STEFANIA TAVAZZANI
CAMMINAMI NEL CUORE
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Indice dei contenuti
SCA LA RIVELAZIONE IL MONDO SI E' FERMATO LEDA
PERCHE' LISA?
LA FESTA
TI AMO DAVVERO
DOVE VAI FRA?
WALTER E IL SEGRETO
UN FULMINE A CIEL SERENO
IL FUNERALE A SCUOLA CON SCA DUE MESI L'AMORE DEI NONNI L'INVITO ALLA FESTA DOV'E' LA NOSTRA PIETRA? LA FESTA E LEUCIPPO LA PIETRA VERDE COSA NASCONDI LEUCIPPO? GRAZIE MAMMA IN VIAGGIO VERSO SANTIAGO DAVID LA RIVELAZIONE INIZIA IL CAMMINO DAVID TI AMO FRA, ORA HO CAPITO AD UN O DALLA VERITA' MAMMA SONO TORNATA IN QUESTURA
TUTTO E' PERDUTO ORMAI
CAMMINAMI NEL CUORE
SCA
Un fiore. Un piccolissimo,comunissimo fiore giallo. L’unico indizio che li lega all’assassino .A me,stando ai loro sospetti iniziali.Che non c’entro nulla con tutto questo. Un anonimo fiore .Io amo i fiori. Li vendo. Ma questo non fa di me un’assassina. Io amavo sca. All’inizio l’amavo come una sorella,un’amica, una persona cara. Poi con tutto l’enfasi e il trasporto di un amore vero,grande,primordiale,l’amore tra un uomo e una donna e tra due persone dello stesso sesso. Ma andiamo con ordine. Conosco sca dai tempi della scuola. La prima scuola intendo. La materna. La mattina che la vidi pensai che fosse una creatura di un altro pianeta. Così bella, riempiva la stanza con la sua presenza. Una bambina eterea, con lunghi boccoli biondi e occhi di un azzurro indecifrabile. sca non guardava, lei vedeva davvero. Le cose, le persone, ogni particolare. E non sentiva. Ascoltava. Un’attenzione da adulto in uno scricciolo di 4 anni. Una curiosità infantile ma attenta ad ogni screziatura. Quella fu la prima di tante mattine ate insieme,gomito a gomito,sempre e solo noi due,nel bene e nel male. Ero gelosissima di sca,mi dava fastidio che prestasse attenzione agli altri bambini,che giocasse con loro,che condividesse i loro spazi. Volevo che fosse solo mia,la mia migliore amica per sempre.
Fummo un tutt’uno anche alle scuole elementari,nello stesso banco, sempre, per 5 anni. Ma ovviamente le cose cambiano,si cresce ed inevitabilmente non si è più così univoci. Alle medie lei si trovò anche altre amicizie, e lo stesso feci io, anche se allora di avere altre amiche non me ne importava proprio nulla,forse solo per dispetto,per farle rabbia,per farla ingelosire,ma lei sembrava non rendersi conto del mio morboso attaccamento nei suoi confronti. sca rimase la bimba che avevo conosciuto: niente gelosie,né rancori. Lei parlava con tutti,e di tutti era amica. Non potevi che volerle bene. Il tempo ci allontanò, inevitabilmente. Dopo le superiori io mi iscrissi ad una università per diventare interprete e lei partì per Milano per i suoi studi di filosofia. Una filosofa… pensai che mai scuola fosse così appropriata per il suo carattere. Il nostro paesino continuava a vivere nella sua tranquillità quotidiana,con gli edifici che si ergevano ben ordinati l’uno di fianco all’altro,la routine mi inghiottiva completamente e non mi dava tempo di pensare che forse avrei dovuto e potuto chiamarla qualche volta. sca prima di partire mi aveva generosamente dato il suo numero di cellulare,pregandomi di farmi viva ogni tanto,e che lo stesso avrebbe fatto anche lei,non appena si fosse sistemata nella sua nuova casa che i genitori le avevano preso in affitto nel centro della città. Tante volte sono stata sul punto di farlo,poi ho subito cambiato idea,forse per timore di disturbarla,di recarle fastidio in qualche modo,anche se ovviamente sapevo che non sarebbe stato così. I giorni avano con mille cose da fare,gli studi,le faccende a casa e tanto altro. I miei genitori si separarono qualche anno prima ed io decisi di rimanere con mamma,la quale gestiva un bellissimo negozio di fiori, e da qui la mia ione
per questi fenomeni profumati,delicatissimi ma allo stesso tempo forti e determinati nel crescere e resistere anche ai venti più impetuosi. Ogni pomeriggio lo avo nel negozio,mi inebriavo dei profumi più disparati,dal dolce al più forte,a quello che ti stordisce al solo argli vicino. Ero felice, mi sembrava di respirare tutto il respiro del mondo, di avere il privilegio di assaporare aromi che nessun altro riesce ad assimilare tutti insieme, come vivessi in un bosco incantato il cui scenario cambia di continuo, fa un giro immenso e poi ritorna alla sua naturale condizione. Solo che qui non c'era solo il verde in tutte le sue sfaccettature, ma mille altri aspetti cromatici.
LA RIVELAZIONE
Intanto ripensavo al nostro primo bacio. Ce lo scambiammo durante una gita scolastica l’ultimo anno delle medie, nei boschi della Maremma. Lei parlava,parlava e mi elencava le meraviglie naturali del luogo,ed io non pensavo ad altro che alla profondità dei suoi sguardi,al colore dei suoi occhi. La guardavo e non capivo,che mi stava succedendo? Cos’era quel tremore che all’improvviso mi scuoteva dentro,quella voglia di stringerla a me,non tanto come si fa quando devi consolare un’amica,o per affetto. No, quell’ardore era sintomo di qualcos’altro di più profondo, di un sentimento troppo a lungo nascosto, bendato come si fa coi bambini quando si gioca a mosca cieca. Ma di colpo la benda mi cadde dagli occhi e vidi … vidi ciò che non avrei mai voluto vedere. Io non sentivo per sca soltanto affetto fraterno,io volevo da lei qualcosa di più,e quel qualcosa me lo presi. “Anna, mi stai ascoltando? Che hai oggi,sei distratta,non ci sei” “Che?”,le sue parole mi risvegliarono da un torpore che mi stava addormentando i sensi. Tutti,tranne uno. La attirai verso di me,con un impeto che non conoscevo di possedere, e lei mi guardò. Uno sguardo dapprima stupito,spaventato forse ma non del tutto guardingo. Mi guardò e sembrò comprendere ciò che sarebbe successo un minuto dopo.
Le nostre mani si cercarono,i nostri visi si avvicinarono sempre di più,fino a sfiorarci le labbra. E quel bacio,quello che venne dopo,fu un bacio come non me ne diedero più in tutta la mia vita .Un bacio da donna; leggero,tenero,dolcissimo,vero. Il mio primo vero bacio da innamorata. E con Giorgio allora? Che cosa era rimasto del bacio scambiato con Giorgio la settimana prima durante una festa a casa sua? Pensavo che fosse per sempre, che quel contatto avesse sancito con lui un sentimento duraturo. E poi bastò fare due conti per rendermi conto che Giorgio non era stato altro che una prova, aspettando lei. Quel bacio aleggiò su di noi per tutto il viaggio di ritorno, fluttuava nell’aria come sospeso in un limbo, vorticava sulle nostre teste come una piuma che non si posava mai. Le mie,le sue parole,di colpo cancellate da un turbine di sentimenti che ci allontanava e ci avvicinava come delle calamite impazzite. Nessuno disse nulla allora, e per molti giorni quel silenzio parlava per noi. Non mi chiese più di fare i compiti insieme a casa sua, ma mi mandava bigliettini colorati con faccine e cuori,tanti cuori,più eloquenti di mille parole,di tutti gli idiomi del mondo. “Ci vieni domani sera alla festa di classe? Hey Anna,dico a te,ci vieni?” Paola si intrufolò come un topolino nella tana dei miei pensieri. “Ci saranno tutti sai? Anche Giorgio, me l’ha detto che vi siete baciati,allora state insieme? E’ vero?” “Paola, non dire stronzate,non stiamo insieme,quel bacio non significava nulla, era un bacio come se ne scambiano tanti a questa età”
“Sarà” disse lei guardandomi di sottecchi, “ma a me finora non è mai capitato, e quando accadrà sarà con qualcuno di veramente speciale, sarà con l’uomo che avrà il privilegio di avermi per sempre,che mi sposerà e con cui farò tanti figli e ….. Bla ,bla, bla … ma quanto parla questa? Accidenti, anche la festa di classe,e chi se ne ricordava più? Non me ne frega nulla della festa di classe,ma forse può essere il pretesto per stare con sca,per parlarle e magari arrivare a qualcosa di definitivo in tutta questa storia. “Allora Anna,ti segno? Sei dei nostri?” “Cosa? Si,si segnami pure , ci sarò. E chi se la perde una festa con tutti i miei adorati compagni di classe?” “Bene, a domani sera allora. Ci vediamo in palestra” Ogni anno la festa di classe si teneva nella palestra delle scuole superiori, adiacenti alle medie. Era lì che si allenavano le promesse della pallacanestro locale, ragazzi così alti che pensavo non avessero bisogno della scala per cambiare le lampadine di casa, a qualunque altezza si trovassero. Anche Giorgio si allenava lì, sebbene non fosse così alto. Povero Giorgio, probabilmente si era illuso che fra noi potesse nascere qualcosa, lo capivo dal modo in cui mi guardava quando avo per i corridoi della scuola, il suo sguardo così mogio quando lo salutavo appena e spesso cercavo di eludere i suoi continui tentativi di approccio. Ogni volta che gli voltavo le spalle avevo l'impressione che si raggomitolasse su sè stesso come un povero cagnolino bastonato. Ma io non ero in grado di tornare sui miei i e di curargli le ferite.
IL MONDO SI E' FERMATO
“RAGAZZA VENTENNE TROVATA MORTA SULLE SCALE DI CASA. LA POLIZIA INDAGA.COME UNICO INDIZIO FINORA SOLO UN COMUNISSIMO FIORE GIALLO SUL CORPO DELLA VITTIMA" Fu così che seppi della morte di sca, con queste parole scritte a caratteri cubitali sul fronte di un quotidiano. Lo comprai,colpita dalla notizia funesta della fine di una mia coetanea, e per saperne di più su quella disgrazia. Certamente non mi aspettavo quello che lessi all’interno: il suo nome mi colpì come una fucilata, le lettere danzavano come streghe intorno ad un sabba davanti ai miei occhi, andavano su e giù e poi tornavano educatamente e ordinatamente al loro posto, componendo quel nome .sca, l’amata del Boccaccio, la lei non è lei della canzone di Battisti, la mia sca, morta su quelle scale che tante volte avevo percorso per arrivare alla sua porta. –Non è sca- ora suonava così stonata,così crudele,così insopportabilmente bugiardo. Quella canzone era così fuori luogo ora, che l’avrei cancellata per sempre, avrei comprato tutti i dischi della terra perché non cantassero più una menzogna così dura da accettare.Perchè era proprio lei, era proprio sca quella di cui parlava il giornale. Il cronista parlava di omicidio, di un fiore giallo ritrovato sul suo esile corpo da bambina, adagiato sul suo petto come fosse una corona, un ultimo dono o la pietà di chi ha voluto lasciare qualcosa di puro su di lei. Il mondo cominciò a girare vorticosamente intorno a me, le piante si muovevano come durante il temporale più forte che avessi mai visto, le gambe non mi tennero più e caddi, perdendo i sensi. Quando stetti per tornare in me qualcuno mi stava parlando dolcemente, lo sentii in lontananza come quando non riesci a svegliarti da un sogno. Un medico con corti capelli bianchi ed un viso che mi parve una caricatura mi
stava chiamando, “Anna, Anna, come stai?” Mi ci volle un attimo per capire che la Anna a cui si riferiva ero io, e per ricordare ciò che avevo appena saputo. sca non c’era più, ed io avrei dovuto metabolizzare la sua scomparsa dal momento in cui avrei lasciato quell’ospedale. Quelle lenzuola bianche sulle quali mi avevano adagiata mi sembravano un sudario adesso, un enorme foglio bianco da riempire con tutte le lacrime che il mio corpo sarebbe stato in grado di versare. Non ne avrei avute abbastanza, le avrei cercate ovunque sulla terra, ma sapevo che non mi sarebbe bastata una vita per trovarle tutte.
LEDA
“Leda, l’affascinante regina di Sparta sposa di Tindaro,avvince con la sua bellezza il focoso Dio Zeus, che per conquistarla si tramuta in splendido Cigno, e cogliendola su una riva l’ammalia con le flessuose carezze del suo lungo collo seduttivo, e la fa sua mentre l’aria è inebriata da ambrosia, che stordisce e fa arrendevole la bella addormentata”. Fu questo che pensai quando conobbi Leda. Quel giorno decisi che era giunta l’ora di comprarmi un nuovo paio di jeans, ed optai per un nuovo modello tanto decantato dallo stilista di turno; sexi ,avvolgente, capace di fare miracoli su un fondoschiena non proprio da urlo. Quello stesso giorno decisi che avrei chiamato sca, avremmo finalmente fissato l’appuntamento tanto a lungo rimandato, e ci saremmo riviste. Non volevo indossare i soliti abiti scontati, quelli con cui mi aveva già vista milioni di volte. Volevo qualcosa che la lasciasse senza parole, che esaltasse la mia figura, le mie lunghe gambe, la mia vitina sottile. Qualcosa di sensuale, che lasciasse il segno. Quando entrai nel negozio feci un giro nei diversi reparti, dopodichè mi diressi verso ciò che mi interessava e che avevo già deciso di acquistare. “Posso aiutarti?” una voce alle mei spalle mi fece trasalire. Che palle, la solita commessa so-tutto-io che non ti lascia vagabondare per il negozio, scegliere le cose con calma, senza l’imbarazzo di dover provare “questo che ti sta così bene” e non poter dire che invece lo trovi orrendo, che in vetrina ti sembrava magnifico ed ora non lo indosseresti mai e poi mai nemmeno sotto tortura. E invece ti trovi inevitabilmente con il sacchetto sotto il braccio e un capo che riporrai nell’armadio appena a casa, nell’angolo più remoto possibile, così che
nemmeno C.S.I potrebbe mai ritrovarlo. Mi girai,pronta a rispondere che avrei fatto da sola, grazie, quando la vidi. Una massa di capelli rossi su un viso con efelidi messe lì non a caso, come disegnate da un pittore,ma uno bravo,uno che sa il fatto suo, che sa dove mettere le cose, uno davvero attento ai dettagli,anche troppo nel suo caso. “Scusa, ti ho spaventata?Sono Leda, posso aiutarti?” Leda….in quel momento pensai che avrei potuto essere il suo Zeus…versione femminile ovviamente. La nostra amicizia iniziò così, con l’acquisto di quel paio di jeans che, lei mi disse, mi stavano un incanto. Li presi, e presi anche il numero di cellulare di Leda. Sapete quando ci si incontra e si diventa amiche all’istante? Non servono anni e anni di frequentazioni, per alcuni è così, ci si incontra,ci si guarda,ci si sceglie.Tutto qui. Leda ed io ci siamo scelte, in quel momento,quando lei mi ò quei pantaloni che io neanche vidi, quando i suoi occhi mi dissero che erano fatti su misura per me. Ma non fraintendetemi,Leda era fidanzata,fidanzatissima. Con Manuel, un ragazzone con dei ricci talmente fitti che ci avrebbe poturo nidificare un airone. A me bastava la sua amicizia, io il mio amore lo avevo già trovato. Non pensavo certo di poter sostituire Fra, e nemmeno di avere una specie di avventuretta con chiunque altro, anche se Leda era davvero strepitosa, ma il pensiero anche solo di poterle dare un bacio non mi sfiorò minimamente. Intanto, una volta a casa, decisi di comporre il numero di sca. Lo feci con mani tremanti, schiacciando il tasto off più e più volte,riprovando,e ripensandoci.
Poi la sua voce rispose. “Pronto?” “Ciao Fra, sono io.Come stai?” Sono io,senza nome,perché sapevo che non ce ne sarebbe stato bisogno,che anche lei stava aspettando quella telefonata con trepidazione. “Ciao Anna, finalmente. Io sto bene,e tu? Dimmi che mi vieni a trovare.Vero?”
PERCHE' LISA?
“SUL CORPO DELLA VITTIMA NON SONO STATE RINVENUTE TRACCE CHE POSSANO FAR PENSARE AD UN OMICIDIO A SFONDO SESSUALE” Lessi e rilessi l’articolo come se non riuscissi a capire cosa ci fosse scritto. sca era stata colpita alla nuca da qualcuno che evidentemente la conosceva,mentre stava per entrare in casa sua, e poi lasciata sulle scale con quel piccolo fiore giallo appoggiato sul petto, come a dare degna sepoltura ad un corpo ancora in superficie. Sotto il suo piccolo capo era stato appoggiato un cuscino di raso rosa, come se invece di dormire per sempre stesse soltanto riposando per un breve periodo di tempo. La sua testolina appoggiata su un cuscino da bambina, un colore da principessa, per una ninna nanna senza risveglio. Il telefono squillò in quel momento,cogliendomi impreparata e spaventandomi a morte. “Pronto Anna, sono Lisa”. Lisa, la bellissima mamma di sca, mi parve arrivare da un altro mondo, come se anche lei se ne fosse andata con sua figlia e mi stesse chiamando da chissà quale luogo aldilà di questo. Una volta qualcuno disse “Non me ne sono andato, ti ho solo preceduto”.In quel momento mi parve così vero che pensai mi stesse chiamando per avvisarmi di quando sarebbe arrivata la mia dipartita. “Anna, ci sei?”
“Si, ciao Lisa. Ti avrei chiamata io, non posso crederci.Ma è proprio vero? Dimmi che è tutto uno scherzo, crudele certo, macabro,ma pur sempre uno scherzo.Ora mi erai sca e dopo averle messo giù la cornetta indispettita la richiamerò e ne rideremo insieme”. “Mi piacerebbe Anna, lo sai.Ma putroppo è così.La nostra Francy non c’è più, non tornerà più”. “E quella famosa stanza accanto allora? Sono nella stanza accanto, ti ricordi? Recitavamo insieme quella poesia come un mantra ogni qualvolta un nostro caro se ne andava per sempre.Ci serviva per metabolizzare il lutto e credere che fosse davvero così.” “Può darsi che lo sia cara,lo sarà certamente,se amiamo qualcuno sappiamo che il momento del distacco è duro e inevitabile ma non sarà per sempre.Dobbiamo crederlo per andare avanti” “Ma io quella stanza non l’ho mai vista, quella porta non l’ho aperta mai,ora lei ci è entrata da sola, e ci ha chiuse fuori” “Lo so, sembra così ingiusto,ma ci ha chiuse fuori per trovare il colpevole.Quando la sua morte avrà un senso allora ci lascerà entrare,e troverà la pace che ora sicuramente non le permette di oltreare la soglia”. E’ sempre stata così Lisa, molto pragmatica, con una risposta a tutto,anche alle cose che non hanno risposta. Lei trova un senso anche alla negatività più nera, le cose accadono perché devono accadere, è questo che ci ripeteva sempre, “perché devono accadere”.Noi nasciamo,cresciamo,muoriamo.Stop.Semplice.Punto e a capo. Una vita muore e un’altra nasce nel medesimo istante al posto suo. Il posto vacante non resta tale a lungo, le esistenze si sostituiscono ad ogni secondo che a. Si volta pagina e inizia un nuovo capitolo. Non è vero, non in questo caso almeno.Non senza avere finito la frase.Senza aver trovato il movente di un delitto così assurdo.Tutta quella bellezza,quella dolcezza,quella sensibilità difficilmente riscontrabile in altre persone,scomparse
in un attimo. Spazzate via da una ferocia incomprensibile. Come può DOVER accadere di morire a questa età, senza motivo, sani come un pesce? E per mano di chi poi? Perchè? Spiegamelo ora Lisa, spiegami se ci riesci perché tua figlia,la tua unica figlia adorata, è morta sulle scale di un pianerottolo, scale fredde e anonime. sca, che il freddo lo odiava.Non ci si sarebbe mai stesa, su quelle scale,ed ora ci si è immolata. Il suo percorso si è interrotto proprio lì, su freddi gradini di marmo. “Senti Anna, se vuoi venire a casa c’è qualcosa che devo dirti.Qualcosa che sca ti ha tenuto nascosto ma che voglio che ora tu sappia”. Nascosto? C’era qualcosa che sca non mi aveva mai detto? E cosa? Detto così sembrava un segreto di quelli che ti tieni dentro fino alla morte. Appunto.
LA FESTA
“Allora Anna,ti vuoi muovere? Non possiamo rimanere qui fuori ore, la festa è al suo culmine,rischiamo di perdercela. Muoviti o ti lascio qui da sola ed entro”. Uffa, che palle, ci voleva anche il vestito strappato.Col cavolo che entro in quella palestra.Guarda qui, è bastato girare l’angolo di corsa per incappare dentro a quel pezzo di ferro arrugginito.Ma che ci fa un pezzo di ferro arrugginito dietro un angolo di una strada? Maledizione Era lì per me,per rovinarmi la serata. Il mio bel vestito rosso, il mio preferito, con uno squarcio sul fianco. Ed ora? Che faccio? Troppo tardi, tornare a casa a cambiarmi non se ne parla,entrare così nemmeno…che dilemma!! Aiuto!!! “Dai, ma che ti frega’?Giorgio certo non ti guarderà il vestito no?” -Ma che mi frega a me di Giorgio? Io questo vestito l’ho messo apposta per Francy, perché a lei il rosso piace moltissimo,perché questo è il vestito che abbiamo scelto insieme un pomeriggio di shopping inconsueto e divertentissimoCol fischio che ci vengo. “Senti Paola, comincia ad entrare tu, io poi ti raggiungo.O forse torno a casa,non so” “Mamma mia quanto sei strana Anna.Vuoi che dica a Giorgio di uscire? Ti mando sca, forse lei riuscirà a farti ragionare”. Ecco,come al solito questa non ha capito un tubo.Dopotutto che c’è da capire? Che sono innamorata persa di una ragazza? Che di Giorgio e degli uomini in generale non me ne importa un tubo? Il pensiero fa male anche a me, anzi mi spaventa, mi terrorizza. Niente uomini mamma,niente matrimonio in grande stile e nipotini che girano
per casa.Almeno, non con un marito tradizionale. Perché io figli ne vorrei, eccome se ne vorrei, più di uno.Il problema è che li vorrei con lei. Avremmo potuto adottarne.Non è così che fanno tutte le coppie non di fatto? Oppure avrei potuto partorirne io, con la donazione del seme. Ma questo pensiero era ovviamente prematuro ora.
TI AMO DAVVERO
“I GENITORI DELLA RAGAZZA UCCISA NON VOGLIONO DIVULGARE AI MEDIA FOTO DELLA LORO UNICA FIGLIA SCOMPARSA TRAGICAMENTE” E così sca aveva un segreto.Un segreto che avrebbe voluto rivelarmi e che ora saprò da sua mamma.Chissà quando me lo avrebbe detto? Forse all’appuntamento a cui non andrò mai, quello concordato per la prossima settimana, quando avremmo dovuto incontrarci in un noto bar del centro di Milano dopo tutto questo tempo lontane.Io a dimenticare quello che le stava accadendo,lei a viverlo nonostante tutto. Il ricordo va automaticamente al nostro primo incontro dopo tanto tempo,a casa sua. Avevo deciso finalmente di partire,treno alle 8,00 del mattino, un diretto per Milano e poi l’avrei finalmente rivista. Per tutto il viaggio su quel treno non riuscii a concentrarmi su nulla,vedevo solo il suo viso ovunque.-Ti vedo, disperatamente ti vedo,anche quando il buio è così buio, ti vedoQuesti versi li composi per lei una mattina durante l’ora di geografia,quando il prof parlava di vette innevate in Nepal ed io pensavo che l’unica vetta che volevo raggiungere erano i suoi occhi. Il paesaggio ava veloce davanti al finestrino, prati, cortili, auto e costruzioni improbabili correvano come quando mandi avanti il nastro di una videocassetta velocemente per arrivare subito al punto che ti interessa vedere. Finalmente una voce annunciò “Milano, stazione di Milano” e seppi che ero arrivata. “Anna, finalmente!!!!”
“Francy!! Mamma mia quanto sei bella!!” Quanto ero felice di rivederla, a parole non lo so davvero spiegare. La felicità mi assalì come a Natale quando da bambina correvo sotto l’albero e scartavo i regali. Finalmente avremmo ato una giornata insieme,un’intera giornata come ai vecchi tempi. Mi raccontò dei suoi studi, della Milano caotica così diversa dal posto in cui eravamo cresciute e in cui io ancora vivevo. La provincia,a differenza di tante mie coetanee, non mi andava stretta.Al contrario, mi faceva sentire protetta, mi ci raggomitolavo in quel guscio di paesino dove ci si conosceva tutti,e ci si chiamava per nome. La sera si stava fuori fino a tardi,a parlare e cantare a squarciagola, fino a che le mamme non ci chiamavano, ci si aiutava tra vicini,come un’unica,grande famiglia allargata. Si condividevano le gioie e i dolori,a mezzogiorno si pranzava e alle 19 si cenava. Da sempre,come nella migliore tradizione contadina. Ed io di tradizione contadina ne so qualcosa, avendo ato l’infanzia nella fattoria dei nonni, tra animali da accudire e cibi sani e genuini. ammo la giornata a parlare della scuola,dei momenti che avevamo condiviso, di tante e tante cose e, naturalmente,anche di quel bacio. “Sai”, mi disse all’improvviso “io non ho mai smesso di pensarci.L’ho solo accantonato, dimenticato in un angolo del mio cuore, non per me stessa ovviamente, ma per non far sì che qualcun altro potesse saperlo, scoprirlo, sporcarlo” “Io non ti ho mai dimenticata Anna. Ci ho provato, certo, ho provato a farmi piacere i ragazzi più diversi del pianeta, ma non ci sono riuscita. Tu eri lì Anna, eri un tatuaggio sulle mie labbra,indelebile,per sempre. Fu in quell attimo che lo seppi. I nostri cuori si erano uniti in una abbraccio che
nessuno avrebbe separato mai, come i rami degli alberi secolari che si fondono insieme in un unico braccio che accoglie la natura intorno a sé, per tutte le stagioni a venire. Tornammo verso casa sua e lei mi teneva sottobraccio,come si fa con un compagno collaudato da anni, come a voler comunicare al mondo intero che non avevamo paura, che le barriere stavano crollando e che non potevamo opporci al sentimento che prorompente usciva allo scoperto come un fiore dalla terra. Non ci fu bisogno di parlare, la porta di casa sua si chiuse lasciando fuori la bigotteria,le malevolenze, gli sguardi curiosi e i giudizi inutili e non richiesti. Lasciammo fuori gli amori della gente comune,ci tenemmo solo il nostro, accoccolate sul divano, gli occhi negli occhi,i baci sempre più “veri”. Tornando a casa la sera su quel treno mi sentivo diversa, finalmente parte di un’altra metà, la mela che il simposio di Platone aveva finalmente riunito. “Ciao tesoro, sei tornata?Come sta sca? Che avete fatto di bello?” Le domande di mamma mi colsero già in giardino, mentre la verbena inebriava l’aria di un profumo che mi parve di non aver mai sentito prima. “Tutto bene mamma, poi ti racconto,ora sono un po’ stanca,credo mi coricherò molto presto” “Ok allora ne parliamo domani.Buon riposo e se ti serve qualcosa chiamami” Mamma, se sapessi quanto mi servirebbe parlarti di quello che sento per sca, del sentimento corrisposto che non ha eguali, ma che non capiresti. Una figlia da cui ti aspetti un bel fidanzato, un matrimonio con tutti i crismi e tanto altro ancora, che all'improvviso fa cadere il tuo castello di carte rivelandoti una verità che non sei pronta ad accettare….no mamma,lasciamo stare, è troppo presto ancora.
DOVE VAI FRA?
Dopo quella volta a casa sua io e Fra ci rivedemmo tutte le settimane, di sabato,quando nessuna delle due frequentava le lezioni all’università ed eravamo libere dai rispettivi impegni. Quali impegni poi? Non ci sarebbe stato un solo impedimento su questa terra a tenermi lontana dal nostro appuntamento. Ma dopo quel sabato di fine aprile lei mi sembrò evasiva. “Sabato non posso, e per qualche settimana non tornerò a casa. L’università ha organizzato uno stage a Parigi ed io ho aderito.Parigi, te lo immagini? Lo so ,avevamo deciso di andarci insieme un giorno, e ci andremo,ma questa opportunità chi se la perde?” “Logico, saresti matta a non andarci.Chiamami però eh? Non ti dimenticare. E appena torni arrivo” Ci salutammo alla stazione, e il suo bacio mi parve più un addio che un arrivederci, quelle mani che non mi lasciavano andare mi ricordarono delle manette da cui non riuscivo a liberarmi.Ovviamente non lo avrei voluto, ma mi parve così strano, un modo inconsueto di sancire un arrivederci. Non la sentii più. Feci e rifeci quel numero di cellulare centinaia,migliaia di volte.Chiamai anche Lisa un paio di volte, ma lei mi rispose che sca stava bene, che “strano che non risponda, se vuoi quando la sento provo a dirle di richiamarti” “Lascia perdere Lisa, si farà viva spontaneamente”. Lascia perdere Lisa, lascia perdere questo cuore lacerato, queste foglie che mi cadono dai rami come sostanze morte che non si rigenerano. I giorni avano, ed io mi sentivo piano piano consumare nell’attesa di una
telefonata che non arrivava mai. La linfa che mi dava vita si stava lentamente esaurendo.Mi sentivo spossata, come se mi fossero state risucchiate tutte le energie con un aspiratore gigante, e non avessi più la forza di fare nulla. E quella telefonata non arrivò. Si fece viva Leda invece, puntuale come se fosse un grande cerotto che potesse ricoprire ogni ferita del cuore. “Dai Anna domani o a prenderti e andiamo in quella discoteca di cui ti ho parlato.Magari Manuel può portarci un suo amico che ne dici?” Leda, cara Leda, col suo Zeus innamorato pronto a fare qualsiasi cosa per chiunque lei avesse interceduto “No Leda non ce la faccio proprio. Aspetterò” Aspettare….L’infinito è così astratto eppure così vicino, crudele. Aspetterò all’infinito finchè mi consumerò in questa attesa.
WALTER E IL SEGRETO
Poco prima di comunicarmi che sarebbe partita sca mi chiamò raccontandomi di un certo Walter che le stava addosso come una mosca sul miele. “Mamma che appiccicoso.Non mi molla un attimo.Mia mamma è fuori di testa,crede che finalmente metterò la testa a posto,non fa che ripetermi che è il ragazzo giusto per me, un bravo ragazzo, di buona famiglia.Dai sca, non farti desiderare,la vita è breve e i ragazzi prima o poi si stancano di correrre dietro a chi non li degna di uno sguardo.Buttati” Quel giorno sca rivelò alla madre quello che io non riuscivo a dire alla mia. Tutto, dal primo bacio alle medie fino al nostro ultimo incontro,la settimana prima a casa sua. Lisa fece come quelle ballerine che fanno un giro su sé stesse e poi tornano nella stessa posizione di prima,come non si fossero mai mosse. Fece un giro la sua mente, lo fecero le sue convinzioni, il suo cuore. Poi inaspettata, la sua voce “va bene tesoro, se questo ti fa felice non sarò certo io ad ostacolarti. L’amore non conosce sesso e confini, se questa è la strada che ti condurrà al tuo equilibrio io la percorrerò con te”. sca abbracciò sua madre con un impeto che lasciò il genitore senza fiato, poi mi chiamò immediatamente per darmi la notizia. Lo fece saltando da una parte all’altra della stanza, sentivo il risuonare dei suoi scarponcini sul parquet della sala.
Una sfera che percorre una strada in discesa,sempre più veloce, verso la vita. La mia sfera avrebbe trovato un piano un po’ meno scorrevole sul quale prendere il via. “Vorrei che anche mamma la prendesse così, ma tu sai come la pensa in proposito.Ci sarà il momento giusto anche per me. Dai un bacio a Lisa da parte mia”. Quando i poliziotti bussarono alla mia porta il tempo era sospeso da un’eternità sopra il tetto della mia stanza. “La signorina Anna Guidoni?” “Sono io” “Siamo qui per informarla che lei in questura verrebbe interrogarla per la morte della signorina sca Modere, per ora non ci sono indizi precisi che possano confermare il suo coinvolgimento nel delitto, ma se vuole seguirci in caserma chi di dovere le spiegherà tutto con precisione.Ovviamente questo non è un arresto” “D’accordo, prendo la borsa e vi seguo”. Fui portata in caserma non come un delinquente ma soltanto come persona informata dei fatti, in questo caso più precisamente come amica della vittima, la migliore amica, forse l’unica. A sentire loro infatti non erano emersi nomi che potessero condurre ad altre amicizie importanti. Anche Walter venne interrogato.E in quel momento appresi che lui e sca erano usciti si, qualche volta, la sera, come si fa ai primi appuntamenti. Erano usciti e si erano anche baciati, e questo mi sconvolse non poco.Mi sconvolse e mi mise addosso una rabbia talmente grande che se l’avessi avuto sotto mano in quel momento l’avrei fatto a pezzi, avrei cancellato quel bacio come si fa con un compito venuto male. Sicuramente questo era stato per sca, un esperimento malriuscito,qualcosa
da provare si, ma solo per avere la certezza che non si era sbagliata, che ero io che voleva. Qualche giorno dopo Walter mi chiamò e mi chiese di incontrarci.voleva conoscermi,voleva parlarmi di sca, di quanto erano felici insieme, dei loro progetti,dei loro sogni infranti. Progetti? Sogni? Ma di che stava parlando sto rimbambito? sca non aveva progetti che con me,non aveva sogni se non il nostro futuro insieme. Si era fatto mille film che avrebbe visto da solo, tanti castelli in aria che sarebbero stati spazzati via non appena l’avrei avuto davanti agli occhi. Gli risposi che ci avrei pensato, che gli avrei fatto sapere qualcosa nei giorni a venire. Quando misi giù la cornetta ripensai alla panchina del parco sotto casa di sca. La panchina la chiamavano,non perché non ce ne fossero altre, anzi il parco pullulava di panchine,ma perché quella era LA panchina, predestinata agli innamorati. Spiccava nel mezzo di un’aiuola coloratissima e portava scritti i nomi di tanti che vi si erano baciati,abbracciati,coccolati,lasciati. La panchina viveva di sogni edi rimpianti,era intrisa di sorrisi e di lacrime, di amori appena nati e di tanti ahimè finiti. Arrivai molto prima,mi sedetti e mi guardai in giro. Quante volte avevo aspettato che lei scendesse le scale e mi cogliesse di sorpresa mettendomi le mani sugli occhi e dicendo “chi è?” come si fa da bambini e si ride a crepapelle fingendo di non sapere chi abbiamo alle spalle. Anche quel pomeriggio lei arrivò di soppiatto, dammo tempo al nostro gioco di iniziare e finire nel solito modo, ridendo come due stupide, poi mi si sedette accanto ed io lo vidi. Vidi uno sguardo che non le avevo mai visto.Uno sguardo che non mi guardava stavolta, mi vedeva soltanto, mi ava attraverso e poi ritornava al suo proprietario. I suoi occhi se lo riprendevano e non emettevano luce.
“Beh? Che c’è? Che ti è successo? Ti è morto il gatto?” “Anna, non fare la scema. Stavolta è qualcosa di serio. Non mi è venuto il ciclo” “E allora? Ti verrà, no? Qual è il problema?” Il “problema” lo appresi subito dopo. Una settimana prima Walter le aveva chiesto di uscire, e lei non se l’era sentita di rifiutare a priori come tutte le volte. -ma si, ci vado solo questa volta, voglio capire che effetto mi può fare uscire con un ragazzo,dopodichè ci salutiamo e ognuno tornerà alla propria vitaCosì pensò sca quando accettò l’invito. L’invito nella tana del lupo, quel lupo che entrambe dicevamo non avremmo mai incontrato nel bosco. Noi non mai come Cappuccetto Rosso, vittime di un raggiro sotto le vesti rassicuranti di una nonnina. E invece lei il lupo non solo lo conobbe, ma ci andò anche a letto. Lo fece per curiosità, per stanchezza, per dimostrare a sé stessa e al mondo intero che era più forte di tutto, della tentazione, delle braccia forti del sesso opposto, di due occhi verdi sotto una cascata di riccioli neri. Forse ne fu sopraffatta, forse le piacque anche, chi lo sa, fatto sta che da quell’incontro unico e mai più voluto (così mi disse) , il suo corpo prese a generare una nuova vita. sca lo seppe dal primo istante, si sentiva quel battito dentro, come se avesse due cuori e non riuscisse a gestirli. Così mi disse “due cuori che non riesco a gestire”. “Sono incinta Anna, un unico rapporto con un sesso che non avrei mai creduto si potesse amalgamare col mio ed eccoci qua” -Non si può volare con un’ala sola-fu questo che pensai immediatamente.Qualcuno disse una verità così vera che mi parve di vacillare.
Non avevo più le gambe, la terra si stava allontanando, non sapevo come rimanervi ancorata. sca si allontanava sempre di più, era sempre più lontana adesso. “Io lo tengo Anna, ma lo cresceremo insieme, lui non sa nulla,non ne saprà mai nulla. E’ stato un amplesso a senso unico, io non ero lì.capisci? Anna, dì qualcosa,parlami ti prego.Il tuo silenzio è peggio di mille lance nel mio costato” Si sca, ti ho sentita, da una distanza infinita ti ho sentita, e la decisione che ho preso sconvolge anche me. “E’ finita sca, il mondo che abbiamo sognato insieme si è sgretolato, la tua vita ha preso un’altra direzione.Non posso fare finta che questo bambino sia nostro e non SUO.lo rivedrei nei suoi occhi, e un giorno magari non sarai così sicura di avere scelto me e non lui”. “Ti prego Anna, lo sbaglio che ho fatto non può meritare un castigo così definitivo. Una condanna all’ergastolo è peggio di un futuro senza noi” Le girai le spalle senza risponderle, la strada mi inghiottiva in un tunnel sempre più buio, la luce lontana ancora non riusciva a filtrare. arono i mesi ed io non seppi più nulla di lei,né chiesi nulla a Lisa. Immaginai che fosse a Parigi.Non mi chiamò mai. Uscivo con Leda e Manuel,talvolta,ma molto più spesso me ne stavo da sola,facevo lunghe eggiate per tornare a respirare, e vivevo tra i fiori. “Allora signorina, che mi dice di quel fiore giallo rinvenuto sul petto della sua amica? E’ un fiore di quelli che lei conosce molto bene dal momento che ne ha molti nel suo negozio,e a quanto ci risulta usava regalare alla vittima in più di un’occasione.” “Certo quel fiore lo conosco bene, è il fiore preferito da sca (usai il presente come se lei fosse qui) ma io non ho niente a che fare con la sua morte, non ho paura di sottopormi a qualunque test fosse necessario.Non son stata io.E questo è tutto.Posso andare ora?”.
Il detective mi guardò con un’aria stanca, non fu sorpreso della mia risposta. “Vada pure, se avremo ancora bisogno di lei sappiamo dove trovarla.” Uscii dalla questura con un peso sul cuore. Quel fiore l’ho regalato a sca tante e tante volte da riconoscerne anche le più piccole sfumature, i dettagli più infinitesimali. Ma non ce l’ho posato io,sul suo petto spento, sul suo cuore senza battito come una farfalla senza ali. sca, mi manca il respiro. Non ci sei eppure ti sento, ti vedo,in ogni parte ti vedo. In ogni strada, in ogni luce del mondo, tu sei. La mia quotidianità ha tante stanze con una finestra che non si chiude mai. E' sempre aperta, per lasciarti entrare. Aspetto che la tua essenza mi avvolga come una folata di vento che tutto travolge schiantandomisi nel cuore. Ogni respiro,lo respiro con te. Dove sei? Non lasciarmi qui sola, non riesco a vivere,non ne sono in grado. Ed invece lo sono,inaspettatamente.
UN FULMINE A CIEL SERENO
Quella sera decisi di chiamare Lisa e ci accordammo per vederci in un luogo neutro, un paesino limitrofo, alle porte del mio,l’indomani mattina. La sveglia squilla impetuosa alle 8,00 del mattino. Un mattino uggioso, grigio,con nuvole che promettono pioggia da un momento all'altro. Infatti, poco prima di uscire una raffica di gocce impazzite mi obbliga a prendere l’ombrello. Due fermate d’autobus e ci siamo. Lisa mi sta già aspettando, in piedi vicino alla pensilina della fermata, così bionda e con la coda di cavallo,sembra una bambina sperduta in un presepe,con tutte quelle luci intorno, i fari delle auto,i colori del semaforo, i lampioni che non si sono ancora spenti per via del buio che oggi proprio non vuole lasciare spazio alla luce del giorno. "Ciao Anna che tempaccio eh? Come stai?” "Ciao Lisa sto così, faccio le cose che facevo prima solo che adesso devo imparare come si fanno.Prima era tutto così naturale,ora ogni cosa mi appare per la prima volta, come se non riuscissi ad memorizzarla.” “erà,vedrai.Ci vorrà tanto tempo e pazienza ma poi tutto riprenderà come prima, la vita ricomincerà a scorrere nella sua naturalezza” Non ne sono molto convinta.Non so come fare per metabolizzare questo dolore. Eppure Lisa mi sembra così convinta, così tranquilla nelle sue esternazioni, come se fosse perennemente sotto l'effetto di un tranquillante naturale. Come può una madre perdere un figlio e rimanere se stessa senza perdere la ragione? Un figlio che ti cresce dentro per nove mesi, che inizia ad essere tuo dal
primo istante del concepimento, quando ancora non è che un puntino neanche disegnabile sulla carta della vita, che ti cresce accanto e colora ogni tuo istante, e poi di colpo sparisce nel vuoto. Come puoi sopravvivere al nero dopo aver ato anni nei colori? La guardo e non riesco a trovare una risposta nel suo viso disteso, come se sca fosse ancora di fianco a lei, e la tenesse per mano con una tenacia titanica. "Non vado da nessuna parte", mi sembra che dica. Rimango qui, incollata alla sua mano, come la resina sulla corteccia degli alberi, che inonda il terreno e lega le foglie al suolo. “Ascolta Anna, ti ho voluta vedere perché ti devo parlare di una cosa molto importante.Una cosa delicata che riguarda sca”. -Eccoci. L’ora della verità. Decisi di precederla. “Lisa, so che aspettava un bambino.Questo lo so,ed è il motivo per cui le nostre strade si sono divise” “ Anna, quel bambino poi non è mai nato.sca lo perse al quarto mese, per una brutta caduta.Io non ero con lei quando accadde,la vidi solo in ospedale quando purtroppo tutto era già successo” “E….lei? come l’ha presa lei? Non mi ha detto nulla.Perchè? Io non capisco… io…credevo che avesse partorito, che stesse vivendo la sua nuova vita con serenità….credevo….pensavo….. E poi sapevo che sarebbe andata a Parigi.Io non l’avrei mai cercata, per rispettare il suo silenzio, ma aspettavo lo stesso che mi chiamasse. Mi illudevo. “Anna, tesoro, andiamo da qualche parte a sederci. Non posso metterti al corrente di questa cosa qui, sotto la pioggia, in mezzo alla gente” Cominciavo a preoccuparmi, sentivo nella testa il fruscio di mille cavallette,lo stomaco era un groviglio di sensazioni che mi stravolgevano. Andammo in un bar, e quando fummo sedute lei mi prese le mani. Bastò quel contatto perché le lacrime iniziarono a scendermi copiose sul
viso.Lacrime calde, salate, come un mare che tutto travolge. sca,tutto l’universo in quel nome. Tutta quella bellezza, quella voglia di vivere,scomparse in un attimo. La risacca che porta con sé le conchiglie che il mare non vuole più. “Anna, sca dopo aver perso il bambino se n’è andata per un mese, un mese intero per risorgere” “Poteva chiamarmi.Potevi chiamarmi Lisa, sarei venuta.L’avrei aiutata.Io non ho mai smesso di amarla.Mai” “Non se n’è andata per elaborare quel lutto Anna. Se n’è andata per tornare.Per tornare al mondo come una persona nuova.Non una donna nuova con un dolore insopportabile.No, Anna, lei è tornata come sco.” Credetti di non avere capito.Non avevo capito in realtà.Tornata come sco? Ma che significava? Come San sco? Aveva deciso di donare tutto agli altri,di vivere in povertà come il poverello di Assisi? Era questo il cambiamento drastico che aveva progettato e attuato? “Anna, lo vedo dai tuoi occhi smarriti che non hai compreso quello che ti ho appena detto.Non sentire Anna, ascolta” -Ascolta Anna, ascolta come faceva lei“sca ha subito la prima delle tante operazioni che l’avrebbero ridata al mondo, e soprattutto a te, come sco.Un uomo Anna,per la sua donna” Un uomo. sca stava diventando un uomo.Un uomo. Un essere di sesso maschile. Quell’essere biologicamente lontano da noi, quello che avevamo sempre sfuggito lei aveva deciso di farlo suo.Per sempre.Per me.Per tornare a me come una coppia “standard”.Io e lei.Un uomo e una donna. “No.Non è vero.sca non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere.Non lei.Il nostro amore non si basava sul recitare una parte che non ci apparteneva.Noi non vivevamo come uomo-donna ma come due donne che hanno scelto di amarsi incondizionatamente in quanto tali.”
Dio, sca aveva scelto l’estremo. Liberatasi involontariamente di quella vita che le cresceva dentro senza averlo scelto, avrebbe cambiato la sua natura diventando un compagno per la sua amata. Corsi fuori dal bar senza dire una parola, non mi ricordai nemmeno di essere lì con Lisa. Di colpo credetti di essere sola, sola sulla faccia della terra. Sola in un mare nero che mi stava inghiottendo e dal quale non riuscivo a riemergere. Mi sentivo la metà di niente, una medusa senza vita che fluttua sulla superficie del mare nella sua trasparenza. La nausea mi colse senza preavviso, ciò che rigettai sembrò la mia stessa vita. Ero un puntino senza una frase. Una bolla di sapone senza colori. “Anna,tesoro, che c’è? Dio, sapevo che ti avrei sconvolta ma pensavo che avresti accettato la sua decisione,che avresti capito” "Si Lisa, ora ho capito.Ho capito il sacrificio che stava compiendo.Per me.Per noi.E’ l’avermelo nascosto che mi sgomenta,io l’amavo perché era sca,non me ne fregava nulla dei giudizi degli altri,io volevo lei” “Una ragazza che aspetta un figlio da un uomo che non sa, il cui cuore però appartiene ad una donna.L’aver perso il figlio che aspettava l’ha portata a questa scelta.Drastica,certamente,ma molto ponderata.Davanti alla gente.al mondo,voleva essere –a posto-come diceva lei, un tassello perfettamente compatibile con le opinioni dei più” In quel momento mi mostrò una foto.La foto del mio amore nel suo nuovo corpo.Era sempre lei, ma con un taglio cortissimo e lineamenti che stavano assomigliando in maniera inequivocabile a quelli di un maschio. Lo sguardo era malinconico,ma gli occhi esprimevano fierezza,e consapevolezza.
L’avrei amata anche così? Non lo so.So solo che ora capisco il perché delle foto negate ai giornali. Così come per tanto tempo la verità si era negata alla sottoscritta.Per rivelarsi in un momento in cui mi sentivo così fragile,esposta, vulnerabile. Una verità scomoda,ma accettabile.Adesso ancora di più.
IL FUNERALE
Due giorni dopo mi recai al commissariato. Volevo che ascoltassero quello che avevo da dire. Il poliziotto che seguiva le indagini legate al caso mi disse che i sospetti su di me si erano ridotti a zero, che non avevano nessun motivo valido per ritenermi colpevole e che da quel momento sarei stata libera, senza nessun tipo di coinvolgimento nella vicenda,libera di andare ovunque senza lo spettro del dubbio nei miei confronti. Disse che erano giunti a quella conclusione seguendo i miei spostamenti, indagando un po’ nella mia sfera privata, e che nulla era emerso che potesse portarli alla mia colpevolezza. Disse inoltre che in tutta onestà non avevano mai davvero pensato a me come alla possibile esecutrice materiale del delitto, ma che non avendo altro sotto le mani avevano svolto un piccolo e debolissimo tentativo anche in quel senso, vergognandosene subito dopo. Lo capii. Non mi sentii sollevata,giacchè la mia coscienza era a posto,ovviamente. Ma dissi al poliziotto che sarei stata a completa disposizione per qualunque cosa avessero avuto bisogno di sapere, ogni curiosità riguardante sca,ogni più piccolo e intimo dettaglio, purchè fosse servito a riportarla in vita assegnando la colpa del suo assassinio al vero colpevole. “LE ESEQUIE DELLA RAGAZZA TROVATA ASSASSINATA SULLE SCALE DI CASA SI SVOLGERANNO IN FORMA PRIVATA NELLA CAPPELLA DI FAMIGLIA” Walter mi guardava dalla panchina all’entrata della cappella appartenente alla famiglia di sca.
Non mi toglieva gli occhi di dosso, e non capivo se sapesse o stesse solo pensando che in fondo ero la sua unica amica,o almeno l’unica ammessa alla cerimonia funebre. Pensai che non lo avevo più richiamato per concordare l'incontro che mi aveva chiesto, ma in fondo non me ne importava nulla. sca stava per raggiungere la sua ultima meta, ed io guardando quella bara bianca riuscii soltanto a pensare a come avrebbe potuto respirare là sotto, con quel coperchio che le impediva l'accesso all'aria aperta, al rimirare lo splendido capolavoro di intarsi e putti dipinti che ornavano il soffitto della cappelletta. Putti alati che sorridevano e i cui riccioli biondi parevano ondeggiare di quà e di là come durante un ballo di paese, quando la brezza della sera ti scompiglia la capigliatura e tu nemmeno te ne accorgi, presa a volteggiare come una farfalla ai primi tepori stagionali. -Ricordatemi sempre con gioia e serenità,perché è così che io vi ricordo tutti.Se mi ricorderete solo con le lacrime,allora non ricordatemi affattoFu questa la frase che lessero per accompagnare il feretro verso il suo ultimo viaggio,alla sua destinazione finale. Quando la bara di sca venne posta sul pavimento di marmo della luminosa cappella, sentii che le mie mani diventavano di colpo gelide,persi la sensibilità per un attimo, e mi parve di entrare con lei in quella bara senza colore apparente. Mi sembrò di addormentarmi vicino al suo corpo freddo,un’anima viva per metà che condivide il buio con una presenza astratta. Nel preciso istante in cui la lasciarono a terra seppi che se ne era andata per davvero, che quella porta non si sarebbe aperta mai. Alzai gli occhi quando sentii una mano sfiorarmi i capelli. “Anna, vuoi rimanere un po’ da sola qui?” “Lisa.No, grazie,esco con voi.Tanto qui non possiamo fare più nulla.Lei è al suo posto ora”
Un posto ancora senza nome nella fredda cappelletta, un' anonima residenza dalla quale nessuno l’avrebbe mai sfrattata .Nessuno ne avrebbe mai rivendicato il possesso. Usufrutto a vita coatto.In una residenza che nessuno sceglierebbe mai di propria iniziativa. Riposa in pace, piccola Fra, dovunque tu sia non lasciare che questo delitto resti incompiuto. Aiutaci a trovare il tuo assassino. Questa fu la mia preghiera, silenziosa ma tanto urlata nel mio cuore che credetti che esplodesse sulle pareti, che rimbalzasse e all’improvviso ci colpisse tutti in pieno viso. Quando il feretro venne circondato da una miriade di fiori profumati Walter mi fece un cenno con la mano per chiedermi di seguirlo fuori. L’aria era pulita e carica di primavera,e a me sembrava così fuori luogo camminare respirando la sua assenza, mi sembrava di sentire il suo alito nel battito d’ali dei pettirossi che volavano di ramo in ramo e sembravano guardare dall’alto tutta quella gente che a tratti aveva il viso bagnato di lacrime. Uccellini bagnati senza pioggia. Non il mio viso però.Io tenevo botta a quel vuoto, non volevo venire meno alle parole appena pronunciate in quella chiesetta di campagna. -ricordatemi sempre con gioia e serenità….non con le lacrimeE’ così che cerco di ricordarti Fra, almeno fintanto che non sarò tra la sicurezza delle mie quattro mura. Allora sì, potrò dar fondo alla mia disperazione. Allora,lontano da tutto e tutti,potrò sfogare la mia pena,la mancanza di te, far sopravvivere la mia metà di niente. “Ciao Anna, scusa se sono stato maleducato ma vorrei dirti due parole”
“Ciao Walter, figurati,sai che mi frega del modo in cui ti comporti tu?Ho ben altri problemi a cui pensare.Dimmi.Ma che sia un discorso breve.Ne ho già sentita una di omelia e sinceramente è la sola che posso sopportare per oggi” “Sei spiritosa Anna, brava.Mi piacciono le ragazze con un gran senso dell’umorismo” Umorismo? Questo è tutto scemo. Lo dicevo io.Figurati se sca avrebbe condiviso con un uomo così insulso il dono di una vita. Certo, quel bimbo mai nato era anche figlio suo.Perciò Anna, niente pregiudizi.Dai,senti che ha da dirti e poi giri i tacchi, te ne torni a casa e buonanotte ai suonatori.
A SCUOLA CON SCA
Primo giorno delle elementari. Esco di casa quasi facendo gli scalini a due a due. Ho un’euforia addosso difficile da contenere.Quando hai 6 anni,stai per affrontare il primo giorno della tua prima scuola,e lo farai con la tua migliore amica di sempre, hai un'energia che potresti ricaricare tutte le pile del mondo senza corrente. sca mi stava già aspettando fuori dal cancello,con i piedi sul piccolo marciapiede dove tutti i bambini sostavano con i loro zainetti colorati e le guance rosse d’emozione e,a tratti, paura per l’incognitoche gli riservava la nuova esperienza scolastica. Non appena mi vide mi corse incontro saltellando, e poi intrecciò le sue ditina con le mie. Così, mano nella mano,iniziò la nostra avventura nel mondo della scuola. Ci assegnarono i posti vicini, al secondo banco davanti alla cattedra,così che potevamo tenere sotto controllo la situazione ed essere tra le prime a raggiungere la porta a grandi falcate non appena suonava la camla. All’intervallo sca mi mostrò un piccolo libricino rilegato in pelle, un libro che lei considerava “prezioso”. Pensai fosse un libro di racconti,favole di bambini,come si leggono a quell’età. Invece era un libro vero, un libro di poesie.Poesie di Alda Merini, una poetessa grandiosa,così la definì. -Una poetessa grandiosa-,parole così immense e tanto particolari, dette da una bambina di soli 6 anni.Uno scricciolo che leggeva Alda Merini.
Ancora oggi quando ci penso non ci posso credere. avamo così i pomeriggi nel terrazzo sotto casa sua a leggere e rileggere quelle poesie,a tratti ovviamente non le capivamo,ma alcune espressioni ci facevano intenerire,e, spesso,piangere. E’ inusuale che bambini di quell’età si commuovano per delle poesie? Voi non avete mai conosciuto sca.Lei era l’essenza del particolare, cugina di primo grado della curiosità,tanto per usare una metafora,un eufemismo. Era curiosa di tutto, in un negozio di fiori era capace di rimanere ore a parlare coi commessi perché un particolare profumo le aveva inebriato i sensi e non aveva pace fino a che non veniva a capo del nome preciso del fiore che emanava quell’aroma fantastico. Anche mamma veniva bombardata da quel fiume in piena di domande alle quali spesso non sapeva rispondere, e quando sca se ne andava rimaneva zitta e pensierosa senza trovare un nesso logico tra una bambina tanto piccola e una curiosità tanto adulta. Era deliziosa sca, quando ava lasciava nell’aria un’aura di stupore,meraviglia,nostalgia. Non c’era persona che non volesse rivederla,che non amasse are qualche minuto con lei. Sapeva are da un argomento serio,serissimo, al più futile dei commenti da gossip. Un pomeriggio durante la quinta elementare,mentre stavamo facendo i nostri compiti su una panchina del nostro parco preferito,guardando due ragazzi che si baciavano seduti sull’erba,se ne uscì dicendo “ A volte Dio uccide gli amanti perché non vuole essere superato in amore”, sempre citando la sua poetessa preferita. Questa frase mi colpì così tanto che per tutto il giorno a seguire non riuscii a concentrarmi su null’altro che quelle parole. Dio uccide gli amanti perché non vuole essere superato in amore.
E’ dunque così che Dio ci ama? In una maniera totale,indescrivibile,unica. Non vuole essere superato da nessuno nel modo di amare. Purtroppo credo che nessuno abbia mai rotto la regola,a giudicare dalla violenza che impera sovrana nel mondo. Quel libro divenne per noi un modus operandi in ogni situazione difficile che ci si presentava davanti. Non c’era occasione in cui non lo si tirasse fuori, e c’era sempre una poesia,un’aforismo,qualcosa che ci ricordasse il momento che stavamo vivendo. Anche alle medie sca girava perennemente con quel libretto nello zaino,non se ne separava mai. Ma ora non credo che Dio abbia voluto dividerci per non farsi superare in amore…c’è qualcosa di più.
DUE MESI
“Allora?” la voce mi uscì quasi sconosciuta, tanto che dovetti girarmi per vedere chi avesse parlato. Ero io che incalzavo Walter. -Dimmi quello che devi e poi vattene fuori dalle scatole,via dal mio mondo,per sempre.Lasciami vivere il mio dolore senza più averti intorno.Dal momento che me ne sarò andata da qui sarà come se tu non fossi mai esistito. Un ricordo sfocato di qualcuno che ho visto una volta di sfuggita, e di cui nemmeno mi rammento. E’ così che volevo che fosse.Una presenza astratta nei giorni della mia esistenza. Un nonnulla venuto per un attimo a disturbare la mia solitudine dolorosa ma protetta con le unghie e coi denti. Walter mi prese per un braccio, e quel contatto mi diede un fastidio inimmaginabile,come se qualcuno avesse profanato la mia anima e non riuscissi più a tornarne in possesso così com’era prima: limpida,pura,incontaminata,mia. “Ma che fai? Sei pazzo?” "Vieni,andiamo in quell’angolo.devo dirti qualcosa che non vorrei fosse udita da nessuno” -Mi sembrò di tornare indietro a pochi giorni prima,quando Lisa mi fece entrare nel bar per confidarmi quella cosa che sca aveva fatto per me,quel cambiamento che solo a pensarci non osavo credere ancora che fosse avvenuto davveroMi portò dietro un grande acero,come se dovessimo nasconderci agli occhi del mondo, come se fossimo due amanti clandestini che scorgono all’improvviso una persona conosciuta che potrebbe smascherarli. “Allora Anna, immagino che sca ti abbia parlato della nostra relazione
ata” Relazione? Al sentire queste parole mi sembrò che la mascella mi cadesse per terra con un rumore metallico insopportabile. Relazione…che parola inappropriata per una storia di una sera. Non riuscii a trattenere la mia rabbia.Ero troppo indignata per tacere. “Forse non sai”,esordii rossa in viso, “che sca per te non provava proprio nulla,e che la vostra –relazione-come la chiami tu non era altro che il atempo di una ragazza sola per trovare una risposta ad una delle tante domande che le rodevano l’anima. “Che domande? E ammesso che tua abbia ragione, una prova,come la chiami tu,non dura due mesi.Io due mesi la chiamo una relazione-Breve,di sicuro,ma pur sempre una sorta di relazione. Due mesi? Ma di cosa sta parlando sto scimunito? Fra mi aveva parlato di un’uscita sporadica,due forse? Non certo di DUE mesi di frequentazione.Mi aveva detto di essere rimasta incinta subito,quella stessa sera in cui si era fermata un momento di più a casa di Walter ed era successo ciò che si presume succeda fra un uomo e una donna in certe occasioni. Due mesi? Allora lui doveva sapere qualcosa.Qualcosa doveva pur intuire.Magari sapeva,magari sa.E quel bambino? Sapeva anche di lui? Dio,sicuramente.Se non sta mentando sapeva tutto.Ma allora….
L'AMORE DEI NONNI
Quel pomeriggio ero alle prese con una complicata composizione di fiori secchi quando squillò il cellulare,facendomi trasalire.Sullo schermo si palesò il nome – Leda-a caratteri cubitali.Era così che mi piaceva sottolineare gli amici e le persone più importanti,con lettere maiuscole, ed un piccolo simbolo per contraddistinguere ognuno di loro. Nel caso di Leda, un cigno bianco. “Ciao tesoro!” Lesa esordiva sempre così,con quel tesoro che mi dava un senso di protezione inspiegabile. La sua voce mi riportava alla mia infanzia,quando la nonna Adelina mi chiamava per la merenda. “Vieni tesoro,la crostata è pronta.Vai a lavarti le mani”, e poi mi accarezzava i capelli con la sua mano incredibilmente morbida e piccola,così materna.Dopotutto,pensavo,le nonne sono state prima di tutto madri. Non ho mai dimenticato il suo tocco leggero,e quando la nonna se ne andò mi lasciò in una disperazione che non avrei mai superato del tutto. Quel vuoto è ancora dentro e fuori di me,non riesco a riempirlo con nulla.Con nessuno.E’ un’assenza che non avrà mai più una presenza.Non nel suo essere unica. La nonna Adelina mi svegliava la mattina con le brioche calde che preparava nel suo forno fuori nel cortile. Un cortile pieno di profumi, una piccola fattoria nel verde,un eremo di serenità . Il nonno si occupava dei tanti animali,persino dei maialini che cercavo di catturare ogni volta con esito negativo.
Non immaginereste mai quanto sono veloci e scivolosi i maialini. Mi sfuggivano di mano e il nonno rideva,rideva…. La nonna si faceva venire le lacrime agli occhi….quella risata squillante, da bambina, me la porto nel cuore da allora. Anche sca amava tanto la nonna,che purtroppo se ne andò qualche anno fa nel sonno,lasciando il nonno in un’apatia irrecuperabile. Io lo andavo a trovare ogni giorno, e mi fermavo da lui a fare i compiti,a tenergli compagnia. Ma non era la mia compagnia ciò di cui aveva bisogno. A poco a poco anche la piccola fattoria cessò di vivere. Gli animali vennero dati in affido ad altre persone e del bellissimo giardino ben curato non restarono che rovi e sterpaglie. Finchè anche il nonno si arrese alla vita. La sera che se ne andò io ero con lui.Mi parlava di cose che non avevo mai sentito, di guerre che non avevo mai conosciuto. Ma soprattutto, mi parlava della nonnna.Di quando la conobbe,un giorno di primavera, in una erboristeria appartenuta ad un suo caro amico,Ettore. Quando la nonna entrò lui non riuscì a toglierle gli occhi di dosso per lunghi istanti, lei si girò e il suo sguardo si posò su quel ragazzo alto,magro,dinoccolato,bellissimo. Quello sguardo li legò per tutta la vita, e l’anno successivo si sposarono. La nonna aveva 17 anni e il nonno 19. Un amore di altri tempi,un amore assoluto,la dedizione completa l’uno per l’altra, fino alla fine. Mi disse di prendergli un bicchiere d’acqua. “Anna,tesoro, per favore, daresti da bere al tuo nonno assetato? Acqua eh? Mi
raccomando,la nonna non vuole che beva vino.Dice che poi non riesce a starmi vicino.Ed io non voglio che si allontani”. Credetti che stesse parlando al ato,come quando non vogliamo dimenticare qualcuno o qualcosa e così torniamo con i gesti e le parole al momento che fu. Credetti che per un attimo non ricordasse di parlare proprio con me,seduto sul divano dove tante sere avevamo riso guardando un film comico alla tv. Invece era già con lei. Come prima.Come sempre. Quando tornai col bicchiere colmo di acqua fresca il nonno se ne era andato per sempre, con sul viso un sorriso di chi è stato preso per mano dall’amore della sua vita, e insieme si allontanano verso una destinazione meravigliosa e sconosciuta ai più.Una destinazione attesa spasmodicamente, come un biglietto per una vacanza esotica che per tutta la vita speri di riuscire a comprare. Capii in quell’istante che per alcune persone la morte è un privilegio,quando la vita non è più tale. Il dono più grande, il risarcimento per una vita ata sulla terra. Dopotutto, come disse Madre Teresa, la morte non è nulla se non tornare a casa, da Dio. Il giorno del funerale pensai che non avrei mai più assistito ad un amore così totalizzante.
L'INVITO ALLA FESTA
Leda venne al negozio il giorno dopo, in uno splendido pomeriggio di sole. La prima cosa che feci fu di metterle una rosellina tra i capelli, un rito che compivo ogni volta che mi veniva a trovare tra i miei fiori. Leda mi disse che era ata per invitarmi ad una festa di compleanno, un amico di Manuel aveva un cascinale bellissimo in mezzo al bosco e voleva che anch’io fossi della compagnia. “Tanto”, mi disse “saremo in pochi, non preoccuparti”. Leda sapeva benissimo che non mi piaceva frequentare troppa gente tutta insieme. Sono sempre stata abbastanza solitaria e selettiva,soprattutto non mi va mai di trovarmi in mezzo a tanta gente che non conosco e a cui non ho voglia di raccontare i fatti miei. Voglio che quello che è mio resti mio e basta,non mi va di condividere con chicchessia la mia vita privata. Però avevo voglia di uscire un po’, di evadere dalla monotonia che da troppo tempo ormai abitava la mia esistenza. sca non c’era più,non ci sarebbe più stata fisicamente, ed io non potevo continuare a chiudermi in casa e in me stessa,avrei rischiato di soffocare in un’apatia che mi avrebbe ucciso piano piano,come uno stillicidio inesorabile. “Allora siamo d’accordo? o a prenderti io domani sera verso le 19,fatti trovare pronta,ceneremo da Roby,faremo una grigliata per il suo compleanno.Almeno sarà l’occasione di farti mettere qualcosa in quello stomaco”. Leda mi conosceva bene ormai,sapeva tutto della mia storia con sca, e
aveva una sensibilità particolare,riusciva a catturare anche ciò che avrei voluto tenerle nascosto. Infatti aveva detto bene: da un po’ di tempo mangiavo tanto per restare in piedi,facevo le cose perché sapevo come farle,per abitudine.Se avessi dovuto impararle da capo forse non avrei avuto la concentrazione di assorbirle. Sarei stata bocciata inesorabilmente in questa scuola, una ripetente infinita in una materia di impossibile comprensione. Rimanemmo d’accordo che ci sarei arrivata da sola, all’ora stabilita. Il pomeriggio del giorno dopo non pensai minimamente a cosa mettermi per presenziare al compleanno di tale Roberto detto Roby. Semplicemente non me ne importava nulla di essere carina,non dovevo piacere a nessuno e non avevo di che dire a nessuno. Tutto ciò che mi interessava era privato. La mamma mi fece un bel discorsetto .Lei non sapeva nulla della mia storia segreta,pensava che stessi rimuginando su un amore perduto,su un ragazzo che mi stava facendo penare,come è logico pensare in queste occasioni,quando una figlia parla a malapena,mangia qualche boccone di tanto in tanto svogliatamente e ha la testa fra le nuvole ogni momento del giorno. Sapeva che Fra mi mancava,ma imputata quel mio essere così introspettiva anche a qualcos’altro. “Anna,-mi disse quello stesso pomeriggio- “forse è il caso che noi due parliamo un po’,vuoi?” “E di che,mamma?” “Non so,di ciò di cui parlano una mamma e una figlia.Dei tuoi interessi,dei primi amori,dimmi tu.” Cavolo mamma,non ho niente da dirti.Come potrei? Come potrei spezzarti il cuore raccontandoti di quella gita in Maremma,alle medie?
E di quanto avessi capito di amare qualcuno…non un ragazzo ma una persona del mio stesso sesso,quell’amica che tu adoravi tanto,di cui ne tessevi continuamente le lodi. -sca è una ragazzina tenerissima, un’amica speciale,beato il ragazzo che se la sposerà.Pensa Anna,magari farete un matrimonio doppio,tu e la tua migliore amica con i rispettivi mariti. Le balle,mamma.I rispettivi mariti non esistono,non entreranno mai a far parte del quadretto che già vedi appeso alla parete del tuo soggiorno. E all’improvviso mi venne alla mente la nostra prima vacanza insieme. Già,perché io e sca avamo anche l'estate insieme,durante le vacanze ,senza l’incubo della scuola. Iniziammo questo rito in quarta elementare. I suoi nonni materni avevano una bellissima casa sul mare, in Sardegna. Non vicino al mare,proprio sulla spiaggia,direttamente davanti ad una massa d’acqua così trasparente da sembrare finta. Una continuità di materia blu cobalto. Una casa che pareva una di quelle ville hollywoodiane che siamo abituati a vedere in tv o sui rotocalchi. Una grande casa tutta bianca,con tantissimi fiori ovunque,dentro e fuori sui tanti balconi che circondavano l’abitazione. Fiori incredibili,dai mille colori,tanto straordinari e rari che non ne avevo mai visti di simili neanche nel negozio di mamma,o altrove. Dormivamo in due letti a baldacchino, rosa con le zanzariere trasparenti che avrebbero dovuto proteggerci dagli eventuali insetti assetati di sangue ma che sinceramente non usammo mai per quello scopo perché né zanzare né altro vennero mai a disturbare il nostro sonno. Piuttosto fingevamo che fosse la nostra reggia,il reame di due principesse, e la
zanzariera fungeva come da un velo senza fine che ornava il nostro capo. Facevamo lunghe ghirlande di fiori e conchiglie e ce le mettevamo al collo,danzando come le Hawaiane fanno sulle loro splendide isole lontane. Erano giorni meravigliosi,colazioni all’aria aperta con il profumo salmastro del mare che brillava sotto di noi,coi suoi mille colori. Il cielo al tramonto vi si rifletteva e ci dava un senso di malinconia che però da bambine tramutavamo in una gioia senza fine. Tanti sentimenti ci attanagliavano l’anima, tanto eravamo felici di essere lì,insieme. Facevamo anche lunghe eggiate sulla spiaggia,soprattutto la mattina presto quando la bassa marea portava ai pochi temerari che si alzavano all’alba splendidi doni non riscontrabili nelle ore più avanzate della giornata. Quante conchiglie dalle forme più svariate..alcune le conservo ancora in una bacheca in camera mia,insieme ai tanti sassi decorati coi nonni di sca,due persone così attive e innamorate da far invidia a Cupido. Mai freccia fu scagliata per centrare un bersaglio migliore,pensai. Come con i miei nonni, i sentimenti erano stati tanto clementi anche con quelli di sca. Le giornate trascorrevano in una pace da monastero,niente e nessuno avrebbe mai potuto turbarla. ammo lì le nostre estati insieme fino alla seconda media,poi i nonni di sca presero ad invitare vecchi amici per la bella stagione e così ci ritrovammo nel cascinale dei miei,di nonni,e credetemi, la felicità era la stessa,anche senza quella massa sconfinata di acqua. Ora ripensandoci credo che fossimo già una famiglia,lei ed io. Ovvio,tante ragazzine si ritrovano a are le vacanze insieme, e rimangono amiche per tutta la vita, in un rapporto indissolubile.
Ma per noi era diverso già allora,adesso me ne rendo conto. Adesso che lei non c’è più, e non posso farle sentire i profumi che respiravamo insieme.
DOV'E' LA NOSTRA PIETRA?
Pensando a quei momenti vissuti insieme mi ricordai che da qualche tempo non trovavo più un oggetto che era appartenuto ad entrambe,e che ci scambiavamo a giorni alterni. Era una pietra verde,dalle mille sfaccettature ,che cambiava il tono del colore a seconda della luce e di come la si spostava. Una piccola pietra come non se ne erano mai viste prime.La trovò il papà di sca in uno dei suoi tanti viaggi in Egitto,emerse da sotto la sabbia nel deserto,e neanche suo padre si capacitò mai di come fosse finita lì una pietra del genere,tra tutta quella continuità di sabbia infinita. Ideammo così quel gioco solo nostro che nessuno conosceva.Il nostro segreto. La mattina sca aveva la pietra, la teneva con sé in tasca, o nella borsa,comunque non se ne separava mai. Poi la mattina dopo la ava a me raccontandomi la cosa più strana,bella o brutta che le era capitata,e io la scrivevo in un diario. Poi toccava a me il compito di tenere la pietra fino al giorno dopo, quando gliela ridavo e lei annotava ciò che era successo a me. E così via,ogni giorno per anni. Era un gioco bellissimo,e di quei diari ne conservo tantissimi.Ogni tanto li rileggo,e mi viene da ridere a ripensare a quante stupidate ci ho scritto. Però sono tutte storie di vita vissuta,ridicole o meno, di due ragazze spensierate. Ora quella pietra non la trovo da un po’, mi è tornata alla mente ripensando a Fra e a quei tanti ricordi racchiusi in fogli bianchi riempito con inchiostro nero, e non mi capacito di dove sia finita.
Sono quasi sicura di averla presa io.l’ultima volta,dopo che sca me l’aveva ata il mattino,ma non so proprio dove possa essere finita.Che strano. “Mamma!” La chiamai sentendola salire le scale che portavano al soppalco sopra la cucina. “Mamma, mi senti?” “Si tesoro, sono appena rincasata,vieni a darmi una mano con le borse per favore” Mamma era appena tornata dalla spesa,e mi precipitai ad aiutarla. “Ciao mamma,dai a me.Accidenti come pesano queste borse,hai fatto la spesa per un esercito?” “Beh,ho preso un po’ di roba,non posso continuare ad andare avanti e indietro per il supermercato” “Senti mamma,è un po’ che volevo chiedertelo.Per caso hai trovato in giro la mia pietra verde?” “La tua pietra? Quella tua e di sca intendi? La VOSTRA pietra?” “Si mamma,quella,non la trovo più da nessuna parte” “Strano,non ti separavi mai da quella pietra.Ma non è che magari l’ultima volta è rimasta da Fra? Prova a chiedere a Lisa,magari lei ne sa qualcosa” “Ok hai ragione proverò a chiamarla.Ma credevo proprio di averla io.Dopo la chiamo,vorrei davvero riaverla nel caso fosse da lei.E’ un ricordo troppo importante per me” “Brava, chiamala.E già che ci sei salutamela tanto e invitala una sera a cena,mi farebbe piacere” Oh mamma,mamma cara lo so che a te farebbe piacere,e anche a me lo farebbe.Ma mi ricorderebbe troppo che avremmo potuto essere una famiglia.Noi quattro,senza mariti e nipoti,ma sempre una famiglia.
Aiutai mamma a riordinare la spesa e poi composi il numero di Lisa,con trepidazione,e con la paura che mi dicesse che quella pietra non c’era da nessuna parte,e che una parte di noi era andata irrimediabilmente perduta. E infatti fu propri così.Lisa mi disse che non aveva visto la pietra da un sacco di tempo,e che era convinta che l’avessi io. Bene,pensai,un altro mistero da risolvere.Accidenti,questa non ci voleva,mi mandava ai matti non trovare ciò che cercavo.Soprattutto ciò che ero sicura di avere, da qualche parte nel mio mondo.
LA FESTA E LEUCIPPO
Intanto era arrivato il giorno della grigliata da Roberto. Leda mi aveva chiamata il pomeriggio per ricordarmi di non mancare. Come mi conosceva Leda,sapeva benissimo che all’ultimo momento avrei sicuramente dato forfait con una scusa banale. Ma stavolta decisi di fare uno strappo alla regola. Tanto,mi dissi, che ci faccio in casa tutta la sera a guardare la tv come una vecchia zitella? Ho solo 22 anni.Che diamine,è ora che ricominci a vivere. Chiaramente non persi la giornata a provarmi mille vestiti come facevo quando dovevo uscire con sca,per il semplice motivo che non me ne importava nulla di come mi avrebbero guardato gli altri. Anzi,volevo essere invisibile ai più,volevo solo are una serata diversa in compagnia di gente si sperava divertente e poi tornare a casa,magari un po’più rilassata del solito. Sarei magari riuscita a dormire senza il solito blando sonnifero,che però mi aiutava a prendere sonno,ormai sempre più frequentemente.Era come un vecchio amico di cui non si può fare a meno; colui che ti tiene la mano nei momenti più terribili e che non ti lascia sola fino a quando non cadi nelle rassicuranti braccia di Morfeo. Indossai un paio di vecchi jeans che mi facevano sentire enormemente comoda e a mio agio,una maglietta bianca,semplicissima,e un giubbino di jeans leggero. Raccolsi i capelli in una coda, e nemmeno mi truccai.La semplicità vince sempre, o almeno in certi casi. Raggiunsi facilmente il casolare,anche perché Leda mi aveva fornita di una cartina super dettagliata disegnata da lei.
Descrisse tutto nei minimi particolari,persino il mastodontico albero di alloro che si trovava sul ciglio della strada poco prima di accedere al cancello che portava alla casa di Roberto. Un albero di alloro sul ciglio di una strada….una stranezza così davvero non l’avevo vista mai. Magari in tempi antichi qui sorgeva un’altra abitazione, e questo alloro si trovava all’interno della costruzione. Mah,bella domanda.Ma ora non avevo tempo di rispondermi. Mi resi conto in quel momento di non aver mai chiesto a Leda nemmeno un particolare fisico di questo Roberto. Non sapevo quindi nulla di lui,se fosse alto basso,biondo moro o che so io. Nulla di nulla,Il buio assoluto,la sorpresa totale. Il grande cancello era sormontato da due grandi vasi di fiori multicolori, che emanavano un profumo delizioso in quella tiepida serata primaverile. Pensai che avrei potuto rimanere lì fuori per tutta la notte,sotto quel cielo,con la luce della luna,quel profumo. Aldilà del cancello si intravedeva un grande giardino, un giardino ai cui lati erano stati poste tante piccole candele colorate per illuminare la via verso la casa. Le lucine tremolavano come ologrammi sospesi su una carta stagnola. Non ho pensieri. Cammino e mi confondo con quello che già c'è. Sono albero, e ghiaia, luce ed ombra. Mi sentivo come Trilli sull’isola che non c’è,chissà perché mi venne in mente quello strano abbinamento. Forse per tutte quelle luci,chissà…. Camminai per almeno 10 minuti,in un silenzio quasi assordante.
Mi dava una pace percorrere quel lastricato di piccoli sassolini bianchi,come Pollicino quando lascia cadere le briciole per ritrovare la strada di casa. Camminavo, camminavo e avrei voluto che quel sentiero non finisse mai, lunga strada senza un traguardo calcolabile; questo mi dava un conforto pari a niente altro. Ero sicura che non mi sarei persa nemmeno se avessi dovuto percorrere quel sentiero per km e km ancora, consapevole che dovunque andassi ero già dove dovevo essere. Ad un certo punto scorsi una luce,ed una musica leggera, proveniente dall’interno della casa che si stava pian piano delineando poco distante. Un cascinale meraviglioso,pieno di alberi da frutto e con le imposte colorate.Ogni stanza doveva avere le imposte di un colore diverso,a giudicare dalle tante sfumature visibili. “Anna,ciao!” Leda mi corse incontro con un abitino delizioso,tutto a pallini colorati,di un tessuto che pareva forse viscosa,tanto sembrava frusciare nell’aria. Abbandonai all’istante il sogno di essere ancora così tanto lontana dal mio obiettivo,quella strada dove non si vedeva una fine si dissolse come un sogno infranto ad occhi aperti. “Ciao Leda hai visto che ce l’ho fatta? La tua cartina era più dettagliata delle mappe del tesoro.” “Beh,qualcosa la so fare anche io allora.Dai,vieni che ti presento gli altri”. Roberto fu il primo a darmi il benvenuto. Un viso simpaticissimo,gote rosate e due occhi neri come la pece.Un sorriso smagliante con due fossette che gli illuminavano il volto ogni volta che apriva la bocca. Fu veramente carino,mi fece visitare la casa,che amai istintivamente perché mi ricordava tantissimo la casa dove avevo ato tante ore felici con i miei nonni.
Mi disse che Leda gli aveva fatto una testa così parlandogli di me,di quanto amassi i fiori,di quanto fossi gentile e disponibile con tutti,ed anche del mio amore sfortunato. Non gli disse però che questo amore era una ragazza,fu molto discreta a proposito. Grazie Leda, almeno non devo togliermi dall’imbarazzo di dover parlare di una relazione non proprio tradizionale per i più,e della quale ovviamente non voglio parlare affatto. Quella sera decisi di fare un po’ di vita sociale,di divertirmi e di instaurare magari nuove amicizie, a partire dal padrone di casa che trovai sempre più delizioso ogni qualvolta avemmo modo di fare conversazione. Era interessante starlo ad ascoltare. Laureato in agraria si occupava della tenuta dei suoi genitori, poco distante da lì. Una tenuta dove si producevano olio ,vino, e tanti prodotti naturali. Sarebbe piaciuto da morire ai miei nonni. Quella sera conobbi anche qualcuno con una personalità molto particolare. Disse di chiamarsi Leucippo,un nome talmente ma talmente strano che non potei fare a meno di trattenere una risatina soffocata ma che lei notò immediatamente. “Ti fa ridere il mio nome?” “No.Scusa,è che proprio questo nome non l’avevo mai sentito,che origini ha?” Fu molto evasiva,mi disse che i suoi erano molto particolari,e durante uno dei loro viaggi all’estero,in India forse,avevano sentito parlare di un Dio con questo nome e glielo avevano affibbiato,senza pensare se fosse stato maschio o femmina.E così se lo portava fieramente addosso da ben 22 anni. “Sai,ha anche i suoi lati positivi.Molti vogliono saperne di più su di me proprio per questo nome unico,e così non sai quanta gente mi si avvicina.I più sono monotoni e senza cervello, ma con altri ho intessuto conversazioni davvero interessanti e di alto livello.
Ci trovammo simpatiche e ci scambiammo i rispettivi numeri di cellulare. Tornata a casa nel mio letto non riuscivo a prendere sonno. Mi pareva che quel nome avesse un senso in qualche remoto ricordo del mio cervello,ma non mi veniva in mente nulla.
LA PIETRA VERDE
La mattina dopo quando mi svegliai avevo addosso una strana sensazione di paura, di soffocamento quasi. Strano, perché la notte prima avevo dormito tanto bene, avevo proprio riposato,cosa che non facevo ormai da quando era mancata Fra. Feci colazione, e mentre ascoltavo il gatto fare le fusa ai miei piedi mi venne in mente Walter. Ci incontrammo finalmente, mi spiegò ogni cosa nei minimi particolari, senza tralasciare nulla, ma proprio nulla della sua parentesi con Fra. Il suo atteggiamento, che fin dall'inizio mi era parso strafottente e ridondante di sfrontatezza, ora mi appariva sotto una luce nuova. Il suo viso improvvisamente rattristato mentre mi raccontava di aver saputo quasi subito della gravidanza di sca, e di come si sentisse felice di poter prendersi cura di un esserino che in qualche modo gli avrebbe assomigliato. Anche se era evidente che sca non l’amava e probabilmente non l’avrebbe amato mai, lui a lei teneva moltissimo,e aldilà dell’apparenza, era un ragazzo di sani principi, cresciuto in una famiglia molto numerosa, e a quel bimbo ci teneva davvero. L’aveva detto a sca.Non importava ciò che avrebbe deciso lei per loro come coppia, lui avrebbe provveduto a tutto come un vero padre, e come tale sarebbe sempre stato presente nella vita di suo figlio. Che lei decidesse ciò che riteneva opportuno, avere quel bambino con lui o senza di lui, ma lui era il papà. sca aveva deciso di tenerlo,quel bimbo,e da come la conoscevo io non se ne sarebbe sbarazzata mai.
Ma non sarebbero mai stati una famiglia tradizionale. Poi purtroppo il destino decise diversamente e lo perse. Quel ricordo era ancora molto doloroso per Walter, le lacrime gli inondarono gli occhi, si appoggiò a me come se stesse per cadere a terra e d’improvviso mi parve invecchiare in un istante. Mi fece una pena infinita.Povero,piccolo ragazzo cresciuto troppo in fretta, padre a cui era stata negata la paternità nel modo più crudele possibile, con la perdita di una parte di sé. E la morte di sca,una spina nel fianco che non gli riusciva di estrarre. “Dimmi la verità Anna, tu hai il sospetto che possa essere stato qualcuno che conosceva? Qualcuno che possa avere avuto interesse a togliere di mezzo una ragazza come sca ? Perché? Per gelosia? Per rabbia, per dispetto? Perché Anna? Dimmelo ti prego” Dio Walter, come vorrei poterti dire che si,io so chi ha ucciso sca,che ho almeno un minimo sospetto. Ma no,non posso dirti nulla, perché nulla so. ammo ore in quel giardino,appoggiati l’uno all’altra come un naufrago attaccato ad un albero in mezzo al mare,incapaci di parlare,come se qualcosa ci avesse paralizzati. Poi gli asciugai le lacrime, gli dissi che ogni qualvolta avesse avuto bisogno di parlare io ci sarei stata, e ci lasciammo con la promessa di sentirci spesso. E così fu.Da quel momento diventammo amici,amici davvero. Incredibile, data l’avversione che provavo per lui. Il Walter che avevo imparato a conoscere nella sua sconfinata sensibilità mi piaceva davvero. Non aveva paura di mostrare le proprie debolezze di fronte al dolore che non permette di essere evitato.Lui da quel dolore cercava di lasciarcisi possedere, gli
dava modo di fare il suo percorso nella sua anima per poi risalire e trovare una via d'uscita, anche se solo per qualche istante. La vita ti mette davanti a scelte inconsapevoli e incomprensibili, ti fa cambiare idea sulle persone repentinamente così come quando non sai se vestirti di rosso o di blu e nel giro di dieci minuti ti sei cambiata d’abito venti volte,poi finalmente ti metti quello giusto senza esitazioni. Come se avessi sempre saputo che avresti scelto quel modello e quel colore, ma dovevi per forza provarti anche gli altri mille capi nell'armadio. Così, per una ulteriore conferma. Qualche giorno dopo,eggiando in centro in cerca di un vaso dove mamma intendeva mettere degli odori da esporre sul davanzale della cucina, incappai per caso in Leucippo. Il vederla mi mise addosso un’allegria incredibile,perché ripensando al suo nome non sapevo se chiamarla o semplicemente sorriderle. Non sapevo se la gente avrebbe preso quel nome come una presa in giro. Chi avrebbe potuto pensare che una ragazza si chiamasse davvero così? Comunque Leucippo fu tenerissima,mi abbracciò e mi disse che aveva pensato tanto a me,a quante cose avevamo in comune ecc. ecc. Mi invitò a prendere un tè a casa sua nel pomeriggio e le promisi che ci sarei andata. Con mamma preparammo dei waffles da incanto,al cioccolato e marmellata, e verso le 16 mi incamminai verso casa sua con il mio vassoio di fieri dolcetti. Durante il cammino mi venne in mente la prima volta che sca mi mostrò la pietra verde. La guardai come un bambino può guardare una pietra particolare e pensare immediatamente che sia un qualcosa di magico,di introvabile. Iniziammo a scambiarcela da quel momento,un giorno io ed uno lei, ogni giorno
,per anni. Mi ricordo che un pomeriggio mi raccontò di avere trovato delle lettere in cui suo padre raccontava strane cose alla mamma,parlando di una famiglia che non riconosceva più come tale,di nomi di donne che non aveva mai sentito, di figli lontani. Boh,parole che per noi due non avevano alcun senso in quel momento,ma che ne ebbero tantissimo per sca quando qualche tempo dopo i suoi genitori si separarono senza ripensamenti quando fu palese anche a lei che il padre aveva non solo un’altra relazione, ma che da questa relazione extraconiugale erano nati dei figli. sca era venuta a conoscenza nel modo più crudele possibile di avere un fratello e una sorella,ma che non erano figli della sua stessa mamma. Fu uno choc iniziale,e per giorni mi ricordo che la pietra mi tornava indietro senza pensieri, senza nulla da annotare sul mio diario. Una pietra sterile che non produceva vita alcuna. Fogli bianchi che nessun inchiostro riusciva a riempire. sca non mi diceva più nulla,non aveva nulla da raccontarmi,le sue ore erano riempite totalmente da quel dolore,da quella desolazione che le pareva di provare.Non più una famiglia,una famiglia vera, che si ritrova la sera a cena quando papà è a casa per qualche giorno,ma una famiglia a metà, con qualche attimo rubato qua e là per stare un po’ con l’uno e un po’ con l’altro genitore. Una famiglia da dividere con qualcun altro, un estraneo lontano chissà dove, in un paese che non sapeva, con lineamenti che non riusciva ad immaginare. Il suo papà accarezzato da altre manine, chiamato con vezzeggiativi infantili da bambini nati chissà dove, dal suo stesso seme. Il pensiero sembrava farla ondeggiare come un giunco che sta per lasciare il terreno nel quale è stato ancorato per anni. La prese davvero male, per un po’ non parlò quasi, disse che non aveva nulla da dire,ma io sapevo che dentro urlava,urlava davvero.
A volte,quando stavamo in silenzio,mi pareva di udirlo quell’urlo. Dapprima soffocato,poi sempre più prorompente, da ferire le orecchie,anche a distanza. L’urlo di un animale ferito, di un bambino che si ritrova di colpo in un bosco da solo e non riesce a ritrovare la strada di casa. Un urlo straziante. I giorni avano e sca a poco a poco,dolorosamente, finse di tornare ad una vita normale,anche se tutto ciò che faceva,ogni gesto,era compiuto meccanicamente. Le sue risa non erano più spontanee, venivano dal fondo di un crepaccio formatosi chissà come nell'asfalto che calpestavamo, senza fare rumore. Poi crescemmo e anche il rapporto con suo padre venne lentamente recuperato,anche se non del tutto. Rimase in lei una forma di diffidenza che non le faceva vivere appieno il genitore. Decise anche di conoscere i suoi fratelli, ma poi non ne fece mai un gesto concreto, si bloccava al pensiero di tendere la mano a qualcuno che per il momento considerava anche, e forse non a torto, un usurpatore di affetto. Non so se fece mai quel o, non lo chiesi a Lisa. Forse lo farò.
COSA NASCONDI LEUCIPPO?
Arrivata sotto casa di Leucippo mi resi conto di essere in anticipo,come al solito del resto. Chissà perché tendo sempre ad arrivare agli appuntamenti,a qualunque appuntamento,con almeno mezz’ora di anticipo. Mi piace aspettare più che farmi aspettare. Mi sembra una forma di rispetto verso chi devo incontrare,foss’anche il dentista. Suonai il camlo e pochi istanti dopo Leucippo si palesò davanti a me. Indossava un abito dai colori sgargianti,non avevo mai visto tanti colori tutti insieme in un unico abito. Incredibile la forma dei tanti oggetti che popolavano il tessuto. Mi piacque da subito,e pensai che non avrebbe potuto vestirti diversamente. Una persona colorata dentro non può essere grigia fuori,o no? Non era l’abito che la vestiva, era lei che gli dava vita, che lo animava. “Ciao Anna,che piacere.Entra”. L’ingresso di casa era come la proprietaria, un’esplosione di luci e oggetti che riunivano diverse etnie. Tutte in quei 2 metri quadri di mondo personale. Molto personale,direi. In confronto ogni altra casa era casa e basta,mentre qui si viveva davvero. Rimasi senza parole per un lungo attimo,guardandomi intorno frastornata e con
una sensazione di libertà che non seppi spiegare nemmeno a me stessa. Fu Leucippo a rompere quel silenzio. “Io viaggio molto sai? Tutto ciò che vedi qui è frutto delle mie ricerche in ogni angolo del mondo.Mi piace portarmi a casa qualcosa di quei paesi lontani, per poterli assaporare anche qui.Sono stata ovunque sai Anna? Dimmi un luogo dove vorresti andare ed io ci sono stata ,non ho dubbi” Ed infatti era proprio così,nominai le cime dell’Himalaya e mi mostrò foto che la ritraevano lassù, il Tibet coi suoi monaci, il Perù, la Thailandia,la Francia,persino il Polo Nord. La guardavo illuminarsi mentre mi spiegava ogni foto con dovizia di particolari,e gli occhi cambiavano quasi colore ad ogni singola immagine. Incredibile,non avevo mai conosciuto nessuno che avesse visto il mondo in tuta la sua completezza, o quasi insomma. Mi spiegò che suo padre viaggiava molto,moltissimo per lavoro,e che lei aveva preso questa vena zingaresca per cui non le riusciva di rimanere per molto nello stesso posto. Aveva bisogno di prendere lo zaino e partire,non importava per dove, bastava che fosse un posto nuovo per lei, e possibilmente lontano. La stabilità forzata non la faceva respirare. Mi fece visitare il resto della casa, tutto straordinariamente unico,che sembrava di muoversi in un mondo parallelo,a tratti in un cartone animato. Andammo in camera sua,e notai che aveva tanti fiori in vasi di diverse forme e materiali,su mensole,scrivania,persino sul letto. “Sai,mi piacciono molto i fiori,come puoi vedere” “Io ci lavoro tra i fiori, per cui nulla potrebbe stupirmi meno” Una persona che ama a tal punto i fiori non può non amare l’universo stesso, in tutte le sue mille sfaccettature,pensai.
“Accomodati pure, vado a preparare un buon tè, almeno ci gustiamo questi meravigliosi dolci che hai portato” Uscì dalla stanza lasciando dietro di sé una ventata di profumi orientaleggianti, difficilissimi da decifrare,ma che a tratti davano un senso di vertigine positiva. “Ci vuoi del limone nel tè? O del latte magari?” “Limone va bene,grazie” MentreLeucippo mi parlava dalla cucina io curiosai nella stanza,iniziando a sentire l’aroma del tè,sicuramente un gusto portato dai suoi tanti viaggi. Aveva libri ovunque,così come i fiori. Libri di viaggi,alimentazione naturale,religioni di paesi lontani,suppellettili varie. Ma ci fu una cosa che mi colpì maggiormente: in una bacheca, fra pupazzetti con visi sorridenti e scanzonati, spiccava una piccola scatolina di cartone con tanti vetrini che brillavano come se da soli potessero illuminare tutta la stanza. Di sicuro illuminavano appieno l’interno della bacheca, e fu lì che mi diressi,come se la scatolina fosse una calamita che non mi riusciva di eludere. Mi attirava a sé con una forza incredibile,come se non potessi fare altro che andare da lei. “Ancora un attimo ed è pronto eh? Intanto guardati pure in giro,io faccio un salto in bagno” “Non preoccuparti per me,sto curiosando fra tutte queste meraviglie,ci erei le ore” “Bene,allora continua a guardare.Arrivo subito” Forse non avrei dovuto aprire la bacheca, ma una forza sconosciuta mi fece socchiudere le antine e la presi. Presi la scatolina e la tenni in un palmo come se da sola potesse sprigionare tutta
l'energia dell'universo. La soppesai per un momento fra le mani,indecisa se profanare in qualche modo quell’intimità. Poi mi dissi che in fondo se l’aveva messa lì, senza chiusura alcuna, a portata di chiunque,significava che chiunque avrebbe potuto guardarci dentro. E poi,non mi aveva forse appena detto di curiosare? Aprii piano piano il coperchio,come i giocatori di poker spulciano le carte lentamente per vedere cosa gli riserverà la mano. Le luci sul cartoncino sembravano abbagliarmi,il sole che entrava dalle finestre mi accecò per un istante,ma quello che scorsi all’interno mi fece quasi vacillare. Tolsi il coperchio con una lentezza esasperante,quasi come se il contenuto in questo modo potesse evaporare e non essere più visibile ai miei occhi, non per quello che sembrava,almeno. Volli dargli qualche secondo per cambiare forma e colore. Ma il verde che inondò prorompente la stanza non lasciava più spazio a nessun dubbio. Eccola lì,la nostra pietra,la pietra che stavo cercando da giorni. Quella che io e sca condividevamo da anni. Pregai perché mi stessi sbagliando,perché quella fosse una qualunque altra pietra,magari anche della stessa provenienza, visto che anche il papà di Leucippo viaggiava molto,ma mi ci volle soltanto un millesimo di secondo per capire che non mi ero sbagliata affatto. Capovolgendo la pietra apparvero le iniziali che avevamo inciso tanto tempo fa in un giardino pieno di margheritine di campo:A.F. per sempre. All’improvviso, e senza il preavviso di un istante,la mia mente si svuotò, le parole mi scivolarono lontano e rimasi come un pesce, che parla,parla e non emette alcun suono.
Mi riebbi in tempo per rimettere tutto al suo posto,non prima di aver letto il piccolo foglietto che la scatola conteneva, con le parole SANTIAGO 6 APRILE 2011. Quando Leucippo tornò,qualche minuto più tardi, ero seduta sul suo letto come catatonica. Non riuscivo a guardarla, non riuscivo a parlare, non sapevo che pensare. La mia mente era vuota,un involucro trasparente in cui galleggiavano mille punti interrogativi. Santiago? Aprile 2011? La data coincideva con il periodo in cui sca mi aveva comunicato che sarebbe andata a Parigi per quello stage organizzato dall’università. Che cavolo ci azzeccava Parigi con Santiago? E come faceva Leucippo ad avere la nostra pietra? Dio quante domande mi affollavano la mente,mi pareva potesse scoppiare da un momento all’altro,ero sicura che sarebbe volata nella stanza in tanti piccolissimi pezzetti, e che ogni frammento sarebbe caduto come pioggerellina sottile sul letto di Leucippo. Leda sapeva qualcosa? E Roberto? Perché mi aveva invitata alla sua festa? Era tutto frutto del caso? E perché questa strana ragazza mi era venuta incontro,rendendosi simpatica e risvegliando la mia curiosità verso un essere umano? Dovevo assolutamente chiamare Leda e farle le domande che non potevano più aspettare. “Anna, ma stai male? Che ti succede? Sei bianca come un cencio,che c’è?! “Eh?”, la voce di Leucippo mi arrivò addosso all’improvviso risvegliandomi da un torpore che per un istante sembrò avermi addormentata completamente,al punto che mi parve di avere addosso un’anestesia talmente persistente e tenace da non riuscire a ridestarmi del tutto.
“Scusa, non mi sento troppo bene in effetti.Devo aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male a pranzo e mi è venuto un mal di stomaco incredibile” “Così all’improvviso? Ti preparo una camomilla,qualcosa che ti aiuti a digerire? Vuoi,. “No, grazie” le troncai la frase sentendo all’improvviso un fastidio esagerato per quella voce che mi parve stridula, falsa,fuori luogo. Una persona gradevole con un animo fasullo. Chi sei tu,Leucippo? Un nome che viene da lontano,che non mi dice nulla nell’immediato ma che so ha un significato ben preciso. Dio, aiutami a fare luce in questo buio in cui non riesco ad orientarmi. Una persona sbucata da un’ombra che ha fatto parte della vita di sca in un modo talmente intimo da avere la NOSTRA pietra. Sentii che dovevo uscire da lì, che mi mancava l’aria. Un senso di soffocamento inaudito, non mi riusciva più di respirare,di colpo quelle quattro mura si stavano chiudendo intorno a me come una morsa da cui non ci si riesce a liberare. Mi sentivo perduta, in trappola.Avevo bisogno di ossigeno puro, di spazi aperti, di non essere più sola in quella stanza con lei. “Scusa ma devo proprio andare, mi dispiace.” “Vuoi che ti accompagni da qualche parte? Magari in una farmacia, o a casa.Non mi fido a lasciarti andare da sola in queste condizioni,non vorrei ti sentissi male per strada” Oh, ma quante attenzioni.Giuda che di colpo si trasforma in un angelo del cuore,pronto a sorreggerti nelle difficoltà.Non mi freghi cara mia,farò di tutto per scoprire chi sei e cosa mi nascondi. “No, non ti preoccupare, ora va meglio,camminerò un po’ e l’aria mi rimetterà in sensto presto.Ti chiamo quando arrivo a casa.”
“Davvero? Allora aspetto la tua telefonata.Mi raccomando,stai attenta” -Si, aspetta aspetta,puoi aspettare una vitaUscii da casa sua come se mi stesse inseguendo un’orda di barbari,corsi fino al primo angolo nascosto e mi fermai un minuto per riprendere fiato, e per rimettere insieme il filo dei miei pensieri. Il cuore mi batteva talmente forte che sobbalzava oltre il maglione, credetti che sarebbe saltato fuori e rotolato sul selciato. Un cuore che si sgretola inghiottito dal cemento. Poi cercai una panchina nel parco poco distante e chiamai Leda. Arrivò dopo dieci minuti, con la sua bicicletta scassatissima ma miracolosamente funzionante. L’appoggiò alla panchina e mi si sedette accanto. “Allora? Cosa è successo? Stai male?” La guardai cercando di vedere attraverso i suoi occhi se quella che avevo creduto una vera amica era invece una falsa della peggior specie, ma a dire la verità mi sembrò di vederci un’anima trasparente, vera. Le raccontai tutto ciò che avevo scoperto, la pietra che non trovavo, il pomeriggio da Leucippo e la disperazione che mi aveva colpita nel momento stesso in cui la pietra era saltata fuori, nel posto più sbagliato al mondo, in una camera che non conoscevo,nella bacheca di una persona col nome più strano che potessi sentire. Ma chi era questa Leucippo? Cosa significava il suo nome? E qual’era il suo nome reale? Perché era impossibile che si chiamasse davvero così,ora ne ero certa.Ora più che mai. “ Calma, calma Anna.Le tue domande sono legittime, più che legittime. Ma ora non posso dirti nulla, nulla di ciò che vuoi sapere.Non posso Anna, sono cose troppo delicate, io non riuscirei davvero a parlartene”
“Ma allora, tu sapevi? Sapevi che sca la conosceva? E la pietra? Io devo sapere.E Santiago? In quel periodo sca mi aveva parlato di un viaggio a Parigi inerente alla scuola.Dimmi qualcosa ti prego,io sto impazzendo” “Posso solo dirti di fare quel cammino Anna,e di arrivare alla fine.Solo così avrai le risposte che cerchi, e forse riuscirai finalmente a porre pace in quel cuore terremotato.” Leda non mi fu di grande aiuto, ma perlomeno mi diede un’indicazione.
GRAZIE MAMMA
Tornai a casa e mi precipitai al computer. Grande cosa internet, ti permette di arrivare ovunque in brevissimo tempo. Digitai Santiago, e mi si aprì una schermata che parlava del cammino, dove migliaia di pellegrini si recano ogni giorno compiendone la strada che porta alla fine del viaggio. Quindi avrei dovuto recarmi fin là per scoprire qualcosa di tutta questa intricata vicenda. E intanto l’assassino di Fra era ancora impunito, un mistero avvolto nell’ombra senza movente né altro a cui appigliarsi per risolvere l’arcano. Fra, quanto mi manchi. Sei nell’aria che respiro,nel pigiama che indosso ogni sera quando raggiungo il mio letto e spengo la luce cercandoti nel buio. E non è vero che la notte è nera ,siamo noi che non riusciamo a vederne la luce. Anche il buio risplende e ci mostra le cose nascoste, se col cuore le sappiamo cercare davvero. Quindi mi misi al computer e dissi a mamma di non disturbarmi,che ne avrei avuto per un po’. All’ora di cena ero ancora davanti al monitor, a guardare incantata le immagini di un posto meraviglioso e toccante al massimo livello, un luogo che non avevo mai conosciuto né mai avrei pensato di conoscere,ma che sca aveva visitato, in tutte le sue stradine e sentieri, fino ad arrivarne alla fine, con il suo segreto mai rivelato,suo e di Leucippo a quanto pareva. Lessi che per intraprendere tutto il cammino alcune persone ci impiegano anche
due mesi, due lunghi mesi a piedi, zaino in spalla, a condividere le mattine, i pomeriggi le sere e le notti con perfetti sconosciuti tutti accomunati da un unico scopo:arrivare alla fine. Ognuno mosso da un desiderio personale, un problema da risolvere,o semplicemente per ritrovare sé stessi. E in quel lungo cammino di tempo per pensare ce n’è a sufficienza. Si parlava anche della Credenziale del Pellegrino, un documento di viaggio che accompagna sempre il viaggiatore e che serve ad attestare la sua identità,condizione ed intenzioni.Lessi che veniva rilasciata da una autorità religiosa la quale si assume la responsabilità ci ciò che essa afferma,per cui bisogna farne un uso responsabile e corretto. Scaricai la lista dei priori presso il Sito della Confraternita e mi misi in contatto con il religioso che mi avrebbe fatto dono di questo documento indispensabile per intraprendere il viaggio. Mi recai a Milano il giorno seguente,e il priore che mi accolse fu molto gentile e disponibile a raccontarmi la storia del cammino che mi accingevo a compiere e mi diede anche qualche dritta sugli ostelli e i luoghi dove avrei potuto soggiornare. Lo salutai con un abbraccio e gli promisi che avrei fatto buon uso di tutti i suoi consigli. Una volta a casa misi al corrente la mamma del mio progetto e poi, prendendo il coraggio a due mani, decisi di rivelarle ciò che mi pesava sul cuore da tanto,troppo tempo ormai. Il segreto che non riuscivo più a conservare senza che mi graffiasse l’anima. Le raccontai quasi d’un fiato ciò che eravamo state io e sca l’una per l’altra, di tutto l’amore che provavamo reciprocamente, e di come la sua scomparsa prematura e violenta avesse lasciato una voragine dentro di me. Lo feci con pudore,provai timore e mi vergognai raccontandole di quando restavamo a casa sua accoccolate sul divano, ma non volevo nasconderle nulla,non più.
Era tempo della verità ormai, ero troppo giovane ed ero certa di non poter reggere a lungo quel segreto da sola. Mi aspettai che piangesse, che dasse in escandescenze, che quella rivelazione fosse per lei troppo grande e mastodontica da sopportare, anche solo da capire. Pensai che sarebbe crollata, che si sarebbe accasciata ai miei piedi come una canna di bambù che si affloscia su se stessa dopo un mortale colpo di vento. Invece mi prese le mani e mi disse “l’ho sempre saputo”. La sua voce sembrò di colpo quella di una vecchia radio che gracchia inesorabilmente. Mi arrivò quasi distorta, inverosimile. Non credetti nemmeno per un istante che fosse stata lei a pronunciare quelle parole, ero certa che me le fossi immaginata, come quando ci fissiamo nella mente ciò che vorremmo che gli altri dicessero, e quando aprono la bocca, la frase che pronunciano è ovviamente l’antitesi del nostro desiderio. Invece fu proprio lei a parlare, la mia mamma che aveva capito tutto da tempo, che si teneva dentro la sua convinzione aspettando che io fossi pronta a rivelargliela. Mi sentii svuotare di tutto il mio interno, il mio io si allontanava come una zattera alla deriva e solo il mio involucro sembrò rimanere al suo posto, aggrappato alle sue mani. La testa era materia che volava nell’aria, scomponendosi in migliaia di pulviscoli che volavano sopra di noi, sul lampadario, sul soffitto verniciato di fresco,intorno, ovunque dentro la stanza, per poi ricadere su di me e ricomporre biologicamente ciò che ero, come un puzzle che va a posto da solo. Non riuscii nemmeno a piangere,tanto ero felice. Mi limitai a stringerla forte a me dicendo una sola parola:” grazie “. Ora sapevo di non essere più sola, non dovevo più nascondermi davanti ai suoi occhi, potevo piangere e disperarmi e raccontarle cosa mi mancava di sca,
gli episodi più significativi della nostra relazione, e tutto quello che avrei voluto dirle da tanto tempo ormai. sca sembrò rivivere per un attimo nella solare accettazione della mamma, fu come se per un millesimo di secondo lei si fosse materializzata sulla poltrona e stesse annuendo con gioia. Decisi che mi sarei presa un po’ di tempo per preparare mamma alla mia assenza e che dopo aver organizzato tutto nel migliore dei modi,sarei partita anch’io ,da sola,col mio zaino di ricordi, per ritrovare un pezzo di Fra che mi mancava. Il tassello che forse avrebbe completato il pensiero che mi tormentava. Quale motivo ti ha spinto fin laggiù Fra?
IN VIAGGIO VERSO SANTIAGO
La settimana seguente, un martedì mattina, mi diressi verso la stazione centrale, con mamma che non la finiva di asciugarsi le lacrime e mille raccomandazioni nella tasca del giubbino. Destinazione St Jean Pied de Port, nei Pirenei si, la prima tappa del viaggio. “Non dare retta agli sconosciuti, non fermarti in luoghi bui e non prendere nulla che non conosci,una bibita,qualcosa che possa contenere droga.Mi raccomando stai attenta Anna, e telefonami spesso”. “Mamma,non sono più una bambina, che vuoi che mi succeda? In un luogo pieno zeppo di pellegrini, è un cammino di speranza mica una discoteca” “Tu sta attenta ugualmente-E chiamami” Dopo averla rassicurata e averle ato l’ennesimo kleenex,salii sul treno che aspettava gli ultimi eggeri. Dissi a mamma di andare pure, che sarei stata bene. Mancava ancora una mezz’oretta buona alla partenza, ma non volevo che si struggesse più di quello che già stava facendo, e poi volevo rimanere sola a pensare. Non fece in tempo ad allontanarsi che mi sentii chiamare. “Anna, Anna” Guardai fuori dal finestrino e vidi Leda che tutta trafelata agitava le mani verso di me. “Leda, che ci fai qui?”
“Non potevo lasciarti partire senza salutarti.” “Sali Leda, il treno partirà fra una ventina di minuti,vieni” Prese posto accanto a me, e mi mise una mano sulla guancia, in una carezza che sapeva di malinconia, di cose non dette, di disperazione. “Allora? Non sto andando in guerra, sembra che tu e la mamma vi siate messe d’accordo per farmi sentire in colpa” “No Anna, è solo che…. Le parole le rimasero in gola,ferme dov’erano,intrappolate in una tela di cristallo che si sarebbe potuta rompere da un momento all’altro, se solo si fosse sforzata di pronunciarne altre. “Che c’è Leda? Se devi dirmi qualcosa è il momento di farlo.Poi non tornerò che fra qualche mese, e allora non ci sarà più bisogno di dirmi nulla, perché probabilmente saprò già tutto.” Stette un attimo in silenzio, gli occhi a cercare un punto invisibile ai suoi piedi. Capii che ciò che voleva dirmi le sarebbe costato uno sforzo incredibile, che forse stava per rompere la promessa di un’omertà che non le apparteneva più, ed io rispettai i suoi tempi, il suo urlare sospeso sulle nostre teste,senza fare baccano. “Quello che scoprirai sarà molto forte Anna” Me lo disse così, di colpo. E di colpo mi sembrò di vacillare. Inghiottimi terra, fà che tutto il mio essere sia risucchiato in questo momento dal dolce suolo, così che io non debba guardarla negli occhi e leggerci la paura. Era questo che temevo di più: di leggere la paura negli occhi di Leda. Un timore immotivato forse, ma pur sempre comprensibile. La mia amata sca uccisa in modo atroce,lasciata come un seme su una
scala anonima, un seme che non germoglierà più da nessuna parte, un ramo reciso nella sua parte più produttiva. I suoi grandi occhi chiusi per sempre,nel sepolcro del nostro dolore. Le mie e le sue promesse, i sogni mai realizzati, il desiderio di esserci sempre l’una per l’altra. Il male fisico che mi attanaglia le viscere ogni qualvolta la rivedo accanto a me, così viva e reale eppur ormai così irrimediabilmente lontana. E mi ritrovo a pensare alle parole di una poesia raccolta in quel libro, la sua inseparabile coperta di Linus. “Maledetto te,che hai preso il fiore delle mie labbra,e senza baciarlo l’hai buttato per terra epoi l’hai mostrato a una fanciulla inerte”. La poetessa del nostro cammino,breve eppur così intenso in tutte le sue sfumature,immenso e potente come un fuoco che arde all’infinito . Forse nulla avrebbe potuto ferirmi di più dell’averla persa per sempre. Mi riebbi con fatica dai miei pensieri e guardai Leda negli occhi. “Leda, nulla mi può ferire di più del non sapere.Perciò, se vuoi dirmi qualcosa, sono qui,altrimenti ci salutiamo” “Non posso Anna,davvero vorrei ma non posso,non riesco,non so da che parte cominciare.Chiamami quando arrivi laggiù,non giudicarmi,capirai da te che l’omertà a volte non cammuffa i veri sentimenti” Ci abbracciammo forte, e in quel momento capii che Leda mi voleva bene davvero,e che quello che avrei scoperto non avrebbe cancellato quell’affetto che sentivo nelle sue gote che ora si erano bagnate di lacrime. Scese dal treno un attimo prima che questo si mise in moto,con un fischio che salutava l’incognito per portarmi verso una realtà che ora mi appariva così lontana e astratta,come se stessi muovendomi in un sogno. Per un attimo pensai che non avrei voluto partire, che avrei voluto lasciare tutto
come stava,quel delitto senza colpevole,quei fantasmi che mi camminavano accanto senza emettere alcun suono, senza le catene che i condannati si portano appresso legate alle caviglie,come il battito del mio cuore,addormentato su una nuvola dai colori incandescenti. Ma il treno imboccò la prima galleria, e chiusi gli occhi,respirando piano, quasi a ritrovare la concretezza esalando ritmicamente come una partoriente alle sue prime doglie. -Andiamo Fra,vengo a cercarti-
DAVID
Dopo circa mezz’ora il treno fece la sua prima sosta,la prima fermata di quel lungo viaggio. Così conobbi quello che sarebbe stato il mio compagno di scompartimento per le prossime ore. Un artista. Un pittore, scultore,scrittore e pianista che mi disse veniva dagli Stati Uniti. Parlava un ottimo italiano,ma conversammo per un pò in inglese,dato la mia perfetta conoscenza della lingua,così mi raccontò della sua bellissima carriera, dei tanti riconoscimenti ottenuti, della sua vita così piena di soddisfazioni ma con una vena malinconica nell’anima per cui si stava recando a compiere il cammino di Santiago per trovare dentro di sé il tassello che mancava per poter gioire appieno della sua fortuna. “Vedi Anna, nella vita le cose materiali lasciano il tempo che trovano,sono fuochi fatui che si dissolvono presto lungo la strada della nostra esistenza. “Ma credo che un artista crei con gioia, o sbaglio?” “Non sbagli. Infatti la mia gioia più grande è mettermi davanti ad una tela bianca e riempirla di colori, profumi, sensazioni,di mettere su quel bianco quanto più arcobaleno possibile. E lo stesso è per quanto riguarda lo scrivere, la musica, ogni altra forma d'arte che riesco a far mia. Ma vedi, a volte c’è questa tristezza nel mio creare, questa inquietudine che nemmeno io mi so spiegare, che ho deciso di partire alla ricerca di me stesso, del mio io più nascosto,che finora non sono riuscito a trovare. Solo allora, credo, potrò rendere la bellezza dei miei capolavori reale e viva.” Pensai che capivo benissimo ciò che mi stava dicendo.
Spesso anch’io vivevo la stessa tremenda desolazione, e non solo perché mi mancava sca ed ero quindi consapevolmente e indubbiamente incompleta, ma anche prima di perderla,o nella prima adolescenza, avevo provato quel vuoto, quella voragine di niente che non sapevo come riempire. A volte mi rintanavo in un angolo del giardino, quello più remoto e nascosto agli occhi di tutti, e piangevo. Erano lacrime che non sapevano di pianto, che mi lasciavano sale sulle gote, sulle labbra, e allora le asciugavo con la lingua e sentivo tutto il sapore del mare che ben conoscevo. Un sobbalzo del treno mi fece tornare al presente, al mio “coinquilino” che nel frattempo si era messo a leggere una cartina con interesse. “Guarda Anna, questa è la cartina riguardante il cammino che ci stiamo apprestando a percorrere insieme, se tu lo vorrai”. Si propose di farmi compagnia lungo la strada,ed accettai con sollievo,almeno avevo qualcuno con cui confidarmi,rapportarmi,e perché no, anche piangere se ne avessi sentito il bisogno. David-così si chiamava- era un uomo di circa 40 anni, molto piacevole e con una ricercatezza nei modi e nel linguaggio ormai sconosciuto ai più della mia generazione. Un uomo d’altri tempi, con la sua parte di mistero riposta nel suo zaino interiore. Il tempo ò con la gente che saliva e scendeva dal treno, e nell’ultimo tratto vidi solo persone con un bagaglio molto simile al nostro, dal che ne dedussi che andavamo tutti nella stessa direzione. Non avrei mai immaginato di vedere tanta umanità così diversa tutta concentrata su un unico convoglio, con un obiettivo comune: la ricerca di sé stessi, di una serenità tanto a lungo cercata, di risposte a domande infinite e quanto altro ancora? L’avrei scoperto col tempo, lungo i sentieri che portavano al santuario. Quando il treno imboccò una galleria chiusi gli occhi e mi appisolai.
Sognai di praterie sconfinate e di cime innevate, di ruscelli incontaminati e cavalli che correvano al galoppo. Mi ridestai quando sentii un po’ di freddo e quasi non mi ricordai di dove fossi e di dove stessi andando. Ma quando incontrai lo sguardo di David tutto mi tornò alla mente. “Manca ancora molto?” chiesi stirandomi come se avessi dormito per un’eternità, invece non erano ati che 45 minuti. “Credo ci vogliano ancora un paio di orette.Se vuoi tornare a dormire ti sveglio poco prima che arriviamo” “No grazie, credo che questa mezz’oretta di riposo mi sia bastata.Ero veramente stanca sai? Difficilmente io mi addormento in treno, o anche in auto.Sono sempre molto vigile e presente,voglio avere tutto sotto controllo". “Ancora non mi hai detto perché stai andando a Santiago.Me ne vuoi parlare? Sono un ottimo ascoltatore sai?” e mi sorrise come se ci conoscessimo da sempre. Ci pensai un attimo.Raccontare ad un perfetto sconosciuto la mia vita fino ad allora? Il perché del mio viaggio, e tutto il resto? Dopotutto non ci conoscevamo, però dalla nostra avevamo il fatto che non ci saremmo visti più, e che avrebbe potuto essere come una seduta di auto-analisi, durante la quale il confidarmi con una persona al di fuori di tutto mi avrebbe svuotata di un peso. Decisi che si, potevo fidarmi di lui,almeno sarei partita un po’ più leggera. David sembrava proprio il tipo di persona che non giudica, non si arroga il diritto di dire la propria ad ogni costo ma semplicemente ascolta e, se richiesto, dà la propria opinione. Cominciai come se fossi davanti ad un professore del liceo e dovessi esporre la lezione imparata nel migliore dei modi, diligentemente. Gli raccontai tutto dall’inizio, ma proprio dall’inizio eh?
Dalla scuola materna fino al nostro bacio alle medie,a tutto ciò che successe dopo, alla mia ricerca disperata della pietra e a come la ritrovai in camera di Leucippo, ecc. ecc. “Leucippo? Una donna che ha un nome che deriva dalla mitologia greca?Un nome d’uomo se non mi sbaglio” “Davvero? E che cosa significa, lo sai?” “Ah no, non me lo ricordo proprio Anna, ma mi pare di rammentare che fosse appunto una figura maschile mitologica.Mi spiace ma il mio cellulare non è per niente tecnologico per cui anche volendo non potremmo collegarci ad internet da qui” “Nemmeno il mio lo è.Ma non importa, lo scoprirò con calma.Ora che mi ci fai pensare, mi pare di ricordare qualcosa che abbia a che fare con quel nome,qualcosa che ho studiato al liceo forse,ma è come se avessi un velo nero davanti agli occhi, e non mi riesce di collegarlo a niente di concreto. Che strano.Un nome maschile dici?I suoi genitori glielo avrebbero affibbiato comunque di qualunque sesso fosse stata, per cui, non credo abbia molta importanza in fondo” “Già, hai ragione,ma per curiosità……” Farò anche questa ricerca, una volta a casa, oppure se trovassi una connessione internet potrei sincerarmene anche sul cammino. Continuai col mio racconto, in ogni particolare, senza vergognarmi nemmeno quando gli raccontai di come ci tenevamo abbracciate sul divano di casa sua ecc ecc. Come avevo previsto David non mi giudicò, non provò a sparare sentenze come la maggior parte della persone , non mi diede il suo parere né mi disse cosa avrei dovuto fare o cosa avrebbe fatto lui al posto mio.Non si arrogò il diritto di farmi sentire diversa come la maggior parte della gente si sente in dovere di fare,chissà poi perché. Ognuno sceglie di amare chi è sulla propria lunghezza d’onda, l’amore non si sceglie in base al proprio sesso, o all’appartenenza ad una razza, ad un ceto
sociale, ad una fede politica. Si ama chi si ama. E questo è quanto. Parlammo tanto, e più si parlava e più mi sembrava di conoscerlo da sempre. Lo sentivo più vicino ad ogni sobbalzo del treno, ad ogni fischio del capostazione che annunciava la ripartita da una nuova sosta. In cuor mio sentivo di potermi fidare di lui incondizionatamente, ero certa che non mi avrebbe delusa,come se,senza il preavviso di un istante, sca avesse messo sulla mia strada qualcuno con cui poter sfogare la mia rabbia, la mia impotenza, il mio dolore.
LA RIVELAZIONE
Stetti per raccontargli anche il resto della mia vita quando squillò il mio cellulare. “Leda?”-dissi, come parlando col suo nome apparso sul display del telefonino. Risposi sorpresa di quella telefonata .In fondo, c’eravamo lasciate solo da poche ore. “Leda, è successo qualcosa?” “Ciao Anna.No, non preoccuparti, è solo che è da quando sei partita che ci penso, vorrei dirti una cosa e mi sono pentita di non averlo fatto quando potevamo parlarci a quattr’occhi” “Bene, dimmi allora Leda, sono tutta orecchie” David mi guardò con un’espressione interrogativa sul volto,ormai era come se conoscesse Leda, gliela avevo descritta nei minimi particolari. “Ecco Anna, mi hai chiesto tante volte di Leucippo,del suo nome così strano…. Si fermò un istante, come se all’improvviso le forze le fossero venute meno e stesse arrancando per raggiungere un appiglio e riprendere a respirare.Poi continuò. Nello stesso istante pensai che a volte le sinergie sono davvero incredibili: David ed io stavamo proprio interrogandoci sull’origine di quel nome quando Leda chiamò per fare luce proprio su quello. “Il suo vero nome è Simone. Non è una donna, anzi lo è ora, certo, ma è nata uomo.Già dall’adolescenza capì di essere nato nel corpo sbagliato,una donna con le fattezze di un sesso in cui non si riconosceva…."
Era partita come un fiume in piena, aveva rotto gli argini e non c’era modo di fermarla, di contenere quell’acqua che straripava,inondando ogni cosa. Leda parlava,parlava,ma io non riuscii più a seguire una sola virgola del suo discorso da quando aveva pronunciato quella frase -non è nata donna, lo è diventataLeucippo si chiamava Simone, un nome che non le apparteneva,così come i genitali maschili di cui lo aveva dotato madre natura. Così, raggiunta l’età in cui poter decidere per sé stesso, si convinse a ricorrere ad una dolorosissima operazione chirurgica e diventare ciò che dentro di sé era sempre stato;una donna. Leucippo….. Di colpo tutto divenne chiaro,una luce accecante mi ferì gli occhi, la consapevolezza di ciò che sapevo e non ricordavo si fece strada prepotentemente dentro di me. Terza liceo, lezione del professor Agosti, quarta ora. “Dafne fu il primo amore del Dio Apollo.Sacerdotessa di Gea,Dafne era una ninfa amante della propria libertà,simile ad Artemide. Ella non solo conquistò il cuore di Apollo, ma anche quello di un giovane mortale di nome Leucippo, quello dei “cavalli bianchi”.Leucippo si travestì da donna per potersi accostare a Dafne. Secondo alcune fonti le sacerdotesse decisero,forse per suggerimento di Apollo, di effettuare nude i loro riti, secondo altre fonti durante il bagno, tuttavia ciò portò allo smascheramento di Leucippo che morì ucciso dalle stesse fanciulle”. Leucippo si travestì da donna per potersi accostare a Dafne. Dio, tutto questo è pazzesco, non riesco a capire. Ecco perché ha una personalità così strana, e certi suoi atteggiamenti, certi modi di fare, il modo in cui si muove per casa, come fosse una creatura eterea, un essere non di questo mondo.
Il suo guardare le cose come se le vedesse per la prima volta, il suo entusiasmarsi e meravigliarsi per piccole ovvietà… Una sensibilità accentuata da ciò che deve avere sofferto in ato, prima di diventare…. No. Non riesco nemmeno a dirlo. “Anna che succede? Mi senti?” “Si Leda, ti sento,ho sentito tutto quello che hai detto, o almeno la parte che mi interessava sentire.Ma che c’entra questa –persona- ( non mi riusciva più di chiamarla con nessun nome ormai) con sca?” “Vedi Anna, sca e Simone si sono conosciuti durante le lunghe sedute prima della rispettiva operazione chirurgica, e si sono legate l’uno all’altra accumunati da un desiderio comune: quello di diventare ciò che in natura non erano.Ognuno il sesso dell’altro.” Quindi è così che si sono conosciuti-pensai-mentre sca affrontava un percorso dolorosissimo psicologicamente e fisicamente, mentre io non c’ero e non sapevo nulla della sua decisione, lei ne parlava con una persona che stava per affrontare il suo stesso calvario,ma nel senso contrario. Quanto devi aver sofferto sca, e come è strana la vita. La persona che hai incontrato mentre poco a poco, volta per volta, diventavi un nuovo essere umano qualcuno l’ha messa sul mio cammino….. Ci salutammo senza che le chiedessi che significato avesse il viaggio che stavo intraprendendo e perché anche sca era ata sulle strade che avrei camminato anch’io di lì a poco, e poi raccontai tutto a David. Non si scompose più di tanto, l’aver girato il mondo probabilmente l’aveva messo a contatto con le esistenze più disparate, infatti mi disse soltanto: “almeno ora sai il perché del suo nome”. Dopo un’altra oretta durante la quale rimasi immersa nei miei pensieri, arrivammo a destinazione.
Finalmente la voce da un altoparlante annunciò la nostra fermata, e scendemmo dal treno insieme ad una miriade di altre persone, tutti pellegrini come noi.
INIZIA IL CAMMINO
E così eccoci qui, ognuno col suo bagaglio personale, fatto di zaini contenenti effetti intimi e ricordi legati alla vita di ognuno. Camminammo per il primo tratto in silenzio,mi guardavo in giro e non riuscivo a credere alla pace che respiravo ad ogni o. Paesaggi incontaminati e che parevano provenire da una essenza astratta mi circondavano, mi rapivano i sensi, mi mozzavano il respiro ogni volta che alzavo lo sguardo al cielo e mi pareva di scorgere un sorriso tra le poche nubi che si rincorrevano danzando. Dopo una mezz’oretta di quel paradiso a perdita d’occhio notammo in un prato poco distante una lapide. Ci avvicinammo per leggere ciò che portava scritto sul davanti, e restammo in contemplazione di poche semplici parole “Qui giace Tommaso,deceduto durante il cammino per ritrovare sé stesso”. Tommaso, nessun dato che ne rendesse nota l’età, nessuna foto che guardasse a chi ava di là e gli faceva un saluto. Me lo immaginai giovane, un ragazzo che si ritrova davanti a quelle montagne che parlano di un microcosmo lontanissimo da noi, e che subito dopo si disperde nell’aria, dolci molecole portate dal vento. Chissà perché ogni qualvolta si sente parlare di qualcuno che ancora non si conosce si comincia immediatemente ad immaginarselo, ognuno nella propria fantasia, definendone i contorni, i colori, le espressioni del viso e la conformità fisica, restando poi delusi o ripagati dalle aspettative. Anche David si fece il suo ritratto personale, e ne parlammo mentre riprendemmo il cammino. Non fu l’unica lapide che incontrammo, dopotutto i pellegrini sono talmente
tanti che le vite che si susseguono lungo quei sentieri possono anche rischiare di perdercisi per sempre,vuoi per un malore dovuto all’età, malattie in corso o quant’altro. Intanto si era fatto buio, e cercammo un riparo per la notte. Trovammo una casetta proprio di fianco ad una fontana dove ci abbeverammo a lungo. Sembra strano, ma per tutto il pomeriggio non sentii il desiderio di bere,occupata a bearmi delle meraviglie del luogo e a pensare. Ma quando mi portai le mani alla bocca avvolte in una conca per dissetarmi provai una felicità incredibile, ogni sorso mi scendeva nella gola come se non avessi mai bevuto, o come se avessi aspettato tutta la vita per quel momento, per quell’acqua. Fu un momento che mi stupì, per tutti questi anni avevo bevuto come un atto assolutamente meccanico e indispensabile per ogni individuo, ma lì, sotto quel cielo che si stava riempendo di stelle come se un pittore ce le stesse mettendo ad una ad una, assunse un significato diverso, profondo, vitale. Finimmo di bere e bussammo alla porta. La casa era tutta bianca, con tanti fiori tutto intorno, come a delimitarne i confini. Erano fiori di un viola brillante, sembravano prendere vita dalla casa stessa. I fiori, il mio elemento naturale.Mi sentii come un embrione nell'utero, al caldo, protetta, nutrita di ogni bisogno. Dopo pochi istanti la porta si aprì e apparve una anziana signora che ci parlò in spagnolo e ci fece accomodare in quella che parve essere un’anticamera. Ci disse che avremmo potuto are la notte lì in cambio di una piccola offerta, e ci fece sedere alla sua tavola sfamandoci con della zuppa deliziosa e pane fatto in casa. La camera dove ci accompagnò era una soltanto, e c’erano due lettini uno vicino
all’altro. Probabilmente credette che fossimo una coppia, e noi non perdemmo tempo a spiegarle che eravamo semplici conoscenti, anche perché nessuno dei due conosceva perfettamente la lingua, per cui ringraziammo e ci chiudemmo la porta alle spalle. Fu David a parlare per primo, dopo essere scoppiato in una fragorosa risata. “Bene, direi che come primo giorno non c’è male.Siamo già una coppia,che ne dici?” “Direi che come coppia siamo molto credibile” E scoppiai a ridere con lui. Non mi ero mai vergognata di farmi vedere mezza nuda da nessuno, tanto meno dai ragazzi dei quali per altro non mi fregava nulla, ma con David provai una sorta di imbarazzo inspiegabile, palpabile quasi, tanto che, con la sua solita cavalleria, uscì per un attimo con la scusa di prendere un po’ di aria, e mi lasciò da sola per darmi tempo di cambiarmi con calma. Mentre era fuori mi accorsi con sgomento e incredulità che mi mancava. Ero sola che da pochi secondi e la sua assenza mi pesava, come se non potessi più farne a meno, come una presenza che diventa insostituibile e indispensabile ad ogni attimo. Strano, mi affeziono all’istante a tante persone, ma non mi era mai capitato con un ragazzo, un uomo.Insomma, avete capito. Di solito gli esseri biologicamente diversi dal mio sesso non li vedo nemmeno, mi ano accanto senza lasciare traccia, sono fantasmi lattiginosi che diventano ombre indistinte nel corso della mia esistenza. Ma con David tutto questo si azzerava, lui mi faceva sentire bene, per la prima volta riuscivo ad aprirmi sui miei sentimenti come non mi era mai successo prima. Facevo fatica a parlare di me, soprattutto di me e sca, della nostra storia,e
del triste epilogo. Mi affacciai alla finestra per guardare il paesaggio:era semplicemente meraviglioso,una serata non troppo fredda illuminata dalla luna e dalle luci appese ai muri dell’abitazione, come geki che trovano la loro dimensione appiccicati ad una parete. David stava guardando un punto lontano, lo scorgevo vicino ad un grande albero nel viale. Il suo profilo sembrava rilucere e proiettarsi come un’ombra senza fine sul selciato. Mi fece una tenerezza che mi colpì al cuore. Come se avesse percepito la mia presenza si voltò e guardò verso la finestra, poi mi fece un cenno con la mano. “Si sta benissimo qui fuori Anna, vieni, raggiungimi”. Pensai che ero in pigiama, ma mi sentivo come una bambina che la notte di Natale sgattaiola furtivamente fuori dalla propria cameretta per sbirciare l’arrivo di Santa Claus. Mi infilai frettolosamente un maglione e scesi le scale il più lentamente possibile per non fare rumore. La casa era silenziosa, l'atrio era immerso in una penombra magica. Fuori la serata era davvero piacevole,con una brezza appena accennata che muoveva le foglie degli alberi come una nenia culla un bambino che fatica a prendere sonno. Mi sentivo imbarazzata, di colpo tutta la mia baldanza, la mia intraprendenza sembravano fluttuare sopra i nostri respiri come una bolla di sapone, che presto si sarebbe dissolta nel nulla. Non dicemmo una sola parola per un lungo attimo, poi David mi mise un braccio attorno alle spalle.
Un gesto protettivo, di amicizia, che sembrò cementare la nostra semplice conoscenza in qualcosa di più profondo. -sca, ti ho aspettato ogni giorno fino a questo istante.Ogni attimo, ogni secondo della mia giornata era proiettato verso la tua impalpabile presenza, certa che prima o poi ti saresti palesata davanti ai miei occhi-. Ora, per la prima volta, mi resi conto che qualcuno stava riempendo quell’attesa. Rimanemmo in silenzio a guardare le stelle, e con mio immenso stupore mi resi conto che avrei voluto che mi baciasse, che mi stringesse tra le braccia e appoggiasse le sue labbra sulle mie, come in quei film d’amore dove i protagonisti si perdono l’uno negli occhi dell’altro. Questa consapevolezza nuova mi sembrò inaspettatemente fuori luogo,impossibile quasi solo aver formulato un pensiero del genere. Dio, che mi stava succedendo? Di colpo il viso di sca stava indietreggendo nei miei orizzonti, i suoi occhi perdevano colore,si buttavano nel mare e ne facevano parte, diventavano gocce di luce in un oceano di materia sconfinata. Ma non erano più nei miei, non come prima almeno, non completavano la linea ininterrotta che portava al mio cuore, parevano fermarsi prima, in un angolo caldo e riparato, bastanti a sé stessi. David dovette comprendere il mio imbarazzo, perché tolse il braccio dalle mie spalle e si scusò. “Non importa, non c’è nulla di cui scusarsi, dopotutto siamo amici ora no? E gli amici si tengono vicini” Nessuno dei due pareva soddisfatto di quella risposta lasciata un po’ al caso, e rientrammo ognuno perso nei propri pensieri. Decisi di fare finta di nulla, in fondo non mi aveva certo dichiarato amore, o proposto un incontro galante. David era troppo intelligente per ricorrere a certi giochetti,il suo era solamente un gesto affettuoso,e per quello lo presi.
Si preparò per la notte e prima di addormentarci parlammo ancora a lungo delle nostre rispettive vite e del luogo magico che ci avrebbe ospitati per parecchi giorni, poi ci addormentammo esausti. Sognai di camminare su una spiaggia bianchissima ma le orme che lasciavo risplendevano sull’acqua, come se avessero vita propria e ci si tuffassero senza permesso. Ogni orma aveva una forma differente,ogni forma aveva un significato ben preciso nella mia esistenza: un fiore, un cuore, un fiocco di neve….. Quando mi svegliai il sole entrava prepotente dalle fessure delle piccole finestre della nostra cameretta. Mi ricordai a stento di dove fossi, ancora immersa nel calore della sabbia e dal rumore delle onde. “Dormito bene?” David era seduto sul suo letto, già vestito. “Oh, ciao.Ma che ore sono?” “Sono appena le 8.30, ma io sono sveglio già da un’ora almeno.Quando sarai pronta la signora ci ha preparato la colazione.Ti aspetto di sotto.” Mi sembrò di tornare alla fattoria dei nonni, quando venivo svegliata dal profumo del caffelatte e rimanevo ancora un po’ a stiracchiarmi nel letto per prolungare il più a lungo possibile l'attesa del piacere che mi avrebbe procurato l'assaporare quel bianco alimento macchiato di caffè che mi dava una gioia infinita e inspiegabile a parole. Non ho mai più assaggiato un caffelatte tanto buono, ogni volta che lo finivo mi sembrava di avere sul viso il profumo della nonna. Facemmo colazione ridendo come bambini, poi ringraziammo la signora per la gentile ospitalità e, raccolti i nostri zaini, ripartimmo per il cammino.
DAVID TI AMO
C’era tanta gente per la strada quella mattina, mi colpì particolarmente una coppia di coniugi svizzeri che avevano pressappoco una sessantina di anni, e che si tenevano per mano fermandosi ogni tanto per darsi un bacio. Un amore così grande non può perdere la sua metà, pensai. Come il nonno raggiunse il suo amore poco dopo, anche loro avrebbero finito la loro vita così come l’avevano cominiciata:insieme. Ne ero certa. Anche David doveva aver pensato la stessa cosa, perché mi prese per mano, e mi guardò come a chiedere il permesso di lasciare la sua nella mia. Io gli sorrisi, e continuammo a camminare così, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Fra, forse abbiamo sbagliato tutto, forse le nostre anime non erano incomplete l’una senza l’altra, forse avevamo solo paura di chiedere amore ad un altro che non fossimo noi, e così ci siamo perse in una completezza che non era tale, non nel vero senso del termine forse. Siamo state complementari fino dalla scuola materna, sempre insieme nel bene e nel male, non abbiamo dato spazio all’alternativa, non abbiamo voluto guardare oltre il nostro giardino, e così non abbiamo visto. Ma ora, ora per la prima volta, con David mi sembrò che gli occhi mi si aprissero su una realtà nuova, per nulla terribile, anzi… La mia mano nella sua mi faceva quasi male, camminando per quel sentiero che ora si era fatto tortuoso e mi faceva mancare a tratti il respiro,si stava informicolando come se fosse stata ricoperta da una colonia di piccole termiti dispettose, ma niente mi avrebbe mai convinta a toglierla da lì.
Quello che non era accaduto in 22 anni stava scoppiando tra quelle montagne, quei sassolini che mi facevano arrancare verso una salita senza sapere cosa avrei trovato una volta raggiunta la cima. Il sangue mi scorreva nelle vene come quando travasi il vino con un tubo, scendeva veloce nel mio corpo, mi faceva prendere colore e sentivo la testa divenire di colpo leggera, leggera….. Mi sono innamorata! Me lo dissi mentre il cuore accelerava i suoi battiti, mi saliva in gola e poi ridiscendeva come un ascensore che non fa sosta tra i piani. “David, fermati per favore” “Che succede? Ti senti male?” Tutto girava vorticosamente intorno a me, le montagne sembravano girandole dai mille colori, tutto all’improvviso divenne buio, e persi i sensi. Quando aprii gli occhi avevo una pezza bagnata sulla fronte, ed ero adagiata ai piedi di un albero secolare, mentre le persone ando mi davano un’occhiata e alcuni chiedevano cosa fosse successo. “Un malore, niente di grave,probabilmente un abbassamento di pressione.Stavamo salendo un po’ troppo frettolosamente forse.Ma ora è tutto a posto” David stava dando spiegazioni ai pellegrini che proseguivano il cammino con uno sguardo a quella ragazza sdraiata per terra e con un fazzoletto che mandava piccole gocce sulle gote che stavano lentamente riprendendo colore. “Come stai Anna? Mi hai fatto prendere un colpo.Vuoi che ci fermiamo un po’ qui?” “Grazie David, ora sto meglio,sarà stata la salita,in effetti avremmo dovuto prenderla un po’ più lentamente.Sono una vecchietta che ti credevi?” In quel momento david si chinò su di me e mi prese il viso fra le mani.
Fu come se il mondo si fermasse in quell’istante. -Dio, potrei morire adesso e non me ne importerebbeNon feci in tempo a pensare ad altro che le sue labbra si posarono sulle mie, e mi baciò. La sua bocca era così calda, mi venne alla mente un termosifone che si accende senza preavviso,e che inonda col suo tepore una stanza inabitata da tempo. Risposi al suo bacio, non aspettavo altro dal giorno prima, e mi sembrò di aver vissuto solo in attesa di quel cambiamento nelle mie certezze,i mie ormoni saltavano impazziti al mio interno e non riuscivano a trovare la loro giusta collocazione. Mi sentivo come quando si appoggia una pallina su un piano inclinato, e questa inizia a correre, sempre più forte , e nn c’è modo di fermarla. I miei sentimenti avevano preso una direzione repentina e opposta al mio convincimento di una vita. Avevano accettato David,l’avevano scelto,lo accoglievano,e non volevano lasciarlo andare via. “Sai Anna, credo di aver provato per te un’attrazione immediata, dal primo momento che ti ho vista su quel treno, e ho subito saputo che non sarebbe stato un semplice flirt. Il tuo racconto, la tua dedizione verso sca mi hanno fatto recedere,stavo lottando con tutto me stesso impedendomi di confessarti ciò che sentivo. Ma quando poco fa ti ho visto a terra, indifesa e allo scoperto, non ho potuto fare a meno di pensare –o adessoo mai più. “Ho rischiato Anna, e Dio solo sa quanto temessi che tu mi rifiutassi, che mi cacciassi a malo modo. Non lo avrei sopportato, mentre ti prendevo il viso tra le mani mi davo dello stupido ma la voglia di baciarti è stata più forte di tutto il resto.Ora che hai risposto al mio bacio voglio credere ad un’illusione, o sperare che anche tu….
Non lo lasciai continuare, lo accarezzai dolcemente, mentre mi saliva un magone che presagiva le parole che stavo per dirgli. “Anch’io mi sono innamorata di te David.Doveva succedere,ci ho pensato tanto ieri,e mi ero convinta che avrei tradito sca irrimediabilmente.Ma poi, baciandoti e guardando i tuoi occhi sinceri, mi sono detta che no, sca non soffrirà, non nel posto in cui si trova ora.Lei ha raggiunto la pace che meritava,resta solo un’ultima cosa da fare,perché la sua anima possa riposare in pace” Il suo assassino era ancora libero, da qualche parte là fuori, magari ava le sue giornate studiando la prossima vittima, e viveva la sua vita nella completa indifferenza per ciò che aveva fatto, per l’efferatezza con cui aveva spezzato una vita innocente. Decidemmo che saremmo arrivati alla fine del cammino, dopodichè avremmo collaborato con la giustizia in tutti i modi possibili affinchè il caso non venisse insabbiato. Te lo devo Fra, te lo prometto. I giorni avano macinando chilometri, in un paesaggio incantevole. Campi sterminati si aprivano dopo salite impervie, mucche al pascolo, cieli i cui colori mi pareva di non aver visto mai. Tutto assumeva un significato diverso da quando io e David avevamo scoperto di amarci. Trovammo una fontanella nel luogo più improbabile possibile, un tetto sotto cui dormire quando ormai avevano perso ogni speranza e ci stavamo rassegnando a coricarci sotto le stelle. Pregammo insieme a decine di sconosciuti davanti ad un altarino ai cui piedi ognuno lasciava una pietra a cui aveva affidato il proprio desiderio, la propria speranza, il proprio dolore. Ogni tappa erano sorrisi scambiati con altri sorrisi, mani che si sfioravano in presentazioni occasionali, visi di persone che magari non avremmo rivisto mai più, ma che avremmo portato nel cuore per sempre.
FRA, ORA HO CAPITO
Ad un certo punto mi venne un’idea. Perché non mostrare agli abitanti del luogo la foto di sca? Magari qualcuno se ne ricordava, nonostante le migliaia di vite che si intrecciavano ogni giorno da anni può darsi che qualcuna di queste avesse lasciato un segno, un ricordo. Forse proprio sca avrebbe potuto essere indimenticabile per qualche anima di quassù. Ne parlai con David, e ne convenne che si, avrei potuto fare un tentativo. Dopotutto non avrei fatto male a nessuno, stavo solo cercando un indizio, anche il più piccolo e insignificante mi avrebbe dato una speranza. Tirai fuori dallo zaino l’unica foto di me e Francy un po’ di mesi prima della sua morte, in un pomeriggio di sole durante il quale avevamo fatto una breve gita fuori porta. Il rivedere ora la sua espressione spensierata mi diede una fitta allo stomaco che parve trafiggermi le viscere. Sul suo viso c’era un’espressione di gioia pura, e dimostrava tanto meno della sua età che avrei potuto scambiarla per la sua sorellina minore, se mai ne avesse avuta una. Il sole le illuminava i lunghi capelli,inondava di luce il suo splendido nasino all’insù. Purtroppo le prime indagini ebbero un esito negativo, le persone guardavano la foto e poi scuotevano la testa sconsolate come se avessero fallito una missione importantissima. Ma il pomeriggio del terzo giorno qualcosa successe.
Mostrai la foto ad un ragazzo che gestiva un baretto nella cittadina vicina, e questi dopo averla guardata per bene rispose :” si, certo che me la ricordo.Aveva i capelli molto corti allora, e sembrava quasi un maschio, ma i lineamenti erano questi, non c’è dubbio” “E ti ricordi qualcosa relativo al suo aggio? Qualche frase che magari ti sia rimasta in mente, che so…. “Mi ricordo che la persona che la accompagnava non la lasciava sola un istante, anche quando ordinò una bibita le stava dietro come un segugio, pareva gelosa in modo assurdo, e lei aveva quegli occhi… “Che vuoi dire? Chi l’accompagnava?” “Una ragazza, alta, dall’aspetto un po’ ambiguo,androgino quasi.Non stava ferma un attimo e la guardava come se fosse la sola cosa importante sulla faccia della terra” Leucippo. Fu con lei che fece questo cammino. Ne era gelosa. La teneva stretta a sé come se con ci fosse nient’altro nel suo universo che valesse la pena proteggere. Leucippo ne era innamorata.Ma allora? Perché diventare donna per innamorarsi di un’altra don… Non feci in tempo a finire quel pensiero. Tutto all’improvviso fu chiaro dentro di me.Leucippo non si era innamorata di sca. Si era invaghita di ciò che sca stava diventando.Un uomo. Dio mio, questo viaggio insieme avrebbe dovuto sancire la loro esistenza come coppia, probabilmente nel pensiero malato di Leucippo. sca era un’anima pura, sicuramente aveva accettato la sua compagnia per non partire da sola, per ritrovare sé stessa insieme a qualcuno che avrebbe capito la sua condizione particolare, essendoci già ata.
Qualcuno che avrebbe dovuto lenire il suo dolore, i suoi tormenti.Invece…. Parlai di tutto con David, non sapevo più che pensare, come agire. “Quindi tu pensi che ci sia stato qualcosa fra loro due che abbia potuto innescare un pericolo per sca?” “David, mi sembra chiaro a questo punto che Leucippo provava per Fra qualcosa di molto diverso dalla semplice amicizia.L’accomunanza del loro doloroso percorso non aveva nulla a che vedere con il suo scopo reale, che era quello di divenire nella vita di sca qualcosa di indelebile.Ora dobbiamo andare a fondo di questa cosa” “E come? Che vuoi fare Anna? Vuoi tornare indietro? Parlare con la polizia dei tuoi sospetti?” “Non so David, ma a questo punto credo che dovremmo finire il nostro cammino.Questo luogo mi dà molta pace, ne ho bisogno. Mi sembra a tratti di ritrovare qualcosa che avevo perduto, credevo irrimediabilmente.Invece mi sta tornando la gioia di vivere.Grazie a te, ovviamente, al tuo amore, ma anche grazie a questi luoghi incontaminati, così diversi da tutto ciò che ho visto finora. "La maestosità di queste montagne, ti fa sentire così vicino a Dio.Sai, talvolta la notte mi alzo e guardo fuori dalla finestra della casa che ci ospita, e mi sembra di sentire una voce là fuori, un bisbigliare sommesso le cui parole non riesco a capire.Un suono indistinto che non so tradurre, ma che mi spinge inesorabilmente a farmi mille domande. E ho capito una cosa, guardando questo cielo David.Ho capito che gli unici che rendono il vuoto sopportabile siamo noi stessi.” Ma questa pace non sarà completa fino a che anche l’ultimo tassello non sarà andato al suo posto. Ora tutta questa storia è come un puzzle di cui non si riesce a trovare il pezzo finale, fondamentale per comporlo perfettamente. ammo la notte in una camera sopra la locanda del ragazzo che aveva riconosciuto Fra nella foto, e all’alba eravamo già in piedi. “Sai Anna, io penso che dovremmo tornare indietro.Dopotutto potremmo
riprendere il cammino da qui quando lo vorremo, questo posto non scappa.Ma la verità che ormai sembra dietro l’angolo non può più aspettare. O almeno,è quello che mi suggerisce il mio istinto.Tu che ne pensi?” Si, David aveva ragione. Il cammino di Santiago non si sarebbe interrotto a questo punto, ma ci saremmo tornati probabilmente più leggeri nell’animo. Decidemmo così di tornare alla prima stazione ferroviaria e da lì di prendere il primo treno verso casa. Fu proprio alla stazione che vidi qualcosa che mi fece gelare il sangue nelle vene. Un quotidiano locale portava in prima pagina la notizia che stavo aspettando da mesi ormai.
AD UN O DALLA VERITA'
SVOLTA NELLE INDAGINI RELATIVE ALLA RAGAZZA ITALIANA UCCISA BRUTALMENTE SULLE SCALE DI CASA. Comprai immediatamente il giornale e lo aprii con mani tremanti. Ci misi un attimo a capire cosa ci fosse scritto, dal momento che non parlavo perfettamente la lingua del luogo. Ma qui dicevano che la polizia aveva arrestato una ragazza colta in flagrante nel tentativo di profanare la tomba di sca. “Scusa David ma devo chiamare Leda.Voglio saperne di più” In quel preciso istante il mio telefonino si mise a suonare rompendo il silenzio quasi insopportabile delle montagne,e risuonò nel vento come una nota stonata e inopportuna. Leda. “Ciao Anna, scusami se ti chiamo ma ci sono novità” “Lo so Leda, ho tra le mani un giornale locale che parla proprio di quello.Ma che è successo?” “Leucippo è andata fuori di testa, ha detto a Roberto che doveva andare a svegliare il suo amore che dormiva ormai da troppo tempo.Che là dov’era non poteva respirare, e che l’avrebbe portata a casa con sé. Chiaramente Roberto si è reso subito conto che non ci stava con la testa, e sapeva anche che non aveva nessun compagno, per cui si è insospettito e mi ha chiamata.” Ci fu una pausa durante la quale mi parve di avere perduto il collegamento con Leda.
Invece stava soltanto cercando di radunare le parole giuste da dirmi. “Quella sera io e Manuel l’abbiamo seguita, e come ci aspettavamo si è recata al cimitero e ha scardinato la porticina che chiudeva la tomba di famiglia. Manuel ha chiamato la polizia che è arrivata poco dopo,giusto in tempo per evitare che la bara della povera sca fosse aperta da quella matta.” Non sapevo che dire, nella mia testa i pensieri si rincorrevano come i bambini a rimpiattino, non riuscivano a trovarsi, ed io non riuscivo a formulare una frase di senso compiuto. Leucippo stava per profanare la tomba di sca, la sua ultima dimora, la sua pace. “Leda, io sono alla stazione, stasera sarò a casa.Aspettami da Manuel e ne parliamo.” “Vieni direttamente alla polizia domattina Anna. Ti spiegheranno tutto loro.Abbiamo il permesso di assistere all’interrogatorio di Leucippo, o Simone, o come diavolo si chiama quel, quella, quello schifo di persona che ti ha portato via la cosa più bella che avevi” “Stai tranquilla Leda, il dolore per la sua perdita non sparirà mai, ma ora sono molto più serena.Poi ti spiegherò.Ci vediamo domani allora.Ti bacio.” “ Fai buon viaggio Anna.Ti voglio bene” Era la prima volta che me lo diceva, ma mi diede una forza,come se nessuno me l’avesse detto mai. Finalmente sapremo la verità, la conosceremo direttamente dalla voce di quella o quello che potrebbe avere compiuto un gesto tanto crudele. Decisi di non pensarci più di tanto, di liberare la mia mente e di fare spazio a David per tutta la durata del viaggio di ritorno. Mentre sistemavamo i nostri zaini sulla pensilina del treno guardai fuori dal finestrino quel paesaggio così intenso, che avrei lasciato solo momentaneamente per poi riprendere da dove ci eravamo fermati.
-Allora è così che si muore? Qualcuno spegne la luce, noi chiudiamo gli occhi e smettiamo di esistere, o almeno smettiamo di esserci qui, per magari risvegliarci in un altro posto non troppo lontano.Qualcuno in molti casi decide per noi e ci toglie la spina, e non abbiamo nemmeno la facoltà di decidere se andarcene o rimanere. Come è strana la vita, a volte non mi garba per niente.Ma tant’è, qualcuno disse che quello che ci capita è quello che possiamo sopportare. Quindi questo significa che io posso sopportare la tua assenza sca, e probabilmente riuscirò a metabolizzare anche il modo in cui te ne sei andata e il perché. Ma questo lo scoprirò alla stazione di polizia.Tra poche ore il velo cadrà, e allora conosceremo lo scenario in cui si è consumata questa tragedia senza senso. Nel frattempo cercherò di riposare, di chiudere gli occhi e di lasciarmi cullare dal dondolio della carrozza che corre sui binari che ora mi appaiono come lunghe file di caramelle colorate, di fili intrecciati che si intersecano lungo gli attimi di un’esistenza vissuta nella beatitudine e poi piombata nell’incubo.Ma ora c’è David davanti a me, e anche lui ha chiuso gli occhi. Povero David, tutta questa storia deve avere segnato anche lui, lo sto portando indietro, in un posto che non è il suo, tra gente che non conosce e soprattutto dentro un imbuto di dolore che non gli appartiene. Lo guardo sonnecchiare e mi rendo conto che è un uomo davvero affascinante, che le poche rughe che gli adornano i contorni degli occhi lo rendono ancora più appetibile, che non ha nulla del quarantenne che in realtà è, che dimostra molto meno della sua età e che soprattutto ha un’anima da bambino. Candida, nobile, pulita e sincera. E’ questo ciò di cui ho bisogno ora, pulizia e sincerità. Basta con le bugie, le cattiverie, le finte amicizie. E’ ora di dare una mano di bianco su tutto questo grigio. Mi addormentai di botto, come se qualcosa mi avesse colpito alla testa e mi avesse fatto perdere i sensi.
Niente e nessuno venne a disturbare il mio riposo, nemmeno un sogno inopportuno,un battito di ciglia, un sospiro fuori luogo. Tutta la stanchezza di quelle ultime settimane mi si posò addosso come un cappotto che calza a pennello, mi vestì completamente, mi persi tra le braccia di Morfeo e mi ci adagiai fino quasi al capolinea. Sembrò che non dovessi svegliarmi mai, e fu davvero strano perché, da allora, non avevo più fatto un sonno così lungo, così pieno, così meravigliosamente vero e riposante. Aprii gli occhi quando mancava meno di mezz’ora all’arrivo nella stazione del mio paesino. David stava leggendo una rivista presa non so dove,era tranquillo e rilassato e mi rivolse un sorriso disarmante. “Buongiorno tesoro, ci siamo ormai.Dormito bene?” “Splendidamente.Ho dormito per ore e non posso davvero crederci” “Si, infatti abbiamo fatto diverse fermate e non hai battuto ciglio.Non hai nemmeno sentito il controllore che si è intrattenuto per un quarto d’ora buono a parlare con me.Dovevi essere stremata” In effetti lo ero, era come se avessi resistito e lottato contro il sonno fino a quel momento, per poi abbandonarmici finalmente arrendevole. Il fischio del treno annunciò che eravamo arrivati a destinazione.
MAMMA SONO TORNATA
Guardando fuori dal finestrino vidi che c’era mamma ad attendermi seduta sulla panchina. Mi sembrò di colpo così giovane, una bambina che aspettaun’amica che non vede da tempo. In effetti mamma giovane lo era davvero, avendomi avuta a diciottanni, durante l’ultimo anno di liceo. Che strano, non avevo mai pensato che potessimo essere scambiate per sorelle, ma ora, guardandola avvicinarsi sempre di più, mi resi conto che era davvero così. Prendemmo i nostri zaini e saltai letteralmente giù dai due scalini che mi separavano dal suolo, e corsi incontro a mamma con una veemenza che non avevo mai dimostrato in tutti questi anni. Le misi le braccia intorno al collo e iniziai ad assaporare il suo profumo di marsiglia, lo stesso con cui lavava i panni da quando ne ho memoria. Un profumo meraviglioso, rassicurante, di bucato appena steso e di tenerezza infantile. Alcuni profumi ci colpiscono le narici e ci rimangono dentro per sempre.Ad essi associamo un momento della nostra vita che non andrà più via, e ogni volta che sentiamo quel profumo lo associamo inevitabilmente a quell’attimo. David rimase qualche o lontano da noi, forse per pudore, per non interrompere quel calore, quell’intimità solo nostra, e fui io a chiamarlo, mentre mamma gli rivolgeva uno sguardo interrogativo, non immaginando certo che fossimo insieme. “Mamma, ti presento David.Ci siamo conosciuti sul treno e abbiamo condiviso questi giorni lungo il cammino di Santiago.Insomma mamma, non voglio farla
tanto lunga,David ed io stiamo insieme” Mamma mi rivolse un’occhiata che conteneva tutte le domande del mondo,la sua espressione ò da sorpresa a stranita a interrogativa e non so che altro, tutto nello spazio di un secondo. Ma subito si riebbe, diede la mano a David e disse “piacere di conoscerti David.Se riuscirai a far felice mia figlia,-e mi sembra che tu sia già sulla buona strada- non potrai che far felice anche me. David la abbracciò come si fa con i parenti che non si incontrano da tanto, troppo tempo, e con i quali non parliamo per fatti irrisolti che all’improvviso ci appaiono così futili e inutilmente trascinati per anni, ed io mi sentii l’anima leggera,mi sembrò di alzarmi in volo sopra di loro e di guardare i loro cuori sopra il ramo di un albero apparso dal nulla. Le persone che amavo di più erano diventate una cosa sola, si erano accettate spontaneamente e mi avevano riempito di orgoglio e gioia pura. Ridiscesi dal mio ramo immaginario e presi entrambe a braccetto, e conversando del più e del meno ci avviammo verso casa. Parlai a mamma di quel luogo straordinario, di come ci saremmo tornati dopo aver messo tutto a posto (lei sapeva cosa intendevo, ovviamente), e le chiesi come avesse ato quei giorni senza di me. “Nulla di particolare Anna, ho lavorato, riassettato casa, fatto qualche eggiata, e soprattutto ho aspettato che tornassi. Mi sei mancata così tanto,non sono abituata ad averti lontana così a lungo” Mostrai a David la sua camera, un locale che da anni avevamo adibito a stanza degli ospiti qualora qualcuno si fosse fermato per la notte, poi cenammo con delle lasagne favolose e dopo cena parlammo con mamma davanti ad una spremuta di frutti tropicali che mi parve nettare degli Dei, tanto era buona. “Sai Anna, non so se sia una buona idea assistere all’interrrogatorio di quella persona dal nome così strano,Io ho paura che tutto questo non ti faccia bene” “E perché mai? Io voglio sapere la verità, e voglio farlo guardandola in faccia. Voglio sentire uscire dalla sua bocca le parole che aspetto da tempo.Se è stata lei
a portarci via Fra voglio esserci quando confesserà come e perché” “Forse hai ragione cara,in ogni caso fà quello che senti.E tu David, che fai nella vita? Raccontami qualcosa di te” La serata ò nella spensieratezza più riposante, era tutto così naturale, così scorrevole. Domattina.Ancora poche ore e poi sapremo la verità. “Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi non avrò vissuto invano.Se allevierò il dolore di una vita, o guarirò una pena, o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido non avrò vissuto invano.” Questa poesia di Emily Dickinson mi attraversò la mente come una fucilata. Era una delle poesie preferite da Fra, me la scrisse sul diario in quinta elementare, quando lo ci si a tra amiche per farsi scrivere una dedica, una frase da conservare per sempre. Sembra un segno del destino ora, ma se riusciremo a trovare il tuo assassino Fra, non avremo vissuto invano.Se riusciremo ad alleviare la pena che impedisce alla tua anima di trovare la sua giusta collocazione nel Paradiso che sicuramente sta aspettandoti per aprirti le sue porte, allora davvero non avremo vissuto invano. Inutile dire che la notte non riuscii quasi a chiudere occhio. Continuai a girarmi e rigirarmi nel letto come se avessi le pulci nel materasso. Mi alzai una miriade di volte per prendere un bicchier d’acqua, un po’ di latte, un biscotto. La mattina dopo guardai sorgere l’alba dalla finestra della mia camera, con due occhiaie da paura che mi facevano assomigliarre ad un koala, e con le classiche farlalle nello stomaco. Mi sentivo come se un famiglia di falene stesse danzando il rock’n’roll nel mio intestino, e non c’era modo di fermare quella balera impazzita. Decisi di ignorarle e scesi a fare colazione. Mamma era già uscita, come al
solito. Ogni qualvolta mi alzavo presto la mattina, lei non c’era già più. Usciva col sorgere del sole e camminava, camminava nei viali circostanti,perché diceva che era un’abitudine che aveva sin da quando era ragazzina, e non l’aveva mai persa, nemmeno quando aspettava me e la pancia ad un certo punto le impediva di fare i km che macinava prima. La mia mamma.Quando l’amavo.La scomparsa di Fra aveva acuito quel sentimento, l’aveva ingigantito talmente che a volte credevo di non riuscire a sopportarlo. A quante cose e situazioni credevo di non riuscire a far fronte, pensavo di non essere più in grado di camminare da sola, o di guardare un tramonto senza che mi si spezzasse qualcosa dentro, inesorabilmente. Invece non era così. Ero in grado di fare ciò che avevo imparato prima della sua scomparsa, solo che non me ne rendevo conto. Era come se ogni volta dovessi prendere in mano un libro ed imparare la lezione a memoria, dato che pensavo di averla dimenticata. Poco dopo scese anche David, e mentre beveva il suo caffè mi tenne la mano, senza parlare. Quel gesto fu più eloquente di tutte le parole che un oratore avrebbe potuto trovare. “Bene, direi che l’ora è giunta.Andiamo ad alzare il sipario”
IN QUESTURA
Ci incamminammo ognuno perso nei propri pensieri, e quando fummo davanti alla questura mi prese un attacco di panico. Iniziai a sudare copiosamente, mi mancava il respiro, non riuscivo più a pronunciare parola alcuna, e il mondo si stava allontanando. Lo vedevo da una distanza infinita, era come se non fossi più qui, ero in un altro universo parallelo a quello che avevo sempre conosciuto, potevo toccare il mondo odierno con una mano, ma non mi riusciva di tornare indietro. Una sensazione di paura terrificante, in quel momento sapevo che non c’era persona al mondo che avrebbe potuto aiutarmi, riportarmi indietro. Una volta un medico mi disse che gli attacchi di panico non ci devono indurre alla paura che diventeremo pazzi, ma dobbiamo lasciarcisi sopraffare, finchè tutto torni alla normalità. E fu quello che feci.Mi sedetti per terra, incurante di chi avrebbe potuto vedermi, e aspettai che il caldo che sentivo divenisse sudore freddo; che David tornasse ad essere chi veramente era, e piano piano tornai aldiquà. “Dio Anna, che spavento mi hai fatto prendere,non sembravi più tu.Ma che è successo? Come stai ora?” “Sono tornata David, non preoccuparti.Non è la prima volta che mi capita. Il mio organismo attua una difesa verso ciò che mi fa paura, inducendomi questa paura ancora più grande.Ma io so di essere più forte, e anche se per vari minuti mi pare di impazzire, tutto a senza lasciare traccia.Sto bene ora David, davvero.Mi sento molto più forte dopo ogni attacco, invincibile quasi.Forse ci voleva per esorcizzare ciò che scoprirò tra poco. Andiamo ora, entriamo.Leda ci starà già aspettando.” Infatti Leda era seduta su una panchina all’interno della questura,con Manuel accanto a lei.
Appena mi vide mi corse incontro e ci abbracciammo forte senza dire nulla. Manuel e David si presentarono e aspettammo insieme di essere chiamati. L’interrogatorio iniziò un quarto d’ora più tardi, e noi potemmo assistervi dietro una grande vetrata da cui potevamo vedere e sentire tutto senza essere visti. Mi pareva di stare dentro quei polizieschi incasinati, dove i poliziotti commentano non visti l'interrogatorio di turno, non senza qualche espressione colorita, che noi non usammo mai. Leucippo aveva una lunga tuta arancione, come quella che vediamo nei carceri americani, e mi sembrò così piccola, così sperduta, che per un attimo provai misericordia. Ma mi riebbi subito, pensando che quella persona che ora mi appariva così fragile avrebbe potuto essere l’esecutore di un delitto finora irrisolto. Il poliziotto iniziò una lunga serie di domande, alcune pertinenti al caso, altre votate a scoprire la personalità dell’imputato, le sue abitudini, la sua vita privata, fino ad arrivare al punto cruciale. "Allora signorina, che mi dice riguardo all’atto profanatorio che stava per compiere sulla tomba di quella povera ragazza? E che mi dice del delitto? E’ stata lei?” Quelle parole così terribili pronunciate a bruciapelo mi diedero i brividi, e lo stesso effetto sembrò avessero anche su Leucippo, che iniziò ad agitarsi convulsamente sulla sedia, si portò le mani al viso e urlò come un ossesso in preda ad una crisi di nervi irrefrenabile. Il poliziotto cercò di calmarla, ma non riuscì nel suo intento.Leucippo divenne bianca bianca, iniziò a sudare copiosamente prima di perdere i sensi e cadere a terra con un boato che mi sembrò che la terra tutta fosse investita da una valanga gigantesca. Le vetrate vennero oscurate con una velocità allarmante, e per lunghi attimi non seppimo nulla di ciò che stava accadendo aldilà. Rimanemmo muti, ognuno perso nei propri pensieri, nelle proprie silenziose
congetture.Finchè la porta si aprì ed un agente ci comunicò che Leucippo aveva avuto una crisi nervosa talmente violenta per la quale fu necessario il trasferimento nell’ospedale più vicino. Che beffa, proprio ora che stavamo per scoprire la verità, o almeno una parte di essa, tutto ci scivolava di nuovo dalle mani, come quando cerchiamo di prendere un pesce e questo ritorna in acqua con un balzo liberatorio. “Potete tornare a casa,per oggi non ci sarà occasione di riprendere l’interrogatorio.Pare che la cosa sia abbastanza seria,vi chiameremo appena sapremo qualcosa di più” E così uscimmo dalla questura, con un peso irrisolto sul cuore e un senso di impotenza difficile da spiegare a parole. “Non verremo mai a capo di nulla,sembra assurdo ma questa è la mia sensazione” “Forse hai ragione Anna”-intervenne Leda tempestivamente- “ma possiamo sempre recarci in ospedale fra un paio di giorni e vedere di spuntare qualcosa di utile da Leucippo. Si, aveva ragione,forse quella era l’ultima speranza.
TUTTO E' PERDUTO ORMAI
Due giorni dopo Leda ed io ci recammo al reparto dove la presunta assassina era ricoverata, e fingendoci parenti che non vedeva da anni, riuscimmo a commuovere un’infermiera dalle gote rosse e dalle forme non propriamente paragonabili a quelle di una silfide a farci ammettere al suo cospetto. “Mi raccomando ragazze, non fatela stancare, è molto provata e non vorrei andare nelle grane” “Non si preoccupi signora, solo pochi minuti e poi la lasceremo riposare.Grazie infinite della sua comprensione” Entrammo nella stanza e notammo che Leucippo era distesa sul letto col viso rivolto verso la finestra. Il suo sguardo sembrava assente, come una bambola con gli occhi aperti che guarda l’infinito senza vedere nulla. Quando sentì la nostra presenza nella stanza si voltò, ci lanciò uno sguardo interrogativo e poi ci chiese chi fossimo. L’angoscia si impadronì dei mie sensi.La sua voce non mentiva, non tradiva nessuna emozione, nessun cenno di finzione, nulla che potesse far pensare ad uno strattagemma per sviare il nostro tentativo di parlare con lei. Il verde delle sue iridi ci ava sui capelli, sugli abiti, sui visi, cercando di cogliere un dettaglio che le riportasse alla mente chi fossimo, ma nulla trapelava da quella indagine. Ad un certo punto, come se qualche energia invisibile si fosse impadronita di lei, iniziò a tremare convulsamente, le sue mani sbattevano sul letto come una marionetta il cui burattinaio ha lasciato cadere i fili per poi riprenderli di colpo, su e giù, in una danza macabra e involontaria.
La sua bocca emise dei suoni gutturali, non riuscivo a credere che fosse davvero lei a muoversi in quel modo innaturale, inumano.Pronunciava parole che non ero in grado di comprendere,non avevano un senso compiuto, erano piuttosto lettere buttate lì a casaccio. Leda si precipitò a chiamare l’infermiera rubiconda, che con lo scatto di un centrometrista entrò nella stanza portando con sé una folata di aria fredda. Tutta quella massa che si muove ad una velocità incredibile non può che alzare un vento di quella portata-pensai quasi vergognandomene, data la situazione in cui ci trovavamo. L’infermiera ci fece uscire e poco dopo arrivarono tre medici con una strumentazione che assomigliava molto a quei computer di bordo che si vedono nei film di fantascienza, come se ci trovassimo su una stazione spaziale e dovessero monitorare non so quale asteroide o pianeta di una qualche galassia. Chissà perché mi venivano alla mente tutte queste associazioni così strane, forse fuori luogo, ma al momento così stupidamente attuali. Ci sedemmo fuori dalla porta, sul pavimento freddo e lucidato da poco, come due bambine che sono state messe in castigo e dietro un qualche angolo della loro cameretta aspettano che la mamma le chiami per condonar loro la pena con baci e carezze consolatorie. Sentimmo che dentro la stanza c’era un trambusto di gente che si dava un gran daffare per rimediare al malore che aveva colto Leucippo. Forse malore era un eufemismo, una parola magnanima per descrivere ciò che l’aveva colta di sorpresa, perché in cuor mio sentivo che la situazione non era certamente delle più semplici. Dopo una mezz’oretta durante la quale sembrò ci fosse una guerra all’interno della stanza, tutto tacque. Uno dopo l’altro uscirono i medici e poi l’infermiera, che ci guardò scuotendo la testa. “Che succede? Qualcuno può dirci qualcosa? “chiese Leda alzandosi in piedi.
“Un medico vi spiegherà tutto, potete aspettarlo nella saletta in fondo al corridoio.Arriverà tra pochissimo” “Ma lei? Lei come sta?” “Le è stato indotto il coma farmacologico, tra poco la trasferiranno in un ospedale molto più all’avanguardia in questi casi, altro non so.Ma accomodatevi, vi spiegherà tutto il dottore.” Leda ed io ci guardammo interrogativamente, eravamo entrambe esterrefatte.Coma farmacologico? Un altro ospedale? Il sospetto che la verità si stesse allontanando pericolosamente si faceva strada sempre più velocemente nelle nostre teste, come quando non sopporti la pioggia e sai che sta per scendere anche se tu non vuoi, e metteresti un telo gigantesco sopra il cielo per far si che non ti sfiori nemmeno una piccolissima goccia, ma ovviamente questo non accadrà e lo scroscio ti investe sogghignandoti alle spalle. Non potevamo fare altro che aspettare il medico armandoci di santa pazienza,tanto, ormai…. Un ragazzone alto alto con i capelli rossi e gli occhi verdi arrivò poco dopo e ci spiegò la situazione, che come immaginavo era tragica. Curiosamente, mentre esponeva i fatti, pensai che un uomo coi capelli rossi e gli occhi verdi assomigliava molto ad un semaforo.Oggi probabilmente mi sentivo particolarmente in vena di abbinamenti particolari. Insomma, per farla breve Leucippo non sarebbe tornata da noi per molto tempo, aveva subito una ischemia cerebrale particolarmente seria e non si sapeva quando avrebbero potuto svegliarla dal coma indotto, se mai avessero potuto farlo ovviamente. E anche in questo caso, le lesioni subite dal suo cervello sarebbero state tali da non permetterle di condurre una vita normale. Un vegetale.Se mai dovesse accadere a me, vi prego, staccate la spina. Non sopporterei di “non vivere” sentendo la commiserazione che mi gira intorno.
Di essere sospesa su un'amaca sopra il mio corpo inerte e di vedere la mia vita armi accanto da quassù,senza poterla riafferrare, senza poterla fare di nuovo mia. Il dottore si accomiatò dandoci la mano, e noi rimanemmo per molti minuti ancora sedute dove eravamo, a fissare il distributore dell’acqua a pochi metri da noi, guardando le bollicine all’interno del grande contenitore di plastica come se fossero parte di una sfera magica che avrebbe potuto rispondere alle nostre mute domande. Era come se i miei arti,sia inferiori che superiori, avessero subito uno choc tale da non riuscire a muoversi, nessun input arrivava dal mio cervello, sentivo le gambe pesanti come mattoni, avevano messo radici nel pavimento come un albero secolare che non riusciresti a sradicare nemmeno volendolo. Quando Leda finalmente si alzò mi accorsi con stupore che riuscivo a seguirla anche se non avevo pensato di farlo. Che strano-pensai-il mio corpo agisce indipendentemente dal mio volere. La seguii fuori come un cagnolino segue il padrone, aspettando un biscotto come premio meritato per la propria dedizione a chi si prende cura di lui. Ormai tutto era perduto. sca nel suo freddo ultimo viaggio, e Leucippo lontana, chissà dove. Sembrerà strano, ma in quel momento mi fece quasi pena.Una povera vittima di un corpo non suo. Una volta una mia parente tenuta in coma farmacologico per diverse settimane mi disse che i farmaci che ti tengono in vita mentre tutto intorno a te continua a muoversi come prima, e i medici fanno di tutto sul tuo corpo inerme per cercare di salvarti, ti mandano anche molto lontano, in posti a volte terrificanti, a volte meravigliosi, ma dove non sei stata mai. E giri in lungo e in largo per mari e monti, e ti sembra tutto così reale e al tempo stesso artefatto, entri in case senza mobili né porte, e sembra che il pavimento ti inghiotta.
Poi di colpo vieni catapultata in un mondo pieno di colori, e fiori che si muovono al vento, e dirigibili che ti volano sopra la testa, e conigli con orecchie lunghissime che ti sembra di stare nel mondo di Alice nel suo paese delle meraviglie. Lei mi disse che quando questi fiori cominciarono a danzare come sulle note di una musica a cui non riesci a sottrarti, allora capì che stava per tornare indietro, nel mondo che conosciamo, e difatti rientrò nel suo corpo proprio mentre un medico le stava accarezzando i capelli riportandola in vita. Chissà se anche Leucippo avrebbe trovato posti mai esplorati prima, se il suo girovagare chissà dove aldilà di questa dimensione le farà male o meno. Io pensavo a tutto questo e sapevo che sca, quasi sicuramente, stava finalmente entrando nel luogo che l’avrebbe accolta per sempre, un paradiso di pace. Non muore mai chi vive nel cuore di chi resta. E così sarà per te Fra. Sarai sempre viva nel mio cuore. Corsi a casa da David, non vedevo l’ora di tuffarmi nelle sue braccia, di essere consolata, rassicurata, amata, come quando ero piccola e cercavo le braccia di mamma ogni qualvolta mi sentivo triste, anche senza motivo. David mi accolse senza fare domande,e in quel momento seppi di aver fatto la scelta giusta, di aver trovato davvero l’amore.
CAMMINAMI NEL CUORE
Ed eccoci qui. Siamo tornati nel punto in cui avevamo interrotto il cammino. Siamo di nuovo a Santiago. Ma questa volta non ci siamo solo David ed io , coi nostri zaini pieni solo della nostra vita. Ci siamo tutti Fra. Mamma, Lisa, Leda,Manuel,Roby. E Walter. Si, anche Walter. Tutti riuniti per il nostro matrimonio. Abbiamo deciso di sposarci Fra. David ed io, due anime complementari e indivisibili. Ci sposeremo lungo il cammino, a metà, davanti all’altare dove tanti pellegrini lasciano una pietra o quant’altro, e pregano in silenzio. Un prete ci aspetterà ai piedi di questo simbolo di speranza,e ci unirà per sempre. Guardando mamma,Lisa e gli amici che ci vogliono bene, ognuno con la propria bisaccia sulle spalle, non posso fare a meno di pensare che la vita tanto ci toglie ma tanto altro ci dà. Queste persone che condividono il nostro dolore e la nostra rinascita non hanno prezzo. Stamane, quando siamo scesi dal treno, ha cominciato a piovere . Mi ricordo che una volta, tenendoci per mano, guardando una pozzanghera, tu dicesti "lasciamo la nostra immagine in quest'acqua così, quando evaporerà, ogni
goccia porterà un pò di noi in tutta l'aria della città". Non ho voluto l'ombrello. E quando la prima goccia mi ha raggiunta ho sentito qualcosa nella pancia. Rumori, e piccoli i al mio interno. Eri tu, che mi camminavi nel cuore. Forse il cielo ci sta restituendo qualche goccia di te.Mi piace pensarlo. Intanto ti lascio le mie orme sulla terra. Sono sicura che, guardandole, le riconoscerai, e ripercorrendole mi troverai, un giorno, da qualche parte nell'universo. Mi dicevo che non avrei più avuto una vita felice, che avrei portato i miei anni verso la vecchiaia ad occhi chiusi. Ero convinta che mai più ti vedrò come allora ti vidi. Mi ripetevo che ero morta anch'io, su quelle scale, e che il freddo che ci avvolgeva non mi avrebbe lasciata mai. Finalmente non è più così. Cara sca, ora vivi in un mondo apparentemente lontano,lontanissimo dal mio. Ma io ogni tanto busso a quella porta, e appoggiandovi l’orecchio mi pare di sentirti, aldilà, così felicemente affaccendata. Aspetto che tu mi dica “avanti” per poterti riabbracciare. Ma so che non è ancora il momento.