardandolo, si strofinò una mano sul viso. «Dodici anni circa.» Lui batté le palpebre. Terry non aveva più di una trentina d’anni, al momento. «Eri poco più che una bambina.» «Ma non mi va di parlarne, va bene?» «Va bene» accettò lui, riprendendo a tempestarle il ventre di piccoli baci, scendendo fino al soffice triangolo biondo, dove notò il segno sottile di una vecchia cicatrice. Vi ò un dito sopra, leggero come una piuma, e le rivolse una domanda di cui era quasi sicuro di conoscere la risposta. «Che cos’è questa?» Terry chiuse gli occhi di nuovo e rispose: «Ho subito un intervento chirurgico». «Sì, lo so. Che genere di intervento?» «Un taglio cesareo.» «Hai avuto un bambino.» «Sì.» «Da giovanissima.» «Sì.» «Eric» disse Aidan, intuendo l’orrendo dramma, la ferocia del suo dolore di mamma. «Già. Eric. Mio figlio.» Gli occhi di Terry si inondarono di lacrime che lei tentò di scacciare battendo le palpebre freneticamente. Che stupida era stata. Non

avrebbe mai dovuto lasciarsi coinvolgere in quella conversazione. Una conversazione che avrebbe condotto inevitabilmente a scavare in un dolore ancora vivo, inesauribile. «Che cosa è successo?» provò a chiederle Aidan con voce timorosa. Fissando il soffitto, Terry si concentrò sulle ombre colorate che la lampada Tiffany disegnava sul bianco intonaco. «Perché lo vuoi sapere?» Lui si appiattì contro il suo corpo, strofinandosi contro la sua pelle calda, e Terry gioì, gli occhi pieni di lacrime, di quel contatto che non era solo fisico. Era da lungo tempo che non si sentiva così vicina a qualcuno, che non provava quel genere di affinità. E la sintonia che aveva trovato nel bel mezzo di un uragano con un uomo che era poco più che un estraneo per lei era una sorta di regalo, un dono dal cielo. Quando le loro bocche furono a un soffio l’una dall’altra, Aidan le spiegò: «Perché sin dal primo momento che ti ho incontrata, Terry, vedo delle ombre nei tuoi begli occhi». Le posò un bacio sulle labbra. «E voglio conoscerne la causa.» Con un cenno di assenso, lei lo guardò e si incamminò lungo il sentiero della memoria, verso un ato che era al tempo stesso così lontano e così vicino. Appena iniziò a parlare, fu come se si fosse rotta una diga e un fiume di parole, da troppo tempo tenute compresse, fuoriuscì con impeto. «La mia famiglia è ricca. Veramente ricca.» «Sì...» «Mio fratello, maggiore di me, era l’erede, e io la principessa, la debuttante, la brava ragazza dal comportamento inappuntabile.» Aidan le posò sulle labbra un bacio di incoraggiamento. «Finché all’età di diciassette anni non mi sono innamorata del figlio di un amico di mio padre.» «E sei rimasta incinta.» «Infatti.» Mentre ne parlava, Terry ricordava la paura, il panico, l’eccitazione e il

terrore di sapere che dentro di sé stava crescendo una vita umana. Errori come le gravidanze inaspettate non dovevano succedere nella famiglia Evans. Lì, tutto era programmato, pensato, organizzato nei dettagli. Un figlio fuori dal matrimonio non era un evento né atteso, né gradito. «Il padre del bambino era spaventato a morte.» «Tu no?» Lei sorrise e gli batté una pacca sulla spalla in segno di gratitudine per la solidarietà che le dimostrava. «Ero terrorizzata» gli assicurò. «Quando l’ho comunicato ai miei genitori, è scoppiato un pandemonio. Mi hanno detto che li avevo profondamente delusi, ma che si sarebbero occupati loro della faccenda e che nessuno avrebbe dovuto sapere.» Incredibile come soffrisse ancora al ricordo di quella orribile serata. Spaventata, aveva affrontato i suoi genitori, sapendo che avrebbe inferto loro un colpo durissimo, ma sperando segretamente nel loro sostegno. Nella loro comprensione. Che non erano arrivati. «Avevano predisposto tutto perché abortissi. Non potevano concepire di avere una figlia minorenne incinta e non volevano che sposassi Randolph.» Aidan fece una smorfia. «Randolph? Che nome da carciofone.» Le sfuggì un risolino, nonostante la drammaticità dei ricordi. «Lo era, infatti, poverino, anche se non era colpa sua, ma dell’educazione ricevuta. A ogni modo...» Scosse il capo, riprendendo lentamente il discorso. «Io mi sono rifiutata di abortire, così sono stata spedita in Francia, da una mia zia, dove sarei rimasta fino alla nascita del bambino. Dopodiché, lo avrebbero dato in adozione. «Ma non è andata così.» Una lacrima le rigò una guancia. «No. Quando è nato, mi ha guardata e mi ha sorriso, è immediatamente diventato tutto il mondo per me. Lui era il mio bambino.» Aidan la baciò di nuovo e le asciugò le lacrime.

«Allora, ho comunicato ai miei genitori che mi sarei tenuta il bambino e, in tutta risposta, loro mi hanno ordinato di non tornare più a casa. Così, sono rimasta a Parigi con mia zia per un po’, poi, sfruttando l’eredità di mia nonna, ho acquistato un appartamento e ci sono andata a vivere con il mio piccolo tesoro.» Erano stati giorni meravigliosi, pieni di amore e di risate, e anche di paura per il futuro. Ma Terry non avrebbe mai rinunciato a suo figlio. Con lui aveva scoperto un amore sconfinato, assoluto, mai conosciuto prima. Eric era un tenero fagottino indifeso ed era tutta la sua vita. Finché un giorno... «Terry?» La voce di Aidan, dolce e partecipe, le bisbigliò: «Cos’è successo?». Lei chiuse gli occhi, trincerandosi contro il dolore, ma dietro le palpebre abbassate le immagini scorrevano addirittura più forti, crudeli. «Aveva cinque mesi. Una mattina, non mi ha svegliata come al solito e io ho continuato a dormire fino alle nove. Quando ho aperto gli occhi, ho pensato: Che bello, finalmente non si sveglia più durante la notte. Tutto, così, sarà più facile.» Si morse le labbra, poi proseguì: «Allora, sono entrata nella sua cameretta, gli ho detto: Buongiorno, dormiglione, e l’ho toccato». Era ritornata in quell’appartamento soleggiato. Sentiva l’arietta tiepida che entrava dalla finestra socchiusa. Udiva il dolce tintinnio delle banderuole che aveva appeso al balcone. E vide il suo bambino. «Non si muoveva.» «Oddio...» Terry ingoiò il nodo alla gola. «Ricordo di aver pensato: strano. E mi sono chinata per dargli il bacio del buongiorno. Era... freddo.» «Terry...» Si riscosse dai ricordi con un sussulto. Non poteva rimanere nel ato. Non avrebbe retto a tutto il resto. I pianti disperati, le grida d’aiuto, la sirena dell’ambulanza, le facce dei vicini... i loro sguardi comionevoli, sconvolti. «Il medico disse che si era trattato della cosiddetta sindrome della morte improvvisa del neonato, meglio nota come la morte in culla. Non si sarebbe potuto fare niente comunque. Eric se n’era andato così, in silenzio, mentre

dormiva.» «Mio Dio, Terry, mi dispiace così tanto.» Lei annuì. Aidan la baciò e sentì in bocca il salato delle sue lacrime. Terry si lasciò confortare e si abbandonò al suo abbraccio, al suo calore che la strappava a quel ato straziante e la riportava a un presente pieno di vita e di ione. Poi, improvvisamente, lui si irrigidì, sollevò il capo e la guardò dritta negli occhi. «Che c’è?» «Non ci posso credere. Non mi era mai successo prima, giuro.» «Che cosa?» «Di farlo senza protezione. La prima e la seconda volta.» I suoi lineamenti si contrassero in una maschera di mortificazione. «E ora, sapendo quello che so, non posso credere di averti messo nelle condizioni di rischiare...» «Ssh...» Terry gli posò un dito sulla bocca, zittendolo. Le batteva forte il cuore. Neanche lei aveva pensato a usare una protezione, eppure sapeva benissimo a che rischi si andasse incontro. Ma non le importava. Gli chiuse il viso fra le mani e lo guardò negli occhi. Occhi che balenavano di emozioni che al momento lei era troppo scossa per riuscire a decifrare. Ma non aveva importanza. Desiderava solo sentire quell’impeto di vita pulsarle di nuovo dentro. Sentire di nuovo il cuore batterle forte. Sentire il corpo di Aidan che si muoveva dentro di lei. «Ho voglia di fare l’amore con te, Aidan» gli sussurrò. «Sì?» «Prendimi... come sai fare tu.»

10

I giorni seguenti trascorsero in un turbinio di attività. L’ira dell’uragano risparmiò fortunatamente Baywater, evitando alla piccola località costiera danni disastrosi. Tuttavia, il vento forte e la pioggia torrenziale avevano reso necessario il massiccio intervento delle varie unità di soccorso, polizia e vigili del fuoco. Aidan era ato al volo dai suoi familiari a controllare che stessero tutti bene, ma non aveva avuto il tempo materiale per trattenersi e scambiare quattro chiacchiere con i fratelli. In realtà, il poco tempo a disposizione tra una chiamata e l’altra preferiva trascorrerlo con Terry. Era come se non riuscisse mai a saziarsi di quella donna. Dal giorno del temporale, era stato con lei tutte le notti, a fare l’amore, parlare, ridere e bisticciare. Era la prima volta in vita sua che ava così tanto tempo con una donna senza provare un senso di oppressione. Prima di Terry, non si era mai lasciato andare al sentimento. Non aveva mai voluto approfondire la conoscenza di nessuna delle sue partner, limitando il rapporto a quel livello superficiale che consentiva di divertirsi senza incorrere in fastidiose complicazioni. Ora, però, c’era qualcosa di più. Era successo tutto così all’improvviso e, francamente, non sapeva come comportarsi. Quasi senza accorgersene, si era sentito sempre più coinvolto nella vita di Terry, nel suo mondo, anche se una parte del suo cervello continuava a metterlo in guardia, a ricordargli che la sua vita era lì, quella di lei a New York. E che un’ex ragazza ricca e di buona famiglia non aveva nulla in comune con un marine in carriera come lui. E, soprattutto, a rammentargli che non cercava la storia che durava per sempre.

Non cercava l’amore. Quella voce nella sua mente, però, si andava assottigliando sempre più. Entrò al Lighthouse e sostò qualche istante all’ingresso. Agganciò gli occhiali da sole allo scollo a V del pullover e perlustrò la sala gremita. Attorno ai tavoli circolari erano riunite allegre famiglie che festeggiavano lo scampato uragano. Adocchiò i suoi fratelli a un tavolo in fondo alla stanza e si preparò a essere preso in giro. Nelle ultime settimane aveva dato il tormento a Connor e Brain, per cui si aspettava di ricevere ora la sua dose di sberleffi. Avanzò per la sala gremita e, accostandosi al tavolo, disse a Brian a bruciapelo: «Scansati». Il gemello scivolò lungo il sedile di similpelle rossa, facendogli posto. Spostando lo sguardo da Brian a Connor e Liam, seduti di fronte, annunciò tutto d’un fiato: «Ho perso». I fratelli esplosero in esclamazioni di ludibrio e sghignazzate, attirando su di loro gli sguardi degli altri avventori. Le spalle incassate, Aidan li supplicò: «Smettetela». «Grandioso!» esclamò Connor, continuando a ridere a crepapelle. Sporgendosi sul tavolo, Brian alzò la mano e Connor vi batté la sua palma, lanciando un altro grido di esultanza. Liam rideva sotto i baffi e si sfregava le palme, quasi si preparasse a contare i soldi che avrebbe incassato per la sua chiesa. «Allora, dicci un po’, che è successo?» indagò Brian, dando ad Aidan una gomitata nelle costole. «Volete che vi faccia un disegnino?» ribatté l’altro, seccato. «Lo sapete benissimo.» «Già, ma non eri tu che ti vantavi di essere il più forte, l’unico a essere rimasto in gioco?»

«Intanto, ho tenuto duro più di voi, no?» lo rimbeccò Aidan. Poteva non aver vinto la scommessa, ma aveva comunque battuto i gemelli sul tempo. «Certo» intervenne Connor, incrociando le braccia sul petto. «Ma ti restavano solo due settimane. Ho davvero creduto che ce l’avresti fatta.» «Io no» dissentì Brian. «Terry?» domandò Liam in tono sommesso. Aidan si limitò ad annuire. «Terry?» ripeté Connor, raddrizzando la schiena e consultando gli altri occupanti di quel tavolo, come se fosse l’unico a essere all’oscuro di qualcosa. «Chi diavolo è questa Terry?» «Già» soggiunse Brian, lanciando a Liam un’occhiataccia esplicativa. «Com’è che noi non ne sappiamo nulla?» «Ecco qua, ragazzi» echeggiò gaia una voce di donna, «le vostre quattro birre.» I fratelli Reilly si zittirono improvvisamente mentre la cameriera serviva loro le bevande e non ripresero a parlare finché non se ne fu andata. Aidan mandò giù una lunga sorsata e lasciò che il liquido freddo e spumeggiante gli sciogliesse il groppo di rabbia che aveva in gola. «Avanti, parla» lo esortò Connor. «Chi è la pollastrella?» «Non è una pollastrella» insorse Aidan, infastidito dal termine poco riguardoso. «Dove l’hai conosciuta? All’Off Duty?» Brian rise. Aveva tutto il diritto di ridere, pensò. Di solito, le donne con cui se la intendeva le rimorchiava al bar che frequentava con gli altri marine. Bevve un altro sorso di birra, poi spiegò come aveva conosciuto Terry. E nel raccontarlo ai fratelli, non si accorse che la voce si era addolcita, gli brillavano gli occhi e i lineamenti si erano ammorbiditi. «Uhm... sembra una cosa... seria» commentò Liam alla fine del racconto.

Scoccando al fratello una fugace occhiata, Aidan represse un improvviso sgomento. Guardandoli uno per uno, scosse la testa. «Non incominciate, per favore. Non ingigantite sempre tutto.» «E chi ha detto nulla?» evidenziò Connor, alzando le mani in un finto gesto di resa. «Non ce n’è bisogno. Ve lo leggo in faccia.» «Dovresti guardare la tua di faccia» ribatté Brian, mandando giù un dito di birra. «Che vuoi dire?» argomentò Aidan. «Per la miseria, piantatela» protestò Brian, ironico. «Non c’è nulla di cui vergognarsi nell’amare una donna.» Camuffò un risolino. «Be’, tranne che per Liam.» «Spiritoso» commentò il fratello maggiore e si sporse per dare al gemello uno scappellotto sulla testa. «Ehi!» «Smettetela!» insorse Aidan, alzando il tono di voce. «Qui nessuno ha parlato di amore, perdiana. Ho solo ammesso di aver perso quella stupida scommessa.» «Rilassati» lo invitò Connor, sollevando la sua birra. «Siamo tutti sulla stessa barca... a parte Liam, naturalmente.» Il fratello maggiore gli lanciò un’occhiata torva e Connor scrollò le spalle. «Seriamente» riprese Aidan, avvertendo i gelidi tentacoli del panico ghermirgli le viscere, «piantatela di parlare d’amore. Non sono innamorato. Non ho intenzione di innamorarmi. Lascio a voi questo piacere.» «Messa così, pare che l’amore sia una specie di malattia» disse Brian. «Non lo è?» rilanciò Aidan. «Ma perché ti scaldi tanto?» borbottò Connor. «Già» echeggiò Liam, con voce più pacata, pensosa. «Che cos’è che ti spaventa

così?» «Non ho detto che sono spaventato, accidenti» si irritò Aidan. «Ho solo detto che l’amore è una faccenda che non mi interessa. Punto.» «Non sai che ti perdi» lo punzecchiò Brian. «Parli così perché non sei sposato con una donna come la mia Tina.» «Oh, certo» gli rispose a tono Aidan. «Essere sposato con Tina ti piace così tanto che hai prima divorziato da lei e poi te la sei risposata.» «Che c’è, vuoi fare a pugni con me?» sbottò il gemello. «Su, gli rode un po’, è comprensibile» intervenne Connor, spezzando la tensione e calmando gli animi. «Ricordo come stavo anch’io quando mi sono innamorato di Emma, ma non volevo ammetterlo neppure a me stesso.» «Ora, però, siete sposati» bofonchiò Aidan. «E che cosa hai ottenuto?» «Felicità?» suggerì Liam. «Senza offesa, Liam» gli replicò, «ma i preti non hanno voce in capitolo.» Un lampo di rabbia attraversò il viso del fratello maggiore, spegnendosi quasi all’istante. «Posso anche essere un prete, Aidan, ma anch’io sono un uomo. Oltre che tuo fratello.» «Sì, ma non sai un cavolo di donne.» Dopo un sorso di birra, proseguì: «Questi due, almeno, hanno degli argomenti per poter parlare, un’esperienza da cui attingere. Tu no. Tu non sai cosa significhi... amare una donna. Sapere quanto questa donna conti per te e, al tempo stesso, desiderare che non sia così». «Ha ragione, Liam» approvò Brian. «È così» gli fece eco Connor. «Tu sei fortunato. Non sai che cosa significhi doverti sorbire il muso di una donna che hai fatto incavolare.» «Con chi credete di parlare?» sbottò Liam, riferendosi a tutti e tre, ma inchiodando con lo sguardo Aidan al sedile. «Pensate che sia nato con questo collarino?» chiese, toccandosi il cerchietto bianco inserito nella camicia. «Prima

di essere prete, sono vostro fratello. Sono un uomo. Credete davvero che non sia mai stato innamorato? Che non sappia che cosa significhi desiderare una donna?» Aidan batté le palpebre, incredulo. Erano anni che non vedeva Liam così infervorato. «Rilassati, Liam.» Brian tentò di calmarlo, girandosi verso il tavolo vicino al loro e fulminando un’impicciona con un’occhiataccia. «Sta’ zitto, tu, non ti immischiare» protestò Liam. «È una faccenda tra me e questo imbecille.» «Ehi!» «Tocca a me parlare, idiota. Chiudi il becco e ascolta.» Liam puntò il dito contro Aidan, trasse un bel respiro e abbassò la voce. «Sono stato innamorato anch’io.» «Che cosa?» echeggiarono in coro i gemelli. Lo sguardo di Liam non vacillava. Continuava a tenere inchiodato Aidan. «Si chiamava Ailish.» «Wow!» mormorò Connor. «Pensavo che i preti ascoltassero le confessioni... non le fero» disse Brian sottovoce. «L’ho conosciuta in Irlanda» proseguì il fratello, come se nessuno avesse fiatato. «L’ultima estate prima di entrare in seminario.» Aidan tornò indietro con la memoria, ricordando il lungo viaggio in Irlanda che Liam aveva fatto per cercare di capire l’autenticità della sua vocazione. Non aveva mai parlato di quei tre mesi e nessuno dei fratelli gli aveva mai chiesto nulla, immaginando che avesse sfruttato quel tempo solo per pregare e riflettere. A quanto pareva, si erano sbagliati. Aidan aveva lo sguardo incatenato a quello del fratello e non riusciva a

distoglierlo. «Allora, Liam, cos’è successo quell’estate? Se l’amavi così tanto, perché hai rinunciato a lei?» Liam respirava con affanno. Gli occhi si illuminarono, poi si rabbuiarono al ricordo. Lentamente, si appoggiò allo schienale e, sempre fissando Aidan, pronunciò: «È morta». «Oh, Liam» mormorò Connor. «Accidenti, Liam» gli fece eco Brian. Aidan trattenne il fiato e osservò il fratello rivivere l’antico dolore, domandandosi come fossero finiti in quel pantano di emozioni. «Era andata a Galway per trovare sua sorella» iniziò a raccontare. «Una turista americana, confusa, viaggiava sulla corsia sbagliata e le è finita addosso, in uno scontro frontale. È morta sul colpo.» Santo cielo! «Mi dispiace, Liam» disse Aidan, sconvolto. Per tutti quegli anni, suo fratello si era tenuto tutto dentro. Non aveva mai fatto il minimo accenno alla tragedia che aveva segnato la sua vita. E in quel momento capì che i marine non erano le sole persone al mondo ad avere del coraggio. La rabbia svanita, Liam sorrise con mestizia. «È successo tanto tempo fa, Aidan. Ve lo racconto adesso perché voglio che voi sappiate che vi capisco. So che cosa significhi amare una donna al punto da non vedere altri che lei.» Il silenzio calò su tutti e quattro come una vecchia coperta. Ognuno era perso nei propri pensieri, nessuno voleva essere il primo a parlare. Fu Connor, alla fine, a rompere la quiete. «Se Ailish fosse stata in vita, ti saresti fatto prete comunque?» gli domandò. «O avresti vissuto la tua vita con lei?» La mano di Liam si strinse attorno al bicchiere di birra. Se lo portò alla bocca e bevve, prima di rispondere. «Me lo sono chiesto migliaia di volte» ammise, ando in esame i gemelli, uno per uno. «E, francamente, la mia risposta è no.

Non sarei diventato un prete. Quando l’ho conosciuta, è stato come se il Signore mi avesse inviato un segno, dicendomi che lui non voleva che io scegliessi la via del sacerdozio.» Socchiuse gli occhi e inspirò a fondo. «Avevamo deciso di sposarci in una piccola chiesa vicino Lough Mask. Poi, quando lei se n’è andata...» «Sposarvi?» ripeté Aidan in un sussurro di stupore. Liam accennò un sorriso. «Continuo a credere che ci sia una ragione per tutte le cose, anche se, in verità, non sono ancora riuscito a comprendere la ragione della sua morte. Ma forse conoscere Ailish, amarla, mi ha aiutato a essere un prete migliore.» «Non so cosa dire» pronunciò Brian, guardando il maggiore dei suoi fratelli. «Non c’è nulla da dire» disse Liam, rivolgendosi a tutti e tre. Un silenzio impacciato scese su di loro. Ora che conoscevano l’inferno privato di Liam, non sapevano come gestire quel nuovo segreto rivelato dopo anni di silenzio. Alla fine, Brian riprese la parola, cambiando argomento: «Sei proprio un ottimo prete, sai». Liam gli sorrise. «Ti ringrazio.» «Sul serio» insistette il gemello. «E presto ti chiederò di pregare per me.» «Che significa?» gli domandò Connor, interpretando il pensiero comune. «Parto in missione.» Brian guardò uno per uno i fratelli e alzò le spalle, con un sorriso. «Il mese prossimo. In Medio Oriente.» Essere cresciuti con un padre marine aveva insegnato loro che notizie di quel genere arrivavano all’improvviso, da un momento all’altro. E che bisognava convivere con quel costante senso di precarietà, di ansia latente. «Lo hai già comunicato a Tina?» gli domandò Liam.

«Non ancora» ammise l’altro. «Ho intenzione di farlo quando tornerò a casa, stasera. Per questo ti ho chiesto di pregare per me.» Sorrise. «Combattere è pericoloso, ma litigare con Tina non è da meno.» «Ma sarai di ritorno per la comune umiliazione, vero?» si informò Connor. «Oh, sì. La parata del Battle Color Day. La decappottabile. Il gonnellino di paglia e il reggiseno di cocco. Come potrei mancare?» Spintonò leggermente il gemello con una mano sulla spalla. «Sorvoliamo, vuoi? Sarà meglio che vada, ora» concluse. «Vengo via anch’io» annunciò Connor. «Sennò, chi la sente Emma? È probabile che mi sguinzagli dietro la polizia.» Aidan storse il viso in una smorfia. «Che vi dicevo? Il matrimonio è una trappola.» Brian dissentì: «Allora, proprio non vuoi capire, eh?». Poi, sferrò un pugno contro la spalla di Connor. «Su, muoviamoci.» Aidan si alzò in piedi e Brian scivolò lungo il sedile, alzandosi anche lui. Estrasse un paio di banconote dal portafoglio e le depositò sul tavolo. «Ci vediamo.» Poi lui e Connor si diressero verso l’uscita e Aidan si rimise a sedere. «Tina non la prenderà bene.» Liam fece spallucce. «È una donna forte. Si preoccuperà per il marito, ma ce la farà.» «Hai ragione.» Aidan, però, non stava pensando alla cognata e neppure a Brian, che ben presto sarebbe partito per una pericolosa missione. Continuava a pensare invece al fratello maggiore e al suo amore di tanti anni prima. «Perché ci hai raccontato di lei?» gli chiese alla fine. «Non lo so» sospirò Liam. «Forse perché ero stanco di sentirmi dire che non so un bel nulla di donne.» Aidan sorrise e annuì. «Certo, ti capisco.»

La notizia era troppo fresca e andava metabolizzata. Aveva sempre pensato a Liam come a una persona pacata, riflessiva. Nata per fare il prete. Ora, scoprire che la sua strada verso il sacerdozio era stata disseminata di sogni perduti... be’, era piuttosto destabilizzante. «Com’era?» «Ailish?» «Sì.» Liam mostrò un mesto sorriso. «Bella, solare, simpatica, ostinata.» La sua voce si addolcì leggermente al ricordo. «Era un’artista. Le piaceva dipingere. Natura e paesaggi, perlopiù.» «Il quadro nella tua stanza» ricollegò subito Aidan. «Quello con le pietre.» «Già. È un suo dipinto.» Ad Aidan era sempre piaciuto quel quadro. Aveva anche provato a comprarlo, una volta. Ora capiva perché suo fratello non se n’era voluto separare. Raffigurava delle pietre disposte in cerchio, in una danza dal significato mistico per il popolo irlandese, con la soffice erba verde rorida di rugiada che si intrecciava ai sassi come le mani di un amante. «Era proprio brava.» «Non devi sentirti in pena per me, Aidan» affermò dolcemente Liam. «Che cosa ti aspetti che io provi, allora?» Liam si sporse lungo il tavolo e gli rivolse un sorriso benevolo. «Voglio solo che tu rifletta. Che pensi a quello che hai trovato. A ciò che potresti avere. Voglio che ci pensi bene, prima che ti sfugga di mano.» E detto ciò, se ne andò, lasciando Aidan seduto al tavolo da solo, non più sicuro di nulla, ormai.

11

«Anticipo il ritorno.» «Non ce n’è bisogno» insistette Terry al telefono, mentre si aggirava per la cucina e si versava un bicchiere di tè freddo. «Davvero, Donna, è tutto a posto.» «Nessun danno al negozio? Alla casa?» Terry sospirò. Aveva già rassicurato l’amica decine di volte negli ultimi giorni, ma immaginava che non fosse facile stare a migliaia di chilometri di distanza da casa con quello che era successo. «C’è solo una piccola perdita al negozio» le ripeté. «Una minuscola pozza d’acqua sul retro, accanto all’area svago.» «Maledizione. Avrei dovuto far risistemare il tetto lo scorso anno. Lo sapevo che prima o poi avrebbe ceduto.» «Ma non è nulla di grave, Donna, sul serio. La libreria non verrà sommersa dall’acqua.» «Va bene, va bene, lo so che sono ossessionante...» «Solo un po’» concordò Terry con un sorriso, mentre chiudeva il frigorifero e prendeva il bicchiere di tè che era sul tavolo. Ne bevve un sorso e aggiunse: «Goditi il resto della vacanza con la tua famiglia e stai tranquilla». «A dire il vero, sto impazzendo, non ce la faccio più.» Terry scoppiò a ridere, si tirò vicino una seggiola e si mise a sedere. Era piacevole poter pensare a qualcos’altro. Il suo cervello, ultimamente, non faceva che percorrere e ripercorrere i giorni trascorsi con Aidan, senza riuscire a capire come gestire un rapporto che per lei era diventato importante. Forse per Aidan non era così. E probabilmente era solamente lei che aveva

fantasticato su qualcosa che non c’era, coltivando un sentimento che non aveva ragione di esistere. Perché non era ricambiato. E ora non sapeva proprio cosa fare, come uscirne. «Non fraintendermi» continuò Donna, «i miei genitori sono splendidi, ma non fanno che viziare i bambini e rimpinzarli tutto il giorno di cioccolata; poi si sentono male e io puntualmente o i guai.» Il pensiero di Terry corse a Eric e a come sarebbe stata la sua vita se lui fosse ancora vivo. Avrebbe avuto dodici anni. Un adolescente. Chiuse gli occhi e cercò di immaginare il suo viso, così come sarebbe stato in quel momento. Aveva sempre desiderato dei figli. C’era stato un tempo in cui si immaginava in una casa piena di marmocchi. Ma adesso era come se i suoi sogni fossero stati sepolti insieme a Eric. Era completamente sola. E nonostante quel che provava per Aidan, non aveva intenzione di legarsi a nessuno. «Tutto nella norma, allora» concluse con un piccolo sorriso. «Direi di sì. Sono pronta per tornare a casa.» «Anch’io» echeggiò lei con un sospiro malinconico. «Stanca della vita in un piccolo centro?» chiese Donna. «Pronta per rituffarti nel ritmo frenetico di Manhattan a spillare soldi ai ricconi per le tue cause umanitarie?» La risposta sincera di Terry sarebbe stata no, ma non lo disse. In realtà, le piaceva Baywater, le piaceva avere dei vicini, anche se erano quelli presi in prestito da Donna. Adorava i ritmi tranquilli di un piccolo centro, il senso di solidarietà e unione che aveva sperimentato quando c’era stato l’uragano. E, soprattutto, le piaceva Aidan. All’istante, il suo sorriso le attraversò la mente. La sua fossetta, l’azzurro tempestoso dei suoi occhi. La sua voce roca nel cuore della notte. Le sue dita ruvide sulla pelle. La sua risata. Il suo senso dell’umorismo e il suo vigore. Le piaceva tutto di lui...non aveva via di scampo.

Si era proprio innamorata. Raddrizzando la schiena, fissò la parete di fronte. Perché non se n’era accorta prima, quando era ancora in tempo per rimediare, per evitare che accadesse l’irreparabile? Ma, forse, non avrebbe potuto comunque farci niente. Aveva provato subito qualcosa, qualcosa di nuovo, di estremamente potente sin dal primo momento in cui si erano visti e conosciuti. Aveva capito all’istante che lui era diverso. Che poteva essere pericoloso. Solo che non si era resa conto quanto pericoloso fosse. «Terry, ci sei?» «Oh... sì.» Scuotendo la testa, bevve un altro sorso di tè, lasciandosi ristorare dalla bibita ghiacciata. Un fremito la percorse. Non era colpa del tè, però. Era la consapevolezza di aver donato il suo cuore a un uomo che non lo voleva. «Oh, no.» «Che è successo?» si allarmò Donna. «Che grosso errore ho commesso.» «Uhm... me ne vuoi parlare?» «Madornale.» «E si chiama per caso Aidan?» «Come fai a saperlo?» «Be’, non ci vuole un pozzo di scienza per capirlo» replicò Donna, lasciandosi sfuggire una nota di giubilo.

«Mi sembri contenta» mugugnò Terry, con una smorfia, serrando la stretta attorno alla cornetta. «Perché non dovrei esserlo? Due dei miei più cari amici hanno trovato l’amore e la felicità insieme. Che bella notizia!» «A sentir Aidan, siamo sessualmente invincibili.» «E a sentir te?» Terry sospirò, rassegnata. «Donna... sono una stupida.» «No, non sei una stupida, tesoro» la coccolò l’amica. «Sei solo una donna innamorata. E, quindi, fortunata.» «Ma quale fortunata? Sarà solo più difficile ripartire.» «Ripartire? Non resti a vedere che cosa succede?» «No.» Terry si alzò dalla sedia e raggiunse la finestra. Guardò il sole che illuminava il cortile. Il cielo era senza una nuvola e un venticello dolce faceva tintinnare le banderuole di latta. Era come se l’uragano non fosse mai arrivato. La stessa cosa sarebbe successa a lei. Una volta tornata a casa, una volta ripreso il contatto con la sua vita di sempre, si sarebbe dimenticata di Aidan. Sarebbe stato come se lui non fosse mai esistito. La realtà era che lei non voleva amare più. Non voleva più rischiare di perdere qualcuno. Dopo la tragedia di Eric, Terry aveva creduto di impazzire. Per questo aveva tentato di anestetizzare il dolore lanciandosi in un turbine di attività avventurose, spericolate. La verità era che non le importava nulla di morire. Anzi, forse il suo era un tentativo disperato di inseguire la morte. Si sentiva sola, sconsolata. Le mancava moltissimo il suo bambino e le tensioni ancora vive con la sua famiglia le impedivano di trovare almeno lì un po’ di conforto.

Poi, c’era stato l’incidente, la presa di coscienza, il confronto, finalmente, con la triste verità. Aveva capito che il suo era un tentativo di svuotarsi dentro perché anche il suo mondo esterno, senza Eric, era vuoto. E che aveva sfidato il pericolo perché non voleva vivere senza il suo bambino. Ma aveva anche compreso che tutto ciò era un affronto all’immenso amore che aveva provato per suo figlio. Da allora era cambiata e aveva teso la mano alle persone sole e disperate come lo era stata lei, costruendo una vita all’insegna dell’amore per il prossimo e la solidarietà. Ora, però, se si fosse concessa la possibilità di amare Aidan, non sarebbe stato come rigettarsi in quella zona ad alto rischio? Non avrebbe offerto alla vita l’opportunità di sferrarle un altro calcio nei denti? «Terry?» «Scusami» mormorò, ancora persa nei suoi pensieri. «Sei proprio scossa, eh?» «Già» ammise, contenta di avere almeno la sua cara amica con cui parlare. A cui confessare le sue paure e le sue preoccupazioni. «Sai una cosa? Torno prima.» «No, non devi» insistette Terry. «Lo so. Ma mi manca comunque la mia casetta.» «Donna...» «Ci vediamo domani o, al massimo, dopodomani.» «D’accordo... se pensi sia meglio così» mormorò Terry, già pianificando il suo ritorno a Manhattan. Non stava scappando, si disse. La sua era solo una... ritirata strategica. «Ehi, Donna?» «Sì?»

«Grazie.»

Due ore dopo, Liam andò ad aprire la porta della canonica. La governante era andata a fare la spesa settimanale e il monsignore era in chiesa a confessare. Il che lo lasciava da solo ad aspettare il conciatetti per il preventivo del lavoro da eseguire. Ma, quando spalancò l’uscio, non trovò il signor Angelini, bensì una bionda formosa dagli occhi verdi e il sorriso dolce. Capì all’istante di chi si trattava. «Terry Evans?» «Lei dev’essere padre Liam Reilly. Aidan mi aveva detto che suo fratello era un indovino.» «Oh, no, non lo sono» si schermì Liam, facendola entrare. «È solo che Aidan l’aveva descritta così bene che non potevo sbagliarmi.» Terry fece ingresso nella stanza, e i tacchi a spillo ticchettarono sul parquet tirato a lucido. Liam richiuse la porta e si voltò verso la bella donna in tailleur beige e camicetta gialla di seta. Aveva un’aria impacciata e Liam tentò subito di metterla a proprio agio. «Posso offrirle qualcosa di fresco da bere? Un’acqua tonica? Un succo di pompelmo?» «No, la ringrazio» rispose lei e lo seguì lungo il corridoio. «La prego, si accomodi» disse Liam, quando entrarono in soggiorno. Lei prese posto sul sofà e Liam si appollaiò sul tavolino di fronte. Aveva lo sguardo infelice e una luce speciale che toccava il cuore. Ora capiva perché Aidan avesse perso la testa per quella donna. Anche se continuava a lottare contro i suoi sentimenti. «Che cosa l’ha condotta fin qui, Terry?»

Lei inspirò a fondo, si guardò intorno, poi posò di nuovo lo sguardo su di lui. «Aidan mi ha detto che lei avrebbe utilizzato i diecimila dollari della scommessa per sistemare il tetto della chiesa.» Liam sorrise. «Davvero?» Terry aprì la borsetta, pescò una busta e la strinse nella mano. «Non so se lei lo sa già, ma Aidan aveva comunque stabilito di donare a lei quel denaro, anche se avesse vinto quella stupida scommessa.» Liam parve stupito. «No, non lo sapevo. Ma mi sembra un gesto pienamente nelle sue corde. Aidan è una persona buona e generosa.» «Infatti» condivise lei, lasciando scorrere le dita sulla busta bianca. «E lei ne è innamorata.» Terry trasalì e a Liam sfuggì un sorriso. Intravide un sussulto di emozione attraversarle gli occhi e fu contento per Aidan. Era ora che il fratello trovasse qualcosa di importante nella vita che non fosse il corpo dei marine. «È proprio sicuro di non essere un veggente?» gli domandò lei con un mesto sorriso. «Oh, sì. E poi, non servono doti di chiaroveggenza per indovinare certe cose. Basta guardarla negli occhi.» «Perfetto. Sono un libro aperto. Spero che Aidan non mi sappia leggere come sa fare lei.» «Non vuole farglielo sapere?» «No» rispose lei con ferma dolcezza. «In realtà, nessuno di noi due cercava nulla del genere, padre...» «Liam» la corresse. «... Liam. Quel che è successo tra di noi... be’, non ha poi molta importanza.» «Sei proprio come lui.»

Terry emise una breve risata. «Perché mi offendi, ora?» Lui rispose alla sua risata. Quella donna gli piaceva proprio, pensò, e Aidan era uno stupido a lasciarsela sfuggire. «A ogni modo, non sono venuta per parlare di Aidan.» «Ah, no? Perché, allora?» «Per questo» disse lei, porgendogli la busta. Confuso, Liam la prese e l’aprì. Spalancò gli occhi quando vide un assegno di venticinquemila dollari emesso da Terry Evans in favore della chiesa di San Sebastiano. «È un’offerta fin troppo generosa!» esclamò. «Posso conoscerne la motivazione?» Terry richiuse la borsetta e ripiegò le mani su di essa. «Diecimila dollari non sarebbero stati sufficienti per rifare il tetto, Liam.» «È vero, ma non spiega la tua generosità.» Lei sospirò. «Diciamo che mi sono innamorata di Baywater.» Scattò in piedi e si diresse verso la finestra, osservando gli alberi allineati lungo il vialetto. «È un posto delizioso, abitato da gente simpatica. So già che mi mancherà. E volevo, in qualche modo, esservi di aiuto, prima di andare via.» «Parti?» Terry si voltò verso di lui e annuì, poi abbassò lo sguardo, non prima, però, che Liam avesse scorto un profondo dispiacere nei suoi occhi. «Quando?» «Fra un giorno o due.» «Aidan lo sa?» «No, e vorrei che tu mi promettessi che non glielo dirai.»

«Lo farai tu?» «Non lo so ancora.» Sospirando, Liam posò la busta sul tavolino, la raggiunse e le prese le mani. «Posso aiutarti in qualche modo?» «No, ma grazie lo stesso.» «Sei sicura di voler partire?» insistette Liam, domandandosi come due anime così testarde si fossero potute incontrare. Terry si staccò da lui. «Non ho detto che voglio partire. Solo che partirò.» «Il che non ha senso, lo sai.» «Forse no, ma devo.» «Forse, invece, dovresti confessare ad Aidan i tuoi sentimenti.» «Oh, no, questo no!» obiettò lei con veemenza. «Anche se decidessi di provare di nuovo ad amare, sai benissimo anche tu che Aidan non è interessato all’argomento.» «Lui tiene a te.» «Sì, credo di sì.» Terry gli ò davanti, dirigendosi verso la porta. «Ma non è amore quello che prova per me.» «Ne sei convinta?» «Abbastanza.» Liam l’accompagnò alla porta. «Grazie ancora per la donazione.» «Non c’è di che, Liam. È stato un piacere conoscerti» disse, incamminandosi lungo il marciapiede che conduceva al parcheggio dietro la chiesa. «Terry?» Lei si voltò e lo guardò con occhi velati di dolore.

Lui serrò la mascella e, nonostante l’istinto di aiutarla, confortarla, si trattenne, intuendo, in qualche modo, che il suo intervento non sarebbe stato gradito. «Mio fratello è un idiota se ti lascia andar via.» «Talvolta, padre, andar via è la cosa migliore da fare.» Si girò di nuovo e se ne andò, lasciando Liam sotto un raggio di sole a interrogarsi su come fare per aprire gli occhi al fratello, prima che fosse troppo tardi.

12

Aidan sorrise mentre imboccava il vialetto di casa di Donna Fletcher. Le ombre dell’imbrunire avvolgevano Baywater in un velo grigiastro e il cielo era ancora striato di rosso scuro e arancio. Un venticello leggero smuoveva le fronde degli alberi e dalla strada giungevano le grida gioiose dei bambini che giocavano. Nella casa accanto, il signor Franklin stava tosando l’erba e sollevò la mano in un cenno di saluto quando lo vide scendere dall’auto. Aidan afferrò la scatola con la pizza ancora calda e la bottiglia di merlot. Quindi, sorridendo, si avviò baldanzoso verso l’abitazione. Era tutto il giorno che ci pensava. Durante il lavoro, mentre scherzava con i colleghi, aveva programmato quella cenetta a lume di candela con Terry. Strano. Fino a qualche settimana prima, non avrebbe mai immaginato di essere così allettato da una tranquilla serata in casa. Ma, fino a qualche settimana prima, non conosceva Terry Evans. Da allora, la sua vita era cambiata di colpo. Affrettò il o e raggiunse il portico. Non voleva pensare a come si sentiva. Non voleva esaminare la natura delle proprie emozioni. Meglio godersi quei momenti e basta. Adoperò la bottiglia per bussare alla porta e, quando questa si aprì, il sorriso gli si raggelò sulle labbra. Terry indossava un tailleur beige e dei tacchi alti. Il trucco era perfetto, i capelli pettinati con cura. Dall’espressione nei suoi occhi, capì che era sorpresa di vederlo. «Aidan? Avevi detto che non saresti ato...» «Mi sono fatto sostituire da Monk» articolò lui, accigliato.

«Oh, bene.» Il cervello iniziò a lavorare. Era evidente che non si aspettava la sua visita, ma era vestita di tutto punto, pronta per... cosa, esattamente? Allungò lo sguardo e notò la valigia nell’ingresso. Dita gelide gli strinsero lo stomaco. «Dove stai andando?» le domandò. Terry era nervosa, si mordicchiava le labbra. Trasse un respiro profondo e disse: «In realtà, quando hai bussato, credevo fosse il mio taxi». «Il tuo taxi.» «Per raggiungere l’aeroporto.» «Parti.» «Sì. Torno a casa.» «Stasera.» «Sì.» Le dita di ghiaccio si sciolsero al fuoco di rabbia che gli esplose dentro. Lei lo stava guardando come se fosse un estraneo. Se ne stava andando. E non sembrava affatto dispiaciuta. «Senza dirmelo?» le chiese. «Senza neppure una parola?» Terry emise uno sbuffo di fiato che le scompose il ciuffo sulla fronte. «Aidan, non rendere tutto più difficile di quanto già non lo sia.» Lui emise una risata secca che gli grattò in gola. «Non so se ci riesco.» Si sentiva un idiota. Lì, impalato, in jeans e maglietta, con la pizza e una bottiglia di vino in mano... mentre lei gli annunciava la sua partenza. Com’è che non si era accorto di niente? Che non aveva colto nessun tipo di segnale? «Che cosa pensavi di fare? Di telefonarmi dall’aeroporto? O, semplicemente, di

farmi venire fin qui a constatarlo di persona?» Terry si irrigidì e le labbra si assottigliarono in una linea severa. «Donna torna domani. Avrebbe provveduto lei...» Un’altra risata, più asciutta e amara di quella di prima. «Grandioso. Avresti lasciato a Donna questa incombenza perché tu sei troppo codarda per dirmelo in faccia.» «Ora basta.» «Dici? Non credo proprio.» Aidan lasciò cadere la pizza e meditò sul serio di scagliare la bottiglia contro la parete. Serrò le dita, invece, ancorandosi a quel collo di bottiglia come se fosse una fune di salvataggio. «Credevo ci fosse qualcosa tra di noi.» «Davvero?» ribatté lei, alterandosi visibilmente. Incrociò le braccia sul petto e iniziò a battere con il piede sul pavimento. «E che cosa credevi ci fosse?» La durezza e, insieme, la schiettezza di quella frase lo ammutolirono. Non aveva una risposta. Si portò una mano alla testa. «Non lo so esattamente. Ma qualunque cosa sia, non si meritava questo trattamento.» Per un istante, gli parve di scorgere un’espressione di disappunto nel suo sguardo. Ma fu un attimo. «Aidan, tornatene a casa. Questo piccolo... intermezzo è finito. È meglio che riprendiamo entrambi le nostre vite, no?» «Così, semplicemente? Come se nulla fosse successo.» Alle sue spalle, udì il clacson di un’auto che si era appena fermata lungo il vialetto. «È il mio taxi.» Aidan si girò per lanciare alla vettura un’occhiataccia; poi, quando tornò a guardare Terry, lei aveva già la valigia in mano e si accingeva a chiudere la porta. Si sentì come se fosse stato ricatapultato nel bel mezzo dell’uragano.

Come se, a un tratto, il mondo avesse preso a muoversi così velocemente da non permettergli di stare al o. Sapeva che doveva dire qualcosa, che doveva fare qualcosa. E, invece, rimase lì immobile, come un idiota, a osservare Terry che gli ava davanti, trascinando il suo trolley, con le piccole rotelle che stridevano sul selciato. Ed era ancora lì quando il tassista le aprì la portiera per farla entrare nell’automobile gialla. Lei si fermò un istante, la mano sullo sportello, e lo guardò. Poi, accennò l’ombra di un sorriso e disse: «Addio, Aidan». Lì con il suo vino e la sua pizza, Aidan osservò Terry, in silenzio, uscire dalla sua vita.

Due settimane dopo, i fratelli Reilly stavano meditando di bandire Aidan dalla famiglia. «Punto mio» gridò, mentre afferrava al volo la palla e correva verso il lato opposto del cortile. «È punto tuo perché imbrogli» protestò Brian con tono duro, teso anche per l’imminente missione. «Non ho imbrogliato.» «Hai commesso fallo su di me» lo rimbrottò Connor. Aidan emise un teatrale sospiro e si portò una mano alla fronte. «Scusatemi, mammolette. Non pensavo di essere stato così... duro.» «Lo sai» si inalberò Brian, iniziando a marciare verso di lui, «credo che sarebbe ora che qualcuno ti desse finalmente una bella lezione.» Aidan gettò la palla da una parte e si preparò allo scontro. «Su, fatti sotto» lo minacciò. «Si può sapere che problemi hai, Aidan?» intervenne Connor, afferrando Brian per un braccio e trattenendolo.

«Proprio nessuno. Siete voi che mi provocate.» Liam raccolse la palla e si accostò a Connor e Brian. «Voi due, andate a bervi una birra. Devo parlare a quattr’occhi con Aidan.» I gemelli si allontanarono, borbottando, e Aidan andò a prendere la bottiglia d’acqua che aveva lasciato sul prato un’ora prima. Svitò il tappo, bevve un lungo sorso e indirizzò al fratello maggiore uno sguardo ammonitore. «Non voglio sentirne parlare.» «Come volevasi dimostrare.» «Che cosa?» «Ti manca.» Aidan si pietrificò. Strinse le dita attorno alla bottiglia e la fissò come se contenesse tutti i segreti dell’universo. «Sta’ zitto, Liam.» «Non ci penso nemmeno. Ti stai proprio comportando da carogna con i tuoi fratelli. Perché non ammetti che sei innamorato?» Aidan scoccò al fratello un’occhiata fulminante. «Non sono affari tuoi, Liam. Quindi, va’ al diavolo pure tu.» Il sole era caldo e l’aria afosa, come sempre. Non c’era un alito di vento e Aidan si sentiva soffocare. «Sono anche affari miei, invece» ribatté Liam, avvicinandosi a lui e spintonandolo. «Credi che nessuno di noi sappia che cosa ti sta succedendo? Credi che nessuno si sia accorto che, da quando Terry è partita, sei diventato intrattabile?» Un impeto di rabbia lo invase, poi, così come era arrivato, se ne andò. Liam aveva ragione. Avevano tutti ragione. Ora che Terry non c’era più, niente sembrava filare per il verso giusto. Non aveva più voglia di alzarsi al mattino, e andare a letto la sera lo metteva in agitazione perché sapeva che l’avrebbe sognata tutta la notte. E, al risveglio, il senso di vuoto che provava era

insopportabile. «È stata lei ad andarsene» mormorò. «Tu le hai dato qualche motivo per restare?» «No.» Avrebbe voluto. Avrebbe voluto dirle che... maledizione. La bottiglia ancora in mano, si accasciò sull’erba, trascinando le ginocchia al petto. Quando Liam si sedette accanto a lui, iniziò: «Poco prima che lo zio Patrick morisse, e ci donasse quei soldi, provocando tutto questo macello...». «Sì?» «Sono andato a trovarlo. È stato una settimana prima che ci lasciasse per sempre. Prima di andar via, lui mi ha preso la mano e mi ha detto...» Aidan chiuse gli occhi per ripescare meglio quel ricordo, «... la cosa più brutta di morire, Aidan, è lasciare questa vita con dei rimpianti. Non commettere il mio stesso errore. Vivi. Fa’ tutto quello che puoi fare. Vedi tutto quello che puoi vedere. Non andartene con il rimorso di non aver goduto fino in fondo qualcosa.» «Mi dispiace che si sentisse così. Ha vissuto una vita serena» disse Liam. «Appunto, fin troppo tranquilla. Non è mai andato da nessuna parte, non ha mai fatto nulla. Io non voglio finire come lui.» Aidan dondolò il capo lentamente. «Non voglio morire con dei rimpianti.» «E questo che cosa ha a che fare con Terry?» lo interrogò il fratello. «Non lo capisci? Se mi lascio andare all’amore, finisco con il legarmi le mani da solo, con il precludermi la possibilità di esplorare il mondo, di vivere la vita intensamente.» Liam lo guardò stralunato per un lungo istante, poi scosse la testa. «Ogni volta che penso che forse non sei proprio idiota, mi tocca ricredermi.» «Grazie tante» bofonchiò Aidan. «Mi sei di grosso aiuto.» «Non ti è mai balenato nella testa che forse lo zio Patrick volesse intendere qualcos’altro?»

«Vale a dire?» «Lui non si è mai sposato, ha vissuto la sua vita in solitudine. La mamma dice che da giovane era molto timido e forse questo spiega tante cose.» «E quindi?» «Quindi, Aidan, i rimpianti di cui parlava, forse, sono legati più alla mancanza dell’amore nella sua vita. Forse si rammaricava di non aver avuto una donna al suo fianco, chissà... dei figli.» Non ci aveva pensato. «Be’, può essere» ammise Aidan, «ma...» «Aidan» proseguì Liam, allungando le gambe sull’erba, «tu hai già fatto tante cose, più di quante la maggior parte delle persone può dire di aver vissuto in tutta la sua esistenza.» «È vero.» «Credi veramente che, essendo l’uomo che sei, amare una persona ed essere amato ti stravolgerebbe l’esistenza?» «Be’...» Aidan aveva messo il cervello in funzione e ora i suoi ingranaggi stavano girando alacremente per tentare di comprendere a fondo le parole di Liam, così da non sentirsi totalmente stupido. Non ci riuscì. «Amare non significa rinunciare a vivere, Aidan» gli disse il fratello. «L’amore è un sentimento meraviglioso che non può che migliorarti la vita. Sempre che tu sia pronto a cogliere l’occasione quando ti si presenta.» «Già» mormorò lui, sentendo dentro di sé accendersi un filo di speranza. «Ma se lei non mi vuole? Se mi dovesse mandare al diavolo?» Liam fece una smorfia. «Da quando in qua ti tiri indietro di fronte a una sfida?» Gli sorrise. «E poi, non credo proprio che ti caccerà. Prima di partire, è ata in canonica e mi ha lasciato un assegno di venticinquemila dollari per la chiesa.»

«Davvero?» si stupì Aidan. «Come mai?» «Ha detto che si era affezionata a Baywater e voleva offrire il suo aiuto alla comunità. Io credo invece che lo abbia fatto perché ti ama e voleva sentirsi in qualche modo parte del tuo mondo.» Aidan restò in silenzio a riflettere per qualche istante, poi scattò in piedi. Con occhi rabbiosi, gridò: «Perché diavolo non lo hai detto?». Liam scoppiò a ridere mentre Aidan correva verso la sua automobile, metteva in moto e partiva a tutto gas.

Terry appoggiò la tazza sul tavolinetto di mogano e il tintinnio della porcellana contro il legno echeggiò come un tuono, nella quiete del suo lussuoso appartamento nel centro di Manhattan. Se si fosse impegnata, avrebbe probabilmente anche potuto sentire il battito del proprio cuore, talmente il silenzio era assoluto. Sì, c’era troppo silenzio intorno a lei. Troppo... vuoto. Le ultime due settimane erano state interminabili. Di ritorno a casa, aveva provato a distrarsi riprendendo il ritmo della sua vita di sempre. Ma non era servito a nulla. Niente era più lo stesso. Lei non era più la stessa. Era cambiata. E non sarebbe più potuta tornare indietro, neanche se lo avesse voluto. Quando suonarono alla porta, corse ad aprire. Le pantofole scivolavano sul marmo lucente e giunse all’ingresso quasi pattinando. Stava ridendo quando spalancò l’uscio con decisione. Aidan entrò, chiuse la porta e l’abbracciò. La tenne stretta a sé e Terry sentì il battito del suo cuore contro il proprio e capì che non era mai stata meglio in vita sua. Tra le sue braccia si sentiva tranquilla. Tutto sembrava tornare al proprio posto, riprendere il proprio equilibrio. Così come doveva essere.

«Aidan» ansimò, ritrovando appena il fiato per parlare. «Che cosa ci fa...» «Sta’ zitta un istante, ti dispiace?» la interruppe lui con foga, staccandosi da lei per poterla guardare negli occhi, che incatenò ai suoi con un’intensità che le scaldò il cuore. «Ti trovo in splendida forma.» Lei sorrise e avrebbe voluto parlare, ma sapeva che lui non gliene avrebbe data la possibilità. «Sono venuto per dirti una cosa.» Aidan trasse un respiro profondo, poi espirò lentamente e disse tutto d’un fiato: «Ti amo, Terry. E voglio stare con te». «Aidan...» «Ascolta» incalzò, sovrastando la sua voce, «so perché hai protetto il tuo cuore dall’amore per così tanto tempo. Ti capisco. Comprendo il tuo dolore, Eric, tutto.» Gli occhi di Terry si riempirono di lacrime, ma lei le scacciò, perché non voleva avere la vista annebbiata mentre lo guardava. «Ma non può essere così per sempre. Alla fine l’ho capito. Ascolta, io metto a rischio la mia vita tutti i giorni con il mio lavoro, ma non me n’è mai importato granché, perché non avevo nulla da perdere. Be’, ora non è più così. Perché adesso ho te. E voglio vivere per poterti amare.» Il suo cuore era gonfio di gioia e Terry temeva che il petto non riuscisse più a contenerlo. «Oh, Aidan, io...» «Terry, tu mi hai cambiato. Hai stravolto la mia vita, le mie idee. Mi hai riempito il cuore. Non voglio più svegliarmi al mattino senza te accanto. Ho bisogno di te, amore mio. E spero che anche tu mi voglia al tuo fianco.» «Oh, Aidan...» «So che l’amore, il matrimonio e tutto il resto sono un grosso rischio, ma io voglio correrlo con te. Te la senti, Terry? Te la senti di amarmi? Di sposarmi?» Con il sorriso che le illuminava il viso, lei disse: «Sì, ti amo. Sì, voglio sposarti. Oggi. Domani. Quando vorrai. Perché neanch’io sono più sola. Tu hai riempito

la mia vita, il mio cuore, quando pensavo ormai che tutto fosse morto dentro di me. E le ultime due settimane sono state terribilmente vuote senza te accanto». «Grazie al cielo» mormorò lui e la strinse di nuovo a sé. Cingendola fra le sue braccia, appoggiò la testa sulla sua spalla e inalò la dolce fragranza della sua pelle. E per la prima volta da quando se n’era andata, Aidan sentì il proprio cuore riprendere a battere veramente. «C’è una cosa che dovresti sapere, però» bisbigliò Terry e lui si ritrasse per guardarla in viso, in attesa. «Sono incinta.» «Ma...» Aidan sgranò gli occhi. «Stavo per tornare da te per dirtelo. Quando sono venuta ad aprirti, pensavo fosse l’agente immobiliare per la vendita dell’appartamento.» «Volevi tornare a Baywater da me?» «Sì. Avrei cercato di trovare un modo per farmi amare.» «Piccola, io ti amo già.» Lui le sorrise e l’abbracciò. «Sono felice del bambino. Spaventato, ma davvero felice. E tu? Te la senti? Dopo Eric, intendo. Non ti fa paura?» Lei si rannicchiò contro il petto di Aidan e tutte le sue paure si dissolsero in un mare di amore. Sì, aveva paura. Quando il test di gravidanza era risultato positivo, era entrata nel panico. Ma poi aveva capito che amare Eric non significava precludersi la possibilità di amare un altro bambino. Eric sarebbe comunque stato sempre nel suo cuore, per il resto della sua vita. E proprio per rispetto dell’amore che sentiva per lui, non poteva rinunciare all’energia vitale che solo quel sentimento sapeva donare. «Sì» ammise, «mi fa un po’ paura. Però mi sento anche così viva. Per la prima volta dopo tanti anni.» Spinse il capo all’indietro e lo guardò dritto negli occhi. «Io ti voglio amare, Aidan. Voglio vivere con te, costruire una famiglia insieme a te.»

Lui le accarezzò la guancia e le sorrise. «Non te ne pentirai, Terry. Te lo giuro.» «Neanche tu» rispose lei in un sussurro, abbandonandosi fra le sue braccia per accogliere il suo bacio.

Epilogo

Due giorni più tardi, il sole si tuffava dietro l’orizzonte. I vari discorsi erano stati pronunciati, la banda dei marine intonava le sue solenni note e un tappeto di persone ammantava l’immenso piazzale. Il Battle Color Day, il giorno in cui tutti i più alti dignitari in grado convenivano alla base per le celebrazioni annuali del corpo dei marine. I discorsi erano stati per fortuna brevi, i tamburi e le trombe vibravano nell’aria e l’esercitazione muta aveva ridotto la folla al silenzio. C’era qualcosa di magico nell’osservare quegli uomini che eseguivano movimenti precisi, ciascuno a tempo con l’altro, in un silenzio assoluto in cui l’unico rumore che si udiva era lo sbattere del calcio dei fucili. Un forte senso di orgoglio palpitava tra la folla immobile, ammutolita in uno stupore reverenziale. E mentre si svolgeva l’esercitazione, Tina Coretti Reilly, Emma Jacobsen Reilly e Terry Evans, presto in Reilly, chiacchieravano sommessamente, sedute sulle seggiole pieghevoli, disposte l’una accanto all’altra. Maggie Reilly, la loro suocera, chiudeva la fila. Tina si protese in avanti, allungando una caraffa con del tè freddo. «Qualcuno ne vuole?» «No, grazie» disse Emma, sporgendosi e aguzzando la vista, alla ricerca di una certa decappottabile rossa. «Terry?» chiese Tina. «Sì, grazie.» Accettò il bicchiere di plastica con il tè e ne bevve un sorso prima di dire: «È tutto così...». «Emozionante, eh?» l’anticipò Maggie, dandole un buffetto sulla mano. «Mi

sono sempre annoiata alle celebrazioni ufficiali e sono contenta che stavolta ci siate anche voi.» «Lo sono anch’io» le rispose Terry con sincerità. «E non mi perderei lo spettacolo per niente al mondo.» «I gemelli Reilly in reggiseno di cocco?» Tina rise. «E chi se li perde!» «I loro amici li prenderanno in giro a vita» osservò Emma. «Perché noi, no?» ribatté Maggie, estraendo una videocamera dal cesto di paglia adagiato ai suoi piedi. Terry rideva mentre guardava l’anziana signora che aveva gli stessi occhi azzurri dei suoi figli. «Ha intenzione di riprenderli?» «Certamente» asserì la donna, accendendo la videocamera e strizzandole l’occhio. «Non posso lasciarmi sfuggire l’occasione di accumulare un po’ di materiale con cui ricattarli.» «Ah... i Reilly» sospirò Tina con un ghigno, appoggiandosi allo schienale e accavallando le gambe. «Vedrai, Terry, ti divertirai molto con noi.» «Siamo troppo simpatici» scherzò Emma. «Oh, sì» concordò lei, sorseggiando il suo tè e apprezzando quel momento di solidarietà femminile. «Credo che mi troverò proprio bene in questa famiglia.» «Guardate, ragazze» gridò Maggie, tutta eccitata. «Ecco che arrivano!» Una fiammante Cadillac rossa decappottabile stava sfilando lentamente lungo il viale principale. Liam era al volante e, mentre con una mano salutava la folla, un immenso sorriso gli illuminava il viso. Aidan, Brian e Connor erano seduti sul bagagliaio, i piedi appoggiati sul sedile posteriore. Indossavano tutti e tre un gonnellino di paglia, un reggiseno di cocco... e il sorrisetto finto di chi non si era potuto sottrarre a tutto ciò. E mentre la folla li acclamava e rideva, i gemelli Reilly, tre fieri marine, sollevarono la mano in segno di saluto e affrontarono l’umiliante sfilata a testa

alta.