La Regina Dei Sette Cieli 5o5n11

La Regina dei sette cieli

Gli Dei dell’universo, si sa, sono otto, più il Dio Padre.

Ma ciò che molti non sanno è che inizialmente regnava uno solo.

Egli allora non aveva un nome, una figura, rispecchiava semplicemente tutto ciò che esisteva.

Oggi lo chiamiamo Dio. Un’entità superiore dotata di straordinaria e infinita potenza, colui che muove sole, stelle e galassie intere. L'essere supremo, onnipotente e onnisciente. Padrone del buio e della luce che comanda tutte le otto direzioni dello spazio. (est,nord,ovest,sud,nord-est, nord-ovest, sud-ovest, sud-est) attraverso le quali il potere cosmico si irradia, e incarnano le otto divinità che presiedono gli otto punti (cardinali e intermedi)

ò miliardi di anni creando mondi sempre più belli, milioni di razze animali diverse, piante d’incomparabile bellezza e rarità, mari con acque limpide, tempestose, monti risplendenti di colori.

Era bravo a realizzare Mondi immensi.

Espanse lo spazio all’infinito, progettò miliardi di galassie e universi.

Tutto questo non riempivano appieno la sua soddisfazione, sentiva il bisogno di fare qualcosa che lo appagasse; doveva riempire il vuoto che aveva dentro. Vedeva le sue creature lottare per la sopravvivenza e il territorio, animali contro animali, questo non gli dispiaceva ma sentiva che gli mancava qualcosa.

Un giorno improvvisamente gli venne un’idea: prese le sembianze di una PantheraBlytheae. Conosceva ogni angolo dei suoi universi ma non aveva mai provato di persona le emozioni delle sue creature. Conobbe il dolore, l’odio, l’amore; si rese conto che era quello che cercava, l'unica soluzione che avrebbe colmato il suo vuoto, era avere dei figli. Dovevacreare altri Dei come lui, coloro che sarebbero stati i suoi Principi. Era consapevole che creandoli col suo spirito avrebbero ereditato tutti i suoi poteri ma sapeva altrettanto bene che oltre ai suoi pregi avrebbero appreso anche i suoi difetti. Egli era padrone di tutto ciò che esisteva, quindi anche del bene e del male; non poteva e non voleva crearli diversamente.

Per miliardi di anni fu indeciso: il rischio era grande, sapeva che non avrebbe potuto niente contro i suoi figli, pensò che avrebbero potuto distruggere tutto ciò che da lui era stato creato.

Il bisogno di parlare, litigare, con un altro suo simile era sempre più grande: tutto quello di cui si era circondato rispondeva alle sue richieste, ai suoi ordini, alle sue leggi. Mancava qualcuno che, essendo al suo pari, lo contraddicesse.

Fu così che un giorno si decise a dare vita ai suoi figli.

Avrebbe potuto crearli direttamente ma pensò che con una madre sarebbero stati più felici; inoltre per sentirli veramente figli doveva concepirli. Dal suo spirito si strappò una costola dando vita alla sua Sposa.

Per mille anni tutto l’universo fu colmato di luce per lei, fece esplodere mille stelle che, come dei fuochi scintillanti, riempirono lo spazio di miliardi di colori.

Poi arrivò il tempo di realizzare la sua prole.

Per otto volte il suo spirito colmò il ventre della sua sposa, facendo nascere otto Dei.

Ognuno aveva acquisito una parte di personalità e potere uguale al proprio padre ma differente da quella di tutti gli altri fratelli.

Therapon nacque con la predilezione delle fiamme, Gegorio con quella per gli inferi; Anthimo era per l'amore degli animali, Kosmas aveva il dono del freddo, Basileus per la guerra, Zoter per l'innovazione, Petro per la creazione di nuovi generi alimentari e Orthros per le catastrofi naturali.

Il momento tanto atteso stava prendendo forma.

Finalmente si sentiva appagato.

Sapeva che un giorno avrebbe pianto per i suoi figli ma si sentiva soddisfatto, insieme alla sua sposa avrebbero insegnato loro il rispetto per i genitori, tutto l’altro sapere già faceva parte di loro.

La felicità della sua compagna lo appagava ampiamente, i secoli avano e con essi tutte le sue paure.

I suoi figli si amavano e si stimavano, avevano potere assoluto, potevano creare e disfare tutto ciò che volevano.

L’unica cosa proibita era il soffio di Dio. Non potevano creare creature con il loro spirito come fece il padre con loro rendendoli immortali.

Per miliardi di anni tutto procedette come Dio padre aveva comandato. Poi, un giorno, Anthimo disubbidì al padre: col suo spirito diede vita a creature simili a lui dotate di ragione, intelligenza e immortalità.

Non appena Dio Padre lo scoprì, colmo d’ira puntò il dito verso quelle nuove creature con l'intento di disintegrarle con un lampo.

La Dea Madre intervenne in tempo: “Lasciali vivere e morire per loro destino come gli altri animali, rendili mortali, perdona Anthimo, sai che le gesta sono nobili ma soprattutto non lasciare che la tua ira crei rivalità con i nostri figli”.

Dio Padre non poté che darle ragione e così fece.

Però li rese mortali: la loro fisicità sarebbe un giorno andata a svanire ma costruì un posto per le parti delle anime che il figlio aveva donato a quelle creature e lo chiamò “il Paradiso Terreste”. Li avrebbero vissuto per sempre.

Tutti gli Dei, entusiasti della novità, iniziarono a dare vita a quelle splendide creature, ne crearono due generi diversi: l’Uomo e la Donna.

I secoli avano e il Dio Padre era sempre più entusiasta della scelta del figlio; anche se l'uomo era pieno di difetti, era proprio ciò che mancava nell’Universo fino allora troppo perfetto.

I pianeti dove l'uomo aveva possibilità di sopravvivenza erano infiniti, ma in particolare in una immensa galassia vi erano sette pianeti.

Secolo dopo secolo questi mondi si popolarono di vita animale e vegetale. Ovviamente la razza dominante era l’uomo.

In uno di questi pianeti viveva ormai da migliaia di anni un popolo tanto evoluto da essere riuscito a riunire i sette pianeti in un'unica legislazione stellare. Il congresso era composto da settanta ministri, dieci di ogni pianeta; il loro potere era immenso, potevano proporre guerre o decretare la pace.

Solo una persona era al di sopra di loro, il Re Erixs.

Lui solo aveva il potere e la facoltà di emanare norme sulla condotta della guerra e sullo stato di neutralità.

Egli comandava la stanza dei bottoni, il suo mondo era chiamato “Tarmassia”. I Tarmassiani ovviamente erano il popolo dominatore, il primo che con la tecnologia aveva conquistato lo spazio stellare.

In ato avevano rischiato l’estinzione: le guerre avevano contaminato il pianeta rendendolo sterile per centinaia di anni. I pochi sopravissuti come

monito avevano salvato la documentazione dei disastri successi per colpa dello sviluppo delle armi termico”solari, delle radiazioni atomiche, delle guerre batteriologiche.

Si era deciso di eliminare ogni arma di distruzione di massa.

Ci erano voluti ventimila anni per ripopolare il pianeta.

Ora la medicina e lo sviluppo tecnologico li aveva resi quasi immortali; la vita media superava i mille anni di età. Si era creato un linguaggio universale, solamente ad alcuni popoli legati a antiche tradizioni era concesso l’uso della propria lingua, ma comunque la tecnologia super avanzata permetteva (con micro traduttori ) l’immediata traduzione.

IL RE ERIXS

Quel giorno era importante, il più importante degli ultimi mille.

La confederazione stellare aveva riunito i suoi ministri: si doveva decidere il successore di Re Erixs.

Amato dal suo popolo per averlo reso libero, aveva abolito la schiavitù permettendo a tutti i popoli dei sette pianeti di avere delle leggi proprie.

La felicità del popolo non era condivisa da una parte in minoranza, essi si

consideravano la casta prediletta, “i Taulus”.

Sfruttavano i popoli rendendoli schiavi ed erano i padroni delle miniere di “camocas” potentissima droga. Veniva inizialmente distribuita gratis, rendendo le persone schiave di essa, con lo scopo poi di poterle sottomettere costringendole a lavorare per loro.

Con questo sistema avevano portato al degrado fisico e mentale milioni d’individui pronti a morire per i loro padroni.

Con l’incoronazione di Re Erixs tutto questo aveva avuto fine, non senza lottare.

Molti morirono: ci fu una guerra fratricida, Padri contro Figli, fratello contro fratello, ma alla fine le miniere furono chiuse.

Il Re Erixs aveva cinque figlie:

Stefany era la sua primogenita. Nel suo primo anno di vita i genitori furono impegnati nelle lotte contro i Taulus quindi, per non mettere a rischio la loro primogenita, decisero di ibernarla. Stranamente l'ibernazione con lei non funzionò. Assorbì tutto il ghiaccio, i suoi occhi presero una brillantezza e una limpidità simile ai fiocchi di neve, la sua pelle diventò candida e gelida. Il Re la sottopose subito a delle analisi e scoprì che la piccola non era più indifesa. Aveva acquisito un potere molto potente: poteva ghiacciare in pochissimo tempo tutto quello che la circondava.

Il Re si ricordò che aveva pregato il Dio Komas di proteggerla. Capì che era stato lui che, per ringraziare il Re di averle affidato la bambina le , aveva dato in dono quel potere.

Alexandra era conosciuta per le sue doti da affermata scienziata: con la medicina aveva potenziato la sua mente, riusciva a spostare gli oggetti col pensiero, e inoltre aveva inventato il vaccino contro la morte bianca, malattia di cui soffriva gran parte del pianeta. I bambini erano stati i più colpiti: nascevano con le ossa prive di minerali, quasi allo stato liquido, non avevano nessuna speranza di vivere, le famiglie terrorizzate non procreavano più, e il mondo stava per diventare sterile. La sua scoperta scientifica le era valso “il Benol”, il merito più grande che uno scienziato potesse ricevere. Il Dio Teerapon aveva voluto premiarla per la sua devozione dandole il dono delle fiamme.

Elisabeth era conosciuta per la sua particolare predisposizione a cacciarsi nei guai. Tutti ricordavano di quando, a soli otto anni, in visita con suo padre in una centrale per lo smaltimento dei rifiuti solidi, nessuno si era accorto di quella bambina che, entrata nascostamente nella stanza dei comandi e digitando codici a caso, aveva diretto il raggio verso l’esterno creando una spaccatura della crosta terrestre. Solo il pronto intervento di un tecnico aveva salvato la città vicina. Per non parlare di quando aveva preso la Lamborgyet del padre, andandosi a schiantare contro un laboratorio gravitazionale. Ne era uscita viva per miracolo. Non si contavano più i guai che era riuscita a creare.

La telespazio (la più potente centrale di telecomunicazione spaziale teneva informati i sette pianeti delle più importanti notizie col l’invenzione delle onde spazio temporali si poteva trasmettere da un satellite quasi al centro dei sette pianeti, in diretta) non perdeva occasione per trasmettere a tutti e sette i mondi le novità che la piccola Principessa creava saltuariamente. I suoi guai in diretta avevano un indice di ascolto superiore ai più grandi eventi.

A Orthros (Dio delle catastrofi naturali) era piaciuta talmente tanto che le aveva

dato il dono di poter creare gli uragani a suo piacimento.

Haresera la più misteriosa, si narravano tante leggende sul suo conto. Si diceva che praticasse la magia nera, occultismo e illuminismo. Nessuno conosceva i suoi poteri, ma tutti la rispettavano. La gente diceva che potesse entrare col suo spirito nel corpo di un animale trasformandolo in un’arma letale, che col suo sguardo potesse penetrare nell’inconscio delle persone trasmettendo paure, freddo, caldo. Erano convinti che grazie ai suoi poteri fosse diventata non un membro, ma parte integrante del mondo oscuro. Si vociferava che, innamoratasi di un principe del terzo Regno galattico, con una magia lo stregò e quando se ne stufò, lo lasciò senza tanti complimenti facendolo sprofondare nella pazzia. Il Dio Gegorio amava le persone che riuscivano a praticare la magia, lo divertivano, e un giorno volle donarle il potere di vedere al di là del buio, e il potere della morte; poteva rimanere senza respirare, mangiare, bere per giorni, poteva anche dare lo stesso potere a un piccolo gruppo di persone a lei vicino.

Yulia era la più piccola, si capiva subito da quel suo viso angelico che era per la pace del mondo. Amava tutto ciò che gli Dei avevano creato. Voleva studiare e conoscere ogni singola creatura per poterla capire e aiutare.

Era suo solito liberarsi dai suoi abiti principeschi e fuggire fuori dalle mura del castello travestita da una qualunque boscaiola, con un mantello celeste che col cappuccio le copriva metà viso. Andava alla ricerca dei suoi amati animali. Un giorno aveva visto un violento cacciatore scagliare un braccialetto a raggi paralizzanti contro un cerbiatto e aveva spinto l'animale con tutte le sue forze per evitare l'arma, rischiando di essere colpita in pieno. Se il braccialetto l'avesse sfiorata sarebbe morta: non esiste rimedio contro la paralisi che provoca. Questo suo nobile gesto fece scendere sulla Termassia una lacrima dal volto del Dio Anthimo, che bagnando la fronte della ragazza le donò gli occhi da cerbiatta, con tanto di capacità di comunicare con gli animali.

Poiché il Re in carica aveva solo figlie femmine, i discendenti maschi più vicini

al Re erano i figli di suo fratello, suoi nipoti.

Essi erano l’unica speranza da parte dei “Taulus”.

Il Principe Morus era un grande condottiero, famoso per la sua forza e il suo coraggio ma anche per la sua cattiveria, amato e odiato dal popolo. Si esibiva spesso nelle arene in gare planetarie, di forza e abilità, mai clemente con i suoi avversari che spesso perdevano la vita. Lui avrebbe voluto che il suo popolo avesse dominato gli altri sei pianeti, era contrario alle idee di suo zio il Re Erixs. La paura era nei cuori di molti: se fosse stato lui il designato si sarebbe tornati a un regime di sottomissione.

Il fratello maggiore, il potentissimo Principe Agladius, avrebbe sicuramente proposto la sua candidatura. Comandante di tutte le truppe stellari dei sette regni, i suoi guerrieri venivano scelti uno per uno dai capi della sua personale armata ed erano chiamati gli invincibili, i Simanai. Era fedele al suo Re. Amava e insegnava il codice d’onore degli antichi abitanti del pianeta. I suoi soldati erano pronti a morire per lui. Poteva impadronirsi del potere con la forza ma avrebbe perso la stima del suo popolo.

Il Congresso era riunito nella sala magna in uniforme impeccabile; i settanta ministri dei sette pianeti incutevano un riverente silenzio.

Fuori del palazzo migliaia di guardie imperiali faticavano per tenere a bada l’enorme folla riunitasi per l’occasione.

L’ingresso sul palco centrale di Re Erixs fu rotto da uno scroscio di applausi. Con la mano alzata il Re chiese la parola: “So che manca poco alla fine del mio

regno, ho regnato per mille anni e come stabilisce la legge devo decidere il mio successore. Come tutti sanno io non ho figli maschi, i miei più prossimi discendenti sono i Principi Agladius e Morus, essi hanno facoltà di proporre al popolo la loro candidatura; se essi rinunceranno verranno invitati tutti i principi dei sette pianeti a proporsi . Si dia inizio al cerimoniale”. Due donne vestite da antiche guerriere portarono su un tavolo un bellissimo arco fatto con due corni, ornato di preziosi metalli, di lato una faretra in pelle piena di frecce piumate con antiche scritte.

Un cerimoniere di corte prese la parola: “Se c’è un candidato al trono si faccia avanti”. Da una porta laterale il Principe Morus con la sua imponente uniforme avanzò verso il centro della sala. Con un cenno della mano il cerimoniere lo fermò a tre metri dal tavolo e ad alta voce (pur conoscendolo) gli chiese di presentarsi. Il Principe elencò tutti i suoi titoli e meriti, e la sua discendenza Reale, finito di parlare il cerimoniale: “Dì al tuo popolo perché vuoi governarlo?”. Un video scese dall’alto e si fermò poco lontano da lui, il Principe: “Voglio governare per far tornare agli antichi splendori il mio popolo, la pace è una bella cosa ma rende i popoli deboli, voi tutti sapete che un popolo per mantenere l’ordine ha bisogno di potenziare le sue difese, i popoli degli altri sei pianeti grazie a noi stanno sviluppando la scienza e la tecnologia, verrà giorno che saranno più forti di noi e decideranno di sottometterci, io voglio attaccare per non essere attaccato, dobbiamo tornare a essere una potenza guerriera, il Re, mio zio in questi mille anni ci ha fatto perdere dignità e rispetto verso i popoli degli altri pianeti”. All’esterno del palazzo la folla incitata dal discorso del principe non smetteva di applaudire.

In un secondo tutto tornò alla calma, sia all’esterno che all’interno: gli immensi video inquadrarono la mano destra del Re che chiedeva la parola.

Il cerimoniere, seguendo il rito “la parola al Re”, il Re: “Dove eri quando io al comando dei miei soldati rischiavo la mia vita per liberare il mio popolo dalla schiavitù? Io so dove eri, stavi ben nascosto e protetto nel tuo palazzo. Ti ho amato come un figlio ma tu sei sempre stato ostile, se tu sarai Re spero e prego il

Padre degli Dei che ti illumini di saggezza”. L’applauso che seguì sia dentro il palazzo che fuori non si sarebbe interrotto se il gran cerimoniere non avesse preso la parola: “Se tu ami il tuo popolo e vuoi governarlo con saggezza, giustizia, onore e rispetto Principe Morus prendi l’arco sacro e scaglia la freccia, essa ci dirà se sei nel giusto”.

A dieci metri un grosso cerchio venne fatto girare da due giganteschi guerrieri in abbigliamento della loro antica tribù; in esso incisioni antiche in un mosaico che decantava antiche e fantastiche avventure di grandi eroi che avevano portato il popolo dei Tarmassani allo splendore odierno.

Il principe Morus, con grande imponenza, prese in mano l’arco e lo caricò con una freccia e senza indugio lo scagliò con forza verso il cerchio; la freccia venne esaminata su un video da tre saggi su un tavolino alla destra del cerchio. Tutti tacquero in attesa del responso, interminabili minuti lasciarono tutti senza fiato.

Sembrarono litigare fra di loro come se il verdetto fosse di difficile interpretazione.

Poi finalmente uno di loro con alzata di mano chiese la parola che gli venne concessa. Rivolto al principe: “Hai dimostrato la tua forza e il tuo carattere degni di un Re ma la tua saggezza non lo è, pertanto il giudizio è concorde nel darti il cinquanta per cento”. Indignato il principe Morus mancando di rispetto a tutti voltò le spalle e andò via.

Il sacerdote cerimoniale ripeté il rito iniziale: “Se c’è un candidato al trono si faccia avanti”.

Come da un copione precedente la pesante porta viene aperta per far entrare il Principe Agladius, con un cenno della mano il cerimoniere lo ferma a tre metri dal tavolo e ad alta voce (pur conoscendolo) gli chiede di presentarsi. Il Principe elenca tutti i suoi titoli e meriti, e la sua discendenza Reale. Finito di parlare il cerimoniere: “Dì al tuo popolo, perché vuoi governarlo?”

Come prima un video scende dall’alto e si ferma poco lontano da lui, il Principe: “Voglio governare il mio popolo per garantire prosperità e sicurezza, voglio che il mio popolo si senta sicuro che mai nessuno oserà attaccarci, i nostri nemici devono rispettarci altrimenti per essi sarà la fine”. L’applauso era alle stelle ma nei monitor del Re vi erano anche le piazze degli altri pianeti e li nessuno applaudiva, alzando la mano il Re chiese la parola: “Principe Agladius tu sai che per me sei sempre stato il figlio maschio che non ho avuto, tu eri al mio fianco in battaglia, insieme abbiamo visto morire mio fratello, Tuo Padre, da eroe, ma mentre io ho ancora i ricordi e le atrocità della guerra tu l’hai dimenticata, perché anziché usare la forza non fai amici i tuoi nemici dandogli gli stessi diritti che ha il tuo popolo?”

Il Principe Agladius: “Noi siamo gli eletti se Dio ci ha fatti superiori vuol dire che siamo nati per comandare”.

Il Re: “Forse un giorno sarai tu a governare, quel giorno ricordati le mie parole”. Col cenno della mano il Re indicò al cerimoniere di continuare, il cerimoniere: “Se tu ami il tuo popolo e vuoi governarlo con saggezza, giustizia, onore e rispetto, prendi l’arco sacro e scaglia la freccia essa ci dirà se sei nel giusto”. Come prima il cerchio viene fatto girare da i due giganteschi guerrieri.

Il Principe Agladius, prima di prendere l’arco in mano, si china davanti ad esso in segno di rispetto, lo prende in mano e carica una freccia mantenendo tutti col fiato sospeso per due minuti fermo, immobile come una statua; poi finalmente si decide a scagliare la sacra freccia permettendo a tutti di tornare a respirare. I tre saggi esaminano il risultato; questa volta senza dubbi, la sentenza: “Principe

Agladius l’arco sacro non mente vede in te un grande Re, capace di mandare avanti il tuo popolo ma stranamente non ti dà il massimo del punteggio che rimane al sessantacinque per cento, ma che comunque è più alto di tuo Fratello, e se nessun’altro si proporrà alla candidatura tu per legge Divina e planetaria sarai incoronato Re dei sette Cieli”.

Pur sapendo che nessun altro potesse candidarsi il cerimoniere doveva recitare il rito: “Se c’è un candidato al trono si faccia avanti”.

Con grande meraviglia di tutti il portone si aprì: tutti si chiedevano chi potesse essere dal momento che altri principi di sangue reale discendenti da Re Erixis e suo fratello non vi erano. Dal portone spuntarono dei lunghi boccoli biondi, tutti riconobbero subito quel volto tanto pacifico e quegli occhioni da cerbiatta di un verde d'autunno. Era la Principessa Yulia, con un abito bianco di seta e una corona di fiori rosa faceva il suo ingresso nella sala; il Re vide dai monitor tutte le piazze di tutti i sette mondi applaudire il suo ingresso, nessuno capiva cosa stesse succedendo, ma era chiaro che fosse amata dal popolo più di quanto non lo fossero i suoi cugini di sangue.

Il cerimoniere senza parole rivolgeva lo sguardo verso il Re, sperando in qualche spiegazione razionale.

Con la destra alzata il Re chiese la parola: il silenzio improvviso fece capire che tutti erano ansiosi di una qualsiasi spiegazione logica, da tutti i mondi in collegamento calò il silenzio; il Re era rimasto pensieroso cercando di capire cosa volesse la Principessa Yulia.

Respirando profondamente rivolto alla figlia: “Principessa, Figlia, cosa ti ha spinto a irrompere qui durante questa sacra cerimonia? Conoscendoti so che deve esserci un grave motivo. Perciò dimmi Figlia mia..” La Principessa: “Padre,

il grave motivo che mi ha spinta a presentarmi a questa sacra cerimonia è il terrore che una persona indegna possa governarci. Io sono qui in veste di pretendente al trono”. un mormorio si levò in tutta la sala. Il Re “Figlia mia il trono spetta a un discendente maschio e temo di doverti ricordare che sei una donna”. La Principessa: “Padre forse sono io che devo ricordarti qualcosa che sicuramente, dati i tuoi anni, ti sei scordato: in base alle nostre leggi, che forse sono in disuso perché antiche, ma mai abolite, le Principesse di sangue reale possono salire al trono se gli viene concesso dagli Dei”. Il Re: “Ma era un rito tribale, antico e crudele. Nei millenni tutte le Principesse che hanno tentato sono morte, è stato studiato per impedire il trono a delle donne che con la loro debolezza possono mettere in pericolo il sistema, e poi io non posso darti il mio consenso, non voglio perdere una figlia”. La Principessa: “In questa sala si sta decidendo il destino di sette mondi, spetta ai ministri decidere se è giusto o sbagliato, io mi affido al giudizio degli Dei”.

I ministri comunicando tra loro con dei piccoli monitor, arrivarono a una conclusione. Il primo ministro prese la parola: “Re Erixs questa legge come tante altre non vengono più usate da millenni perché considerate barbare ma se non sono state abolite rimangono valide. Il popolo ci guarda, dobbiamo rispondere a lui e se oggi non rispettiamo noi le leggi come potremo giudicare gli altri, pertanto col cuore spezzato dal dolore per l’affetto che provo per la Principessa devo dargliene atto. Ha diritto alla legge degli Dei che comprende dieci prove da cui deve uscirne indenne se vuole essere incoronata Regina dei sette Cieli”.

Rivolto ai ministri: “A ognuno di voi do il compito non facile di scrivere le dieci prove, potete farle semplici o complicate, l’unica regola è che ognuna di queste deve comprendere il rischio della vita, le prove che non rispetteranno questa regola saranno eliminate”.

I settanta ministri col loro piccolo monitor si misero al lavoro. Ci vollero due ore per riuscire a metterle insieme. Vennero scritte e messe dentro un computer e poi il primo ministro rivolto alla Principessa disse: “Domani all’alba in diretta col tuo popolo potrai scegliere tra queste settanta la tua prima prova, come tuo

diritto potrai are la notte nel tempio sacro per pregare gli Dei affinché veglino su di te e ti faccia superare la prima prova, ora devi dire a tutti perché vuoi diventare Regina?” La Principessa Yulia: “Amo i sette pianeti, amo chi li abita, amo la loro natura ma soprattutto amo vederli felici. Se gli Dei me lo concederanno, girerò ogni angolo di ogni pianeta per assicurarmi che tutti possano vivere nel miglior modo possibile. Farò in modo che cessino le lotte tra la vita e la morte”.

Prima che il gran cerimoniere procedesse col rito dell’arco, la Principessa con mossa fulminea lo afferra e una dopo l’altra scaglia due frecce centrando in pieno quelle già nel cerchio. In tutti i sette mondi la gente applaudiva gridando slogan di gioia, il Re non potendo resistere oltre si alza dalla sua poltrona e fa per andarsene, ma come esprimendo un ultimo sdegno con la sua pesante mano spacca in due uno dei suoi molteplici video che gli comunicavano la gioia dei suoi sudditi ma anche l’imminente paura verso la sorte della sua prediletta Figlia.

Nel mentre i tre Saggi esaminavano la risposta delle sacre frecce, dalle facce stupite si capiva che fosse successo qualcosa d'insolito. Quasi balbettando uno dei tre si alza in piedi e a fil di voce dice: “Novantaper cento di probabilità che sarà una grande Regina”.

Le grida e la confusione aumentavano ogni secondo. Uscita tra gli applausi la Principessa, il gran cerimoniere si presta a pronunciare la solita formula rituale: “Se c’è un candidato al trono si faccia avanti”. Ormai tutti stanchi erano pronti a lasciare la sala pensando che oramai i giochi fossero conclusi, quando invece il portone che serviva a far entrare i pretendenti si aprì nuovamente. La Principessa Stefany col suo volto candido i capelli scuri che le cadevano sul viso, vestita da vera Lady, fece il suo ingresso nella sala: gli applausi dei settanta ministri fecero tornare sui suoi i il Re che allibito borbottava in un’incomprensibile lingua.

Il solito cerimoniere: “Principessa ti prego di presentarti al tuo popolo”.

Principessa Stefany: “Io sono la primogenita di Re Erixs pretendente al trono dei sette Cieli, voi tutti conoscete il mio valore. Chiedo anche io di essere sottoposta al giudizio degli Dei come mia sorella”.

Il Re non volle intervenire, ma pensò che, se anche avessero superato le prove, poi avrebbero dovuto affrontare i suoi due nipoti, non avrebbero permesso loro di tornare vive: la sete del potere gli avrebbe resi pericolosi e disposti a tutto, li conosceva bene.

Le sue figlie non avevano nessuna probabilità di farcela e lui con il suo immenso potere non poteva intervenire.

Il cerimoniere chiese il perché la Principessa volesse diventare Regina. “Voglio dare a tutti i popoli dei sette pianeti altri mille anni di pace, non permetterò a quegli impavidi dei miei cugini di governarci. Sarebbe un disonore”.

Gli applausi accompagnarono la freccia nel punto esatto del centro, facendo aumentare notevolmente le grida di incitamento.

Il responso dei saggi ancora una volta segnarono un novanta per cento.

Il Re pensava che in effetti la bravura delle figlie fosse insuperabile, ma questo non le avrebbe salvate.

Il primo ministro gli disse che essendo alla pari con la sorella per diritto di primogenita spettava a lei regnare se avesse superato le dieci prove.

La gente per le piazze non accennava a diminuire, quasi fossero coscienti che le sorprese non erano finite.

Quando il cerimoniere pronunciò le fatidiche frasi all’apertura della porta fece il suo ingresso la Principessa Alexandra con i suoi capelli lunghi e lisci di un castano dorato, gli occhi da felino e un vestito a dir poco lussuoso. Il cerimoniere chiese anche a lei perché volesse Regnare, e lei rispose: “Io non ho tempo per regnare, ho dedicato la mia vita a salvare le persone e se le mie sorelle dovessero fallire porterò io avanti ciò che ci ha insegnato nostro padre, governando con amore e rispetto per il suo popolo”. L’ammirazione per la Principessa era stellare urla di gioia si levavano da tutti i mondi.

Il cerimoniere tentava di prendere la parola ma era quasi impossibile, il Re con lo sguardo chino nascondeva la sua emozione.

ò del tempo ma poi finalmente la calma tornò, e quando arrivò il momento di lanciare la freccia, senza scomporsi la Principessa Alexandra con la sola forza della mente caricò l’arco sacro e fece partire la sua freccia che alla velocità del suono si piazzò nel punto esatto dove si trovava la freccia del principe Morus, scalzandola e facendola cadere insieme alla freccia conficcata dalla sorella.

In un secondo tempo sempre con la mente fece tornare nel cerchio la freccia della sua sorella. Il Re pensò che non era il caso di far arrabbiare il Principe Morus, perché sicuramente già lo era abbastanza. Il verdetto dei saggi gli comunicò che anche lei aveva avuto il novanta per cento di punteggio.

La Principessa uscì con grande grazia, il popolo e i Ministri ormai erano in attesa della prossima, la Principessa Elisabeth, la più esperta del pianeta di guerre e

catastrofi: la sua simpatia era quanto di più grande ci poteva essere, oltre che per la sua bravura era conosciuta (forse anche di più) per il suo modo di vivere grandioso, amava circondarsi di amici comuni, vestiva come loro, non aveva un comportamento reale come avrebbe voluto il Re suo padre che non poteva fare altro che toglierla dai guai.

Quando il portone del congresso fu riaperto, come tutti si aspettavano, fece il suo ingresso la terza figlia del Re, la Principessa Elisabeth; avrebbe mancato i modi del suo stile se non fosse entrata a bordo di una fiammante moto volante con vestito rosso e capelli al vento.

Aveva la carnagione scura abbinata ai suoi grandi occhi e labbra carnose. I ministri anziché ammonirla per la sua stravaganza, risero di gusto.

Il solito cerimoniere gli chiese le sue origini, rispose: “Sono Elisabeth Principessa e terza figlia del Re, sorella del mio popolo sono qui per conquistare il trono di mio Padre”. Le chiese il perché: “Se c'è qualcuno in grado portare il proprio esercito a vincere le guerre quella sono io. Non sicuramente quei cacasotto dei miei cugini. Con questo non voglio dire che dichiarerò guerra ai popoli degli altri pianeti ma posso assicurarvi che se qualcuno volesse attaccarci se ne pentirebbe amaramente”.

Il cerimoniere: “Scaglia la freccia sacra, essa ci dirà se il tuo cuore è puro”. La Principessa prese l’arco, lo caricò con una freccia, poi, giratasi di spalle, lanciò la freccia colpendo il cerchio in movimento; i saggi dopo aver esaminato attentamente il punto esatto calcolarono con i loro strani strumenti il punteggio.

Il mormorio dei tre mette in ansia tutti, poi il verdetto.

Uno dei saggi si alza per annunciare il punteggio: “novantanove per cento”. Il ministro incaricato: “Se Dio vorrà tu sarai nostra Regina”.

Nelle piazze di tutti e sette i pianeti la gente sembrava impazzita dalla gioia, ad alta voce la acclamano. Salita sul suo mezzo prima di guadagnare l’uscita con una sterzata acrobatica strappa il copricapo al primo Ministro, gli altri ridono divertiti, anche il Ministro ride per lo scherzo: conosce la Principessa da tanto tempo e di scherzi ne ha subito parecchi, ormai non si arrabbia più.

La cerimonia riprende, tutti si chiedono se anche la Principessa Hares si proporrà.

La loro attesa non viene sprecata, la Principessa in questione appare come d’incanto: capelli nero d'avorio carnagione scura e occhi grandi e profondi con ciglia lunghissime. L’applauso che segue il suo ingresso è fragoroso: tutti la fissano con la speranza e la curiosità di sapere qualcosa in più sul suo conto.

Le viene chiesto il suo titolo, la Principessa: “Io sono la Principessa Hares figlia di Re Erixs come già sapete”. Colpiti nel vivo tutti tacciono. Il cerimoniere decide che è arrivato il momento di rompere il silenzio: “Principessa perché vuoi diventare Regina?” La Principessa: “Io sono qui per mio diritto ma soprattutto per proteggere le mie sorelle, col mio potere ho visto che già qualcuno trama contro di loro, non permetterò a nessuno di fargli del male potete scommetterci”.

Lasciando ammirare lo strascico nero del suo vestito volse le spalle per andarsene: il cerimoniere le ricordò che doveva scagliare la freccia sacra. La Principessa indicò allora il cerchio con un dito, facendogli notare che già l’aveva fatto, anche se nessuno se ne era accorto.

Tutti rimasero ammutoliti. I tre saggi, esaminata la freccia, si resero conto che la punta di essa era divisa in tanti piccoli pezzi che formavano un cerchio, al suo centro miracolosamente stavano le altre frecce delle quattro sorelle mentre la freccia scagliata dal Principe Agladius giaceva per terra, letteralmente incenerita.

Anche se nessuno poteva giurare di averla vista uscire, la Principessa non si trovò più nella sala.

La notte come da rito le cinque principesse si recarono nel tempio sacro per pregare gli Dei.

Il tempio era diviso in otto angoli raffiguranti gli otto Dei.

Al centro di essi vi era una imponente statua che troneggiava tra tutte, era dedicata al Dio padre. Pregarono sino a tarda notte pur sapendo che l’indomani avrebbero dovuto essere in perfetta forma.

La mattina puntuali le ragazze si recarono nel palazzo del congresso per sapere quale fosse la prima prova che avrebbero dovuto affrontare.

Ci fu una grande discussione: molti ministri sostenevano che ogni Principessa dovesse decidere la prova che avrebbe dovuto affrontare. L’intervento del primo Ministro fece notare che nessuna legge diceva che le prove dovevano essere differenti, ma la gran parte di loro non la pensava così.

Arrivò un messo che, scusandosi, chiese di poter consegnare al primo Ministro

un Decreto Reale: con quel documento il Re rendeva valida la scelta di una per tutte cinque e finalmente si poté procedere. Poiché nessuno volle prendersi la responsabilità di scegliere un posto dove le principesse avrebbero potuto lasciarci la pelle, decisero che sarebbero state le ragazze stesse a decidere la loro sorte. Iniziarono per grado d'anzianità, quindi per prima toccò a Stefany. I settanta bottoni sembravano la tastiera di un gioco elettronico con l'impeccabile dettaglio che nascondevano pericoli mortali, l’indecisione era visibile, inoltre la sorella Elisabeth sbuffava in continuazione non permettendole di concentrarsi.

Per loro fortuna Hares entrò nel suo inconscio per comunicarle di premere il numero ventidue. La Principessa Stefany calcò il pulsante con decisione.

Benché tutti potessero vedere la scelta fatta dal proprio monitor il primo Ministro lesse ad alta voce: “La prima prova si svolgerà nella Foresta delle Pietre Diaboliche, colei che troverà la chiave per aprire lo scrigno che custodisce lo scettro reale avrà vinto la sfida”. Fece una breve pausa e aggiunse: “La chiave è stata trasformata in pietra, sarà davvero un’impresa ardua riconoscerla. Man mano che progredirete vi manderemo degli indizi. Naturalmente il canale Galaxyan vi trasmetterà in diretta 24h su 24 in tutti e sette i pianeti”.

La folla impazzita per la notizia iniziò a creare disordine, l’intervento del Re con la sua possente voce amplificata da decine di auto parlanti fece piombare l’immensa sala e, le folle nelle piazze nel silenzio.

Con la mano il Re diede la parola al ministro che finalmente poté continuare: “Potrete portare con voi una sola persona per aiutarvi nella prova, avete trenta tramonti, da oggi, entro i quali dovete riuscire nell’impresa” Yulia: “non possiamo perder tempo, dobbiamo pensare in fretta”. Non era facile scegliere la persona giusta che potesse guidarle, serviva un esperto di quella zona. Come prima mossa chiesero giudizio al loro saggio padre, andarono sul sicuro poiché sapevano che nei suoi mille anni di trono aveva conservato abbastanza esperienza in ognuno dei sette pianeti, e chi meglio di lui le avrebbe potute

aiutare?

Il Re disse che la foresta si trovava nel pianeta Agon quarto in importanza. La zona del pianeta che interessava loro era popolata dai Bluni, esseri di colore blu, un popolo ribelle che non accettava la civiltà e più volte si scontrava con le legioni governative. Le donne avevano le labbra rosse e la carnagione blu quasi a sembrare delle fate, avevano un aspetto ingannevole. Erano esse che comandavano, dotate di una forza superiore agli uomini. Raccomandò più volte di farci molta attenzione, in particolare alla loro regina Apea. Dicevano che amava combattere corpo a corpo e che nessuno era stata in grado di batterla; la sua arma preferita era la lancia, riusciva a centrare un cuore da trenta metri.

Raccontò la storia di come l’avesse conosciuta.

Un giorno il Re aveva deciso di andare personalmente a salvare il popolo dei Bluni poiché non facevano altro che distruggersi a vicenda con inutili battaglie contro dei colonizzanti.

I Bluni lo portarono a far visita alla Regina. Due guerriere tentarono di farlo chinare in segno di rispetto. Con un gesto della mano Apea le fermò e disse: “Un Re non si china davanti a un suo pari”. Meravigliato Erixs le chiese: “parli la mia lingua?”

La Regina: “Non solo ma conosco le tue gesta nobili Re Erixs, noi abbiamo scelto di vivere come i nostri avi, con le nostre tradizioni ma non siamo ignoranti, tutti qui fin da piccoli imparano la lingua nazionale di Agon, io essendo Regina ho studiato tutte le sette lingue nazionali dei sette pianeti, ora ti chiedo perché sei venuto armato nel mio regno?”

Erixs, mentendo: “Non conoscevo la tua bellezza mia Regina, se avessi saputo avrei armato i miei soldati di fiori”. La Regina: “Ho sempre ammirato le tue gesta adesso che ti vedo di persona noto che non è solo la forza che ti ha reso famoso ma anche la tua diplomazia, ma non credo che tu abbia attraversato lo spazio e rischiato la vita nella foresta soltanto per farmi complimenti”. Il Re: “No, sono venuto a chiederti di non aggredire più i coloni, di rendere liberi quelli che hai reso schiavi, ti sto offrendo la pace”. La Regina alzando la voce: “Quelli che tu chiami schiavi hanno invaso la mia terra, hanno ucciso, e tu mi chiedi di lasciarli liberi? Dimmi quale pena c’è nel tuo mondo per l’omicidio?” Il Re: “Per avere la pace bisogna dimostrare di volerla veramente dando segnali positivi, tu hai subito dei torti da loro, ma anche i coloni da voi”.

Cambiando tono la Regina: “Chi mi garantisce che manterrai la parola di pace?”

Il Re: “Io ti do la mia parola, i coloni che non osserveranno le leggi saranno sottoposti alle nostre pene più crudeli. Mentre i tuoi sudditi che commetteranno danni ai coloni ti verranno consegnati e tu dovrai punirli in egual modo. Abbiamo a che fare con parecchie teste calde, non posso garantirti che non succederà più niente, ma posso dirti che da oggi la legge sarà più severa”. La Regina: “Io non so se tu sei nel giusto, sarà la lancia sacra che deciderà per noi”. Gli spiegò che doveva stare a trenta i di distanza attaccato a un palo con in testa un “melanio” (frutto poco più grande di una mano) e scegliere una guerriera: se fosse stato nel giusto la guerriera avrebbe centrato il frutto, in caso contrario avrebbe centrato la sua testa. Diedero al Re la possibilità di rifiutarsi e rinunciare così alla pace. Erixs accettò senza pensarci due volte e scelse la Regina per il lancio della lancia.

Apea tornò indietro di quaranta i e senza aspettare il via si mise a correre, arrivata a trenta i lanciò la lancia con un urlo che fece accapponare la pelle. L'arma colpì in pieno il frutto bagnandogli la testa di rosso. Il Re perse la sua proverbiale calma, prese la lancia e tra lo stupore generale la lanciò verso la Regina facendola conficcare per terra proprio in mezzo ai suoi piedi.

Le guerriere aspettarono l’ordine di ucciderlo quando improvvisamente lei incominciò a ridere contagiando tutti. Era rimasta affascinata dal suo coraggio, tanto che lo trattenne nel suo regno altri due giorni per preparare il trattato di pace.

Così prima che Erixs tornasse gli aveva dato in dono uno dei suoi sudditi, che conosceva ogni roccia e ogni angolo di quella regione inospitale.

Il re continuò con la descrizione del posto. Le cinque Principesse lo ascoltavano in silenzio. Raccontò che possedevano dei bellissimi Mavani, destrieri a quattro zampe, velocissimi animali onnivori, capaci di divorare qualsiasi cosa. Inoltre il tutto era circondato da Pietre pericolosissime che assorbivano qualunque cosa le toccasse. La foresta era la zona più concentrata. Potevano trovarsi ovunque: sotto la sabbia, dentro le acque, mascherate da piante piene di frutti etc. Assumevano i colori della vegetazione e ogni qualvolta che assorbivano i minerali che compongono il corpo di noi esseri umani crescevano inesorabilmente.

“Figlie mie avete preso una decisione e non posso fare altro che darvi la mia benedizione, non fidatevi di nessuno specialmente dei vostri cugini sono capaci di prepararvi un’accoglienza mortale”.

Detto questo il Re suonò un camlo e da una porta entrò un uomo della razza dei Bluni. Si presentò col nome di Balù. Le principesse salutarono il Re padre e si prepararono velocemente.

Fuori le attendeva una folla enorme radunata per un caloroso augurio. Raggiunsero con fatica il mezzo di trasporto schivando quante più persone possibili. Partirono immediatamente per evitare una tempesta magnetica. Salirono sul jet spaziale temporale, ognuno raggiunse la propria cabina di

protezione anti”radiazioni e poi partirono, via alla velocità della luce.

Grande invenzione, pensò Alexandra, un viaggio di due anni trasformato in un secondo. Non potevano tornare indietro nel ato ma con quella invenzione si poteva fermare il tempo e arrivare a destinazione nello stesso momento in cui si partiva.

Il robot annunciò l’arrivo a una base satellitare del pianeta Agon, da lì con un mezzo spaziale le Principesse vennero portate sul pianeta.

Anche se la base era recintata si sentivano le urla di incitamento degli Agoniani le loro gesta avevano varcato i confini dello spazio. Questo mondo era stato il primo a essere colonizzato dai Tarmassani ma, si sa, colonizzare è una scusa per dominare un altro popolo: il Re Erixs gli aveva reso la libertà e l’autonomia accettandoli come stati planetari uniti della confederazione. Una parte in minoranza non aveva accettato le leggi universali e tramava segretamente contro il governo.

Scontri e manifestazioni erano all’ordine del giorno: in particolare il loro capo “Atzakin” riusciva a incantare le folle. La sua vera natura era criminale: inizialmente creava disordini mandando le sue milizie ben addestrate nelle sedi degli altri partiti con l’intento di provocarli. Per tre anni gli era stato impedito di parlare in pubblico, ma non si era arreso, anzi, aveva iniziato una campagna contro il governo con manifesti e volantini con slogan antigovernativi e contro la confederazione planetaria.

Per questo motivo un imponente cordone militare si strinse attorno alle Principesse. Si sentivano responsabili della loro incolumità, se fosse successo loro qualcosa il Re Erixs non li avrebbe perdonati. Tutti i ministri facevano a gara per star il più vicino possibile alle principesse, i video spaziali temporali

trasmettevano ininterrottamente i loro spostamenti e stare a fianco loro voleva dire farsi propaganda.

La loro fama, simpatia, eleganza e fascino erano indiscusse. Elisabeth scherzosamente sottovoce disse a Yulia: “Mi dai un disintegratore per far sparire tutti?”

La risata di Yulia fece girare tutti, e lei si tappò immediatamente la bocca con la mano.

Finita la cerimonia di benvenuto le Principesse e Balù vennero pregate di salire su un taxiplano per raggiungere la loro destinazione.

Giunte al confine, dopo mille raccomandazioni, il comandante con la sua scorta armata decise che era arrivato il momento di lasciarle con in mano il loro destino.

Alexandra: “Per prima cosa, via questi abiti ingombranti”.

Dagli zaini ognuna prese indumenti pratici e meno ingombranti dei vestiti eleganti indossati prima.

Stefany disse a Elisabeth: “Ma guarda che belle scarpe ti sei portata, fai un po' vedere”

Senza alcun sospetto gliele porse. Stefany con un colpo secco contro una quercia staccò i tacchi alti dalle scarpe di Elisabeth.

“Cosa diavolo hai fatto?” le gridò contro, e Stefany rispose: “Quei tacchi sono l'invito a prenderti di mira, saresti la più lenta e quindi la più a rischio. Per affrontare una foresta piena di insidie devi avere la suola sotto i piedi, non dei trampoli”. Dovettero intervenire le altre tre per separarle.

Dopo i chiarimenti iniziarono il lungo viaggio. La foresta aveva un aspetto davvero inquietante, vi erano querce larghe e alte quanto un grattacielo con rami che ti afferravano se ti fossi avvicinato troppo; la terra possedeva svariati buchi di cui non si riusciva a vedere il fondo; i fiori erano l'unica fonte di colore vivo ma se strappati dal loro gambo emettevano dei gas mortali. Si sentivano continui rumori come se fossero seguiti, camminarono per tutto il giorno schivando per un pelo gran parte dei pericoli disseminati nella foresta. A sera inoltrata decisero di accamparsi. Balù andò in cerca di bacche e frutta per la cena; la temperatura scendeva sempre più.

Tornato Balù disse: “Mettetevi subito il mantello termico”. Dal suo zaino tolse una piccola scatoletta con all’interno un sottilissimo mantello studiato per far mantenere la temperatura corporea a chi lo indossasse.

Stefany: “Io non lo trovo, eppure sono sicura di averlo preso”.

Dopo aver cercato invano si resero conto che mancava a tutte: sapevano che la temperatura sarebbe continuata a scendere per tutta la notte di parecchi gradi sotto lo zero. Questo fatto le mise subito in allerta, pensarono che qualcuno cercasse di sabotare la loro prova. Il freddo si fece sempre più insopportabile e il gesto nobile di Balù servì solo a salvare la Principessa Yulia che a sua volta cercò di coprire le sorelle con un unico mantello senza successo. Quando

sembrava che tutto fosse perduto Alexandra ebbe un’idea: “Balù, sai dirmi di che materiale sono fatte le pietre mobili?” Il poveretto mezzo congelato giurò di non saperlo. Alexandra continuò a contemplare, pensò che se le pietre fossero in grado di assorbire le persone allora dovevano essere colme di materiale minerale organico. “Balù, hai visto pietre diaboliche qui vicino?” “Sì Principessa, proprio vicino a quella duna.” “Presto, portaci lì”

Il poveretto, tremando come una foglia, fece da guida verso la vicina duna. Il freddo intenso rallentò i loro movimenti e anche se arono pochi minuti gli sembrò un’eternità.

Nessuno poteva immaginare che intenzioni avesse Alexandra ma non avendo idee migliori la seguirono. Lei sapeva che se si fosse sbagliata per loro sarebbe stata la fine. Provò col suo potere del fuoco a incendiare la pietra, ma l'unico risultato fu la perdita di un’immensa energia. Con le sue ultime forze chiese ad Hares: “Sorella tu riesci ad entrare nel corpo delle persone per trasmettergli svariate sensazioni, prova ad entrare dentro questa pietra che avrà ingurgitato parecchi esseri viventi e falle provare un calore intenso talmente intenso da scottarsi”. Diedero l'unico mantello che possedevano ad Hares per permetterle di concentrarsi il meglio possibile.

Puntò il suo sguardo di fuoco verso la gigantesca pietra. Lentamente la pietra si riscaldò, diventò lucente fino ad essere talmente rovente da emanare un intenso calore.

Non appena si ripresero dalla felicità si resero conto che mancava qualcuno all'appello: Yulia ed Elisabeth.

Hares: “Corriamo a cercarle, il freddo deve averle bloccate”. A pochi metri da loro videro le due ragazze accovacciate per terra prive di sensi, Balù si fiondò a

prenderle in braccio, le portò immediatamente vicino al calore della pietra che pian piano le fece riprendere. Le altre sorelle fecero un sospiro di sollievo. Haras sdrammatizzando si rivolse alla pietra: “Voi ci volete mangiare e noi vi diamo fuoco”.

Tutti risero ma Balù tornò subito alla realtà: “Sì ma non avvicinatevi troppo altrimenti saranno loro a ridere”.

Nella fretta avevano dimenticato le bacche e la frutta ma nessuno si sognava di andare a recuperarle: anche se possedevano un mantello termico il buio era così fitto che il rischio di perdersi era troppo alto. La pietra rimase accesa per tutta la notte; era incredibile, le micidiali pietre si stavano rendendo utili.

La mattina dopo il caldo sole mise di buon umore il buon Balù che andò a riprendere la frutta e le bacche e tornò con sul collo un Nescol (animale selvatico famoso per il suo latte e la sua carne prelibata).

Balù disse: “Lui ci ha mangiato la frutta e le bacche adesso noi ci mangiamo lui”. Yulia, nera in viso: “Balù ti ordino di lasciarlo andare immediatamente!”

L’esterrefatto Balù non riusciva a connettere: per lui le bestie erano una risorsa alimentare. Elisabeth che conosceva la sorella le disse scherzosamente: “Dai, solo una coscetta”. Alexandra non scherzò e la fulminò con uno sguardo. Yulia prese il Nescol e rimase a fissarlo negli occhi per un paio di minuti, poi disse: “Ci permette di bere il suo latte per ripagarci della frutta e delle bacche”. Balù tirò fuori dei piccoli bicchieri gonfiabili e li riempì di quel latte. L'animale diede delle informazioni a Yulia: “il Nescol mi ha detto di proseguire in questa direzione”.

Un’altra mezza giornata ò. A mezzo sole decisero di fare una piccola sosta vicino a un fiume a ridosso di una montagna. La Principessa Hares intuì subito il pericolo. Alzò lo sguardo sopra il colle giusto in tempo per vedere delle figure mascherate armeggiare su una diga di grossi massi, col chiaro intento di farli rotolare giù a valle addosso a loro.

In un secondo richiamò le sorelle e Balù facendogli notare cosa stesse accadendo, ma non riuscivano a vedere via di scampo. Stefany riuscì a mantenere la calma e ordinò a tutti di buttarsi nel fiume; una volta che anche lei fu immersa, col suo potere congelò immediatamente il fiume con uno spessore di ghiaccio sufficiente a proteggerli.

I grossi massi riuscirono solamente a filare appena il ghiaccio per poi scivolare lontano. Ormai il peggio era ato: riportò quindi il letto del fiume alle sue normali funzioni prima che qualcuno affogasse.

Una decina di persone mascherate guardava la scena rendendosi conto di aver fallito mentre le principesse gioivano.

L’unica che non gioiva era Elisabeth: colma di rabbia fece vorticare un cumulo di pietre nell'aria formando un piccolo tornado crescente e sempre più veloce diretto verso i malcapitati uomini mascherati.

Con un cenno Elisabeth fece bloccare il tornado che scaricò la pioggia di pietre sui malcapitati individui.

Dalle casse piantate nella foresta si sentirono gli applausi della gente che a casa le guardava e tifava per loro.

Balù rideva come un cretino, poi improvvisamente incominciò a balbettare frasi sconnesse, lo guardarono pensando che la tensione gli avesse dato di volta il cervello. Yulia percepì il motivo del suo balbettare: un enorme serpente era uscito con la sua gigantesca testa dal fiume, e prima che qualcuno potesse intervenire, con la coda aveva avvolto la Principessa Stefany portandola in aria. Haras urlò disperata: “Trasformalo in un ghiacciolo!”, ma la paura bloccava il potere di Stefany, non riusciva proprio a concentrarsi quando improvvisamente con delicatezza il gigantesco serpente la poggiò sulla riva del fiume. Con sbalordimento generale Yulia disse: “Non voleva spaventarci, gli uomini che abitano questo pianeta hanno ucciso i suoi piccoli, gli ho promesso che li avremmo vendicati”.

Il serpente, vedendo il buon animo della ragazza, prima di sparire nel fiume le disse che non si sarebbe dimenticato di loro.

Dopo aver aspettato che Stefany si riprendesse dallo spavento ripresero il viaggio. In lontananza un’oasi di verde piante da frutta, e ortaggi vari. Come era possibile che in una foresta terrificante ci fossero tanti beni degli Dei? Balù le avvertì in tempo della pericolosità di quelle piante, erano quasi tutte carnivore.

I loro colori si erano evoluti col tempo per attrarre uomini e animali.

Indicò una grossa pianta carica di succosi frutti e chiese a ognuna di che colore vedesse il frutto; pareva una domanda stupida invece si resero conto che ognuna lo vedeva con un colore differente.

Alexandra risolse in due minuti l'enigma: “Emanano un profumo chimico che arriva al tuo cervello e ti fa vedere il tuo colore preferito”. Hares: “Quindi non

possiamo cogliere i frutti?” Balù: “Sì, possiamo prenderli come fanno gli uomini del mio villaggio, adesso vi mostro come si fa”.

Prese dal suo zaino un sottile laccio in acciaio con due bastoncini, li legò a ogni estremità poco più sotto del ramo col frutto stringendo al massimo e bloccando il laccio con i bastoncini, poi rivolto a Elisabeth: “Prego Principessa”. Elisabeth: “Non ci metto la mano neanche morta”. Balù per dimostrazione staccò lui il primo frutto.

Anche se videro che non vi era più pericolo nessuna di loro osò prendere un solo frutto, ci dovette pensare per tutte il povero Balù.

Il viaggio riprese solo dopo poche ore di riposo, non potevano perdere troppo tempo. Al calare della sera si trovarono in una radura di terreno movente. Elisabeth trovò divertente il fatto di essere spostata a destra e a sinistra finché non arrivarono a una catena montuosa con le pareti lisce come il vetro e un’unica via che ava in mezzo alle montagne, i colori sinistri non promettevano nulla di buono decisero che avrebbero trascorso li la notte e avrebbero proseguito l'indomani, con la luce del giorno sarebbe stato così più facile vedere i pericoli.

Cercarono un punto riparato ma non era facile dormire con la terra che si spostava in continuazione, per Alexandra la spiegazione più logica era che nel sottosuolo una crosta di piccole dimensioni aveva una falda instabile dato il fatto che era troppo vicina alla superficie. Essendo il terreno sabbioso si spiegava perché si spostasse così facilmente la terra sotto i loro piedi. C’era il pericolo che durante il sonno gli arrivassero addosso le pietre infuocate che gli servivano per riscaldarsi dal gelo. Fecero così tre turni di guardia. Nel primo turno tutto filò liscio.

Il secondo turno toccò ad Hares e Yulia; attorno a loro il chiarore delle rocce

rendeva visibile l’ambiente circostante, aldilà l’oscurità più nera.

Sarà stato il troppo silenzio o la stanchezza, alla principessa Yulia parve di vedere qualcosa luccicare più in fondo, dove il buio era più nero.

Pensò che fosse qualche animaletto sperduto e morente di freddo, così si avviò verso la fonte dello strano luccichio. Un ruggito felino le consigliò di tornare sui suoi i: chiunque fosse quella bestia era meglio stargli lontano, il ruggito minaccioso le consigliava di non indagare oltre, le pietre infuocate lo avrebbero sicuramente tenuto lontano.

La mattina seguente ai primi raggi del sole si misero in viaggio. Superato lo spiazzo protetto dalle pietre malefiche, li attendeva una brutta sorpresa. Una mandria di bellissimi Mavani selvaggi si erano disposta a cerchio attorno a loro.

Balù le avvisò che non essendo stati addestrati rappresentavano un serio pericolo: spiegò che un colpo dei loro possenti zoccoli poteva staccare la testa al più robusto guerriero, inoltre si nutrivano di qualsiasi cosa fosse commestibile. “Le principesse sono il loro piatto preferito”, disse scherzandoci su.

Il vapore concentrato che usciva dalle loro narici non prometteva niente di buono. Le bestie con occhi di fuoco fissavano intensamente il gruppo di umani, scalciando muovevano nuvole di polvere, aspettando la prima mossa del capo branco.

Yulia disse scocciata: “Sulla Tarmassia non ci sono animali così belli”. Ammirando il capobranco dei Mavani, ne decantava il lungo manto adatto a proteggerli dal freddo notturno, e il portamento fiero. “E meno male!” risposero

in coro le altre quattro sorelle che si prepararono ad attaccarli.

Elisabeth li voleva far volare con un tornado, Stefany li voleva congelare, Alexandra li voleva bruciacchiare, Hares propose di arrestare il loro respiro. La situazione fece agitare sempre più Yulia che cercò di convincerle a darle almeno la possibilità di comunicare con loro.

Si accese una confusa discussione, nessuno voleva rimanere nascosto dietro alle rocce aspettando di morire di fame, il tempo ava e loro avevano una missione da compiere. Così Yulia prese coraggio e si mise abbastanza vicino da farsi sentire ma anche abbastanza lontano da permetterle di scappare al minimo cenno di pericolo. Si mise in contatto con lui. Il quadrupede rimase meravigliato dal fatto che un essere diverso da loro riuscisse a comunicare, per un po’ stette calmo poi cominciò a sbuffare in chiaro segno minaccioso. La Principessa, senza girarsi, a i lenti cominciò ad arretrare mantenendo i suoi occhi fissi su quelli della bestia. Arrivata tra il gruppo dei suoi amici rimase pensierosa: “Mi è sembrato che l'hai fatto arrabbiare” disse Stefanyrompendo il silenzio, “Si è molto arrabbiato mi ha detto che lui è il re di queste pianure e non accetta compromessi.... da delle pietanze” “Ci ha chiamato pietanze???” disse Hares infuriata. Alexandra: “Basta parlare di cose inutili! Cosa vogliono che facciamo?” Ci mise un po’ di tempo a rispondere, come se avesse paura di dire cosa si erano detti, poi finalmente respirando profondamente disse: “Elisabeth te la senti di cavalcarlo?” “Sei diventata matta? quel coso non è mica una bicivolo e non mi sembra nemmeno un aeromoto, prima di salire in groppa a lui lo fulmino”

Anche le altre sorelle guardavano allibite Yulia per l’assurdità della proposta. Senza scomporsi Yulia spiegò: “Ho puntato sulla sua vanità, gli ho detto che chiunque sarebbe stato in grado di domarlo e dopo essersi calmato ho scommesso che persino la più piccola di noi sarebbe riuscita a restargli in groppa” Elisabeth: “Hai detto bene sorella, la più piccola!!!” “Fatti coraggio” aggiunse Yulia “il punto è che lui non sa chi sia la più piccola e solo tu saresti in grado di domarlo”. Adulandola sapientemente: “Sei la più spericolata che

conosco, hai vinto contro i migliori acrobati di jetmoto e adesso hai paura di un cuccioletto?” “Penso che neanche nel suo primo giorno di nascita potesse sembrare un cucciolo e corre come il vento come pensi che riuscirò a salirgli in groppa?” “Ti lascerà salire e se riuscirai a stargli in groppa ha promesso che il suo branco ci porterà oltre il Canyon della morte fino alla palude dei serpenti” Stefany: “Cosa vuol dire Canyon della morte e cosa è la palude dei serpenti?” “Il Canyon della morte è un percorso obbligatorio,” la interruppe Balù “quel Canyon è una immensa gola formatasi in milioni di anni è stato scavato dall’acqua.

Dieci valorose guerriere Bluni a dorso dei loro destrieri ogni anno si cimentano in questa prova di coraggio attraversare il Canyon senza lasciarci la pelle, molte non sono riuscite nell’impresa, dovete sapere che il Canyon è lungo e stretto, in certi punti può are un solo cavaliere alla volta, il primo tratto va giù sempre più giù per poi risalire, ma il pericolo maggiore sta nei monti circostanti. Ci sono centinaia di bacini colmi d’acqua che improvvisamente, essendo costituiti da terra friabile, cedono gli argini riversando nel Canyon milioni di tonnellate d’acqua e fango, per chi si trova all’interno non c’è alcuna speranza di salvezza” Alexandra: “Non è molto invitante l’idea di attraversare il Canyon, un’altra strada meno pericolosa?” Balù: “No, mia Signora, l’unica strada è questa, le pareti sono lisce come il vetro rendendo impossibile arrampicarsi, le nostre guerriere affidano la loro vita alla velocità dei loro Mavani” Elisabeth: “Ho capito sono la nostra unica speranza, speriamo bene”

Le sorelle e Balù erano indecisi se fermarla o lasciarla tentare.

Lentamente, non fidandosi troppo, Elisabeth si avvicinava al capo branco, più gli andava vicino più gli sembrava enorme, senza fare mosse false arrivò a pochi i dal bestione studiandolo attentamente.

Si fissavano negli occhi; si rese conto che ormai non poteva tornare indietro, poteva ucciderla in un istante se avesse voluto, non avrebbe avuto il tempo

nemmeno di fulminarlo, si augurava di riuscire a salirgli in groppa. Giunta a ridosso dell’animale lentamente allungò la sua mano verso il suo muso, la sua mano calda per un istante fece sì che calmasse il suo ardore, in un lampo ne approfittò per aggrapparsi alla sua lunga criniera e con un balzo degno del più lesto dei felini salì in groppa al purosangue, giusto il tempo di legarsi i lunghi capelli della criniera al suo cinto che già l’animale scalciava per liberarsi di dosso la malcapitata Principessa.

Vedendo inutili i suoi sforzi iniziò una corsa sfrenata, a folle velocità si diresse sempre più lontano dal gruppo; ormai erano un puntino all’orizzonte, fino a scomparire del tutto.

ò un’ora. La preoccupazione cresceva, l’ansia per la sorte della Principessa Elisabeth era evidente nel volto di tutti.

Poi un puntino all’orizzonte riaccese le loro speranze. Data la distanza non si capiva se la Principessa fosse ancora in groppa oppure no, ci volle un po’ ma si incominciò a distinguere i contorni della Principessa. Arrivata al punto di partenza con un salto scese dall’animale e prese ad accarezzargli il muso e la criniera. Avevano fatto amicizia.

Yulia, rimessasi in contatto con lo stupendo animale, gli chiese di mantenere la parola data. In risposta disse che potevano scegliere i destrieri che volevano, consigliandogli di prendere i più giovani poiché la distanza da attraversare era enorme e i più aitanti e focosi puledri erano forti e veloci; lui li avrebbe guidati.

Yulia rise: si stava rendendo conto che il capo branco si era affezionato a Elisabeth e per quanto possibile voleva ancora cavalcare con lei. La selezione fu fatta da Balù che a rischio di lasciarci una mano controllò i denti delle bestie scegliendo i più giovani destrieri Mavani.

Era ora di partire. Al trotto si diressero verso la gola in silenzio, solo Elisabeth accarezzandogli la folta criniera lo parlava ringraziandolo, l’animale sembrava capirla, perché rispondeva con nitriti eloquenti.

Con varie soste si arrivò a tarda sera in una radura con ampie grotte e delle piante con dei piccoli frutti; Balù consigliò di mangiarli essendo ricchi di sostanze energetiche, mentre i Mavani tranquillamente brucavano l’erba alta e rigogliosa.

Raccolsero rami secchi per accendere un grande fuoco che riscaldò la grotta scelta per la notte.

La mattina di buon ora, dopo una breve colazione, iniziarono la discesa del triste e famoso tunnel della morte; Alexandra studiando il terreno spiegò a tutti che in quel punto la terra era più morbida e le correnti d’acqua facilmente la corrodevano, ma per fortuna si erano creati immensi e profondi buchi nel terreno E in breve tempo svuotavano la gola dall’acqua.

Le spiegazioni scientifiche di Alexandra non tranquillizzavano il gruppo che procedeva sempre più preoccupato. Si scendeva sempre più, sembrava non finisse mai, se si fosse allagato in quel momento non ci sarebbe stata speranza di salvezza.

Con grande sollievo si iniziò la salita: ormai era quasi fatta, quando in lontananza si sentì un sordo boato come un tuono continuo e crescente; Balù fu il primo a rendersi conto del pericolo incitando le sue compagne a spronare i Mavani. Il rumore diventava sempre più assordante: “Non giratevi, pensate a correre” disse Hares. Un muro d’acqua alto come una montagna si avvicinava

sempre più a loro: i veloci destrieri sembravano volare. L’incoscienza di Elisabeth, che sembrava divertirsi, rendeva tutti nervosi. Quando ormai sembrava che l’acqua le stesse raggiungendo, ai loro occhi con grande sollievo il livello veloce come era arrivato con altrettanta velocità si fermò, e come se avessero tolto i tappi a una gigantesca vasca si svuotò a vista d’occhio. Erano sfiniti, ma rimanere ancora nel Canyon era impensabile quindi senza sosta arono un’altra mezza giornata per attraversarlo. Finirono quando ormai era già buio e decisero di riposarsi; l'indomani avrebbero dovuto affrontare una sfida ancora più ardua.

La mattina ripresero il loro viaggio verso la tanto temuta Palude dei Serpenti. Una volta giunti all'interno della palude chiesero a Balù in che modo si potesse attraversare, Balu spiegò che solo lo stregone del suo villaggio poteva preparare le persone ad attraversare la palude

“Cosa significa questo?” chiese Alexandra incredula. “Lui prepara un decotto di erbe repellenti da spalmare sul corpo e sulle barche” Alexandra: “Dove possiamo trovare lo stregone?” Balù: “Dall’altra parte della palude”. “E noi come ci arriviamo?” chiese Stefany.

Il silenzio di Balù era chiaramente un urlo d’aiuto per tutto il gruppo: le barche vi erano, (vicino a un gruppo di pescatori)Balù spiegò che i serpenti si lanciavano dall’acqua e cadevano dentro la barca.

Hares: “Come mai non li avete eliminati?”

Balù: “Sono una risorsa alimentare”.

Elisabeth: “Mangiate i serpenti?”

Balù: “Sono molto buoni”.

Le Principesse inorridite guardano attentamente la palude cercando una soluzione.

Dietro un canneto trovano dei pescatori Bluni intenti ad acchiappare serpenti, Balù viene incaricato di convincere i pescatori a vendergli la barca, le trattative vanno per le lunghe finché uno di loro chiede il prezioso braccialetto al polso di Elisabeth, la quale non ha nessuna intenzione di darglielo.

Dopo aver cercato invano di convincerla con un’occhiata di intesa viene bloccata da tutte e quattro, e tra urla e minacce da parte di Elisabeth, riescono a toglierle il braccialetto e a consegnarlo ai pescatori.

Balù avvisa tutte che al di là della palude inizia il territorio dei Bluni e le guerriere non sono troppo socievoli. Stefany: “Un problema alla volta! Prima pensiamo ai serpenti e prima potremo occuparci dei Bluni. I pescatori non hanno unguento come facciamo?” “Stefany dopo che noi siamo saliti tutti nella barca riesci a formare una cupola di ghiaccio sopra noi?” chiede Hares.

“Penso che non ci siano problemi, ma se formo una cupola come possiamo usare i remi?” Elisabeth che nel mentre si era calmata: “Posso fare un buco nel ghiaccio e creando un forte vento spingerò la barca oltre la palude”.

L’idea non sembrava cattiva, e comunque non avevano altre soluzioni.

Tutto sembrava filare liscio: i serpenti saltavano sul ghiaccio e scivolavano giù. A metà strada il ghiaccio stava sciogliendosi e chiesero a Stefany di rinforzarlo. In un angolo della barca rannicchiata su se stessa la Principessa, vedendo tutti quei serpenti, tremava e non ascoltava nessuno.

A nulla valevano le grida delle sorelle e di Balù: la paura la teneva paralizzata.

La situazione era tragica, ormai il sottile ghiaccio rimasto avrebbe retto per poco.

Yulia mentalmente concentrandosi chiese aiuto ai suoi amici animali della vicina montagna. Erano arrivati al centro della palude e ormai il ghiaccio si stava rompendo in diversi punti. Elisabeth ormai non creava più il vento per spingere la barca verso la riva ma era intenta a difendersi dagli attacchi dei serpenti che cominciavano ad invadere la barca, così pure facevano Alexandra Yulia e Hares. Erano sempre più stanche e spossate.

La situazione era drammatica: dovevano continuare a lottare se avessero voluto rimanere in vita. Erano sul punto di cedere quando comparvero sei gigantesche aquile sopra le loro teste. Tutti spaventati, tranne Yulia che diede l’ordine di aggrapparsi alle loro zampe. Riluttanti chiesero spiegazioni: “Non c'è tempo per le spiegazioni, fate come vi dico!”

Non fu facile convincere Stefany, ma alla fine tutti e sei aggrappati alle zampe delle Aquile riuscirono a mettersi in salvo.

Tutti esterrefatti dell'accaduto rimasero a fissare Yulia in cerca di spiegazioni: “Gli ho comunicato che se fosse stato necessario le mie sorelle avrebbero incenerito la palude”. Hares: “Cosa importa a loro della palude?” “Nella palude ci sono i serpenti, una riserva di cibo succulenta per le aquile, e adesso muovetevi se non volete rimanere qui” aggiunse Alexandra.

Dopo aver ringraziato gli splendidi animali si sdraiarono per terra per riprendersi dalle fatiche ed emozioni precedenti. Balù le avvisò che quello era territorio dei Bluni e non erano molto ospitali con gli stranieri, Stefany spiegò che loro venivano in pace e se necessario avrebbero detto che erano figlie del Re Erixs. Il guaio, spiegò Balù, è che le famose guerriere Bluni prima ti infilzano con le loro lance poi ti chiedono chi sei. Bisognava stare attenti. Sicuramente erano state già avvistate.

Si sentivano osservati, forse non avevano ancora deciso come comportarsi data anche la presenza di Balù che li scortava.

Al calare della sera una sorpresa inattesa aspettava il gruppo.

Dal nulla compare uno schermo gigantesco del canale Galaxyan, l’immagine inconfondibile del dissidente Atzakin che in diretta chiede l’attenzione di tutti i popoli dei sette pianeti.

“Come Ministro delle comunicazioni interplanetarie, come giudice e organizzatore degli eventi extramondiali, con l’approvazione della commissione interstellare, detto le nuove regole alle cinque Principesse. Si è deciso che per cinque lune dovranno continuare la loro prova separate, in due gruppi, uno di tre, e l’altro di due, entro dieci minuti da adesso devono decidere con chi vorranno stare, ato questo tempo decideremo noi per loro” finito il comunicato lo schermo scompare.

Le Principesse rimasero paralizzate, la prima a parlare fu Stefany: “Ma sono impazziti? E poi quel terrorista di Atzakin come ha fatto a diventare ministro? Qui c’è sicuramente lo zampino dei nostri cugini che non si vogliono esporre direttamente!”

La interruppe Alexandra: “Sei in diretta, attenta a quello che dici” Stefany, nera dalla rabbia, rivolta allo schermo tridimensionale: “Non mi importa niente, anzi vi posso assicurare che noi torneremmo e vi strapperemmo gli occhi” Hares: “Quando avete finito vorrei ricordarvi che i dieci minuti stanno volando, dobbiamo decidere cosa fare”. Yulia: “Stefany tu sei la più grande cosa proponi?” Elisabeth: “Non possono farlo, non era previsto, rifiutiamoci” Stefany: “Non serve a niente rifiutarsi, hanno il potere di trasferirci come vogliono col tele temporale, sorelle mie, c’è poco da stare allegre, giuro che se succederà qualcosa di brutto alle mie sorelle la mia vendetta vi raggiungerà ovunque!” Rivolta alle sorelle: “Yulia, tu sei la più piccola, rimarrai con me, voi sarete trasferite, in tre avrete più probabilità di difendervi, abbiamo un solo traduttore interstellare tenetelo voi ne avete sicuramente più bisogno”. Le energiche proteste di Elisabeth non servirono a cambiare la decisione presa da Stefany.

Allo scadere dei dieci minuti le tre Principesse svanirono nel nulla, sparirono dalla vista di Stefany, Yulia e Balù.

La sfida non era finita: si misero nuovamente in marcia, attraversarono un fiumiciattolo in una pianura verdeggiante. Abituate alle grandi città la vista di tanta bellezza le lasciava senza fiato, alberi carichi di frutti mai visti, immensi frutteti, tappeti di fiori di mille colori, recinzioni in pietre che sembravano mosaici, corsi d’acqua limpidissima, incontaminata, era un vero paradiso.

Dei contadini Bluni lavoravano nei campi e al loro aggio si fermarono a

fissarli. Prontamente Balù spiegò loro chi fossero e salutati con gentilezza dalle Principesse i contadini offrirono loro un cesto di frutta.

In lontananza su dei bellissimi Mavani tre guerriere Bluni osservano la scena. Improvvisamente una di loro al galoppo veloce come il vento si lancia contro loro, Balù le avvisa di poggiare per terra le armi in segno di amicizia, arrivata a una distanza di trenta metri la guerriera frena il suo destriero e lancia una lancia che va a conficcarsi nel terreno a pochi centimetri dai piedi di Stefany, che in un impeto di rabbia afferra la lancia e la rimanda al mittente in mezzo alle gambe del quadrupede. La risposta della guerriera è una sonora risata, Balù: “Buon segno, le piaci”.

Al trotto si avvicina a Stefany e dalla cintura estrae un coltello facendo segno a Stefany di raccogliere il suo con intenzioni di sfida.

“Ma Balù non mi avevi detto che le piacevo?” Balù “Sì è vero le piaci e molto, per loro è normale sfidarsi la tua risposta con la lancia ha dimostrato la tua abilità e vuole fare amicizia con te” “Bel modo di fare amicizia se non mi difendo quella mi infilza, ma e se la colpisco?” Balù: “Se ci riesci sarai la sua più grande amica, quella è Agrii, la sorella della Regina Apea, è una tra le dieci guerriere più forti del villaggio”

Stefany raccolto il suo coltello si prepara alla lotta, poco convinta pensa solamente a difendersi, nel mentre le altre due guerriere sono arrivate per godersi lo spettacolo incitando la loro compagna; Agrii vedendo che Stefany pensa solo a difendersi reagisce con più ferocia attaccando con urla selvagge per convincere la Principessa Stefany a metterci più impegno.

Anche i contadini si sono fermati per gustarsi lo spettacolo fuori programma, ormai si è formato un cerchio attorno alle due rivali. Sembra che ci sia parità,

quando con una mossa fulminea Agrii col suo coltello sfila un orecchino dall’orecchio di Stefany impadronendosene e mostrandolo a tutti come un trofeo; i segnali con la mano di Stefany di renderle l’orecchino hanno il solo scopo di far ridere tutti, ma soprattutto fanno arrabbiare la Principessa che, decisa a riprenderselo, attacca come una belva sorprendendo tutti compresa Agrii. Senza rendersene conto si trova per terra con Stefany, che le sta per piantare il coltello nel petto. All’ultimo lo dirige per terra, un silenzio glaciale regna per alcuni secondi, poi Stefany prende la mano di Agrii e l’aiuta ad alzarsi.

Una volta in piedi Agrii sferra una testata a Stefany che sta per reagire quando Balù la ferma dicendole: “Adesso siete sorelle”. Stefany rende la testata e dice: “Ok sorella”.

Tutti ridono, dopo averle reso l’orecchino Agrii le porge una sacca fatta con pelle di serpente invitandola a bere, Stefany chiede a Balù: “Che cosa è?” Balù: “Sangrie, un miscuglio di veleno con antiveleno e estratto di fermenti alcolici, ti conviene bere altrimenti si offende”. La Principessa ne beve un sorso ed è sufficiente a farla tossire per dieci minuti, Balù le dice che ha mandato una delle due colleghe a prendere dei Mavani per condurli al villaggio, ma comunque non torneranno prima di domani mattina quindi stanno preparando un campo per la notte. Sistemato l’accampamento finalmente possono dedicarsi a un meritato riposo.

Nel silenzio della sua tenda Stefany pensa preoccupata alle altre tre sorelle: Chissà se stanno bene, dove saranno?

La fievole luce del fuoco fuori della sua tenda la tranquillizza un po’ quando improvvisamente un colpo sordo la richiama drammaticamente alla realtà. Fa giusto in tempo a spostarsi dal letto che un contadino dei Bluni armato di pugnale le cade morto proprio dove un secondo prima c’era lei. All’ingresso della tenda Agrii con dei gesti le fa capire che l'ha salvata da sicura morte, anche se Agrii non capisce la sua lingua Stefany la ringrazia calorosamente.

Nel mentre Alexandra, Elisabeth e Hares si stanno ancora chiedendo dove sono finite.

Hares mentalmente si mette in contatto con gli spiriti della terra e rassicura le sorelle: “Siamo ancora nel pianeta Agon pur essendo contemporaneamente nello stesso posto delle nostre sorelle siamo però in un’altra dimensione temporale, penso che dovremmo stare qui per il tempo stabilito, cinque lune, cerchiamo di rimanere vive, questo mondo e diverso dal nostro, dovrebbe essere uno di quei mondi dove un tempo, quando vigeva la pena di morte mandavano i peggiori criminali, dobbiamo tenere la calma e resistere, insieme ce la faremo”.

Ormai notte, in lontananza delle luci, era un vero incubo: non sapevano se avrebbero trovato amici o nemici, con la poca luce ancora rimanente decisero di andare in cerca di un posto protetto, ormai il freddo stava diventando insopportabile, le ombre notturne davano un aspetto al paesaggio ancora più tetro.

LE DUE STREGHE

Giunte nei pressi delle luci notano subito una scritta che indicava un monastero, era molto strano che in un pianeta lontano, in una altra dimensione ci sia una scritta nella loro lingua, il consiglio alla prudenza era raddoppiato.

Al loro arrivo come d’incanto il pesante portone si apre, all’interno un arredamento sobrio ma accogliente rincuora Alexandra e Elisabeth, solo Hares si lamenta: “Sento presenze oscure e malefiche, teniamo gli occhi aperti”. Due elegantissime donne sorridenti gli vanno incontro chiedendo da dove arrivassero, mentendo di proposito spiegano che si sono perse e cercano rifugio per la notte.

Propongono il braccialetto di Elisabeth in cambio, ma si rifiuta nuovamente di darlo. Gentilmente una delle due donne dice che non avrebbero dovuto pagare nulla e che per quella notte sono loro ospiti, nel mentre l’altra con un vassoio contenente tre bicchieri offre da bere alle Principesse che per non recare offesa essendo ospiti accettano. Hares nascostamente butta il liquido in un vaso a lei vicino, notando subito il cambiamento di colore della pianta; è ormai troppo tardi per impedire alle sorelle di bere.

Chiede la chiave della stanza rifiutando l’invito a cena contro il volere delle sorelle che dicono di avere una fame da lupi.

Suonando un camlo una delle due donne comanda a un maggiordomo di accompagnare le tre sorelle nelle loro stanze. Allontanatosi l’uomo, Hares riunisce le sorelle nella sua stanza chiedendo di mantenere la massima calma; quando finalmente ottiene il silenzio dice: “Quello che avete bevuto molto probabilmente è un veleno”. Sgranando gli occhi Elisabeth e Alexandra chiedono spiegazioni: “Adesso vi chiedo di non tornare più nelle vostre camere, rimaniamo tutte qui aiutatemi a barricare la porta con tutti i mobili che ci sono”.

La conferma di quello che diceva non tarda ad arrivare: accusando un sonno improvviso le due sorelle cadono per terra in un sonno profondo. Hares le sistema per terra e con una candela facendo gocciolare della cera forma un cerchio attorno a loro e dopo essersi seduta al suo centro si concentra invocando gli spiriti della terra, poi, preso il suo anello, lo apre e divide il contenuto versandolo nelle labbra delle due sorelle, per poi riprendere a concentrarsi.

Con un boato la porta e i mobili che la bloccavano volano in tutte le direzioni. Mostrando il loro vero volto entrano nella stanza le due potentissime streghe. Senza scomporsi Hares continua la sua preghiera, una delle due streghe tenta di oltreare la barriera creata da Hares e viene scaraventata in aria tra urla disumane.

Dopo vari tentativi tentano con la magia di spezzare il cerchio, ma quando sta per cedere Hares chiede un nuovo aiuto agli spiriti dei morti.

Esattamente agli Spiriti “Puri” sono superiori intellettualmente e moralmente agli spiriti di tutti gli altri ordini. Su di essi la materia non ha potere, e non esercita alcun tipo di influenza, in quanto hanno abbandonato ogni impurità derivante, percorrendo tutti i gradi della scala spiritica e raggiungendo la perfezione.

A loro volta impartiscono ordini a tutti gli altri spiriti e assistono gli esseri viventi nel superare le difficili prove. Come una barriera vivente il cerchio viene chiuso da una catena di Spiriti Puri.

Una delle due streghe chiama in suo aiuto gli spiriti Thamiel/Thaumie, i bicefali. Spiriti in rivolta dominati da Satana e Moloch.

Spiriti mostruosi riempiono la stanza come in una danza mortale girano attorno cercando un punto debole.

Non trovandolo agiscono sulla mente della povera Principessa Hares insinuando nel suo cervello dolore, freddo, caldo, disperazione, ansia.

Il dolore insopportabile aumenta ogni minuto, guarda preoccupata le sorelle. Con la sua medicina inizia a uscire il veleno dai loro corpi, deve resistere finché si saranno riprese, non può cedere proprio ora, sarebbe la fine.

Tentano di sollevarla in aria per farla uscire dal cerchio, prontamente la catena di spiriti puri la tiene saldamente.

I minuti ano e ormai niente più può salvarla: crolla esausta, svenuta. Come erano arrivati gli spiriti Puri, senza il sostegno della mente di Hares, svaniscono nel nulla, lasciando il campo ai Thamiel che come belve si gettano sui corpi delle tre Principesse, prontamente fermati dalle due streghe che ne reclamano la proprietà. Fatti sparire i terribili mostri le due streghe trascinano la Principessa Hares per i capelli e la sistemano su un tavolino.

Una delle due: “Ci hai fatto sudare ma adesso mangeremo il tuo cuore e poi toccherà alle altre”. Chiamate, altre piccole demoniache streghe iniziano una danza attorno al tavolo mentre le due streghe, indossata la veste sconsacrata, con gli stami e i sigilli del Re degli spiriti del male iniziano il rito che finirà con la morte della Principessa Hares tramite il pugnale antico del principe del male “Beliar”.

Una leggenda dice che quel pugnale fu costruito da Beliar quando era ancora un essere umano. Lo costruì da un rovo velenoso, e impiegò anni per perfezionarlo; il potente veleno che lo impregnava lo tenne molte volte tra la vita e la morte, finché si abituò. Ma il suo cervello oramai era impazzito: sterminò prima la sua famiglia, poi al comando di seguaci interi villaggi furono distrutti. A nessuno concedeva la grazia della vita, spietato e crudele sulla terra.

Giustiziava i suoi nemici col suo pugnale; un monaco prima di essere ucciso lo sconsacrò (rendendolo profano) Ma questo nobile gesto anziché renderlo innocuo lo rese ancora più micidiale: finalmente (invocando il Re degli inferi) poté dargli un potente potere malefico, rendendolo indistruttibile. Solo il fuoco divino poteva distruggerlo.

Quando morì si distinse anche nel regno dei morti, la sua cattiveria gli fece salire la gerarchia, il suo rapporto di superiorità e subordinazione lo fece in breve tempo diventare il Principe del Male.

Ora quel pugnale era nella mano sinistra di una delle due streghe e stava per aprire il petto della ignara svenuta Principessa. Sul punto di pugnalarla l'arma prese magicamente fuoco e la strega la dovette gettare a terra. Solo il fuoco divino poteva far bruciare quel pugnale, alle loro spalle la Principessa Alexandra, che si era ripresa dal veleno, aveva diretto la sua ira in fiamme ardenti contro il pugnale maledetto.

La strega come una belva ferita si avventò contro Alexandra, dalle dita le spuntarono artigli pronti a ghermire il corpo della Principessa, ma un potente tornado la investì in pieno facendola girare come una trottola.

Con un tocco finale Alexandra le lanciò una fiammata così potente che se Elisabeth non l’avesse fatta volare per tempo dalla grossa finestra, dirigendo il tornado verso lo spazio, avrebbe bruciato tutto quanto vi era in quella stanza.

Distratte dalla lotta non si resero conto che l’altra strega si era trasformata in un mostruoso essere. Con le sue sette code e sette corna sembrava uscito dagli inferi, ma quello che lo rendeva spaventoso era l’enorme testa piena di affilatissimi denti, e come in un incubo.

Vennero afferrate da due enormi code e sollevate in alto; il mostro voleva divorarle con la sua enorme bocca.

Elisabeth con un fulmine le incendiò la testa facendole mollare la presa: insieme la spedirono al di fuori prima che esplodesse.

Come d’incanto si trovarono nella nuda terra, tutto sparito, svanito nel nulla. Ripresasi Hares spiegò che era tutto frutto della magia per attirare ignari sperduti viandanti.

L’alba stava facendo nascere un tiepido sole.

Più volte Hares provò a mettersi in contato con le altre sorelle ma senza risultato. Decisero che avrebbero aspettato lo scadere delle cinque lune per ritrovarsi insieme, altro non potevano fare.

Alexandra preoccupata immaginava Stefany e Yulia in un mare di guai. Non sapeva che nel mentre era tornata la guerriera dei Bluni portando con sé due bellissimi Mavani.

Era giunta l’ora di mettersi in viaggio, erano ansiose di conoscere la Regina dei Bluni, le sue gesta, la sua bravura erano conosciute in tutti i pianetti, era diventata una legenda, molti romanzieri si erano arricchiti scrivendo le sue gesta. Molte volte era stata invitata a partecipare a tornei ma, aveva sempre rifiutato, e ora stavano per conoscerla di persona.

“APEA” LA REGINA DEI BLUNI

Un tempo i Bluni erano padroni di tutto un continente, vivevano di pesca e di

caccia. Popolo orgoglioso e leale, erano liberi anche se ogni tanto avevano a che fare con rivalità e gelosie tra villaggi vicini. Agli sconfitti che dimostravano valore in guerra veniva riconosciuto il merito. Il più delle volte succedeva che due rivali finivano per diventare fratelli di sangue, e successivamente avveniva l’unione di due villaggi in una unica legge e cultura.

Con l’arrivo dei coloni le cose erano cambiate.

Avidi avventurieri arrivati lì con gigantesche navi, con armi tecnologicamente superiori ai Bluni, incutevano terrore, distruggevano saccheggiavano, caricavano le loro navi di schiavi separando intere famiglie.

L’odio per i coloni incominciò a entrare nelle menti dei Bluni.

Le orgogliose guerriere trascinate in catene si lasciavano morire di fame piuttosto che vivere da schiave. Gli insaziabili coloni protetti dai loro governi avanzavano sempre più nei loro territori. Uccidevano gli animali che servivano al popolo dei Bluni per la sopravivenza, solamente per il gusto crudele della caccia.

I villaggi diminuivano ogni anno: quegli assassini venivano chiamati conquistatori, e nelle grandi città venivano festeggiati come eroi.

Se uccidi un uomo sei un assassino, se stermini un popolo sei un conquistatore.

Quei barbari ben presto ridussero a poche migliaia di esseri il popolo dei Bluni,

rinchiudendolo in riserve prive di risorse naturali.

La Madre della Regina Apea, “Avilide” (regnante prima di Apea), vedendo il suo popolo morire dal freddo e dalla miseria, decise che era meglio morire combattendo che di stenti.

Riuscì a radunare tutti i villaggi dei Bluni ancora esistenti e disubbidendo alle leggi imposte dai governanti dei coloni scappò dalle riserve con le sue guerriere.

Da lì nei monti, nelle foreste, inizio una guerriglia contro tutti i coloni creando panico e terrore. Nessuna strada era più sicura, i campi di addestramento aumentavano, i successi ottenuti invogliavano altre guerriere a unirsi a loro.

Si ricrearono interi villaggi liberi da recinzioni, la paura teneva i coloni a debita distanza, erano in pochi a sfidare la sorte.

Alcuni avidi coloni con la complicità di prezzolati ministri fecero rivolgere delle lamentele al congresso. Il congresso interplanetario, costretto a intervenire decise che era ora di eliminare per sempre il popolo dei Bluni.

Fu allora che il Re Erixs intervenne duramente rifiutandosi di firmare il decreto che avrebbe condannato i Bluni. Lo considerò una infamia, e per salvare quel popolo lui personalmente andò lì rischiando la sua vita.

Ora le due Principesse, Stefany e Yulia, e Balù erano dirette là.

La strada che conduceva al villaggio Della Regina era intagliata nel tuffo, ai suoi lati delle immense piante dal fitto fogliame impedivano quasi al sole di riflettere i suoi raggi, dei segnali di monito avvisavano che quelle terre erano proibite alle persone non gradite. Degli splendidi mosaici erano messi a varie distanze (sicuramente delineavano le distanze). Il loro camino era seguito a debita distanza da splendide guerriere armate d’archi e lance di svariati colori, i loro Mavanierano parzialmente coperti da pregiate stoffe ricamate. Le Principesse abituate a strutture marmoree e metalliche tutta quella splendida e naturale meraviglia le lasciava senza parole.

Giunte ai piedi di un monte un raduno di venti guerriere custodiva l’ingresso in un tunnel che attraversava tutto il monte, Stefany guardando attentamente le pareti rivolta alla sorella le dice “tutto questo lavoro è stato fatto a mano si vedono i segni degli strumenti usati, devono averci messo cento anni minimo per farlo”. Centinaia di fiaccole illuminano il loro camino. Arrivate alla fine del tunnel la luce del sole improvviso e accecante, non le permette di vedere immediatamente lo spettacolo che anno di fronte. Appena si riabituano alla luce ai loro occhi appare un miracolo della natura. Yulia e la prima ad aprire bocca “siamo capitate nel paradiso terrestre?”. Un piccolo lago dall’acqua color oro (colore dato dalle pietre aurifere del suo fondo) delle alghe azzurre compongonodei disegni geometrici per tutto il lago, ai suoi margini come se fosse messa di proposito della sabbia finissima di un bianco che con i riflessi del sole (se viene fissato ) fa lacrimare gli occhi. Stefany chiede se può farsi un bagno, gentilmente Aglii gli risponde “non puoi questo è il lago sacro e nessuno può toccarlo pena la morte” Stefany“ ma tu non parlavi la lingua nazionale, mi ai preso in giro” Agrii “no non ti ho mentito, noi abbiamo rifiutato tutto quello che fa parte delle imposizioni governative, però in segreto molte di noi pensando diversamente abbiamo appreso il linguaggio nazionale del pianeta, ma questo segreto deve rimanere tra noi”. Tempo di rispondere non c’è costeggiando il lago sono arrivate in una piccola stradina che sale su una collinetta. Da lì come d’incanto appare una gigantesca valle piena di vita. Già da lontano si notano grandi e piccole capanne. Un brulicare di uomini Bluni intenti ai normali lavori, la strada maestra è tappezzata di fiori, (sicuramente appositamente preparata per accogliere le Principesse).

La Regina in persona li riceve all’ingresso del villaggio, seduta su uno splendido Mavano, con al suo seguito dodici guerriere, vestite con antichi costumi, armate di arco, lancia e coltello. Sul capo una corona di ghirlande colorate in segno di amicizia, anch'esse a dorso di Mavani elegantemente addobbati con nastri colorati e criniere arricchite di preziosi gioielli.

Al suo arrivo in segno di rispetto chinano il capo con un riverente saluto, con un segno della mano vengono invitate a tornare nella posizione eretta.

Lasciati i destrieri ai servi, vengono invitate nella gigantesca tenda della Regina, tranne il povero Balù che viene bloccato fuori. Stefany è incantata dalla bellezza di Apea, il suo viso pur esprimendo un carattere forte non intacca minimamente la sua bellezza, il suo sguardo magnetico e ipnotico attrae come una calamita, è impossibile sostenere il suo sguardo, il tutto completato da un fisico che farebbe invidia alle più amate attrici del suo pianeta, gli viene spontaneo farle dei complimenti “Regina Apea pensavo che si esagerasse nei nostri mondani salotti parlando della tua bellezza, ora che ti vedo di persona devo ricredermi anzi mi rendo conto che è impossibile per un essere umano spiegare veramente come sei, sono sicura che nemmeno “Odranoel” (il più grande pittore Tarmassiano) sarebbe in grado di farti un ritratto che esprima appieno la tua bellezza” la Regina “Principessa sei proprio figlia di tuo padre, anche lui esagerava nei complimenti”L’interno è illuminato a giorno da gigantesche pietre montate su ruote.

Avevano sentito parlare di quelle famose pietre, formate in milioni di anni da polveri di quarzi granitici; catturano la luce del sole e la notte splendono come gigantesche lampade, sopra ogni pietra dei giganteschi ombrelli di pelle servono per abbassare o eliminare la luce.

Incuriosita Yulia chiede a un servo lì vicino: “Come chiamate queste pietre?”. La risposta arriva dalla Regina: “Si chiamano occhi del Dio sole”. Stefany avrebbe voluto chiedergli come mai parlava la loro lingua e nell’era dell’energia cosmica

perché loro avessero scelto di rimanere quasi primitivi, e altre mille domande ma non ebbe il tempo.

Dal nulla nella tenda l’apparizione del canale Galaxyan; nel video appare una scritta che richiede la loro attenzione. “Il primo dei tre indizi è nella valle delle pietre malefiche. Rimarrà lì solo per due giornate solari, dopodiché verrà disintegrato”. Come è apparsa la gigantesca proiezione galattica così scompare.

La Regina corrucciata dice: “Vi hanno teso una trappola, anche con i più veloci Mavani ci vogliono tre giorni solari. Non vogliono farvi arrivare in tempo.... a meno che...” Stefany ripeté: “A meno che?” La Regina: “Diciamo che c’è una scorciatoia ando per la foresta risonante”

Yulia: “Come mai le è stato attribuito questo nome?” La Regina: “Poiché è infestata da piante, noi le chiamiamo parlanti, col vento emettono delle vibrazioni ultrasoniche che creano la pazzia nel cervello degli esseri viventi, nessuno è mai tornato vivo”.Stefany: “E se riuscissimo a tappare le nostre orecchie e quelle dei Mavani?”

“Non sentiremmo niente, neanche l’arrivo delle “Amadriadi” impazzite pure esse ormai abbruttite dall’ambiente malefico mordono e divorano ogni essere vivente, creature per metà umane e il rimanente vegetale, un tempo erano le fate dei boschi, una meteorite portò una rara pianta che in poco tempo trasformò infestandola l’intera foresta. Se molliamo adesso condanniamo l’intera galassia, miliardi di persone contano su di noi, verrò con voi, partiremo all’alba, ma ora concedetemi di dimostrarvi la nostra ospitalità.”

Un battito di mani e la tenda si animò: mentre le guerriere con canti antichi intonati alla guerra girano in cerchio minacciandosi con le lance, dei camerieri approntano una tavola di cibarie d’ogni genere.

A tavola Yulia fa’ portare via la carne dicendo che non avrebbe mai mangiato animali morti.

Finita la cena si congedano per un meritato riposo; con l’ordine della Regina di tenersi pronte al primo chiarore.

Èl’alba il tempo di salire in groppa ai destrieri già approntati dagli stallieri e via al galoppo. Giungonoai margini della foresta ad attenderli altre sei guerriere con dodici Mavani.Stefany chiede alla Regina: “Come mai tanti Mavani?” La Regina: “Senza loro non avremo speranze”. Non aggiunge altro: era tempo di correre, a ogni Mavano vengono messi tappi di cera nelle orecchie e così a tutti i componenti della spedizione. Era importante percorrere la foresta il più velocemente possibile.

Al via della Regina tutti spronano il proprio animale, la Regina al comando seguita da Yulia e Stefany, poi tre guerriere; le ultime tre guerriere tengono lunghe briglia alle quali sonolegati i sei Mavani di riserva.

I tappi alle orecchie impediscono di sentire i suoni della pazzia ma non avrebbero sentito il pericolo, le urlanti Amadriadi.

Non era difficile correre evitando rami sporgenti per le guerriere Bluni, ma per le due Principesse stava dimostrandosi una vera impresa.

Davanti al gruppo nessuno si accorgeva di quello che succedeva nelle retrovie: l’ultima guerriera, pur stando attenta ai rami sporgenti, doveva guardarsi le

spalle da eventuali attacchi.

Non dovette attendere molto, le mostruose creature cominciarono a inseguire il gruppo, la loro velocità era superiore. Ben presto il primo Mavano fu ghermito; con le loro lunghe unghie producevano dei tagli profondi nelle carni, la guerriera prontamente mollò le redini del povero animale che immediatamente venne aggredito e divorato.

Dopo qualche minuto di tregua come belve assetate di sangue un numero impressionante di Amadriadi era già a pochi metri dal gruppo.

Ben presto anche il secondo Mavano fa’ la stessa fine, e così pure il terzo. La guerriera spronò il suo destriero superando la seconda guerriera che già sapeva che nel caso della perdita dei destrieri toccava a lei trattenere le Amadriadi con i suoi tre destrieri di riserva.

Davanti nel gruppo nessuno sapeva quello che stava accadendo.

La lotta era impari: ben presto anche gli altri tre Mavani finiscono nelle grinfie delle Amadriadi. Una delle tre sempre al galoppo sfrenato lanciò una freccia davanti per avvisare la Regina che erano rimasti senza Mavani di riserva.

La distanza che dovevano ancora percorrere era troppa: non avevano molte speranze di farcela. Doveva cambiare il suo piano, era preoccupata per le principesse non avrebbe mai dovuto portarle in quella foresta, ma ormai non si poteva tornare indietro.

La prima guerriera era stata presa, se pur abile lottatrice non poteva niente contro quelle mostruose creature.

La stessa fine tocca alla seconda guerriera; i mostri si avvicinavano sempre più a Stefany e Yulia. Le ragazze si giravano spaventate per la sorte delle guerriere, niente e nessuno poteva salvarli.

Con un grosso spavento della Regina Stefany improvvisamente ferma il suo destriero: non era disposta a farsi mangiare senza combattere, con la sua straordinaria mente e le mani protese verso le Amadriadi creò una barriera di ghiaccio, prima di essere a sua volta ghermita riuscì con una spessa parete di ghiaccio a proteggersi dagli attacchi.

Non avrebbe retto molto ma potevano riprendere la corsa.

La Regina conosceva la strada: un tempo quando la foresta non era invasa dalle piante Risonanti, con sua Madre (allora Regina) la percorrevano in lungo e in largo, sapeva che oramai mancava poco.

Dietro di loro in lontananza stava riformandosi il gruppo delle Amadriadi, sempre più minacciose e vicine.

Davanti a loro lontani raggi di sole indicavano la fine della foresta.

Alle povere bestie stanche per l’enorme sforzo veniva chiesto un ultimo sacrificio, ancora poche centinaia di metri.

All’uscita della foresta un sole accecante le investì e mentre le due Principesse continuano a correre terrorizzate, le guerriere e la Regina si fermano in un ruscello per abbeverarsi loro e far riposare i Mavani.

Finalmente Yulia si gira e si accorge che sono sole, così richiama con dei gesti Stefany per farla smettere di correre.

Tolti i tappi dalle orecchie tornano indietro. Dopo essersi rinfrescate pure loro dicono alla Regina che forse è il caso di stare più lontani dalla foresta: “Non c'è bisogno, le vibrazioni ultrasoniche delle piante vibranti che creano la pazzia impediscono a chi ne viene colpito di uscire all’esterno della foresta” rispose Apea.

Dopo essersi riposate riprendono il viaggio, Yulia a dorso del suo quadrupede rivolta alla Regina: “Mi dispiace per le tue guerriere”. La Regina: “Sapevano cosa rischiavano si sono offerte volontarie, la vostra causa è importante per tutti i sette pianeti, le vite di pochi servono a evitare nuove guerre, popoli schiavizzati, darei la mia vita stessa per aiutarvi”. Commossa Yulia fa’ finta di guardare la valle sottostante nascondendo una lacrima che le scende sulla guancia. Pensava che la Regina era degna dei racconti che ne decantavano le gesta, era pronta all’estremo sacrificio per salvare il suo popolo, e chiunque ne fosse degno.

La bellissima valle era evitata da tutti, ogni pianta, pietra, fiore poteva essere mortale.

Lasciati iMavani al sicuro cautamente procedono in fila indiana tastando il terreno con le lance e segnando il terreno per il ritorno.

Arrivati al centro della valle: si trovano davanti una enorme barriera di pietre malefiche che formano un cerchio e al centro di esso vi è un grosso palo con una lancia conficcata insieme a un messaggio, nessuno poteva saltare senza toccare le pietre.Steffany “bisognerebbe avere le ali per arrivare al centro delle pietre.

Dopo varie discussioni Yulia prova a mettersi in contatto con qualche animale alato nelle vicinanze.

Compare alla loro vista un gigantesco Pavone con due enormi ali al posto delle piume che gli permettono di volare maestosamente nel cielo. Al richiamo telepatico di Yulia risponde prontamente confermandogli la sua disponibilità: il volatile le spiega che in quel grosso palo centrale aveva costruito un nido per i suoi pulcini, sarebbero stati al sicuro li protetti dalla barriera delle pietre ma un raggio disintegratore proveniente dallo spazio aveva cancellato tutto il suo lavoro facendo apparire la lancia col biglietto. Yulia gli chiede se poteva recuperare il biglietto, senza dare risposta il Pavone liberatosi in volo si dirige verso l'indizio.Ma ogni tentativo di afferrarlo era vano: la scritta è una proiezione tridimensionale.

Così Yulia chiede al Pavone se può portarla al di là delle pietre malefiche; il volatile gli comunica che non è un problema, fatta salire sul suo dorso la Principessa si dirige verso il centro del cerchio.

Improvvisamente (quando ormai si trovano in volo) un raggio paralizzante tramortisce il povero Pavone trascinando entrambi all’interno del cerchio, senza nessuna possibilità per la Principessa di uscirne viva.

Prontamente la Regina usando la sua lancia come un asta si fa’ volare anche lei

all’interno; assicuratasi della salute di Yulia le spiega come fare a saltare le pietre. Si fa lanciare altre due lance dalle guerriere, ma per quanto la Regina la fe facile per Yulia era una missione impossibile, d'altronde al Castello avevano solo portoni ad apertura automatica, non avrebbe mai imparato a saltare con la lancia in così poco tempo.

La Regina, vedendo gli inutili sforzi della Principessa, le chiede di chiamare un altro volatile, ma Yulia si rifiuta di far rischiare la vita a un altro animale e decide che tenterà e se fallirà morirà.

Intanto leggono il messaggio, dice: “In cima al monte di fango troverete l’ultimo indizio”. Dopo aver letto attentamente la proiezione si concentra al massimo, prende la rincorsa facendo il più alto salto della sua vita, ma non abbastanza alto da saltare quelle pietre. Stefany fa appena i tempo a congelare la grossa pietra dove ricade la sorella facendo sì che slittando cada al sicuro. Per la Regina non è un problema, con un salto degno del più bravo atleta salta la barriera delle pietre malefiche.

Non appena tornata la calma iniziarono insieme a escogitare un piano.

Stefany chiede dove si trova il monte di fango alla Regina, la quale perplessa contempla attentamente la situazione, in fine spiega alle Principesse cosa sia esattamente il monte di fango. “Il monte prende il suo nome da un vulcano ormai spento ma per millenni ha eruttato una melma fangosa e oleosa, impossibile da scalare, oltre che irta è priva di appigli, hanno scelto il posto più impossibile”. Stefany: “Quindi come pensi che faremo?”. La Regina guarda Stefany con sconforto e tace. “Prima di arrenderci portaci lì” dice Yulia. “Come preferite.”

Saliti tutti sui veloci i Mavani partono alla volta del monte di fango.

“IL CAPITANO BAAT”

Intanto Hares, Elisabeth e Alexandra al termine della terza luna cercano un riparo per la notte imminente, quando come sbucati dal nulla da dietro delle rocce una trentina di individui si interpongono sul loro cammino.

Non sapendo le loro intenzioni guardano alle loro spalle per una possibile via di fuga, ma altri individui come una barriera umana bloccano la strada alle loro spalle. Pensando a una trappola si mettono spalla contro spalla, pronte a difendersi.

Dal gruppo si fa avanti un gigantesco grasso e barbuto individuo con addosso una vera collezione di coltelli, giunto a tre i dalle Principesse chiede: “Chi siete?” risponde Alexandra. “Sei cieco? Siamo tre ragazze”. Un coro di risate fa eco alla risposta della Principessa, il barbuto: “Sì, ma come mai siete arrivate qui nel mio territorio sane e salve?”. Elisabeth, sempre combattiva: “Da quando sei padrone di questo territorio?”. Alexandra interviene per calmare le acque: “Scusala ciccione mia sorella è troppo esuberante”. Il barbuto sembra che tolga fumo dal naso e dalla bocca: “Mi hai chiamato ciccione, se c’è una parola che non dovevi dire l'hai detta, mi farò degli stivali con la tua pelle”. Un calcio nelle parti basse da parte di Elisabeth mette in ginocchio il barbuto che impreca in una lingua indecifrabile; le risate dei suoi compari si confondono con le sue imprecazioni.

Ringhiando dà ordini ai suoi uomini: “Portatele nel villaggio deciderò dopo che fine faranno”. Elisabeth voleva combattere ma Hares la fermò: “Non sento pericolo imminente ci conviene assecondarli per il momento”.

Giunti al villaggio con la scusa di interrogarle le fa portare nella sua dimora. Assicuratosi che nessuno rimanesse in ascolto dice: “Per fortuna nessuno vi ha riconosciute, il mio nome è Baat e voi siete figlie di Erixs, molti dei miei uomini sono stati condannati dalle leggi di vostro Padre e sarebbero felici di vendicarsi”. Alexandra lo interrompe: “Ma tu perché ci proteggi, sei anche tu qui e sicuramente anche tu sei stato condannato”. Baat: “Ero Capitano delle guardie imperiali, un giorno mi è stata affidata la protezione di un ministro del secondo Pianeta Ortan. Misteriosamente venne ucciso e in base alla legge, per non essere riuscito a proteggerlo, fui condannato, Re Erixs tentò in ogni modo di salvarmi ma anche lui non poteva andare contro le leggi. La mia vita non è importante, io ora devo proteggervi, con noi ci sono pericolosi criminali, vi consiglio di rimanere qui al sicuro, per fortuna col buio nessuno vi ha riconosciuto”.

Accettarono di buon grado l’ospitalità del Capitano anche perché non avevano altre soluzioni.

La notte ò tranquilla. Alle prime luci dell’alba un violento bussare alla porta destò le Principesse e il Capitano di soprassalto; dopo aver raccomandato loro di stare ben nascoste aprì la porta per accogliere tre individui dalle facce poco raccomandabili. Adirato per essere stato svegliato bruscamente il Capitano Baat: “Mi auguro che abbiate un buon motivo per avermi svegliato”. Uno dei tre: “Capitano siamo venuti a chiedere la spartizione del bottino”. “Quale bottino?” “Le tre ragazze come tutto quello che viene trovato o rubato deve essere diviso tra tutti, sono le leggi che da sempre tengono questa comunità di Peiraomai unita, come sai Capitano neanche tu puoi mancare, quindi a nome di tutti chiediamo di dividere il bottino”. Il Capitano: “Queste ragazze sono mie ospiti non sono prigioniere e nessuno oserà toccarle, ho messo da parte una vera fortuna, dì a tutti gli altri Peiraomai che in cambio sono pronto a darvi tutto quello che ho”.

Usciti i tre ceffi il Capitano fa uscire le tre principesse dal nascondiglio:

“Qui le donne scarseggiano, siete in pericolo, teniamoci pronti a difenderci”. Alexandra ricordò a Elisabeth che non avrebbe dovuto esagerare, non era il caso di uccidere qualcuno se non fosse stata costretta. Il Capitano, sentendo che parlavano di non far del male a nessuno, pensò che erano impazzite e gli rammentò: “Avete a che fare con la peggior razza di delinquenti di tutti i sette pianeti e voi state pensando di non fargli del male?” Hares: “Capitano, ti accorgerai che siamo in grado di difenderci”.

ati altri dieci minuti nuovamente un bussare violento alla porta fa riportare alla realtà le Principesse e il Capitano che apre la porta con decisione; all’esterno una folla di delinquenti si è radunata, uno di loro facendo due i avanti a tutti prende la parola: “Abbiamo deciso non vogliamo il tuo tesoro, vogliamo le donne”.

Il Capitano uscendo fuori per affrontarli: “Dovete prima are sul mio cadavere”, minacciosi e armati di coltelli si avventano sul coraggioso Capitano. Improvvisamente si fermano: il Capitano, giratosi per capire il motivo, vede che contro il suo volere le tre Principesse sono uscite fuori in sua difesa con delle mascherine (fatte al momento con delle stoffe e un coltello) sul volto per non essere riconosciute, e prima che alcuno possa pronunciare una parola Hares dice: “Oggi nessuno morirà siamo qui nel vostro territorio e rispetteremo le vostre leggi, noi siamo solo tre mentre voi siete tanti. Proporrei che si tenga una gara tra voi per stabilire i primi tre, chi combatte per una non può combattere per un’altra ma naturalmente dovranno poi essere in grado di domarci quindi dovranno combattere con noi. Sapete a noi piacciono gli uomini forti e coraggiosi”.

L’allibito Capitano pensava che le tre Principesse erano impazzite, dalla folla un coro di sì fece capire che l’idea aveva messo tutti d’accordo.

Per uomini rozzi come loro si proponeva una giornata diversa e divertente.

Come prima posta in palio si propose Alexandra: “Chi è disposto a lottare per me?”. Alzarono tutti la mano ma lentamente la riabbassarono: solo una decina di loro rimase con la mano alzata, il motivo era chiaro, un gigantesco energumeno che incuteva un riverente rispetto era tra i dieci.

Prima che iniziassero Alexandra: “Ehm… si era detto che oggi nessuno avrebbe perso la vita quindi lasciate le armi e combattete a mani nude”.

Non ci fu storia: a uno a uno il gigantesco individuo li stese tutti, contento si diresse verso la Principessa Alexandra per prendersi il premio in palio, il Capitano si mise in mezzo ai due, la Principessa gli ricordò di rispettare i patti e dice al gigante: “Ora devi riuscire a prendermi io per aiutarti starò ferma”. La risata del gorilla sovrastò tutti, anche Hares e Elisabeth risero lasciando intontito il Capitano.

Il gigantesco gorilla prende per un braccio la Principessa ma si ritrae subito, un bruciore alla mano gli fa mollare la presa, e a ogni tentativo aumenta di intensità e Alexandra burlandolo: “Dai non ti piaccio?”. Non sapendo cosa stesse succedendo realmente tutti ridono.

Alla fine il bestione pensando a qualche diavoleria con le mani ustionate rinuncia.

Si fa avanti Elisabeth: “Per me chi combatte?”.

Un gruppetto di scagnozzi si fa avanti nel cerchio approntato per la gara, tra loro

un ragazzo non particolarmente muscoloso ma dotato di una tecnica di lotta particolare riesce a eliminare i concorrenti vincendo la gara.

Hares si avvicina alla sorella dicendole all’orecchio: “Hai visto che bel ragazzo? Sei la solita fortunata!”

Elisabeth avrebbe voluto sapere il suo nome, il perché fosse lì in quel mondo di delinquenti, e tante altre domande ma avevano una missione da compiere non potevano distrarsi e disse: “Adesso devi combattere con me se vincerai sarò il tuo premio”.

Uno contro l’altra giravano in cerchio cercando i punti deboli dell’avversario, i primi approcci vedevano una sostanziale parità, in un momento di corpo a corpo la Principessa all’orecchio: “Non stai combattendo come prima perché vuoi perdere”. Il ragazzo non risponde facendo arrabbiare Elisabeth che lo insulta: “Sei un vigliacco, non sei capace di vincere una donna”.

Offeso nel vivo il ragazzo potenzia i suoi attacchi e con un’abile mossa la tiene ferma con la schiena per terra e le mani bloccate ma anziché infierire oltre si china per darle un bacio. È simpatico e bello vorrebbe chiudere gli occhi e fermarsi per un istante a sognare ma come si permette questo screanzato a umiliarla così??? Con un colpo di vento lo fa volare in mezzo al gruppo.

Aveva barato, non poteva accettare di essere stata battuta da un ragazzo, però si sentiva in dovere di scusarsi ma non poteva, era stato arrogante, l’aveva baciata era uno screanzato, villano, e maleducato, (insomma le piaceva quel ragazzo) Senza curarsi degli altri si diresse verso di lui porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi, il ragazzo: “Come hai fatto?”. Evitando di rispondere direttamente alla domanda la Principessa: “Come hai osato baciarmi?”

Il ragazzo: “Non mi è sembrato che ti sia dispiaciuto”. Lei pensò: Come immaginavo, stupido e presuntuoso. Lui: “Mi chiamo Costantin” “Io Elisabeth” continuando a litigare si allontanano dal gruppo ignorando tutti.

Elisabeth: “Come mai ti trovi qui in mezzo ai delinquenti?” Costantin: “È una lunga storia”. “Mi piacciono le lunghe storie, e poi non è che abbiamo molto da fare”. “Vedi mio fratello è stato trascinato da amicizie sbagliate, lo usavano per commerciare la Camocas, lui stesso ne faceva uso, fin che un giorno lo trovarono morto. L’ira si impadronì della mia mente, andai in un laboratorio dei Taulus e distrussi tutto quello che mi capitava, chiunque cercava di impedirmelo lo affrontavo e lo tramortivo non mi rendevo conto di quello che facevo, il dolore per la morte di mio Fratello mi rendeva cieco, alla fine ci scappò il morto. E come sai in base alle leggi dovevo essere condannato”.

In silenzio commossa la Principessa ascoltava e senza rendersene conto teneva la sua mano nella sua.

Nel mentre Hares si era offerta come premio per altri sfidanti: oramai il Capitano non si preoccupava più, aveva visto che non erano affatto delle ragazze timide e deboli come pensava lui, anzi.

Un gruppetto di delinquenti si era fatto avanti per contendersi la facile preda. Dopo vari combattimenti rimangono in due in gara. Presa nel pieno del divertimento la principessa decide di dare una mano alla sorte scegliendo tra i due quello che per lei era il più simpatico, tra i due scelse il più buffo la faceva ridere solo a guardarlo;anche se non era come il ragazzo che aveva sfidato la sorella, e poi gli serviva uno per chiedere informazioni dei posti, e dei pericoli; con la sua mente si concentrò facendo sentire una stanchezza insopportabile all’avversario che alla fine cedette facendo vincere il suo designato campione.

Più che simpatico era comico:Impacciato, guardandosi attorno, si dirige verso la Principessa tra le risate di scherno dei suoi commilitoni; appena giunto vicino si inginocchia e dice “Signora ti chiedo perdono posso esserti d’aiuto?” Ridendo Hares: “Dobbiamo combattere, sei pronto?”. Il poveretto: “Combattere? Mai con una donna”. “E perché ti sei offerto volontario?” “Non lo so, tutti si sono fatti avanti”. Ridendo Hares: “Va bene, mi serviva proprio un servitore sei assunto”.

La giornata sembra trascorrere tranquilla quando improvvisamente due uomini a bordo di una scalcinata carrozzella tenuta in moto non si sa da quale orribile miscela - non si capiva se era peggio il fumo che toglieva o l’odore pestilenziale - arriva quasi a investire in pieno il Capitano Baat, il quale imprecando li manda al diavolo.

Scesi frettolosamente i due confusamente riferiscono che la tribù dei “Bruzi” sta marciando verso il loro villaggio.

I Bruzi erano un feroce popolo primitivo che si trovava lì ancora prima di loro, molto probabilmente sparati in quel mondo parallelo da qualche esplosione cosmica; all’arrivo dei primi carcerati c’erano state lotte cruente per il territorio ma sempre di più erano arrivati nuovi prigionieri, alla fine avevano ottenuto una sofferta pace entrambe le parti; erano anni che regnava la tranquilla convivenza, si erano istaurati anche rapporti commerciali tra i due diversi popoli.

Il Capitano pensò che in qualche modo centrasse l’avvenuto incontro con le principesse; qualcosa avevano trascurato di dirgli e quel qualcosa aveva sicuramente a che fare con l’attacco dei Bruzi.

Le fa convocare, una volta riunite chiede: “C’è forse qualche cosa che dovete

dirmi? Non lontano da qui c’è una banda di selvaggi scatenati che ci vogliono fare a pezzi, casualmente ieri siete arrivate voi, se devo morire vorrei almeno sapere il perché”. Alexandra mette al corrente il Capitano di come e perché si trovano lì.

Dopo un minuto di attenta riflessione arrivano alla conclusione che i cugini delle Principesse anno elaborato un piano per eliminarle senza esporsi personalmente.

Il Capitano raduna tutti gli uomini e inizia un discorso cercando il più possibile di convincere i suoi ancora ignari ascoltatori.

“Voi siete qui perché avete commesso gravi reati. Oggi vi capita l’unica e grande occasione di riscattare il vostro ato, il popolo dei Bruzi ci attacca perché vogliono le teste delle tre ragazze giunte al villaggio, ma non sono semplici ragazze sono tre Principesse, le figlie del Re Erixs, da voi odiato”. Un mormorio si leva dalla folla. Il Capitano, per niente intimorito: “So che molti di voi sono stati condannati per sua mano ma nessuno può dire che la sua condanna sia stata ingiusta, anche io sono qui e oggi sono pronto a dare la mia vita per salvare le Principesse. Voi potete decidere: se rimanete molti di voi moriranno, ma saranno morti da uomini, oppure potete scappare da vigliacchi e nascondervi sui monti lasciando ai Bruzi la sorte delle principesse”. Uno del gruppo: “Consegniamo le principesse ai Bruzi”. Il gigantesco lottatore che aveva lottato per Alexandra senza parlare lo prese per il collo sollevandolo; il poveretto a fil di voce dice: “Scherzavo”.

Il bel discorso del capitano ha funzionato: tutti incominciavano a prepararsi per la battaglia.

Contemporaneamente le due Principesse Yulia, Stefany, la Regina Apea, e tre guerriere Bluni, oltre al fedele Balù stanno lentamente tornando indietro per

riprendersi i Mavani e con essi si mettono in viaggio verso il Monte di Fango.

Giunti lì ormai all’imbrunire decidono che all’alba avrebbero pensato il da farsi. Trovata una grotta e un bel fuoco si addormentano.

Prima ancora dell’alba già erano ai piedi del Monte studiandolo attentamente.

Dopo ripetuti tentativi arrivano alla conclusione che niente e nessuno poteva salire lì a meno che non fosse dotato di ali, ma se Yulia avesse chiesto aiuto a un rapace quasi sicuramente lo avrebbero eliminato con un raggio paralizzante.Stefany dice: “Ci servirebbero un paio di ali”. Yulia: “Ecco la soluzione, dobbiamo costruire un paio di ali”. La Regina per la prima volta da quando si erano messe in viaggio ride di gusto come se Yulia avesse detto una battuta spiritosa. Senza scomporsi per il sarcasmo la Principessa: “Vedete questo monte qui vicino? Si erge per almeno cento metri più alto del Monte di Fango; è pieno di vegetazione non sarà difficile costruire delle grandi e leggere ali che sorrette dal vento mi porteranno sulla cima del Monte di Fango”.

La Regina non rideva più: l’idea era degna di nota, bisognava tentare. Seguendo uno stretto sentiero costruito sicuramente dai contadini del posto si dirigono verso il punto più alto. Dopo due ore giungono in cima notando subito una vasta estensione di Bambusaie di ogni tipo.

Tutti si mettono al lavoro con i loro coltelli, tagliando abilmente i lunghi tronchi in sottili listelli legandoli con finissima canapa intrecciata, misurandoli sul terreno in modo da coincidere con gli altri; sembrava non avessero fatto altro in tutta la loro vita.

Man mano che si procedeva si iniziava a vedere la forma delle enormi ali.

Per finire fissarono i loro sottili mantelli allo scheletro delle ali.

Non rimaneva che collaudarle.

Trasportate su un costone roccioso si capì subito che di tentativi uno se ne poteva fare: se non avessero funzionato la malcapitata sarebbe piombata nel vuoto senza nessuna speranza di salvezza.

Yulia, Stefany, la Regina Apea, e anche le tre guerriere insistevano che toccava a loro provare, tutte erano ferme nelle loro decisioni finché la Regina da sei bastoncini a una sua guerriera e dice: “Ci sono cinque bastoncini corti e uno lungo chi prenderà quello lungo sarà la designata”.

A malincuore dovettero accettare.

La prima a prendere il bastoncino fu Stefany e con un verso di diniego dice “corto”. La stessa sorte tocca a Yulia e a altre due, rimaneva solo la Regina e la guerriera che aveva in mano i due rimanenti bastoncini, velocemente la Regina ne prende uno e lo mostra a tutte, “lungo”.

Mentre si prepara a lanciarsi legandosi le ali alle spalle, Yulia si rivolge alla sorella: “Come ha fatto?” Stefany: “Semplice i bastoncini erano tutti e sei corti nella sua mano aveva già quello lungo e velocemente lo ha cambiato nel momento dell’estrazione”. “Ma tu come fai a saperlo?” “L'ho intuito poi ho

avuto conferma trovando per terra il bastoncino corto.” “Bisogna fermarla.” “No, in fondo ha ragione lei: per quanto mi dispiaccia ammetterlo, la nostra vita in questo momento è più preziosa, in gioco ci sono miliardi di persone che credono in noi, non possiamo deluderli.”

In silenzio guardano la coraggiosa Regina che non ha voluto far rischiare la vita nemmeno a una sua suddita.

Le tre guerriere sommessamente intonano un canto di guerra, Yulia prega il suo Dio Anthimo, Stefany volge il suo sguardo verso il cielo: “Dio Kosmas ti prego aiutala hai visto che coraggio e grinta che ha, non merita di morire così sono sicura che il suo desiderio sarebbe di morire combattendo”. Nel momento del gran salto tutti tacciono, la regina vola giù scomparendo per alcuni secondi che sembrano infiniti, per poi ricomparire ai loro occhi volando verso il Monte di Fango. Un grido riempie il silenzio che si era creato. “È bellissimo.”

Un puntino sempre più lontano fa decidere tutti che è ora di tornare.

Lentamente ripercorrono la strada del ritorno.

Giunti ai piedi del Monte di Fango con lo sguardo rivolto verso l’alto in trepida attesa della spericolata Regina.

a un’ora, due, niente, la tensione sale finché non sentono urla provenire dall’alto del Monte; lassù si delinea sempre più una forma in caduta libera, il cuore rallenta i battiti di tutti, le grida non sembrano di dolore ma di puro divertimento; Yulia ricorda che nei racconti delle sue gesta si diceva che anche quando lanciava il suo Mavano a folle velocità gridava così.

Ora la vedono bene: l’incredibile Regina cavalca un’ala come fosse in mare, scendendo giù dal Monte ripido. Si sta pure divertendo, il fango continua per centinaia di metri anche giù del Monte, è uno spettacolo fantastico vederla schivare grosse pietre.

Poi finalmente si ferma, non curanti del grado tutti l’abbracciano con affetto.

Stefany le chiede: “Cosa è successo?”. La Regina: “L’atterraggio è stato catastrofico le ali si sono spezzate se non volevo dormire lì mi dovevo inventare qualcosa”. Yulia le dice: “Sei matta come un Mavano”.

Era ora di sapere cosa dicesse il secondo indizio.

La Regina: “Andate nel cimitero delle anime parlanti, lì troverete tre pietre artificiali, in una di esse c’è la chiave dello scrigno che custodisce lo scettro Reale, attente però solo una di queste pietre e quella buona se sbagliate verrete disintegrate e la chiave verrà resa invisibile agli occhi umani trasportata da milioni di raggi ipertrasportatori e si depositerà in un luogo sconosciuto a chiunque.

Per effetto le vostre rimanenti sorelle e vostro Padre perderanno il titolo, che sarà per legge Divina di chi riporterà la chiave al suo posto, nell’urna Sacra della sala del trono.”

Si stavano rendendo conto che Re Erixs stava perdendo il controllo dei suoi ministri che, avendo paura di ritorsioni da parte dei loro cugini, sempre più si

stavano prestando al loro sporco gioco trasformando le prove in trappole mortali. Era indispensabile avere dei successi importanti per dare fiducia e accattivarsi l’appoggio di più ministri.

La quarta luna volgeva alla fine.

Non vedevano l’ora di sapere notizie delle altre sorelle.

L’instancabile Regina dette ordine di accamparsi per la sosta notturna.

Intanto Alexandra, Elisabeth, e Hares sono posizionate in attesa di un attacco dei Bruzi. Meravigliandosi dell’attesa, Hares chiede al Capitano: “Perché non ci attaccano?”. Il Capitano: “Aspettano il buio si spalmano una sostanza scura su tutto il corpo rimanendo quasi invisibili, solo all’ultimo ti accorgi della loro presenza, ma ormai è tardi con i loro lunghi coltelli, anche essi invisibili, colpiscono velocemente, se devo essere sincero non abbiamo molte speranze, i miei uomini possono tenere testa ai Bruzi durante il giorno, sono abili combattenti e un corpo a corpo è a nostro vantaggio, ma la notte è impossibile”.

Allontanatasi dal Capitano raggiunge le sorelle spiegando la situazione e, insieme preparano un piano di guerra. Hares: “Alexandra appena sentiamo il primo attacco dei Bruzi devi creare dei fuochi attorno al campo per rendere visibili gli assalitori, tu Elisabeth farai lo stesso con i tuoi fulmini, più che ucciderli dobbiamo intimorirli non mi va di eliminare dei poveri selvaggi” Elisabeth: “Quelli che tu chiami poveri selvaggi se ci prendono ci fanno a spezzatino”.

Nel mentre il buio si impadronisce del villaggio e di tutto il panorama, neanche i

deboli fuochi a poco servono anzi creano ombre rendendo gli uomini nervosi. Elisabeth assorta nei suoi pensieri non si accorge del pericolo, un colpo sordo la fa trasalire e un corpo inerme cade ai suoi piedi. Poco lì vicino il ragazzo della sfida, Costantin, con un bastone in mano; è stato lui a tramortire l’indigeno un secondo prima che affondasse il suo coltello nella schiena dell’ignara Principessa; spaventata per il rischio corso spara fulmini in ogni direzione, seguita da Alexandra che crea fiamme alte tre metri. Tutti si rendono conto che silenziosamente il villaggio è stato assalito dai misteriosi indigeni.

Inizia un corpo a corpo violento.

Hares grida a tutti di smetterla anche se a sua volta deve difendersi dagli attacchi, Alexandra si difende cercando di non uccidere nessuno bruciacchiando i piedi o il fondo schiena degli indigeni, altrettanto fa Elisabeth facendoli volare lontano da lei.

Ben presto la lotta volge al termine, visto che la sorpresa non ha dato risultati sperati a un segnale si dileguano nel buio.

Il Capitano non crede ai suoi occhi, le poche perdite subite lo rendono euforico, lasciando alcune persone di guardia invita tutti a riunirsi nel grande salone, un grosso e capiente edificio usato saltuariamente come ritrovo per colossali bevute, salvo in alcune occasioni utilizzato per discutere i problemi giornalieri.

Al suo interno una enorme donna di almeno duecento chili si sta prodigando in una difficile danza tra le risate dei filibustieri che ogni tanto si beccano una sberla.

Le principesse vengono festeggiate, il chiasso è assordante: ognuno racconta quanti indigeni ha dovuto affrontare, viene offerto un liquore a tutti, il Capitano giura che è riservato alle grandi occasioni, per non offenderlo le Principesse lo assaggiano con facce poco felici.

Elisabeth ha occhi solo per Costantin, da lui ricambiata. Pensa che l’indomani scade la quinta luna e dovranno lasciarsi, ma è sicura che un giorno si rincontreranno.

L’alba ancora una volta trova la Regina già alzata che striglia dolcemente il suo Mavano parlandogli all’orecchio; Yulia, ancora un po’ assonnata, guarda compiaciuta la scena. Alle sue spalle Stefany dice: “Sembrano un’unica persona”.

Chiedono scusa alla Regina chiedendo ancora un paio di minuti.

La Regina non risponde: è preoccupata, i suoi pensieri la portano lontano, lì al cimitero delle anime parlanti non aveva paura. Sapeva che lestrette gole, che conducono all’antico cimitero, sono percorse da sottili venti e le lisce pareti di quarzo producono dei suoni simili a lamenti, un vero terrore per i superstiziosi contadini della zona.

La sua inquietudine era dovuta al fatto che questa volta non avrebbe potuto sostituirsi alle Principesse, come avrebbero potuto sapere dove era la chiave? Si presentava come una vera trappola mortale.

Cupi pensieri attraversavano la sua mente. La partenza era senza i soliti commenti, le gare, risate per le poste in palio impossibili da pagare, le

considerava sorelle si era affezionata a quelle Principesse, anche con i servi si comportavano con umiltà, erano sempre pronte a sacrificarsi per il bene comune.

Varie volte si era scontrata in discussioni accese, era stata trattata alla pari di un qualsiasi individuo. Abituata al comando sin da piccola si adirava, ma poi nella solitudine della sua tenda ripensava al trattamento subito e un sorriso gli appariva sul suo bel viso: avevano proprio la grinta e il carattere di Re Erixs.

Non era giusto che tutto adesso finisse in una difficile quanto mai impossibile prova.

Tutto il viaggio trascorse in un glaciale silenzio.

Il bivacco per il pranzo fu allietato dal aggio di un carro guidato da contadini Bluni. Riconoscendo la Regina si prodigarono in offerte di ortaggi e bevande di loro produzione, Yulia sottovoce: “Ma ci stanno dando il loro pranzo, non possiamo accettare!” La Regina: “Il nostro popolo è orgoglioso, per loro è un onore. Rifiutando crei offesa, penserebbero che non hai gradito” Yulia di buon grado dovette ammettere che la Regina aveva ragione.

Finito il pasto si concedono un po’ di riposo, togliendo i finimenti ai Mavani per un meritato pascolo.

Il viaggio riprende e al sopraggiungere delle prime ombre arrivano in una valle, da lì attraversando le strette gole giungono al cimitero delle anime parlanti, decidono che si fermeranno lì per la notte, hanno ancora due lune di tempo rimanenti alle trenta decise dai ministri come tempomassimo. gole, che conducevano all’antico cimitero, erano percorse da sottili venti e le lisce pareti

di quarzo producevano dei suoni simili a lamenti, un vero terrore per i superstiziosi contadini della zona.

La sua inquietudine era dovuta al fatto che questa volta non avrebbe potuto sostituirsi alle Principesse, come avrebbero potuto sapere dove era la chiave? Si presentava come una vera trappola mortale.

Cupi pensieri attraversavano la sua mente. La partenza era senza i soliti commenti, le gare, risate per le poste in palio impossibili da pagare, si era affezionata a quelle Principesse, anche con i servi si comportavano allo stesso modo.

Varie volte si era scontrata in discussioni accese, era stata trattata alla pari di un qualsiasi individuo. Abituata al comando sin da piccola si adirava, ma poi nella solitudine della sua tenda ripensava al trattamento subito e un sorriso gli appariva sul suo bel viso: avevano proprio la grinta e il carattere di Re Erixs.

Non era giusto che tutto adesso finisse in una difficile quanto mai impossibile prova.

Tutto il viaggio trascorse in un glaciale silenzio.

Il bivacco per il pranzo fu allietato dal aggio di un carro guidato da contadini Bluni. Riconoscendo la Regina si prodigarono in offerte di ortaggi e bevande di loro produzione, Yulia sottovoce: “Ma ci stanno dando il loro pranzo, non possiamo accettare!” La Regina: “Il nostro popolo sia orgoglioso di noi, per loro è un onore. Rifiutando crei offesa, penserebbero che non hai gradito” Yulia di buon grado dovette ammettere che la Regina avesse ragione.

Finito il pasto si concessero un po’ di riposo, togliendo i finimenti ai Mavani per un meritato pascolo.

Il viaggio riprende e al sopraggiungere delle prime ombre arrivano in una valle, da lì attraversando le strette gole giungono al cimitero delle anime parlanti, decidono che si fermeranno lì per la notte, hanno ancora due lune di tempo rimanenti alle trenta decise dai ministri come tempo massimo. Si organizzano per are una tranquilla notte. Il fuoco terrà lontano gli eventuali animali notturni e riscalderà la fredda notte, le tre guerriere si organizzano per il turno di guardia.

La notte lascia il posto a uno splendido e caldo sole ma nei volti di tutti vi è ansia per il pericolo imminente.

Raggiunto l’ingresso delle strette gole lamenti quasi umani riecheggiano in tutte le direzioni dimostrando che il nome e la fama di quel posto misterioso non è dato a caso.

In fila indiana proseguono nel sentiero; i destrieri sentendo quei lamenti diventano nervosi, le carezze dei loro cavalieri un po’ li tranquillizzano.

Quei lamenti mettono i brividi addosso, pur sapendo che non si tratta di spiriti i suoni surreali fanno venire la pelle d’oca.

Due ore sono sufficienti per raggiungere il rinomato Cimitero.

Finita la stretta gola un immenso cimitero si presenta ai loro occhi.

Pur essendo antico è intatto: i ladri di tombe non hanno osato sfidare le leggende sulle anime parlanti.

Quei cimeli farebbero una bella figura in qualsiasi negozio d’arte, pietre scolpite a mano con attrezzi primitivi, veri capolavori.

Al centro di tutto figuravano tre pietre di chiara origine moderna: era lì che avrebbero dovuto trovare la chiave dello scrigno.

Legati i destrieri poco lontano le due Principesse si avviano, seguite dalla Regina verso le tre pietre.

Giunte il più vicino possibile si rendono conto che le pietre sono fatte di materia organica tridimensionale: la loro trasparenza è visibile solo a distanza ravvicinata, all’interno di ogni pietra si intravede un congegno esplosivo di antimateria trasformata in energia; un qualsiasi contatto trasformerebbe quel cimitero in un piccolo deserto e con esso chiunque si trovasse lì avrebbe morte certa.

Stefany: “Due devono essere esplosive e uno no, bisogna stabilire quale è quello dove c’è la chiave, sicuramente l’esplosivo è finto”. Yulia spazientita: “In conclusione?”. Stefany non risponde dimostrando che non esiste soluzione: era una vera trappola mortale.

I minuti trascorrono lenti e così le ore: al calare della sera non si è deciso ancora niente, così Stefany si fa avanti per tentare la sorte, dopo aver chiesto conferma alla sorella allunga la mano verso la pietra centrale.

Prima che la sfiorasse una voce imperiosa le ordina di fermarsi.

Riconoscendo la voce si gira per trovarsi di fronte alle altre tre sorelle.

Hares, è lei che l’ha fermata: l’abbraccio tra tutte fa dimenticare l’arduo compito.

Non sanno come si siano ritrovate molto probabilmente sono trascorse le cinque lune e sono state trasportate dalle altre due giusto in tempo per studiare insieme il problema o per perire nel tentativo.

Finiti i convenevoli si torna alla realtà. Alexandra spiega: “Se le pietre come penso sono fatte di materiale organico, dovrebbe essere facile per Hares vedere dove si nasconde la chiave”.

Dopo essersi concentrata per alcuni minuti, Hares: “Brutte notizie c’è una chiave in ogni pietra ma solo una è quella vera, è una vera trappola”.

Non trovando soluzioni decidono di accamparsi lì per la notte considerando che l’indomani notte sarebbe trascorsa la trentesima luna che avrebbe segnato la loro sconfitta.

Quella notte nessuno riuscì a dormire, la tensione era troppo alta.

Alle prime luci dell’alba Yulia chiama a sé la sorella, la Principessa Stefany, e le dice: “So che è inutile chiedervi di allontanarvi il più possibile da questa zona”. Stefany: “Che intenzioni hai?” “Vieni, mi serve il tuo aiuto.”

Intenti a sistemare le stuoie usate per la notte, nessuno si accorge delle due Principesse che si allontanano da loro dirigendosi verso le pietre.

Giunte sul posto Yulia chiede alla Sorella di darle il suo cinto.

Legato insieme al suo se lo a nella vita fermando il punto iniziale col vestito. Per tre volte fa il giro della sua vita spiegando a Stefany che fatti tre giri tornerebbe sempre con la faccia rivolta verso le pietre; la sorella dovrebbe tirare il cinto facendo girare per tre volte la sorella Yulia.

Finite le spiegazioni, non senza litigi, Yulia si mette una fascia per bendarsi gli occhi; interminabili minuti li a pregando il suo Dio, la concentrazione la rende quasi incosciente.

Al suo comando Stefany tira con forza il cinto facendo fare tre giri alla Sorella, pensando che sia impazzita.

Yulia senza indugi allunga la mano sfiorando pericolosamente la pietra centrale, ma entra nella pietra di sinistra trovando e afferrando la preziosa chiave. Tolta la

mano dalla pietra rimane ferma, delle gocce di sudore scendono dal suo viso, riprende a respirare lentamente; è la Sorella che, abbracciandola, la riporta alla realtà, infine le toglie la fascia dagli occhi e le fa notare che ha in mano la chiave giusta e contemporaneamente ha disinnescato le potenti bombe ormai scomparse da quel cimitero.

Quando le vedono arrivare ballando e ridendo pensano a un colpo di sole, oppure la pazzia data dalla forte tensione, finalmente notano la chiave che sventola in alto orgogliosamente la Principessa Yulia.

Tutti vogliono sapere come ha fatto, quasi non le danno il tempo di respirare, quando la Principessa Elisabeth mette a fuoco si lamenta: “Tu hai rischiato di farci saltare tutti in aria senza avvisarci, devi essere matta”.

Uno schermo tridimensionale mostra la gioia di tutti gli abitanti dei sette mondi che in diretta hanno assistito con affetto e trepidazione a tutte le loro disavventure.

A una a una tutte le piazze vengono inquadrate dagli schermi di tutti i mondi per proporle in visione sullo schermo tridimensionale al centro del cimitero.

Le Principesse la Regina e tutti gli altri notano quanto affetto c’è in quei popoli, capiscono ancora di più che devono andare avanti, e superare le altre prove.

Un cronista chiede se desiderano essere teletrasportate fino alla nave stellare che le riporterà nel loro mondo.

Parla Stefany per tutte: “No ci incontreremmo all’uscita del territorio dei Bluni dobbiamo salutare troppi amici e vorremmo ancora trascorrere qualche giorno con loro”.

Sparito il tridimensionale video si preparano per affrontare la strada del ritorno.

Nuove e affascinanti avventure aspettano le cinque Principesse.

Popoli di altre razze a volte amiche, e altre nemiche, intrighi di corte, apparenti amici si trasformano in pericolosi nemici.

Nella terra di nessuno, sole, senza mezzi dovranno affrontare pericolosi esseri.

La seconda prova si presenta sempre più difficile, sempre più ministri ano al nemico concedendo permessi atti a sconvolgere, a spezzare, e indebolire il carattere delle cinque Principesse.

Un amore tormentato e impossibile viene e spento più volte.

Chi sarà la Regina dei Sette Cieli?

TUTTO QUESTO NEL SECONDO VOLUME DE

LA REGINA DEI SETTE CIELI

Indice

Frontespizio

Capitolo

Titolo | La Regina dei sette cieli Autore | Giuseppe Muru ISBN | 9788891170675 Prima edizione digitale: 2014 © Tutti i diritti riservati all’Autore Youcanprint Self-Publishing Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE) [email protected] www.youcanprint.it Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.