La Principessa Degli Elfi - La Rivolta 63963

Licia Oliviero

La Principessa degli Elfi - La Rivolta

Della stessa autrice:

Trilogia: La Principessa degli Elfi

“La Principessa degli Elfi”

“La Principessa degli Elfi - La Rivolta”

“La Principessa degli Elfi - La Maledizione”

Omega

“Omega: La fine è solo il principio”

Titolo originale:

La Principessa degli Elfi - La Rivolta

Copyright © 2014 by Licia Oliviero

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Prima edizione digitale Ottobre 2014

Soluzioni grafiche e realizzazione:

Licia Oliviero

Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore. Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

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Indice

Prologo Capitolo 1 Capitolo 2 Capitolo 3 Capitolo 4 Capitolo 5 Capitolo 6 Capitolo 7 Capitolo 8 Capitolo 9 Capitolo 10 Capitolo 11 Capitolo 12 Capitolo 13 Capitolo 14 Capitolo 15 Capitolo 16 Capitolo 17

Capitolo 18 Capitolo 19 Capitolo 20 Capitolo 21 Capitolo 22 Capitolo 23 Capitolo 24 Ringraziamenti

Prologo

Il paesaggio desolato che gli si apriva davanti sembrava essere il puro riflesso del suo animo, ancora proteso indietro verso i campi e il castello che aveva lasciato. Tuttavia non aveva il coraggio di voltarsi, sapeva che se lo avesse fatto sarebbe tornato indietro e avrebbe vanificato tutto. Così Anter mantenne lo sguardo dritto davanti a sé, sul sentiero di terra battuta e la roccia bruna della montagna sulla quale si stava inerpicando, l’unico posto abbastanza vicino dove nascondersi. Era ancora molto scosso e il fianco ferito gli faceva male. Di certo non era in condizione di cavalcare. In realtà, a pensarci bene, era stata una fortuna che gli avessero concesso un cavallo. “Ma quale fortuna? Amos mi vuole il più lontano possibile da Ally e Layra. Ecco perché il cavallo.” pensò stizzito il ragazzo, riflettendo che nemmeno un’ora prima aveva lasciato nel castello, una volta roccaforte degli Elfi della Luce e ora sotto il controllo di Amos, re degli Elfi Oscuri, sia sua sorella, sia Layra, la sua principessa. La principessa che Amos gli aveva rubato. “Devo cercare di fermarlo, fosse anche l’ultima cosa che faccio!” Il ragazzo stava tentando di riflettere e formulare un piano che gli permettesse, da solo, di battere un esercito e un re dai poteri spaventosi, quando il cavallo iniziò a imbizzarrirsi. «Ma cosa?» si chiese Anter, tirando le redini e cercando disperatamente di domare il proprio destriero, intuendo il pericolo che correva su quel versante: se il cavallo si fosse impennato, l’avrebbe scaraventato nel vuoto. Improvvisamente le zampe del povero animale cedettero e si piegarono, spezzandosi con uno schiocco tremendo. Il cavallo si piegò su un fianco e Anter rotolò nel burrone a gran velocità. Provò ad aggrapparsi al bordo, ma lo mancò, e dopo aver colpito più volte la parete, riuscì ad afferrare uno sperone di roccia, rimanendo attaccato per miracolo.

La ferita al fianco, che si era procurato in uno scontro praticamente suicida a duello con Amos, si aprì e iniziò a sanguinare, mentre il suo corpo urlava di dolore. “Peggio di così non può proprio andare.” pensò irritato il ragazzo. In quel momento il cavallo volò giù dal burrone, rischiando di trascinarlo sul fondo con sé. “O forse sì.” considerò cupamente Anter, guardando in basso per alcuni secondi, poi si obbligò a distogliere lo sguardo dal baratro. Respirò a fondo e tentò di tirarsi su, ma scoprì che l’unico appiglio era quello cui si era aggrappato. «Fantastico!» borbottò lui di malumore: quella giornata era iniziata male e, a quanto sembrava, doveva finire anche peggio. «C’è qualcuno?» chiese improvvisamente una voce infantile, facendolo sussultare. “Se Amos mi volesse morto, cosa di cui non dubito, manderebbe un bambino a uccidermi?” si chiese Anter, sospettando che il cavallo non si fosse azzoppato da solo e che, soggiogato, si fosse buttato nel dirupo. «Qua giù! Nel burrone!» chiamò, decidendo che se fosse rimasto attaccato lì sarebbe morto comunque, a quel punto meglio rischiare. Dalla cima dello strapiombo si affacciò un bambino biondo con la pelle chiara. «Chi sei?» «Anter, mi chiamo Anter Syrel.» «Syrel?» chiese una voce maschile e anche un uomo si affacciò dal burrone, poi appena lo vide, sussultò. «Resisti!» gli urlò, poi si rivolse al bambino: «Rowan, trova una corda. Svelto!» Anter non dovette aspettare molto che il bambino tornò e la fune fu calata. Il ragazzo si sforzò di stringerla e s’issò su per lo strapiombo. L’uomo che teneva la corda lo aiutò a tirarsi fuori dal burrone e, preoccupato, constatò: «Stai sanguinando.» Anter si toccò il fianco e rispose con una smorfia: «Lo so.» Squadrò l’uomo

biondo dai capelli lunghi, come se non li tagliasse da tempo, e il volto provato. In quel periodo per gli Elfi della Luce non era insolito essere tanto malconci, ma vederli andarsene in giro liberamente era una novità. Poi un dubbio lo colse: perché volevano sapere il suo nome? E se fossero stati dei traditori? «Mi avreste tirato su anche se non mi fossi chiamato Syrel?» chiese Anter, forzando un tono ironico. L’uomo accennò un sorriso stanco. «Dovevamo assicurarci che non fossi una spia degli Elfi Oscuri, ma tu sei un Syrel, ci metterei la mano sul fuoco.» Poi si corrucciò. «Vieni con noi. Ti medicheranno e potrai raccontarci cosa ti è successo.» Anter decise di fidarsi: non l’avrebbero tirato fuori se avessero voluto ucciderlo e quindi non potevano lavorare per Amos. Si adombrò, comprendendo quanto fosse diventato paranoico nell’ultimo periodo, ma tutto ciò che aveva vissuto lo aveva cambiato. Quel poco che era sopravvissuto del suo essere ragazzino era ormai morto. Lo guidarono dentro una spelonca poco distante, illuminata da globi luminosi che fluttuavano a mezz’aria, e nascosta da un incantesimo così lieve e difficilmente identificabile che fungeva da velo protettivo. Appena lo fecero entrare alcuni alzarono lo sguardo, prima su di lui, poi sull’uomo che lo accompagnava, quindi tornarono a dedicarsi ognuno alle proprie attività, quali che fossero, come cucire, affilare lame, intrecciare corde, cucinare e tutto ciò che potesse servire al gruppo. «Straordinario!» sussurrò il ragazzo colpito alla vista di una tale organizzazione, quindi un ricordo gli solleticò la memoria. «Aspettate un secondo… è qui che si stanno radunando i ribelli?» L’uomo sorrise compiaciuto. «Che te ne pare?» A prima vista potevano sembrare solo donne, bambini e anziani deperiti, ma guardandoli negli occhi Anter vi lesse la determinazione. La stessa che provava lui se pensava ai suoi propositi di salvare Ally e Layra. «Può funzionare.» Il piccolo Rowan, nome che Anter aveva già sentito, saltellò di gioia. «Certo che

può funzionare!» Anter riconobbe in quel bambino l’entusiasmo della propria sorellina e si sentì di nuovo spossato al pensiero di dove lei fosse. L’uomo se ne accorse e lo condusse verso una brandina, poi gli sollevò la maglietta scoprendo la ferita. «È un bel taglio. Sei stato fortunato a sopravvivere.» «Non credo proprio.» replicò con amarezza Anter, ben consapevole che la fortuna c’entrava poco: era stato risparmiato e usato. Arrivò una ragazza che silenziosamente gli pulì la ferita e la coprì con un impacco di erbe, mentre l’uomo gli chiedeva: «Perché dici così, ragazzo? Da quello che ho sentito, sei incredibilmente abile con la spada.» Anter non rispose. Sentì che il fianco gli veniva fasciato, quindi l’uomo disse: «Ecco fatto. Starai bene, non preoccuparti.» Anter si tirò su con prudenza e sorrise con riconoscenza quando la ferita non riprese a sanguinare. «Posso indovinare? Era stata medicata in modo che si riaprisse.» «È così, ti vogliono morto a ogni costo! Abbiamo visto tutto: sono stati due Elfi Oscuri ad azzoppare il cavallo e a spingerlo giù dal dirupo.» disse Rowan, apparendo al suo fianco, poi gli sorrise con ammirazione. «Tu però sei più forte di loro!» Anter non riuscì a sorridere, si sentiva colpevole. Nonostante avessero provato a ucciderlo, si sentiva in colpa per aver lasciato Ally e Layra nelle mani di Amos. «Forza, ragazzo, sorridi. So che può sembrare difficile di questi tempi, ma almeno sei ancora vivo.» L’uomo gli diede una lieve pacca sulla spalla. Anter sapeva che tormentarsi in quel modo non l’avrebbe aiutato, dunque decise di concentrarsi sulla sua attuale situazione, così chiese: «Tu chi sei?» L’uomo sorrise, poi fece un inchino ironico. «Il mio nome è Artis…»

Anter spalancò gli occhi, conosceva quel nome, tutti lo conoscevano, e continuò per lui: «Il capitano delle guardie degli Elays? Ma… scusa, non eri nelle segrete? Layra aveva detto che eri prigioniero insieme agli altri!» Artis si fece serio e guardò Anter negli occhi. «Ascoltami, Anter, quello che non ho detto a Layra è che posso proiettarmi fuori dal castello. Il mio corpo è nelle segrete, ma io sono qui. Posso usare i miei poteri solo perché alcuni Elfi della Luce hanno trovato delle erbe per eliminare l’incantesimo d’inibizione utilizzato sulla mia cella.» Anter sbiancò in volto, poi strinse i pugni per la rabbia. «Potresti far fuggire tutti dalle segrete! Perché non li liberi? Potresti…» «Ascoltami!» pretese Artis, tentando di calmarlo. «Vorrei farlo. Avrei voluto far fuggire Layra dal primo momento che l’ho vista! Ma non posso! Non sono fuggito nemmeno io! A parte che così posso avere anche informazioni dall’interno, non posso permettere che Amos lo scopra! L’Opposizione ha fallito per questo, si esponeva troppo!» Anter era furioso, forse non solo con Artis, ma quella fu la goccia che fa traboccare il vaso. «Hai visto Layra, anche solo un’ora fa? È distrutta! Amos la sta distruggendo! Sai cosa l’ha costretta a fare? Lo sai?» Artis non alzò la voce ma comunque riuscì a sovrastare Anter: «Non parliamo solo di Layra! Parliamo di tutti gli Elfi della Luce!» «Se stai dicendo che dobbiamo sacrificare lei per il bene di tutti gli altri, me ne vado in questo istante!» «No! Certo che no! Tutti qui tenteranno di nuocere a meno Elfi della Luce possibile. Per questo non possiamo attaccare adesso, sarebbe un totale massacro.» «Se togliessimo di mezzo Amos, avremmo la vittoria in pugno! È potente, ma forse insieme potremmo…» iniziò a dire Anter, mentre il suo cuore accelerava i battiti al solo pensiero di un attacco vero e proprio. Il capitano delle guardie gli rivolse uno sguardo triste e lo interruppe: «Non possiamo, Anter, ormai non possiamo più.»

«Perché?» «I nostri poteri sono vincolati da un Giuramento di Lealtà nei confronti della famiglia reale. Ora che lui ha celebrato un rito di unione con Layra ne è incluso: i nostri poteri contro di lui sarebbero nulli e sai bene che non riusciremmo a ucciderlo con altri mezzi.» Anter restò paralizzato nell’apprendere la verità, mentre un fischio acuto gli riempiva le orecchie e la paura lo investiva. Ora capiva. Aveva voluto credere che le azioni di Amos fossero dettate da un meschino bisogno di infierire ancora di più su di loro. Quanto si era sbagliato! Tutto ciò che era accaduto aveva avuto l’unico scopo di rendere Amos invincibile e, Anter ormai ne era convinto, la colpa era anche sua. Poi un altro pensiero, peggiore e più spaventoso, lo colpì in pieno: se Layra fosse morta, il rito sarebbe stato spezzato. Gli Elfi della Luce amavano gli Elays, ma in quell’oscuro periodo di crisi quanti sarebbero stati disposti a sacrificare un’innocente? Sollevando lo sguardo su Artis, affermò con determinazione: «Non voglio perdere Layra. Non posso!» Artis iniziò a dire: «Anch’io la conosco e credimi non vorrei mai che le accadesse qualcosa…» Poi però s’interruppe, capendo ciò che intendeva il ragazzo, e mormorò: «Tu la ami.» Anter tenne lo sguardo incollato al suolo, mentre il rimorso lo assaliva. Amava Layra certo, la amava moltissimo, eppure non era stato in grado di proteggerla. «Per salvarla ti unirai a noi, Anter Syrel, ex Guida dell’Opposizione… e nostro futuro re?» gli domandò Artis divertito, ignaro delle cupe elucubrazioni del ragazzo. Lui socchiuse le labbra, sorpreso: non aveva mai pensato al futuro. Non tanto lontano comunque, sinceramente non credeva che sarebbe sopravvissuto tanto a lungo. «Sì, vi aiuterò.» affermò lui, più rivolto a se stesso che ad Artis, quindi aggiunse deciso: «Certo, tanto mi credono morto e per ora immagino vada benissimo

così!» Artis s’incupì. «Sai che non potrò far dire a Layra che sei vivo e che invece Amos le dirà il contrario.» Anter si morse il labbro inferiore, poi però s’illuminò. «Ally! Mia sorella è una veggente, per questo Amos la tiene prigioniera. Lei sa che non sono morto, ne sono sicuro!» Artis ebbe un attimo di esitazione, poi accennò un sorriso rassicurante e mormorò: «Conoscere il futuro è un grande potere.» «Anche mia sorella è tenuta lì.» si lamentò contemporaneamente Rowan, poi strinse i pugni e ammise: «Mi ha aiutato a fuggire, ma lei non è potuta venire.» «Coline? Tu sei il fratello di Coline?» chiese Anter incredulo, iniziando a ricomporre i ricordi. Il ragazzino sobbalzò e i suoi occhi si velarono di lacrime, che lui represse coraggiosamente. «L’hai vista? La conosci? Come sta?» Anter ricordò la ragazzina spossata, con i capelli neri e la pelle pallida piena di lividi, che gli aveva parlato con affetto del fratello che lei aveva aiutato a fuggire. «Sta bene, non preoccuparti. Sono sicuro che lei ti stia aspettando.» Rowan si tranquillizzò e quando raggiunse gli altri bambini che stavano imparando a tirare con l’arco e duellavano con spade di legno, Artis disse: «Gli hai mentito.» «Ho una sorella quasi della sua età e so che, certe volte, delle piccole bugie non possono che far bene. Solo che il confine tra bugie piccole e grandi è troppo sottile.» rispose Anter, guardando tristemente i bambini. Avrebbero dovuto giocare, non imparare a combattere. Artis fece un cenno di approvazione. «Molto saggio per la tua età. Quanti anni hai?» «Sedici.» iniziò a dire lui, poi si zittì e si corrucciò. «No, credo di averne

compiuti diciassette. Che giorno è oggi?» Durante la prigionia il tempo non esisteva. Non c’era giorno e non c’era notte, era inevitabile perdere la cognizione del tempo. Potevano essere ati giorni, come anche mesi o anni. Artis sorrise con aria comprensiva. «Oggi siamo entrati nel secondo mese di primavera.» Anter fece una smorfia di disappunto. «Ah no, ne ho ancora sedici. Mi manca poco più di un mese.» Poi s’incupì. «E a Layra due mesi precisi. Non ce la facciamo a essere pronti tra due mesi, vero?» Artis scosse la testa e lo guardò negli occhi. «Ragazzo, mi prometti che non farai follie?» Anter sorrise cupo. «Intendo far fuori Amos con le mie mani, per questo non farò follie, adesso.» Il capitano annuì lentamente, quindi estrasse una spada e Anter, per riflesso, fece per estrarre la propria, ricordandosi in ritardo di non averla più con sé. Si buttò in terra e, rotolando, rifilò un calcio negli stinchi di Artis, o almeno nel punto in cui avrebbero dovuto essere, ma il capitano si era spostato agilmente, tentando di nuovo di colpirlo. Anter sgusciò via, poi individuò alcune spade, poste vicino alla bottega di un fabbro, e ne attirò una col pensiero. Iniziarono a duellare e quando si ritrovarono entrambi con una lama puntata contro, uno sul cuore e l’altro alla gola, si fermarono. «Non male, per un ragazzo con un buco nel fianco.» commentò Artis, ammirato. «Non male, per la proiezione di qualcuno in una cella.» replicò Anter incerto, poi si rese conto che tutti lo fissavano sgomenti. «Hai del potenziale, ragazzo. Ora capisco perché ti vogliono morto.» commentò un uomo moro e possente, sovrastava tutti i presenti, arrivato con altri: portavano cacciagione e sacchi di cereali, probabilmente di contrabbando.

«Certo, Rock!» disse Artis, ammiccando verso Anter. «È un Syrel.» «Ah!» Rock sorrise. «Ma tu guarda! E quindi Amos adesso si ritrova contro i figli degli Elays e dei Syrel?» Artis ridacchiò. «Oh, credimi. Sono entrambi degni dei genitori! Forse anche di più!» «Li conoscevate?» chiese Anter, sorpreso. I bambini, che gironzolavano lì intorno, li accerchiarono. «Sì, sì! Raccontate, raccontate.» «Forza, Artis, a te l’onore! Io ho da fare.» Rock sogghignò. «Codardo!» gli gridò dietro Artis, quindi si rivolse ai bambini: «D’accordo. Quale volete sentire?» «Quella che hai raccontato ieri!» disse una bimbetta di cinque o sei anni, agitando un arco troppo grande per lei. «Sì! Quella Anter deve proprio sentirla!» affermò Rowan, accostando il ragazzo con un sorriso d’ammirazione. «Va bene! Va bene!» Artis mise le mani avanti in segno di resa, poi iniziò a raccontare: «Aramil Elays, il nostro re, e Xenaviel Syrel erano amici inseparabili sin da bambini, avrebbero dato la vita l’uno per l’altro. Quando avevano circa diciassette anni, durante una delle loro fughe dalla città e dal Palazzo Reale, si avventurarono troppo lontano. Sconfinarono nel regno degli Elfi Oscuri.» Anter ascoltava rapito, forse più di tutti i bambini lì riuniti. Artis fece una leggera pausa poi continuò con enfasi: «Sarebbero dovuti tornare subito indietro… ma erano giovani e cercavano solo l’avventura. Nessuno è immune da errori. S’inoltrarono nella foresta oltre il confine, sperando di scoprire qualcosa sugli Elfi Oscuri e sui loro piani.» «Poi cosa accadde?» chiesero i bambini, appena Artis si fermò per riprendere fiato e conferire drammaticità al racconto.

Artis guardò Anter negli occhi quando riprese: «Non si accorsero di essere osservati e quando furono abbastanza lontani dal confine, gli Elfi Oscuri uscirono allo scoperto, capitanati da Amos in persona. Aramil era l’erede al trono e, in quanto tale, era preda ambita per loro. Per questo motivo propose a Xenaviel di dividersi, sicuro che l’amico si sarebbe salvato. Ovviamente Xenaviel rifiutò.» Artis rivolse ai propri ascoltatori un sorriso sghembo. «Fuggirono alla cieca, non conoscevano quei luoghi, ma riuscirono a distanziare la maggior parte degli Elfi Oscuri, però Amos li raggiunse. Si batterono utilizzando la magia e Xenaviel e Aramil si salvarono solo perché cooperarono. Il loro fu un lavoro di squadra, cosa cui Amos non era abituato.» Il capitano delle guardie sorrise sornione e aggiunse: «Cosa che dovrete imparare a fare anche voi se vorrete combattere, quindi ora andate!» I bambini si defilarono, ridendo e schiamazzando. Il loro entusiasmo era sconvolgente. Anter stava ancora assimilando tutta quella storia quando Artis gli chiese: «Allora, che te ne pare?» «È tutto vero? Cioè… è andata sul serio così?» chiese il ragazzo. Artis si rabbuiò. «Non proprio. Ho tralasciato che quando tornarono a palazzo erano più che malconci e che il padre di Aramil gli proibì di rivedere Xenaviel. Divieto che Aramil infranse finché suo padre non minacciò di esiliare la famiglia di tuo padre. Fu allora che Aramil se ne andò con Xenaviel, si allontanarono entrambi dal regno per più di un anno.» Anter era sbigottito, poi sorrise. «Layra somiglia a suo padre.» «E tu somigli al tuo. Io l’ho conosciuto. Non posso dire di essere stato suo amico come Aramil, ma ricordo il suo altruismo e il suo coraggio. Perciò t’impedirò di rischiare ancora la vita, come hai già fatto.» Anter si scoprì a ridere. «Sarà difficile, penso sia qualcosa di genetico.» Artis borbottò qualcosa poi cambiò argomento: «Vieni, ti mostro dove dormirai. Non è una casa, ma nemmeno una cella.» Anter annuì: in quel momento sarebbe andata bene qualunque cosa.

La grotta alla fine si rivelò enorme e il ragazzo avrebbe scommesso che si estendeva per quasi tutti i monti a ovest del palazzo. Artis lo guidò fino a delle modeste costruzioni in pietra, ogni apertura coperta da un pesante drappo. Lo fece entrare in una di quelle case improvvisate e aprì le tende alle “finestre”, dei semplici buchi nei muri. «Lo svantaggio è che non possiamo stare a cielo aperto e creare un’altra dimensione, come fece l’Opposizione, sarebbe troppo rischioso.» Anter annuì, poi chiese: «Mi togli una curiosità? Come fa tutta questa gente a stare qui? Non c’è pericolo che gli Elfi Oscuri se ne accorgano?» Artis sorrise tristemente. «Amos non controlla quanti Elfi della Luce muoiono. Molte delle persone qui hanno finto la propria morte e sono arrivate nelle bare, altre sono fuggite direttamente dalle fosse comuni.» Anter fischiò sommessamente, ammirato. «Forse può davvero…» Sbadigliò esausto. «Funzionare.» Il capitano fece un mezzo sorriso. «Sì, ma ora riposati. Se ti servisse qualcosa chiedi in giro o, se preferisci, rivolgiti a Rock. Oppure a Rowan, già che ci sei.» Rise. «Quel ragazzino è incredibile. E sapessi cosa riesce a fare con i suoi poteri!» «Artis, dimmi che non li farai combattere. Sono solo dei bambini!» protestò Anter, pensando ad Ally che voleva combattere con tutta se stessa. «Io non li costringerò. Devi capire però che non siamo in molti. Amos si è premurato di non darci la possibilità di creare un esercito.» spiegò Artis che poi abbassò il capo. «Non credere che sia una scelta facile. Avevo una figlia…» «Avevi?» sussurrò Anter, pentendosi di aver solo pensato che Artis potesse essere senza cuore nei confronti di quei bambini. «Devo andare. Non posso rimanere incosciente per troppo tempo.» si congedò il capitano, poi scomparve nel nulla, tornando alla sua cella.

Anter sospirò e si stese sul letto con le mani intrecciate dietro la testa, affollata di pensieri. “Ally e Layra staranno bene. Amos non farà loro nulla di male, gli servono vive. Sì, è così, deve esserlo. Loro sono molto forti, resisteranno ed io le salverò presto. Prestissimo.”

Capitolo 1

I giorni iniziarono a trascorrere freneticamente per Anter che, per impedirsi di pensare e per soffocare il senso di colpa, fece di tutto per rendersi utile. Era disposto a fare qualunque cosa, dal trasportare i sacchi di grano, all’aiutare nelle cucine e nelle fucine per fabbricare armi, anche se, più di tutto, preferiva aiutare negli allenamenti con le armi. Era occupato spesso in scontri simulati contro chiunque avesse voglia di sfidarlo, e rimase colpito quando Rowan riuscì a tenergli testa. Quel ragazzino gli piaceva. Sapeva di non essere male nemmeno come arciere, ma lui preferiva la spada, e quando aveva occasione di combattere tutti i brutti pensieri svanivano, permettendogli di respirare di nuovo. Poi c’erano i bambini, ovviamente. Lo avevano preso come loro punto di riferimento, forse perché era uno dei pochi, tra i grandi, che li prendeva sul serio in considerazione e Anter si rasserenava sempre quando stava insieme con loro e si lasciava contagiare dal loro entusiasmo. «Anter! Anter!» Il ragazzo si sentì chiamare mentre affilava la lama della propria spada. Si voltò verso la voce e vide Sophia. La storia di quella ragazzina cieca l’aveva fatto rabbrividire: non era nata cieca, ma lo era diventata dopo essere stata rapita e imprigionata per anni lontana dalla luce del sole. Quando i ribelli l’avevano trovata, mentre saccheggiavano la rimessa in cui era prigioniera, era stata picchiata e lasciata lì a morire. Era sopravvissuta per miracolo. Ora lei aveva solo dodici anni e una forza di volontà d’acciaio. «Sono qui, Sophia. Che succede?» «Gli altri non vogliono farmi tirare con l’arco!» si lamentò la ragazzina. Anter la prese per mano e la condusse verso una zona della grotta non abitata, dove dei sacchi fungevano da bersaglio e un gruppo di bambini si contendeva i due archi destinati agli allenamenti. «Uffa, Sophia! Non dovevi disturbare Anter!» si lagnò un bambino.

«Tanto sei cieca, vuoi sprecare le frecce?» le chiese sprezzantemente un ragazzino robusto, piazzandosi davanti a lei. «Smettila e chiedile scusa!» intervenne Anter, turbato da quelle parole. «Non è per questo che ti ho chiamato, Anter.» affermò Sophia, trattenendo a stento la rabbia, poi strinse i pugni. «Fatti avanti, Roy!» Sul viso del ragazzino si aprì un largo sorriso. «Lo vuole lei, l’hai sentita, no?» Anter si rabbuiò. Artis aveva ideato delle regole per i ragazzini: potevano battersi solo se entrambi i contendenti erano d’accordo e solo se c’era un adulto a fare da arbitro. Roy fece scrocchiare le dita dicendo: «Mi fermerò quando me lo chiederai, visto che sei una femmina!» Sophia rimase immobile, concentrata. Roy attaccò, provando a colpirla alle braccia ma Sophia parò tutti i colpi, riuscendo poi a sgusciare dietro il ragazzino e a bloccargli le braccia. «Da come abbiamo combattuto, direi che quello cieco sei tu!» affermò lei, senza astio. Anter sorrise divertito, poi prese un arco e alcune frecce. «Vuoi essere la prima a tirare… così magari farai vedere a tutti come si fa?» Sophia sorrise timidamente poi tastò l’arco e la freccia. «Scommetto che non troverai il bersaglio!» protestò Roy. «Se il bersaglio fossi tu, o chiunque respiri, sarebbe più facile, e ora tacete.» replicò Sophia, duramente. Poi scoccò la freccia. «Centro.» sussurrò Anter, realmente sorpreso. «Lo so.» Sophia scrollò le spalle, quindi aggiunse: «Non si vede solo con gli occhi.» «Non devi dirle nulla, Roy?» chiese Rowan, giunto da pochi minuti.

«Scusa, Sophia.» borbottò Roy. «Siete proprio dei bambini.» mormorò Rowan sospirando afflitto, quindi si rivolse ad Anter: «Tranquillo, ora qui ci penso io.» Anter annuì, non riuscendo a trattenere un sorriso. Rowan spesso si comportava come un adulto, sebbene non fosse affatto il più grande tra quei bambini. Quando si voltò, notò Artis e Rock e, incupendosi, corse per raggiungerli. «Ehi! Come va? Novità?» «Niente di nuovo.» Artis scosse la testa. «Voglio andare in perlustrazione!» disse deciso Anter. Artis e Rock si fermarono e il capitano affermò: «Ne abbiamo già discusso, Anter. È meglio se rimani qui e non dai nell’occhio.» «Questo non è discutere! Un altro po’ sono più prigioniero qui che…» Il ragazzo si fermò e strinse le labbra: sapeva di essersi comportato in modo infantile, ma era stufo. Quella era l’unica cosa che non gli andava a genio e che lo torturava più di tutto il resto. Artis non gli permetteva né di andare in perlustrazione, né di allontanarsi dalla spelonca. E quando non c’era Artis, ci pensava Rock a impedirglielo. Il capitano incrociò le braccia al petto e gli disse seccato: «Ti stai ancora ristabilendo. Mi dispiace se questo posto ti risulta tanto sgradevole, ma se vuoi rimanere, queste sono le regole. Se vuoi salvare Layra, non dovrai agire d’impulso.» «Io non sto agendo per niente, è questo il problema!» replicò Anter, andandosene furioso. Aveva capito che era inutile continuare il discorso. Lo stavano trattando come un bambino, come se non potesse comprendere cosa significasse combattere e morire o come se, da solo, non avesse affrontato Amos in persona. Appena ebbe voltato l’angolo si fermò nel sentire Rock che sbottava: «Dovresti raccontargli tutto! Dannazione, Artis, lo hai visto! Non è un bambino! Sarà in grado di capire.» «Oh, certo! Non posso dirglielo! Ho fatto uccidere i suoi genitori, come credi

che la prenderebbe?» replicò Artis, frustrato. Anter trattenne il respiro, poi tornò indietro come una furia. «Cosa? Che cosa hai detto?» Rock mise una mano sul braccio del capitano e, congedandosi, ribadì: «Diglielo.» Anter aveva lo sguardo fisso in quello di Artis: non sapeva di cosa stessero parlando, ma l’avrebbe scoperto, costasse quel che costasse. «Ottimo udito, come spia saresti perfetto…» «Artis!» ringhiò il ragazzo. Il capitano sospirò poi indicò la casupola in cui viveva Anter. «Andiamo, ho bisogno di sedermi.» Artis osservò Anter per alcuni secondi, poi chinò il capo. «Mi dispiace, ragazzo.» «Di cosa, Artis? Che cosa succede, me lo vuoi spiegare?» Lui quasi urlò, stringendo i pugni nel tentativo di placarsi. «Parlo del perché non posso permetterti di morire. Perché… è colpa mia se i tuoi genitori sono morti.» sussurrò l’uomo senza guardarlo. Nel silenzio Anter sentì il proprio cuore mancare un battito, poi scosse la testa. «No, sono stati gli Elfi Oscuri.» Aveva dieci anni all’epoca ma ricordava tutto, quel giorno era inciso a fuoco nella sua mente. «Gli esecutori materiali, forse, e molto probabilmente l’ordine veniva direttamente da Amos, ma sai perché vi trovavate lì? Perché non avevate superato il o a sud, oltre i monti?» Anter lo fissava sconcertato, tentando di ricordare, ma a parte la giornata da incubo in cui aveva perso i genitori non ricordava molto. «Re Aramil e la regina Hayril erano scomparsi da tempo, le truppe erano destabilizzate e io non bastavo più a guidare l’esercito. Xenaviel era l’unico che

potesse fare le veci del re, lo sapevamo tutti, inclusi gli Elfi Oscuri. Io, contro gli ultimi ordini di Aramil, mandai un messaggio a tuo padre e gli chiesi di tornare. Lui accettò, ma tua madre non volle lasciarlo e così tornaste indietro tutti. Se non l’avessi chiamato, sareste tutti vivi, lontani da questa guerra. No, scusa, la guerra è finita e l’abbiamo persa. Sareste lontani da tutto questo.» Anter aveva iniziato a tremare, mentre il suo cuore tamburellava come impazzito. Era vero? Davvero avrebbe potuto essere in salvo e con la sua famiglia al completo? “Layra.” gli sussurrò una vocina nella mente. “Non avresti mai incontrato Layra, probabilmente lei sarebbe morta.” Il pensiero della ragazza accentuò il nodo che gli si era formato in gola, ma chissà come riuscì a rimandarlo indietro. «No.» «Come?» Artis alzò il capo, guardando finalmente il ragazzo. «Non è stata colpa tua. Non potevi saperlo e io non sono mio padre! Artis, io voglio… devo combattere o come minimo fare qualcosa! Qui è fantastico, posso allenarmi e sono tutti in gamba ma…» Il ragazzo s’interruppe, riprese fiato, poi affermò: «Ally e Layra sono ancora prigioniere! Sono alla mercé di Amos e degli Elfi Oscuri, e io non posso stare qui a far nulla. Devo fare qualcosa!» ripeté Anter. Artis rimase in silenzio per alcuni secondi poi disse: «D’accordo. Non ti prometto nulla, ma vedrò che posso fare per tenerti occupato. Per quanto riguarda Layra e Ally, Coline dice che stanno bene, in fin dei conti…» «Però?» «Amos le tiene separate. Impedisce loro di vedersi e ne soffrono.» Anter serrò i denti per il fastidio, poi socchiuse gli occhi. «Non so che darei per andare lì e stare con loro.» Artis sospirò, poi mettendogli una mano su una spalla disse: «A me piuttosto farebbe piacere averle qui con noi.»

*** Layra poggiò una mano sul vetro freddo della finestra, mentre il suo sguardo si perdeva fuori e fuggiva il più lontano possibile da lì, da quella che avrebbe dovuto essere casa sua, se il regno degli Elfi della Luce non fosse mai stato attaccato. La vita a volte era proprio beffarda. Il cielo blu era punteggiato da nuvole bianche e leggere e in lontananza, oltre le mura del castello, vedeva dei prati e degli alberi in fiore. Una fitta di nostalgia la colse, era da tanto che non usciva all’aria aperta, il suo mondo si era ridotto alla stanza in cui era confinata e alla sala del trono in cui era obbligata a recarsi quando convocata. Era una situazione demoralizzante che avrebbe abbattuto chiunque, eppure Layra non si era ancora arresa. Ogni volta che si sentiva cedere, ricordava a se stessa che Anter era libero e che lei doveva lottare per raggiungerlo. C’era ancora speranza. E c’era Ally, la combattiva sorellina di Anter dai poteri premonitori, che Layra si era ripromessa di proteggere a ogni costo, solo per poi scoprire che la ragazzina dai capelli rossi aveva deciso di fare lo stesso per lei. E, in effetti, lo aveva fatto. Layra si ritrovò a sorridere, pensando alla determinazione con cui Ally aveva cercato e trovato un aggio segreto che potesse farle incontrare. In tutto il castello avano una serie di corridoi nascosti che collegavano le varie camere e sale, dalle torri fino alle profondità delle segrete, e di cui gli Elfi Oscuri non sapevano nulla. Lei li aveva scoperti poco dopo il suo arrivo lì, quando era prigioniera in una stanzetta al secondo piano, lontana dalla sala del trono, che si trovava sullo stesso corridoio della sua attuale prigione. Proprio in quella stanzetta, dalla quale lei era stata strappata per essere controllata meglio, adesso era prigioniera Ally. La prima volta che la ragazzina dai capelli rossi aveva usato il aggio segreto, era spuntata da un pannello mobile che si apriva sotto il letto a baldacchino di Layra e quest’ultima si era spaventata tantissimo, prima per la sorpresa, poi per il timore che Amos potesse averle letto nel pensiero che Ally era lì e potesse scoprire i aggi segreti. Fortunatamente il sovrano in quel momento non era nelle vicinanze e non le aveva scoperte.

Da quel giorno la prigionia era stata in un certo qual modo più sopportabile, sebbene le due amiche limitassero gli incontri il più possibile per evitare che Amos s’insospettisse. Ad ogni incontro, tutti rigorosamente nella stanzetta della piccola dai riccioli rossi, Ally si era preoccupata di insegnare a Layra come schermare la propria mente, un esercizio più di volontà che di potere magico. Layra, da parte sua, aveva avuto modo di constatare che tutto sommato Ally stava bene, Drew non era mai andato a tormentarla, come faceva con lei, e Amos non l’aveva mai convocata da sola. Certo, ad Ally mancava Anter ed era spaventata quanto lei, tuttavia non era tipo da arrendersi facilmente, anzi era riuscita a trasmettere anche a lei nuova determinazione. Erano ormai due giorni che non si vedevano, pensò Layra sospirando e, mentre l’aria sul vetro si condensava, decise di andarla a trovare in giornata. Serrò le dita sulla cornice della finestra per impedirsi di andare in quel momento, ma era troppo rischioso, era meglio aspettare orari inusuali, come la notte o l’alba. Dopo pochi minuti sentì la serratura della porta scattare e irrigidendosi si voltò verso la porta, mentre il cuore accelerava i battiti per la paura che fosse Amos. «Ciao, Layra! Parecchio che non ci vedevamo, vero? Sai, sono stato via… però ora sono tornato e sono tutto per te.» le disse sarcastico Drew, intrufolandosi nella sua camera. La ragazza era rimasta un po’ spiazzata dall’arrivo dell’Elfo della Luce biondo, di poco più grande di Anter, che aveva tradito il suo stesso popolo diventando il braccio destro di Amos. Si sorprese che Ally non ne avesse previsto il ritorno. Lei, infatti, era riuscita a mentire agli Elfi Oscuri, circa i propri poteri di premonizione, affermando di poterli utilizzare solo toccando degli oggetti, anche se in realtà poteva usarli a prescindere da ciò, riuscendo così a proteggere se stessa e il suo potere. Layra non rispose a Drew e voltandosi riprese a guardare fuori dalla finestra. «Oh, Layra! Che cosa fai, mi tieni il broncio?» la stuzzicò lui, andandole vicino e attorcigliandosi una ciocca dei suoi capelli intorno al dito, poi chiese: «Lo sai che così mi fai venire voglia di tormentarti ancora di più?» «Non toccarmi!» ritorse lei, scostandogli la mano con un gesto secco.

Drew la tirò via dalla finestra e la spinse con le spalle contro il muro, bloccandola col proprio corpo. «Dai, Layra, fammi divertire un po’!» Le spostò i capelli dal volto e sogghignò sfiorandole il diadema che lei aveva dipinto sulla fronte, segno delle sue origini di Principessa della Luce. «Caspita… prima era carino, ma adesso nero è ancora più intrigante.» Layra serrò i denti e si sforzò di non reagire, sapeva che Drew voleva solo suscitare in lei una reazione, era quello il suo scopo malato e lei non intendeva accontentarlo. Fino a quel momento le sue sevizie non avevano mai superato un certo limite, tuttavia lei non poteva sapere né quale fosse di preciso il limite, né se dipendesse realmente da precisi ordini di Amos. Per quanto riguardava il diadema, prima azzurro intenso, ora era di una tonalità nerastra e la colpa era solo del sovrano degli Elfi Oscuri. Lui aveva applicato sul suo diadema il loro sangue unito, legandoli: il ricordo del rituale era ancora troppo vivido, eppure non era stata quella la parte peggiore. La prima volta che Amos aveva convocato lei e Ally per farsi predire il futuro, la situazione era precipitata quando Ally si era rifiutata di dire ciò che aveva visto e, provando a difenderla, Layra aveva scoperto di non poter attaccare il sovrano con i propri poteri. Allora aveva capito i reali effetti del rituale con il quale aveva ottenuto la liberazione di Anter. La ragazza trasalì e tornò alla realtà quando Drew le ò un dito sul diadema. «Lasciami!» gli ringhiò, insinuando le braccia tra di loro nel tentativo di allontanarlo. «Perché? Aspetta, per te è un punto intimo?» le chiese Drew con gli occhi illuminati da una luce malevola. «Sei disgustoso.» replicò lei, tentando di spingerlo via. Lui, con un sorrisetto in volto, le afferrò i polsi e glieli bloccò contro il muro, sovrastandola. Era troppo vicino e Layra iniziò a scalciare. «Spostati! Lasciami!» Drew rise e avvicinandosi ancora le bloccò anche le gambe, rendendola totalmente inerme.

Lei fu presa per un attimo dal panico, non riusciva a muovere nemmeno un dito. Il terrore iniziò a salire, aumentandole i battiti, mentre una scarica di adrenalina la attraversava. «Potrei divertirmi molto con te, principessina…» le sussurrò lui all’orecchio, poi improvvisamente si scostò. «Ora, però dobbiamo andare!» Layra, stordita, lo sentì spostarsi, poi afferrò il significato di ciò che stava dicendo e si corrucciò. «Perché? Che cosa vuole da me?» «Spaventata?» le chiese Drew, divertito. La ragazza gli rivolse una smorfia, poi strinse con forza le labbra. “So come impedirgli di entrarmi nella mente! Sarà facile.” Tentò di convincersi lei uscendo dalla stanza, mentre Drew la seguiva tenendole le mani sulle spalle. Layra tenne sollevato il vestito bianco lungo fino a terra che rischiava di farla inciampare e, non per la prima volta, si chiese se non fosse proprio quello il suo scopo: le avrebbe reso impossibile la fuga, non poteva correre. “No. Non è di certo questo l’unico motivo per cui non posso fuggire.” pensò seccata lei, iniziando a erigere delle barriere difensive intorno alla propria mente. Più per un riflesso automatico che per sua volontà, la ragazza si fermò poco prima della soglia della sala del trono e Drew la spinse bruscamente, obbligandola a entrare. Avvertì un intenso malessere non appena vi mise piede, quasi come se potesse percepire fisicamente l’oscurità di Amos e la sensazione si accentuò quando lui le scoccò un’occhiata impenetrabile, prima di spostare gli azzurri occhi gelidi sul diadema annerito e accennare un sorriso. Layra fu tentata di coprirlo, ma sapeva che sarebbe stata una debolezza, così mantenne le braccia lungo i fianchi e spostò lo sguardo su Ally, al centro della sala. Se ne stava dritta dritta, accigliata e con un’aria strafottente che somigliava molto a quella del fratello, solo che la sua aveva una piega più infantile. Lei però sapeva che l’amica era terrorizzata e provò un’ondata di rabbia al pensiero che fosse rimasta sola con Amos. “Ti ha fatto del male?” le chiese telepaticamente Layra, creando un canale

psichico guardandola negli occhi, attraverso il quale potevano comunicare senza che nessun altro potesse sentirle. “Non ancora.” rispose Ally, distogliendo poi subito lo sguardo e interrompendo il contatto. Layra rabbrividì, capendo che Amos aveva notato lo scambio di sguardi, tuttavia lui non poteva sapere che avevano comunicato telepaticamente, quello era un segreto che legava lei, Anter e Ally e che loro avevano gelosamente preservato. «Non si usa più salutare, Layra?» le chiese Amos, tornando a incontrare il suo sguardo. La ragazza incrociò le braccia al petto e, sebbene dentro di sé avesse voglia di urlare, riuscì a dominarsi e con durezza domandò: «Che cosa vuoi?» «Oh, da te nulla, puoi stare tranquilla. Non ti accadrà niente, se Ally smetterà di essere così restia a predire per me.» minacciò lui, con voce d’acciaio ricoperta di velluto e un lieve sorriso beffardo, che però sparì presto, sostituito da un leggero corruccio, dopo alcuni tentativi di leggere la mente di Layra. Ally s’irrigidì, mentre adrenalina e paura prendevano a scorrerle nelle vene. Aveva già predetto altre volte il futuro per l’odiato sovrano e fino ad allora era riuscita a mentire quando serviva per proteggere degli innocenti, sebbene ogni volta si aspettasse di essere scoperta e punita. Ormai viveva nel terrore di non riuscire ad avere premonizioni, o peggio, di averne e non riuscire a mentire. «Non c’è bisogno di minacciare.» mormorò lei, sforzandosi di sembrare arrendevole, nonostante dentro stesse ribollendo. Una parte di lei avrebbe voluto ribellarsi, ma sapeva che Layra e gli Elfi della Luce nelle segrete ne avrebbero pagato lo scotto. Entrambe le ragazze colsero l’occhiata sospettosa che Amos le gettò ma Ally finse di non vederla e tese i polsi, per farsi togliere i guanti che avrebbero dovuto impedirle di avere visioni, senza mai distogliere lo sguardo dal sovrano, odiandolo con tutta se stessa. Amos aprì le manette che serravano i polsi della giovane veggente poi, quando lei si fu tolta i guanti, le porse un pugnale.

Ally esitò tenendo in mano l’arma e in un angolino della sua mente desiderò infiggerlo nel cuore di Amos, ma sapeva che avrebbe fallito, lo sentiva con assoluta chiarezza. Quasi si spaventò al pensiero di tutta quella violenza, ma lo aveva già visto succedere. Anter aveva imparato a combattere proprio per quel motivo e lei stessa intendeva potergli essere d’aiuto quanto prima. Tornando a concentrarsi sul pugnale, Ally se lo ò da una mano all’altra, obbligandosi a vedere qualcosa. L’unico difetto della sua montatura, altrimenti perfetta, era che non aveva alcuna visione tramite le mani, salvo che non si sforzasse molto e nemmeno allora l’effetto era garantito. Aveva trascorso anni a sopprimere le sue visioni, spaventata da quel potere tanto raro quanto potente, e adesso invece le chiamava a sé, le cercava quasi quotidianamente, sperando che i suoi poteri le portassero notizie di suo fratello. Si era distratta ancora. Doveva concentrarsi, se non altro per potersi allontanare il prima possibile da lì e poter garantire a se stessa e a Layra un po’ di relativa tranquillità. Percepì come un lampo di luce bianca dietro le palpebre chiuse, poi la sua mente si popolò d’immagini e suoni. Vide alcuni uomini, Elfi della Luce, chiudere in una bara una ragazza dall’aria familiare, ancora viva, e poi portarla attraverso delle strette stradine devastate verso le porte di quella che un tempo doveva essere la capitale ai piedi del castello. Il cuore di Ally accelerò i battiti, mentre la sensazione di aver visto qualcosa di tremendamente importante la coglieva. La attanagliò un vago senso di nausea. Riaprì pian piano gli occhi, ignorando il mal di testa, e osservò bene il pugnale di fattura semplice che sul manico recava incisa una parola, o forse un nome: “Rowan”. «Che cosa hai visto?» le chiese Amos, strappandola dai suoi pensieri e prendendole il coltello di mano. «Non ne sono sicura…» iniziò a dire Ally, sforzandosi di avere un’altra visione, qualcosa che potesse rivelare, magari qualche membro dell’esercito di Amos che non svolgeva bene il suo lavoro, per imbastire una bugia convincente, ma un

grido di Layra la interruppe. Drew le aveva piegato violentemente il braccio dietro la schiena e, da come la teneva, sembrava anche disposto a romperglielo. «Ally, non temporeggiare, sai che o mi dici ciò che hai visto o Layra si farà male.» la ammonì Amos, che poi sogghignò. «E, credimi, in molti vorrebbero farle del male.» Ally, pallida come un cencio, strinse i denti e con voce furente disse: «Ho visto dei… viaggiatori. Uscivano dalle porte della città e andavano verso…» Nella sua visione era il tramonto e loro andavano verso il sole, quindi verso ovest. «Est.» completò lei, sostenendo lo sguardo di Amos, che le rivolse un sorriso compiaciuto. «Visto che non ci voleva tanto?» Ally represse un brivido e si augurò che qualche malcapitato asse davvero dalle porte a est della città, altrimenti lei e Layra ne avrebbero subito le conseguenze e non era sicura che se la sarebbero cavata con poco. Amos si rivolse a Drew in tono neutro: «Sai cosa fare. Riaccompagna Ally nella sua stanza.» Il ragazzo esitò prima di lasciare Layra, che si massaggiò il braccio dolorante, spostando lo sguardo ora sul ragazzo, ora sul sovrano, troppo arrabbiata per provare paura. Ally fece una smorfia, però non si lamentò quando Drew la tenne ferma e le rimise i guanti, ma prima che la portasse via chiese: «E Layra?» Doveva esserle costato parecchio coraggio, Layra lo sapeva. Doveva assolutamente dirle di non esporsi più in quel modo, era un rischio inutile che forniva solo ulteriori armi ai loro aguzzini. «Layra ed io dobbiamo parlare.» rispose Amos, accomodandosi sul trono che era stato del padre della ragazza. «A che proposito?» chiese lei sulla difensiva, appena Ally e Drew se ne furono andati. «Che cosa stai facendo?» le domandò lui.

«Mi dispiace, non so di cosa parli.» mentì lei, in tono leggermente affettato. Lui la inchiodò al muro col pensiero senza muovere nemmeno un dito e Layra intuì come dovesse sentirsi una farfalla immobilizzata da uno spillo. «D’accordo, sarò più esplicito, se preferisci così.» le disse beffardamente Amos, brandendo il pugnale che aveva dato ad Ally e rigirandoselo abilmente tra le mani. «Stai proteggendo i tuoi pensieri, Layra?» «Uhm… perché? Non riesci più a violarmi la mente? Oh, mi rincresce tantissimo!» lo schernì lei, prima che il coraggio venisse meno e il buon senso la trattenesse. Sentì un sibilo, poi improvvisamente il pugnale che lui aveva in mano si conficcò nel muro a un millimetro dal suo collo. «Sì, ti rincrescerà davvero molto, principessa.» disse Amos, in tono freddo e velenoso. Layra lanciò un’occhiata al pugnale e vi lesse il nome inciso sopra. Al contrario di Ally lo riconobbe immediatamente. “Rowan? Il fratello di Coline? Cosa c’entra in tutta questa storia?” pensò sorpresa, contenta più che mai di avere la mente schermata. Fu grazie alle sue nuove barriere psichiche che riuscì a cogliere Amos di sorpresa, quando sfilò il pugnale e lo lanciò con tutte le proprie forze. Non colpì solo perché lui fu fulmineo nello spostarsi. Il tempo sembrò fermarsi, poi Layra sentì il braccio libero spinto di nuovo contro la parete. Avvertì la stessa pressione su tutto il corpo, ma nonostante ciò alzò il mento con orgoglio. «Non avresti dovuto.» affermò Amos senza alzare la voce e, raggiungendola, le circondò il collo con una mano, iniziando a stringere. Layra s’irrigidì e boccheggiò, le braccia bloccate contro i fianchi, poi in tono furente sibilò: «Lasciami subito!» Gli occhi azzurri di Amos brillarono di una luce sinistra e Layra avvertì una presenza ostile ai limiti della propria coscienza. Stava forzando le sue barriere.

«No!» disse lei, poi iniziò a scuotere il capo, ma Amos riprese a stringerle il collo, immobilizzandola. «Sai, Layra, ci sono davvero poche cose che riescono a infastidirmi.» esordì lui, allentando la presa il tempo necessario perché lei inspirasse, poi tornò a stringerle la gola più forte di prima e in tono cupo terminò: «E tu, in un modo o in un altro, ci riesci ogni volta.» «Bene!» rantolò lei. «Ah, se non mi servissi, Layra…» Lui sospirò lasciandole il collo, per far risalire la mano fino al diadema della ragazza. Layra lo folgorò con lo sguardo e lui le rivolse un sorrisetto crudele. «Che grande spreco, tutto il potere imprigionato dentro di te. Chissà! Magari quando non mi servirai più, tra le altre cose, potrei portartelo via.» «Peccato che non puoi ancora uccidermi, allora! Chissà che non ci riesca prima io.» sbottò Layra, riuscendo finalmente a muoversi e scansarlo. «Non credo proprio che tu possa farlo.» replicò Amos con sicurezza, seguendola con lo sguardo. Layra si voltò ad affrontarlo e le parole le scivolarono dalle labbra da sole, prima che potesse fermarle. «Se non sarò io, sarà Anter a ucciderti!» Amos rise. Fu in qualche modo il suono più agghiacciante che Layra avesse mai sentito. «Anter?» chiese lui, fissando il proprio sguardo di ghiaccio in quello della ragazza. «Anter è morto!» «Bugiardo!» ringhiò Layra, dicendosi: “Non dargli corda! Lo sai che mente, lo sai!” «Forse lo sono, ma non in questo momento. Vedi, principessa, dopo che Anter se n’è andato, l’ho fatto seguire da un paio dei miei sicari migliori. Alla prima occasione hanno fatto in modo che precipitasse in un valico. È morto!» Poi vedendo il pallore spettrale comparso sul viso di Layra, infierì: «Mi rincresce molto dirtelo.»

La ragazza tremava. Se fosse stato vero? Ally non lo aveva previsto… ma non aveva avvertito nulla su Anter! Se fosse morto sul serio? Si distrasse per pochi millesimi di secondo, ma tanto bastò a creare una crepa nelle sue barriere mentali e Amos non perse tempo prima di mandarle in frantumi. “Vedi, Layra? Sono più forte di te! Non puoi nulla contro di me!” le trasmise lui col pensiero, avvicinandola di nuovo, poi le prese il mento e, guardandola negli occhi velati di lacrime che non sarebbero uscite, le sussurrò: «Non lottare, Layra. È tutto inutile.» “Esci dalla mia mente.” pensò fiocamente lei, poi con più vigore: “Lasciami in pace!” Lui la lasciò e contemporaneamente lei si sentì spingere violentemente all’indietro e, colpendo una delle colonne nella sala scivolò a terra, senza fiato e dolorante. Nonostante tutto, la prima cosa cui pensò fu di ripristinare le sue protezioni mentali, ripromettendosi di stare più attenta in futuro. «Credi di essere al sicuro, con quelle ridicole barriere con cui ti proteggi? Riuscirò ad abbatterle definitivamente e lo sai!» affermò Amos, sovrastandola, ma Layra lo ascoltava a metà, la sua mente era lontana. Anter era uno dei pochi motivi che le dava la forza di alzarsi la mattina, come poteva essere morto? Possibile che lei stesse vivendo per una falsa speranza? Amos le pose una mano sul braccio, probabilmente per tirarla in piedi, ma lei si scostò bruscamente e si alzò da sola, il cuore in subbuglio e pronta a un altro scontro che non poteva vincere, ma dal quale lei, testarda, non si sarebbe ritirata. Se Anter fosse morto sul serio, lei si sarebbe presa cura di Ally e lo avrebbe vendicato. Se era ancora vivo, avrebbe combattuto per tornare da lui. In ogni caso non poteva arrendersi. Amos dovette leggere la determinazione nei suoi occhi, perché il suo sguardo si fece ancora più freddo, e l’ammonì: «Se speri di potermi sfidare, di avere anche solo una minima possibilità di opporti a me, toglitelo dalla testa!» Lei non gli rispose, chiusa in un mutismo totale, decisa a lasciarsi scivolare

addosso tutto il male, almeno per un po’. Funzionò, almeno fin quando non fu di nuovo sola, nella sua stanza-prigione dove si lasciò scivolare sul letto a baldacchino e prese tre respiri profondi, ma l’ultimo, nonostante i suoi sforzi, si trasformò in un singhiozzo. Non riuscì a bloccare quelle maledette lacrime. A che serviva piangere, poi? Accoccolandosi sul letto, soffocò i singhiozzi nel cuscino sforzandosi di non fare rumore, mentre il cuore le sanguinava e la mente si ribellava alla possibilità che Anter non ci fosse più. «Layra?» sussurrò Ally, appena arrivata dal aggio segreto, poi sgusciò via da sotto il letto e corse ad abbracciare l’amica. «Cosa è successo? Ti ha fatto del male? Parlami, Layra!» “No, non posso fare così, Ally potrebbe spaventarsi.” pensò Layra, lasciandosi abbracciare per un po’, poi si obbligò a scostarsi e ad accennare un sorriso, per quanto doloroso. «Non preoccuparti. Scusami!» Si asciugò le lacrime e domandò preoccupata: «Tu piuttosto? Come ti senti?» «Un po’ di emicrania… ma tu stai cambiando argomento!» sbottò la ragazzina, corrucciandosi. «Cosa ti ha fatto? Devi dirmelo! Sono la tua migliore amica, no?» «Niente… Ally, lo sai! Amos vuole farmi del male! Il problema è che non sempre riesco a resistere! Mi dispiace.» Layra si scusò ancora, sicura di non poter parlare ad Ally del sospetto che suo fratello fosse morto. «Lo so. Non preoccuparti, sfogati!» sussurrò Ally, tornando ad abbracciare l’amica che pian piano si calmò, mentre lei si chiedeva, come sempre, quando suo fratello sarebbe tornato a prenderle.

Capitolo 2

Anter si stava allenando con la spada con alcuni coetanei, uno scontro uno contro cinque che aveva esplicitamente richiesto lui stesso, quando Rock e altri uomini dei ribelli entrarono con trambusto nella grotta, portando con loro una bara. «Amplificate le barriere!» ordinò Rock, poi aggiunse: «Tutti zitti!» Calò un silenzio assordante, denso di paura. Anter si guardò intorno, senza capire cosa stesse accadendo, poi vide are davanti all’apertura della grotta una schiera di Elfi Oscuri. Superarono l’accesso alla spelonca come se non esistesse, sebbene l’effetto fosse ugualmente raggelante. Avevano rischiato davvero grosso. Pian piano riprese il solito chiacchiericcio e movimento, come se rischiare di essere scoperti e uccisi tutti non fosse qualcosa di particolarmente preoccupante. Anter si avvicinò a Rock e chiese incuriosito e inquieto: «Che cosa succede?» Il ragazzo stava ancora guardando la bara, mentre alcuni uomini la aprivano e aiutavano la ragazza al suo interno a uscirne. Lei si tirò in piedi agilmente, stiracchiandosi e guardandosi intorno. Quando si voltò, Anter la fissò sbalordito ed esclamò: «Iris?» Era giustamente scioccato, giacché Iris, un’Elfa della Luce sua coetanea, era stata prima controllata come un burattino e poi uccisa da Drew, e nel modo più assoluto non poteva essere viva. Lui l’aveva vista bruciare, eppure ora era lì, davanti a lui. «Conosci mia sorella?» chiese la ragazza, voltandosi di scatto al suono di quel nome, e raggiungendo Anter con rapide falcate, gli scoccò un’occhiata feroce. «Dimmi dov’è Iris!» Anter si corrucciò e replicò ponendo le mani avanti: «Calmati… Ma tu chi sei?» «Sono Ilys e non mi calmo!» ringhiò la ragazza, poi aggiunse più sottovoce: «Sono dieci anni che non vedo mia sorella gemella. Se l’hai vista, se sai dov’è, devi dirmelo!»

Anter sentì un tremendo peso sul cuore. Certo, lui e Iris si erano allontanati molto negli ultimi tempi e Ilys sembrava avere un pessimo carattere, ma era anche una sorella preoccupata. “Cosa dovrei dirle?” «Ti prego.» mormorò Ilys, con gli occhi lucidi. Anter chiuse gli occhi per pochi istanti poi indicò alcune casse, facendole cenno di sedersi. «Sì, la… conoscevo.» «Davvero? Sta bene? Aspetta…» Ilys impallidì e domandò: «Volevi dire che la conosci, giusto?» Anter strinse le labbra, poi scosse la testa. «No.» «Che vuol dire?» chiese Ilys a occhi sgranati, poi si alzò di scatto e afferrò Anter per un braccio. «Parla!» Lui tentò di essere il più delicato possibile, nonostante iniziasse a mal sopportare l’aggressività della ragazza. «Iris è stata uccisa due mesi fa.» Ilys lo lasciò di scatto, indietreggiando. «Menti.» Iniziò a colpirlo sul petto con foga. «Non può essere vero! Stai mentendo! Menti!» Anter la lasciò sfogarsi per un po’, poi le afferrò piano i polsi per fermarla. «Mi dispiace.» «Stai zitto! Bugiardo! Bugiardo!» gridò lei, divincolandosi. Anter mormorò: «Vorrei esserlo. Mi dispiace sul serio.» Ilys si fermò e lo guardò, quindi gemette: «È vero… I tuoi occhi non mentono. Chi è stato?» Anter colse un bagliore omicida in quegli occhi di smeraldo bagnati da lacrime che non aveva versato. «Ilys…» «Chi l’ha uccisa?» chiese lei, in tono mortifero. «È stato un traditore, un Elfo della Luce.» replicò Anter, un po’ sconcertato dalla

reazione violenta di Ilys, anche se d’altronde lui non aveva idea di come avrebbe reagito se avesse perso Ally. Non molto meglio, sospettava, tutt’altro. «Tu c’eri?» chiese lei, minacciosa. Anter inesplicabilmente provò un brivido lungo la schiena. «Sì, ma…» Lei lo colpì in viso con una forza sovrannaturale, facendolo barcollare all’indietro. «L’hai lasciata morire? Perché?» «Non ho potuto salvarla!» ribatté Anter alzando la voce. In quel momento li raggiunsero Artis e Rock, che notando l’alterco tra i due domandarono: «Che cosa sta succedendo qui?» Ilys tornò padrona di se stessa in pochi secondi e sorridendo ai due scrollò le spalle. «Nulla di grave.» Anter sgranò leggermente gli occhi, spiazzato. Iris era vanitosa, snob e spesso anche parecchio velenosa, anche se forse la ragazza che aveva conosciuto era effettivamente stata plagiata da Drew. Ilys sembrava decisamente peggiore, mossa da una furia esplosiva che lei nascondeva senza sforzo adesso, ma che presto sarebbe potuta esplodere senza controllo. «Vieni, ti mostro questo posto… Ilys, giusto?» chiese Rock, ignaro della reale portata della discussione tra i due ragazzi. La ragazza gli sorrise civettuola. «Arrivo!» Poi si voltò verso Anter e gli bisbigliò rabbiosa: «Guarda che con te non ho finito!» «Io credo di sì!» ribatté lui. «Credi male.» sussurrò lei, scoccandogli un’occhiata all’arsenico, poi si allontanò a braccetto con Rock, tutta sorrisi e falsità. «Come mai l’avete portata qui?» chiese Anter, appena lei non fu a portata d’orecchio.

«Aveva sentito la voce girare ed è molto brava con le armi. Potrebbe esserci utile. Perché?» Anter fece una smorfia contrariata. «Non mi piace.» «Perché? Mi sembra una bella ragazza.» commentò Artis. Anter s’incupì e sbuffò per non essere preso sul serio, tuttavia specificò: «Non in quel senso. Mi sembra instabile, cova troppa rabbia e secondo me ha poco autocontrollo.» Artis squadrò il ragazzo, poco convinto, e quando vide Ilys tornare, affermò: «Verifichiamolo.» Poi la chiamò: «Ilys!» «Sì?» chiese lei. «Ci daresti una dimostrazione delle tue capacità?» le domandò Artis, poi spinse Anter in avanti. «Anter è uno dei nostri migliori spadaccini.» Il ragazzo avrebbe voluto protestare, ma adesso Ilys sembrava un’altra persona, sorridente e accomodante. «Certo!» Lei sorrise, sguainando una spada che portava nascosta sotto la casacca. Anter estrasse la propria, tenendo alta la guardia. «Iniziate!» disse Artis, interessato. La prima cosa di cui si rese conto Anter fu la bravura dell’avversaria. Era incredibile che fosse tanto brava e che riuscisse a canalizzare tutto quell’odio e quella rabbia di cui prima, ne era sicuro, aveva avuto solo un piccolo assaggio. Sentì un brivido di sconcerto poi lei con una manovra azzardata gli fece volare la spada di mano. Rock fischiò a bassa voce e Artis li squadrò come se li vedesse per la prima volta, mentre Anter sentiva una tremenda sensazione avvolgerlo: era riuscita a batterlo.

Ilys gli sorrise, poi gli ò accanto sfiorandolo con la spalla. «Te l’ho detto che non ho finito con te.» Impugnò la sua spada e gliela porse. Anter ingoiò l’orgoglio, dicendo: «Grazie.» Non avrebbe fatto la parte dell’offeso e, forzando un sorriso, aggiunse: «Complimenti, sei brava.» Lei gli sorrise, poi senza rispondere se ne andò ancheggiando, e Anter capì di aver appena trovato qualcuno dal quale stare in guardia anche lì. *** Erano ati già un paio di giorni da quando Ally era stata obbligata a predire il futuro e Layra aveva pianto come si era ripromessa di non fare più, dunque incontrarsi nella stanzetta di Ally era abbastanza rischioso, ma avevano entrambe bisogno di stare vicine per poter sopravvivere a quell’incubo, nella speranza di non essere scoperte. Non che stessero facendo qualcosa di particolare, ma la semplice compagnia reciproca era loro di grande conforto. Stavano chiacchierando sottovoce quando sentirono la serratura scattare e la porta della camera si aprì. Entrambe raggelarono, ma sospirano di sollievo vedendo che era solo Coline, la quale trasalì nel vedere Layra nella stanzetta di Ally. «Cosa ci fai tu qui?» domandò, accostando immediatamente la porta con un piede, le braccia impegnate a sostenere delle lenzuola. «Oh-oh! Beccate!» sussurrò ironicamente Ally. Coline poggiò le lenzuola pulite sul letto e si pose le mani sui fianchi. «Ma dico, siete impazzite?» Poi aggiunse: «Perché non me l’avete detto?» Layra sorrise mestamente e rispose: «Semplice, per proteggerti nel caso ci avessero scoperte.» Coline si corrucciò ancora di più e mormorò: «Se vi scoprissero… Non posso neppure pensarci! Non potete continuare, è troppo pericoloso!» «Pericoloso? Perché, cos’altro possono farci?» chiese Layra, sulla difensiva, poi

commentò furente: «Non possono ucciderci, gli serviamo vive.» «È vero.» concordò Coline che poi aggiunse: «Vi faranno del male, però, questo la sai?» «Ce ne stanno già facendo!» replicò Ally, alzandosi dal letto e togliendo le lenzuola per mettere quelle pulite, poi disse sardonica: «Eppure Amos è tanto premuroso da fornirci delle lenzuola pulite e due pasti al giorno.» «Probabilmente vuole che non vi ammaliate. Gli servite in salute.» commentò Coline, conscia delle pene che le due ragazze dovevano sopportare. «Che gentile.» sbottarono in coro Layra e Ally, scambiandosi uno sguardo complice. Coline fece una smorfia. «Vorrei dirvi che siete fortunate…» Le tre finirono di fare il letto, poi Coline sospirò, desiderando tanto non dover assolvere quel compito, ma non aveva scelta. «Devo dirvi una cosa.» «Oh, no, avanti cos’altro è successo?» chiese Layra, tentando di alleggerire la tensione. La ragazzina dai capelli neri abbassò il capo e disse: «Quella vostra amica dell’Opposizione, Funny, qualche tempo fa si è sentita poco bene.» Ally e Layra divennero improvvisamente serie: Funny era stata uno dei capi dell’Opposizione e anche un’ottima amica, ma era parecchio anziana e la durezza riservata ai prigionieri non faceva ben sperare. «Ora sta bene?» azzardò Ally, prendendo la mano di Layra e iniziando a stringerla. Coline incassò la testa nelle spalle poi la scosse piano e mormorò: «Mi dispiace. Non ce l’ha fatta.» «Oh, no.» pigolò Ally e, abbracciando Layra, cominciò a piangere. Coline alzò lo sguardo e, fissando Layra negli occhi, affermò: «Le è stato portato qualcosa da bere, prima che morisse. Io penso… penso che sia…»

«L’hanno avvelenata.» mormorò Layra, chiudendo gli occhi, chiedendosi se non fosse stata colpa sua. Amos sapeva che l’Opposizione aveva accolto e protetto sia lei, sia Ally e Anter, e colpendo Funny aveva colpito loro. Coline sussurrò di nuovo: «Mi dispiace» Poi, raggiungendo la porta, aggiunse: «Ora devo andare.» La ragazzina sgusciò fuori dalla stanza, lasciando le due amiche in lacrime, abbracciate l’una all’altra. «Andavo da Funny quando Anter non c’era. Le volevo bene.» singhiozzò Ally. «Mi dispiace tanto.» Layra le carezzò i capelli, stringendola forte. «Perché l’ha uccisa? Per colpa mia?» «No, Ally! Non pensarlo nemmeno!» Layra la scostò da sé per guardarla negli occhi e, asciugandole le guance con le dita, la rassicurò: «Tu sei fantastica, non stai facendo assolutamente nulla di sbagliato.» Ally aveva iniziato ad annuire quando s’irrigidì e il suo sguardo divenne assente per qualche secondo, poi, quando tornò a fuoco, si venò di terrore e lei gemette: «No! No, non voglio...» «Cosa c’è, Ally? Cosa hai visto?» chiese, Layra guardandola negli occhi. «Amos sta venendo qua! E credo che lo stia facendo… adesso!» disse Ally terrorizzata, poi aggiunse: «Devi andare!» Il primo istinto di Layra fu di rimanere, per assicurarsi che nessun male venisse fatto alla sua amica, ma sapeva che Ally aveva ragione, non poteva farsi trovare lì. Si staccò con riluttanza da lei ed entrò nel aggio segreto, accostando il mobile in modo da poter vedere nella stanza, e restò lì, in attesa. Se Amos avesse provato a fare del male ad Ally, sarebbe intervenuta costasse quel che costasse. Ally era terrorizzata e aveva iniziato a tremare, mentre si tormentava le dita imprigionate nei guanti. Aveva avuto una pessima sensazione, che col are dei minuti peggiorò, sebbene lei avesse fatto del suo meglio per asciugarsi le

lacrime e cancellare i segni della paura. Quando la serratura scattò lei s’irrigidì e gli orrori che aveva vissuto fino a quel momento le corsero nella mente, angosciandola ulteriormente. Appena entrato, Amos inchiodò la ragazzina con uno sguardo così cupo che lei arretrò di un o e, nonostante avesse incrociato le braccia al petto per ostentare una certa sicurezza, la voce le uscì fioca quando chiese: «Cosa vuoi?» Lui si appoggiò allo stipite della porta, squadrandola poi le rivolse un sorriso beffardo. «Sei tu la veggente, Ally. Indovina!» Ally si morse le labbra e scosse la testa, mormorando: «Non ne ho idea.» Amos le scoccò un’occhiata infastidita e affermò: «Oh, io credo che tu lo sappia, invece. Lascia che ti dia qualche indizio.» fece una pausa, osservando la ragazzina pallida davanti a sé, poi avanzò nella stanza e Ally si spostò di riflesso, mentre il terrore aumentava. «Ho mandato una ventina dei miei uomini alla porta est della città; se non fosse stato per un paio di guardie stanziate alla porta ovest credo proprio che nessuno avrebbe visto qualcuno trasportare una bara. Tutto questo ti dice qualcosa?» le domandò lui in tono infido, fermandosi e trafiggendola con lo sguardo. Ally indietreggiò spaventata e sbatté con le spalle contro il muro, sussultando. Aveva sempre saputo che sarebbe stata scoperta ed era convinta di poterne sopportare le conseguenze, eppure adesso si sentiva paralizzata. «Hai perso la voce, Syrel?» Pronunciò il suo nome con disprezzo e Ally serrò i pugni al pensiero della sua famiglia sterminata per volere del mostro davanti a lei. Non avrebbe permesso che lui la riducesse in quello stato senza combattere e, sollevando il mento, si obbligò a farsi forza e dichiarò: «È stata una piccola imprecisione. Le visioni non sono infallibili!» «Non tollero imprecisioni.» Amos le rivolse un sorriso freddo, poi aggiunse: «Pensi di poter salvare delle vite, vero? Ti piacerebbe se fi uccidere un Elfo della Luce per ogni tua bugia?»

Ally sentì le forze abbandonarla, mentre i suoi sospetti sulla morte di Funny trovavano conferma, così lo accusò: «Lo hai già fatto, no?» «Oh, bene, sei stata informata.» la schernì lui. Ally, furente, lo sfidò senza soffermarsi a riflettere sulle conseguenze. «Non predirò più per te. Uccidimi, se proprio vuoi!» Amos le afferrò bruscamente un braccio e la scosse spazientito, poi le assicurò: «Tu predirai ancora per me e d’ora in poi farai bene a essere totalmente precisa!» Ally incominciò a tremare, poi provò a liberare il braccio e sussultò per il dolore quando lui serrò la presa e le sibilò: «Non puoi permetterti di opporti.» La ragazzina soffocò l’impulso di piangere e, arrivata al limite della sopportazione, colpì la mano del sovrano che le stava stritolando il braccio, costringendolo a lasciarla. Fu una visione improvvisa e violenta ad avvertirla che lui stava per puntarle alla gola un pugnale, per questo lei si spostò di scatto, per mettersi fuori portata e allontanarsi da lui, prima che potesse afferrarla di nuovo. Provava un incontenibile bisogno di fuggire. Ad Amos, che aveva estratto l’arma con la sola intenzione di intimidire la giovane veggente piuttosto che farle del male, non sfuggì il fatto che Ally si fosse spostata giusto fuori portata dal pugnale e ciò che non aveva nemmeno immaginato gli divenne subito chiaro. «Hai mentito anche su questo, vero?» le domandò, il tono di voce pieno d’ira, poi le ordinò: «Rispondi!» Ally sussultò veramente terrorizzata, rendendosi conto di essersi smascherata da sola e di non poter fare nulla per proteggersi. I suoi poteri, come quelli di qualsiasi Elfo della Luce, non avrebbero potuto nuocergli e lei non era mai stata brava nell’innalzare delle barriere protettive, eppure una parte di lei voleva ancora ribellarsi. Amos rinfoderò l’arma, tenendo lo sguardo puntato sulla ragazzina. «Come riesci ad avere le visioni, Ally? E non mentirmi più altrimenti…»

«Altrimenti cosa?» chiese lei, sollevando di scatto la testa, infuriata e spaventata. «Cos’altro puoi farmi?» Amos sogghignò e tornò a minacciarla: «Sai che potrei far torturare te, e naturalmente anche Layra, ogni volta che ne ho voglia? Per ora vi sto trattando coi guanti bianchi, non hai idea di che inferno potrei farvi vivere!» Layra, che dall’interno del aggio segreto aveva visto ogni cosa, reputava già quella una tortura e fremeva dalla voglia di irrompere lì e portare via Ally, che adesso sembrava terrorizzata. La frenava solo il pensiero che i aggi segreti fossero l’unica chance per loro di fuggire, tuttavia doveva trovare il modo per distogliere l’attenzione di Amos da Ally, altrimenti non era sicura che lui non le avrebbe fatto del male. Layra prese un respiro profondo, poi abbassò tutte le sue barriere psichiche e nella propria mente urlò: “Lasciala stare!” Amos si voltò di scatto verso il mobile e Ally s’irrigidì ancora di più, mentre Layra si rimproverava di non essersi allontanata dall’apertura del aggio e, mordendosi le labbra, ripristinò le sue barriere, in attesa dell’inevitabile. Amos guardò per un istante Ally, ma lei tenne lo sguardo appiccicato a terra, troppo spaventata per guardare, poi lui posò una mano sul mobile e con un solo gesto lo spostò. Layra e Ally trattennero il fiato e si scambiarono un’occhiata terrorizzata poi, però distolsero lo sguardo. Amos invece non incrociò mai lo sguardo della ragazza, infatti ai suoi occhi non c’era altro che il muro, nessun aggio segreto, niente che spiegasse come fosse possibile che avesse sentito i pensieri di Layra dall’altro lato del muro. Il sovrano si voltò verso Ally e l’avvertì: «Non abbiamo finito e se non diverrai presto collaborativa sarà peggio per te!» Se ne andò sbattendo con forza la porta. Layra corse immediatamente da Ally e la strinse forte a sé. «Non glielo permetterò! Capito? Non gli permetterò di farti del male!»

La piccola tremava in preda al terrore, che ora non aveva più bisogno di nascondere e singhiozzò. «Ho paura. Voglio andare via, voglio Anter.» “A chi lo dici?” pensò lei poi, come folgorata, intuì dove stesse andando Amos. «Starà andando in camera mia.» Ally sgranò gli occhi poi le labbra presero a tremarle e scoppiò in lacrime. «È finita! Non riuscirò più a vederti. Porterà via anche te!» Layra prese il volto di Ally tra le mani e la guardò negli occhi. «Sai che non glielo permetterò. È vero, mi spaventa, ma non gli permetterò di farti ancora del male.» Guardò il aggio segreto e affermò determinata: «Devo andare e provare ad anticiparlo.» «Fai attenzione!» la supplicò Ally. Layra si sforzò di sorriderle, poi sparì nel aggio segreto e percorse l’ormai notissimo cunicolo a tutta velocità. “Se arrivo prima di lui, non avrà alcuna prova che fossi nella camera di Ally.” pensò lei che poi si corrucciò. “Inoltre, a quanto pare, non riesce a vedere i aggi segreti. Questo è un vantaggio!” Strinse i denti e si spinse fuori dalla fessura sotto il proprio letto, poi sgusciò fuori, ma prima che potesse alzarsi, due forti mani la afferrarono per le braccia e la tirarono bruscamente in piedi. «Spiegami questo, principessa, e sbrigati!» le ringhiò Amos a una spanna dal suo viso. «Spiegarti cosa?» Layra finse di non capire, tentando di divincolarsi. Lui la lasciò e una forza sovrumana la spinse contro la parete e l’impatto fu tanto violento da buttarla in terra. Quando lei si rialzò in piedi dolorante, Amos la raggiunse e la scosse per le spalle, ordinandole: «Parla!» Layra sentì la rabbia ribollirle dentro ed esplose: «Io non ti dirò proprio niente!» Amos la spinse di nuovo, stavolta in terra, e Layra si ritrovò a fissare il aggio segreto aperto sotto il letto che ora le stava di fronte.

«Cosa c’è lì sotto?» le chiese Amos furente e Layra si rese conto di sapere per la prima volta qualcosa di cui lui era totalmente all’oscuro. Lei si sforzò di ridere e con tono innocente chiese: «Che cosa dovrebbe esserci?» Lui rapidissimo si chinò e le afferrò con violenza un braccio piegandoglielo dietro la schiena. Lei urlò per la sorpresa e il dolore e si arcuò all’indietro, senza fiato. «Cosa vedi lì sotto, Layra? Rispondi!» «Vedo… vedo il muro! Perché cosa dovrei vedere?» replicò lei a denti stretti, mentre era attraversata da fitte di dolore. «Sto perdendo la pazienza, principessa. Ti assicuro che non ti conviene!» la minacciò, scuotendola e Layra si lasciò sfuggire un grido, poi però si ribellò. «Io l’ho già persa, la pazienza!» « Tu non puoi fare niente per fermarmi.» le ricordò lui e la ragazza percepì un odioso sorriso nella sua voce. «Lo vedremo!» replicò lei e, sollevando il braccio libero, gli assestò una gomitata poi, sentendo che la sua presa si era allentata, strattonò l’altro braccio e si tirò presto in piedi, nel tentativo di sfuggirgli. Stava correndo verso la porta, decisa a tentare la fuga e nascondersi in un aggio segreto, quando avvertì un colpo sulle gambe e qualcosa di viscido gliele strinse, facendola cadere in terra. Lei si divincolò e sussultò vedendo una massa gelatinosa espandersi e ricoprirla fino al busto, paralizzandole le gambe. «Chiunque altro, al posto tuo, lo avrei già ucciso.» le disse Amos, osservandola dall’alto. Layra provò a tirarsi fuori da quella trappola, ma quella sorta di gelatina continuava ad ampliarsi, schiacciandole i polmoni. «Più ti muoverai, più velocemente si espanderà e se dovesse richiudersi su di te, smetteresti di respirare.» Lei lo fissò furente, anche se in effetti appena si fermò anche la massa gelatinosa rallentò la sua risalita, tuttavia la stava ancora stritolando.

«Dimmi come hai fatto a uscire da questa stanza e ad andare in quella di Ally.» «Sei pazzo. Se potessi uscire di certo ora non sarei qui!» replicò lei. Amos serrò un pugno e anche la morsa che la stringeva si acuì, mozzandole il respiro. «Non mentirmi, Layra. Non farlo.» Layra annaspò in cerca di aria, eppure riuscì a prorompere: «Tanto so che non mi ucciderai!» Lui sorrise ed esclamò cupamente: «Oh, dunque è questo! Penso di averti dato l’impressione sbagliata, principessa, se ti reputi intoccabile. Non temere, le cose cambieranno, stanne certa.» Layra impallidì eppure ripeté: «Non parlerò in ogni caso, perché non c’è nulla di cui parlare.» «Vedremo!» replicò lui, gli occhi illuminati da una luce malefica, poi con un solo gesto cancellò la sostanza gelatinosa. Layra inspirò rifocillando i polmoni e si alzò tenendo sempre d’occhio il sovrano. Sebbene si fosse ripromessa di non lasciarsi intimorire si scoprì a tremare per la paura, mentre tutto il suo corpo urlava di dolore. Amos sogghignò trucemente a quella vista e aggiunse: «Sì, vedremo quanto reggerai.» Lei represse la nausea, perché nonostante fosse orgogliosa di se stessa per non aver ceduto, era anche terrorizzata. Il terrore crebbe quando lui le afferrò un braccio e la trascinò fuori dalla stanza. “Dove mi porti?” pensò lei a barriere abbassate, senza voce per la paura. Lui non le rispose, ma chiese beffardo: «Perché non me lo chiedi ad alta voce?» «Dove mi stai portando?» domandò lei, tentando di mascherare invano il panico. Lui la spinse a scendere una rampa di scale, poi delle scalette malconce che lei

ben conosceva e che conducevano alle segrete. «No.» sussurrò lei, poi puntò i piedi e tentò di opporsi, ma Amos riuscì comunque a trascinarla come se non avesse peso. I prigionieri assistevano basiti e spaventati. Avevano già visto sia Layra sia Amos, ma mai contemporaneamente, e lei era visibilmente sconvolta. Amos la portò nella sala adiacente con quattro celle separate dalle altre, tre delle quali ormai vuote, prima occupate da Ally, Anter e Funny. Gwin, uno dei capi dell’ormai distrutta Opposizione, balzò in piedi e chiese con astio: «Cosa le hai fatto?» Prima della prigionia Gwin era stato uno dei suoi maggiori detrattori e non si sarebbe mai sognato di proteggerla, ma adesso era tutto diverso e i piccoli screzi sembravano niente. Layra temette di vederlo morire per il solo fatto che fosse intervenuto in sua difesa. «Taci, cane!» ringhiò Amos. «Sei già fortunato a respirare ancora!» Gwin s’incupì, ma non parlò più, e Layra represse a stento un sospiro di sollievo. Amos l’afferrò per le braccia, perforandola con lo sguardo e le promise: «Mi dirai tutto ciò che voglio sapere, dovessi farti picchiare ogni giorno.» La spinse dentro una delle celle, richiudendola con un cenno della mano così come l’aveva aperta. Non c’erano serrature e di solito, una volta all’interno, i poteri risultavano essere troppo deboli o nulli per provare la fuga. Un’ondata di stanchezza la colse, tuttavia attese che Amos fosse lontano prima di sedersi in terra e permettere al panico di invaderla ancora. Avrebbe dovuto pensare a una scusa plausibile, per giustificare la sua presenza all’interno del muro della camera di Ally, ma si sentiva così svuotata da non riuscire ad ascoltare nemmeno i suoi stessi pensieri.

Capitolo 3

Appena vide Amos andare via dalle segrete, Artis si rintanò nell’angolo più interno della propria cella e iniziò la procedura per staccarsi dal proprio corpo e proiettarsi altrove. Raggiunse la spelonca in un battito di ciglia e altrettanto velocemente iniziò a cercare Anter. Quando s’imbatté in Rowan, che correva come suo solito, lo prese per le spalle e gli chiese: «Dov’è Anter?» «Non lo so… Potrebbe essere a casa?» propose il ragazzino, perplesso, poi domandò: «C’è qualcosa che non va?» «Se lo vedi digli che lo sto cercando.» replicò Artis senza rispondergli, poi si diresse verso la costruzione in pietra in cui abitava il ragazzo. Anter era effettivamente lì, intento a miscelare alcune erbe e polveri in una boccetta. «Anter, devo parlarti.» Il ragazzo per poco non lasciò cadere l’ampolla per la sorpresa. «Artis! Sto preparando una pozione esplosiva! Se cadesse, salteremmo in aria!» Il tono canzonatorio sparì vedendo l’aria preoccupata del capitano. «Cosa c’è?» «Posa la boccetta.» gli suggerì Artis, incerto su come affrontare l’argomento. Anter fece una risata nervosa e ripeté: «Cosa c’è?» «Si tratta di Layra.» Gli occhi scuri di Anter s’incupirono ancora di più. «Dimmi.» Artis notò lo sforzo del ragazzo per non crollare e, se fosse dipeso da lui, non gli avrebbe detto nulla ma Anter aveva insistito molto su quel punto: qualunque informazione su Ally e Layra, lui voleva conoscerla immediatamente. «Pochi minuti fa Amos l’ha portata nelle segrete: l’ha imprigionata in una cella. Anter, lei sembrava stravolta e sofferente. Credo che le abbia fatto del male.»

Anter rimase immobile per alcuni istanti, poi disse con voce tremenda: «Io lo uccido.» «Anter.» lo ammonì Artis, afferrandolo per un braccio quando lui fece per uscire. «Anter, non fare pazzie. Respira. Sì, credo che le abbia fatto del male, ma è ancora viva!» «Devo vederla!» «Anter…» «No. Io devo vederla e noi dobbiamo ottenere una mappa dei aggi segreti!» continuò lui, infervorato. «Di cosa stai parlando?» «E se trovassimo il modo di liberare gli Elfi della Luce prigionieri nel castello? Potremmo attaccare. Potremmo riprenderci la nostra casa!» Il capitano lo lasciò e lo squadrò attentamente, poi affermò: «Sarebbe molto rischioso.» «Anche continuare a trasportare bare e vivere qui dentro lo è! Dobbiamo almeno tentare, è nostro dovere!» ribatté Anter, riflettendo a pieno regime, poi spalancò gli occhi e propose: «Se saremo veloci potremmo permettere a qualcuno di prendere una mappa. Coline potrebbe provare a cercarne una, o al massimo potrebbe disegnarla, e qualcuno dei nostri potrebbe andare a prenderla!» Artis fissò il ragazzo infervorato davanti a sé, consapevole che a muoverlo fosse l’amore che provava per Layra e la sorellina. Per questo temeva tanto le azioni di quel ragazzo, anche se ne conosceva le grandi potenzialità. «D’accordo, è un buon piano. Tu però non potrai vedere Layra!» Anter forzò un sorriso e disse: «Va bene.» «Anter.» ringhiò Artis, prendendolo per la maglietta quando lui fece per voltargli le spalle. «Non potrai vederla!» «Ho detto che va bene!» mentì di nuovo lui, con tutta la determinazione di cui era capace.

Il capitano sospirò e, dopo una breve riflessione, stabilì: «Convocherò una riunione per cercare volontari per la missione. Ti farò chiamare.» Anter annuì poi chiese: «Promettimi però, che quando verrà il momento, sarò io a uccidere Amos.» Artis scosse la testa. «Ne riparleremo quando sarai più lucido. Anter? Non fare follie, perché se ti fi uccidere c’è chi ne soffrirebbe molto.» «Lo so.» rispose sommessamente il ragazzo, seguendo Artis con lo sguardo quando lui se ne andò, aspettando che fosse lontano prima di smettere di fingere. Doveva raggiungere Layra e Ally il prima possibile e portarle via di lì, anche se era consapevole di non potercela fare da solo. Doveva aspettare e il solo pensiero lo uccideva. Stava pensando a tutto ciò che ricordava del castello in cui era stato prigioniero e di cui aveva visto pochissimo, quando, del tutto inattesa, Ilys irruppe in casa sua. «Eccoti qui, assassino! Artis sa cosa sei?» «Vattene!» sbottò Anter, fissandola trucemente. «Ah no!» Lei sogghignò, stendendosi sul suo letto a pancia sotto, guardandolo con gli occhi verdi brillanti. «Cosa vuoi?» chiese lui, sicuro che presto avrebbe perso la pazienza e sarebbe esploso. «Chi è Layra?» domandò lei, per provocarlo. «Non voglio parlarti! Esci di qui!» scattò lui. «Che caratteraccio!» Ilys si finse indignata, poi insinuò: «Layra è la tua ragazza? Hai abbandonato anche lei, come mia sorella?» «Sta’ zitta!» ruggì Anter, tremando di rabbia e, forse, senso di colpa. Lei si alzò e lo raggiunse, guardandolo negli occhi con astio. «Dovrei stare zitta?» Sorrise a labbra strette. «Che c’è, ti fa male la verità? Scommetto che in fondo non t’importa nulla di lei… E se per caso t’importasse,

le augurerei di soffrire le pene dell’inferno prima di morire!» Anter stavolta l’afferrò per le braccia e alzò la voce: «Si può sapere cosa vuoi da me?» Gli occhi di Ilys brillarono di una luce pericolosa. «Lasciami o mi metterò a gridare. Dirò che hai perso la testa e mi hai minacciata.» Anter la lasciò disgustato e ripeté: «Cosa accidenti vuoi?» Lei sogghignò. «Non l’hai capito?» S’incupì improvvisamente e sibilò: «Ti farò pentire di aver lasciato morire mia sorella! Vedrai. Ti distruggerò, Syrel.» Detto questo, Ilys uscì dalla casa e si defilò in fretta, così com’era arrivata. Anter si appoggiò al muro, poi si lasciò scivolare sul pavimento senza forze: si sentiva male. Lo inquietava il modo di fare di Ilys, sentiva il suo odio, ed esserne il punto focale lo sconcertava. “Devo solo ignorarla. Probabilmente è il suo modo di reagire al dolore della perdita della sorella.” tentò di convincersi lui e poi aveva cose molto più importanti cui pensare. Doveva pensare alle persone che lui rischiava di perdere, che erano in mano al nemico e senza le quali non era sicuro di poter continuare a vivere. “Layra, cosa ti stanno facendo?” si chiese spaventato, poi si abbracciò le ginocchia, gesto che non faceva più da quando era piccolo, e chiuse gli occhi. *** Nello stesso istante, quasi avesse potuto sentire anche il dolore del ragazzo, Layra scivolò con la schiena contro il muro e si abbracciò le ginocchia. «Layra, cosa sta succedendo?» le chiese Gwin, preoccupato. Lei inizialmente non rispose, in preda al panico che ora sembrava volerla soffocare, poi però sussurrò: «Amos ha quasi scoperto i aggi segreti e ha capito che Ally gli mentiva sulle visioni.»

Gwin imprecò a bassa voce, poi la studiò. «Cosa farai? Gli dirai tutto?» Layra sgranò gli occhi e si voltò a guardarlo indignata. «Certo che no! Prima dovrà uccidermi, poi potrà provare a trasformarmi in una traditrice!» L’uomo scosse la testa incredulo e chiese: «Come fate?» «Cosa? E chi?» «Tu, Anter e Ally. Come riuscite a continuare a combattere quando sembra tutto perduto? Dove trovate la forza?» Layra sollevò lo sguardo e lo guardò meravigliata. Gwin le sorrise leggermente e borbottò: «Oh, avanti. D’accordo, non sono la persona migliore del mondo… ma non sono un mostro. E, Anter voleva che te lo dicessi, mi dispiace.» «Di cosa?» chiese lei sempre più sconcertata. «Di averti reso la vita difficile. Appartenevo a una di quelle famiglie ricche che avevano perso alcuni privilegi durante il regno di tuo padre. Mi avevano insegnato a disprezzare la famiglia reale. Ora è cambiato tutto.» «E me lo stai dicendo…» mormorò Layra stancamente. «Perché sei sicuro che morirò?» Gwin scosse la testa. «No. Semplicemente volevo che tu lo sapessi.» «Grazie.» replicò lei, lasciando poi che il silenzio si depositasse su di loro, pesante come un velo d’acciaio. *** Anter aveva già assistito a delle riunioni da quando era lì, ma mai nessuna lo aveva minimamente interessato, per questo era sempre rimasto in disparte, nelle retrovie ad annoiarsi. Stavolta era diverso. Si era fatto largo tra le persone fino ad arrivare davanti a tutti, in modo da non

perdersi nemmeno una parola. Artis, sopra uno sgabello al centro dell’attenzione, aveva da poco iniziato il suo discorso: «Nel Palazzo Reale, per chi non lo sapesse, ci sono degli intricati aggi segreti. Se sarete favorevoli e se esiste una mappa di quei cunicoli, vorrei proporre di utilizzarli per liberare i prigionieri e…» «E riprenderci ciò che è nostro!» gridò qualcuno, mentre qualcun altro affermava: «Ottimo piano, Artis!» «Oh, non è un’idea mia! Io non ci avevo nemmeno pensato. L’idea è di qualcuno molto più giovane e intraprendente di me.» si schermì Artis, guardando verso Anter, che si stupì di vederlo tanto bendisposto. Eppure gli era sembrato che quel piano lo impensierisse molto e gli pie poco. Ci furono alcuni risolini tra la folla e qualcuno assestò delle pacche sulla schiena del ragazzo, che tuttavia a stento se ne accorse, fremendo per la voglia di concludere il prima possibile e poter partire. Artis continuò a parlare, elencando i rischi e i vantaggi, mise ai voti per alzata di mano il piano, poi occorsero alcuni minuti per riportare l’ordine quando fu deciso di tentare quel piano ardito e, per tutto il tempo, Anter non distolse mai lo sguardo da Artis, tentato di salire sullo sgabello al suo posto e dire a tutti di fare silenzio e di smetterla di perdere tempo in chiacchiere. «Prima, ovviamente, dovremo organizzare una squadra per andare a prendere l’eventuale mappa. Volontari?» A quella domanda tanto attesa Anter trasalì e la sua mano schizzò in alto insieme ad altre due. Anter fissò Artis negli occhi e lo vide scuotere impercettibilmente la testa e sospirare, ma lui sarebbe andato in ogni caso che il capitano gli desse il suo consenso o meno. «Anter. Ilys. Rowan, sei troppo piccolo!» esclamò Artis, spostando lo sguardo sul bambino che abbassò la mano, irritato e protestò: «Non è vero!» «Rowan!»

«Va bene, va bene.» Lui alzò le mani in alto e borbottò: «Non è giusto, però. Poi ne riparliamo!» Anter aveva ascoltato a metà, era troppo concentrato su Ilys, che aveva alzato il braccio un secondo dopo che lo aveva fatto lui. Lei gli si avvicinò e gli sussurrò: «Se sarò fortunata potrò vedere la tua Layra.» «Smettila. Ci atterremo al piano, qualunque esso sia.» mormorò Anter. «Oh, certo. Lo farò io, come lo farai tu.» Lei sorrise senza alcuna gioia. Anter tentò di ignorarla, concentrandosi su Artis che aveva selezionato alcuni uomini e donne, tutti noti ad Anter solo di viso. «Bene, ora ascoltatemi. Per adesso il piano sarà questo: andrete insieme il più vicino possibile al castello, poi uno di voi entrerà a prendere la mappa. Vi darò i dettagli quando ne saprò di più, al momento della partenza.» «Entrerò io!» affermò Anter, prima che chiunque altro potesse offrirsi. Non che ci fosse questa gran voglia di entrare in un luogo pullulante di Elfi Oscuri. «Anter…» iniziò Artis. «No. Sono l’unico a essere già stato lì dentro, loro mi credono morto e mi atterrò al piano.» disse risoluto il ragazzo. «Per me potrebbe farcela.» affermò Rock. Artis gli scoccò un’occhiataccia, poi squadrò Anter e sospirando capitolò: «D’accordo. Ora è meglio che io torni nelle segrete, devo iniziare a far smuovere un po’ la situazione.» *** Artis si ritrovò di nuovo nel buio della cella in cui era confinato e sporgendosi tra le sbarre chiese al suo vicino: «È ata Coline, per caso?» «No. Vuoi che venga qui?» chiese un vecchietto, tremendamente lucido per la sua età.

«Sì. Devo parlarle al più presto.» «Che succede, Artis? Prima la principessa trascinata qui, ora quest’urgenza.» chiese una fantesca nella segreta di fronte. «A tempo debito.» sussurrò Artis con aria da cospiratore. Ci volle molto prima che la chiamata di Artis, attraverso prigionieri, stallieri e servi, giungesse a Coline. La ragazzina senza farsi notare sgusciò nelle segrete, poi corse da Artis e, preoccupata per il fratellino, domandò col cuore in gola: «Cosa succede?» «Ho una missione per te. Voglio che tu usi la massima prudenza e non corra rischi inutili.» «D’accordo, di che si tratta?» chiese, più tranquilla e professionale. Era consapevole di quanto fosse pericoloso, ma avrebbe fatto qualunque cosa per l’uomo che aveva accolto suo fratello dopo la fuga. «I aggi segreti. Ci occorrerebbe una mappa, oppure eventualmente potresti disegnarne una?» «Disegnarla? È impossibile, è peggio di un labirinto. Se esiste, troverò la mappa, solo… Dove dovrei cercare?» domandò lei. «Dovrebbe essercene una nella sala del trono, almeno era lì anni fa. Prenditi tutto il tempo che ti serve e fai molta attenzione. Ricorda che Amos non perderebbe l’occasione di versare altro sangue innocente.» l’avvisò Artis. La ragazzina annuì, poi disse: «Lo farò. Saluta mio fratello da parte mia.» «Contaci. E ora va’!» Coline lo prese in parola e iniziò a correre. Avrebbe preso i cunicoli segreti dei sotterranei, ma lei non li conosceva bene e temeva di perdersi, però sapeva a chi rivolgersi. La ragazzina raggiunse la stanza di Ally e trovandola chiusa con la magia imprecò tra sé. Aveva saputo che Layra era stata trascinata nelle segrete, ma non aveva idea se anche Ally fosse nei guai.

Si recò allora nella stanza di Layra e cercò il aggio segreto che doveva essere lì, poi percorrendolo di corsa riuscì ad arrivare nella stanza della giovane Syrel, tutta trafelata dopo aver sbagliato quattro volte galleria. «Ally!» La piccola trasalì spaventata, raggomitolandosi ancora di più sul letto. «Coline?» sussurrò dopo un po’, senza voce. «Stai piangendo! No, per favore. Andrà tutto bene, te lo prometto! Ci faranno uscire da qui!» le disse Coline, parlando con frasi spezzate ed euforiche. «Di cosa parli?» chiese Ally, smettendo all’istante di piangere, fissando sbigottita l’amica. «Non posso parlartene per ora.» Coline scosse la testa, poi aggiunse: «Però ho bisogno del tuo aiuto.» «D’accordo.» «Mi serve una mappa dei aggi segreti!» Ally si corrucciò. «E cosa dovrei saperne io?» «Tu conosci le gallerie… Se ce ne fosse una che porta alla sala del trono, lì dovrebbe esserci una raccolta delle planimetrie del castello.» Ally sgranò gli occhi. «Sei pazza? Nella sala del trono? Col pericolo di imbatterci in Amos?» «Lo so e vorrei dirti che ho un piano ma non è così. Tutto quello che ho, è un abbozzo d’idea. Vorrei che fosse sufficiente.» «Lo sarà.» sussurrò stupita Ally, sbirciando il futuro, poi incrociò lo sguardo di Coline. «Oh cavolo, se funzionerà!» «Sono attendibili le tue premonizioni?» Ally si morse le labbra. «Sì.»

«E andrà bene a entrambe?» «Certo!» assicurò Ally, distogliendo lo sguardo. «Allora d’accordo. Diamoci da fare!» Sorrise Coline che, come tutti i prigionieri, non riusciva quasi a credere che presto avrebbe riavuto la libertà e si sentiva ebbra di felicità. Ally invece era seria e concentrata, quasi ansiosa. «Sei preoccupata?» le domandò l'amica, mentre prendevano un aggio illuminato da una moltitudine di pietre azzurre. «No. Perché me lo domandi?» chiese Ally, fermandosi un attimo e socchiudendo gli occhi, prima di svoltare in un’altra galleria e scendere delle scale che portarono le due ragazzine al primo piano, contraddistinto da luci dorate. «Mi sembravi così cupa... Ma come fai a orientarti?» domandò Coline, abbastanza sconcertata, quando Ally con sicurezza imboccò una galleria, ignorando le altre cinque. «Vedo i vari percorsi nella mente. Non sono proprio delle visioni, è più come se provassi tutti i corridoi nella mia mente.» spiegò Ally, poi chiuse gli occhi e affermò: «Il piano andrà bene solo se farai esattamente ciò che dico, lo sai, vero?» «Sì, certamente.» Coline annuì. «Bene.» Ally s’inumidì le labbra poi disse: «Vai avanti, fino alla fine di questo corridoio, sulla sinistra c’è il aggio segreto.» «E tu?» chiese Coline sospettosa. «Fidati di me. Entra nella sala del trono solo quando sarà vuota, la mappa è in fondo a un’anfora. Poi rientra nei aggi e torna indietro, puoi riuscirci?» «Io… credo di sì. Non verrai con me?» «Vedrai! Ora vai! Svelta!» la esortò Ally, poi si voltò e corse in un altro corridoio.

«Ally!» gridò Coline, che avrebbe voluto seguirla, ma si fermò. “È lei ad avere le visioni. E se col mio intervento la mettessi nei guai? È meglio che faccia come dice.” Coline si slanciò nel corridoio che le aveva indicato l’amica e corse a perdifiato fino in fondo, senza sapere che il corridoio che stava percorrendo era parallelo a quello che portava alla sala del trono. La ragazzina sfiorò il muro cercando il aggio e trovando uno spioncino vi accostò il viso nel tentativo di sbirciare. Il fiato le rimase bloccato in gola. Amos e Drew stavano osservando alcune carte geografiche del regno, stese sul tavolo. L’anfora si trovava addossata alla parete, in un angolo buio. “E adesso?” si chiese Coline, timorosa persino di far rumore col proprio respiro. Non dovette aspettare molto, anche se non avrebbe mai immaginato nemmeno lontanamente ciò che successe. Le porte della sala del trono si spalancarono e Ally, con i riccioli rossi scompigliati e il volto arrossato per la corsa, vi fece irruzione, affermando con sprezzo: «V’informo che il servizio di guardia lascia molto a desiderare!» La piccola si voltò e corse via, senza controllare che la seguissero, sicura che l’avrebbero fatto, e così fu, dopo un secondo di stupore. “Cosa cavolo combina?” si chiese preoccupata Coline, poi capì con un tuffo al cuore. “Aveva pensato di fare da esca fin dall’inizio!” Ally corse a perdifiato, il cuore le esplodeva nel petto e la testa le doleva per avere abusato dei suoi poteri. La verità era che avrebbe fatto qualunque cosa pur di avere la possibilità di rivedere il fratello, anche una follia, perché si rendeva conto di quanto il suo piano fosse fallace. Riconobbe una porta scardinata, vista nelle sue visioni, e nonostante sapesse quanto fosse difficile andare contro ciò che le veniva rivelato del futuro, lei provò a proseguire ignorando ciò che aveva visto. Invano. Drew la raggiunse e la afferrò per le braccia, esattamente come lei aveva previsto.

Lei scalciò, colpendolo sugli stinchi, però lui non la lasciò e strattonandola le urlò: «Ferma! Stai ferma! Si può sapere cosa stai facendo?» Ally serrò le labbra e scosse la testa. Amos la squadrò per alcuni istanti poi socchiuse gli occhi e, sorpreso per non essersene accorto subito, affermò: «È un diversivo.» Si voltò e tornò verso la sala del trono. Questo Ally non l’aveva previsto e i battiti del suo cuore accelerarono. Drew la sospinse senza lasciarla e le ordinò: «Collabora, microbo! Sei in un mare di guai!» La piccola dai riccioli rossi si lasciò condurre docilmente, pregando che Coline non fosse stata presa, altrimenti tutto sarebbe stato perduto e la sua amica sarebbe morta. Quando arrivarono, la sala del trono era vuota come l’avevano lasciata e nulla lasciava intuire che qualcuno fosse entrato e avesse rubato qualcosa. Ally sperò che Coline ce l’avesse fatta e si obbligò a non avere paura. «Ally.» Amos si voltò verso di lei, scoccandole un’occhiata torva. «Spiegami subito cosa volevi fare.» «Per quale motivo dovrei?» replicò lei, mostrando una baldanza che non aveva. Drew le piegò di più le braccia dietro la schiena, facendola sussultare per il dolore, però lei non demorse e fissò il sovrano con aria quasi di sfida. Amos le rivolse un sorriso cattivo e la provocò: «Sai cosa ho intenzione di farti, Ally? Lo hai previsto?» La ragazzina non aveva cercato volontariamente la visione eppure quella la investì con violenza, facendola irrigidire e distaccandola dalla realtà per alcuni secondi in cui lei percepì diverse sensazioni contemporaneamente: dolore, rabbia, paura e un’angoscia nera e senza fine. Ally sgranò gli occhi terrorizzata, mentre nella sua mente correvano ancora immagini confuse e sfocate che non riuscì a cogliere a pieno.

Quando incrociò il suo sguardo, Amos le chiese infidamente: «Almeno ne è valsa la pena?» Ally serrò di nuovo le labbra con forza per impedirsi di lasciarsi sfuggire anche solo una parola. «A lei ci penso io, Drew. Tu vai a controllare la sua stanza e scopri come ha fatto a uscirne.» ordinò Amos senza staccare lo sguardo da quello di Ally, che si obbligò a non tremare, sebbene il suo coraggio stesse iniziando a venire meno. Quando Drew se ne andò, Ally si sfiorò le braccia indolenzite, poi le incrociò al petto, ostentando ancora quell’arroganza che le stava scivolando dalle dita. Amos la osservò per alcuni istanti, poi i guanti alle mani della ragazzina si slacciarono e caddero al suolo con un suono sordo. «Quelli non servono a niente. Per quanto riguarda te... credo sia inutile consigliarti di parlare subito, vero?» Ally rimase ancora in silenzio. «Bene, allora andiamo.» Lei si sentì spingere in avanti nonostante lui non l’avesse nemmeno sfiorata e quasi inciampò, in preda al panico adesso. «Non fai più la coraggiosa, ora?» Amos sogghignò afferrandola per un braccio, poi l’avvisò: «Non ti piacerà per nulla ciò che accadrà, non è tardi per dirmi tutto» «Non ti aiuterei mai, in nessun modo!» esplose Ally, divincolandosi con rabbia. Amos serrò la presa fin quando lei non gemette, poi commentò con un sorriso odioso: «Lo farai, Ally, credimi, lo farai.» Avanzarono per alcuni corridoi e Ally sentì le lacrime scivolarle sulle guance in silenzio, e a nulla valsero i tentativi di smettere. Era consapevole che i aggi segreti rappresentassero l’unica via di fuga e di conseguenza sapeva anche di non poterne assolutamente rivelare l’esistenza, nemmeno sotto tortura, e questo l’angosciava. Non era sicura di riuscirci, lei non era forte come suo fratello.

Capitolo 4

Layra si aspettava che Amos tornasse presto a tormentarla, eppure non era assolutamente preparata a vedere Ally, così piccola e fragile, con gli occhi arrossati dalle lacrime, nelle sue grinfie e trascinata nelle segrete. Nonostante si fosse imposta la calma, scattò in piedi e ingiunse con foga: «Lasciala subito andare!» Amos le scoccò un’occhiata gelida e replicò: «Come vuoi tu.» Quindi spintonò violentemente Ally, che si aggrappò al muro per non cadere. «Lei non c’entra nulla! Non azzardarti a sfiorarla ancora, altrimenti…» « Altrimenti, Layra? Parli sul serio?» le domandò beffardamente il sovrano, poi scoccò un’occhiata ad Ally e sorrise. «Lei è più coinvolta di quanto tu creda.» Layra serrò le dita intorno alle sbarre per impedirgli di vederle tremare. Non aveva mai visto Ally più spaventata e non osava chiedere cosa fosse successo, tuttavia non riuscì a trattenersi e lo accusò: «Come puoi? È solo una bambina!» Lui parve davvero sorpreso e le chiese: «Pensi che possa importarmi?» Lei sapeva che non gli importava, trovare sulla sua strada degli innocenti non lo aveva mai fermato, eppure il solo pensiero che potesse fare del male ad Ally la faceva inorridire. In quel momento si sentirono dei i pesanti e nella sala entrò un energumeno vestito di scuro, con un occhio solcato da una cicatrice, che rivolse un inchino marziale al suo sovrano. «Lui è qui per farvi del male. Sapete cosa voglio, prima risponderete prima finirà tutto.» le informò Amos freddamente, poi guardò Ally che scosse la testa. «Non sarà piacevole. Arrenditi.» le suggerì con voce quasi carezzevole. Ally serrò i pugni e scandì: «Preferirei morire!» Layra raggelò. Si voltò verso Gwin in cerca di aiuto, ma lui le voltò le spalle e si rannicchiò in angolo della sua cella. Lei sapeva che il suo atteggiamento dipendeva dal fatto che fosse stato picchiato poco dopo che aveva provato a

difenderla, eppure non riuscì a non disprezzarlo. Ally era troppo piccola per essere lasciata senza difese. Amos osservò la ragazzina dai riccioli rossi per alcuni istanti, poi ordinò al carnefice: «Procedi.» Il torturatore avanzò senza una parola e, sfiorando la cella di Layra, la aprì. Ally sussultò e si oppose: «No! È con me che ce l’hai, non puoi farlo!» Amos sogghignò e le disse compiaciuto: «Ho cambiato idea. Come vedi, posso ingannare le tue visioni.» Layra strinse i denti e indietreggiò, però non emise un fiato quando il carnefice le assicurò i polsi con delle fascette di metallo, faccia al muro. In un certo senso era quasi sollevata: ad Ally non sarebbe stato fatto del male, non fisicamente perlomeno. Appoggiandosi al muro, la piccola dai capelli rossi iniziò a singhiozzare. Layra avrebbe voluto tranquillizzarla, ma una sferzata le tolse il fiato. Ally urlò e serrò gli occhi. Immediatamente gliene arrivò anche un’altra e nonostante lei si fosse ripromessa di non gridare, non riuscì a resistere. Sentiva la pelle spaccarsi e il dolore tormentarla, insieme alla paura. Sapeva che quel genere di ferita, se non curata, l’avrebbe uccisa. Ally nel frattempo piangeva. Era convinta che le conseguenze delle proprie azioni le avrebbe pagate lei, non la sua migliore amica. Aveva messo in conto la possibilità di restare ferita, ma il rimorso che stava provando in quel momento era straziante. «Basta. Per favore, basta, basta!» urlò Ally, le mani premute sugli occhi. «Vuoi rispondere, per caso?» le chiese Amos con un sorriso raggelante. «No! Ally, no, non farlo!» gridò Layra, mentre le arrivava una terza scudisciata in mezzo alla schiena lasciandole un solco rosso. «Allora sarai tu a parlare. Non resisterai molto.» commentò Amos freddo come il ghiaccio.

«Aspetta… e… spera.» ringhiò la ragazza tra i denti, ansimando per il troppo gridare. Il dolore causato dalle frustate era terribile e insopportabile ma lei sapeva di non avere scelta. Se Amos avesse saputo dell’esistenza dei aggi segreti, nessuno di loro sarebbe mai uscito vivo di lì. Layra serrò gli occhi, pronta a un ennesimo colpo che però non arrivò mai, visto che il sovrano degli Elfi Oscuri fermò il suo aguzzino prima che la frusta schioccasse ancora. «Non mi aspettavo che tu fossi tanto forte, ma non illuderti, non abbiamo finito.» Il sospiro di sollievo che Layra stava per tirare le rimase in gola e fu sostituito da un singhiozzo soffocato. I suoi nervi rischiavano di cedere e lei invece doveva restare lucida e concentrata. Il torturatore le liberò i polsi dalle fascette di metallo e la lasciò accasciarsi sul pavimento della sudicia cella. Layra si voltò verso Amos tentando di fronteggiarlo, nonostante avesse la schiena piena di piaghe e il viso striato di lacrime. Ally fissava sconvolta l’amica, non riusciva a credere che stesse soffrendo tanto a causa sua. Non era giusto e, soprattutto, non l’aveva previsto, i suoi poteri l’avevano tradita nel momento meno opportuno. «Sei pronta, Layra? Mi auguro che tu sappia trattenere il respiro.» Detto questo Amos mosse impercettibilmente una mano e improvvisamente Layra sentì le braccia attaccarsi al muro, i polsi all’altezza della testa, senza possibilità di muoversi, poi una massa liquida le circondò il volto, impedendole di respirare. Ally sussultò e con voce tremante domandò angosciata: «Cosa le stai facendo?» Amos la degnò appena di un’occhiata e commentò in tono beffardo: «È solo un po’ d’acqua.» Layra scosse la testa tentando di liberarsi e prendere un po’ d’aria, mentre i polmoni iniziavano a bruciare, ma per quanto si divincolasse non poteva muoversi. “Basta!” Non si rese nemmeno conto di averlo pensato, né che le sue barriere fossero collassate.

Amos la liberò dalla propria presa, osservandola con aria compiaciuta, e le chiese: «Ti arrendi?» Layra affannò per un po’, scossa da brividi e violenti colpi di tosse, però appena riuscì a prendere un bel respiro scosse la testa in segno di diniego. “Bene, se è questo che vuoi, principessa, continuiamo.” le trasmise telepaticamente Amos, insieme a una devastante ondata d’odio che investì Layra, facendola espirare bruscamente. Amos sogghignò e riprese a torturarla, fin quasi a soffocarla e liberandola solo per pochi preziosi istanti di tregua. Layra era sfinita, sull’orlo del collasso, quando Amos smise. Lui, dal canto suo, non riusciva a comprendere la cocciutaggine e la determinazione della ragazza, però era arrivato alla conclusione che, qualunque cosa lei gli stesse nascondendo, dovesse essere molto importante, per difenderla con tanta ostinazione. «Non sei stanca di lottare, Layra?» le chiese. Layra sollevò il capo, ricambiando il suo sguardo attraverso i capelli bagnati. «No, mai. Sarò stanca di lottare solo quando sarò morta!» Amos fece una leggera smorfia irritata, poi tornò padrone di se stesso e si rivolse al carnefice: «Procedi, sai cosa fare.» L’energumeno prese una barra metallica e stringendola in mano le trasmise una scarica elettrica. Amos riportò lo sguardo su Layra. «Il nostro amico qui adora l’elettricità. Ovviamente conosce tantissimi altri modi interessanti per causare un tremendo dolore fisico. Peccato però che nessuno sia mai sopravvissuto.» Le rivolse un sorrisetto crudele, poi il carnefice poggiò l’asta metallica sul braccio di Layra. La ragazza gridò rannicchiandosi in terra nel tentativo di sfuggirgli, però non ebbe tregua nella piccola cella. La barra metallica elettrificata le fu poggiata anche sul fianco e sulle gambe.

Amos la fissò, tremendamente frustrato e a un certo punto ordinò all’energumeno di aumentare il voltaggio. Layra sussultò terrorizzata tuttavia non si allontanò, troppo stanca e dolorante anche per quello. Tutto intorno a lei sembrava ovattato e quando la sbarra si posò sul suo addome lei quasi non avvertì la scarica elettrica, poi tutto si fece nero e lei perse i sensi. «Layra!» gridò Ally vedendo l’amica accasciarsi al suolo e istintivamente fece per raggiungerla, però Amos la afferrò per un braccio e la sbatté di nuovo contro la parete. Il sovrano degli Elfi Oscuri si chinò accanto alla ragazza priva di sensi e le poggiò due dita sul collo per sentire il battito cardiaco. Era solo svenuta. Amos si tirò agilmente in piedi e congedò il carnefice senza degnarlo di uno sguardo, poi sfiorò le sbarre della cella di Layra che si richio con un tonfo secco. Ally se ne stava rannicchiata contro il muro, terrorizzata, gli occhi puntati sull’amica che aveva sofferto a causa sua. Non era sicura di potersi perdonare. «In piedi.» le ordinò Amos. «No.» piagnucolò Ally. «Resto qui con lei.» Amos la guardò seccato, poi le afferrò un polso e la tirò bruscamente in piedi. «Vedi com’è ridotta Layra? Se non vuoi finire come lei, farai ciò che dico!» le ringhiò contro. Ally, suo malgrado, scoppiò a piangere a dirotto. Versò tutte quelle lacrime che aveva trattenuto quando erano stati catturati, quando suo fratello era stato torturato e quando era dovuto andare via senza di loro. Amos provò a trascinarla, ma lei aveva afferrato con determinazione le sbarre della cella dell’amica opponendosi con tutte le sue forze, allora lui si voltò e con violenza la colpì sulla guancia. Ally spalancò gli occhioni scuri e si premette la guancia, lasciando le sbarre.

«Ascoltami bene, ragazzina, se non la smetti subito mi dimenticherò che potresti essermi utile e ti ucciderò, sono stato abbastanza chiaro?» Non era una semplice minaccia. Lo avrebbe fatto sul serio, comprese Ally che, scossa dai singhiozzi, si lasciò portare via, troppo sconvolta per protestare ancora. *** Nelle grotte si avvertiva una particolare aria di eccitazione. Tutti erano riuniti fuori dalle case e discutevano vari possibili piani per attaccare il palazzo, per liberare gli ostaggi, per far cessare la tirannia di Amos. Erano lì da ore e non erano approdati a nulla di concreto. Anter non era lì per partecipare alla discussione, che tra l’altro lo stava innervosendo parecchio per l’inconcludenza dei vari discorsi. Da alcuni minuti provava un inspiegabile senso d’irrequietezza e la preoccupazione per Ally e Layra stava lentamente raggiungendo il parossismo. Per questo era lì, stava aspettando che Artis tornasse, per ottenere qualche notizia. Quando finalmente il capitano arrivò Anter lo raggiunse per primo e chiese: «Allora, cosa sta succedendo là?» Artis era scuro in volto e quando guardò il ragazzo, sospirò afflitto: «La notizia buona è che abbiamo le mappe. Coline le ha trovate…» «Quella cattiva?» chiese Anter cupamente, mentre il cuore accelerava i battiti. Artis lo guardò negli occhi e rispose con prudenza: «Amos sta torturando Layra. Non so bene cosa voglia da lei.» Anter s’irrigidì e le sue convinzioni si fracassarono al suolo. Si era voluto convincere che nessun male sarebbe stato fatto loro, ma si era solo illuso. Non doveva andarsene e lasciarle indifese. «E mia sorella?» domandò col cuore in gola. Conosceva Ally meglio di chiunque altro e sapeva che alla minima intemperanza Amos non avrebbe avuto pietà. Artis distolse lo sguardo e si schiarì la voce prima di rispondere: «L’ha obbligata

ad assistere, poi l’ha trascinata via.» Il ragazzo si sentì ardere d’ira, non solo contro i diretti responsabili, ma anche contro Artis. Se avesse voluto avrebbe potuto aiutare tutti a fuggire già molto tempo prima, piuttosto che stare solo a guardare. Sembrava quasi che avesse voluto costruirsi un piccolo regno in quelle grotte, ma presto Anter si obbligò a zittire quei pensieri. Aveva bisogno di Artis, non poteva dubitare di lui. Lasciò che le persone lo spingessero, nell’accalcarsi intorno a quello che loro reputavano una guida e un salvatore e sentì Rock, accostarsi ad Artis e dirgli: «Ti aspettavamo da ore! Abbiamo bisogno di notizie.» Il capitano annuì e sul volto si appiccicò un sorriso rassicurante, poi salì su alcune rocce sopraelevate, in modo che tutti potessero vederlo e sentirlo. «Un attimo d’attenzione!» esclamò, anche se non ce n’era veramente bisogno, giacché tutti erano in ascolto. «Siete tutti informati, immagino, degli ultimi sviluppi. Avevamo bisogno di una mappa dei sotterranei del castello. Non l’abbiamo qui materialmente, ma c’è qualcuno che l’ha recuperata e ora dobbiamo andare a prenderla. A tal fine abbiamo creato una squadra di recupero. Rivedremo il piano con i soli interessati, tutti gli altri possono tornare alle loro attività. Presto, molti di voi potranno rivedere i propri cari.» Ci fu un’ovazione generale e Anter si sentì stordito e fuori luogo. Tutti erano felici, mentre lui si sentiva morire dentro. Artis guardò Anter, che subito si impose di accennare un sorriso, poi iniziò a chiamare tutti coloro che avrebbero fatto parte della squadra di recupero: «Rock, Ilys, Sean, Diane.» Anter sgranò gli occhi, infuriato per non essere stato chiamato ed era già pronto a protestare, quando il capitano concluse: «Rowan e Anter.» Il ragazzo sentì qualcuno tirargli la manica della maglietta e vide Rowan accanto a sé che gli sorrise con aria complice. «Ho detto ad Artis che se non ci avesse inserito saremmo partiti da soli e lui non avrebbe potuto fermarci. Ho fatto bene?» Anter accennò un sorriso vero e scompigliò i capelli del ragazzino. «Grazie, Rowan, hai fatto benissimo.»

Anter si avvicinò al gruppetto selezionato da Artis, imponendosi la calma. Polemizzare contro le scelte del capitano sarebbe stato controproducente, lui doveva pensare solo al suo obiettivo e restare concentrato unicamente su quello. Artis li scrutò tutti con un sorriso soddisfatto poi aprì le braccia e con fare teatrale esordì: «Bene, ora ascoltate. Dobbiamo formulare un piano. Il punto d’incontro sarà all’ingresso delle segrete, dovremo stabilire chi andrà a prendere la mappa e…» «Io. L’ho già detto, ci andrò io. E se permettete credo anche di avere un piano.» lo interruppe Anter, sostenendo il suo sguardo. «Sentiamo.» acconsentì Artis, riluttante. «È solo un’idea. Siamo in sei e abbiamo bisogno di rimanere uniti, sempre. Io entrerò e uscirò. Ricordo la strada, ci metterò due, tre minuti al massimo. Se dovessero esserci dei problemi, dovrete lasciarmi lì. Nasconderei la mappa in modo che possiate recuperarla in seguito.» illustrò Anter. Artis lo squadrò incerto e replicò: «Non è un piano troppo semplice?» «Mia sorella è una veggente e Amos la obbligherà a predire per lui. Io la conosco, fidatevi di me.» disse Anter, incrociando gli sguardi dei componenti della squadra di recupero. «Per me va bene!» esclamò subito Rowan. «Anche per noi.» confermarono contemporaneamente Sean e Diane, due gemelli tanto simili da riuscire a usare ognuno i poteri dell’altro. Anter li aveva visti combattere in uno scontro simulato e sapeva quanto valevano. «Potrebbe funzionare.» concordò Rock, non senza un po’ di esitazione. «Ilys?» chiese Artis. La ragazza spinse il labbro in fuori, alzò le spalle con fare disinteressato e acconsentì: «Proviamo.» Poi accostò Anter e gli sussurrò: «Spera di non avere altre vite sulla coscienza.» Il ragazzo non batté ciglio, non voleva ascoltarla e non poteva lasciarsi distrarre

da lei. «D’accordo. Come armi potreste portare…» iniziò Artis, ma Anter lo interruppe di nuovo: «Ci servono tre arcieri, poi spade e pugnali in abbondanza. Inoltre farebbero comodo delle pozioni esplosive e fumogene.» Artis annuì poi sospirò. «Molto bene! A questo punto potrei anche dimettermi…» «Ho avuto tempo per pensare.» Anter scrollò le spalle, poi sorrise con amarezza. «E, credetemi, l’ultima cosa che voglio è che uno di noi, anche uno solo, sia ferito o ucciso. Le persone che amo di più al mondo sono prigioniere in quel castello. Se ci scoprissero, farebbero loro ancora del male e io le perderei per sempre.» Tutti tacquero poi Rowan strinse i pugni e affermò: «Possiamo capirti! E, per quel che vale, mi fido di te, perché se fallissimo anche mia sorella rischierebbe grosso.» Artis li scrutò poi annuì tra sé. «Dunque è deciso. Rock, Diane, Ilys, allenatevi con arco e frecce. Rowan, tu puoi esercitarti con Sean. Anter, aspetta un momento, dobbiamo parlare.» Anter si corrucciò e appena furono soli chiese: «Cosa c’è?» «Non fare colpi di testa e, nel modo più assoluto, non cercare di vedere Layra.» lo ammonì Artis con aria severa. Amos un tempo gli aveva detto la stessa identica cosa e lui provò un’ondata di disgusto per il capitano. Serrò i pugni, obbligandosi a trattenere il veleno che sentiva sulla lingua e a chiudere in un cantuccio della sua mente il disprezzo per Artis. «Guardami. Ti sembro uno stupido?» Anter aprì le braccia, esibendo un sorriso di circostanza. «Hai detto che Amos sta facendo torturare Layra. Hai idea di cosa le farebbe se sapesse che sono ancora vivo? Come punirebbe entrambi?» chiese con amarezza sincera, poi concluse: «Non farò nulla di avventato.» Artis sorrise rassicurato e gli pose una mano sulla spalla. «Dici di non assomigliare a tuo padre… eppure io lo rivedo in te.»

Anter accennò un sorriso che non raggiunse gli occhi, poi recuperò un pezzo di stoffa, irrigidito dal sangue secco, che era stato usato per fasciargli il fianco ferito e lo tese ad Artis, che lo osservò con stupore. Il ragazzo a quel punto sorrise sul serio e disse: «Dovresti fare una cosa: fai in modo che gli Elfi Oscuri trovino questo il prima possibile.»

Capitolo 5

Drew percorreva i corridoi del castello a o sicuro, forte della consapevolezza di essere il preferito di Amos. Di certo era a conoscenza del disprezzo degli altri Elfi della Luce per il suo tradimento, ma ciò non era in grado di scalfire la sua sicurezza. Tantomeno poteva farlo l’indifferenza degli Elfi Oscuri nei suoi confronti, i quali gli obbedivano solo per non scontentare il loro sovrano. Drew entrò nella sala del trono e senza alcun preambolo comunicò: «Ci sono novità.» Amos, lasciando ciò che stava facendo, si voltò verso di lui e chiese: «Di cosa si tratta?» «I segugi hanno trovato questo.» Drew sollevò un lembo di stoffa insanguinata. «Era un semplice giro di ricognizione, ma i cani sono come impazziti. C’era solo questo, ma nessun cadavere.» Il sovrano si fece consegnare la stoffa e concordò: «È interessante. Tu cosa suggeriresti di fare?» Drew s’inorgoglì, come sempre, di essere tenuto in tale considerazione e, cogliendo l’occasione, propose: «Potremmo obbligare la veggente a dirci qualcosa.» Amos incrociò le braccia, sopprimendo un sorriso. «La odi proprio, non è vero?» Poi acconsentì. «Probabilmente Ally è abbastanza spaventata da obbedire senza troppe storie.» Drew seguì il sovrano, mentre un malsano senso di rivalsa lo pervadeva. Avrebbe riversato l’odio per Anter sulla sua amata sorellina e non si sarebbe fermato fin quando entrambi non fossero stati annientati. Dopo gli ultimi eventi anche Ally era stata spostata sullo stesso piano della sala del trono, in una cameretta piccola e disadorna. La piccola se ne stava seduta sul lettino affiancato alla parete, a gambe incrociate: a una caviglia aveva una catena. L’unico mobilio della stanza, occupante quasi tutto lo spazio, era un grosso armadio. La ragazzina sussultò quando la porta si aprì, poi chiese a fior di labbra: «Che

cosa volete ancora?» «Abbassa i toni, microbo.» la riprese Drew, divertito nel vederla in quello stato. «Solo dopo di te!» sibilò lei con nuova forza, poi ripeté a voce più alta: «Cosa volete?» «Hai un bel caratterino, non c’è che dire, considerando che ieri eri in lacrime» commentò Amos, porgendole il pezzo di stoffa insanguinato. «Ho bisogno di una visione.» «Esistono delle pozioni per averne. Prendine una e magari mettici dentro anche del veleno!» replicò caustica lei, senza accennare a prendere il pezzo di stoffa. Amos lo lasciò cadere sul letto, chiedendo gelidamente: «Dimmi Ally, non vorrai che Layra sia torturata ancora? Perché, detto tra noi, credo sia ato troppo poco tempo, potrebbe non essersi ancora ripresa. Potrebbe morire.» Ally strinse i pugni quando le mani iniziarono a tremarle. «Non puoi! Non è giusto!» «Sei davvero convinta che non possa? Avanti Ally, hai poteri precognitivi, dovresti saperlo!» la schernì Amos. Ally percepì una coscienza aliena sfiorare con dita gelide la propria e improvvisamente fu colta da una serie di visioni orrende, su continue torture attuate sulla sua amica in un probabile futuro. La piccola si tappò le orecchie con le mani e serrò gli occhi, urlando: «No! Basta! Lasciami in pace! Basta!» Amos le staccò le mani dalle orecchie e appena lei riaprì gli occhi, le sussurrò freddamente: «Se vuoi che non le venga fatto ancora del male dovrai predire il futuro per me.» Ally tentò di mantenere la calma, poi distolse lo sguardo e, appena Amos le liberò i polsi, prese la stoffa insanguinata fra le dita. Immediatamente ebbe la visione che tanto a lungo aveva cercato e che al contempo aveva sperato di non avere mai in presenza del sovrano degli Elfi

Oscuri. Vide dei ragazzi che si addentravano nel cortile del castello, entrando dall’entrata principale e tra di loro riconobbe Anter. Ally inspirò bruscamente, poi serrò le labbra mentre la stoffa le cadeva di mano. “Anter? Cosa combini? Insomma! Vuoi farti ammazzare?” pensò agitata la bambina. «Ally? Cosa hai visto?» «Nulla.» Lei scosse la testa, ancora confusa. Vedere suo fratello la riempiva di gioia, eppure era terrorizzata dal pensiero che potesse accadergli qualcosa di male. Amos la squadrò sorpreso. Qualunque cosa avesse visto valeva abbastanza per lei da mettere a repentaglio la sua stessa sicurezza e quella di Layra. Lui l’avrebbe obbligata a parlare. Drew, che era rimasto in disparte fino a quel momento, intervenne chiedendo al sovrano: «Sai cosa successe a lei e ad Anter quando furono uccisi i loro genitori?» «Sì, Carnes me l’ha accennato.» Ally ascoltava senza capire dove volesse arrivare Drew, mentre il cuore le martellava nel petto e il desiderio di riabbracciare suo fratello si faceva ancora più pressante, ora che lo aveva visto. Il ragazzo indicò l’armadio e spiegò: «Da allora Ally ha il terrore di rimanere chiusa in un armadio.» La piccola dai capelli rossi spalancò gli occhi, poi portò le ginocchia al petto affondandovi il viso ed esclamò: «Non dirò una parola!» Amos le afferrò un braccio e la costrinse ad alzarsi. «Che ne dici, Ally? Vuoi rivivere quella giornata? Stavolta però sarai sola.» Ally sentiva il proprio cuore battere all’impazzata, ma non aprì bocca, non avrebbe mai messo in pericolo suo fratello. Drew aprì le ante dell’armadio, ghignando soddisfatto di poter fare del male alla

sorellina di Anter. La catena alla caviglia di Ally si sciolse, poi Amos la spinse in direzione di Drew. «A te l’onore.» Il ragazzo biondo la afferrò per le braccia, poi la sollevò e la spinse crudelmente nell’armadio. «Non ci hai ripensato, vero? Mi toglieresti tutto il divertimento!» Ally perse il controllo, combattuta tra paura e odio, e sollevando un braccio colpì Drew con una gomitata, poi si voltò svelta e gli portò via un pugnale e lo avrebbe accoltellato se lui non le avesse bloccato il polso contro il fondo dell’armadio. «Sei impazzita, Ally?» la schernì lui. «Cosa credevi di fare?» Ally lo ignorò e incrociò lo sguardo di Amos che aveva letto nel suo atto di ribellione molto più di ciò che aveva visto Drew e soprattutto aveva capito che lei non era solo una bambina, non più. Drew, nel frattempo l’aveva lasciata e, dopo averla spintonata, aveva richiuso le ante dell’armadio. Per Ally l’inferno ricominciò. “Non c’è alcun pericolo. È uno stupido armadio! Forza Ally! Sai che è solo un armadio.” si disse lei, per infondersi coraggio. «Dai, Ally! Così mi deludi! Nemmeno un grido?» la beffò Drew dall’esterno. Ally serrò le labbra infastidita e vibrò un calcio alle ante. Drew fece una smorfia contrariata. «Ma che cosa le prende?» sbottò stupito, ricordava fin troppo bene le grida e i pianti della ragazzina quando all’Opposizione aveva subito la stessa tortura. Amos sorrise e decretò: «Crollerà. Forse però ha bisogno di un piccolo aiuto…» Il sovrano poggiò una mano sulla porta dell’armadio e la avvertì: «Ally, sappiamo entrambi che ti arrenderai. Non c’è bisogno di protrarla così per le lunghe…»

«Va’ all’inferno!» urlò Ally, stringendosi le braccia intorno al corpo. Amos sogghignò. «L’hai voluto tu, ricordalo.» Poi mormorò alcune parole in un’antica lingua che non somigliava a niente che Ally avesse mai sentito. Le mise i brividi. Pian piano Ally iniziò a percepire, o meglio, a rivivere quella tremenda giornata dal momento in cui Carnes, il generale degli Elfi Oscuri, dopo aver rinchiuso lei e Anter, appiccò il fuoco alla casa in cui si erano rifugiati. Stavolta però Anter non c’era, non la teneva abbracciata proteggendola da tutto e da tutti. Vide volute di fumo infiltrarsi sotto le ante dell’armadio e arricciarsi intorno a lei, circondandola e soffocandola. Iniziò a tossire. «Basta!» gridò, con gli occhi che le bruciavano. Nessuno le rispose. Il fumo aumentava e il calore delle fiamme stava diventando insopportabile, ne sentiva il ruggito feroce. Stava per supplicare ancora, ma si fermò. “Non lo farò!” pensò lei, tentando di respirare normalmente. “Nulla di tutto questo è reale!” Eppure sentiva l’odore pungente e irritante del fumo, e il calore che le bruciava la pelle. Improvvisamente tutto cambiò. Sentì delle grida, delle voci, dei colpi. Le riconobbe. Erano i suoi genitori, prima che fossero uccisi, mentre combattevano. Era atroce. Lei non ne aveva memoria, era troppo piccola, ma la sua mente conservava una flebile e indelebile traccia di ciò che era accaduto. Il dolore riemerse con una prepotenza inaudita. Non poté più trattenersi. Si rannicchiò sul fondo dell’armadio e cominciò a piangere, mentre il ricordo di ciò che aveva provato, quand’era solo una bambina che si aggrappava alla mano del fratello maggiore, la colpì come un pugno nello stomaco. «No! Per favore, per favore, basta! Non ce la faccio più!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola, le mani premute sulle orecchie per non sentire.

Gli orribili ricordi del ato svanirono, così com’erano apparsi, e le ante dell’armadio si aprirono. Lei si tirò in piedi e in fretta asciugò le lacrime che le bagnavano le guance, tentando di nasconderle ai suoi aguzzini. Amos poggiò le mani ai lati dell’armadio, impedendole di uscire e le chiese: «Non vedi che finisce sempre così? Non puoi opporti.» Ally tremava senza rendersene conto. Drew entrò nella sua visuale, chiedendole: «Ne hai avuto abbastanza, microbo? Parlerai?» La ragazzina stava per dare una rispostaccia ma Amos le ricordò con malcelata minaccia: «Posso farti rivivere tutto un’altra volta, di nuovo e di nuovo. Potrei farti anche di peggio, se non parlerai.» Ally si sforzò di calmare il proprio respiro accelerato, senza successo, poi anche se reticente, iniziò a raccontare ciò che aveva visto, tralasciando il piccolissimo dettaglio che anche suo fratello fe parte della visione. «Che cosa mi nascondi?» le chiese Amos, scrutandola attentamente. «Niente!» protestò lei. «Mi hai già mentito una volta, fallo di nuovo e qualcuno morirà.» la minacciò lui allontanandosi dall’armadio. Ally sgusciò fuori poi, impedendosi di pensare, iniziò a correre. Poco oltre la soglia Drew la afferrò per le braccia, piegandogliele dietro la schiena, e la schernì: «Davvero hai tentato di fuggire, microbo?!» Amos le scoccò un’occhiata irritata. «Non provarci più, ti faresti male.» Poi sogghignò e si rivolse a Drew: «Rinchiudila nell’armadio, poi vedremo quanta voglia avrà di ribellarsi.» Ally gridò e scalciò, ma Drew la spintonò fino a farla cadere in ginocchio nell’armadio. «Ciao, ciao, Ally. Stavolta non arriverà Anter a tirarti fuori dai guai! Sei sola!» gongolò lui, chiudendo con forza le ante e bloccandole con una catena.

*** Da quando aveva ripreso i sensi Layra aveva desiderato solamente poter svenire di nuovo, per azzerare il dolore del suo corpo ferito. Restò immobile il più possibile e ciononostante ebbe la nausea per tutta la notte e per tutto il giorno mentre le ferite pulsavano e la testa le girava. Aveva totalmente perso la cognizione del tempo ed era persa nei suoi pensieri, quando improvvisamente sentì un suono di i. Osservò l’ingresso, mentre la tensione nel suo corpo aumentava per essere rilasciata tutta insieme in un sospiro, quando vide che era solo Coline. Trasportava una bacinella piena d’acqua e un panno bianco, ed era scortata da una guardia che aprì la cella di Layra. «Fa’ presto.» ordinò l’Elfo Oscuro a Coline che annuì rigidamente ed entrando nella cella di Layra, poggiò la bacinella in terra. «Girati.» le sussurrò, poi le aprì il vestito sulla schiena e le ò il panno bagnato sulle ferite per pulirle. «Cosa vuole sapere?» bisbigliò la ragazzina. «I aggi segreti.» rispose Layra a fior di labbra, anche se avrebbe voluto urlare dal dolore. Coline pigiò più del dovuto, strappandole uno strillo. «Non puoi dirgli niente!» «Certo che non gli dirò niente!» protestò lei sottovoce. «Non capisci! I aggi sono troppo importanti, Layra! Dico sul serio.» mormorò Coline, con fare concitato. Layra si voltò, indispettita. «Anch’io dico sul serio!» «Niente chiacchiere.» le ammonì il carceriere e le due sussultarono. La ragazzina abbassò la testa e mormorò pianissimo: «Mi dispiace. Non dovrei dubitare di te, solo che…» «Strano che tu sia sempre tra i piedi!» disse in quel momento la voce di Drew.

Coline sussultò e si voltò in un solo movimento, rovesciando un po’ d’acqua. «Io… io dovevo solo…» «Su! Cammina!» La guardia che l’aveva accompagnata lì la strattonò. Coline ebbe giusto il tempo di riallacciare il vestito di Layra, poi prese la bacinella con dentro il panno e si dileguò, seguita dalla guardia. Drew incrociò le dita e le fece scrocchiare, poi sorrise sornione. «Ti fanno male le ferite, principessina?» Layra si alzò fissandolo e gli chiese più tranquilla di quanto non si sentisse: «Cosa vuoi, Drew? Non hai nessun altro da infastidire? O forse per sentirti forte ti occorre tormentare me?» Il sorriso sparì dal suo volto e lui le si avvicinò con fare minaccioso. «Se fossi in te, terrei a freno la lingua!» «Perché? Cosa puoi farmi che non mi abbiano già fatto?» lo provocò e, quando lui tacque, lei sorrise amaramente. «Se hai finito, quella è l’uscita!» Il volto di Drew si adombrò per la rabbia e in un gesto di stizza afferrò la ragazza per un braccio, strattonandola verso di sé. «Pensi di potermi parlare così? Se non l’avessi ancora capito la tua vita, come quella di Ally, è appesa a un filo!» Le rivolse un sorriso malsano, poi si chinò su di lei e le sussurrò all’orecchio: «A proposito, ho visto Ally poco fa. Avresti dovuto sentire come strillava…» Layra raggelò e chiese agitata: «Cosa le state facendo? Perché? Parla!» Drew rise e replicò beffardo: «Nulla che tu possa impedire! Anche se…» La ragazza si divincolò e allontanandosi da lui lo fissò con odio. «Dove vuoi arrivare?» «Devo sapere come avete fatto a uscire dalle vostre stanze, sia tu sia Ally, e tu me lo dirai.» affermò Drew con sprezzante sicumera. Layra sgranò gli occhi poi, come spinta da un impulso irrefrenabile, iniziò a ridere tra sé e sé, mentre l’arroganza di Drew veniva spazzata via, sostituita da una rabbia cieca. Lui la afferrò per le spalle e la scosse. «Cosa c’è di così

divertente?» «C’è che ho la vaga sensazione che Amos ti abbia incaricato di indagare e tu non abbia la più pallida idea da dove cominciare. Come sto andando?» replicò lei incredibilmente sarcastica. Drew reagì con furia e improvvisamente la spinse con violenza contro il muro. Il contatto tra ferite e pietra obbligò Layra a urlare per il dolore, mentre la vista le si annebbiava. Lui la raggiunse e le sollevò la testa afferrandola per i capelli, mentre la sua voce stillava veleno. «Sei una stupida Layra, una vera stupida!» «Lasciami! Da me non saprai niente!» ringhiò lei. Drew l’attirò a sé e le schiacciò le ferite sulla schiena con le mani. Layra urlò e provò a divincolarsi, ma il dolore non faceva che aumentare. Ebbe un momento di cedimento e si accasciò, sul punto di svenire. «Dimmi tutto e ti lascerò stare.» le promise lui, mellifluo. Layra serrò i denti e si aggrappò alle sue braccia per tirarsi su e guardarlo negli occhi, dove lesse la menzogna, poi pronunciò lentamente: «Forse non hai capito: io non ti dirò nulla!» Lui le rivolse un ghigno cattivo poi incurvando le dita cercò le sue ferite. Layra sussultò e urlò di nuovo, arcuandosi per sfuggirgli, poi però la rabbia per ciò che le stava facendo e per ciò che aveva fatto a lei, ad Ally e ad Anter prese il sopravvento. Radunò tutte le sue energie, sollevò un ginocchio e lo colpì con forza. Drew la lasciò di scatto e si piegò su se stesso in preda al dolore, urlando e imprecando contro di lei. Layra lo ignorò e aggirandolo provò a uscire dalla cella, ma il ragazzo le afferrò una caviglia e la tirò a terra. Lei urlò quando lui la trascinò di nuovo dentro e lottò per potersi allontanare da lui, sicura che avrebbe provato a vendicarsi. Drew si alzò in piedi, il volto deformato dall’ira, poi tra le sue mani materializzò una sfera di fuoco color verde veleno e, prima che la ragazza si rialzasse, gliela

scagliò contro. Layra sussultò quando la sfera si schiantò sul muro alle sue spalle e, vedendo che lui ne preparava un’altra, si tirò rapidamente in piedi, avendo giusto il tempo di schivare la seconda fiammata. «Sei impazzito?» gli urlò lei, tremando per la tensione che il suo corpo stremato doveva sopportare. «Zitta!» sbraitò lui e lei trasalì percependo la violenza del suo tono. Una terza sfera la colse impreparata e le fiamme le morsero una spalla senza pietà, mentre la potenza dell’impatto la scagliava contro la parete. Layra si morse le labbra per trattenere il dolore, mentre delle lacrime involontarie le invadevano gli occhi. Drew le si avvicinò e le sibilò: «Non provare mai più ad opporti a me, la prossima volta non te la caveresti con così poco!» Lei lo guardò disgustata, ma tenne per sé i propri pensieri nella speranza che lui se ne andasse. Sfortunatamente lui sembrava non averne l'intenzione e, rivolgendole un sogghigno, le stuzzicò l’ustione che le aveva causato, poi la provocò: «Adesso mi dirai ciò che voglio sapere o devo continuare a motivarti?» *** Anter sospirò, dopo il suo ultimo e inutile tentativo di addormentarsi. Era pieno giorno e nonostante sapesse di doversi riposare per la missione di quella notte, non riusciva a dormire. Altro sospiro. Era troppo in tensione, non poteva dormire, non con il pensiero che Layra e Ally stessero soffrendo. “Sono stato un vero stupido! Come ho potuto anche solo pensare che non avrebbero fatto loro del male? Non dovevo andarmene!” Questo e altri cupi pensieri lo tennero in uno spiacevole stato di dormiveglia, fin quando non scese la notte. «Sei sveglio?» gli chiese improvvisamente Ilys, anticipata solo da un lieve fruscio. Anter, colto di sorpresa, scattò a sedere con tutti i sensi all’erta. «Che cosa ci fai

qui?» domandò seccato. Lei fece una smorfia, arricciando le labbra per il suo tono sgarbato, poi gli si avvicinò e prese a disegnargli col dito dei cerchi concentrici sulla spalla. Il suo tono fu quasi dolce quando disse: «Lo sai: voglio rendere il resto della tua inutile e breve esistenza un inferno.» Anter si alzò in piedi, sottraendosi al suo tocco. «Insomma! Smettila. Smettila! Non è colpa mia se Iris è morta! Non puoi incolparmi! Non potevo salvarla! Non ho potuto nemmeno salvare mia sorella e Layra!» «Loro sono vive.» ringhiò acidamente Ilys. «Ci volevano vivi! Prenditela con gli Elfi Oscuri!» Anter alzò la voce, esasperato. «Ma qui ci sei tu. Avresti dovuto salvare mia sorella, per questo sei il suo assassino quanto loro.» affermò lei, poi cantilenò: «Assassino, assassino, assassino, assassino, assassino.» Anter strinse i pugni e per un istante desiderò davvero fare qualunque cosa purché la smettesse, anche colpirla. “Non finire nella sua trappola.” si disse mentalmente, quindi assunse un tono fermo, ma calmo. «Smettila di provocarmi.» «Altrimenti? Uccidi anche me?» Lei sogghignò. «No. Smettila, perché non risponderò alle tue provocazioni.» Anter si sentì orgoglioso di se stesso. Lei parve indispettita dalla sua pazienza, poi però sorrise civettuola. «Ho chiesto un po’ in giro della tua Layra. Non credevo fosse la principessa, ma sai cosa? Se tiene a te e se ha lasciato anche lei morire mia sorella, sono contenta che Amos l’abbia presa. Spero che la torturi a morte!» Anter la fissò con odio e, senza rendersene conto, iniziò a stringere l’impugnatura della spada che portava al fianco. Per un solo istante pensò di estrarla e fu proprio questo a fermarlo. Lui non era il tipo da minacciare una persona disarmata, quel genere di atteggiamento apparteneva a coloro che odiava

di più. Lasciò l’arma e stringendo gli occhi, tentò di avere un tono conciliante: «Io non sono come gli assassini di tua sorella e tu non riuscirai a farmi diventare come loro. Adesso dobbiamo andare, abbiamo una missione.» Sperava di averla fatta rinsavire, ma la ragazza lo guardò con un sorriso arrogante. «No, non sei come loro, ma va bene così. E sai perché? Non potrei far soffrire loro come sto facendo soffrire te. Pagherai tu per l’assassinio di Iris!» Poi si voltò e se ne andò. Anter prese un profondo e tremante respiro; non era sicuro di riuscire a sopportarla e sapeva che lei non avrebbe desistito. Iniziava anche a credere che fosse totalmente pazza, ma aveva cose molto più importanti di cui preoccuparsi. Quando raggiunse il punto d’incontro non fu l’ultimo ad arrivare, mancava ancora Artis, che voleva vederli prima che partissero. Qualunque fosse il motivo, Anter sperò che si sbrigasse, fremeva per partire; se fosse dipeso da lui non lo avrebbero aspettato. «Sembri nervoso.» Anter si voltò sorpreso verso Sean, uno dei gemelli, che lo aveva affiancato e la bugia gli scivolò in fretta tra le labbra, lasciandovi un sapore amaro. «Non è vero, non lo sono.» Il ragazzo sorrise e sollevò le spalle. «Non devi mentire a me, ma ad Artis. Respira ogni tanto, Anter.» Anter lo guardò perplesso per quel consiglio non richiesto, poi però vide avvicinarsi il capitano e si obbligò a respirare e a sembrare calmo. «Siete tutti pronti?» Anter soffocò fra le labbra una risposta acida e insieme agli altri annuì, mentre Artis li guardava tutti con compiacimento, come se il merito di ciò che loro erano in procinto di compiere fosse suo. «Sapete tutti cosa fare. Andate e ricordate: siete guerrieri, non martiri.» affermò il capitano, quindi rivolse un sorriso d’incoraggiamento a tutti loro e li congedò:

«Siate uniti e tornate vincitori!»

Capitolo 6

Nell’oscurità della notte senza luna, illuminati solo dalle stelle, i sei Elfi della Luce discesero con i propri cavalli i versanti del monte sul quale si erano rifugiati coloro che ancora volevano opporsi ad Amos e alla sua tirannia. Anter era in testa. Non sapeva se Artis avesse detto agli altri della spedizione di dare a lui il comando o se questi lo avessero fatto spontaneamente, ma non gli importava. Sapeva cosa doveva fare e nulla lo avrebbe fermato. Sperava solo che i suoi compagni lo seguissero. Lasciarono i cavalli appena il percorso divenne meno impervio e costeggiarono a piedi la rigogliosa foresta per evitare di allertare gli Elfi Oscuri e per nascondersi nel caso li avessero individuati. Trascorsero quasi due ore prima di arrivare nei pressi del castello, tuttavia si concessero un paio di pause per non giungere sfiniti a destinazione. Anter si voltò verso l’accampamento che avevano lasciato, sorridendo interiormente per la vicinanza con i loro nemici. Erano proprio sotto il loro naso e mentre loro li reputavano sconfitti e prostrati, i ribelli si stavano riorganizzando per riprendersi i loro affetti e la loro patria. Quando si girò verso il gruppo che era con lui, esordì: «Ricordate tutti il piano?» Annuirono in silenzio. «Bene. Dimenticatelo.» «Cosa? Perché?» chiese Diane, mentre il vento giocava con alcune ciocche dei suoi capelli castani. «Non ha senso.» concordò con lei Sean, confuso. Avevano tre anni più di Anter, che però sorrise loro come se fossero stati dei bambini, e spiegò con calma: «Ne ha invece. Ho fatto in modo che Ally prevedesse il nostro arrivo per l’ingresso principale, perciò ora cambieremo totalmente il nostro piano.»

Rock sorrise. «Per questo hai proposto un primo piano fallimentare e semplicistico.» «Per far credere loro che siamo solo dei ragazzini sbandati, sì. Inoltre così non ci reputeranno una minaccia e pattuglieranno maggiormente solo il punto da cui credono eremo. Si sentiranno al sicuro, perché pensano di sapere cosa abbiamo in mente.» confermò Anter. «Come sai che non prevedranno anche questo?» «L’abbiamo deciso solo adesso, da ora mia sorella potrebbe vederlo, quindi sbrighiamoci!» affermò il ragazzo, poi diede istruzioni: «Ci divideremo in tre coppie. Rock, Rowan, rimarrete fuori dalle mura; Ilys, Sean, aspetterete a metà tragitto mentre Diane ed io saremo vicino all’ingresso laterale delle segrete. Gli arcieri copriranno il proprio compagno. Sean, Rowan, al mio segnale, voi dovrete avvicinarvi e prendere le mappe. Se dovessero scoprirci, è meglio che non trovino le carte. Tutto chiaro?» «Sì, Anter, tranne… come entriamo? Non possiamo are per le entrate, nemmeno quelle laterali, mi sembra ovvio.» chiese Rock. «Rowan, fagli vedere!» propose Anter con un sorriso. Il ragazzino si avvicinò al muro di cinta e vi poggiò le mani poi pian piano, sotto gli occhi di tutti, la pietra si modellò e formò delle scale. «Come torneremo indietro?» domandò Ilys, acida. «Da quell’albero.» rispose pronto Anter, indicando i rami di un albero dall’altro lato della muraglia. «Domande?» chiese poi il ragazzo. Tutti scossero la testa e Anter sorrise. «Bene. Iniziamo!» Anter, Diane, Sean e Ilys entrarono e appena furono sulla cima della muraglia le due ragazze eliminarono quattro guardie con delle frecce. «Via libera.» sussurrò Diane. I ragazzi saltarono giù e, al riparo degli alberi e dei cespugli, si avvicinarono rapidamente al castello.

«Sean, Ilys, voi fermatevi qui. Diane, con me.» stabilì Anter, fermo dietro alcuni cespugli. “Ora viene il difficile.” pensò il ragazzo, vedendo i metri senza riparo che avrebbero dovuto attraversare. «Diane? Guardami le spalle.» «Tranquillo.» rispose lei, incoccando una freccia. Anter si alzò in piedi e iniziò a correre verso la porta, seguito dalla ragazza, ed entrambi si schiacciarono contro il muro. «Aspettami qui. Ci metterò poco.» promise lui, poi poggiò una mano sulla porta, che non dovette nemmeno essere forzata: era semplicemente socchiusa. In effetti, i prigionieri non potevano fuggire e chi avrebbe mai pensato che qualcuno potesse infiltrarsi nelle segrete da cui tutti volevano evadere? “Bene, più si sentono al sicuro, più vantaggio avremo.” pensò, mentre avanzava rapido lungo il corridoio deserto, con una mano sulla spada, pronto a estrarla alla prima necessità. «Anter?» Il ragazzo sobbalzò e sfoderò la spada contro una ragazzina con i capelli neri. «Coline, mi hai spaventato!» protestò, rinfoderando l’arma. «Tutti ti credono morto!» affermò lei con gli occhi sbarrati, poi borbottò: «Artis non me lo aveva detto.» «Le mappe, Coline.» La ragazzina estrasse da sotto la veste delle carte. «Tieni.» Anter le assicurò nello zaino scuro che teneva su una spalla e domandò: «Dov’è Layra?» «Anter…» «Dov’è?» chiese lui a denti stretti. «Nelle segrete, in fondo.» rispose Coline a capo chino. Quando lo rialzò, il ragazzo non era più lì.

“Farò presto. Devo solo vedere come sta.” si disse Anter, ma appena arrivò davanti alla cella della ragazza sentì il respiro mozzarsi in gola. «Layra.» sussurrò sconvolto nel vederla addormentata in quella cella, piena di ferite, lividi e ustioni. Restò a contemplarla per alcuni secondi, poi i suoi occhi percorsero le sbarre. E se avesse tentato di aprirle? Sarebbe scattato un qualche allarme magico, qualcuno se ne sarebbe accorto? Avrebbe vanificato tutto, non poteva rischiare, per quanto fe male dover fare ciò che doveva. Si costrinse a voltarsi, nel tentativo di convincersi a lasciarla lì, quando la sentì mormorare: «Aiuto, Anter, aiutami… dove sei?» Il ragazzo si girò verso di lei, che parlava nel sonno mentre il bel viso le si deformava per l’angoscia. «Layra.» mormorò lui, avvicinandosi alla cella. «Sono qui.» La ragazza aprì gli occhi. Impiegò un po’ per mettere a fuoco il ragazzo e realizzare che fosse realmente lì, però poi sussurrò: «Sei venuto. Lo sapevo che non potevi essere morto! Lo sapevo!» Anter la raggiunse e chinandosi davanti a lei le tese le braccia. Layra si trascinò sino alle sbarre, poi gli prese le mani e le strinse forte. «Come sei entrato? Cosa ci fai qui?» Poi però aggiunse in fretta: «No, non dirmi nulla. Non so quanto resisterò alle torture di Amos e non si può rivelare ciò che non si sa.» Anter la guardò con ammirazione misto a rammarico, poi la abbracciò cercando di non toccarle le ferite. Lei gemette e sospirò nello stesso istante ma, nonostante il dolore, non si allontanò. Finalmente si sentiva di nuovo intera e al sicuro, e la morsa della paura si allentò, permettendole di respirare di nuovo. Sollevò il viso verso di lui e gli sorrise, poi chiuse gli occhi quando le loro labbra s’incontrarono in un bacio dolce e al tempo stesso terribile, mentre le fredde sbarre che li dividevano premevano sui loro volti, come un crudele promemoria. «Cosa ti stanno facendo? Perché?» le chiese Anter, sfiorandole il viso con una mano. «Amos ha quasi scoperto l’esistenza dei aggi segreti e sa che io e Ally gli

nascondiamo qualcosa.» rispose Layra, baciandogli dolcemente il palmo della mano. Anter la guardò negli occhi e provò quasi un dolore fisico per non poter restare con lei e proteggerla e sostenerla. Gli era mancata terribilmente, così tanto che adesso gli sembrava impossibile che fosse sopravvissuto senza di lei. «Vorrei poterti portare via immediatamente.» mormorò, sconfitto. «Lo so e so che non puoi.» replicò lei, poi continuò più dolcemente: «Lo capisco. Non possiamo mettere in pericolo tutti coloro che sono prigionieri qui.» Anter chiuse gli occhi e soffocò una risata amara. «Dovrei essere io a consolarti, non il contrario.» «Sei venuto, per me è già tantissimo.» disse lei, poi aggiunse concitata: «Ora però devi andartene, Anter. Non possono prenderti, Ally ed io non sopravvivremmo se ti uccidessero.» La voce le si ruppe alla fine e gli occhi le si inumidirono. Anter prese un respiro profondo e domandò con voce leggermente arrochita: «Ally come sta?» «Non lo so.» ammise Layra, poi chinò la testa. «È sicuramente spaventata. Avrei voluto proteggerla di più.» Anter la baciò ancora rassicurandola: «Sei perfetta così.» Layra rise a bassa voce e commentò ironica: «Oh sì, in questo stato sono proprio perfetta!» Il ragazzo prese dallo zaino un barattolo circolare e sorrise mostrandoglielo. «Questa ti aiuterà.» Layra riconobbe la crema verde curativa e sentì le lacrime riempirle gli occhi, poi però protestò: «Se le mie ferite sparissero capirebbero che qualcuno…» «Ti prego, lasciamelo fare. Non riuscirei ad andare via altrimenti.» la interruppe Anter, poi le sorrise. «Voltati.»

Lei obbedì e lo sentì sbottonarle il vestito sulla schiena, rivelando le piaghe lasciate dalle frustate. «Queste sono davvero brutte.» lo sentì sussurrare, poi il ragazzo iniziò a spalmarle delicatamente la crema, che quasi subito calmò il dolore, iniziando a rigenerare la pelle ferita. Layra sapeva che presto non sarebbe rimasto nulla, nemmeno una cicatrice e si chiese come avrebbe potuto spiegarlo. «Fortuna che non si sono infettate. Cos’altro ti hanno fatto?» chiese lui, massaggiandole piano la pelle. Layra esitò poi con un sospiro mormorò: «Drew… Drew ha…» le si spezzò la voce. Anter le richiuse il vestito e la fece voltare. «Drew ha fatto cosa?» chiese lui, trattenendo a stento la rabbia mista a preoccupazione. «Voleva informazioni sui aggi segreti, ma la situazione è degenerata. Mi ha attaccato con delle sfere di fuoco.» rispose lei con un fil di voce. Anter rimase immobile mentre una gelida ondata d’ira lo travolgeva. “Respira. Anter, respira.” si disse lui, mentre orribili pensieri omicidi prendevano forma nella sua mente e la situazione peggiorò quando nella penombra vide il vestito della ragazza bruciacchiato in alcuni punti. «Anter» Layra gli sorrise dolcemente e gli prese il viso tra le mani, obbligandolo a guardarla in volto. «Ormai è ato, sono sopravvissuta. Continuerò a sopravvivere.» Lui guardò in quegli occhi ancora pieni di luce e speranza e capì che lo avrebbe ucciso se quella luce si fosse spenta. Prese altra crema e con le dita le sfiorò le ustioni, carezzandole la pelle, mentre con l’altra mano stringeva quella della ragazza, che si morse le labbra per non strillare. Si concentrò sulle dita del ragazzo che lentamente risalirono fino al suo viso, accarezzandoglielo teneramente e lei si beò di quel contatto. «Cosa sta succedendo?»

Layra sussultò e spalancò gli occhi e Anter s’irrigidì, poi entrambi si voltarono verso l’altra cella, dalla quale Gwin li fissava sbalordito. Afferrò le sbarre e si rivolse ad Anter: «Facci uscire!» «Non posso.» replicò il ragazzo, guardando i segni di percosse sull’uomo con cui aveva avuto talmente tanti alti e bassi da non sapere più come considerarlo: mentore, oppositore, amico, nemico, alleato. «Maledizione, ma allora cosa fai qui?» Anter lo fissò con sguardo duro e Layra sospirò, quindi lei si alzò e con il barattolino di crema tra le mani si avvicinò all’altra cella e la tese verso di lui. «Questa curerà le tue ferite. Prendila.» «Perché? Io non ti ho aiutato.» sbottò Gwin con ferocia. La ragazza non ritirò la sua offerta, consapevole di quanto la paura potesse piegare la volontà delle persone e obbligarle a scelte non proprio onorevoli. «Non l’hai aiutata?» domandò Anter, fissandolo con disprezzo. «Sei rimasto a guardare?» «Cosa potevo fare, secondo te?» si difese Gwin con foga, poi aggiunse: «Tu dov’eri?» «Basta così, tutti e due!» li interruppe Layra e quando Gwin incrociò i suoi occhi lei gli tese ancora la crema. «Prendila.» Lui chinò lo sguardo e con mano tremante prese un po’ di crema curativa, poi si rintanò nell’angolo della sua cella. Layra tornò ad accoccolarsi di fronte ad Anter che le domandò: «Perché lo hai fatto? Lui non se lo merita!» Lei gli sorrise e gli rispose: «Anter, tu non sei così. Potevo aiutarlo e dovevo farlo, proprio come tu hai aiutato me quando per te ero solo una ragazza priva di sensi rapita dai demoni. Ricordi?» Anter restò in silenzio e si chiese se quel ragazzo esistesse ancora dentro di lui. Quel ragazzo aveva così tanta fiducia in tutto e in tutti, una fiducia che lui

sentiva di non avere più. Poi c’era lei, Layra, che aveva ancora tutta quella forza dentro di sé e che, nonostante tutte le difficoltà, trovava il modo di restare sempre fedele a se stessa. Anter sospirò e, appoggiandosi alle sbarre, sfiorò la fronte di Layra con la propria. «Hai ragione. Vedi che ho bisogno di te? Non posso andarmene senza di te.» Layra sentì gli occhi inumidirsi, tuttavia si obbligò a parlare con sicurezza: «Devi andartene.» «Ti amo.» le mormorò lui e lei sentì le sue parole sulle labbra. Le lacrime iniziarono a scorrere sul volto della ragazza eppure lei tornò a ripetere: «Vai. Devi andare, prima che ti scoprano. Vai, Anter.» Lui l’abbracciò come meglio poté e lei sussurrò: «Ti amo tantissimo, però adesso devi andare.» Lo guardò negli occhi e lo pregò: «Sii prudente, non devono prenderti.» Anter la baciò ancora una volta, poi si tirò in piedi e si costrinse a indietreggiare. «Tornerò. Tornerò presto a prenderti!» Layra continuò a piangere anche dopo che se ne fu andato, poi iniziò meticolosamente a spalmarsi la crema sulle ferite per tenere le mani e la mente occupate. Nonostante tutto era felice, pazza di gioia, ora sapeva che Anter era vivo e stava bene. *** Anter uscì imprudentemente dalla porta delle segrete, con la mente e il cuore ancora nelle profondità delle prigioni, e all’improvviso si ritrovò Diane davanti, a poca distanza, che gli puntava contro una freccia. Non fece nemmeno in tempo a gridare il nome della ragazza che lei scoccò. Lui sentì la freccia fischiare accanto al proprio orecchio, ma non venne colpito e girandosi di scatto vide un Elfo Oscuro in terra, morto con una freccia in mezzo alla gola. «Ottima mira. Lo sai che mi hai sfiorato?»

Diane sorrise. «Certamente. Avrei potuto spostare di alcuni gradi la freccia, ma avrei potuto mancarlo e tu avresti potuto fare a meno di un orecchio. Scherzo!» «Rassicurante… Abbiamo compagnia!» esclamò Anter, sfoderando la spada mentre tre soldati andavano loro incontro a spade sguainate. Diane lo fermò e, sotto lo sguardo annichilito di Anter, incoccò tre frecce contemporaneamente, poi le scoccò e colpì in pieno i tre soldati tutti al collo. «Perché la gola?» chiese Anter, parecchio colpito. «Niente grida e morte certa.» rispose lei distaccata. «Giusto.» annuì il ragazzo. «Scioccato?» Gli sorrise dolcemente. «Non credo ci sia qualcosa che possa ancora scioccarmi.» Lui scosse la testa, con il cuore ancora con Layra. «Come stanno loro?» domandò Diane scrutandolo. Anter s’irrigidì e stava quasi per negare, quando la ragazza gli sorrise di nuovo senza malizia alcuna. «Se mio fratello, o comunque qualcuno che amo, fosse prigioniero là dentro farei saltare tutto per aria pur di vederlo. Nessuno potrebbe fermarmi.» Lui accennò un sorriso spossato e mormorò: «Layra è ancora viva. Non sono riuscito a vedere mia sorella.» Diane gli strinse una spalla con solidarietà e Anter si sentì orribile; mentre lui era con Layra, Diane e tutti gli altri avevano rischiato di essere catturati o uccisi a causa sua. Il ragazzo si riscosse e affermò: «È ora, chiamalo.» Diane annuì e chiuse gli occhi, collegandosi con il fratello gemello per via telepatica. “Sean, adesso!” “Coprimi tu.” rispose lui, in tono molto seccato.

«Qualcosa non va.» mormorò Diane, riaprendo gli occhi e preparando una freccia. Anter serrò l’elsa della spada. «Cosa?» «Non lo so.» Sean corse verso di loro che lo raggiunsero a metà strada, quando improvvisamente una freccia quasi lo colpì alla spalla. «Un arciere ci ha individuato!» disse Diane. «Dov’è Ilys?» «È sparita.» sbottò Sean. Diane spinse Anter a terra e un secondo dopo una freccia si conficcò ai piedi del ragazzo. La ragazza mirò e scoccò la propria freccia, poi imprecò tra i denti. «L’ho solo ferito! Darà l’allarme! Andiamo via!» «No.» Sean la fermò, poi chiuse gli occhi per concentrarsi, quindi si sdoppiò e il suo doppio andò a velocità supersonica sul tetto da dove era partita la freccia. Tornò dopo pochi istanti dentro il proprio corpo e affermò: «L’ho sistemato! Adesso andiamo!» Anter li seguì, chiedendosi inquieto dove si fosse cacciata la ragazza che aveva giurato di rovinargli la vita. Appena i ragazzi furono al riparo di alcuni cespugli, trovarono Rowan ad aspettarli lì, con in viso un broncio poco consono al suo carattere allegro. «Rock mi ha piantato in asso.» li anticipò il bambino. Anter sgranò gli occhi e sbottò: «Cosa credono lui e Ilys, di essere a una scampagnata?» Subito dopo si zittì, consapevole che anche lui non aveva rispettato appieno il piano della missione, tuttavia non capiva come la loro assenza potesse essere giustificabile.

«Ci penseremo dopo, ora mettiamo in salvo le mappe e noi stessi.» disse Sean. «Forse dovrei aspettarli.» propose Anter, dubbioso. «Non se ne parla! Tu torni con noi.» lo rimbrottò Diane. «Andiamo tutti? Il piano era…» iniziò Rowan. «Non ce l’abbiamo più un piano.» tagliò corto Sean. I quattro si avviarono verso l’albero e Diane fu la prima a salire, nonostante le proteste dei ragazzi, poi appena fu sul muro di cinta, incoccò una freccia pronta a proteggere il gemello e gli amici. I ragazzi la raggiunsero e scesero di corsa. «Rowan riporta il muro alla normalità.» disse con urgenza Anter, appena Diane fu scesa. Il bambino poggiò le mani sulla muraglia poi iniziò a concentrarsi. Dopo alcuni secondi esclamò agitato: «Non ci riesco!» «Rilassati. Puoi farcela.» lo incoraggiò teneramente Diane, arruffandogli i capelli. «Ci troveranno.» mormorò Anter, sentendo movimento dall’interno. «È colpa mia.» «No.» lo contraddisse Sean, mettendogli una mano sulla spalla. «Non lo è. Dovevi farlo, è assolutamente normale, io lo avrei fatto.» Anter lo guardò negli occhi castani, limpidi e annuì. «Grazie. Significa molto per me.» Finalmente Rowan riuscì a sanare il muro, cancellando le tracce del loro aggio e Diane lo prese per le spalle, esclamando: «Andiamocene!» «E Rock e Ilys?» chiese il ragazzino. «Li aspetteremo vicino ai cavalli, al riparo.» rispose Anter.

Poi i quattro si defilarono, senza voltarsi nemmeno per un istante: presto gli Elfi Oscuri si sarebbero accorti dei corpi delle guardie e li avrebbero braccati. *** Nel frattempo nella sala del trono, ombrosa rispetto ai tempi felici in cui era appartenuta agli Elfi della Luce, il sovrano degli Elfi Oscuri si stava apprestando a raggiungere l’ingresso principale del palazzo, per verificare la veridicità della visione di Ally e catturare gli intrusi, quando qualcuno apparve sul balcone esterno alla sala. «Chi c’è?» chiese Amos in tono inquisitorio, avvertendo le vibrazioni emanate dalla magia. «Non c’è bisogno di agitarsi tanto. Sono… come dire? Penso che “alleato temporaneo” per ora vada bene.» rispose la voce dall’ombra. Nonostante la stanza fosse illuminata dal fuoco nel camino e dalle torce, il balcone rimaneva buio come la notte. «Non direi proprio, per me sei un morto che cammina.» replicò Amos con ostilità estraendo la spada. «Puoi uccidermi… ma poi come potrei dirti chi si sta infiltrando qui, senza che nessuno lo fermi?» chiese la voce misteriosa, con una punta di trionfo. «Perché dovrebbe interessarmi?» «Mah! Forse perché tra loro c’è qualcuno che conosci.» lo provocò la voce, conscia che se il sovrano avesse voluto annientarla l’avrebbe già fatto. «Chi è? Parla se non vuoi morire!» «No, i morti non possono parlare.» gli ricordò la voce. «Ti posso rivelare molte cose, ma ho una condizione.» Amos abbassò leggermente la spada e digrignò i denti con rabbia al pensiero di doversi abbassare a trattare con uno sconosciuto. «Dimmi chi è entrato qui e, se non ti ucciderò, mi dirai la tua condizione.» «Non lo immagini, vero? Già, tu lo credi morto, ma il giovane Anter Syrel ha la

pelle dura a quanto pare.» Calò un silenzio tombale. Amos aveva capito benissimo che Ally aveva taciuto parte della sua visione, eppure il pensiero che stesse proteggendo il fratello non lo aveva sfiorato, perché Anter Syrel doveva essere morto. Il sovrano dovette riconoscere che l’informazione era più che interessante, sempre se fosse stata vera, così rinfoderò la spada e indagò: «Cos’altro sai?» «Per ora poco. Presto però saprò molto di più. Una piccola garanzia per sapere che non mi ucciderai.» ribatté la voce astutamente. Amos con una smorfia contrariata, chiese: «Qual è la tua condizione?»

Capitolo 7

Amos si diresse rapidamente nelle segrete, guidato da una furia indicibile. Non si accorse nemmeno che, per una volta, tutti i prigionieri tacquero al suo aggio, quasi potessero avvertire l’aura minacciosa che lo circondava. Il sovrano arrivò di fronte alla cella di Layra e domandò con voce terribile: «È stato qui?» «Chi?» chiese lei ritraendosi, spaventata dal suo tono. Amos la spinse contro la parete con la forza del pensiero e la costrinse ad alzare le braccia intrappolandole i polsi nelle apposite fascette di metallo. La ragazza non emise nemmeno un fiato. «Layra, rispondi!» le ingiunse con aria minacciosa. «Anter è stato qui?» La ragazza sgranò lentamente gli occhi, mentre il cuore cominciava a tamburellarle furiosamente in petto. “Come lo ha scoperto?” si chiese frastornata. «Anter? Avevi detto che era morto.» mentì lei, riuscendo a farsi venire facilmente le lacrime agli occhi, tanta era la paura. Amos comandò mentalmente alle sbarre di aprirsi, poi le si avvicinò e alzò una mano per colpirla, però non lo fece. Rimase a fissare il suo diadema con aria confusa, come se non lo avesse mai visto prima. «Cosa è successo qui, Layra?» «Non capisco di cosa parli.» replicò lei, sincera. Stavolta lui la colpì e alzò la voce: «È stato qui! Quel maledetto moccioso mi è sfuggito di nuovo! Dimmi cosa è venuto a fare! Raccontami tutto.» Layra scosse la testa e serrò le labbra. Con la coda dell’occhio vide Gwin avvicinarsi alle sbarre e guardarle la fronte e tanto fu il suo stupore che mormorò trasognato: «La parte centrale è di nuovo azzurra!» A Layra occorsero pochi secondi per ricordare le carezze di Anter e in

particolare quando lui aveva poggiato la fronte sulla sua e il calore che ne era derivato. In quel momento non l’aveva notato, eppure quella era l’unica spiegazione plausibile, doveva essere stato il contatto con Anter a riportare parte del suo diadema alla normalità, sebbene lei non riuscisse a capire come fosse possibile. Amos infuriato si voltò verso Gwin e, senza una parola, gli scagliò contro delle sfere scure che si ampliarono, circondando l’uomo e stritolandolo senza pietà. «Fermo, lo ucciderai! Basta!» urlò Layra, sconvolta. Amos la fissò con odio e replicò freddo e lapidario: «Avresti dovuto rispondermi.» Gwin morì sotto lo sguardo inorridito della ragazza, che lanciò un grido quando l’uomo si accasciò sul pavimento con gli occhi spalancati e privi di vita. Amos le prese il mento e la costrinse a guardarlo negli occhi. «Lo hai ucciso.» mormorò lei sotto shock, incredula di ciò che era accaduto sotto il suo sguardo in pochi istanti, disgustata da come quella vita fosse stata spezzata così irrispettosamente, come se non avesse avuto alcun valore. «Sì e ti dirò di più: Ally non si sta comportando affatto bene, continua a mentirmi, e se tu non risponderai alle mie domande, allora morirà anche lei!» le disse lui in tono crudele. Layra socchiuse gli occhi per sfuggire al suo sguardo. Che cosa doveva fare? Tradire Anter, per salvare Ally? O mettere in pericolo Ally, per proteggere Anter? Non era una scelta che poteva prendere. Amos le sfiorò il diadema nella parte colorata, poi staccò le dita come se si fosse bruciato e Layra sussultò perché avvertì una fievole scintilla di potere dentro di sé, il suo potere, quello degli Elays, che non aveva più percepito da quando il suo diadema era stato annerito. «So che Anter è entrato qui, anche se non ho idea del perché e tu dovrai dirmelo!» le intimò Amos. Layra rialzò lo sguardo e replicò: «Questo non lo so nemmeno io.» Poi aggiunse

con una punta di soddisfazione: «Anter voleva dirmelo, ma io gli ho suggerito di non farlo. Non puoi farmi dire ciò che non so!» Amos la osservò infastidito, però sorrise nel dire: «Sappiamo entrambi che lui tornerà per te e per Ally. Sta’ sicura che quando lo farà, lo ucciderò con le mie mani.» Layra ricambiò il suo sguardo infuriata ed esclamò con rinnovata energia: «Fallo e sarò io a uccidere te! Non avrei più niente da perdere!» «Ti senti forte adesso che lo hai potuto vedere, vero?» ribatté lui, poi indicò il corpo di Gwin e aggiunse: «Non dimenticare però che mi basta fare un gesto per far morire qualcuno!» Layra chiuse gli occhi e voltò il capo. «Smettila, non voglio sentire!» «Ah, non vuoi sentire? Ti spaventa la realtà, principessa? Inizi a capire che non potrai mai fuggire di qui? Inizi a rassegnarti?» Layra sentì il coraggio sfuggirle tra le dita e per un istante ebbe voglia di scomparire, eppure non era ancora pronta ad arrendersi. «E tu invece? Quando ti rassegnerai? Quando capirai che non potrai mai vincere?» chiese lei con foga. «Io ho già vinto, Layra.» replicò lui, sfiorandole una guancia in un’ironica carezza che lei tentò di schivare, allora lui sogghignò. «Tu invece perderai tutti quelli cui tieni, te lo prometto. Ucciderò tutti quelli che ami, fino a lasciarti completamente sola!» Layra si meravigliò di riuscire a frenare le lacrime, forse l’orrore cui era stata sottoposta era talmente grande da impedirglielo. Tuttavia sentiva quelle parole crudeli artigliarle l’anima, mentre la paura le serrava lo stomaco in una morsa. Lui sarebbe stato capace di farlo, senza alcuna esitazione, cominciando proprio dalla piccola Ally. “E pensare, Layra, che sei stata tu a rovinare tutto. Se tu fossi stata meno ribelle, io non sarei costretto a uccidere tante persone.” le sussurrò perfidamente Amos col pensiero. Layra gli scoccò un’occhiata d’odio e ringhiò: «Esci dalla mia mente.»

Lui sorrise malignamente, facendo scorrere dei gelidi brividi di paura lungo il corpo di Layra. “Non prima di averti mostrato una cosa. Chiudi gli occhi, principessa, e grida, se ti farà sentire meglio!” le disse, poi iniziò a proiettare nella sua mente tremende immagini di morte di persone che lei amava, come Ally e Anter, ma anche di persone che lei non conosceva e sembravano così reali da lasciare in lei una scia di dolore. Lei non emise nemmeno un suono, in compenso iniziò a piangere silenziosamente e continuò anche quando le immagini scomparvero. «Vedi? Posso farti male anche così e tu non puoi fare assolutamente niente per fermarmi.» Layra riaprì gli occhi solo quando fu sicura che se ne fosse andato, lasciandola legata alla parete in preda all’angoscia e all’orrore, eppure il primo pensiero coerente che riuscì a realizzare non fu per se stessa, ma per Anter. Come aveva fatto Amos a scoprire che lui era stato lì? Sicuramente Ally, se anche avesse previsto l’arrivo del fratello, non lo avrebbe mai tradito, di questo Layra era certa, tuttavia ciò lasciava aperte altre possibilità, ben più spaventose. Qualcuno di cui Anter si fidava lo aveva tradito e ciò significava che lui non era al sicuro e lei non poteva fare nulla per avvertirlo. *** Il gruppetto capitanato da Anter percorse senza fermarsi la strada che portava a una piccola grotta alle pendici dei monti, dove avevano lasciato i cavalli, accompagnati dai latrati dei cani e dal rumore di cavalcature alle loro spalle. Li stavano cercando e loro non sapevano nemmeno se Ilys e Rock erano stati catturati. Dopo una terribile marcia forzata, la protezione della piccola caverna fu molto gradita a tutti loro che ne approfittarono per riprendere fiato e aspettare Ilys e Rock. Anter era sempre più preoccupato e aveva notato che anche i gemelli non sembravano tranquilli, sebbene fero del loro meglio per nasconderlo. Sean si era seduto accanto a Rowan e stava facendo di tutto per distrarlo, mentre Diane si era posizionata vicino all’ingresso della grotta, in modo da vedere chiunque si avvicinasse. «Stanno arrivando Ilys e Rock, finalmente.» La voce di Diane interruppe il vocio

di Sean e Rowan, i quali s’incupirono e il bambino borbottò: «Non si fa così, però. Insomma, hanno rischiato di farci ammazzare tutti!» Anter abbassò la testa, perché anche lui aveva rischiato la stessa cosa, in fin dei conti. Rowan lo notò e aggiunse: «Anter, non ce l’ho con te! Tu dovevi aiutare Layra, ma loro? Quale scusa hanno?» Il ragazzo sollevò lo sguardo e chiese sorpreso: «Sapevate tutti ciò che avevo intenzione di fare?» «Non era difficile immaginarlo.» Sean gli sorrise. I due ritardatari entrarono insieme nella grotta e Rock domandò: «Ci siamo tutti?» Nessuno gli rispose e Anter, andando loro incontro, chiese con una punta d’irritazione: «Dove siete stati?» «Torniamo alla base.» tagliò corto Rock, montando a cavallo e partendo senza aspettare nessuno di loro. «Ilys?» indagò ancora Anter, mentre una spiacevole sensazione gli serpeggiava su per la schiena. «Non so dove sia stato lui… Io mi sono dovuta allontanare.» rimase sul vago lei. «Potresti essere più precisa?» «Dovevo vendicare almeno in parte l’omicidio di mia sorella! O avrei dovuto uccidere te!» rispose lei sottovoce, con le lacrime che le inumidivano gli occhi. Anter tacque, sorpreso da quella reazione, poi però annuì cupamente. In fin dei conti la poteva capire, quando aveva visto Layra in quelle condizioni avrebbe voluto cercare e uccidere ogni Elfo Oscuro. “Se lei, o Ally, fosse morta forse lo farei!” pensò con un brivido di disgusto. L’ultima cosa che voleva era avere il bisogno di uccidere, di vendicarsi, perché sapeva che alla fine si sarebbe trasformato in qualcosa di molto simile ai suoi nemici.

Il viaggio di ritorno fu cupo e permeato da silenzi sgradevoli, nonostante il sole fosse ormai sorto a rischiarare le tenebre della notte e la loro missione fosse riuscita, tutti sembravano perseguitati dai propri fantasmi. Quando arrivarono nel complesso di grotte, dopo essere smontati da cavallo, Anter vide Artis andare loro incontro e fissarlo con sguardo cupo, allora intuì che, dalla sua cella nelle segrete, lo avesse visto disobbedire ai suoi ordini. Sospirò scoraggiato, non aveva alcuna voglia di ascoltare i rimproveri di quell’uomo. Il capitano si fermò di fronte a lui e, scuro in volto, domandò in tono asciutto: «Le mappe?» «Sono qui.» rispose Anter sfilandosi lo zaino, riluttante a lasciarlo, ma Artis glielo strappò di mano e lo consegnò a Rock perché lo portasse via. Anter restò a guardare mentre l’unico modo per salvare Layra e sua sorella si allontanava e si pentì di non aver studiato le mappe prima. I pensieri di Anter furono interrotti dal tono brusco e irato di Artis che gli ordinò: «Vieni con me, tu. Devo parlarti!» «Cosa succede?» s’intromise Sean con un sorriso scanzonato, ponendo un braccio sulle spalle di Anter, che lo guardò sorpreso. Artis fissò il nuovo venuto infastidito, eppure tentò di sorridere. «Nulla di importante. Devo solo scambiare due chiacchiere con Anter.» «Bene, allora sentiamo.» ricambiò Sean, fingendo ancora di non aver colto il tono alterato del capitano che replicò duramente: «In privato.» Sean stava per ribattere ancora, ma Anter sospirò esasperato e disse: «D’accordo, andiamo.» Artis voltò loro le spalle e si avviò, mentre Sean sollevava le sopracciglia, guardando Anter che gli sorrise rassegnato. «Non sarà così terribile, spero solo che la ramanzina non duri a lungo.» «Meriteresti un encomio, altro che ramanzina.» sbottò Sean, mentre Anter si allontanava per raggiungere Artis che lo aspettava fuori dalla casa di pietra assegnata a lui.

«Artis, posso spiegare…» iniziò il ragazzo una volta che furono dentro, ma il capitano gli scagliò contro una folata di vento che lo fece volare contro il muro e lo mise a tacere. «Sei un idiota! Uno stupido ragazzino egoista! Io ti ho dato fiducia! Ti ho affidato delle vite, a una sola condizione, per la sicurezza di tutti, e tu che fai? Metti in pericolo la tua vita, quella della squadra e quella di Layra!» infuriò Artis, fissandolo con disprezzo. «Non è successo niente! Avevo tutto sotto controllo e dovevo vedere Layra! Aveva bisogno di me!» protestò Anter, alzando a sua volta la voce. «Taci!» ringhiò Artis. Calò un silenzio pesante, si poteva quasi sentire l’aria sfrigolare durante lo scambio di sguardi tra i due. «Io ho fatto ciò che reputavo necessario! Dovevo dare a Layra una crema curativa, sarebbe morta con tutte quelle ferite!» continuò Anter, appena il capitano distolse lo sguardo. «Gwin è morto. Amos l’ha ucciso, sapeva che eri stato lì e, a quanto ne so, è stato anche sul punto di uccidere Layra. Hai solo peggiorato la situazione!» replicò Artis duramente e non si fermò, nemmeno vedendo il pallore di Anter che mormorò: «Non mi ha visto nessuno, a parte Coline.» «Sbagli. C’è un’altra persona che avrebbe potuto dirglielo: tua sorella.» replicò Artis. «No, è impossibile! Ally non lo farebbe mai! Mai! La conosco, non è stata lei, ci metterei la mano sul fuoco.» Anter scosse la testa, poi insinuò: «Rock è sparito durante la missione.» «Sì, lo so. Gli avevo chiesto di fare una cosa per me.» rispose evasivamente il capitano. «Che cosa? Perché noi altri non ne sapevamo nulla?» lo incalzò Anter. «Doveva fare una consegna a una persona fidata. Ora smetti di fare domande.»

«No! Voglio sapere che missione era e perché non me ne hai parlato.» obiettò il ragazzo con caparbietà. «Perché non l’avresti mai fatto!» gridò Artis esasperato. «Cosa non avrei mai fatto? Parla chiaro!» Artis lo squadrò a lungo poi disse: «Devo essere sicuro che nessuno possa capire cosa abbiamo in mente.» «Che cosa significa? Io non capisco…» Anter si bloccò a metà della frase poi fissò i suoi occhi scuri in quelli del capitano e domandò: «Ti riferisci a mia sorella? Stai parlando di Ally?» Artis mantenne lo sguardo fisso, imperscrutabile, senza rispondergli, ma non ce ne fu bisogno. Il ragazzo si lanciò come una furia contro il capitano e urlò: «Cosa le vuoi fare? Cosa vuoi fare a mia sorella?» Artis lo spinse via, poi lo afferrò per le spalle quando ripartì alla carica, riuscendo a tenersi fuori dalla sua portata con un grande sforzo e proruppe: «Anter! Non capisci che se Amos scoprirà le nostre mosse sarà tutto perduto? Moriremmo tutti!» «Per questo hai deciso di uccidere mia sorella? E le belle parole sul non potermi lasciare morire? Anche lei è una Syrel! E se la uccidi… se Ally morirà a causa tua…» «Ucciderla? Anter, no! Non lo farei!» lo interruppe Artis quindi, appena il ragazzo smise di divincolarsi, chiese: «Come hai potuto anche solo pensare a una cosa del genere?» «Essere Elfi della Luce non equivale a essere per forza buoni!» replicò Anter poi, ingoiando la paura, domandò: «Ma allora? Cosa succederà ad Ally?» «Anter…» «Se non me lo dici andrò immediatamente in quel dannato castello e le porterò via!» minacciò Anter, sebbene sapesse quanto fossero vane quelle parole.

«Faranno bere a tua sorella una pozione che inibirà temporaneamente i suoi poteri di premonizione.» gli spiegò Artis, osservando attentamente la reazione del ragazzo. Anter fissò il capitano per un tempo lunghissimo poi strinse i pugni. «E hai pensato a cosa le faranno? Te lo sei chiesto? La lascerete totalmente indifesa e nessuno crederà che lei non possa predire, penseranno che non voglia! Le faranno del male!» «Mi dispiace, Anter! So che le vuoi bene, ma è necessario! Ally dovrà resistere.» «Ha dieci anni! È una bambina! Non puoi pretendere che se la cavi da sola!» si oppose Anter, mentre un senso di malessere lo coglieva al pensiero della sua coraggiosa sorellina in balia dei loro nemici, perché sapeva che se lei non avesse potuto predire il futuro loro alla fine l’avrebbero uccisa. «Anter, mi dispiace, ma non puoi fare nulla per cambiare le cose. Siamo in guerra, non dimenticarlo. Ci saranno delle vittime e non possiamo farci nulla.» Quel tono condiscendente e rassegnato fece infuriare ancora di più Anter che proruppe: «No! Non è vero! Siamo noi, con le nostre scelte, a decidere il nostro destino! E io ti prometto che non starò fermo a guardare!» «Non costringermi a tenerti qui con la forza!» lo avvisò Artis con aria stanca. «Tenermi qui con la forza?» chiese il ragazzo, irrigidendosi, dunque affermò fuori di sé: «Provaci!» Anter si voltò e fece per correre fuori, ma si trovò davanti Rock che gli afferrò le braccia, costringendolo a voltarsi. «Ragazzo, non rendere tutto più difficile!» «Lasciami! Non potete farmi questo!» gridò Anter, divincolandosi, ma Rock era una montagna di muscoli. «Anter, non avrei mai voluto fare una cosa del genere. Devi calmarti e se l’unico modo è costringerti a stare fermo e riflettere…» Artis scosse la testa, rammaricato. Rock lo spinse verso l’interno della casetta di pietra e Anter scrutò lui e Artis in cerca di un po’ di soddisfazione nei loro occhi, per poterli odiare, ma dallo

sguardo sembravano solamente determinati, due soldati freddi ed efficienti. «Rifletti su ciò che è più giusto. Tenta di essere obiettivo. Sei un ragazzo intelligente, anche se troppo impulsivo.» gli suggerì Artis sulla soglia, poi stendendo una mano davanti a sé disse ancora una volta: «Mi dispiace.» Rapidamente la tenda che fungeva da porta venne murata e così anche le finestre. Anter avvertì una leggera vertigine e per un secondo non riuscì a credere a ciò che stava accadendo. “Mi hanno imprigionato” realizzò. “Io sono prigioniero qui, Layra nelle segrete del castello. Ally è sola.” Il ragazzo batté i pugni contro l’ingresso murato e urlò: «Non potete tenermi qui dentro, non è giusto!» Nessuno gli rispose e lui maledisse Artis, mentre dentro di sé rabbia e preoccupazione crescevano. Le persone che amava erano in pericolo e lui non poteva fare assolutamente nulla per aiutarle.

Capitolo 8

Coline entrò nella stanzetta in cui era stata rinchiusa Ally e, dopo aver poggiato sul letto il vassoio contenente un piatto di zuppa acquosa, aprì l’armadio. Ally se ne stava seduta lì dentro, con gli occhi arrossati dal pianto, sebbene le sue guance fossero ormai asciutte. «Coline! Grazie! Come hai fatto ad aprire?» chiese lei, alzandosi per uscire da quel luogo angusto. La ragazzina dai capelli neri scosse la testa e la fermò: «No, Ally. Non puoi uscire.» «Come non posso? Cosa intendi?» domandò lei angosciata. Coline chinò il capo, non sopportava il compito che le era stato affidato, tuttavia le spiegò: «Ally, mi hanno permesso di portarti da mangiare, ma tu non dovrai uscire. Verranno a controllare. È l’unico modo che hai per rimanere in vita!» Ally sospirò però annuì, comprendeva che l’amica non potesse liberarla, non senza rischiare che le uccidessero entrambe. Si mise seduta sul fondo dell’armadio e prese un respiro profondo per calmarsi, cercando di dimenticare la claustrofobica sensazione di essere rinchiusa in quello spazio buio che le ricordava sempre più una bara. Coline tentò di rivolgerle un sorriso, poi prese il vassoio e glielo porse con mani tremanti. Ally lo afferrò e storse il naso, quindi sbuffò: «Bleah.» «Già, lo so.» disse Coline, senza avere la forza d’incrociare lo sguardo dell’amica. «Cosa c’è, Coline?» chiese Ally, immergendo il cucchiaio di legno nella scodella. La ragazzina sobbalzò, poi si mosse a disagio sul posto. «Niente.» Ally si strinse nelle spalle e fece per ingerire il primo cucchiaio di zuppa quando Coline, agitata, esclamò: «Ferma! Aspetta…» «Cosa?» chiese Ally, posando il cucchiaio nella scodella, incupendosi.

«Io… ecco…» iniziò Coline, poi si morse le labbra e si fissò le punte dei piedi. «Niente, mangia pure.» «No! Ora mi spieghi che cosa succede!» si oppose invece lei, decisa. Coline era più pallida del solito e a capo chino scosse la testa. «Niente. Ora devo andare, tornerò dopo a prendere il vassoio.» disse prima di chiudere le ante dell’armadio e correre via, con le lacrime agli occhi, detestandosi per aver dovuto mescolare alla zuppa una pozione, ricevuta da un uomo fidato di Artis. *** Anter era rimasto immobile a fissare il muro che chiudeva l’accesso solo per un paio di minuti, poi si era messo a scartabellare alcuni fogli di carta, su cui aveva scritto tutte le formule che ricordava dalla sua infanzia. Ogni volta che aveva del tempo libero lo aveva sfruttato per scavare nella sua memoria, per quanto lo fe soffrire, per ricordare tutto ciò che sua madre gli aveva insegnato e così aveva compreso che i suoi genitori avevano preparato da sempre lui e Ally per quella guerra. Suo padre gli aveva insegnato a maneggiare la spada non appena era stato in grado di reggerne una in mano e sua madre ava pomeriggi interi a spiegargli come creare pozioni e filtri. Ally era troppo piccola a quel tempo, eppure per quanto possibile avevano sempre fatto in modo che lei assistesse ai suoi allenamenti e ai suoi esercizi, nonostante fossero costantemente in fuga. All’epoca non capiva quanto fossero importanti quei momenti, per lui era stato quasi sempre un gioco, mai i suoi genitori avevano permesso che lui e Ally si spaventassero, almeno fino al terribile giorno in cui erano stati uccisi. “Dov’è? C’è, ne sono sicuro! Deve esserci!” si chiese lui in ansia, continuando a cercare, mentre gli occhi gli bruciavano, aveva la gola chiusa da un groppo e la testa gli pulsava. Il pensiero di non poter aiutare la sua sorellina lo distruggeva. «Trovato!» esclamò lui, afferrando un foglio e leggendo più volte a mente una formula in elfico antico, una lingua morta che gli aveva insegnato la sua balia, quando ancora lui e Ally ne avevano una, i primi anni durante la fuga. Ricordava pochissimo di quel periodo, però sapeva che i suoi genitori avevano radunato un

gruppo di persone per portare tutti al sicuro. Si chiese se qualcuno di loro, la balia per esempio, si fosse salvato, ma bandì in fretta quei pensieri, non poteva permettersi di domandarsi come sarebbe stata la loro vita se Artis non avesse richiamato indietro i suoi genitori. Lesse l’incantesimo a voce alta e sparse in terra una polverina viola, formando un cerchio davanti a sé. Attese alcuni minuti, ma non accadde nulla. “Avanti, deve funzionare. Deve!” pensò lui, respirando a fondo per calmarsi, poi lesse di nuovo la formula, concentrandosi. Ancora nulla. Anter sentì lacrime di rabbia spingere per uscire, ma lui le trattenne ripetendo la formula tre volte di seguito, e avrebbe continuato ancora, quando nel cerchio di polverina apparve una colonna di luce. Anter la fissò col fiato sospeso, chiedendosi se avesse fatto la cosa giusta, se avesse ricordato bene la formula, se avesse pronunciato correttamente le parole. La luce si dissolse in pochi secondi, rivelando l’immagine di una donna coi capelli rossi, gli occhi verdi e la carnagione chiara, e lui restò senza fiato, stordito per alcuni secondi. «Ciao mamma.» sussurrò con voce spezzata, trattenendo a stento la tristezza. Lei era bellissima, proprio come la ricordava, e il suo sorriso gli scaldò il cuore, ma fu la sua voce dolce a inumidirgli gli occhi. «Anter, tesoro mio… Non sai quanto vorrei abbracciarti.» Lui sorrise, con gli occhi lucidi. «Anch’io lo vorrei, mamma.» Inspirò a fondo prima di continuare velocemente: «Ho bisogno di aiuto. Ally è prigioniera e io… io non so cosa fare! Vorrei solo aiutarla, ma non posso e…» «Anter, amore, ascoltami!» intervenne sua madre dolce e decisa. «So cosa sta succedendo e farò di tutto per aiutarvi, ma tu devi cercare di capire che non è colpa tua.»

«L’ho lasciata lì, mamma! Io dovevo proteggerla e non l’ho fatto.» si sfogò Anter e dopo che l’ebbe detto a voce alta, fu come se un macigno fosse stato tolto dal suo cuore. Il fantasma di Mayriel gli si avvicinò, in modo da poterlo guardare negli occhi e tentò di confortarlo: «Anter, tuo padre ed io abbiamo sempre vegliato su di voi e tu hai fatto molto più di quanto dovevi. Sei stato per lei tutto ciò di cui aveva bisogno, sei stato fantastico!» Anter deglutì poi si toccò una guancia bagnata dalle lacrime e osservò stupito le gocce salate che stava versando. Non ricordava l’ultima volta che aveva pianto, era ato tanto tempo. «Hai voluto essere forte per Ally, ma ora basta. Non rimproverarti di ciò che è successo, o di ciò che succederà.» «Non posso.» scosse la testa lui. «No, non posso voltarle le spalle, non ce la faccio! Non mi perdonerei mai se le accadesse qualcosa. È per questo che ti ho chiamata! Devi aiutarmi! Devi dirmi come avvisare Ally o come proteggerla!» «Respira.» lo interruppe lei. «Tesoro, lo so, anch’io sono preoccupata per Ally.» «Mamma, per favore. Devi aiutarci! Io… io non so più di chi fidarmi!» «Fidati di te stesso. Fidati di Ally.» Gli lanciò un’occhiata un po’ maliziosa. «Fidati di Layra.» Anter non si accorse di arrossire e farfugliò: «Sì, giusto, ma io intendo adesso! Come posso salvarle? Artis e Rock mi hanno chiuso qui! Non posso fidarmi di loro!» «Artis è un uomo complicato, vede le cose solo dal suo punto di vista e sa essere inflessibile, ma non è cattivo. Lo conosco, i nostri rapporti non erano buoni, questo no, ma ti posso assicurare che non tradirebbe mai gli Elfi della Luce.» «Sai cosa vuole fare ad Ally?» chiese Anter, furioso. «Sì.» rispose Mayriel, cambiando prontamente argomento: «Posso aiutarti a raggiungere tua sorella, ma questo ti porterà via molte energie.»

Anter rimase in silenzio per un po’, poi annuì: «Va bene. Cosa devo fare?» «Morire.» sussurrò sua madre con un fil di voce. Anter sgranò gli occhi, incredulo e forse anche spaventato, quindi per essere sicuro di aver capito bene ripeté: «Morire?» «Non in modo permanente. Esistono alcune pozioni per questo. Sarà rischioso e non vorrei mai esporti a un pericolo così grande, ma somigli a tuo padre e so bene che se non ti aiutassi faresti da solo. La proiezione è un potere raro e tu non ne sei dotato. Puoi provare una proiezione forzata: concentreresti tutto te stesso solo sul tuo io astrale.» gli spiegò Mayriel. «Mi fa male la testa, vai troppo veloce!» protestò il ragazzo, tentando di sdrammatizzare. La madre gli sorrise. «Con una pozione porterai i tuoi parametri vitali al minimo, così potrai sdoppiarti. Non resisterai molto e se, quando avvertirai di dover tornare nel tuo corpo non lo farai, allora… allora perderò mio figlio.» terminò in tono grave. Anter annuì. «Gli ingredienti per la pozione?» chiese aprendo un baule e facendo sbattere il coperchio per la tensione. «Ti guiderò io, tranquillo.» lo incoraggiò sua madre. Anter sospirò, asciugandosi gli occhi. Era dolorosamente piacevole sentire quella voce dopo tanto tempo. *** Quando Ally sentì le ante dell’armadio aprirsi e vide il volto di Coline, sbottò: «Finalmente! Quanto credevi ci mettessi a mangiare della zuppa?» La ragazzina coi capelli neri abbozzò un sorriso sofferto e prendendo il vassoio si scusò: «Mi spiace. Ho avuto da fare…» «Come sta Layra?» Coline tentennò poi disse: «Si sta riprendendo anche se deve essere difficile

sopportare tanto e non crollare.» Ally annuì, quindi si premette le tempie e mormorò: «Ho un mal di testa incredibile.» «Lo so.» si lasciò sfuggire Coline, poi si corresse: «Cioè, io lo avrei se dovessi star rinchiusa in un armadio.» «Ovvio, quale altro motivo potrebbe esserci?» Ally sorrise dolcemente. Coline sentì un groppo chiuderle la gola e, mormorando un saluto frettoloso, chiuse di nuovo l’amica nella sua prigione, poi si voltò e, reprimendo la voglia di dirle tutto, di chiederle perdono, uscì correndo via, augurandosi di non dover mai più agire alle spalle di persone alle quali voleva bene. Ally sospirò, accoccolandosi come meglio poteva nello spazio ristretto, e i suoi pensieri volarono dritti verso il fratello che le mancava terribilmente, più della luce e dell’aria. «Ally?» sentì la sua voce chiamarla. “Ecco! Ora me lo immagino anche!” si disse lei irritata con se stessa. «Ally, sei qui?» «Anter?» domandò incerta. «Ally!» sentì la voce di suo fratello, poi le ante dell’armadio si aprirono con tanta violenza da venire quasi scardinate. La ragazzina rimase immobile a osservare il fratello per dieci secondi, poi gli saltò tra le braccia, con le lacrime agli occhi. «Anter! Sei qui? Quanto mi sei mancato!» Anter la strinse con forza, poi guardò l’armadio con astio. «Perché eri lì dentro?» «Ho avuto una visione su di te e sulle prime non volevo dire niente. Poi ho provato a fuggire e per punirmi mi hanno rinchiusa lì dentro. All’inizio avevo paura, ma ora non mi fa più nulla!» Lei sorrise, mentre suo fratello s’incupiva.

«E tu… gli hai detto che io sarei venuto qui?» chiese lentamente Anter, tenendola stretta a sé. «Certo che no!» rispose Ally e poi chiese corrucciata: «Ne dubitavi?» «Assolutamente no.» Sorrise, baciandola su una guancia, quindi le domandò: «Ti hanno portato qualcosa da mangiare o da bere, da quando ti hanno chiusa nell’armadio?» «Sì, ma…» iniziò Ally, tuttavia Anter non la fece continuare e gemette: «Oh no! Sono arrivato tardi! Dannazione!» «Anter! Fammi finire! Non ho mangiato, sono una veggente, ho visto la pozione. So a cosa serve. Ci ho riflettuto e, anche se so che è un rischio, preferisco avere i miei poteri.» disse Ally, sorridendo all’espressione sbalordita del fratello. «Ma dimmi, tu sei davvero qui?» gli chiese, accoccolandosi meglio tra le sue braccia. «No, anche se lo vorrei per poterti portare via da qui.» Anter in quel momento avvertì come se una corda volesse tirarlo via di lì. “Non ancora! È troppo presto!” pensò lui. “Anter, vieni via!” Sentì la voce di sua madre, ma dall’espressione di Ally capì di essere stato il solo a sentirla. «Ally, ascolta non ho molto tempo. Devi nasconderti! Rimani nei aggi segreti, poi…» «No.» disse lei. Anter sentì il mondo franargli sotto i piedi. «Ally…» «No. Amos farebbe del male a Layra, più di quanto non gliene stia già facendo. Ora devo tornare nell’armadio.» «No! Ally, no!» protestò Anter. «Ascoltami! Amos non dovrà sospettare nulla, per questo devo stare nell’armadio! Non mi fa più così tanta paura, lo so gestire.» spiegò saggiamente Ally.

Anter ci pensò e, suo malgrado, dovette darle ragione, mentre una parte di sé si chiedeva quando sua sorella fosse maturata così tanto e che fine avesse fatto la bambina che era stata. «Va bene, ma prima prendi queste.» le disse, prendendo dalle proprie tasche un paio di pozioni esplosive e tre protettive. «Prendile e usale.» l’ammonì lui, avvertendo uno strano senso di intorpidimento. “Anter, torna immediatamente nel tuo corpo!” Sentì di nuovo la voce di sua madre, spaventata. «Ally…» disse cocciutamente il ragazzo, ignorando l’ammonimento della madre. «Stai attenta. Presto ti libererò, te lo giuro. Si stanno radunando dei ribelli. Sono con loro, anche se non approvo tutto ciò che fanno, e presto libereremo tutti. Ti voglio bene!» Anter avrebbe voluto dare alla sorella una lista infinita di consigli e raccomandazioni, ma con uno strattone si sentì strappare dalle braccia della sorella e svanire. Per lui divenne tutto nero. «Anter!» gridò Ally, tappandosi la bocca con le mani, per paura che qualcuno potesse sentirla, dunque rientrò nell’armadio si chiuse dentro, senza più alcun timore. “Ti voglio bene anche io.” pensò lei con un sorriso, stringendosi le ginocchia. “Lo sapevo che saresti venuto da me, l’ho sempre saputo.” *** Quando Anter si riprese, annaspò e ansimò in cerca di ossigeno, i polmoni gli bruciavano e il cuore prese a battergli tanto furiosamente da farlo star male. «Anter! Ti avevo detto di tornare immediatamente indietro! Perché non l’hai fatto?» lo sgridò Mayriel. Anter non riuscì a trattenere un sorriso. Ricordava quando i suoi genitori sgridavano lui e Ally, se l’avevano combinata grossa di solito la sgridata durava

un minuto pieno, ma terminava sempre con un forte abbraccio. Stavolta però non ci sarebbe stato nessun abbraccio. Probabilmente il dolore che stava provando gli si leggeva in faccia, perché sua madre gli chiese più dolcemente: «A cosa stai pensando?» Lui sorrise mestamente. «Alla nostra vita, prima di tutta questa follia.» «Oh, tesoro.» mormorò lei triste. Anter si sforzò di sorridere. «Mamma, non preoccuparti per me. Posso farcela.» «Non sai quanto mi senta in colpa, per tutto questo. Dovrei essere con voi.» Lei soffocò un singhiozzo, poi aggiunse preoccupata: «Stai attento.» «Sì, certo.» annuì Anter, poi capì. «Te ne stai andando?» «Mi dispiace.» affermò Mayriel, iniziando a svanire. «Ti voglio bene.» La madre si trattenne un altro istante, dicendo: «I fantasmi sanno tutto, ato, presente e futuro, ma quest’ultimo non possono rivelarlo, però… Anter, rifletti! Layra e Ally non hanno detto ad Amos che tu eri stato a palazzo, quindi pensa: chi può averlo fatto? È importante!» Subito dopo svanì, come avvolta da una nebbia invisibile. «Grazie, mamma.» mormorò Anter, gli occhi spalancati, mentre il suo cervello si attivava e iniziava a girare a mille all’ora.

Capitolo 9

Layra aveva lentamente perso la cognizione del tempo. Aveva pianto per la morte di Gwin e la gioia di aver rivisto Anter le era stata brutalmente portata via. La solitudine della ragazza venne spezzata dall’arrivo di Drew, col solito sorriso sarcastico in volto, e il suo tono fu più che odioso quando esordì: «Quindi Anter ti ha lasciato qui di nuovo?!» Layra gli rivolse uno sguardo vuoto, senza rispondergli. Drew aprì la cella con la magia e vi entrò con aria tronfia, mentre reggeva tra le mani un bicchiere pieno d’acqua, quasi fosse un trofeo. «Hai sete?» le chiese subdolo e mellifluo. Layra alzò lo sguardo su di lui. Era ovvio che fosse assetata, per non dire disidratata, visto che le portavano acqua e cibo a cadenza irregolare. Ancora non replicò, semplicemente si alzò in piedi debolmente e annuì. Drew sogghignò cattivo e le porse il bicchiere, avvicinandoglielo anche troppo. Layra fece per prenderlo, ma lui lo allontanò di colpo. La ragazza si rabbuiò. Il ragazzo portò il bicchiere al centro tra loro due, poi senza staccare lo sguardo dagli occhi di lei, lo lasciò cadere in terra. Layra chinò il capo, gli occhi fissi sull’acqua che s’infiltrava tra le crepe del pavimento. Quella reazione Drew non se l’aspettava. Aveva immaginato che lei avrebbe protestato e si sarebbe infuriata, non di certo che si arrendesse senza combattere. «Cosa ti succede, principessina?» le domandò stuzzicandola, sperando di provocare una reazione ma tutto ciò che ottenne fu un flebile: «Sono stanca.» «Come?» chiese lui, stupito. «Smettila, ti prego. Sono così stanca.» gemette lei, accasciandosi su di lui. Il ragazzo la sostenne istintivamente, incredulo. Allora Layra unì le mani dietro la sua nuca e più forte che poté lo colpì, sia dietro la testa sia alzando un ginocchio. Drew si accasciò a terra con un ruggito misto di furore e dolore. Era la seconda volta che lei aveva l’ardire di colpirlo.

Layra ne approfittò e con uno slancio, che mostrava tutt’altro che stanchezza, corse lungo il corridoio delle segrete, ignorando il vocio dei prigionieri, mentre ripeteva tra sé il suo piano. Era consapevole di non poter usare i aggi segreti, era troppo rischioso, e probabilmente non avrebbe nemmeno tentato la fuga sapendo che Anter si stava organizzando con i ribelli, ma il pensiero che Ally fosse rimasta sola la stava logorando, così aveva deciso di trovarla e portarla via di lì, in qualunque modo. Layra sentì dei i pesanti seguirla su per la seconda rampa di scale, poi la voce di Drew la fece tremare mentre la minacciava con ferocia. “Dannazione! Potevo colpirlo più forte!” pensò lei sforzandosi di correre più velocemente, ma non era facile. Arrivò davanti alla porta della camera dove avrebbe dovuto esserci Ally, ma quando l’aprì la trovò naturalmente vuota. Lei non poteva sapere che Amos l’avesse spostata a causa del suo piano diversivo per aiutare Coline a trovare le mappe dei aggi segreti. Layra rimase un attimo spiazzata e quel poco bastò a Drew per raggiungerla e afferrarle un braccio, dunque la ragazza si voltò di scatto e con le unghie gli ferì le labbra, riuscendo a liberarsi dalla sua presa e a continuare a correre. Per quanto fosse folle non intendeva arrendersi, doveva almeno provare a trovare Ally, senza la quale non sarebbe mai andata via. Drew, che non aveva abbandonato l’inseguimento, stese una mano dinanzi a sé e fece inciampare Layra nelle spire di un venefico fumo verde. La ragazza cadde sulle ginocchia sbalordita e subito Drew le afferrò entrambe le braccia e la tirò su, strattonandola. «Muoviti! Mi hai stancato. Cammina!» La spingeva e la tratteneva, facendole male alle braccia. Drew spalancò con il pensiero le porte della sala del trono e vi irruppe con furore, spingendo bruscamente Layra in terra. «Indovina chi ha tentato la fuga?» chiese con astio rivolto ad Amos, che li osservava con sguardo impenetrabile. Layra sentì un brivido correrle lungo la schiena, ma decise di giocare bene le proprie carte e rivolta ad Amos, con le barriere momentaneamente abbassate,

pensò: “Sì, chiedigli come ho fatto a scappare!” Il sovrano degli Elfi Oscuri le lanciò un lungo sguardo penetrante, poi lo spostò su Drew e domandò: «Come è successo?» La ragazza scoccò un sorrisetto compiaciuto al ragazzo e rialzandosi in piedi lo schernì: «Sì, Drew, digli come mi hai galantemente aperto la cella.» Drew bruciava di rabbia e con odio le ringhiò: «Stai zitta!» «Altrimenti? Mi uccidi? Oh, scusa, non puoi!» continuò lei, imperterrita e agguerrita. «Layra.» l’ammonì trucemente Amos. «Non è forse vero? Correggimi se sbaglio, ma a quanto mi risulta potrei fare qualunque cosa e non mi uccideresti, altrimenti lo avresti già fatto, no?» replicò Layra, spinta ad andare avanti dal fuoco che le bruciava nelle vene, poi rivolta all’Elfo della Luce traditore aggiunse: «Forza, Drew, spiegagli che, siccome volevi stuzzicarmi, ti sei fatto picchiare da me e sono potuta scappare.» Poi commentò con aria di sfida: «Se non avessi cercato di salvare Ally, sarei già lontana da qui!» Drew aveva serrato i pugni con forza e ora guardava Layra con tale furia che probabilmente solo la presenza di Amos lo trattenne dall’avventarsi sulla ragazza. Il sovrano la scrutò, tentando di penetrare le sue barriere, poi però sogghignò. «Non starai tentando di metterci l’uno contro l’altro, vero?» Rise sprezzante, fissandola intensamente. «Principessa, un tale trucchetto da bambini non può funzionare con me.» Layra strinse le labbra, ma si obbligò a non distogliere lo sguardo. Lui poteva denigrarla e farla sentire sciocca, però lei non si sarebbe piegata. Drew li osservava dalla soglia e iniziò a rilassarsi solo quando capì che non avrebbe subito nessuna ripercussione per essersi lasciato sfuggire la prigioniera. «A ogni modo non sbagli, non ti ucciderei. Ally invece…» Amos lasciò la frase a metà consapevole che la minaccia avrebbe fatto effetto su di lei.

Layra serrò i pugni infuriata e affermò: «Se minacci ancora Ally, giuro che troverò il modo di ucciderti, con o senza poteri!» Amos le afferrò i polsi immobilizzandola e le chiese divertito: «E come potresti, principessa?» Serrò di più la presa e la scosse, ammonendola in tono intimidatorio: «Ora che hai tentato la fuga dovrò farti del male, lo sai, vero?» La ragazza trasalì quando la presa su i suoi polsi divenne tanto dolorosa da farle temere che lui potesse spezzarglieli, allora si divincolò e, allontanandosi da lui, gridò inferocita: «Non toccarmi!» Amos la fissò intensamente e l’avvisò: «Ti farò di peggio.» Layra strinse a pugno le mani indolenzite e percepì come se dentro di sé si fosse formata un’enorme sfera, contenente tutte le cattiverie e le angherie subite, che solo adesso esplodeva, riempiendola di potere. Avvertì un familiare calore al centro della fronte e improvvisamente la parte colorata del suo diadema brillò violentemente, una gemma luminosa immersa nelle tenebre. Amos socchiuse gli occhi, mentre Drew trasaliva con un’ombra di spavento sul volto. In quel momento prese a brillare anche un ciondolo circolare, posto dentro una teca di vetro, con su incisi un sole, una luna e una stella che formavano un triangolo. Layra sorrise riconoscendo il medaglione di sua madre, simbolo della sua appartenenza al popolo delle Streghe, poi fissò il sovrano degli Elfi Oscuri a testa alta. Lui le ingiunse con tono di comando: «Smettila immediatamente.» Il sorriso di Layra si allargò e lei allungò una mano verso la teca, che andò in frantumi quando il ciondolo volò verso di lei, mentre un’aura di potere le lambiva la pelle e premeva per uscire. La ragazza tese una mano di fronte a sé e si concentrò, per incanalare quell’ondata di energia, che esplose sotto forma di luce bianca, accecante e incandescente, che corse a tutta velocità contro il suo bersaglio. Amos fissò il fascio luminoso senza scomporsi e quello si fermò dinanzi a lui, come se si fosse scontrato con un muro. Layra avvertì la resistenza e strinse le labbra opponendosi, concentrando tutte le proprie energie nell’attacco. Era ragionevolmente certa che, essendo stata cancellata una parte del marchio che Amos aveva imposto sul suo diadema, allora anche la magia che lo proteggeva dagli attacchi degli Elfi della Luce

doveva essersi indebolita. A un certo punto sembrò che il fascio di luce stesse avendo la meglio e Drew fece un o avanti, chiedendosi come fermarlo, ma si arrestò quando Layra gli intimò: «Stanne fuori, Drew, o ti uccido!» Amos le avvertì mentalmente: “Layra, arrenditi.” «Mai!» rispose lei, senza azzardarsi a distrarsi. «Come vuoi!» sibilò Amos. Layra si accorse solo in quell’istante che, mentre il suo corpo era rigido per la tensione, Amos era completamente rilassato. Il sovrano le rivolse un sorriso sinistro, poi con un rapido gesto le scagliò contro un fascio di luce scura, che fendette quella bianca tagliandola a metà, e la raggiunse. Lei non ebbe il tempo di proteggersi e con violenza venne scaraventata indietro e sbatté contro una colonna. L’impatto le tolse il respiro e il diadema e il ciondolo smisero di brillare. Amos la raggiunse e l’afferrò per il braccio, sollevandola: «Hai finito, Layra?» Lei tossì e, nel tentativo di riprendere fiato, ansimò: «No!» Lui le strinse il collo e la spinse contro la colonna, minacciandola con gli occhi che scintillavano di gelida furia. «Layra, ascoltami molto attentamente, non ti ho ucciso solo perché mi servi di più viva. Adesso smettila di provocarmi, ragazzina, altrimenti non riuscirò più a trattenermi.» Layra impallidì, mentre in quegli occhi di ghiaccio vedeva morte e orrore, e tutte le sue energie la abbandonarono di colpo, tenute al guinzaglio dal terrore. «Non credere che la bravata di oggi resterà impunita. Pagherete tu e Ally.» infierì ancora lui. «Lei non c’entra niente con tutto questo!» protestò Layra, chiedendosi da dove stesse prendendo la forza per replicare. Amos le strinse la gola per metterla a tacere.

«Forse è così, ma una veggente che non vuole predire non mi serve a nulla. Inoltre, so perfettamente quanto ti stia a cuore la sorellina di Anter.» Layra sgranò gli occhi, provò ancora a divincolarsi poi si arrese all’evidenza: non poteva farcela, non quella volta. “Non avresti dovuto provare ad affrontarmi. Anter ha quasi perso la vita, quando mi ha sfidato.” le disse telepaticamente Amos, ricordandole quello scontro decisamente impari, in cui Anter aveva rischiato la vita. “Se Anter fosse stato in forze ti avrebbe ucciso!” “Poi sarebbe stato anche peggio per voi.” Rise malignamente Amos, gettandola ancora di più in confusione. La spinse verso Drew, dicendogli: «Riportala in cella e, se puoi, evita di fartela scappare.» Quell’ultima frecciatina fece incupire ancora di più il ragazzo biondo che a denti stretti afferrò Layra, affondandole le dita nelle braccia, e la strattonò, latrando: «Cammina!» Amos l’aveva detto appositamente, sapeva che Drew si sarebbe sfogato su Layra, della quale proprio non comprendeva l’ostinazione. Ogni volta che si convinceva di averla spezzata, lei tornava a ribellarsi, come e più di prima, con nuova forza e determinazione. *** Anter aveva affrontato le ore di segregazione con relativa serenità dopo aver visto la sorella, ben consapevole che Artis non potesse tenerlo lì a lungo. Si trovavano con molte persone in un luogo ristretto e in molti lo conoscevano, se fosse misteriosamente scomparso sarebbero iniziate troppe domande e il capitano teneva particolarmente alla propria immagine di leader irreprensibile. Fu così che, quando sentì del movimento all’esterno e vide il muro che bloccava la porta d’ingresso sgretolarsi, Anter fu pronto a dire ad Artis in tono contrito: «Scusami. Ho esagerato.» Il capitano gli sorrise sollevato e chiese: «Sei rinsavito? Grazie al cielo! Non ce l’hai con me, vero?»

“Certo che ce l’ho con te. Mi hai tenuto prigioniero e hai complottato contro mia sorella.” pensò il ragazzo, appiccicandosi in volto un sorriso che sperò fosse convincente, prima di rispondere in tono tranquillo: «Non preoccuparti, ho capito.» «Bene.» «Artis, posso chiederti una cosa? Rock dove doveva portare la pozione?» domandò Anter con il tono più pacato che avesse mai usato. «Perché?» chiese il capitano, senza capire come mai volesse saperlo. «Dimmelo e basta, per favore.» «Sul retro del castello, dal lato opposto rispetto a dove eravate voi.» Anter rifletté brevemente, calcolando che come tempo, includendo l’uccisione di qualche guardia, corrispondeva al tempo in cui era stato via. “Ilys! Ma perché? Non ha senso… Perché dovrebbe aiutare l’assassino di sua sorella?” si domandò incredulo il ragazzo, dunque chiese: «Sai dov’è Ilys?» «A casa sua, perché?» replicò Artis, ancora più confuso. «Devo solo parlarle.» «Anch’io devo parlarti! Abbiamo tenuto una riunione…» «Dopo!» disse Anter senza voltarsi, correndo verso l’abitazione di Ilys. Entrò, senza bussare né chiedere il permesso, come d’altronde faceva lei, e agghiacciò. C’erano delle candele accese, messe in circolo, e quattro ceri posizionati verso i punti cardinali. Conosceva quel rituale, serviva a entrare in uno stato di trance per trasportare una parte di sé altrove, ed era molto simile a quello che aveva usato lui stesso, per raggiungere Ally. «Sei tu!» l’accusò. Lei lo guardò, sgranando gli occhioni verdi. «Come?»

«Sei tu che hai detto ad Amos che io ero entrato nel castello! Sei tu la traditrice.» le disse, sentendo la rabbia crescere. Lei rise. Una risata velenosa, che fece venire voglia ad Anter di fuggire. La tenda che chiudeva l’accesso si solidificò e lei si alzò in piedi, scrutandolo beffarda. «Ma bene! Mi hai scoperta! Lo sapevo che ci saresti riuscito!» Rise ancora. «Cosa vuoi fare adesso, Anter? Dirlo a quell’imbecille di Artis?» «No, preferirei darti una botta in testa e farti rinsavire!» Lei sbatté le palpebre. «Oh, orrore! Mi farai del male?» Sorrise. «Anter, secondo te sarei così tranquilla se temessi che tu mi denunciassi o che tu possa farmi qualcosa?» Anter strinse i pugni, furibondo. «È l’assassino di Iris! Ti rendi conto che lo stai aiutando?» Lei sorrise mestamente e gli disse: «Anter, siamo seri, non avrei mai la forza di eliminare Amos. Invece posso far soffrire te! E inoltre avrò anche un compenso, che ora non è necessario tu conosca.» Anter inorridì. «Sei pazza, completamente pazza, se sei convinta che ti lascerò continuare!» Lei si umettò le labbra e gli si avvicinò, appoggiandogli le dita sulla guancia in una carezza beffarda. «Tra tutti questi idioti sei l’unico che mi crea problemi. Ah, Anter! Ti rendi conto che se tu avessi salvato mia sorella non accadrebbe nulla di tutto questo? È colpa tua.» «Smettila!» Lui l’allontanò, mentre una strana vertigine gli offuscava la mente. «Cosa stai facendo?» «Shh.» gli sussurrò lei. «Ora andrai nella tua stanza e ti riposerai. Non ricorderai nulla di quanto hai scoperto!» affermò, quindi lo baciò sulle labbra con le proprie che avevano un sapore amarognolo.

Inizialmente Anter fece per scansarla, poi prima che potesse riuscirci gli occhi gli si appannarono. Non capiva cosa stesse succedendo. Perché era andato lì? Non ricordava. Ilys lo lasciò e lo guardò compiaciuta. «Vai, Anter. Vedi? Non puoi fare nulla per fermarmi!» Il ragazzo non rispose e, sprofondato in uno strano senso di incoscienza, si diresse verso la propria casa, eseguendo meccanicamente l’ordine ricevuto. Ilys s’incupì e mormorò tra sé: «Se solo l’avessi salvata, Anter… Perché l’hai lasciata morire?» La ragazza si ò stizzita una mano sugli occhi, scacciando le lacrime inopportune e terminò l’incantesimo di proiezione forzata per arrivare al Palazzo Reale, una volta splendente, ora sotto il dominio degli Elfi Oscuri. Amos avvertì subito la presenza della ragazza e voltandosi verso di lei chiese brusco: «Cosa vuoi?» Ilys strinse gli occhi. Sapeva che se si fosse fatta intimidire sarebbe stata la fine. Lui aveva bisogno delle sue informazioni e quindi di lei. «Che modi!» protestò, fingendosi indignata. «È così che tratti gli alleati?» «È questo che sei?» le chiese lui, aprendosi in un ghigno malefico, ritrovando la propria abituale compostezza, nonostante lo scontro avvenuto poco prima con Layra. «Direi di sì. Non mi importa granché di chi sieda sul trono, voglio solo ciò che ho chiesto.» affermò Ilys con tutta la sicurezza che aveva in corpo. Amos la scrutò con attenzione. Era rimasto stupito quando era andata da lui la prima volta e, anche adesso, non sapeva se fidarsi appieno di lei o se gli convenisse di più farle dire tutto ciò che sapeva con la forza. “Non ancora.” si disse. «Prega di star dicendo la verità, allora.» l’ammonì lui, chiedendo di nuovo: «Perché sei qui?» «Semplice. Conosco i dettagli del piano per liberare tutti i prigionieri, incluse

Ally e Layra.» disse civettuola lei per poi chiedere con finta innocenza: «T’interessa?» Amos iniziava a non sopportare il tono della giovane Elfa della Luce, ma a parte il tono brusco non lasciò trapelare la sua irritazione. «Dimmi e poi levati di torno.» «No.» replicò lei. «Prima voglio ciò che ho chiesto!» «Comodo.» Amos rise. «Perché dovresti tradire la tua gente, dopo? Forza, Ilys, parla. Già che non ti abbia messo in catene e torturata dovrebbe bastarti.» In quel momento, non visto, arrivò Drew che rimase fuori dalla sala del trono, annichilito nel vedere una ragazza che avrebbe dovuto essere morta, che lui aveva ucciso con le proprie mani. Ilys con le mani strette a pugno, un po’ a disagio, disse lentamente: «Ho sentito parecchie storie su di te e in nessuna vieni definito uno stupido. È per questo che non mi hai uccisa, ti servo. Come posso sapere che una volta che ti avrò detto tutto, tu non mi ucciderai? Come faccio a sapere che manterrai la parola data?» Amos sogghignò. «Dovrai fidarti… D’altronde non è questo che fanno gli alleati?» Ilys distolse lo sguardo irritata. Non sapeva più se fosse una buona idea. “Sì che lo è! Devo farlo! Per Iris!” si disse, facendosi coraggio. «I ribelli sono numericamente di più di quanto tu possa pensare e sono decisi a entrare nel castello per liberare i prigionieri e lo faranno usando i aggi segreti.» Amos corrugò di poco la fronte, mentre iniziava a capire come fossero possibili le sparizioni e apparizioni di Layra e Ally. Aveva già fatto perquisire il castello da cima a fondo, diverse volte negli ultimi quindici anni, ma non era mai stato trovato nulla. Possibile che due ragazzine avessero avuto più fortuna di tutti i suoi uomini messi assieme? «Dove si trovano i ribelli, adesso?» le chiese, come aveva fatto anche la volta precedente.

Ilys fece un mezzo sorriso sfrontato e replicò: «Nemmeno io sono stupida. Se te lo dicessi non avresti davvero più bisogno del mio aiuto.» «Se fossi stupida, saresti morta. Dunque spera che io non ti ritenga mai tale.» Ilys annuì, rimanendo comunque a testa alta, ignorando volutamente il senso di minaccia insito in quella frase. «Dove sono questi fantomatici aggi segreti?» domandò ancora lui. Allora Ilys sorrise. «Ce ne è uno anche qui, però gli Elfi Oscuri e coloro legati all’Oscurità non possono vederli. La magia degli Elays li nasconde.» Non poté evitare di esserne leggermente orgogliosa. Amos se ne accorse e con aria seccata commentò: «Fortuna che la magia degli Elays non possa nulla contro di me.» Ilys lanciò uno sguardo eloquente alla sala, devastata dalla potenza dei due raggi di luce e si lasciò sfuggire: «Vedo.» «Se vuoi un buon consiglio non ti sopravvalutare, potresti farti molto male.» le suggerì Amos, irritato dal suo sarcasmo. «Non mi sopravvaluto mai.» replicò Ilys, poi sorrise. «Tanto perché tu lo sappia, non potrai più fare affidamento sulle premonizioni di Ally. Le è stata somministrata una pozione per sedarle i poteri; dunque, come vedi, avrai bisogno di me più di prima.» Amos incamerò l’informazione con interesse, tuttavia non permise che la ragazza se ne accorgesse e quando le ordinò di andarsene lei obbedì senza una parola, spaventata suo malgrado. «Chi è quella ragazza?» chiese Drew, flebilmente. Amos si voltò verso di lui e notò il pallore del suo volto scioccato. «Si chiama Ilys.» «Ilys…» mormorò Drew, andosi una mano sul viso. «Cosa c’è, Drew? La conosci?»

«No. No!» disse deciso, poi senza alcuna inflessione aggiunse: «Ho solo ucciso sua sorella gemella.» «Iris?» chiese Amos sorridendo, mentre l’intera vicenda iniziava a divenirgli chiara. «Come lo sai? Cosa ti ha chiesto?» domandò Drew, ora incuriosito. «Vuole riavere la sorella.» Amos scrollò le spalle indifferente, poi sorrise freddamente. «Quella piccola ingenua ci sarà di grande aiuto. Ora prepariamoci, dovremo accogliere Anter e i ribelli come meritano.»

Capitolo 10

Quando Layra riprese i sensi, si ritrovò sul pavimento della propria cella, con un fortissimo mal di testa e un vago ricordo di ciò che era accaduto. Drew l’aveva trascinata nuovamente nelle segrete, poi l’aveva scaraventa contro il muro talmente forte che lei aveva battuto la testa e aveva perso conoscenza. Non aveva idea di quanto tempo fosse rimasta priva di sensi. Mettendosi seduta ebbe una forte vertigine e, quando si toccò la fronte, constatò di stare sanguinando. Osservò il rosso che le tingeva le dita con una strana intensità, inquieta al pensiero di quanto fosse vulnerabile, nonostante il potere che sapeva di possedere. Dopo un po’ si riscosse da quei cupi pensieri e cercò in un angolino buio della cella la crema miracolosa che le aveva portato Anter, poi la spalmò finché non venne totalmente assorbita dalla pelle. Si appoggiò alla parete in fondo alla cella, ripercorrendo le sue ultime azioni, chiedendosi dove avesse sbagliato, quale fosse stato l’errore che l’aveva ricondotta in quella segreta, nonostante avesse i suoi poteri e si fosse riappropriata del ciondolo di sua madre. A quel pensiero Layra si portò una mano al petto e provò un brivido di eccitazione nel sentire il ciondolo al proprio collo, nascosto dalla scollatura del vestito. Non riusciva a credere che né Amos né Drew si fossero ricordati di portarglielo via, ma era abbastanza probabile che non la reputassero pericolosa, con o senza il medaglione. In ogni caso, doveva trovare un modo per scoprire dove fosse Ally e fuggire. Non che non si fidasse di Anter, ma lei doveva fare qualcosa, doveva cavarsela da sola, lo doveva a se stessa. E poi, non era sicura di poter sopportare oltre, era stanca di subire continue prevaricazioni e di stare a guardare mentre altre persone soffrivano. Proprio quando credeva di potersi rilassare e avere tempo per pensare, sentì un rumore di i pesanti e delle voci avvicinarsi alla sua cella. “Cos’altro c’è, adesso?” pensò, stringendo i denti e innalzando delle barriere protettive intorno alla propria mente, mentre si alzava in piedi.

Quando arrivarono Amos, Drew e un drappello di guardie, lei provò un’ondata di angoscia, che aumentò quando nessuno di loro la degnò di uno sguardo. «Sono sicuro che sia qui.» stava dicendo Drew dirigendosi verso il muro, l’angolo opposto e più interno rispetto alla cella della ragazza. Layra raggelò quando capì che cercavano i aggi segreti, e sul suo viso si diffuse un pallore spettrale. Si accostò alle sbarre per seguire meglio la scena. Amos se ne accorse e, dopo averle rivolto una sola occhiata, le chiese: «Allora, principessa? Ci dai una mano?» Layra gli rispose con un’occhiataccia. Il sovrano si avvicinò alle sbarre e le domandò: «Erano i aggi segreti che tentavi di difendere? Ti saresti potuta risparmiare un bel po’ di dolore, se avessi deciso di collaborare.» La ragazza arricciò le labbra irritata da quel modo crudele di infierire, ma stavolta si guardò bene dal replicare. «Eccolo!» Nella voce di Drew c’era un senso di trionfo misto a stupore. Layra, come Drew, vedeva perfettamente il muro rientrato all’interno del aggio segreto, Amos invece non poteva, quindi si avvicinò al muro indicato dal ragazzo e se ne sincerò toccandolo e trovando il vuoto. Il sovrano guardò Layra e per un istante lei temette che lui stesse per infrangere le sue barriere, di nuovo. Venne presa dal panico quando lui le rivolse un sorriso ferino. Le si chiuse la gola quando sentì le barriere cedere e, mentre accadeva, capì che non dipendeva esclusivamente da Amos, era stata la sua paura a farle cadere e a lasciarla indifesa. “Non rispondi? Non t’interessa come l’ho saputo?” la stuzzicò lui. “No. Voglio che tu mi lasci stare!” rispose lei con rabbia. “Suvvia, principessa, non avrai creduto che Anter potesse sul serio liberare te e Ally?” Lui si finse stupito, poi le disse con tono perentorio: “Sì, so anche questo. Vedi, Layra? In un modo o in un altro sono in grado di venire a sapere tutto!”

Layra era rimasta completamente paralizzata. Non era possibile che lui sapesse quelle cose. L’unica che avrebbe potuto dirglielo era… “Ally non ha parlato! Ne sono certa.” pensò lei senza accorgersene, ma Amos colse lo stesso i suoi pensieri e le sorrise beffardo. “E chi altri potrebbe avermelo detto?” Poi il sovrano degli Elfi Oscuri tornò a ignorarla e ordinò a uno dei suoi soldati: «Rimani sempre vicino all’apertura del aggio. Se noti qualcosa di anomalo, comunicalo immediatamente telepaticamente e, se necessario, resta qui sino alla morte.» Layra era alquanto sconcertata dal modo in cui Amos aveva trattato quella guardia e non poté fare a meno di chiedersi perché non si ribellassero tutti insieme. Probabilmente Amos avvertì anche quei pensieri perché aggiunse indicandola: «Qualunque cosa accada a lei, qualunque cosa dica o faccia, non aprire la cella.» «Sì, signore.» rispose rigidamente la guardia, appoggiandosi al muro del aggio segreto nuovamente chiuso. Amos si voltò un’ultima volta verso Layra e, folgorandola con lo sguardo, la minacciò: «Non fare altre sciocchezze. Sei avvisata, Layra!» Lei incrociò le braccia al petto e rimase a testa alta mentre sosteneva il suo sguardo, rifiutandosi di mostrarsi arrendevole o di abbassarsi allo stesso servilismo della guardia. Non l’avrebbe mai fatto, si ripromise. Lui le voltò le spalle per andarsene, tuttavia le sussurrò mentalmente: “Rimarrai mia prigioniera per sempre. Hai rifiutato di collaborare e ora ne pagherai le conseguenze!” Layra strinse con forza le labbra e si obbligò a non pensare a niente. Solo quando fu sicura che Amos fosse lontano, si rilassò e scoccò un’occhiata verso la guardia. “Ci mancava solo che mettessero qualcuno fuori dalla mia cella. La prossima volta a cosa eremo? Si piantoneranno qui tutti gli Elfi Oscuri?” si chiese infastidita, guardandolo più attentamente: era un ragazzo, forse appena più grande di Anter; i capelli, alla fioca luce di una torcia, apparivano biondo cenere e gli occhi erano grigi. Quando lui incontrò il suo sguardo incuriosito, Layra avrebbe voluto distogliere

il proprio, ma qualcosa la fermò. C’era qualcosa di sbagliato in quello sguardo e dopo pochi secondi capì cosa fosse: non c’era traccia di derisione né di cattiveria in quegli occhi. “Come può essere? È un Elfo Oscuro, deve per forza essere contento di vedermi dietro le sbarre!” si chiese stupita, distogliendo immediatamente lo sguardo. Fu solo in quel momento che per la prima volta mise in dubbio le sue convinzioni. Sul serio tutti gli Elfi Oscuri erano malvagi come Amos? Poteva davvero classificare un’intera popolazione basandosi solo su alcuni individui? E gli Elfi della Luce? Di certo non tutti erano buoni, Drew ne era la prova vivente, ma allora? Dov’era il confine tra bene e male? Stavano forse sbagliando a organizzare una guerra contro gli Elfi Oscuri? “Accidenti!” imprecò lei tra sé e sé, poi si disse: “No! Loro hanno deciso di invaderci, di sottometterci e seviziarci! Sono tutti cattivi! Hanno ucciso tantissimi Elfi della Luce!” tentò di convincersi, allora tornò a rivolgere uno sguardo di sfida verso l’Elfo Oscuro. E lui le sorrise. Non era un sogghigno, né un sorriso maligno, era solo un sorriso senza sottinteso alcuno. “Perché? Perché mi sorride?” pensò lei quasi spaventata, vacillando di nuovo per poi tornare a ripetersi: “È un soldato di Amos! È anche lui colpevole dell’eccidio di quasi tutti gli Elfi della Luce!” Eppure quegli occhi erano troppo limpidi e quel sorriso troppo sincero per appartenere a un assassino, si rese conto lei. Non riuscì a resistere oltre e chiese: «Perché?» Il ragazzo inclinò leggermente il capo e, corrugando la fronte, domandò: «Perché cosa?» Lei trovava incredibile che lui le rispondesse in tono tanto normale, come se stessero scambiando quattro chiacchiere tra conoscenti, invece di vestire i panni di prigioniera e carceriere. «Perché fate tutto questo? Perché uccidere tanti Elfi della Luce? Perché è iniziata questa stupida guerra? Perché?» chiese Layra, tremando leggermente e

sgridandosi mentalmente per quella debolezza. «Eseguiamo solo degli ordini.» rispose lui calmo, quindi le chiese: «E perché, principessa, adesso siete così spaventata?» Lei sbatté le palpebre stupita. L’aveva sul serio chiamata “principessa” e le si stava rivolgendo formalmente? Avrebbe pensato che si stesse facendo beffe di lei, se non fosse stato così maledettamente serio e spontaneo. «L’ultimo Elfo Oscuro che ho visto mi ha colpita con un fascio di luce nera e per poco non mi ammazzava. Trai tu le conclusioni!» rispose lei sulla difensiva, ancora perplessa per il suo tono. Lo sguardo del ragazzo si addolcì, sorprendendola ancora di più, poi tentò di rassicurarla: «Avete sentito, no? Devo solo rimanere qui e non aprire la Vostra cella, ed è quello che farò né più, né meno.» Layra lo fissò ancora per un po’, aspettandosi forse che lui le ridesse in faccia, ma quando non accadde chinò lo sguardo e i suoi dubbi tornarono a tormentarla. I due non si scambiarono più nemmeno una parola e, anche se Layra ormai si era convinta che quell’Elfo Oscuro non le avrebbe fatto del male, non era sicura che fosse un bene. Se avesse potuto odiarlo sarebbe stato più semplice tentare di nuovo la fuga anche a rischio di doverlo ferire, ma adesso non riusciva a capire quanto fosse corretto. Era un soldato, certo, ma le sembrava così giovane e diverso, privo di tutto l’odio che aveva visto negli altri Elfi Oscuri. Quando giunse la notte lei non era sicura che sarebbe riuscita a dormire con tutti i pensieri che le correvano nella mente, eppure si scoprì abbastanza serena da chiudere gli occhi e quasi si abbandonò al sonno, quando improvvisamente sentì delle risate sguaiate e poco dopo nei sotterranei apparvero altri due soldati entrambi ubriachi. «Dylan, ragazzo, che ne disci di bere qualcoscia con noi? Ti posciamo dare il cambio!» propose uno dei due strascicando le parole, poi scoccò un’occhiata verso di lei e aggiunse: «E coscì è lei la prinscipesscia!» Il luccichio nello sguardo dell’Elfo Oscuro le mise la pelle d’oca e lei si tirò nella zona più interna della cella. Dylan, la guardia che aveva parlato prima con Layra, rispose conciliante: «No,

non mi va, però voi potreste andare a smaltire la sbronza da qualche altra parte. Perché se Amos vi scoprisse…» Lasciò la frase a metà sostenendo gli sguardi di entrambi gli uomini, in attesa che la minaccia sottintesa fe effetto. «Oh, avanti, Dylan! Anche se non vuoi bere, fatti dare il cambio! Sarai stanco.» disse l’altro uomo, con una brutta cicatrice su una guancia, che appariva un po’ più sobrio del compare. Guardò Layra intensamente e aggiunse lascivo: «Un bel bocconcino, non c’è che dire!» La ragazza si strinse le braccia intorno al corpo, mentre le risultava difficile respirare, poi la investì un’ondata di disprezzo per quegli individui e di rabbia al pensiero di essere totalmente inerme, imprigionata in quella cella. «Stare qui è compito mio! Quindi ora sparite o sarò costretto a fare rapporto!» disse Dylan, inflessibile. Layra li osservò e improvvisamente realizzò che sarebbe potuta andare diversamente se Dylan fosse stato un po’ più simile all’idea che lei aveva dei suoi nemici. L’Elfo Oscuro con la cicatrice strinse gli occhi a due fessure poi sbuffò: «Almeno facci salutare per bene la principessa! Dai, non fare il guastafeste.» «La cella non può essere aperta. Ora andata via!» ringhiò Dylan, innervosito. «Oh, andiamo! È sciolo una ragazza!» biascicò quello ubriaco, infilando un braccio tra le sbarre verso Layra, che si tirò indietro per sfuggirgli. Dylan lo afferrò per le spalle e lo spinse verso il suo compare, poi li avvertì: «Ora dovete andarvene. Non lo ripeterò ancora!» «Bene, bene.» brontolò quello ubriaco, barcollando. «Sì, ce ne andiamo.» confermò l’altro di malumore, trascinandosi dietro il compagno. Layra aveva stretto i denti ed era impallidita, perché malgrado tutto si era spaventata, conscia di ciò che poteva capitarle se fossero entrati, eppure quella guardia, Dylan, l’aveva impedito.

“Mi ha difesa, anche se non ha senso.” pensò lei, perché sebbene gli ordini di Amos fossero di non aprire la sua cella, Dylan non aveva motivo di mandare via gli altri due. «Non eri obbligato ad aiutarmi.» sussurrò lei flebilmente, lasciandosi scivolare a terra. Lui la guardò, poi sorrise tornando al proprio posto. «Vedete, principessa, contrariamente a quanto potete pensare, ho dei principi.» Layra s’incupì. «E questi principi ti permettono di uccidere?» Il suo sguardo s’indurì leggermente. «Non è una cosa che decido io. L’ho già detto, eseguo solo degli ordini.» «Potresti non farlo!» replicò lei, scoccandogli un’occhiata irritata. «Non è così semplice, principessa.» ribatté lui, senza distogliere lo sguardo dal suo. «Smettila! È una stupida presa in giro il modo ossequioso in cui mi parli!» scattò Layra, sentendosi così piena di sentimenti contrastanti che le sembrava di essere sul punto di esplodere. Dylan la scrutò, poi le disse dolcemente: «Riposati. Nessuno ti farà del male, se potrò impedirlo. Sei solo stanca.» Layra s’irrigidì ancora di più. Cosa stava succedendo? Perché mai quell’Elfo Oscuro non era un mostro come tutti gli altri? «Non voglio dormire.» s’impuntò lei. «D’accordo.» Dylan le sorrise, sicuro che lei sarebbe crollata per la stanchezza da un momento all’altro. Layra rifletté in silenzio per un po’, poi tornò all’attacco e gli chiese: «Perché hai deciso di partecipare a questa guerra?» «Non molli mai, vero?»

«No e non intendo iniziare ora.» replicò piccata la ragazza. Dylan la guardò negli occhi e le domandò: «Chi ti dice che io abbia deciso di partecipare?» «Ti hanno costretto?» chiese lei, sicura del contrario. «Ero convinto di proteggere la mia gente, la mia famiglia. Non sapevo…» S’interruppe senza sapere come continuare. «Non sapevi che non vi sareste limitati a imprigionare o a uccidere dei soldati della Luce? Non sapevi che avreste torturato donne e bambini per il gusto di farlo? Non lo sapevi? Ti aspetti che ci creda?» chiese lei, a denti stretti, infuriata per tutte le vite innocenti distrutte. «Si, se vuoi la verità, non lo immaginavo. Sapevo che c’erano antichi rancori, ma non credevo che si arrivasse a tanto!» replicò Dylan, guardandola intensamente. «E cosa credevi?» chiese Layra, con astio. Lui rimase zitto per un po’, poi ammise: «Sapevo che avremmo dovuto uccidere degli Elfi della Luce, ma non sapevo che sarebbe andata avanti per tanto tempo o che sarebbe finita in questo modo.» «Ti sembra giusto uccidere qualcuno?» «Ho visto morire alcuni dei miei compagni, per mano degli Elfi della Luce.» replicò piccato lui. «Questo invece va bene?» «No! È stato prima o dopo che avevate attaccato? Se è stato dopo, non puoi che biasimare Amos e il suo esercito, te incluso!» sbottò lei, completamente dimentica che lui avrebbe potuto benissimo farle del male, se avesse voluto. «Forse. Forse hai ragione, ma se voi Elfi della Luce vi arrendeste, tutto questo finirebbe.» «Certo, come no! Forse non hai capito bene: gli Elfi Oscuri godono nel fare del male agli Elfi della Luce! Arrendersi equivarrebbe a farsi torturare senza protestare, significherebbe diventare i vostri giocattoli. Significherebbe morire!»

ribatté lei, con foga. «Io sono un Elfo Oscuro e ti assicuro che non ho alcuna voglia di fare del male né a te né a nessun Elfo della Luce, se non è necessario.» «E quando sarebbe necessario fare del male? Non capisci che è proprio questa la cosa sbagliata? Non è giusto fare del male!» disse Layra, poi si appoggiò alla parete, esausta, e mormorò: «Non so nemmeno perché sto sprecando tanto fiato con te!» «Cosa faresti per difendere la tua gente?» le chiese Dylan a bruciapelo. Layra serrò le labbra e replicò: «Non siamo noi ad avervi attaccati!» Dylan finse di non averla sentita e continuò: «Li proteggeresti. Come? Uccidendo gli Elfi Oscuri, se necessario!» Il ragazzo si fermò di botto vedendo le lacrime riempire gli occhi di Layra. «Non piangere, la mia non è una critica. È solo una constatazione della realtà, né tu né io ne abbiamo colpa.» tentò di consolarla lui. Lei scosse il capo e, scacciando le lacrime con un gesto stizzito, ribatté: «Non è giusto, però! Come si fa a uscire da questa spirale di violenza, se la chiamiamo realtà? Dici che non ne abbiamo colpa, ma se non facciamo nulla per cambiare le cose, ne abbiamo eccome!» Dylan restò in silenzio per un po’, poi si avvicinò alle sbarre e chiese: «Cosa potremmo mai fare, secondo te?» Layra si stupì del suo tono, perché era sincero, quasi disperato, come se quello prigioniero fosse stato lui. Il ragazzo dovette accorgersi dell’assurdità della situazione perché, andosi una mano tra i capelli, rise nervosamente. «Non avrei dovuto chiedertelo, non rispondermi.» Lei non l’avrebbe fatto in ogni caso, nonostante lo reputasse diverso dagli altri aveva capito che avrebbe rispettato gli ordini ricevuti, eppure una parte di lei avrebbe voluto confrontarsi con lui.

Dylan fece per tornare al suo posto, tuttavia prima mormorò sottovoce: «Non dovrei dirtelo, ma non arrenderti, finché continuerai a lottare avrai una minima speranza di riuscita.» Layra lo guardò sconcertata e replicò sconvolta: «Lo sai che non ha senso che tu mi dica questo?» «Non avrebbe senso nemmeno se infierissi.» commentò lui. I due si fissarono a lungo, finché lei non accennò un sorriso. «Grazie.» La ragazza si stese in terra, poi dopo un po’ chiese ancora: «Se potessi scegliere adesso, che cosa faresti? Se ora potessi tornare a casa tua e smettere di combattere, cosa sceglieresti?» «A parole si è bravi.» Lui sorrise, fissando il soffitto, poi dopo un po’ rispose: «Non lo so. Immagino che sarebbe meglio se tornassi a casa, ma…» Si zittì quando vide Layra profondamente addormentata, allora si morse le labbra indeciso, prima di sussurrare: «Buonanotte, principessa Layra.»

Capitolo 11

Quando quella mattina si svegliò, Anter percepì chiaramente che qualcosa non andava. Era come se avesse dimenticato qualcosa e allo stesso tempo avvertiva un senso di urgenza che gli impediva di concentrarsi. Improvvisamente ricordò che Artis doveva parlargli. “Strano. Ho la testa totalmente vuota, stamattina.” pensò il ragazzo avventurandosi fuori per l’accampamento, in cerca del capitano. Notò subito che c’era uno strano fermento, tutti si allenavano febbrilmente o preparavano gli arsenali. Sembrava quasi che stessero per iniziare una guerra. Anter s’immobilizzò per un istante e realizzò incredulo: “Stiamo per liberare tutti!” Iniziò a correre alla ricerca di Artis, cercando di non andare a sbattere contro le diverse persone che si preparavano alla battaglia. Lo trovò che istruiva alcuni bambini con arco e frecce. Da quello che capì, loro avrebbero dovuto colpire da lontano gli eventuali inseguitori e, sebbene gli provocasse non poca rabbia che dei bambini venissero coinvolti in uno scontro, non era sicuro che avrebbero potuto rinunciare alla loro copertura. Appena il capitano intercettò lo sguardo di Anter gli si avvicinò ed esclamò: «Finalmente! Ma cosa ti è successo?» «Non ne ho idea! Piuttosto, aggiornami!» disse spiccio il ragazzo. Aveva la sensazione che qualcosa non andasse, ma non riusciva a capire cosa fosse. Avrebbe dovuto essere felice che finalmente le cose si muovessero, eppure, paradossalmente, temeva che fosse tutto troppo affrettato. «Stiamo ultimando i preparativi per portare via i prigionieri dal palazzo. Sarà rischioso e ci saranno dei morti, ma dovrebbe funzionare.» esordì Artis in tutta tranquillità. «Andremo in molti, entreremo dai aggi segreti e usciremo a forza con tutti i prigionieri.» «Layra e Ally?» chiese Anter, preoccupato. «Le libereremo con gli altri.»

Anter rimase in silenzio per un po’, poi disse: «No… non mi convince. Amos non se le farà portare via così facilmente!» «Amos non ne sa nulla! Inoltre la maggior parte delle persone qui sono ritenute morte! Non si aspetteranno mai tanti Elfi della Luce!» lo rassicurò Artis che poi gli diede una pacca sulle spalle. «Funzionerà! Fidati!» “Sì, di te mi fido ciecamente, come no! Mi fido così tanto che non ti affiderei nemmeno il fodero della mia spada, figurati se ti affido la vita di mia sorella e di Layra!” pensò cupamente Anter, ma fece un sorriso di circostanza. «D’accordo. Vado a prepararmi. Quando andremo?» «Oggi, dopo il tramonto.» lo informò Artis, poi si diresse verso alcuni spadaccini. “Al tramonto. Dovrei esserne felice… Invece ho una così tremenda sensazione! Sento ancora che dovrei ricordare qualcosa. Ma cosa? Accidenti!” rimuginò frustrato il ragazzo, tornando nella propria casa e gli venne quasi un infarto quando trovò qualcuno all’interno. «Ciao, Anter.» sussurrò la ragazza che gli stava davanti. Occhi verdazzurri, capelli castani lunghi e un diadema sulla fronte, questa era l’immagine che lui vedeva e che il suo cervello gli suggeriva fosse un’allucinazione. «Layra?» chiese incredulo. «Come…?» Lei gli si avvicinò e lo baciò, abbracciandolo forte. Anter avrebbe riconosciuto quelle labbra tra mille, ne era sicuro, e poterla stringere a sé fu come riprendere a respirare. Quando si allontanarono l’uno dall’altra per potersi guardare negli occhi, lei aveva i suoi leggermente umidi. «Mi sono proiettata, riesco a usare i miei poteri adesso. Mi serviva il mio ciondolo e un po’ di fiducia in me stessa. Mi serviva un buon motivo: tu.» Lui la strinse di nuovo, sussurrandole: «Non sai quanto mi sei mancata, ma presto ci vedremo di persona. Ti vengo a prendere, salveremo tutti al tramonto.»

Layra si staccò di scatto da lui, fissandolo. «Come?» «Attraverso i aggi segreti. Cos’hai?» chiese Anter dubbioso, vedendola improvvisamente spaventata. «Amos ha posto dei soldati vicino a ogni ingresso dei aggi segreti! Io non gli ho detto niente e secondo me non lo ha fatto nemmeno Ally.» spiegò Layra che poi aggiunse: «Deve essere stato qualcuno che conosceva i vostri piani, ma chi?» «Non ne ho idea… Allora non funzionerà mai! Non siamo preparati per affrontare l’intero esercito di Amos, sarebbe una carneficina! Devo informare Artis.» Layra socchiuse gli occhi, mentre le veniva un’idea. «E se…» iniziò, ottenendo la totale attenzione del ragazzo. «E se io fi qualcosa? Potrei neutralizzare la guardia posizionata davanti al aggio segreto che porta alle prigioni. Potrei aprire tutte le celle, con i miei poteri dovrei esserne in grado. Magari i prigionieri potrebbero iniziare a scappare! Io potrei cercare Ally e…» «No!» disse categorico Anter. «Ma…» mormorò confusa lei. «No, Layra. Fino ad ora Amos non ti ha uccisa, ma se si vedesse costretto? Se dovesse scegliere tra ucciderti o permetterti di scappare, cosa credi sceglierebbe?» chiese con foga Anter, poi si addolcì: «Morirei se dovessi perderti.» «Sai che per me sarebbe lo stesso! Come rischi tu devo rischiare anch’io! E poi, lo hai detto anche tu che hai dei dubbi sulla riuscita del piano!» affermò Layra, poi mise un dito sulle labbra del ragazzo, quando lui si accinse a replicare. «Anter, rifletti!» Lui le baciò le dita e ribatté: «Ho riflettuto e preferirei che tu non fi pazzie. Amos aspetta solo che tu faccia un errore per colpirti. Non dargliene l’occasione.» «Lo sto già facendo, sto usando i miei poteri e sai cosa? Non m’importa! Non voglio arrendermi, non lo farò!» disse Layra, poi strinse Anter e gli chiese: «Tu

giurami solo che non sarà l’ultima volta che ci abbracciamo così!» Anter avrebbe voluto replicare, ma in quel momento discutere non lo allettava nemmeno un po’. La guardò negli occhi e le mormorò: «Lo giuro.» Layra sorrise, ricambiando lo sguardo. «Adesso è meglio che vada.» «Aspetta un secondo.» mormorò lui, sfiorandole il diadema con dei piccoli baci. Layra avvertì un piacevole formicolio, mentre un benefico calore le scorreva nelle vene, riempendola. Sarebbe voluta rimanere lì per baciarlo, senza dover pensare a niente. Il ragazzo si scostò e sorrise soddisfatto guardandola in viso con aria sollevata. «Lo sapevo!» «Cosa?» chiese Layra, sentendosi ancora trasognata per quella magnifica sensazione. Anter la sospinse dolcemente verso il bagno, facendola specchiare. «Guarda il diadema!» esclamò trionfante. Era di un azzurro sfavillante. «Come è possibile? Me lo spieghi?» chiese lei incredula. «Non lo so, ma quando ho poggiato la mia fronte sulla tua il centro del diadema è ritornato azzurro. Doveva funzionare anche stavolta!» Anter la fece voltare verso di sé e la scrutò. «Fa’ attenzione e ricorda: niente rischi inutili!» «Certo.» Anter le fece un inchino. «A presto, mia principessa.» «A presto, mio principe.» Lei rise mimando una riverenza. «Io non sono un principe.» «Non importa. Per me lo sei.» Risero insieme per sdrammatizzare, poi si salutarono con un altro bacio,

riluttanti a separarsi ancora una volta. Layra indietreggiò di due i, allontanandosi da lui e, chiudendo gli occhi, racimolò tutta la sua forza di volontà per obbligarsi a tornare indietro. Quando li riaprì, le prime cose che vide furono le sbarre della propria odiata cella e degli occhi grigi che la squadravano inquisitori, senza nemmeno un briciolo della loro solita dolcezza. «Cosa hai fatto?» le domandò Dylan con fermezza. «Niente.» rispose lei con sicurezza, poi chiese: «Per caso ho parlato nel sonno?» «Non ci provare. Rispondi!» «Ho sognato. Vuoi i dettagli?» domandò Layra sbattendo le palpebre innocentemente. Lui fissò il suo diadema poi s’irritò e ripeté in tono inquisitorio: «Cosa hai fatto?» Layra incrociò le braccia al petto, replicando: «Non so di cosa parli!» «Forse ad Amos lo dirai.» la minacciò. «Dylan!» lo chiamò per nome, improvvisamente agitata. «Perché vuoi farlo? Non ti ha ordinato di controllarmi! E tu esegui solo degli ordini, no?» Il ragazzo avvertì il tono spaventato della ragazza e la soppesò con lo sguardo, indeciso. Non le doveva niente e sapeva che, se fosse accaduto qualcosa mentre lui era di guardia, Amos lo avrebbe eliminato senza rimorso alcuno; tuttavia non doveva nulla nemmeno al suo sovrano, rammentò a se stesso, così, sbuffando, affermò: «Forse non dirò nulla, ma sappiamo entrambi che tu hai combinato qualcosa che non dovevi! Se lo farai ancora allora sarò costretto a dare l’allarme.» «Non lo farò più, tranquillo.» Lei tirò un sospiro di sollievo. Dylan scosse la testa e ribadì: «Stai rischiando grosso.» «Me l’hai detto tu di non mollare.» Lei rise, per l’assurdità di tutta la vicenda e

l’adrenalina che le scorreva in corpo. Lui la osservò dubbioso e l’ammonì ancora: «Non farmi pentire di aver scelto di non dire nulla.» Layra rimase in silenzio. Non poteva dire che le dispie per Dylan, però non le faceva nemmeno piacere che le ire di Amos si scatenassero su di lui. “Insomma! È un Elfo Oscuro perché mai dovrei preoccuparmi per lui?” si sgridò lei. Lo guardò di sottecchi; quando si era proiettata da Anter aveva tentato di utilizzare meno energia possibile, per evitare di essere scoperta. Ora doveva usarne ancora meno, non dubitava che Dylan avrebbe dato l’allarme, se l’avesse sentita. Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi, voleva provare a proiettare solo la propria voce, non sapeva se ci sarebbe riuscita, ma almeno in teoria doveva essere fattibile. Con la mente cercò Coline in tutto il palazzo e quando finalmente la trovò, mentre puliva un pavimento del secondo piano, fu sollevata che fosse sola. Guardò ancora una volta Dylan, poi lasciò fluire un po’ di magia. Era strano, doveva concentrarsi di più sebbene l’energia liberata fosse minore, come se improvvisamente rischiasse di erompere tutta quanta fuori, come un fiume in piena. Quando avvertì la presenza della ragazzina, chiese: «Coline, mi senti?» Lei sobbalzò violentemente e si guardò intorno, poi scosse la testa, convinta di essersi solo immaginata quella voce. «Coline!» esclamò Layra, con una certa urgenza. «Layra? Sei tu? Dove sei? Non ti vedo.» sussurrò Coline sospettosa e spaventata. «Sì, sono io, ma sono ancora nelle segrete. Ho bisogno di un grosso favore.» disse Layra. La ragazzina prese un profondo respiro però accettò subito, sentendosi terribilmente in colpa per la storia della pozione e di Ally. «Dimmi.»

«Poco prima del tramonto dovrai venire nelle segrete, per avvisarmi. Fatti anche solo vedere, poi ci penso io.» disse Layra, quindi chiese: «Sai per caso dove sia Ally?» Coline annuì mestamente, ma Layra, non potendo vederla in quanto stava proiettando solo la voce, chiese: «Allora? Coline, non posso vederti!» «Ehm… sì. È in una cameretta del primo piano.» «Primo piano?» chiese Layra corrucciata, mentre pensava seccata: “È troppo vicina alla sala del trono” «Grazie, Coline. Ricorda: poco prima del tramonto. È importante!» «Farò come dici.» assentì Coline. Layra sorrise tra sé e sé nel tornare nel proprio corpo, soddisfatta della propria impresa, tuttavia quando scoccò uno sguardo a Dylan, lui ricambiò sospettoso. «Cosa c’è?» chiese lei, temendo di essersi fatta scoprire. «Nulla… solo… stai sorridendo?» Lei trovò una traccia d’incredulità nel suo tono. «Forse. Sai, stamattina quando mi sono svegliata mi sono sentita molto più ottimista.» Layra sorrise, dissimulando la preoccupazione per ciò che si era riproposta di fare. *** Nonostante lo scomodo e buio soggiorno nell’armadio fosse stato interrotto improvvisamente e né Amos né nessun altro fosse andato a tormentarla, Ally era più inquieta che mai. Non solo non aveva più visto Coline, con la quale avrebbe volentieri voluto chiarire, né aveva avuto più notizie di Layra, ma aveva anche capito che, se nessuno le aveva più chiesto di avere delle visioni, dipendeva dal fatto che credevano non potesse averle e dunque sapevano dei ribelli. Non che le dispie essere lasciata in pace, però non aveva intenzione di restare ferma ad aspettare di predire la morte di suo fratello o di Layra, così aveva iniziato quotidianamente a cercare una visione in particolare, che desse

almeno una speranza di fuga a lei e agli Elfi della Luce. Fino a quel momento le visioni erano state una più demoralizzante dell’altra, quando ne aveva, al punto che quel giorno voleva quasi rinunciare tuttavia tentò comunque, controvoglia, di attirarne una sé, che le si dispiegò nella mente con estrema semplicità, leggera come una piuma, frizzante come l’aria in estate. “Eccola!” pensò lei incredula, balzando a sedere sul letto, per poi sussurrare eccitata: «Sì! Evviva! Sì, sì, sì, sì, sì!» Sorrise entusiasta, non riusciva quasi a crederci. «Funzionerà! Deve funzionare!» disse lei e, guardando la porta della camera, la raggiunse quindi poggiò una mano sulla serratura. Se poteva trasformare uno straccio in un abito da sera, avrebbe potuto benissimo aprire una serratura, si disse. “Anche se dovrò affrontare la magia di Amos. Posso farcela!” Nonostante la determinazione della ragazzina dai capelli rossi, ci vollero addirittura delle ore perché la serratura cedesse e la porta si aprisse. “Finalmente!” pensò lei stancamente. Ally lanciò uno sguardo fuori dalla finestra e sorrise vedendo che mancava poco al tramonto. «Ora o mai più!» decise e azzardò qualche o fuori dalla stanza. Scoccò uno sguardo lungo il corridoio che portava alla sala del trono e un brivido le corse lungo la schiena. Era vicina, troppo vicina, ad Amos. “Via, via, via! Lontano da qui!” pensò lei, stringendo in mano una delle pozioni che le aveva dato Anter, mentre il cuore le batteva all’impazzata. “Devo andare nella stanza del secondo piano, da lì potrò accedere ai aggi segreti e potrò fare una scorta di pozioni.” stabilì tra sé e sé con la gola secca per l’ansia, temendo di poter fare troppo rumore anche solo respirando. «Ehi, tu! Ferma!» le ingiunse un Elfo Oscuro, appena voltato l’angolo.

Ally lanciò un grido e scagliò una pozione esplosiva, facendo saltare in aria la guardia. La ragazzina iniziò a correre, spaventata. Non era così che aveva immaginato la sua fuga. Dopo pochi metri fu costretta a usare l’altra e ultima pozione esplosiva contro altri soldati. “Accidenti!” pensò lei. Fortunatamente la stanza che cercava era praticamente dinanzi a lei e la porta non era chiusa a chiave, così Ally vi corse dentro, sicura di trovarvi la salvezza, invece rimase senza fiato, soffocando a stento un grido. Un Elfo Oscuro con una brutta cicatrice su una guancia era a guardia del aggio segreto e non appena la ragazzina fece per scappare, sentì la porta sbattere e chiudersi magicamente. «Dove corri, piccola?» le chiese con un sogghigno lo sfregiato. Ally strinse in mano una pozione protettiva, chiedendosi cosa fare. Se fosse riuscita ad aprire la porta… «Oh, io non ci proverei se fossi in te, piccola.» Lui rise, capendo le intenzioni della ragazzina, poi aggiunse attirandola con un gesto verso di sé: «Non puoi scappare da nessuna parte.» Ally ebbe in quel momento un’altra visione e per la prima volta non seppe dire se fosse il futuro o il ato. Di certo non erano eventi avvenuti nello stesso momento: bambine e ragazze che urlavano. Quell’essere si divertiva a toccare le ragazzine. Ally gridò con tutto il fiato che aveva in gola, nauseata da quella visione, poi creò un’onda d’acqua che investì l’Elfo Oscuro. Lui l’allontanò per la sorpresa e Ally velocissima lasciò cadere in terra la pozione protettiva, mentre ancora tremava. Ci fu un’iniziale nube di fumo, poi intorno ad Ally si formò una barriera circolare.

«Sei combattiva, piccola, ma non ti servirà a nulla!» Lui le sorrise spietato, attaccando la barriera. “Grazie, Anter.” pensò lei, quando la barriera resse anche i colpi più violenti. Appena la barriera iniziò a cedere, Ally gettò anche l’altra pozione, non voleva finire come le ragazze della sua visione, anche se sapeva che avendo un’ultima pozione avrebbe dovuto combattere per evitarlo e per farlo doveva seppellire la paura. Poi la porta si aprì e Ally sgranò gli occhi quando Drew vi entrò, preoccupandosi ancora di più quando lui disse: «Sapevo che eri qui, Ally.» «Oh, amico, andiamo! Lasciamela qui, la riporto io dovunque debba stare e ti garantisco che non proverà mai più a fuggire.» «Ti accontenterei davvero volentieri, ma Amos vorrà vederla. Sai, non doveva riuscire a scappare.» rispose Drew, fissando Ally con aria beffarda. «Se ci fosse Anter te la farebbe pagare, Drew!» sbottò la ragazzina, sentendo la barriera cedere, tuttavia smise di opporsi. Tutto pur di lasciare quella stanza il prima possibile. L’Elfo Oscuro improvvisamente scolorì in volto e si portò una mano sulla cicatrice, chiedendo: «Syrel?» «Sì, lei è la sorella. Magari te la porterò più tardi, se Amos non la uccide prima, che ne dici? Una sorta di giustizia poetica.» Drew ghignò, agguantando Ally per un polso e iniziando a trascinarla via. Le cose, decisamente, non dovevano andare in quel modo, pensò la piccola dai capelli rossi, impallidendo. «È stato Anter a fargli quella cicatrice?» chiese Ally, anche se la risposta era alquanto scontata. «Sì, ma se fossi in te mi preoccuperei di più di quello che lui farà a te!» Drew la scosse, poi commentò tra sé: «Ci dev’essere qualcosa nell’aria in questi giorni: avete provato entrambe a fuggire.»

«Sì, Layra è stata brava a ingannarti.» Ally sorrise per fargli dispetto, poi però si rese conto di ciò che aveva appena detto e si morse la lingua. Drew la fece fermare e la guardò negli occhi. «Hai ancora le visioni? Allora non hai bevuto la pozione!» «Tu come lo sai? Come sapete dei aggi segreti?» chiese Ally, ricambiando il suo sguardo. «Chiedilo ad Amos, sempre che tu ne abbia il coraggio.» Drew la spinse, imprecando qualcosa tra i denti. Ally vide come in un incubo le porte della sala del trono avvicinarsi: l’avrebbero ingoiata per non liberarla mai più e per un istante temette di aver rovinato ogni cosa. Era così spaventata che avrebbe potuto mettersi a strillare ma si obbligò a essere forte, doveva esserlo. “Anter, so che verrai a prendermi. Devo solo resistere!” pensò lei stringendo i pugni, mentre Drew la spingeva dentro la sala del trono. «Cos’altro c’è?» chiese Amos in tono brusco, evidentemente di pessimo umore. «Lei e Layra hanno deciso di stabilire un nuovo record in quanto a tentativi falliti di fuga.» fece Drew in tono beffardo. Amos squadrò Ally, gelandola con lo sguardo, poi le chiese: «Hai qualcosa da dire…» «No, veramente no.» lo interruppe lei, con aria indisponente. «…che possa farmi decidere di non ucciderti adesso?» terminò il sovrano, materializzando alcune sfere di energia. Ally le fissò spaventata tuttavia non proferì verbo, la pozione protettiva era stretta tra le sue dita paralizzate dal terrore. «Ha ancora le visioni.» affermò Drew, spingendola in avanti. Le sfere d’energia implosero su loro stesse.

La ragazzina incrociò le braccia al petto e, socchiudendo gli occhi, previde un imminente disastro. «Non ho tempo da perdere, Ally, e non riesco a decidere se mi crei più fastidi di quanto tu possa essermi utile, tuttavia voglio darti un’altra possibilità.» affermò Amos, ricambiando lo sguardo ostile della ragazzina. «Oh, non hai bisogno di decidere un bel niente, spero solo di averti dato più fastidi di quanti tu riesca a contarne!» replicò inaspettatamente Ally, poi aggiunse temeraria: «Sei pazzo se credi che farei mai qualcosa per aiutarti!» «È impazzita.» mormorò Drew, incredulo, ma ad Ally stava bene anche are per pazza, per infantile, per sconsiderata. Non avrebbe sopportato che qualcuno morisse perché lei aveva voluto forzare le sue visioni. «Devi aver previsto qualcosa di determinante per deciderti a parlare così, non è vero?» le domandò invece Amos e la ragazzina impallidì, urlando: «No! Che cosa stai dicendo?» «Attenta, non sai mentire.» l’ammonì lui, spingendola contro il muro con i suoi poteri. Ally sbatté la schiena e tossì, tuttavia replicò orgogliosa: «Eppure sono riuscita a mentirti parecchio, non trovi?» «Riguarda ancora tuo fratello, la tua nuova visione? Sì, so dei ribelli e so che Anter è con loro e, quando tornerà, lo ucciderò.» Amos sogghignò vedendo Ally impallidire ancora di più, senza parole per lo stupore. «Puoi scegliere, Ally, posso ucciderti adesso e allora non rivedrai mai più tuo fratello, oppure puoi collaborare e allora vi ucciderò entrambi quando sarete insieme.» Ally sussultò, capendo che ormai ad Amos lei non interessava più. Non l’aveva ancora uccisa perché si stava divertendo a provocarla, ma l’avrebbe fatto non appena si fosse stancato. Nonostante fosse l’ultima, gettò in terra la pozione protettiva e inevitabilmente le spuntò un sorriso. «Sfido chiunque a distruggere una barriera creata da una pozione di mio fratello.»

Amos la fissò negli occhi con odio, ma senza accennare ad attaccare. Fu Drew a sferrare un primo colpo. «Drew, fammi il favore!» replicò Ally con sprezzo, poi senza distogliere lo sguardo dall’occhiata furente di Amos disse: «Non sei all’altezza di mio fratello.» Come previsto, le cose stavano per peggiorare.

Capitolo 12

Coline prese un respiro profondo per infondersi coraggio e avanzò nel corridoio delle segrete, consapevole che il tramonto non avrebbe certo aspettato che lei si fe are i sensi di colpa nei confronti delle sue amiche. «Coline, cosa succede?» le chiese Artis appena la vide. «Nulla. Devo fare un favore a Layra.» tagliò corto lei a disagio, senza fermarsi; il capitano la afferrò per un braccio, domandando sospettoso: «Quale favore?» La ragazzina coi capelli neri strinse le labbra reticente, poi si divincolò senza rispondergli e corse verso la cella di Layra. Arrivò nella sala e non appena incontrò lo sguardo dell’amica, fuggì via. Dylan stava dicendo allarmato: «Cosa significa?» quando Layra chiuse gli occhi e lo colpì con un’ondata d’energia tanto forte da fargli perdere i sensi abbastanza in fretta, affinché non potesse dare l’allarme. «Mi spiace per te, Dylan.» sussurrò lei, concentrandosi sulle sbarre prive di serrature, ma ormai aveva capito come aprirle; ora sapeva che era tutta una questione di energia. Ne trasferì un po’ alle sbarre e quelle si aprirono senza alcuno sforzo apparente, anche se Layra sapeva che sarebbe stato impossibile per chiunque altro riuscire ad aprirle dall’interno. Uscendo dalla prigione Layra percepì una sorta di leggerezza, come se prima anche i suoi poteri fossero schiacciati dall’incantesimo inibitore che aleggiava nelle celle, rendendo impossibile, o quasi, la fuga. Probabilmente Amos aveva ragione, lei aveva davvero molto potere dentro di sé, ma sbagliava di grosso se credeva che non avrebbe imparato a usarlo. Svuotando la mente, iniziò a trasferire energia a tutti gli accessi delle celle e agli anelli dorati alle caviglie dei servi, che impediva loro di allontanarsi dal castello, pena la morte, poi la trasmise anche alle catene che legavano i prigionieri. Quando riaprì gli occhi e tornò alla realtà fu investita dal vociare dei prigionieri, increduli di quell’inaspettata libertà e lei corse nel corridoio che iniziava a riempirsi di reclusi e urlò per farsi sentire al di sopra del brusio: «Dobbiamo andare via! Adesso!»

Individuando due guardie, attirate dal trambusto, le colpì con delle sfere di fuoco e le mise fuori combattimento. Subito dopo il vocio si spense e tutti i prigionieri la fissarono, mentre lei ripeteva: «Svelti, andate verso il aggio segreto in fondo alle prigioni! Forza!» «Layra! Cosa combini?» le domandò Artis, afferrandola per le spalle. «Salvo il tuo piano che fa acqua da tutte le parti, tutto qui.» Layra sorrise, quindi disse seria: «Dovresti andare, è il tramonto. Presto…» Non riuscì a finire la frase che iniziarono le grida. «Anche il tuo piano non va bene! Sei troppo impulsiva, Layra!» le disse Artis preoccupato, ma la ragazza non lo ascoltò e si diresse verso le urla. Alcuni Elfi Oscuri stavano tentando di fermare un gruppetto di fuggitivi, i quali però erano determinati a fuggire a qualunque costo, anche rischiando di morire. Layra corse in loro soccorso, decisamente più in salute e meno debilitata di loro, e per lei fu facile eliminare una prima ondata di guardie ma presto capì di aver sottovalutato la situazione. «Ascoltatemi! Dovete nascondervi nei aggi segreti, Anter verrà a prendervi! Entrate da laggiù!» urlò lei, indicando il aggio segreto cui Dylan aveva fatto la guardia e il quale ora giaceva privo di sensi in una cella. «Cosa sta succedendo?» gridò Drew, allertato da tutto quel movimento. Layra trasalì quando sentì la sua voce, poi inspirò e, infondendosi coraggio, gli gridò in risposta: «Una rivolta, Drew, ecco che cosa succede.» «Layra!» ringhiò lui, tentando di colpirla con una sfera di fuoco verdastro. Lei schivò il colpo, poi contrattaccò, ma smise subito quando Drew si spostò in mezzo ai fuggiaschi di modo che, se lei avesse provato a colpirlo, avrebbe ferito anche loro. «Vigliacco!» gli urlò lei, cercando di non perderlo di vista, eppure lui riuscì ad avvicinarsi lo stesso e con un braccio le colpì di taglio il petto, togliendole il fiato. Layra boccheggiò tuttavia non si tirò indietro, anche se dopo una breve lotta Drew riuscì a metterla con le spalle al muro. Lei provò a ribellarsi, ma lui le

sibilò: «Ally è con Amos, quindi smettila subito!» La ragazza si fermò e lo fissò con astio. «Perché? Cosa vuole da lei?» «Ha tentato di scappare poco fa, pensa un po’.» le disse Drew, quindi le serrò le braccia e la spinse verso le scale, ignorando gli altri prigionieri, lasciando quell’incombenza ai soldati. Layra lo lasciò fare solo perché doveva raggiungere Ally il prima possibile, al punto che iniziò a camminare quasi più velocemente di lui. Drew si fermò e la trattenne, sbeffeggiandola: «Dove corri? Hai paura per Ally?» «Smettila, Drew!» Lei si ribellò, decisa ad andare nella sala del trono anche da sola. Lui rise poi le confidò: «Forse fai bene a sbrigarti, visto che tra un po’ Ally morirà.» «Cosa?» mormorò Layra, mentre il mondo le franava sotto i piedi. Ovviamente ricordava le minacce di Amos, ma non credeva le avrebbe attuate. Ally possedeva un dono rarissimo, era mai possibile che il sovrano degli Elfi Oscuri volesse privarsene? Drew gongolò prima di riprendere a spingerla e lei lo odiò come non mai. Stava parlando di una bambina che lui aveva visto crescere negli ultimi sei anni, come poteva godere così tanto nel saperla in pericolo di vita? In vista della sala del trono, Layra si liberò dalla presa di Drew e corse incontro ad Ally, stringendola forte. La piccola aveva una guancia arrossata e le lacrime le bagnavano il viso, Layra non l’aveva mai vista più spaventata e più indifesa. «Andrà tutto bene, te lo prometto.» le sussurrò piano, cercando di rassicurarla. «Layra, sei giunta giusto in tempo per vederla morire.» la interruppe Amos, spietato. La ragazza gli scoccò l’occhiata più velenosa che le riuscì e replicò furiosa: «Non azzardarti mai più a sfiorarla!»

Il sovrano degli Elfi Oscuri ricambiò il suo sguardo e le sorrise beffardo. «Dille addio e supplicami di ucciderla in fretta.» Ally tremò tra le braccia dell’amica. Un’improvvisa esplosione attirò la loro attenzione su ciò che stava accadendo all’esterno e Amos fissò Layra con odio, domandandole inquisitorio: «Cosa hai fatto?» Lei sussultò e serrò le labbra rifiutandosi di rispondere. Nel momento in cui si sentì spingere contro la parete, il suo diadema s’illuminò e ostacolò l’attacco di Amos che la scrutò con rinnovato interesse, notando solo allora il suo diadema totalmente azzurro. «Non è un caso che abbiate tentato la fuga proprio adesso!» esclamò lui mentre un sorriso freddo gli aleggiava sulle labbra, poi si voltò verso Drew e comandò: «Dai l’ordine di uccidere tutti gli Elfi della Luce. Stanno per provare un ridicolo attacco, o mi sbaglio, Layra?» Lei non replicò nemmeno a quella provocazione, chiusa in un ostinato silenzio, mentre iniziava a valutare quante possibilità avesse lei, in quel momento, di sconfiggere Amos, perché sapeva che si sarebbe arrivati a uno scontro se lei e Ally volevano uscirne vive. «Sei proprio sicura di volermi sfidare, principessa?» la provocò Amos, intuendo le sue intenzioni; nonostante il tono sardonico, il suo sguardo tornò a soffermarsi per un istante sul diadema azzurro della ragazza, che replicò furiosa ed esasperata: «Noi ce ne andiamo e se proverai a fermarci, giuro che ti ucciderò!» Ally smise di piangere e sollevò lo sguardo sull’amica, sconvolta dalla sicurezza nella sua voce. Amos sorrise come se avesse sentito una battuta, poi replicò: «Layra, ti rendi conto di quanto sia ridicolo?» La ragazza non intendeva sopportare oltre e attaccò con delle sfere di fuoco di cui alcune andarono a segno, costringendo il sovrano a indietreggiare, mentre con un gesto spegneva le fiamme. «È ancora ridicolo?» chiese Layra, sollevando le sopracciglia.

Amos contrattaccò repentino ma la ragazza eresse una barriera che andò in frantumi insieme al colpo, quindi spinse via l’amica, dicendole: «Ally, mettiti al riparo!» «Sì, credo sia meglio, perché Layra sta per subire una memorabile lezione.» commentò il sovrano, deciso a sedare il suo spirito ribelle una volta per tutte. «Io?» chiese lei, mentre Ally si riparava dietro una colonna. «Io, invece, sono convinta che sarai tu quello che verrà sconfitto! Credo che ti farebbe bene!» Amos l’attaccò ancora e fu come se tutto avvenisse al rallentatore: Layra vide un fulmine nero, dall’aria letale, avanzare verso di sé e improvvisamente individuò un punto debole in quell’ammasso di energia. Le era già capitato, ai tempi dell’Opposizione, dove aveva scoperto che quel potere incredibilmente raro le permetteva di vanificare qualsiasi attacco. Layra sferrò sul punto debole un colpo di luce e il fulmine scomparve nel nulla prima di aver raggiunto il bersaglio e per la prima volta Amos sembrò realmente sorpreso, forse persino scioccato. Sul volto della ragazza spuntò un sorriso, che si trasformò presto in un’espressione concentrata quando colpì Amos con tutta la propria energia, facendolo indietreggiare fino al muro. «Basta così, Layra!» ringhiò lui adirato. «Come ci si sente?» domandò lei senza dargli tregua con una gragnola di colpi, poi avanzò verso di lui sfoderando il pugnale nascosto sotto il vestito e puntandoglielo contro, gli chiese: «Lo riconosci?» «Se non la smetti subito, ti assicuro che erò il resto dell’eternità a torturarti.» la minacciò Amos, rimanendo immobile, con lo sguardo che mandava lampi azzurri incandescenti. Anche lei non si mosse, tenendo ben saldo il pugnale dal giglio bianco contro il potente sovrano, e replicò: «In tal caso ti elimino adesso, così non correrò rischi!» Lui alzò impercettibilmente una mano, ma Layra reagì all’istante ferendogli il braccio e la ferita assunse subito una colorazione bluastra intorno al taglio rosso,

come se il pugnale fosse avvelenato. «Stai fermo!» gli intimò lei mentre il pugnale e la mano che lo teneva iniziavano a tremare. «Sei spaventata, principessa? Con quel coltellino non riuscirai a fare nulla! Tremi come una foglia.» la schernì lui, nonostante la lama gli sfiorasse la gola. «Voglio vedere se riderai dopo che ti avrò ucciso!» proruppe lei, ma fu solo dopo che ebbe parlato che si rese conto che l’avrebbe fatto davvero. Le sembrava impossibile togliere una vita, anche se era quella di Amos, ma sapeva di non avere alternative e questa consapevolezza le faceva paura. «Non puoi farlo…» stava dicendo lui, mentre Layra gli teneva il pugnale sotto la gola quando Ally lanciò un grido ed esclamò: «No, Layra, ferma!» Amos sogghignò e confermò sardonico: «Sì, principessa, ascoltala. Tu non conosci la tua storia, io sì.» «È orribile.» mormorò Ally tra sé, sconvolta. «Cosa c’è?» chiese Layra esasperata. Calò il silenzio. Ally era troppo scioccata, mentre Amos attendeva divertito, nonostante Layra lo stesse ancora minacciando. «Spiega: perché non dovrei ucciderti?» gli ordinò Layra, provando una sottile soddisfazione nel farlo. «Prima abbassa il pugnale.» «Prima spiega, altrimenti me ne infischierò e ti ucciderò ugualmente, chiaro il concetto?» replicò lei con durezza. «Come vuoi, principessa. Come dicevo tu non conosci tutta la storia, non avrei mai invaso gli Elfi della Luce senza delle garanzie, non sono uno sciocco.» «Su questo ho i miei dubbi.» «Pertanto approfittai della nascita della primogenita degli Elays… di te. Ti ho legata a me con un incantesimo quand’eri ancora in fasce, se fossi morto io, saresti morta anche tu. Ecco perché non puoi uccidermi… moriresti.» raccontò

Amos, godendosi lo sconcerto e la paura nello sguardo di Layra, mentre lei prendeva consapevolezza di ciò che significava. Non aveva mai avuto nessuna possibilità. Subito dopo lui agì troppo velocemente perché la ragazza reagisse e, approfittando del suo smarrimento, le strappò il pugnale di mano, buttandolo lontano. La spinse a terra e le chiese: «Ti ho sconvolto, principessa?» Lei impallidì quando lui la sovrastò con un sogghigno malsano. «Ovviamente non avevo calcolato che avrei dovuto tenerti in vita, né che saresti diventata una tale seccatura, ma non farti illusioni: se tu dovessi morire a me non capiterebbe nulla.» Layra guardò verso di lui, a occhi sgranati. Cosa le aveva promesso? Eterne torture? Avvertì un brivido gelido lungo la schiena, perché non aveva alcuna idea di come poterlo contrastare, non riusciva a vedere alcuna via d’uscita da quella situazione. “Anter, ti prego, sbrigati! Ho bisogno di te!” invocò silenziosamente Layra, sperando che il ragazzo riuscisse in qualche modo a sentirla. *** Erano partiti alcune ore prima del tramonto dall’enorme spelonca che era stata la loro casa e il loro campo di addestramento, tutti insieme e tutti armati, al punto da potersi considerare un piccolo esercito. Anter si trovava davanti all’armata guidata da Rock, affiancato da Sean e Diane che tacitamente lo avevano accostato prima della partenza. Ilys era in fondo, nelle retrovie e non aveva più avvicinato né infastidito Anter. Il ragazzo fremeva per arrivare, angosciato dalla brutta sensazione che qualcosa sarebbe andato storto. Non aveva detto ad Artis cosa Layra gli avesse rivelato sui aggi segreti, non poteva se aveva intenzione di salvare le ragazze, tuttavia aveva avvisato quanti più Elfi della Luce possibile di essere pronti a uno scontro con l’esercito di Amos. Quando arrivarono, trovarono il caos assoluto: alcuni Elfi della Luce

scappavano, terrorizzati al punto da ignorare i compagni che venivano ghermiti dagli Elfi Oscuri, i quali gridavano ordini tra loro, presi alla sprovvista da quell’inaspettata ribellione e ancora più impreparati all’attacco dei ribelli, ma non per questo meno feroci o privi di scrupoli. «Accidenti… credo che dovremo formulare un nuovo piano.» imprecò Rock, mentre il semplice piano di radunare i prigionieri diveniva improvvisamente complicatissimo. «Non c’è tempo!» obiettò Anter rivolto a tutti, poi aggiunse: «Dobbiamo aiutarli adesso, altrimenti non ci sarà nessuno da salvare!» I ribelli si divisero e mentre i più forti e dotati nelle armi tenevano a bada gli Elfi Oscuri, i restanti iniziarono a radunare i prigionieri sbandati e li guidarono in piccoli gruppi verso le grotte. Contemporaneamente giunse la notizia di prigionieri nascosti nei aggi segreti delle prigioni, che vennero prontamente liberati, ma tra loro Anter non trovò né Ally né Layra e il pensiero che fosse capitato loro qualcosa di terribile tornò a tormentarlo. Avrebbe voluto lasciare il gruppo e correre a cercarle, ma ovunque si girasse vedeva persone bisognose di aiuto, in pericolo, e lui non poteva ignorarle, anche perché ognuna di loro avrebbe potuto essere Layra o sua sorella e in tutta quella confusione lui continuò a cercarle. A un certo punto si sentì chiamare e voltandosi vide Artis che lo raggiunse e gli disse: «Dobbiamo ritirarci!» «Io non mi muovo senza Ally e Layra!» replicò Anter. «Non puoi andare là dentro da solo! Sono con Amos.» lo informò anche Rock, che gli mise una mano sulla spalla, come per consolarlo. «Non puoi fare nulla per loro, devi tornare con noi.» «Non sarà solo.» asserì Diane, nello stesso istante in cui Sean diceva: «Andremo con lui!» Anter sussultò e si rese conto solo in quel momento che i gemelli non lo avevano abbandonato nemmeno per un istante, erano restati accanto a lui per guardargli le spalle e, quando li fissò negli occhi, vi lesse una determinazione pari alla propria.

Non riusciva quasi a crederci, possibile che fosse stato tanto preso dai propri problemi da non essersi accorto di aver trovato degli amici? «Grazie! Andiamo!» «Anter, no! Ally e Layra sono nei guai perché sono state impulsive! Devi tornare con noi, subito!» intervenne Artis, che lo trattenne afferrandolo per un braccio. «Io non ti devo nulla e non prendo ordini da te! Prima ti stimavo, ora provo solo disgusto per la tua codardia!» lo rimbeccò Anter. Artis sbiancò e lasciò immediatamente il ragazzo, che rincarò: «Vai, Artis, porta tutti in salvo. Corri, mi raccomando! Ci penso io a salvare le persone che amo!» Detto questo Anter si voltò e corse all’interno del castello seguito da Sean e Diane. «Ragazzi, aspettatemi qui, vado da solo!» affermò Anter, fermandosi in fondo alle scale. «Aspetta! E noi cosa dovremmo fare? Siamo qui per aiutarti!» lo interruppe Diane. Anter li guardò negli occhi e sapeva che, se avesse detto che temeva per le loro vite, non lo avrebbero mai assecondato, così accennò un sorriso e improvvisò: «Lo so e potrete aiutarmi aspettandomi…» Estrasse una mappa con i aggi segreti e, seguendo alcuni cunicoli col dito, disse: «Qui! Proprio qui.» Indicò sulla cartina poi la consegnò ai gemelli. Sean gli diede una pacca sulle spalle. «Terremo il aggio libero e vi apriremo la strada. In bocca al lupo.» «Crepi!» Anter annuì. «Vedi di tornare!» Diane gli buttò le braccia al collo, scompigliandogli i capelli, poi gli sussurrò: «Non posso farci nulla: non riesco a vederti se non come un ragazzino.» «Ehi!» protestò Anter. «Ho solo tre anni meno di voi!» «Vai… Tanto lo sappiamo che con la spada batteresti chiunque, giovane o no che

tu sia.» dissero in stereo i gemelli, sorridendogli. Anter si era abituato alla loro sincronia e non poté fare a meno di sorridere, poi però avvertì come una fitta alla testa e, sebbene fosse molto diverso dal modo in cui riuscivano a parlarsi abitualmente, con la loro particolare telepatia, riuscì a sentire la voce di Layra nella propria mente: Anter, ti prego, sbrigati! Ho bisogno di te! Il ragazzo iniziò a correre, divorando con rapide falcate i gradini e arrivando al primo piano si diresse verso la sala del trono senza tentennamento alcuno, la spada già estratta. Quando arrivò gli apparve davanti una scena che aveva visto molte volte nei suoi incubi: Layra era in terra e Amos torreggiava su di lei, minacciandola con la spada. Anter fece irruzione nella sala rapido come un fulmine, poi fece incontrare le due lame. «Fermo! Non osare farle ancora del male, non te lo permetto!» Layra lo guardò incredula, però una piccola parte razionale di sé la obbligò ad alzarsi e a raggiungere Ally che tremava, gli occhi spalancati, fissi sul fratello. Amos invece sorrideva. «Non me lo permetti? Come?» gli chiese, liberando la lama da quella del ragazzo che non gli rispose e, mantenendo lo sguardo concentrato sulle spade, disse rivolto alle ragazze: «Aprite il aggio segreto.» «Non uscirete di qui vivi.» ringhiò Amos, attaccandolo con estrema violenza. «Lo dici tu!» replicò Anter, sostenendo l’attacco e contrattaccando. Layra aveva gli occhi sgranati e ad ogni impatto tra le due lame sussultava. Ricordava fin troppo bene come fosse andato l’ultimo scontro tra i due e il disastroso esito. «Layra, vieni ad aiutarmi!» la chiamò Ally con urgenza, mentre tastava il muro nel punto in cui ricordava dovesse esserci il aggio segreto. La ragazza corse ad aiutarla, col cuore a mille all’ora, mentre il fragore del metallo la lasciava frastornata. «Trovato!» esclamarono le ragazze quando il portale si aprì, poi la piccola chiamò: «Anter!»

Layra non lo fece. Capì dallo sguardo di lui cosa avesse in mente, voleva che lo lasciassero lì e scapero. «Io non mi muovo se tu non vieni con me!» affermò la ragazza. «Layra!» protestò Anter, parando un fendente. «No, non ci provare! E poi ho una nuova filosofia: non prendere ordini da nessuno eccetto me stessa.» «Layra…» gemette lui a denti stretti, in difficoltà, poi, appena ottenne un minimo vantaggio, continuò: «...ottima filosofia.» «Grazie.» rispose lei preoccupata. Sarebbe voluta intervenire, ma i duellanti erano troppo vicini e per di più si muovevano troppo velocemente per colpirne uno senza rischiare di ferire l’altro. Come se non bastasse, Amos stava avendo la meglio, forse erano state le chiacchiere a distrarre Anter, ma era palese che non ce l’avrebbe fatta comunque, era come se la spada con su il marchio del giglio nero fosse circondata da un alone oscuro e si muovesse di vita propria. «Mi spiace informarti, principessa, che con me non potrai utilizzare questa filosofia.» Amos sogghignò, quindi aggiunse: «Con me sarà precisamente l’inverso.» «Stai zitto!» ringhiò Anter esasperato e furente al pensiero di ciò che Layra e Ally avevano dovuto are. «A sinistra!» gridò la piccola nello stesso istante. Anter senza riflettere portò la spada a sinistra e parò una stoccata di Amos, poi esclamò: «Grazie, sorellina, sei grande!» «Non c’è di che.» sospirò lei, senza dire che aveva visto quel colpo uccidere il fratello. Lo scontro non durò ancora a lungo, Amos disarmò Anter che istintivamente si tirò indietro, evitando un altro colpo fatale. Layra lo raggiunse e gli si mise davanti facendogli da scudo. «Stagli lontano!» disse ad Amos pensando: “Prima di uccidere lui, dovrai

uccidere me!” «Ally, vattene!» esclamò Anter, sperando che almeno lei si salvasse. «Fai solo un o e ti garantisco che tuo fratello morirà.» affermò Amos, puntando la spada contro i due giovani. Ally si fermò indecisa, troppo terrorizzata per rischiare e coi nervi così logorati da sentirsi paralizzata dopo aver ascoltato tutte quelle minacce di morte. «Basta così!» tuonò una voce femminile. Si voltarono tutti verso la soglia della sala del trono, sorpresi di vedervi Coline, ma la voce non era la sua, sembrava più profonda e permeata di potere, troppo adulta per il suo corpo di bambina. In realtà tutto in lei era strano, diverso. I capelli scolorirono in un bianco quasi accecante, come anche gli occhi, bianchi con dentro la pupilla nera, alquanto inquietanti. Decisamente non sembrava lei. «Hai fatto loro anche troppo male, adesso li lascerai andare!» disse ancora, rivolta al sovrano. Layra realizzò che non poteva essere la stessa ragazzina spaventata che conosceva lei. Amos fece un lugubre sorriso. «Non mi dire… ho avuto come serva una dea celeste? E io che ero convinto di averle viste tutte!» fece sardonico, poi si voltò verso Layra, Anter e Ally, che stavano tentando di scappare e li colpì, sbalzandoli in terra. «Mi spiace deludervi, ma voi non scapperete così facilmente.» Tornò a rivolgersi alla dea: «Sei una dea celeste, quindi non puoi intrometterti in questa guerra. Ti è vietato, non credere che non lo sappia, conosco bene le Antiche Leggi.» «Ho già infranto le Leggi. Come vedi sono confinata in un corpo mortale… però ti sconsiglio di sottovalutarmi.» replicò pacatamente la dea. Amos socchiuse gli occhi, poi si aprì in un sorriso freddo come la lama di un pugnale. «Hai detto corpo mortale, vero? A conti fatti puoi morire, ne vale la pena, per tre ragazzini?»

Layra, Anter e Ally assistevano a quello scambio di battute, interdetti e spaventati: se ciò che avevano sentito era vero, perché mai quella dea avrebbe dovuto sacrificarsi per loro? «Ne vale sempre la pena!» soffiò lei, poi muovendo rapidamente le braccia attaccò per prima. Fu un colpo formidabile, Layra, Anter e Ally ne avvertirono la potenza travolgente anche se non ne furono nemmeno sfiorati. La spada di Amos volò via in fondo alla sala, mentre lui invece era rimasto lì, in piedi, con gli occhi che emanavano odio puro, eppure immobile, colpito da un tipo di magia troppo antica e potente persino per lui. «Andiamo!» esclamò la dea raggiungendo i ragazzi, mentre i suoi capelli cominciavano a ritornare neri e l’energia intorno a lei andava scemando. Pochi istanti dopo la dea si ritrasformò in Coline, un cambiamento talmente subitaneo da non poter essere colto in tutta la sua complessità, poi la ragazzina perse i sensi e non cadde solo perché sostenuta da Anter, che la prese in braccio ed entrò nel aggio segreto, seguito immediatamente dalla sorella. Layra lanciò un’ultima occhiata ad Amos e rabbrividì nel vederlo ancora in piedi, nonostante il colpo sicuramente devastante che aveva ricevuto, ma ciò che l’atterrì davvero fu lo sguardo che le lanciò, perché vi lesse la promessa di una spietata vendetta. Lei gli voltò le spalle e richiuse il aggio segreto dietro di sé, eppure lui la raggiunse anche lì e lei raggelò nel sentire la sua voce nella mente, incredula che ne avesse ancora la forza. “Non sei al sicuro, Layra, non lo sarai mai. Scappa più lontano che puoi, io ti troverò comunque e allora pagherai.”

Capitolo 13

Layra e Anter, che portava Coline in braccio, seguirono Ally, che con le sue premonizioni li guidava attraverso i cunicoli. Inizialmente nessuno di loro aprì bocca, tutti troppo consapevoli di aver sfiorato la concreta possibilità di morire, tuttavia, quando Coline iniziò a riprendersi, si fermarono in una galleria al pianterreno e si rasserenarono appena lei aprì gli occhi. «Come ti senti?» le chiese Layra. «Io… sto bene. Cosa è successo? Non ricordo nulla. Cosa ci faccio qui?» esclamò la ragazzina, sostenendosi sulle proprie gambe e guardandosi intorno stupita. Layra e Anter si scambiarono uno sguardo, poi il ragazzo disse: «È meglio andare. Eventualmente ne parleremo quando saremo al sicuro.» Quando uscirono da un aggio nascosto in una nicchia nell’androne d’ingresso, vi trovarono Sean che rivolse loro un mezzo sorriso e li rassicurò: «Via libera… per ora.» Nei dintorni c’erano diversi Elfi Oscuri colpiti mortalmente da delle frecce. «Dov’è Diane?» chiese Anter, mentre prendeva una delle spade dei caduti. «Ad aprirci la strada. Sai come è fatta: deve essere sempre in prima linea.» scherzò Sean, indicando con un gesto vago i nemici sconfitti. «Parlate di me?» domandò la diretta interessata, dirigendosi verso di loro, la faretra quasi vuota e l'arco con una freccia pronta a colpire. Layra rimase impressionata dalla somiglianza dei due gemelli, quasi identici tra loro. «Chiacchieriamo dopo.» ribadì Anter, desideroso di allontanarsi da lì il prima possibile e nessuno ebbe voglia di protestare. Quando uscirono, scoprirono che Artis aveva preso Anter in parola, non c’era più nemmeno l’ombra degli Elfi della Luce. I sei fuggiaschi si rifugiarono all’ombra degli enormi portoni del castello per decidere come fuggire senza farsi

scoprire dai nemici che pullulavano nel cortile. «Corriamo nella foresta, da lì tenteremo di arrivare alle grotte.» propose Diane sottovoce. «Amos mi disse che era sorvegliata dalle sue guardie.» ricordò Layra, scuotendo la testa. Sean le sorrise e le indicò gli Elfi Oscuri che nel cortile tentavano di limitare i danni riportati e dissentì: «Sono tutti qui. Inoltre, se proprio ne incontrassimo qualcuno, Diane ed io siamo qui apposta.» Le ammiccò e con un sorriso malizioso aggiunse: «Per voi qualunque cosa, principessa Layra!» «Piantala, Sean!» sbottò Anter, un po’ infastidito che l’altro prendesse l’intera faccenda con tanta leggerezza. Layra e Sean si scambiarono uno sguardo complice e la ragazza si finse civettuola, anche se a dirla tutta le veniva quasi da ridere, mentre sospirava. «Oh, Sean, mi hai rassicurata come nessuno potrebbe mai fare!» «Layra!» esclamò Anter, sorpreso più dal tono che dalle parole di lei e quando si voltò verso i due, loro scoppiarono a ridere, cercando di non fare rumore e di soffocare l’ilarità. «Mi prendete in giro.» sbuffò il ragazzo, poi li sgridò: «Rischiamo di morire e voi mi prendete in giro!» Layra lo abbracciò e gli rivolse un sorriso così innocente da essere disarmante. «Non te la prendere. Ho avuto così tanta paura negli ultimi tempi che ora sono stufa di averne.» Anter non trattenne un sorriso tenero e le sussurrò: «D’accordo, d’accordo, ma preferirei essere al sicuro il prima possibile.» Sean gli mise una mano sulla spalla e confermò: «Sì, ora andiamo!» «Muoviamoci!» concordò Diane, scoccando un’occhiataccia al fratello. Coline era un po’ perplessa nell’osservare quei ragazzi infischiarsene della propria sicurezza e stava per far notare che erano ancora all’interno della

fortezza ma, vedendo che anche Ally sghignazzava divertita per la scena appena svoltasi, lasciò stare, anche perché ora sembravano aver riacquistato tutti la serietà e appena ne ebbero l’occasione si affrettarono a raggiungere la foresta e a scomparire tra la vegetazione, sicuri solo di doverne uscire prima che iniziassero le ricerche. *** Nel frattempo a palazzo, appena Amos riuscì a muoversi, si diresse immediatamente nelle segrete, ora completamente vuote, a parte per alcuni suoi soldati, che stavano aprendo una cella in cui era rinchiuso il giovane Elfo Oscuro che lui aveva messo a guardia del aggio segreto lì di fronte. «Tu!» lo apostrofò Amos, spingendolo con il pensiero contro il muro della cella e, immobilizzandolo, inveì: «Maledetto incapace! Ti avevo detto di controllare quella ragazzina e tu invece te la sei fatta scappare!» «Non è andata così!» protestò Dylan ancora frastornato, poi si difese: «Per prima cosa lei non è una semplice ragazza, è un’Elays! Ha usato tutte le proprie forze per mettermi fuori combattimento prima che potessi dare l’allarme!» Si rese conto di essersi appena rivolto in modo più che sconveniente al suo sovrano. Si obbligò a chinare il capo e mormorò: «Sire, chiedo perdono.» Odiò ogni singola sillaba. Amos strinse i denti, furente nel sentirsi ricordare quanto Layra fosse potente e il solo pensiero che lei, da sola, fosse riuscita ad avviare una rivolta, gli fece perdere del tutto la calma. Fissando con disprezzo il ragazzo dinanzi a sé, affermò: «Dovrei ucciderti in questo istante!» Dylan capì che sarebbe morto e non perché si fosse lasciato mettere fuori combattimento, ma piuttosto perché lui era il più vicino sui cui Amos potesse sfogare la sua collera e lo trovò tremendamente ingiusto. Aveva deciso di morire fissando il suo assassino negli occhi, sebbene il terrore, osservando quegli abissi gelidi, non fe altro che aumentare, tuttavia in quel momento arrivò Carnes, il generale delle truppe, che proruppe: «Sire, li hanno individuati! Sono entrati nella foresta, delle squadre stanno andando a cercarli!» La presa su Dylan scomparve e il ragazzo per poco non caracollò a terra, sorpreso; poi il sovrano gli ordinò con aria di superiorità: «Vai anche tu, trovali e

forse non morirai.» Dylan non si sentì affatto grato, al contrario ribollì di rabbia quando Amos, rivolto anche al resto dei soldati, aggiunse: «Li voglio morti, tutti tranne Layra. Fate in modo che lei veda i suoi amici morire.» Poi si allontanò anche lui, per unirsi di persona all’inseguimento dei fuggitivi. I momenti seguenti furono frenetici, l’aria era satura di urla, comandi, rumore di zoccoli e sferragliare di armi, eppure Dylan riuscì a isolarsi da tutti quei suoni, la testa piena soltanto di quella ragazza, di quella principessa, così piena di vita e di forza; non la incolpava per avergli fatto perdere i sensi, né per avergli mentito, anzi era sorpreso che dopo tutto ciò che doveva aver subito avesse ancora la forza di ribellarsi, forza che lui non aveva, per questo temeva con tutto il suo essere di trovarsi davanti la ragazza e doverla riconsegnare al suo crudele sovrano. Fu per uno strano scherzo del destino che proprio Dylan, da solo, avesse individuato il gruppetto di fuggitivi, in un momento di massima vulnerabilità per Layra, che si trovava separata dagli altri a causa dell’odiato vestito, rimasto impigliato in un roveto. Anter si voltò verso di lei, forse per intuito, forse attratto dal rumore, nell’esatto istante in cui Dylan le si avvicinò da dietro e le cinse con un braccio la gola, strappandole un sussulto di sgomento. «Layra!» esclamò Anter sfoderando la spada, mentre Diane incoccava una freccia. «Fermi!» ordinò Dylan, stringendo con più forza la ragazza, che si guardò bene dal gridare. «Neanche un gesto, o sarebbe Layra a ferirsi.» Anter e Diane rimasero immobili, pronti però ad attaccare, ma l’Elfo Oscuro li ignorò, costringendo Layra a voltarsi per guardarla negli occhi, occhi adesso pieni di un particolare miscuglio di paura e furore. «Potevi uccidermi ma non l’hai fatto. Perché?» le chiese Dylan cercando la risposta nel suo sguardo. Layra sgranò gli occhi, sorpresa suo malgrado, e fu sincera nel rispondere: «Perché? Perché credevo fossi diverso. Perché mi hai difesa. Perché non mi hai tradita.»

«Mi dispiace.» le sussurrò Dylan, prima di gridare ai propri compagni: «Qui non ci sono!» Layra aveva il fiato sospeso e le occorsero alcuni secondi per capire ciò che quel ragazzo aveva appena fatto, poi Dylan la liberò, abbozzando un sorriso rammaricato. «Mi spiace di aver usato la mia testa solo adesso. Mi raccomando, fai attenzione.» Poi si rivolse ad Anter, ricordandosi di lui, del ragazzo che aveva sfidato Amos e che era sopravvissuto per raccontarlo. Sperò di avere altrettanta fortuna. «Abbi cura di lei.» Il ragazzo era alquanto confuso però confermò: «Poco ma sicuro.» Layra sorrise, poi strinse la mano di Dylan e mormorò: «Grazie. Stai attento anche tu.» «Ci rivedremo. Ora andate! Correte!» la salutò l’Elfo Oscuro, mentre lei si univa agli amici. Layra aveva temuto per un istante di aver sbagliato nel risparmiare Dylan, ma ora sapeva che non avrebbe potuto fare scelta migliore, come anche capiva che non tutti gli Elfi Oscuri erano crudeli e spietati. Anter le cinse le spalle con fare protettivo poi le sussurrò ironico: «Uffa, sono geloso! È dura essere innamorato della principessa più bella di tutte!» Layra rise tra sé, anche se sapeva che lui si era spaventato almeno quanto lei alla comparsa di Dylan, se non di più, e mentre gli altri ragazzi stavano ancora commentando l’assurdità di quell’incontro, lei gli confessò sottovoce: «Come credi che mi sentissi tutte le volte che vedevo Iris ronzarti attorno, all’Opposizione?» Anter accennò un sorriso, scuotendo la testa, poi la strinse di più a sé e si decise ad aggiornarla: «A proposito di Iris… ha una gemella, Ilys. È impressionante, è identica a lei e ce l’ha a morte con me perché non ho salvato la sorella.» «Ma tu non hai potuto salvarla, c’è una bella differenza!» protestò Ally, che stava origliando. «Di cosa parlate?» chiese Diane, incuriosita.

Anter, Ally e Layra si scambiarono un’occhiata, poi il ragazzo sospirò e riassunse la tragica morte di Iris per mano di Drew e la seguente persecuzione di cui era stato reso oggetto da Ilys. «Ah, avevo notato una certa ostilità tra di voi… ma credevo che dipendesse dal fatto che le fosse venuta una cotta per te.» fece Sean, cercando di alleggerire la tensione. «Come, prego?» chiese Layra in tono neutro. «Più che una cotta, è un’ossessione.» sbuffò Anter, poi rivolto a Layra e ad Ally, disse: «Per questo vorrei che non abbiate il benché minimo contatto con lei.» «Non starai esagerando?» chiese Diane. Anter non incrociò lo sguardo di nessuno quando ammise: «Mi ha minacciato. Non voglio che faccia del male anche alle persone che amo. Vuole vendicarsi, vuole farmi provare ciò che ha provato lei nel perdere la sorella e non so fin dove sia disposta a spingersi.» «Perché non ce l’hai detto prima?» chiesero in coro i gemelli. «Perché… non sapevo se potevo fidarmi, lo ammetto. Avete visto cosa è successo con Rock e Artis. Mi dispiace.» «Non scusarti, probabilmente avremmo fatto lo stesso.» lo consolò Diane, poi dopo poco esultò: «Guardate! Siamo al limitare della foresta. Siamo fuori pericolo!» «Non è presto per dirlo?» domandò Layra. Avevano camminato molto velocemente e senza soste, ma le sembrava ancora di essere troppo vicina al castello. «No, tranquilla, andrà tutto bene.» la incoraggiò Sean, che poi aggiunse: «Penso sia giusto se ci presentiamo come si deve. Io sono Sean e lei è Diane. Anter ci ha parlato di te, specificando che odi essere trattata come la principessa che sei.» Layra arrossì imbarazzata e asserì: «Sì, non voglio nessun trattamento di favore, voglio essere soltanto me stessa.»

«Ah… se tutti i sovrani fossero così.» commentò Diane in tono polemico, poi sorrise. «Sento che diventeremo amiche.» Anter aveva osservato la scena con il sorriso sulle labbra. Era contento, finalmente aveva ritrovato le persone che amava, aveva degli amici e le cose sembravano andare finalmente nella direzione giusta. In quel momento videro dei cavalli dirigersi verso di loro e tutti e sei i ragazzi si fermarono, paralizzati al pensiero di essere stati scoperti a pochi metri dalla libertà. «Accidenti! Pensavo che fossimo fuori pericolo, ormai!» sbuffò Anter, stringendo l’elsa della spada. «L’avrai pensato troppo presto, allora! Non sai che porta sfortuna?» lo prese in giro Sean, armandosi a sua volta. «Aspettate.» intervenne Coline che, socchiudendo gli occhi, fissò le figure in avvicinamento, poi esclamò: «È mio fratello!» Layra e Anter si scambiarono uno sguardo, sentendo con gioia le rispettive voci l’una nella mente dell’altro. “Anche lui sarà… come Coline?” “Non ne ho idea. A essere un ragazzino eccezionale è eccezionale… Ma anche io lo sono!” si vantò scherzosamente Anter. “Scemo!” Layra rise, poi aggiunse: “È bello non avere paura dei propri pensieri. Sai, Amos riusciva a leggerli. Era assai frustrante non poter fare né pensare nulla!” “Amore, non pensarci più. Non intendo mai più lasciarti sola con lui!” la rassicurò Anter, per poi tornare alla realtà quando Rowan saltò giù da un cavallo e si fiondò tra le braccia della sorella, urlando euforico: «Coline!» «Row! Oh, Rowan, sono così felice che tu stia bene!» «Anch’io!» Il bambino rise, poi disse: «Artis aveva detto che eravate morti, ma io lo sapevo che stavate bene, lo sapevo!»

«Shh! Meglio non gridare, qui. Andiamocene!» Sean gli scompigliò i capelli, quindi montò su un cavallo. Rowan era riuscito a uscire di nascosto e a portare con sé quattro cavalli, che lui avrebbe dovuto condurre nelle stalle interne alle grotte, quindi tre di loro avrebbero dovuto viaggiare in coppia. «Layra, vieni con me?» fece maliziosamente Sean. «No, viene con me. Vero, Layra?» chiese Anter, pronto a dar battaglia. «Certo che no! Anter, devi stare un po’ con la tua sorellina, non sai quello che ha ato!» ribatté Layra, fingendosi scandalizzata, mentre Ally rideva divertita. Sean stava già sogghignando, sicuro di averla avuta vinta, quando Layra tese una mano a Diane, chiedendo candidamente: «Posso montare con te?» La ragazza rise di cuore, poi aiutandola a salire disse: «Per fare dispetto al mio fratellino? Certo che sì!» Sean si finse indignato, soprattutto quando rimase solo sul cavallo, mentre Rowan e Coline divisero l’ultimo. Anter sorrise alla sorella che si appoggiò al suo petto e, sospirando, mormorò: «Ho temuto davvero di non rivederti.» «Tornerò sempre per te, Ally. Sempre, non dubitarne mai.» replicò lui, carezzandole i capelli ramati. Ally gli prese la mano e la strinse forte, poi gli confidò: «Ha detto che mi avrebbe ucciso e io riuscivo solo a pensare che poi tu avresti sofferto. Ho avuto paura.» Anter s’irrigidì, mentre la paura raggelava anche lui, che si era voluto convincere che almeno Ally fosse al sicuro, protetta dal raro e potente dono della premonizione. Non gli era difficile immaginare Amos che versava altro sangue innocente, eppure non trovò nessuna parola di conforto per la sua sorellina. «Anter, te lo sto dicendo solo perché tu sappia che posso gestirlo. Non sono più una bambina.» continuò Ally, la voce sonnacchiosa mentre si adagiava meglio su

di lui. Lui prese a cullarla dolcemente e si trattenne dal dire che per lui sarebbe stata sempre la sua bambina, perché in fondo non era vero. Stava crescendo, lo vedeva benissimo, e l’unica cosa che poteva fare era restarle accanto e appoggiarla sempre e comunque. Quando incrociò lo sguardo di Layra, lei gli chiese se andasse tutto bene e lui le sorrise rasserenato, mentre realizzava che entrambe erano riuscite a superare orrori impensabili, diventando ancora più forti. In seguito i due si lanciarono spesso delle occhiate di complicità, che riempirono entrambi di gioia, almeno finché non arrivarono alle grotte. Anche lì si respirava la felicità di tutti gli Elfi che si erano ritrovati, l’opprimente cappa di paura che Anter ricordava nei primi giorni vissuti lì era totalmente scomparsa. Ovunque si guardasse c’erano persone che si abbracciavano e ridevano, tuttavia, quando videro l’espressione di freddo disappunto di Artis, che li aspettava all’ingresso della spelonca, Anter e Layra persero il sorriso, consapevoli che la sua riprovazione era diretta a loro. «Sarai soddisfatto, adesso, spero.» disse il capitano rivolto ad Anter. «Smettila, Artis! Anter ha salvato la vita a me e ad Ally! È stato eroico!» replicò Layra con un moto d’irritazione. Lei non poteva sapere dei trascorsi tra i due, eppure il solo tono di voce con cui si era rivolto ad Anter glielo rese odioso e di conseguenza la spinse a difendere il ragazzo a spada tratta. Artis spostò lo sguardo duro sulla ragazza, senza addolcirsi minimamente. «Principessa, credo di aver sbagliato nel giudicarti. Sei troppo impulsiva ed egoista per essere una regina come si deve.» Diane sentì l’amica trasalire e tutti poterono vedere gli occhi di Layra sgranarsi e appannarsi di dolore. Anter strinse una mano sull’elsa della propria spada, incredibilmente arrabbiato. «Artis! Come puoi…» S’interruppe e ringhiò: «Se vuoi vendicarti per quello che ti ho detto oggi, non hai motivo di ferire Layra, prenditela esclusivamente con me!» «Il mondo non gira intorno a te, egocentrico che non sei altro.» lo apostrofò

Artis che poi lo ammonì: «Se non rispetterai la mia autorità sarò costretto a chiederti di lasciare questo posto.» I ragazzi ammutolirono increduli e il capitano ne approfittò per concludere: «Voi altri venite via, soprattutto voi bambini, meno li frequenterete, meglio sarà per tutti.» Coline e Rowan obbedirono, scesero da cavallo e corsero via spaventati dal tono alterato dell’uomo che rappresentava la loro guida; Diane invece, tremante di rabbia, dopo essere smontata da cavallo, incoccò una freccia e la scoccò facendole descrivere un’alta parabola di modo che atterrasse davanti ad Artis, che si voltò infuriato. «Lascia stare i miei amici, Artis. Sei ingiusto e lo sai! E se proprio vuoi saperlo, quello egocentrico ed egoista sei tu!» affermò la ragazza, senza alcun tentennamento. «E codardo!» aggiunse Sean, scendendo da cavallo e aiutando Layra a fare altrettanto. La ragazza era ferita nell’anima, non riusciva a spiegarsi per quale ragione Artis li stesse trattando con tanta durezza, soprattutto dopo che con lei si era comportato da amico e l’aveva incoraggiata quando lo aveva conosciuto nelle segrete. Sembrava che adesso non gli importasse nulla di lei o di Anter, anzi dava quasi l’impressione che avrebbe preferito se loro non fossero tornati. Anche Anter e Ally smontarono da cavallo e raggiunsero il gruppetto, mettendosi accanto a Layra, che si sentì sfiorare i fianchi dal braccio del ragazzo e la mano da Ally, che gliela strinse con forza. Artis li squadrò con occhi duri, notando sicuramente i gesti affettuosi e di o reciproco, poi disse a denti stretti ad Anter e Layra: «Mi avete deluso entrambi! Non voglio avere tra i piedi ragazzini viziati, spero di essermi spiegato!» Anter strinse Layra a sé, desiderando che quelle aspre e ingiustificate parole non la colpissero e appena Artis se ne andò, esplose: «Maledetto!» Ally strinse anche la mano del fratello, cercando i suoi occhi per calmarlo. «Non pensateci. Probabilmente… No, non ha scusanti! È stato maledettamente ingiusto!» proruppe Diane, altrettanto furente.

Sean sbuffò e chiese: «Ma perché non gli hai piazzato quella freccia in…» «Per non abbassarmi al suo livello!» lo interruppe la gemella, battendo i piedi per terra. I due gemelli erano veramente indignati e avrebbero continuato a lungo a ingiuriare contro Artis, o addirittura sarebbero stati capaci di dare il via a una piccola sommossa, quando Layra li fermò, gemendo: «Ragazzi, basta. Per quanto mi riguarda ho solo bisogno di riposarmi… e di un bagno.» Non aveva né la voglia, né la forza di analizzare l’improvviso voltafaccia di Artis, rischiava di soffrirne e non ne aveva la benché minima intenzione, non per un tipo del genere. Anter annuì, scuro in volto. «Sì, meglio non pensarci… altrimenti temo che farei qualcosa di cui poi potrei pentirmi!» Sean sorrise e confermò: «Giusto, pensiamo ad altro. A proposito, vorrete stare nella stessa casa, immagino.» Anter e Layra si guardarono arrossendo, entrambi avevano infatti colto il tono malizioso del ragazzo, e fu Ally a rispondere per loro: «Sì, certo. Sarebbe possibile trovarne una abbastanza grande, così posso starci anche io senza disturbarli?» «Quando mai hai disturbato?» domandò Layra sconcertata, mentre Anter esclamava: «Sei impazzita?» «Come faccio a sapere se vi disturbo o no? Insomma non vi vedete da tanto tempo e così ho pensato che…» iniziò a spiegare Ally, mentre i due tornavano ad assumere una tonalità bordeaux e alla fine Anter interruppe la sorella: «D’accordo, capito! Basta così, grazie!» «Tranquilla, Ally, so perfettamente dove potreste abitare!» Diane rise dirigendosi con Ally verso alcune case di pietra. Anter e Layra avanzarono imbarazzati e Sean li accostò dicendo: «Ally è davvero adorabile, ha un’energia inesauribile. E voi due siete davvero una bella coppia, lo sapete? Seriamente, solo un pazzo tenterebbe di dividervi, o di farvi arrabbiare.»

«Certo che lo sappiamo. Se non manterrai le distanze però dovrò ucciderti, senza rancore ovviamente.» Anter sorrise, scherzando. «Ovviamente!» Sean rise. Layra sorrise per un breve istante, poi però incrociò per un momento degli occhi verdi, che la osservavano da un gruppetto di persone, e lei si rabbuiò, riconoscendo quegli occhi. «Cosa c’è?» le chiese Anter, accortosi di quel cambiamento d’umore. «Nulla, non preoccupar…» In quel momento una ragazza bionda la urtò con la spalla e lei incontrò di nuovo quegli occhi, che la guardarono con disprezzo. La proprietaria di quello sguardo esibì un ghigno privo di gioia ed esclamò beffarda: «Uh… la principessina! Quale piacere! Quale onore! Una totale nullità!» «Sparisci, Ilys!» l’apostrofò Anter, frapponendosi tra di loro, mentre si chiedeva infastidito quando sarebbe finita quell’interminabile serata. «Altrimenti?» Lei rise. «Le cose iniziano a farsi interessanti adesso, non lo sai?» «In realtà, da adesso ci lascerai stare!» replicò Layra serrando i pugni. Ilys sollevò le sopracciglia sorpresa, poi sorrise. «Non credo proprio, principessina. Ora che sei qui mi sarai utile per distruggere il tuo innamorato. A proposito!» Si rivolse ad Anter in tono cattivo: «Non dovrebbe essere qui anche la tua sorellina? Non pensi che dovrei conoscerla?» «Adesso basta!» esplose Layra, poi affermò: «Se ti avvicini ad Ally giuro che te ne pentirai!» Ilys rise divertita poi spintonò la ragazza, che barcollò esausta dopo tutto ciò che aveva ato quel giorno. Anter prese Ilys per un braccio e le disse: «Non ti azzardare a toccarla!» «Tu invece puoi toccare me?» replicò lei, divincolandosi. Il ragazzo la lasciò subito, fremendo per il nervosismo, allora intervenne Sean che domandò alla ragazza bionda: «Insomma, hai finito? Su, vattene e se proprio

non hai nulla da fare, sono sicuro che avranno bisogno di qualcuno come te per spalare letame nelle stalle!» Ilys lo guardò perplessa per alcuni istanti, poi s’arrossò in viso per la furia. «Come ti permetti? E poi, chi diavolo sei?» Sean la lasciò a sbraitare da sola, visto che la ignorò e, cingendo le spalle di Layra e Anter, li spinse ad allontanarsi, voltandosi ogni tanto per controllare che lei non li seguisse, folgorandola con uno sguardo di sufficienza. «Inizio a chiedermi se non stessimo meglio a palazzo, a questo punto!» sbottò Anter di malumore, fortemente scoraggiato. «Oh, lasciate perdere.» commentò Sean, lasciandoli andare quando raggiunsero Diane e Ally, che erano rimaste in disparte. «Chi era quella?» chiese la piccola dai capelli rossi, mentre Diane le teneva ancora le mani sulle spalle magre, per trattenerla. Anter e Layra, mano nella mano, esitarono, così fu Sean a rispondere: «Una ragazza molto sciocca che non ha tutte le rotelle a posto.» «Era Ilys, vero? Di spalle sembrava proprio Iris.» mormorò Ally con una smorfia di tristezza. Lei era stata uno dei maggiori bersagli delle frecciate di Iris, ma ora che sapeva che Drew l’aveva condizionata con la magia non era più così sicura che quelle cattiverie fossero proprie della ragazza. «Forza, vedrete che basterà are un po’ di tempo insieme, vi farà bene.» li incoraggiò Diane, conducendoli lontano dalla folla e dalle case in pietra, in una zona più defilata delle grotte, illuminata solo da globi luminosi che galleggiavano a mezz’aria. Ally lanciò un gridolino di gioia quando arrivarono a un’isolata abitazione e vi corse dentro senza aspettare gli altri, che erano rimasti fuori a osservarla. Era diversa dalle altre, più grande e soprattutto non era in semplice pietra ma in mattoni. Anter chiese scettico: «È disabitata?» Diane rise. «Era troppo isolata e Artis voleva avere tutti i suoi seguaci intorno!»

Layra sorrise. «È perfetta!» «Anche la mia lo sarebbe per te.» le disse Sean per stuzzicare Anter, sghignazzando sotto i baffi. Anter, guardando Layra di sottecchi, tentò di sopprimere un sorriso invano, mentre la ragazza ridacchiava ricambiando il suo sguardo con complicità. Diane invece diede uno scappellotto al gemello, sibilandogli: «Piantala!» «Lascialo fare, non mi sento affatto minacciato!» Anter rise. «Minacciato da cosa? Guarda che non sono un oggetto! Decido io con chi stare.» Layra si finse indignata. «Ben detto! I ragazzi dovrebbero sapere che sono le donne a prendere le decisioni.» concordò Diane. Sean incrociò le braccia al petto e mise il broncio come un bambino. «Presuntuose!» «Ah, noi?» chiese Ally battagliera, tornata a conversazione iniziata. «Su, basta!» Anter la prese in braccio, scoprendo di essere veramente stanco. «Vedi, fratellino? Anter è più maturo di te, quando invece dovrebbe essere il contrario!» Diane sospirò ironicamente. Sean arricciò le labbra, poi però sorrise e ammise: «D’accordo, gli concedo che è più maturo di me, però…» Si avvicinò a Layra e le scoccò un bacio all’angolo delle labbra. «Un bacio te lo rubo.» le sussurrò divertito. Anter e Layra si guardarono interdetti, mentre Sean correva via, inseguito da un’inferocita Diane che gli urlò un centinaio di minacce di morte. Non riuscirono ad arrabbiarsi, il gesto era stato così spiritoso e fatto con innocenza che nessuno dei due ne era rimasto turbato più di tanto. Ally fece spallucce e commentò: «Certo che Sean è un tipo davvero strano, però è simpatico.» Poi gli occhi presero a brillarle al pensiero della casa e iniziò a saltellare, dicendo: «Dovreste vedere com’è dentro! Se vedeste i bagni! Ci sono vasche da bagno da sogno… Io sto preparando la mia! È fantastico! Potrei

preparare dei vestiti, ho trovato della stoffa che fa al caso nostro. E poi, Anter, prepareresti la cena? Dopo ridipingiamo le stanze?» Anter tappò con una mano le labbra iperattive della sorella e, sorridendo, le giurò: «Tutto quello che vuoi!» Ally sorrise, poi inaspettatamente scoppiò in lacrime. «Sono così felice! Così felice! Non posso crederci! Pensavo che sarei morta in quel posto!» Anter e Layra si chinarono ad abbracciare la piccola, che si lasciò coccolare per un po’, poi però sorrise birichina e li confortò: «Ora però va tutto bene. Adesso è meglio che vi lasci soli, ve lo meritate!» Ammiccò al fratello, che si scoprì a provare un misto di nostalgia per la vecchia e infantile Ally e di orgoglio per la nuova maturità della sorella. Appena Layra e Anter si trovarono da soli in casa, il ragazzo chiese: «Allora… Sean bacia bene?» «Uhm, non ho al momento altre labbra con cui fare il paragone. Dovresti baciarmi.» lo prese in giro Layra. Anter si rese conto solo allora che non si erano ancora baciati, non c’era stato tempo durante il salvataggio e la loro rocambolesca fuga, così si sbrigò ad accontentarla. Si baciarono a lungo, prima dolcemente, poi sempre con più ione, finalmente erano solo loro due, non c’era paura, non c’era prigionia a dividerli; continuando a baciarsi, i loro corpi trovarono il letto spazioso e vi si adagiarono. Layra sussurrò con le labbra che sfioravano quelle di lui: «E Sean mi avrebbe baciato? Non me ne sono nemmeno accorta.» Anter sorrise, baciandola ancora più profondamente, poi le disse: «Mi sei mancata terribilmente. Non riuscivo nemmeno a respirare senza di te: quando me ne sono andato ti ho lasciato il mio cuore…» «…e ti sei portato via il mio.» mormorò Layra tra i baci, poi lo guardò negli occhi scuri. «Io non lo rivoglio indietro.» «Nemmeno io.» Anter sorrise. «È molto più al sicuro con te. Molto più felice.»

Layra sentì le lacrime tornarle agli occhi, ma stavolta di gioia. «Ti amo.» Anter la baciò in risposta e in quell’istante Ally aprì la porta della loro stanza e chiese: «Posso intromettermi?» «Certo!» Layra rise, troppo contenta per prendersela. Ally e Anter si guardarono e quest’ultimo chiese alla sorella: «Era proprio necessario?» «No. Ma, sai com’è! Dovevo verificare…» La piccola ridacchiò. «Non vi seguo.» si lamentò Layra. Anter spiegò: «Qualche anno fa, Ally ed io stringemmo un patto: io potevo… fidanzarmi solo se la ragazza in questione non avesse tentato di dividerci. Era una prova.» «Superata a pieni voti.» Ally sorrise, poi girandosi disse: «Ora vado veramente a farmi un bagno che duri da qui all’eternità!» Appena la porta venne chiusa, Anter e Layra si guardarono ancora per qualche istante poi lui si stese sul letto e sospirò. «Già, l’eternità! Io so con chi vorrei arla.» Layra appoggiò il proprio capo sul suo petto, stringendolo forte. «L’eternità.» ripeté in un sussurro, desiderando intensamente che potesse essere vero, ma credendoci poco. In seguito i due ragazzi si divisero il bagno e Anter concesse cavallerescamente la precedenza a Layra, che godette dell’acqua calda e rilassante per tutto il tempo che riuscì a resistere lontana da lui. Quando ebbe finito asciugò i capelli con i propri poteri e riuscì addirittura a trasformare un asciugamano in un vestitino corto azzurro, con sotto dei sottilissimi pantaloni blu, che le aderivano come una seconda pelle. Si sentì rinascere. Quando uscì trovò Anter steso sul letto, con un braccio sugli occhi e lei camminò in punta di piedi, attenta a non svegliarlo, ma lui disse: «Non sto

dormendo, tranquilla.» Layra si sedette sul letto accanto a lui, guardandolo. Lui spostò il braccio e ricambiò il suo sguardo. «Pensavo.» «A cosa?» chiese piano lei. «Pensieri troppo dolorosi, non voglio rattristarti.» affermò lui distogliendo lo sguardo. «E se io volessi ascoltarti lo stesso?» chiese con dolcezza Layra, intrecciando le dita con quelle di Anter che alzò lo sguardo e disse desolato: «Tutta questa pace non durerà per sempre, vero? Ci troverà.» Layra naturalmente capì che si riferiva ad Amos e sospirando ammise: «Ci ho pensato anch’io. Prima o poi capirà dove siamo.» Anche adesso che erano al sicuro, sentivano l’incombente presenza del pericolo su di loro. Non era finita, non era finita per niente, Amos li stava cercando e se non avessero combattuto per le persone che amavano, allora le avrebbero perse. «È chiedere troppo voler vivere con la persona che amo?» domandò Anter, attirandola delicatamente a sé, e lei non poté non accoccolarsi accanto a lui. «Non avresti dovuto innamorarti di me.» mormorò lei, tremando a quella prospettiva. Anter volse il capo verso di lei, guardandola negli occhi. «Ma io ti amo e gli impedirò di farti ancora del male! Lo ucciderò se necessario.» Layra abbassò lo sguardo, pensando a ciò che le aveva rivelato Amos, ma decise di non dire nulla. “Se Anter sapesse che uccidendolo morirei anch’io, non combatterebbe al meglio delle proprie possibilità e Amos non aspetta altro che strapparmi Anter per sempre.” pensò cupamente lei, consapevole che se quella storia fosse finita con la morte del sovrano degli Elfi Oscuri, lei non sarebbe sopravvissuta. Lei non avrebbe mai visto il lieto fine che tutti loro meritavano. «Scusa. Non avrei dovuto parlare di… di lui.» mormorò Anter, accortosi che la ragazza si era incupita, non immaginando minimamente cosa la turbasse realmente. «Mi dispiace.»

«Non devi dispiacerti. È semplicemente una realtà che non possiamo ignorare… ma che può aspettare un paio di giorni, che ne dici?» Layra sorrise, provando a bandire i cattivi pensieri. Anter le sfiorò una guancia con una carezza fino ad arrivare al diadema, tentennò, poi carezzò anche quello con un tocco delicatissimo. «Sì, potrà aspettare.» Layra chiuse gli occhi, abbandonandosi a quel tocco e di nuovo le labbra di Anter tornarono a sfiorarla, tracciando una scia di baci dal suo collo alle sue labbra, mentre i loro cuori acceleravano i battiti all’unisono. Quando lui si alzò, lei lo guardò perplessa, chiedendosi perché mai si fosse fermato, ma lui le ammiccò. «Sopravvivrai per un po’ senza di me?» chiese indicando il bagno. «Non ne ho idea, ma se sentirai un tonfo, sarà il mio corpo senza vita caduto per la tua assenza.» disse Layra in tono melodrammatico, sorridendogli di cuore. Anter sospirò, indugiando un altro istante a osservarla. «Sei splendida.» Riuscì a farla arrossire e lui, notando quell’accenno di rossore, sorrise e dovette obbligarsi ad andarsene, altrimenti non lo avrebbe più fatto. Dopo un bel po’ che Layra era rimasta sola, Ally fece irruzione nella camera e con voce preoccupata, disse: «Vieni con me, dobbiamo parlare!» La ragazza rimase un po’ spiazzata, però seguì l’amica senza discutere. «Cosa c’è?» chiese una volta arrivata dall’altra parte della casa. «Perché non glielo hai detto?» l’accusò Ally. «Cosa?» «Come cosa? Del fatto che, se Amos morisse, lo stesso accadrebbe a te! Non è una cosa da poco!» sbottò Ally, cercando di mantenere la voce bassa. «Anter non deve saperlo! E poi non sappiamo nemmeno se è vero…» «Sì, che lo è! L’ho visto e spero di non viverlo mai!» affermò con gli occhi lucidi la bambina, ponendosi una mano sul petto.

«Oh, Ally, cosa credi? Io non voglio morire! Ma non voglio nemmeno che a morire sia Anter!» Ally sospirò, poi strinse le labbra, iniziando a comprendere il punto di vista dell’amica, anche se non riusciva ad essere totalmente d’accordo con lei. «Quindi cosa facciamo? Ho paura.» «Di cosa?» chiese in quel momento Anter, entrando con i capelli leggermente umidi e un sorriso in volto che però scomparve, appena vide le espressioni delle ragazze. «Oh, oh, avanti, cosa succede?» «Nulla!» esclamarono le due all’unisono. Anter sgranò gli occhi e tentò di scherzare, anche se iniziava a preoccuparsi. «Accidenti! La faccenda è più seria di quanto pensassi!» «Anter… non è nulla. Può aspettare un paio di giorni…» tentò di blandirlo Layra, in difficoltà al pensiero di dovergli mentire. «Quindi riguarda Amos.» dedusse Anter rabbuiandosi, poi aggiunse sarcastico: «Ma che gioia! E io dovrei aspettare un paio di giorni? Parlate, coraggio, qualunque cosa sia la affronteremo insieme.» «Anter, sul serio, non è nulla!» Ally sorrise e nel tentativo di distrarlo disse: «Potresti preparare qualcosa da mangiare? Stiamo morendo di fame! Vero, Layra?» «Oh, non provarci nemmeno a cambiare discorso!» la riprese Anter, quindi guardò Layra negli occhi. «Dimmelo, ti prego.» «Anter, non possiamo fare nulla per cambiare le cose! Sarebbe inutile parlarne e se così non fosse, non pensi che te lo direi?» chiese Layra senza riuscire a sostenere il suo sguardo. Ad ogni parola le sembrava di ingerire una manciata di ghiaia e il cuore le faceva male. «Penso che tra chi si vuole bene non debbano esserci segreti.» replicò Anter in tono sommesso, terribilmente preoccupato, incapace di formulare una sola ipotesi sensata per tutto quel mistero. Calò un silenzio pesante, fino a quel momento sconosciuto tra di loro, finché

Ally non lo interruppe con voce serissima: «Negli ultimi tempi siamo state costrette a dire e fare cose che non volevamo.» Alzò lo sguardo per incontrare quello del fratello e percepì un nodo alla gola nel dire: «Vuoi costringerci anche tu?» Il ragazzo indietreggiò di un o e il suo viso fu attraversato da un’ondata di turbamento. «Ally… io… No! Certo che no! Mi… mi dispiace.» Ally sapeva di essere stata altamente scorretta nel fare un’insinuazione del genere, ma improvvisamente capiva le paure di Layra: Anter si sarebbe fatto uccidere pur di non rischiare la vita della ragazza che amava. Le risultò difficile sorridere e, correndo verso il fratello, lo abbracciò forte. Per sdebitarsi gli disse l’unica verità che non sarebbe mai cambiata, la quale era anche la causa di quelle bugie. «Ti voglio bene.» «Anche io.» rispose Anter, carezzandole i capelli come quando era piccola. Con la sorellina ancora tra le braccia alzò lo sguardo e incrociò quello di Layra. “Scusami. Io… non mi sono reso conto… Non intendevo forzarvi!” Era mortificato. “Non ti preoccupare. Non fa nulla. E poi con quello sguardo come pensi che qualcuno possa tenerti il broncio?” gli chiese mentalmente Layra, che si sentiva altrettanto in colpa per avergli mentito. “Quale sguardo?” “Quello che hai adesso! Sei… adorabile!” “Non dirlo in giro, per favore! Ho una reputazione da difendere!” la prese in giro Anter allentando la tensione. «Ehi! Piantatela di parlare telepaticamente!» Sbuffò Ally, sciogliendosi dall’abbraccio del fratello per poi lamentarsi: «Ho fame!» «Bene, vado! Schiavista!» Anter sbuffò nello stesso modo, fingendosi offeso. «Veniamo con te!» Layra lo seguì immediatamente, prendendogli un braccio e sussurrandogli: «Non intendo separarmi mai più da te!»

«Mai più… Suona bene!» concordò Anter. «Ah, forza, piccioncini! Il mio stomaco non reggerà a lungo, potrei mangiare persino voi!» sbottò Ally ridendo, sebbene il suo cuore sanguinasse, consapevole di non poter proteggere entrambi e che la morte di uno avrebbe inevitabilmente distrutto anche l’altro.

Capitolo 14

Le porte della sala del trono vennero violentemente spalancate e Amos vi entrò con lunghe falcate irate. Nemmeno un Elfo della Luce era rimasto nei paraggi, nel giro di una sola notte erano in qualche modo riusciti a sparire nel nulla e un pugno di ribelli si era preso gioco dei suoi soldati. E, tuttavia, non era questo a infastidirlo di più. Era Layra, che si era rivelata molto più tenace di quanto lui avesse immaginato e che adesso era libera dal suo controllo. Lui sapeva di poterla tenere sotto scacco ma solo avendola vicino a sé, altrimenti era consapevole dei notevoli poteri della ragazza, poteri che sarebbero inevitabilmente cresciuti. Carnes e Drew lo raggiunsero nella sala del trono, cupi in volto e segretamente timorosi della reazione del loro sovrano alle brutte notizie. «Sono spariti.» confermò Carnes, mentre Drew interveniva, aprendo una mappa: «Non possono essere andati molto lontano!» Appena il ragazzo ebbe l’attenzione del sovrano, riferì: «Anche se avessero un cavallo per ogni individuo, cosa praticamente impossibile, sono perlopiù vecchi, bambini e malati! Quanto velocemente possono viaggiare? Inoltre sappiamo di sicuro che non si dirigeranno a nord, dato che lì inizia il nostro di regno. Alcuni asseriscono di aver visto qualche fuggitivo andare verso ovest.» «Lì ci sono solo brulle montagne.» discordò subito Carnes argomentando: «Dubito che si rifugino in un luogo del genere.» «Ne dubiti.» mormorò Amos quasi tra sé, quindi disse: «Non dimentichiamo che è Artis a guidarli. Ha una considerevole esperienza.» A quel punto Carnes fece una smorfia contrariata, che si accentuò quando il sovrano aggiunse: «E probabilmente conosce il tuo modo di pensare.» «Ma se non fossero lì perderemmo tempo prezioso! Non mi fa piacere ammetterlo ma non ci sono solo dilettanti tra loro.» obiettò Carnes in tono lugubre. Quel giorno aveva osservato di nuovo il giovane Syrel combattere e iniziava a credere che potesse diventare una reale minaccia per loro, tuttavia si guardò bene dal dirlo ad alta voce. Amos scrutò la mappa e affermò: «Potremmo supporre che abbiano intenzione di arrivare a sud per fuggire via mare, o che magari si stiano dirigendo ad est, ma

così non li troveremmo mai! Dobbiamo mandare dei piccoli gruppi di soldati a rintracciarli, poi attaccheremo. Forse ci vorrà più tempo, ma almeno li troveremo.» Drew e Carnes annuirono, poi però il ragazzo disse: «Chiedo il permesso di poter andare con un gruppo a ovest, per controllare personalmente.» «Sei testardo, Drew.» lo riprese il sovrano, tuttavia gli scoccò un gelido sorriso. «Uno dei motivi per cui non ti uccisi. E sia! Prendi un gruppetto e vai a controllare, ma… non attaccare. Finché si sentiranno al sicuro non si sposteranno.» Drew assentì, però, appena Carnes uscì, chiese sottovoce, quasi volesse rimangiarsi le parole all’ultimo secondo: «E Layra?» Amos lo squadrò a occhi socchiusi, infastidito anche solo dal nome della ragazza. «Layra cosa?» Poi disse categorico: «No, Drew. Dovrai… lasciarla stare. Per ora.» Il ragazzo captò il fastidio di Amos, tuttavia chiese: «Perché?» «Perché si accorgerebbero subito della sua assenza e perché ora non posso controllarla.» Amos vide lo stupore sul volto di Drew e spiegò: «Finché lei era qui, era abbastanza vicina perché riuscissi a tenere a freno i suoi poteri. Capirai dunque quanto è forte in realtà.» Drew serrò i pugni, però annuì rigidamente. «Certamente. Spero solo di non incrociare né lei, né Anter.» Amos si augurò la stessa cosa. Era sempre rimasto colpito da Drew, soprattutto quand’era più piccolo. All’apparenza era solo un giovane Elfo della Luce, ma presto si era rivelato un feroce sicario, in grado di ingannare i suoi simili e tradirli senza alcun tentennamento. Anter era l’unico che Drew non fosse riuscito a uccidere e che per di più era riuscito a ostacolarlo, anche inconsapevolmente, divenendo Guida dell’Opposizione, posizione che Drew aveva desiderato per sé. Ciò che Amos evitò di prendere in considerazione fu che anche lui non era stato in grado di uccidere il giovane Syrel.

*** «Anter! Uffa, dai, andiamo! Io voglio allenarmi!» protestò Ally, tirando il fratello per un braccio. «Hai anche voglia di vedere Artis, perché io vorrei evitare discussioni.» la rimbrottò lui, nonostante condividesse il desiderio della sorellina. Da quella mattina Ally aveva tentato di convincere i due ragazzi a uscire di casa, ma solo da alcuni minuti era iniziato quel dibattito serrato ed entrambe le parti erano decise a non cedere. «Non avrai paura di quel pallone gonfiato, vero?» Ally provocò il fratello, felice di vedere una smorfia di fastidio sul suo viso, sicura che presto avrebbe ceduto. «Potrebbe cacciarci, allora Amos non ci metterebbe niente a trovarci.» s’intromise Layra. «Layra, sei la nostra principessa, non può mandarti via! E tu puoi ordinargli di farci rimanere! Andiamo non vorrete dargliela vinta?» insorse Ally, davvero infuriata. Non capiva perché temessero tanto Artis, non riusciva a credere che, se lui avesse deciso di mandarli via, nessuno li avrebbe difesi, ma lei non sapeva che il capitano le aveva abbandonate a palazzo e aveva convinto tutti gli altri a fare lo stesso. In quel momento bussarono alla porta e i tre si zittirono. «Si può?» chiese Diane, mentre il suo gemello s’intrufolava dentro. «Ciao! Ehi, che musi lunghi, che c’è?» chiese Sean, perplesso. Era sicuro che li avrebbe trovati intenti a festeggiare il ricongiungimento e la libertà, non certo a bisticciare. «Non vogliono uscire per paura di incrociare Artis.» spiegò svelta Ally, con aria serafica. «Non è vero!» protestarono Anter e Layra indignati. «Noi siamo qui proprio per questo: dovete assolutamente uscire! Artis non deve pensare di poter comandare, che gli piaccia o no, è Layra la principessa.»

affermò Diane, guardando i due negli occhi, comprendendo bene che volessero evitare altri attacchi verbali, ma erano in guerra e loro non potevano permettere che si liberassero di un tiranno, solo per farne ascendere un altro. «Aha!» esclamò Ally vittoriosa. «Tre a due, andiamo!» Anter sbottò: «Va bene, ma se perderò le staffe a causa di Artis sarà colpa vostra!» Sean rise quindi cinse la vita di Layra con un braccio, strappandole un sorriso, dunque chiese ad Anter: «E se le staffe le perdessi a causa di qualcun altro?» «Diane, sto per tagliare le braccia al tuo gemello, per te va bene?» domandò lui ironico, sfiorando per scherzo l’elsa della spada. «Diane, sto per baciare la ragazza di Anter!» gli fece il verso Sean, fingendo di baciare Layra, che però si scansò ridendo. «Piantatela, voi due!» Sean fece per riacchiapparla, mentre Anter sogghignava. «Giù le mani, Sean… Chi la sfiora senza il suo permesso è destinato a finire male. Molto male.» «Ma Layra me lo dà il permesso, vero?» Sean sorrise, baciandole una mano. Diane rise, poi prese Layra a braccetto, liberandola dalla presa del gemello. «Oh, Layra! Vieni ti salvo io! Come ci si sente a essere contesa tra due ragazzi?» «Ecco io… non sono contesa tra…» Layra arrossì poi, appena ebbero distanziato i ragazzi e Ally, chiese: «Tuo fratello scherza, non è vero? Perché io… ecco, vedi, io…» s’impappinò imbarazzata, per poi sussurrare con semplicità: «Io amo Anter.» Diane sorrise. «Tranquilla, certo che Sean scherza! È fatto così, gli piace istigare gli altri, e poi tu sei molto carina, quindi vuole giocare un po’, ma sa che tu e Anter non potete essere divisi.» Poi aggiunse: «Se vuoi un consiglio gioca anche tu come lui. Non è abituato a non dirigere i giochi: fatti valere.» Layra sorrise tranquillizzata. «Grazie, Diane.» «Farò di più!» assicurò Diane, fermandosi di modo che gli altri le raggiungessero. «Ally, vieni con me e Sean, ti facciamo vedere dove sono le

armi, così puoi scegliere quella con cui ti trovi meglio.» Sean incrociò lo sguardo della sorella, poi prese per mano Ally, incitandola: «Forza, andiamo.» Anter e Layra rimasero soli, su un sentiero delimitato dalle casette in pietra. «Qualcosa mi dice che l’abbiano fatto apposta.» commentò Layra, sorridendogli. Anter ricambiò, prendendola per mano. «Anche a me. Ora dovremmo seriamente allenarci.» «A una condizione.» accettò Layra, seguendo il ragazzo che aveva ripreso a camminare. «Combatti veramente.» «Che cosa intendi?» le chiese lui, confuso. «Intendo che, quando ci alleniamo, tu non combatti mai al meglio delle tue capacità.» Anter si fermò, guardando Layra negli occhi. «Non posso. Non potrei mai combattere in quel modo, non con il rischio di ferirti.» «E io come dovrei allenarmi?» sbuffò la ragazza, frustrata. Anter fece un largo sorriso. «Inizia a battermi, poi tenterò di metterci più impegno.» «Sbruffone antipatico.» sbottò Layra, fingendosi offesa. «Forza, vieni.» Anter la trascinò fino all’area d’allenamento, uno spiazzo circolare delimitato da dei segni dipinti per terra, poi si diresse dov’erano depositate alcune armi, ne prese due e ne porse una a Layra. «Pronta?» La ragazza strinse l’arma, ricordando immediatamente gli allenamenti all’Opposizione. Sembrava essere ata una vita intera, non pochi mesi, eppure le venne subito naturale impugnare la spada. «Pronta.» Attaccarono in contemporanea, improvvisamente entrambi molto concentrati e Layra rimase molto soddisfatta quando non venne disarmata immediatamente,

anche se sapeva bene di dover fare meglio di così. Doveva iniziare a battere Anter, se intendeva affrontare Amos, perché era quello il suo obiettivo. Sapeva di dover essere lei a fronteggiarlo, lo sentiva dentro, anche se al momento sarebbe stata una pazzia. Non era pronta. Nonostante ciò dopo un po’ smisero di lottare seriamente, divertendosi piuttosto a provocarsi a vicenda. Era piacevole la sensazione data da quella specie di gioco, l’adrenalina che non era provocata dalla paura, il senso di libertà, la gioia di essere con la persona amata. Erano così concentrati l’uno sull’altra che non si accorsero di Artis, che li osservava già da qualche minuto, in attesa di avere la loro attenzione. Presto si rese conto che Layra e Anter erano chiusi nel loro mondo e che nulla avrebbe potuto distrarli. Erano così affiatati che il capitano si sentì quasi minacciato da quel loro combattimento, come se lo stessero facendo per mettersi in mostra e dimostrare a tutti di valere più di lui. «Basta, fermi! Voglio parlarvi!» sbottò Artis arrivato al limite della sopportazione e della paranoia. Layra sussultò, inciampando nella spada e Anter la strinse forte a sé per impedirle di cadere, poi irritato da quella brusca intromissione, scattò: «Noi però non vogliamo parlare con te!» Lo sguardo di Artis s’indurì. «Gettate le armi, entrambi.» «Non puoi darci ordini.» replicò Anter, puntando la lama in direzione del capitano. «Invece posso.» lo riprese lui con furia, dunque gli ricordò: «Sono ancora io a comandare!» Guardò Layra, quasi come a sfidarla a contraddirlo. La ragazza esitò, poi però buttò la propria spada in terra e domandò arrabbiata: «Cosa vuoi?» Artis rispose solo quando anche Anter la imitò. «Voglio informarvi che non dovrete mai più prendere decisioni per gli Elfi della Luce, nessuno di voi due.» «Ti ricordo che è Layra la principessa della Luce. Le decisioni le può e le deve prendere lei, non tu!» protestò Anter, facendo un o avanti.

«È poco più che una bambina!» lo liquidò ferocemente il capitano, scoccandogli un’occhiata ostile. «E il tuo, invece, è un abuso di potere.» replicò il ragazzo con fermezza. Artis alzò una mano e Layra seppe con certezza che l’avrebbe colpito, tuttavia restò immobile, raggelata da quel gesto, da quella violenza immotivata e inaspettata nei confronti di una persona che amava. Eppure il manrovescio di Artis venne fermato, da una mano sbucata completamente dal nulla che poco dopo divenne evanescente. Anter inspirò bruscamente e la testa gli girò per la sorpresa. Non poteva credere ai suoi occhi e per un secondo temette di avere le allucinazioni. «Sfiora mio figlio, Artis, e ti giuro che posso diventare mille volte più spietato di Amos.» disse una voce maschile che Anter conosceva così bene, sebbene non l’avesse mai sentita tanto furente. Artis si voltò di scatto e si trovò di fronte due fantasmi. «Papà! Mamma!» esclamò Anter, incredulo e segretamente contento per le parole di suo padre. Si vergognava ad ammetterlo, ma gli fece incredibilmente piacere essere protetto. «Xenaviel e Mayriel Syrel. Cosa ci fate qui?» L’espressione del capitano era di pietra. «Proteggiamo i nostri figli.» rispose Mayriel, con gli occhi che scintillavano di rabbia. «Non potete intromettervi.» replicò meccanicamente Artis. «Dovrai ucciderci per fermarci, forse però per questo è un po’ tardi.» replicò sarcastico Xenaviel, materializzando una mano per prendere quella del figlio, a cui si rivolse in tono gentile: «Dobbiamo parlare.» Anter aveva quasi le lacrime agli occhi, non riusciva a crederci. Quella mano la ricordava perfettamente, come se non fosse ato nemmeno un momento dall’ultima volta che l’aveva stretta, quando la sua era così piccola da stare tutta in quella del padre.

Fece alcuni i, poi esitò e si voltò verso Layra, non voleva lasciarla lì, da sola con Artis, desiderava poter condividere con lei quell’evento e con grande gioia e sollievo vide che sua madre l’aveva presa per mano ed entrambe erano dietro di lui. Nello stesso frangente notò anche che Artis li guardava e, lui ne era sicuro, li stava odiando. «Ignoralo, Anter. È solo un omuncolo invidioso e frustrato, ma non gli permetterò di scaricare tutto su te, tua sorella e Layra.» «Io credevo che i fantasmi non potessero intervenire nelle faccende dei vivi.» replicò Anter, ancora frastornato e non perse quell’occasione per imprimersi bene nella mente il volto dei genitori. «Ti svelerò un segreto: i Syrel non sono grandi amanti delle regole.» Suo padre gli sorrise, guidandolo fino a casa. Appena entrati trovarono Ally ad aspettarli e la bambina lanciò un gridolino di gioia vedendoli. «Allora era una visione, non un sogno!» Gli occhi le si riempirono di lacrime e per un momento sembrò terribilmente giovane, molto più di quanto non fosse in realtà. Mayriel raggiunse la piccola e le asciugò il viso con dolcezza, le carezzò i boccoli rossi, sussurrandole quanto fosse orgogliosa della sua coraggiosa e fantastica figlia. Nel frattempo Layra si avvicinò ad Anter, insicura su cosa fare. Doveva andarsene per lasciarli alla loro riunione di famiglia o poteva rimanere? «Layra, vorrei chiederti di restare.» le disse Xenaviel, quasi leggendole nel pensiero, poi le sorrise. «Probabilmente non ti ricorderai di noi, eri piccolissima l’ultima volta che ci siamo visti.» «Invece ricordo.» sussurrò lei incredula, quindi si schiarì la voce e spiegò: «La prima notte trascorsa all’Opposizione ho sognato voi e Anter che vi avvicinavate alla mia culla. Subito dopo uscivate sulla balconata e lì i miei genitori vi dicevano di andare via, vi avvertivano che Amos avrebbe attaccato presto.» «Non posso crederci! Ho sognato la stessa identica cosa, la stessa notte.» esclamò Anter meravigliato che lei avesse fatto il suo stesso sogno.

«Davvero? Perché non mi hai detto niente?» gli chiese lei, osservandolo a occhi sgranati. «E tu allora?» Lei arrossì e si osservò la punta delle scarpe. «Pensavo che fosse un modo che la mia mente mi offriva per sentirmi finalmente parte di qualcosa. Non pensavo che fosse un ricordo, fino ad ora almeno.» Xenaviel e Mayriel si guardarono con complicità, poi lui ammiccò ai due ragazzi. «Dovevamo pur darvi qualche indizio sul vostro ato e trasmettervi un ricordo in sogno era la cosa più semplice. Eravate entrambi talmente piccoli all’epoca.» Layra accennò un sorriso poi, notando gli occhi lucidi di Anter, nonostante lui fe di tutto per nasconderli, gli prese una mano e la strinse intrecciando le dita alle sue. Anche lui sorrise, sebbene avesse ancora un che di malinconico. «Mamma, papà, perché siete qui?» intervenne Ally senza staccare gli occhi dai genitori, quasi temendo che, distogliendo per un istante lo sguardo, potesse non vederli più. «Per rivedere la mia stellina, ovviamente.» Xenaviel le sorrise, materializzando le mani e prendendo quelle della figlia che rise. «Fammi volare, papà! Per favore!» «Xenaviel, no.» provò a fermarli Mayriel, ma padre e figlia erano troppo presi dai giochi del ato. Xenaviel tenne Ally per le mani, poi girò su se stesso, facendo volare la piccola che rise di gioia. Mayriel tentò di nascondere un sorriso inutilmente, poi quando si fermarono, ricordò al marito: «Noi siamo qui per un motivo serio.» «Cosa succede, mamma?» chiese Anter, improvvisamente preoccupato. Era immensamente felice di rivedere i suoi genitori, ma se erano lì doveva esserci un motivo e doveva anche essere qualcosa di estremamente grave. I fantasmi non potevano interferire con le questioni dei vivi, era loro severamente proibito. «Volevamo mettervi in guardia da Artis.» rispose Mayriel i cui occhi luccicarono di rabbia. «A quanto sembra si è convinto che voi possiate essere una minaccia.»

«È lampante che non ci sopporta.» Il ragazzo scrollò le spalle, rassicurato: di tutti i problemi, quello gli sembrava il minore. «Non è così semplice, tesoro. Per favore sedetevi.» chiese Mayriel con un sospiro. I tre obbedirono incuriositi, d’altronde non capitava tutti i giorni di ricevere visite dall’aldilà. «Inizialmente ne avevamo solo il sospetto, ma ora siamo abbastanza sicuri: Artis vuole prendere il comando. Non solo dell’esercito, ma di tutti gli Elfi della Luce.» spiegò Xenaviel, incrociando lentamente lo sguardo dei ragazzi. Sulle prime i tre rimasero in silenzio, poi Layra chiese: «In che modo?» «Conquistandosi la fiducia di tutti, guidando questa rivolta, diventando un eroe. E voi siete un ostacolo, soprattutto tu, Layra. Fin quando non sarai maggiorenne potrebbe nominarsi tuo reggente, ma dopo… dopo dovrebbe utilizzare modi più drastici per conquistarsi il trono.» affermò Mayriel, con aria preoccupata. «Deve solo azzardarsi a provarci!» sbuffò Anter, incrociando le braccia al petto. Non avrebbe mai permesso che Artis, o chiunque altro, ferisse le persone che amava. «Dovrete stare molto attenti. Il potere spesso può annebbiare la mente, può far commettere i crimini peggiori.» concluse Mayriel, quindi scosse la testa e commentò: «Artis è intimamente convinto di agire per il bene comune e non solo per se stesso.» I due fantasmi notarono la preoccupazione sui visi dei ragazzi, allora Xenaviel tentò di alleggerire l’atmosfera: «Per questo vi abbiamo portato dei regali.» «Regali? Davvero?» esultò Ally, sgranando gli occhi. Mayriel sorrise e disse: «Questa è per te, Layra.» Tra le sue mani evanescenti comparve una spada. La ragazza si avvicinò e prendendola in mano non poté fare a meno di notare che l’elsa era color bianco avorio e la lama splendente era istoriata con un giglio bianco, come quello sui pugnali.

«È la spada di famiglia, apparteneva a tuo padre.» le disse Xenaviel. Layra la strinse in mano, emozionata. «Grazie.» Ripose la spada nel fodero e tornò a sedersi, ponendosela in grembo e sfiorandola ripetutamente con le dita, come se non potesse evitarlo. «Questa, Anter, ti spetta di diritto, però cerca di non perderla di nuovo.» Xenaviel fece apparire la spada che Anter aveva perso all’Opposizione, prima di essere preso prigioniero. Il ragazzo la impugnò, facendola ruotare, poi liberò un sospiro di sollievo come se avesse appena ritrovato una parte di sé. «Grazie, ammetto che mi mancava.» Aveva giurato su quella spada di vendicare la morte dei suoi genitori e non intendeva venire meno a quel giuramento. Ally guardò i genitori. «E io?» «Per te due regali, stellina.» Il padre le ammiccò, facendo apparire un arco, mentre la madre le tese delle frecce, sorridendo. «Così, si spera, ti terrai abbastanza lontana dagli Elfi Oscuri ed eviterai un infarto a tuo fratello.» «Non ci conterei, conoscendola.» commentò Anter, scuotendo la testa sconsolato. Ally iniziò a saltellare di gioia. «Che bello! Ho anche io un’arma! Oggi non ero riuscita a scegliere nulla! Hai visto, Anter? A mamma e papà va bene che io combatta!» «Grazie, eh!» sbottò Anter, sollevando gli occhi al cielo, quindi la avvisò scherzosamente: «Se ti farai uccidere non ti rivolgerò mai più la parola!» «Bugiardo!» Ally rise euforica. «Perché non vai a provare l’arco, tesoro?» le chiese Mayriel, sorridendole teneramente. «Sì, va bene, però queste frecce non le voglio sprecare adesso! Vado a cercare Diane e Sean.» Ally era talmente contenta che uscì di corsa di casa.

Appena fu lontana Anter sospirò e commentò: «Immagino che vogliate parlare da soli con noi.» Xenaviel annuì, ora serio. «Sì, Artis non è l’unico dal quale dovete stare in guardia. C’è anche Amos, vi sta facendo cercare ovunque, ma la cosa più importante è che qui verrà a cercarvi Drew.» «E allora? Abbiamo una barriera che impedirà loro di vedere l’accesso alla grotta.» fece Anter, irritato anche solo dai nomi dei loro nemici. «Anter… la barriera non funziona solo con gli Elfi Oscuri?» gli chiese Layra preoccupata, voltandosi a guardarlo. «Dannazione! Me n’ero dimenticato.» imprecò Anter, poi si rivolse ai genitori: «Allora cosa dovremmo fare?» Mayriel li osservò e dovette obbligarsi e replicare a capo chino: «Questo sta a voi.» «Grazie tante.» replicò Anter sarcastico, poi però sorrise e disse sinceramente: «Grazie di essere qui.» «Ora dobbiamo andare.» lo avvisò Xenaviel, materializzando una mano e stringendo forte la spalla del figlio. Anter non era sicuro se fosse a causa della luce dei globi luminosi all’esterno che filtrava dalle finestre, ma gli parve di vedere un velo umido negli occhi del padre che si raccomandò: «Di’ a tua sorella di stare attenta e che le vogliamo bene. Ne vogliamo a tutti voi.» «Aspettate.» li richiamò Layra, quindi chiese esitante: «Per caso… sapete qualcosa dei miei genitori?» «Vuoi sapere se sono fantasmi? Noi non li abbiamo mai incontrati.» rispose Xenaviel, quindi le carezzò il viso con una mano evanescente e aggiunse: «Ascolta, Layra, non voglio illuderti, ma se vuoi il mio parere… non credo che i tuoi genitori siano morti. Non lo crederò fin quando non lo avrò visto con i miei occhi.» Layra sgranò gli occhi e improvvisamente le mancò il fiato, poi chiese desolata: «Ma allora… allora dove sono?»

«Non lo so, anche se mi piacerebbe molto saperlo. Vorrei aiutarvi di più, ma non posso.» Layra annuì, mentre la flebile speranza di rivedere i suoi genitori vivi la stordiva, eppure la logica le sussurrava maligna che non era possibile. Amos non li avrebbe mai lasciati vivere, aveva risparmiato solo lei per poterla usare a proprio vantaggio. Nel frattempo Mayriel si era avvicinata al figlio per carezzargli le guance, quindi lo guardò intensamente negli occhi e, sebbene conoscesse già la risposta, gli chiese: «Poi hai cercato chi ti avevo detto?» Anter sentì qualcosa di strano pizzicargli la memoria e corrucciandosi ammise: «Io... non ricordo. È come se qualcosa mi avesse fatto dimenticare tutto.» «Pensaci e ricorda.» lo ammonì Mayriel, poi con dolcezza malinconica li salutò: «Ci rivedremo, questo non è un addio.» Xenaviel le cinse le spalle e si raccomandò: «Siate forti.» Sparirono così come erano apparsi e se non ci fossero state le spade dei due ragazzi a testimoniare la loro venuta, loro avrebbero potuto benissimo pensare di essere impazziti ed essersi immaginati tutto. Anter abbracciò Layra, seppellendo il capo fra i suoi capelli, e sussurrò con voce soffocata: «Sbaglio, o non abbiamo un giorno di tregua, noi?» «Di’ pure che non abbiamo un secondo di respiro.» replicò lei, stringendolo forte a sé. Non riusciva nemmeno a immaginare come dovesse sentirsi nel rivedere e poi perdere di nuovo i suoi genitori. Lei non era sicura che avrebbe sopportato tanto senza crollare. Anter le baciò le labbra, quindi le riavviò una ciocca di capelli e propose: «Allora godiamoci questi pochi istanti.» Accennò un sorriso. Anche Layra sorrise, poi improvvisamente estrasse la spada, ma Anter se ne accorse e parò l’attacco. «Uffa! Layra!» mugugnò lui, facendo una smorfia buffa.

«Scusa, volevo provare a trovarti impreparato.» Lei rise, posando l’arma in terra. Non era del tutto vero: voleva anche distrarlo dalla tristezza e dalla loro intera situazione, almeno per un po’. «Dovrò fartela pagare.» la prese in giro lui, sospingendola delicatamente contro il muro e baciandola di nuovo. «Credi di esserne in grado?» Lei stette al gioco e gli allacciò le braccia dietro il collo. «Assolutamente sì.» Anter rise, riempiendole il viso di baci. «Resta solo una domanda… ti arrenderai?» «Non senza combattere.» Lo baciò anche lei, quindi gli sfiorò la guancia con il naso. «Ci contavo.» ammise lui, poi la strinse a sé dolcemente. «E se ci arrendessimo insieme?» propose lei, con un sorriso. Anter la baciò a lungo e profondamente, poi la guardò negli occhi. «Che ne dici? Basta come risposta?» «Uhm… no! In realtà no!» lo prese in giro lei, estasiata. La baciò ancora. «E ora?» Sorrideva sicuro di sé. «Va bene, ma possiamo fare di meglio.» Layra sorrise, mentre le ombre che oscuravano i suoi pensieri si dileguavano, illuminate dalla luce del loro amore.

Capitolo 15

Era sera inoltrata quando Drew rientrò dalla prima spedizione di ricerca andata male. Avevano trovato le tracce della fuga nella foresta, ma da lì in poi potevano solo avanzare ipotesi sulla direzione presa e il paesaggio brullo e arido non aveva aiutato. Il suolo polveroso era così duro da non aver conservato indizio alcuno che li potesse indirizzare. Appena entrò nella sala del trono, col volto cupo, Amos indovinò immediatamente l’esito delle ricerche e lo provocò: «Credevi fosse così facile trovarli?» «Credevo fosse più facile.» sbottò Drew di malumore. Amos lo scrutò per pochi istanti e gli domandò: «Avevi creduto anche che non fossero in grado di fuggire?» Il ragazzo biondo s’irrigidì, preso in contropiede, e ponderò bene le parole prima di rispondere: «Non pensavo potessero nascondersi così bene.» «Quando inizi ad abbassare la guardia, è il momento in cui decidi di aprire le porte alla morte. Tienilo sempre a mente, non bisogna fidarsi mai di nessuno.» Le parole del sovrano erano state dure eppure Drew vi colse un accenno di amarezza e non riuscì a frenarsi quando chiese: «Non ti sei mai fidato di nessuno?» Sapeva che per una domanda del genere moltissimi sarebbero potuti morire, ma lui sentiva con abbastanza sicurezza di non essere tra questi. Non sapeva per quale motivo il re degli Elfi Oscuri lo avesse accolto, tanti e tanti anni prima, quand’era così piccolo da non ricordare nemmeno con precisione i volti di coloro che lo avevano messo al mondo e che poi lo avevano abbandonato, in modo da non essere ostacolati nella fuga da un bambino frignante. «Solo una volta, molto tempo fa, poi la persona di cui mi fidavo mi ha tradito.» rispose Amos con più freddezza del solito e, quando intuì la domanda seguente del ragazzo, accennò un sorriso spietato. «Quella persona non ha avuto modo di raccontarlo a nessuno.» Drew tacque chiedendosi se quella storia fosse vera o servisse solo come

intimidazione, nemmeno troppo velata. Per quanto lo riguardava non intendeva tradire, era soddisfatto del ruolo che ricopriva e della vita per la quale era stato plasmato. Amos osservò compiaciuto la reazione dell’Elfo della Luce e solo in quel momento un’idea gli balenò nella mente. «Forse c’è un modo per avere notizie su dove si siano nascosti.» Drew non capì subito cosa intendesse il sovrano, poi chiese dubbioso: «Ilys?» «Esattamente. Forse quella ragazza può esserci utile, in fin dei conti.» Il ragazzo aveva i suoi dubbi e li esternò: «Ma se lei non si proietta…» «Dubiti che possa portarla qui?» chiese Amos, lievemente minaccioso. «Certo che no.» Il sovrano sogghignò leggermente, poi si concentrò per cercare le vibrazioni magiche rimaste dall’ultima proiezione compiuta dalla ragazza. Erano ormai flebili ed evanescenti, quasi impossibili da rintracciare, ma c’erano ancora. Drew aveva imparato che Amos difficilmente diceva una cosa se poi non poteva portarla a compimento e che era dotato di poteri troppo forti per fallire. Improvvisamente l’aria sembrò condensarsi e dal nulla apparve un’incredula e sconvolta Ilys, la quale sicuramente non meditava di proiettarsi e per alcuni secondi si guardò intorno sconcertata, poi nel suo sguardo si lesse panico allo stato puro. Lei in un attimo di lucidità provò a svanire per tornare al sicuro nel suo corpo, ma Amos se ne accorse e la colpì su una guancia spedendola in terra. Ilys si premette una mano sul viso e, nonostante fosse ancora scossa dai brividi per il terrore, scoccò uno sguardo tremendo al sovrano. «Tu non ti muoverai da qui, finché non lo dirò io. Farai ciò che voglio.» la redarguì lui, sopprimendo quell’atto di ribellione. La ragazza impallidì di colpo, poi si alzò in piedi a labbra strette e, sebbene si sforzasse, la voce tradì tutta la sua paura. «Cos’è che vuoi?»

«Dimmi finalmente dove sono nascosti i ribelli e non ti verrà torto un capello… Potrai persino rivedere tua sorella.» Amos le indorò la pillola alla fine, vedendola diffidente e titubante. Ilys sgranò gli occhi, già immaginando di riabbracciare la sua gemella, eppure era confusa. Perché titubava? Avrebbe potuto riavere la sua sorellina, che importava se avesse dato una spintarella al destino? Perché lei ne era certa, con o senza il suo aiuto i ribelli sarebbero stati ugualmente sconfitti, non c’era paragone tra loro e l’esercito degli Elfi Oscuri. Allora perché le sembrava così sbagliato rivelare l’informazione che le avrebbe permesso di riabbracciare Iris? Invece di rispondere lei spostò lo sguardo su Drew e ricordò la sua prima conversazione con Anter. Gli aveva chiesto chi avesse ucciso Iris e lui le aveva risposto che era stato un Elfo della Luce, un traditore. Doveva essere quel ragazzo biondo, ne era sicura, e si domandò se in lei riuscisse a vedere la sua gemella. «Attenta, ragazza, non intendo perdere tempo. Non sarò più così generoso.» l’ammonì Amos, riportando bruscamente Ilys alla realtà. «Se fossi in te, accetterei.» intervenne Drew, sostenendo il suo sguardo e avvertendone l’intensità omicida. «Io non sono come te!» si stizzì lei, sebbene avesse già preso la sua decisione, così affermò con durezza: «Tuttavia dubito di poter rifiutare un’offerta tanto generosa.» *** Ally aveva ato ore ad allenarsi con arco e frecce. Naturalmente conosceva già le basi, eppure quella non era mai stata una delle sue armi predilette e le occorse un po’ di tempo per prendere confidenza con quell’arco in particolare. Era molto più leggero di quelli con cui si era allenata ai tempo dell’Opposizione, non riusciva a capire di che legno fosse, e le frecce, sebbene ne avesse provata solo una per paura di rovinarle, avevano un equilibrio e una fluidità eccezionali. Aveva il sospetto che fossero armi incantate e il poco tempo che si era allenata glielo confermò: non sarebbe diventata così brava in poche ore altrimenti. Il merito, inoltre, era anche dei gemelli, di Diane che le aveva mostrato la tecnica e di Sean che l’aveva consigliata e non l’aveva mai lasciata sola.

«Bravissima!» la elogiò quando lei colpì il centro del bersaglio per la quarta volta di fila. «Sì! Ci sono riuscita! Grazie, Sean!» Ally lo abbracciò, ridendo euforica. Il ragazzo la sollevò un po’, poi le ammiccò. «È merito tuo e dei consigli di Diane, io non c’entro nulla.» «Non è vero! Sei rimasto qui con me! Grazie!» disse con entusiasmo lei, sorridendogli di cuore. Le piaceva quel ragazzo, era sempre così schietto e allegro. Nei suoi occhi non c’erano ombre. Sean rise, scompigliandole i capelli, poi la incoraggiò: «Forza, un ultimo tiro, poi rientriamo. È tardi!» Ally annuì contenta, non vedeva l’ora di raccontare ad Anter e Layra quanto fosse diventata brava. Prese la mira, concentrandosi sul bersaglio, sicura che avrebbe fatto di nuovo centro, però, un attimo prima di scoccare la freccia, ebbe una visione. Erano immagini confuse che le martellarono la mente, scene scollegate tra di loro e, Ally non aveva idea di come lo sapesse, prive di un ordine temporale. Vide un’orda di Elfi Oscuri che irrompevano nella spelonca e facevano strage di Elfi della Luce; poi in un rapido flash vide Drew che afferrava e trascinava via Layra; e, in ultimo, una scena in cui Ilys rivelava ad Amos dove si trovassero le grotte, condannando a morte tutti loro. La freccia partì senza il suo consenso e mancò il bersaglio, mentre lei lasciava cadere l’arco e impallidiva. «Ally!» Sean la sorresse, preoccupato. «Cosa succede?» «Io… io… Sean, trova mio fratello! Digli di andare a casa di Ilys, subito!» rispose Ally, pronta a correre via, sicura come non mai che l’ultima immagine sarebbe stata la prima a divenire realtà. Sean la trattenne. «Aspetta… Sicura che non vuoi che io venga con te?» «Devi chiamare Anter!» lo scongiurò lei, determinata.

Sean la lasciò però disse: «Aspettami qui. Vengo con Anter, non muoverti!» Ally annuì con forza per convincerlo, ma appena Sean fu lontano, corse verso la casa di Ilys, utilizzando i propri poteri divinatori per trovarla. Entrò senza bussare e trovò la ragazza in terra, apparentemente priva di sensi. «Non ti permetterò di fare la spia.» sussurrò Ally, scuotendo la ragazza. «Avanti, svegliati!» “D’accordo! A mali estremi, estremi rimedi.” pensò la ragazzina dai capelli rossi, poi poggiò le dita sulle tempie di Ilys. Lei non aveva mai fatto nulla del genere, non era nemmeno sicura di cosa stesse facendo, eppure si affidò all’istinto esattamente come era avvenuto poco prima con il suo nuovo arco. Si concentrò e scoprì con disappunto che era più difficile di quel che credeva, era così spaventata, temeva di arrivare tardi. Pian piano iniziò a infiltrarsi nella mente della ragazza e le diede una scossa abbastanza lieve da non procurarle danno e abbastanza forte per farla rinvenire. «La spelonca si trova…» stava dicendo Ilys, quando improvvisamente si accorse di essere di nuovo nel suo corpo, stesa sul pavimento di casa sua nelle grotte. La ragazza era ancora frastornata, ma vide subito Ally, che stava indietreggiando silenziosamente nel tentativo di uscire senza farsi notare. «Cosa ci fai qui?» l’aggredì Ilys. «Io… E tu? Traditrice!» Ally si coprì la bocca, realizzando solo dopo aver parlato che forse sarebbe stato meglio non farla arrabbiare. Ilys la squadrò, riconoscendo in lei la descrizione della sorella di Anter: capelli rossi, occhi castano scuro, atteggiamento estremamente irritante. «Lo sai, sai tutto! Come?» le sibilò contro furiosamente. Ally distolse lo sguardo, facendo un altro o indietro, chiedendosi, se avessero corso, chi delle due l’avrebbe avuta vinta. La ragazza scattò in avanti e l’afferrò per un braccio. «Ferma!» «Lasciami! Lasciami and…» Ilys la schiaffeggiò sulle labbra, urlandole di tacere, poi la guardò negli occhi e

tentò di cancellarle la memoria, ma contrariamente al fratello, Ally fu immune alla sua malia. «Ma cosa? Dannazione!» imprecò Ilys, spingendo la ragazzina in mezzo alla stanza, lontano dalla soglia. Ally sgranò gli occhi e si voltò per non averla alle spalle, mentre chiedeva: «Cosa vuoi farmi?» Lo sguardo di Ilys s’indurì. «Non ti saresti dovuta intromettere!» Prese un pugnale dal tavolo. La piccola dai riccioli rossi lanciò un grido lancinante, ma presto Ilys la spinse a terra e le fu sopra, puntandole il coltello alla gola. «Taci!» In quel momento fecero irruzione Anter e Layra, ma Ilys erse un barriera, separandoli dalla ragazzina che stava minacciando col pugnale. «Hai lasciato morire mia sorella!» gridò la bionda ad Anter, che la supplicò: «Lasciala andare, Ilys! Lei non c’entra!» «Hai lasciato morire mia sorella.» ripeté lei, mentre una lacrima le scivolava sulla guancia, dunque chiese con voce aspra: «Perché io dovrei risparmiare la vita alla tua?» Anter incassò il colpo, però tentò di blandirla: «È una bambina! Vuoi prendertela con qualcuno? Bene, sono qui. Prenditela con me, ma lasciala andare!» «No. Tu devi soffrire quello che sto soffrendo io!» gridò Ilys, mentre il pugnale tremava. Ally era sconvolta e atterrita, la lama fredda le mordeva la pelle tenera del collo, eppure si sentiva anche dispiaciuta. Per quanto quella ragazza stesse minacciando di ucciderla, poteva vedere benissimo che era distrutta dal dolore. «Questo non la riporterà in vita.» sussurrò lei in tono sommesso. Quante volte lei stessa aveva desiderato punire l’assassinio dei suoi genitori, nella speranza di disfare ciò che era stato? Consciamente sapeva non fosse possibile, eppure alle volte rischiava di dimenticarsene.

Ilys sgranò gli occhi, incrociando quelli scuri e sinceri della ragazzina, poi però le ringhiò: «Sbagli! Lui ha detto che…» «Chi? Amos? Dice un sacco di cose, lui. Credi sul serio che possa, o voglia, riportare in vita tua sorella?» chiese Layra con durezza, mentre cercava un modo qualunque per colpire il punto debole della barriera, la zona in cui l’energia era più labile, senza che Ilys lo interpretasse come un attacco. «Tu taci! È anche colpa tua!» «Iris è morta a causa di Drew! Non mia, né di Layra, né di Ally! Drew ha inflitto il colpo e lui fa ciò che Amos ordina!» riuscì a dire Anter, poi ruggì: «Adesso libera, Ally! Altrimenti sarai uguale all’assassino di tua sorella!» Ilys trasalì, mentre le lacrime uscivano a fiotti. Ally si sentì bagnare da quelle gocce salate e, alzando piano la mano, incurante del coltello, gliene asciugò una. «Ilys? Iris sarebbe contenta se tu mi uccidessi?» La ragazza fissò la sua giovane vittima, schiacciata in terra, e le sembrò così fragile e vulnerabile, un po’ come doveva essere apparsa Iris prima di morire. “Cosa sto facendo?” si chiese lei tremando. «Ilys.» disse una voce femminile, nota a tutti loro. I quattro ragazzi s’irrigidirono al suono di quella voce. «Ilys, guardami!» Quella era la voce di Iris, molto simile a quella della gemella, solo priva di acredine. La ragazza alzò lo sguardo e per poco il pugnale non le sfuggì di mano. «Iris.» sussurrò. Il fantasma della ragazza le sorrise, poi scosse la testa. «Smettila, sorellina. Loro non hanno colpa. Erano presenti, sì, ma non avrebbero potuto fare di più. Hanno tentato di salvarmi.»

«Ma se ci fosse una possibilità di farti tornare…» Ilys singhiozzò, stringendo convulsamente il coltello. «Perché non dovrei sfruttarla?» «Uccideresti una ragazzina innocente per farlo? Ilys… oh, Ilys, torna semplicemente quella di una volta. Tu non sei un’assassina, non permettere agli Elfi Oscuri di distruggerti. Ti prego.» «Iris, falle abbassare la barriera.» la pregò Anter, il petto serrato in una morsa di terrore, gli occhi pieni unicamente della sua sorellina minacciata di morte, mentre lui poteva solo stare a guardare. «Tu stai zitto!» ringhiò Ilys, avvicinando la lama ad Ally che si lasciò sfuggire un singhiozzo. Iris li guardò tutti, per fermarsi infine sulla sorella. «So come ti senti. So che sei arrabbiata e vuoi farla pagare a tutti… ma questo non è giusto. Tu non mi hai persa e io non ho perso te, ma se ucciderai degli innocenti, Ilys» La voce di Iris s’indurì. «allora mi perderai e io perderò te, per sempre.» Ilys trasalì, poi si asciugò le lacrime e piagnucolò: «Io non ce la faccio senza di te.» «Sì, che ce la farai. Vedrai. Ora lascia andare Ally, per favore. Smettila di serbare rancore ad Anter, smettila! Devi ricominciare a vivere.» sussurrò dolcemente lo spettro di Iris, in un tono che da viva non aveva mai avuto. Ally era convinta che Iris fosse riuscita a calmare Ilys, ma la rabbia e la disperazione che vide nei suoi occhi la terrorizzarono. «No!» gridò la ragazza bionda, poi alzò il pugnale. Ally chiuse gli occhi, preparandosi al dolore, con l’unico desiderio di continuare a vivere fisso nella mente. «Ally!» gridarono Anter e Layra. «Ilys, no!» strillò invece Iris, dopo che la sorella ebbe menato il fendente mortale colpendo il suo stesso petto, dritto al cuore. Ally riaprì gli occhi quando sentì Ilys cadere di lato e, alzandosi in piedi, gridò

d’orrore. Layra sferrò un colpo di fuoco contro il punto debole della barriera e questa si dissolse. Anter corse a prendere in braccio la sorella, stringendola spasmodicamente a sé e controllando che non fosse ferita. Layra invece si avvicinò a Ilys. L’aveva detestata, ma adesso le sembrava solo un’altra persona logorata dall’odio. La guardò, stupendosi che fosse ancora viva, e mentre tentava di fermare l’emorragia, sussurrò disperata: «Cosa posso fare?» «Nulla!» Ilys sorrise, poi mormorò: «Iris, arrivo.» «No.» pianse il fantasma, mentre lacrime evanescenti le scorrevano sulle guance. «Non sai cosa hai fatto! Oh, Ilys, perché? Togliendoti la vita non mi rivedrai più!» «Che… cosa vuol dire?» chiese Ilys, a fatica. «Sarai costretta a vagare per sempre in questo mondo. Non potrai raggiungermi e io non posso rimanere a lungo.» Iris scosse la testa, poi gemette: «Non dovevi. È sbagliato, Ilys. Tu dovevi vivere!» «Non… senza… di te.» Ilys esalò il suo ultimo respiro. Layra si scostò di scatto tremando e, girandosi, si ritrovò tra le braccia di Anter e Ally. «È finita. Andrà tutto bene ora.» sussurrò Anter che, anche se dispiaciuto, era segretamente sollevato. Non sapeva se questo fe di lui una persona cattiva, ma preferiva che fosse morta Ilys piuttosto che sua sorella. In quel momento la malia, che gli aveva fatto dimenticare che fosse stata lei a tradire, scomparve e una nuova ondata d’angoscia lo colse: sua sorella doveva averlo scoperto tramite una visione e quindi aveva rischiato la vita consapevolmente. «Ally, non dovevi venire qui da sola! Cosa ti è saltato in mente?» la sgridò, cercando inutilmente di sembrare più severo che preoccupato. «Ci hai fatti spaventare!» rincarò Layra. Ally deglutì e rispose: «Mi dispiace. Ho avuto una visione e non c’era tempo.» Singhiozzò. «È morta! Io non volevo questo.»

Anter e Layra la strinsero il più possibile, cercando di confortarla, ripetendole che non era stata colpa sua, poi il ragazzo asserì: «Dovremo dirlo a qualcuno. Magari potremmo farci aiutare da Sean e Diane.» Layra annuì, mentre Ally mormorava: «Le cose vanno anche peggio di così. Se non facciamo qualcosa, nessuno di noi sopravvivrà.» *** Dopo la repentina scomparsa di Ilys, prima che rivelasse la posizione esatta delle grotte, l’atmosfera nella sala del trono era diventata estremamente tetra. Era chiaro che non fosse stata la ragazza ad andarsene, non avrebbe potuto, dunque qualcuno doveva averla svegliata e ricondotta nel suo corpo. Drew osservava in silenzio Amos concentrarsi per recuperare un contatto con Ilys e, sebbene ci stesse già provando da svariati minuti, lui non osava interromperlo o irritarlo in qualche modo, anzi avrebbe quasi preferito potersene andare, ma anche in quel caso non era certo della reazione che avrebbe suscitato la sua ritirata, così restò assolutamente immobile nel tentativo di mimetizzarsi con la parete della sala. Quando il sovrano riaprì gli occhi, questi erano pieni di fastidio e malanimo quando asserì: «Non la sento: l’unica spiegazione è che sia morta.» Drew corrugò la fronte, perplesso. Dunque gli Elfi della Luce avevano iniziato a uccidersi tra di loro? Ai tempi dell’Opposizione sarebbe stata pura eresia, erano rimasti in pochi e di certo in quei mesi la situazione non poteva essere cambiata. Scosse la testa e disse quasi tra sé: «Come? Proprio non capisco. Non può essere…» «Morta!» lo interruppe una voce femminile che rimbombò nella sala. «Come mai ti è difficile dirlo? Hai strappato la vita non solo a me, ma anche alla mia gemella, adesso sei soddisfatto, Drew?» ruggì il fantasma di Iris, palesandosi a pochi i dal ragazzo, guidata da una furia incontrollata. Amos fece scorrere lo sguardo dall’uno all’altra e, sebbene la ragazza fosse identica a Ilys, capì subito che non poteva essere lei. Immediatamente iniziò a cercare un modo per poter sfruttare la presenza del fantasma a proprio vantaggio. «Cosa fai ancora qui, Iris? Non è stato nulla di personale, cerca di andare oltre.»

rispose Drew distaccato, anche se il peso di quello sguardo su di sé fece a suo modo effetto. Non che fosse pentito, era sempre stato consapevole di ciò che faceva, tuttavia non aveva mai avuto alcun problema con lei, era stata solo un mezzo di cui si era servito. Lei fece un verso beffardo, guardandolo in cagnesco. «Hai la faccia tosta di chiedermelo? Hai il coraggio di darmi ordini?» Se fosse stata viva, il suo bel viso si sarebbe arrossato per la rabbia, invece restò del pallore tipico dei fantasmi. Muovendosi a velocità soprannaturale pose le sue dita evanescenti intorno al collo di Drew e lo minacciò: «Vorrei poterti strangolare! Se esiste un po’ di giustizia a questo mondo pagherai, altrimenti ci penserò io, in qualche modo.» «Adesso basta! Sparisci ragazzina e non crucciarti troppo: tua sorella sarebbe morta comunque, come tutti gli Elfi della Luce a breve.» prese la parola Amos, seccato dal tono della ragazza. Iris in un primo momento raggelò, come se avesse dimenticato di essere un fantasma, poi però si voltò e gli scoccò uno sguardo d’odio, mentre il furore l’accendeva ancora. «Se fossi in te mi farei sparire quell’espressione arrogante e soddisfatta. Ti ricordo che non hai ancora vinto. Hai fatto troppo male per pensare che nessuno si farà avanti per fermarti, soprattutto se, come me, non ha nulla da perdere!» «Tutti hanno qualcosa da perdere, anche dopo essere morti. O qualcosa da guadagnare.» replicò Amos senza scomporsi, intravedendo un punto debole. «Ah, non sperare d’ingannarmi. Non sono Ilys, io. Non c’è nulla che potresti offrirmi…» «Immagino che tua sorella sia morta suicida, altrimenti adesso non perderesti tanto tempo con noi. Non potrai più vederla, temo.» la interruppe lui, in tono subdolo, poi continuò con un sorriso pieno di sicumera: «Potrei aiutarti, potrei fare in modo che iate l’eternità insieme, dovresti solo fare una cosa per me.» Iris non riusciva a crederci. Tutto ciò che avrebbe dovuto provare per quell’uomo era disprezzo, era un assassino, un mostro e un bugiardo, lei lo sapeva, eppure per un solo istante le sembrò totalmente ragionevole riflettere su ciò che le stava proponendo. Sua sorella era accecata dal dolore e dalla rabbia e aveva intrapreso una strada che l’aveva condotta dritta verso l’autodistruzione,

tuttavia a spingerla era stata la sua morte e lei era morta perché Drew e gli Elfi Oscuri l’avevano mossa come una pedina. Non avrebbe mai sopportato di portare dolore ad altre persone. «Ciò che voglio veramente è un posto in prima fila quando ti sconfiggeranno! Sappiamo entrambi che Layra ti ucciderà!» replicò, sicura che se fosse esistito qualcuno abbastanza forte per sconfiggerlo, quella era lei. «Temo resterai delusa, allora. Lei non può fare nulla del genere.» Amos sogghignò con malignità. «Ma come? Ero convinto che lo avesse detto a tutti: che delusione! Potresti farmi tu da portavoce, però!» la schernì lui, mentre Iris iniziava a perdere pian piano consistenza per il terrore, però prima che lei svanisse, lui le rivelò: «Se io dovessi morire, Layra morirebbe con me, e una volta che vi avrò sterminato, sarà piacevole avere la vostra principessina in mio potere. Lei non potrà mai niente contro di me.» Iris era rimasta senza parole. Il più potente sovrano degli Elfi Oscuri che fosse mai esistito non poteva essere ucciso, a meno che non venisse sacrificata colei che poteva eliminarlo. Anche se era un fantasma le girava la testa, quella rivelazione cambiava tutto e lei sbiancò totalmente rendendosi conto che non ci sarebbe stata alcuna battaglia, non c’erano speranze. «Non dici più nulla? Non sei più sicura della vittoria?» la schernì ancora Amos. Il silenzio permeò la stanza insieme allo stupore; anche Drew non ne sapeva niente ed era ugualmente sconvolto e sorpreso. Iniziava a comprendere la motivazione che aveva spinto Amos a non uccidere la principessa della Luce, tuttavia non capiva come mai il sovrano temesse tanto quella ragazza, se davvero lei non poteva opporglisi in alcun modo. *** Layra e Anter avevano accompagnato Ally a casa, poi il ragazzo era uscito di nuovo, con la promessa di tornare presto con Sean e Diane. Layra si era sbrigata a togliersi il sangue di Ilys dalle mani, per poter tornare subito da Ally che fissava con volto cupo un punto indefinito. Era ancora sotto shock, non avrebbe mai creduto che il proprio intervento potesse portare

qualcuno alla morte. Poco importava che le dicessero che era stata Ilys a farsi del male, che era una persona disturbata, che lei non aveva colpa alcuna, che anzi era riuscita a salvarli, perché lei sapeva che non era vero. Le sue visioni parlavano di morte e devastazione, e la sgradevole sensazione che le avevano lasciato non si era minimamente affievolita, questo poteva voler dire soltanto che erano ancora tutti in pericolo e lei non riusciva a vedere nessuna via d’uscita. Se li avessero trovati li avrebbero uccisi tutti, di questo era sicura. Layra smise presto di mormorare frasi rassicuranti, limitandosi a restare accanto all’amica da capelli rossi. Capiva perfettamente ciò che stava provando, anche lei aveva vissuto momenti di totale scoramento, eppure aveva trovato la forza per stringere i denti e andare avanti. Ci sarebbe riuscita anche lei, ne era sicura. Contemporaneamente iniziò a temere per le visioni che Ally aveva detto di aver avuto ma si era rifiutata di raccontare, affermando di volerne parlare solo quando fossero stati tutti presenti. Erano entrambe sedute sul tappeto all’ingresso, Ally si era appoggiata sulla spalla dell’amica, stremata da tutte quelle emozioni, quando la porta di casa si aprì e Anter entrò con i gemelli e Rowan e Coline. I due bambini avevano un’espressione di pura determinazione in volto e nessuno di loro se la sentì di escluderli; se fosse scoppiata una guerra loro non sarebbero stati risparmiati e, nonostante tutto ciò che era successo, si fidavano di loro. Sedettero anche loro, dopo aver serrato porte e finestre, lasciando che l’aria si saturasse d’angoscia. Persino Sean non aveva la sua tipica espressione scanzonata e, quando sedette accanto ad Ally, la bambina gli prese la mano, stringendola forte, mentre con lo sguardo seguiva il fratello che si mise accanto a Layra e con un braccio sfiorò le spalle di entrambe. Ally inspirò a fondo e represse la voglia di piangere, poi schiarendosi la gola iniziò a raccontare ciò che aveva visto e che era successo quella notte, sottolineando che il pericolo sussisteva: sebbene avesse impedito a Ilys di rivelare dove loro si trovassero, non potevano sapere quanto avesse effettivamente svelato e se Drew fosse arrivato alle grotte non ci sarebbe stato scampo per nessuno di loro. Sean e Diane erano sconvolti e la gemella mormorò: «Avevamo una vera e propria serpe in seno!»

Layra sospirò e scosse la testa, tentando di giustificarla: «Era accecata dal dolore, voleva riavere sua sorella.» Non che la perdonasse per come aveva trattato Anter e Ally, tuttavia non riusciva a non provare una certa empatia nei confronti di Ilys, in fondo voleva solo ritrovare la sua famiglia. Lei non voleva forse la stessa cosa? «Grazie del tentativo, Layra, ma mia sorella non ha molte scusanti.» La voce di Iris li fece sussultare, poi si voltarono verso l’immagine evanescente della ragazza, che appariva visibilmente scossa. Non le era rimasto nulla della ragazza arrogante che Layra aveva conosciuto all’Opposizione e quando le si rivolse aveva un tono di voce spento. «Possiamo parlare? Da sole?» «Certo.» accettò lei, perplessa eppure senza alcun rancore nei suoi confronti. Anter scoccò uno sguardo incerto alle due, poi borbottò: «Basta che non litighiate.» Layra accennò un sorriso e prima di alzarsi scoccò un bacio sulla guancia del ragazzo e gli sussurrò: «Non temere.» Seguì il fantasma che la guidò fin all’altra parte della casa, nel punto più lontano dagli altri, poi le chiese: «Cosa c’è?» Lei e Iris non erano mai andate d’accordo, ma la maggior parte della colpa era stata di Drew, dunque non poteva dire di temere un attacco da parte sua, tuttavia dopo tutti i tradimenti che aveva subito non era nemmeno certa di potersi fidare appieno. «Voglio chiederti una cosa delicata.» replicò cupamente il fantasma, quindi la perforò con due occhi indagatori. «È vero che, se Amos venisse ucciso, moriresti anche tu?» Layra inspirò tanto bruscamente che finì quasi per strozzarsi e mentre il suo viso impallidiva domandò di getto: «Come lo sai? Chi altri lo sa?» «Allora è vero.» sussurrò sgomenta Iris. Aveva sperato in una menzogna, di certo non era una notizia che potesse essere digerita con facilità. «Sì.» mormorò Layra chinando il capo come se un peso fisico la stesse schiacciando, poi affermò con forza: «Nessuno deve saperlo!»

«Perché?» chiese Iris, incredula. «Non voglio che ci siano esitazioni! Se Anter dovesse ancora combattere contro Amos, e conoscesse la verità, verrebbe ucciso. Io non posso perderlo!» rispose Layra accorata, sostenendo lo sguardo del fantasma. «Layra... moriresti per lui?» le chiese Iris con aria seria, ricordando la labile infatuazione che aveva avuto nei confronti di Anter, infatuazione che non le aveva impedito di avvicinarsi a Drew, di cedere alla sue lusinghe. Per Layra fu anche troppo semplice rispondere: «Sì, morirei.» Era la pura verità, non riusciva a immaginare la sua vita senza Anter. Crederlo morto le aveva dato un assaggio di ciò che significasse la vita senza di lui e, sebbene si reputasse abbastanza forte per reagire, non avrebbe sopportato di essere la causa della sua morte. Iris restò in silenzio per un po’, poi mormorò: «Capisco.» Non era vero, non aveva mai provato un sentimento tanto profondo per qualcuno, quindi aggiunse più sinceramente: «Rispetterò la tua decisione, non dirò nulla a nessuno.» «Grazie.» Layra annuì sollevata, benché fosse consapevole di quanto fosse folle sentirsi sollevata con una spada di Damocle posta sopra la propria testa. Per sfuggire a quel genere di pensieri chiese in tono leggero: «Sarai tra le nostre fila? Combatterai con noi?» «Certo! Perché non dovrei? Tanto sono già morta.» Iris sogghignò, poi prima di sparire le rivolse un sorriso sincero. «Stai attenta… Spero che tu ne esca viva, non mi va di vederti per un bel pezzo.» Layra accennò un sorriso, poi sospirò chiudendo gli occhi. Detestava mentire alle persone che amava e il peso di quel segreto rischiava di schiacciarla. Avrebbe voluto poterne parlare con qualcuno, ma non se la sentiva di caricare Ally anche dei suoi problemi... Sarebbe stata felice di parlarne con Anter, ma era come un serpente che si mordeva la coda, non poteva dirgli nulla se voleva proteggerlo e non dicendogli nulla non era sicura di poter continuare a perdonarsi quella bugia. Tornò dagli amici, sperando che le loro chiacchiere la distraessero, così la sorprese molto trovarli in completo silenzio, assorti nei loro pensieri.

«Cosa c’è? Mi avete aspettata?» «Ovvio, principessa.» Sean le sorrise, facendole l’occhiolino. Anter la raggiunse e le pose le mani sulle spalle. «Ne abbiamo parlato e siamo giunti alla conclusione che noi non possiamo fare nulla. Assolutamente nulla.» le disse lui, poi le sorrise incoraggiante. «Tu, al contrario, puoi farcela.» «Cosa, io?» chiese Layra stupita. «Certo, Layra! Sei la Principessa della Luce, perché non ti entra in testa?» esclamò Diane con enfasi, mentre il gemello le assestava un lieve spinta per suggerirle di non esagerare, facendola arrossire. «Io… cosa dovrei fare?» chiese Layra, stringendosi istintivamente ad Anter che l’abbracciò teneramente. «Tranquilla. Sarò sempre al tuo fianco.» «Anche noi!» confermarono gli altri ragazzi. «Potrei sapere cosa volete che faccia?» si allarmò lei, per nulla rincuorata da tutte quelle rassicurazioni. Anter prese un profondo respiro, sapendo che non le sarebbe piaciuto per niente e, a onor del vero, la situazione non sorrideva nemmeno a lui, ma non avevano idee migliori. «Dovresti parlare con Artis…» «Cosa? Siete matti? Non mi ascolterebbe mai, lo sapete anche voi!» lo interruppe subito Layra, fissandolo negli occhi scuri che si addolcirono, intuendo le sue paure. «Sarà costretto ad ascoltarti se irromperemo durante una riunione! Ci sarebbe troppa gente.» affermò Sean. Layra s’incupì e serrò i pugni. «Io… io… non so se ci riesco.» «Sì, invece ci riuscirai!» la incoraggiò Coline. Layra guardò la ragazzina che nemmeno il giorno prima si era rivelata una potentissima dea celeste, sebbene avesse trascorso degli anni da prigioniera indifesa. Adesso somigliava di più a una ragazzina di dodici anni, i vestiti non le

pendevano più dal corpo troppo magro, il viso aveva ripreso colore e sulla sua pelle i lividi erano quasi scomparsi. «Io…» “ho paura” stava per dire Layra, ma la frase di Rowan la bloccò: «Devi riuscire perché sei la nostra principessa! Sei eccezionale! Hai fatto fuggire tu i prigionieri dalle segrete, ci puoi salvare tutti!» Anter colse il sussulto di Layra e le ricordò: «Se non sei d’accordo, non fa nulla. Ci faremo venire in mente dell’altro.» «Io…» Layra guardò Rowan, Coline e Ally, quei tre bambini avevano vissuto l’inferno sulla loro pelle eppure avevano ancora la forza di combattere e confidavano in lei. Come poteva deluderli? Con che coraggio poteva disilludere le loro aspettative, proprio ora che avevano ripreso a sperare? Anter intuì il disagio della ragazza e sorrise agli altri, indicando la porta. «Ragazzi, vi dispiace lasciarci un po’ da soli?» Sean stava per dire qualcosa, ma Diane lo prese per un orecchio e lo portò fuori di casa, seguita dai più piccoli. Ally si fermò sulla soglia e voltandosi li avvisò: «Qualunque cosa decidiate, fate in fretta.» Poi chiuse la porta, sperando che, una volta tanto, il tempo stesse dalla loro parte. «Mi dispiace tanto, Anter.» sussurrò Layra, vergognandosi. Perché non poteva essere la coraggiosa e valorosa principessa che tutti si aspettavano? Il ragazzo la guardò negli occhi e, sfiorandole lievemente le guance, replicò: «No, scusami tu. Abbiamo deciso senza di te. Abbiamo deciso per te e questo non è giusto. Non devi fare nulla che tu non voglia» «Non scusarti. Tutto questo è necessario…» La ragazza si zittì a metà frase. Quella parola, necessario, le ricordò improvvisamente Dylan. Per qualche motivo che non riusciva a comprendere, lui aveva deciso di aiutarla, di tradire la sua gente e rischiare la vita. Se lui aveva rischiato tanto per una sconosciuta, come poteva lei voltare le spalle alle persone che amava? Non le avevano chiesto nulla di impossibile. «Cosa devo dire ad Artis?» domandò Layra, sconfitta. «Sei sicura di volerlo fare?» le chiese Anter, cercando i suoi occhi.

Lei annuì. «Certo e poi non c’è tempo per fare i capricci! Spero solo che Artis non mi ferisca con le sue parole.» Poi spiegò con enfasi: «Quasi non lo riconosco. È diverso dall’uomo che mi ha raccontato di mio padre e mi ha incoraggiato. Non posso credere che si stia comportando così. La verità è che non so cosa aspettarmi, né come reagire… Non sono la grande principessa che tutti credono.» concluse con un sorriso amaro. Anter la osservò, poi la strinse e le baciò la fronte con estrema dolcezza. «Non so cosa pensino gli altri… ma per quanto mi riguarda sei la principessa più coraggiosa, buona e forte in cui potessimo sperare, non dimenticarlo mai. Io, al contrario, sono proprio uno stupido. Dovrei proteggerti, non gettarti nella fossa dei leoni.» Layra sorrise, rannicchiata contro il suo petto e, divertita dal suo tono tragico, ammise: «Non sono poi così fragile!» «Oh, lo so. Devi essere solo tu a renderti conto di quanto sei splendida. A volte vorrei poterti dare i miei occhi, così ti vedresti come ti vedo io.» Layra sollevò il viso per guardare Anter senza dover sciogliere quel dolce abbraccio, perdendosi nelle sue iridi scure, mentre le insicurezze e i timori si dissolvevano nel nulla. «D’accordo, facciamolo!» affermò Layra, poi chiarì: «Dobbiamo decidere cosa dire e come dirlo. Voglio essere inappuntabile! Avremo una sola opportunità, se Artis riuscirà a farci apparire come dei ragazzini in cerca di attenzioni nessuno ci darà retta!» Anter annuì. «Andrà bene, ci prepareremo tutti insieme!» Poi con un sorrisetto sarcastico, aggiunse: «Non vedo l’ora di vedere Artis scendere dal piedistallo!» «Anter!» Layra soffocò una risata. Il ragazzo aprì la porta e sorrise vedendo Sean, Coline, Rowan e Ally appostati fuori a origliare. «Ops.» dissero i quattro in coro. «Sean! Ma sei ancora un bambino?» chiese Diane, avvicinandosi e coprendosi il viso con la mano.

«Ero solo curioso!» rispose Sean, sorridendo sornione, mentre ammiccava con complicità ai più piccoli. Diane scosse la testa sconsolata. «Uffa, non posso nemmeno dire che non ti conosco! Ci somigliamo troppo.» «Forza, venite dentro! Abbiamo bisogno di un buon piano!» affermò Anter sorridendo. «Allora hai accettato!» esclamò Diane orgogliosa, rivolta a Layra. «Ovvio! Non potevo rifiutarmi!» affermò lei con forza, anche se una fastidiosa vocina le sussurrò malignamente che forse Anter era accecato dai sentimenti che provava nei suoi confronti, forse lei non era all’altezza del suo ruolo. “Basta! Devo smetterla! Io sono forte, sono sopravvissuta fino adesso! E poi… non sono sola.” Layra ò lo sguardo su Anter, Ally, i gemelli, Rowan e Coline, e anche gli ultimi dubbi si dissolsero, lasciandole un sorriso sul volto. Anter prese alcuni fogli di carta e una penna, poi la chiamò: «Layra, ci sei? Forza, facciamoci venire in mente qualcosa. Chiedete a me il meno possibile, trattandosi di Artis mi vengono in mente solo insulti!» Sean rise. «E l’ultima cosa che vogliamo è istigarlo! Accidenti… Non potremo mandarlo all’inferno, dunque?» Diane alzò gli occhi al cielo esasperata. «Se dipendesse da voi due, andrebbe tutto a rotoli!» I ragazzi risero, scaricando la tensione e scacciando gli orrori che avevano subito e che di sicuro avrebbero ancora dovuto affrontare.

Capitolo 16

Dopo aver preparato un discorso quanto meno accettabile, come era stato definito severamente da Diane, i ragazzi dovettero aspettare un paio di giorni prima di avere la possibilità di parlare con Artis e vissero quell’attesa come in sospensione. Non accadde nulla di rilevante e lo scorrere del tempo sembrava fare i capricci, se per alcuni non ava mai, per altri andava decisamente troppo veloce. «Anter, Layra!» Sean si fermò giusto il tempo di bussare, poi si fiondò dentro senza attendere risposta. Layra arrossì mentre lei e Anter si stavano ancora baciando sul divano all’ingresso e quest’ultimo si lamentò: «Oh, insomma! La porta era chiusa!» Sean sorrise per un istante, poi però tornò serio e li avvertì: «C’è una riunione in corso! È il momento buono per parlare con Artis.» Layra strinse i pugni, mentre la tensione tornava a impadronirsi di lei, quindi annuì. «D’accordo. Sono pronta, credo.» «Veniamo anche noi.» la rassicurò Anter, alzandosi e seguendola, mentre Sean annuiva con sguardo determinato, guidandoli tra le case di pietra. Ai tre si aggiunsero anche Ally e Diane che li aspettavano nei pressi di una costruzione in pietra più grande delle altre. Poco prima di avvicinarsi, Diane li informò: «Stanno parlando di come affrontare e sconfiggere gli Elfi Oscuri. Argomento azzeccato, anche se altamente scontato.» Layra prese un profondo respiro e, prima che il coraggio le venisse meno, fece un cenno d’assenso a Sean e Anter. I due ragazzi aprirono le porte in legno dell’improvvisata sala riunioni, spingendole con abbastanza forza affinché fero rumore e attirassero l’attenzione dei presenti. «Cosa succede?» volle sapere Artis incredulo e indispettito da quell’interruzione, compiuta per di più da Layra e Anter. «Succede che ora dovrete ascoltarmi, tutti voi.» lo affrontò la ragazza, entrando

con una spavalderia che non era sicura le appartenesse. Nella sala si diffuse un lieve mormorio, sebbene oltre Artis e Rock ci fossero solo altri quattro Elfi della Luce, due uomini e due donne. «Layra, esci di qui, subito.» l’ammonì Artis a denti stretti, folgorandola con lo sguardo. Layra si era preparata una risposta ma non ebbe modo di darla, visto che un’Elfa dagli occhi celesti e i capelli rossi, raccolti in una treccia, redarguì aspramente il capitano: «Artis! Anche lei dovrebbe partecipare a questa riunione e non dovresti rivolgerti a lei in questo modo!» Artis incrociò le braccia irritato e sbottò: «Bene, principessa. Dicci quello che devi, ma fai in fretta: se non te ne fossi ancora accorta, sappi che è in corso una guerra!» Layra s’incupì e in un secondo dimenticò tutto il discorso che aveva imparato a memoria, ma ciò non la fermò, tutt’altro, si accalorò nel replicare: «Certo che me ne sono accorta! Cosa credi? È per questo che sono qui! Penso…» Lanciò uno sguardo ai ragazzi che la spalleggiavano e si corresse: « Pensiamo di avere un piano, ma da soli non potremmo mai metterlo in atto. Abbiamo bisogno di rimanere uniti, tutti noi.» Guardò Artis, che ora la osservava con un pizzico di risentito interesse. «Dobbiamo mettere da parte i rancori, dobbiamo poterci fidare gli uni degli altri. Amos è potente, ma non imbattibile e se collaboreremo potremo sconfiggerlo! Mi chiedo solo se sarò ascoltata, perché da sola non potrò fare nulla.» terminò lei con gli occhi puntati in quelli azzurri di Artis. Persino Anter, che aveva deciso di odiare il capitano con tutto il proprio essere, dovette ammettere di notare un lieve cambiamento nel suo sguardo quando lui disse, con meno ostilità: «Ti ascoltiamo.» Layra riuscì a sorridere, poi iniziò ad illustrare il piano che lei e i suoi amici avevano messo insieme, conquistando in pochi secondi l’attenzione di tutti i presenti. Alla fine Artis ò lo sguardo su tutti loro e ammise controvoglia: «È un piano avventato, ma molto probabilmente è il migliore che abbiamo e che avremo mai.»

«Sì, indubbiamente. Però ora cosa dovremmo fare? Come potremmo prevedere quando ci attaccheranno e portarli dove vogliamo?» chiese uno dei due Elfi che Layra non conosceva. «A questo penserò io.» rispose la ragazza con sicurezza, poi aggiunse: «Con permesso.» Si voltò e se ne andò, mentre gli amici la seguivano confusi, tutti tranne Ally che si accodò al gruppo con aria preoccupata. Anter prese la ragazza per un braccio e le domandò inquieto: «Layra, aspetta! Cosa vuol dire che ci penserai tu?» Lei gli sorrise e lo abbracciò forte. «Se te lo dicessi, ti arrabbieresti e tenteresti di fermarmi, ma sappiamo entrambi quanto sono testarda.» Anter la guardò negli occhi e sospirò. «E da quando prevedi il futuro?» Layra sorrise mestamente, quindi chiese: «Ally, è ora?» La piccola chiuse gli occhi, poi mormorò: «È vicino, troppo vicino.» Aprì gli occhi, guardando l’amica con aria impensierita. «Sicura di volerlo fare? Non so come andrà.» Lei annuì risoluta. «Non abbiamo altra scelta. Nel frattempo voi allenatevi, presto ci sarà una guerra.» Poi si rivolse a Sean, continuando una conversazione evidentemente già iniziata: «Sei sicuro di poter portare una squadra fuori di qui senza farti scoprire?» «Faremo il giro largo, tranquilla. L’ho già fatto in ato!» replicò lui con voce sicura, mentre la gemella, poco distante, dava ordini a soldati molto più grandi di lei. Layra sorrise rassicurata e stava per avviarsi, quando Anter la strinse a sé, quasi come a volerle impedire di andare, e la pregò: «Aspetta, spiegami.» «Non posso, Anter, non posso, non c’è tempo. Fidati di me.» «Allora fammi venire con te!» proruppe lui. Layra lo guardò con tenerezza. Sapeva che era pericoloso e che c’era anche la possibilità che non riuscisse a tornare, come sapeva, tuttavia, di dovere andare da

sola. «Mi dispiace. Non sai quanto vorrei che tu venissi con me. Vorrei averti al mio fianco, ma non è possibile, non stavolta.» Anter strinse e labbra, poi con un grande sforzo la lasciò andare. «Torna da me.» le sussurrò. «Sempre.» gli promise lei, poi guardò gli altri e li salutò, trattenendosi dall’abbracciarli tutti e dal raccomandarsi con loro che stessero attenti: li avrebbe spaventati e avrebbe spaventato anche se stessa. Sarebbe sembrato un addio. Ally abbracciò il fratello, quasi come a volerlo trattenere, e lui le domandò: «Cosa le succederà?» «Il futuro è… confuso. È come se nessuno avesse la benché minima idea di cosa fare!» spiegò vagamente lei, seguendo Layra con sguardo preoccupato finché la ragazza non sparì oltre l’apertura della grotta. Ally le aveva promesso di non dire ad Anter cosa volesse fare esattamente, non subito, altrimenti era sicura che lui l’avrebbe seguita, mettendosi in pericolo. Layra, infatti, sapeva bene cosa doveva fare. L’idea le era venuta già da qualche giorno, e non che non la spaventasse, tutt’altro, ma sentiva che doveva attuarla da sola. Lo doveva a se stessa, prima che a tutti gli altri. Scese rapidamente dal versante della montagna e percorse il tragitto fatto appena un paio di giorni prima, concentrandosi solo su ciò che sarebbe avvenuto dopo che l’avessero trovata. Sapeva che sarebbe stata trovata, Ally l’aveva previsto. La ragazza rallentò soltanto quando fu abbastanza lontana dal rifugio degli Elfi della Luce e solo allora si guardò intorno. Era quasi arrivata alla base della montagna e il sentiero era diventato molto più largo, ai margini c’erano solo alcuni arbusti e piccole zone verdi. Niente alberi, niente cespugli, niente nascondigli. Era consapevole di essere totalmente allo scoperto e sapeva che nei paraggi c’era un gruppo di Elfi Oscuri capitanato da Drew. Se ci pensava troppo il panico rischiava di attanagliarla, ma doveva essere abbastanza forte da gestirlo, doveva tornare lì se voleva che tutto finisse e doveva fare in modo che fosse Drew a portarcela se voleva proteggere chi amava.

“Eppure dovrei vederli!” pensò la ragazza percorrendo con lo sguardo il paesaggio brullo dinanzi a sé, avanzando ancora di qualche o. Il suo cuore batteva così forte da stordirla e quasi non riusciva a concentrarsi sui suoni intorno a sé. Fu di nuovo tentata di tornare indietro, di mollare tutto. «Lì! Lì c’è qualcuno!» gridò una voce maschile, spezzando il silenzio. Layra si voltò di scatto di lato, dove vide un gruppetto di Elfi Oscuri e incrociò immediatamente lo sguardo di Drew, che appariva troppo sbalordito anche solo per andarla ad acciuffare. “Accidenti!” esclamò mentalmente Layra, poi iniziò a correre dal lato opposto dei suoi inseguitori, mentre l’adrenalina le invadeva il corpo. Drew si riprese abbastanza rapidamente e iniziò a latrare ordini: «Insomma, non la vedete? Prendetela! Sbrigatevi! Se è qui, non è sola!» Poi prese a inseguirla anche lui. Layra li sentiva dietro di sé e, anche se sapeva cosa fare, per un istante l’istinto la obbligò a correre il più velocemente possibile, il suo corpo si rifiutava di subire altra prigionia. “Devo farcela, posso farcela.” si disse Layra, rallentando quel tanto che bastava perché Drew l’agguantasse. «Cosa ci fai tu qui?» le chiese lui ancora incredulo, ma dando un tono irritato alle proprie parole. Layra fu tentata di ridere, non credeva minimamente che non fosse felice di averla catturata, tuttavia si trattenne. «Potrei chiederti la stessa cosa!» replicò lei, ribellandosi tra le sue braccia, che tuttavia la strinsero ancora più forte all’altezza del petto, schiacciandole i polmoni e mozzandole il respiro. «Mi fai male! Lasciami!» protestò lei. Drew le assestò uno scossone, stringendola ancora di più finché lei non gemette e smise di lottare. «È da sola. Non c’è nessun altro qui in giro.» fece rapporto un soldato.

Drew non mollò la presa, ma fece in modo di poter guardare Layra in faccia e le domandò: «Sei qui da sola? Davvero? Come mai, principessina?» «Non sono affari che ti riguardano!» replicò lei acida. Il ragazzo biondo la spinse contro un masso, chiedendo sarcastico: «Oh, davvero? Non sono affari miei?» La tenne pressata contro la roccia e le sussurrò all’orecchio: «Peccato che tu non abbia scelta.» «Io non ti dirò nemmeno una parola!» replicò lei furente. Sperò di essere abbastanza convincente. Drew la osservò, poi prese una decisione e, obbligandola a girarsi, le mise una mano sulla gola e affermò: «D’accordo, con me non parlare. Ci penserà Amos a farti dire ogni cosa.» Iniziò a stringerle il collo con forza. «Cosa mi stai facendo…» riuscì a chiedere Layra con voce strozzata, tentando vanamente di lottare prima di perdere i sensi. Drew la guardò per pochi secondi, domandandosi ancora come potesse trovarsi lì da sola e sorrise al pensiero di come avrebbe reagito Anter, se avesse saputo dove fosse in quel momento la sua amata principessa. Prese Layra in braccio, poi la caricò sul proprio cavallo e ordinò agli Elfi Oscuri: «Voi andate avanti e trovate gli altri Elfi della Luce. Se la principessina è qui devono essere nei paraggi anche gli altri.» Il ragazzo montò a sua volta e tenne Layra ben stretta, augurandosi che non si riprendesse prima del previsto. Ovviamente Drew ricordava perfettamente gli ordini di Amos, ma cos’altro poteva fare? Era un’occasione troppo ghiotta per non sfruttarla e se Layra si era allontanata di sua volontà, come Drew credeva, probabilmente gli Elfi della Luce non avrebbero pensato a un rapimento; non immaginò affatto che la ragazza si fosse fatta catturare appositamente, era un’ipotesi troppo assurda perché venisse presa in considerazione. Erano in vista del castello quando Layra iniziò a riprendere i sensi, accompagnati da una martellante emicrania e fastidiosi crampi dovuti alla scomoda posizione in cui l’aveva obbligata Drew. Lei provò a muoversi per cercare di placare i dolori, ma ciò le valse uno strattone. «Stai ferma.» le intimò Drew, premendole un pugnale sul fianco, poi, tenendola

ben salda, aggiunse: «Dovevi nasconderti meglio, principessina. Non vorrei proprio essere in te quando arriveremo a destinazione.» Layra non provò a ribellarsi e non fiatò. D’altronde una parte del suo piano era andata proprio come doveva: Drew, l’unico dei fidati di Amos che avrebbe potuto vedere al di là della barriera che proteggeva la grotta, era lì con lei. “Devo solo affrontare Amos, che ci vuole!” pensò per sdrammatizzare. Doveva concentrarsi unicamente sul suo piano e portarlo a termine a ogni costo. Drew si sporse in avanti e la guardò. «Cosa fai, mi ignori? Come mai sei così tranquilla? Inizio a pensare che non sia tu, Layra.» la schernì. «Piantala, Drew.» sbottò lei, stanca del suo atteggiamento e della sua disperata ricerca di attenzione. «Arrivati!» la canzonò ancora lui, ridendo. «Preparati, Amos sarà furibondo. Si è arrabbiato moltissimo quando sei fuggita, non te la caverai con poco.» Layra lo odiò ancora di più, eppure si rese conto che in tutto quel tempo non aveva mai visto un singolo barlume di gioia in lui e, per un secondo, non poté evitare di provare pena per lui. Era cattivo, arido e vuoto, e non provava nemmeno a essere diverso. Quando smontarono da cavallo, Drew si stupì non poco che Layra non tentasse la fuga, eppure l’afferrò lo stesso, domandandosi cosa gli stesse sfuggendo. Iniziava a intuire che qualcosa non andava e il pensiero di aver contraddetto un diretto ordine del suo sovrano cominciò a spaventarlo. Layra si lasciò scortare da Drew, camminando a testa alta, nonostante sentisse sulla pelle gli sguardi degli Elfi Oscuri, alcuni apertamente beffardi, altri semplicemente rassegnati, come se già sapessero che lei sarebbe stata catturata. Furono questi ultimi a infastidirla maggiormente, tuttavia fece di tutto per restare imibile. Solo quando incontrò due occhi grigi ebbe un attimo di tentennamento. Dylan la guardava come se fosse stata un fantasma, sebbene fosse lui ad essere impallidito. Layra tentò di rassicurarlo con lo sguardo, nonostante anche lei stessa iniziasse a inquietarsi. Drew la condusse verso la sala del trono a o spedito e lei colse

nell’atteggiamento del ragazzo un po’ di esitazione, al punto che si fermò davanti alle porte aperte, incerto. «Cosa c’è, Drew? Hai paura?» gli chiese lei beffarda. Il ragazzo infuriato si voltò verso di lei e, afferrandola per le spalle, la spinse sul pavimento della sala con tanta forza che lei cadde in ginocchio. Amos la guardò per un istante, incredulo, poi il suo sguardo di ghiaccio ò su Drew e lo rimproverò: «Credevo di essere stato chiaro!» Layra si rialzò, spolverandosi i pantaloni, ostentando un’aria seccata, anche se in realtà era un po’ confusa. Si aspettava che la rabbia di Amos fosse esclusivamente per lei, il modo in cui si stava rivolgendo a Drew era una totale novità. «Se non l’avessi portata qui avrebbe dato l’allarme, ci ha visto ed era sola.» spiegò il ragazzo con voce totalmente incolore. “È spaventato veramente!” capì Layra, ancora più incredula. Amos tornò a guardarla e fu come se solo allora la vedesse davvero. Drew non sbagliava, il sovrano degli Elfi Oscuri era a dir poco infuriato. «Vattene, Drew.» comandò lui in tono gelido, senza staccare lo sguardo da Layra. Quel genere d’occhiata, prima, l’avrebbe obbligata a rannicchiarsi nella speranza di divenire invisibile, ma adesso non poteva permetterselo. Doveva ricordare per quale scopo era tornata nel peggiore dei suoi incubi. Drew uscì silenziosamente e chiuse le porte, sembrando davvero molto sollevato, sebbene di solito gli pie assistere mentre gli altri venivano strapazzati. «Layra.» Amos pronunciò il suo nome con voce tagliente e lo sguardo che le riservò fu terribile. «Devo dirti che non credo affatto che tu fossi lì per caso?» «Infatti sono venuta qui di mia spontanea volontà.» replicò lei, sarcastica solo per metà. Amos le si avvicinò troppo velocemente e quando lei fece per allontanarsi, lui

l’afferrò per una spalla e la scosse violentemente, ammonendola: «Non provocarmi, Layra, non ne hai bisogno, credimi!» Layra si divincolò dalla sua presa, ricambiando il suo sguardo furente. «Provocarti? Non m’interessa affatto!» Era una bugia, lei lo sapeva, le dava una certa soddisfazione dimostrargli che non lo temeva, poi continuò con enfasi: «Sai benissimo che, con i miei poteri, non mi sarei lasciata rapire così! Avrei potuto incenerire parecchi dei tuoi qua fuori e potrei creare un vero macello anche adesso!» Lui perse quella parvenza di fredda compostezza e sollevò il braccio per schiaffeggiarla, ma Layra era preparata e parò il colpo con il braccio, stringendo i denti all’impatto bruciante e violento, poi indietreggiò svelta per portarsi fuori tiro e proruppe: «Non toccarmi!» Amos la osservò con sguardo cupo, poi le ricordò con rabbia: «Appena scopriranno dove vi nascondete, le mie truppe partiranno e andranno a sterminare tutti gli Elfi della Luce, incluse tutte le persone che ami.» «Non troveranno nulla.» tagliò corto la ragazza con tutta la sua sicurezza, poi a testa alta affermò: «E ora pretendo di essere ascoltata!» «Pretendi?» la schernì lui, imprigionandola con lo sguardo. «Non sopravvalutarti, Layra, posso spezzarti in qualunque momento! Se sei ancora in piedi è solo perché lo voglio io!» «Non ci sei riuscito in due mesi, vuoi riuscirci in cinque minuti?» replicò a tono lei, più spavalda di quanto non si sentisse, poi aggiunse seria: «Non sono io che mi sopravvaluto, sei tu che mi sottovaluti!» Calò per pochi istanti un tetro silenzio, in cui solo gli sguardi combatterono e lei non poté fare a meno di chiedersi cosa lui stesse pensando. Avrebbe potuto attaccarla e, a lungo andare, portarla allo sfinimento, ne era consapevole, tuttavia non l’aveva ancora fatto e ciò le concedeva più tempo per dire ciò che doveva. «D’accordo, ti ascolto, Layra. Dopo però, sarai in mio potere.» la minacciò lui. La ragazza sorrise e scosse la testa, era incredibile la sensazione di avere il controllo della situazione. «Mi spiace deluderti, non mi avrai in tuo potere, perché dopo la nostra chiacchierata mi lascerai andare, a meno che tu non sia

così vigliacco da temermi. In tal caso tutti gli Elfi della Luce lo saprebbero e inizierebbero a chiedersi come mai mi temi.» lo provocò lei, alzando una mano per fermarlo quando si accorse che stava per interromperla. «Aspetta! Per due mesi ho subito in silenzio: ora parlo io!» Riuscì a tenere la voce completamente ferma quando dichiarò: «Sono qui in rappresentanza degli Elfi della Luce, per dichiararti guerra e riprendermi il mio regno!» Amos la fissò interdetto per alcuni secondi, poi sorrise sarcastico e la schernì: «Stai scherzando, principessa?» «No! Certo che no!» s’indispettì lei, mentre le guance le si arrossavano per la rabbia. «Come sei suscettibile… No, non scherzi, fai sul serio. Tu hai dichiarato guerra a me?» esclamò lui cupamente divertito, poi le domandò: «Lo sai che è un suicidio, Layra? Siamo seri, i pochi di voi che sono scappati da qui sono in pessime condizioni, lo stesso vale per gli altri della Luce. Non sono un esercito, perdereste, è inevitabile. Non vorrai un massacro, vero?» «Non ne sarei tanto sicura, fossi in te! Credimi, siamo molto motivati. Questa è casa mia! È la terra degli Elfi della Luce e posso assicurarti che tutti loro vogliono rispedirvi da dove siete venuti!» Layra si accalorò e alla fine quasi gridò. Non sapeva se le desse più fastidio che lui non le credesse o che svalutasse in quel modo lei e tutti coloro che, come lei, avevano subito la sua tirannia. « Tutti gli Elfi della Luce?» Lui rise senza alcuna gioia, poi le disse con falso compatimento: «Ti ricordo che parecchi di loro sono prigionieri nei campi e lavorano per me. Sappi che, se mi sentissi anche solo vagamente minacciato, li farei uccidere tutti!» «Oh, non contarci troppo…» Layra venne interrotta quando le porte della sala vennero spalancate da un Elfo Oscuro, che entrò e si inginocchiò, senza guardare nessuno dei due, poi esclamò esagitato: «Mio signore! Ai campi c’è stato un attacco, i soldati di stanza sono morti, tutti! I prigionieri... sono fuggiti!» Amos si voltò verso Layra, che non poté reprimere un sorrisino né i propri pensieri, per quanto sapesse di star giocando col fuoco. “Te l’avevo detto, no? Scegli: ti sei sopravvalutato o mi hai sottovalutato!”

Il soldato Oscuro si defilò in fretta, probabilmente captando la violenta ondata di rabbia del proprio sovrano, di solito così controllato da sembrare una statua di ghiaccio. Layra vide l’attacco, una moltitudine di sfere comparse improvvisamente dal nulla e, a causa della poca distanza, non provò nemmeno a schivarlo, ma solo a difendersi con uno scudo protettivo. Venne spinta indietro dall’impatto, fino ad arrivare con la schiena contro il muro, mentre una miriade di sfere dall’aspetto blu elettrico si avventavano sullo scudo, senza però abbatterlo; Layra riusciva a vedere il punto debole della propria barriera ed era in grado di spostarlo prima che venisse colpito, rendendo la propria difesa pressoché indistruttibile. Quando Amos capì ciò che la ragazza stava facendo, si fermò e la osservò, trafiggendola con uno sguardo carico d’odio. “Se gli sguardi potessero uccidere, mi avrebbe stecchito!” pensò Layra, rafforzando le proprie barriere fisiche e mentali. «Quella cos’era? Una crisi di nervi?» chiese lei, tentando di essere sarcastica ma la voce la tradì, iniziava ad avere paura ora che l’adrenalina e il bisogno di attuare il suo piano stavano svanendo. «Accetto, Layra. Vuoi la guerra? Te la darò! E poi, poi ti farò soffrire. Quando perderai, io sarò lì a godermi la tua resa! Credi che ti abbia fatto del male, fino adesso? Vedrai! Ti farò pentire di avermi sfidato.» continuò a minacciarla lui. Layra, con lo scudo ancora ben saldo, per mascherare i propri sentimenti, chiese ironica: «Hai finito?» Amos di certo non era abituato a essere trattato con sufficienza, soprattutto non da una ragazzina che lui era convinto di poter sconfiggere in qualunque momento, eppure sembrò recuperare la propria sicurezza e freddezza quando aggiunse: «Vedrai, principessa, non ti darò tregua, mi hai capito? Non puoi vincere, in ogni caso perderai.» «Staremo a vedere! Io non ho paura di te. Non più!» replicò Layra. «Non hai paura? E la barriera protettiva?» la schernì Amos, per poi provocarla: «Dimostramelo, che non mi temi.»

Layra, punta sul vivo, ignorò il buonsenso che le suggeriva di non fare stupidaggini e abbassò lo scudo, senza distogliere lo sguardo dagli occhi gelidi di Amos che sogghignò. «Sai, credo di aver sbagliato a giudicarti, Layra. D’altronde sei un’Elays, ma ricorda come sono finiti i tuoi genitori, loro hanno creduto di potermi sconfiggere, ricorda come è finita!» Layra tenne fieramente il capo alzato, nonostante la fitta di dolore al pensiero dei suoi genitori e replicò, suo malgrado con voce flebile: «Combatterò anche per loro!» Amos la raggiunse e le posò una mano sulla guancia dove prima intendeva colpirla e la sentì rabbrividire a quel contatto. «Combatterai, Layra?» Appena riuscì a incontrare lo sguardo della ragazza, sorrise spietato. «Rammenta che fino adesso hai tentato e fallito. La semplice verità è che non puoi combattere contro di me. Sarebbe inutile, non trovi? Non dimenticare il piccolo incantesimo che ti lega a me. E, se non bastasse, ricorda che io ho molta più esperienza di te, so come vanno a finire queste cose.» Layra si sentiva quasi paralizzata, era incredibile come con il solo tocco della mano lui riuscisse a controllarla. Doveva scuotersi da quello stato d’intorpidimento, non poteva permettergli di farle tutto ciò che voleva, ma il solo pensiero di muoversi la lasciava senza forze. Era stremata e questo la spaventava, anzi terrorizzava. Perché non poteva muoversi? Perché lui aveva tanto potere su di lei? «Vedi, Layra?» le chiese lui con dolcezza artefatta. «Non puoi opporti a me, non lo senti? Senti che non ce la fai? Ne vale davvero la pena, lottare contro di me?» La voce di Amos era in un certo senso ipnotica, sembrava quasi che la stesse avvolgendo in una densa nube, che le stesse annebbiando la mente. Per un secondo si rese conto che il suo diadema si era fievolmente illuminato, restituendole un lieve frammento di lucidità, presto però la voce suadente e al contempo autoritaria di Amos tornò ad imprigionarla nel suo giogo. «Non lottare, Layra. Non sarebbe molto più facile arrendersi?» “Sì, è decisamente più facile.” pensò lei però poi un’immagine le balenò nella mente. C’era qualcuno per cui doveva lottare.

“Che cosa sto facendo? Cosa mi succede?” La nube iniziò a diradarsi e Layra provò debolmente a ribellarsi. «Attenta, Layra, non opporti. Questa è la tua ultima possibilità. Tirati indietro. Arrenditi. È facile, vedi?» le sussurrò ancora lui con quella calma ipnotica. Layra sentiva ancora quella strana nube avvolgerla e soffocarla, come le spire di un serpente, tuttavia, nel fumo che le permeava la mente, si fece strada una voce o forse un ricordo. Torna da me. Era Anter, con quegli intensi occhi scuri che la imploravano e la guardavano come se lei fosse stata il sole, l’aria, la vita stessa. Sempre. Aveva risposto lei sincera, perché non c’era altro che desiderasse al mondo se non tornare da lui. O almeno, questo desiderava prima che quella nube la avvolgesse. Eppure quello stato di calma e di pace, quasi di apatia… a cosa serviva? A cosa serviva se non poteva stare con le persone che amava? A cosa sarebbe valso vivere, se poi non avesse veramente vissuto? “No! Lasciami.” pensò con fermezza Layra scacciando la nube, che ora sembrava volerla soffocare. La ragazza alzò lo sguardo e incrociò occhi gelidi, che sembravano alquanto stupiti di vederla reagire. Layra alzò una mano e con uno scatto secco allontanò quella di Amos dal proprio viso. «Non mi arrenderò. Non mi arrenderò mai! E se anche dovesse succedere… non mi arrenderei mai a te!» Amos le rivolse un sorriso tagliente, che però nascondeva una certa irritazione. «Su questo ti ricrederai. Io ti sto offrendo la possibilità di smettere di soffrire.» Layra lo fissò con odio. «La possibilità di smettere di soffrire? Dopo che mi hai promesso eterne torture? Mi risulta molto difficile crederti!» Lui la scrutò con aria di superiorità, poi replicò: «Come preferisci, principessa. Però, quando perderai, non dire che non ti avevo avvisato. E ora, dimmi, quando e dove ci sarà questa guerra?»

Layra notò il tono di scherno che lui aveva infuso nel suo titolo, ma finse di non sentirlo e rispose ostentando sicurezza: «Due giorni. Alla piana, vicino al confine tra i due regni.» Stavolta Amos rise con cattiveria, quindi la schernì: «Due giorni? Layra, insomma, non basterebbero nemmeno due anni per prepararvi!» «Noi siamo pronti… Forse sei tu a non esserlo!» lo rimbeccò lei, a pugni stretti, infuriata. Amos socchiuse gli occhi irritato e l’ammonì: «Non provocarmi, Layra.» Poi aggiunse con tono lievemente minaccioso: «E come credi di andartene? Se io decidessi di tenerti qui?» «Non lo farai!» Il diadema della ragazza brillò violentemente, poi Layra avanzò di qualche o e aggiunse: «Non mi farai nemmeno seguire: incenerirei chiunque ci provasse.» «Ti è bastato poco per acquisire tanta arroganza e sicurezza, ma non dimenticare che, come sono riuscito a sopire i tuoi poteri in precedenza, potrei farlo ancora.» le ricordò Amos, irritato più che mai. Layra non ricordava di averlo mai visto più furente e, nonostante ciò, non pensò nemmeno di limitarsi. Sebbene sapesse che così lo avrebbe fatto infuriare ancora di più, lo incalzò: «Non mi accompagni alla porta? O non posso andarmene? Perché in tal caso ti dimostreresti esattamente per il codardo che sei! Prima dici di potermi battere e poi hai paura di lasciarmi andare?» Invece di esplodere, Amos riacquistò la calma e replicò sprezzante: «Layra, Layra… certo che puoi andartene! Una guerra non è un gioco, voglio vedere quanto reggerai. Mi hai incuriosito. Due giorni.» Le rivolse un sogghigno di scherno. «Due giorni e tu sarai mia!» «Preferirei ucciderti e morire, piuttosto.» ribatté lei, girandosi e uscendo dalla sala del trono a testa alta, resistendo alla tentazione di voltarsi per non dargli le spalle. Sarebbe potuta rimanere e continuare a discutere anche per ore, ma sapeva che non sarebbe approdata a nulla, se non che avrebbe rischiato inutilmente di restare coinvolta in uno scontro. D’altronde lei era certa che lui l’avrebbe lasciata andare: gli aveva dato l’opportunità di sconfiggerla pubblicamente, non

avrebbe mai potuto rifiutare.

Capitolo 17

Dal momento stesso in cui Layra aveva lasciato la grotta, Anter aveva tentato di estorcere alla sorellina un minimo d’informazioni, ma Ally aveva aspettato che fosse troppo tardi per confessargli che tutto ciò che sapeva era che Layra le aveva chiesto quando e dove avrebbe potuto incrociare Drew. Spaventato, Anter aveva provato a uscire dalla grotta in un tentativo disperato di raggiungere la ragazza, ma Diane lo aveva fermato, avvisandolo che c’erano degli Elfi Oscuri nei paraggi e che, a ogni modo, non avrebbe potuto fare nulla senza rischiare di peggiorare la situazione. Naturalmente ad Anter non importava di dover combattere, lo avrebbe fatto pur di raggiungere Layra, ma un brandello di lucidità lo fermò: se fosse uscito avrebbe rivelato l’esistenza della grotta, condannando a morte la loro ultima speranza. Così si era obbligato ad aspettare in prossimità dell’ingresso della grotta, talmente irrequieto che Ally lo aveva tirato per un braccio e costretto a sedersi su un masso, mentre Diane controllava che lui non fe pazzie. Il ragazzo alzava lo sguardo ogni volta che intravedeva qualcuno vicino all’entrata della spelonca, ma gli unici a entrare furono un sostanzioso gruppo di ribelli capitanati da Sean, con delle provviste, e un cospicuo numero di Elfi della Luce vestiti tutti con gli stessi poveri abiti. Anter li notò a malapena, tuttavia si rese conto che dovevano essere i prigionieri obbligati a lavorare nelle campagne. Faceva parte del piano che avevano meditato insieme, scagliare un attacco per liberare gli Elfi della Luce prigionieri nei campi, in modo da non lasciare nessun ostaggio nelle mani degli Elfi Oscuri, tuttavia non sapeva che dovesse essere fatto in quel momento. “Inoltre non avevamo mai parlato di far andare Layra… dove? Ho il terribile sospetto di saperlo.” stava rimuginando Anter quando Ally proruppe, scuotendolo per un braccio: «Smettila di tormentarti! Dico davvero, mi stai facendo impazzire!» «Smetterò quando Layra tornerà qui!» sbottò lui, ancora indeciso se sgridarla per non essersi confidata con lui prima o lasciar correre perché in fondo lei stava crescendo, e lui sapeva che non sarebbero sempre stati d’accordo su ogni cosa. Se aveva deciso di mantenere il segreto lo aveva fatto consapevolmente.

«Lei può farcela Anter, perché non ti fidi?» gli chiese Sean in tono critico, unitosi a loro proprio in quel momento, dopo essersi ripulito da quella che doveva essere stata una piccola battaglia. Anter gli scoccò un’occhiataccia e replicò: «Ho piena fiducia in Layra! È di chi vuole farle del male che non mi fido!» Poi aggiunse infuriato: «Tu sapevi cosa volesse fare, vero? Perché non l’hai fermata?» Sean scosse la testa e replicò: «L’unica cosa che Layra mi ha detto è stata di anticipare l’attacco a oggi. Non sapevo cosa avesse in mente, ma ciò non toglie che non l’avrei fermata. Ha tutto il diritto di prendere le sue decisioni!» «Layra è molto determinata, sarà capace di tener testa a chiunque.» s’intromise Diane, tentando di calmare gli animi. Anter non aveva bisogno che gli dicessero quanto Layra fosse forte o determinata, nessuno lo sapeva meglio di lui, ma tutto ciò non poteva rassicurarlo, non quando c’era anche solo una minima possibilità che lei non fe ritorno. Il solo pensiero di una tale eventualità lo uccideva, bloccandolo in un paralizzante stato di panico. «Sei proprio tanto arrabbiato? Anche con me?» mormorò Ally incerta, avvicinandosi e carezzandogli un braccio. No, Anter avrebbe potuto prendersela con tutti, con il mondo intero, ma non con Ally. La abbracciò forte e le sue dita si impigliarono nei lunghi riccioli rossi della sorella. Avrebbe dovuto farsi tagliare un po’ i capelli, ma con lei era sempre un’impresa, amava i capelli lunghi. Quel dettaglio, insignificante e importantissimo, richiamò alla sua memoria tutti quegli anni in cui lui e Ally avevano tentato di sopravvivere, in cui lei non si era mai lamentata di nulla anche se tutto ciò che aveva era solo lui. La piccola gli sedette accanto con la schiena dritta e il capo fiero e, per un solo istante, Anter lasciò che fosse lei a consolarlo e a tenergli la mano. Iniziò a sentirsi meglio, non molto, ma abbastanza. Dopo un periodo di tempo, che Anter avrebbe definito infinito, ma che a giudicare dalla luce esterna non poteva essere stato più lungo di una manciata di minuti, i ragazzi sentirono dei i e la voce di Artis. «Anter, possiamo parlare?»

Ally sbuffò e lo guardò male, poi si alzò in piedi e si mise davanti al fratello, come per fargli da scudo, domandando con un tono duro che non le apparteneva: «Cosa vuoi da lui?» «Da soli.» aggiunse Artis, continuando a fissare Anter. Diane prese arco e frecce, poi si alzò e disse agli altri: «Su, andiamo.» Sean e Ally s’incupirono, ancora entrambi immobili e Anter li osservò mentre loro lo proteggevano, poi Diane gli si rivolse in tono dolce: «Sarò a portata di voce, con una freccia già incoccata!» Il ragazzo non poté non sorridere, divertito da quella velata minaccia nei confronti del capitano, il cui sguardo s’indurì ancora di più. Appena Anter restò solo con Artis, quest’ultimo si sedette su un masso, rimanendo per alcuni secondi in silenzio, poi parlò: «Avevi ragione, Anter. Mi sono comportato da vigliacco.» Anter sussultò, quindi lo studiò di sottecchi. Aveva le occhiaie, come se non fosse riuscito a dormire per diverse notti, sembrava improvvisamente esausto. «Perché mi dici questo? Come mai questo cambiamento?» chiese Anter il più distaccato possibile, domandandosi intimamente se non fosse tutta una recita. Artis sospirò e chiarì: «Non ti chiedo di perdonarmi, Anter. Non posso chiedertelo, sappi solo che… mi dispiace.» «Perché? Perché tanto astio nei confronti miei e di Layra? Cosa avremmo fatto di così sbagliato?» domandò Anter, serrando le labbra. Il capitano gli sembrava sincero, ma non poteva fidarsi quando aveva così tanto da perdere. Artis lo guardò per alcuni secondi senza parlare, poi chiuse gli occhi e ammise: «Tu e Layra non avete fatto nulla di sbagliato.» «Allora perché?» lo incalzò Anter, sperando di esasperarlo e far trapelare la sua vera indole. «Siete dei ragazzini eppure avete il coraggio di affrontare sfide che nessun altro saprebbe affrontare, nemmeno io. Tu hai creato una rivolta in poco meno di un

mese, mentre io non sono riuscito a fare nulla di concreto negli ultimi quattordici anni.» mormorò Artis, sconfitto. Anter rimase in silenzio, indeciso. Era davvero solo un’invidia ingiustificata quella del capitano, oppure c’era di più e lui stava solo tentando di tornare nelle loro grazie per usarli e poi metterli di nuovo da parte? I suoi genitori gli avevano suggerito di non fidarsi di Artis e lui non aveva alcuna simpatia per il capitano, tuttavia sapeva anche di dover stare attento a come si comportava. «Non tradire più la mia fiducia, perché non ti perdonerei una seconda volta.» affermò dunque con durezza. Artis accennò un sorriso, poi si alzò e se ne andò in silenzio, come chi avesse appena compiuto il proprio dovere e si fosse alleggerito la coscienza. Anter prese un profondo respiro, seguendolo con lo sguardo. Non gli importava granché di Artis o dei rapporti sociali in generale, eppure improvvisamente si rese conto di non essere più uno qualunque, da quel momento probabilmente tutti avrebbero cercato in lui e in Layra dei punti di riferimento. Sempre se Layra fosse tornata… «Avanti, Anter, sorridi.» disse Sean, avvicinandosi con le due ragazze. «Lasciami in pace.» sbottò Anter sovrappensiero. «Dunque non vuoi che ti dica che Layra è sulla soglia della grotta e sta venendo da questa parte?» lo stuzzicò Sean. Anter sollevò subito la testa e un sorriso di sollievo gli si affacciò sulle labbra. «Layra!» La ragazza era su un cavallo bianco, da cui smontò velocemente, fiondandosi tra le braccia di Anter. «Eccomi qua!» gli sussurrò, stringendolo forte per non fargli sentire che stava ancora tremando. «Eccoti qua.» Anter le ò le mani tra i capelli e le bisbigliò all’orecchio: «Mi hai fatto stare in ansia. Cosa è successo?»

Layra sorrise e, senza staccarsi da lui, affermò: «Credo di aver appena contrattato con Amos: due giorni e chiuderemo questa storia.» Anter la allontanò un po’ per guardarla negli occhi, occhi verdazzurri limpidi e sereni, mentre i suoi si scurirono per l’apprensione nel sapere confermati i propri sospetti. «Oh, Layra! Sei andata a palazzo? Da sola?! Layra!» la sgridò lui, poi continuò agitato: «Amos avrebbe potuto farti del male! Avrebbe potuto…» Layra lo baciò sulle labbra, fermandolo, poi gli sussurrò dolcemente: «Shh, è andato tutto bene, invece. Amos non ha potuto farmi nulla.» Non gli disse che per alcuni istanti era stata completamente in sua balia e che solo per poco non aveva ceduto, rischiando di cadere in uno stato di apatia senza via d’uscita. «E se anche mi avesse fatto qualcosa io ti avevo promesso di tornare!» aggiunse lei, incontrando il suo sguardo e pensando: “Niente e nessuno potrebbe tenermi ancora lontana da te. Nessuna forza né in cielo né in terra!” Anter spalancò gli occhi scuri, poi con infinita dolcezza la baciò sulle labbra. Erano così vicini che Layra poté sentire il battito accelerato del suo cuore e le sembrò una melodia segreta e bellissima solo loro. Diane sorrise e voltandosi trascinò via sia Sean sia Ally, bisbigliando: «Lasciamoli in pace. Hanno bisogno di stare insieme quanto noi abbiamo bisogno di respirare.» Sean fissò la gemella poi sospirò. «Sarebbe bello se nessuno tentasse ancora di dividerli.» «Fai del sarcasmo?» lo prese in giro Diane. «No.» assicurò lui con un sorriso, quindi ò alla comunicazione mentale per impedire ad Ally di ascoltare: “Non nego che Layra mi affascini, ma so come stanno le cose e non intendo farla soffrire. Già in troppi ci hanno provato.” “Sai, fratellino, sei diventato più saggio. Però… non vorrei che fossi tu a soffrire.” Diane scrutò di sottecchi il gemello che sorrise. “Non credo proprio di essere innamorato di Layra… e comunque non come ne è innamorato Anter. Sai che voglio molto bene anche a lui, è un po’ il nostro fratellino per adozione.”

Diane sorrise di cuore, poi chiese ad alta voce: «Allora, cosa vi va di fare?» «Io ho promesso a Rowan e Coline che gli avrei fatto vedere come tiro con l’arco. Devo andare!» affermò con entusiasmo Ally, non dicendo che si era accorta perfettamente della loro conversazione silenziosa e ne aveva anche immaginato il contenuto. Sean rise e le tirò per scherzo un ricciolo rosso. «Mi raccomando, stupiscili. Ricorda, Ally, che tu non tiri con l’arco… tu non manchi mai il centro del bersaglio!» Le ammiccò sorridendo. Appena Ally sparì dalla loro vista, Sean si voltò verso la gemella ed esclamò: «Quindi tra due giorni si combatte! Dimmi pure che sono pazzo, ma io non vedo l’ora!» «Sì, sei pazzo.» Diane scosse la testa, chiedendosi per quale motivo il buonsenso lo avesse ereditato tutto lei. «No, dico sul serio. Non vedo l’ora di poter andare a cavalcare tranquillamente, come quando eravamo bambini, te lo ricordi? Sì, sarà la prima cosa che farò: andrò a cavalcare.» Diane abbracciò il fratello, soffocando un’irrazionale ondata di panico, poi gli sussurrò: «Io verrò con te. Hai ragione, anch’io non vedo l’ora! Riavremo le nostre vite, finalmente.» *** Accoccolati al riparo di alcuni massi vicino all’ingresso della spelonca, Anter e Layra non si erano ancora mossi da lì e lui, tra un bacio e l’altro, aveva provato a farsi raccontare cosa fosse successo. Sentiva che qualcosa era andato storto, eppure lei non aveva detto nulla, zittendolo sempre con baci dolci e sensuali al tempo stesso. «Layra, aspetta, ho bisogno di sapere se tu stai bene.» Anter la fermò, allontanandosi un po’ per poterla guardare negli occhi. «Sì, ma quando sono con te sto sempre bene.» Lei gli rivolse un sorriso birichino.

Anter scosse la testa fingendosi infastidito, anche se un sorriso gli aveva incurvato le labbra e lei comprese di averla spuntata. Detestava nascondergli qualcosa, oltre a essere il suo ragazzo lui era anche il suo primo vero amico, tuttavia non vedeva perché dovesse buttare altra benzina sul fuoco. Sarebbe già stata dura tenere Anter lontano da sé e da Amos durante la battaglia, non occorreva alimentare il suo odio nei confronti del sovrano degli Elfi Oscuri. «Layra, perché proprio due giorni?» domandò Anter dopo un po’, mentre giocherellava con una ciocca dei suoi capelli. «Non lo so, è stata una decisione istintiva.» confessò lei, poi aggiunse: «Ho pensato che aspettare troppo avrebbe potuto scatenare il panico e dare agli Elfi Oscuri troppo vantaggio. Perché?» «Oh, niente.» fece lui con un sorriso cupo. «Solo che tra tre giorni è il mio compleanno.» Layra strizzò gli occhi e si coprì il viso con una mano. «No, dimmi che non è vero! Scusami! Io… non lo sapevo, non me lo avevi detto! Oh, Anter, mi dispiace.» si scusò lei, per aver programmato una guerra il giorno prima del compleanno del suo ragazzo. «No, va bene così. Comunque un giorno vale l’altro e la loro sconfitta sarà un bellissimo regalo!» replicò lui, sfiorandole le labbra con un dito finché lei non tornò a guardarlo e lui colse la paura nei suoi occhi, così addolcì il tono: «Ti proteggerò sempre, in tutti i modi possibili, lo sai vero?» Layra si mise seduta, allontanandosi da lui per impedirgli di vederla in faccia. Tremava al solo pensiero che Anter si mettesse in pericolo per lei, che morisse per lei, lei che non era nemmeno sicura di riuscire a sopravvivere a quella battaglia. Se si fosse vista costretta a uccidere Amos l’avrebbe fatto. Avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per restare viva, ma non avrebbe esitato se le persone che amava fossero state in pericolo. «Cosa c’è, Layra?» le domandò Anter, preoccupato. Lei si voltò a guardarlo e accennò un sorriso. «Non voglio che tu debba proteggermi, voglio essere io a proteggere le persone che amo. Sono stanca di non potermi difendere.»

Anter la osservò per un po’ con un sorriso dolce, poi sbuffò mettendo il broncio. «Ci toccherà allenarci, vero?» «E anche avvisare che tra due giorni ci sarà una guerra.» confermò lei, poi lo punzecchiò: «Da quand’è che ti scocciano gli allenamenti?» «Da quando ci sei tu.» affermò lui sincero, poi quando intravide Rowan gli fece un cenno con la mano e gli chiese: «Row, per favore puoi dire ad Artis che tra due giorni ci riprenderemo casa nostra?» «Certo! Era ora!» esclamò il ragazzino con un sorriso a trentadue denti, poi corse via. Layra sorrise intenerita e mormorò: «Potremmo iniziare ad allenarci oggi, poi domani si vedrà.» Improvvisamente era diventata molto più consapevole del tempo che le restava con Anter e seppe con certezza di aver fatto bene a non perderne troppo. Se avesse aspettato, se avesse rimandato lo spiacevole incontro con Amos, avrebbe atteso finché non fosse stato troppo tardi per tutti loro. «D’accordo.» Lui sorrise, fingendo di non accorgersi che Layra si fosse rabbuiata. «Pronta?» «Adesso?» «E quando altrimenti?» la provocò Anter sguainando la spada. «D’accordo!» Layra impugnò quella col giglio bianco, concentrandosi sulla sensazione di avere in mano un’arma e bandendo le preoccupazioni almeno per un po’. «Per prima cosa, ricorda, non attaccare mai per prima se non è strettamente necessario. Lascia che il tuo avversario si sbilanci. Non rivelare mai le tue mosse, nemmeno con lo sguardo. È importante.» la istruì Anter, rimanendo inizialmente immobile e poi istigandola con delle finte. Lei sulle prime non riusciva a riconoscerle e si ritrovò più volte a lasciare il fianco scoperto e a perdere l’equilibrio. Dopo un po’ di esercizio acquisì abbastanza sicurezza e imparò a distinguere le finte dagli attacchi veri e propri, anche grazie alla nuova severità di Anter che non le concesse nemmeno un attimo di tregua.

«Perché non me lo hai insegnato prima, scusa?» chiese lei, ruotando le spalle indolenzite. «Come avrei potuto sapere che sarebbe successo tutto questo?» scherzò lui per poi aggiungere mestamente: «Pensavo che avremmo avuto più tempo, non si può imparare dall’oggi al domani, ci vorrebbero mesi, per non dire anni. Tempo che non abbiamo avuto e che non avremo.» «Giusto.» concordò lei, concentrandosi ancora di più, perché per quanto fosse impossibile lei doveva imparare. «Devi tenere saldamente l’elsa, ma non devi stritolarla. Devi sentire la spada, come senti il tuo braccio.» «Oh, facile.» protestò lei. «Concentrati.» Anter le sorrise, poi la incoraggiò: «Puoi riuscirci.» Layra sospirò e irrigidendo i muscoli delle braccia, obbedì. Chiuse gli occhi e accadde una cosa stranissima, fu quasi come se la spada avesse vita propria e avesse appena deciso di aiutarla, perché, sempre a occhi chiusi, si mosse fluida e veloce disarmando Anter. «Layra!» esclamò lui incredulo, indietreggiando di un paio di i. Lei aprì gli occhi e schiuse le labbra meravigliata. «Sì?» «Mi hai disarmato…» «Sì.» «…a occhi chiusi!» «Ehm… riproviamo? Stavolta voglio essere io a guidare, non la spada.» bofonchiò lei, osservando l’arma che stringeva tra le mani e che sembrò quasi ammiccarle quando riflesse la luce di un globo luminoso. «Come?» chiese Anter confuso, prendendo la propria arma da terra. «Non importa.» Layra si preparò, ancora incredula.

«D’accordo.» mormorò lui, perplesso. Layra gli tenne testa per un po’ poi però la mano cedette e la sua spada volò via. «Riproviamo.» si ostinò lei. La volta successiva migliorò e anche quella dopo, finché riuscì a disarmare Anter, che esclamò: «Sei eccezionale! Come ci riesci?» «È la spada. Hai ragione, riesco a sentirla! È come se… mi guidasse. Non so spiegarlo meglio di così.» affermò lei, guardando l’arma con meraviglia e complicità. Anter la osservò attentamente, mentre impugnava quella lama un po’ troppo grande per lei, poi sorrise. «Deve essere una spada incantata, probabilmente ti riconosce come un’Elays, ed è un bene: ti sarà di grande aiuto.» Non era esattamente ciò che avrebbe voluto dirle, in realtà. Per un istante aveva avuto voglia di poter trovare una scusa qualunque per non permetterle combattere, per tenerla lontana dallo scontro, ma sapeva che lei non avrebbe mai accettato di restare al sicuro sotto una campana di vetro. L’unica soluzione era insegnarle tutto ciò che sapeva e rimanerle vicino a ogni costo. «Tutto bene?» gli chiese lei con il viso arrossato e un sorriso sulle labbra, euforica per aver scoperto di avere almeno un’opportunità. «Sì, sto bene. Perché non provi con la mano sinistra ora? Io ò la destra.» la incitò lui, sorridendole e reprimendo i brutti pensieri. Layra annuì e l’allenamento proseguì, in un alternarsi di vittorie e sconfitte, fino al tramonto e i due si fermarono solo per riprendere fiato e dissetarsi da una delle tante sorgenti naturali che zampillavano nella grotta. «Anter, Layra, dobbiamo parlarvi!» li chiamò Ally. I due rinfoderarono le spade e si accorsero solo allora del pubblico di ragazzini che si era riunito intorno a loro. Erano talmente tanti che dovevano essere tutti i piccoli radunati nelle grotte… e paradossalmente erano tristemente pochi per essere gli unici bambini sopravvissuti alla tirannia.

«Cosa dovete dirci?» Ally guardò il resto dei ragazzini, consultandoli con lo sguardo, e ad Anter vennero i brividi nel vederla nel ruolo di capo. «Vogliamo combattere anche noi.» affermò la piccola dai capelli rossi, osservandoli con sguardo estremamente consapevole. «Non se ne parla!» esclamarono in contemporanea Layra e Anter. «No, ora ci ascolterete. A parte che siete degli ipocriti, perché voi due non siete chissà quanto più grandi di noi, abbiamo il diritto di essere ascoltati.» s’impose Ally, con quel fare testardo che Anter conosceva bene. Anter a Layra squadrarono sorpresi i ragazzini dai cinque ai dodici anni radunati lì, dato che nei loro sguardi c’era una maturità che non avrebbe dovuto esserci. Il loro non era un capriccio da bambini. «Vi ascoltiamo.» mormorò Layra. «Anter?» chiese Ally guardando il fratello, in attesa, fin quando anche lui acconsentì. «Bene. Siamo consapevoli, tutti quanti, che sul campo di battaglia non serviremmo a niente ma saremmo inutili anche restando qui. C’è un posto invece dove possiamo andare… un posto che vogliamo tutti riprenderci.» iniziò Ally in tono serio, poi continuò, cercando con lo sguardo l’appoggio dei due più grandi: «Ci siamo confrontati e crediamo che se il piano deve funzionare allora dobbiamo impedire che anche un solo Elfo Oscuro rimanga all’interno del castello. Sarebbe troppo facile per loro asserragliarvisi dentro e noi di certo non potremmo assediarli. Noi bambini potremmo entrare a inizio battaglia, chiudere i portoni e salire sulle mura con archi e frecce. Saremmo d’aiuto e al sicuro.» Layra li guardò ancora tutti quanti, poi si voltò verso Anter, che ricambiò il suo sguardo. “Non penserai…” iniziò a chiederle lui. “Anter, penso anch’io che siano solo dei bambini, ma Ally non ha tutti i torti. E poi… probabilmente saranno più al sicuro lì. Pensaci, se restassero qui e le

grotte venissero scoperte resterebbero intrappolati!” “Non serve… io ho già deciso e mi fido di te.” «D’accordo, ma starete attenti gli uni agli altri. Non farete gesti avventati e non attirerete l’attenzione se non sarà necessario.» dichiarò Layra, cercando di guardarli tutti negli occhi. I bambini iniziarono a gridare di gioia e a saltare, tornando per un secondo a essere solo dei ragazzini e non un gruppo di soldati. Ally invece rimase seria e si avvicinò al fratello e a Layra. «Non tradiremo la vostra fiducia, tranquilli.» affermò, poi li abbracciò, abbandonandosi al senso di sicurezza che erano in grado di trasmetterle. Anter le carezzò i capelli teneramente e mormorò: «Ally, sai bene che una parte di me non accetterà mai di lasciarti andare, come spero tu sappia che ho totale fiducia in te, sorellina.» Lei sorrise e gli occhi le brillarono. «Ti voglio tanto bene, fratellino.» «Anch’io, Ally.» le sussurrò lui, stringendola forte. «Anch’io.» Avrebbe potuto sproloquiare su ogni genere di avvertimenti e suggerimenti per ore, ma gli mancò la voce. Le due persone che amava di più al mondo sarebbero state su un campo di battaglia e lui non poteva fare nulla per cambiare le cose. Tutti i suoi tentativi, con l’Opposizione prima e con i ribelli poi, avevano come unico obiettivo proteggerle e in quel momento gli sembrò solo l’ennesimo fallimento. Poi però le vide sorridere e capì che loro non si sarebbero lasciate cullare da un falso senso di sicurezza: ciò che serviva loro era semplicemente essere in grado di combattere per ciò che volevano. Potevano farcela. Potevano sopravvivere tutti e tre anche a quell’ennesima sfida di un destino che, alla fin fine, loro avevano scelto.

Capitolo 18

Da quando la Principessa della Luce aveva lasciato liberamente il palazzo, l’atmosfera era diventata estremamente cupa e persino il cielo era stato oscurato da neri nuvoloni. Tutti i soldati erano stati richiamati affinché si preparassero a una guerra che erano convinti di aver vinto quindici anni prima, ma anche le più alte gerarchie militari non avevano avuto il coraggio di disturbare il loro sovrano per delle spiegazioni. Amos non aveva più lasciato la sala del trono, ancora furioso per l’affronto di essere stato sfidato da una ragazzina e ciò lo rendeva ancora più pericoloso. Aveva già dato ordine di non voler fare prigionieri, che morissero tutti, tuttavia nessuno poteva avvicinarsi a Layra. Intendeva occuparsi personalmente di lei. Erano appena calate le tenebre quando nella sala del trono soffiò un vento innaturale e la temperatura scese di qualche grado, poi apparve Urien, un demone che Amos aveva conosciuto diverso tempo prima e che gli aveva tenuto Layra nascosta per quattro lunghi anni. «Mi hai fatto chiamare?» «Sì. Ti sono già giunte le novità?» chiese Amos alzandosi dal trono con aria imperscrutabile. «No, ma sono sicuro che me le dirai presto.» sbuffò il demone, appoggiandosi a una delle colonne superstiti della sala del trono, alquanto irritato per essere dovuto scattare appena convocato; d’altro canto, inimicarsi Amos era un pessima idea, persino per un demone del suo calibro. «Layra mi ha dichiarato guerra.» affermò semplicemente il sovrano con un sorriso arrogante, di scherno. Urien rimase in silenzio per un po’, ricordava fin troppo bene la ragazza testarda che nonostante la lunga prigionia non si era mai arresa, tuttavia chiese: «È uno scherzo?» «No, Layra è venuta qui e non aveva nessuna voglia di scherzare.» Il sorriso di Amos prese per un istante una piega irritata e i suoi occhi azzurri s’incupirono. «Va detto che di coraggio ne ha parecchio, però.» mormorò Urien colpito, quindi

domandò sospettoso: «È molto interessante... ma perché mi hai fatto chiamare? Dubito sia solo per una chiacchierata tra vecchi amici.» Soprattutto perché amici non lo erano stati mai. «Ti ricordo, Urien, che io ordinai che Layra, appena fosse stata trovata, venisse subito condotta qui, da me. Tu l’hai trattenuta per quattro anni.» iniziò Amos, imperturbabile come al solito, poi con un sorriso malvagio concluse: «Ora, a conti fatti, direi che sei in debito con me.» Urien si mise sulla difensiva e ringhiò: «Cosa vuoi, Amos?» Il sovrano sorrise, gelido. «Immagino che, negli anni in cui hai trattenuto Layra, tu abbia ottenuto qualcosa da lei.» Il volto del demone trasfigurò per la rabbia e lui replicò: «Può darsi, oppure può darsi di no!» «Urien, ci conosciamo da un paio di secoli, mi dispiacerebbe molto dover arrivare a rompere i nostri rapporti: consegnami i poteri di cui l’hai privata e io considererò chiusa quella storia.» «Non so di cosa tu stia parlando.» Amos rise e fronteggiandolo gli chiese: «Pensi che non mi sia accorto che i suoi poteri da strega le sono stati rubati? Non offendere la mia intelligenza, so che glieli hai sottratti tu.» Il demone restò immobile e muto per alcuni secondi, combattuto tra la bramosia di potere e la sopravvivenza. I poteri che aveva sottratto alla piccola Layra erano esclusivamente legati al suo essere per metà strega e, sebbene per anni avesse tentato di privarla anche di quelli che le derivavano per essere figlia di un re degli Elfi, non c’era mai riuscito. Tutto quel potere valeva una fortuna e un prestigio che avrebbero potuto farlo diventare anche Signore degli Inferi, ma se Amos lo avesse eliminato, cosa di cui non dubitava, allora non gli sarebbe valso a nulla. «D’accordo, eccoli!» sbottò Urien e, muovendo una mano, materializzò una sfera luminosa, poi, consegnandola al sovrano, ringhiò tra i denti: «Divertiti a giocare al signore del mondo, finché puoi!»

Amos sorrise, per nulla turbato, e aggiunse: «Ah, Urien, c’è un’altra cosa prima di considerare chiusi i conti col ato: voglio che tu porti qualcuno dei tuoi tra due giorni e che combatta accanto al mio esercito.» «Non dirmi che la temi!» Urien sogghignò senza riuscire a privarsi del sottile piacere di schernire il potente sovrano. «Temi che possano batterti?» «Per niente. Voglio solo che Layra non venga sfiorata nemmeno per un secondo dall’idea di poter vincere, che nessuno possa pensarlo.» replicò Amos senza scomporsi, dando alla frase un velato tono di minaccia. Urien annuì lentamente, segretamente inquieto. Il sovrano degli Elfi Oscuri era un mistero vivente, nessuno sapeva da dove fosse venuto, né se i suoi poteri avessero effettivamente un limite. Un giorno era semplicemente apparso e aveva conquistato il regno che ora governava, poi si era spinto oltre conquistando anche quello della Luce. Combattevano dalla stessa parte, eppure il demone non era del tutto sicuro che Amos non avrebbe conquistato altri regni e altri mondi, diventando ancora più potente. Ne aveva di certo le potenzialità, allora per quale ragione temeva la giovane principessa della Luce? Stava per andarsene quando la curiosità vinse sul buon senso, allora il demone biondo chiese: «Perché, se non li temi, non hai ucciso Layra quando è stata qui?» Il sorriso di Amos fu raccapricciante quando affermò in tono cupo: «Perché quando mi occuperò di lei avrò bisogno di molto, molto tempo e prima dovrà annegare nel sangue delle persone che ama.» *** Da quando era alla spelonca, Layra non aveva mai visto tanto movimento come quella mattina, il che era anche comprensibile, considerato che il giorno dopo sarebbe iniziata la battaglia definitiva. Eppure lei, quella mattina, sarebbe rimasta molto volentieri a letto, sotto le coperte con Anter, stretta tra le sue braccia, ma Artis li aveva fatti chiamare d’urgenza, così loro erano stati obbligati a lasciare il dolce nido che si erano appena costruiti, per venire a contatto con la dura realtà, una realtà di acciaio, sangue e grida. «Entriamo?» le chiese Anter, facendo cenno alla costruzione in pietra, in cui la

volta precedente si era tenuta l’ultima riunione. «Siamo arrivati fin qui, ormai.» Lei sospirò, incerta su cosa aspettarsi. Una volta entrati trovarono ad attenderli oltre Artis e Rock, una donna coi capelli ricci scuri e gli occhi castani. Layra notò immediatamente che indossava un ciondolo molto simile al suo, solo più piccolo e con la luna, il sole e la stella di colori diversi. «Layra, Anter, vi presento Claire. Fa parte di un gruppo di streghe e…» «Faccio da sola, Artis, grazie.» lo interruppe lei, poi rivolse un caldo sorriso ai due ragazzi. «Perdonatemi se vi ho fatto disturbare, ma mi chiedevo se per caso io e il mio circolo potessimo unirci alla vostra battaglia.» Layra e Anter si scambiarono uno sguardo sorpreso, poi lei sorrise ed esclamò: «Certamente! Un aiuto ci farebbe comodo.» Si sentiva attratta da quella donna, come se in qualche modo la conoscesse, e lei le rivolse un sorriso, guardandola intensamente prima di dirle: «Perfetto, ve lo daremo volentieri. Hayril, tua madre, era una di noi prima di sposare tuo padre. Era mia amica… Tu le somigli molto.» affermò Claire, commossa. Layra l’aveva ascoltata come sotto ipnosi. Una parte di lei aveva intuito già che quella strega potesse aver conosciuto sua madre, ma non credeva che fosse sua amica, ed era certa che sua madre l’avrebbe voluta al sicuro, lontana da una guerra non sua. «Aspettavo questo momento da anni, da quando ho saputo che era scomparsa.» aggiunse Claire, con gli occhi brillanti come due fiamme. «Scomparsa.» ripeté Layra, intristendosi. Anter le mise le mani sulle spalle per consolarla e lei si appoggiò a lui, lasciando che lui riempisse il vuoto che sentiva dentro di sé. La voce di Artis li riportò tutti alla realtà, quando si rivolse ai due: «La venuta di Claire non è l’unico motivo per cui vi ho fatto chiamare. Dobbiamo decidere ancora delle cose e…» «Oh, Artis, dacci un taglio! Sono ragazzi! Non vorrai tediarli con ipotesi e

possibilità? Che vadano a divertirsi, se lo meritano prima di domani!» sbottò Claire, interrompendolo senza tentennamenti. Fu in quell’istante che Layra capì che quella donna, quella strega, le piaceva davvero molto. Chissà se dopo tutta quella storia avrebbero potuto parlare di sua madre? Artis alzò gli occhi al cielo e concesse a malincuore. «E sia.» «Quindi possiamo andare?» chiese Anter dubbioso. «Certo.» Claire precedette Artis, ammiccando ai due. Layra le sorrise in risposta e con Anter corse fuori, prima che al capitano venisse in mente un altro modo per trattenerli. I due raggiunsero Ally, che li aveva aspettati fuori con un broncio adorabile sulle labbra, irritata che Artis non avesse convocato anche lei, alla quale si erano aggiunti anche Sean e Diane. «Cos’è questa storia? Ci ha tagliato fuori, invece di parlare con tutti noi?» protestò Sean, scrutando negli occhi dei due appena usciti dalla sala riunioni di Artis, per assicurarsi che il capitano non li avesse feriti in qualche modo. Anter gli rivolse un sorriso e fece spallucce. «Voleva solo farci conoscere una persona.» «Buon per lui! Ci deve provare a trattarvi male e lo trafiggo!» affermò Ally, mimando di tirare una freccia con un arco immaginario, scatenando l’ilarità generale. «Non devi preoccuparti per questo, non glielo permetterò più!» Layra le diede manforte, sorridendo alla sua combattiva amica che si rasserenò, poi chiese: «Cosa vogliamo fare adesso?» «Io proporrei di are la giornata insieme, noi cinque. Cosa ne dite?» propose Diane. «D’accordo, qualche idea?» chiese Layra. «Usciamo.» suggerì Sean, incrociando lo sguardo degli altri con aria ribelle. «Voglio vedere la luce del sole, non queste torce! Uscire sarebbe già un o

avanti!» «Di solito dici solo stupidaggini, invece adesso mi sembra che tu abbia detto una cosa sensata. Per caso hai la febbre?» lo prese in giro Diane e il gemello le rivolse una smorfia seccata. «Anche per me va bene!» esultò Ally, ansiosa di riempirsi i polmoni di aria fresca. «Andiamo.» Layra sorrise, mentre Anter annuiva. Uscire dalla grotta fu splendido, anche per Layra, che il giorno prima era troppo tesa per godersi il venticello fresco e il sole sulla pelle. «Cosa ne dite di arrivare in cima?» propose Anter, guardando il viottolo che s’inerpicava sulla montagna e considerando che ci sarebbero state meno possibilità di incontrare nemici sulla cima piuttosto che andando verso valle. Iniziarono a salire il sentiero, ridendo quando uno di loro barcollava e aiutandosi l’un l’altro per non perdere l’equilibrio. La brulla montagna si riempì di bassi cespugli dai frutti succulenti e alberi sempreverdi, che fecero loro ombra impedendo che avvertissero la fatica della scalata. Salirono fin quando il sentiero divenne una vera e propria parete da scalare. «E adesso?» chiese Ally con un sorriso dispettoso, mettendo un piede su una sporgenza come per tirarsi su. «Ci arrampichiamo!» esclamò Layra, ebbra di quell’improvvisa libertà, di quella spensieratezza così rara per lei. «Frenate un po’!» intervenne Sean, poi aggiunse preoccupato: «Potrebbe essere pericoloso.» Diane rise ed esclamò: «Sean! Tu che dici che può essere pericoloso? Sei proprio sicuro di sentirti bene?» «Falla finita!» borbottò lui, mentre Layra iniziava ad aggrapparsi alle rocce. «Aspettate… Forse potrei essere d’accordo con Sean.» affermò Anter.

«D’accordo, restate qui, allora!» Layra rise, mentre Diane la raggiungeva, aiutando Ally a salire. Sean e Anter si guardarono, poi il primo gridò alle ragazze: «Non ce la farete a salire fino in cima! Vi stancherete prima.» «Layra, hai sentito qualcosa? Io ho sentito un moscerino ronzare, mi pare.» lo schernì Diane, scoccando un’occhiata beffarda al gemello. «E sarei io quello infantile?» la riprese Sean, scuotendo la testa. «Layra, Ally, per favore, state attente.» disse anche Anter, seguendo i movimenti delle due con attenzione. «Oh, insomma! Quanto siete noiosi…» Layra s’interruppe e lanciò un grido quando mise un piede in fallo e scivolò di qualche metro, rimanendo aggrappata con una mano sola. «Layra!» gridò Sean rimanendo paralizzato, al contrario di Anter che iniziò a salire rapidamente per raggiungere la ragazza. Le sistemò i piedi su due sporgenze, poi le cinse la vita e le chiese: «Ti sei fatta male?» «N-no. Grazie.» balbettò Layra, voltandosi verso di lui con l’imbarazzo impresso a fuoco sulle guance. Anter le sorrise dolcemente e la incoraggiò: «Su, siamo quasi in cima.» La lasciò andare avanti, per poterla prendere se fosse scivolata ancora. Diane, dopo essersi assicurata che Ally avesse raggiunto sana e salva una superficie orizzontale, si era fermata a guardare, spaventata dalla prospettiva di ciò che Layra aveva rischiato. Se fosse caduta si sarebbe sentita a lungo in colpa e quando guardò Sean anche lui sembrava alquanto spaventato poi, sentendosi osservato, si riscosse e iniziò a salire anche lui. Appena Layra incontrò un appiglio più saldo si voltò verso Anter e gli sussurrò: «Avevi ragione.» Anter sorrise e le disse ammiccandole: «Saliamo, forza, ti tengo io.»

Layra lo avrebbe quasi voluto stringere e baciare, ma preferì mantenersi ben salda. Si era spaventata parecchio e il pensiero di essersi messa in una situazione pericolosa in maniera così sconsiderata la fece riflettere. Quando arrivarono in cima, Layra fu la prima a sbirciare il paesaggio e inspirò bruscamente, tanto sorpresa che dimenticò tutta la paura di poco prima, rimanendo immobile e con le gambe penzoloni. Anter si issò per primo e le diede una mano a tirarsi su, solo in seguito si guardò intorno e tentennò senza trovare la parola giusta: «È… È…» «Meraviglioso.» mormorò Layra, sfiorando l’erba verde e rigogliosa, così brillante da sembrare finta. Effettivamente quella non era proprio la cima, non sarebbe stato possibile arrivarvi senza nessuna attrezzatura, in compenso avevano trovato un piccolo spiazzo di paradiso. Il prato rigoglioso era pieno di fiori profumati e multicolori, così variegati che era impossibile pensare che si trovassero tutti in uno stesso luogo; un solo albero si ergeva maestoso e sembrava un salice piangente, anche se non c’era acqua lì nei paraggi, e le fronde apparivano d’argento puro. In realtà tutto lì era impossibile e irreale. Come poteva essere cresciuto quel prato sulla nuda pietra? Come poteva ispirare un tale senso di pace, anche se il momento era uno dei più disperati? Anche mentre Diane aiutava Ally a mettersi in piedi e Sean si issava su, Layra e Anter non riuscirono a distogliere lo sguardo dal paesaggio. «È bellissimo.» mormorò Diane, che poi ammise in tono mesto: «Resterei qui per sempre.» Layra sentì un strana tristezza dentro di sé, quindi ebbe un’idea. «Facciamolo!» esclamò, voltandosi verso gli amici. «Restiamo tutti qui, insieme.» «Layra» mormorò Anter poi l’abbracciò, convinto che parlasse così per la paura di ciò che li aspettava. «No, io intendo in senso simbolico!» Lei sorrise, poi li guardò uno per uno.

«Lasciamo qui degli oggetti importanti per noi, così in un modo o nell’altro staremo insieme.» Gli occhi le si erano inumiditi suo malgrado e la voce le morì in gola. Anter le sorrise dolcemente, facendola ondeggiare tra le proprie braccia poi approvò: «È una bella idea.» «Sì, sono d’accordo anch’io.» concordò Diane. «Potremmo sotterrarli ai piedi del salice.» propose Layra, per poi sfilarsi il ciondolo di sua madre. «Questo… questo non mi serve più. Mi ha aiutata tanto con i miei poteri, ma ora credo di farcela anche senza. Ora ho voi.» Posò l’amuleto in terra e sorrise ad Anter che la guardava preoccupato. Era sicura che anche lui stesse ricordando come avessero rocambolescamente recuperato quell’amuleto, intrufolandosi nel dominio di Urien e poi gli fossero sfuggiti giusto in tempo. Nel frattempo, Sean aveva tirato fuori dalla tasca un coltellino con la lama retrattile, troppo piccolo per lui. «Sean.» sussurrò debolmente Diane, guardandolo con gli occhi lucidi. «Mio padre me lo diede quand’ero piccolo. Non l’ho mai usato.» spiegò il ragazzo, poi lo mise vicino all’amuleto. Diane sospirò e in silenzio si sfilò un braccialetto che portava al polso. Ally strinse le labbra indecisa, poi portando le manine dietro il collo slacciò una catenina con un medaglione privo di sportellino, con all’interno un piccolissimo ritratto di Xenaviel. La piccola stava per poggiarlo a terra quando Anter esclamò sottovoce: «Aspetta!» Prese un oggetto circolare, che presto si rivelò essere lo sportellino mancante che custodiva l’immagine di Mayriel, e lo riunì al medaglione della sorella poi insieme lo poggiarono accanto al resto degli oggetti che rappresentavano il loro ato, un ato che era stato loro strappato via.

«Come li sotterriamo senza rovinarli?» chiese Diane con voce spezzata e il gemello le pose un braccio sulle spalle, dandole un bacio sui capelli. Layra prese un blocco di pietra, ricordando come aveva plasmato i bicchieri quand’era prigioniera; stavolta si concentrò per modellare la roccia in un cofanetto. I suoi poteri obbedirono subito alla sua volontà e lei sorrise nel sentirli così fluidi dentro di sé. Erano stati repressi così a lungo che ora smaniavano di essere usati, quasi avessero una coscienza propria. Anter osservò il suo operato poi le suggerì: «Fai comparire il tuo nome sul coperchio.» La ragazza ò una mano sul coperchio e il suo nome s’incise in una grafia delicata che ricordava il serpeggiare di un ruscello, poi ò il cofanetto ad Anter, che fece la stessa cosa ponendo il suo nome sulla facciata anteriore; Ally usò quella posteriore, mentre Sean e Diane quelle laterali. «È stupendo.» mormorò Ally, rigirandoselo tra le mani. I cinque riposero i loro piccoli tesori nel cofanetto, poi Diane avvicinò le mani ai piedi del salice e facendo il gesto di separarle impose al terreno di fare lo stesso. «Così va bene.» le disse Sean, ando il cofanetto a Layra e rivolgendole un sorriso. Lei lo prese e lo affidò alla terra, poi con gli altri lo ricoprì e tutti loro dissero silenziosamente addio a un frammento del loro ato. Quando l’ebbero sotterrato, Layra affermò: «Ecco, d’ora in poi questo sarà il nostro posto.» Si sentiva estremamente malinconica e quando Anter l’attirò a sé, lasciò che lui la cullasse. «Sì, lo sarà. E quando tutto sarà finito torneremo qui.» «Ragazzi, possiamo rimanere un altro po’?» domandò Ally, sedendosi in terra e abbracciandosi le ginocchia. «Sì.» sussurrò Diane, guardando intensamente il gemello che le sorrise. «Qualunque cosa accada saremo insieme.»

Rimasero fin quando il sole non calò all’orizzonte e il cielo si tinse di rosso per poi sfumare in un algido violetto, mentre più in alto ancora trionfava un azzurro sfavillante. Le nuvole, che più all’interno del regno apparivano cupe e minacciose, lì erano tinte di rosa e oro e tutti loro provarono una strana sensazione a metà strada tra un senso di pace e la consapevolezza che l’indomani, nel bene o nel male, tutto sarebbe inevitabilmente cambiato.

Capitolo 19

Le prime ore del giorno trascorsero in un alternarsi di frenesia e apatia, due opposti che colsero più volte Layra e Ally, nonostante Anter tentasse di tutto per distrarle, attirando la loro attenzione su altre cose. Le obbligò a fare colazione, sebbene avessero lo stomaco totalmente chiuso, poi le aiutò a equipaggiarsi, dispensando consigli, sorrisi e incoraggiamenti. Appariva incredibilmente tranquillo, ma in realtà era altrettanto agitato. Lui si era ritrovato molte volte coinvolto in spedizioni e battaglie, ma mai di tale portata e soprattutto mai si era dovuto preoccupare che sul campo vi fossero anche le persone che amava di più. Prima di unirsi agli altri, Layra e Anter abbracciarono Ally e lei si sforzò con tutta se stessa per non piangere, ma quando suo fratello la strinse non riuscì a trattenersi. «Shh, no, piccola, non piangere. Ally, tornerò, torneremo tutti e due. Non è un addio, questo.» le mormorò dolcemente Anter, asciugandole le lacrime con le dita e lei tirò su col naso, guardandolo negli occhi. Voleva credergli, aveva un disperato bisogno di credergli, ma sapeva che non potevano averne la certezza, nessuno di loro poteva. Poi la piccola dai capelli rossi guardò Layra. Indossava una divisa argentea decorata con un giglio bianco sulla spalla e dei fregi bianchi lungo le braccia e il petto, ma appariva diafana e incredibilmente pallida. Fu in quel momento che Ally sentì le lacrime fermarsi e il suo volto s’indurì. Era colpa di Amos se erano dovuti arrivare a tanto, era colpa sua se loro avevano dovuto soffrire e, sebbene sapesse che non potevano ucciderlo, ciò non le impedì di desiderarne la morte. «Non fargliela are liscia.» affermò con voce così dura da essere quasi irriconoscibile e Layra sgranò gli occhi guardandola, tuttavia la piccola non aveva finito. «Non permettergli di capire che sei spaventata. Non azzardarti a pensare che non ce la faremo, perché noi vinceremo e lo rispediremo da dove è venuto, intesi?» Layra sussultò a quelle parole e le sue insicurezze e le sue paure impallidirono di fronte all’ardimento della piccola Ally. Quelle non erano le parole di una bambina, ma il discorso di una giovane guerriera e se Ally aveva trovato la forza di reagire allora anche lei poteva farlo.

«Lo farò, Ally.» le promise, guardandola negli occhi, e seppe esattamente ciò a cui stava pensando. Stava ricordando tutto l’orrore e lo stava utilizzando per trarne forza e trovare il modo di combattere, stava trasformando in energia positiva tutto il male che era stato fatto loro e in qualche modo Layra riuscì a fare lo stesso. Le due ragazze si sorrisero, poi Layra alzò lo sguardo su Anter e si sorprese nel vederlo con gli occhi lucidi. Lui si voltò subito e fu rapidissimo nel cancellare le lacrime, così che Ally non potesse accorgersene. Quando lasciarono la casa che li aveva brevemente ospitati avevano tutti e tre recuperato una parvenza di stabilità emotiva, che rischiò d’incrinarsi di nuovo quando raggiunsero Diane e Sean, resi ancora più simili dalle divise militari argentee, più disadorne di quella di Layra. I gemelli li abbracciarono e si unirono a loro, senza dire nemmeno una parola, ma in fondo cosa avrebbero mai potuto dire? Quando dovettero separarsi da Ally, che doveva restare con i bambini per guidarli, tutti loro la abbracciarono e Anter la pregò di stare attenta. Lei annuì, ma tacque sicura che la voce l’avrebbe tradita, poi suo fratello le posò un bacio sui capelli e le sussurrò: «Sei la mia piccola guerriera. So che mi renderai fiero di te, come sempre.» Rischiò di farla piangere, ma lei resistette per non spaventare i ragazzini intorno a sé e lasciò che Rowan e Coline le riempissero la testa di parole, mentre il suo cuore fluttuava via, inseguendo coloro che aveva dovuto lasciare. Li seguì con lo sguardo e li vide unirsi all’esercito che erano riusciti a mettere insieme. Avevano partecipato tutti, tranne i pochi troppo deboli o malati per combattere, che sarebbero rimasti alle grotte, per il resto erano tutti vestiti con le divise del vecchio esercito degli Elays e appena videro Layra le fecero largo, aprendosi ad ala. Lei sembrò sorpresa e Ally sorrise per questo, la inteneriva incredibilmente che la sua amica dimenticasse così spesso il suo rango e il rispetto che meritava, non tanto perché fosse una principessa, ma piuttosto perché non era scappata, non si era arresa, aveva accettato il suo ruolo e deciso di combattere quella guerra con tutta se stessa. Anter la prese per mano e la condusse in quel corridoio di persone, che li ingoiò, e per alcuni istanti Ally non li vide più tra la folla. Avrebbe voluto correre da loro e abbracciarli, fermarli, dire di aspettare, di non andare… Poi li vide di

nuovo, erano montati a cavallo e quello di Layra era completamente bianco, candido come la neve. Ally quasi si commosse osservando la sua amica che se ne stava dritta e fiera, sembrava un’amazzone. «Buona fortuna.» mormorò a fior di labbra lei, poi osservando gli amici e il fratello avviarsi per la battaglia provò una stretta al cuore. Si obbligò a non pensarci e con tono sicuro si rivolse ai bambini, chiedendo loro di seguirla e tutti loro si zittirono. Sapevano di dover stare attenti, di dover fingere di essere dei fantasmi, più silenziosi del vento, come avevano spiegato ai più piccoli. Erano tutti armati, chi di fionda, chi di pugnale e chi di arco e frecce, ma c’erano anche alcuni tra i più grandi che impugnavano spade e lance, tuttavia Ally sperò che non dovessero usarle, non avrebbe sopportato di perdere nemmeno uno di quei piccoli affidati a lei, sebbene lei stessa non fosse affatto più grande di loro. Li guidò fino a una collinetta da cui era possibile osservare, senza essere visti, la valle sottostante, ancora vuota, ma che presto sarebbe stata occupata dai due eserciti; poi rimasero in attesa. Ally si guardò intorno, respirando a fatica, quasi l’aria si fosse già saturata di tensione; sulla destra osservò la fitta e oscura foresta che segnava il confine con il regno di Amos, mentre sulla sinistra vi era l’ingresso della valle e ancora oltre, nascosto alla vista, c’era il castello degli Elfi della Luce. Sapeva che sarebbe dovuta partire con i ragazzini per il palazzo solo a battaglia iniziata, ma la voglia di raggiungere Anter e Layra era forte e lei era consapevole che le cose non sarebbero migliorate quando fossero giunti alla valle, perché lei avrebbe dovuto voltare loro le spalle e andare nella direzione opposta. «Se la caveranno.» la rassicurò Rowan, comparso accanto a lei, sorridendole solidale. «Lo spero tanto.» mormorò Ally, concedendosi un solo secondo di debolezza, poi però barcollò e quasi cadde a terra, sotto il peso schiacciante di una delle visioni più violente che avesse mai avuto. «Ally!» Rowan la sostenne, preoccupato e gli altri bambini iniziarono a rumoreggiare, guardandola con gli occhi spalancati. La ragazzina si spostò i capelli rossi dal viso e si rimise in piedi con l’aria sconvolta. Per alcuni secondi non riuscì a capire se si trovasse ancora all’interno

della visione, poi impallidì e balbettò: «Io… devo… Row, dovrete guidare tu e Coline gli altri a palazzo! Io devo fare una cosa!» «Dove vai?» Lui tentò di fermarla, con gli occhi sgranati. «Non c’è tempo! Devo andare!» si ribellò lei, poi perlustrò con lo sguardo la zona circostante, fino a individuare una lieve altura che sormontava la valle dal lato opposto a quello dove si trovavano loro. Iniziò a correre, determinata a vanificare la sua visione. *** Erano arrivati nei pressi della valle volutamente in anticipo e subito Artis aveva mandato due uomini in ricognizione, per essere sicuri di non ricevere brutte sorprese, come un’imboscata, ma, sebbene i ricognitori fossero rientrati e avessero definito la situazione tranquilla, Layra non riusciva a rilassarsi. Provò a inspirare per calmarsi e sentì la divisa che indossava aderirle addosso e schiacciarla. La osservò per l’ennesima volta, partendo dagli stivali argentei e risalendo su per i pantaloni color avorio dai bordi argentati. Sembravano di un materiale leggero, ma in realtà era molto resistente, più del cuoio di sicuro. Sopra indossava una casacca argentea, leggermente più spessa sul petto e sulla schiena, stretta in vita da un cinturone scuro cui era assicurata la Spada della Luce. Quell’abbigliamento avrebbe dovuto farla sentire più sicura di sé, invece lei si sentiva solo come se un faro fosse puntato su di lei, come se avere un diadema stampato sulla fronte non fosse sufficiente. Era spaventata e infastidita, ogni istante che ava sentiva sempre più adrenalina correrle frenetica nelle vene, l’attesa la stava snervando e quando Anter le pose una mano sulla spalla lei sussultò. «Calmati. Layra, guardami! Non devi avere paura.» le sussurrò lui, guardandola con gli occhi scuri. Lei provò un moto di stizza e scosse la testa. Non era certa di poter esprimere a parole il confuso insieme di sensazioni che stava provando. «Non ho paura, non proprio. Ho solo una brutta sensazione e questo mi fa rabbia.» Anter accennò un sorriso e lei si ritrovò a fissarlo imbambolata. Sembrava più grande chiuso in quell’armatura e forse anche un pochino pericoloso, inoltre il sorriso che lui stava sfoggiando in quel momento non preannunciava nulla di

buono. «Fagli vedere quanto vali, oggi. Io lo so, loro non ne hanno la più pallida idea, perché se ce l’avessero fuggirebbero a gambe levate!» affermò lui, cercando di tenere la voce bassa per non attirare troppo l’attenzione mentre si sporgeva verso di lei per parlarle all’orecchio. Lei sentì un brivido di piacere a quei complimenti, tuttavia sorrise e scosse la testa, mormorando: «Esagerato.» Anter le prese il viso in una mano e delicatamente la fece girare verso di sé, poi, sfiorandole le labbra con il pollice, bisbigliò: «Oggi scriveremo la parola fine, Layra. Basta paura, basta dolore, basta lacrime, siamo vicini al traguardo.» Lei lo guardò negli occhi color cioccolato e, quando sorrise rassicurata, lui si sporse ancora di più e la baciò intensamente, andole la mano dietro la nuca. Poco importava che fossero in mezzo a un mucchio di gente, o che di lì a poco avrebbero iniziato la battaglia più importante della loro vita, anzi forse proprio per quello, si abbandonarono a quel momento in cui esistevano solo loro due, le loro labbra, i loro occhi, il loro odore, le loro mani. Il loro amore. *** L’esercito nemico avanzava come un’onda nera pronta a travolgere tutto ciò che incontrava sul proprio cammino, come era stato ordinato loro di fare anche nei confronti degli Elfi della Luce. Non si erano preparati a una guerra ma a uno sterminio. Era ciò che Amos voleva, tuttavia, quando vide lo schieramento degli Elfi della Luce guidato da Layra, intuì subito che i suoi piani non sarebbero andati esattamente come sperava. Quello che aveva davanti era davvero un esercito, piccolo ma compatto; inoltre avvertiva chiaramente che qualcosa non andava, l’aria era satura di magia. Era stato operato un incantesimo estremamente potente, sebbene non riuscisse a capire di che tipo fosse, anche se era sicuro di averne individuato la fonte: Layra, era l’unica abbastanza forte per tentare una cosa del genere. I due eserciti si fronteggiarono per un momento interminabile, entrambi in un’immobilità innaturale e persino il vento sembrò trattenere il respiro. L’unica forza tangibile era la magia che pulsava nella terra e nell’aria, pigiando sui corpi

dell’esercito dalle divise scure, che iniziavano vagamente ad agitarsi. Poi il silenzio venne rotto da una voce tanto sicura e limpida che, se Amos non avesse visto le labbra di Layra muoversi, non avrebbe creduto che potesse appartenerle. «Chiariamo sin d’ora, questo è il mio regno dove non sei gradito!» affermò con forza la ragazza, dopodiché indicò con un gesto deciso la foresta scura che sorgeva in fondo alla valle, alle spalle del proprio esercito, e concluse: «Quello è il tuo, dove ti consiglio caldamente di tornare immediatamente.» Gli stava suggerendo la resa con una tale serietà che gli fu difficile non mostrarsi sorpreso e, dissimulando l’irritazione, la schernì freddamente: «Immagino che ti piacerebbe, principessina. Per quanto riguarda il tuo regno, ti ricordo che non è più tuo. Se vorrai riprendertelo, dovrai prima battere il mio esercito e mi spiace informarti che mi sembra decisamente improbabile.» «Allora resterai stupito.» replicò Layra, sfoggiando un sorriso innocente, poi rivolgendo un rapido sguardo a Urien e ai demoni che erano con lui, insinuò: «Pensi forse che avere il sostegno di un po’ di demoni rigurgitati dall’Inferno ti darà automaticamente partita vinta?» Amos assottigliò gli occhi, unico segno del fastidio che stava provando. Non riusciva a comprendere cosa desse tanta sicurezza all’esercito avversario, svantaggiato dai numeri e dallo scarso equipaggiamento, ma non aveva intenzione di permettere ancora a una ragazzina di farsi beffe di lui, così s’infiltrò tra i suoi pensieri e le ringhiò mentalmente: “Taci, Layra! Non peggiorare le cose.” La ragazza mantenne volontariamente basse le proprie barriere e gli domandò con tono irritante: “Come mai tanto nervosismo? Se hai paura di perdere puoi anche arrenderti e ritornartene da dove sei venuto, non m’interessa la vendetta. Vattene e non tornare.” Amos le scoccò uno sguardo pieno d’odio e per alcuni secondi nessuno osò aprire bocca, quasi avessero potuto intuire su cosa vertesse quello scambio telepatico. La tensione era palpabile nell’aria, che ormai scoppiettava accendendosi di scintille a causa della magia che ancora era attiva. «Mettiamo fine a questa pagliacciata.» ringhiò lui alla fine tra i denti. «No, non ancora!» esclamò una voce dall’esercito degli Elfi Oscuri.

Tutti parvero alquanto confusi, tranne Layra. Lei aveva sperato fino all’ultimo ed era contenta di non essersi sbagliata. Spaziò con lo sguardo sulle truppe avversarie fino a incontrare due occhi grigi, poi Dylan si staccò dall’esercito e incitò quelli che erano stati i suoi compagni fino a quel momento: «Molti, troppi sono morti! Diciamoci le cose come stanno: siamo stati sottomessi fin troppo, non è impossibile fermare questa tirannia, perché di questo si tratta! Non è impossibile pensare con la propria testa, aprite gli occhi e guardate in faccia la realtà! Io ho deciso, chi è con me?» Amos osservava quel giovane soldato a metà tra l’irritazione e lo stupore e probabilmente quest’ultimo fu l’unico motivo per cui non lo uccise sul posto. Però, quando alcuni ragazzi si staccarono dalla sua armata per seguire Dylan, ruggì: «Chiunque lascerà quest’esercito, firmerà la sua condanna a morte!» Molti trasalirono e il gruppetto si fermò, alcuni dei giovani erano visibilmente spaventati, altri sembravano solo rassegnati. Soltanto Dylan si voltò e sostenne l’occhiata assassina del potente sovrano, quindi affermò: «Meglio morire compiendo le proprie scelte, piuttosto che da schiavi.» Poi tornò a dargli le spalle e a camminare verso l’esercito degli Elfi della Luce, spronando gli altri ragazzi a seguirlo. Layra li vide per quello che erano: non erano il nemico, non erano mostri. Erano ragazzi, come lei, come Anter, Sean, Diane e tanti altri che avrebbero combattuto per garantirsi un futuro. Dylan le rivolse uno sguardo incerto e lei, smontando da cavallo, gli tese una mano. Il ragazzo sembrò illuminarsi e le sorrise, sebbene in volto fosse pallido. Per ribellarsi gli era occorso tutto il suo coraggio e fino a quel momento non era nemmeno sicuro se sarebbe stato accolto. «Grazie, Layra.» le sussurrò in modo che potesse sentirlo solo lei. «Siete i benvenuti. Non conosco loro, ma conosco te e di te mi fido.» gli rispose lei, consapevole che Amos li stesse osservando con uno sguardo che avrebbe potuto incenerirli, poi gli bisbigliò all’orecchio: «Tu e gli altri andate nelle retrovie, poi recatevi verso i monti. Veloci.» Dylan la guardò sorpreso da quella strana richiesta, però obbedì all’istante, tirandosi dietro i compagni.

Layra inspirò a fondo, mentre lo sforzo di mantenere intatto il suo incantesimo iniziava a imperlarle la fronte di sudore e a stancarla. Le sue barriere mentali cedettero, stavolta senza il suo consenso, e Amos le chiese con disprezzo: “Credi che avere dalla tua una decina di ragazzini traditori, spaventati e codardi ti farà vincere?” “Penso di avere dalla mia persone che credono in me e che combattono perché vogliono farlo. I tuoi soldati che motivo hanno?” ribatté lei a tono, poi disse ad alta voce: «Direi che è ora di farla finita!» «Prima e ultima cosa su cui saremo mai d’accordo.» replicò imperturbabile Amos, anche se lei sapeva che la sua era solo una maschera. Fingeva di avere il controllo della situazione, ma lo aveva perso e lei se n’era accorta. L’esercito di Amos fu il primo a partire, si mossero tutti contemporaneamente come un unico sciame scuro, mentre il loro sovrano dal suo stallone nero osservava gli Elfi della Luce e Layra in particolar modo, domandandosi per quale motivo restassero immobili. Qualcosa gli sfuggiva, ne era consapevole, ma non riusciva a capire cosa fosse. Solo quando l’esercito della Luce svanì nel nulla in un istante, comprese che doveva trattarsi di una proiezione mentale talmente accurata da risultare identica alla realtà. Gli Elfi Oscuri che intendevano abbattersi sui nemici si ritrovarono improvvisamente spaesati e soli in uno spazio vuoto che poco prima non c’era, poi il suolo tremò e una serie di esplosioni colpì diversi gruppetti di soldati, mentre dal terreno emergevano grosse radici che raggiunsero i tre metri d’altezza prima di abbattersi sull’esercito oscuro con forza inaudita. Contemporaneamente l’armata degli Elfi della Luce prese di nuovo posizione, spingendo l’esercito nemico verso la foresta, il confine del regno di Amos. I combattenti della Luce partirono all’attacco, scagliandosi sugli Elfi Oscuri feriti e messi in difficoltà dall’attacco magico, recuperando in questo modo lo svantaggio numerico. I demoni tentarono di avventarsi sugli Elfi della Luce, ma in quel momento le streghe, giunte in loro soccorso, iniziarono a pronunciare diverse litanie e a scagliare incantesimi, vanificando i loro tentativi di attacco. Si era scatenato il finimondo nel giro di pochi secondi, eppure Layra sentiva solo il rumore delle spade e il battito assordante del proprio cuore. Aveva perso di

vista tutti i suoi amici, incluso Anter che era stato allontanato da lei quasi subito, eppure provava una strana calma dentro di sé. Una calma illogica e innaturale, mentre tutti intorno a lei combattevano, sebbene lei a stento li vedesse, tutta la sua attenzione era catalizzata da Amos, smontato anch’egli da cavallo e arrivato a pochi metri da lei. «Il trucchetto di prima è stato poco carino e altamente scorretto.» l’apostrofò lui, fissandola con animosità. Lei sorrise a labbra strette e replicò: «Non parlare di correttezza, non ne hai alcun diritto.» «A te la prima mossa, principessa!» la schernì Amos. Layra avvertì un brivido dentro di sé, ma non distolse lo sguardo da quegli occhi di ghiaccio, nemmeno quando sguainò lentamente la spada dal giglio bianco e si preparò a difendersi. Amos estrasse la sua, sfiorando appena quella di Layra e le due lame mandarono scintille, quasi avessero avuto vita propria e si fossero riconosciute come eterne rivali. Lui sogghignò, gli occhi illuminati da una gioia malvagia. «La spada degli Elfi della Luce! Bene, le cose potrebbero anche a farsi interessanti.» Layra rimase immobile, tentando di concentrarsi, sapeva che ora non si scherzava più, adesso avrebbe dovuto cavarsela da sola, nessuno sarebbe accorso in suo aiuto. “Hai paura?” la provocò Amos mentalmente e lei sussultò sentendo la sua voce nella mente, tuttavia non gli rispose, consapevole che quello fosse il modo migliore per istigarlo. Infatti lui le si scagliò contro, tuttavia nel difendersi Layra capì che non stava nemmeno provando a ferirla, i colpi erano mirati per studiare la sua forza. S’incupì quando lui sorrise e, facendo incrociare le spade, le sussurrò: «Sei brava, principessina, i miei complimenti.» Subito dopo i colpi divennero incessanti, pressanti e violenti, al punto che Layra si ritrovò a indietreggiare, mentre il sangue le pulsava nelle orecchie. L’euforia,

per aver sostenuto la proiezione tanto a lungo e per aver pensato di poter battere persino Amos, ò presto quando si accorse che non solo doveva tenersi sempre sulla difensiva, senza poter mai attaccare, ma che iniziava anche ad avere male alle braccia che reggevano la spada. I suoi movimenti erano lenti in confronto a quelli di Amos, che sembrava non dover mai riflettere su come muovere la spada. Per due volte le sgraffiò l’armatura all’altezza del cuore, poi si allontanava concedendole un secondo di respiro, dopodiché tornava all’attacco, logorandola sia nel fisico sia nello spirito. Presto Layra tornò a reggere la sua arma con ambo le mani, sicura che altrimenti le sarebbe sfuggita e Amos sogghignò, quasi avesse atteso quel momento, come se avesse sempre saputo che sarebbe successo. Materializzò una sfera di fuoco scuro sulla mano sinistra, poi la scagliò in direzione della ragazza, colpendo il terreno alle sue spalle. Le scintille le pizzicarono la pelle al di sotto dell’armatura e quando ancora si stava domandando il perché di un gesto del genere, le fiamme si espansero chiudendoli in un cerchio di fuoco e il sovrano degli Elfi Oscuri partì nuovamente all’attacco, obbligando Layra a chiudersi in posizione di guardia e a indietreggiare verso il fuoco. Quando avvertì il calore dietro di sé si fermò, ma i colpi erano continui e, quando Amos incastrò la sua spada con la propria, fu inutile per lei provare a opporsi, non lo smosse di un millimetro. Intanto il fuoco cresceva in altezza e la puzza di fumo rischiava di soffocarla. Lui sorrideva crudele e con la mano libera le agguantò repentinamente una spalla. «Ti sei messa a giocare col fuoco, Layra, ed è un vero peccato che tu debba bruciarti.» Lei sgranò gli occhi verdazzurri, ma sebbene avesse capito le sue intenzioni non poté fare nulla per fermarlo, fu troppo rapido a spingerla tra le fiamme. Layra urlò con tutto il fiato che aveva, ma nessuno la udì, l’aria era ricolma di urla simili, del fragore delle spade, dei colpi e degli schianti. Quando il suo corpo impattò lei fu convinta di sentirlo bruciare, anche se così non era, infatti il fuoco si era cristallizzato in ghiaccio e lei aveva sbattuto brutalmente contro la parete freddissima. Ebbe solo un secondo per realizzare di non essersi ustionata e poter riprendere fiato, poi mise a fuoco Amos che, tenendo la spada in orizzontale, era pronto a trafiggerla. Lei si scostò immediatamente e la lama con il giglio nero perforò il ghiaccio dove pochi

istanti prima c’era lei: se il colpo fosse andato a segno, l’avrebbe uccisa. Lei sollevò di nuovo la spada in posizione di difesa, ma le braccia, come tutto il suo corpo, tremavano e Amos accorgendosene la schernì: «Sei già stanca?» «Affatto!» replicò a denti stretti lei, riuscendo finalmente ad attaccare. Lui sghignazzò con cattiveria. «Bugiarda! Vuoi che ti disarmi adesso o preferisci giocare un altro po’?» Il suo tono di falsa condiscendenza le diede sui nervi e la carica giusta per farle riacquistare un po’ di forza. Layra provò tutte le stoccate e le finte che le aveva insegnato Anter, ma Amos l’anticipava sempre. Era snervante e frustrante, sembrava che nulla potesse sorprenderlo. Ogni colpo le riverberava nelle braccia e nelle spalle facendole male e la spada con cui due giorni prima era entrata in perfetta sintonia, ora le sembrava estranea. «Come la mettiamo, Layra? Se ti arrendessi a me… No, aspetta. Non ce n’è bisogno, perché posso disarmarti quando voglio!» la derise lui, quindi chiarì: «Non mi va di farti sconti, pagherai a caro prezzo la ribellione!» Layra stritolò l’elsa della propria spada e si avventò contro Amos con tutte le energie che le erano rimaste. L’impatto fu tremendo, ma lui non indietreggiò e, rivolgendole un sorriso agghiacciante, rispose all’attacco, muovendo rapidamente la lama. Non si fermò finché la spada con l’elsa bianca volò in aria e si conficcò nel terreno alle spalle di Layra, che venne sbalzata a terra dalla violenza del colpo subito. «Cosa ti aspettavi, Layra? Cosa speravi? Davvero pensavi di potermi battere?» le chiese beffardamente Amos, osservandola dall’alto in basso. Layra tentò febbrilmente di estrarre la propria spada dal terreno, mentre Amos le si avvicinava con la lama in mano, lentamente come un gatto che gioca col topo, sicuro che mai il topolino si sarebbe potuto liberare dalle sue grinfie. La ragazza tirò ancora la spada e puntò i piedi per fare forza, mentre con lo sguardo seguiva l’incedere di Amos e tentava disperatamente di dissimulare la paura, poi improvvisamente Sean s’interpose tra di loro e, senza una parola, si

lanciò contro Amos. Layra, raggelata, urlò qualcosa che nemmeno lei stessa comprese e che si perse nel fragore della battaglia, ma Sean non si fermò e Amos sembrò non vederlo nemmeno, al punto che in pochi secondi disimpegnò la spada e colpì il ragazzo allo stomaco, traandolo da parte a parte, con una freddezza che terrorizzò Layra più di qualsiasi altra cosa. Le occorse un altro intero e lunghissimo secondo per realizzare cosa fosse accaduto. «Sean… Sean!» Layra urlò mentre le lacrime le invadevano gli occhi e non appena il corpo del ragazzo toccò terra, la spada di lei si decise a sradicarsi dal terreno e lei, dopo averla inguainata, corse vicino al ragazzo che giaceva in una pozza di sangue, tanto, troppo sangue. «Sean! Guardami, Sean! Non morire, hai capito? Mi senti? Per favore, Sean!» gemette lei, toccandogli le guance e la fronte. Non voleva sfiorargli il collo, non voleva sapere la verità, non voleva sentire se la vita scorresse ancora dentro di lui o se fosse già andata via. Sean aprì gli occhi annebbiati dal dolore e le sussurrò fiocamente: «Shh, non fare così. Layra… non preoccuparti… per me.» Parlava a fatica e a stento riuscì a carezzarle una mano, fermandola prima che lei cercasse di fare qualcosa per aiutarlo e continuò: «Sono… contento… che tu… stia bene.» «Sean, resta con me! Non mollare… non morire! Posso aiutarti, lasciati aiutare…» lo supplicò Layra con voce rotta, mentre lui faticava a tenere gli occhi aperti. Li riaprì con un enorme sforzo, poi li sgranò spaventato: «Attenta… Layra…» Layra non fece in tempo a voltarsi che Amos l’afferrò per le braccia e, tirandola in piedi, la allontanò da Sean che fece un inutile tentativo di alzarsi, poi, crollando di nuovo a terra, gorgogliò e tossì sangue. Lei scalciò e tentò di colpire il sovrano coi pugni, gridando: «Lasciami! Devo aiutarlo! Lasciami!» Amos le immobilizzò le braccia, poi la fece voltare verso di sé e sorrise vedendo le lacrime scorrerle sulle guance. «Commovente, Layra, davvero! A ogni modo,

dubito che qualcuno possa aiutarlo, ormai.» Poi avvicinò il volto al suo e spietatamente le sussurrò all’orecchio: «Te l’avevo detto che sarebbero morti tutti coloro cui tieni, è solo una questione di tempo. Non dimenticare che sei stata tu a volere questa guerra, è solo colpa tua se quel ragazzo è morto!» Layra s’immobilizzò, vinta dal dolore, perché in un cantuccio della sua mente si sentiva colpevole e responsabile di tutta quella sofferenza e di quelle morti. Colpevole di aver voluto credere nella favoletta in cui i buoni vincevano sempre, quando la realtà era ben diversa e Sean ne aveva pagato le conseguenze.

Capitolo 20

Diane, come molti altri arcieri, si era appostata in una zona un po’ più defilata rispetto al campo di battaglia, in modo tale da avere più tempo per mirare e colpire gli avversari e coprire le spalle ai compagni. Improvvisamente, senza apparente ragione, allentò la presa sull’arco con la freccia incoccata, mentre una sorta di dolore sordo la colpiva al petto. Avvertì prima un sussulto al filo invisibile che la legava al gemello da quando erano nati, poi semplicemente non sentì più nulla. “Sean? Sean, mi senti? Sean, perché non rispondi?” lo cercò mentalmente lei, in preda al panico e avrebbe continuato a chiamarlo per ore, se un acutissimo dolore non le avesse tolto il fiato, reclamando la sua attenzione. Diane tornò bruscamente alla realtà e scoprì di avere una freccia conficcata nella spalla e una nello stomaco, ma prima di potersi stupire o di potersi chiedere per quale ragione fosse rimasta lì impalata e allo scoperto come una sciocca, tutto iniziò a svanire velocemente e lei cadde in terra. Quando riuscì ad aprire gli occhi capì immediatamente di non essere più sul campo di battaglia, era tutto d’un bianco accecante, al punto da non riuscire a definire i contorni di ciò che aveva intorno. Non c’era niente e nessuno a parte… «Sean!» gridò lei, correndogli incontro per abbracciarlo forte, scoprendo nello stesso istante di non avere più nemmeno un graffio. Lui la strinse a sé, però Diane lo allontanò di colpo e abbassò lo sguardo. «Sanguini! Maledizione, Sean, stai sanguinando! Cosa ti è successo? Perché non mi rispondevi?» Il ragazzo le mise un dito sulle labbra. «Shh, non preoccuparti, Diane! Va tutto bene. Ora ascoltami, ascoltami molto attentamente, d’accordo?» le sussurrò dolcemente lui, accarezzandole una guancia e asciugandole le lacrime. «Ho paura, Sean. Ho tanta paura, adesso.» «Lo so, sorellina, lo so. Però ora devi farmi una promessa: continua a respirare. Non arrenderti, non cedere. Non ti addormentare. Non sfilare le frecce,

altrimenti accelererai l’emorragia.» Lei non lo aveva mai visto così serio e sicuro di sé, ma era ancora lei la sorella maggiore, sebbene li separassero solo pochi minuti. «D’accordo, ma tu… tu sei ferito! Cosa è successo? Sean, per favore, dimmelo!» Lo abbracciò ancora. «Ora non importa, te lo spiegherò più tardi. Tu però non mollare, mi hai capito? Ora devo andare.» «Dove?» chiese lei, la voce stridula per la paura. «Dobbiamo tornare ognuno da dove siamo arrivati, no? Dobbiamo tornare alla realtà.» Le carezzò i capelli, poi le baciò la tempia. «Ti voglio tanto, tanto bene, sorellina.» «Starai bene? Ti rivedrò, vero?» chiese ancora Diane, sentendo che tutto stava cambiando di nuovo, che il suo adorato gemello scivolava via da lei. Lui le sorrise e annuì. Poi ci fu solo il buio. *** «Vieni, c’è qualcosa che dovresti vedere.» affermò Amos, trascinando Layra verso una lieve altura che sormontava il campo di battaglia. Al loro aggio i combattenti si facevano da parte, senza vederli veramente, ma intuendo che chiunque si fosse trovato sul cammino di Amos sarebbe stato travolto. Layra inizialmente non tentò nemmeno di opporre resistenza, troppo atterrita e scioccata per la morte Sean, poi però, più o meno a metà salita si divincolò, quasi si fosse appena risvegliata da quello stato catatonico. «Lasciami! Lasciami andare! Qualunque cosa tu voglia mostrarmi non mi interessa!» Amos emise uno sbuffo divertito e strattonandola esclamò: «Oh, credimi, questo

t’interesserà e molto!» Layra provò ancora a liberare il braccio ma più lo muoveva, più Amos stringeva la presa e le faceva male. Le teneva il braccio destro e camminava davanti a lei eppure se fosse riuscita a prendere la spada avrebbe potuto tentare di ferirlo, nonostante lei non fosse mancina. Erano in cima all’altura, quando Layra riuscì, tra uno strattone e l’altro, a sguainare la spada, ma il lieve rumore metallico fu sufficiente per allertare Amos che reagì all’istante e con una torsione del braccio spinse la ragazza in terra. La spada scivolò a qualche metro da lei. «Ah, Layra, certo che sei proprio ostinata! Una vera Elays.» la prese in giro lui. Lei però non lo stava ascoltando. Ancora in terra, aveva lo sguardo puntato su due statue poste sotto una rientranza della parete rocciosa. Non erano il realismo e l’espressività dei volti delle statue, un uomo e una donna, ma i diademi sulle loro fronti ad attrarre lo sguardo di Layra. Era paralizzata e per un momento le venne il dubbio che anche lei si fosse pietrificata, però lentamente e tremando si tirò in piedi. Dando ancora le spalle ad Amos, chiese turbata: «Cosa significa tutto questo?» Lo sentì avvicinarsi ma non si girò nemmeno quando, vicinissimo a lei, le soffiò a un orecchio: «Non sei contenta di rivedere i tuoi genitori?» Layra sentì gli occhi riempirsi di lacrime e scosse la testa. «Avevi detto che…» S’interruppe a metà frase, consapevole che Amos non le avesse mai detto che fossero morti. «Hai fatto tutto tu, principessa. Tu hai creduto che li avessi uccisi, però, vedi, ho pensato fosse più divertente che loro vedessero il loro regno crollare. Certo, non pensavo che avrebbero visto anche la loro preziosa figlioletta in mano mia!» Layra stavolta si voltò e indietreggiò di un o, quindi chiese: «Aspetta… vedere? Parli quasi come se…» Si girò verso i propri genitori per un istante poi concluse: «…come se fossero coscienti.» «Sì, hai capito bene, Layra. Non possono muoversi, né parlare, ma vedono e sentono tutto! Anche le voci che feci girare sul loro tradimento. Anche che il loro stesso popolo abbia preferito credere in una calunnia.» Le scoccò uno

sguardo divertito e concluse in tono odioso: «Anche che tu sei diventata mia regina!» Layra inspirò bruscamente, poi strinse i denti, mentre sentiva il diadema diventare incandescente. Liberò delle scintille di fuoco contro Amos che con un gesto della mano le deviò, poi lei sibilò: «Mi hai costretta, avresti ucciso Anter! E comunque ora non lo sono più, qualunque rito o incantesimo tu abbia compiuto è spezzato!» Serrò i pugni e alcune scintille le sfuggirono dalle dita, prendendo l’aspetto di piccoli fulmini bianchi, ma Amos rise e schivò di nuovo con facilità l’attacco. «Ora vedranno la tua resa!» affermò lui, infierendo crudelmente. Layra non rispose e di nuovo portò lo sguardo sui suoi genitori, domandandosi cosa potesse mai essergli stato fatto e come potessero sentirsi. Erano sottoposti a una tortura continua e senza fine. Amos l’afferrò per un polso e sogghignò quando lei sussultò, dunque la tirò verso il bordo dell’altura da cui era visibile la battaglia nella valle e le sorrise spietato. «Prima, però, potremmo goderci lo spettacolo, cosa ne pensi?» Lo sguardo di Layra corse inevitabilmente tra i combattenti, cercandone uno in particolare. Era convinta di essere troppo lontana per riconoscerlo, eppure appena lo vide muoversi armato di spada riconobbe Anter e le sfuggì un sorriso, vedendo che era incolume. Combatteva contro chiunque gli capitasse a tiro, senza temere attacchi multipli, e lei si sorprese quando improvvisamente gli si formò il vuoto intorno. Trattenne il fiato quando intravide una figura imponente avvicinarglisi e facilmente riconobbe Carnes, il generale delle truppe di Amos, l’assassino dei genitori di Anter e Ally. I due iniziarono a combattere e, sebbene Layra fosse troppo lontana per distinguere i dettagli, sapeva sarebbe stato un duello all’ultimo sangue. Temette a lungo che il ragazzo perdesse la lucidità per la rabbia che quel mostro gli ispirava, eppure i suoi movimenti erano perfetti e in breve riuscì a mettere il generale in difficoltà. Anter stava vincendo. Probabilmente se ne accorse anche Amos, perché disse: «Vediamo di movimentare un po’ le cose…» Scoccò un’occhiata beffarda a Layra, quindi invase prepotentemente la sua mente in modo che lei potesse ascoltare mentre lui ordinava telepaticamente: “Drew, c’è Anter a pochi metri da te, sulla sinistra.

Uccidilo.” Layra si voltò di scatto verso Amos e urlò: «No! Digli di fermarsi!» Si divincolò e provò a sferrargli un pugno ma lui bloccò il colpo e, obbligandola a guardare verso il campo di battaglia, le serrò entrambe le braccia dietro la schiena, tirando fin quando lei non emise un singhiozzo soffocato, poi infierì con tono di sufficienza: «Goditi la scena, Layra, perché sarà l’ultima volta che vedrai il giovane Syrel vivo.» «No!» ripeté ancora la ragazza, portando svelta lo sguardo su Anter. Se solo si fosse girato e l’avesse guardata, avrebbe potuto provare ad avvertirlo, ormai Drew era vicinissimo e lo avrebbe colto alle spalle. “Anter, voltati! Dannazione, Anter! Anter, guardami, ti prego!” lo implorò lei, mentre lacrime di rabbia le chiudevano la gola. *** Drew era a pochi metri da Anter e già immaginava di affondare la spada nella sua schiena, pregustando quel momento tanto atteso. Aveva odiato Anter sin da quando erano poco più che bambini e aveva tentato – oh, se aveva tentato! – di danneggiarlo innumerevoli volte quando dovevano andare in missione per l’Opposizione, ma il giovane Syrel era sempre riuscito a cavarsela con un’abilità eccezionale. Drew lo invidiava terribilmente e lo aveva detestato ancora di più quando aveva capito che Amos intendeva usarlo come ostaggio, perché ciò significava che lui non avrebbe potuto ucciderlo. Adesso, però, era giunto il momento, aveva già sollevato la spada all’altezza delle scapole di Anter, che era troppo occupato a difendersi da Carnes per notarlo. Non c’era modo per Anter di salvarsi, se anche si fosse voltato per bloccare Drew, allora il generale degli Elfi Oscuri lo avrebbe giustiziato comunque. Drew assestò il colpo e già si beava di udire la spada trafiggere il corpo di Anter quando, improvvisamente, s’intromise un Elfo Oscuro dagli occhi grigi che intercettò il colpo e gli sibilò: «Sei proprio un gran codardo! Non sai che non si attacca alle spalle?» Il ragazzo si mise schiena contro schiena con Anter, che sobbalzò sorpreso e si

voltò leggermente per una frazione di secondo, poi incontrando due occhi grigi, che gli lanciarono uno sguardo d’intesa, domandò: «Dylan?» L’Elfo Oscuro gli rivolse un mezzo sorriso e, girandosi, incrociò la spada con quella di Drew, riuscendo a tenergli testa, così come Anter aveva ripreso a battersi contro Carnes. Ad Anter per un istante venne da ridere, un Elfo Oscuro lo aveva appena salvato da un Elfo della Luce e l’assurdità era che, se non fosse stato per Layra che aveva dato fiducia ai disertori dell’esercito nemico, lui sarebbe stato ucciso. *** Layra sorrise senza nemmeno accorgersene. Dylan aveva salvato Anter. Dylan che lei non aveva ucciso, Dylan cui lei aveva dato asilo. Probabilmente era vero che tutto il bene fatto, prima o poi, tornava indietro. Purtroppo il sorriso le morì presto sulle labbra quando Amos le prese il mento, costringendola a voltarsi verso di sé. «Cosa sarebbe successo se Anter ti avesse guardato?» Layra si tirò indietro, irritata e indispettita e lasciò che la bugia le scivolasse tra le labbra: «Gli avrei indicato Drew in qualche modo.» «No, stai mentendo.» Amos la scrutò, poi socchiuse gli occhi e domandò: «Potete comunicare telepaticamente, tu e Anter? È così, Layra? Potete creare un canale telepatico guardandovi negli occhi?» Layra dovette trattenersi dallo spalancare le labbra, eppure il suo stupore le si leggeva in volto. Come poteva saperlo, lui? Come ci era arrivato? La risposta arrivò presto, quando Amos disse sovrappensiero: «Come Aramil e Xenaviel.» «Cosa?» si lasciò sfuggire Layra a quella nuova rivelazione, poi non riuscì a trattenersi dal pensare: “Devo dirlo ad Anter.” «Dubito che vi rivedrete.» Amos le lesse nel pensiero, poi sogghignò, prendendole di nuovo il viso in una mano, consapevole di quanto la infastidisse. «Non credere che, solo perché quel traditore lo stia aiutando, si salverà: Anter

morirà, dovessi ucciderlo con le mie mani.» «Non credo proprio: farei qualunque cosa per fermarti! Non farai più del male ad Anter!» Layra strinse i pugni e si divincolò, quindi cominciò a indietreggiare. «Non puoi fermarmi, credevo di avertelo dimostrato!» Lui la seguì con lo sguardo e, appena si rese conto che stava raggiungendo la spada in terra, l’avvertì: «Non farlo, Layra, non ci provare nemmeno. A parte che è inutile, ti farai male.» Layra impugnò la spada ed esclamò: «Bene, mi farò male, ma sono determinata a cacciarti dal regno degli Elfi della Luce!» «E io che speravo ti volessi godere la battaglia…» Lui sospirò teatralmente, scuotendo la testa, poi aggiunse con cattiveria: «Visto che non sai come comportarti dovrò rimetterti al tuo posto!» Amos sguainò la spada e fulmineo si avventò su Layra che, disorientata, fece quasi fatica a reggere la propria arma, poi però reagì e, disimpegnando la lama, attaccò con tutte le sue energie. Scattò qualcosa in lei e improvvisamente percepì di nuovo quello strano legame con quella spada incantata, era come una sorta di formicolio che le pervadeva le braccia, dandole un pizzico di sollievo, e al contempo le guidava, rendendo i suoi colpi più veloci e sicuri. Quando impattò con la lama nemica, ci fu una spruzzata di scintille e da entrambe si liberò un potere innaturale che travolse ciò che era intorno ai due combattenti, piegò l’erba sotto i loro piedi, sradicò i cespugli dal terreno e spogliò gli alberi delle proprie foglie. «Stai imparando, ma non ti basterà, lo sai?» la provocò Amos, sorridendo del fastidio sul volto della ragazza. Doveva essere sufficiente, lei doveva essere abbastanza forte per sconfiggerlo, non poteva perdere, non poteva vanificare tutto, che le pie o meno, che lo negassero oppure no, la responsabilità era tutta sua. Se avesse perso, Anter sarebbe stato ucciso e con lui moltissimi altri.

Se avesse perso, Sean sarebbe morto per niente. Se avesse perso, sarebbe stata di nuovo alla mercé di Amos. Se avesse perso, i suoi genitori sarebbero rimasti vittima di quell’orribile incantesimo per sempre. Quest’ultima riflessione fece infuriare Layra ancora di più, era la goccia che fa traboccare il vaso, l’ennesimo peso sulle sue spalle e al contempo un altro motivo per non arrendersi, per continuare a lottare. «Cosa hai fatto ai miei genitori?» chiese, schivando un fendente e contrattaccando. «Perché, non si vede? Vuoi forse saperlo per salvarli? Layra, piccola ingenua che non sei altro, ma non vuoi proprio capire che non puoi battermi? E non potrai nemmeno salvarli.» la schernì Amos, difendendosi dagli attacchi della ragazza, quindi le suggerì: «Rendi tutto più facile, Layra: arrenditi!» «Arrendermi? Arrendermi?! E sentiamo, che succederebbe se mi arrendessi?» gli chiese lei stizzita, controllando a stento la rabbia, mentre gli insegnamenti di Anter le correvano nella mente, quasi lui fosse stato lì a sussurrarle all’orecchio. Amos tentò una finta, ma all’ultimo secondo Layra se ne accorse e, indietreggiando, si portò fuori portata, poi lo sfidò rabbiosa: «Cosa fai, non rispondi? Non hai nulla da dire?» «Se ti arrendessi» iniziò Amos molto lentamente, avvicinandosi pian piano a lei per attaccarla. «Non sarei obbligato a farti ancora del male. Basta che tu ti arrenda.» «Vai a raccontarlo a qualcun altro! E, se proprio non vuoi farmi del male, arrenditi tu!» lo provocò lei, stanca di quella menzogna continua, scrollandosi di dosso la sensazione che fosse colpa sua. Non lo era, lo sapeva bene, non si sarebbe lasciata piegare dalle sue parole. «Brava, Layra, complimenti, tuo padre sarebbe fiero di te. Peccato che quella fosse la mia ultima offerta.» «Prima non avevi detto la stessa cosa? Che non volevi farmi sconti?» lo istigò

ancora lei con un sorriso, mentre colpiva di nuovo la sua spada. Amos si lasciò sfuggire una smorfia, poi le chiese crudelmente: «Sai cosa accadrà quando gli Elfi della Luce saranno sterminati? Cosa accadrà a te? Tu mi servi per trattenere un eventuale Elfo della Luce che provi a uccidermi ma, quando non ce ne saranno più, cosa pensi che farò di te?» «Nulla. Perché a perdere sarete voi Elfi Oscuri.» lo interruppe Layra. «All’inizio» continuò Amos facendo scontrare con forza le lame. «Credevo che ti avrei uccisa immediatamente. Ma ora ho cambiato idea, sai? Prima ti farò soffrire. Vedrai, Layra! Sarà doloroso, molto doloroso. Ti farò rimpiangere di non esserti arresa quando ne avevi l’occasione.» «Se davvero dovesse andare come dici, ti ucciderei. Non avrei più nulla da perdere.» replicò Layra con una freddezza che non le apparteneva. Amos rise. «E come credi di riuscirci? Non mi troverai più impreparato, Layra. Ti avevo sottovalutata, lo ammetto, ma non capiterà più, fattene una ragione!» «Disarmami, allora!» ribatté lei, tentando di oltreare la sua guardia e colpirlo. Lui se ne accorse, fermò l’attacco e sogghignò. «Visto che me lo chiedi… farò di meglio.» Rapido come un serpente oltreò la sua guardia e le inflisse una ferita leggera al fianco, tagliando il cuoio come fosse burro, e il bianco dell’armatura si tinse di rosso. Layra indietreggiò un po’ scioccata, i denti serrati per trattenere un grido, mentre sul corpetto compariva una linea di sangue. Gli occhi di Amos scintillarono cattivi. «Credevi che non riuscissi a ferirti? Volevo solo divertirmi ancora un po’ con te, Layra. Non preoccuparti, è praticamente un graffietto, però forse ti ricorderà con chi hai a che fare. Dimmi, brucia?» Layra avvertì un brivido. Effettivamente il taglio non era né grande né profondo, eppure bruciava come arso da fuoco vivo. Capì immediatamente che dipendeva

dalla spada di Amos, come la sua arma e i due pugnali con il giglio bianco provocavano tremende ferite al re degli Elfi Oscuri, altrettanto faceva la spada con il giglio nero a lei. «Ora sei tu a fare scena muta.» disse trionfante lui, fissandola divertito. Era divertito! Come poteva essere divertito mentre della gente, anche la sua gente, stava morendo? Come si poteva essere così crudeli? Non gli importava nulla di nessuno, li considerava tutti pedine che lui pensava di poter muovere a suo piacimento? Si sentiva davvero al di sopra di tutto e di tutti? Non aveva nemmeno un briciolo di coscienza? Layra alzò la sua spada, sfidandolo con lo sguardo, sebbene quel piccolo graffietto le si stesse già gonfiando e bruciasse come l’inferno. Amos assottigliò gli occhi, poi le rivolse un sorriso spietato. «Testarda!» Le si avvicinò con una lentezza calcolata ed esasperante e Layra fu tentata di scagliarsi contro di lui, ma i suggerimenti di Anter e le esperienze precedenti la trattennero. Aveva promesso che non avrebbe fatto pazzie. Ripresero a duellare e Layra restò stupita quando lui non la ferì ancora. Ogni volta che si rendeva conto di aver lasciato scoperto un fianco o di aver abbassato la guardia, si aspettava di essere colpita, attendeva il dolore e invece lui fingeva di non accorgersene, continuando a esasperarla. Avrebbe potuto ferirla mille volte, ma allora a che gioco stava giocando? Cosa aspettava? Lui aspettava, come un ragno che aveva tessuto la tela, il momento giusto e non appena si accorse che lei aveva smesso di avere paura per un nuovo taglio, le ferì il braccio sinistro, strappandole un grido. «Ne hai abbastanza?» le domandò Amos, osservandola. «No!» si ribellò lei, attaccando stavolta per prima. Il sovrano parò il colpo e poi di nuovo quando Layra ripeté l’attacco, obbligandolo a chiudersi in difesa. Lei continuò ma presto il suo attacco perse di potenza e la spada dal giglio nero lo respinse, poi Amos rapidamente le scivolò alle spalle e le poggiò la lama sul collo.

«Ferma, Layra. Non muoverti.» le suggerì con voce vellutata. La ragazza rimase immobile, aspettando, coi nervi logorati sempre più da quella terribile attesa, e senza nemmeno accorgersene si ritrovò a respirare troppo velocemente. «Sei spaventata? Bene! Riproviamo: ne hai abbastanza?» le chiese tirandole una ciocca di capelli. «No.» sussurrò Layra, senza voce. «Non ho sentito.» la punzecchiò Amos, spingendo la lama verso il collo di lei. «Ho detto no!» ripeté Layra, costringendosi a non piangere. «Ed ecco il coraggio trasformarsi in stupidità.» la derise lui che fulmineo spostò la spada fino a ferire la ragazza a una gamba. «Vediamo se riesci ancora a combattere o se ti piegherai.» la provocò, tornando davanti a lei, in attesa. Layra strinse le labbra, ignorando il dolore che stava provando, e si concentrò per impedirgli di capirlo. Amos diede dei colpetti leggeri alla spada dal giglio bianco con la propria e istigò la ragazza: «Hai così tanta paura che non riesci ad attaccare?» Layra non resistette più e d’istinto attaccò. Amos sogghignò, alimentando la sua furia, poi quasi non aspettasse altro, sfruttò la foga della ragazza e la disarmò, facendo schizzare la spada troppo distante perché lei potesse anche solo pensare di recuperarla. «Adesso, principessa, cosa hai intenzione di fare?» le chiese beffardo Amos, alzandole il mento con la lama. Layra non disse nemmeno una parola, fissandolo con odio negli occhi. «Sai, non sarà male iniziare a punirti ora, così i tuoi genitori potranno assistere.» le sussurrò con perfidia. «Maledetto.» disse lei fra i denti, sopprimendo un brivido.

Amos le si avvicinò e le carezzò sprezzante una guancia, poi le ordinò con aria minacciosa: «Inginocchiati a me.» «Piuttosto la morte.» replicò lentamente Layra, con sicurezza. «Bene.» le soffiò lui. «Vedrò di accontentarti.» affermò, premendole la spada sulla gola. Il cuore di Layra perse un battito, mentre le sue certezze subivano un altro scossone. Si era convinta che lui non volesse ucciderla, eppure adesso sentiva un tremendo pizzicore sul collo e lui sembrava così determinato che lei iniziò a credere che l’avrebbe uccisa lì, in quel momento, sul colpo. Gli bastava una torsione del polso e le avrebbe squarciato la gola. Ebbe tutto il tempo per pensarci, per immaginare la scena e il dolore, per spaventarsi da sola con ciò che sarebbe avvenuto, quando all’improvviso avvertì la lama staccarsi dal suo collo e scendere in corrispondenza del cuore. Lei sgranò gli occhi e incrociò quelli gelidi di Amos, poi lui sorrise e le affondò la lama nella pelle, strappandole un grido di dolore, mentre con la mano libera la afferrava tra il collo e la spalla per tenerla ferma e impedirle di sottrarsi. Il dolore era insopportabile, eppure Layra si rese conto che la ferita non era profonda e non le sarebbe stata fatale. Amos non intendeva ucciderla, non ancora, sebbene le sembrasse di morire e la parte anteriore dell’armatura bianca si stesse tingendo di rosso. Il mondo intorno a lei iniziò a girare e le palpebre le si fecero pesanti: doveva spegnere tutto quel dolore, subito. «Non svenire, Layra, abbiamo appena cominciato.» la riprese Amos, poi mosse la spada e lei urlò risvegliandosi a quella nuova scarica di dolore che peggiorò quando lui estrasse la lama, solo per portargliela di nuovo sotto alla gola, bagnandola con il suo stesso sangue. Gli occhi le si inumidirono, comprendendo che non era affatto finita, tutt’altro, lui l’avrebbe torturata ancora a lungo, fin quando lei non si fosse arresa o fosse morta. Si era preparata al prossimo colpo, aveva serrato le labbra per non urlare e puntato lo sguardo lontano per impedirgli di avere soddisfazione, quando una voce giovane e vicina, esclamò: «Fermo! Lasciala andare!»

Capitolo 21

Il cuore di Layra quasi si fermò nel sentire quella voce, riconoscendola anche senza bisogno di vedere chi avesse parlato, eppure sollevò la testa di scatto, ignorando la lama che le graffiò il collo, per sincerarsi che fosse davvero lei, nonostante sperasse con tutta se stessa che non lo fosse e di essersi sbagliata. No, nessun errore, non poteva non riconoscere la voce di Ally. La ragazzina dai capelli rossi era proprio lì, in piedi su delle grandi formazioni rocciose, con arco in mano e freccia incoccata. Amos si voltò verso la ragazzina, continuando a tenere Layra sotto tiro, e sorrise quando capì che era sola. «Ally, è un vero piacere rivederti! Dimmi, tuo fratello sa che sei qui?» «Lasciala.» ribadì Ally, mirando contro di lui. «Altrimenti? Sai cosa succede se mi uccidi? Layra morirà.» disse con calma Amos, lo sguardo puntato in quello della ragazzina, mentre con una mano aveva serrato il braccio di Layra per evitare che tentasse la fuga. Quando vide che la piccola dai capelli rossi non abbassava l’arma, le intimò: «Ora vattene, Ally, altrimenti ti ucciderò e Layra non sopporterebbe di vedere anche la tua morte oggi, vero?» Layra sussultò e voltò il capo per nascondere ad Ally ciò che provava e quando Amos aggiunse: «Diglielo, principessa, coraggio.» Lei non esitò ed esclamò: «Scappa, Ally! Vai via di qui!» Fece l’errore di guardarla e, invece di vederla spaventata, scorse rabbia negli occhi della sua amica, che prese la sua decisione e accettò il suo destino in meno di un secondo: prese la mira e scoccò la freccia. Amos, colto alla sprovvista, dovette conficcare la propria spada nel terreno e appoggiarvisi, dato che la freccia lo aveva colpito con letale precisione alla coscia «Non devo per forza ucciderti!» gli spiegò Ally con durezza, poi guardò Layra e, incoccando un’altra freccia, la incitò: «Vieni qui!» La ragazza era rimasta stupefatta dalla fermezza di Ally, tuttavia fu rapidissima

nel riprendersi e subito si allontanò da Amos, sforzandosi di ignorare le ferite e raggiungere il prima possibile l’amica. Amos, seguendo Layra con lo sguardo, afferrò la freccia e con uno strattone se la sfilò dalla coscia, poi la osservò, riconoscendone il pennacchio particolare. «Questa freccia…» «Un regalo dei miei genitori: le ho tenute in serbo per te!» ringhiò Ally, prendendo nuovamente la mira. Amos fissò entrambe le ragazze per un secondo che a Layra parve lunghissimo, poi lei si sentì spingere violentemente di lato e rotolò in terra, lontano da Ally. Non riuscì a rialzarsi, era come se una mano d’acciaio la tenesse schiacciata al suolo, eppure, a parte l’immobilità, le sembrava che non ci fossero ulteriori conseguenze. “Ally!” pensò Layra e sentì il sangue raggelare nelle vene, quindi sollevò il volto e vide Amos muoversi troppo velocemente perché Ally reagisse. Quando la raggiunse, le afferrò il braccio, provando a strapparle l’arco di mano. La freccia partì ugualmente ma, volando verso il cielo, descrisse una parabola alta e si perse in direzione del campo di battaglia. Ally lanciò un grido quando dovette lasciare l’arco e Amos le tirò le braccia dietro la schiena. «Dovevi restartene al sicuro, Ally. Penso sia ora che tu impari a obbedire.» Lui la scrollò, poi guardò Layra e, incrociando il suo sguardo, esclamò: «Che vi serva di lezione!» La piccola provò a divincolarsi e a lottare, fu orribile il suo grido quando le si slogò un braccio sotto la violenza inaudita di Amos. «Basta! Smettila! Non farle male!» urlò Layra, provando ad alzarsi ma era ancora bloccata a terra. Lui senza staccare gli occhi da quelli della ragazza, sollevò un pugnale e glielo mostrò, sorridendo del terrore riflesso nei suoi occhi, poi repentinamente conficcò la lama nel fianco di Ally, che urlò ancora e si accasciò come un sacco vuoto, senza più energia in corpo e lui se ne liberò gettandola in terra. La piccola strillò poi si raggomitolò e iniziò a singhiozzare forte. Nello stesso istante Layra sentì il peso che la schiacciava in terra svanire e con

un solo gesto si alzò in piedi, protese una mano contro Amos, mentre il diadema azzurro risplendeva di luce propria, e liberò un potente raggio di luce che colpì il crudele sovrano, proiettandolo indietro fino alla parete rocciosa. Lei stava per attaccarlo ancora, ma stavolta Amos fu più veloce e le schiantò contro un tremendo muro d’aria e oscurità che la travolse e la scagliò in terra accanto ad Ally, lasciandola stordita e indolenzita. Per un istante temette di perdere i sensi, tanto il dolore era intenso, però la paura la tenne ben sveglia. A carponi raggiunse la piccola dai capelli rossi, che si teneva una mano premuta contro il fianco da cui aveva estratto il pugnale e che il sangue stava rapidamente tingendo di rosso. Layra represse la nausea e le lacrime, non avrebbe lasciato morire anche Ally, non lo avrebbe mai permesso. Afferrò il pugnale insanguinato, quindi lacerò le maniche della maglietta che la piccola indossava e premette la stoffa sulla ferita dell’amica. Lei urlò di dolore, mentre altre lacrime le colavano sulle guance. «Non cedere, Ally. Combatti, tesoro, puoi farcela.» le sussurrò Layra, mentre con le mani viscide di sangue estraeva da una tasca dell’armatura un flaconcino con dentro la crema verde curativa che tante volte l’aveva aiutata, sperando che quella piccola dose potesse salvare Ally. La ragazzina la prese con mani tremanti e con lo sguardo le fece cenno di voltarsi, di non abbassare la guardia. Layra si volse e udì uno schiocco sonoro quando Amos spezzò l’arco di Ally, per poi gettare le due metà accanto alla piccola che sussultò e non riuscì a nascondere un singhiozzo, poi lui recuperò la propria spada e con aria truce si diresse verso di loro. Layra intuì ciò che sarebbe accaduto e probabilmente Ally lo previde, perché sbiancò completamente e si paralizzò, le mani tremanti e il viso stravolto dal dolore e dalla paura. In effetti era fin troppo facile presagire le intenzioni del sovrano, bastava guardarlo in faccia. L’avrebbe uccisa. Amos era già fin troppo vicino, quando Layra scattò in piedi e si parò davanti all’amica con le braccia spalancate e la determinazione in volto. «Fermo, non ti permetterò di toccarla!» «Levati di mezzo, non intendo ucciderti per il momento.» Eppure le puntò la

spada contro con ferocia. La ragazza tese una mano in fuori e la spada degli Elays schizzò tra le sue dita ma, prima che potesse attaccare, Amos l’aveva già aggredita, colpendole il polso con l’elsa della sua spada e, stringendole il collo con l’altra mano, la sollevò da terra. Layra sgranò gli occhi e, annaspando, tentò di allentare la sua presa d’acciaio, inutilmente. «Quando imparerai a ubbidirmi, Layra?» le domandò lui, freddo eppure furente. La spinse via e la ragazza tossì crollando a terra, però immediatamente si mise seduta, non fidandosi della stabilità delle proprie gambe, e abbracciò Ally per proteggerla con il proprio corpo. «Fatti da parte!» ordinò ancora il sovrano, tenendo la spada pronta a colpire. La ragazza scosse la testa, stringendo forte Ally che singhiozzava. «Dovrai uccidermi!» esclamò Layra con decisione. «Per fare del male ad Ally dovrai prima uccidere me, la proteggerò fino all’ultimo respiro.» «Lo hai voluto tu, Layra!» ruggì Amos, alzando la spada. Lei si rannicchiò contro la piccola dai riccioli rossi, sentendo calde lacrime bagnarle il viso, non voleva morire e non voleva perdere Ally, né nessun altro. Chiuse gli occhi e si preparò al colpo. Sentì il fragore di metallo contro metallo e, sussultando, sollevò lo sguardo sulla persona che le aveva salvate e che ora stava duellando contro la morte in persona. «Anter!» esclamò a metà tra l’euforia e la paura. «Cosa fai qui?» «Mi è atterrata davanti una delle frecce di Ally. Ho alzato lo sguardo e ho visto il tuo fascio di luce. Sono venuto di corsa!» le spiegò il ragazzo che, sebbene apparisse alquanto scompigliato e avesse la divisa imbrattata di sangue, si batteva con ardore.

Layra si voltò verso Ally e, guardandola negli occhi, le domandò: “Lo sapevi?” “Che veggente sarei, altrimenti?” rispose lei pallida, stringendosi il braccio slogato, quindi disse al fratello: «L’ho colpito! L’ho ferito!» «Non vantartene, Ally, perché te ne farò pentire.» la minacciò Amos, mentre parava i colpi di Anter. Il ragazzo stritolò l’elsa della propria spada e la rabbia rischiò di sopraffarlo, ma all’ultimo istante agguantò la concentrazione che rischiava di scivolargli tra le dita. «Non sfiorerai mai più mia sorella nemmeno con un dito!» Amos ridusse gli occhi a due fessure, poi con la mano libera scagliò una sfera nero-bluastra contro la bambina che strillò quando venne sfiorata da alcune scintille, sebbene Layra avesse tentato di vanificare l’attacco. «Non ho bisogno di sfiorarla, come vedi.» «Ally!» la chiamò Anter senza voltarsi, non potendosi permettere nessuna distrazione o esitazione. «Ci penso io!» disse Layra, accovacciandosi accanto alla ragazzina che aveva il fianco scottato. «Ti fa molto male? Cosa posso fare, Ally?» le chiese Layra, disperata. «È sopportabile.» mormorò la ragazzina, mentendo palesemente. «Ti ammazzo! Stavolta faccio sul serio!» ringhiò Anter, scagliandosi contro Amos con ferocia. Layra chinò il capo, consapevole che lui parlasse sul serio e che, se l’avesse fatto, lei non sarebbe sopravvissuta. Forse sarebbe stato un prezzo accettabile da pagare, pur di mettere fine alla tirannia e alla malvagità di Amos. Il sovrano degli Elfi Oscuri ebbe un secondo di esitazione, poi rise ed esclamò: «Non lo sai!» Guardò Layra, continuando tuttavia a combattere, e proseguì: «Non glielo hai detto! Perché? Perché sapevi che tanto è inutile, visto che non ha la benché minima possibilità?»

«Di cosa sta parlando?» chiese Anter, mentre dita gelide sembravano sfiorargli la schiena. «Diglielo tu, Layra. Lui non mi crederebbe mai… E poi voglio che sia tu a dirlo!» Layra captò il divertimento nella voce di Amos e lo odiò per questo. «E se non ci fosse nulla da dire?» chiese lei, con gli occhi lucidi. Amos socchiuse gli occhi, parando gli attacchi di Anter senza nemmeno guardare, lo sguardo fisso su di lei, poi la incalzò: «Avanti, Layra… non vorrai dirmi che sei disposta a rischiare?» “Morirei per Anter. Morirei mille volte se necessario!” pensò lei, a barriere abbassate. «Cosa, Layra? Cosa c’è?» chiese Anter, che le dava le spalle, eppure sembrava quasi aver colto i suoi pensieri. «Perché non vuoi dirgli che se dovesse uccidermi, ucciderebbe te?» le domandò Amos, con un sorriso spietato in volto. Anter, come trafitto da un pugnale, fece tre i indietro a occhi sgranati, poi si voltò e cercò lo sguardo di Layra. «È vero?» Il silenzio di lei fu fin troppo eloquente. «Perché non me l’hai detto? Perché stai rischiando così la tua vita?» le chiese ancora Anter, più arrabbiato di quanto lo avesse mai visto e totalmente vulnerabile con la guardia abbassata. La ragazza sentì il cuore perdere un battito e la paura arrivare al culmine. Quello era il momento che Amos aspettava, Anter era sotto shock, completamente indifeso. Layra richiamò a sé la propria spada e si buttò praticamente davanti ad Anter, facendogli scudo col proprio corpo. Amos si fermò, osservandola in silenzio. «Non te l’ho detto» sussurrò Layra al ragazzo dietro di sé. «Perché sapevo che avresti esitato in questo modo! Non potevo rischiare la tua vita, perché la mia

non avrebbe più significato senza di te.» Gli occhi dei due si agganciarono per un istante in cui Anter pensò: “Stupida! Incosciente! Proprio non capisci…” “No, tu non capisci…” cominciò a controbattere Layra. “Che ti amo troppo per vivere senza te!” pensarono insieme alla fine, rimanendo storditi dalla forza dei reciproci sentimenti. «Che belle parole, Layra, davvero poetiche e ridicole. Peccato che con le belle parole non si vada mai da nessuna parte. Comunque non preoccuparti: alla fine anche tu morirai e lo raggiungerai.» li interruppe Amos, ricordando a entrambi dove e in che situazione si trovassero. Layra scattò in avanti, ignorando tutto: il bruciore delle ferite, gli insegnamenti di Anter e la paura. Amos dovette indietreggiare, seppur di mezzo o, ma quella comunque fu una conquista per lei e le diede forza. Sentiva una forza che prima non aveva, sentiva che Anter e Ally, ora vicini, in qualche modo contribuivano ad aumentare quella forza. Doveva farcela, se voleva poter finalmente vivere e amare. Era stanca di avere paura, di doversi arrendere e soprattutto di tutto quel dolore. Le spade volteggiarono per un bel pezzo, anche se a Layra parvero secondi, scandendo una musica mortale, metallo contro metallo, poi una delle due spade volò lontano e stavolta non era quella di Layra. Ci furono alcuni secondi in cui tutti e quattro rimasero in perfetto silenzio, poi Layra puntò la spada contro il collo di Amos e gli ingiunse: «Vattene! Le tue truppe stanno fuggendo, seguile e non tornare mai più qui.» Amos guardò prima verso il campo di battaglia, dove effettivamente gli Elfi Oscuri stavano battendo in ritirata, poi spostò lo sguardo verso la propria spada, sulla quale Anter teneva un piede sopra per impedirgli di riprendersela. «Altrimenti?» chiese lui, tornando a guardare Layra negli occhi.

«Altrimenti ti chiudo da qualche parte, trovando il modo di rendere inoffensivi i tuoi poteri, e butto la chiave.» affermò lei, fissandolo negli occhi affinché sapesse che lei non mentiva. «Va bene, Layra, accetto. Me ne vado.» decise Amos, spiazzando completamente la ragazza, convinta che lui avrebbe tentato qualunque cosa e invece, semplicemente, si arrendeva. Non poteva crederlo, sicuramente c’era qualche inganno e lei era così sciocca da sperare che parlasse sul serio. “Non hai ancora capito che non sono uno stupido? So cosa mi conviene fare e non fare, so quali sono i miei limiti: forse è per questo che ti spavento tanto.” le trasmise telepaticamente lui, sorridendo della sua ingenuità. «Bene.» annuì Layra, abbassando la spada, poi aggiunse: «Prima però libera i miei genitori!» Amos le rise in faccia. «Tu invece non li conosci i tuoi limiti, Layra. Me ne andrò, non ti basta?» la schernì, prendendole il volto in una mano e scavando nei suoi occhi. «Libera i miei genitori.» ripeté Layra, riuscendo a sostenere lo sguardo di Amos. Lui sorrise, accentuando la presa sul suo viso e le chiese: «Perché dovrei farlo, principessa?» Poi infierì: «So che non t’importa veramente del regno. So che per te questa non è una vittoria. Tu non hai vinto, perché desideri disperatamente riavere i tuoi genitori. Posso leggerti dentro, Layra, e non ho bisogno di una spada per ferirti.» Lei non distolse lo sguardo ma, senza accorgersene, permise alle lacrime di scendere. Amos sogghignò, asciugandogliene una. «Non puoi liberarli, principessa. Nessuno a parte me può riuscirci e io ti prometto che non li libererò mai. La tua magia non può competere con la mia e lo sai.» «Basta così, lasciala! Vattene!» protestò Anter, ribollendo di rabbia, accresciuta dalla consapevolezza di non poter nuocere ad Amos senza uccidere Layra. Amos lo ignorò e lasciando la ragazza le sussurrò: «Arrivederci, Layra, e mi raccomando… non abbassare mai la guardia.»

Si voltò e si avvicinò ad Anter ordinandogli: «Restituiscimi la spada.» «Vattene!» sillabò il ragazzo, puntandogli contro la propria arma. Quando Amos gli ò accanto minacciò: «Tieniti stretto Layra, perché gli incidenti possono capitare: potresti vederla sparire per sempre.» Poi svanì senza dare tempo ad Anter di controbattere e per alcuni secondi nessuno di loro ebbe il coraggio di muoversi, temendo di distruggere in qualche modo l’incanto e scoprire che non era reale. Quando Layra si riscosse, prese delle benefiche boccate d’aria, mentre lo sguardo si posava dolorosamente sui suoi genitori pietrificati. Era così ingiusto, non poteva finire in quel modo e, per quanto detestasse ammetterlo, Amos aveva ragione, non si sentiva vittoriosa, ma devastata. Anter la raggiunse e le mise una mano sulla spalla, poi la abbracciò delicatamente, quasi temendo che lei potesse rompersi, il che, pensò Layra, non era da escludersi, considerando come si sentiva. «Layra, Anter, venite a vedere!» li chiamò Ally, guardando verso la vallata in cui era avvenuta la battaglia. La ragazza avanzò intontita insieme con Anter, finché non realizzò ciò che stava succedendo: la battaglia era finita. Incredibilmente Amos aveva ritrovato il proprio destriero e insieme al proprio esercito stava tornando nel proprio regno. Layra quasi non ci credeva, era davvero finita? «Le streghe hanno eliminato la maggior parte dei demoni. Carnes è morto, ma mi pare di aver intravisto Drew.» mormorò Anter stancamente, stropicciandosi il volto. «Sì, beh, lasciamolo perdere! Tanto se ne vanno, no? Cosa c’importa?» trillò Ally, ancora seduta in terra con il braccino fuori uso e i fianchi feriti, ma almeno aveva smesso di sanguinare, la crema curativa aveva fatto il suo dovere, così lei aggiunse con la sua solita energia: «Non vedo l’ora di raccontare a Sean e Diane come avete battuto Amos! È stato epico!»

Layra si lasciò sfuggire un singhiozzo e iniziò inevitabilmente a piangere, coprendosi il viso con le mani macchiate di sangue. «Cosa c’è?» chiese Ally, poi sgranò gli occhi e balbettò: «N-no… No! Sean… non… e Diane non… non possono… dimmi che non è vero!» La ragazzina cominciò a piangere. «No, Sean, no!» Anter era rimasto come paralizzato, mentre la sua mente aveva capito ciò che era successo, il suo cuore non lo accettava; quei due ragazzi si erano presi cura di lui come dei fratelli maggiore, non poteva essere capitato loro nulla di male. I singhiozzi di Layra lo risvegliarono e lui si affrettò a raggiungerla ed entrambi scivolarono a terra abbracciati, cercando di farsi forza, di essere forti per Ally, ma erano troppo distrutti per mentire a se stessi e fingere di essere coraggiosi. “Non è possibile vincere una guerra.” capì Layra, presa da una folgorazione. “Nessuna guerra può essere vinta, perché appena muore anche una sola persona quella guerra è già persa. Nessuno ha capito che l’unico vero nemico da combattere è la guerra stessa.”

Capitolo 22

Rimasero tutti e tre abbracciati lì, sull’altura sopra il campo insanguinato, a lungo, molto a lungo, piangendo. Piangendo per tutte le morti ingiuste, piangendo per i loro cari, piangendo anche per loro stessi che avrebbero sentito la loro mancanza e che sarebbero stati spezzati per sempre. A un certo punto sentirono dei i, ma nessuno di loro si mosse, sebbene sia Layra sia Anter avessero messo mano alle armi, ancora poco propensi a ritenersi al sicuro. «Siete qui! Meno male, non vi trovavamo tra i feriti!» squillò la voce di Rowan, allegro come solo un bambino innocente poteva essere, poi chiese preoccupato: «Cosa avete, siete feriti? Abbiamo vinto!» «Vinto? Rowan, come puoi dirlo? Pensa a Sean e Diane!» gridò Ally tra i singhiozzi, coprendosi il viso con le mani. «Diane sta bene. La stanno curando.» mormorò il ragazzino contrito. «La stanno curando?» ripeté piano Anter, poi baciò Layra su una tempia e strinse la mano della sorellina, incoraggiandole: «Avete sentito, Diane è viva!» «E Sean?» chiese Layra in un singulto. Il giovane volto di Rowan s’intristì: «Mi dispiace, lui… Non ce l’ha fatta.» Layra lo sapeva già. Sapeva che Sean non poteva essere sopravvissuto, tuttavia sentirlo dire fu come ricevere un colpo che le tolse il fiato. Anter la strinse a sé, Ally le pianse tra i capelli e Layra si aggrappò a loro, l’unico punto fermo del suo mondo, tutto ciò che le impediva di crollare erano loro. «Abbiamo attrezzato un campo qui sotto, per curare i feriti… Vi dovreste far medicare. Informerò gli altri che state bene, erano tutti preoccupati.» mormorò Rowan, senza nemmeno un briciolo dell’allegria di poco prima. «Ora arriviamo.» replicò Anter, carezzando Ally e stringendo Layra. arono le ore e solo al tramonto i tre riuscirono a scendere dall’altopiano e ad arrivare al campo, dove nessuno sembrava felice ed entusiasta, erano troppi i

morti e altrettanti i feriti. Solo i bambini più piccoli erano allegri mentre i più grandi fingevano per loro e li tenevano occupati, facendosi aiutare nel trasportare acqua e tagliare bende. Anter e Layra portarono Ally a farsi vedere le ferite e, nonostante avessero bisogno di cure anche loro, non si fermarono. Cercarono Diane finché non la trovarono in una delle tante tende utilizzate come ricovero. Era stesa su una brandina di fortuna, con le bende che facevano capolino da sotto la veste strappata. Era sveglia. Layra le prese una mano e lei gliela strinse forte. «L’ho visto.» affermò Diane, continuando a osservare il soffitto, completamente distrutta. «L’ho sentito morire. Sean… Era più piccolo di me di cinque minuti esatti, sapete? Eppure è morto per primo. Lui era così pieno di vita, era buono. Semplicemente buono. Eppure è morto.» «Diane.» gemette Anter, chiudendo gli occhi e bloccando altre lacrime. «Mi dispiace.» sussurrò Layra senza voce. «Mi dispiace così tanto.» Diane le strinse la mano poi mormorò: «Non lo sento più. Eravamo collegati e ora non lo sento più. È come se fossi morta anch’io.» singhiozzò la ragazza, mentre grandi lacrime le uscivano dagli occhi arrossati. «Diane!» Layra l’abbracciò piangendo, mentre i sensi di colpa la pungolavano. Rimasero con lei finché, tra le lacrime, non si addormentò. «Anter, è stata colpa mia.» bisbigliò Layra appena ebbero lasciato il ricovero. «Cosa dici?» Lui scosse il capo, attirandola a sé. «Se gli avessi detto che ad Amos servivo più da viva che da morta… Se Sean l’avesse saputo non avrebbe tentato di salvarmi.» spiegò lei con uno strano distacco. «Layra, non dirlo, non dirlo mai! Non puoi saperlo e probabilmente lui l’avrebbe fatto lo stesso. Non è stata colpa tua!» affermò Anter con forza.

«Se fosse successo a te…» mormorò la ragazza con un fil di voce, quindi alzò lo sguardo e continuò con le labbra che le tremavano: «Se fosse successo a te credo che non vorrei più respirare. Non potrei.» «Shh, è finita adesso, sono qui con te, non ti lascio. Sono qui, non vado da nessuna parte.» Anter l'accarezzò finché non si fu calmata. «Andiamo a riposare, ne abbiamo bisogno, poi… poi, forse, ci sentiremo meglio.» Anter procurò due coperte, poi abbracciò Layra che si lasciò guidare docilmente, era ancora sotto shock. Il ragazzo la condusse sotto un albero, abbastanza lontano affinché il terreno non fosse impregnato di sangue, poi guardandola negli occhi, le sussurrò: «So che ti ho detto che non me ne sarei andato, ma…» Layra si riscosse e annuì risoluta, comprendendolo all’istante. «Vai da Ally e dalle un bacio da parte mia.» Ad Anter si strinse il cuore nel lasciarla lì da sola e le promise: «Tornerò presto, forse Ally dorme già.» Il ragazzo corse fino alla tenda-ricovero dove aveva lasciato la sorellina e la trovò profondamente addormentata e vegliata dai fantasmi dei loro genitori. A quella vista Anter si lasciò sfuggire un sospiro tremulo, reprimendo a forza la voglia di piangere. «Tranquillo, Anter, baderemo noi a lei.» lo rassicurò Xenaviel, mentre Mayriel ava una mano evanescente sulla guancia del figlio. «Oggi mi hai fatto morire di paura un centinaio di volte.» Anter tentò un sorriso, fallendo miseramente, poi si ò una mano sul viso, provando a scacciare la stanchezza e l’orrore che aveva visto e compiuto. Non si illudeva di essere migliore dei soldati nemici, anche lui aveva ucciso e sebbene sapesse di averlo dovuto fare per proteggere le persone che amava, ciò non lo rendeva meno tremendo. «Una battaglia è sempre terribile, lascia sempre senza forze. Tu, tua sorella e Layra siete forti, ve la caverete. Starete ancora bene, è una promessa. Ora vai da lei, non permettere ai brutti pensieri di portartela via.» gli suggerì suo padre, guardandolo con affetto, poi aggiunse: «Anter, ricorda sempre che non hai fatto nulla di sbagliato. Non giudicarti troppo severamente.»

Anter accennò un mezzo sorriso, poi li salutò, disse loro di nuovo addio e come sempre fece male, lo uccise dentro, ma non si trattenne più del necessario e, dopo aver baciato la fronte della sorellina, tornò da Layra. Si stese accanto a lei, la abbracciò e la fece accoccolare sul proprio petto, poi crollarono entrambi per la stanchezza in un sonno senza sogni. Non stavano sognando, Anter e Layra ne erano certi, quando all’improvviso tutto divenne bianco e vuoto, c’era solo quel candore accecante. Videro Diane, che si guardava intorno intontita e li raggiunse, con le braccia strette al corpo e il viso spaventato. Infine apparve Sean con il solito sorriso scanzonato, come se la battaglia per lui non fosse mai avvenuta. «Sono venuto a salutarvi.» «Sean... Avevi promesso! Avevi promesso che saresti stato bene, che ci saremmo rivisti!» proruppe Diane con voce rotta, correndogli incontro e fermandosi davanti a lui. «Infatti, ci stiamo vedendo ora e io sto bene.» «Come puoi stare bene?» gridò lei in lacrime, poi esclamò: «Sei morto!» Non fece in tempo a dirlo che si portò una mano alle labbra, singhiozzando, come se dicendolo potesse renderlo più reale. «Sì, è vero, ma io starò bene se starete bene anche voi.» «Perché hai spezzato il nostro legame? Perché?» gridò ancora Diane, disperata. «Ma cosa dici?» le chiese dolcemente Sean, alzandosi la maglietta e rivelando la pelle candida dove dal petto partiva un raggio di luce impalpabile, luminosissimo che si collegava al cuore di Diane. La ragazza era ammutolita e solo dopo un po’ trovò la voce per mormorare: «Non mi hai lasciata?» «Mai, sorellina, finché tu vorrai avermi vicino io ci sarò. Anche se non potrai vedermi, né sentirmi, io ci sarò e ti proteggerò, perciò smetti di piangere. So che ti manco, ma fallo per me. D’accordo?» Aveva gli occhi lucidi. «D’accordo.»

Sean le baciò la guancia e lei sparì nel nulla. Il ragazzo si voltò verso Anter e gli sorrise complice. «Allora, hai preso ben bene a calci i nostri invasori? Non rispondere, tanto so che è così. Sei stato bravo.» Anter provò a dire qualcosa, ma poi non ce la fece. Non sopportava di vedere Sean lì, davanti a sé, e sapere che non l’avrebbe più rivisto, che avrebbe dovuto dire addio anche a lui. Visto che lui non parlava, Sean gli si avvicinò, lo abbracciò e gli confidò. «Sei stato la cosa più simile a un fratello per me. Grazie.» «Anche tu.» mormorò Anter, accennando un sorriso doloroso. Sean si voltò infine verso Layra, che se ne stava a capo chino, in disparte, con le lacrime sulle guance. Lei non meritava di essere lì, era colpa sua se lui era morto. «Guardami, Layra.» le disse lui dolcemente. Lei alzò il viso, tenendo però gli occhi bassi, non ce la faceva a guardarlo. Poi Sean le sfiorò il mento e lei, per la sorpresa di sentire il suo tocco, lo fissò negli occhi. «Ascoltami, d’accordo? Non è stata colpa tua. Ora so cosa ti ha fatto Amos, come ti ha legata a sé, ma questo non cambia nulla. Io volevo proteggerti e sono contento di averlo fatto. Lo rifarei. Quindi non stare male per me. Basta sofferenze! Vi hai dovuto convivere per troppo tempo, ora goditi la vita anche per me. Vivi, Layra.» Le sorrise e l’abbracciò dolcemente. «Andrà tutto bene, fidati di me!» Layra lasciò andare un sospiro tremante e riprese finalmente a respirare, poi annuì e disse con voce rotta: «Mi mancherai.» «E vorrei vedere, dopo i baci apionati che ci siamo dati!» la prese in giro lui, quindi tornò serio e aggiunse: «Proteggerò anche voi, come Diane. Ora, però, dobbiamo salutarci.» Anter abbracciò Layra per farle forza, ma nessuno dei due riuscì a dirgli addio, era una parola troppo pesante da pronunciare.

Sean sorrise, con gli occhi che luccicavano e li rassicurò: «Nemmeno a me piace la parola “addio”. Sa troppo di definitivo! Diciamoci arrivederci, che cosa ne dite?» Layra annuì ancora e sussurrò tristemente: «Ciao.» Sean strinse le labbra, come se stesse riflettendo, poi sorrise come un monello. «Credo che ruberò per un secondo il mestiere ad Ally: ti prometto che domani sarai felice. I fantasmi sanno tutto, non dimenticarlo!» Le ammiccò. Layra riuscì a sorridergli, un minuscolo sorriso. Un inizio. *** Quando si svegliarono nel cuore della notte, Layra sospirò come se le fosse stato tolto un peso dal cuore, gli occhi fissi nell’oscurità mitigata dalla luce della luna e dal bagliore delle stelle. Se Sean non la reputava colpevole, allora forse lei poteva provare a perdonarsi e probabilmente il dolore sarebbe stato meno amaro. «Layra?» sussurrò Anter, tenendola stretta. «Sì?» «Volevo ringraziarti.» «Per cosa?» chiese lei incuriosita, voltandosi a guardarlo. «Per come hai protetto mia sorella. Ho sentito ciò che hai detto, com’eri pronta a dare la vita per lei. Sai, non credevo fosse possibile, ma adesso ti amo ancora di più.» Layra si rannicchiò contro di lui e, dopo una decina di secondi di silenzio, lo chiamò: «Anter?» «Sì?» «Io ogni giorno ti amo più di quello precedente.» Lei alzò il volto, per guardarlo negli occhi scuri. Lui le sorrise nell’oscurità, poi si baciarono. Tutto ciò che avevano ato aveva

spezzato qualcosa dentro di loro, eppure quand’erano insieme si sentivano di nuovo integri. «Non voglio lasciarti mai più.» «Nemmeno io.» le sussurrò lui, quindi ridacchiò. «Tu però sei una principessa e io non sono di nobili origini!» Layra rise divertita. «Non me ne può importare di meno! È te che amo. Nessuno, in nessun universo, potrebbe minimamente reggere il confronto con te!» «E se…» Sbadigliò. «E se qualcuno si opponesse?» chiese lui, stavolta realmente pensieroso. «Anter, nessuno sano di mente farebbe una cosa del genere e se proprio dovesse avvenire… io combatterei oppure fuggiremmo insieme e…» Layra si fermò, insospettita dal respiro profondo del ragazzo e chiese sottovoce: «Ma mi ascolti?» Anter si era riaddormentato rassicurato e a Layra non poteva fare più tenerezza di così. Lo baciò su una guancia e gli sussurrò all’orecchio: «Non ti lascerò mai, ti amo.» «Ti amo anch’io.» bofonchiò lui nel sonno e la ragazza dovette trattenersi dal ridere. Infine anche lei si addormentò, sentendosi finalmente al sicuro. *** Al mattino appena sveglia la prima cosa che Ally notò fu che riusciva a muovere il braccio infortunato. Doveva esserci qualche guaritore al campo e doveva anche essere bravo, sospettò lei. Poi tutta l’attenzione della bambina fu attratta dall’arco posato sul suo letto. Era il suo arco, quello che Amos aveva spezzato solo per sfregio nei suoi confronti. Nel vedere distrutto un oggetto appartenuto ai propri genitori, da lui per giunta, era stata investita dalla rabbia e dal dolore. Ora quello stesso arco era lì dinanzi a lei, intatto.

“Mamma, papà! Grazie!” pensò lei raggiante, non poteva che essere opera loro, quindi si alzò in piedi e iniziò a correre per il campo alla ricerca di Layra e Anter. Quando finalmente li vide ebbe un attimo di esitazione. Dormivano così tranquilli e rilassati, i loro volti erano talmente sereni da farli sembrare incredibilmente più giovani. Erano talmente abbracciati che sembravano una persona sola. Ally pensò di non intromettersi, se la meritavano un po’ di intimità. Si stava già allontanando, quando si sentì chiamare: «Ally!» Si voltò e vide Layra e Anter sorriderle, poi il fratello allungò un braccio verso di lei che corse e si gettò su entrambi, accoccolandosi vicino a loro. «Non volevo disturbarvi.» ammise lei, arrossendo. «Tu non disturbi mai!» Layra rise e Ally sorrise contenta nel vederla serena, poi baciò il fratello sulla guancia ed esclamò: «Buon compleanno!» «Sì, auguri, Anter! Come regalo per ora dovrai accontentarti della nostra vittoria.» «Grazie, a tutte e due.» disse Anter sorridendo, poi chiese alla sorella: «Allora, come ti senti? Come va il braccio?» Ally sorrise e mosse il braccio per mostrargli che stava bene, ma finì solo per farsi male con una mossa azzardata però, prima che il fratello potesse rimproverarla, affermò: «Io sto benone, praticamente ho solo qualche graffio… ma voi due siete ancora feriti! La coperta è sporca di sangue! Volete dissanguarvi o cosa?» li sgridò Ally, in apprensione, vedendo che l’unica cura che i due ragazzi si erano applicati, era stata liberarsi delle divise degli Elfi della Luce, sporche di sangue, restando con i vestiti, altrettanto macchiati di rosso. Anter rise divertito per la scenata della sorella e la prese in giro: «Ma tu guarda… e da quando sei diventata tu la più grande tra noi due?» «Forza, muovetevi!» continuò Ally, preoccupata. «Ally, tranquilla. Va tutto bene, adesso.» la rassicurò Layra, con un sorriso dolce sulle labbra.

La ragazzina annuì poco convinta, poi però cambiò argomento e mormorò: «Sapete, ho sognato Sean. Mi ha detto che mi vuole bene e che sono la migliore arciera che abbia mai visto.» Anter le sorrise. «Credo che non sia stato solo un sogno.» «Ha anche aggiunto che mi devo prendere cura di voi due!» aggiunse Ally, fissando con disapprovazione le loro ferite. Layra non riuscì a non ridere e propose: «Cosa ne dite se andassimo a fare visita a Diane? Una volta lì potremo farci medicare le ferite.» Ally annuì con energia e Anter scoppiò a ridere, prendendosi un pugno dalla sorella. Quando lui si lamentò lei replicò che, se si fosse fatto curare prima, magari non avrebbe sentito poi tanto dolore. I tre si erano da poco avviati, ma si fermarono ben prima di essere in vista delle tende del campo. Si trovarono di fronte Coline e Rowan, tuttavia non erano loro. Coline aveva di nuovo l’aspetto candido della dea celeste e Rowan, al contrario, aveva capelli e occhi completamente neri. Sembravano entrambi più grandi, imponenti, senza però aver cambiato realmente forma. «Non abbiate timore. Non vi faremo alcun male.» dissero all’unisono. «Buono a sapersi.» affermò Layra con audacia, poi chiese: «Chi siete?» La dea celeste le sorrise e rispose: «Eravamo divinità, abitavamo i cieli e le stelle. Chi siamo ora? Non lo sappiamo, forse solo spiriti, costretti a reincarnarsi ogni quindici anni.» «Perché?» chiese Anter affascinato, suo malgrado. «Siamo stati banditi e puniti. A parere dei nostri simili la nostra colpa era tanto grave da dover essere puniti per tutta l’eternità.» rispose l’entità presente in Rowan. «Colpa… Cosa avete fatto?» chiese Ally, stringendo la mano al fratello, che improvvisamente si mise sulla difensiva.

La dea celeste chiuse gli occhi e per un po’ regnò il silenzio, poi rispose: «Noi… noi ci siamo innamorati.» Layra, Anter e Ally sgranarono gli occhi. Era assurdo punire qualcuno perché assecondava i propri sentimenti, perché quei sentimenti, se erano reali, non potevano essere soppressi. «Io non capisco.» affermò Ally, con la fronte aggrottata. «Io ero un dio oscuro, lei una dea celeste. Ombre e Luce. Terra e Cielo. Destinati a combattere fino alla morte, o almeno così ci avevano detto, ma la verità è un’altra. La verità è che avevo bisogno della luce quanto lei aveva bisogno delle ombre. L’unico modo per essere completi, per noi, non era combattere ma amarci.» raccontò il dio oscuro. «Questo tuttavia lo abbiamo capito solo noi. Nessuno dei nostri simili poteva concepire una cosa del genere e, non potendo ucciderci, decisero di maledirci. Ci saremmo reincarnati ogni quindici anni, avremmo condiviso il corpo con un’altra anima, potendo essere coscienti solo per poco tempo. Spesso ci siamo ritrovati ai lati opposti del mondo, costretti a cercarci e a ritrovarci alla scadenza del tempo in quei corpi, ma questa volta è stata la peggiore. Vicini, nei corpi di due fratelli, legati da un amore diverso da quello che proviamo noi.» terminò la dea celeste. Layra e Anter si erano istintivamente avvicinati, quasi come se temessero che lo stesso destino potesse colpire anche loro, poi lei sussurrò: «Dev’essere tremendo.» «Sì. Condividiamo il corpo e le emozioni con Coline e Rowan e inevitabilmente anche il loro dolore. Amos ha ucciso un loro fratello, senza alcun motivo. I soprusi che hanno dovuto subire non sono giustificabili in alcun modo.» disse la dea celeste con enfasi. «Per questo, prima di lasciarli vivere in pace, vogliamo aiutarvi e spezzare l’ultimo controllo che Amos ha su questo regno.» terminò per lei il dio oscuro. «Aiutarci? Come?» chiese Anter. La dea celeste sorrise e prese Layra per mano. «Seguiteci.»

La ragazza avvertì come un brivido attraversarla, poi ne provò un altro quando la dea la guidò verso l’altura dove avevano sconfitto Amos e dove riposavano i suoi genitori. Lassù la dea la lasciò e insieme al suo compagno si avvicinò ai due sovrani pietrificati. Layra li osservava senza quasi respirare, aveva troppa paura di sperare e rimanere ancora una volta delusa. Fu confortante sentire le braccia di Anter intorno alla vita e l’abbraccio di Ally accanto a sé, sentiva il cuore di entrambi pulsare all’unisono con il suo. La dea si posizionò di fronte ad Hayril e il dio di fronte ad Aramil, poi contemporaneamente posarono due dita sui diademi dei sovrani e salmodiarono qualcosa in una lingua allo stesso tempo dolcissima e tagliente. Poi fecero alcuni i indietro. Non accadde nulla. Entrambi a fior di labbra soffiarono verso i due sovrani e nello stesso momento un vento improvviso soffiò verso i tre ragazzi e tutto fu invaso da una luce sfolgorante. Layra ne fu accecata, ma non ebbe paura, per un istante sentì il vero potere di quelle due entità, un potere devastante, eppure sapeva che non le avrebbero fatto del male. Serrò le palpebre, poi lentamente aprì gli occhi. La prima cosa che vide fu le espressioni dei suoi genitori che non sembravano più di pietra, ma prima di poterne essere sicura, gli occhi le si appannarono. “Maledette lacrime!” pensò Layra, asciugandosi gli occhi. E finalmente li vide, non più prigionieri della pietra, ma vivi e reali a pochi i da lei. «Mamma, papà.» sussurrò la ragazza, sicura che se Anter e Ally non l’avessero sorretta sarebbe caduta. Il viso di Hayril tradiva una forte emozione, sembrava indecisa se piangere o ridere, se correre o rimanere immobile e tremava, come se il suo corpo ancora non credesse di essere libero e dovesse muoversi per recuperare gli anni di immobilità. Aramil aveva circondato con un braccio la moglie, altrettanto sconvolto, eppure

guardava Layra intensamente, con gli occhi pieni d’orgoglio e lucidi di lacrime. Layra tremava, si sentiva scossa così violentemente da non riuscire quasi a respirare, poi gridò: «Mamma! Papà!» Corse loro incontro e per un assurdo momento temette che loro non la riconoscessero, che non l’accettassero, che qualcosa andasse storto e il mondo le crollasse addosso di nuovo. Si aspettava una nuova batosta e per questo scoppiò a piangere come una bambina quando si sentì circondare da un abbraccio. «Layra.» sussurrò sua madre. «Layra!» Piangeva anche lei e la guardava con gli occhi verdi pieni d’amore, osservandola come a volersi imprimere il suo volto nella memoria. «Va tutto bene piccola, adesso, va tutto bene.» le disse suo padre, carezzandole i capelli e tenendo stretta con un braccio lei e con l’altro la moglie. Sembrava non volerle più lasciare. Layra sorrise mentre le lacrime le scivolavano sulle guance. «Sono così felice, non credevo fosse possibile.» singhiozzò ancora. Aramil le carezzò una guancia asciugandole le lacrime e la rassicurò: «Non pensarci più, Layra. È finita.» Layra non credeva di poter essere tanto contenta, sembrava quasi che non fosse mai successo nulla, che tutto il dolore e la paura fossero stati solo un incubo. Invece era successo e nulla avrebbe cambiato le cose, in tutti quegli anni in cui Amos aveva potuto spadroneggiare sulla sua terra, erano morte tante persone e mai si sarebbe potuto porre rimedio. «Cosa c’è, bambina mia?» domandò Hayril, leggendole il dolore nello sguardo. Lei era felice, davvero, i suoi sogni si erano realizzati e poteva finalmente abbracciare i suoi genitori, ma c’era chi i propri cari non li avrebbe più potuti stringere, come Ally e Anter. Provò un dolore così intenso da toglierle il fiato, al pensiero di averli lasciati a osservare la sua felicità. Si voltò e guardò verso di loro, ma non li vide arrabbiati o delusi, erano semplicemente contenti che lei fosse felice.

«Anter, Ally.» sussurrò, ancora stretta tra le braccia dei suoi genitori, riluttante ad allontanarsi. «Layra, stai tranquilla.» Anter le sorrise e la rassicurò: «Hai aspettato questo momento fin troppo.» Lei non resistette oltre, lo raggiunse e gli buttò le braccia al collo, tentando di stringerlo il più possibile e al contempo di includere anche Ally nell’abbraccio. Anter sorrise e ricambiò l’abbraccio. Layra si voltò verso i genitori con un sorriso poi disse: «Loro sono Anter e Ally…» S’interruppe, intristendosi di nuovo. Come poteva dire a suo padre che il suo migliore amico era morto? «Syrel. I figli di Xenaviel e Mayriel.» Aramil chiuse gli occhi, poi si sforzò di sorridere e, tornando a guardare Anter e Ally, affermò: «Somigliate moltissimo ai vostri genitori. Mi dispiace tanto per loro.» «Lo sapevate già.» sussurrò Layra incredula. Hayril annuì, asciugando le lacrime per gli amici perduti e rivelò: «Amos veniva a infierire i primi tempi, ci raccontava dei suoi trionfi.» Layra sgranò gli occhi, nauseata. Era troppo crudele da concepire e sebbene Amos le avesse detto qualcosa del genere, lei non gli aveva creduto, aveva preferito non credergli. Aramil probabilmente intuì cosa stesse pensando, perché affermò con un sorriso: «Siamo stati ripagati nel vedere come l’avete sconfitto. È stato uno dei combattimenti migliori che abbia mai visto, soprattutto l’ultima parte.» Layra vide suo padre ammiccarle, poi lui le tese la mano. «Vogliamo andare? Qualcosa mi dice che avremo molto da ricostruire se vogliamo riportare un po’ di normalità.» La ragazza non poté non sorridere, scendendo mano nella mano con suo padre. Sarebbe venuto a tutti un infarto nel vedere i due sovrani ancora vivi. “Dobbiamo essere un quadretto davvero strano” pensò Layra, infatti lei e Anter

erano ancora feriti, i suoi genitori venivano dati per morti e Ally… beh, Ally era Ally e ora saltellava tra Anter e Hayril chiacchierando senza sosta. «Stai bene, Layra?» le chiese suo padre. «Come?» domandò lei, poi si guardò i vestiti insanguinati e sorrise. «Sì, non ho avuto tempo di dare un’occhiata alle ferite, ma sto bene. Anzi… credo di non essere mai stata meglio!» Si accorse subito che non era la verità, era stata molto meglio con Anter, ma non le sembrava proprio il caso di dirlo ad alta voce. «Non ti credo.» Suo padre le ammiccò, cogliendo lo sguardo di Layra che era corso ad Anter, e lei arrossì. «Ah, tuo nonno si starà rivoltando nella tomba!» Aramil scosse la testa, ridendo di gusto e anche Layra si scoprì a ridere. Suo padre la osservò ridere, come se stesse assistendo a uno spettacolo meraviglioso, poi le confidò: «Ci sei mancata, lo sai, vero? Eri così piccola. Tua madre ed io non avremmo mai voluto lasciarti, ma pensavamo fosse sufficiente a proteggerti.» Le strinse la mano. «Papà, cosa è successo dopo? Come è riuscito a…» Layra guardò verso l’altura, non riuscendo a dirlo ad alta voce. Aramil seguì lo sguardo della figlia, poi tornò a guardarla negli occhi. «Volevamo impedire la guerra. Sapevamo di non poter uccidere Amos per la maledizione che ti ha scagliato, ma speravamo di poterlo fermare.» Fece un sorriso amaro. «Lo affrontammo e provammo a pietrificarlo. Ci ritorse contro l’incantesimo con una facilità imbarazzante.» Esitò poi sorrise e la guardò con orgoglio. «Sei stata coraggiosa ad affrontarlo. Ero sicuro che avresti potuto farcela e su una cosa Amos aveva ragione: sono orgoglioso di te.» «Ma ci hai anche spaventati, Layra! Non prendere più in mano una spada, per favore!» intervenne Hayril, scoccando un’occhiataccia al marito che rise tra sé. «Cosa? No! Papà!» supplicò Layra, con un sorriso e con la strana certezza che l’avrebbe avuta vinta.

«Ha ragione, Hayril!» replicò Aramil, poi aggiunse dolcemente: «E poi, non è meglio che sappia difendersi?» Hayril guardò entrambi poi si finse addolorata e, portandosi una mano sul cuore, gemette: «Pietà! Layra, sei tutta tuo padre!» Risero e Layra riuscì a scambiare un’occhiata con Anter e si scusò: “Spero di non essere stata insensibile, prima.” “Scherzi? Hai avuto una reazione naturale! Sono i tuoi genitori e sono certo che devi esserti sentita come me ora, quando sono apparsi i miei.” replicò lui sgranando gli occhi, poi le sorrise. “Io e Ally siamo davvero felici per te, non devi temere di ferirci. Se tu sei felice, lo siamo anche noi.” Layra riuscì ad avvertire tutte le emozioni che Anter stava provando, fu investita dalla sua felicità per lei, da una punta di tristezza per ciò che avevano perso e non sarebbe mai più tornato, pura gioia per la loro nuova vita e amore, tanto, tantissimo amore. “Anter, ti amo.” I suoi pensieri fluirono fino a lui, dolcemente. “Lo so.” I suoi occhi scuri sorrisero e lui replicò: “Ti amo anch’io.” Layra sospirò felice. Ora tutto si sarebbe sistemato, doveva essere così. Inoltre adesso c’erano i suoi genitori e lei non avrebbe più dovuto prendere decisioni difficili. Avrebbe potuto essere solo la ragazzina che era e quel pensiero la divertì: aveva sempre voluto essere indipendente e adulta, tuttavia adesso voleva essere esattamente ciò che era. “Dev’essere questa la felicità: non desiderare nulla all’infuori di ciò che sia ha già.” pensò, guardando il cielo limpido come i suoi occhi.

Capitolo 23

Nell’accampamento degli Elfi della Luce regnavano il frenetico movimento di chi si apprestava a curare i feriti e il vociare incessante di tutte le persone che erano state separate e si erano ritrovate dopo troppo tempo, tuttavia calò il silenzio non appena comparvero alla vista Aramil e Hayril Elays. Tutti, persino i più giovani, li riconobbero per via dei diademi, rispettivamente dorato e rosso, sulle loro fronti. Layra per un istante esitò nel vedere tutti gli sguardi puntati su di loro e per un momento ebbe l’istintivo bisogno di coprirsi il diadema azzurro. Si trattenne, stringendo la mano del padre, sentendosi stranamente rassicurata dalla sua presenza e da quella di sua madre: non li conosceva eppure avvertiva un legame molto forte con loro che la distanza e il tempo non avevano distrutto. Aramil sorrise tristemente alla folla e, guardando ognuno di loro negli occhi, disse: «Mi spiace davvero tanto di non avervi potuto aiutare in questa dura battaglia. E spero sinceramente che mi vogliate ancora come re, perché un re senza il suo popolo non è nulla.» Sui volti dei più anziani comparvero sorrisi di gioia e complicità e da loro partì uno scrosciare di applausi che presto si propagò tra la folla, con urla di felicità e trionfo. Claire, che aveva guidato il gruppo di streghe che aveva aiutato nella lotta, lanciò un gridolino di gioia e corse da Hayril e le due si abbracciarono strettamente. «Amica mia.» sussurrò la regina. «Non speravo più di poterti rivedere.» «Ma dove eravate? Cosa è successo?» chiese Artis incredulo e spiazzato, quando li ebbe raggiunti. Aramil gli rivolse un cupo sorriso. «Hayril ed io abbiamo agito d’impulso e Amos ci ha sconfitti, molto tempo fa. Non penso ci sia bisogno di altre spiegazioni.» Layra fu contenta che non avesse menzionato Coline e Rowan, né le divinità all’interno dei loro corpi: voleva che avessero una vita normale, o almeno il più normale possibile.

Tutti iniziarono a mormorare, soprattutto i bambini, eccitati da tutti quei cambiamenti. «Non pensavo di vedere questo giorno.» sussurrò con le lacrime agli occhi un vecchietto che Layra aveva conosciuto nelle segrete e che, nonostante la prigionia, sembrava stare bene. Aramil gli tese una mano ed esclamò: «Maestro Kartis, non dire così, hai ancora tanto da vivere.» Nello sguardo dell’anziano brillò una luce particolare e lui, stringendo la mano di Aramil, disse: «In realtà, non pensavo di vedere il giorno in cui tu avresti ammesso di essere impulsivo!» Aramil rise e la poca tensione rimasta si sciolse. «Bene, gente. Ora, in questo esatto momento, non esiste il contadino e l’aristocratico, il re e il servo, siamo tutti uguali. Dobbiamo ricostruire la città. Al castello penseremo poi, per ora potremmo usarlo come ricovero. Gradirei la collaborazione di tutti, ovviamente i compiti verranno distribuiti in base alle rispettive capacità.» annunciò Aramil, cercando l’approvazione di Hayril che gli sorrise e gli prese la mano. Una donna provò a opporsi: «Ma, Sire, volete dire che lavorerete anche Voi?» «Assolutamente sì. Marisa, mi hai praticamente visto crescere, sai che non so rimanere fermo con le mani in mano.» La fantesca gli sorrise, annuendo con approvazione suo malgrado. Aramil spaziò con lo sguardo su tutti i presenti poi affermò: «Per iniziare bisogna spostare i feriti in un luogo pulito. Non oso immaginare in che stato sia il palazzo, ma immagino che riusciremo a sgombrare una stanza e a pulirla per i feriti: sono loro la nostra priorità! Poi andranno riaperte le cucine, bisognerà attrezzare una sala come mensa comune e un’altra come alloggio.» «Aramil, davvero vuoi adibire il castello a ricovero?» chiese Artis sottovoce, stupito e sdegnato. «Ovvio, è l’unico luogo abbastanza grande.» annuì lui risoluto, guardando Layra

che gli sorrise, orgogliosa della sua decisione. «Potremmo farlo noi.» si offrirono alcuni ragazzini avanzando tra la folla e dicendo: «Abbiamo dovuto lavorare lì, conosciamo il castello.» Aramil si chinò per guardarli negli occhi e ricordò loro: «Non dovrete fare nulla che non vogliate fare, intesi? Nessuno vi costringerà.» «Evviva!» esultarono poi i più grandi si corressero: «Cioè, sì… Sire.» Aramil ammiccò loro. «Lasciate stare i convenevoli, anni addietro ero come voi. Chiedete a chi volete: mi cacciavo sempre nei guai, non sapevo stare fermo.» «È vero, bambini, e sapete che cosa ha imparato a fare il nostro re all’età di nove anni? A sgattaiolare fuori dal castello sotto gli occhi di tutti!» lo rimproverò la sorridente fantesca. «È indubbiamente utile.» Aramil sorrise, poi disse: «Su, diamoci da fare! Chi non sarà impegnato al castello venga in città: ci sbarazzeremo dei detriti. Alcuni però rimangano a vegliare sui feriti.» Tutti si misero all’opera, correndo in diverse direzioni contemporaneamente e parlando a voce alta tra di loro. Erano sopravvissuti e dovevano manifestarlo. «Papà.» lo chiamò Layra, godendosi la parola e ripetendola mentalmente. «C’è qualcuno che devi conoscere.» «Andiamo.» acconsentì Aramil, tendendole la mano. «Ally ed io andremo al castello.» disse Hayril, una mano sulla spalla della piccola che le ricordava tanto Mayriel. «Io invece vado ad aiutare in città. A dopo!» Anter cercò lo sguardo di Layra e stavolta ciò che le trasmise non furono parole: fu un bacio, o almeno la sensazione che lei aveva durante un bacio. Layra gli sorrise con calore, poi però si concentrò su ciò che doveva fare e si diresse verso il gruppetto di Elfi Oscuri capitanati da Dylan. Lui si era accorto che andavano verso di loro e, facendo qualche o avanti, fece per inginocchiarsi.

«Non ce n’è bisogno.» lo fermò Aramil, quindi aggiunse: «Io non sono Amos.» Dylan sorrise impacciato. «Questo lo sapevamo, altrimenti il cambiamento sarebbe stato inutile.» Aramil annuì, guardando lui e i suoi compagni, tutti giovanissimi. «Ovviamente potete rimanere. Se Layra si fida di voi lo farò anch’io.» Dylan si rilassò. «Grazie, davvero, ma no. Non sappiamo come, ma dobbiamo tornare a casa e portare in salvo le nostre famiglie, prima che siano loro a pagare per la nostra ribellione. Non tutti gli Elfi Oscuri sono contenti di Amos, ma lui governa col pugno di ferro e i più preferiscono chinare il capo e obbedire.» «Voi no.» Aramil gli sorrise. «No, noi no.» concordò Dylan, poi aggiunse sottovoce, quasi non volesse farsi sentire da nessun altro all’infuori di loro: «In realtà, sono anni che si tenta di organizzare una rivolta, ma Amos ha sempre fatto eliminare chiunque fosse anche solo sospettato di atti illeciti e cercare alleati spesso significa firmare una condanna a morte.» «Come sai tutto questo?» gli domandò Layra e, quando lui la guardò negli occhi, lei vi lesse un dolore profondo. «Lo so, perché Amos ha fatto giustiziare mio padre.» «Era un ribelle?» gli chiese Aramil. «Non lo so, forse. O forse no. Non lo saprò mai con certezza, però voglio trovare i ribelli e provare a trattare un’alleanza. Devo andare anche per questo.» «Ci rivedremo?» chiese Layra dispiaciuta e preoccupata, non osava pensare a ciò che Amos sarebbe stato capace di fare, se avesse avuto modo di catturare uno dei disertori. «Torneremo, te lo prometto. D’altronde, tu ci hai offerto asilo, dove potremmo vivere altrimenti? Per un po’ vedremo com’è la situazione di là.» Dylan s’incupì e confidò: «Amos ha sempre avuto delle spie nel vostro regno, ora anche voi ne avrete nel suo!» «D’accordo, però non dimenticate che non siete spie, ma persone.» lo ammonì

Aramil, poi aggiunse: «Prima di partire procuratevi almeno delle provviste.» «Non dovremmo, davvero, non lo meritiamo.» mormorarono alcuni Elfi Oscuri, ragazzini spauriti tra i quattordici e i diciassette anni, a occhio e croce. «Tranquilli, siete i benvenuti. Siete tutti molto giovani. Troppo, per darvi troppe colpe. Avrete sicuramente commesso degli errori, ma si può sempre cambiare.» li rassicurò Aramil, consapevole che Amos avesse abbassato l’età per l’obbligo di leva, in modo da poter plagiare meglio i giovani Elfi Oscuri e trasformarli in assassini. Evidentemente con quei ragazzi aveva fallito. Dylan accennò un sorriso e replicò sincero: «È stato un piacere.» Aramil gli tese la mano e il giovane Elfo Oscuro la prese, sgranando gli occhi per la sorpresa. Layra gli sorrise e lo abbracciò. «Grazie di tutto, Dylan.» «No, grazie a te.» Lui la strinse e le sussurrò: «Non lo dimenticherò mai. Da me avrai sempre tutto l’aiuto necessario.» La separazione non fu dolorosa, sapevano che si sarebbero rivisti. Quando Aramil e Layra furono da soli sulla strada per la città, lui le disse: «Sai, ti ammiro. Non è da tutti non avere pregiudizi, dopo quello che devi aver ato.» Layra fece spallucce. «All’inizio forse ne avevo, ma poi ho conosciuto Dylan e… Non so, mi ha fatto cambiare idea.» «Sono contento che ti abbia aiutato e sono contento che tu ti sia opposta ad Amos. Non deve essere stato facile.» «Se non ci fossero stati Anter e Ally sarei stata perduta. Penso che mi sarei arresa.» ammise Layra. «E io, se non fosse stato per Xenaviel, sarei morto molto prima di conoscere tua madre.» confidò Aramil, poi aggiunse: «Xenaviel ha sempre avuto la stoffa dell’eroe e, a quanto pare, Anter e Ally fortunatamente l’hanno ereditata.»

«Sì, non c’è dubbio.» «Ciò non toglie che la tua forza e il tuo coraggio siano solo tuoi. È solo merito tuo se sei una persona splendida e di nessun altro.» Layra arrossì e sentì un sorriso larghissimo nascerle sul viso. Per un secondo non ci furono il campo di battaglia, né la città distrutta o il castello devastato, ma solo un padre e una figlia mano nella mano. Poi però Aramil chiese con aria cupa: «Come mai Anter non sapeva nulla della maledizione?» Layra per un secondo desiderò non rispondere per non distruggere quel momento, ma sapeva che comunque avrebbe dovuto farlo prima o poi. «Non lo sapeva nessuno, a parte me e Ally, e noi lo sappiamo solo perché è stato Amos a dircelo.» Aramil si fermò e Layra lo guardò perplessa, vedendo i suoi occhi spalancati e increduli. «Cosa c’è, papà?» «Artis, lui lo sapeva. Glielo dissi proprio perché volevo proteggerti! Doveva farlo sapere a tutti! Lui avrebbe dovuto proteggerti!» Layra riusciva a comprendere benissimo la sua rabbia eppure improvvisamente capì anche le motivazioni del capitano. «Non lo ha detto a nessuno perché sapeva che altrimenti molti avrebbero esitato, consapevoli che uccidere Amos avrebbe ucciso me. Dal suo punto di vista, sacrificarmi sarebbe stato strategicamente accettabile. A modo suo, voleva salvare tutti.» «Non è una scusa! Potevi morire, Layra. Artis non aveva alcun diritto di rischiare la tua vita.» Layra esitò poi però prese le mani del padre e cercò il suo sguardo. «Non penso che gli fe piacere, anzi credo che si sentisse in colpa. Ha tentato di allontanarmi. Inizio a pensare che forse l’abbia fatto perché non sopportasse l’idea di sacrificarmi. Era disperato, papà.»

Aramil non replicò nulla. Si limitò a guardare la coraggiosa ragazza dinanzi a sé e sulle prime la rabbia non svanì. Come poteva Artis aver rischiato tanto? Poi la dolcezza, mista alla determinazione negli occhi verdazzurri della figlia lo sciolsero. Possibile che l’amore per sua figlia lo rendesse cieco e che Artis invece avesse usato maggiore freddezza per il bene comune? «Conosco Artis da moltissimo tempo. Mi fido di lui… ma fino a un certo punto e, se si tratta di te, non mi fido affatto. Per me tu verrai sempre al primo posto. Non dovrei dirlo, ma è così. Per quanto mi riguarda potrei anche abdicare.» Layra colse l’opportunità per alleggerire la tensione e fece una smorfia. «Per carità! Tienitela la corona e a lungo: io ne ho avuto abbastanza per il momento!» «Ah… ecco qualcosa che hai ereditato da me!» Aramil rise, cingendole le spalle con un braccio. La ragazza si lasciò abbracciare, ma per quanto tentasse di bloccare i brutti pensieri non riuscì a scacciarli del tutto e fu così che si ritrovò a chiedere: «Papà, perché Amos non mi ha ucciso?» Aramil sussultò e guardò la figlia con la paura negli occhi e lei gli sfiorò la mano per rassicurarlo. «Intendo, per quale motivo mi voleva viva? Se mi avesse ucciso avrebbe potuto governare indisturbato, no?» Aramil dovette reprimere la paura che per gli ultimi quindici anni aveva torturato lui e Hayril mentre erano bloccati nella roccia, l’angoscia di scoprire che la loro bambina era stata uccisa, di essere obbligati a vederla morire. Quando Amos l’aveva trascinata sull’altura, Aramil aveva creduto che i loro incubi si sarebbero realizzati, che lui l’avrebbe uccisa lì davanti a loro. «Papà?» lo chiamò lei e lui si beò di sentire quella parola dalle labbra della sua bambina. «Devi capire, Layra, che tutto ciò che Amos fa, ha sempre un motivo. È calcolatore e quando serve sa essere paziente. Penso ti volesse viva per sfruttare il tuo potere e la tua posizione.» «Non capisco.»

Aramil le sorrise tristemente, poi si chinò a baciarle la fronte e le disse: «I nostri diademi non sono solo simboli, sono anche potere. Tu ed io li abbiamo ereditati, mentre quello di tua madre si è formato dopo, quando è stata incoronata regina, da allora ha avuto accesso a un potere nuovo, il potere del nostro regno.» Layra raggelò e sbiancò. Allora anche Amos aveva acquisito un qualche potere dalla loro unione, per quanto lei non la volesse? «Probabilmente Amos sperava che tu potessi conferirgli più potere, ma tu hai tenuto duro. Non basta un rito d’unione, Layra, il regno non può essere ingannato così facilmente.» Le sorrise. «Gli hai tenuto testa e hai mandato a monte piani lunghi quindici anni.» La ragazza cercò di sorridere, ma era ancora preoccupata. Iniziava a credere che la resa di Amos non fosse in realtà una resa e temeva che lui sarebbe tornato all’attacco non appena loro avessero abbassato la guardia. Stava per dare voce ai suoi timori quando suo padre inspirò bruscamente e il sorriso gli sparì dal volto alla vista della città. «È orribile come l’abbiano ridotta.» «Meglio che tu stia lontano dal palazzo, allora. È lì che teneva i prigionieri.» mormorò Layra, guardando la devastazione che prima doveva aver avuto la forma di una città. «Oh, Layra.» Le strinse la mano, promettendole: «Non soffrirai più, lo impedirò.» La ragazza non gli disse di non promettere ciò che non poteva mantenere e cambiò discorso: «Forza, iniziamo, c’è tanto da fare.» Suo padre le rivolse un mesto sorriso, poi si divisero quando Layra individuò Anter. Il ragazzo stava spostando delle macerie e le stava caricando su un carro che, una volta pieno, si spostò da solo, diretto verso un gruppo di persone che, tramite l’imposizione delle mani, polverizzò i detriti, dopodiché il carro ripartì. Nel frattempo, un carretto vuoto si era fermato accanto ad Anter che riprese a caricare massi. Layra si fermò a osservarlo, mentre il cuore le si stringeva. Era stanco e ferito, si era tolto la maglietta e lei vedeva i segni che gli marchiavano

la pelle altrimenti perfetta, eppure aveva una determinazione senza pari. Si riscosse e si sbrigò a raggiungerlo per aiutarlo, così si chinò e, afferrando un blocco di pietra, gli sorrise. «Ciao!» Lui la guardò spaesato, come se non si aspettasse di vederla lì, poi quando lei sollevò la pietra pesante, con un smorfia in volto, e la depose sul carro, le chiese: «Layra, cosa stai facendo?» «Ti aiuto, no?» Lui fece una faccia buffa, come se stesse trattenendo un sorriso, e Layra si arrossò in volto e lo minacciò: «Non ti azzardare a dire quello che stai pensando!» Sbuffò e afferrò altri detriti, ignorando il dolore alle braccia. Anter sorrise e la prese in giro: «Come sai cosa stavo pensando?» Lei gli riservò un’occhiataccia e lui rise, allora lei si alzò di scatto con le braccia cariche e barcollò perdendo l’equilibrio. Anter la raggiunse subito e le circondò la vita con le braccia, evitandole una brutta caduta, poi la privò di parte del carico e, scuotendo la testa, confessò: «D’accordo, stavo proprio pensando che questo non è posto per te, più che altro perché devi ancora recuperare le forze. Ti sei fatta già medicare le ferite?» «E tu, allora?» replicò lei, imbronciandosi. Anter si voltò a guardarla e si sciolse in un sorriso che divenne una risata. «Sei talmente testarda… Ti adoro!» Layra sgranò gli occhi, sorpresa. Le avevano detto spesso quanto fosse testarda, ma non le era mai sembrato un complimento, così restò imbambolata per qualche secondo quando Anter le tese alcuni blocchi di pietre da caricare sul carro lì accanto. Continuarono a lavorare insieme, fermandosi solo quando portarono loro da mangiare e quando furono raggiunti da un guaritore che si piantonò lì e non se ne andò finché loro non si fecero medicare le ferite, poi, non ascoltando i consigli del guaritore che aveva raccomandato loro di riposare, ripresero a spostare massi e andarono avanti fino al tramonto.

Il cielo si era tinto di colori pastello, quando all’avanzare di un carro già carico si sentirono diverse persone piangere. Layra e Anter si scambiarono uno sguardo, poi entrambi raggiunsero la piccola folla che scortava il carro incantato, il cui contenuto era coperto da delle lenzuola grigiastre, eppure loro capirono subito cosa trasportasse. Erano i caduti, coloro che non erano sopravvissuti alla guerra. Su quel carro doveva esserci anche il corpo di Sean. Layra si coprì la bocca con una mano per non piangere e Anter la attirò a sé, poi raggiunsero quella che un tempo doveva essere stata la piazza principale. I genitori di Layra erano già lì e accanto a loro si trovava Artis, che stava discutendo con loro su chissà quale argomento, però indicava spesso il centro della piazza e il carro. Layra avrebbe voluto sentire cosa stessero dicendo, ma Anter la portò distante da loro per raggiungere Diane, che piangeva con lo sguardo fisso sul carro, e Ally che le teneva la mano, cercando di non versare nemmeno una lacrima. «Li bruceranno.» mormorò Diane. «Sono morti.» replicò Anter, scuotendo la testa, poi aggiunse: «Non possiamo pensare a seppellirli adesso. Mi dispiace, Diane.» Lei singhiozzò più forte, ma annuì, altre persone invece protestavano e piangevano e si aggrappavano al carro per fermarlo. «Cosa succede?» domandò Layra sottovoce. Anter si voltò a guardarla e le sorrise dolcemente, poi chinandosi verso di lei mormorò: «Per tradizione tendiamo a seppellire i nostri morti, affinché tornino alla terra e continuino a “vivere”. Per quanto mi riguarda è indifferente, seppellirli o bruciarli è la stessa cosa.» «Come lo sai? E se bruciandoli fimo loro del male?» domandò Diane con rabbia, folle di dolore. «Sono morti, non possono sentire nulla.» Anter fece spallucce. «Lo sa, perché i nostri genitori sono stati lasciati bruciare.» replicò Ally, poi

sporgendosi verso il fratello bisbigliò: «A volte sembri un po’ cinico, anche se dici solo la verità. Prova a comprenderla, Diane ha appena perso suo fratello.» Anter strinse le labbra e non disse più nulla, così Layra azzardò: «Scusate, ma bruciandoli vengono affidati al fuoco, è anch’esso un elemento naturale, no?» Diane la guardò con incredulità crescente, poi, sebbene piangesse ancora, nei suoi occhi apparve una scintilla di determinazione e mormorò: «Scusatemi.» La ragazza si allontanò e, raggiungendo coloro che protestavano, iniziò a parlargli e dopo poco il carro fu libero di procedere. «Sei stata brava.» ammise Anter, rivolgendosi a Layra, poi le chiese: «Sono stato troppo duro?» «Sei come sei e va benissimo così.» replicò lei, carezzandogli il viso. Ally, convinta di non essere vista, iniziò a piangere, non solo per Sean e le persone sul carro, ma anche per i suoi genitori e per Anter. Soprattutto per lui, che aveva ceduto la sua innocenza per permetterle di avere un’infanzia serena e più o meno normale. Quando il carro raggiunse il centro della piazza le persone vi si avvicinarono, lasciandovi cadere su fiori e fili d’erba, fin quando non fu pieno. Ci fu un momento di stasi, in cui l’aria si caricò di un lamento collettivo, muto eppure impossibile da ignorare, poi il carro prese fuoco e le fiamme iniziarono a fare il loro dovere. Diane, che li aveva raggiunti di nuovo, fu scossa da singhiozzi talmente violenti che Layra la abbracciò nel timore che crollasse in terra, mentre Anter prendeva in braccio la sorellina, sussurrando sottovoce quella che sembrava una ninna nanna. Layra lo guardò, sorpresa dalla dolcezza nella sua voce e dalle lacrime nei suoi occhi e più ascoltava, più le veniva da piangere. Non era una canzone triste, tutt’altro, parlava di speranza, di ritorni e di promesse di ricongiungimenti, e proprio per questo era straziante, ma Ally sembrò calmarsi e sulla spalla del fratello continuò a piangere in silenzio. ***

I giorni successivi procedettero tutti uguali tra loro. Tutti quanti, divisi in gruppi, si diedero il cambio per smaltire i detriti, per creare nuovi mattoni bianchi che avrebbero composto le nuove case, per assistere i feriti e per lavorare nelle cucine del castello, ormai adibito a ricovero per chiunque ne avesse bisogno. I portoni non venivano mai chiusi. Ci sarebbe voluto del tempo prima che la vita ritornasse a essere normale, questo lo sapevano tutti, ma era comunque un sollievo poter tornare a vivere. Dopo le prime settimane si era creato un certo equilibrio, destinato però a durare poco; infatti una mattina, durante la frugale colazione che Anter, Ally, Layra e i suoi genitori stavano facendo in una saletta appartata, la temperatura della stanza si abbassò di qualche grado e due figure apparvero dal nulla. «Ci siamo persi la rimpatriata?» chiese Xenaviel, tentando di sembrare allegro. Ally gridò col suo solito entusiasmo: «Papà, mamma!» «Xenaviel.» sussurrò Aramil, fissando il suo amico come se sapesse che qualcosa non andava. «È bello rivedervi.» mormorò Hayril con voce rotta. «Oh, Hayril, tesoro, non piangere! Forza, niente lacrime.» la incoraggiò Mayriel, poi ò lo sguardo sui propri figli e sorrise. «Sono felice che stiate bene.» Layra non ascoltò di più, perché aveva notato quanto suo padre stesse fissando intensamente Xenaviel, che ricambiava lo sguardo con pari concentrazione. Si domandò se anche lei e Anter apparissero così presi l’uno dall’altra quando parlavano telepaticamente. Stava per chiedere cosa stesse succedendo quando sentì Mayriel dire: «… adesso dobbiamo salutarci per molto tempo, temo.» «Cosa vuol dire?» chiese Anter, che aveva subodorato che ci fossero cattive notizie. Xenaviel aveva interrotto da qualche secondo il contatto telepatico con Aramil e rispose con ostinato ottimismo: «Significa che possiamo andare a “riposare in pace”, per così dire. Ma saremo sempre con voi, lo sapete.»

«Cosa? Perché?» domandò Ally, ora quasi in lacrime, iniziando a comprendere la situazione. Mayriel adesso stava piangendo lacrime evanescenti e replicò: «È così e basta, tesoro.» «Non ci vedremo più.» sussurrò cupamente Anter. C’era qualcosa che non andava. Xenaviel e Mayriel sembravano tutto tranne che in pace, sembravano due condannati. Avrebbero potuto essere pronti per traare, ormai la guerra era finita e Anter e Ally erano al sicuro, ma nessuno dei due sembrava pronto, Layra lo leggeva nei loro occhi e nelle loro lacrime, allora smise di nuovo di prestare attenzione alla conversazione e diede un lieve calcio sotto al tavolo a suo padre, che appariva tremendamente corrucciato e un po’ pallido. Lui la guardò e Layra scoccò uno sguardo verso Xenaviel, poi muovendo solo le labbra chiese: «Cosa succede?» Aramil sospirò, poi alzandosi le disse sottovoce: «Vieni con me.» Layra seguì suo padre fuori dalla sala e aspettò, inquieta. «Te ne sei accorta, vero?» «Della vostra conversazione silenziosa? Sì.» Aramil sospirò e sembrò trattenere le lacrime poi ammise: «Non sono loro a volersene andare, sono obbligati, se restassero sparirebbe tutto di loro.» Alzò lo sguardo sulla figlia come a valutare se avrebbe potuto reggere anche il seguito, poi concluse: «È opera di un maleficio compiuto da Amos.» «Cosa?» Layra avrebbe voluto gridare, ma si trattenne. «Ha trovato il modo per vendicarsi di Anter e Ally e per ferire me. Vuole mandare un messaggio a noi tutti.» spiegò Aramil con sguardo assente. «Per me Xenaviel è sempre stato come un fratello. Io… non sono pronto a dirgli addio.» Layra lo abbracciò e sentì le lacrime arrivarle agli occhi. Non voleva pensare a come dovessero sentirsi Ally e Anter nel perderli di nuovo.

«Non possiamo fare nulla? Si tratta di un incantesimo, basterà una magia contraria, no? Non possiamo non fare niente!» si ribellò lei, scuotendo la testa. «È magia oscura. Avere il controllo sui defunti, sui fantasmi, è qualcosa che va al di là della magia come la conosciamo noi.» Suo padre la guardò negli occhi e le assicurò: «Se si potesse fare qualcosa tenterei, credimi.» Layra soffocò un singhiozzo sulla sua spalla e Aramil la strinse forte poi aggiunse: «Anter e Ally non dovranno saperlo, mi raccomando. Amos vuole che soffrano ed è nostro dovere evitarlo. Hanno sofferto sin troppo.» Lei annuì, tremando di rabbia e dolore, consapevole che se Anter l’avesse scoperto avrebbe potuto fare anche una follia. Era come se stessero uccidendo i suoi genitori una seconda volta. Quando tornarono dentro, Xenaviel e Mayriel li attendevano per salutarli poi svanirono per sempre. Ally piangeva disperata in braccio ad Hayril, la quale fissava il marito, probabilmente anche lei accortasi degli sguardi corsi tra lui e Xenaviel. Layra invece raggiunse Anter, abbracciandolo teneramente. Lo sentì tremare per lo sforzo di trattenere le lacrime, poi però si arrese e le lasciò uscire, aggrappandosi a lei e nascondendo il viso tra i suoi capelli. Quando Anter riuscì a fermare il flusso delle lacrime e a controllare la voce, chiese con aria desolata: «Cosa ne sarà adesso di noi?» «Ovviamente rimarrete con noi, ma questo era chiaro, Anter. Non vi abbandoneremmo mai, non potremmo.» gli rispose Aramil e quando i loro sguardi si incontrarono riconobbero ognuno la pena che provava l’altro. Ally smise piano di singhiozzare e tentò di assumere un tono rassicurante: «Loro continueranno a volerci bene e, in fondo, noi già vivevamo senza di loro. Quindi è come se fossero ancora qui ma non potessimo vederli.» «Esatto, Ally. È così.» Hayril annuì baciandole la fronte. Anter sospirò sulla spalla di Layra e la strinse a sé. «Layra.» bisbigliò poi continuò a sussurrare il suo nome, sfiorandole il collo con le labbra.

Anche Layra si ritrovò a piangere e in silenzio maledisse Amos per tutto quel dolore, ripromettendosi che avrebbe fatto di tutto per proteggere le persone che amava da lui. *** Nei giorni seguenti il dolore di Anter e Ally, sebbene entrambi cercassero di dissimularlo, fece maturare in Layra la convinzione di non poter aspettare con le mani in mano il prossimo attacco, doveva fare qualcosa per privare Amos del vantaggio che aveva su di loro e aveva già qualche idea al riguardo, ma aveva bisogno di parlarne con qualcuno che conoscesse il suo ato. Sua madre, nonostante fosse estremamente acuta, era anche ipersensibile quando si trattava della sicurezza della figlia e Layra non si azzardò a turbarla, così decise di trovare il modo di discuterne con suo padre, cosa al quanto difficile, perché c’erano tantissime persone che volevano parlare con lui, che non permise mai al dolore di impedirgli di aiutare gli altri, e il resto del tempo lo ava insieme a tutti loro. Alla prima occasione in cui lo incontrò da solo, nei corridoi del castello, Layra gli chiese a bruciapelo: «Amos non smetterà mai di farci del male, lo sai vero?» Aramil la guardò teneramente e le strinse forte una mano dicendo: «Certo che lo so, ma non possiamo fare nulla, per adesso.» La guardò intensamente negli occhi e aggiunse: «Non dimenticare che ha un potentissimo asso nella manica: la tua vita.» «Ecco, volevo parlarti anche di questo. In pratica mi ha maledetta, no? Allora, non è possibile spezzare la maledizione?» domandò Layra, determinata a proseguire nei suoi propositi. «Una possibilità ci sarebbe… Ma le maledizioni sono difficili da spezzare. Ogni maledizione è legata a un oggetto, solitamente una pietra o un cristallo, e questo oggetto va spezzato. Questo è l’unico modo che conosco.» spiegò Aramil, osservando la figlia con apprensione, poi le prese le mani e le domandò: «Perché me lo chiedi, Layra?» «Amos lo terrà sempre con sé? Oppure l’avrà lasciato nel suo castello? E cosa può essere?» chiese Layra, senza quasi accorgersene, ragionando ad alta voce.

«Layra, per favore, non cacciarti nei guai! Spezzerei la maledizione io stesso se sapessi come fare, ma tu, piccola mia, non avvicinarti mai al suo regno. Se ti trovassi oltre i confini saresti alla sua mercé e non potremmo fare nulla se non scatenare una guerra. Sarebbe sconfinamento.» le spiegò suo padre angosciato, poi aggiunse: «So che sei arrabbiata, ma credimi sarebbe un sacrificio inutile! Anter e Ally hanno bisogno di te, non sopporterebbero di perderti. Io e tua madre non lo sopporteremmo. Layra, fuggire dal suo castello è… praticamente impossibile.» «Aspetta, non ho detto che intendo sconfinare nel suo regno!» lo interruppe Layra, allontanandosi da lui per prendere una boccata d’aria alla finestra, poi voltandosi a guardarlo lo rassicurò: «Non lo farò, lo giuro. Non ho intenzione di rivedere Amos tanto presto, ho solo bisogno di sapere, così la prossima volta sarò pronta.» «Non ci sarà una prossima volta!» si oppose Aramil e Layra gli sorrise come si sorriderebbe a un bambino, perché lei sapeva che presto o tardi qualcosa sarebbe successo, tuttavia aggiunse: «Papà, ti prometto che farò tutto ciò che è in mio potere per restare al sicuro e tenere al sicuro anche Anter e Ally. È così sbagliato premunirsi?» Suo padre chiuse gli occhi e sospirò. «No, non è sbagliato, ma ti prego, ti prego, non dare più per scontato che dovrai combattere da sola o che non ci sarà nessuno ad aiutarti. Ci sono io e c’è tua madre. Ci avrai odiati per averti lasciata e lo capisco, ma…» «No!» La maschera di durezza con cui Layra si era rivestita cadde e lei corse ad abbracciare suo padre, scuotendo la testa. «Cosa stai dicendo? Non vi ho mai odiati, mai! Nemmeno nei momenti più neri! So di poter contare su di voi, ma devo poter contare anche su me stessa e adesso sto chiedendo il tuo aiuto proprio per questo motivo.» Aramil le carezzò il volto e si arrese. «Farò fare delle ricerche se vuoi, ma nulla di più. Non voglio che tu sia in pericolo, né che tu ti ci metta. So di non aver diritto di parlarti così, non sei di certo una bambina.» «Grazie, va bene così. Giuro di non fare nulla di avventato.» Era la verità, Layra aveva capito perfettamente che non sarebbero mai stati lasciati in pace, almeno finché Amos fosse vissuto, e non aveva nessuna

intenzione di farsi catturare, non prima di aver trovato un modo per distruggere la maledizione. Solo dopo avrebbe potuto proteggere quelli che amava e lo avrebbe fatto. Aramil le sorrise rassicurato, ignaro dei veri pensieri della ragazza. «Sai, l’ultimo ricordo che ho di te è che eri un adorabile fagottino. Ora, invece, hai quasi quindici anni. Ho perso così tanto della tua vita...» Layra gli diede un bacio sulla guancia per dirgli che era tutto a posto, che non era colpa sua, ma prima che potesse dar voce ai suoi sentimenti, un ragazzo allampanato, spossato per aver corso, li interruppe: «Sire, dovete venire a vedere! Subito!» Poi vedendo Layra aggiunse: «Forse però sarebbe meglio se lei non venisse.» Ovviamente, non poteva dire nulla di più sbagliato se voleva tenere Layra lontana. Lei e suo padre si avviarono di corsa verso il punto della città in cui si era radunata una folla, che tentava inutilmente di allontanare i bambini. La prima cosa che i sensi di Layra registrarono fu un odore tremendo, dolciastro e al contempo acre, nauseabondo. Avvicinandosi iniziò a cogliere delle immagine e alla fine li vide: corpi, tutti ammassati in una fossa comune appena scoperta, molti irriconoscibili, intrecciati gli uni agli altri. Subito dopo udì alcune persone gridare nel riconoscere i propri cari o forse solo per aver visto tanti morti tutti insieme. Layra sentì suo padre voltarla e abbracciarla stretta, per strapparla a quella vista. «Ora ci penso io, d’accordo? Layra, ce la fai a rimanere in piedi? Vuoi che qualcuno ti porti via di qui?» le chiese turbato. La ragazza scosse la testa e si obbligò a guardare. Aramil esitò prima di lasciarla, poi avanzò verso la fossa e, abbracciando i presenti con lo sguardo, affermò: «Per loro non possiamo fare altro che continuare a vivere.» Protese una mano verso i corpi e continuò con dolcezza. «Fratelli e sorelle che siete stati brutalmente strappati alla vita, voi, che avete subito, non cercate vendetta, ma innalzatevi e trovate la pace. Non tormentatevi coi vostri trascorsi terreni, perché ovunque andrete adesso inizierete una nuova

vita. Tornino alla terra i vostri corpi, voi volate liberi.» Partì un raggio di luce dal palmo di Aramil, poi la luce si fece tanto intensa che tutti si dovettero riparare gli occhi. Quando Layra riuscì di nuovo a vedere, i corpi erano ancora lì. Improvvisamente s’innalzarono rapidissimi fasci bianchi che lei riuscì vagamente a identificare in persone. Volavano e ridevano serene, quasi gioiose. I corpi vennero assorbiti dalla terra sparendo alla vista, poi gli spiriti iniziarono a sfrecciare per la piazza e la città e dal palazzo ai campi. Quasi nessuno riuscì a tenere gli occhi aperti ma, quando il trambusto finì e i fasci di luce scomparvero, tutti rimasero strabiliati da ciò che si presentava dinanzi a loro. La città non appariva più come un grottesco assortimento di case sfregiate e smembrate. Le case erano tornate al loro antico splendore, con pareti bianche, color panna, rosa e azzurri tenui e i tetti spioventi erano di colore rosso, blu e arancio. Lungo la strada crescevano meravigliose aiuole fiorite. La piazza era piastrellata con mattonelle quadrettate, di un accecante bianco avorio, delimitata da alberi, e al suo centro sorgeva una fontana in marmo argenteo, da cui sgorgava acqua pura e limpida. Molti gridavano al miracolo, piangevano, ridevano, si abbracciavano, ma Layra era troppo presa a guardare il castello. Era sempre lo stesso, eppure ora il bianco delle lunghe torri era più lucente e le guglie erano di un azzurro che faceva a lotta col cielo su chi splendeva di più. La strada che portava al palazzo era circondata dal verde e ora era percorsa da quasi tutti coloro che erano rimasti al castello «È tornato tutto come prima! Come avete fatto?» gridò qualcuno e qualcun altro aggiunse: «Deve essere per forza una potente magia.» Aramil sorrise stancamente e scosse la testa. «Non è solo magia e non è opera mia. È l’amore. Quella dei nostri cari, che prima di trovare la pace hanno voluto darne un po’ anche a noi.» Tutti gridavano di gioia, increduli ed estasiati, avrebbero riavuto le loro case e un frammento delle loro vite.

L’unica novità in città sarebbe stata un edificio, ancora in costruzione, che avrebbe ospitato i bambini senza famiglia, come Coline e Rowan. Layra provò un’incontenibile felicità nel vedere tutti contenti, ma soprattutto nel vedere tornato il sorriso sui visi di Anter e Ally, che la raggiunsero con gli occhi pieni di meraviglia. Il dolore c’era ancora, ma era più tenue, come addolcito da quel soffio di vita regalato. Quando tutti i riuniti nella piazza iniziarono a calmarsi e a riprendersi dai prodigiosi effetti di quella particolare magia, che aveva ridato vita alle loro case e alla loro città, nessuno credeva che sarebbe potuto avvenire qualcosa di ancora più sconvolgente. Poi alcuni Elfi, giunti di corsa, iniziarono a gridare: «I campi! Dovreste vedere i campi! Sono tutti in piena maturazione! Qualcuno venga ad aiutare nella raccolta! Siamo salvi!» Sembrò che tutti fossero attraversati da una collettiva scarica elettrica e molti si diressero verso i campi, mentre altri si armavano per andare a cacciare nei boschi o pescare nei ruscelli. C’era una strana euforia nell’aria e tutti sembravano avere voglia di agire e di dare una mano in qualche modo. Fu quando la calca si disperse che Diane si avvicinò a Layra e ad Anter e li salutò: «Ciao. Come state?» I due si scambiarono uno sguardo poi Anter rispose prudentemente: «Bene. E tu?» Lei sorrise. «La vita continua, no?» «Certo, Diane!» esclamò Ally abbracciandola, cercando di farle forza. I genitori di Layra si avvicinarono in quel momento e Diane parve in parte intimorita e in parte incuriosita. «Tu devi essere Diane.» intuì Hayril, rivolgendole un sorriso gentile. «Ci hanno parlato di te.» «Davvero, eh?» Diane arrossì, poi sorrise e disse: «Vorrei chiedervi se ci fosse posto per lavorare a palazzo. Non saprei cos’altro fare.» Sorrise imbarazzata. Era

brava con arco e frecce, ma non voleva fare quella vita. Non voleva arruolarsi, non voleva combattere, ma per tutta la sua vita aveva conosciuto solo la guerra. Per cominciare si sarebbe accontentata di qualunque altra cosa. Layra sgranò gli occhi. Qualcuno che lavorasse per loro? Le risultava non solo sgradevole e inconcepibile ma anche alquanto inutile. «Mi spiace, ma devo rifiutare.» le rispose Aramil sorridendo. «Vedi, ciò che scontenterà molto Artis e tutti i suoi pari, abituati ad essere serviti e riveriti, è che non vogliamo servitori.» Poi le ammiccò. «Inoltre, da ciò che mi hanno detto, non sembri il tipo che vorrebbe stare chiusa nelle cucine tutto il giorno. Sembri piena di energie e penso di sapere cosa potrei proporti. Cosa ne diresti di lavorare al centro dove vivranno i bambini senza famiglia? Staranno meglio con qualcuno che più si avvicina alla loro età e ovviamente il tutto verrà finanziato con le nostre donazioni.» Diane aveva spalancato dapprincipio gli occhi, poi anche le labbra. «Sul serio?» Scosse lievemente la testa per riprendersi, poi si aprì in un largo sorriso. «Sarebbe fantastico!» Appena Diane si fu allontanata, Marisa la fantesca li raggiunse corrucciata. «Aspetta un po’, Aramil, mi stai licenziando?» «Non oserei mai!» Rise lui. «Se vuoi venire a palazzo sai che c’è spazio, ma solo se vuoi.» Lei sorrise e gli puntò un dito contro. «Non ti libererai così di me, Aramil Elays, nossignore.» «Aramil, non puoi non avere servitori! È contro ogni regola e protocollo!» si oppose Artis sconvolto, svelando che in realtà stava origliando. Layra socchiuse gli occhi, pronta a dirgliene quattro, ma suo padre fu più rapido. «Sinceramente non m’interessano le regole e il protocollo. Sono regole stupide. Inoltre, se avessi voluto i tuoi consigli, ti avrei nominato consigliere, non generale e capitano delle guardie! Cerca di tenerti stretto il ruolo che hai, piuttosto.» «Aramil!» gemette il capitano. «Dovresti avere un consigliere…»

«Ne ho tre, non te l’ho detto? Mia figlia, Anter e Ally, sono tremendamente assennati e adatti per questo ruolo. Inoltre c’è la mia splendida moglie.» lo schernì Aramil per poi sorridergli e, al contempo, ammonirlo in tono leggero: «Artis, non portare rancore, ti avveleneresti l’anima e basta. La vita è troppo breve e preziosa per sprecarla arrabbiandosi. Per sprecarla in ogni senso.» Gli scoccò un’occhiata particolare e il capitano prima s’irrigidì, poi fece una smorfia, e infine sospirò, capendo che al rimprovero non sarebbero seguite ulteriori conseguenze, così cedette, sollevando le mani in alto. «Faremo come vuoi, ma ti avverto… Tuo padre si starà rivoltando nella tomba.» «Per quel che ne so si è rivoltato così tante volte che potrebbe anche esserne uscito!» ironizzò Aramil.

Capitolo 24

Nonostante l’aiuto dei fantasmi e l’intenso lavoro di tutti ci volle un mese intero per far ripartire il regno. Fortunatamente loro non erano gli unici superstiti e dalle terre a sud e dalle isole note come i Reami, patria di svariate creature incantate, risalirono altri Elfi della Luce, riavviando il commercio coi popoli al di là dell’oceano che li avevano ospitati. La vita a palazzo scorreva tranquilla, ora che, tirato a lucido e ristrutturato, appariva totalmente diverso dal luogo in cui Layra, Anter e Ally erano stati tenuti prigionieri. Ognuno di loro aveva una stanza, tranne i sovrani che ne avevano una comune che contava diversi vani, poi c’era la sala della musica, i salottini, una sala per i ricevimenti, una biblioteca e una sala per lo studio. Lì, con gran disappunto soprattutto di Ally, in autunno, avrebbero iniziato le lezioni con il maestro Kartis che, a suo dire, finché avesse avuto fiato in gola avrebbe trasmesso il suo sapere. Non era stato possibile capire che età avesse veramente, anche se secondo le diverse ipotesi dovesse averne almeno cento o giù di lì. Ma l’autunno era lontano e l’estate era appena iniziata e proprio quel giorno, durante il solstizio d’estate, Layra aveva compiuto quindici anni. La festa era stata fatta in famiglia e la ragazza ne era stata felice, si sentiva in imbarazzo ad essere trattata da principessa dalle altre persone, le sembrava tutto troppo formale, almeno Ally, Anter e i suoi genitori erano spontanei. Non fece caso al fatto di non aver ricevuto regali di compleanno, non ne aveva mai avuti, e non si sorprese che non si fosse fatta una festa vera e propria. Almeno, fino alla sera. Perché quella sera, quando Anter la trascinò fuori dal castello, tra un bacio e un altro e la portò in città, Layra rimase semplicemente senza fiato. In piazza c’erano miriadi di lanterne, due tavolate apparecchiate con ogni prelibatezza e un’orchestra composta da strumenti che si suonavano da soli. E quella festa era per lei.

«Alla nostra liberatrice!» gridarono alcuni appena la videro alzando dei calici. Altri ancora l’acclamarono: «Alla nostra principessa!» Poi tutti insieme esclamarono: «A chi ha sconfitto Amos!» Layra si sentiva ebbra di felicità al punto da vincere ogni imbarazzo. Cosa importava se la chiamavano principessa? Cosa importava se era al centro dell’attenzione? Sentì in quel momento una musica bellissima e travolgente. «Posso avere l’onore, mia principessa?» le sussurrò Anter, sorridendo. Lei lo guardò, indecisa se ringraziarlo o ammazzarlo per non averle detto nulla, poi però il suo sguardo la fece sciogliere. «Certamente!» gli rispose aggiungendo psichicamente: “Avresti dovuto dirmelo!” Lui rise sottovoce poi affermò: «Sono abbastanza sicuro che dirtelo avrebbe rovinato l’effetto sorpresa! E una festa a sorpresa, senza sorpresa, non si è mai vista.» Ballarono a lungo, poi assaggiarono un po’ di tutto ciò che c’era sulle due tavolate. Risero di tutto e di niente e per un po’ sembrarono proprio due adolescenti normali. Erano trascorse ore in un sol soffio, ma la festa era ben lungi dall’essere finita, anzi arrivò al suo culmine con l’inizio dei fuochi d’artificio. Layra una volta li aveva visti, quand’era piccola, dalla finestrella della sua stanza all’orfanotrofio. Le erano sembrati straordinari. Ma questi non erano fuochi artificiali umani, non erano cartucce sparate da eccellenti fuochisti, no, questi erano magici. Esplosioni di magia vera e propria, multicolori e di tutte le forme: enormi fiori, giganteschi cuori, pianeti e galassie, così vicini da dare l’impressione di poterli toccare. Anter attirò Layra a sé e la baciò, poi le sussurrò: «Buon compleanno, amore.»

Quando alzarono lo sguardo videro che su di loro cadeva una pioggerella magica dorata e argentea. Si baciarono nuovamente, sotto quel tenue bagliore, con più ione. Stavolta ci furono scrosci di applausi e risate e grida di gioia. Layra chiuse gli occhi e assorbì tutta quella felicità, quell’amore, che sentiva tutt’intorno a sé. “Niente” pensò lei riaprendo gli occhi e perdendosi in quelli scuri di Anter. “Niente e nessuno potrà mai portarmi via momenti felici come questo.” “E come tutti quelli che verranno!” le rispose lui, sorridendole con lo sguardo. Si scambiarono un sorriso e quando lo abbracciò gli mormorò: «O come quelli che abbiamo già vissuto, insieme.» *** Gli Elfi della Luce, di comune e tacito accordo, avevano appositamente fatto esplodere i fuochi magici molto in alto, in modo che fossero visibili anche a chilometri di distanza da un altro castello, ben oltre la foresta scura che fungeva da confine. Amos sogghignò leggermente nel vedere i fuochi nel regno da cui era stato scacciato da una ragazzina. «Sì, festeggiate, sciocchi. Posso distruggervi anche da qui, tanto.» affermò trucemente, mentre rimestava uno strano liquido sanguigno contenuto in un calice d’oro. Prese con entrambe le mani un cofanetto e ne estrasse la sfera luminosa contenente i poteri che Urien aveva sottratto a Layra, e con attenzione la immerse nel liquido contenuto nel calice, poi attese e il liquido ribollì, si condensò e si fuse, fino ad assumere una colorazione argentea che risplendeva come se fosse illuminato di luce propria. Amos lo sorseggiò e si accorse che i giochi pirotecnici nel regno della Luce ancora non erano finiti e se ne compiacque perché presto avrebbe rotto di nuovo quella felicità, sostenuto proprio dai poteri di colei che lo aveva sconfitto. Non riuscì a impedirsi di operare un incantesimo su un vassoio d’argento per vedervi riflessi i suoi nemici, esercitando quei nuovi poteri rubati di cui si era appena impossessato.

Il caso volle che la prima immagine ad apparire fosse quella di Anter e Layra che si baciavano sotto la pioggerella dorata, così beatamente felici, come se nulla al mondo potesse turbarli. Amos socchiuse gli occhi, irritato a quella vista e prese a giocherellare con una pietra dalla forma insolita. Sembrava essere stata scolpita come la corolla di un giglio, un giglio inequivocabilmente nero. «Festeggia, principessa. Ridi e gioisci della vittoria, intanto, io ho la tua vita in mano mia.»

Ringraziamenti

Scrivere una storia e non farla leggere è come tarpare le ali a un uccellino ancor prima che impari a volare: c’è sempre la possibilità di cadere, ma solo rischiando si può volare alto.

Un ringraziamento speciale a chi mi ha convinto a pubblicare questa seconda avventura: senza di voi, probabilmente questo libro non ci sarebbe!

Infine, ancora una volta ringrazio Te, caro Lettore, perché scrivere un libro è solo metà dell’opera, per compiere la magia e dargli vita occorre anche che qualcuno lo legga.

Messaggio al lettore

Grazie per aver dato un’opportunità al mio libro. Se ti è piaciuto, lascia un commento sullo store dove lo hai acquistato o dove preferisci sul web, te ne sarei davvero grata. Le recensioni sono linfa vitale per i libri e per gli autori!

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