CLAUDIO FOTI
LEMURIA
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LEMURIA
Claudio Foti
La pioggia stava lavando le viscere sporche della città, il suo scrosciare riempiva le orecchie dei pochi anti che rientravano a casa a quell’ora tarda. Era un fottuto lunedì e le strade erano vuote, i pub chiusi e i pochi ristoranti in attività semideserti. Nessuno aveva voglia di uscire il lunedì sera, quel tempo bastardo poi non favoriva certo la vita sociale. E sì che Roma era una città piena di vita, ma novembre e le sue piogge rendevano tutto molto malinconico, quell’anno poi il freddo era arrivato in anticipo. La ‘uno’ saettò sopra un tombino pieno d’acqua, il tergicristallo all’esterno faticava ad allontanare gli schizzi e Mario all’interno con un fazzolettaccio di carta lottava contro l’appannarsi continuo del vetro: non vedeva assolutamente nulla, dal riscaldamento della sua auto era stato “abbandonato” mesi prima e non aveva certo soldi e voglia da investire per ripristinarlo su una macchina ormai prossima alla rottamazione. Comunque quell’auto per lunghi anni aveva fatto il suo dovere, poche volte lo aveva lasciato a piedi, un comportamento davvero encomiabile….. - Chissà cosa diavolo vuole Sharam con tanta urgenza!- borbottò ad alta voce mentre sgattaiolava sotto i fornici di Porta Metronia infrangendo almeno due norme del codice della strada, ma a quell’ora non l’avrebbe certo fermato nessuno. La luce fioca dei lampioni, attenuata dalla pioggia insistente e dalle foglie oramai morte degli alberi che il vento staccava e portava a so, illuminava vagamente la sagoma dell’auto bianca che filava verso la casa dell’amico. Il semaforo era rosso e Mario dovette fermare la sua corsa. - Era molto agitato al telefono, uhm con lui c’è da aspettarsi di tutto- continuò parlando a un invisibile compagno seduto sul sedile a fianco al suo.
- Coño! E’ ancora rosso questo dannato semaforo!- imprecò mentre la pioggia non accennava a diminuire e il tergicristallo annegava sommerso dall’acqua che si riversava a grossi rivoli sul parabrezza. Vide la sfocata luce verde e ripartì di scatto, svoltò a sinistra commettendo un’altra infrazione e parcheggiò in seconda fila. Ma a quell’ora nessuno avrebbe protestato ed i vigili non sarebbero mai arrivati, pensò. Suonò al citofono e la voce di Sharam gracchiò agitata. Il portone si aprì con un suono metallico e Mario volò dentro veloce come un falco. Fortunatamente l’ascensore funzionava, altrimenti lo avrebbero aspettato otto piani a piedi. - Eccomi qua, cosa cavolo succe….oh cavolo!- esclamò mentre varcava la porta semi accostata dell’appartamento di Sharam. Una luce fortissima di un giallo ocra così intenso, che neanche trecento lampade accese insieme avrebbero potuto emettere, lo abbagliò immediatamente. - Cosa è successo Sharam?- Il muro, Mario! Il muro…in camera mia!- E’ da lì che viene tutta questa luce?- Guarda!- disse Sharam spalancando ancora di più la porta della sua camera. Mario fece alcuni i all’interno verso la sorgente di quella luminosità, ancora non capiva da dove provenisse esattamente tutto quel bagliore. - Non avvicinarti, può essere pericoloso- lo avvertì l’amico da dietro. Poi, una volta abituati gli occhi, Mario poté distinguere chiaramente la forma di una porta sul muro, una porta di luce. I contorni erano ben delineati e la superficie luminosa sembrava pulsare. - Cosa diavolo ci fa una stranezza del genere a casa tua?- E’ quello che vorrei sapere anch’io- rispose tra il serio e il faceto Sharam cercando di dissimulare la tensione. - Beh, cerchiamo di capire se è davvero un aggio come sembra, oppure
un’illusione- cominciò Mario. - Tu leggi troppi libri di fantascienza, questo non è Dungeons and Dragonsribatté l’altro conoscendo bene gli hobby dell’amico. - Sarà, proviamo con questa- disse Mario lanciando contro la porta di luce una moneta da 2 euro che volteggiò nell’aria e scomparve appena entrata in contatto con la superficie luminosa. - Coño! È finita dall’altra parte, andiamo a vedere meglio...- e allungò la mano destra per sfiorare la superficie luminosa, quando: - Fermi! Non fate un altro o! - una voce stentorea proveniente dalle loro spalle li raggelò: - chi si avvicina troppo è perduto!- urlò scattando in avanti e gesticolando un vecchio, di circa settanta anni, avvolto in morbidi panni di velluto marrone a coste larghe, con i capelli bianchi che si confondevano con la sua barba ispida, mentre gli occhi celesti, brillanti, apparivano come due fari nella faccia abbronzata solcata da un mare di rughe. -Professor Buenrostro! Ma… -cominciò Mario sorpreso dall’inaspettata comparsa dell’uomo. - Se non mi sbaglio in casa di Sharam si è aperta una porta su un’altra dimensione!- esclamò entusiasmandosi come un bimbo mentre le sue pupille, nonostante la grande luce, si dilatavano a tal punto che il nero aveva quasi sostituito completamente l’azzurro delle iridi. - Sì, sì è proprio come pensavo…- continuò il professore avvicinandosi e cautamente infilando un dito guantato che scomparve per metà nel muro -…e attraversandola si arriva nella perduta Lemuria, il continente scomparso! Secondo le antiche iscrizioni che abbiamo decifrato questa è la decima ed ultima porta… - poi si fermò per riflettere qualche minuto. -Di cosa sta parlando, professore?- domandò Sharam. -Il continente Lemuria ha ospitato la prima civiltà umana di cui si ha notizia. Il vecchio M.P.L. Sclater, tra il 1850 e il 1860, sostenne che in epoche preistoriche esisteva una vasta area che comprendeva territori dal Madagascar a Ceylon e Sumatra.
-Con quali prove? Di cosa stiamo parlando? –domandò Sharam. -Be’, l'idea di un antico continente in queste zone del pianeta fu suggerita da affinità zoologiche tra i territori sopracitati, tra cui la presenza del ‘lemure’ che poi diede il nome al continente. -Ma io sapevo che un altro scienziato, Wallace se non mi sbaglio, sosteneva che un continente simile sarebbe stato possibile solo tra l'Australia e la Nuova Guinea, le isole Salomon e forse le Fiji. Il continente di Wallace avrebbe anche così spiegato in che modo i marsupiali avrebbero potuto raggiungere il continente australiano- replicò Mario che si dilettava per hobby a studiare teorie fantasiose. -Sì, hai ragione- esclamò Buenrostro guardandolo con ammirazione -le ipotesi di Sclater e Wallace entrarono in conflitto, sebbene ad un certo punto Wallace ammise che ci dovesse essere stato in ato un ponte di terra tra l'India e l'Australia. La discussione continuò e si ipotizzò che il continente lemuriano, esistito probabilmente tra il Permiano e il Nummulitico, fosse la culla della razza umana, poiché era la sede delle scimmie antropoidi. La discussione, dapprima solo scientifica, fu ripresa poi dalla teosofia che asserì che il continente Lemuria fosse la dimora della terza razza madre e il luogo di origine dell'umanità. Teosoficamente parlando, l'uomo non si sviluppò a Lemuria secondo un'evoluzione, ma attraverso un addensamento di materia che venne a formare il corpo. Ovvero: all'inizio coloro che sarebbero diventati uomini erano entità immateriali che apparivano sulla terra con l'andar del tempo sempre più materiali e corporei. I corpi della prima razza madre, erano come giganteschi fantasmi, perché i loro corpi consistevano soltanto di materia astrale. Successivamente la prima razza madre venne dotata di un rivestimento più denso. I corpi della seconda razza madre erano definiti eterei e anch'essi erano invisibili alla vista. I corpi della terza razza madre finalmente solidi erano composti di gas, liquidi e materia. Le ossa erano molli come quelle dei bambini e infatti non potevano reggersi in piedi, e solo verso la metà della loro storia poterono godere di una struttura scheletrica più consistente. I lemuriani di questo periodo possedevano due occhi rudimentali davanti e uno dietro, detto terzo occhio o occhio astrale, corrispondente alla ghiandola pineale che serviva come centro della vista astrale e fisica. Verso la terza sotto-razza, il corpo gelatinoso dei lemuriani si solidificò ancor di più e divenne in seguito capace di tenere una struttura eretta e, grazie all'uso del terzo occhio e di una sporgenza nei talloni, di camminare avanti e indietro. Probabilmente verso la quinta sotto-razza si ha l'uomo lemuriano
definitivo. Era alto dai tre metri e mezzo ai quattro metri e mezzo, aveva la pelle bruno giallastra, la mascella inferiore allungata, la faccia appiattita. Gli occhi piccoli, penetranti e distanti l'uno dall'altro, permettevano sia la vista in avanti che lateralmente, il terzo occhio dava la vista all'indietro. Al posto della fronte aveva un rotolo carnoso, la testa era inclinata all'indietro e le braccia erano sproporzionate rispetto alle nostre ed aveva mani e piedi enormi. Attorno alla testa aveva dei capelli corti ed era vestito con pelli. Nella mano sinistra teneva solitamente un bastone e nella destra conduceva con una corda una sorta di rettile simile al plesiosauro, quale aiuto per la caccia. La settima sotto-razza diede origine ad una razza superiore. Aveva sviluppato una sorta di fronte, la sporgenza dei talloni si era ridotta, la testa aveva una forma ad uovo ed era diminuita l'altezza e la grandezza delle membra. Questa fondò un'importante civiltà che durò migliaia di anni e dominò gran parte del continente di Lemuria.Mario e Sharam guardavano verso Buenrostro e verso la porta di luce sulla parete. Tutta quella storia era al di là di un muro nel centro di Roma? Poi il professore riprese: -Inizialmente i lemuriani erano muti, ma poi svilupparono un linguaggio primitivo monosillabico. Dopo la separazione dei sessi, il corpo dei lemuriani si solidificò e iniziò a vivere in alture dentro a capanne rudimentali. All'inizio ogni famiglia viveva in una capanna singola, poi si ritenne più sicuro vivere riuniti in comunità. Le capanne, prima costruite in legno, furono edificate con grossi massi e le armi con cui i lemuriani attaccavano i dinosauri o si difendevano da essi erano pali appuntiti di legno. L'agricoltura era sconosciuta. Le razze lemuriane senza ossa striscianti vivevano di quello che trovavano al suolo, mentre quelle con lo scheletro evoluto mangiavano principalmente carne, ma anche bacche e noci. Durante la sesta e settima sotto-razza, i lemuriani impararono a costruire città megalitiche e ciclopiche. Le prime città si trovavano nella zona del Madagascar e un centro urbano famoso era situato vicino all'isola di Pasqua. Le famose statue dell'isola, costruite nel periodo terminale dei Lemuro-Atlantidei, rappresentavano la fisionomia dei loro costruttori o dei loro antenati. La religione dei lemuriani non era sviluppata: avevano qualche precetto morale e adoravano un'entità suprema rappresentata dal sole. Il continente Lemuria, al contrario di quanto si dice in ambito scientifico, assunse presso i teosofi forme ben più vaste e varie, a seconda dei periodi geologici e sprofondò a causa di una lunga serie di cataclismi vulcanici. I lemuriani morirono soprattutto per il fuoco e per il soffocamento dovuto a gas prodotti dalle eruzioni vulcaniche, ma la distruzione del Continente non fu repentina, anzi, seguì tempi
geologici. Pare che alla fine tutto venne sommerso.-Posto che sia possibile mi viene una domanda: e se dall’altra parte ci fosse acqua?- disse Mario. -No, non c’è altrimenti sarebbe filtrata dal muro- rispose sorridendo il professore. -Allora andiamo, in fondo questa porta è su un muro del mio appartamentoesclamò Sharam. - In teoria potremmo entrare, sono curiosissimo, ma è pericoloso, non sappiamo nulla di quello che possiamo trovare dall’altra parte- riprese Buenrostro. - Già, ma è un’occasione unica per conoscere finalmente qualcosa di straordinario in questa vita monotona e grigia- argomentò Mario nei cui occhi neri brillava una luce inquieta. - Dov’è? L’ultima porta dov’è?- urlò una voce dal pianerottolo, poi nella stanza si fiondò un uomo dai capelli rossi vestito con un camice bianco completamente intriso d’acqua. - Ecco Trepalle…- cominciò Buenrostro, indicando l’assistente che con i suoi urli stava disturbando tutto il condominio. -Eccoti qui, porticina, allora esisti davvero!– Esclamò Trepalle avvicinandosi con gli occhi fissi sulla superficie luminosa del muro. Era così preso da quella visione che non vide i manubri da palestra sul pavimento e vi inciampò finendo lungo disteso contro il muro. La porta lo fagocitò come aveva fatto con la moneta pochi attimi prima. Di lui rimase solo una lieve brezza. - Povero Trepalle! Un’altra vittima della scienza- sentenziò Buenrostro mentre i suoi occhi continuavano a guardare increduli il punto dove pochi secondi prima era scomparso il suo assistente. - Ma non possiamo abbandonarlo!- saltò su Mario come una furia. Doveva scuotere quel vecchio, doveva fargli capire che potevano e dovevano fare qualcosa. I suoi occhi neri si caricarono di rabbia. - Certo che no- sembrò rinsavire Buenrostro come se fosse stato appena
strappato da un sogno terribile. -Andremo a cercarlo, ma non a mani vuotecontinuò il professore. - E cioè? –intervenne Sharam che sino a quel momento era stato in silenzio a valutare gli accadimenti con la sua sottile mente logica. - Non sappiamo cosa ci aspetta dall’altra parte e…- cominciò il professore dirigendosi verso l’ascensore –e quindi è meglio prendere l’equipaggiamento dal furgone! Venite ad aiutarmi. In un attimo i tre furono di nuovo in strada, la pioggia non era cessata e le vie sembravano tanti torrentelli con cui la città cercava di lavarsi dalle sue brutture. Mario osservò per un attimo la sua auto: i fari della ‘uno’ lo guardavano e sembravano chiedergli se l’avrebbero mai rivisto… Preso l’equipaggiamento, risalì con gli altri velocemente all’ottavo piano. - Chissà se ritroveremo Trepalle- esordì Sharam avvicinandosi alla porta di luce e, inciampando anche lui nel manubrio posto sul pavimento, finì dritto dentro la porta. Mario spiccò un salto e riuscì ad afferrarlo per le gambe e cominciò a tirarlo indietro, ma la porta sembrava avere una forza incredibile e li risucchiò al suo interno entrambi con un rumore simile a quello che un coltello provoca entrando in una torta con la gelatina... -Per le mille rune dell’Asgard! La porta sta scomparendo!- urlò il professore con gli occhi dilatati per la sorpresa, non poteva perdere altro tempo, avrebbe lasciato lì la tenda, la bussola, il retino per le farfalle, i quaderni e la videocamera, e prendendo solo fucile e zaino si lanciò attraverso l’apertura. *** *** *** Il tappeto verde era caldo e ronzante. - Come stai Sharam?- Insomma…Forse non era un tappeto, ma erba… - Arrivooo!-
Sharam e Mario sentendo la voce sopra di loro si allontanarono più che poterono rotolando su un fianco, mentre un grosso zaino con attaccato un vecchio gesticolante piombava da chissà dove proprio in mezzo a loro. - Professor Buenrostro! Come sta?- Umbrf! Sono tutto rotto - replicò il vecchio che pancia a terra e con il pesante zaino sulla schiena non riusciva a rialzarsi. - Per mille megabyte! Uno scienziato della mia tempra non si scompone mai!disse appena i due amici riuscirono a rimetterlo seduto con la schiena appoggiata a un muro ciclopico. –E adesso…- continuò il professore alzandosi in piedi a fatica, ma la sua frase rimase sospesa, perché i suoi occhi, che avevano visto un bassorilievo sul muro, avevano mandato un messaggio di priorità assoluta al cervello: un cerchio perfetto formato da lamine d’oro e di giada concentriche, che sembravano ricordare allineamenti celesti, era proprio lì davanti. Alcune rune e alcuni simboli dal significato ignoto circondavano quel disegno come a proteggerlo. Era, strutturalmente, semplice e complesso insieme. Frutto certamente di una civiltà sconosciuta. - Siamo a Lemuria - esultò il professore - Questa è la porta!- Già, però io non vedo altre uscite e questo muro immenso è impenetrabile come una roccia- annunciò Mario tastando la superficie. - Lo so! E’ quello che ti stavo per dire a casa di Sharam- replicò il professore fissando il suo giovane amico con i suoi incredibili occhi azzurri -queste porte funzionano in una sola direzione!- Come diavolo faremo a tornare a casa?- chiese Sharam mentre un vago senso di nausea gli si affacciò allo stomaco. - E’ proprio questo il problema: non lo so! Forse prima o poi troveremo una porta rovesciata!- rispose Buenrostro alzando gli occhi e le mani al cielo in un atteggiamento teatrale. - Già, ma chissà quando! Noi dobb…ascoltate!- si interruppe Mario improvvisamente volgendo la testa nella direzione dalla quale era giunto uno strano lamento.
Nell’aria vagava un suono simile ad un singhiozzo umano. Si propagava sinistro tra le rovine di quel posto, e le pietre grigie e marroni, mute testimonianze di quello che un tempo poteva essere stato un villaggio, non confortavano certo i tre amici. Poco dopo, avanzando cautamente tra i ruderi, trovarono Trepalle in lacrime in fondo a una buca semicoperta di foglie: era caduto in una misera e stupida trappola! - Adesso ti aiutiamo noi - disse Mario con la voce più rassicurante che riuscì a fare per dissimulare le risate. - Forse, adesso qualcuno dovrebbe aiutare noi- replicò Sharam con un tono tra il sarcastico e il timoroso. Mario si voltò e li vide. Erano circondati da decine di individui in assetto di guerra. Alti oltre tre metri e mezzo dalla pelle bruno-giallastra, la mascella inferiore allungata e la faccia piatta. Centinaia di occhi piccoli, penetranti distanti l'uno dall'altro li fissavano curiosi. Alcuni dei nuovi venuti erano girati, ma avevano un occhio sulla nuca con il quale li squadravano minacciosi. Al posto della fronte quella gente aveva un rotolo carnoso, la testa era inclinata all'indietro e le braccia erano sproporzionatamente immense e avevano mani e piedi enormi. Uno di loro, con i capelli corti e vestito con pelli sconosciute, avanzò minaccioso verso di loro. Nella mano sinistra teneva un bastone e nella destra conduceva con una corda una specie di rettile. Mario e Sharam furono presi e legati. Vennero condotti nella boscaglia ‘stimolati’ da lunghe lance che solleticavano i loro costati. Di Buenrostro nessuna traccia, i due amici tacquero ma i loro pensieri erano identici: che fosse stato preso? Ucciso? Fuggito? Da dietro un ampio cespuglio il professore osservava non visto Mario e Sharam scomparire nella giungla con quegli strani esseri. - Devo intervenire, ma come?- borbottava tra sé Buenrostro mentre cominciava a seguire la comitiva che si inoltrava sempre più tra gli alberi. La giungla terminò improvvisamente in una radura al centro della quale sorgeva un antico muro di argilla e di pietre perfettamente squadrate, che difendeva il villaggio vero e proprio.
- Adesso ci portano dal capo, ne sono sicuro - esclamò Sharam mentre dai suoi occhiali tondi scrutava inquieto le facce dei carcerieri. Proprio come aveva previsto furono presto spinti in una serie di cunicoli interminabili che terminarono direttamente in una grande abitazione. Al suo interno si trovava il capo di quel popolo misterioso. Si trattava di un uomo piuttosto grassoccio ma al contempo robusto, paludato in un grande mantello blu e una sorta di perizoma rosso. Sul capo portava un diadema d’oro con delle piume anch’esse rosse. A Mario tutti questi particolari ricordavano i costumi della gente del centro America. - Incredibile! Gli inviati!- esclamò appena li vide l’immenso essere antropomorfo che sembrava a capo della tribù. Un attimo dopo era genuflesso davanti ai loro piedi in un profondo inchino, ma l’occhio sulla nuca non li perdeva di vista neanche in questa posizione -finalmente siete giunti, o sommi inviati!- Inviati? Cosa significa?-Significa che siete predestinati a placare l’ira del terribile Domangage Domangage! -rispose il capo rialzandosi. Poi spostò una tenda verde e mostrò loro un ‘documento’ per lui inconfutabile: una sorta di incisione rupestre, molto ben definita, che ritraeva due giovani, di cui uno con degli occhiali tondi, vicino a una porta luminosa. - Incredibile - cominciò Sharam guardando l’incisione - quelli sembriamo proprio noi due.- Vi aspettiamo dalla notte dei tempi- disse il capo eccitato - e adess…- una violenta scossa di terremoto interruppe il discorso sul nascere. -Che diavol…- esclamò Sharam. - Il grande Domangage è furibondo, ha sentito la vostra presenza. Sente che siete arrivati!- continuò facendo intendere che quel terremoto non era accidentale, ma voluto... -Andremo subito al palazzo reale, ma prima dobbiamo attrezzarci per l’impresa.-
In una sorta di grande spiazzo, Mario, Sharam e il capo furono imbracati con delle corde e dei ganci da montagna. A un fischio del capo tre immensi uccelli, simili ad aquile gigantesche, li afferrarono con gli artigli e li sollevarono facilmente trascinandoli con sé in aria. - Che strano mezzo di trasporto!- urlò Mario al suo amico che nel frattempo cercava in tutti i modi di non perdere gli occhiali. Buenrostro dal cespuglio in cui era nascosto, aveva perso le speranze di rivederli e stava quasi per tornare sui suoi i quando sentì i forti battiti di ali e levò gli occhi al cielo. - Ehi! Aspettate! ed io?- cominciò a gridare sbracciandosi. Appena si rese conto che ogni suo urlo o movimento era del tutto inutile e che non sarebbe mai riuscito ad attirare l’attenzione, il professor Buenrostro si mise a correre a naso in su, seguendo la direzione dei grossi uccelli. Più volte cadde e più volte si rialzò, sorretto da una volontà di ferro; poi, una lunga radice nodosa decise di porre fine al suo peregrinare nella giungla e lo catapultò in una scarpata, facendolo rotolare per alcune decine di metri. - Cavolo, non ho mai preso tante botte in vita mia! - protestò Buenrostro una volta arrivato sul fondo. Tentò di rimettersi in sesto: era tutto dolorante. Poi un’ombra gigante dalla forma vagamente umana oscurò il terreno intorno a lui. **** *** *** - Guarda che spettacolo da quassù- disse Mario indicando il fondo della vallata nella quale alberi rigogliosi si alternavano a piccoli villaggi. Le aquile giganti superarono le alte mura di cinta di quella che doveva essere la città più grande del regno e dopo aver sorvolato tutta una serie di splendide architetture vagamente azteche li depositarono nei pressi di un immenso palazzo che ricordava il Taj Majal. - Venite, il re vi aspetta- disse la loro guida facendogli strada nel palazzo. Dall’ombra un paio di occhi giallognoli li spiavano malignamente. Appena furono entrati, l’essere cui appartenevano gli occhi, senza farsi notare, sgattaiolò fuori dal suo nascondiglio e si diresse velocemente verso un antro scuro e pieno di fuliggine, ove una donna curva coperta da un ampio mantello nero stava armeggiando con pozioni e fialette.
- Troovato maaga, al paalazzo soono arrivaati stranieri - balbettò il suo umile servitore, con paura. Ben conosceva le reazioni violente della sua padrona. - Silenzio, sto lavorando non lo vedi?- lo rimbrottò lei senza neanche voltarsi dunque ancora una goccia di… Stranieri! Potevi dirlo subito!- scattò la donna, il cui cervello era troppo impegnato a portare avanti quello strano rituale per capire subito quello che aveva sentito. -Argh, cosa diavolo aspettavi a dirmelo! Dove sono adesso? - lo assalì mettendogli le mani al collo. -Daal… unmbrf, cough …dal Re- rispose quasi soffocato il suo servitore. La vecchia si precipitò a palazzo, non aveva tempo da perdere, tutti i suoi piani potevano andare in rovina in quel momento: avrebbe usato tutte le sue armi diplomatiche per cercare di fermare l’incontro, annunciando tra l’altro che l’arrivo di due stranieri era auspicio di sfortuna. Mario e Sharam, che erano appena entrati nella sala, rimasero colpiti da quella sinistra figura vestita di nero che li scrutava dalla testa ai piedi e che a un certo punto esclamò: - Gli inviati!..non sapevo, scusate, scusate tanto- e scappò via. - Voi siete gli inviati!- disse il Re entrando. I due non fecero in tempo a rispondere che quello continuò: -allora è vero: Esistete! Lasciate che vi abbracci, salvatori di Lemuria, lasciate che vi renda il giusto onore! Voi libererete mio figlio, voi lo salverete, lo sento!- Da cosa e da chi?- lo interruppe Mario, mentre un profondo scossone violentò le fondamenta del palazzo facendo finire tutti in terra. - Da lui!- sottolineò il Re -il grande Domangage è furioso! Nessuno l’ha mai visto, ma dicono che… viva nella foresta degli uomini scimmia, e che per placare la sua ira il mio unico figlio se ne dovrà andare per sempre, a meno che gli inviati non affrontino il perfido tiranno. Io sono vecchio- continuò mentre profonde occhiaie parvero formarsi improvvisamente intorno ai suoi occhi scuri -se mio figlio andrà in esilio, mia cugina la maga diventerà regina dopo la mia morte! E’ donna malvagia e sono sicuro che sta tramando contro di me- concluse con un’espressione dolorosa dipinta sul volto. *** *** ***
Gli uomini scimmia avevano prelevato Trepalle dalla trappola e catturato Buenrostro ed ora, radunati intorno al falò, stavano ascoltando le parole della loro Signora. Erano indecisi sul da farsi, avrebbero voluto tenere per sé quei due uomini, mangiucchiarli un po’, magari anche giocarci, ma poi la figura autoritaria e temibile della loro Signora non lasciò adito a dubbi, e così decisero di parlare. La maga parve molto interessata dalla storia e subito decise di andare a trovare i prigionieri. In una grotta semi illuminata, incatenati al muro, Trepalle e Buenrostro si chiedevano dove fossero finiti e come avrebbero fatto per cercare di fuggire. Quei bestioni erano immensi e troppo forti per affrontarli, inoltre le catene bloccavano ogni movimento. Si distraevano guardando con occhi esperti i manufatti di cui era piena la grotta: dovevano essere tutti antichissimi. - Quello deve essere almeno del tredicesimo secolo avanti Cristo- esordì Buenrostro - Che cavolo dici, sarà solo del settimo- lo contraddisse Trepalle - Zitto, imbecille di un assistente che non diventerai mai professore, non hai mai capito nulla!- Maledizione, non puoi sempre usare la tua autorità per tacitarmi- replicò Trepalle esasperato. - Sì, invece. Quando sarai al mio posto capirai tante cose!- lo redarguì severamente Buenrostro. - Prendi questo…- disse l’assistente sputandogli in faccia. - Maledetto - replicò il professore tirandogli un calcio. - Benvenuti a Lemuria, un po’ di contegno signori, per favore- esordì la maga entrando nella caverna seguita da uno stuolo di uomini scimmia, i suoi occhi malvagi guardarono attentamente i due prigionieri. - Cosa volete da noi? - chiese Trepalle stanco di essere appeso al muro come un prosciutto stagionato.
- Vi offro la libertà!Qualcosa scattò nella mente dell’assistente e si preparò al peggio, gli occhi gialli della vecchia non promettevano niente di buono. Buenrostro pareva completamente disinteressato della cosa e cercava di togliersi di dosso la saliva del compagno. - In cambio mi aspetto solo una piccola cortesia…- sibilò la donna facendosi più vicino e rivelando un volto pieno di buchi che assomigliava incredibilmente a una vecchia grattugia arruginita. Trepalle deglutì e trattenne un violento conato di vomito che cercava di farsi largo dalle sue viscere. -Dovete eliminare due stranieri- concluse la strega. -D...ddue straanieri?- balbettò Trepalle esterrefatto, mentre Buenrostro che aveva finalmente terminato le operazioni di pulizia, sollevò lo sguardo verso la maga, i suoi occhi celesti incrociarono quelli giallognoli della megera, e un brivido gli corse lungo la spina dorsale toccando nervi di cui in settant’anni di vita non aveva mai scoperto l’esistenza. - Eccoli, guardate- annunciò la strega tirando fuori da una delle innumerevoli tasche del suo mantello una palla di cristallo e, reggendola con le dita lunghe e giallognole della sua mano adunca, pronunciò una frase in una lingua oscura, e l’interno della sfera cominciò a vorticare sin quando da una sorta di nebbiolina apparvero i volti di Mario e Sharam. Trepalle deglutì, poi cercò di dissimulare la sorpresa, ma sapeva in cuor suo di non essere un buon attore. Buenrostro ammutolito finse di scacciare una mosca. - C…erto eliminerò gli stranieri, andrò subito io - disse Trepalle. - No! andrà lui!- replicò la strega indicando il professore –tu resterai qui come assicurazione che il tuo compagno faccia ritorno.- Cosaa! No, voglio andare anch’io, anch’io, non mi fido di questi scimmioni, non mi fiii…- la sua voce stridula fu smorzata dal violento colpo che il più vicino degli uomini scimmia inferse sul suo cranio. Trepalle scivolò al suolo come la marmellata esce da un barattolo di vetro rovesciato...
Poco dopo la maga e Buenrostro partirono verso la capitale, trasportati anch’essi dagli strani e giganteschi uccelli. Arrivarono a notte fonda, solo poche fiaccole illuminavano i muri bianchi delle case di pietra, l’atmosfera era calda e tranquilla mentre in cielo la luna piena, parzialmente nascosta dalle nubi, gettava la sua luce tutto intorno. arono inosservati tra le guardie ed entrarono nella reggia, dove il re continuava a vomitare fiumi di parole... - C’è luna piena, domani se voi non intervenite, o mio figlio sarà esiliato, o Domangage ci distruggerà tutti!- Ma, sire, nessuno ha mai visto Domangage, potrebbe essere un’invenzione di vostra cugina - disse Sharam aggiustandosi quello che restava degli occhialetti tondi sul naso. - In certi momenti lo sospetto anch’io - replicò il Re appoggiandosi stancamente sul suo trono. - Osate dubitare di me e di Domangage!- proruppe la voce stridula, inaspettata e sinistra della maga, che stava entrando proprio in quel momento nella sala - Siete volgari impostori e meritate di essere puniti!Poi un violento scossone li gettò tutti a terra: Domangage faceva sentire ancora una volta la sua rabbia. La maga scomparve subito dopo svolazzando con la sua tunica nera e raggiunse Buenrostro, che aspettava in una saletta, per dargli le ultime istruzioni. In Mario e Sharam cominciava a farsi largo l’idea che il mostro non esistesse e che tremolii e scossoni fossero dovuti a semplici movimenti tellurici. - Ci vediamo domani, sire, la notte porta consiglio - lo salutarono i due andando nella camera loro destinata. Percorsero corridoi con tende di velluto verde che chiudevano piccole stanze. L’ultima tenda semiaperta mostrò loro il professor Buenrostro intento a litigare con una scia di formiche che sembravano voler salire su di lui. - Non potete are di qui, ci sono io- stava mormorando il professore accasciato al suolo agli insetti che sembravano del tutto indifferenti alle sue parole. - Professore, che ci fa qui?- esclamò Sharam vedendo la goffa figura dell’uomo
sul pavimento. - Ehm, ah, già…sono venuto per uccidervi…- cominciò Buenrostro mettendosi carponi. - Eh? Cosa?!- esclamò Mario esterrefatto, non credeva alle sue orecchie. Buenrostro riuscì finalmente a ritrovare un attimo di lucidità mentale e riferì gli avvenimenti ai suoi amici, non distogliendo però lo sguardo dalla colonna di insetti che si ostinava a utilizzare le coste del suo vestito di velluto come autostrade…. - Bene, adesso dobbiamo fare in modo di evitare lo scontro- disse Mario. - E la nostra morte- aggiunse Sharam. - Perché la maga non ha ordinato direttamente agli uomini scimmia di ucciderci? - chiese Mario. -Perché in questo modo il Re avrebbe sicuramente sospettato di lei, così invece, lei resterà ufficialmente fuori dalla vicenda- replicò il professore sicuro. *** *** *** Il giorno dopo il sole splendeva alto nel cielo terso, non c’era una nuvola e, nonostante fosse ancora presto, ondate di calore salivano dal terreno. Lentamente le strade di pietra si riempivano di gente, tutti uscivano dalle case e si dirigevano in silenzio verso la piazza principale, i volti scuri e gli occhi tristi, per l’addio al principino. A palazzo il re cercava di rassicurare il figlio, il quale aveva il volto scavato dalla paura e dall’ansia, non aveva che dodici anni e quello che gli si presentava davanti era un futuro incerto e pericoloso. Le braccia della solitudine lo avrebbero accolto appena fuori le mura della cittadella. E probabilmente i primi giorni di vita nella giungla lo avrebbero annientato. - Ehm, sire…- cominciò un consigliere che era appena entrato nella stanza –gli inviati sono….spariti. Scomparsi. - Che?!!
-Sembrano svaniti nel nulla- continuò il consigliere, mentre il sole decise che quello era il momento giusto per fare capolino dalla finestra ed illuminare con la sua luce dorata l’amara realtà. - Ma…che cosa significa..?- balbettò l’immenso Re annichilito, in quel momento gli sembrava che l’intero palazzo gli crollasse addosso. - Significa che erano due impostori! Io li ho smascherati e loro sono fuggiti, sireintervenne la maga che sembrava essersi materializzata da un angolo buio della stanza. Una strana luce brillava nei suoi tre occhi giallognoli. - E’ giunta l’ora che la volontà di Domangage si compia finalmente, così noi non avremo più problemi!- annunciò la maga con una voce così potente e cupa, che pareva non appartenere a quel corpo esile. - Fermati! Silenzio! -le ordinò da dietro il re, ma il messaggio era pervenuto già al popolo radunato sul piazzale. - Mio figlio non deve andare in esilio - cominciò il Re sul balcone dando sfogo a tutta la sua rabbia - i nostri salvatori sono arrivati, ma questa maledetta strega… Il suo discorso fu interrotto da un violentissimo scossone, il pavimento tremò, le pareti del palazzo si curvarono pericolosamente, alcuni massi caddero e i presenti vennero sbalzati per terra mentre nuvole di polvere si alzavano come spinte da una forza invisibile. - E’ soltanto un povero padre impaurito - riprese la maga –avete visto e sentito tutti, il grande Domangage è molto adirato, le nostre vite sono in pericolo. - No! Queste sono solo normali scosse di terremoto- intervenne Mario apparendo da una nuvola di polvere insieme a Sharom. Tra la popolazione si sparse lo stupore: gli inviati erano lì, in carne ed ossa. Erano tornati per proteggerli e per scacciare il mostro. Il sovrano allora era stato sincero. Il popolo si inchinò. - Sono degli impostori!- replicò la donna. - Sei tu che menti, ed hai sempre mentito per impadronirti del trono di tuo cugino.-
- Non hai nessuna prova contro di me, straniero!- Sbagliato! Ecco a voi il professor Buenrostro, vi siete già conosciuti, vero? – disse Mario con tono sarcastico - Salve a tutti - disse Buenrostro mentre avanzava a o sicuro sul selciato che ricopriva il pavimento del balcone. Gli occhi blu sotto le sopracciglia bianche gli conferivano un aspetto autorevole e saggio. - Il grande Domangage vi farà a pezzi, i miei alleati vi massacreranno!- inveì la vecchia vedendosi scoperta, e mormorando arcane parole scomparve in un’ombra del muro, mentre la terra tremava ripetutamente come scossa da colpi di un gigantesco martello. Mario e Sharam corsero giù in piazza cercando la strega, mentre la gente scappava terrorizzata in tutte le direzioni. Dalla porta principale della città si erano riversati centinaia di uomini scimmia armati di clave e bastoni. Improvvisamente la strega ricomparve davanti ad essi. - I miei fidi adesso metteranno a ferro e fuoco la cittadella, se non vi arrenderete e se non farete come dico io - ululò la donna, mentre i suoi malefici occhi gialli si dilatavano a dismisura, il suo volto sembrava una scarpa consumata, solcato com’era da centinaia di rughe scure e profonde. Dietro di lei l’esercito degli immensi uomini scimmia ruggì. - Io non torcerò un capello a nessuno- sentenziò una voce nota a capo dell’esercito, proprio dietro le spalle della maga. - Trepalle! - esclamò Buenrostro scivolando dalle scale, mentre cercava di raggiungere il suo assistente che era chiaramente a capo degli uomini scimmia. - Te la sei cavata egregiamente- disse Sharam aggiustandosi gli occhiali sul naso, non credeva ai suoi occhi. -Già, decifrando un bassorilievo nella caverna, ho scoperto che, sfidando a duello il loro capo, se avessi vinto, avrei avuto diritto al trono. - C...come sei riuscito a sconfiggere quel bestione?- chiese il professore mentre litigava con un ramo che gli si era impigliato nelle vesti e sembrava volerlo
trattenere a tutti i costi a terra. - Beh, non ce l’avrei fatta senza il vostro spara siringhe al sonnifero, quel colosso sta ancora dormendo - rispose visibilmente divertito. Poi Trepalle consegnò l’esercito al re e gli conferì l’incarico di guidare gli uomini scimmia nel bene e nel male. La maga sparì alla vista di tutti e riapparve poco dopo sulla torre più alta della cittadella, da lassù cominciò a gesticolare con le sue scarne braccia nell’aria, mentre misteriosi segni e arcane rune luccicavano nel cielo su di lei. Il vento si alzò e nuvole nere apparvero dal nulla, una specie di ciclone si andava formando vorticosamente sopra le loro teste. Poi, proprio sotto la torre, una luce fortissima color ocra si propagò. Una porta orizzontale dai contorni precisi apparve sul selciato. Il vento spirava sempre più forte, ululando la sua rabbia e con le sue raffiche sembrava voler scientemente impedire ai quattro di avvicinarsi alla porta. A fatica Mario e compagni riuscirono ad arrivarvi mentre le palpebre dei loro occhi si rivoltavano dolorosamente contro la pelle, poi all’improvviso, una raffica più potente delle altre investì la maga e la fece sprofondare rovinosamente al suolo; magicamente la porta si spostò e Mario e gli altri si lanciarono a capofitto dentro l’apertura, proprio mentre questa cominciava a svanire…. Si ritrovarono tutti nell’appartamento di Sharam vuoto e spoglio: durante la loro assenza, approfittando della porta lasciata aperta, i ladri lo avevano visitato… - Forse si è trattato di un sogno, a parte i ladri - commentò con disappunto Sharam guardandosi intorno. - Mmm, no, non credo, guarda quei due- replicò Mario indicando Buenrostro e Trepalle. - E’ mio ti dico!- No, il vaso è mio, l’ho preso io nella reggia - rispose Buenrostro strappando dalle mani del suo assistente il prezioso cimelio. - Siete un vecchio porco ed egoista!-
- E tu sei un ….- replicò il professore mentre le sue cespugliose sopracciglia bianche facevano fatica a contornare i profondi occhi blu che parevano voler scappare fuori dalle orbite e fulminare il suo assistente.