Valentino Peyrano
Verum Factum
Prima edizione dicembre 2014 ISBN 9788867755905 © 2014 Valentino Peyrano Edizione ebook © 2014 Delos Digital srl Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano Versione: 1.0
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Indice
Valentino Peyrano
Verum Factum
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Delos Digital e il DRM
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Valentino Peyrano
Valentino Peyrano è nato a Milano nel 1962. Terminato il liceo scientifico decide di lasciare gli interessi umanistici e scientifici alla vita privata e seguire una strada meno interessante come studi, ma che gli permettesse di scegliere una professione autonoma. Nel 1988 si laurea in Economia e Commercio all’Università Bocconi di Milano con una specializzazione in marketing. Dopo alcuni anni di normale carriera aziendale, fa il salto imprenditoriale lavorando poi in vari settori: dall’editoria alla consulenza, al turismo, alle energie rinnovabili, campo nel quale opera tuttora. Scrive narrativa fin dall’età di undici anni: Dopo l’università si ferma a causa del poco tempo a disposizione, ma nel 2003, dopo alcuni avvenimenti difficili della sua vita, riprende a scrivere con rinnovato entusiasmo. Comincia a proporsi al mondo editoriale arrivato tra i finalisti del secondo premio Apuliacon nel 2004 e vincendo il Premio Alien nel 2005. Negli anni successivi arriva in finale ancora al Premio Alien e due volte al Premio Robot, che vince nel 2011. Le sue ioni, oltre alla letteratura, includono l’Arte, gli scacchi, la fisica, la filosofia, la musica (ai tempi dell’Università ha fatto anche il musicista). Vive tra la frenetica Milano e un rilassante borgo medioevale nel piacentino. I suoi scrittori preferiti nella fantascienza sono Zelazny, Wolfe, Sturgeon, Vonnegut, Kuttner, Lem. Fuori dalla pura fantascienza Lovecraft, Rushdie, Borges, Ishiguro, Camus, insieme ai classici della letteratura.
Dello stesso autore
Valentino Peyrano, Il castello e il viandante Tecnomante ISBN: 9788867750467 Valentino Peyrano, Bema Tecnomante ISBN: 9788867750597 Valentino Peyrano, La strada verso nord Tecnomante ISBN: 9788867750917 Valentino Peyrano, Il resoconto di Karl Tecnomante ISBN: 9788867750924 Valentino
Peyrano, Korman Tecnomante ISBN: 9788867751280 Valentino Peyrano, Il monaco apocrifo Tecnomante ISBN: 9788867751495 Valentino Peyrano, Di là dal mare, tra le isole Tecnomante ISBN: 9788867751662 Valentino Peyrano, Campo di maggio Tecnomante ISBN: 9788867751723 Valentino Peyrano, Goyon Tecnomante 2 ISBN: 9788867754809 Valentino Peyrano, Rodos Tecnomante 2 ISBN: 9788867755028 Valentino Peyrano, Conwy Tecnomante 2 ISBN: 9788867755233 Valentino Peyrano, Yucapan Tecnomante 2 ISBN: 9788867755530 Valentino Peyrano, Kumbhalgarh Tecnomante 2 ISBN: 9788867755776
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Mi accingo a redigere la memoria finale del mio viaggio e a dar corso ai pensieri sul tempo che verrà, che con una diversa narrazione dovrò poi affrontare, cronaca di un futuro complesso il cui prologo si è appena concluso. Ho sottratto lunghi momenti al sonno per cercare di capire quanto accaduto e di come avrei potuto documentarlo, e sempre, ogni qualvolta mi accingevo a intraprenderne l'inizio, il dubbio mi sopraffaceva. Il timore di non saper descrivere avvenimenti tanto confusi e contraddittori, nonché ammantati di oscuri segreti, e di non poter spiegare a nessuno, né dar forma precisa, di eventi e conclusioni al di là della mia comprensione, mi tratteneva dal cominciare quanto ora sto per descrivere. Mi hanno spiegato che raccontare un fatto, o anche il solo osservarlo, ne modifica la natura, intervenendo – per così dire – l'atto dell'osservatore che, come tale, ne cambia ineluttabilmente la sostanza come l'apparenza. Forse anche per questo ho deciso di inserire quanto ho trovato, invece che provare a scriverne di mia mano: una sorta di documentazione degli avvenimenti. Un riandare a quanto accaduto attraverso attestati con una cronologia coerente, e soprattutto scevri dalla conoscenza del finale e dalla conseguenza che questo potrebbe avere su ciò che l'ha preceduto. Perché che il tempo giri in un turbine inconsulto, e che la direzione che vediamo altro non sia che puro errore dei sensi, mi è sempre stato chiaro, almeno quanto il fatto che la notte porti i ghoul intorno a un castello, o che gli uccelli dotati di ali sappiano librarsi in volo. Già in altri momenti ebbi occasione di apprendere attraverso registrazioni video e sonore, e quindi sono avvantaggiato. Alcuni Viandanti al mio fianco mi chiariscono i dettagli, traducono il linguaggio a me sconosciuto, mi suggeriscono nomi, e altre cose. Inframmezzerò i brani finali del mio diario di viaggio – il diario di Esteban il Viandante – poiché il nostro arrivo in questi luoghi è coinciso con la fine degli avvenimenti documentati. Le registrazioni sono molte, ma ne scelgo solo alcune tra le tante che della stessa notte hanno parlato. E che una notte sia stata foriera del destino del nuovo mondo, come le notti lo sono ovunque, altro non è che un segno dello stesso
sentiero che tutti noi percorriamo e dell'ineluttabile risultato che ci attendeva.
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(la parte video è rovinata, mentre il sonoro è chiaro e nitido. Una voce fuoricampo commenta le immagini. Ha anche un titolo: "videodiario di N.L.")
Voci intorno a me. – Quante luci! – Non ero mai stata qui. È un posto speciale. Non ci sono molte nuvole questa sera e le stelle riempiono la volta celeste in ogni angolo sopra l'orizzonte. Ha piovuto nel pomeriggio. L'aria é umida e calda. La radura di fianco alla casa è già disseminata di macchine ed eliveicoli. Alcune donne commentano la vista degli edifici luminescenti. Si vede stagliata la torre della casa di Korman, come un faro che si erge illuminato, e permette a coloro che vengono di orientarsi nel buio della foresta e del cielo notturno. – Ciao. – Scusa, non ricordo il tuo nome. – Nemmeno io il tuo! – La donna ride. Poco più avanti un uomo, che mi sembra di conoscere, ma che non ho memoria di chi sia, le sta dicendo di raggiungerlo. La mia casa è molto lontana da quella di Korman. Si trova nella parte sudoccidentale, vicino al confine meridionale. Per arrivare sono dovuto partire in
tarda mattinata, e ho sorvolato le foreste e le case disperse, fino alla costa est, che non vedevo da molto tempo. Mi è piaciuto muovermi. Ormai vado di rado a trovare qualcuno, e sempre scelto solamente tra quelli vicini a me. Vengono a cercarmi, di tanto in tanto. Ultimamente accetto visite solo femminili. Ci ho pensato: perché? Non è per il sesso. Quello va bene, d'accordo, ma non è che lo faccia così spesso come una volta. Però preferisco la compagnia femminile a quella maschile, almeno nella maggior parte delle occasioni. E comunque non sono tante. Sto bene da solo. Ho superato il cancello. Un sentiero punteggiato da piccoli faretti a forma di fungo indica il percorso fino all'entrata. Mi ha sorpreso ricevere l'invito di Korman. Non sapevo nemmeno che fosse tornato. Lo ricordo ai tempi iniziali, ma non in modo distinto. So, come tutti, che era uscito nel mondo e che guidava i Viandanti. Nient'altro. Quando ho ricevuto l'invito, ho chiamato Usain. – Cosa ne pensi? Dovrei andarci, secondo te? – E perché no? È una novità. – Non mi piacciono le novità. – Cosa te ne importa? Si tratta solamente di una serata. – Però è lontano… – Io ci vado. – Va bene, ci penserò. Poi mi ha chiamato Trifimovic, e mi ha spiegato la situazione, facendomi anche una richiesta che non mi aspettavo. Ho accettato, e ora sono qui. Sono contento di essermi imposto alla mia naturale inedia. Incontrerò molte persone che non vedo da tanto, ma non mi aspetto di divertirmi. Parlerò con qualcuno, di ciò che stiamo facendo e di ciò che abbiamo fatto, e infine farò quello che mi hanno chiesto.
Comunque mi tratterrò poco. Poi tornerò a casa mia.
Le luci artificiali: una delle meraviglie del mondo antico. Le luci delle macchine dei Viandanti sono state un debole assaggio; le luci dei Rifugi ne hanno anticipato la magnificenza; ma è stato solamente entrando a Yucapan che ho potuto conoscere il reale effetto e viverne lo stupore che sanno suscitare. Mi hanno parlato della natura della luce. Mi hanno spiegato che la luce è come un'onda invisibile che colpisce la materia. È dall'interazione con gli oggetti – che assorbono, riflettono e diffondono la luce – che percepiamo i differenti colori. Ogni onda corrisponde infatti a un colore. Però le onde sono spesso sovrapposte, e quindi la nostra mente si trova a dover interpretare ciò che gli arriva. Non tutte le onde sono percepibili dai nostri occhi. Alcune ci sono invisibili, anche se riusciamo a riconoscerle, a volte, con altri sensi. Questo mi ha fatto capire come la realtà non possa essere compresa solo dall'osservazione visiva.
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– Vanessa, che piacere! Sei bellissima come sempre. – Tu tesoro… E hai degli splendidi inserti bionici… – Lauren, finalmente! E Marco? Siete ancora insieme? – Oh, be’… cosa posso risponderti… immagino di sì. Più o meno… – Ho scurito la pelle, ti piace? – Stai molto bene… E le tue ricerche? – Procedono. Ho appena finito un'ibridazione interspecifica estrema tra una volpe e un lupo… L'ho chiamato Luvol. È bello. Ha la coda e gli occhi della
madre, mentre la mascella e il pelo sono del padre. Dovresti vedere il risultato! – M'incuriosisci… mandami un video, cara. Vorrei anche rivedere quel quadro rinascimentale che avevi in salotto… Piero della sca, mi pare… – Vuoi fare uno scambio? – Ho tante cose belle, sai?… Ti manderò alcune immagini. Sono certo che troveremo un accordo…
Indossano vestiti molto particolari. All'inizio non li capivo, poi me li spiegarono: sono vestiti che riproducono gli indumenti delle epoche ate, ma senza coerenza tra loro. Ce ne sono dei tempi molto antichi, come di epoche più recenti, a volte anche mischiati. Alcuni uomini paiono in uniformi, altri vestiti per una cerimonia, qualcuno con abiti uno sopra l'altro a formare strati sovrapposti che si individuano dal colletto o dalle maniche. E lo stesso le donne. Alcune hanno tessuti semitrasparenti, altre guaine che ne fasciano i corpi; altre ancora invece hanno vestiti ampi; alcune portano tuniche colorate. Indossano gioielli, qualcuna dei copricapo stranissimi.
– Ma quello è Sigmund! – Sig! Ti prego, vieni anche da noi, appena puoi… – Constantin! È una vita… Ci voleva proprio lui per farci rivedere! – Sono contento anch'io di vederti… stai molto bene. – Grazie, non scomodarti con i complimenti… Cosa stai facendo? – Lavoro sui materiali. – Ah! Anche Melania, credo… No, mi sbaglio, lei credo faccia altro… – Melania?
– Non ti ricordi, vero? – Cosa dovrei ricordare? – Nulla che tu non voglia. – Tu ricordi tutto e tutti? – No. Però anche troppo. A volte è meglio dimenticare. – Paranoia. – Di che t'impicci, tu? – Scusate, ma vi si sente fin dall'altra parte della stanza! – Quindi sarei paranoica? – Se la tua mente si sofferma troppo sul ato, è paranoia. – Allora sono paranoica… È vero quello che ho sentito dire? – Se ti riferisci a quello che penso, l'ho sentito dire anch'io. A te chi l'ha detto? – Si dice il peccato, non il peccatore. – I segreti funzionano sempre alla stessa maniera. Lo dici a una persona, che pensi sia di tua fiducia, e poi quella ha una terza persona di sua maggior fiducia… e così le voci corrono senza controllo. – Tu sai di chi è stata l'idea? – No. Tu? – Nemmeno io. E come lo farebbero? – Non so nemmeno questo. La donna rimane un momento pensierosa, prima di continuare: – Cosa ne pensi? – Non saprei. Ho sentito dire che è diventato una minaccia.
– Se è così, fanno bene…
I loro volti, gli sguardi, la pelle, il colore degli occhi e dei capelli… non sembrano del tutto umani. O meglio, paiono molto simili alle fotografie degli Antichi, però con qualcosa d'altro. Una sorta di velo invisibile che in qualche modo li ammanta, rendendoli differenti… Le voci sono sonore e squillanti, con timbri variegati come degli strumenti musicali. E l'orchestra delle loro voci riempie i saloni ripresi nei video, e si armonizza con la musica di sottofondo che pervade la festa, diversa a seconda delle zone della grande casa.
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Le sale della casa sono gremite. Si sono formati piccoli gruppi che, come cellule separate ma facenti parte del medesimo corpo, si aggregano, si scompongono e ricompongono, allo stesso modo che se avessero un codice segreto al quale dover sottostare. Molte donne sono belle, di una bellezza che soverchia l'immaginazione. Gli uomini paiono statue che camminano, come quelle che avevo visto nei castelli tra le montagne. Ma sono vive. Antichi dèi, scesi nuovamente sulla Terra, camminano e conversano, indifferenti alle vicende di noi mortali. In un angolo di una sala piena di vetrate, su divanetti bianchi e rossi, alcuni dèi sostano parlando tra loro. – È stata un'idea originale – dice Martha. – Degna di un ego smisurato – commenta Stepàn. – Conosci qualcuno che non ce l'abbia? – Hai ragione, ma Korman ci supera tutti.
– Tu cosa ne pensi, Sigmund? – La domanda è stata fatta da una donna seduta su una sedia, leggermente separata dagli altri. Ha la pelle bianca, i capelli neri e lunghi, e gli occhi magnetici. Stando su una sedia, è leggermente più alta degli altri, che invece sono adagiati sui cuscini come dei gatti del tempo antico. Si chiama Alice. – Penso che il suo ego non sia diverso dal nostro, ma il suo modo di pensare sì. – L'uomo che ha risposto deve avere un'età più avanzata. I partecipanti alla festa, da quello che si può giudicare dalle immagini, hanno tutti un'età apparente compresa tra i trentacinque-quaranta cicli solari e i sessanta o poco più. Ed egli, colui che hanno chiamato Sigmund, sembra uno dei più anziani. Una donna di fianco a loro beve in un fiato un calice di una bevanda, fa una smorfia e comincia a ballare a ritmo della musica. Qualcuno si ferma a guardarla, ma nessuno ne segue l'esempio. Il gruppetto non si scompone neppure e torna presto ai suoi discorsi interrotti. – È vero che ha ucciso molti uomini? – chiede una donna che si è appena aggiunta al gruppo. – Nessuno può saperlo, ma è probabile – risponde distrattamente un uomo chiamato Astiage. – Là fuori è un inferno – dice ancora la donna. – Ma lui è uno di noi! – commenta Martha. – Certo, questo per i ghoul. Però fuori è pieno di bestie orrende, e gli uomini e i Viandanti non lo sono da meno – dice Alice. Il suo tono è pieno di disprezzo. S'intuisce, più che capire, che sia rivolto non tanto al mondo esterno, quanto verso un obiettivo più preciso. – Qualcuno l'ha visto? – chiede poi Astiage. – Io no. Voi? – dice la donna che so ora chiamarsi Virginia. – No. Perché non andiamo a cercarlo? – fa Martha. – Vai tu, se vuoi – dice Planck, un dio biondo e alto, con una leggera barba a
incorniciarne il volto. – Quando mi muoverò da qui, sarà per tornarmene a casa mia.
Diario di Esteban
Sentii cantare un uccello e ne rimasi stupito. Lo ascoltai con felicità. Per molti giorni il freddo silenzio delle nevi e dei ghiacci mi aveva accompagnato nel mio viaggio solitario. La discesa verso sud cominciava a mostrare segni di una vita che finora era rimasta ibernata. Raggiunsi un fiume e mi accostai ad ascoltarne il canto della corrente sui sassi. Mi trovavo sulle montagne, vicino alle dimore dei falchi e delle aquile, e guardavo di lassù i pendii digradanti pieni di alberi ricoperti di neve, lontani dallo splendore e dal tripudio dell'inizio del tempo dei fiori e dei colori della natura, che si sarebbe risvegliata dopo la stagione fredda. Anche la voce del vento, che s'incuneava nella valle e tra le rocce dei monti, si aggiungeva alla cantilena del paesaggio, come adeguata cornice sonora. L'aria pareva nebbiosa, ma mi resi conto essere solo il freddo. In qualche modo, pareva riuscire a coprire di brina sottilissima anche l'aria eterea che respiravo. Era una postazione ideale per aspettarne l'arrivo. Avrei scorto il convoglio fin dall'orizzonte e seguito il suo avvicinarsi senza poter essere visto. Ho ato questi giorni dedicandomi a due attività principali: procurarmi del cibo e ascoltare le registrazioni che hanno contribuito a far crescere le mie conoscenze. Nelle notti, invece, ho l'unico scopo di difendermi dai ghoul. Ma qualcos'altro è stato da me appreso nella fortezza di Kumbhalgarh. Laggiù ho superato la prova più difficile, e anche scoperto cosa stia accadendo nelle Terre Perdute. Ho saputo della creazione della Lega e della caduta della Città dei Viandanti, e che Attanasia era stata proclamata Regina degli Uomini. Il mio nome è ormai conosciuto da tutti, e il mio posto è nella Lega di Uomini e Viandanti ribelli. Per questo avevo così deciso di raggiungere un luogo per il quale la Lega sarebbe ata, come riferitomi da Nimbius, e attenderne l'arrivo. Da qui proseguiremo verso sud, alla volta del Paese degli Dei, dove Korman, se
è riuscito nel suo intento, sta preparando la nostra venuta. Ogni tanto penso a Zhara, e a quando Korman ci aveva raggiunto. Korman era stato l'inseguitore da cui ero scappato da Torrechiara fino a Castelvecchio, e poi fino alle montagne innevate. Lassù era accaduto qualcosa che non avevo inserito nel diario della prima parte dei miei viaggi, e per un motivo preciso. Mi era infatti stato ordinato, e io mi ero assoggettato a questa richiesta. È strano come si possa aver vissuto una vita alla ricerca della libertà e poi, una volta raggiunta, si sia pronti a sottostare a una nuova influenza, a un nuovo potere. Ora è tempo di ricordare quanto accadde e di riportare la verità per iscritto. A Korman ero sfuggito per breve tempo. A Torrechiara avevo scoperto della sua esistenza, e che era già sulle mie tracce. Così il mio viaggio si era tramutato in una fuga. Alla fine, comunque, mi raggiunse sulle montagne, diversi giorni dopo che avevo lasciato Castelvecchio, e pensai che sarebbe stata la mia fine. Invece mi risparmiò. Mi ero ritrovato in un sentiero sbarrato da una valanga e mi ero dovuto fermare. Quando avevo cercato di tornare indietro, col vento e la neve che sferzavano la macchina, Korman mi aveva bloccato la via di fuga. Era uscito dal suo veicolo e si era fermato a pochi i. Mi sembrava imponente, sotto la bufera, anche se in realtà non era più alto di me. – Esci fuori, Esteban – mi gridò. Pensai che non avrei avuto possibilità, e così decisi di obbedire. Uscii dalla macchina e rimasi ad aspettare. – Non ti ucciderò – disse. “Perché?” volevo chiedere, ma la domanda mi era rimasta in gola. Le nostre voci si mischiavano con quella del vento, e ciò che seguì fu per me inaspettato. Probabilmente potevo essere utile ai suoi scopi. Mi condusse in un piccolo Rifugio segreto e mi istruì secondo il credo ribelle.
Tra le montagne, nei rigori dell'inverno, Korman mi introdusse ai misteri del nostro mondo e mi fece comprendere la natura della realtà, spingendomi a continuare quello che avevo in mente, incitando il mio desiderio di conoscenza e cambiamento. Non capii perché avesse deciso di aiutarmi, e tuttora me lo chiedo. In qualche modo diventai una pedina dei suoi oscuri disegni, ma lo accettai, come contropartita del futuro che mi attendeva. Diventai il suo discepolo. Mi disse che l'inseguimento doveva apparentemente continuare e che nessuno doveva sapere del suo intervento nei miei confronti. Poi scomparve, e io proseguii da solo fino a Burghausen, e da lì verso le Terre Arse. Nei giorni seguenti continuai come se fossi ancora in fuga. Infine, nel Rifugio di Elhabel, Korman mi raggiunse e completò la mia preparazione. E imparai quanto potesse essere spietato. Quando uccise Zhara, per un motivo futile, Korman si arrabbiò moltissimo. Mi disse: – Questa sarà la tua lezione. Se vuoi raggiungere un risultato, fai in modo che nulla possa rallentarti. Agisci da solo, fatti aiutare esclusivamente da coloro che puoi controllare. Ora devi prepararti. A Kumbhalgarh ti aspetta una prova difficile. All'inizio mi ribellai all'uccisione di Zhara. Odiai Korman e pensai che avrei voluto vendicarmi. Ma alla fine la accettai come un evento ineluttabile, un segno che la mia missione doveva proseguire solitaria, almeno per il momento. Capii che avevo rischiato di perdere di vista il destino indicatomi da Zlatorog. Ora avevo raggiunto la giusta cattiveria e voglia di riscatto, che il rapporto con Zhara aveva troppo addolcito, ed ero pronto a riprendere quanto cominciato. Continuai il viaggio con la macchina di Korman (più potente e veloce, e con registrazioni preziose che hanno incrementato le mie conoscenze), e meditai a lungo sul significato degli insegnamenti ricevuti. Perché ero certo che non tutte le verità mi fossero state spiegate. Fu solo dopo i duelli a Kumbhalgarh, dopo le confessioni di Nimbius prima di morire, che i tasselli del mosaico cominciarono a comporsi. Nella macchina avevo trovato i messaggi che Korman aveva inviato negli ultimi cicli e numerosi
dettagli iniziarono ad affiorare, anche se il disegno completo degli avvenimenti rimane ancora fuori dalla mia portata: ma è nei pressi… molto vicino… devo solo allungare la mano… però non so in quale direzione… Adesso sono quassù, accampato sulla cima di una montagna dalla quale osservo l'intera valle. Il volo di un falco, ampio e calmo, pur nella ricerca di una preda, mi sta accompagnando nell'attesa. I giorni del Cambiamento si avvicinano con i veloci.
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registrazione videosonora 4 – videodiario di N.L. (2)
La grande dimora, enorme e ramificata, è piena di longevi che conversano, ballano, bevono e mangiano. Nel chiostro con la piscina, alcune donne si sono spogliate e si stanno tuffando nell'acqua. Altre persone le osservano distrattamente. Nel palazzo centrale ogni sala è densa di gente, alcuni seduti sulle poltrone, altri adagiati per terra sui tappeti e sui cuscini, qualcuno ancora in piedi, pronto a lasciare la compagnia per spostarsi nella sala adiacente od oltre. Qua e là si muovono alcune figure che, all'apparenza, non sembrano dissimili dagli altri, ma che hanno un che di diverso. Recuperano bicchieri e vassoi, puliscono dove viene sporcato, portano bevande: sono esseri sintetici, chiamati synt, senza emozioni apparenti, nemmeno espressioni facciali che non siano codificate: i servitori degli dèi, simili ad automi programmati solo per lavorare e servire, eppure capaci di valutare le situazioni e di prendere decisioni. Creazioni dei Longevi. A un certo punto un piccolo gruppo di persone corre verso l'esterno del palazzo, nella parte retrostante, dove si trova il grande giardino. Durante la frettolosa uscita, alcuni altri si aggregano al gruppetto. Corrono con i loro abiti colorati nel verde illuminato dalle luci artificiali, come fiori vaganti che si fossero staccati dai loro steli e si lasciassero trasportare dal vento, incuranti della meta. – Dove vanno? – chiede una donna con i capelli a caschetto che scendono a incorniciare il mento. – Lasciali stare – risponde l'uomo con i baffi che gli siede di fianco. – Continua a raccontare. – Posso ascoltare anch'io? – dico, avvicinandomi. – Sì, certamente. Stavo parlando delle cimici. Sono insetti particolari. Mi piace il
colore verde, le antenne sulla testa, il torace con la caratteristica conformazione del pronoto, che presenta due espansioni laterali che si protraggono in avanti quasi fino all'altezza degli occhi; le piccole ali anteriori, simili a due squame sclerificate… – Mentre parla, la donna usa le mani come per disegnare nell'aria quanto sta descrivendo. – Le zampe sono fornite di tarsi triarticolati. L'addome è molto più sviluppato rispetto al resto del corpo. L'elemento morfologico più interessante è l'adattamento al tipo di riproduzione di questi insetti. Le femmine presentano una fenditura, nella parte latero-ventrale dell'urite, attraverso la quale avviene la copulazione. L'organo copulatore del maschio è asimmetrico, adattato all'inseminazione traumatica per via emocelica… – Sembra quasi che tu non faccia altro da decenni… – dice l'uomo. La donna non si fa distrarre. – Possono stare anche mesi senza mangiare, se vanno in letargo. Vivono circa un anno, o poco meno. Depongono uova quasi tutti i giorni. Le sto ibernando. Ormai ho pronto un esercito. Sarò la Signora delle Cimici… Quando le risveglierò avrò costruito un intero mondo per loro, nel mio giardino… Cosa stai guardando? – Quello laggiù… è Korman? – chiedo alla donna. – Non saprei… non lo vedo bene da qui… Nel patio con il colonnato, dalla parte rivolta verso il giardino, una figura si è appena appoggiata al muretto. Indossa vestiti leggeri che svolazzano al minimo alito di brezza. Ha un'espressione seria, come di chi stia meditando, e nei suoi modi si scorge una profonda differenza rispetto alle persone che lo attorniano. È come se lui stesse per conto suo, in un mondo a parte, e osservasse gli altri dall'alto, quasi non si sentisse uno di noi. Nel frattempo il gruppo nel giardino ha raggiunto il suo obiettivo: una grande scultura del tempo antico, lucida e argentata, tutta specchio, di forma curva, come un fagiolo appoggiato sul prato, ma con la parte sottostante concava a permettere di specchiarsi anche da sotto. Sulla sua superficie, che riflette il paesaggio attorno, rimbalzano le luci della casa, il giardino circostante, il cielo scuro, e ora si aggiungono le figure delle persone che si sono avvicinate. Il gruppo si schiera di fronte. Lo specchio bombato deforma le sagome allungandole e modificandone le proporzioni. Un uomo inizia a ridere. Alcuni si spogliano e si mettono sotto la scultura. Una donna si avvicina e si appoggia con
tutto il corpo allo specchio. È come vedere una finestra che mostra il mondo in maniera diversa da come viene percepito normalmente. E, nello stesso tempo, pare rinchiuderlo nel suo spazio limitato. Saluto le persone con cui mi sono trattenuto a conversare. Non so chi siano, né loro mi hanno chiesto chi sia io. O magari si ricordavano di me e non me l'hanno detto. Intanto, ho trovato il mio bersaglio.
Un artista del tempo antico lavorava con la pietra, il legno e il gesso, composti metallici e plastici. Le sue sculture avevano forme biomorfe, spesso colorate con pigmenti accesi, come il rosso sanguigno e il blu spirituale. Alcuni suoi lavori, come quelli che ho visto nella casa di Korman, hanno come soggetto il vuoto: presenza e assenza, solidità e intangibilità, realtà e illusione. Non sono quello che sembrano, e penso che questo sia del tutto simile a Korman, e che quindi sia logico che lui avesse così tante sculture di questo artista. Sono rimasto affascinato da una che si trova nella camera da letto in cima alla torre, ed è ancorata al muro da un sostegno invisibile, apparendo come sospesa. Non è possibile capire cosa si stia vedendo: l'oggetto sembra costituito da un grande disco circolare e quest'impressione aumenta, invece di diminuire, a mano a mano che ci si avvicina. Quando si arriva a un palmo, si percepisce la presenza di qualcosa d'inspiegabile: il disco sembra dotato di una forza attrattiva e misteriosa. Solo allungando la mano si comprende che si tratta di una sostanza piana, o forse cava. A quel punto, superata l'illusione della superficie piatta, la mano penetra nello spazio improvviso del vuoto, del nulla e dell'assenza.
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– Qual era il suo nome precedente? L'ho dimenticato. – Jordan… Jordan Nolan – risponde Alice.
– Come mai lo cambiò? – Diceva che non era adatto al mondo dei viandanti. Earwicker sembra riflettere. Allunga le labbra in modo buffo, come quando si da un bacio sulla guancia a qualcuno. Solleva anche leggermente il mento. – E perché “Korman”? – Chiediglielo. È qui, ora. Earwicker si volta proprio mentre Korman sta arrivando alle sue spalle. – Benvenuti amici. Mi fa piacere rivedervi – esordisce il padrone di casa. – Non essere bugiardo, lo starai dicendo a tutti… – Teresa Batista ha il suo solito sguardo, presente in tutti i video che la riprendono, a metà tra l'ammaliatore e l'ironico. – Be’, devo pur fare gli onori di casa… – risponde Korman mentre si abbassa a darle un bacio sulle labbra. – Mi stavo chiedendo una cosa, e tu arrivi giusto in tempo per la possibile risposta – fa Earwicker. – Sentiamo. – Perché il nome “Korman”? – Il suffisso “kor” è presente in una moltitudine di lingue umane, con significati differenti: coro, guerriero, misura, nascosto… – L'uomo del “kor”… multiforme, variabile, imprevedibile ma ancorato alle fondamenta della cultura umana… interessante… Korman ha un leggero sorriso che gli increspa impercettibilmente il labbro. – Alice ci ha ricordato il tuo nome precedente… Jordan Nolan, non è vero? – Sì.
– Era qualcuno di famoso nel tempo andato? – Non mi sarei aspettato questa domanda proprio da te, Earwicker! – Ah! Quindi mi cogli in fallo, eh? Dovrò rifletterci, allora. Teresa prende la parola, approfittando di quella pausa. – Com'è là fuori? – chiede a Korman. Korman non risponde subito. La guarda un istante, poi dice: – Là fuori c'è un mondo vitale in cui l'energia dell'esistere palpita come qui non potete nemmeno immaginare. La vera vita non è dentro le mura di Yucapan. – Se non sapessimo cosa c'è fuori di qui, ci sentiremmo come topi in gabbia – dice Sigmund. – Ma anche tu sai bene che quello che dici non è vero. O lo è come può esserlo il mare in tempesta per un naufrago. Di certo lui preferirebbe il porto sicuro dove si è salvato piuttosto che l'avventura di un nuovo naufragio. – Forse. O forse, dopo un po' di tempo che fosse rimasto in quel porto, avrebbe cominciato a provare nostalgia. Non del naufragio, ovviamente, ma della nave che solcava i mari, della pesca quotidiana, dei compagni di cambusa, e della possibilità di attraccare in porti differenti. – Ci stai dicendo che gli uomini dei castelli sono meglio di quelli della tua razza, Korman? – chiede Alice con un tono seccato. – Gli uomini dei castelli non hanno più alcuno scopo – s'intromette Sigmund. – Sono perduti. Gli ultimi sopravvissuti di una razza che ha generato i Longevi. Sta a noi il compito di portare avanti la storia della razza umana. – Voi siete rimasti qui – riprende a dire Korman. – Non riuscite a rendervi davvero conto di cosa sia diventata Yucapan. Proprio tu, Sigmund, dici questo! Ho letto alcuni dei tuoi studi. Sai perfettamente che Yucapan è un mondo decadente, ancora più inutile di quello che si è lasciato alle spalle. Vivete come delle larve, in attesa di qualcosa che non arriverà mai… Vi lasciate portare dalle onde della vita quotidiana come esseri senza volontà… Lontano da qui, gli ultimi uomini vivono vite brevi, ma sono come dei lampi incandescenti che rifulgono nelle notti del mondo, mentre in voi vedo solo tenui fiammelle… durevoli, certo, ma flebili e soffuse… e che si spegneranno comunque, anch'esse.
– Ci umili, con le tue parole – interviene Earwicker. – Gli uomini mortali si sono sempre spenti come delle corte candele. “La vita non è che un'ombra in cammino” diceva il Sommo Drammaturgo, “un pietoso guitto che sulla scena si pavoneggia e sbraccia quell'ora, e dopo non se ne parla più: una favola contata da un idiota – tutta rumore e furia – che non significa nulla”. – “Domani e domani e domani, s'insinua col suo piccolo o” – continua a citare Korman – “un giorno dopo l'altro, fino all'ultima sillaba del tempo segnato; e tutti i nostri ieri saranno serviti a rischiarare agli stolti il loro viaggio verso la polvere della morte”. I nostri domani sono più numerosi, ma la conclusione sarà la stessa. Meglio ardere pienamente, allora, e consumarsi prima, lasciando alla progenie futura il compito del perdurare. – Ci accusi di ciò di cui non siamo capaci! Tu sei come noi, anche tu non puoi generare figli… Solo lo Scopo ha un senso – dice Sigmund. – Perdurare attraverso altri, da noi generati, ma da noi diversi… – interviene Earwicker. – È stata la bugia creata dagli uomini per dare significato a ciò che facevano. Ma solo il perdurare del singolo essere è il vero obiettivo. È la naturale aspirazione dell'intelligenza . – Ha un tono sommesso e solenne. – Immaginare un'epoca futura in cui non ci saremo, in cui non esisteremo, è un pensiero che annichilisce, che ti angoscia la mente… Noi vogliamo semplicemente sconfiggere quest'idea insopportabile di dover essere a termine, di non avere la possibilità di andare oltre. – Se questo fa sacrificare la vera vita… meglio l'oblio – dice Korman. – Io ho scelto di ritrovare la vita e di immergermi in essa. Solo dalla vita possono arrivare le risposte che si cercano. La verità deriva dall'esperienza di ciò che si fa. Ma guardatevi! Abbiamo creato case che sono mausolei del ato, tombe nelle quali vi siete confinati prima del dovuto. E piene dei ricordi del tempo degli uomini mortali… mobili, quadri, tappeti, sculture, libri… e impariamo a memoria le pagine scritte degli uomini, ci chiamiamo coi loro nomi, ripetiamo i loro dipinti e le loro musiche e le loro sceneggiature… non si crea nulla, a Yucapan, si vive come dei simulacri del ato. Lasciamo alle macchine i compiti più creativi… Qualcuno studia ancora, qualche scienziato… ma pochi, e sempre meno… – Se ammiri così tanto gli uomini mortali, com'è che ci giochi come fossero topi da laboratorio? – chiede Planck, che sembra risvegliarsi da un torpore. – Mi pare
che il tuo comportamento là fuori contraddica le tue parole, non credi? Korman non risponde. – Planck ha ragione. Guidi i Viandanti e hai lasciato che nascesse un gruppo di Ribelli che vogliono soppiantarli… che senso ha? – È complicato da spiegare… – risponde Korman. – Ogni potere ha bisogno di un suo contraltare. Alice sembra nervosa. Si allontana proprio mentre Carlyle chiede di Mithar. – È vero che sei stato a Fujairah? – Sì, ci sono stato. – Parlaci di Mithar, è ancora là? – Lo era. – E adesso? – L'ho ucciso. Le persone intorno a Korman smettono di parlare, di bere o di fare qualunque cosa stessero facendo. Intorno, il vocìo continuo degli altri invade lo spazio, ma lì, come in un microcosmo, si è fatto avanti il silenzio. – Allora dobbiamo brindare! – interviene Earwicker. – L'hai detto a qualcuno? – chiede Teresa. – No. Ma immagino che presto ve l'avrei detto, quindi perché tergiversare? Sono alzati in alto i bicchieri. Qualcuno dice qualche frase di circostanza, ma si tratta di un'euforia trattenuta. – Mithar… Qual era il suo primo nome? – chiede Earwicker. – Oggi sei ossessionato dai nomi – fa Alice, che si è seduta nuovamente con gli altri.
– Ricordo che all'inizio si faceva chiamare GBV – risponde Korman. – GBV? E che nome sarebbe? – chiede ridendo Martha, che si è unita da poco al gruppetto di conversazione. Korman non dice nulla. Earwicker vuole però continuare sull'argomento Mithar. – Il furto di Mithar è stata la pagina peggiore della nostra storia. Abbiamo preso e punito coloro che lo aiutarono, ma lui sfuggì. Lavorava sugli MTT… Cosa ne pensi, Planck? Anche tu avevi lavorato sugli MTT. – Sappiamo tutti come stanno le cose… Era un visionario, ma dubito che fosse riuscito nel suo intento. – Hai scoperto qualcosa, prima di ucciderlo? – dice Earwicker rivolto ancora verso Korman. Korman si siede sulla poltrona rimasta libera. Solo Martha è ancora in piedi. Carlyle è di fianco a Earwicker e Alice, sul divanetto frontale alla vetrata. In quello laterale siedono Teresa, Planck e Sigmund. Nella seconda poltrona sta seduta Mrs Ramsey. Non parla. Ogni tanto guarda distrattamente Teresa. – Diverse cose, in effetti… – Dobbiamo pregarti? – chiede Sigmund con la sua voce bassa. – Gli MTT, se ci pensate, sono il raggiungimento dello Scopo. – Non lo sono, lo sai benissimo – dice Sigmund. – Perché vogliamo di più, perché siamo attaccati ai nostri corpi e alle esperienze fisiche… – dice ancora Korman, – E abbiamo paura della schiavitù. – Gli MTT sono un archivio… è diverso da quello che stiamo cercando – si sente dire da Planck. Korman guarda verso l'esterno, anche se per farlo deve ruotare a sinistra il bacino e la testa. Ha appoggiato i gomiti su entrambi i braccioli, in una posizione rilassata. Poi volta lo sguardo verso gli altri e si alza in piedi. Sorride, anche se pare un sorriso di circostanza.
– Oggi è tempo di festa. Lasciamo le disquisizioni profonde a momenti più adatti. Avremo modo di parlarne con calma nei prossimi giorni, se volete. Dovete scusarmi, ma ho molti ospiti da seguire.
I nomi. Gli antichi avevano nomi diversi dai nostri. Il nome identifica la persona, come l'animale o l'oggetto. A Yucapan gli abitanti avevano una particolare venerazione per i nomi. Li sceglievano come rappresentativi della loro vita di quel momento, delle loro aspirazioni. Mi affascina l'idea di poter cambiare il proprio nome in funzione del momento di vita che si sta attraversando. Non credo sia necessaria una vita molto lunga per saperne usufruire adeguatamente.
4
Diario di Esteban
Il Viandante uscito dalla macchina disse qualcosa in una lingua che non riconobbi. – Non ti capisco – risposi. – Ci hai spaventato – mi disse, questa volta usando il mio linguaggio. Vidi che mise nella cintura l'arma che aveva estratto. – Per quale motivo? – chiesi. Dietro di lui, tutta la valle era riempita dal grande convoglio di macchine e carri della Lega. – Questa è la macchina di Korman. – Ah, scusate… In effetti c'è stata molta confusione. Ma io sono Esteban di Malaspina, anche se guido la macchina di Korman. – Esteban!… – il Viandante era sinceramente sorpreso. – Nessuno aveva più tue notizie. Siamo contenti d'incontrarti e di saperti vivo! Il tuo nome è stato da esempio per tutti gli uomini dei castelli e di stimolo anche per noi Ribelli. Si avvicinò un secondo Viandante. Mi strinsero la mano e mi abbracciarono. – Vi ringrazio. Vorrei unirmi al vostro convoglio – dissi, semplicemente. – Ne siamo onorati, Esteban! – rispose entusiasta l'uomo. – Il mio nome è Tush. Sappiamo che Korman è stato a Kumbhalgarh e ha ucciso tre dei nostri che erano là per intercettarlo. Tu sai dove sia ora? – Egli non è più laggiù. È andato nella Terra degli Dei. Il Viandante si guardò con l'altro al suo fianco.
– La storia è lunga e complicata, ma potrò spiegarvela con calma nei prossimi giorni. La macchina è stata abbandonata da Korman, e ora è mia. Tush sorrise, prima di dire: – Bene! Allora che tu sia il benvenuto tra noi! Credo che saranno tutti felici di saperti vivo. Contai quarantacinque carri e quindici macchine di Viandanti, mentre scendevo dal declivio. L'emozione di riunirmi coi miei simili, dopo così tanto tempo in solitudine, mi riempiva di contentezza. Incontrai molte persone e ricevetti complimenti. Conobbi gli uomini dei gruppi del nord e rividi anche alcuni che avevo incontrato nei castelli da me visitati. Con loro riparlammo di quei giorni. Ma fu l'incontro con Attanasia quello che più di ogni altro mi diede emozione. L'avevo atteso con trepidazione e anche con timore. Ricordavo bene le parole che mi aveva urlato dal camminamento di Malaspina. Ormai non potevo più ritardare ulteriormente il momento in cui ci saremmo trovati uno di fronte all'altro. Mi accompagnarono al suo carro. Lei si affacciò dall'apertura. Uscì e si avvicinò. Ci lasciarono soli. – Sei tu? – mi chiese. – Sì. – Rimasi silenzioso. Indossava una tunica colorata. I capelli erano raccolti sulla testa. Poi, dato che non diceva nulla, aggiunsi: – pensavo avresti voluto uccidermi. Non mi guardava. La sua voce era controllata. – Il tempo dell'odio è ato. Alcuni avvenimenti hanno cambiato il mio pensiero come il mio sentimento. Ora sono felice di vederti. Sei un eroe per tutti. – Si voltò verso di me e accennò un sorriso. In quei giorni dovetti prendere una decisione. Raccontai solo una parte della mia storia. Decisi che non fosse il momento giusto per cercare di spiegare tutto quanto accaduto, e che quello che volevano sentirsi dire fosse meglio della verità. Domandai molto, e ascoltai. Venni a sapere che Korman era un Longevo e capii che un immortale valutava in modo diverso la vita umana di noi genti dei
castelli. Mi confermarono anche che era il capo dei Viandanti, e finsi di esserne sorpreso. Il mosaico degli avvenimenti e dei misteri del mondo si rivelava più complicato di quanto pensassi. Non è invece importante che ora scriva cosa raccontai dei miei viaggi e di quello che era successo. La menzogna deve restare confinata all'interno della propria necessità. La marcia della Lega proseguì. Attraversammo colline, costeggiammo laghi grandi come mari, foreste quasi impenetrabili e pianure sconfinate. Le pianure, prima innevate, divennero aride e poi tornarono boscose. A mano a mano che scendevamo verso sud, la neve scompariva e la temperatura diventava più mite. Solo una cosa rimaneva sempre la stessa: le notti del terrore e la strenue difesa. Le tecniche adottate erano state studiate dai Viandanti e l'aiuto delle loro armi consentì la sopravvivenza del convoglio. Ciò nonostante, il viaggio non fu scevro da sciagure. Due carri furono violati e coloro che erano all'interno vennero massacrati. La stessa sorte capitò ad altri due uomini, incautamente usciti fuori. Anche i periodi dìurni ebbero i loro inconvenienti. Una donna fu uccisa da un behemoth (o da un animale simile, perché era un po' differente da quelli delle mie parti) e un uomo subì la stessa sorte incontrando probabilmente un sirrush durante una battuta di caccia. Nessuno assistette alla sua uccisione ma, dopo che trovammo il cadavere, avvistammo un sirrush poco distante. Qualcuno di un Castello del nord (non ricordo il nome) mi disse che l'anima dell'ucciso, secondo le loro credenze, finiva nel sirrush, che era l'artabatico collettore di anime. Pensai a mio padre. Un uomo di un altro gruppo mi stava dando una piccola consolazione, anche se il pensiero non mi parve così auspicabile. Un giorno, appena usciti dalla pianura senz'alberi, udimmo un fragore. Lontano, in alto nel cielo, un uccello di grandi dimensioni, simile a una macchina volante dell'antichità, sfrecciava in linea retta verso il mare. – Cos'è? – mi chiese Attanasia. – Una macchina volante. – Guidata da chi? – Da un dio. Chi altri, se no?
– Non ho mai sentito raccontare di avvistamenti del genere. Può essere un auspicio? – Non credo. Gli auspici attengono al mondo naturale, e quella cosa non lo è. Attanasia era ormai vicina al tempo della nascita di suo figlio. – Pensi mai ad Artalog? – le chiesi. – Ogni tanto. – Forse un giorno lo rivedrai. – Forse, ma la vita cambia velocemente in questi tempi. – Mi hai detto che hai incontrato tuo padre – aggiunsi. – Sì, è stato un dono che non mi aspettavo. – Ti ha parlato della Ribellione? – Sì. Delle loro ragioni, degli errori dei Viandanti… – E che gli dèi esistono e non sono come avremmo immaginato… Rimase silenziosa. – Ti ha detto del Maestro? – le chiesi ancora. – Sì. Egli è la nostra guida e la nostra fonte di fiducia. Questa volta rimasi io in silenzio, prima di dire: – Nessuno l'ha mai visto… in centinaia di cicli… A un certo punto fui attratto dal ciondolo che Attanasia aveva appeso al collo. Mi avvicinai e le chiesi cosa fosse. – Me l'ha dato mio padre. Un simbolo antico per rappresentare che la realtà ha spesso due facce. Lo guardai. Era un cerchio di metallo con un viso in rilievo. Era però un viso
strano. Guardandolo meglio vidi che era bifronte. In quel momento, come altre volte prima di quella, e chissà quante ancora nel tempo a venire, tutti i dettagli si riunirono in un unico pensiero. Capii inequivocabilmente che Korman il Longevo era sia il Capo dei Viandanti, sia il Maestro dei Ribelli. Compresi perché avessi trovato i messaggi del Maestro nella macchina di Korman; del suo credo Ribelle, sorto forse fin dai tempi antichi; del desiderio di tenere nascosto il suo aiuto nei miei confronti; del perché sapesse dell'agguato a Kumbhalgarh, essendo stato da lui stesso concepito. Il motivo di questa doppia veste contraddittoria rimane misteriosa, così come il perché avesse deciso di creare i Ribelli, farli massacrare e poi riorganizzare fino alla vendetta; di andare a Fujairah, a incontrare il primo Viandante, Colui che era stato Esiliato; e del suo obiettivo finale di portarci fino alla Terra Divina. Intuii che voleva il controllo. Voleva vedere il mondo da più punti vista, ed essere in grado di governarlo a suo piacimento. Questo, almeno, credo di averlo capito. Quella non fu l'unica volta che incontrammo la macchina volante. La seconda fu pochi giorni dopo. In realtà non la vedemmo, perché era l'alba e stavamo tutti iniziando a dormire. Il fragore nel cielo, in quest'occasione più vicino, fu assolutamente inconfondibile.
registrazione videosononora 6 – videodiario di N.L. (3)
(si vede solamente un tunnel con una luce leggera e diffusa. È difficile capire di cosa si tratti. Sembra un corridoio di un Rifugio. L'immagine è fissa. Va ascoltato solo il commento)
È accaduto un imprevisto. L'ho seguito attraverso il giardino e poi nel grande palazzo. Mentre conversava con alcune persone, mi sono nascosto in un bagno e ho preparato il necessario. Quando sono uscito, lui non c'era. Ho chiesto e mi sono diretto verso il retro, dove inizia il grande parco. Ho attraversato il giardino di rose e l'ho scorto dirigersi tra i sentieri del bosco. Il parco non era vuoto. Ogni tanto incontravo qualcuno che eggiava, o seduto su una panchina. Dopo un po' sono arrivato davanti a una grande chiesa antica. Non pensavo ce ne fossero ancora, ma credo che non sia originaria di queste parti. Korman deve averla fatta ricostruire. Lo vidi che entrava nell'edificio. Lo seguii con apparente indifferenza. L'interno era illuminato solamente da candele, poste su entrambi i lati della navata. Saranno state migliaia. Korman si era avvicinato al fondo, dove un tempo doveva esserci l'altare. Fece una cosa che non capii subito. Poi mi resi conto: si stava inginocchiando, come credo facciano ancora coloro che si dichiarano del culto di Ananais. Mi sono nascosto dietro una colonna. A questo punto è avvenuto il problema. Quando sono uscito dal nascondiglio, lui non era più là. Poteva essere dietro una colonna, oppure nella cappella laterale di cui si vedeva l'entrata, circa a metà della navata centrale. C'era anche un angolo separato, in ombra, dove non vedevo cosa ci fosse. Era un'altra possibilità. Ormai pensai di essere stato visto e quindi mi comportai con noncuranza, come se fossi entrato per guardare. Osservai la volta, fermandomi al centro, e poi mi diressi verso la cappella. Entrai salendo due scalini. Era molto diversa rispetto alla parte principale, decisamente barocca, con colori chiari. Ai lati si vedevano due file di scranni in legno, dove credo si sedessero gli antichi durante le loro funzioni. Qui doveva esserci un'illuminazione artificiale, ma non identificai la fonte. Qualcuno parlò, dal lato destro: – È una chiesa del periodo medievale, mentre questa parte fu costruita nel milleseicento. Korman sedeva subito a destra dell'entrata e quindi era sfuggito al mio angolo
visuale. – È molto bella. Nessun altro ne ha fatta ricostruire una, che io sappia. – Come mai qui, da solo…? – mi chiese Korman. – Non amo la compagnia. eggiavo nel parco e ho scorto la chiesa. – La curiosità è un dono al quale molti stanno rinunciando. – Servono gli stimoli giusti. – Anche questo è vero. O un obiettivo da raggiungere. – Penso che ora tornerò con gli altri. – La strada d'entrata è spesso facile. Più difficile ritrovare l'uscita. Penso sia vero per tutte le scelte della vita, non credi? Mi mossi veloce. Anche lui fu rapido. Riuscii a colpirlo e la forza del mio braccio modificato lo fece cadere ad alcuni metri da me. Improvvisamente sentii qualcuno alle mie spalle. Mi presero e mi bloccarono le braccia. Erano in due. Spostai il peso a sinistra e con la gamba destra colpii il synt scaraventandolo a terra. Poi mi liberai dell'altro, sgambettandolo e piombandogli sopra con tutto il corpo. Korman stava fuggendo fuori dalla chiesa. Lo inseguii. Vidi che correva nel bosco e poi entrava in un cespuglio. Quando arrivai anch'io in quel punto, trovai una grata. Era aperta. Dietro la grata, degli scalini portavano nel sottosuolo. Se rinunciavo a inseguirlo il piano sarebbe fallito definitivamente. Per questo scesi e raggiunsi una rete sotterranea di tunnel. Appena arrivato sul fondo, un tunnel poco illuminato si diramava in due opposte direzioni. Scelsi quella verso sinistra senza un motivo particolare. Correvo, ma cercando di non fare troppo rumore. Notai che si trattava di una galleria ben tenuta, come se fosse costantemente pulita e controllata. Infine arrivai in una sala ampia. Era circolare, e tutt'intorno partivano tunnel, sia
da percorrere a piedi, sia muniti di monorotaia. Mancavano però i mezzi di trasporto. Ora sono qui. Devo decidere dove andare. I tunnel sono illuminati. Il geodata mi indica dove mi trovo. Procederò da questa parte, diritto davanti a me, ma ormai lui è in allerta. Devo fare attenzione.
registrazione videosonora 7
– Che cosa faceva Korman, prima di diventare un Longevo? – Perché t'interessa? – Perché ho cercato negli archivi e il suo file è stato cancellato. Tutti noi abbiamo l'anagrafica della nostra storia mortale. Lui no. – E cosa significa? – Non lo so. – Milzy… andiamo da Stepàn… – No! Dimmi chi era Korman! – Lui… Non lo ricordo. Mi pare lavorasse per un governo… credo fosse un funzionario o qualcosa del genere. – Sei sicuro che non fosse un militare? – No, perché? – Conosce bene l'uso delle armi e delle strategie di guerra.
– So che aveva esperienza con le armi. – Non solo. Anche con i computer e con i synt. – Non mi sembra che fosse uno scienziato. – La verità è che non sappiamo molto del suo ato pre-longevo. Nemmeno Alice sa nulla. L'ha conosciuto dopo. – Hai dei sospetti? – Poteva essere qualcuno che aveva a che fare con il trattamento… oppure un infiltrato, qualcuno che non doveva diventare Longevo… – Oggi chiudiamo questo capitolo. – Lo spero… Non mi sento al sicuro con lui qui.
registrazione videosonora 8 – diario di N.L. (4)
Ho percorso diversi tunnel. Sono piccoli. Alcuni percorribili solamente a piedi; altri, come avevo già notato, hanno delle monorotaie, forse per tragitti più lunghi. Ce ne sono a decine. Infine, sono arrivato in una stanza quadrata, simile a quella precedente come dimensione, da dove sembrano partire i primi percorsi che poi, come una rete sotterranea, si diramano in ogni direzione. È uno spazio molto grande, col soffitto altissimo, tanto che credo arrivi a pochi metri sotto la superficie esterna, e su un lato ho trovato qualcosa che mi ha attratto. Sono delle fessure. Evidentemente il soffitto dev'essere apribile. Stavo osservando la parte alta, quando un rumore mi ha distratto. Mi sono nascosto in un angolo buio. Questa rete di tunnel… sto cercando di comprenderne il significato. Mi è venuta un'idea: le difese di Yucapan si concentrano sulla superficie. Il sottosuolo è
controllato solo nei pressi delle mura dei confini. Quindi la finalità è quella di agire senza essere scoperto… ma è chiaro che il piano non può essere cominciato dopo il suo ritorno. Per creare questa rete sotterranea devono essere serviti molti anni. Finalmente si è rivelata la fonte del rumore. Un synt si sta muovendo verso di me, ma senza vedermi. È uscito da un tunnel e ne ha imboccato un secondo. Ho deciso di seguirlo. Mi sono tenuto a una distanza di una ventina di metri. Per fortuna il pavimento è liscio e non faccio rumore. Inoltre, il tunnel ha frequenti curve che mi consentono di stare fuori visuale, nel caso si voltasse. A un certo punto, il synt si è fermato in prossimità di un quadro di controllo. Non ho detto che molti percorsi hanno dei tubi metallici che scorrono attaccati a una delle pareti e, ogni cento metri, o forse anche meno, un quadro di controllo interseca queste tubazioni. Sono simili agli acceleratori dei laboratori. Il synt rimase alcuni istanti a digitare dei tasti e a osservare qualcosa sul video. Dalla mia postazione, sia per l'angolazione, sia per la distanza, non mi era possibile vedere nulla. Il synt finì le sue operazioni e proseguì lungo il percorso. Dopo circa cinque minuti che lo seguivo, vidi che entrava in una porta laterale. La raggiunsi. La porta era sulla parete opposta rispetto a quella dove stavano ancorate le lunghe tubature metalliche. Provai a spingerla e vidi che era aperta. Dentro c'era un aggio con una monorotaia. Questa volta, però, c'era anche il mezzo di trasporto. Si trattava di un semplice veicolo a forma di sigaro. Era simile a un vagoncino da miniera, con ruote metalliche. Me li ricordavo in alcuni fumetti e nei film western. Normalmente servivano per trasportare le pietre nella ricerca dell'oro. Qui il contenuto era molto diverso. Tre cadaveri giacevano al suo interno. Non li ho riconosciuti, ma sono indubbiamente della nostra razza.
La situazione è diventata estremamente complicata e pericolosa. Il mio obiettivo
deve cambiare. Devo riuscire ad avvertire gli altri. Quando mi sono girato e ho provato ad aprire la porta da dove ero entrato, ho scoperto che era chiusa ermeticamente. Sono nervoso. Le cose stanno volgendo in una maniera diversa dal previsto. Credo che il synt si sia accorto della mia presenza e mi abbia teso un agguato. Ho provato le varie porte e ne ho trovata una aperta. Dentro c'era una stanza rettangolare, non molto grande. Poco oltre c'era un'altra porta. Superatala, mi sono incamminato lungo un corridoio stretto. Dopo poco ho sentito che la porta da cui ero entrato veniva aperta nuovamente. Ho cominciato a correre. Ho svoltato alcune volte, quando il tunnel si biforcava. Alla fine mi sono trovato in un vicolo cieco. Il corridoio terminava contro una parete. Ho pensato dovesse essere un errore, o un effetto ottico. Ho raggiunto la parete di fondo e l'ho tastata in vari punti. Mi sono girato di fianco. Ansimavo per il nervosismo, ma mi sono accorto della scanalatura laterale. Ho spinto la parete e sono entrato in un'altra stanza. Non era vuota. Appena entrato, ho visto il synt girarsi verso di me. Aveva la solita faccia inespressiva. Ho preso l'arma e l'ho ucciso. Non sono sicuro che fosse sorpreso di vedermi. Ho aperto la porta successiva e mi sono ritrovato sopra una specie di balcone che dava su una sala di grandissime dimensioni, scavata ancora più in basso e col soffitto sorretto da colonne monumentali. Mi sono accorto che c'erano delle figure nella sala e mi sono abbassato per non farmi notare. Sbirciando, ho visto che erano di spalle e indossavano delle tonache color azzurro. Non mi era quindi possibile riconoscere chi fossero. Si rivolgevano verso una grande sfera dove confluivano delle tubazioni simili a quelle dei tunnel, dietro la quale uno schermo mostrava un paesaggio montano. Stavano in silenzio, e così ho avuto paura di poter essere scoperto. Uno di loro si è alzato e si è diretto verso la sfera. Stava entrando da una specie di apertura
laterale, quando mi sono girato e sono tornato indietro. Ho aperto una seconda porta e sono ato nella stanza dove mi trovo ora. C'era un divano e mi sono seduto, cercando di concentrarmi. Devo essermi addormentato. Com'è stato possibile? Forse hanno immesso un sonnifero nell'ambiente. La testa, infatti, è dolorante. Mi sono svegliato quando la parete opposta a dove mi trovo si è improvvisamente illuminata. Si vede un paesaggio. Non riesco a riconoscere la zona. C'è un bosco, con alberi strani, un po' simili a dei pioppi. Poco distante s'intravede il mare il cui colore, però, mi pare anomalo. Anzi, mi mette a disagio. Ho sentito un rumore fuori dalla porta. Mi sono nascosto dietro il divano e ho cercato l'arma. Non ce l'ho più. Devo prepararmi al peggio.
5
Diario Di Esteban
Le mura di Yucapan si stagliarono davanti a noi. Furono un'immagine indimenticabile: enormi, altissime, circondate da una landa desolata di cenere grigia e nera. Mentre la nostra colonna di macchine e carri transitava da nord, e si apprestava alle mura del Paradiso, i popoli del mare stavano risalendo dal sud, e alcune navi stavano ancorate al largo della costa occidentale. I Ribelli che avevano navigato nel grande mare meridionale erano giunti alle isole e avevano spiegato i nuovi accadimenti al Popolo insulare, e li avevano convinti ad allearsi con loro per raggiungere Yucapan e dare inizio alla Nuova Era. In questo modo, tutte le genti stavano convergendo verso la Terra degli Dei. Quando entrammo, da un aggio aperto e senza sentinelle, percorremmo un luogo spettacolare: un giardino enorme, perfetto in ogni dettaglio, come se la natura stessa fosse stata piegata al volere degli Dèi. Tutto pareva perfetto, armonico e curato in ogni dettaglio. Però, nessuno ci venne incontro, né cercò di fermarci. Solamente dopo diverse migliaia di i fummo affrontati da un carro che si dirigeva verso di noi. Quando ci raggiunse, scoprii che non era guidato da uomini o dèi, ma da due synt. Fu così che conobbi gli uomini sintetici. Le sorprese non terminarono con quell'incontro. Il synt che ci venne incontro chiese subito di me. – Perché vuoi sapere chi di noi sia Esteban? – gli chiese il Viandante Avyctes. Mi trovavo pochi i indietro, e fui sorpreso nel sentire il mio nome pronunciato da quell'essere. Non capivo il loro linguaggio, ma più tardi Etcham mi tradusse il dialogo che avvenne.
– Come conosci Esteban? – gli chiese invece Savanna. – Non lo conosco, infatti – rispose il synt. – Ma devo condurlo dal nostro Comandante. Vuole parlargli. – Noi lo accompagneremo – fece Avyctes. – Come volete – rispose il synt. Non aveva alzato le spalle, ma era come se lo avesse fatto. – Seguitemi, allora. Mentre il convoglio proseguiva nella direzione indicata dal Viandante Radane, io e due macchine, con dentro Savanna e Avyctes in una, ed Etcham e Conrad nell'altra, seguimmo il carro dei synt. Giungemmo a una casa nel bosco. Era strana, costruita come se fe parte del bosco stesso, con una piccola cascata di fianco, e piena di vetrate e assi di legno. Ci fermammo e uscimmo dalle macchine. Il synt che aveva chiesto di me si rivolse ancora una volta ad Avyctes: – Chi di voi è Esteban? – Sono io – risposi, avvicinandomi. – Bene. Vieni con me – disse nella mia lingua. – Dove lo conduci? – chiese Avyctes. – Da O'Sullivan, il Comandante dei synt – rispose. L'interno della casa assomigliava molto alle illustrazioni che da ragazzo avevo ammirato nei libri, ma non ebbi il tempo di meravigliarmi che fui presentato al mio interlocutore. Era un synt simile agli altri, alto e con la pelle liscia, gli occhi neri. – Sono O'Sullivan, Comandante dei synt di Yucapan. Sono contento di incontrarti, Esteban di Malaspina. – Anch'io sono contento, Comandante. Attendo di sapere il motivo del tuo interesse verso di me. – Nulla di personale. Il mio capo Longevo mi ha detto che saresti arrivato
insieme alla Lega di Uomini e Viandanti, e mi ha chiesto di darti un messaggio da parte sua. – Chi è il tuo capo, O'Sullivan? – Il suo nome è Jordan Nolan, ma da tempo si fa chiamare Korman. Ero certo della risposta prima ancora di sentirla. – Dimmi il messaggio – dissi. – Siediti, ti prego – mi disse il synt. Mi sedetti su di una poltrona. Era comoda, i cuscini molto morbidi, e il tessuto delicato e fresco. – Il messaggio è questo: “Yucapan e tutto quello ivi contenuto li dono al popolo degli uomini mortali, sia dei castelli che viandanti. Il tempo degli dèi è terminato, che inizi l'epoca degli eroi. Esteban dovrà essere il reggente, e scegliere come governare questo nuovo mondo. I synt saranno i vostri servitori e assistenti, ma solo se il mio volere sarà eseguito, e loro compito sarà controllare che ciò avvenga.” O'Sullivan smise di parlare. Dopo qualche istante chiesi: – È tutto qui? – Sì, Esteban, non c'è altro. Rimasi a pensare. – Dovrai dire anche agli altri quello che hai detto a me – gli dissi. – Farò quello che mi chiedi – rispose. – Dov'è ora Korman? – È andato via. – Dove? – Non mi è facile spiegarlo. Ha raggiunto un luogo diverso da questo, lontano da noi e vicino allo stesso tempo.
– Perché ci è andato? – Quello che voleva fare qui l'aveva terminato. – Tornerà? – chiesi, dopo una breve riflessione. – Chi può dirlo? – Gli altri sono andati con lui? – No. – E dove sono? – Non lo so. Forse Korman lo sa, ma non possiamo più chiederglielo.
6
L'arrivo nella grande città rappresentò un momento di emozione assoluta. Era come un insieme di castelli costruiti uno appresso all'altro, ma molto più alti e fatti di materiali simili al vetro, luccicanti sotto i raggi del sole. Nella città visitammo i palazzi e i laboratori di ricerca. Questi ultimi sono ancora più complessi delle armi e delle macchine dei Viandanti, e avrò bisogno di tempo per poterli comprendere. Decidemmo che la città sarebbe stata la nostra nuova casa, il nostro comune castello. Dedicammo diversi giorni per scegliere le abitazioni, un palazzo per ogni gruppo. L'alto edificio al centro del complesso fu invece scelto come residenza dei Viandanti. Fu nella città che incontrai Manaui. Manaui è il Gran Sacerdote del più numeroso dei Popoli del Mare. Quando gli dissero chi ero, venne da me e mi s'inginocchiò davanti. Rimasi sconcertato da tanta devozione e gli chiesi di alzarsi. Vidi che aveva le lacrime agli occhi. – Non puoi capire, o grande Esteban, cosa significhi per me incontrarti. Ti ho già conosciuto, come ti spiegherò, e ti ho ammirato; e poi mi sono disperato nel crederti morto per mano d'altri. Ora ti trovo e scopro che sei ancora vivo, e il mio cuore gioisce e si conforta al pensiero che non tutto sia male nel mondo. Mi raccontò del suo incontro con Korman, dell'averlo creduto me (perché così si era presentato) e di come la verità fosse poi uscita allo scoperto. Imparai altre cose di quanto accaduto, ma non sempre una maggiore quantità d'informazioni genera maggiore consapevolezza. Poi mi fece leggere il Diario. Fui contento di ritrovare le prime pagine di viaggio che avevo scritto, ma furono quelle di Korman, che simulava di essere me, che mi fecero capire che a Fujairah era diventato qualcos'altro, oltre il confine che anche i Longevi avevano raggiunto.
Nei giorni seguenti visitammo tante aree di Yucapan. E finalmente mi accompagnarono a vedere le Banche del Gelo. Là, migliaia di contenitori delle memorie di uomini del ato, recente e lontano, si affiancavano tra loro nella lunga attesa. Vidi gli ampi spazi vuoti, dove Mithar aveva compiuto la sua profanazione. Mi chiesi se un giorno anche i miei ricordi sarebbero stati raccolti e messi nella – sala dell'attesa – o se l'idea ribelle che si trattasse di un'inutile consolazione avrebbe continuato a prevalere. Ci sarà tempo per valutare questa eventualità. Abbiamo viaggiato a lungo nel territorio di Yucapan, fino a una grande piramide antica nascosta nella giungla. Mi dissero che quello era il posto dove alcuni Longevi avevano scelto il 'sonno perenne'. Non potei però accedervi, perché il aggio sotterraneo era franato. Chiesi se ci fosse un modo per aprire un varco, ma mi risposero che era troppo pericoloso, e che quindi il luogo era divenuto una sorta di tomba di immortali. Nelle nostre peregrinazioni ammo tra i giardini impeccabili e percorremmo le strade impeccabili, fino alle aree monumentali, dove vidi per la prima volta i cenoti. La visione ammirata di quei crateri pieni di acqua fu presto sostituita dalla scoperta che erano stati usati come cimiteri e che numerosi cadaveri di dèi giacevano nelle loro profondità. Troppo pochi, comunque, per chiarire il mistero della scomparsa dei Longevi. Sembra, infatti, che solo i synt siano rimasti in tutta Yucapan. I synt sono un mistero a parte. Non avevo mai sentito parlare di uomini sintetici. Pensavo non fosse possibile creare la vita, e invece imparai che gli Antichi erano stati in grado di farlo, e forse i Longevi, oltre a ereditarli, ne avevano appreso il segreto. Un synt è apparentemente identico a un essere umano. Si riconoscono solamente perché ciascuno di loro ha una piccola “s” impressa sulla fronte e perché sono completamente glabri. Approfondendo l'argomento, seppi anche che i synt sono asessuati. Questo genera un cambiamento del sistema nervoso e ormonale. Non vanno in collera. Non conoscono la disperazione, né la gioia sfrenata. Ragionano come noi, ma con molta meno influenza della parte emozionale di quanto avvenga negli esseri umani naturali. Nonostante questo, ho comunque la sensazione che siano in grado di mentire
come e meglio di noi. Dovremo fare attenzione. Un timore sottile e indefinibile mi pervade, quando parlo con loro.
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Lei l'ha raggiunto, nel chiostro con la piscina. Lui guarda in alto, verso il rettangolo di cielo delimitato dal palazzo. Si vedono le stelle, anche se la luce del chiostro ne limita la lucentezza. – Non t'importa che nessuno ti ami? – gli chiede lei. – No. Non me ne importa nulla. – Fai male. – Tu credi? Le persone amano egoisticamente, per quello che ricevono in cambio. Perfino coloro che soffrono d'amore, in realtà sognano l'ideale che non hanno saputo trovare. Solo un figlio piccolo, o un cane, amava forse in modo sincero. – Sei sempre stato cinico. – Realista. – Io ti amavo. Lui rimane fermo un istante. – Anch'io, ed è stato bello. – Hai amato qualcuno, fuori di qui? – gli chiede ancora lei. – Non realmente. – E qualcuno ti ha amato, secondo te? – Tutti mi amavano. – Ti seguivano… ti temevano… è diverso. Ora non hai più nemmeno quello, non
è vero? Rimane silenzioso. Volta lo sguardo, prima di dire: – Qui di certo non sono amato. Korman si sta per allontanare, poi si ferma e aggiunge: – Se incontri Trifimovic, digli che i miei synt hanno scoperto Loderingo e quello che stava facendo. Purtroppo per lui non ha potuto terminare… Ne sapevi qualcosa? – Ovviamente no! – risponde lei. – E Loderingo dov'è ora? – È andato ad aggiungersi alle morti premature di Yucapan – Korman sorride leggermente. L'immagine successiva mostra Alice, nervosa, che sta cercando qualcuno. Vaga tra le sale. Il suo viso esprime paura. Korman non è più con lei.
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(in realtà il video non ha sonoro, però un rumore di fondo fa sembrare che ci fosse e che sia stato cancellato successivamente)
Si vedono le sale della festa. Sono brevi immagini che durano pochi secondi ciascuna. All'inizio sembra che siano uguali alle altre. Poi si scorge che qualcuno si è assopito su un divano, o sdraiato per terra. Sembra che sempre più persone si lascino prendere dal sonno. Milziade corre lungo un corridoio. Sbanda come un ubriaco. Si accascia sotto una finestra. Sta ansimando, come preso da un attacco di febbre improvvisa. Una donna, di cui non sanno dirmi il nome, s'irrigidisce accanto a una colonna. Si
porta una mano alla gola. Non riesce a parlare. Si vede una stanza. Sono tutti addormentati. Si capisce perché alcuni si muovono leggermente, e i petti mostrano segni di respiro. Dei synt si muovono tra loro, indifferenti. Il video si scurisce e non si vede più nulla. Dopo poco si riesce a intravedere la sagoma dei palazzi della casa di Korman. È una ripresa esterna. Le stanze sono tutte buie. I colori della festa sono scomparsi. Una macchia nera si sta avvicinando all'obiettivo che riprende le immagini e si ferma a parlare, ma non c'è sonoro. S'intuisce, dal modo in cui si muove, che si tratta di un synt.
7
Abbiamo guardato dappertutto. Nessun Longevo è rimasto a Yucapan, quanto meno vivo. Nemmeno di Korman c'è traccia. E i Viandanti Ribelli hanno cercato invano il loro Maestro. I synt dicono di non sapere nulla, e quello che mi ha detto O'Sullivan l'ho già raccontato. I cenoti sono pieni di cadaveri, ma il loro numero è limitato: non più di trecento corpi sono stati recuperati. In questi giorni, ci siamo spesso riuniti. È stato infatti costituito un Comitato di Decisione. Ne facciamo parte io, Attanasia, Tush ed Etcham. Se prendiamo una decisione condivisa, la sottoponiamo al Consiglio, nel quale ci sono quindici uomini e donne dei Castelli e quindici Viandanti. Nell'ultima riunione abbiamo deciso come organizzare il recupero degli abitanti dei Castelli rimasti nei luoghi d'origine. emo i carri di Yucapan: sono potenti, indistruttibili e molto veloci. Possono ospitare fino a quindici eggeri ciascuno. Ce ne sono dieci, e quindi saremo in grado di trasportare tutti gli abitanti rimasti nei castelli con meno di una decina di viaggi. Però non faremo un'unica azione di recupero, non avrebbe senso. E emo anche le navi di Yucapan, che abbiamo scoperto in cupole chiuse ermeticamente presso le due coste di mare. Non osiamo invece usare le macchine volanti. Nemmeno i Viandanti ne conoscono la tecnica di guida. Potremmo farle guidare ai synt, ma il Consiglio, per ora, si è opposto. Tre giorni fa è rientrata la nave che era andata con dieci Viandanti a fare un'escursione a Fujairah. Hanno riferito che non c'è più nessuno, il castello è abbandonato. Anche dei contenitori delle memorie non hanno trovato traccia. Ho ripensato alla nave volante che avevamo visto durante la discesa verso Yucapan e al suo rombo di rientro poco prima che raggiungessimo le grandi Mura. Molte ipotesi si sono rincorse nella mia mente, ma nessuna in grado di
trovare riscontro.
8
Oggi, una nuova notizia ha oscurato qualsiasi altro argomento. È stato Etcham ad avvertirmi. – Esteban, è successa una cosa strana – disse. – Raccontami, ti ascolto. – I verificatori fuori dalle mura hanno registrato un'assenza di ghoul nelle ultime notti. – Che cosa intendi? – Che nessun ghoul è uscito dalle bocche dell'inferno situate in un raggio piuttosto ampio, e per ben tre notti di fila. – Forse i ghoul hanno preferito spostarsi più a nord, lontano da Yucapan. – L'avevo pensato, e quindi la scorsa notte ho mandato due verificatori fino a cento chilometri da qui… oltre centomila i… – E il risultato? – Nessuna traccia di ghoul. Rimasi in silenzio solo un attimo, prima di dire: – Si devono essere spostati. Sanno che qui non possono entrare… Non hai verificato abbastanza lontano. – Hai ragione. Infatti sto organizzando una ricerca a più lungo raggio. Nelle notti seguenti i risultati non sono cambiati. Nessun ghoul è stato avvistato. È come se, improvvisamente e magicamente, i terrori della notte fossero scomparsi. Solo la prima missione di recupero dai castelli confermerà o meno l'accaduto. La scorsa notte ho superato le mura e mi sono spinto fin oltre la landa di cenere
grigia. Sono arrivato in prossimità di una bocca dell'inferno e ho fermato la macchina. Ero solo. Sono uscito e mi sono avvicinato al cratere nel terreno. La luce della macchina lo illuminava. Avevo paura, ma mi sono spinto fino al bordo esterno e ho guardato dentro. Il cono di luce non riusciva a schiarire oltre qualche o. Più sotto, il nero sembrava quasi pronto a uscire, come fosse qualcosa di vivo e di palpabile. Con il piede ho scostato un po' di terra e l'ho fatta cadere verso il cratere. Ho alzato lo sguardo verso le stelle. C'erano poche nuvole. Il cielo era riempito dalle piccole luci. Poche volte le avevo viste con tranquillità come in quel momento. Verso l'orizzonte ho notato la stella – che sempre ritorna – che i Viandanti chiamano – polare – e mi sono rasserenato. Intorno a me sentivo i rumori degli insetti della notte. Regnava una pace inconsueta.
9
La prima missione di recupero è tornata. In nessun luogo del mondo attraversato dai carri sono stati avvistati ghoul. Sembra che siano scomparsi dalle notti della terra. Le bocche d'inferno, ovunque, giacciono come reliquie del terrore che fu. Ci chiediamo se si tratti di una pausa o di una mutazione definitiva, ma non c'è modo di saperlo. I synt stanno predisponendo delle sonde da inviare all'interno dei crateri che entrano nelle viscere del sottosuolo. Speriamo, in questo modo, di scoprire qualcosa in più. Tra i reduci del mondo esterno, sono stati riportati a Yucapan anche Artalog e Tanamai, i Viandanti sopravvissuti alla strage; mentre Burghash, anch'egli ritenuto ancora vivo, si deve essere ben nascosto. La loro presenza qui, benché come prigionieri, potrebbe ingenerare dubbi e desideri di rivalsa, e non sappiamo cosa deciderà di fare Burghash. Anche se non venisse da loro, la discordia, prima o poi, farà la sua apparizione. Non tutti gli abitanti dei castelli hanno voluto venire a Yucapan. Alcuni sono rimasti nelle fortezze, attratti dalla novità dell'assenza dei terrori della notte e spaventati da un cambiamento così repentino. Ero salito sul terrazzo in cima all'edificio dove teniamo le riunioni del Consiglio, quando incontrai Etcham. Stava appoggiato alla balaustra e guardava il panorama. Mi piace Etcham, le sue parole non sono mai superficiali. – Sei pensieroso – gli dissi. – Stanno accadendo molte cose. – So che avete saputo dell'identità del Maestro. – È stata una scoperta sconvolgente. Cambia il significato delle azioni che abbiamo fatto, e mette in dubbio i presupposti del nostro credo. Rimasi silenzioso.
– Anche tu sembri avere dei pensieri – mi disse. – È un periodo di cambiamenti profondi. – C'è qualcosa in particolare che ti tormenta? – Credo di sì. Se i ghoul fossero davvero scomparsi, allora la nostra razza potrebbe un giorno tornare a uscire dalle mura di Yucapan, e riconquistare il pianeta che fu già nostro. – È possibile. – Ma sto parlando di un tempo lontano: quando i gruppi vorranno tornare a dividersi e quando saremo diventati nuovamente numerosi, e lo spazio ci risulterà angusto – Etcham alzò lo sguardo verso l'alto, ma in realtà non fissava nulla di preciso. – Oppure i ghoul torneranno – aggiunsi – e il sogno dovrà rimanere confinato fino a quando non troveremo una diversa soluzione. – Nessuno può dirlo – gli sentii dire sottovoce. Mi avvicinai a Etcham e lo presi per le spalle, delicatamente, guardandolo negli occhi, per essere sicuro che mi ascoltasse. – Però di una cosa sono certo, Etcham. Le parole di Korman hanno descritto il vero: quale che sia il futuro che il Fato ci riserverà, il tempo degli dèi è terminato, e terminerà anche quello degli eroi – che stiamo ora cominciando – facendo tornare il tempo degli uomini. Un giorno il mondo sarà di nuovo nostro. Etcham sorrise. Poi disse: – E poi tornerà ancora il tempo degli dèi, e così via, in un ciclo continuo, fino a quando la nostra razza non scomparirà definitivamente, senza lasciare traccia dietro di sé che possa durare oltre il tempo di un respiro del cosmo. Lasciai la presa sulle spalle e mi sedetti sul pavimento del terrazzo. Etcham mi imitò. – Ci aggrappiamo all'istante presente – aggiunse – e subito questo cade nel ato a formare la storia. Il futuro ci contemplerà per poco. Tutti i nostri ieri, e
quelli che lo diverranno, finiranno nell'oblio. – Perché dici questo? – gli chiesi. – Perché siamo una cosa fugace, un dettaglio insignificante nella marea universale – Riflettei un attimo prima di replicare: – Ma siamo l'unico motivo di esistere per noi stessi! La nostra lotta per affermarci nell'esistenza, sebbene non possa forse riuscire nell'impresa, vale comunque la pena di essere perseguita. Mi guardò. Ebbi la sensazione che approvasse le mie parole. Il sole, rosso e grande come un tempio circolare, stava calando all'orizzonte. Uno stormo di uccelli volava alto sopra di noi. So che quello che ho detto a Etcham è l'essenza della volontà della nostra specie. Ne sono convinto. So che così faremo, indomiti e coraggiosi contro le avversità che il destino vorrà farci incontrare. E a dispetto delle falsità dietro le quali ci ritroveremo, ancora e ancora, a decidere le nostre azioni. Andremo avanti, lotteremo con tutte le nostre forze, e cercheremo di ergerci oltre i limiti che ci sono stati imposti, fino a quando il mondo non vorrà travolgerci e dimenticarsi di noi, e di quello che siamo stati, nell'indefinibile lunga notte della fine di tutto.
FINE
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Alessandro Forlani, Sonno verde - Robotica.itn. 6
Giovanni De Matteo, Il lungo ritorno di Grigorij Volkolak - Robotica.itn. 7
Antonino Fazio, Zona infestata - Robotica.itn. 8
Clelia Farris, La madonna delle rocce - Robotica.itn. 9
Dario Tonani, Schiuma rossa - Robotica.itn. 10
Vittorio Catani, Anima - Robotica.itn. 11
Claudio Chillemi, Né la prima né l'ultima volta - Robotica.itn. 12
Valentino Peyrano, Goyon - Tecnomante 2n. 1
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Fantasy
Carlo Vicenzi, I cento blasoni - Il romanzo - Fantasy Tales I Cento Blasonin. 5
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Scilla Bonfiglioli, L'ultima soglia - Fantasy Tales L'ultima soglian. 4
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Emanuele Manco, I Daimon di Pandora - Urban Fantasy Heroesn. 1
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Fabio Vaghi, Tattoo - Urban Fantasy Heroesn. 7
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Paolo C. Leonelli, Aria - Urban Fantasy Heroesn. 9
Giallo
Maurice Leblanc, Il sette di cuori - Arsenio Lupinn. 6
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Gianfranco Sherwood, Sherlock Holmes e l'avventura del teschio deforme Sherlockianan. 27
Elena Vesnaver, Sherlock Holmes e il caso dell'unicorno nero Sherlockianan. 28
Enrico Solito, Sherlock Holmes e l'avventura del fantasma senza testa Sherlockianan. 29
Enrico Solito, Sherlock Holmes e il caso della deduzione errata Sherlockianan. 30
Elena Vesnaver, Sherlock Holmes e le ragazze di Madame Jai Sherlockianan. 31
Enrico Solito, Sherlock Holmes e l'avventura del Krisna di Kangra Sherlockianan. 32
Marco Paracchini , Sherlock Holmes e il licantropo di Huntingdon Sherlockianan. 33
Enrico Solito, Sherlock Holmes e il caso dell'omicidio in flagrante Sherlockianan. 34
Gianfranco Sherwood, Sherlock Holmes e l’avventura del vecchio soldato Sherlockianan. 35
Enrico Solito, Sherlock Holmes e la strana avventura di Dorando Pietri Sherlockianan. 36
Enrico Solito, Sherlock Holmes e la dodicesima notte - Sherlockianan. 37
Gianfranco Sherwood, Sherlock Holmes e l’avventura dell’ombra assassina Sherlockianan. 38
Enrico Solito, Sherlock Holmes e il caso della Paradol Chamber Sherlockianan. 39
Luciano Bacchin, Sherlock Holmes: la sfida degli spettri - Sherlockianan. 40
Gianfranco Sherwood, Sherlock Holmes e l’avventura del saltatore Sherlockianan. 41
Enrico Solito, Sherlock Holmes e l'uomo di Piltdown - Sherlockianan. 42
Enrico Solito, Sherlock Holmes e l'avventura del minatore mattiniero Sherlockianan. 43
Enrico Solito, Sherlock Holmes e l'avventura del chimico avvelenato Sherlockianan. 44
Roberto Vianello, Sherlock Holmes e il furto della Corona Imperiale Sherlockianan. 45
Enrico Solito, Sherlock Holmes e la scomparsa di Lady Freemont Sherlockianan. 46
Enrico Solito, Sherlock Holmes e il caso di follia contagiosa - Sherlockianan. 47
Enrico Solito, Sherlock Holmes e Il mistero del drago di fuoco Sherlockianan. 48
Roberto Vianello, Sherlock Holmes e la Regata Oxford-Cambridge Sherlockianan. 49
Elena Vesnaver, Sherlock Holmes e l’avventura della casa di campagna Sherlockianan. 50
Enrico Solito, Sherlock Holmes e la banalità del male - Sherlockianan. 51
Luca Sartori, Sherlock Holmes e il labirinto della solitudine - Sherlockianan. 52
Luca Martinelli, Sherlock Holmes e il furto dell'astrolabio - Sherlockianan. 53
Cristina Pollastro, Sherlock Holmes e l'avventura del pescatore sull'Avon Sherlockianan. 54
Horror
Stewart O'Nan, I mostri - Halloween Nightsn. 8
Steve Rasnic Tem, Dolcetto o Scherzetto ad Halloween Street - Halloween
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Lisa Mannetti, 1925: Un Halloween a Fall River - Halloween Nightsn. 10
Trent Zelazny, Fame d'aria - Halloween Nightsn. 11
Elizabeth Voss, Peter Tackaberry, La signora che vive sulla scogliera Halloween Nightsn. 12
John R. Little, I fantasmi di Halloween - Halloween Nightsn. 13
Lu Kang, Non festeggiate Halloween - Halloween Nightsn. 14
Romance
Emanuela Locori, Un tramonto a Thera - ioni Romantichen. 12
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Isabella Fracon, Non dimenticarmi - ioni Romantichen. 14
Laura Gay, Incantevole angelo - ioni Romantichen. 15
Patrizia Ines Roggero, Asso di cuori - ioni Romantichen. 16
Paola Picasso, La scelta - ioni Romantichen. 17
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Giulia Dal Mas, La sposa nella torre - ioni Romantichen. 19
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Stefania Fiorin, Sveva - ioni Romantichen. 21
Emiliana De Vico, Candolina - ioni Romantichen. 22
Nora Noir, Minorca mi amor - ioni Romantichen. 23
Marco Canella, Baciati dalla luna - ioni Romantichen. 24
Scrittura creativa
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Spionaggio
Sadie Löve, Una bambola per Amanda - Dream Forcen. 19
sco Perizzolo, Guerra fredda, sangue caldo - Dream Forcen. 20
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Andrea Valeri, Una Tomba per Krissa - Dream Forcen. 33
Stefano Gerosa, Velluto rosso - Dream Forcen. 34
Marco Donna, Oriente estremo - Dream Forcen. 35
Stefano Di Marino, La moglie infedele - Dream Forcen. 36
Alessio Gallerani, Servizio vincente - Dream Forcen. 37
Andrea Valeri, Il bacio della medusa - Dream Forcen. 38
Stefano Di Marino, La cacciatrice - Dream Forcen. 39
Andrea Valeri, Gelide tenebre - Dream Forcen. 40
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Andrea Valeri, I cancelli di Ares - Dream Forcen. 42
Stefano Di Marino, Bambole invisibili - Dream Forcen. 43
Marco Donna, Lady pirata - Dream Forcen. 44
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Steampunk
Roberto Guarnieri, Sherlock Holmes e il Circolo dell'Arca - Il circolo dell'Arca IIn. 1
Roberto Guarnieri, Nikola Tesla e il Circolo dell'Arca - Il circolo dell'Arca IIn. 2
Alain Voudì, Arrivo a Trainville - Trainvillen. 1
Alain Voudì, Alla scoperta di Mister Pennyworth - Trainvillen. 2
Alain Voudì, Trainville: Andata e ritorno - Trainvillen. 3
Alain Voudì, Fuga da Trainville parte I - Trainvillen. 4
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Storico
Marco P. Massai, La maschera di Pietrasanta - History Crimen. 2
Manuela Costantini, Il ritorno del se - History Crimen. 3
Claudio Costa, Morgengab - History Crimen. 4
Marco Frosali, Chirone - History Crimen. 5
Maria Michela Lieto, Il peccato della sirena - History Crimen. 6
Samuele Nava, Caccia all'untore - History Crimen. 7
Luca Di Gialleonardo, Il calice della vendetta - History Crimen. 8
Marzia Musneci, Idi di agosto - History Crimen. 9
Franco Forte, Amore e sangue - History Crimen. 10
Patrizia Debicke, La Congiura Philippe le Bon - History Crimen. 11
Antonio Tenisci, La Madama - History Crimen. 12
Claudio Costa, Mahrskalk - History Crimen. 13
Antonino Fazio, Terrore a Whitechapel - History Crimen. 14
Elena Vesnaver, Lo sbaglio di Winckelmann - History Crimen. 15
Giorgio Simoni, La strada ferrata della vita - History Crimen. 16
Daniele Pisani, Giacomo Casanova Omicidio a Rialto - History Crimen. 17
Oriana Ramunno, L'ira dell'angelo - History Crimen. 18
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