Nicola Maggio
Legio Invicta
I
1° Parte: Saga Torino e dintorni.
La vera Storia non è scritta sui libri, ma risiede nelle pietre che lanciamo, nella terra che calpestiamo e nell'aria che respiriamo.
La Storia è tuttora intorno a noi.
Indice generale
Prologo 4 Il Ritardatario 5 La Spada del Destino 12 Una Pesante Responsabilità 19 Il Druido 25
L'Allenamento 31 Un Potere Cosmico 38 La Prima Missione 45 Un Nuovo Alleato 53 Un Aiuto Inaspettato 61 L'Ultima Missione 70 Epilogo 81
Copertina: The Deb's Graphic Lab
Disegni: Iulia Alexandra Vlase
"Tutto ha inizio da qualcosa accaduto molto tempo prima. E così, anche se la nostra destinazione è inevitabilmente il domani, siamo e saremo sempre legati al ato".
Buona Lettura
Sinossi
La Terra ha da sempre avuto i suoi difensori.
Essi, nascosti abilmente tra le pagine dei libri di storia, hanno protetto l'umanità sin dai tempi più remoti.
Ora che il male è tornato, il ato riaffiora per risvegliare quei poteri che ci proteggono da millenni.
Questo è quello che scoprirà il protagonista di questo racconto. Catapultato in una nuova realtà, conoscerà, assieme ad altri personaggi, un ato alternativo, mai scritto e messo a tacere secoli dopo secoli.
Aiutato da un misterioso personaggio, il Druido, entrerà a far parte di un antico gruppo chiamato Legio Invicta nel quale militano i guerrieri scelti dal fato per diventare i nuovi protettori dell'umanità.
Vieni anche tu a scoprire i guerrieri della Legione Invincibile.
Ripercorri, attraverso le loro avventure, una storia finora mai raccontata.
Prologo
Da secoli, l'uomo ha tramandato leggende e racconti.
Gli storici non hanno mai dato credito a queste "favole", ma tali storie, tramandate nel tempo, racchiudono la verità del ato dell'intero pianeta.
Eventi ati furono trasformati dai popoli antichi in miti e, col are del tempo, la storia perdeva o acquisiva nuove pagine, ma quei racconti celano in parte un’oscura verità.
Religioni, miti e credenze popolari non sono altro che il frutto di avvenimenti accaduti nell'antichità e modificati nel corso della storia.
Per quanto sia difficile da credere, la storia scritta sui libri è mancante di alcuni capitoli.
Fin dall'antichità, la Terra e i suoi abitanti furono minacciati ed attaccati da forze malvagie di vario genere.
Per aiutare gli umani e per salvaguardare la Terra, le più elevate entità terrestri e non, crearono e donarono all'uomo un oggetto che racchiudeva le energie più potenti dell'universo e, con esse, la speranza di creare un mondo migliore.
Questo oggetto è oggi conosciuto come l’Arca dell'Alleanza.
L'uomo, con l'Arca, forgiò delle spade dai poteri inimmaginabili e, col tempo, si formò un gruppo di guerrieri che, utilizzando quelle armi, protesse la terra per secoli.
Le spade non potevano esser utilizzate da chiunque. Ogni guerriero veniva scelto dal fato e dalla spada, tra tutti gli abitanti della terra. Le armi, morti i loro utilizzatori, svanivano per poi ricomparire al loro Custode o Mastro Spadaro, ogni qualvolta il male era in procinto di risvegliarsi e di minacciare l'intera umanità.
Se da una parte l'Arca aiutava l'uomo a combattere i suoi nemici, dall'altra rappresentava una grossa responsabilità, poiché occorreva proteggerla per non farla cadere in mano nemica.
Nel corso della storia, la potente reliquia cambiò città molte volte per scampare da coloro che volevano impossessarsene. Da Troia, prima città a custodirla, a Gerusalemme, per poi are ad Atene fino ad arrivare, nel 307 a.C. a Roma.
Proprio a Roma, il gruppo di guerrieri si sviluppò maggiormente espandendosi in tutto il mondo e prendendo il nome di Legio Invicta.
Da allora, molte cose cambiarono, ma mai la missione della Legione e dei Custodi che oltre ad aver il compito di preservare le spada, trovare ed allenare l'unico proprietario, dovevano guidare e riunire tutti i guerrieri sparsi nel mondo.
E adesso che il male si sta risvegliando, è giunto il momento di riunire la Legio Invicta e prepararsi a un nuovo scontro.
I nuovi guerrieri predestinati saranno pronti a questa nuova battaglia contro i nemici della libertà?
Il Ritardatario
Alessandro era un ragazzo di diciassette anni, frequentava la quarta superiore ed era apionato di storia, di misteri e di videogame. Alto un metro e settantasette, di corporatura normale e con capelli neri di lunghezza media e occhi marroni, aveva sempre un sorriso stampato in viso, ma non sopportava le ingiustizie.
La sua vita procedeva come quella di qualsiasi altro ragazzo della sua età, amici, scuola e pochi pensieri per la testa, anche se un po' più di corsa poiché era sempre in ritardo.
La settimana che si apprestava ad affrontare, però, gli avrebbe cambiato la vita, facendogli scoprire che la storia, non è solo quella studiata sui libri, ma può nascondere pagine mai scritte, anzi interi capitoli.
Mancava circa un mese alla fine dell'anno scolastico e, a Torino, si respirava già aria d'estate.
Il cielo era limpido e il sole scaldava la pelle.
Accompagnato dal bel tempo, il protagonista si stava recando a scuola camminando di buon o ma con la calma di chi non si sente in ritardo.
Lungo la strada rifletteva sugli strani sogni che da un po' di tempo a quella parte,
lo tormentavano la notte.
"Ho di nuovo fatto quel sogno... Che strano! Ormai è da un po' che sogno di combattere contro strane creature e poi quella strana voce che dice: "Ế tempo di svegliarsi", che vorrà dire?!" pensò, mentre camminava.
All'improvviso, la sua attenzione cadde sulle vetrine di un negozio giapponese, con le classiche bandierine con il sole rosso poste sull'insegna.
Incuriosito, attraversò la strada per dare un'occhiata.
"Non mi sarei mai aspettato un negozio giapponese in questa zona isolata" disse tra sé e sé mentre si dirigeva verso le vetrine.
Davanti alla vetrina, il suo sguardo venne subito catturato dall'unica spada che vi era esposta.
"Se non sbaglio, è una Chokuto" pensò.
Mentre Alessandro, fissava incuriosito la spada, all'interno del negozio la commessa, seduta al bancone, lo guardava attentamente, con l'espressione di chi si chiede: "Ma che cosa sta fissando?".
"Nonno! La spada è esposta in vetrina?" esclamò di colpo la ragazza giapponese, alzandosi ed entrando nella stanza dietro al bancone.
"Si, perché me lo chiedi?" chiese il nonno che, nel frattempo, stava sistemando alcune scatole su degli scaffali.
"C'è un ragazzo che la sta fissando da fuori!" disse agitata la nipote.
I due si precipitarono a vedere, ma del ragazzo che aveva suscitato la loro più che mai strana attenzione, non vi era traccia.
"Tornerà... Ne sono sicuro!" disse il nonno alla nipote, delusa per la sparizione del nostro protagonista.
Purtroppo il suo curiosare era stato interrotto dal rintocco delle campane di una chiesa lì vicino che lo riportò alla realtà.
"Cavolo sono le otto! Se non arrivo a scuola in tempo, mi rimandano a casa! Ho accumulato troppi ritardi!" pensò, mentre accelerava il o.
La lezione sarebbe iniziata alle otto e dieci.
La mattinata, che non era cominciata al meglio, riservava al protagonista un'altra brutta sorpresa.
Due bulli, che spesso tormentavano gli altri studenti della scuola, lo aspettavano lungo la strada da lui percorsa. Uno a destra del marciapiede, appoggiato ad una ringhiera e l'altro sulla sinistra appoggiato ad un palo.
Quello a destra era poco più alto di Alessandro, aveva i capelli neri rasati ai lati e con la cresta al centro, e la classica espressione da chi si sente più furbo di tutti.
L'altro era basso e un po' tarchiato, con i capelli rasati e un paio di occhiali rettangolari.
Il più alto dei due, quello appoggiato alla ringhiera che si definiva il "Capo" di un gruppetto di bulli della scuola, salutò il protagonista.
"Ciao!" disse il bullo con un ghigno, mentre l'altro cominciò a ridacchiare.
"Ciao" rispose Alessandro, ando fra di loro e continuando per la sua strada.
"Ehi, sei di fretta?" disse il Capo con aria minacciosa.
"Resta con noi a far due chiacchiere!" aggiunse ridendo l'altro bullo.
"No grazie, non ho tempo da perdere, sono in ritardo" ribadì Alessandro, senza neanche voltarsi e proseguendo.
Il capo, allora, si alzò dalla ringhiera e fece segno all'altro bullo di seguirlo.
"Dai, fermati un attimo, devo chiederti una cosa!" disse il più alto, mentre camminava dietro al protagonista.
"Ma che cosa volete?" esclamò Alessandro fermandosi e voltandosi verso di loro.
"Ti ricordi di noi?" chiese il Capo.
Alessandro con aria pensierosa, dopo qualche secondo rispose: "... Si, venite nella mia stessa scuola e rompete le scatole a tutti".
"Bravo, e ti ricordi anche quando in gita mi hai tirato un pugno?" ribadì il bullo con aria minacciosa.
"Ah si, tormentavi una ragazza che si era messa a piangere, io ti ho chiesto di lasciarla stare ma hai iniziato a spingermi dicendo di andare via e alla fine ho perso la pazienza!" disse il protagonista che poi, con aria tranquilla, quasi giocosa, aggiunse: "E che non sopporto i soprusi. Spero tu abbia imparato la
lezione... Ora devo andare... Ciao, ciao!" concluse Alessandro voltandosi.
"Non hai capito! Tu non vai da nessuna parte!" disse il più alto che allungandosi afferrò la cartella del protagonista.
Quest'ultimo si girò di scatto, togliendo la cartella dalla presa del bullo che di conseguenza, si sbilanciò. A quel punto, Alessandro gli fece lo sgambetto facendolo cadere a terra.
Risistemata la cartella sulle spalle, riprese a camminare tranquillo.
"Che fai li fermo... Aiutami ad alzarmi!" disse il Capo all'altro bullo mentre Alessandro si stava allontanando.
"Ti ha fatto male?" chiese il bullo mentre lo aiutava ad alzarsi.
"Non mi ha fatto niente, ha avuto solo fortuna" rispose il compagno che poi, tirando fuori da un tasca un coltello, aggiunse: "Tira fuori il tuo e facciamogliela pagare!".
Armati, i due aggressori, raggiunsero il protagonista per colpirlo alle spalle, ma egli sentendo il rumore dei loro i veloci, si voltò di scatto, pronto a difendersi.
La sua espressione di colpo era cambiata, la calma sul suo volto aveva lasciato
spazio ad uno sguardo severo, freddo e senza timore.
In quel momento, dal nulla, comparve Cristian, un ex compagno di classe di Alessandro, nonché suo carissimo amico.
Il nuovo arrivato sbucò alle spalle dei due malintenzionati e, dopo aver afferrato le loro teste, le fece scontrare una contro l'altra.
"Quando imparerete a crescere e a lasciar stare la gente!?" disse dopo aver messo fuori gioco, con estrema facilità, i due bulli che giacevano a terra doloranti.
"Tutto bene?" chiese poi all'amico.
"Ciao Cri! Sì sì, non mi hanno toccato!" rispose Alessandro sorridendo.
"Dai, sali in macchina che ti accompagno a scuola!" disse Cristian, avviandosi alla macchina assieme ad Alessandro.
Il nuovo arrivato era più grande di due anni, aveva capelli castani corti ed era alto quasi come lui. Era stato bocciato l'anno ato, per questo non erano più in classe insieme, ma continuava a frequentare la stessa scuola in un'altra classe.
"Sai che hai rischiato grosso? Avevano un coltello!" disse Cristian stupito dalla calma del suo amico. Poi aggiunse: "Per fortuna che sono arrivato in tempo!".
"Già, grazie! Ma era tutto sotto controllo!" rispose con un sorriso Alessandro.
"Sarà, ma fai attenzione... A questi ragazzi ormai non so più cosa i per la testa!" ribatté preoccupato dei tanti casi di bullismo.
"Già, ormai sono senza controllo! Comunque ottimo tempismo!" rispose a sua volta Alessandro il quale non sembrava per nulla preoccupato del pericolo appena scampato.
"Sei stato fortunato! Mentre avo con la macchina, li ho visti correre dietro di te e allora sono intervenuto!" spiegò Cristian.
"Le lezioni di karate sono servite!" rispose Alessandro ridendo.
Poi, vedendo apparire la scuola di fronte a se, aggiunse con aria preoccupata e di rassegnazione: "Spero solo che la professoressa non mi mandi in presidenza... Ho troppi ritardi, finisce che mi rimandano a casa!".
"Lo scoprirai subito!" rispose Cristian con un sorriso, mentre scendevano dalla macchina.
Entrati a scuola, i due, dato che le loro classi erano in zone diverse dell'edificio, si salutarono.
Giunto davanti alla porta della classe, Alessandro bussò prima di aprire la porta.
"Buongiorno!" disse, entrando in classe col fiatone, avendo percorso le scale di corsa.
"Alla buon'ora!" rispose la professoressa di storia e italiano con tono ironico.
"Prof, la prego non mi mandi in presidenza" disse con aria disperata.
"Ti va bene che non ho ancora fatto l'appello..." rispose la professoressa, con l'aria di chi ha il coltello dalla parte del manico. Poi, con un sorriso maligno, aggiunse: "Ma devi rispondere ad una domanda di storia. Se risponderai bene, niente presidenza, sennò presidenza e un bel due in storia".
"Ma non è giusto così!" esclamò Alessandro sconsolato poi, non avendo altra scelta, aggiunse: "Va bene!".
"Anno della caduta dell'Impero Romano?" disse la professoressa sistemandosi gli occhiali e attendendo la risposta con le braccia conserte.
"Ma è del programma di due anni fa!" rispose il protagonista.
"Mi dispiace, dovrò metterti un due allora!" disse la professoressa facendo finta di scrivere sul registro con la penna.
"476 d.C. l'Impero d'Occidente e 1453 d.C. l'Impero d'Oriente" rispose Ale sorridendo.
"Sarai un ritardatario cronico, ma sei uno storico nato... Ora vai a sederti che vi devo dare un compito per casa. Dovrete mettere a confronto due civiltà antiche..." annunciò la professoressa e, la classe, in tutta risposta, intono' un "No" generale.
Alessandro, mentre si dirigeva al suo banco venne salutato dagli altri compagni di classe, tra cui Matteo e Giovanna, con cui aveva stretto un'amicizia più forte rispetto agli altri compagni di classe.
Dopo sei ore di lezione, il suono della camla, sancì la fine della giornata scolastica.
Usciti, Alessandro e Giovanna, dato che abitavano vicino, si avviarono verso casa assieme.
"Allora, tu sai già su quali civiltà farai il compito?" domandò l'amica.
"Sui romani e sui giapponesi, e tu?" rispose Alessandro.
"Wow, hai già in mente cosa fare... Io non lo so ancora!" rispose l'amica, con aria preoccupata.
"Fallo sui Sumeri e sugli Alieni" disse l'amico ridendo.
"Guardi troppo documentari!" rispose Giovanna con un sorriso.
"Saranno documentari ma ci sono molte prove riguardo l’esistenza degli Alieni, come per i fantasmi o altre entità, un fondo di verità potrebbe pur esserci, no?!" disse il protagonista con aria interrogativa, ma col suo solito sorriso.
"Dai, Ale, sai che questi argomenti mi mettono paura!" disse la compagna di classe dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri. Poi, con voce estremamente seria, aggiunse: "A proposito, è da due giorni che sento degli strani rumori provenire dalla soffitta. Mi è parso pure di sentire una voce ma non sono riuscita a capire cosa diceva".
"E poi sono io quello che tratta argomenti paurosi..." disse ridendo Alessandro il quale, vedendo l'amica davvero preoccupata, aggiunse: "Dai, un giorno vengo a dare un'occhiata!".
"Grazie Ale! Ma cambiamo discorso... Tra poco sarà il tuo compleanno, sai già dove e come festeggiarlo?!" chiese Giovanna.
"No, tra ripetizioni e studio, non ho avuto tempo per decidere, ma credo cena fuori e poi giro in qualche locale!" rispose Alessandro che sorridendo aggiunse: "So solo cosa regalarmi!".
"Cosa?" chiese Giovanna incuriosita, dato che anche lei doveva pensare a cosa regalare all'amico per il suo diciottesimo compleanno.
"Una spada giapponese, precisamente quella che ho visto stamattina in quel nuovo negozio orientale. Ha aperto da poco lungo la strada per andare a scuola!" rispose il protagonista tutto contento.
"Ah si, ho capito di quale negozio parli! Beh, se ti piace…!" disse l'amica.
"Già, so che può sembrare strano, ma io voglio una spada!" disse Alessandro ridendo, ma con l'espressione di chi sa cosa vuole.
I due, ormai scesi dal bus, dovendo prendere direzioni differenti, si salutarono.
"Ci vediamo domani alla fermata, e non fare tardi, così andiamo a scuola insieme. Ciao!" disse Giovanna poco prima di attraversare la strada.
"Ci proverò! A domani! Ciao!" rispose il protagonista con un sorriso, per poi avviarsi per la sua strada.
Alessandro, dopo aver mangiato guardando i suoi cartoni preferiti: Simpson, Dragonball e Naruto, si riposò un po', prima d'incominciare a scrivere la relazione di storia ma, ancora prima di iniziare, ricevette una chiamata.
Era Giovanna che, spaventata a morte, gli chiedeva di raggiungerla
immediatamente a casa sua.
Arrivato a casa dell'amica, la trovò visibilmente pallida e spaventata, al punto da tremare ed avere gli occhi lucidi ed arrossati, cosa che faceva capire che aveva smesso di piangere da poco. Assieme a lei vi era Marta, la sorella più piccola che, però, era più alta di Giovanna e, a differenza di lei, aveva dei lunghi capelli neri e degli occhi neri.
"Che è successo?" domandò Alessandro sedendosi accanto all'amica.
"Non lo so, sono da poco tornata e l'ho trovata così" disse Marta mentre porgeva un bicchiere d'acqua e zucchero alla sorella.
"Stavo studiando e ho cominciato a sentire dei rumori provenire dalla soffitta, all'inizio ho pensato a dei piccioni sul tetto, fino a quando ho sentito una voce chiamare il mio nome, allora mi sono avvicinata alla scala che va su in soffitta, e ho visto la porta aprirsi lentamente... Subito dopo, ho visto qualcuno o qualcosa are veloce... Ero pietrificata dal terrore. Poi, la porta si è chiusa di colpo!" raccontò Giovanna con la voce tremolante.
Alessandro, ascoltava attentamente il racconto e guardava l'amica, che mentre parlava fissava il vuoto. Poi, si voltò verso di lui e aggiunse: "Non dico cazzate Ale! Credimi!".
"Anche io ogni tanto ho sentito strani rumori provenire dalla soffitta" disse Marta, sostenendo il racconto della sorella.
Il protagonista allora, si alzò dalla sedia, guardò l'amica e disse: "Tranquilla Giò, ti credo!" poi si diresse verso la scala che portava in soffitta aggiungendo: "Ora vado a dare un'occhiata".
"Sei sicuro?" disse Marta che cominciava a spaventarsi, soprattutto dopo aver sentito il racconto della sorella.
"No, non andare!" esclamò spaventata la compagna di classe.
"Tranquilla, è tutto sotto controllo! Marta, stai con tua sorella e non preoccupatevi" rassicurò il protagonista, mentre saliva sul primo gradino.
Di colpo, calò il silenzio, interrotto soltanto dagli scricchiolii dei gradini di legno.
Arrivato davanti alla porta tentò di aprirla, ma senza riuscirci.
"L'hai chiusa a chiave?" chiese Alessandro ad alta voce da sopra le scale.
"No, perché?" rispose l'amica con gli occhi sbarrati dal terrore.
"Non riesco ad aprirla" disse l'amico, mentre continuava a muovere la maniglia spingendo la porta nel vano tentativo di aprirla.
Finché, all'improvviso, sentendo un rumore provenire da dentro la porta, lasciò per un attimo la maniglia.
Il rumore venne sentito anche dalle due sorelle.
"Ale, sei stato tu a fare quel rumore?!" chiese Marta spaventata.
Non arrivando alcuna risposta dall'amico, Giovanna sempre più preoccupata, urlò: "Scendi!".
Intanto, Alessandro, non sentendo più rumori provenire da dentro la soffitta, posò lentamente la mano sulla maniglia, la girò piano e la porta si aprì senza alcuno sforzo.
"Tranquille, si è aperta... Era solo bloccata!" disse Alessandro prima di aprire completamente la porta e varcare la soglia.
Fece due i in avanti guardandosi attorno, ma si fermò quando sentì un rumore provenire dall'angolo destro della soffitta.
Si voltò e nell'angolo c’era un manichino a terra illuminato in parte dalla luce che entrava dalla finestra.
Subito dopo, vide distintamente un'ombra nera, che dopo pochi secondi scivolò fuori dalla finestra aperta.
Lentamente si avvicinò alla finestra, guardò fuori in cerca dell'ombra ma, non vedendo nulla, chiuse la finestra assicurandosi che fosse ben chiusa. Dopodiché raggiunse le due amiche di sotto, le quali erano ancora spaventate.
"Qualunque cosa ci fosse, non c’è più... a parte un manichino che mette i brividi solo a vederlo" disse Alessandro sorridendo e sorvolando sull'ombra appena vista per non far preoccupare ancora di più le sorelle.
"Sicuro?" chiese la compagna di classe ancora terrorizzata.
"Si, c'era la finestra aperta, sarà entrato qualche colombo" rispose il protagonista che poi, aggiunse: "Comunque, controllate spesso che la finestra sia ben chiusa, può entrare qualsiasi cosa senza problemi da lì".
"Di solito è sempre chiusa" rispose Giovanna che poi, aggiunse: "Comunque, che manichino hai visto su?".
"C'è un manichino buttato a terra... Non sto scherzando" disse Alessandro.
Perplessa, Giovanna assieme ad Alessandro e Marta, salì su in soffitta trovando davvero il manichino.
"Sono salita una decina di giorni fa e non c'era!" disse l'amica.
"L'avrà portato mamma" disse la sorella.
"Non credo, l'avremmo vista e poi a che ci serve un manichino!?" rispose Giovanna che cominciava a preoccuparsi di nuovo.
"Di certo non è arrivato qui da solo... almeno spero" disse Marta.
Le due sorelle si guardarono spaventate.
"Buttiamolo!" esclamò Alessandro.
"Io non lo tocco!" disse la sorella ad alta voce.
Giovanna guardò il protagonista senza dir nulla.
"Ho capito, lo butto io" disse con un sorriso il compagno di classe e, preso il manichino, andò, assieme alle due sorelle, al cassone dell'immondizia più vicino.
"Che strano simbolo che ha sul petto" disse Alessandro mentre era in procinto di buttarlo.
"Già, sembra una cosa satanica" disse la sorella più piccola.
"Fatela finita! E buttatelo via!" esclamò Giovanna che non ne poteva più.
L'amico allora, spinse dentro il cassone il manichino.
"Ecco fatto!" esclamò .
"Grazie Ale! Però non riesco a stare a casa dopo quello che è successo!" rispose a sua volta Giovanna, visibilmente turbata.
"Dai, andiamo a farci un giro!" le rispose lui sorridendo come sempre.
Dopo una camminata di mezz'ora e una chiacchierata, Giovanna e la sorella si tranquillizzarono e così Alessandro le riaccompagnò a casa.
Arrivati davanti al portone della casa in cui abitavano le due sorelle, i tre si fermarono per i saluti. Giovanna, però, prima di salutare l'amico, gli domando': "Ma non hai avuto paura oggi?".
"Io mi sono terrorizzata solo con il racconto di mia sorella!" aggiunse Marta.
"Certo, è impossibile non aver paura... ma quando devi difendere qualcuno o qualcosa o, addirittura te stesso, trovi la forza per farlo. La paura e le insicurezze restano, ma la determinazione le supera! Insomma, bisogna aver sempre un
obiettivo per trovare la forza" rispose con un sorriso Alessandro.
"Grazie ancora Ale!" disse l'amica, ora più calma.
"Figurati! Gli amici servono anche a questo! Studio, pipistrelli in casa, presenze in soffitta... Fa lo stesso per me!" rispose ridendo.
"Se sentiamo altri rumori ti chiamiamo subito!" disse Marta ridendo.
I tre amici si salutarono.
Arrivato a casa, Alessandro cenò assieme ai genitori, al fratello maggiore e alla sorella maggiore. Poi, diede loro la buonanotte e andò subito a letto. Sdraiato, fissava il soffitto ripensando alla strana giornata che aveva trascorso.
"Quell'ombra era reale, l'ho vista con i miei occhi! Chissà cos'era... Un fantasma?! O altro?!" pensò, prima di crollare in un sonno profondo.
Come capitava da un po' di tempo, il protagonista sognò di combattere con strane creature, col corpo circondato da un'aura di energia, grazie alla quale schivava i colpi dei mostri. Poi, quando sembrava che le creature, vincessero, una voce cominciò a dirgli: "Svegliati, svegliati, svegliati", ripetendolo più volte e diventando sempre più insistente. Si svegliò di colpo, con il respiro affannato.
Subito dopo, la sveglia suonò l'inizio di una nuova giornata.
La Spada del Destino
Era un'altra bella giornata, e Ale si stava recando a scuola da solo, poiché la sua amica quella mattina, scossa ancora dalla strana presenza in soffitta, aveva deciso di rimanere a casa, facendoglielo sapere con un sms.
Sceso dal pullman, Alessandro si incamminò per la solita strada che conduceva a scuola.
"Oggi non sono in ritardo, per fortuna!" pensò contento, mentre camminava tranquillo.
Il suo entusiasmo svanì completamente quando sulla sua strada comparvero i due bulli che aveva affrontato il giorno prima.
Purtroppo, questa volta, assieme a loro vi erano altri tre ragazzini.
"Ciao, oggi sei puntuale, anzi in anticipo" disse il solito capo del gruppetto.
"Ti stavamo aspettando!" aggiunse il suo compagno, accompagnato dalle risate dei tre nuovi bulli, più giovani di due anni, ma con quell‘atteggiamento presuntuoso e sicuro di sé di chi si crede già adulto.
"Grazie! Ma non c'era bisogno di aspettarmi!" rispose Alessandro ignorandoli e continuando a camminare come al solito.
"Dove pensi di andare?" disse con aria minacciosa il Capo e subito gli altri presero a spingerlo, facendolo cadere a terra.
Mentre quelli ridevano si rialzò ed esclamò con gli occhi colmi di rabbia "Ora basta!"
"Non hai capito che facciamo sul serio!?" disse il Capo che poi aggiunse: "Siamo stufi del tuo atteggiamento calmo".
Fece poi segno ad uno dei nuovi bulli che, all'istante, si scagliò contro Alessandro.
Quest'ultimo, fermo e imibile, schivò facilmente il pugno e, rapido, afferrò per la gola l'aggressore.
"Cinque contro uno, devo ammettere che siete forti e coraggiosi!" disse continuando a stringere la gola del ragazzo che cercava di chiedere aiuto.
Così, gli altri due bulli più giovani, a un altro cenno del Capo, si lanciarono contro Alessandro, che reagì spingendo il ragazzo che teneva per la gola contro il bullo che arrivava da destra. Per aumentare l'impatto, quando i due si scontrarono, diede un calcio alla pancia del primo aggressore, facendo così cadere a terra entrambi. Poi si voltò di scatto, anticipando, con un pugno diretto
allo stomaco, l'altro bullo che arrivava da sinistra.
Intanto, il Capo, aveva tirato fuori dalla tasca un coltello e il compagno con gli occhiali un manganello telescopico.
Quest'ultimo attaccò per primo Alessandro, che fece solo in tempo a ritrarre il braccio, con il quale aveva tirato il pugno per ripararsi.
Appena ricevuto il colpo, con un rapido movimento riuscì, anche se dolorante, a bloccare il manganello con la mano impedendogli di colpire ancora.
Nel frattempo, con la mano sinistra, bloccò il braccio del Capo che si era avvicinato cercando di colpirlo con il coltello ad altezza stomaco. Infine diede una ginocchiata al braccio del bullo, facendogli cadere il coltello dalla mano.
La situazione non era delle migliori, il nostro protagonista lo sapeva, poiché non poteva tenerli bloccati ancora per molto. Ma, proprio in quel momento, entrò in scena un nuovo personaggio.
"Fermi! Chiamo la polizia se non la finite!" urlò il proprietario del negozio giapponese con un tipico accento asiatico ma in un italiano perfetto.
"Fatti gli affari tuoi, cinese!" rispose il Capo a voce alta.
"Sono giapponese, non cinese! E chiamo la polizia se non lo lasciate stare!"
rispose.
"Via, via! Fuggiamo" esclamarono i tre nuovi bulli, spaventati dal possibile arrivo della polizia.
Intanto il capo e il suo compagno riuscirono a liberarsi dalla presa di Ale, che era diventata più leggera, sia per sua scelta che per la stanchezza. Egli indietreggiò, allontanandosi da loro di qualche o.
"Non finisce qui!" disse il Capo e, raccolto il coltello, aggiunse in tono sarcastico e minaccioso: "Vale anche per te, giapponese!", indicando il proprietario del negozio. Poi fuggì assieme all'altro aggressore.
"Vieni dentro che medichiamo quel braccio!" disse il negoziante ad Alessandro visto che si toccava il braccio che aveva cominciato a diventare livido.
"Grazie!" rispose sorridendo ed entrando nel negozio.
Il proprietario, che assomigliava al classico maestro giapponese anziano che si vede nei film di arti marziali, prese una sedia da dietro il bancone e gliela porse.
"Io sono Hotaka, siediti pure" disse il negoziante.
"Io sono Alessandro, piacere!".
"Aspetta un attimo..." disse Hotaka, poi, a voce più alta, urlò: "Hana, vieni e porta la valigetta del pronto soccorso!".
Subito dopo uscì dalla stanza dietro al bancone, una bellissima ragazza giapponese, dagli occhi neri come i lunghi capelli con la frangia. Era la stessa ragazza che il giorno prima, aveva notato il protagonista attraverso la vetrina.
"Lei è la mia nipotina Hana, è una maestra nel curare le ferite!" disse sorridendo il negoziante.
"Io sono Alessandro, piacere di conoscerti" disse sorridendo il protagonista voltandosi verso la ragazza, la quale, rimase a fissarlo per qualche secondo, poi timidamente rispose: "Hana, piacere".
La ragazza, posò la valigetta sul bancone, l'aprì, prese bende e crema e si avvicinò ad Alessandro chiedendogli a bassa voce: "Dov’è che hai male?".
"Qua..." rispose lui posando il braccio sul bancone ed indicando il punto dolorante alzando la manica della maglietta.
La ragazza, sotto il suo sguardo, arrossì e timidamente cominciò a curarlo.
"Che volevano quei ragazzi?" chiese il proprietario.
"I soliti bulli che fanno i prepotenti! In ato ho difeso una ragazza che tormentavano e ora me la vogliono far pagare!" rispose mentre si faceva medicare.
"Questo ti fa onore!" disse il negoziante, sorpreso dalla notizia.
"Ho solo fatto ciò che sentivo di fare" rispose sorridendo Alessandro. Poi, guardandosi attorno, aggiunse: "E pensare che avevo in mente di entrare in questo negozio, ma non in queste condizioni!".
"Come mai?" domandò il proprietario che intanto aveva cominciato a sistemare della roba sopra agli scaffali.
"Perché mi piace la cultura orientale e poi volevo vedere se vendevate spade. Vorrei regalarmene una per il mio compleanno!" rispose Alessandro facendo un'espressione di dolore, poiché la ragazza gli aveva toccato il braccio ferito.
"Scusami!" disse Hana preoccupata.
"Figurati!" rispose Alessandro voltandosi verso di lei e sorridendole.
"Mi dispiace. Ma non vendiamo spade" rispose gentilmente Hotaka.
"Quindi quella spada esposta in vetrina non è in vendita?!" domandò il protagonista sconsolato che poi, aggiunse: "Peccato! Ề davvero molto bella!".
A quelle parole la ragazza intenta a fasciarlo, si fermò di colpo guardando il nonno che fece cadere per terra la scatola del thè che stava sistemando sugli scaffali.
"Che c'è? Che ho detto?" chiese Alessandro, osservando la reazione dei due.
"Tu vedi quella spada?" chiese Hotaka avvicinandosi alla sedia dove era seduto il protagonista e, indicando la spada esposta in vetrina.
"Certo! Perché? E’ invisibile?" rispose ridendo e guardando i due, i quali invece rimasero imibili.
"Solo il suo proprietario e il suo custode, possono vedere quella spada... Ovvero tu ed io!" rispose il negoziante che era diventato molto serio.
"Non capisco, io sarei il suo proprietario!?" disse confuso Alessandro che cominciava a rendersi conto che non stavano scherzando.
"Esatto, e io sono il suo custode!" rispose Hotaka che poi, sorridendo, aggiunse: "Ti stavo aspettando!".
"Mi stavi aspettando? Continuo a non capire!" disse Alessandro sempre più confuso dalle parole del vecchio.
"Certo! Devi sapere che questa spada non è come le altre, solo una persona prescelta può vederla e utilizzare il suo potere... Io in qualità di custode devo custodirla fino all'arrivo del proprietario, l'unico oltre a me che può vederla... Sei tu, colui che stavo aspettando!... Questa è la spada del destino! Il tuo destino!" disse Hotaka che sperava di aver finalmente convinto il ragazzo.
"Sembra la storia di un film! Ề uno scherzo, vero?! E poi, che ci dovrei fare con una spada?" disse Alessandro confuso e incredulo mentre fissava il nonno e poi la nipote, i quali continuavano a rimanere seri.
"Dovrai difendere il mondo dal male che si sta risvegliando! Devi sapere che la storia non è come..." disse il negoziante mentre stava andando a prender la spada per portarla ad Alessandro.
Quest'ultimo però, interruppe il racconto del vecchio alzandosi di scatto e dicendo: "La scuola!!!" poi, guardando l'ora, aggiunse: "Devo scappare, sono in ritardo!".
"Ma è importante quello che ho da dirti! Non è uno scherzo... Questa spada appartiene a te!" disse il negoziante.
"Giuro che ritornerò domani, promesso! Così, mi racconterà tutto sulla spada e mi dirà il prezzo! Grazie di tutto! Davvero! Arrivederci!" disse Alessandro prima di uscire di corsa dal negozio.
"Tornerà, nonno?" chiese Hana.
"Certo! Per il momento, meglio rimettere al suo posto la spada!" rispose il proprietario con la spada in mano.
"Ah, l'avevi presa per mostrargliela?!" domandò Hana che non poteva vederla.
"Si, ma sarà per la prossima volta! Si vede che oggi non era destino!" rispose Hotaka, sorridendo alla nipote.
Arrivato di corsa a scuola, Alessandro salì le scale con il fiatone.
Giunto davanti alla sua classe, trovò la porta aperta.
In classe non c'era la professoressa, alcuni compagni erano seduti, c'era chi leggeva, chi rideva e chi gironzolava per l'aula.
"Non è ancora arrivata la professoressa?" chiese ai suoi compagni entrando.
"No, è in ritardo!" disse un compagno seduto che stava leggendo il fumetto di One Piece.
"Stavolta ti ha battuto!" aggiunse Matteo ridendo, riferendosi al ritardo.
"Meno male!" rispose il protagonista sollevato dalla notizia.
"Ma che hai fatto al braccio?" gli chiese l'amico e gli altri compagni di classe che notarono la fasciatura.
"Niente di grave, i soliti bulli rompi scatole!" disse sorridendo Alessandro.
"Ma quando è successo?" chiese un altro compagno.
"Stamattina mentre venivo a scuola!" rispose.
"Dovresti parlarne agli insegnanti o al preside della scuola" disse un'altra compagna.
"Non sono il primo ad esser stato aggredito e non sarò l'ultimo, sono già stati denunciati, i professori e lo stesso preside sanno già tutto ma non possono fare gran ché. Sta a noi alunni difenderci e dar loro una lezione quando capita! Prima o poi impareranno!" rispose lui con tono serio.
"Beh, la lezione te l'hanno data loro stavolta!" disse ridendo un compagno di classe che nessuno sopportava per i suoi falsi atteggiamenti.
"In cinque contro uno può capitare di ricevere una manganellata" ribatté Alessandro ridendo, come se non fosse accaduto nulla di grave.
I compagni lo fissarono sorpresi e colui che aveva cercato di prenderlo in giro, ammutolì di colpo.
In quel momento arrivò l'insegnante e cominciò la lezione.
Terminata la giornata scolastica, Alessandro andò a casa a pranzare, poi si preparò per recarsi a casa del ragazzo a cui dava ripetizioni di storia.
Arrivato davanti al portone suonò il camlo e attese.
Era una grande villa in stile liberty situata vicino al centro della città di Torino.
Il portone si aprì e Alessandro percorse le scale che portavano al primo piano dove si trovavano i salotti, poiché al piano terra vi era il museo privato della famiglia, aperto anche al pubblico.
La famiglia Colonna era un'antica famiglia di origine romana, con alle spalle una lunga tradizione in ambito storico, di studiosi, insegnanti di storia ed archeologi. Anni e anni ati a studiare il ato, a ricercare reperti e a condurre scavi in tutto il mondo, con i reperti dei quali avevano creato un museo privato sull'Impero Romano e, su altre civiltà antiche quali gli Etruschi, i Greci e gli Egizi.
Il protagonista, varcata la soglia di casa, venne subito accolto dal nonno del ragazzino, un uomo anziano, ma che non dimostrava la sua età, dall'aspetto curato e colto.
"Ciao, Alessandro!" disse andando incontro al nuovo arrivato.
"Ciao, Pietro! Come stai?" salutò egli a sua volta.
Poteva sembrare una mancanza di rispetto che non gli desse del lei, ma i due si conoscevano da tempo e, oltretutto, Pietro aveva espresso diverse volte il desiderio che Ale lo trattasse come un amico.
L'amicizia tra Alessandro e la famiglia Colonna era nata, quando, Tito, il figlio di Pietro, aveva conosciuto Alessandro in un corso di storia tenuto nella sua scuola. La ione, nonché la bravura di quest'ultimo, non erano ate inosservate a Tito che aveva quindi proposto ad Ale di dare ripetizioni al figlio di undici anni che aveva problemi in quella materia.
Da allora, erano ati tre anni e Alessandro era riuscito a trasmetter la sua ione per la storia anche al ragazzino, i cui voti erano notevolmente migliorati, che aveva inoltre cominciato ad apprezzarla sempre di più, trovando in quel ragazzo più grande una sorta di figura fraterna.
Ma non andiamo oltre, questa è un'altra storia.
"Bene, sono sempre piuttosto impegnato col museo... come stai? La scuola?" chiese Pietro.
"Non c'è male, tra poco finirà per fortuna!" disse ridendo Alessandro che
aggiunse: "Ma Tito non è ancora tornato dagli scavi?"
"No, come al solito ha rimandato il suo ritorno... Sembra che si sia dimenticato di aver un figlio e una casa!" disse Pietro sconsolato.
"E io di aver un padre!" disse con tono polemico Vincenzo che intanto aveva raggiunto Alessandro e il nonno.
La sua frase lasciò i presenti senza parole.
Il ragazzino poi, sembrando quasi un'altra persona, aggiunse contento e con un sorriso: "Ciao, Ale!"
"Ciao Vincenzo! Pronto a tornare indietro nel tempo?" disse il protagonista sorridendo.
"Certo! Oggi ci aspetta la Seconda Guerra Mondiale!" precisò il ragazzino.
"Alessandro, prima di andare a studiare, volevo chiederti un favore" disse il nonno, mentre i due si avviavano nella stanza per studiare.
"Certo, dimmi pure" rispose il ragazzo.
"Dopo le ripetizioni, puoi darmi una mano a portare dentro il museo quelle casse che sono fuori in giardino? Se ti va eh ?" chiese Pietro in modo molto cortese.
"Ma certo! Nessun problema!" rispose egli con un sorriso.
"Grazie, sei molto gentile!" ringraziò il vecchio contento per l'aiuto.
"Figurati!" disse a sua volta il protagonista con un sorriso.
Poi, con Vincenzo, si diresse nella stanza per studiare.
Dopo circa due ore, i due, finito il rio, uscirono dalla stanza.
"Venite in cucina!" li chiamò il nonno.
Quest'ultimo, poi, vedendo arrivare il nipote, gli chiese: "Allora pronto per la verifica?!"
"Si, prenderò il voto più alto!" rispose contento il ragazzino.
In cucina li attendeva una merenda molto sostanziosa.
Dopodiché, Alessandro e il nonno, si avviarono in cortile a prendere le casse, mentre Vincenzo rimase a guardare la televisione mangiando con calma.
"Grazie ancora per l'aiuto" disse il vecchio, mentre insieme portavano la prima cassa dentro il museo, più precisamente in una stanza adibita a magazzino per i reperti ancora da esporre.
"Non devi ringraziarmi!" rispose il protagonista.
Dopo poco più di un'ora, i due avevano portato tutte le casse all'interno del museo.
"Dai, scopriamo cosa c'è dentro!" disse Pietro prendendo un piede di porco.
"Ma questa è un'armatura completa dell'Arcano" esclamò subito dopo aver aperto le prime due casse.
"L'Arcano?! Ne avevo sentito parlare ma non pensavo che fosse esistito davvero!" disse Alessandro, sorpreso dalla notizia.
"Esisteva eccome! Purtroppo, non si sa molto sul suo conto, dato che faceva parte di un'organizzazione segreta molto antica, alcuni sostengono addirittura che sia nata durante il periodo dei Sette Re di Roma..." cominciò a spiegare il nonno mentre tirava fuori i pezzi dell'armatura e li posava con molta cura su un tavolo.
"Abile e ben addestrato, l'Arcano era un guerriero temutissimo; veniva reclutato tra i migliori giovani che si distinguevano negli allenamenti oppure, come spesso accadeva, erano orfani addestrati all'arte della guerra sin dalla giovane età. Molti di loro perciò erano privi di identità... Si pensa che questi guerrieri venissero utilizzati principalmente per missioni di spionaggio o di assassinio ma alcuni sostengono che venissero reclutati, in rari casi, anche per le battaglie... Purtroppo, di chi dirigeva e gestiva questa istituzione militare e del suo vero scopo non si sa nulla".
"Un po' come i ninja giapponesi" esclamò Alessandro.
"Si, più o meno, ma molto più riservati!" rispose il vecchio.
Poi, dopo aver tirato fuori una maschera da una cassa, la porse al protagonista e, aggiunse: "Gli Arcani usavano maschere come questa per nascondere la loro identità e anche per intimorire i nemici in battaglia!".
Il protagonista, presa la maschera, la esaminò, sempre più incuriosito dalla storia dei misteriosi Arcani. Poi, portandosela davanti al volto, disse: "Pensiamo di sapere tutto, ma del ato conosciamo solo un suo misero riassunto".
"Ề proprio così!" esclamò Pietro.
"Nonno, quando si mangia?" chiese Vincenzo che intanto aveva raggiunto i due al museo.
"Ma sono le sette!" esclamò il nonno stupito, mentre guardava l'orologio al polso.
Il ragazzino poi, vedendo Alessandro con la maschera sul volto, disse: "Wow! Fa proprio paura quella maschera!... Farebbe spaventare tutti quei criminali che fanno del male alla brava gente!".
"Già, ci vorrebbero dei supereroi!" esclamò con un sorriso il protagonista il quale poi, posò la maschera dell'Arcano sul tavolo.
"Rimani a cena vero?!" chiese il nonno.
Senza neanche lasciar rispondere il protagonista, aggiunse: "Tanto sai che non accetto un no... Anche perché ho preso una tortina, se ricordo bene domani è il tuo compleanno!".
"Va bene, avverto casa che ceno fuori" rispose con un sorriso Alessandro che era rimasto sorpreso e un po' imbarazzato per l'invito, anche se, in ato era già accaduto.
"Ale, mentre nonno cucina, andiamo a giocare al computer?!" esclamò felice il ragazzino.
"Va bene!" rispose il protagonista.
Dopo la cena, Alessandro tornò a casa, portando con se un regalo, datogli da Vincenzo e Pietro.
Una collana con un ciondolo a forma di numero sette.
Dopo la lunga e stancante giornata, si addormentò subito ma, nuovamente, fece i conti col suo sogno.
Una Pesante Responsabilità
Era giunto il giorno del suo compleanno, precisamente il sette maggio. Il protagonista, finalmente maggiorenne, si apprestava ad affrontare una lunga giornata e a ricevere gli auguri da parte di tutta la famiglia e degli amici.
Il suono della sveglia interruppe il suo sogno. Tornato alla realtà, spense la sveglia per poi alzarsi, lentamente, seduto sul letto .
"Che sonno!" esclamò, sbadigliando e cercando di tenere gli occhi aperti.
"Sei sveglio?" chiese il padre, bussando alla porta.
"Si, mi sto alzando papà!".
Allora il padre, aprì la porta ed entrò nella stanza, avvicinandosi al figlio.
"Auguri dormiglione!" disse sorridendo il padre .Poi, accarezzandogli la testa, aggiunse, con tono scherzoso: "Cosa aspetti ad alzarti? Non dirmi che ora sei troppo grande per abbracciare tuo padre... Non si è mai troppo grandi per un abbraccio... Ricordatelo!".
"Sai che al mattino sono sempre rimbambito papà" rispose il protagonista,
sbadigliando e strofinandosi gli occhi, prima di alzarsi.
I due allora, si diedero un abbraccio, durante il quale il padre rinnovò ancora gli auguri al figlio: "Buon compleanno!".
Finito l'abbraccio, il padre, tirando fuori dalla tasca una bustina, disse: "Ah, questo è per te, da parte mia e di mamma!".
Poi, mentre gli porgeva il regalo, aggiunse sorridendo: "Spendili bene!".
"Grazie papà!" disse felice Alessandro.
"Ora vado che devo aprire il negozio" disse il capofamiglia guardando l'ora nell'orologio al polso, poi, prima di uscire dalla stanza, aggiunse: "Tu sbrigati che di là ti stanno aspettando per farti gli auguri... Ciao e fai il bravo!".
"Grazie ancora papà... Buon lavoro!" rispose sorridendo.
Dopo esser andato in bagno ed essersi vestito, raggiunse la mamma e il fratello maggiore che stavano facendo colazione in cucina.
Vedendo il figlio entrare, la mamma posò subito la tazza di orzo e gli andò incontro.
"Buon compleanno figliolo!" disse abbracciandolo.
"Grazie mamma!" rispose ricevendo poi, un bacio sulla guancia.
Dopo gli auguri della madre arrivò il turno del fratello maggiore.
"Auguri vecchio... Magari ora che sei maggiorenne sei diventato più furbo!" disse scherzosamente il fratello maggiore.
"Grazie fratellone... Vedo che a te trent'anni non sono bastati per diventare più furbo!" ribatté Ale sempre in clima scherzoso, mentre si sedeva a tavola.
I due spesso si punzecchiavano ma senza cattiveria, era insomma il classico gioco tra fratelli che si vogliono bene.
"Piantatela voi due, soprattutto tu Paolo e muoviti ad andare a lavoro" disse la madre.
"Ma scherziamo mamma!" si giustificò il fratello sempre in tono allegro.
"Si ma tu sei peggio dei miei bambini della scuola materna!" ribatté la madre.
"Si, tanti muscoli ma il cervello è lo stesso dei bambini!" disse il protagonista
ridendo e poi, per giustificarsi per aver detto un'altra battuta, guardando la madre, aggiunse: "Eh me l'hai servita su un piatto d'argento!"
"Prendete in giro, ma tra qualche mese, quando andrò a vivere per conto mio, vi mancherò!" disse Paolo con un sorriso.
"Si molto, soprattutto quando la camera sarà tutta mia!" disse il festeggiato con tono sarcastico.
Mentre la madre e i figli erano impegnati nella classica scenetta familiare, in cucina, entrò la sorella maggiore, più grande di Alessandro di ben sette anni.
"Questo è per te, da parte mia e di Paolo... Buon compleanno fratellino!" disse la nuova entrata posando sul tavolo un pacco regalo e dando poi al festeggiato un bacio sulla guancia.
"Grazie Fede e grazie anche a te Paolo! Non dovevate!" rispose il fratello minore sorpreso dal regalo.
"Dovere di fratelli maggiori!" rispose ridendo il fratello che poi, alzandosi aggiunse: "E’ proprio ora di andare a lavoro! Ah mamma, non torno per cena... stasera mangio con i ragazzi della palestra... Ciao".
"E quando mai... Ciao!" rispose la madre. Seguita poi dai saluti dei presenti.
"Anche io devo scappare, mamma, mi puoi dar uno strappo all'università?" chiese la figlia, preoccupata per l'ora.
"Certo! Se usciamo ora riesco a portare te e ad arrivare al lavoro puntuale!" rispose la madre che poi, rivolgendosi al figlio più piccolo, aggiunse: "Hai sentito Ale? Puntuale, cerca di non arrivare a scuola in ritardo, almeno il giorno del tuo compleanno! Ciao e ancora auguri!".
"Buona scuola fratellino!" disse ridendo la sorella.
"Ci proverò mamma! Grazie, ciao!" salutò a sua volta Alessandro.
Quest'ultimo, finita la colazione e di prepararsi, raggiunse la fermata dell'autobus, in orario. Li lo aspettava l'amica Giovanna che non esitò un istante a fargli gli auguri e, a scherzare sulla sua sorprendente puntualità.
Un caso tanto unico quanto raro.
Neanche a scuola, la sua puntualità, ò inosservata, tanto che la solita professoressa, di storia e italiano, entrando in classe e vedendo Alessandro già seduto al banco, scherzando chiese: "Come mai in classe già a quest'ora?".
"Almeno il giorno del mio compleanno…!" rispose sorridendo.
"Ah, allora ti faccio i miei auguri... Forza, incominciamo la lezione, prendete il
libro a pagina duecentotrentasette!" disse la professoressa.
Oltre ai tanti auguri ricevuti dagli amici, mentre era in giro durante l'intervallo, alcuni compagni di classe, sistemarono una tortina con una candelina e una bottiglia di spumante sopra il suo banco. Tornato in classe, scoprì la bella e inaspettata sorpresa organizzata dagli amici più cari.
Al termine delle lezioni, Alessandro, assieme alla sua amica, si incamminò verso casa. Arrivati al solito bivio, i due si salutarono.
"Ci vediamo stasera Ale, sarà una grande festa!" disse l'amica salutando il protagonista che a sua volta, rispose sorridendo: "Lo spero, a stasera Giò!".
La giornata, era incominciata decisamente bene per il nostro protagonista, nessun bullo, niente ritardi e tante belle sorprese, ma non era ancora finita.
Dopo aver mangiato da solo, poiché tutti i familiari facevano ritorno a casa sul tardo pomeriggio e, dopo aver visto i soliti cartoni, si sdraiò sul letto per un sonnellino pomeridiano.
Purtroppo, non riuscì a prendere sonno.
In mente aveva solo le strane parole del negoziante giapponese e così, curioso di scoprire la misteriosa storia della spada e speranzoso di potersela regalare per il suo compleanno, decise di recarsi al negozio.
Erano le quattro del pomeriggio quando uscì di casa e sulla città si stava abbattendo un temporale.
"Salve!" esclamò Alessandro entrando nel negozio.
Ma del proprietario e della nipote, neanche l'ombra.
Attese qualche istante e, nel frattempo guardandosi attorno, notò, con rammarico che la spada non c'era più.
"L'avranno venduta?!" pensò dispiaciuto.
Poi, dei rumori proveniente dalla stanza dietro il bancone attirarono la sua attenzione.
"Hotaka? Hana?... Sono il ragazzo dell'altra mattina, quello a cui avete curato il braccio..." disse avvicinandosi al bancone.
Ancora una volta nessuna risposta.
"Sono venuto per saperne di più sulla spada!" insistette il protagonista.
Poi, all'improvviso udii una voce bassa da dentro la stanza chiedere aiuto.
"L'ho immaginata?" pensò subito, rimanendo immobile e con l'orecchio attento nel tentativo di sentire altri rumori.
La seconda richiesta d'aiuto non tardò ad arrivare e stavolta la voce era molto più nitida.
Non c'era tempo per pensare, il protagonista lo sapeva, così senza indugiare aprì la porta della stanza.
Superata la soglia, lo scenario che si presentò ai suoi occhi lo lasciò senza parole.
Nella grande stanza vi erano tre uomini, vestiti da antichi soldati.
Alessandro riconobbe le armature di due guerrieri greci e un egizio.
Uno dei due personaggi vestiti da greci, indossava una corazza muscolare nera di cuoio, in cui erano fissate, al bordo inferiore, delle strisce di cuoio per la protezione delle gambe, e un elmo di tipo corinzio senza cresta.
L'altro, indossava, sopra una veste bianca, un linothorax, un'armatura lunga quasi fino alle ginocchia, composta da più strati di tessuto e un elmo di tipo frigio.
Il guerriero egizio, invece, indossava una veste di tela bianca lunga quasi fino al ginocchio, sorretta alla vita con una cintura e, alla testa, portava un copricapo di tessuto a righe bianche e gialle. Sul volto di quest'ultimo, non coperto dall'elmo, si potevano vedere delle cicatrici di bruciature e un pizzetto nero fine e lungo qualche centimetro.
Infine, tutti i guerrieri, indossavano calzari antichi.
I tre strani personaggi stavano aggredendo Hotaka e Hana.
In piedi, contro la parete in fondo alla stanza, vi era Hana, di fronte a lei uno dei guerrieri, quello vestito come un guerriero egizio che le stringeva la gola con la mano sinistra e, con la destra le puntava contro una corta spada, che sembrava proprio un Khopesh egiziano.
A terra, vicino alla porta dell'uscita secondaria, accasciato al muro, vi era il proprietario del negozio che perdeva sangue dall'addome e vicino a lui, il guerriero greco che gli puntava una spada corta contro e, urlava: "Dimmi dov'è il medaglione o faccio uccidere tua nipote!".
"Sarà un piacere!" disse ridendo il guerriero egizio, mentre fissava la ragazza visibilmente terrorizzata.
Il terzo guerriero, colui che indossava l'elmo frigio, rovistava tra gli scaffali.
L'entrata in scena di Alessandro non ò a lungo inosservata.
Fu proprio il guerriero che rovistava ovunque, a notarlo per primo, poiché più vicino.
"E tu chi sei?" domandò l'aggressore.
Tutti i presenti si voltarono subito verso il protagonista.
Mentre Alessandro pensava ad una risposta plausibile, il vecchio ferito lo incitò a prendere la spada.
"Estrai la spada Alessandro-san e capirai molte cose sul tuo destino!" disse infatti il proprietario.
Il protagonista, guardandosi attorno, vide alla sua destra la spada.
"Macedone!... Dai il benvenuto al nuovo arrivato!" disse il guerriero che teneva in ostaggio Hotaka.
Mentre l'aggressore, avanzava minaccioso, Alessandro impugnò la spada, poi chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
Riaperti gli occhi, esclamò: "E va bene!... Se questo è il mio destino, lo seguirò!" ed estrasse lentamente la spada dal fodero.
"Attento!... Sta estraendo la spada!" disse l'altro guerriero greco, che dai gesti del protagonista aveva capito che stava sfoderando l'arma.
La spada, libera dal suo fodero, sprigionò una potente energia di colore bianco e verde che avvolse Alessandro, travolgendo ogni cosa attorno.
A quel punto il guerriero che stava avanzando, urlò: "Scudo!" e di colpo comparve sul suo braccio, un grande scudo rotondo, col simbolo del sole
macedone che utilizzò per pararsi dall'onda d'urto.
"Incredibile! Quanto è potente quella spada!" pensò il guerriero Macedone, riparato dietro il suo scudo. Anche gli altri più lontani rimasero sorpresi da tale energia, l'unico che non sembrava particolarmente stupito, era il vecchio giapponese.
Finita la ventata di energia, il Macedone mimò l'estrazione di una spada, che apparentemente, non c'era sulla cintura della corazza, ma poi apparve davanti agli occhi increduli del protagonista.
"Vediamo come te la cavi, novellino!" disse il guerriero poco prima di attaccare con un fendente.
Alessandro, incredibilmente, parò il colpo, rimanendo a sua volta sorpreso dei suoi riflessi, consapevole di non aver mai preso lezioni di spada ma con la sensazione di aver da sempre maneggiato quell'arma. Il neo guerriero rispose a sua volta con un colpo obliquo che costrinse il Macedone a pararsi con lo scudo e poi a contrattaccare con la spada. Ma rapido il protagonista parò il contrattacco del rivale, che sorpreso dalle abilità del suo avversario, esclamò: "Per esser il tuo primo combattimento te la cavi bene!".
Per qualche minuto, le doti dei due combattenti sembrarono equivalersi, ma poi cominciò a emergere la maggior forza ed abilità del guerriero greco.
A complicare ancora di più la situazione del protagonista, fu la stanchezza, che iniziava a farsi sentire.
Mentre Alessandro cominciava ad esser in difficoltà, Hana reagì dando una forte ginocchiata al guerriero che la teneva in ostaggio. Questo, colpito, cadde a terra dolorante.
Finalmente libera, corse subito verso il quadro che attivava l'allarme del negozio e senza pensarci due volte schiacciò il tasto.
Proprio in quell'istante, Alessandro, ormai alle strette, ricevette un colpo con lo scudo che lo fece sbattere contro degli scaffali e poi cadere a terra.
"Non finisce qui!... Avremo quel medaglione!" disse il guerriero greco che poi, rivolgendosi ai suoi compagni, aggiunse: "Forza, leviamo le tende, prima che arrivi la polizia!".
"La prossima volta non sarai così fortunato!" disse sorridendo il guerriero Macedone al protagonista.
I tre aggressori poi si dileguarono, uscendo dalla porta sul retro.
Appena rimasti soli e ormai al sicuro, Hana si precipitò dal nonno, per soccorrerlo, raggiunta poco dopo da Alessandro, rialzatosi dopo il duro colpo ricevuto.
"Nonno, tieni premuto" disse Hana, mettendo un asciugamano sulla ferita.
"Ề grave?" chiese preoccupato Alessandro che si chinò verso il proprietario del negozio.
"Temo di si, ora vado a chiamare i soccorsi, tu stai con mio nonno" rispose la ragazza, alzandosi per recarsi al bancone, dove c'era il telefono.
Uscita dalla stanza, si chiuse la porta dietro.
"Chi erano quelli? E cosa volevano?" chiese il protagonista.
"Alessandro-san, so che molte domande albergano dentro la tua mente, assieme all'incredulità e alla confusione per ciò che ti sta accadendo, ma non devi temere nulla... Purtroppo non ho il tempo per spiegarti tutto, devi sapere che tu sei legato a questa spada e, assieme ad essa, d'ora in poi avrai il compito anzi il dovere di difendere il mondo! Ma non sarai solo in questa lotta... Tieni, prendi questo..." disse il vecchio giapponese, porgendo ad Alessandro un fogliettino che aveva tirato fuori a fatica dalla tasca della sua camicia.
Il protagonista lo mise con cura in tasca.
"... C'è scritto tutto sul quel foglietto, indirizzo, numero e a chi citofonare... quando te la senti, recati lì e chiedi del Druido" continuò Hotaka che poi, rivolgendosi alla nipote, appena rientrata nella stanza, chiese: "Hana, prendi l'amuleto".
"Si, nonno!" rispose la ragazza, che immediatamente andò verso gli scaffali, dove erano riposte le scatole del tè.
Dopo aver preso la settima scatola a partire dalla sinistra, tra le scatole riposte al terzo ripiano, l'aprì, tirando fuori un medaglione che portò subito a suo nonno.
"Prendi..." disse Hotaka porgendo l'amuleto ad Alessandro.
"Devi proteggerlo ad ogni costo!" continuò il vecchio con tono serio e visibilmente affaticato per via della ferita.
"Perché è così importante questo medaglione?" chiese il protagonista mentre lo rigirava tra le sue mani.
Sull'amuleto si distingueva chiaramente il simbolo del triscele.
"Purtroppo, non c'è tempo per spiegarti tutto... Quando andrai dal Druido, lui ti dirà il resto... Ora prendi la tua spada e corri via!" disse il negoziante.
"Ma..." cercò di dire Alessandro, venendo però interrotto da Hana.
"Presto arriverà la polizia, ed è meglio che non tu non ti faccia trovare qua, così eviti molti casini" disse la ragazza giapponese.
"Cosa direte alla polizia?" chiese Alessandro alzandosi in piedi.
"Diremo che è stata un rapina" rispose Hana, mentre aggiungeva un altro panno per tamponare la ferita.
"Non preoccuparti per noi... Hai una missione da compiere!" aggiunse Hotaka a fatica.
"Ok... Ma ci rivedremo vero?" chiese Alessandro, preoccupato per le gravi condizioni del vecchio.
"Non te lo so dire con certezza" rispose Hana guardando con aria triste il nonno che continuava a perdere molto sangue.
Il giovane ragazzo, ormai rassegnato a dover andare via, intuendo la gravità della situazione, poco prima di uscire, rimase per un istante in silenzio, guardando il vecchio a terra e la giovane Hana che cercava di aiutare il nonno poi, sicuro di sé, disse: "Non vi deluderò!... So che ci rivedremo e quando accadrà vi saprò proteggere da chi vi ha attaccato... A presto!".
Sorpreso dalle sue parole sincere, Hotaka sorridendo a fatica, esclamò: "Buona fortuna Alessandro-San!".
"Domo arigato" lo ringraziò Hana.
"Ricorda... o dopo o conoscerai la storia in questo presente così da proteggere il futuro" disse infine il vecchio giapponese.
Uscito dal negozio, si diresse verso casa accompagnato dalla pioggia e da una valanga di pensieri ed emozioni che andavano dalla preoccupazione per Hotaka al rammarico per non esser stato d'aiuto e, infine, alla confusione per tutto ciò che era appena accaduto.
Arrivato a casa, salutò frettolosamente i familiari per poi chiudersi in camera sua, causando il sospetto dei presenti.
"Ale, tutto bene?" chiese la madre bussando alla porta della stanza del figlio.
"Si, voglio riposarmi prima di uscire!" rispose il figlio con calma apparente.
Rassicurata, la madre non indagò oltre.
Finalmente solo, Alessandro, prese il medaglione che gli aveva dato Hotaka e lo nascose dentro l'armadio assieme alla spada.
Poi, ancora scosso per gli avvenimenti appena accaduti, si sdraiò sul letto, ripensando a tutto ciò che era successo fino ad addormentarsi.
Venne svegliato, dal suono del cellulare.
Un nuovo messaggio ricevuto.
Era Giovanna che gli aveva scritto: "Tra una mezz'ora iamo a prenderti! Sii puntuale! :)".
"Cavolo, è tardi!" esclamò alzandosi di scatto dal letto.
Finito di prepararsi, salutò la famiglia in tutta fretta per poi uscire di casa di corsa per raggiungere gli amici in tempo.
Questi ultimi lo stavano aspettando sotto casa da circa un quarto d'ora.
Prima di andare a festeggiare gli amici gli diedero il loro regalo.
Aperto il pacco, il protagonista trovò una katana.
Sfoderata la spada, però, notò la differenza tra il regalo e l'arma che gli aveva dato Hotaka.
"Sono andata in quel negozio giapponese ieri, ma non ho trovato la spada che avevi visto... Questa l'ho presa in un altro negozio, spero ti piaccia" disse Giovanna.
Il protagonista allora, ripensò alle parole che gli aveva detto il vecchio giapponese ovvero che poteva vederla solo il prescelto.
"Tranquilla Giò... Ề molto bella, grazie a tutti" rispose poi il festeggiato rinfoderando la spada.
Nonostante ciò che gli era accaduto nel pomeriggio, Alessandro ò una bella serata assieme ai suoi amici che non notarono nulla di strano nel loro amico, sempre pronto a sfoggiare un sorriso.
Al termine dei festeggiamenti, tornò a casa e finalmente a letto si addormentò subito.
Quella notte, del suo sogno ricorrente, non vi fu alcuna traccia.
Il Druido
Erano ati parecchi giorni dall'attacco dei misteriosi guerrieri.
Ormai mancavano due settimane alla fine della scuola e Alessandro per via delle molte verifiche e i tanti dubbi che lo affliggevano, non si era ancora recato dal misterioso personaggio chiamato Druido.
Durante quel periodo, spesso, per non dire ogni giorno, era ato dal negozio, con la speranza di rivedere Hana e Hotaka, ma lo aveva trovato sempre chiuso.
Finché, un giorno, non trovò sulle serrande del negozio, un cartello con sopra scritto: "Chiuso per lutto".
Sconvolto dalla notizia della morte del maestro e, preoccupato per la nipote, poiché non aveva avuto più sue notizie, il protagonista, quando tornò a casa, si sdraiò sul letto, cercando un po' di tranquillità.
Nella sua testa, mille pensieri si intrecciavano in un vortice di domande senza risposte. Sapeva che c'era solo un modo per riordinare le idee.
Andare dal Druido.
Animato dalla voglia di smascherare i colpevoli, di proteggere Hana e di portare a termine la missione che gli aveva affidato Hotaka, si alzò di colpo dal letto e andò a prendere il medaglione che era nascosto dentro il suo armadio.
Lo guardò, ripensando alle parole del negoziante poi, stringendolo esclamò: "Non ti deluderò!".
Così, deciso a scoprire cosa c'era dietro al medaglione, alla spada e ai tre loschi individui, senza attender un altro minuto, uscì di casa portando con se il bigliettino con sopra le informazioni per arrivare dal Druido.
Arrivato alla meta, un palazzo situato in Piazza Statuto, citofonò al nome indicato sul foglietto.
"Chi è?" chiese una voce misteriosa al citofono.
"Mi manda Hotaka... Sono..." rispose il protagonista senza riuscire a finire la frase.
"Ultimo piano" disse la voce, con tono fermo e pacato, come se sapesse già del suo arrivo.
La porta del palazzo si aprì.
Alessandro entrò nell'androne e cominciò a salire le scale, accompagnato da un
silenzio inquietante.
Le scale sembravano infinite per il nostro protagonista, ansioso di trovar le risposte a tutte le domande che lo avevano tormentato fin a quel momento.
Superato l'ultimo gradino, tra lui e la verità rimase solo una porta, socchiusa.
"Permesso!" disse Alessandro aprendo la porta ed entrando nell'abitazione.
Appena varcata la soglia, ad accoglierlo nel grande corridoio della casa, vi era un uomo, alto di statura, con gli occhi neri, i capelli neri brizzolati e la barba incolta.
Indossava una veste completa di cappuccio, lunga fino al ginocchio, di colore verde scuro e con cerchi di diverse misure, di colore nero, sparsi per tutto il vestito.
Sul volto un'espressione seria quasi severa, ma i suoi modi gentili smentirono questa prima impressione.
"Prego, accomodati pure" disse gentilmente il misterioso personaggio.
"Salve!" disse Alessandro al padrone di casa.
"Salve a te" rispose a sua volta il Druido.
"Mi manda Hotaka" disse timidamente il protagonista, sentendosi un po' a disagio.
"Lo so" rispose con un sorriso il Druido che poi, facendogli cenno di seguirlo, aggiunse: "Vieni, parleremo di tutto".
Il vecchio uomo entrò in una stanza, seguito dal ragazzo che si guardava attorno incuriosito.
La stanza era molto grande e aveva l'aspetto di un ufficio.
Librerie colme di libri, una scrivania al centro e relative sedie su entrambi i lati, quadri e altri oggetti misteriosi e strani completavano l'arredamento. Infine, vi era una grande finestra rotonda che si affacciava su Piazza Statuto.
Lo strano personaggio prese posto alla scrivania, su di una grande poltrona.
Alessandro si sedette dall'altra parte.
"Allora, che ti ha detto Hotaka?".
"Mi ha detto di recarmi qui e di cercare un uomo chiamato Druido" rispose subito il protagonista.
"Sono io colui che stai cercando..." rispose con un mezzo sorriso poi, con tono gentile, aggiunse: "Il mio vero nome è Diviziaco ma puoi chiamarmi Druido e dammi pure del tu... Ma ora dimmi, come hai conosciuto Hotaka?".
Alessandro, a quella domanda, cominciò a raccontargli tutto, dal primo incontro all'attacco dei tre strani individui fino ad arrivare al medaglione e alle ultime parole del negoziante giapponese.
"... Ho aspettato tutti questi giorni, prima di venire qui, poiché avevo da fare con la scuola, ma anche perché nutrivo la speranza di riveder Hotaka, purtroppo oggi sulle serrande del negozio c'era un cartello con sopra scritto ”chiuso per lutto” e così, eccomi qua!" concluse il protagonista.
"Non hai tralasciato nulla... Bravo Alessandro!" disse il Druido sorprendendo il giovane ragazzo.
Quest'ultimo allora domandò: "Come sai il mio nome?".
"Dopo tutto quello che è accaduto questa è la tua prima domanda?" chiese a sua volta Diviziaco con un mezzo sorriso.
"No... Anzi ho tante altre domande" rispose il protagonista.
"Lo comprendo, ma solo col tempo conoscerai tutto... Comunque, il tuo maestro, prima di morire, mi ha parlato di te!" disse il Druido.
"Se hai parlato con Hotaka, hai sicuramente visto la nipote Hana? Come sta?" chiese subito il protagonista ansioso di sapere delle condizioni della ragazza.
"No, non l'ho vista, ma Hotaka mi ha detto che sarebbe tornata in Giappone, presumo quindi che stia bene!" rispose Diviziaco, sempre con molta calma.
"Lo spero!" esclamò Alessandro, molto più sollevato dopo le parole del vecchio, poi rimanendo a riflettere un attimo, aggiunse: "Prima hai definito Hotaka come mio maestro, che intendevi dire?".
"Ề ora che ti spieghi un po' di cose... Devi sapere, che nell'antichità, per difendere la terra, venne donata all'umanità, l'Arca..." cominciò a spiegare.
"Intendi l'Arca dell'Alleanza? Esiste davvero?" esclamò Alessandro.
"Si, e quel nome, è il frutto di un'antica alleanza, tra Troiani, Ittiti, Egizi e Cretesi che si impegnarono a proteggerla... Ma tralasciamo i dettagli storici per oggi..." rispose Diviziaco che poi, continuò: "... Con l'Arca, furono create delle spade per proteggere la terra, ogni spada fu affidata a un custode, ovvero una persona con il compito di custodirla fino all'arrivo del guerriero destinato a utilizzarla, cosa che accade ogni volta che il male si fosse risvegliato... Ancora oggi, i cosiddetti "Mastri Spadari", svolgono il loro compito che non si limita solo alla custodia della spada, ma anche all'allenamento del guerriero predestinato, così da insegnarli ad utilizzare tutti i poteri dell'arma... Hotaka era il custode della tua spada, nonché tuo maestro!" spiegò il Druido, animando ancora di più la curiosità del giovane guerriero che cominciava ad inserirsi in questa nuova, ma anche strana, situazione.
"Quindi, se ci sono altre spade, ci sono altri guerrieri come me?" chiese il ragazzo incuriosito dal racconto.
"Certo, non sei solo... Nel corso della storia, il numero delle spade create aumentò e così, quando l'Arca arrivò nell'antica Roma, a questo gruppo di guerrieri venne dato il nome di Legio Invicta ovvero Legione Invincibile, con il compito di difendere la terra dal male" rispose il Druido.
"Per male intendi i tre guerrieri che hanno attaccato e ucciso Hotaka!?" chiese il protagonista ansioso di conoscere chi lo aveva aggredito.
"Non solo... Loro sono il nostro nemico oggi, domani chissà... Ricorda, il male ha molteplici facce... Ma, tornando ai tre guerrieri, essi fanno parte di un'antica Setta meglio conosciuta come la Legione degli Immortali, una sorta di nostro gemello malvagio, molto pericolosa poiché essa vanta tra le sue fila anche alcuni guerrieri traditori della Legio Invicta e, come già sai, vogliono impossessarsi dell'amuleto che ti ha dato Hotaka" disse l'anziano signore, che rispondeva prontamente ad ogni domanda del protagonista.
"Come mai è così importante questo amuleto? A cosa serve?" chiese Alessandro.
"L'amuleto da solo è inutile ma, unito ad altri tre, si trasforma in una chiave!" rispose con voce seria e preoccupata il Druido.
"Una chiave?! ... E che cosa apre?" domandò a bassa voce il ragazzo.
Il vecchio allora si alzò in piedi e dirigendosi verso la finestra rotonda, rispose: "Sarebbe più corretto dire: chi libera".
Poi, dopo aver aperto la finestra e aver dato un'occhiata fuori, voltandosi verso Alessandro, aggiunse: "Vieni e guarda tu stesso".
Perplesso, si alzò e raggiunse il Druido e, come gli aveva chiesto quest'ultimo, guardò fuori dalla finestra.
"Conosci la leggenda di Piazza Statuto e del monumento al Traforo del Frejus?" chiese mentre il protagonista scrutava la piazza in cerca di indizi.
"Certo, si dice che Piazza Statuto sia il centro della magia nera e che la statua del monumento al traforo del Frejus sia in realtà un demone e non un angelo, precisamente Lucifero" rispose dimostrando la sua preparazione, ma soprattutto, la sua ione verso i misteri e la storia.
"Bravo, e sai anche che ogni leggenda ha un fondo di verità?" domandò Diviziaco.
"Quindi, mi stai dicendo che una setta antica vuole impossessarsi di quattro amuleti per liberare Lucifero che è stato rinchiuso a Torino, in piazza Statuto e che io faccio parte di un antico gruppo di guerrieri che protegge la terra sin dai tempi più remoti?" riassunse il protagonista.
"Esatto, e Hotaka ha dato a te il compito di proteggere questo amuleto per non farlo cadere in mano nemica" disse il Druido.
"E dove si trovano gli altri tre amuleti?" domandò il giovane ragazzo.
"Uno è già in possesso della Legione degli Immortali, un altro è dato per smarrito e l'altro ancora è finito ad una asta di oggetti antichi e ne stiamo seguendo gli spostamenti" rispose il Diviziaco, sempre con quell'espressione di sicurezza e tranquillità, che dava l’impressione che fosse tutto sotto controllo.
Poi, vedendo Alessandro che continuava a fissare la statua di Piazza Statuto senza dir nulla, aggiunse: "Ti vedo pensieroso... So che è difficile da credere, ma è cosi, questa è la realtà, la tua nuova realtà!... Ci vorrà un po' di tempo prima che ti ci abitui".
"Non è per questo che sono pensieroso... Come faccio ad allenarmi e a combattere per difendere la terra e i suoi abitanti, se il mio maestro è morto?" rispose con fermezza il giovane guerriero, lasciando senza parole il Druido, che mai si sarebbe aspettato una risposta così decisa.
A quel punto, sorpreso dal rapido adattamento del giovane ragazzo alla situazione, Diviziaco, avvicinandosi alla scrivania, pronunciò ad alta voce due nomi: "Cleta, Mario!".
Dopo pochi secondi, la porta si aprì e due nuovi personaggi entrarono nella stanza.
La prima era una ragazza molto alta, dai capelli castani molto lunghi e gli occhi verdi, l'altro, un ragazzo poco più basso, con i capelli corti neri e gli occhi castani.
"Saranno loro due ad allenarti... Sono guerrieri come te, ma molto più esperti essendo entrati nella Legio Invicta da molto più tempo!" annunciò il Druido, che intanto si era seduto nuovamente alla scrivania.
"Io sono Cleta, piacere" disse con un sorriso la nuova entrata.
"Mario, piacere" si presentò a sua volta il ragazzo.
"Alessandro, piacere mio" rispose il protagonista educatamente, e, con tono determinato e con un enorme sorriso stampato sul volto, esclamò: "Bene! Quando si comincia?".
La frase spiazzò i presenti, i quali, si scambiarono degli sguardi meravigliati.
"Finita la scuola, tre volte a settimana, per tutta l'estate, dovrai venire qua ad allenarti!" rispose dopo qualche secondo il Druido, che poi proseguì: "Scommetto che non hai portato la spada... Vero!?".
"Si, l'ho lasciata a casa assieme all'amuleto!" rispose il ragazzo amareggiato.
"Tranquillo, hai fatto bene ma, da quando comincerai gli allenamenti, dovrai portarli sempre con te, ovunque tu vada!" disse Diviziaco.
"Ovunque?" esclamò Alessandro che era preoccupato di girare per la città con una spada.
"Certo, non sai che la spada non è visibile a tutti se non sfoderata?" chiese il Druido meravigliato.
"No, cioè ora che ci penso..." esclamò, mentre gli ritornavano alla mente alcune scene.
Le parole del negoziante la prima volta che si erano incontrati, il guerriero greco quando aveva urlato al compagno che il protagonista stava per estrarre la spada, l'amica che non aveva visto la spada nel negozio e infine, i suoi familiari che non avevano visto l’arma quando l’aveva portata con sé a casa.
"Mario, vuoi spiegare tu come funziona?" chiese il Druido al nuovo arrivato.
"Certo" rispose il guerriero, che poi voltandosi verso il protagonista, disse:
"All'inizio la spada può vederla, oltre al custode, solo colui che viene prescelto, che è anche l’unico che può utilizzarla... L'arma se tenuta nel fodero non può esser vista da nessuno, salvo altri guerrieri o persone dai forti poteri spirituali che l'hanno già vista estratta, viceversa, se viene estratta, tutti i presenti, comprese persone non dotate di particolari poteri, possono vederla".
Poi, per far un esempio, aggiunse: "Io stesso porto con me la mia spada ora, ma tu non puoi vederla mentre Cleta e Diviziaco possono vederla poiché l'hanno già vista estratta".
"Quindi i guerrieri che hanno già visto la mia spada estratta, possono vederla anche se non sfoderata" disse il giovane, riferendosi ai tre che avevano aggredito e ucciso Hotaka.
"Esatto!" esclamò il Druido che poi, vedendo Alessandro ancora una volta pensieroso, aggiunse: "Ma non preoccuparti, non sanno che hai tu l'amuleto e quindi difficilmente deciderebbero di attaccarti... Cerca di star in luoghi affollati se ti senti in pericolo".
"Lo terrò a mente... Ma più che altro sono preoccupato per Hana" rispose a sua volta il giovane guerriero.
"Perché?" chiese il Diviziaco curioso.
"Se non sanno che ho io l'amuleto, potrebbero pensare che ce l'abbia Hana, essendo una parente di Hotaka e quindi, potrebbe essere in pericolo" spiegò con aria preoccupata.
Ancora una volta, i presenti rimasero sorpresi dalle parole del giovane guerriero, che oltre a mostrarsi altruista, dava prova di un’ottima analisi della situazione e del rapido adattando ai nuovi eventi che stavano cambiando la sua vita.
"Tranquillo, appena Hana arriverà in Giappone, ci sarà un gruppo di guerrieri come noi che la proteggerà e la porterà al sicuro" disse Diviziaco rassicurando il protagonista.
"C'è un gruppo anche in Giappone?!" esclamò meravigliato il protagonista.
"Certo, e non solo li" rispose il Druido con un sorriso.
"Altri gruppi sono dislocati in vari punti strategici e quando sarà il momento ci uniremo tutti e la Legione sarà finalmente al completo" aggiunse il vecchio, alimentando sempre più la curiosità di Alessandro.
"Non vedo l'ora!" esclamò entusiasta il giovane ragazzo.
"Non correre troppo, prima ti aspetta l'allenamento!" disse Mario, dimostrando la sua estrema serietà nell'affrontare le missioni.
"Vero" rispose ridendo il protagonista che poi, con aria perplessa, chiese: "Ma dove ci alleneremo?".
"Presto lo vedrai" rispose con un sorrisetto il Druido che poi aggiunse: "Sicuramente avrai altre domande ma, col tempo, conoscerai il resto della nostra storia che da oggi, diventa anche la tua. Per oggi però, può bastare... Puoi andare, ci rivedremo finita la scuola!".
"Va bene, grazie di tutto... Arrivederci!" rispose Alessandro con il suo solito sorriso.
Poi, si avviò verso la porta, accompagnato da Mario e Cleta.
"Aspetta!" urlò il Druido.
Il nuovo entrato nella Legio Invicta allora tornò indietro.
"Mi stavo dimenticando di darti questo" disse Diviziaco porgendogli un braccialetto con degli strani simboli disegnati sopra.
"Un braccialetto?!" esclamò Alessandro perplesso.
"Si, mettilo e non toglierlo mai... Ci servirà per tenerci in contatto" spiegò il vecchio.
"In contatto? E come?" chiese il protagonista confuso, mentre metteva il braccialetto al polso del braccio destro.
"Telepaticamente!" rispose con un sorriso il Druido, lasciandolo senza parole.
"Ce l'abbiamo anche noi" disse Mario mostrando il polso.
"Già!" esclamò Cleta che a differenza degli altri, aveva una collana al collo.
"Ma come funziona?" chiese il giovane guerriero, mentre fissava quello che sembrava esser un comune braccialetto.
"Presto lo vedrai" rispose il Druido con un sorriso.
"Va bene" rispose con un sorriso il protagonista.
Dopo che il giovane guerriero se n'era andato, Diviziaco chiese ai due guerrieri: "Allora, cosa ne pensate?".
"Ha il sorriso facile e sembra molto determinato, ma l'allenamento non sarà per nulla semplice..." rispose la ragazza con un sorriso e poi, incuriosita, ma con tono serio, domandò: "Maestro, qual è il potere della sua spada?".
"Lo scoprirai tu stessa quando lo allenerai!" rispose con un sorriso il Druido, che era dunque, il Mastro Spadaro della ragazza.
Poi, rivolgendosi all'altro guerriero, chiese: "E tu Mario, cosa ne pensi?".
"Che ha preso bene questa nuova situazione, ma non deve prendere sotto gamba la sua missione. Per il resto, aspetterò di vederlo in azione" rispose con tono serio il guerriero.
"Già, la sua tranquillità è sorprendente... Comunque, ora tornate ad occuparvi del Collezionista" rispose il Druido.
"Andiamo Cleta, abbiamo molto da fare!" disse il guerriero.
I due allora, uscirono dalla stanza, lasciando solo il Druido.
Quest'ultimo andò a sedersi poi, all'improvviso, una folata di vento entrò dalla finestra e di colpo, di fronte al vecchio, comparve una persona vestita da Ninja.
"Eccoti finalmente... Sai già cosa fare'" disse il Druido.
Il nuovo misterioso personaggio annuì con la testa, per poi sparire senza lasciare traccia.
Alessandro era così entrato a far parte di un gruppo di guerrieri prescelti, chiamato Legio Invicta che fin dall'antichità, difendeva la terra da pericoli di varia natura.
La sua vita di colpo era cambiata, la storia non era più come quella studiata sui libri e il mondo stesso appariva diverso, più fragile.
Una situazione che avrebbe potuto spaventare chiunque, considerando i pericoli derivanti da tale responsabilità, ma non Alessandro che un po' per incoscienza, un po' per curiosità, ma soprattutto guidato dalla determinazione, era ansioso di iniziare l'allenamento per proteggere al meglio la terra e i suoi abitanti.
In lui restava però il rammarico di non esser riuscito a salvare il suo maestro.
Evento determinante per la sua rapida integrazione e coinvolgimento a quella nuova realtà.
Il tempo scorreva veloce e ben presto il protagonista avrebbe iniziato ad affrontare quella che sarebbe stata la sua nuova vita.
L'Allenamento
Giunse la fine della scuola e di conseguenza, sarebbero cominciati i tanto attesi allenamenti. Questi si sarebbero svolti, per tutta l'estate, dentro una dimensione spaziotemporale, creata da Diviziaco.
Alessandro promosso alla quinta superiore, si apprestava così ad affrontare il primo giorno di allenamento.
Sistemata la spada dietro la schiena e, indossato l'amuleto come fosse una comune collana, usci' di casa diretto dal Druido.
Il primo allenamento stava per cominciare.
"Sei pronto?" chiese Diviziaco.
"Si!" rispose lui che però ancora non capiva come si sarebbero potuti allenare in una casa.
"Bene!" rispose il Druido con un sorriso, poi sollevò le braccia in alto e chiuse gli occhi.
Alessandro, non capendo cosa stesse facendo il vecchio, fissò Cleta e Mario, in
cerca di una risposta, ma i due non sembravano per nulla sorpresi dal comportamento di Diviziaco.
All'improvviso, la sua attenzione si sposto' altrove… ogni cosa all'interno della casa cominciò a cambiare, le piastrelle divennero erba, i muri alberi, il soffitto cielo e cosi via.
Mentre tutto mutava, Alessandro, rimasto senza parole, si guardava attorno incredulo.
Dopo poco tempo, la casa aveva lasciato il posto ad un bellissimo bosco.
"Wow!" esclamò stupefatto il protagonista, che poi aggiunse: "E' straordinario, ma che cos'è?".
"Ề un dimensione spaziotempo creata dal Druido, consiste nel separare la realtà dallo spazio e unirla ad un luogo ato. In sostanza, noi siamo nel presente, ma in un ambiente ato ovvero un bosco dell'antica Gallia" rispose Cleta sorridendo.
"Non finirò mai di sorprendermi!" esclamò Alessandro con un sorriso, poi aggiunse: "Ma Diviziaco?".
"Lui non parteciperà... Ora concentriamoci sul tuo allenamento" disse Mario per distoglierlo da quella strana magia e aggiunse: "Forza Alessandro, estrai la spada!".
"Subito!" rispose il ragazzo, ritornando al suo obiettivo, l'allenamento.
Così, senza perdere tempo, impugnò la spada e la estrasse.
L'arma, appena sfoderata, rilasciò una luce bianca che impedì per un istante ai presenti di vederla.
"Quanta energia!" esclamò Cleta.
Anche Mario, che sembrava una persona imibile, rimase sorpreso di tutta quell’energia.
Dopo qualche secondo, con l'affievolirsi della luce, la spada poteva esser ammirata in tutto il suo splendore.
La lama, dritta e monofilare, era decorata, da entrambi i lati, da sette rombi, disposti lungo la lama in modo regolare ed uniti da un'unica linea fine di colore verde, mentre l'impugnatura era nera con due rombi bianchi.
"Bene, ora tocca a noi!" disse Mario, che poi aggiunse: "La prima volta non ci siamo presentati a dovere... Cleta, vuoi cominciare tu?".
Cosi, la ragazza dai lunghi capelli castani, fece un o in avanti, poi portò la
mano sopra la spalla sinistra, impugnando un manico che Alessandro non poteva vedere.
"Come già sai, io sono Cleta..." disse la guerriera per poi estrarre la sua arma e aggiungere: "Detta l'Amazzone!"
Alessandro, che si aspettava una spada, si trovò invece ad ammirare una possente ascia bipenne, con su una lama il simbolo del fulmine e sull'altra una nota musicale, ad indicare il tuono.
"Io sono Mario..." disse l'altro guerriero impugnando la sua spada posta sul lato sinistro ad altezza cintura.
"... Detto, il Legionario" proseguì il guerriero, estraendo la sua arma, un gladio romano.
"Amazzone e Legionario... Wow!" esclamò il protagonista, ammirando le armi dei due guerrieri.
"Esatto, ogni spada richiama un guerriero antico e quindi racchiude dentro di sé le tecniche di combattimento delle civiltà ate" spiegò Cleta.
"Tu hai già visto lo Spartano, il Macedone e l'Egiziano" aggiunse Mario.
"Si, indossavano anche delle armature" disse il protagonista ricordando il giorno dell'aggressione ad Hotaka.
"Sì, fanno parte dei poteri delle spade, con l'allenamento imparerai a richiamare anche tu l'armatura” spiegò Cleta.
"Non vedo l'ora!... chissà quale guerriero antico rappresenta la mia spada" disse Alessandro fissando la sua arma.
"Sicuramente un guerriero asiatico, essendo la tua una spada tipicamente giapponese" suggerì l'Amazzone.
"Magari un Samurai!" disse il giovane guerriero sempre più curioso.
"Non correre troppo... Prima, dovrai imparare ad usare una spada, attacco e
difesa e, per farlo, dovrai metter su un po' di muscoli... Inizieremo alternando palestra ad esercizi con un’arma finta, per poi are ad utilizzare la tua... Questa è solo la prima parte dell'allenamento..." spiegò il Legionario, che poi aggiunse: "… Sappi che abbiamo solo tre mesi di tempo per allenarti seriamente, quindi dovrai impegnarti al massimo per assimilare almeno parte dei poteri della tua spada".
"Non sarà una eggiata" aggiunse Cleta.
"Lo so... Io sono pronto" disse Alessandro in tono determinato e serio.
Dopo un mese e mezzo di addestramento, il protagonista, con sorprendente rapidità, era diventato un abile spadaccino.
Dopo gli esercizi con la finta spada, i combattimenti simulati con i due maestri e infine, dopo gli allenamenti con la sua spada, era pronto per la seconda parte dell'addestramento.
"Bene, hai imparato a maneggiare la tua spada, quindi da oggi cominceremo la seconda parte dell'allenamento" annunciò il Legionario.
"Evvai!" esclamò felice Alessandro.
"Prima però, dovrai superare una piccola prova, che ci darà la certezza che sei diventato un buon spadaccino" disse Mario, smorzando l'entusiasmo del protagonista.
Quest'ultimo scherzando esclamò: "C’è sempre la fregatura!" poi, con tono più serio, aggiunse: "Di che prova si tratta?".
A questo punto intervenne Cleta.
"Per allenarci, oltre a questo mondo, il Druido può creare anche dei guerrieri per simulare dei combattimenti e permetterci di accrescere e affinare le nostre tecniche di combattimento... Tu dovrai sconfiggerne due!" spiegò l'Amazzone.
"Se ci riuscirai, erai alla seconda fase di addestramento, viceversa, ricomincerai tutto da capo!" disse Mario.
"Ce la farò!" esclamò con un sorriso il protagonista, più determinato che mai.
"Bene, si può cominciare allora!" esclamò Cleta.
Subito dopo le parole della guerriera Amazzone, comparvero di fronte ad Alessandro due guerrieri.
Entrambi avevano la stessa corazza ed elmo, ma erano armati in maniera differente.
Uno era armato con due spade e l'altro con una lancia e uno scudo rotondo.
"Quando sei pronto, estrai la spada!" gli disse il Legionario e i due maestri andarono a sedersi su di una panchina in marmo per assistere al combattimento, che sarebbe cominciato di lì a poco.
Dopo qualche secondo, Alessandro estrasse la spada.
Appena videro che aveva sguainato l'arma, i due guerrieri si misero in posizione di attacco.
Il combattimento stava per incominciare.
Il primo ad attaccare fu il nemico che impugnava le due spade.
Il suo attacco, in obbligo dall'alto verso il basso e da destra verso sinistra, venne prontamente parato dal protagonista.
Il nemico allora ritirò indietro le spade, attaccando nuovamente con un colpo in obliquo verso il basso, da sinistra verso destra. Il giovane guerriero parò senza problemi anche il secondo attacco.
Subito dopo parò anche il terzo attacco, stavolta un fendente ovvero, un attacco diritto in verticale dall'alto verso il basso.
Dopo i primi tre attacchi eseguiti in rapida successione, il nemico cominciò ad utilizzare le spade con movimenti separati. Nonostante questa nuova tipologia di attacchi, Alessandro riuscì a parare ogni colpo.
"Quasi due mesi di allenamento ed è già così veloce!" commentò Cleta meravigliata.
"Sta già assimilando l'abilità del guerriero che rappresenta la sua spada, senza neanche la meditazione!" disse Mario sorpreso.
Intanto, stufo di parare colpi, Ale decise di contrattaccare, ma nell'attimo in cui stava per affondare il colpo, la sua attenzione fu distratta dal secondo guerriero che stava caricando con la lancia.
Approfittando della sua distrazione, il nemico con due spade, tentò di colpirlo.
Resosi conto del pericolo, il nostro giovane guerriero indietreggiò all'ultimo momento, riuscendo a schivare le spade dell'avversario.
La parte delle lame che comunque riuscì a sfiorarlo, per un attimo si smaterializzò, come per non ferirlo.
Non fece in tempo ai chiedersi cosa fosse successo che dovette concentrarsi completamente sulla lancia del nemico che stava per sopraggiungere.
Riuscì per un pelo a deviarla a sinistra del suo corpo con la spada, ma non riuscì a evitare lo scudo del nemico che caricava.
Il colpo lo fece cadere a terra, facendolo rotolare per diversi metri.
"Dannazione!" esclamò Alessandro mentre si rialzava.
Appena si fu rimesso in piedi, il guerriero con le due spade lo attaccò, con una sorta di colpo a forbice ovvero, una spada attaccava da destra e l'altra, da sinistra, finendo poi con le lame incrociate.
Ancora una volta, i riflessi del giovane ragazzo si rivelarono al di sopra della norma.
Con un o indietro, inclinandosi col busto, evitò le due lame, che gli arono molto vicine.
Con tutta la freddezza di un guerriero ormai esperto e sicuro di sé, rendendosi conto che il nemico era scoperto, Alessandro contrattaccò all'istante con un colpo orizzontale da destra verso sinistra.
L'attacco tagliò di netto il corpo del nemico, il quale svanì subito dopo.
"Ề proprio vero, ha dei riflessi pazzeschi!" commentò Mario.
"E non sei uno che si sorprende facilmente!" completò con un sorriso Cleta.
La risposta del Legionario, fu un mezzo sorriso.
Ora, il protagonista, era a tu per tu con l'ultimo guerriero.
Proprio quest'ultimo fu il primo ad attaccare.
Sfruttando la lunghezza della sua arma, cominciò ad affondare colpi in rapida sequenza.
Il giovane guerriero li schivava uno dietro l'altro senza alcuna difficoltà.
"Guarda che lui non si stanca!" urlò Cleta.
"Ha ragione, non posso continuare cosi... Devo trovare un modo per attaccarlo" pensò Alessandro, mentre deviava con la spada gli affondi del nemico.
Finalmente ebbe un'idea.
Dopo aver parato l'ennesimo colpo, scattò in avanti.
Come previsto, il nemico indietreggiò istintivamente, cercando poi di riportare la propria arma davanti al giovane guerriero, ma egli glielo impedì, impugnando l'asta della lancia con la mano sinistra e, spezzandola con la spada.
Subito dopo, attaccò con un colpo in obliquo verso l'alto, da sinistra a destra.
L'attacco colse di sorpresa il nemico, che non riuscì a parare il colpo con lo scudo.
E così, anche il secondo guerriero venne sconfitto.
"Certo che sa improvvisare!" esclamò l'Amazzone.
"Già, ha calcolato ogni mossa del nemico" aggiunse il Legionario.
I due, poi si alzarono in piedi e si diressero verso Alessandro.
"Ottimo lavoro!" si complimentò Cleta con un sorriso.
"Bravo, sei promosso alla seconda fase" disse Mario.
"Grazie!" esclamò contento il protagonista.
"Ora che sei pronto alla seconda parte di allenamento, ti spiego il tuo nuovo esercizio" disse il Legionario che poi, aggiunse: "Siediti per terra, gambe incrociate e tieni la tua spada tra le mani".
Il protagonista, un po' perplesso, obbedì senza perder tempo.
"Ora chiudi gli occhi" continuò il guerriero romano.
"Ma a cosa serve tutto questo?" chiese l'allievo mentre era a occhi chiusi.
"Serve a conoscere lo spirito del guerriero che rappresenta la tua spada... in questo modo potrai richiamare, per esempio, le parti dell'armatura, la seconda arma eccetera" rispose Mario.
"Una seconda arma?" pensò stupito il giovane ragazzo mentre ascoltava i due maestri.
"Vedi, queste armi non sono solo dei pezzi di ferro dai poteri magici, hanno una storia, una missione e noi siamo stati scelti tra miliardi di persone per preservare e diffondere quegli ideali per cui sono state create, la giustizia, la pace e la libertà... ma, soprattutto, per difendere vite umane" spiegò Cleta.
"Vite umane..." esclamò il protagonista a bassa voce, ripensando a Hotaka, Hana
e alla ragazza che aveva protetto dai bulli.
"Esatto, noi proteggiamo la terra e quindi tutte le persone che ci vivono" rispose l'Amazzone.
"Noi siamo gli eredi dello spirito guerriero che vive nelle nostre spade e che protegge la terra da secoli!" aggiunse Mario.
"Ma come faccio a conoscerlo?" chiese Alessandro.
"Con la meditazione... Immagina di combattere con la tua spada, rivivi i momenti di quando l'hai utilizzata. Prova a pensare a lei e lei verrà a cercarti!" spiegò il Legionario.
Così, il protagonista, giorno dopo giorno, cominciò a trovare la concentrazione e, col tempo, i pensieri, divennero sempre più vividi.
Finché, un giorno, ciò che vide nella sua mente non fu il frutto della sua immaginazione.
Stava avendo una visione.
Come in un sogno, molto reale, cominciò a vedere antichi guerrieri, simili a samurai, combattere con strani mostri. Dopodiché, vide l'universo, le stelle, i pianeti e poi una meteora precipitare sulla terra ed un vecchio uomo, molto
simile a Hotaka, recarsi sul luogo dell'impatto.
Poi il fuoco e il rumore del martello maneggiato dal vecchio che lavorava il ferro ed ecco apparire la sua spada.
Infine, il vecchio uomo consegnò la spada a quello che sembrava un generale romano.
"Che lo spirito del guerriero Yayoi ti possa guidare alla vittoria!" disse il vecchio dopo aver consegnato la spada all'uomo misterioso.
Terminata la visione, Alessandro aprì gli occhi di colpo.
"Ce l'ho fatta! Sono un guerriero Yayoi!" urlò contento il giovane guerriero dopo essersi alzato in piedi.
I due maestri, lo fissarono senza dir nulla ma con un mezzo sorriso sui volti.
"Non se n’è ancora accorto" disse Cleta a Mario con un sorriso.
"Accorto di cosa?" chiese il protagonista che non capiva cosa c'era di tanto divertente.
"Dei tuoi nuovi vestiti!" rispose il Legionario con un mezzo sorriso.
"Ma cos'ho addosso?!" esclamò Alessandro guardandosi dalla testa ai piedi.
Indossava una veste utilizzata dai guerrieri giapponesi, detta Yaroi Hitatare, di colore bianco, con dei decori verdi e un rombo dietro la schiena con all'interno il kanji giapponese del numero sette. Anche le scarpe erano svanite ed, al posto loro, vi erano i classici sandali giapponesi.
"Semplice, hai richiamato l'armatura solo con la meditazione" rispose Mario.
"Complimenti!" disse Cleta con un sorriso.
"Grazie" rispose a sua volta il protagonista che poi, perplesso aggiunse: "Ma a vederla bene non sembra molto un'armatura, non ha parti metalliche”.
"Vero, ma i guerrieri Yayoi riuscivano a combattere così, e così farai anche tu... Comunque, non devi preoccuparti, c'è anche un secondo stadio dell'armatura" spiegò il Legionario.
"Quindi avrò una vera armatura!" esclamò con un sorriso il giovane protagonista che poi, ripensando alle parole dei maestri chiese: "L'altra volta avete parlato di un’altra arma... Di cosa si tratta?".
"Certo, parli dell'arma secondaria... Vedi, in ato i guerrieri in battaglia usavano più armi, dunque anche noi possediamo un'alternativa all'arma primaria" spiegò Mario.
"Più ti allenerai e più caratteristiche del guerriero che rappresenti scoprirai" disse Cleta che aggiunse: "Hai ancora molte cose da scoprire".
"Per questo, nei prossimi allenamenti alternerai la meditazione a combattimenti simulati finché non ti giudicheremo pronto per la terza fase dell'addestramento" concluse il guerriero romano.
ate quasi due settimane dalle parole del maestro, il protagonista venne considerato pronto per la successiva parte dell'allenamento.
"Bene, hai imparato a maneggiare la tua spada, sei entrato in contatto con il suo spirito cominciando a sviluppare le abilità del guerriero Yayoi... Dalla prossima lezione, inizierai la terza fase dell'addestramento" annunciò il Legionario.
"A cosa serve questo nuovo allenamento?" chiese Alessandro.
"Devi sapere che ogni spada, oltre a richiamare le tecniche di combattimento e, l'equipaggiamento di un determinato guerriero, possiede anche un "elemento", cioè un potere che aumenta notevolmente la nostra forza" spiegò Cleta.
"Tipo acqua, aria, terra e così via?" domandò il giovane ragazzo.
"Si ma anche altri tipi di poteri che non hanno a che fare con gli elementi fisici, come quello di Mario, per esempio" rispose l'Amazzone.
"Qual è il tuo potere?" chiese allora incuriosito.
"Non so come spiegarti, ti basta sapere che chi combatte con me, anche se più forte o più numeroso, parte alla pari se non in svantaggio" rispose il Legionario.
"Una sorta di equilibrio... Proprio come l'esercito romano che anche se in minoranza o in condizioni sfavorevoli, riusciva a vincere battaglie all'apparenza impossibili" disse il giovane guerriero.
"Bravo, vedo che hai capito subito" disse Mario.
"Grazie... E il tuo, Cleta?" chiese il protagonista.
"Fulmine e tuono" esclamò la ragazza.
"Wow, addirittura due... dovreste essere davvero forti!" disse Alessandro.
"I poteri c'entrano fino ad un certo punto, sta a noi riuscire a trarre più energia possibile dalle nostre spade" spiegò l'Amazzone.
"Ora pensiamo a sviluppare il tuo di elemento" suggerì il guerriero romano.
"Non vedo l'ora!" esclamò il guerriero Yayoi, ansioso di scoprirlo.
Un Potere Cosmico
Era una calda giornata di agosto e Alessandro si stava recando dal Druido, pronto a iniziare la terza fase dell'addestramento.
Lungo la strada, messaggiava con l'amica Giovanna, rientrata prima dalle vacanze estive.
I due non si vedevano dalla pizzata di fine classe, poiché lei, subito dopo la fine della scuola, era partita per le vacanze assieme ai suoi genitori e alla sorella.
Arrivato da Diviziaco, come da abitudine, prima di entrare nel bosco magico, posò il cellulare su di un tavolino, assieme ad altri oggetti personali.
Il nuovo allenamento stava per incominciare.
"Prima di are alla nuova fase dell'addestramento, dovrai affrontare un combattimento" disse Mario.
"Dovrò combattere contro di voi stavolta?" chiese il protagonista.
"No, sempre con i guerrieri dell'altra volta" rispose l'Amazzone.
"Di nuovo gli stessi guerrieri!?" esclamò il giovane guerriero un po' deluso, perché sperava in una sfida diversa.
"Si ma, questa volta, saranno cinque ed il tasso di difficoltà sarà maggiore" rispose il soldato romano.
"Vedi, i guerrieri che hai affrontato tu, oltre ad esser in numero minore, erano più deboli ma, soprattutto, avevano l'ordine di non ferirti, rendendo vano ogni loro attacco" spiegò Cleta.
"Ecco perché l'altra volta, quando la lama del guerriero mi stava sfiorando, è svanita all'improvviso" disse Alessandro, ripensando al precedente combattimento.
"Esatto, ma questa volta possono ferirti seriamente" disse la ragazza con tono serio.
"Dovrai prestare molta attenzione" aggiunse Mario.
Quest'ultimo poi, fece segno al protagonista di guardarsi alle spalle.
Quando si voltò, vide che dietro di lui c'erano cinque guerrieri.
Il primo era armato con una lunga spada, il secondo con un arco, il terzo con un'ascia, il quarto con due spade e infine, il quinto, con lancia e scudo.
"Forza, richiama l'armatura" lo incitò Cleta ed Alessandro, senza attendere un secondo di più, estrasse la spada ed esclamò: "Armatura".
Di colpo, al posto dei suoi vestiti, comparve la veste giapponese.
Neanche il tempo di studiare i cinque avversari, che il guerriero con una spada gli si scagliò contro.
Il protagonista, con molta calma, parò l'attacco avversario. Un colpo obliquo verso il basso, da destra a sinistra.
Poi, vedendo il guerriero con la lancia e lo scudo che stava per caricare, spinse via con un calcio l'avversario che lo aveva appena attaccato, così da potersi concentrare sull'altro che stava arrivando.
Stavolta però, decise di non attendere l’attacco, ma corse contro il nemico.
“Cosa vuole fare?" si domandò Cleta che assisteva alla battaglia assieme a Mario, seduti sulla solita panchina.
"Ora lo vedremo" rispose il Legionario.
Il guerriero Yayoi deviò con la spada la lancia. Il nemico allora, si preparò a
colpirlo con lo scudo ma, stavolta, il protagonista, saltò sopra lo scudo e, utilizzandolo come un trampolino, superò con un balzo l'avversario.
Un volta atterrato alle spalle del nemico, si voltò di scatto colpendolo alla schiena.
Il lanciere svanì subito dopo.
"Stavolta ci hai davvero stupiti" disse Mario.
"Ottimo lavoro Alessandro" urlò Cleta.
"Grazie" rispose l'allievo con un sorriso.
"Non ti distrarre!" esclamò il Legionario.
Intanto, il guerriero con la spada, si era rialzato e con uno scatto, si riunì con agli altri compagni.
Questa volta, il primo a scagliarsi contro il protagonista fu il guerriero con due spade.
Tra i due, ci fu una serie di botta e risposta.
"Ề molto più veloce e più abile rispetto a quello con cui ho combattuto tempo fa" pensò il guerriero Yayoi mentre combatteva.
All'improvviso, il nemico si chinò e dietro di lui, comparve il guerriero dalla lunga spada.
Quest'ultimo, utilizzando la schiena del compagno chinato come un trampolino, saltò in aria pronto ad attaccare con un fendente Alessandro. Il quale, anche se colto di sorpresa dall'azione combinata, riuscì a parare il forte colpo, tenendo la lama della spada con l'altra mano per aiutarsi.
In quella posizione di stallo, si spinsero via a vicenda.
Subito dopo, i due spadaccini avversari, si avvicinarono pronti per un nuovo attacco.
"Vediamo come se la cava a combattere contro tre spade" disse il Legionario.
"Dovrà esser molto rapido, tentando di anticipare gli attacchi del nemico" commentò Cleta.
"Già, non credo che per lui sia un problema... Ogni spada porta con sé le caratteristiche del guerriero che rappresenta. In questo caso, velocità e tecnica sono il punto forte dell'antenato del Samurai" spiegò Mario.
"Ề per questo motivo che hai scelto questo grado di difficoltà, che normalmente viene usato per guerrieri più esperti?" chiese l'Amazzone.
"Si... Anche per questo" rispose il guerriero romano.
"Fai il duro durante gli allenamenti ma, in fondo, tu credi nelle sue capacità" disse Cleta con un sorriso.
"Mi conosci molto bene" disse Mario sorridendo.
"Si, più di quanto tu possa immaginare" rispose Cleta stringendogli la mano.
I due si guardarono e si sorrisero poi, il Legionario, si voltò e nel guardare l'allievo combattere, cambiò espressione.
"Non deve pensare che tutto questo sia un gioco, conosci benissimo i pericoli che si nascondono dietro questa vita" disse il guerriero.
"Lo so..." esclamò Cleta con lo sguardo perso nel vuoto come a ricordare un evento drammatico.
Eventi che avevano unito i due guerrieri in ato.
"Però, a vederlo, non si direbbe... Cioè, lo so che ride sempre, ma quando combatte è molto determinato!" aggiunse l'Amazzone, mentre fissava il volto del giovane guerriero.
Quest'ultimo, con lo sguardo serio e concentrato, fissava i due avversari in attesa della loro mossa.
Il primo a lanciarglisi contro, fu il guerriero dalla lunga spada, attaccando con un colpo obliquo verso il basso da destra a sinistra.
Alessandro, intercettò prontamente il colpo e contrattaccò subito, ma il suo attacco venne a sua volta parato.
Dopodiché, vedendo che il guerriero con due spade era in procinto di attaccare, spinse via con un calcio il nemico davanti a lui e, con un colpo orizzontale da sinistra verso destra, anticipò l'attacco delle due spade, riuscendo quasi a colpire l'avversario il quale indietreggiò salvandosi.
Il guerriero Yayoi vedendolo in difficoltà con uno scattò tentò di colpirlo nuovamente ma, stavolta, fu lui stesso a doversi difendere, poiché il guerriero con una spada lo riattaccò a sorpresa.
Riuscì a parare il colpo, ma anche l'altro avversario lo attaccò.
Il giovane ragazzo, con rapidi movimenti, teneva testa agli attacchi contemporanei dei due spadaccini, che non gli davano tregua.
"Devo far qualcosa" pensò Alessandro mentre continuava ad indietreggiare.
All'ennesimo colpo obliquo che arrivava alla sua sinistra, dal guerriero con una spada, decise di bloccargli il braccio con la mano sinistra. E così, non appena schivò gli attacchi delle due spade, anticipò l'altro avversario, bloccandogli il braccio con la mano sinistra, poi gli tirò un pugno con la mano con la quale impugnava la spada.
Non era ancora finita.
Mentre il nemico cadeva a terra colpito dal pugno, il giovane guerriero attaccò l'altro con un colpo orizzontale da sinistra verso destra.
L’avversario lo parò con tutte e due le spade, ma la forza dell'attacco fu tale da spezzarne le lame.
"Tattica eccellente" esclamò Cleta.
"Sta incarnando al meglio lo spirito del guerriero Yayoi" commentò Mario.
Rapido il giovane allievo portò indietro la spada, pronto per l'affondo decisivo.
Ma, poco prima di colpire l'avversario, ormai privo di difesa, entrò in scena il guerriero con l'ascia.
Quest'ultimo attaccò con un fendente dall'alto verso il basso.
Accortosi in tempo dell'attacco, Alessandro indietreggiò schivando la lama dell'ascia che si conficcò interamente nel suolo.
"Per un pelo" esclamò il protagonista resosi conto della pericolosità di quell'attacco.
"Oltre ad esser veloce con la spada, è anche rapido nei movimenti" commentò Cleta.
"Già, ma ora combatte contro tre avversari" disse Mario.
Scampato per un soffio all'attacco, il protagonista riprese la posizione di difesa, aspettando la prossima mossa dei guerrieri.
Questi si erano riposizionati pronti a riprendere lo scontro e, le lame spezzate delle due spade, erano ritornate integre.
"Così non vale però..." esclamò sconsolato il guerriero Yayoi.
Neanche il tempo di finire la frase che tutti e tre i guerrieri si scagliarono contro di lui contemporaneamente.
Alessandro schivò col corpo l'attacco con l'ascia che arrivava da sinistra, poi toccò alle due spade da destra.
Deviato il secondo attacco, si spostò per intercettare la lunga spada che arrivava dal centro.
Alessandro parava e schivava i colpi avversari, ma non riusciva a contrattaccare
e, soprattutto, non avrebbe potuto reggere ancora a lungo.
"Mi chiedo se questo livello di difficoltà non sia troppo per lui" disse Cleta, notando che il giovane guerriero cominciava ad accusare stanchezza.
"Abbiamo poco tempo per un addestramento base e l'unico modo per aiutarlo a conoscere il suo elemento è di metterlo sotto pressione... dobbiamo aver fiducia in lui" spiegò Mario.
Mentre i due maestri parlavano, il protagonista cominciava a indietreggiare, non riuscendo più a respingere tutti gli attacchi nemici.
ò poco tempo che venne scaraventato a terra dal guerriero con l'ascia, il quale utilizzò il manico della sua arma per colpirlo duramente.
Per fortuna, poco prima di esser colpito, il guerriero Yayoi, esclamò: "Corazza".
E subito dopo, sopra la sua veste comparve una armatura di cuoio, che coprendo il suo torace, attutì l'urto dell'attacco: era una nuova mossa che aveva imparato durante l'allenamento di meditazione.
"Appena in tempo" esclamò Cleta.
"Non sarà l'armatura completa ma ha minimizzato i danni" disse Mario.
Nel frattempo, Alessandro si era rialzato mostrando una corazza seriamente danneggiata, ma la cosa che incuriosì i due maestri, fu l'occhio sinistro del giovane allievo che era visibilmente arrossato.
"Sbaglio o la sua espressione è cambiata ulteriormente... Non è quella solita, seria e determinata che abbiamo visto durante gli allenamenti. Sembra molto più..." disse l'Amazzone senza finire la frase.
"… Spietata!?" esclamò il guerriero romano.
"… Non so ma è come se non avesse paura..." disse Cleta.
Intanto, il protagonista, invece di aspettare la mossa avversaria, attaccò per primo i tre guerrieri di fronte a lui, impugnando la spada con tutte e due le mani.
In un primo momento, puntò il nemico posto alla sua destra, quello con due spade ma, all'ultimo, cambiò direzione, attaccando a sorpresa il guerriero con una spada che stava al centro.
Il suo colpo obliquo verso l'alto da destra a sinistra, pur essendo rapido ed inaspettato, venne comunque parato dall'avversario.
Rapido, sferrò allora un secondo attacco, orizzontale da sinistra verso destra.
Stavolta, il nemico non poté nulla contro la velocità del giovane guerriero.
Colpito, svanì subito dopo.
"A volte, la miglior difesa è l'attacco!" esclamò l'Amazzone.
"Vediamo che fa ora" disse Mario.
Alessandro, dopo aver eliminato il secondo avversario, si voltò di scatto a sinistra, verso il guerriero con l'ascia che lo stava per attaccare con un colpo obliquo verso il basso, da destra a sinistra.
Il protagonista, anticipando la mossa nemica, riuscì a tagliare il manico dell'ascia che cadde infilzandosi al suolo.
Colpì il nemico, ormai disarmato, con un calcio facendolo cadere a terra.
Purtroppo però, non era ancora finita.
Senza perder tempo, si girò su se stesso per intercettare le due spade dell'altro avversario che lo stava per attaccare con il solito colpo a forbice.
Con due movimenti rapidi e forti, deviò prima la spada che arrivava da destra,
spezzandola ancora una volta e poi quella che arrivava da sinistra, che subì la stessa fine
dell'altra.
Disarmato questo nemico, si preparò per l'affondo decisivo ma, poco prima di mettere a segno il colpo, si voltò di scatto, tagliando, con la spada, una freccia che stava per colpirlo.
"Fantastico, ha percepito l'arrivo di una freccia ed è riuscito a deviarla con il solo utilizzo della spada!" esclamò meravigliata Cleta.
"Senza usare lo scudo o particolati armature pesanti, i guerrieri Yayoi si affidavano ai loro riflessi e ai loro sensi, sia in fase di attacco che di difesa e, sia con la spada che con il combattimento corpo a corpo. Ề una caratteristica di molti guerrieri asiatici e lui ci sta dando una dimostrazione di quanto fossero abili e concentrati in battaglia" spiegò il Legionario, sorpreso dalla velocità di apprendimento del giovane allievo, ma non dal suo modo di combattere.
Alessandro, dopo aver neutralizzato la freccia, spinse via con un calcio il guerriero con due spade, così da potersi concentrare sull'arciere, che era nascosto su un albero del boschetto situato li vicino.
"Devo sconfiggere prima l'arciere, non posso combattere contro gli altri due, mentre mi lancia frecce... Se solo sapessi dove si nasconde" pensò Alessandro mentre fissava il boschetto da dove era arrivata la freccia, in cerca del nemico.
Neanche il tempo di guardarsi attorno che dovette fronteggiare una serie di frecce scoccate in rapida sequenza.
Le prime frecce furono facilmente deviate e spezzate con la spada ma poi, all'aumentare del rateo di tiri, il protagonista, che cominciava anche a esser molto stanco, iniziò a mancarle.
E così, una gli si conficcò nella corazza, per fortuna senza ferirlo, ma la successiva lo ferì di striscio al braccio sinistro e un'altra ancora lo colpì al petto, penetrando l'armatura e la pelle.
Proprio dopo che fu colpito, dalla spada cominciò ad fuoriuscire un'energia di colore bianco-verde e il primo rombo dei sette che componevano il disegno sulla lama si illuminò di un verde .
Lentamente, l'aura fuoriuscita dall'arma avvolse l'intero corpo del guerriero Yayoi.
Quest'ultimo, a quel punto, urlò: "Ora basta!".
Poi, muovendo la spada come se dovesse colpire qualcuno, esclamò: "Taglio Cosmico!".
Dalla lama della sua arma, uscì un fascio di energia orizzontale di colore bianco, che raggiunse il boschetto distruggendo tutti gli alberi e anche l'arciere nemico.
Terminato l'attacco, Alessandro si chinò su un ginocchio ansimando vistosamente.
Era al limite ormai.
La corazza svanì assieme alle frecce.
"Ce l'ha fatta!" esclamò contenta l'Amazzone.
"Già, ma la battaglia non è ancora finita" disse Mario, smorzando l'entusiasmo di Cleta.
Infatti, i due guerrieri rimasti, tornati in possesso delle loro armi, approfittando della vulnerabilità del protagonista, si scagliarono contro di lui contemporaneamente.
Il guerriero con due spade da destra e il guerriero con l'ascia da sinistra.
"Attento" urlò Cleta cercando di far rialzare il protagonista.
Egli non diede segni di reazione.
Proprio quando gli avversari erano ad un o dal colpirlo però, si alzò di
scatto, infilzando con la spada il guerriero che arrivava da destra e, nel medesimo istante, bloccò l'ascia con solo la mano sinistra.
La sua mano era avvolta da un alone di energia nera.
"Cos'è quell'energia?" esclamò sbalordita Cleta.
"Forse è il potere di cui parlava Diviziaco" disse Mario.
Stretta nella mano, la lama dell'ascia si spezzò e poi, sfilando la spada conficcata nell'altro avversario che svanì, trafisse l'ultimo nemico.
Subito dopo, Alessandro, cadde a terra completamente sfinito.
Mentre cadeva, la veste e la corazza svanirono assieme alle frecce.
I maestri allora, accorsero per aiutarlo, ma quando videro il volto del giovane allievo, rimasero senza parole.
La pupilla dell'occhio sinistro era dilatata tanto che l'iride si vedeva poco e la sclera, ovvero la parte bianca, era piena di vene.
Notando la strana espressione dei due, Alessandro, preoccupato, esclamò: "Perché mi guardate così!?... Non ditemi che non ho ato l'esame!".
"Certo che l’hai ato" rispose Cleta con un sorriso, facendo finta di nulla.
"Hai pure scoperto il tuo potere... Bravo!" aggiunse Mario.
Nel frattempo, l'occhio cominciò a tornare normale.
"Forza, andiamo a curare le ferite" disse l'Amazzone, mentre, insieme al Legionario, lo aiutava ad alzarsi.
"Ma, come mai è scomparsa la veste giapponese, senza che io lo volessi?!" chiese Alessandro, notando che era tornato con i suoi vestiti quotidiani.
"Perché eri privo di forze. Quando cominci ad esser stanco o a star male perché ferito, il legame con la spada si fa più debole, come l'energia che assorbi dall'arma" spiegò Mario.
"Quindi l'armatura può indebolirsi e gli attacchi calare di potenza" aggiunse la guerriera.
"Ho esaurito l'energia giusto in tempo" disse il protagonista sorridendo, ignaro che un altro tipo di potere l’aveva salvato.
I tre, poi, uscirono dal bosco e ritornarono nello studio dove stava Diviziaco.
La Prima Missione
Il Druido notò subito le ferite di Alessandro.
"Vedo che ti hanno conciato per le feste" disse sarcasticamente.
"Abbastanza, ma ce l'ho fatta" rispose il ragazzo con un sorriso.
"Lo so bene, ora siediti" disse Diviziaco che poi, aggiunse: "Cleta, vai a prendere la cassetta del pronto soccorso".
"Subito" rispose andando a prenderla.
"Come fai a sapere che ce l'ho fatta?" chiese perplesso Alessandro.
"Ề il mondo che ho creato io e perciò posso vedere e percepire tutto quello che vi accade" rispose, avvicinandosi al ragazzo ferito.
"Quindi avrai visto il colpo che ho lanciato e come ho fermato l'ascia avversaria" disse il protagonista che poi, guardandosi la mano sinistra, aggiunse: "Anche se non sembrava derivare dalla spada quell'energia".
"Di quel potere ne parleremo un altro giorno, ora devi sviluppare quello della tua spada, l'Energia Cosmica" disse il vecchio ponendo le mani sulle sue ferite e chiudendo gli occhi.
"Energia Cosmica?!" esclamò il guerriero Yayoi confuso.
"Esatto, è il potere della tua arma, molto forte ma difficile da controllare... Dovrai impegnarti molto" spiegò Diviziaco, mentre curava le ferite. Queste, dopo un po', smisero di sanguinare.
Cleta cominciò a fasciarle con le garze
"Grazie, ora va meglio" disse il giovane guerriero.
"Non sono bravo come uno sciamano, ma me la cavo bene con le ferite leggere" disse il Druido che poi aggiunse: "Ah, dimenticavo... Controlla il telefono, poco prima che finissi l'allenamento ha squillato parecchie volte".
Curioso, andò subito a guardare il cellulare scoprendo di aver ricevuto molti messaggi dall'amica Giovanna.
"Qualche brutta notizia?" chiese l'Amazzone notando che aveva cambiato espressione.
"No, cioè... Ề la mia amica che dice che sente di nuovo dei rumori in mansarda e
sembra molto spaventata da quello che ha scritto" rispose Alessandro apparendo molto preoccupato.
"Saranno dei colombi entrati dalla finestra" disse Mario.
"Non credo" disse il giovane guerriero che poi, dopo aver fissato i presenti per un istante, cominciò a raccontare cosa era accaduto tempo fa nella mansarda.
"... Potrete non credermi ma so cosa ho visto" concluse il racconto.
"Con quello che abbiamo visto noi, questo è il meno" esclamò il Legionario.
"Infatti, ti crediamo... Comunque, potrebbe essere uno spirito o, nel peggior dei casi, un demone, ma deve esser attratto da qualcosa" disse il vecchio.
"Tipo?" chiese il ragazzo.
"Per esempio un incantesimo o un simbolo" rispose.
"Ora che ci penso, sul manichino che ho buttato, c'era un simbolo" disse il protagonista.
"Un manichino, un simbolo e un demone... Potrebbe esser la Setta dei Rinati?!"
disse Cleta.
"Impossibile, ancora loro!" esclamò Mario infastidito dalla notizia.
"Non mi meraviglierei se lo fosse" disse il Mastro Spadaro, alzandosi e andando a prendere un libro dalla vasta libreria.
"Setta dei Rinati?!" esclamò il protagonista.
"Si, hanno l'abilità di evocare entità dentro dei corpi inanimati e quindi controllarli completamente. Si chiama arte ermetica ed è una tecnica molto antica ha le sue radici ai tempi delle piramidi e la nascita della setta risalirebbe al periodo di Alessandro Magno...” spiegò tornando con il libro che poi, porse al protagonista aggiungendo: “Ora, guarda se riesci a riconoscere qui quel simbolo".
Dopo aver sfogliato qualche pagina, esclamò: "Ề questo qui, sono sicuro!"
"La tua amica è in pericolo!" esclamò il Druido divenuto tutto a un tratto serio.
Proprio in quell'istante squillò il cellulare. Era Giovanna.
"Pronto Gio..." rispose immediatamente l'amico.
"Aiuto Ale, c'è qualcuno in casa, mi sono chiusa in camera ma sta cercando di entrare... Ho paura..." disse l'amica prima che cadesse la linea.
"Dobbiamo andare subito da lei!" esclamò preoccupato Alessandro.
A quel punto Diviziaco, chiuse gli occhi e nella sua mente disse: "Ninja, raggiungi la casa dell'amica".
"Diviziaco?!" esclamò il protagonista vedendolo con gli occhi chiusi.
"Bene!" esclamò il vecchio riaprendo gli occhi poi, subito dopo, aggiunse: "Faremo così... Tu e Cleta vi recherete a casa della tua amica, io resterò qui e vi raggiungerò appena possibile ".
"Va bene, andiamo, Cleta, non abbiamo un minuto da perdere!" esclamò Alessandro dirigendosi verso la porta assieme a lei.
"Tieni molto alla tua amica?" chiese l'Amazzone mentre si recavano dalla compagna di classe.
"Si, sennò non sarei degno di esser chiamato amico... Bisogna sempre proteggere le persone vicine, parenti e familiari" rispose il protagonista.
"E se dovesse capitare il peggio ad una di queste persone vicine?" chiese ancora una volta la ragazza.
"Sprofonderei nello sconforto... Ma, una cosa è certa, farei di tutto per impedirlo e, se fallissi, cercherei di diventare più forte!" rispose il ragazzo Yayoi.
"Ti stai già allenando molto" disse Cleta.
"Si, lo so e continuerò, ma la forza che sto sviluppando con l’allenamento serve per sconfiggere i cattivi, mentre la forza di cui parlo io è quella che ti danno le persone che ti stanno vicino, che ti dà una canzone o che ti trasmette la terra con un tramonto o un paesaggio mozzafiato... Quella forza che ti fà sperare, che ti fà rialzare e ricordare il ato con un sorriso, la forza che potrebbe cambiare le persone... La consapevolezza di poter ancora sorprendere se stessi dopo tutto!" rispose il protagonista.
Cleta fissava meravigliata il giovane guerriero.
"Forza, manca poco!" esclamò Alessandro ansioso di salvare l'amica.
"Ok!" rispose Cleta con un sorriso.
Arrivati a casa dell'amica, i due guerrieri trovarono la porta socchiusa.
Entrati, videro Marta, la sorella di Giovanna, che stava piangendo seduta per terra in mezzo alla stanza che sembrava un campo di battaglia.
"Ehi Marta! Cosa è successo?" chiese il protagonista.
"L'hanno portata via... Hanno preso mia sorella" disse la ragazza singhiozzando.
"Chi l'ha portata via?" chiese Alessandro aiutandola ad alzarsi.
"Ho visto il manichino che c'era su in mansarda... ma non riesco a capire come sia successo" rispose mentre si sedeva sul divano, aiutata dall'amico.
"Devo chiamare la polizia?" chiese poi, ancora scossa.
"Non c'è bisogno... Anche perché non possiamo dire che l'ha portata via un manichino ma, non preoccuparti, noi siamo venuti qui apposta per salvarla" rispose il guerriero Yayoi.
Quelle parole, rassicurarono e calmarono un po' Marta, la quale poi, riferendosi a Cleta, chiese: "Ma lei chi è?".
"Ề una cara amica, mi aiuterà a salvare tua sorella... Fidati di me" rispose con un sorriso.
"Io sono Cleta" si presentò l'Amazzone, sedendosi poi vicino alla ragazza, e porgendole un fazzoletto.
"Grazie... Io mi chiamo Marta" rispose asciugandosi le lacrime.
"Marta, non preoccuparti, non permetterò che accada nulla a tua sorella" disse Cleta per tranquillizzare la ragazza.
"Cleta, Alessandro"....
"Chi ha parlato?" esclamò il protagonista sentendo una voce come se qualcuno gli parlasse nell'orecchio.
"Sono io, Diviziaco, vi sto parlando telepaticamente... Te l'avevo detto che i braccialetti sarebbero serviti a tenerci in contatto..." spiegò il Druido.
"Già, ricordo!" disse Alessandro guardandosi il braccialetto al polso.
".... Abbiamo localizzato la tua amica, a breve mi teletrasporterò da voi" disse il vecchio.
"Sai anche teletrasportarti?" esclamò il giovane guerriero, ancora una volta sorpreso dalle tante abilità del Druido.
"Certo, il braccialetto serve anche a raggiungervi e comunque, puoi rispondere parlando nella mente" disse il vecchio che apparve dietro al giovane guerriero in carne e ossa, facendolo voltare di scatto.
"Mi hai fatto quasi prendere un colpo!" esclamò.
"Ma come ha fatto?" disse Marta che aveva assistito alla scena.
"Ti spiegherò tutto dopo aver salvato tua sorella" rispose Alessandro.
Il Druido poi si avvicinò a Marta.
"Io sono Diviziaco, tua sorella presto ritornerà a casa... Lo so, ti sembrerà tutto molto strano, ma ogni cosa tornerà come prima. Tua sorella è in buone mani!" disse poggiandogli una mano sulla testa e infondendo la sua calma alla ragazzina.
"Grazie... Salvatela vi prego" rispose.
"Bene, tenetevi pronti... Ora ci teletrasporteremo nel luogo dove tengono Giovanna" disse il Druido.
"Tu resta qua Marta, torneremo presto" disse Alessandro che poi, scherzando e con il suo solito sorriso, aggiunse: "Magari nell'attesa metti a posto sta’ camera, è un disastro".
"Ma ti sembra il caso?" esclamò Diviziaco, riferendosi al fatto che non era il
momento giusto per far battute.
"Ridere aiuta... Guarda" disse il giovane guerriero.
Il Druido si voltò e vide Marta ridere e anche Cleta accennava a un sorriso.
"Forza, andiamo!" esclamò il protagonista tornando serio.
"Mettetemi una mano sulla spalla" disse Diviziaco.
I due, eseguirono e, di colpo, scomparvero davanti agli occhi increduli di Marta per poi comparire in una strada sterrata in mezzo a un bosco.
"Dove siamo?" chiese il protagonista guardandosi attorno.
"In un bosco vicino a Chivasso..." rispose il Druido che poi, aggiunse: "... Poco più avanti c’è un edificio abbandonato, li dovrebbe trovarsi la tua amica e il manichino che sicuramente non sarà solo!".
"Sono forti questi manichini posseduti?" chiese Alessandro.
"Dipende dal demone richiamato. Il più comune è quello che hai visto. Ề di primo livello, poco abile nel combattimento, ma pericoloso se sono numerosi
poi, c'è il secondo, più grande rispetto all'altro manichino, molto resistente e forte, infine, vi è il terzo, abile nel combattere e veloce... Secondo e terzo sono sullo stesso piano di pericolosità. Infine, il quarto che è già più raro, può utilizzare poteri demoniaci... Ci sarebbero altri gradi per classificare i demoni, ma non è il momento adatto per affrontare questo tipo di discorso e poi è quasi impossibile che un evocatore riesca a sigillarli e controllarli dal quarto livello in poi" spiegò.
"Cosa bisogna fare per ucciderli?" chiesa ancora.
"Devi decapitarli oppure infilzare o distruggere il simbolo così da spezzare il legame tra demone e corpo" rispose Diviziaco.
Intanto, seguendo le tracce del furgone con il quale era stata trasportata l'amica, arrivarono all'edificio.
Nascosti dietro a dei cespugli, studiarono un piano per salvare la ragazza.
"Che facciamo ora?" domandò a bassa voce il protagonista.
"Dobbiamo, agire con cautela, se ci scoprono potrebbero far del male alla tua amica" spiegò il vecchio.
"Potremmo, creare un diversivo" propose l'Amazzone.
"Spiegati meglio" disse Alessandro ansioso di salvare Giovanna.
"Maestro, se riesci a individuare l'esatta posizione della ragazza, uno di noi, farà da esca attirando dalla parte opposta i nemici, così da dare il tempo agli altri di liberarla e portarla in salvo" spiegò Cleta.
"Ottima idea!" esclamò il maestro.
"Io faccio da esca!" esclamò il guerriero Yayoi.
"No, tu dovrai proteggere Diviziaco e la tua amica che una volta liberata, avrà bisogno di veder un volto amico per tranquillizzarsi... Farò io da esca" disse l'autrice del piano.
"E poi sei ancora acciaccato per l'allenamento" aggiunse il Druido.
"Avete ragione" mormorò Ale rammaricato.
"Bene, cominciamo" esclamò il vecchio che poi, incrociò le mani e chiuse gli occhi.
Dopo qualche secondo, li riaprì.
"Trovata... è chiusa da sola in una stanza, sul lato destro dell'edificio, ma c’è una brutta notizia... ho contato nove manichini" disse il Druido.
"Cercherò di attirarne il più possibile" disse l'allieva.
"Quando saremo in posizione, ti avvertirò telepaticamente" rispose il maestro.
"Buona fortuna" disse il giovane guerriero con un sorriso.
"Anche a te" rispose con un sorriso l'Amazzone poco prima di allontanarsi.
Una volta arrivati vicini alla finestra della stanza dove era rinchiusa l'amica, Diviziaco avvertì telepaticamente Cleta.
Quest'ultima, ricevuto il messaggio, uscì allo scoperto.
"C'è nessuno?... Ho bisogno di aiuto..." urlò.
Non ricevendo alcuna risposta, urlò nuovamente: "So che c'è qualcuno... Per favore aiutatemi... Mi sono persa".
Finalmente i nemici abboccarono, uscendo dall'edificio.
"Solo sette... Vabbè, sono sicura che Alessandro riuscirà a sconfiggere gli altri due" pensò Cleta, mentre i nemici cominciarono ad avvicinarsi a lei.
Tra di loro, ce n'era uno molto più grande rispetto agli altri e, proprio da lui uscì una voce incorporea che disse: "Non avresti dovuto chiedere aiuto... Catturatela!".
Le braccia dei manichini si trasformarono in lame e l’espressione dipinta sul loro volto divenne alquanto maligna, dopodiché attaccarono tutti insieme.
Cleta, senza scomporsi, estrasse la sua possente ascia senza richiamare l'armatura.
"Fulmine ascendente!" esclamò infilzando la lama dell'ascia al suolo.
Da quest'ultimo poi, emersero dei fulmini che folgorarono all'istante i sei avversari.
Poi, alzò lo sguardo in cerca dell'ultimo nemico, che però riuscì a scappare.
Nel frattempo, Alessandro, dopo aver tagliato le sbarre della finestra con la spada, entrò assieme al Druido nella stanza dove era prigioniera Giovanna.
Quest'ultima, era rannicchiata in un angolo, con le mani legate e un bavaglio in bocca.
"Giò, sono io" disse a bassa voce, togliendogli il bavaglio.
"Ale, ma come hai fatto a trovarmi? Chi sono quelli?" disse l'amica che appariva confusa e spaventata.
"Tranquilla, ora ce ne andiamo" rispose il compagno di classe.
Proprio in quel momento, la porta della grande stanza si aprì e apparvero due manichini.
Uno grande e uno normale.
"Chi siete voi?" esclamò con la solita voce incorporea il manichino più grande.
"Diviziaco, libera Giovanna... A loro penso io" disse Alessandro estraendo la spada e richiamando l'armatura.
"Va bene" disse il Druido cominciando a slegare l'amica, che guardò incredula l'amico trasformarsi in un guerriero giapponese.
Quest'ultimo, intanto, era già alle prese col manichino che aveva sfoderato le lame e si stava preparando ad attaccare.
Rapido, schivò l'attacco per poi decapitare l'avversario in un solo colpo.
Poi, puntò la spada contro il manichino rimasto, che aveva provato a scattare in direzione dell'amica, ormai libera.
"Portala fuori, vi raggiungo dopo" disse il giovane guerriero.
"Va bene, ricorda che è un demone di secondo livello" rispose Diviziaco prima di andar via con Giovanna la quale, esclamò: "Fai attenzione".
L'amico le sorrise, poi si voltò pronto ad affrontare l'ultimo nemico.
Quest'ultimo non rimase a guardare e attaccò subito con una serie di pugni.
Un pugno, dopo una decina di colpi schivati con rapidi movimenti, andò a impattare contro un pilastro, danneggiandolo.
Alessandro comprendendo quanto fossero pericolosi quei pugni, si preparò a contrattaccare ma, proprio in quell'istante, il manichino scampato a Cleta entrò nella stanza, abbattendo il muro vicino a lui.
Ale venne così travolto da una moltitudine di detriti e i due avversari, approfittando della situazione, lo caricarono scaraventandolo a terra.
Rialzatosi, oltre ai dolori per la botta appena subita, cominciò a sentire la stanchezza dell'allenamento, ma non poteva sottrarsi allo scontro.
Nel frattempo, Cleta incontrò il Druido mentre questi stava portando al sicuro Giovanna.
"Dov'è Alessandro?" chiese la guerriera.
"Ề dentro, è alla prese con un secondo livello, va ad aiutarlo" rispose.
L'Amazzone, senza perder tempo corse dal protagonista.
Proprio in quel momento, Diviziaco vide in mezzo alla boscaglia un uomo incappucciato che svanì subito dopo.
Intanto, il guerriero Yayoi, anche se era riuscito a tagliare un braccio a tutte e due i nemici, si trovava in difficoltà e così, decise di riprodurre il colpo scoperto durante l'allenamento.
Purtroppo, nel momento di lanciarlo, l'energia accumulata svanì.
Era troppo debole per sostenere l'attacco.
I nemici allora, si scagliarono contro di lui, pronti a colpirlo con tutta la loro forza, ma proprio in quel momento, comparve Cleta.
"Scarica Fulminea" esclamò l'Amazzone e, dalla lama, uscì una scarica di fulmine che bruciò all'istante entrambi i manichini.
"Appena in tempo... Grazie" esclamò sfinito Alessandro accennando un sorriso.
Salvata Giovanna e sconfitti i nemici, tornarono a casa da Marta.
Quest'ultima, appena vide la sorella, l'abbracciò scoppiando in lacrime.
"Ottimo lavoro Alessandro, la tua prima missione è andata a buon fine" disse il Druido.
"Grazie Ale e grazie anche a voi..." disse Giovanna che poi, rivolgendosi al giovane guerriero, aggiunse: "... E grazie anche alla tua spada magica".
"Quale spada!?" esclamò Marta.
"Quella che ha addosso" le rispose la sorella.
"Ma io non vedo niente" disse confusa Marta guardando Alessandro.
"Giò, vedi la mia spada?" chiese stupito il protagonista.
"Si certo, perché?" disse perplessa l'amica.
"Perché allora hai un energia spirituale più marcata rispetto alla maggior parte delle persone..." spiegò Cleta.
"Si, lo so... Fin da bambina percepivo e sentivo cose, ma che c'entra col vedere una spada?" disse Giovanna.
"Questo te lo spiegherà Alessandro... Scommetto che avrete molte cose di cui parlare" disse il vecchio.
Dopo i saluti, Cleta e Diviziaco svanirono, ritornando a casa dove li attendevano Mario e il misterioso guerriero Ninja.
Mentre Alessandro spiegava alle due sorelle cosa gli era accaduto dalla fine della scuola a quel giorno, il Druido e gli altri guerrieri cominciarono a discutere del suo allenamento.
"Allora, com'è andato l'addestramento oggi?" chiese il Druido.
"Bene, metterlo sotto pressione ha dato i suoi frutti ma ha risvegliato qualcos'altro in lui" rispose il Legionario.
"Lo so, ho percepito quell'energia oscura, ma ditemi, avete notato qualche mutamento in lui?" chiese il mastro spadaro di Cleta.
"Caratterialmente no, sembrava se stesso, ma il suo occhio sinistro era rosso e la pupilla estremamente dilatata" rispose il guerriero.
"Abbiamo anche notato che il suo modo di combattere era molto più istintivo del
solito" aggiunse l'Amazzone.
"Bene, non è consapevole di ciò che gli succede e, per fortuna, non ha ancora perso il controllo ma chissà quanto durerà... Nei prossimi allenamenti continuate ad alternare la meditazione ai combattimenti e, se dovesse chiedervi dell'altro potere, rispondetegli che deve prima controllare quello cosmico" disse Diviziaco visibilmente preoccupato.
"E per quanto riguarda la Setta dei Rinati?" domandò Mario chiaramente turbato
dall'argomento.
"Sicuramente la persona incappucciata nel bosco era colui che comandava i manichini ma perché rapire una ragazza!?... Mi chiedo quale fosse il suo scopo... Comunque, molto probabilmente ci riproveranno con altre ragazze, occhi aperti!" disse il vecchio.
"Certo, faremo del nostro meglio" esclamò Cleta.
"Questa volta li sconfiggeremo definitivamente!" disse Mario.
"Bene, io cercherò di capire a cosa mira la Setta" disse il Druido che poi, rivolgendosi al guerriero Ninja aggiunse: "Grazie per aver localizzato Giovanna, ora puoi tornare a occuparti di Alessandro".
Il guerriero annuì e svanì di colpo.
Un Nuovo Alleato
L'estate era ormai giunta al termine ed un altro anno scolastico stava per avere inizio.
Dopo aver ato le vacanze ad allenarsi duramente, per Alessandro, era arrivato il momento di affrontare il primo giorno di scuola.
Come al solito, il protagonista era di corsa e lottava contro il tempo per non arrivare in classe in ritardo.
A peggiorare la situazione, vi erano i soliti bulli ad attenderlo lungo la strada: il Capo del gruppetto assieme al suo fedele amico con gli occhiali e ai tre bulli più giovani.
Due erano appoggiati su di una macchina parcheggiata vicino al marciapiede e i restanti tre, su di una recinzione.
"Che bell'inizio di scuola" pensò Alessandro sarcasticamente.
"Ci si rivede" disse il Capo staccandosi dalla recinzione a cui era appoggiato e bloccando la strada al protagonista.
"Già!" esclamò il giovane guerriero sorridendo e provando a proseguire.
Un bullo appoggiato sulla macchina e un altro alla recinzione, si alzarono chiudendogli completamente il aggio.
"Stavolta nè il tuo amico nè il negoziante cinese ti salveranno" disse ridendo il bullo con gli occhiali.
"Tra l'altro abbiamo saputo che è morto, quel vecchio ficcanaso!" sottolineò il capo dei bulli, facendo arrabbiare il protagonista.
Quest'ultimo, stringendo il pugno, disse: "Non era un cinese ma un giapponese e voi, non avete nessun diritto ad offendere una persona che neanche conoscevate e che ora non c’è più!"
La risposta secca e decisa spiazzò i cinque malintenzionati i quali, per un istante, rimasero in silenzio non trovando le parole per ribattere.
Sembrava che la frase di Ale avesse fatto breccia su qualcuno dei presenti, soprattutto i più giovani, alimentando in loro il pensiero che ciò che stavano facendo fosse sbagliato.
Purtroppo però, l'effetto durò poco.
"Circondatelo" comandò il Capo, riportando i ragazzi sulla cattiva strada.
I due bulli ancora appoggiati, si spostarono dietro il protagonista, chiudendogli così ogni possibile via di fuga.
"Si mette male" pensò Alessandro, rimanendo sempre calmo.
A destra una recinzione, davanti due bulli, a sinistra una macchina parcheggiata e un bullo e, infine altri due bulli dietro.
Era in trappola.
"Prendetelo" urlò il capo ai quattro, che cominciarono ad avvicinarsi.
"Lasciatemi are" disse Alessandro tenendo d'occhio i loro movimenti.
"Cominci ad aver paura, eh!" esclamò il Capo.
Proprio in quell'istante, il bullo posizionato di fronte a lui, alla sua destra gli si scagliò contro.
Rapido, schivò il pugno per poi spingerlo via, rinunciando a colpirlo.
"Non voglio combattere, lasciatemi stare... Federico, digli di smettere" esclamò il giovane guerriero dopo aver spinto via il bullo.
"Ammettilo che te la stai facendo addosso" disse ridendo il Capo che poi aggiunse: "Forza, che aspettate a prenderlo!".
Così, un altro bullo, stavolta quello posto alle sue spalle a sinistra, tentò di colpirlo di sorpresa.
Il protagonista, intuendo l'attacco, gli sferrò una gomitata allo stomaco.
Non ebbe neanche il tempo di ritrarre il braccio che venne attaccato dal bullo con gli occhiali che stava vicino alla macchina.
Alessandro, anticipando il movimento del nemico, era pronto ad attaccare con un destro ma, nel momento di sferrarlo, il braccio gli venne bloccato dall'altro bullo posto alle sue spalle.
Quest'ultimo, oltre a bloccarlo, lo colpì con un pugno sul fianco.
Nel frattempo, incassato il colpo, riuscì a bloccare il pugno del bullo con gli occhiali e con un calcio, lo spinse via.
Poi, carico di rabbia per il pugno appena ricevuto, mosse di scatto il braccio bloccato, liberandosi dalla presa e, con lo stesso braccio, tirò una gomitata al
bullo che lo teneva.
Colpito al volto, cadde a terra poi, portò le mani davanti al naso che aveva cominciato a perdere sangue.
Vedendo il bullo lamentarsi dal dolore, Alessandro si voltò verso di lui e, preoccupato, chiese: "Ti ho fatto male?".
Purtroppo, mentre era occupato a sincerarsi delle condizioni del ragazzo appena colpito, uno dei suoi compagni lo aggredì alle spalle bloccandolo.
"Lasciami" esclamò Ale cercando di liberarsi, ma senza riuscirci.
E così, approfittando della situazione, il Capo si precipitò contro di lui sferrandogli due pugni allo stomaco.
Il giovane guerriero, dolorante, venne poi spinto contro la recinzione.
"Tenetelo fermo" ordinò Federico.
Così, tutti i bulli, tranne quello ferito che si era seduto a terra con la schiena poggiata sul muretto che sosteneva la recinzione, gli si gettarono contro.
Alessandro, ancora dolorante, non riuscì a reagire e venne facilmente bloccato dai due bulli più giovani che gli tenevano le braccia ferme contro la recinzione.
"Aiutatemi" disse il ragazzino ferito al naso.
"Ti sei fatto colpire, non meriti nessun aiuto" rispose il bullo con gli occhiali.
"Sei solo un debole!" esclamò il Capo.
"Oltre ad attaccare in cinque una persona sola, abbandonate pure uno dei vostri... Vi credete dei duri ma siete solo dei poveretti senza coscienza" disse Alessandro.
A quel punto, la situazione divenne critica.
"Vediamo se hai ancora voglia di parlare" disse Federico estraendo un coltello.
"Ma cos'hai intenzione di fare?" chiese uno dei bulli che teneva il protagonista.
"Avevi detto che dovevamo solo spaventarlo" disse l'altro bullo.
"State zitti e tenetelo fermo!" ribadì il Capo con un'occhiataccia.
"Fate cosa vi dice sennò ce n’è anche per voi" sottolineò il bullo con gli occhiali.
"Mi tocca estrarre la spada sennò qui finisce male per me..." pensò il guerriero Yayoi mentre cercava di muovere il braccio per arrivare al manico.
"Devi star fermo" urlò il Capo tirandogli un pugno allo stomaco.
A quel punto, il battito del cuore cominciò ad aumentare, qualcosa nel protagonista stava cambiando.
Poi, ormai fuori controllo, il bullo gli puntò il coltello alla gola.
A quel gesto, il suo occhio sinistro cominciò ad arrossarsi con le vene in rilievo come era già successo in allenamento.
Anche l'espressione del suo volto era cambiata, diventando rabbiosa. Ma, proprio quando sembrava che stesse per succedere qualcosa, il rumore di una moto che inchiodava di colpo richiamò l'attenzione di tutti i presenti.
Il motociclista sconosciuto si fermò, tornò indietro e, dopo esser salito sul marciapiede, cominciò a far andare la moto su di giri.
"E ora che vuole questo!?" esclamò furioso il Capo.
"E se fosse un poliziotto?" disse uno dei bulli più giovani, gettando panico tra i presenti, che continuavano a fissare il misterioso motociclista.
Quest'ultimo accelerò di colpo, puntando i bulli.
Alessandro approfittando del fatto che i bulli erano distratti e che chi lo teneva aveva alleggerito la presa, riuscì a liberarsi.
Una volta libero, si gettò contro il Capo assestandogli un pugno allo stomaco.
Quello, colpito, si chinò su se stesso dal dolore.
"Alzati, la moto ci viene addosso" disse il bullo con gli occhiali, aiutando Federico ad alzarsi.
I due poi, fuggirono via di corsa dal marciapiede.
Presi dal panico, anche gli altri aggressori cominciarono a disperdersi.
Il bullo ferito, vedendo tutti scappare, si alzò di scatto in preda al panico, ma non si accorse della moto che stava arrivando.
Per fortuna, Alessandro, lo afferrò dalla spalla tirandolo indietro e salvandolo
dallo scontro.
Il motociclista poi, si fermò poco più avanti.
"Sali" esclamò ad Alessandro alzandosi la visiera nera del casco.
"Ok!" rispose il giovane guerriero.
Prima di andare via però, prese un pacchetto di fazzoletti e una bottiglietta d'acqua dallo zaino e, porgendoli al bullo ferito disse: "Pulisciti dal sangue e tieni la testa in avanti, dovrebbe smetter di sanguinare... E scusami, ma non mi hai lasciato altra scelta. Ciao".
"Lui sta con te?" chiese il motociclista mentre il protagonista saliva in sella.
"No, spetta a lui decidere con chi stare" rispose.
Il bullo, rimasto senza parole, guardando la moto andare via, esclamò: "Grazie".
Scampati dal pericolo i due accostarono e scesero dalla moto di colore rosso.
Il motociclista si tolse subito il casco.
Aveva capelli corti neri pettinati col gel, occhi verdi, un accenno di pizzetto, era più basso del protagonista ed aveva un corporatura un po' robusta.
"Grazie, mi hai salvato da una brutta situazione" disse con un sorriso Alessandro.
"Figurati, ho sempre odiato i prepotenti" rispose il motociclista che poi aggiunse: "Ma sei stato colpito all'occhio?".
"Perché me lo chiedi?" chiese il protagonista.
"Hai l'occhio rosso" rispose il nuovo arrivato.
"Sarà l'allergia" rispose il giovane guerriero che poi, porgendogli la mano, aggiunse: "Comunque, io sono Alessandro, piacere".
"Andrea, piacere mio" rispose il motociclista.
"Ti sono debitore Andrea" esclamò con un sorriso il protagonista.
"Figurati... Senti, sapresti dirmi dove si trova questa scuola?" chiese il nuovo ragazzo porgendo un biglietto.
"Certo, ci stavo giusto andando" rispose dopo aver letto.
"Ottimo, salta su che andiamo assieme" esclamò Andrea salendo sulla moto.
"Va bene" rispose il protagonista.
Prima di salire, sentendosi osservato, alzò lo sguardo in direzione di un tetto di una casa vicina.
Purtroppo non riuscì a vedere nessuno, ma c'era davvero qualcuno, era il Ninja che aveva fatto la sua comparsa a casa del Druido.
Arrivati a scuola, il protagonista chiese: "In che classe devi andare?".
"Quinta L" rispose il motociclista.
"Non ci credo, sei in classe con me!" esclamò ridendo il giovane guerriero che poi, aggiunse: "Vieni, siamo al terzo piano".
"Ma cosa volevano quei ragazzi?" chiese il nuovo compagno di classe, mentre salivano la prima rampa di scale.
"Quello che mi minacciava col coltello, un giorno mentre eravamo in gita, ha aggredito una ragazza, io sono intervenuto per difenderla, lui ha cominciato a spingere e insultare ed io l'ho colpito... Adesso me la vuole far pagare ma, ormai non penso che sia più solo quello il motivo... Ora è solo violenza gratuita" rispose Alessandro.
"Vedo che le cose non cambiano neanche qui, arrivo dalla Sicilia e, anche io, ho avuto a che fare con gente così... Ề come se, ogni città, avesse un attore per tutte le parti... Chi fa il bullo, la vicina chiacchierona, il professore stronzo e cosi via..." disse Andrea.
Proprio in quel momento, li fermò una persona che aveva ascoltato tutta la loro conversazione.
"Scusate, sono nuovo e non trovo la classe per iniziare la mia prima lezione... Cerco la Quinta L" disse un uomo alto dalla barba folta.
"Vanno tutti li oggi!" esclamò Alessandro ridendo, poi aggiunse: "Venga, stiamo andando proprio li".
"Avrà sentito quando parlavo del professore stronzo?" pensò Andrea preoccupato per la possibile figuraccia davanti al suo nuovo insegnante.
"Ah, siete i miei nuovi studenti" disse il professore che poi, con un sorriso, aggiunse: "Tranquilli, per il ritardo chiudo un occhio... Non sono così tanto stronzo".
I due avevano così scoperto di esser in classe insieme e avevano conosciuto il loro nuovo professore di matematica.
Una persona distinta, dai capelli corti e barba nera e con gli occhiali che gli davano l'aspetto di esser un uomo molto colto e intelligente.
Nel corso dei primi due mesi di scuola, Andrea e Alessandro divennero ottimi amici. Abitando abbastanza vicini, spesso, si incontravano per strada e si recavano a scuola assieme, con la macchina del nuovo arrivato.
Oltre a condividere il tragitto, essi condividevano anche i ritardi e, alla lunga, ne accumularono troppi.
E così, una mattina di novembre, arrivando per l'ennesima volta oltre l'orario d'ingresso, decisero di non entrare.
"Quanti ritardi hai?" chiese Andrea.
"Quattro, ancora un altro e poi, se non arrivo puntuale, mi rimandano a casa" rispose il protagonista.
"Anche io stessa situazione e, fino al prossimo quadrimestre non ce li azzerano" rispose l'amico.
"Tagliamo?" propose il compagno di classe.
"Te lo stavo per dire io" disse Andrea ridendo.
"Dai, tanto oggi non ci sono verifiche e non sembrerà un assenza voluta... Ma dove andiamo?" chiese Alessandro.
"Possiamo andare nella casa in campagna che hanno comprato i miei genitori" propose il nuovo arrivato.
"Ci sto!" esclamò il giovane guerriero.
Purtroppo, la loro idea di marinare le lezioni non ò inosservata, anzi il tutto si svolse sotto lo sguardo attento del nuovo professore di matematica, che da una finestra della scuola assistette alla scena, ma non prese alcun provvedimento.
Ignari di esser stati visti, i due compagni di classe si allontanarono da scuola, diretti verso la casa situata fuori Torino.
Durante il viaggio, mentre chiacchieravano, all'improvviso, su un tratto di strada deserto, comparvero due persone in mezzo alla carreggiata.
"Che ci fanno quelle due persone in strada!?" esclamò Andrea allarmato.
"Ma stanno camminando verso di noi" disse Alessandro che poi, ebbe un
sussulto quando fu abbastanza vicino da riconoscere le corazze dei guerrieri greci visti al negozio di Hotaka.
L'amico, nel frattempo, tentò di farli spostare suonando il clacson e facendo gli abbaglianti, ma senza alcun risultato.
I due non accennavano a spostarsi.
Così, Andrea, fu costretto a sterzare bruscamente per evitarli, finendo fuori strada su di un prato.
La macchina non riportò alcun danno, come i due ragazzi i quali scesero subito in cerca dei due responsabili.
Quest'ultimi, apparvero subito dopo davanti ai due compagni di classe.
"Voi due siete..." esclamò Alessandro colmo di rabbia.
"Oh, si ricorda di noi" disse il guerriero davanti a lui che poi aggiunse: "Da Hotaka non ci siamo presentati... Io sono lo Spartano".
"Io sono il Macedone, le nostre spade hanno già avuto modo di conoscersi" disse l'altro guerriero.
Oltre alle armature ad esser diverse, lo Spartano era più alto del Macedone e, l'elmo corinzio, lasciava intravedere una cicatrice sul volto e dei lunghi capelli neri.
"Tu conosci questi due?" chiese Andrea sorpreso.
"Si, una lunga storia" rispose il protagonista.
"Sei sempre nei pasticci oltre ad essere sempre in ritardo!" esclamò ridendo l'amico.
"Già!" esclamò con un sorriso Alessandro.
"Siamo venuti per l'amuleto... O ce lo dai con le buone e noi ti risparmieremo la vita o..." a quel punto il guerriero Spartano estrasse la sua spada e, subito dopo,
aggiunse: "... O ce lo prenderemo con la forza!".
"Preferisco la terza opzione" ribatté il protagonista.
"E quale sarebbe?" chiese il Macedone.
Il protagonista, prima di rispondere, voltandosi verso l'amico disse: "Andre, qualunque cosa tu veda adesso, poi ti spiegherò".
Poi, portando la mano sul manico della sua spada, disse: "Volete sapere qual è la terza opzione...".
Subito dopo, estrasse la spada richiamando la veste ed esclamò: "... Io mi tengo l'amuleto e voi verrete sconfitti!".
"Vedo che ti sei allenato... complimenti" disse il guerriero Macedone.
"Cosa pensi di fare da solo contro noi due?" chiese lo Spartano.
"Non fa differenza quanti siete! Io l'amuleto, non ve lo darò mai" ribadì il guerriero Yayoi anche se sapeva di esser in netto svantaggio
Ma, proprio in quel momento, entrò in scena il suo nuovo alleato.
"Io non so di nessun amuleto e non vi conosco, ma non mi piacete e quindi, anche io, sono per la terza opzione" disse il compagno di classe di Alessandro e, tra lo stupore generale, estrasse una lunga spada richiamando l'armatura.
Andrea indossava sopra una veste decorata, una cotta di maglia stretta alla vita da una cintura di cuoio e portava un elmo di tipo nordico a punta con il nasale.
"Ora siamo due contro due!" annunciò facendo un o in avanti e poggiando la lunga spada sopra la spalla destra.
"Wow, allora anche tu sei un guerriero della Legio Invicta!" esclamò stupito Ale.
"Non ancora, sono venuto apposta a Torino per cercarla" rispose.
"Comunque potevi dirmelo che eri un guerriero!" esclamò Alessandro.
"Se per questo anche tu... Un momento! Ma come potevo sapere che anche tu eri un guerriero?!" spiegò il nuovo alleato.
"Effettivamente..." disse ridendo l'amico.
"Che coincidenza eh... Ti salvo dai bulli e ora da questi" disse ridendo.
"Sai renderti utile" disse ridendo il protagonista che poi, chiese: "Sei un guerriero Vichingo?".
"No no, Normanno... Tu, Samurai?" chiese a sua volta.
"No, il suo antenato, il guerriero Yayoi" rispose il compagno di classe.
Il siparietto tra i due amici si svolse in un clima allegro e divertente tanto da far innervosire i nemici.
"Volete fare i seri!" urlò lo Spartano indispettito dalla strana calma dei due.
I quali, dopo le parole del nemico tornarono seri e concentrati.
"Allora avete deciso di combattere... E così sia" disse il Macedone.
"Poveri illusi, siete spacciati" aggiunse lo Spartano.
"Questo è ancora da vedere!" esclamò Alessandro.
La battaglia stava per avere inizio.
Un Aiuto Inaspettato
Ristabilita la parità numerica con l'entrata in scena del compagno di classe di Alessandro, lo scontro stava per iniziare.
Ma chi avrebbe sfidato chi?
"Io, mi prendo il ragazzo giapponese! Con lui, ho un conto in sospeso" disse il Macedone riferendosi al precedente scontro avuto nel negozio.
"Mi spiace, ma ti dovrai accontentare dell'altro" rispose secco lo Spartano.
"Ma..." esclamò il compagno stizzito.
"Io sono il più grande e io decido!" ribadì secco.
"Certo che quando si tratta di combattere diventi peggio di un bambino" disse rassegnato il guerriero Macedone.
"Per me va bene..." intervenne Alessandro che poi aggiunse: "... D'altronde, sei stato tu a ferire mortalmente Hotaka. Te la farò pagare!".
"Io dico che farai la stessa fine del vecchio" disse l'avversario ridendo.
"Ale, vuole solo farti innervosire" esclamò l'amico.
"Lo so" rispose il protagonista che poi, aggiunse: "Fai attenzione, sono forti".
Subito dopo, si scagliò contro l'avversario il quale, parò senza problemi l'attacco.
Dopo un paio di scambi di colpi, emerse la grande velocità del guerriero Yayoi.
"Ề davvero molto veloce" pensò lo Spartano mentre combatteva.
All'improvviso, Alessandro trovò un varco per affondare il colpo, ma quando sembrò che l'attacco andasse a segno, l'avversario esclamò: "Scudo".
All'istante, comparve uno scudo rotondo sul braccio sinistro, con il simbolo spartano raffigurato su di esso.
Il guerriero greco, parato l'attacco con lo scudo, contrattaccò subito con la spada.
Rapido, Alessandro, intercettò la lama nemica.
A quel punto, tentò di colpirlo utilizzando lo scudo ma, intuendo le sue intenzioni, indietreggiò schivando l'attacco.
Nel frattempo, anche l'altro scontro stava per iniziare.
"Mi tocca combattere contro di te, spero che tu sia forte" disse il Macedone.
"Presto lo vedrai" rispose il Normanno.
"Perché non subito!" ribatté il guerriero greco lanciandosi all'attacco.
Andrea parò il colpo senza problemi e contrattaccò con colpi possenti e precisi.
La lunga spada normanna dava del filo da torcere a quella greca, molto più corta.
In un primo momento, il guerriero greco parve in svantaggio.
"Devo ammetterlo, i tuoi colpi sono veramente forti" disse ad Andrea.
"Grazie... Ma vedo che li neutralizzi senza troppi problemi" si complimentò egli a sua volta.
"Questo perché usi la forza ma non la rapidità. Questo porta a maggior stanchezza e quindi, dopo i primi colpi diventa più facile prevedere gli altri" spiegò l'avversario mentre cominciava a parare ogni attacco senza alcun problema.
Era ormai chiaro che il nemico aveva finto di esser in difficoltà per studiare l'avversario.
I due sfidanti per un attimo smisero di combattere.
"Scommetto che ti stai trattenendo... Se può farti felice anche io" disse Andrea impugnando la spada a due mani.
"Bene! Allora, smettiamola di giocare e combattiamo seriamente" disse il Macedone che poi esclamò: "Scudo".
Subito dopo, comparve uno scudo rotondo con il simbolo del sole macedone.
Il combattimento riprese e, stavolta, gli attacchi di Andrea, che maneggiava la spada con due mani, risultavano essere molto più rapidi e forti. Purtroppo il nemico, aiutato dallo scudo, aveva risolto lo svantaggio della spada più corta.
Intanto, Alessandro, grazie alla sua rapidità, schivava e respingeva ogni attacco dello Spartano.
Ben presto però, la situazione cambiò a favore dell'avversario.
"Lancia!" esclamò quest'ultimo.
All'istante, comparve un lunga lancia al posto della spada.
"Devi sapere che è questa la mia arma preferita" confessò il nemico e caricò Alessandro.
Quest'ultimo, forte dei suoi allenamenti contro dei lancieri, non si tirò indietro e contrattaccò a sua volta.
Schivò dapprima la lancia, deviandola con la spada, poi saltò sullo scudo utilizzandolo per saltare alle spalle del nemico, eseguendo la stessa mossa che aveva utilizzato in allenamento.
A quel punto, si girò sicuro di assestare il colpo decisivo, ma la lama si infranse sullo scudo del guerriero greco che si era già voltato.
Sorpreso che il suo attacco non fosse andato a buon fine e, sentendosi scoperto, cercò subito d'indietreggiare.
Lo Spartano, vedendolo in difficoltà, contrattaccò senza dargli tregua.
Anche se preso in contro tempo, Alessandro, riuscì a parare l'affondo della lancia, ma non poté nulla contro la carica con lo scudo.
Per fortuna, prima di esser colpito, esclamò: "Corazza!".
L'armatura, richiamata in tempo, attutì l'impatto, ma non impedì che fosse scaraventato a terra.
"Pensi di potermi battere con queste strategie da allenamento?!... Non sottovalutare mai il tuo nemico e la sua esperienza!" disse il guerriero lacedemone.
"Ha ragione, è molto più forte dei guerrieri usati per l'addestramento" pensò il giovane guerriero disteso a terra.
Se, per Alessandro, il combattimento si stava mettendo male, per Andrea sembrava andar meglio.
Dopo i primi colpi, però, l'equilibrio tra i due guerrieri si ruppe in favore del Macedone, che, dopo aver messo in difficoltà il Normanno, trovò il varco giusto per affondare il colpo.
Andrea, intuendo la mossa nemica, richiamò anch'egli lo scudo a forma di mandorla riuscendo a parare il colpo.
"Non solo voi avete gli scudi" esclamò dopo aver parato l'attacco nemico.
"Devo ammettere che te la cavi bene... ma vediamo ora" disse il guerriero greco che poi, invocò: "Lancia".
Come allo Spartano, anche al Macedone, comparve una lancia al posto della spada.
Appena entrato in possesso della nuova arma, sferrò un affondo improvviso.
Senza scomporsi, Andrea parò con lo scudo poi, esclamò: "Lancia", richiamando anche lui l'arma secondaria.
Senza esitare, attaccò a sua volta con la lancia.
Anche se colto di sorpresa, l'avversario, parò l'affondo con lo scudo.
"A differenza del suo amico, si vede che lui si allena da molto più tempo" pensò il Macedone.
Mentre gli altri due combattevano ad armi pari, Alessandro, dopo esser stato colpito, si era rialzato da terra.
"Sei un osso duro" esclamò lo Spartano.
"Non mi arrendo facilmente" ribatté.
"Dovresti invece! Guardati, hai una veste e non una vera armatura, non hai uno scudo e non hai evocato la seconda arma... O il tuo guerriero è carente oppure sei tu che non sei riuscito ad allenarti come si deve. In entrambi i casi resti un perdente!" disse il nemico con una risata beffarda.
Il guerriero Yayoi, invece di rispondere alle provocazioni, cominciò a richiamare sempre più energia dalla sua spada.
Si illuminò il primo rombo della lama e lentamente, il suo corpo venne avvolto da
un'aura bianco-verde.
"Quanta energia!" pensò l'avversario.
Anche gli altri presenti si fermarono percependo così tanta energia.
"Cosa pensi di fare?" urlò il nemico.
Alessandro, in tutta risposta, mostrò un sorriso.
Dopodiché, attaccò con gran velocità lo Spartano che colto alla sprovvista dalla sua rapidità, riuscì solo all'ultimo a parare il colpo con lo scudo.
Quest'ultimo fu così forte e rapido che quando la lama venne a contatto con lo scudo, lo rigò creando delle scintille.
A quel punto, il guerriero greco provò a colpirlo con la lancia, ma Ale, anticipandolo, tagliò di netto l'arma avversaria.
Disarmato, il nemico richiamò all'istante la spada cercando di riattaccare il guerriero Yayoi, il quale indietreggiò di diversi metri.
"Che fai, scappi?" esclamò il nemico.
"No..." rispose con un sorriso Alessandro che poi, mettendosi in posizione aggiunse: "Taglio Cosmico!".
E così, mimando un colpo orizzontale da destra verso sinistra, scagliò contro l'avversario il fascio di energia cosmica.
"Non riuscirò a bloccarlo solo con lo scudo" pensò lo Spartano preoccupato.
Così, anche lui, fece ricorso al suo elemento venendo avvolto da un'aura di energia di color cremisi.
"Muro di Roccia!" esclamò.
E, subito dopo, la terra di fronte a lui, si alzò formando una sorta di muro che lo protesse dall'attacco cosmico.
L'impatto generò una grossa nube di polvere.
Dopo aver lanciato il suo colpo migliore, l'aura che avvolgeva il guerriero Yayoi svanì ed egli si chinò a terra ormai esausto.
Non era ancora abituato a sostenere lunghi e intensi scontri.
"Spero di averlo colpito!" esclamò respirando affannosamente.
Purtroppo, quando la nube svanì, vide lo Spartano uscire illeso da dietro la cunetta che lo aveva protetto.
"Devo ammettere che mi hai stupito... Il Legionario ti ha addestrato bene..." disse il guerriero greco mentre con la mano si toglieva la polvere dalla corazza.
"... Ma non sei ancora abbastanza forte da riuscire a sconfiggermi" continuò mentre avanzava lentamente verso il protagonista armato solo con la spada.
Alessandro, allora si rialzò a fatica.
Una volta in piedi, il nemico scattò contro di lui assestandogli un calcio allo stomaco e, quando cadde a terra, gli puntò la spada contro.
"Dammi l'amuleto!" esclamò il nemico.
"Scordatelo" rispose il giovane guerriero.
Intanto, Andrea, vedendo l'amico in difficoltà, tentò di correre in suo aiuto, ma il Macedone si frappose tra lui e il compagno di classe.
"Fatti da parte!" esclamò il Normanno.
"Prima devi sconfiggere me!" rispose il guerriero greco.
Così, anche il Normanno decise di sfoderare il suo elemento, conscio della superiorità del nemico.
"Non resisterò ancora a lungo... Devo sconfiggerlo il prima possibile" pensò
Andrea ed
esclamò: "Spada di Magma!".
Il suo corpo venne avvolto all'istante da un'aura di colore arancione e la lama della spada, divenne di magma.
"Come siete avventati voi giovani, ate all'elemento senza neanche richiamare il secondo stadio dell'armatura" disse il Macedone che non pareva spaventato dalla mossa del suo avversario.
Poi, aggiunse: "Armatura Completa".
L'aspetto dell'armatura mutò notevolmente.
La forma dell'armatura in tela rimase immutata, ma comparvero dei componenti in bronzo rendendola più robusta, si aggiunsero gli schinieri per proteggere le gambe ed infine un mantello rosso che completò il tutto.
Ora era pronto a fronteggiare l'attacco di Andrea che non tardò ad arrivare.
"Sfera di Magma!" esclamò il Normanno mimando un fendente ovvero un colpo dall'alto verso il basso.
Dalla lama della spada uscì una palla formata da magma, diretta contro il guerriero greco.
Questi rimase imibile di fronte al pericolo che si stava avvicinando sempre di più.
"Falange Macedone!" esclamò ad un tratto il Macedone.
All'istante, davanti a lui, si formò una barriera di scudi e di lance che fermò l'attacco di magma.
Dopodiché, la falange scomparve.
"Non ci posso credere, l'ha fermato!" disse Andrea incredulo e visibilmente stanco.
"Arrenditi" disse il nemico.
"Mai!" rispose il Normanno scattando contro di lui.
A quel punto, il guerriero greco esclamò: "Sarissa".
Si trattava della lancia usata dai macedoni che poteva raggiungere i sette metri di lunghezza.
Subito dopo aver pronunciato quella parola, la lancia si allungò all'improvviso, puntando dritto contro l'amico del protagonista, il quale, sorpreso dall'attacco, riuscì, solo all'ultimo secondo a proteggersi con lo scudo, ma l'impatto fu così forte da farlo cadere a terra.
L'aura che avvolgeva il suo corpo svanì all’impatto con il suolo.
Senza darsi per vinto, si rialzò a fatica, tentando di colpire nuovamente l'avversario.
Il suo colpo però risultò debole e prevedibile tanto che il Macedone lo bloccò senza alcuno sforzo per poi contrattaccare.
Ormai, stanco e malconcio, anche Andrea finì a terra con la lancia puntata contro.
"Hai perso!" esclamò il guerriero greco.
I due giovani guerrieri giacevano a terra sconfitti e, oramai, era solo questione di tempo, prima che i nemici entrassero in possesso dell'amuleto.
"Visto, anche il tuo amico è crollato... Forza, consegnami l'amuleto!" disse lo Spartano.
Il protagonista in tutta risposta, tentò di colpirlo con la spada ma, appena mosse l'arma, ricevette un calcio allo stomaco.
"Sei testardo!" esclamò l'avversario dopo averlo colpito poi, aggiunse: "Dammi l'amuleto se non vuoi fare la stessa fine del vecchio giapponese!".
"No mai!" ribatté il protagonista mentre l'occhio cominciava a riempirsi di vene.
"Che cosa gli sta accadendo?! Sento una strana energia provenire da lui" pensò il
guerriero greco.
Il quale poi, disse: "E se fi uccidere il tuo amico... Cambieresti idea?".
Quelle parole, placarono all'istante Alessandro.
Quel nemico senza scrupoli l'aveva messo davanti ad una dolorosa e difficile scelta.
L'amico o l'amuleto.
Era fin troppo chiaro cosa avrebbe scelto il giovane guerriero.
E così, portò la mano dentro la veste e tirò fuori l'amuleto.
"Ottima scelta!" esclamò lo Spartano, contento di aver portato a termine la sua missione.
"Giurami che dopo che ti avrò dato l'amuleto, non farai nulla al mio amico" disse Alessandro prima di cedergli l'oggetto.
"Mantengo sempre le mie promesse" disse l'avversario.
Ma, proprio quando sembrava che l'amuleto fosse destinato a cadere in mano nemica, una bordata di kunai, coltelli da lancio giapponesi, raggiunse tutti e due i guerrieri greci, senza colpirli.
Immediatamente, una seconda bordata venne scagliata contro di loro, stavolta molto più vicina al bersaglio.
I due guerrieri allora, cominciarono a indietreggiare finendo per esser spalla contro spalla, riparati dietro ai loro rispettivi scudi.
"Riesci a vedere chi ci attacca?" chiese lo Spartano.
"No" rispose il Macedone.
La terza bordata non tardò ad arrivare.
Questa volta, tutti i kunai finirono per infilzarsi contro gli scudi.
Intanto, i due amici si erano alzati cercando di capire chi li stesse aiutando.
"Hai preso l'amuleto?" chiese guerriero greco.
"No, non ce l'ho fatta" rispose il compagno.
I due allora, tentarono di avvicinarsi ad Alessandro, ma altre due bordate di kunai, una dietro l'altra, li fece indietreggiare ulteriormente.
Infine, i due aggressori decisero di ritirarsi scappando attraverso un boschetto che stava li vicino.
"Per stavolta vi è andata bene, ma la prossima non sarete così fortunati!" urlò lo Spartano, prima di svanire tra la vegetazione.
I due compagni di classe, svaniti i nemici, si guardarono attorno in cerca del misterioso aiutante.
"Eccolo!" disse Andrea.
Su di un albero, c’era il Ninja il quale, dopo esser stato visto, svanì di colpo.
"Aspetta... Volevamo ringraziarti!" urlò il guerriero Yayoi.
"Ma chi era?" esclamò l'amico.
"Non lo so, ma il suo aiuto inaspettato ci ha salvato" rispose Alessandro.
"Già, ma ora che facciamo?" chiese il Normanno.
"Andiamo dal Druido che è colui che mi ha introdotto alla Legio Invicta e sarà lieto di accoglierti nel gruppo" rispose il protagonista.
"Che coincidenza... Il mio mastro spadaro prima di venire a Torino mi aveva detto che il destino mi avrebbe condotto dal Druido e quindi alla Legione" disse l'amico stupito.
"Come si dice, il mondo è piccolo!" esclamò il compagno di classe.
Una volta arrivati, Alessandro, presentò Andrea al gruppo, poi raccontò dell'attacco dei guerrieri traditori e del salvataggio da parte del misterioso guerriero.
"Dunque te saresti il Normanno" esclamò Diviziaco.
"Si" rispose Andrea.
"Bene, se sei qui è perché il tuo maestro ti crede pronto per la Legione..." disse il Druido che poi, aggiunse: "... Ma, prima, dovrò spiegarti un po' di cose su di noi e sui nostri nemici".
Terminato il racconto, diede al nuovo membro il bracciale per le comunicazione.
"Ora fai ufficialmente parte della Legione" annunciò il vecchio.
"Benvenuto" esclamò Cleta con un sorriso.
"Benvenuto Normanno" disse Mario sempre con tono serio.
"Grazie" esclamò Andrea mentre si metteva il braccialetto.
"Ora che fai parte del gruppo, verrai ad allenarti qui assieme ad Alessandro" annunciò Diviziaco.
"Evvai! Ci alleneremo assieme!" esclamò il protagonista.
"Calma, dovrete concentrarvi perché questo non è un gioco e poi tu dovrai continuare i tuoi allenamenti a parte!" disse Mario smorzando l'entusiasmo dei due compagni di classe.
"Per quanto riguarda il Ninja, non so chi possa essere ma, se vi ha aiutati, non c’è da preoccuparsi... Comunque indagherò" disse Diviziaco fingendo di non conoscerlo.
"Va bene" rispose Andrea.
"Spero d'incontrarlo di nuovo almeno per ringraziarlo" disse Alessandro che poi, aggiunse: "Noi andremo se non c'è altro".
"Certo, ma ho un'ultima domanda per voi... Non dovreste essere a scuola?" chiese Diviziaco.
I due compagni di classe sgranarono gli occhi rimanendo senza parole.
Cleta, trattenne la risata e Mario, fece un'espressione di non approvazione.
"Per questa volta ve la faccio are... Ma dovete stare attenti, avete un esame quest'anno!" disse il Druido che poi, aggiunse: "Ora potete andare".
Dopo avere promesso di non farlo più, i due ragazzi salutarono e andarono via.
"Perché non dirgli che il Ninja fa parte della squadra?" chiese Cleta.
"Potrebbe compromettere tutto" esclamò Mario.
"A parte quello, non è bello sapere che ti sorvegliano perché ti ritengono un bersaglio facile... Devono sentire la nostra fiducia, soprattutto Alessandro che è
quello più indietro con gli allenamenti" spiegò il vecchio.
"Per fortuna che crede che tu possa teletrasportarti ovunque" esclamò l'Amazzone.
"Già, non sa che posso solo teletrasportarmi dove ci sono i braccialetti o dei determinati simboli e che tutte le volte che l'ho fatto era grazie al Ninja" disse il Druido che poi, con tono serio, aggiunse: "Presto le forze del male emergeranno dalle tenebre e noi dovremo esser pronti!".
L'Ultima Missione
Era un pomeriggio di dicembre e, Alessandro, dopo esser tornato da scuola, stava schiacciando un sonnellino nel letto, quando, all'improvviso, sentì una voce chiamarlo nel sonno.
"Alessandro... Alessandro... Alessandro..." ripeteva la voce facendosi sempre più insistente.
Dopo un po' di volte, il protagonista, si svegliò, ma pensando fosse solo un sogno, si rigirò dall'altra parte continuando a dormire.
"Alessandro!" urlò la voce che aggiunse: "Sono Diviziaco".
"Si, eccomi!" esclamò il giovane guerriero balzando dal letto.
"Stavi dormendo?" chiese il Druido.
"... No" rispose il ragazzo.
"Stavi dormendo... Forza, alzati e vieni subito da me, c'è una nuova missione! Ti sarà spiegato tutto quando arrivi" spiegò il vecchio.
"Va bene, vengo subito" disse Alessandro.
Arrivato a casa del Druido, trovò già tutti seduti al tavolo compreso Andrea. I presenti, oltre ai saluti, non risparmiarono qualche battuta sul suo ritardo.
"Ora che siamo al completo, posso spiegarvi il motivo di questa chiamata... Recentemente sono stati registrati degli strani movimenti attorno alla chiesetta della Madonna delle Vigne..." cominciò a spiegare Diviziaco.
"La Chiesa dove c'è il testo palindromo?!" esclamò il protagonista.
"Esatto... Fu sconsacrata dopo l'evocazione di un potente demone da parte di un gruppo di streghe. Tutti i monaci dell'abbazia li vicino, tentarono di cacciarlo via ma caddero, assieme a molti cittadini, sotto il controllo dell'entità maligna, che ha l'abilità di poter possedere più persone contemporaneamente... Solo con l'intervento della Chiesa, assieme alla Legio Invicta, il demone venne sigillato..." continuò il vecchio.
I due giovani guerrieri ascoltavano sorpresi quel racconto che fino a poco tempo fa credevano fosse solo una leggenda popolare.
"... Ora, dato il tentato rapimento dell'amica di Alessandro e la sparizione di alcune ragazze pochi giorni fa, temo che la Setta dei Rinati voglia liberare nuovamente il demone, anche se non ne comprendo il motivo poiché, è un'entità impossibile da controllare. Comunque sia, noi dobbiamo recarci là ed impedirlo!" concluse il Druido.
"E se fosse già stato liberato?" chiese Andrea.
"Ottima domanda... In quel caso, io e Cleta ci occuperemo dell'incantesimo per sigillarlo nuovamente mentre voi dovrete combattere per tenerlo a bada" rispose.
"Dovremo fare molta attenzione!" esclamò Mario.
"C'è il pericolo di cadere sotto il suo controllo?" chiese Alessandro.
"No, ma dovete sapere che per possedere le persone, imprime un sigillo, con il proprio sangue, sulla pelle della vittima. Per far questo, si serve di un bracciale speciale che avvolge tutto il braccio dal gomito fino al polso e termina nel palmo della mano con il marchio che ha la forma di un cerchio con un triangolo al centro. Una volta impresso, il sigillo prevale sull'energia spirituale e quindi azzera la volontà del malcapitato, al quale viene assorbita
l'anima e tutta l’energia. Su di noi, il sigillo non ha alcun effetto poiché abbiamo un’energia spirituale superiore ma, se fossimo troppo deboli, cadremmo anche noi vittima del suo potere e, invece di esser controllati, verremmo uccisi" spiegò il Druido.
"Perché verremmo uccisi e non posseduti!?" chiese Andrea.
"L'energia spirituale, come si consuma si rigenera e quindi, una volta ristabilita, il demone perderebbe il controllo sulla vittima, dunque, per evitare questo, l'assorbe completamente, uccidendo chi prova ad opporsi!" rispose Diviziaco.
"Ma non si possono liberare le persone dalla possessione?" chiese Cleta.
"Quando lo abbiamo sigillato, pensammo che gli abitanti e i monaci sarebbero ritornati normali, ma non fu così... tutte quelle persone morirono. Si vede che sono connesse al demone e, ciò che subisce lui, subiscono loro. Purtroppo le anime di quelle persone innocenti, sono ancora sigillate nel bracciale" rispose il vecchio rammaricato.
"Hai appena detto "abbiamo" sigillato?!" sottolineò Alessandro.
"Ehm si... Con noi, intendevo dire la Legione" rispose stizzito.
"Per un attimo sembrava che l'avessi affrontato pure te... Comunque, se si rompesse il bracciale, le anime tornerebbero libere?" chiese il protagonista.
"Potrebbe funzionare, ma non lo sappiamo con certezza anche perché, non è facile avvicinarsi per colpirlo" disse Diviziaco.
"C'è sempre una soluzione!" esclamò il guerriero Yayoi.
"Calmati, non bisogna sottovalutare il nemico, più anime possiede e più diventa forte!" disse Mario sempre con il suo tono serio.
"Già, è un demone di quinto livello e, più assorbe energia e più aumenta il suo potere combattivo. Quindi, se fosse già stato liberato, dovremmo sigillarlo il prima possibile, attraverso la recita del testo palindromo" aggiunse il Druido.
"Allora, la storia del testo palindromo è vera!" esclamò meravigliato Andrea.
"Proprio così" rispose Diviziaco.
"Scommetto che anche la pianola è necessaria…" disse Alessandro vedendo lo strumento sopra di un tavolino.
"Si... C'è anche una melodia da accostare al testo. Proprio come un cantico..." rispose il vecchio, che poi aggiunse: "... se non avete altre domande, direi che possiamo andare".
Nessuno sembrava aver altre domande ma di colpo Alessandro, ruppe il silenzio.
"Perché rapire delle ragazze?" chiese con lo sguardo di chi, in fondo, già conosceva la risposta.
"Quando un demone viene risvegliato, ha bisogno di molta energia per ripristinare la propria e l’assorbe dalle sue vittime, prosciugandole completamente fino alla morte quindi... Dovremo esser forti!" disse Diviziaco con tono serio.
"Allora non c'è tempo da perdere... Andiamo!" esclamò il protagonista.
Il gruppo allora si teletrasportò nelle vicinanze della chiesetta, anche se Alessandro e Andrea, non sapevano che si erano teletrasportati grazie al Ninja che era nelle vicinanze e che, una volta arrivati, scomparve con sorprendente velocità.
Una leggera nebbiolina che avvolgeva il bosco ed il freddo rendevano l'atmosfera ancora più spaventosa.
Lentamente, si avvicinarono alla chiesa e poi, con estrema cautela, vi entrarono.
L'edificio, a pianta ottagonale e alto venticinque metri, mostrava evidenti segni del lungo abbandono. L'interno, come l'esterno, non versava in buone condizioni. Delle statue, che adornavano la chiesa, non vi era più traccia, il pavimento era ricoperto da macerie, la maestosa cupola, un tempo affrescata, era in rovina così come altri ornamenti ed infine, sopra l'ingresso, compariva l'affresco rappresentante un organo a canne e lo spartito palindromo ancora leggibile.
Una volta superato l'ingresso, che era caratterizzato da un piccolo porticato composto da tre arcate, lo scenario che si presentò dinnanzi ai loro occhi, li lasciò senza parola. Ad attirare l'attenzione del gruppo però, non furono le condizioni della chiesetta, ma altro.
Distesi a terra, vi erano i corpi di tre ragazze.
"Il demone è stato liberato!" esclamò il Druido, che poi aggiunse: "Legionario, vai a controllare l'uscita".
"Subito" esclamò Mario.
Cleta, intanto, era corsa subito a verificare le condizioni delle ragazze.
Mentre tutti erano concentrati sulla missione, i due giovani guerrieri che avevano
accusato il colpo, fissavano immobili quei corpi inermi.
"Poteva esserci la mia amica qua..." esclamò a bassa voce il protagonista che aveva gli occhi pieni di lacrime e di rabbia.
"Lo so..." disse il Druido avvicinandosi ai due poi, aggiunse: "... Purtroppo questo fa parte della nostra vita... Con questo non vi sto dicendo di sopprimere le vostre emozioni anzi, dovrete sempre affrontarle perché di queste avversità ce ne saranno sempre lungo il nostro cammino, ma vi chiedo di affrontarle con la testa. Ricordatevi che come gruppo, oltre a condividere la leggerezza della gioia, dobbiamo anche condividere il peso del dolore... Forza! C'è una Setta responsabile e un demone a piede libero, dobbiamo rimanere concentrati per affrontare chi ha fatto tutto questo!".
I due compagni di classe annuirono e grazie alle parole del vecchio saggio che sapeva tirare fuori il meglio da ogni persona, si ripresero dallo shock.
"Questa è ancora viva!" esclamò Cleta, alzando ancora di più il morale del gruppo.
"Ma è allo stremo ed è visibilmente disidratata ed infreddolita" aggiunse la guerriera.
Alessandro, allora, corse subito vicino alla ragazza superstite e, toltosi la giacca, gliela posò addosso per proteggerla dal freddo.
"Curala Diviziaco!" disse Alessandro.
"Purtroppo le mie cure non sono così potenti, ha bisogno di andare in un ospedale" rispose.
"Teletrasportati subito!" disse il protagonista.
"In queste condizioni, è un rischio... Ề troppo debole, prima dovrò far sì che riprenda un po’ le forze, poi potrò portarla in un ospedale!" rispose il Druido che, telepaticamente, chiese al Ninja “Recati il più presto possibile in un ospedale!".
"Grazie!" esclamò Alessandro.
In quel momento, proprio quando sembrava che le cose stessero andando nel verso giusto, arrivò Mario con una brutta notizia.
"Ề qui!" esclamò il guerriero romano.
Tutto il gruppo si precipitò fuori dall'edificio e ad attenderli trovarono il demone.
Quest'ultimo, alto più di due metri, con una corporatura possente e con due corna, indossava un'armatura logora e arrugginita, un elmo che gli ricopriva parte del volto ed infine, un mantello strappato. Al braccio destro vi era lo strano bracciale che aveva descritto il Druido ma, ad attirare l'attenzione dei presenti, furono i suoi occhi completamente marroni come l'aura demoniaca che emanava
il suo corpo.
"Sono stato appena liberato e ho già visite!"disse appena vide i guerrieri della Legio.
"Dobbiamo sigillarlo subito!" esclamò Diviziaco.
"Ah, ma allora la vostra non è una visita di cortesia" disse il nemico sarcasticamente.
"Dobbiamo prima occuparci della ragazza!" esclamò Alessandro.
"Non vi permetterò di prendere il mio spuntino!" esclamò il demone con tono rabbioso.
e poggiando le mani a terra, aggiunse: "Ề arrivato il momento di chiamare qualche amico!".
Subito dopo, la terra cominciò a tremare, finché un centinaio di corpi ridotti ormai a scheletri emersero dal sottosuolo.
"Ha ancora il controllo dei corpi posseduti centinaia di anni fa!" disse il Druido che pareva abbastanza preoccupato.
"Ma come è possibile?!" esclamò Cleta.
"Sono privi di pelle, quindi non può esserci nessuno sigillo!" aggiunse Mario.
"Vero, ma possiedo ancora le loro anime. Purtroppo, ora che sono morti non producono più energia, ma sono comunque un buon esercito a basso costo!" spiegò il demone terminando la frase con una grossa risata.
"Non puoi parlare delle persone come se fossero oggetti!" esclamò Alessandro.
"Per me è così, sono solo batterie!" ribatté il nemico ridendo.
"Non ci permetterà di curarla!" esclamò Mario.
Alessandro sicuro di sé gli sussurrò: "Terrò io a bada il demone, tu e Andrea impedirete al suo esercito di entrare nella chiesa, dove, nel frattempo, Cleta e Diviziaco cureranno la ragazza, una volta che lei sarà in salvo, potranno sigillarlo!".
"Tu da solo non..." esclamò il Legionario ma venne interrotto dal Druido, che sostenne il piano di Alessandro.
"Ha ragione, è l'unico modo! Cleta mi serve per curare la ragazza, tu e Andrea rimanete gli unici che, con gli scudi, possono difendere l'entrata della chiesa... Alessandro resta quindi, l'unico che può tenere impegnato il demone... ma, mi raccomando, fai molta attenzione".
Mario e gli altri assentirono, ma il demone che aveva udito parte della loro conversazione urlò: "Mandate un moccioso a combattere contro di me?!... Illusi!".
"Sarò anche un moccioso, ma pagherai per ciò che hai fatto!" ribatté il protagonista estraendo la sua spada.
"Buona fortuna!" esclamò Cleta prima che Alessandro, raggiungesse l'avversario.
"Grazie!" rispose Alessandro voltandosi e sorridendo.
Poi, corse a raggiungere il nemico.
"Buona fortuna anche a voi!" disse poi l'Amazzone ad Andrea e Mario.
"So che sei preoccupato, ma diamo fiducia a questi ragazzi..." disse il Druido al Legionario, che sembrava ancora un po’ perplesso.
A quel punto, Cleta e Diviziaco, entrarono nella chiesa per occuparsi della ragazza e i due guerrieri si prepararono a proteggere l'entrata.
"Forza Normanno, non dobbiamo farli entrare!" disse il guerriero romano.
"Ok!" esclamò Andrea estraendo la sua spada e richiamando la sua armatura, seguito dallo stesso Mario che estrasse il suo gladio.
"Armatura!" esclamò il Legionario.
All'istante, comparvero la classica lorica segmentata sopra una veste rossa e l'elmo romano.
"Normanno, evoca lo scudo e la lancia... Formazione di difesa!" disse Mario.
"Subito!" rispose Andrea eseguendo l'ordine.
"Scutum!" esclamò a sua volta il Legionario evocando il tipico scudo romano di forma rettangolare.
"Non farti ingannare dal loro aspetto, sono molto forti e pericolosi" aggiunse il guerriero dell'antica Roma.
"E se usassimo gli elementi delle spade?" chiese Andrea.
"Sarebbe uno spreco di energia ed è quello che vuole il nemico, sfinirci" rispose Mario.
Spalla contro spalla, cominciarono a respingere l'orda di scheletri.
Intanto Alessandro fronteggiava il demone che lo scherniva.
"Vuoi combattere indossando un pigiama!?" disse ridendo.
"Ề una veste da combattimento! Idiota!" esclamò Ale, prima di lanciarsi all'attacco.
Il Demone schivò senza alcuna difficoltà i suoi attacchi.
"Ề veloce" pensò.
Allora, aumentò la velocità mettendo in difficoltà l'avversario che a quel punto sfoderò la sua arma, esclamando: "Spada delle Cento Anime".
All'istante, il bracciale, si illuminò e comparve una spada che, a differenza delle altre, non aveva parti in metallo, ma era composta interamente da una luce gialla.
"Sai da cosa è composta questa spada?... Dalle anime delle persone che ho ridotto a miei schiavi!" spiegò il nemico.
"Bastardo!... Le libererò tutte e darò pace a quelle povere persone!" ribatté Alessandro che poi riprese a combattere.
Dopo una serie di colpi, il guerriero Yayoi, non riuscendo a prevalere sul nemico, che si stava dimostrando molto più forte del previsto, decise di utilizzare il potere del suo elemento.
Con un balzò, indietreggiò di diversi metri e poi, mentre mimava il colpo con la spada, esclamò: "Taglio Cosmico!".
All'istante, dalla lama, uscì in verticale il fascio di energia, pronto a colpire il demone.
Quest'ultimo, senza scomporsi, sollevò il braccio sinistro e, aprendo la mano, attese l'arrivo del colpo, il quale, venne bloccato con estrema facilità sotto lo sguardo incredulo di Alessandro.
"Lo ha fermato!" esclamò stupito il giovane guerriero.
Anche Mario e Andrea che avevano assistito alla scena, rimasero colpiti.
"Non bisogna mai sottovalutare il nemico" disse il Legionario mentre con lo scudo spingeva via uno scheletro e, successivamente, lo decapitava con la spada.
"Già... Ma sono sicuro che Ale, non si darà per vinto!" disse il Normanno, anch'egli impegnato a combattere.
Il demone, dopo aver fermato il Taglio Cosmico, esclamò: "Tutto qui quello che sai fare?... Ora tocca a me".
"Cosa avrà in mente?" pensò il protagonista attento ad ogni sua mossa.
"Spada delle Mille Anime!" esclamò il nemico.
A quel punto, il bracciale si illuminò e altri scheletri emersero dalla terra.
"Cosa hai fatto?" chiese Alessandro.
"Ho solo incrementato il numero di anime della mia spada che ora, può fare questo..." rispose l'avversario.
Un istante dopo, la lama, si allungò fino a raggiungere Alessandro che, colto di sorpresa dalla mossa nonché dalla sua rapidità, riuscì solo a deviare il colpo diretto al petto ma non poté evitare di essere ferito al braccio sinistro.
"Ottimi riflessi ma riuscirai a schivare tutti questi?" disse il demone.
In quel momento la spada, si divise, in due, poi in quattro e poi in cinque lame che si allungarono cercando di colpire il guerriero Yayoi che a fatica tentava di schivarle.
Dopo un paio di colpi parati e, un paio di ferite, il protagonista cadde a terra colpito al fianco destro.
Nel frattempo, Diviziaco, con i suoi poteri, aveva trasferito parte dell'energia spirituale di Cleta alla ragazza in fin di vita.
"Dovrebbe essersi ripresa già da un po'" constatò il Druido.
"Già, comincio a sentirmi un po' stanca" disse l'Amazzone alzandosi in piedi.
"Riposati ora. Hai dato parecchia energia" consigliò il vecchio.
"Ma dove sono le altre due ragazze?" domandò l'Amazzone non vedendo più i loro corpi.
"Come non ci sono!?" esclamò il Druido, che si alzò di scatto allarmato dalla notizia.
I due cominciarono a insospettirsi poi, all'improvviso, iniziarono a udire delle risate.
"Avevi detto che erano morte" disse Diviziaco.
"Si, non avevano polso" confermò la guerriera.
I due, continuavano a guardarsi attorno in cerca delle due ragazze, ma udirono una strana voce.
"Siete cascati nella mia trappola!" disse la voce incorporea che proveniva dalla ragazza che stavano curando. Non ebbero neanche il tempo di voltarsi che la ragazza, alzatasi di scatto, scaraventò con un pugno, prima il Druido e poi l'Amazzone contro il piccolo altare.
Quando si rialzarono, davanti a loro, vi erano le tre ragazze ma, oltre alla voce del demone, la sclera dei loro occhi era completamente nera e al centro della pupilla, vi era il triangolo rosso.
Erano possedute dal demone.
"Ci hai ingannati fin dall'inizio!" esclamò Diviziaco.
"Proprio così vecchio mio... Forse non sai che, come posso assorbire l'energia, posso restituirla e, dato che tre ragazze in fin di vita avrebbero dato troppo nell'occhio, ho simulato la morte di due, lasciandone una in gravi condizioni... Come previsto, avete deciso di curarla rimandando il rito per sigillarmi e vi siete separati per tenermi occupato..." spiegò la voce del demone.
"Quindi il tuo piano era quello di dividerci?!" disse il Druido.
"Si, sapevo che non avrei avuto scampo ad affrontarvi tutti assieme, l'unico modo era dividervi e attaccarvi separatamente!" rispose l'entità.
"Ma come facevi a sapere del nostro arrivo?" chiese il vecchio.
"Chi mi ha liberato, ha lasciato un biglietto con la scritta: "La Legio Invicta presto sarà qua"... Dunque, voi siete cascati in due trappole!" rispose.
"Chi ti ha liberato?" domandò il Druido.
"Non lo so e non mi importa, ormai sono libero! Quando sarete tutti esausti, assorbirò la vostra energia!" disse la voce.
Mentre il demone spiegava il suo piano, Diviziaco, aveva aggiornato telepaticamente i ragazzi della situazione.
"Sta bene Cleta?" chiese subito Mario preoccupato.
"Certo è solo affaticata, ma non possiamo sigillare il demone altrimenti le ragazze morirebbero, l'unico modo per salvarle è liberare le loro anime" gli rispose telepaticamente il vecchio.
"Noi non possiamo fare molto, ci sono troppi scheletri!" disse Andrea.
"Proverei a rompere il bracciale, ma non riesco a contrattaccare... La spada delle Mille Anime non mi da tregua!" disse Alessandro che era stato appena scaraventato a terra.
"Ho un'idea!..." esclamò Mario che spiegò agli altri il suo piano.
"Bene, Ale ricorda di colpire con tutta la tua forza, noi invece cercheremo di resistere il più possibile!" concluse Diviziaco.
Intanto, Cleta, aveva estratto la sua ascia bipenne e, senza far male e con la poca forza che le restava, cercava di tenere lontane le ragazze possedute.
Alessandro, si rialzò da terra pronto a metter in atto il piano di Mario.
"Vedo che hai ancora la forza per rialzarti!" disse il demone.
"Si, te l'ho detto, io libererò tutte le anime e ti sconfiggerò!" ribatté Alessandro che cominciava ad avere l'occhio sinistro pieno di vene.
"Comincia a bloccare queste!" esclamò il nemico.
Ancora una volta, la spada si divise in più lame di energia che, allungandosi, ripresero ad attaccare il giovane guerriero, tutte contemporaneamente.
Nel frattempo.
"Normanno, ora tocca a te!" disse Mario.
Senza indugiare, Andrea si preparò a contrattaccare.
"Sfera di Lava!" disse il giovane guerriero lanciando il suo colpo, con il quale spazzò via molti scheletri, creando un vuoto che consentì al guerriero romano di metter in atto la seconda parte del suo piano.
"Ora tocca a me!..." esclamò il Legionario che poi, aggiunse: "Testuggine!".
In un istante, attorno ad Alessandro comparvero degli scudi romani che lo protessero dalle lame della spada nemica.
Una volta annullato l'attacco del demone, il guerriero Yayoi, uscì da dietro gli scudi, pronto a lanciare il suo colpo migliore, avvolto dall'aura bianco-verde.
L'entità maligna però, fece uscire un'altra lama di energia che puntava dritta contro Alessandro.
Egli, a differenza di Mario e Andrea che rimasero col fiato sospeso, non si scompose e, con la spada, mimò due colpi consecutivi.
"Doppio Taglio Cosmico!" esclamò il protagonista.
Come aveva previsto, il primo deviò la lama del nemico e il secondo colpì in pieno il bracciale demoniaco.
"Ce l'ha fatta!" esclamò Andrea.
"Speriamo!" aggiunse Mario.
Essi purtroppo erano nuovamente alle prese con gli scheletri che si erano ammassati davanti alla porta.
Purtroppo, il bracciale, non aveva riportato alcun danno.
"Che ironia... Le anime che volevi liberare, hanno fatto da scudo" spiegò il demone avversario che, ridendo, mostrava il bracciale avvolto dall'energia delle anime.
"Dannazione!" esclamò Alessandro che cominciava ad accusare la stanchezza.
"Ề ora di farla finita!" disse il demone.
A quel punto, uscirono dei fasci di energia dal bracciale: stavolta però, non
avevano
l'aspetto di lame bensì di tentacoli. Questi colsero di sorpresa il protagonista che venne preso per le gambe e per le braccia.
Dopodiché, il nemico, tirò a sé il giovane guerriero che, inutilmente, tentava di liberarsi.
Una volta vicino, gli sferrò una serie di pugni allo stomaco col braccio sinistro poi, non del tutto soddisfatto, lo scaraventò contro un albero.
Il guerriero Yayoi, dopo il forte colpo, cadde a terra stordito.
Allora, il demone, prendendolo per la gola, lo alzò da terra.
Occupati a fronteggiare gli scheletri, Andrea e Mario assistevano impotenti.
"Forza, riprenditi Ale!" pensò il compagno di classe, ma l'amico non dava segni di vita.
"Tu, non riuscirai a liberare queste anime come non riuscirai a salvare le tre ragazze e i tuoi amici... Tu non riuscirai a fermarmi perché sei solo!" disse il nemico, che poi aggiunse: "Ora ti marchierò e la tua energia diverrà mia!".
Proprio quando stava avvicinando il sigillo, si fermò di colpo.
"Da dove arriva questa energia?" esclamò il demone che pareva spaventato e confuso.
"No, non può provenire da lui!" pensò, sempre più nervoso.
"Io... non... sono solo... Io..." disse a bassa voce il protagonista che era ancora privo di sensi.
"Cosa hai detto?" domandò l'avversario che poi, non ricevendo alcuna risposta, aggiunse: "Pensi di spaventarmi?... Muori!".
Ma, un istante prima di esser colpito, Alessandro riaprì gli occhi e, mostrando l'occhio sinistro con la pupilla estremamente dilatata e la sclera colma di vene, esclamò: "... Io ti fermerò!".
Subito dopo, con il pugno sinistro avvolto da un'aura di colore nero, traò il torace del demone. L’entità non ebbe modo di reagire e, incredulo e terrorizzato, continuò a fissare l'occhio del protagonista.
"Ma... Allora tu..." tentò di dire senza finire la frase.
Ormai in fin di vita, lasciò la presa e Alessandro cadde a terra svenuto .
Il demone, barcollando, indietreggiò.
"Non può essere... Sconfitto da un umano..." furono le sue ultime parole prima di diventare cenere e svanire.
Morto il demone, le tre ragazze caddero a terra prive di sensi.
"Cos'è successo?" esclamò Cleta, che insieme a Diviziaco si stava difendendo dai loro attacchi.
"Non sento più la presenza del demone... Alessandro lo ha ucciso!" rispose il Druido.
Anche tutti gli scheletri svanirono, e di conseguenza, il bracciale che ora giaceva a terra, perse la sua energia.
Le anime erano finalmente libere.
"Andrea, corri ad aiutare Alessandro, io vado a vedere come stanno dentro" disse Mario che entrò subito nella chiesa.
Appena vide Cleta seduta a terra, corse da lei a sincerarsi delle sue condizioni.
"Grazie" disse con un sorriso l'Amazzone mentre il Legionario l'aiutava ad alzarsi.
"Come stanno le ragazze?" chiese poi il guerriero romano.
"Bene, sono solo svenute" rispose la guerriera.
"Alessandro ce l'ha fatta!" esclamò il Druido.
"No!... ce l'abbiamo fatta tutti insieme, noi come Legio Invicta!" disse sorridendo il protagonista che aveva raggiunto il gruppo aiutato da Andrea.
"Ottimo lavoro ragazzi!" disse con un mezzo sorriso Diviziaco, che poi aggiunse: "Forza, non abbiamo ancora finito... Andiamo a recuperare il bracciale poi, vi riporterò a casa così potrete medicare le ferite e nel frattempo io teletrasporterò le ragazze a casa loro. Infine tornerò e finirò di curarvi".
Quando uscirono però, videro una persona incappucciata con il bracciale tra le mani.
"Grazie, senza il vostro aiuto non ce l'avrei mai fatta" esclamò il misterioso personaggio che, subito dopo, svanì nel nulla lasciando il gruppo confuso e pieno di domande.
"Chi era?" disse Andrea.
"Era della Setta dei Rinati?" esclamò Mario.
"Sa usare il teletrasporto?" chiese Cleta.
"Ề stato lui a rapire Giovanna?" domandò Alessandro.
Ancora una volta, toccava al Druido riprendere in mano la situazione.
"Si, era la stessa persona che ho visto durante il rapimento di Giovanna e, sicuramente, fa parte della Setta dei Rinati, ma non pensavo che oltre all'arte ermetica, sapesse usare le tecniche proprie di noi druidi... Temo che la Legione Immortale e la Setta stiano cooperando... Comunque sia, l'importante è che le ragazze siano salve. Forza, torniamo a casa!" disse Diviziaco.
Il Druido, dopo aver riportato, con l'aiuto del Ninja, le ragazze a casa, tornò dai guerrieri finendo di curare le loro ferite.
"Ho una cosa da dirvi" disse il Druido.
"C'è un altro demone da uccidere?" chiese Alessandro.
"No e non devi pensare che tutti i demoni siano malvagi, anzi hanno collaborato per il bene della terra in ato" rispose Diviziaco.
"Davvero?!" esclamò meravigliato Andrea.
"Si, sono diversi da noi, ma come noi possono scegliere se agire nel bene o nel male... Per esempio, un demone ha preso parte alla realizzazione dell'Arca" disse il vecchio.
"Wow! Certo che ne sono successe di cose in ato che noi non conosciamo" disse Alessandro che pareva incuriosito.
"Già, ma la storia non si può raccontare in un giorno o in un solo libro, ci vuole tempo... Comunque, ciò di cui vi devo parlare, è ben altro..." disse il Druido che poi, dopo un sospiro, aggiunse: "Da oggi, siete sospesi dalla Legione, tornerete a vivere la vostra vita per concentrarvi sulla scuola e quindi sull'esame!".
I due compagni di classe rimasero delusi dalla decisione.
"Ma potremmo fare entrambe le cose!" disse Alessandro.
"Già, possiamo esservi di aiuto nelle missioni" disse a sua volta Andrea.
"Non riuscirete a farmi cambiare idea. Prendetela così, adesso la vostra missione è la promozione dopodiché tornerete operativi" ribadì Diviziaco con tono calmo
e tranquillo.
Alla fine, i due giovani guerrieri dovettero accettare la decisione, sapendo in fondo che il Druido aveva le sue buone ragioni.
"Bene, con questo è tutto. Vi auguro di are delle buone feste natalizie, ci rivedremo a luglio... Ah, mi raccomando, dovrete essere promossi! Buone Feste e Buon Natale!" concluse Diviziaco.
Dopo i vari saluti, Andrea e Alessandro si diressero a casa.
"Non ci hanno mica detto che non possiamo allenarci per i fatti nostri" disse sorridendo il protagonista.
"Te lo stavo per dire io!" esclamò sorridendo Andrea.
Il Ninja che aveva ancora il compito di sorvegliarli vide e udì ogni cosa.
Per le tre famiglie delle ragazze rapite, le feste natalizie cominciarono con molte lacrime di gioia, dopo aver ritrovato le proprie figlie nei loro letti.
Non si ricordavano cosa fosse successo ma ai parenti non importava.
Erano salve, questo contava.
Epilogo
Per i due giovani guerrieri era giunto il momento di dedicarsi alla scuola, ma l'essere a conoscenza dei pericoli che aleggiavano sulla città di Torino, non rendeva le cose facili.
Purtroppo, il Druido, era stato chiaro a riguardo: "Siete sospesi dalla Legione!".
La voglia di aiutare però era troppa, ma i due sapevano che non avrebbero dovuto trasgredire l'ordine di Diviziaco.
"Se non possiamo aiutarli ora, dobbiamo prepararci per esser utili in futuro" disse Alessandro estraendo la sua spada.
"Già... Diventando più forti!" esclamò Andrea sfoderando la sua arma.
Avevano così deciso, di allenarsi per conto proprio, consci di esser indietro rispetto ai nemici ed agli stessi Mario e Cleta.
"Bel posto per allenarsi... a parte il freddo" disse il guerriero Yayoi infreddolito.
"Già, non dirlo a me! Ma questa casa che hanno preso i miei genitori in mezzo al bosco, è l'unico posto che abbiamo per addestrarci!" disse il Normanno.
Intanto, la neve cadeva ricoprendo lentamente il terreno.
Stava per avere inizio il primo di una lunga serie di allenamenti personali, ignari di essere sorvegliati dal Ninja, che li controllava da sopra un albero.
Riusciranno a diventare più forti?
Riusciranno a are l'esame?
Ma, domanda più importante, cosa li aspetterà al rientro nella Legio Invicta?