Amare Nonostante Tutto t5k6d

Amare nonostante tutto.

di Nadir Gibin

Cover: Stefania Stucchi

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Ogni riferimento a persone o eventi specifici è puramente casuale.

Alberto vive a Rapallo, cittadina che si affaccia sullo splendido Golfo del Tigullio, è un affermato architetto con una vita normale e qualche problema a trovare la ragazza ideale. Improvvisamente si trova coinvolto come principale sospettato di un furto nel suo studio e la sua vita sentimentale viene completamente sconvolta quando si accorge che le sue certezze traballano e suoi sentimenti più profondi sono rivolti verso un uomo. Da qui la ricerca della verità e di se stesso.

“Essere gay non è essere diverso. La diversità la vedrà solamente colui che vive “guardando” con gli occhi senza ascoltare il cuore. Essere gay a volte è semplicemente essere migliore di altri perché capaci di amare senza pregiudizi ascoltando il battito del cuore in piena libertà senza ipocrisia di sorte.” Silvana Stremiz

Capitolo 1

Il mare era calmo, le piccole onde illuminate dai lampioni si infrangevano sulla banchina, dando ad Alberto un senso di pace, di tranquillità. Ormai era un’abitudine finire la giornata seduto su una panchina del lungomare di Rapallo, ripensando alla giornata trascorsa, alle occasioni perse e a quelle sfruttate ma soprattutto a come affrontare al meglio la giornata di domani. Alberto era un ragazzo di ventisette anni, snello, con i capelli scuri e una barba ben rasata e regolare. Era innamorato della sua città, aveva sempre vissuto a Rapallo, adorava il suo ampio lungomare che affacciava sul Golfo del Tigullio. D’estate la eggiata era sempre trafficata di coppie anziane o meno che si godevano l’aria marina, di mamme sole, affannate a tenere a freno i loro bambini, in attesa del weekend per rivedere il marito. D’inverno molto meno popolato e più tranquillo, con la gente del posto che se ne riappropriava. «Ciao Alby, come stai? Sapevo di trovarti qui.» «Ciao Vale, finito la giornata? Hai fatto affari oggi?» Valentina era un’amica d’infanzia, titolare di una boutique nella via centrale, si frequentavano spesso. Lei era innamorata di Alberto ormai da parecchi anni e non ne faceva mistero, mentre lui la considerava una buona amica ma non riusciva a pensare a una storia insieme. Effettivamente non riusciva a pensare a una storia con nessuna delle sue amiche o conoscenti, aveva ottimi rapporti con tutte, riusciva a instaurare discorsi su qualsiasi argomento, ma non riusciva a immaginare l’idea di avere una relazione sentimentale con qualcuna di loro. «Si, devo dire che è stata un’ottima giornata, ho venduto parecchio. Certo che quest’anno, pur essendo in riva al mare, il freddo è particolarmente intenso vero?» disse sedendosi attaccata al ragazzo. Lui le mise il braccio sulle spalle e la strinse a se. Valentina stretta a lui si sentiva protetta, era come se la sua vicinanza cancellasse qualsiasi problema.

Avrebbe voluto con tutto il cuore poter essere qualcosa di più per Alberto ma era consapevole, anche perché lui glielo aveva detto chiaramente, di non essere nulla più di un’amica. Si ricordava perfettamente quella sera di fine agosto, lui era appena uscito da una relazione travagliata e brevissima con una delle varie bionde di cui Valentina si impegnava puntualmente a non ricordare il nome. Lei aveva già rotto con quello stronzo di Ivan da parecchi mesi, era un bel tipo ma completamente privo di rispetto verso gli altri. Valentina non aveva mai fatto nulla per nascondere i sentimenti che provava per Alberto, era convinta che, dopo l’ennesima relazione deludente, sarebbe arrivato il momento in cui lui le avrebbe dato la possibilità di amarlo come solo lei era capace, ma si sbagliava. Erano sul piazzale del Santuario di Montallegro, il panorama era da mozzare il fiato, il Golfo del Tigullio illuminato, era favoloso. Alberto era triste, le aveva chiesto di accompagnarlo lassù per chiacchierare un po’. «Vale, è possibile che ogni donna con cui abbia una relazione, dopo qualche tempo, mi appare insulsa, non mi attrae più ne sentimentalmente ne fisicamente. Tu conosci tutte le mie storie, sono malato? Secondo te ho qualche problema mentale?» Lo sguardo di Valentina si intenerì, avrebbe voluto abbracciarlo e tenerlo stretto tutta la notte. «Ma no scemo, che dici non hai problemi…tu. Secondo me sono loro ad avere dei limiti, a non saperti stimolare quando la storia inizia a…» «…a essere monotona? Vuoi dire?» continuò Alberto. «A essere importante intendevo, certo che stasera sei cinico.» «Scusami Vale, se non ci fossi tu non so davvero come farei.» «Già, come faresti senza di me…» sorrise lei, contagiando Alberto che, guardandola, si sorprese a pensare. Certo che Vale ha un sorriso davvero splendido, poi così abbronzata è proprio bella.

Si guardarono negli occhi, il tempo si fermò, erano talmente vicini che i loro profumi si mischiavano, fu un attimo e le loro labbra si unirono in un bacio dolce e atteso da tempo. Il cuore di Valentina batteva così forte che in quel silenzio, aveva paura si sentisse. Alberto scoprì quanto dolci e morbide fossero le sue labbra ma improvvisamente una sensazione lo colpì in pieno stomaco, come un pugno tirato a piena forza, gli sembrava di baciare sua sorella. Non sentiva nessun desiderio fisico, anzi era quasi imbarazzante, se pur piacevole. La allontanò dolcemente ma in modo deciso. «S-scusa, non volevo essere invadente.» balbettò Vale, non riusciva a capire per quale motivo lui l’avesse allontanata così repentinamente, in fondo non era stata lei a prendere l’iniziativa ma era successo tutto in modo molto naturale, il bacio era stato spontaneo da parte di entrambi «No no, non è colpa tua, scusami. E’ solo colpa mia.» Lei alzò la testa che aveva chinato per l’imbarazzo e vide i suoi occhi lucidi. Un colpo di palpebre e le lacrime cominciarono a rigargli il viso. «Ok! posso capire che non bacio bene, ma proprio farti piangere…» cercò di scherzare Valentina. «Ma no, stavolta la scema sei tu» sorrise Alberto. «Baci da dio e hai delle labbra splendide.» «E allora? perché queste lacrime?» Lei è l’unica che mi è sempre rimasta vicino, è capace di farmi sorridere quando sono triste o arrabbiato, è sempre stimolante parlarle di qualsiasi argomento, ha un sorriso dolcissimo e soprattutto è follemente innamorata di me. Perché tutto questo non mi basta per cominciare una relazione con lei? perché? La mente di Alberto era piena di interrogativi di cui non aveva una risposta.

«Non sento niente Vale. Sei perfetta, una bellissima ragazza, piacevole sotto ogni aspetto, sei l’unica con cui mi trovo sempre a mio agio. Ma… non ti amo, o meglio è un amore platonico, nulla di più.» «Platonico Alby? platonico? Io mi butterei nel mare per te, mi dici che sono l’unica con cui riesci a stare ma non senti niente, neanche quando ti bacio, hai solo una vaga idea di quanto male mi fai?» Adesso era Valentina a avere gli occhi pieni di lacrime. «Scusami…scusami» Alberto era rimasto senza parole alla sua reazione. «Non preoccuparti erà, non è il primo pianto che mi faccio a causa tua. In ogni caso sappi che se mai dovessi cambiare idea su di me io sono e sarò sempre ad aspettarti. Uno schiocco di dita e sarei da te.» «Non pensavo mi amassi a tal punto.» «Alby non c’è un livello di amore, o si ama o non si ama. Se è amore l’altra persona diventa per te una necessità e io ho bisogno di te, io ti amo. So che potrebbe sembrare che mi annienti ma non è vero, il mio è solo amore per te.» Lui la prese tra le braccia e la tenne stretta. Ne Valentina ne Alberto avrebbero dimenticato quella notte per tutta la loro vita. La brezza marina sul viso fece tornare Valentina al presente. «Che ne dici di un aperitivo? Andiamo a scaldarci all’ “Albatros”?» disse cercando di ricacciare indietro le lacrime. Trascorsero una serata tranquilla cercando argomenti che non risvegliassero quel dolore appena sopito. Alberto stava tornando a casa a piedi, abitava in una mansarda nel centro di Rapallo. Giunto a metà strada alzò istintivamente lo sguardo verso il secondo piano del palazzo di corso Mameli dove aveva sede lo studio associato di architettura Salvini & C., di cui lui faceva parte. Strano, quello sembrava un flash…o no?! Mi sa che Vale mi ha fatto bere un po’ troppo Prosecco. disse fra se e se.

Già che sono qui, faccio un salto su a controllare sia tutto a posto, questo è un momento delicato per lo studio, il Progetto EdilVerde sta per partire e fa gola a molti. Entrò nel palazzo, salutò Guglielmo e mentre saliva si domandò se quel custode avesse mai avuto una vita privata, lo aveva sempre visto nel suo gabbiotto, dubitava quasi avesse solo mezzobusto. Lo studio era avvolto nel buio, accese le luci ma non notò nulla di anomalo. Il grande openspace era suddiviso in vari uffici separati tra loro, da tramezze trasparenti, per cui con un colpo d’occhio riuscì a vedere tutta la sala, gli unici locali con pareti in muratura erano il bagno e lo sgabuzzino. Si diresse verso la cassaforte, la aprì e controllò gli incartamenti del progetto “Edilverde”.Non mancava niente. Diede ancora un’occhiata ai due locali chiusi senza trovare nulla di strano, spense le luci, uscì e si diresse tranquillo verso casa. Alcuni minuti dopo che la porta dello studio si era chiusa, nella completa oscurità, Stefano Porrini socio anziano dello studio, uscì da sotto una scrivania. Era stato fortunato, era l’ultima ancora da sostituire, le altre avevano tutte le gambe a vista e il piano in vetro. Non avrebbe avuto nessun posto in cui nascondersi e parecchie difficoltà a spiegare la sua presenza nello studio, a quell’ora, con una torcia e una macchina fotografica in mano.

Capitolo 2

Il giorno successivo erano quasi le dieci quando Alberto entrò in ufficio, quella notte era stata particolarmente agitata e si era svegliato più tardi del solito, con un colpo d’occhio vide i suoi tre collaboratori chini sulle loro scrivanie, si diresse direttamente verso Luca Salvini, il socio anziano dello studio. «Buongiorno Luca.» «Buongiorno, stamattina non ha suonato la sveglia?» Luca era un elegante signore brizzolato di cinquantatré anni con un sorriso solare e contagioso. Era intelligente, molto preparato nel suo campo e aveva una vasta cultura generale, cosa che aveva impressionato favorevolmente Alberto.. I due si erano trovati subito bene, avano ore a discutere sul progetto “Edilverde” e su qualsiasi argomento venisse loro in mente dimenticandosi spesso del tempo che ava. Il secondo collaboratore di Alberto, era Stefano l’altro socio anziano, entrato nello studio un anno dopo che Luca lo aveva aperto. Era molto alto e magro completamente rasato con due occhi neri intelligenti che continuavano a muoversi come fossero sempre in cerca di qualcosa o qualcuno. Amava il lusso, anche quando non se lo poteva permettere, una bella macchina, vestiti firmati e ogni suo viaggio, indipendentemente dall’interesse turistico del luogo, era finalizzato a trascorrere il periodo in un resort a quattro stelle, dove era servito e riverito. L’ultimo elemento dello studio era Gloria Parco, aveva trentatré anni, un fisico da indossatrice e un carattere dolcissimo. Alberto si era sempre domandato come faceva tutto ciò ad accostarsi a un viso tanto brutto, a lui dispiaceva giudicarla così ma il contrasto era davvero evidente, le labbra erano sottili, il taglio degli occhi andava in giù verso l’esterno del viso dandole un’espressione perennemente triste, le sopracciglia folte e vicine, il tutto sovrastato da una fronte molto bassa. Anche lei era già socia nello studio quando lui fu assunto. La prima volta che la vide era di spalle, rimase folgorato da quella silhouette

perfetta, ma fece davvero fatica a nascondere l’espressione di sbigottimento che gli si dipinse sul volto quando lei si voltò per presentarsi. «Stanotte ho avuto il sonno agitato, mi sono addormentato tardissimo. Ah ieri sera sono ato qui in studio.» «Ah davvero? E come mai?» «ando qui sotto, mentre andavo verso casa, mi è sembrato di vedere una luce, così sono salito a controllare. Ma era tutto a posto.» «Bene, bene. Ora però datti una mossa e mettiti al lavoro che dobbiamo finire alcuni progetti per venerdì» lo rimproverò bonariamente Luca e indugiò qualche istante guardandolo negli occhi. Era già capitato altre volte e Alberto si era sempre sentito a disagio, non riusciva a capire se era per il fatto che Luca fosse gay o se, in fondo, quello sguardo gli faceva piacere che s’intrufolasse nei suoi occhi. Dopo un paio d’ore, mentre erano tutti impegnati a lavorare, Gloria ruppe il silenzio. «Luca! Vieni qua muoviti!» «Che succede?» «Muoviti, c’è qualcosa che non va nel progetto “Edilverde”.» “Edilverde” era un progetto che era stato commissionato allo Studio dal Comune di Rapallo per la costruzione di un’area al cui interno sarebbero dovute sorgere cinque palazzine, un giardino, un parcheggio e un asilo. Luca non si era fatto scappare l’occasione, per lo studio sarebbe stata una pubblicità enorme, per non parlare dei guadagni. Il progetto però, prima di essere portato in commissione per essere approvato, fu modificato su idea di Alberto, trasformando una classica riorganizzazione urbana in un quartiere a emissione zero. Quell’area avrebbe dovuto produrre tutta l’energia che serviva in maniera autonoma ed ecologica, utilizzando pannelli solari e fotovoltaici, sfruttando l’energia eolica e altre particolari innovazioni ambientali. Questa modifica fu approvata immediatamente dall’Amministrazione Comunale in quanto il costo di realizzazione era aumentato in modo accettabile e la risonanza pubblicitaria avuta da questo progetto sarebbe stata politicamente vantaggiosa.

Proprio il polverone mediatico sollevato dal progetto, portò rapidamente anche effetti negativi, quali la richiesta di appalti per la costruzione, da parte di ditte che, nell’ambiente, erano conosciute per la loro inaffidabilità o l’eventualità di infiltrazioni mafiose che avrebbero potuto sfruttare l’occasione per riciclare denaro sporco. Questo e la paternità dell’idea, avuta dallo studio, di alcune soluzioni tecnologiche altamente remunerative erano le motivazioni per cui il progetto “Edilverde” era così segreto. Alberto, Stefano e Luca si precipitarono alla cassaforte, Gloria era in piedi con un faldone in mano. «Controlla tu Luca, magari mi sono sbagliata.» Stefano fu più veloce, prese il faldone e controllò attentamente i fogli all’interno. «Io non vedo nulla di strano, questa parte del progetto è completa, non manca nulla.» «Posso guardare?» lo interruppe Luca prendendo a sua volta in mano il faldone. Dopo alcuni minuti in cui spostò e rispostò i fogli del faldone, alzò lo sguardo e disse. «Gloria, hai ragione, i fogli sono stati messi in un ordine diverso, certo non erano numerati ma la sequenza è sbagliata, noi non avremmo mai fatto un errore simile. Tu e Alberto…» disse Luca rivolto a Stefano. «…terminavate i progetti, in seguito Gloria e io li mettevamo in archivio secondo un criterio ben preciso. E questi fogli non lo sono più. Ragazzi abbiamo un problema.»

Qualche ora dopo l’ufficio brulicava di Carabinieri, due di loro, che indossavano una tuta bianca con la scritta “Scientifica”, avevano sparso polverina bianca sulla cassaforte e su tutti i faldoni del progetto “Edilverde” facendo saltare i nervi a Gloria che si era raccomandata più volte di fare attenzione. Entrò un graduato che chiese chi era il titolare o responsabile dello studio. «Sono io, Luca Salvini.»

«Buongiorno signor Salvini, sono il capitano Sorgi, possiamo andare in un posto un po’ meno rumoroso per fare quattro chiacchere?» «Certo capitano le va bene il mio ufficio?» «Perfetto.» Non si poteva certo parlare di privacy visto che le pareti degli uffici erano trasparenti, ma almeno le conversazioni erano salvaguardate. Luca spiegò velocemente cos’era il progetto “Edilverde”, la sua importanza, le aspettative del Comune di Rapallo e come si erano accorti che qualcosa era stato toccato. «Capisco ora le pressioni per un intervento così minuzioso e tempestivo» disse il capitano più a se stesso che a Luca. «Può dirmi cos’ha fatto ieri sera?» «Certo, ieri sera ero a cena da amici a Portofino, sono arrivato verso le diciannove e, poiché si era fatto tardi e avevamo bevuto un po’, mi sono fermato da loro per la notte. Stamattina sono venuto direttamente in studio. Se vuole controllare, le fornisco il loro nominativo.» «Grazie non ora, ma lo farò.» Dopo aver finito di parlare con Luca, fu il turno di Stefano, che dichiarò che la sera precedente aveva cenato a casa con la moglie fino alle venti e trenta circa, poi era uscito per andare a bere qualcosa con degli amici. «Questi amici confermerebbero la sua presenza?» «Certo capitano, non insinuerà che mento?» disse indignato Stefano. «Io non insinuo niente, sto solo cercando di ricostruire, per quanto possibile in maniera veritiera, quanto accaduto ieri sera.» Fu poi il momento di Gloria, che non aveva molto da dire, se non che era andata al cinema con suo marito e i due figli e che tornati a casa, erano andati a dormire fino al mattino dopo. Per ultimo Sorgi, chiamò Alberto.

«Buongiorno signor Sironi, le spiacerebbe raccontarmi cos’ha fatto ieri sera?» Alberto raccontò di essere andato a prendere un aperitivo con una sua amica e che, mentre rientrava verso casa, aveva notato una luce provenire dallo studio. A lui era parso un flash, ma non ne era sicuro. Poiché sapeva cosa c’era in ballo con il progetto “Edilverde” aveva deciso di entrare in ufficio e controllare che fosse tutto a posto. «Ed era tutto a posto?» «Si certo, ho anche controllato nelle varie stanze che non ci fosse nessuno e poi me ne sono andato.» «Nessuno l’ha vista? era solo quando è tornato a casa?» «Sì, ero solo e …no non mi ha visto nessuno, a quell’ora Rapallo è deserta.» «Sironi, lei non ha una fidanzata, una moglie, qualcuno che possa are quanto lei mi ha raccontato?» Alberto sentì una goccia di sudore scendere lungo il collo, spostò lo sguardo e incrociò gli occhi di Luca, gli stava sorridendo, come a dargli coraggio. «No capitano vivo da solo.» «Grazie Sironi, andiamo di là, ho bisogno di parlare con tutti e quattro insieme.» Uscirono dall’ufficio, Alberto si sentiva frastornato, come se non avesse ancora smaltito i postumi di una sbronza, sapeva di non essere in una bella situazione ma non riusciva a capire come aveva fatto a ritrovarcisi dentro. «Paschi, venga un attimo» Il capitano si era rivolto a uno dei due carabinieri con la tuta bianca. «Si capitano, mi dica.» «La porta d’ingresso?» «Nessun segno di effrazione, sulla cassaforte e sui faldoni ci sono molte impronte ma non posso dirle niente prima di analizzarle in ufficio.»

«Per ora mi basta questo. Signori, lo stato delle cose e le vostre dichiarazioni farebbero pensare a qualcuno che nottetempo si è introdotto nello studio e abbia fotografato i progetti. Il problema è la mancanza di segni di effrazione sulla porta d’ingresso e sulla cassaforte.» «Questo cosa significa?» lo interruppe Stefano. «Ci sono tre possibilità» continuò il capitano, «la prima, il nostro topo d’ufficio è molto abile, ha forzato la serratura senza lasciare segni e aperto la cassaforte con la combinazione in quanto già a conoscenza perché carpita, in chissà quale modo, da uno di voi. La seconda, stessa situazione di prima ma con la differenza che qualcuno dell’ufficio lo abbia aiutato volontariamente, terza e ultima possibilità, che il topo d’ufficio sia uno di voi.» I quattro rimasero impietriti da quel discorso, mentre il capitano si girava verso Alberto. «Ovviamente lei, signor Sironi, è l’indiziato numero uno.» «Io??» fece finta di cadere dalle nuvole Alberto, anche se perfettamente consapevole che era l’ultimo a essere entrato nell’ufficio. «Si certo, capisca la mia posizione, lei è l’ultimo a essere entrato nell’ufficio, conosce la combinazione della cassaforte, è l’unico ad aver visto quelle luci o flash, non era a conoscenza del metodo di archiviazione e ultimo ma non meno importante, non ha un alibi.» Alberto sbiancò, era come se si fosse aperta una voragine sotto i piedi, si trovava a essere indagato per furto, se non per spionaggio industriale senza sapere come. «M-ma non ho fatto nulla, non sono stato io a toccare quei faldoni» non riusciva neanche a parlare dall’agitazione. Tutti e tre i colleghi gli si strinsero intorno. «Vedrai che riusciremo a capire cos’è successo, siamo sicuri che tu non c’entri niente» gli disse Stefano mettendogli un braccio intorno alle spalle. «Nessuno dei quattro lasci Rapallo per i prossimi giorni, avrò sicuramente altre cose da chiedervi, arrivederci» terminò il capitano e uscì dallo studio che ormai si era svuotato, i carabinieri avevano terminato il loro lavoro.

Sembrava una situazione irreale, in un secondo, le loro vite, erano ate dalla gioia e trepidazione per la presentazione del nuovo progetto, alla disperazione più cupa. «Ragazzi vista la situazione, sicuramente nessuno di noi riuscirebbe a lavorare per cui andiamo tutti a casa a cercare di rilassarci, ci rivediamo qui domattina» disse Luca. Il suo tono era triste, rassegnato, non si sarebbe mai aspettato uno sviluppo del genere. Alberto, a casa, si era fatto subito una doccia. Ora era in accappatoio in cucina con un caffè fumante davanti e la mente che viaggiava alla velocità della luce alla ricerca di una spiegazione plausibile su ciò che era successo. Il camlo della porta d’ingresso trillò. Aprì, era Luca. «Ciao, come mai da queste parti?» «Posso entrare?» «Si certo, scusa mi hai preso in contropiede, non mi aspettavo questa visita» disse Alberto senza nascondere la sua sorpresa. Fece accomodare Luca in cucina, gli versò una tazza di caffè ancora caldo e si sedettero entrambi al tavolo uno di fronte all’altro. «Sono ato per vedere come stavi, sicuramente quello che ha detto il capitano ti ha scosso parecchio.» «Sì, non me lo aspettavo ma pensando alla situazione, oggettivamente, non ha tutti i torti a sospettare di me. Luca ti giuro che non sono stato io.» Di nuovo quello sguardo, Alberto si sentiva sempre disarmato in quelle situazioni, i suoi occhi sembrava potessero scavare nel suo cuore, non voleva ammetterlo ma quella soggezione gli piaceva. «Non ho dubbi sulla tua innocenza, infatti, sono venuto qua per dirti che sono dalla tua parte, in un modo o nell’altro riusciremo a capire chi ci ha fatto questo brutto scherzo.»

Nel frattempo la mano di Luca era andata a posarsi su quella di Alberto, lui l’aveva appoggiata distrattamente sul tavolo accanto alla tazzina. Riuscì a non sussultare e togliere la mano a quel tocco, il momento durò qualche secondo, durante il quale lo sguardo di Luca rimase fisso nei suoi occhi. Quindi sollevò delicatamente la sua mano e si alzo. «Ora vado Alberto, non buttarti giù, insieme ce la faremo.» Luca percorse il corridoio, aprì la porta e se la chiuse alle spalle. Alberto rimasto seduto al tavolo, stava ancora pensando al tocco della mano sulla sua. Era spaventato da ciò che sentiva, ma voleva essere sincero con se stesso, quella sensazione di calore e delicatezza lo aveva fatto stare meglio, avrebbe voluto che quel momento fosse durato di più…molto di più.

Capitolo 3

Il capitano Sorgi era nel suo ufficio, erano le undici di mattina, era ato un giorno solo da quello strano episodio nello studio di architettura del Salvini e aveva già ricevuto le telefonate, in ordine d’importanza, dal colonnello comandante del Comando Provinciale dell’Arma, dal Sindaco di Rapallo e da alcuni assessori comunali. Tutti chiedevano a che punto fosse l’indagine. Certo che questo progetto dev’essere dannatamente importante e remunerativo se arrivano pressioni di questo genere dopo un solo giorno. Si domandò fra se e se l’ufficiale. Non riuscì a terminare i suoi pensieri che sentì bussare. «Avanti.» «Buongiorno capitano, sono arrivati i risultati sulle impronte che abbiamo rilevato ieri allo studio.» «Perfetto Paschi, le appoggi sul mio tavolo, grazie.» Sorgi, prese la busta, la aprì e lesse il rapporto della Scientifica. Il sentimento che provò fu di tristezza perché, come aveva previsto, non vi erano impronte diverse da quelle delle quattro persone che lavoravano al progetto, motivo per il quale si andava sempre più aggravando la posizione di Sironi. Non sapeva per quale motivo, ma l’istinto gli diceva che quel ragazzo non era colpevole, ma le prove rivelavano il contrario. Il capitano, alzò il telefono, compose lentamente un numero che ormai conosceva a memoria, ebbe una breve conversazione e poi richiuse. «Paschi!» Dopo qualche minuto il carabiniere si affacciò alla porta dell’ufficio. «Prenda una macchina, iamo in Procura a ritirare il mandato di perquisizione

firmato dal PM e andiamo a perquisire la casa di Sironi.» Circa un’ora dopo, Alberto era in casa seduto sul divano, con lui c’era Valentina, quel giorno non era andata al lavoro, voleva restargli vicino dopo aver saputo quanto era successo. Lui era confuso continuava a pensare al giorno prima, in cucina con Luca. E’ un amico, certo è omosessuale, ma non vuol dire niente quella mano sulla mia. Sì, è vero, mi ha fatto piacere, ma sarebbe stata la stessa cosa fosse successo con Vale, infatti sono felicissimo che lei sia qui ora. «Alby tutto ok? Ti vedo distante. Beh che scema, con quello che ti è successo, non può essere diverso.» Alberto le aveva raccontato tutto, anche la visita di Luca, ma aveva omesso del contatto tra loro e soprattutto, le emozioni che gli aveva suscitato. Si vergognava. Si strinse a lei, le prese le mani, voleva accertarsi che quello che aveva sentito con Luca non era diverso da ciò che provava con lei in quel momento, ma fu distratto dal suono del camlo. Aprì la porta e si trovò davanti il capitano Sorgi, con tre agenti alle spalle. «Buongiorno capitano, a cosa devo la sua visita?» «Buongiorno Sironi, mi spiace ma ho un mandato di perquisizione per il suo appartamento e per ciò che è di sua proprietà.» Quasi contemporaneamente Valentina aveva raggiunto Alberto sulla porta appoggiandosi a lui. Istintivamente alle parole del capitano si aggrappò al braccio dell’amico. «Oh no!» «Dai stai tranquilla Vale, vedrai che non succederà nulla, non ho fatto quello di cui mi accusano, non troveranno nulla. Prego capitano entrate pure.» «Grazie. Vuole farsi assistere da un avvocato?» «No, sono tranquillo, fate pure» rispose con un filo di voce.

Sorgi si rivolse ai suoi sottoposti. «Andate e cercate ovunque, ma con discrezione, non voglio che facciate danni.» I tre iniziarono a controllare ogni parte dell’appartamento di Alberto che assisteva ansioso alle operazioni. I carabinieri controllarono tutti i mobili, guardarono nel frigorifero, nei cassettoni delle tapparelle, nelle fodere dei materassi, esaminarono ogni centimetro della sua casa. La cosa che più lo fece stare male fu vedere ogni suo indumento, intimo o no, in mano a sconosciuti. Si sentiva violato, avrebbe voluto strapparglieli di mano e buttarli fuori da casa sua a calci. Terminarono circa un’ ora dopo. Uno dopo l’altro i tre carabinieri si rivolsero al capitando dicendo che non avevano trovato nulla d’interessante. Sorgi fece per rivolgersi ad Alberto, ormai un po’ più sereno, dopo che ogni stanza era stata rivoltata come un calzino, quando suonò il camlo della porta d’ingresso. Alberto fece per andare ad aprire ma un carabiniere lo fermò. «Lasci Sironi, Paschi vai tu» disse il capitano. Paschi aprì la porta e Alberto vide un quarto carabiniere che aveva in mano una piccola macchina fotografica digitale. «Abbiamo trovato questa nei bidoni della spazzatura qui davanti» disse il militare fuori dalla porta. «Lei la riconosce?» Sorgi si rivolse ad Alberto. «Beh si sembrerebbe la mia, non la uso spesso, solo quando vado in vacanza, pensavo fosse ancora nel cassetto del comodino dove l’avevo messa l’ultima volta.» «Beh direi che non è così, anche perché l’avrebbero trovata i miei colleghi» e poi l’ufficiale continuò «Hai controllato? Ci sono foto?» «No nessuna foto, ma potrebbero essere state cancellate.» «Ok, subito alla scientifica e lei ci deve seguire in caserma.»

Alberto rimase come paralizzato, Valentina ormai aveva le lacrime agli occhi, non sapeva cosa fare o cosa dire. «Alby, amore mio…» «Vale, stai tranquilla, devi solo farmi un favore, appena usciamo da qui, vai subito da Luca Salvini, te lo ricordi vero? Siamo usciti qualche volta insieme.» «Si certo, ma perché lui?» «Perché è il mio capo, è l’unico di cui mi fidi, oltre a te ovviamente» le disse sorridendo. «Va bene capitano, prendo la giacca e andiamo.» Uscirono tutti e sei dall’appartamento. Paschi mise un sigillo alla porta d’ingresso. Sullo stesso c’era scritto “Locale sottoposto a sequestro giudiziario”. Valentina corse subito a casa di Luca, conosceva l’indirizzo. Qualche mese prima, erano usciti tutti insieme e alla fine della serata erano andati a bere un ultimo bicchiere a casa sua. Gli spiegò cosa era successo. «Andiamo subito dai carabinieri, voglio vedere quali prove hanno in mano e quali sono le loro intenzioni » disse risoluto. Giunsero in caserma una decina di minuti dopo e furono subito accompagnati nell’ufficio del capitano. «Mi spiace signori, Sironi è indagato con le imputazioni di furto aggravato e spionaggio industriale. E’ in stato di fermo e l’appartamento è sotto sequestro.» «Dov’è ora?» la voce di Valentina tradiva il suo stato di angoscia. «Nelle nostre celle di sicurezza. A quest’ora il PM non è più rintracciabile e senza un suo esplicito ordine di rilascio o custodia non posso fare altrimenti.» «Davvero non ci sono altre soluzioni? Garantisco io per lui, sono il suo titolare, in più sono quello che ha perso di più in questa vicenda. Io sono sicuro della sua innocenza.»

«Mi spiace signor Salvini ma questa notte il Sironi rimane nostro ospite.» «Possiamo rimanere qui, fuori dalla camera di sicurezza fino a domattina e poi vedere cosa dice il Pubblico ministero?» «Se avete voglia di are la notte su due sedie, non sarò io a buttarvi fuori» terminò il capitano. Valentina e Luca si guardarono e annuirono con la testa.

Ormai erano le tre di notte ed entrambi erano con la schiena a pezzi, stare seduti tante ore su quelle sedie era davvero devastante. Alberto non sapeva neanche che fossero li, ma a loro non importava, volevano essergli vicino. Avevano parlato di tante cose, soprattutto di com’era potuta accadere una cosa del genere, ma entrambi non riuscivano a dare una spiegazione, che avesse un senso, alla vicenda. Improvvisamente Valentina disse «Sei innamorato di Alberto, vero?» Luca si sentì spiazzato da quella domanda così diretta, ma non voleva mentire, soprattutto alla migliore amica di Alberto o fidanzata, per quello che lui ne sapeva. «Sì, ma non voglio intromettermi nel vostro rapporto, Alberto e io parliamo molto ma quando cerco di sapere qualcosa della sua vita sentimentale, si chiude a riccio, è una persona molto riservata, sei la sua fidanzata?» «No…magari» disse triste Vale «Sono innamorata di lui da sempre, ma lui non mi vede, abbiamo già fatto questo discorso mesi fa, sono la sua migliore amica, ma non prova amore per me. Ne sono sicura, anche se ogni volta che lo dico mi si spacca il cuore.» I suoi occhi erano pieni di lacrime. «Mi dispiace, so cosa vuoi dire, è vero amo una persona del mio stesso sesso, ma l’amore che proviamo tu e io è identico, il dolore, la gioia, l’ansia non hanno

sesso. L’amore non ha sesso, è amore punto e basta.» «Hai ragione. Ogni volta che parlo con un gay, ho una conferma della vostra sensibilità.» E un sorriso spuntò sulle sue labbra. Luca fece uno sguardo ironico avvicinò le dita piegate quasi a pugno alle labbra e gli alitò sopra, come per dire “con chi pensavi di avere a che fare?” poi entrambi si misero a ridere. Valentina era un pochino più serena, si appoggiò alla spalla di Luca e si addormentò. Aprì gli occhi alle sette quando un carabiniere entrò nella sala visitatori accanto alle camere di sicurezza dicendo che il capitano Sorgi voleva parlare con loro. Entrarono nell’ufficio e si trovarono davanti Alberto, non avevano sentito quando lo avevano fatto uscire dalla cella, probabilmente erano addormentati. «Alby come stai?» «Tutto bene Alberto?» Alberto era stupito. «E voi cosa ci fate qui a quest’ora?» «Hanno ato la notte qui a vegliare su di lei, deve ritenersi fortunato ad avere due amici come loro» s’si intromise il capitano. Le lacrime salirono agli occhi di Alberto. «Si sono assolutamente fortunato.» «Ho già telefonato al PM, fortunatamente è stato particolarmente mattiniero e mi ha confermato il suo fermo giudiziario e il sequestro dell’appartamento. Posso fare in modo che non rimanga in caserma, ma ho bisogno di un indirizzo preciso e di un garante. Lei, Sironi, non si può allontanare per nessun motivo da Rapallo, pena una denuncia e arresto immediato per entrambi.» «Penso di parlare anche a nome di Valentina ma possiamo garantire entrambi per

lui» disse subito Luca. Valentina annuì più volte velocemente. «Scelga lei Sironi.» Alberto era indeciso, l’istinto gli avrebbe fatto scegliere Luca ma la paura di ciò che sentiva gli fece dire Valentina. Luca ò il colpo ma riuscì a non darlo a vedere. «Perfetto, l’importante è che tu sia fuori di qui.» Firmarono diversi verbali e uscirono dalla caserma. Luca li salutò e loro salirono sulla macchina di Valentina per raggiungere la casa di lei. In macchina regnava un silenzio assoluto, Erano assorti nei loro pensieri. Fu lui a romperlo. «Grazie! Grazie per essermi stati così vicino.» «Figurati, per te questo e altro, lo sai. Devo dire che il tuo titolare è davvero una bella persona, è interessante, » e dopo qualche secondo di attesa decise di colpire duro, voleva vedere la sua reazione. «Lo sai che ti ama, vero?» Alberto si girò verso di lei, il suo sguardo era un misto di ammirazione e spavento, lei sorrise. «Sì, lo sai…e tu cosa provi?» Lui rimase in silenzio. Anche Luca tornando a casa era perso nei pensieri. Ha scelto lei, perché? Perché? So che prova dei sentimenti per me, ne sono sicuro. Non era arrabbiato, ma irritato, confuso, poi la sua mente tornò a parecchi anni indietro, quando anche lui aveva iniziato a rendersi conto di essere attratto da altri uomini. La difficoltà di combattere contro un’etica, imposta da un’

educazione cristiana, che imponeva paletti preconfigurati. La paura dei pregiudizi di chi gli era intorno, al momento in cui avessero saputo della sua omosessualità. Qualcuno si sarebbe comportato come se fosse una cosa normale, altri gli avrebbero parlato dietro, lo avrebbero additato o peggio ancora si sarebbero allontanati da lui. Con il tempo era riuscito a affrontare tutte le sue paure, alcune vincendole altre convivendoci ma ora era felice e sicuro di se. Alberto stava cominciando ora a percorrere quella strada e nessuno, neanche lui stesso, avrebbe potuto sapere dove lo avrebbe condotto. Questo per lui è un momento di grande confusione. Ricordo perfettamente quando mi sono trovato nella sua situazione. Devo dargli tempo, arriverà il momento in cui prenderà una decisione, spero solo che riesca a sentire cosa gli sta urlando il cuore. I giorni avano lenti per Luca, aveva ripreso il suo lavoro allo studio, ma la mancanza di Alberto si faceva sentire, sia socialmente che professionalmente. Era ato una sola volta a casa di Valentina per vedere come stava e lo aveva trovato molto stanco, nervoso. Lo aveva trattato molto freddamente e lui di conseguenza non si era comportato in modo migliore. Alberto gli aveva detto che la scientifica aveva recuperato dalla memoria della macchina fotografica le foto di numerosi fogli di quel faldone. Quest’ulteriore prova peggiorava, se possibile, la sua situazione e lui continuava a non capire come avessero potuto trovarsi li. Poi lo aveva accompagnato alla porta e salutato molto formalmente. Lo stato d’animo degli altri colleghi era diverso, Stefano continuava il suo lavoro come non fosse mai successo nulla. Ogni tanto lo si sentiva borbottare. «Ma che cosa gli è venuto in mente a quel ragazzo, lo abbiamo sempre trattato così bene.» E poi tornava al lavoro. Gloria invece ne parlava continuamente. Anche lei si chiedeva perché Alberto avesse fatto una cosa del genere, cosa ci avrebbe guadagnato, se aveva dei complici. Aveva sviscerato gli avvenimenti di quel giorno, minuto per minuto, come avesse una parte attiva nell’indagine. Una mattina Stefano uscì con una delle sue solite frasi. «Certo che è stata una bella fortuna per noi che lui abbia sbagliato a mettere in ordine i fogli dopo averli fotografati. E comunque la sua storia del lampo di luce, di aver controllato ovunque, persino nello sgabuzzino senza trovare nessuno, non

regge, poteva architettare una scusa un po’ meno infantile.» Luca sbottò, aveva appena finito di sfogliare alcuni quotidiani. «Basta! Avete finito di dare contro a un vostro collega, un vostro amico, pensavo aveste un po’ più di cuore e d’intelligenza. Certo ci sono degli indizi ma le indagini non sono ancora terminate. Siete come i giornalisti di questi giornali, lo avete già condannato.» Quindi li batté con forza sul tavolo, dove stavano lavorando gli altri due. Alcuni titoli recitavano “Alberto Sironi manda a picco il progetto EDILVERDE” e ancora “EDILVERDE. Preso il ladro di informazioni”. I due si guardarono, traspariva vergogna. Mentre Luca si metteva il cappotto e usciva sbattendo la porta dello studio sentì la voce di Gloria. «Scusa, hai ragione.»

Capitolo 4

Il capitano Sorgi era nel suo ufficio, in silenzio. Pensava al caso “Edliverde”, aveva ricevuto l’ordine di chiudere le indagini, ma c’era qualcosa che non gli tornava. Quel Sironi era troppo attaccato al progetto, non avrebbe mai fatto nulla per mandarlo all’aria, per non parlare dell’amicizia sincera tra lui e il suo titolare. Certo erano tutte considerazioni personali, se fosse dovuto stare alle prove avrebbe già terminato, ma il lavoro di un investigatore non si risolve nel portare in evidenza le prove materiali, è altrettanto importante analizzare comportamenti, modi di fare e seguire le intuizioni. Si era sempre comportato in questo modo e avrebbe fatto così anche in questo caso. Bussarono alla porta dell’ufficio. «Entra Paschi.» Il carabiniere entrò con un’espressione un po’ stupita. «Buongiorno capitano, ma come faceva a essere sicuro che fossi io?» «Perché ogni volta che cerco di tirare le fila di un’indagine e sono assorto in una linea di pensiero, entri tu a disturbare» disse fintamente scocciato l’ufficiale. «M-mi spiace non volevo.» «Lascia stare, cosa volevi dirmi?» «Stavo leggendo le trascrizioni delle intercettazioni ambientali dello Studio Salvini…» Sorgi, appena lasciato libero Alberto, aveva richiesto al PM di mettere sotto sorveglianza ambientale lo studio e i telefoni dei soci e dipendenti. Il Pubblico Ministero, non era molto convinto ma conoscendo il fiuto del capitano, aveva acconsentito. «E…» chiese impaziente il capitano.

«Si scusi, potrebbe non essere importante, un’intuizione…» Eccola, speriamo sia quella giusta. Pensò Sorgi. «…ma, Stefano Porrini stamattina, mentre parlava del furto, ha detto che Sironi poteva architettare una scusa più plausibile invece di dire che aveva controllato ovunque, anche nello sgabuzzino, e non aveva trovato nessuno.» «E allora?» «I verbali di sommarie informazioni, come sempre, li abbiamo presi separati, come poteva sapere che nella sua visita notturna l’indagato, aveva guardato anche nelle stanze chiuse?» Sorgi batté con forza una mano sulla scrivania, facendo spaventare Paschi. «Portami quei fogli, dai muoviti.» «Eccoli, sapevo che me li avrebbe chiesti.» Rispose immediatamente Paschi porgendo qualche foglio A4 al capitano. «Uhm, magari gliel’ha detto prima che arrivassimo noi, quando hanno scoperto il furto, ma vale la pena fare un tentativo. Contatta Sironi e chiedi se ha detto a qualcuno di quel particolare. Se questa intuizione è corretta Paschi, ti propongo per una promozione» disse Sorgi mentre la sua attenzione era già catturata da quanto scritto nei fogli. Paschi sorrise e uscì dalla stanza. Qualche minuto dopo era già di ritorno. «Capitano, Sironi afferma con sicurezza di non aver detto a nessuno quel particolare, ha raccontato solo del flash visto dalla strada e che fosse tutto a posto dopo essere salito a controllare.» Il capitano rimase pensieroso qualche secondo poi si riscosse. «Dobbiamo controllare tutte le piste possibili. Abbiamo un po’ di lavoro da fare. Muoviamoci!»

Luca era arrabbiato, i titoli dei giornali, le continue allusioni dei suoi colleghi gli avevano dato fastidio, così decise di fare una eggiata per cercare di sbollire la rabbia. Senza accorgersi aveva camminato fin sotto casa di Valentina, stava pensando a ciò che sentiva per quell’uomo. Era un sentimento davvero Intenso. In quel momento decise che, il prima possibile, gli avrebbe detto ciò che provava per lui, nonostante questo avrebbe potuto rovinare i loro rapporti. Alzò gli occhi e si accorse che l’appartamento dove Alberto era rinchiuso era dall’altra parte della strada. Attraversò e suonò il camlo. Alberto aprì la porta. «Che sorpresa. Mi sembra di vivere una situazione già ata.» «Ciao Alberto, posso entrare?» «Certo.» Andarono in salotto e si sedettero sul divano. La radio era sintonizzata su una di quelle stazioni che trasmetteva solo musica. «Come stai Alberto? Valentina non c’è?» «Così così, non so come procedono le indagini e io sono qui chiuso senza poter fare nulla per difendermi. No, è al negozio, lei deve lavorare.» «Perché mi tratti in maniera così fredda, cosa ti ho fatto?» Luca lesse vergogna negli occhi di Alberto. «Non mi hai fatto niente, è proprio quello il problema. Sono il principale accusato di aver rovinato il tuo progetto più importante, la pubblicità dei giornali sono sicuro stia facendo scappare i clienti a gambe levate e tu… tu continui a starmi vicino, a armi. Perché?» E poi non riesco a togliermi dalla testa la dolcezza con cui mi hai sfiorato la mano, il piacere che ho provato e questo mi fa paura, non so se sono pronto ad accettare me stesso. Continuò nei suoi pensieri Alberto. Luca sorrise, addrizzò la schiena.

«Per due semplici motivi. Il primo è che ti conosco e sono sicuro non sia stato tu. Ti hanno incastrato in qualche modo. Il secondo motivo…beh il secondo motivo è perché provo per te un sentimento molto, molto forte, che prescinde dall’amicizia. Non so se riesci a capire.» Lo sguardo di Luca era fisso in quello di Alberto. Lui aveva capito benissimo cosa stava cercando di dirgli. In quel momento era come se qualcuno avesse pensato bene di fare un nodo allo stomaco di Alberto, il suo cuore batteva forte e le mani erano sudate. «Si Luca, so perfettamente ciò che intendi. Sono sempre stato bene con te, abbiamo ato ore e ore a chiacchierare come se ci conoscessimo dall’infanzia , ma il mio sentimento l’ho sempre archiviato come una grande e bella amicizia. Ultimamente, però, ci sono state cose che mi hanno fatto pensare, il tocco delicato della tua mano sulla mia e ciò che di conseguenza ho provato, sapere che mi sei stato così vicino in un momento così brutto, quando avrei scommesso che solo Vale l’avrebbe fatto, i miei sentimenti quando, l’altro giorno uscendo dalla caserma, Valentina mi ha detto “ma lo sai che Luca ti ama?”, beh, dopo questi e tanti altri pensieri sono giunto alla conclusione che anche il mio sentimento, verso di te, e qualcosa che prescinde dall’amicizia. Solo che questo mi fa paura.» «Se può aiutarti, io ti sono e sarò sempre vicino a arti su qualsiasi cosa dovremmo affrontare.» Luca nel frattempo si era avvicinato, l’ultima frase era sussurrata, Alberto l’aveva sentita solo perché i loro visi erano vicinissimi. Chiuse gli occhi, si avvicinò e le sue labbra toccarono quelle di Luca. Tutti i suoi timori in quel momento svanirono. Si rese conto che la sensazione che stava provando in quell’istante, era ciò che doveva provare dando un bacio. Quell’emozione che non era mai riuscito a provare, neanche con Valentina. Non avevano sentito il rumore della porta che si apriva, erano stati trasportati dai loro sentimenti in un’altra dimensione. Le labbra si staccarono, gli occhi si dilatarono e Luca ebbe un sussulto, Alberto lo notò e si voltò, aveva alle spalle l’ingresso del salotto. Valentina era ferma immobile come una statua, con le chiavi ancora in mano e li stava guardando. «No! No! Non deve accadere questo, no!»

Le lacrime le scorrevano giù dagli occhi rigandole il viso. «Vale…» provò a dire Alberto. «Non voglio sentire una parola, non fiatare. Prendi le tue cose e vattene.» «Ma i carabinieri…» «Non me ne frega un cazzo dei carabinieri, prendi tutto ciò che è tuo e sparisci da questa casa.» Alberto e Luca in silenzio si alzarono, andarono in camera e raccolsero le poche cose che lui aveva portato da casa sua. Pronti per uscire Alberto si sporse nel salotto, avrebbe voluto dirle migliaia di parole, cercare di farle capire cosa stava provando, avrebbe voluto averla accanto il quel momento particolare. Vederla sdraiata sul divano a pancia in giù mentre singhiozzava, gli fece cambiare idea. Provo un’immensa tristezza, usci e si chiuse la porta alle spalle. In strada guardò Luca. «E ora cosa facciamo?» «Per prima cosa andiamo dai carabinieri a comunicare il cambio d’indirizzo dove possono trovarti. Anzi ti do le chiavi di casa mia e vado da solo perché se mai ti vedessero fuori dall’appartamento di Valentina, ti spedirebbero diritto in prigione e in questo momento è l’ultima cosa che deve succedere.» «E con Vale? Non posso lasciarla così.» «Ora non puoi fare altro, lo shock è stato forte, soprattutto per il modo in cui l’ha scoperto. Vedrai che ci penserà e tornerà a starti vicino, è una ragazza intelligente.» «Lo spero davvero.» Nel frattempo il capitano non aveva perso tempo, aveva controllato tutto ciò che era possibile su Stefano, cominciando dai tabulati delle telefonate effettuate dal giorno del furto per poi continuare con i movimenti bancari, lo stile di vita e finire con i suoi spostamenti.

«Non ci sono movimenti di denaro indicativi nel suo conto. Oltre alle spese, si nota solo l’accredito sostanzioso del suo stipendio e immagino di qualche consulenza esterna allo studio.» Sorgi stava pensando ad alta voce, eggiando per il suo ufficio mentre Paschi lo ascoltava, fermo in piedi. «Dal tele risultano diversi viaggi, abbastanza recenti, a Genova, potrebbero essere di lavoro o piacere, teniamone comunque conto. Dai tabulati telefonici niente di particolarmente sospetto se non numerose chiamate a questo cellulare. L’unica cosa che potrebbe far sospettare è l’abitudine a una vita particolarmente agiata, sicuramente sopra il suo tenore di vita, nonostante le considerevoli entrate. Eppure c’è qualcosa che non mi convince.» Bussarono alla porta dell’ufficio e un militare disse al capitano che il signor Salvini chiedeva di lui. «Buongiorno Salvini di cosa ha bisogno?» «Volevo comunicare che Alberto…il signor Sironi, ha necessità di modificare il luogo in cui risiedere, per motivi al di sopra della sua volontà. Appena possibile si trasferirà nel mio appartamento.» «Va bene, l’importante è che non si metta a girovagare per Rapallo, sa perfettamente che è obbligato a rimanere ai domiciliari. Intanto approfitto della sua presenza per chiederle qualche informazione su Stefano Porrini.» «Come mai questo interessamento al mio socio?» La domanda del capitano aveva risvegliato la curiosità di Luca. «Beh diciamo che ci sono stati degli sviluppi e volevo avere informazioni più precise.» «Stefano è un ottimo architetto, ha fantasia e una specifica conoscenza dei software che servono nel nostro lavoro. E’ un elemento importante per lo studio…come tutti gli altri» precisò. Il capitano lo guardò con uno sguardo che non aveva bisogno di spiegazioni.

«Ma lei non vuole queste informazioni, vero?» capì subito Luca. «No.» «Stefano ama la bella vita, ha un ottimo stipendio, ma so che spesso non è sufficiente per le sue spese. Non so se sarebbe in grado di violare la legge, ma sicuramente non rinuncerebbe, per nulla al mondo, al suo stile di vita.» «Grazie, era proprio ciò che mi serviva sapere. Ah, ancora una cosa, spesso Porrini va a Genova, ha idea di cosa faccia durante quelle trasferte?» «So che ci va per lavoro, ma non so altro. Ah sì, una cosa, non penso sia utile, ma ne parla ogni volta al suo rientro in ufficio, lui va sempre a pranzo, cena e quando capita a dormire al ristorante “Acquamarina”, sentendo i suoi resoconti a più tempo in quel locale che a lavorare dai suoi clienti.» «La ringrazio ancora mi è stato molto utile, ora se vuole accomodarsi, Paschi la seguirà per le procedure necessarie al cambio di domicilio di Sironi. La saluto, ho parecchie cose da fare, buona giornata Salvini.» Terminato di dare aiuto a Luca, Paschi era rientrato nell’ufficio del capitano trovandolo al telefono. Era riuscito a sentire solo le ultime parole della conversazione. «Si Fantini, appena puoi, fammi sapere, non sto a dirti che è una cosa urgentissima, ciao, buona giornata.» Sorgi, terminato la telefonata, spiegò a Paschi di aver richiesto a quale utenza corrispondesse il numero di cellulare che si ripeteva così spesso nei tabulati e aveva saputo che era intestato a un tizio di Palermo. «Di Palermo?» si stupì Paschi. «E cosa centra uno di Palermo ora?» «Fammi finire e vedrai che il quadro comincia a chiarirsi. Ho chiamato il capitano Artusi che presta servizio presso il centro operativo della Dia a Palermo e gli ho chiesto se conosceva questo tizio. Mi ha detto che ha una fedina penale particolarmente lunga ma i reati sono di entità leggera, in compenso la sua attività principale è quella di prestanome.»

«Certo che a questo punto si sta delineando un quadro particolarmente interessante. Continui capitano.» La mente di Paschi, come quella di Sorgi qualche minuto prima, stava collegando tutti i tasselli. «Bene, prova a indovinare di quale locale risulta proprietario, questo tizio di Palermo…» «No, non mi dica che è proprietario dell’”Acquamarina” a Genova.» «Esatto. Ho poi contattato Fantini, che è assegnato alla compagnia di Genova, chiedendo informazioni sul ristorante. Mi ha detto che mi avrebbe fatto sapere. Ora faremo un controllo accuratissimo sui conti intestati al Porrini e su chiunque altro sia collegato a lui, amici; genitori; moglie eccetera, non voglio lasciare nulla al caso.» Paschi era appena uscito dall’ufficio quando sul volto di Sorgi apparve un sorriso. Ora si che poteva dirsi soddisfatto, quel qualcosa che non quadrava cominciava a prendere forma. Secondo lui Sironi era stato incastrato.

Capitolo 5

Luca era rientrato a casa e aveva trovato Alberto seduto sul letto con la testa tra le mani, gli si avvicinò, si sedette di fianco e appoggiò il suo braccio sulle spalle. «Ehi, tutto bene? Cosa succede?» «Nulla d’importante, solo che sono ancora confuso per ciò che è successo e soprattutto, per come è successo. Gli eventi si sono susseguiti velocissimi e non ho avuto il tempo di pensare a come agire, ho seguito l’istinto, spero di non aver combinato dei disastri. Per non parlare di come ci siamo lasciati con Valentina, per me lei è una persona importante e l’ultima cosa che voglio e farla soffrire, ma mi rendo conto che non avrei potuto comportarmi in modo diverso.» Ormai era un fiume di parole e Luca non aveva intenzione di fermarlo, aveva bisogno di sfogarsi. «Pensandoci, tanti miei comportamenti, sensazioni, emozioni, hanno ora un significato ben preciso. Sono omossessuale ma non l’avevo mai voluto accettare, me ne sono reso conto nel momento in cui ho sfiorato le tue labbra, è come se ogni tassello fosse andato a posto. Sono preoccupato per il futuro, non lo nego, ma ora sono decisamente più sereno.» Luca era contento, per se stesso, ma anche perché Alberto aveva finalmente trovato se stesso. Ora rimaneva solo da chiarire la sua posizione sul furto del progetto “Edilverde”. «A proposito…» disse Luca collegandosi al discorso silenzioso che si era appena fatto. «…oggi quando sono andato dai carabinieri, il capitano Sorgi mi ha chiesto informazioni su Stefano, secondo me sta succedendo qualcosa, non so cosa ma ne sono convinto. E’ possibile…» La frase di Luca fu interrotta dallo squillo del telefono.

«Pronto?» «Alberto, è per te. E’ il capitano Sorgi.» Il capitano voleva parlare con Alberto perché tra i vari pensieri si erano insinuati un paio di dubbi, di cui voleva sincerarsi subito. «Signor Sironi, come procede la sua vacanza forzata?» «Cosa le devo dire capitano, non vedo l’ora che finisca, a questo punto in un modo o nell’altro non importa, sono davvero esausto.» «La capisco ma abbia pazienza, le indagini su questo caso sono particolarmente complicate, hanno però preso degli sviluppi inaspettati e proprio per questo motivo ho bisogno di sapere se Stefano Porrini è mai entrato in casa sua o se ha mai avuto effrazioni o notato qualcosa di strano nel suo appartamento.» «No capitano, sono sicuro che Stefano non sia mai entrato in casa mia e non ho mai avuto effrazioni, solo un mesetto fa è capitata una cosa cui, al momento, non avevo dato importanza, ma ora vista la situazione potrebbe avere il suo significato.» «Mi dica, qualsiasi cosa è importante in questo momento.» «Io sono una persona molto precisa, quasi maniacale, ogni cosa nel mio appartamento ha il suo posto e non esco da casa se tutto non è in perfetto ordine. Come le dicevo, circa un mese fa, sono rientrato dal lavoro e ho notato che il libro che stavo leggendo non era sul lato destro del comodino bensì su quello sinistro, ero sicuro di non averlo lasciato così ma ho dato un’occhiata nell’appartamento e tutto mi è sembrato normale. Ora mi sorge qualche dubbio.» «Ha controllato se c’era ancora la macchina fotografica?» «No, sinceramente no. Non ci ho pensato minimamente. Ha qualche sospetto?» «Qualche…forse. La saluto, buona giornata.» Il capitano chiuse la comunicazione. Alberto raccontò la conversazione in maniera dettagliata a Luca, quindi riprese il telefono e fece il numero di Valentina, il telefono squillò per diverse volte, stava quasi per attaccare quando

lei rispose. «Pronto.» «Sono Alberto, come stai Vale?» «Sto male, sapevo che non sarebbe stato facile fare breccia nel tuo cuore, ma avevo una speranza. Siamo sempre stati bene insieme, mi dicevo: prima o poi tornerà sui suoi i, si renderà conto che con le altre non ha funzionato perché in fondo al cuore è me che ama. Ora ho capito che non è mai stato così, ho ripensato ai tuoi discorsi, al tuo comportamento quando ci siamo baciati mesi fa. Ora è chiaro che ti ho perso per sempre, non sarai mai mio. Mi manchi da impazzire, ma non ti voglio più vedere.» Le ultime parole erano solo sussurrate, i singhiozzi le coprivano la voce. Alberto piangeva. «Vale, ti prego non abbandonarmi, sei e rimarrai per sempre la mia migliore amica, l’unica donna che mi capisce.» «Addio…» Alberto stordito da quella parola si ritrovò ad ascoltare il suono ripetitivo di un telefono staccato. Valentina ripensava all’ultima parola detta al suo amore, al suo più grande amore. Era arrabbiata con lui perché l’aveva tradita, com’era possibile che non si fosse mai accorto di essere attratto dagli uomini e non dalle donne? Non era possibile. Era un vigliacco! Si ripeteva nella mente, lui lo sapeva ma aveva paura di accettarlo e quindi continuava a negarlo stringendo relazioni con altre donne. E io? Come ho fatto a non accorgermene? Una stupida dietro a un uomo impossibile. Non lo voglio più vedere. Mi ha frantumato il cuore, non ho nessuna speranza che lui possa innamorarsi di me. Perché tra tutti gli uomini che sono ati nella mia vita ho perso la testa per un omosessuale? Perché? Nella sua mente affioravano solo domande ma nessuna risposta che le attenuasse quel dolore che sentiva dentro al cuore. Si accorse solo allora che stava letteralmente stritolando il cordless che aveva ancora in mano.

Il giorno successivo, verso le tredici il capitano era in ufficio insieme a Paschi, si sedettero con l’intenzione di rimettere a posto tutti i pezzi del mosaico. «Paschi, io cerco di comporre la storia, tu ascolta e dimmi se può essere accettabile.» «Ok!» «Porrini ama la bella vita e ha sempre bisogno di soldi, si trova coinvolto, per lavoro, in un progetto molto importante e particolarmente remunerativo, da anni frequenta un ristorante genovese di proprietà di un prestanome palermitano colluso con la mafia. I due hanno fatto degli altri affari in precedenza, questo mi è stato confermato da Fantini qualche ora fa.» Sorgi bevve un sorso d’acqua e continuò. «Dopo il furto nello studio, le telefonate a questo signore sono aumentate vertiginosamente e lui stesso ha fatto diversi viaggi a Genova. Che lui abbia venduto parte del progetto alla mafia, mi sembra chiaro, il problema è provarlo. Se riuscissimo a trovare i soldi con cui è stato pagato…» «Chi ha fatto il furto?» Domandò Paschi «Qualche scagnozzo del prestanome è entrato in casa di Sironi e ha rubato la macchina fotografica, magari su indicazione di Porrini. Immagino non lui direttamente perché non dev’essere un bravo scassinatore, avrebbe lasciato tracce. Mentre sono quasi sicuro che sia stato lui a entrare nello studio, aveva le chiavi della porta d’ingresso e la combinazione della cassaforte. I lampi di luce che Sironi ha visto quella sera, era Porrini che fotografava il progetto. Quando è entrato nello studio l’altro si è nascosto e non si è fatto trovare. Li è scattata la trappola e quello è stato il momento in cui Porrini ha visto Sironi guardare nello sgabuzzino.» «Direi che non fa una piega capitano.» Improvvisamente si aprì la porta dell’ufficio, un maresciallo porse una cartellina al superiore senza dire una parola. Dopo aver letto attentamente, Sorgi si alzò e fece un mezzo sorriso a Paschi.

«Su andiamo, dobbiamo rimettere a posto un po’ di cose.» Nel tardo pomeriggio Alberto e Luca erano in casa quando sentirono suonare il camlo, Luca aprì e si trovo di fronte due carabinieri che, cortesemente chiesero a Alberto di seguirlo, senza dargli spiegazioni di sorta. Preoccupati, salirono sulla macchina di servizio e nel giro di pochi minuti si trovarono in caserma. Il capitano Sorgi li accolse nel suo ufficio. «Cosa succede capitano? Devo preoccuparmi?» chiese ansioso Alberto. «No al contrario Sironi, lei è libero.» «Libero? C-cos ’è che ha ribaltato la situazione? Non mi fraintenda capitano, ne sono felice, ma mi spieghi la prego.» Sorgi spiegò ai due tutto ciò che aveva scoperto, cominciando dall’intercettazione che aveva fatto scattare i primi sospetti, alle amicizie particolari di Stefano, parlò del proprietario del ristorante “Acquamarina” che lui aveva l’abitudine di frequentare, e sottolineò che il tizio era colluso con la Mafia. Infine raccontò che qualche ora prima erano riusciti a rintracciare un conto cifrato, intestato al fratello di Porrini, sul quale erano stati accreditati, nella mattinata, circa due milioni di euro. Seguendo le varie transazioni avevano scoperto che, in origine, i soldi erano partiti da un conto, di una banca di Palermo, intestato al prestanome proprietario del ristorante “Acquamarina”. «Siamo andati immediatamente a casa del Porrini e lo abbiamo trovato che stava facendo le valigie, lo abbiamo portato in caserma ed è bastato mostrargli un paio di prove ben circostanziate per farlo confessare. Aveva bisogno di soldi, ultimamente le sue spese erano lievitate parecchio. Il progetto “Edilverde” faceva gola a molti e lui aveva le conoscenze giuste, così ha provato a fare il colpo della sua vita. In questo momento i miei colleghi di Genova dovrebbero aver sequestrato il ristorante “Acquamarina” e arrestato una decina di soggetti invischiati in quest’ affare.» «Conoscevo Stefano, era il mio socio, e sottolineo la parola “era” e non mi sarei mai aspettato niente del genere da lui. Davvero complimenti siete stati bravissimi.» «Solo tenacia, un po’ di fortuna e qualche sbaglio da parte dei cattivi, non esiste il crimine perfetto.»

Luca e Alberto uscirono dalla caserma che ormai era sera inoltrata. «Che ne dici di diventare socio dello studio? Sai, il precedente si è ritirato quasi spontaneamente» disse sorridendo Luca. «Beh la cosa mi aggrada parecchio, capo…anzi socio.» Sorrisero entrambi. Felice per essere libero, contento di avere Luca al suo fianco lo baciò dolcemente. Mentre le labbra si allontanavano Luca lo guardò intensamente e Alberto pensò che non si sarebbe mai abituato a sentire quegli occhi nei suoi. Quell’emozione non sarebbe mai sparita. Mentre si giravano per tornare verso casa, Valentina era a pochi metri da loro. Alberto divenne subito serio e si voltò verso il suo uomo che lo sospinse verso di lei. «Vai, devi recuperare un rapporto importante, io ti aspetto qui» gli sussurrò. «Ciao Vale.» «Ciao Alby.» Erano entrambi in imbarazzo. «Come hai fatto a sapere che eravamo qui?» «Sono venuta a casa di Luca. Volevo parlarti, ma il custode mi ha detto che eravate andati via con una macchina dei Carabinieri, così non ho avuto molti dubbi.» «Già! Sono libero. Sono riusciti a trovare il vero colpevole…» Valentina lo interruppe. «Scusami, ho sbagliato. Ero arrabbiata, hai distrutto il mio sogno, era una vita che ti aspettavo. Mi sono sentita persa, abbandonata…» «Mi spiace, io non…»

«Zitto, lasciami finire. Il mio cuore trabocca di amore per te. Ancora adesso. Ho pensato molto al nostro rapporto e ai nostri sentimenti, ho versato litri di lacrime per accettare ciò che è giusto, ciò che è scritto nel nostro destino. Tu sei sempre stato sincero con me, non sapevi ancora cosa volevi, ma non mi hai mai preso in giro con false dichiarazioni. Ora sai chi sei e cosa vuoi, hai trovato la tua stabilità nel sentimento che provi per Luca e io non posso combatterlo. Ma non lo voglio combattere, voglio aiutarlo ad alimentarsi perché è ciò che ti rende felice e io mi nutro della tua gioia. Ti ringrazio per non avermi illusa inutilmente e se mai perdonerai quello che ti ho detto, sarei fiera di poterti stare ancora vicino, come la tua migliore amica.» « Certo che ti perdono. Amo Luca e amo te, sicuramente in due modi diversi, ma per essere completo ho bisogno di entrambi. Siete le due persone più importanti della mia vita.» Valentina ò un dito sulle sue guance ancora umide, mentre Luca si era avvicinato. Tutti e tre si soffermarono a guardare il panorama del golfo del Tigullio. Alberto ruppe l’idillio. «E ora una bella mangiata alla faccia di Stefano Porrini.»

Personaggi:

Alberto Sironi: Architetto. Valentina: migliore amica di Alberto. Luca Salvini: capo di Alberto. Stefano Porrini: collega di Alberto. Gloria Parco: Collega di Alberto. Sorgi: capitano dei Carabinieri della caserma di Rapallo.

Paschi: Carabiniere. Fantini: capitano della compagnia carabinieri di Genova. Artusi: capitano presso il cento operativo della Dia a Palermo. Ivan: Ex di valentina. Guglielmo: custode del palazzo dove ha sede lo studio Salvini & C.