Iniziazione: La Fratellanza Della Daga 2 3a5u38

a cura di Andrea Franco

Iniziazione

di Luca Di Gialleonardo

1.0 gennaio 2014 ISBN versione ePub: 9788867751587 © 2014 Luca Di GIalleonardo Edizione ebook © 2014 Delos Digital srl Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano Versione: 1.0 gennaio 2014

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Indice

Colophon

Luca Di Gialleonardo

Iniziazione

Introduzione

Nell’episodio precedente

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Appendice: Le gocce

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Luca Di Gialleonardo

Luca Di Gialleonardo nasce il 31 ottobre del 1977 a Teramo, trascorre i primi anni di vita a Sassuolo (MO) e si trasferisce in via definitiva ad Anagni (FR), lo storico paese famoso per lo “schiaffo”. Non appena impara a leggere e scrivere, queste due attività diventano i suoi interessi principali. Laureato in Economia, lavora in una società di servizi per i fondi pensione. Nel 2009 pubblica con la Delos Books il romanzo "La Dama Bianca", nella collana Storie di draghi, maghi e guerrieri. Nel 2013 è finalista al Premio Urania. Ha pubblicato diversi racconti in riviste e antologie. Cura sulla Writers Magazine Italia una rubrica su tecnologia e scrittura.

La Corona e Goron sono arcipelaghi gemelli, uniche terre conosciute di due mondi paralleli. Esiste un varco, tra i due universi, controllato dalla Fratellanza della Daga, un’organizzazione guidata da un Concilio che ha l’obiettivo di chiudere per sempre il aggio, prima che i goroniani, il cui mondo è ormai devastato da guerre secolari, ne prendano possesso. Per chiudere il varco, è necessario disporre di molti terzi occhi, strumenti di potere posseduti solo da una piccola percentuale di goroniani. Per questo il Concilio evoca in modo controllato alcuni goroniani, in modo da estrarre il terzo occhio, se presente. L’evocazione non è tuttavia perfetta e può portare il goroniano in un qualsiasi luogo sulla Corona. Gli evocati non possono sopravvivere a lungo sulla Corona: entro poco tempo, devono prendere possesso del corpo di un umano. Su tutte le isole della Corona sono dislocate squadre della Fratellanza il cui compito è trovare gli evocati, per estrarre il terzo occhio, se presente, o rimandarli su Goron senza ucciderli. Ogni squadra è composta da “rinati”, ragazzi un tempo in coma o affetti da malattie incurabili, salvati dalla Fratellanza in cambio della loro collaborazione coatta. Solo la daga può tenere in vita un rinato. E la daga appartiene alla Fratellanza.

www.lafratellanzadelladaga.it

Nell’episodio precedente

Lahra e Ven, comandanti della squadra della Fratellanza di Tommen, si trovano sul Picco del sole alla ricerca di un evocato. Qui si scontrano con una squadra di soldati appartenenti alle fruste di Johob, esercito di mercenari conosciuto in tutta la Corona. In seguito, Lahra fa visita a Konor per consegnargli una daga di bronzo e reclutarlo nella Fratellanza. Konor è un “rinato”. In seguito a un incidente, ha trascorso gli ultimi tre cicli stagionali in coma, prima di essere risvegliato da Lahra. La prima missione di Konor al fianco di Lahra non è delle migliori. La sua codardia rischia di farla uccidere dal goroniano sul Picco del sole. Solo grazie all’intervento di Ven la situazione si risolve per il meglio. Konor non vuole far parte della Fratellanza, ma è costretto a obbedire: senza la daga, tornerebbe presto in coma.

1

Campi esterni a Tommen e Picco del sole, ventiquattresimo dì della quarta luna, trentunesimo ciclo dal lampo

L’ultimo sole d’inverno se ne stava appeso in un cielo pallido, senza tentare di sfidare il gelo che mordeva la pelle. Le isole del sud potevano godere solo in estate di un po’ di calore vero. Johob respirò a pieni polmoni, stiracchiandosi i muscoli fuori dalla tenda. Indossava solo un paio di pantaloni e i peli sul petto e sulle braccia erano tesi, come mani alzate al cielo a chiedere clemenza. Le alte mura di Tommen lo salutarono all’orizzonte, informandolo che la città non si sarebbe fatta conquistare facilmente. Johob sapeva che quella promessa sarebbe stata mantenuta con fermezza, ma lui non aveva intenzione di assaltare la città. Era lì per altro. Rientrò nella tenda quando scorse il suo messaggero di ritorno dalla città, seguito da un manipolo di soldati locali. Indossò una camicia nera e un paio di stivali. Era indeciso se mostrarsi con un minimo di armatura oppure optare per un abbigliamento più sobrio. Non era lì con intenzioni bellicose. Decise per una tunica corta di lana pesante. Anche quella era nera, con una frusta arrotolata ricamata con filo rosso a coprire gran parte del petto. Johob voleva che quel simbolo fosse ben evidente. Affidò al gancio della cintura anche una frusta vera. Cuoio ritorto dipinto di rosso, pura potenza assetata di sangue. Non indossò lo spesso mantello. Bastava la sua mole a incutere timore nei nemici. Quando tornò fuori, la delegazione era ormai giunta al campo. Il messaggero aveva portato con sé una decina di soldati, tutti armati e protetti. Uno di loro smontò da cavallo e gli si avvicinò, togliendosi l’elmo. Gli arrivava

al petto, giusto all’altezza della frusta ricamata. — Sono il maggiore Sart — si presentò. — Tu sei Johob? Era sicuro di sé, il maggiore. Non aveva mostrato il minimo timore, né verso Johob, né verso la ventina di uomini che erano usciti dalle tende. Johob volse lo sguardo verso le montagne che circondavano la vallata in cui era stata costruita Tommen. Si soffermò a guardare i picchi che facevano da letto all’alba. — Come si chiamano quei monti? — chiese. Sart non sembrò prendere bene la domanda. — Mi sono presentato. La cortesia imporrebbe che tu fi altrettanto. Johob sorrise. Sart gli piaceva. — Sono Johob, capo delle fruste. Sai chi siamo o devo spiegartelo? — So chi siete. Cosa volete da noi? Qualcuno vi ha assoldato per attaccare la città? Per un attimo, Johob ebbe l’istinto di rispondere in modo affermativo. Gli era sempre piaciuto assaporare il terrore che i suoi mercenari erano capaci di infondere. Tuttavia, era certo che Sart non avrebbe fatto una piega, nascondendo la paura. — Se così fosse non sarei venuto in segreto e con un pugno di soldati, ma con un esercito. — Allora cosa cerchi da noi? Johob tornò a guardare verso est. — Come si chiamano quei monti? — ripeté. Sart sospirò. — Quella è la catena del Picco del sole. — Alcuni miei uomini si trovavano lì. Non ho loro notizie da giorni. — Dovevano essere uomini importanti se sei venuto tu stesso a recuperarli — osservò Sart. Johob si limitò a concedere uno sguardo al maggiore. Bastò quello per fargli

capire che non doveva impicciarsi di cose che non lo riguardavano. — Quanto tempo resterete? — chiese Sart. — Partiremo immediatamente. Ho bisogno di qualcuno che mi guidi per i sentieri del Picco del sole. — Non sei abituato a chiedere le cose con gentilezza, vero? — Non ne ho bisogno. Stavolta fu Sart a sorridere. — Se per te va bene verrò io. Conosco bene il Picco.

Johob non proferì parola per tutto il viaggio. I cavalli si inerpicarono sulla montagna affrontando una ripida salita, poi trovarono la barriera di una foresta troppo fitta per riuscire a are. Per mezza centina, Sart cercò un’altra strada, finché non fu chiaro che l’unico modo per proseguire era lasciare lì i cavalli con un paio di uomini e proseguire a piedi. Gli alberi incupivano l’aria e la neve nascondeva qualsiasi sentiero fosse mai esistito da quelle parti. Sart capeggiava il gruppo con sicurezza, ma Johob aveva il sospetto che non sapesse dove condurli. O, al contrario, che lo sapesse benissimo. Non sarebbe stato difficile, per lui, incastrarli in una trappola. Non è così stupido, si disse Johob. La morte del capo delle fruste avrebbe significato la polverizzazione di Tommen. — È impossibile perlustrare tutta la foresta da soli — disse Sart. Lo aveva già ribadito più volte prima di avventurarsi sui monti. Johob lo aveva tranquillizzato. Non serviva muoversi a vuoto, se si aveva una meta. Si voltò verso Ovel. Il ricognitore aveva arrotolato la frusta al braccio e sfregava il pollice lungo il manico. — Dobbiamo continuare verso sud est — disse. A Sart non era sfuggita la scena. — Ma cos’è? Un indovino? — scherzò. — Andiamo verso sud est — rispose Johob.

Sart perse l’espressione sarcastica. Voltò le spalle e riprese a camminare. Johob sperò che il segnale percepito da Ovel fosse ancora abbastanza forte. Erano ati quattro giorni da quando lo avevano ricevuto da Brond. — Una daga d’argento, con il simbolo del lupo… ci ha massacrati. Da allora non c’era stato altro. Forse Brond era ancora vivo, oppure la morte lo aveva raggiunto. Johob non aveva interesse per lui. Non gli importava neppure il fatto che fosse incappato in una daga d’argento. Scontrarsi con la Fratellanza era possibile quando si cercava un evocato. Il lupo. Secondo le indicazioni di Bea e Weder, Ven aveva scelto quel simbolo. Se Ven era da quelle parti, probabilmente anche Lahra lo era. Non c’erano certezze, altri fratelli avrebbero potuto avere come il simbolo il lupo, ma era il primo pallido indizio sulla presenza di Lahra che gli veniva offerto dopo tanti cicli stagionali. Non poteva ignorarlo. Sart li costrinse a deviare il cammino. Continuando a proseguire, avrebbero trovato una parete di roccia troppo ripida per essere superata. Furono costretti a deviare verso est, finendo per alternare direzione, per sfruttare una pendenza sostenibile. Raggiunsero la cima di un’altura secondaria, poi Sart li fece ridiscendere puntando a sud. Per un po’ goderono di un raggio di sole libero dalle chiome degli alberi, poi le fronde tornarono a chiudersi su di loro, precipitandoli nel gelo. Il percorso si mostrò ancora più ostico della salita, a causa del ghiaccio che aveva indurito la neve. Era ormai pomeriggio inoltrato quando Ovel fece segno che erano quasi giunti nel punto dove era partito l’ultimo messaggio di Brond. Sotto la neve caduta di recente, un tumulo sporgeva dal bianco. Johob si avvicinò. Notò subito che la forma ricordava un corpo umano. Ovel scostò la neve, rivelando una divisa scura. Continuò a scavare, finché non trovò la testa. — Gli hanno sparato un dardo di balestra nell’occhio — osservò. — È uno dei vostri? — chiese Sart. Johob annuì, poi si rivolse a Ovel. — Brond ha chiamato da qui, l’ultima volta? — Non è facile da capire. Sento che la sua frusta è più lontana, però.

— Conduci tu, ora. Troviamo la frusta. Sart, affiancati a Ovel. — Non capisco. Come vi ha inviato il messaggio, il vostro uomo? — Abbiamo il nostro modo di comunicare. Andiamo, o rischiamo che faccia buio. Il cammino riprese nel folto del bosco. Ovel procedeva per primo, con Sart al fianco. Si fermarono poco dopo, quando scorsero quello che sembrava un panno scuro appeso a un ramo. Si rivelò essere il cadavere di un uomo, piegato in due, con il viso congelato in un’esplosione di dolore. — Signore, ce ne sono altri — mormorò uno dei soldati. Tutt’intorno la neve era gonfia di altri corpi. Non era necessario scostarla per rendersi conto che molti erano stati fatti a pezzi. Ci ha massacrati, aveva detto Brond. — Devono essere stati assaliti da un branco di lupi — disse Sart. — Forse era un lupo solo — rispose Johob. Ven era in grado di compiere uno scempio simile? Non lo conosceva abbastanza per dirlo. Sapeva che era in gamba, però. — Ovel, la frusta di Brond è qui? — No, dobbiamo continuare a muoverci verso sud. Forse Brond era sopravvissuto alla furia di Ven. Conosceva la Fratellanza e doveva aver riconosciuto il pericolo in tempo per scappare, lasciando i suoi uomini a fargli da scudo. — Andiamo a recuperarla — disse. La trovarono meno di una centina dopo, al tramonto, attorcigliata su un cumulo di neve, non lontano dal cadavere di Brond. Il soldato era stato ucciso da una lama conficcata nella nuca e abbandonato senza gentilezza. — Questo non è certo opera di un lupo — commentò Sart. O forse sì, pensò Johob. — Di chi è questa baita? — chiese, indicando l’edificio.

— Di nessuno, in particolare. È usata come rifugio per chi si avventura sui monti. Sembra che qualcuno ci sia stato di recente. — Ma ora deve essersene andato — sospirò Johob. Lahra non era lì. Sapeva che non l’avrebbe scovata così facilmente, eppure il ritrovamento di Brond lo aveva lasciato con una profonda amarezza. Si ò la treccia castana tra le dita, tentando di riordinare i pensieri. Se Ven era stato lì, forse operava nella città di Tommen. Doveva avere delle certezze, prima di dedicare le sue forze a quella ricerca. — Signore, controlliamo se c’è qualcuno all’interno? — chiese un soldato. — È inutile. Chi c’era sarà andato via da un pezzo. — Sarà dura ridiscendere con il buio — disse Sart. — Proporrei di are qui la notte e di ripartire domani mattina. — Sistematevi nella baita — approvò Johob. — Ovel, raccogli la frusta di Brond e vieni con me. Sart gli si affiancò. — È meglio non allontanarsi quando è buio. — Sistemati nella baita con i miei uomini, maggiore — ribatté Johob. — Come desideri — rispose il tommeniano accennando un inchino e allargando un braccio. — Domani mattina io ridiscendo in città, vedi di tornare intero. Johob si soffermò a fissarlo. — Non credi di prenderti troppe libertà? Hai scordato chi sono? — Non l’ho scordato. — Mi piaci, Sart — ammise Johob con un sorriso. — Ora infilati in quella baita, accendi un fuoco e riscaldati. In silenzio. Sart ricambiò il sorriso con un cenno del capo. Voltò le spalle e raggiunse gli altri soldati di Johob.

2

Tommen, ventiquattresimo dì della quarta luna, trentunesimo ciclo dal lampo

Più lo guardava e più quel naso ammaccato le sembrava meno sgraziato. Nell’insieme, quel ragazzo appariva più affascinante di quanto le era parso a una prima occhiata. E il sorriso, poi, era davvero coinvolgente. Meela si trovò di nuovo a inarcare le labbra non appena Rob scoprì i denti. — Quindi lavori per Coag di Wella — asserì il ragazzo prima di portare alla bocca un sorso di vino. — Deve essere interessante. Pare sia il più grande mercante di legna di tutta Seris. — Sono solo una domestica — ribatté Meela. Tamburellò le dita sul bicchiere di legno, distogliendo lo sguardo. — La dama di compagnia di sua moglie. Rob dovette cogliere il suo imbarazzo. Sorrise di nuovo e le sfiorò le dita con l’indice. Meela sentì un brivido. — Allora deve essere ancora meglio, non trovi? — In che senso? — Be’, a quanto ne so, un mercante a un sacco di tempo fuori casa. Chissà quante ne combina la tua padrona quando è sola. Meela ridacchiò. — In effetti… Diciamo che non si fa mancare la compagnia, in quei periodi. — Vedi che ho ragione? Rob era un tipo davvero carino. I capelli ramati, corti e con un accenno di riccio, gli davano un tocco speciale rispetto agli altri ragazzi di Tommen. Continuava a carezzarle le dita, sensuale. Era evidente che cercava qualcosa da lei o non le avrebbe rivolto la parola in una taverna. — Che ne dici se ce ne andiamo? — gli chiese, abbassando il tono della voce.

Rob annuì. — Qui c’è troppa gente, vero? — Troppa — rispose Meela. Per un attimo, sentì fermarsi il cuore. Fu come se un timore le avesse afferrato il petto. Andò via subito, lasciando un alone di gelo. Prese la mano di Rob nelle sue, scostando il bicchiere. Sapeva che lui cercava solo una cosa, ma non le importava. Era consapevole di essere una bella ragazza, tutti gli uomini ci provavano con lei, prima o poi. Dallo stalliere a Coag in persona, tutti quelli della villa avevano tentato di infilarsi nel suo letto. Lei si era concessa solo a chi le piaceva davvero o a chi poteva darle qualcosa in cambio, come il vecchio mercante. Rob le piaceva, quindi non c’erano problemi. — Non abito lontano da qui — disse Rob. Come risposta, Meela si alzò. Lo seguì all’esterno, tenendolo per mano. Non mancava molto al tramonto e il cielo iniziava ad assumere i colori chiari della primavera che stava per iniziare. Faceva freddo, come sempre, ma Meela sentiva ardere il calore dell’eccitazione. Le piaceva essere posseduta da un uomo forte. Rob non era molto muscoloso e sembrava aver vissuto almeno un paio di cicli meno di lei, eppure aveva la sicurezza di un uomo maturo. Continuò a stargli dietro finché il buio del vicolo che stavano percorrendo non iniziò a far pizzicare il timore sulle sua braccia coperte di lana. — Ma vivi in questo postaccio? — chiese. — Lo so, il quartiere non è dei migliori, ma a me piace il silenzio. In effetti nessuno ava da quelle parti. Un sognatore squattrinato, ecco cos’era Rob. Ma tanto non doveva mica sposarlo, pensò Meela sentendosi più sicura. D’un tratto Rob si bloccò. La prese per il collo e la sbatté contro il muro. Prima che lei potesse gridare le coprì le labbra con un bacio pieno di ione. Meela chiuse gli occhi, trasportata dalla sua irruenza. Sentì che lui si muoveva, senza interrompere il movimento di lingua. Voleva prenderla lì, in quel vicolo sudicio? Per quanto sporco, Meela lo trovò ancora più eccitante.

Rob si staccò da lei. Meela aprì gli occhi, tendendo le braccia verso di lui. — Non smettere… La voce si spense in un fischio. Rob impugnava una spada corta, la mano armata tirata indietro, pronta ad affondare. — C-cosa? — Non aver paura — rispose Rob. — Farà male, ma dimenticherai tutto. Prima che Meela potesse pensare di scappare, Rob le affondò la spada nel petto.

Meela continuò ad avere un’espressione di incredulità anche quando la daga le penetrò nello sterno. Rob rimase affascinato dal suo viso allo stesso tempo arrossato dal piacere e sbiancato dal terrore. Aveva puntato dritto al cuore, per evitarle di soffrire. Purtroppo nessuno degli altri aveva mai mantenuto il ricordo della morte strappata dalla daga per raccontare cosa si provava. Estrasse la lama e si allontanò di un paio di i, pronto ad affrontare il goroniano. Il corpo di Meela scivolò nella neve che infangava il terreno. Le sue forme si fecero vacue e sprigionarono luce. Rob vide le pareti del vicolo allontanarsi, piegandosi fino a far congiungere i tetti delle abitazioni, tagliando fuori la luce del tardo pomeriggio. Palle di fuoco emersero dalle rocce illuminando di verde quella che sembrava un’infinita galleria di mattoni irregolari. La neve era evaporata, lasciando il posto a un corridoio coperto dal mosaico di un fiume. Rob guardò il goroniano che aveva preso il posto di Meela. Aveva visto giusto, era lei la portatrice dell’evocato. Come sempre, il goroniano aveva lo stesso sesso dell’umano posseduto. I quattro seni rinsecchiti sporgevano dai peli rossicci. Anche se era un mostro, era facile riconoscere una certa femminilità nei lineamenti taglienti e armonici del viso. Le pupille allungate tagliavano a metà il bianco sporco degli occhi. — Avanti dolcezza, fatti sotto — gridò verso l’essere che aveva posseduto Meela.

— Perché non attacchi tu, ragazzino? — Però! — esclamò Rob. — Una goroniana che parla così bene la nostra lingua. Il mostro emise dei suoni gutturali simili a una risata. — Ero dormiente in quella ragazza, ma ho assimilato molto da lei. Rob non nascose un sorriso. Se era stata Meela a influenzare l’evocato e non il contrario, voleva dire che la sua forza era davvero bassa. — Sei venuto da solo a catturarmi — disse la goroniana. — Grave errore. — Tu dici? Rob si concentrò. Non fu difficile usare la forza mentale per sollevare da terra la goroniana. La sentì bestemmiare nella lingua della Corona. Assurdo. Neppure in uno scatto di rabbia ricordava le proprie origini. Del goroniano conservava solo l’aspetto. Gli bastò un movimento del capo per scagliarla contro la parete della galleria. La sollevò di nuovo prima che toccasse terra e la fece volare dall’altra parte. — Anche un solo fratello è uno spreco per te — disse avvicinandosi alla goroniana. La femmina si lamentava supina, sputando sangue sul mosaico da una ferita sulla testa. Quando Rob puntò verso di lei la daga fece uno scatto. Con una manata gli fece cadere l’arma, poi gli saltò contro. Rob si ritrovò schiacciato contro le rocce, con il collo stretto in una zampa della goroniana. — E ora che fai, senza il tuo spadino argentato, fratello? Rob guardò la daga, troppo lontana. L’essere alzò la mano libera, fece sfavillare gli artigli alla luce delle fiamme verdi. Rob guardò di nuovo la daga. Non poteva raccoglierla con le mani. Sorrise. La daga vibrò tintinnando sulle onde composte dai tasselli del mosaico, vorticò

nell’aria e con un fischio andò a piantarsi nella schiena della goroniana, spuntando dallo stomaco. Rob sentì la morsa allentarsi dal collo. Le ò dietro e sfilò la propria daga. L’essere aveva dimenticato i suoi poteri telecinetici, eppure ne aveva avuto una dimostrazione. Puntò la daga, ignorando i lamenti di dolore. La avvolse con il raggio scuro e la rispedì su Goron. La galleria assunse di nuovo le vesti del vicolo solitario. Meela dormiva pacatamente seduta su un mucchietto di spazzatura. Rob si chinò su di lei e le carezzò una guancia. — Perdonami, ma dovevo liberarti — le sussurrò. Una luce lampeggiò alle sue spalle, allungando le ombre sulla parete dell’edificio. Rob si rialzò. Tre nuvole di luce si stavano spegnendo, rivelando altrettante figure umane. — Siete arrivati troppo tardi — salutò. Aliah, Tenth e Moros avevano sguainato le daghe d’argento. Si guardarono intorno, finché non notarono Meela. — Era lei il portatore dell’evocato? — chiese Tenth. Piegò la testa liberando la schiena dalla lunga coda di capelli neri. Rinfoderò la daga. — Come avevo detto io. Moros emise un suono di stizza. Rob evitò di fargli pesare il fatto che lui sospettasse della moglie di Coag. Aliah lo colpì sulla spalla. — Perché sei venuto da solo? Dovevi aspettarci! Al buio non era possibile distinguere bene i suoi occhi verdi, ma Rob comprese che la rabbia era solo una maschera per la preoccupazione che aveva provato per lui. Le carezzò i ricci ramati. Bastò quello per farla calmare. — Sempre il solito fanfarone — protestò Moros. — Credi di essere migliore di noi. — Ho rispedito a casa l’evocato da solo, fratello. Tu ci saresti riuscito?

Nessuna risposta. A Rob andò bene. Anche Moros sarebbe riuscito a cavarsela con quella goroniana, tanto valeva poco. Tenth si mise tra i due ragazzi. — Andiamo, sempre a discutere voi due. Niente terzo occhio, scommetto. — Niente — confermò Rob. — Secondo me non esistono goroniani con tre occhi — disse Moros. — Lahra si diverte a farci sgobbare per nulla. — Per quale motivo? — chiese Aliah. — Non avrebbe senso farci combattere con i goroniani se non fosse per il terzo occhio. — Questo perché tu credi alla storia del portale — ribatté Moros. Stava per aggiungere altro, quando le loro daghe si illuminarono. — Fratelli, siete attesi alla base. — La voce di Lahra veleggiò nel vicolo senza aggiungere altro. Rob traslò, senza attendere gli altri.

3

Tommen, ventiquattresimo dì della quarta luna, trentunesimo ciclo dal lampo

Aliah amava suo fratello, anche se a volte aveva una voglia incredibile di prenderlo a schiaffi. Quando traslò nella sala comune della vecchia casa della sapienza, andò subito vicino a Rob e gli scagliò il suo sguardo più adirato. Lui rispose con il solito sorriso sfrontato che la smontò in un attimo. Lahra e Ven erano in piedi, davanti al tavolo dei maestri. Lui aveva la faccia tumefatta e un brutto taglio sulla guancia. Lei sembrava adirata. Accanto a loro, seduto su una seggiola, un ragazzo della stessa età di Aliah si guardava le scarpe. Era magro, con la pelle pallida e capelli neri leggermente lunghi. Alla luce della lampada a gocce che brillava sul soffitto, la sua espressione appariva quasi spaventata. Era la prima volta che Lahra consentiva a un esterno di partecipare a un incontro della Fratellanza. Anche le altre daghe d’argento fissavano lo sconosciuto. Doveva essere una persona importante per essere lì. Forse un emissario del Concilio? Aliah si sentì prendere dall’agitazione. — Chi è quel ragazzo? — chiese Moros, strappandole dalla mente la domanda che la stava angustiando. — Prima rispondete voi alle domande — ribatté Lahra. — Che cosa vi è saltato in mente? Sapeva già che erano andati a catturare l’evocato senza di loro. Ovvio, Lahra era la più esperta. Per lei era facile percepire che un goroniano era sparito da Tommen. Per qualche istante nessuno ebbe il coraggio di prendere la parola, finché fu Rob a rispondere. — Abbiamo solo seguito i tuoi ordini.

— I miei ordini? — Non è forse il nostro compito quello di cercare gli evocati? Rob parlava pacato, come se non avesse alcun timore di provocare la daga d’oro. — Non fare il furbo con me, Rob. — Lungi da me — rispose lui alzando le mani. — Ci siamo solo limitati a perlustrare la città, come sempre. Tenth ha percepito una presenza nella villa del mercante Coag di Wella. Abbiamo indagato e scoperto che l’evocato aveva preso il corpo di una domestica. Non c’era alcun terzo occhio, tanto per cambiare. Lahra puntò l’indice verso Rob. — Conoscete le procedure. Prima di attaccare un umano dovete avere il mio permesso. Aliah si accorse del ghigno di Moros. Con Rob non aveva mai avuto un buon rapporto. Ci godeva quando veniva ripreso da Lahra o Ven. — Conosco la procedura — rispose Rob. — Conosci anche la ragione di una simile regola? — La conosco — assentì Rob. Una contrazione della mascella indicava che cominciava a innervosirsi. — Dimmela — ordinò Lahra. Rob sospirò prima di parlare. — La daga è un’arma a tutti gli effetti. — E… ? — incalzò lei. — E non deve essere mai usata per uccidere un umano innocente. Lahra annuì. Mosse lo sguardo sugli altri. — Anche voi conoscete le regole, giusto? — Arrivò un cenno di assenso da parte di tutti. — Allora perché non le avete rispettate? — chiese, alzando la voce. — Loro non c’entrano — s’intromise Rob. — Io ho attaccato la portatrice. Ho fatto tutto da solo.

— Hai sconfitto un evocato da solo? — Lahra parve stupita. Durò un attimo. — Possibile che tu sia stato così imprudente? — gridò. — Andiamo! — sbottò Rob. — Ero sicuro che l’evocato fosse in quella ragazza. Tu e Ven eravate spariti da una sestina! Non vi facevate vedere e non rispondevate ai nostri messaggi. Erano diverse lune che cercavamo questo evocato. L’ho trovato e l’ho rimandato su Goron. Nessuno si è fatto male e la missione si è conclusa con successo. E tu ti lamenti perché non ho rispettato una regola? Ven avanzò verso Rob. Lo sovrastava di tutta la testa. Aliah temette che volesse picchiarlo e, peggio, che Rob rispondesse all’attacco. Combatterono con lo sguardo per lunghi istanti, finché Rob parve comprendere la cosa migliore da fare, per una volta. Abbassò il capo e parlò con un tono più contrito. — Mi dispiace. Non capiterà più. Ven annuì e tornò al fianco di Lahra. — Così va bene — disse lei. — Io e Ven eravamo sulle tracce di Melis di Jeine, come sapete. — Lo avete preso? — chiese Moros. — È stato un lungo inseguimento, fino alla Torre della vedetta, ma siamo riusciti a trovarlo e a catturare l’evocato. — E il terzo occhio? — chiese Tenth. — Non c’era. La risposta di Lahra fu seguita dal silenzio, come spesso accadeva, quando constatavano che una cattura non aveva portato a nulla. Rob guardava le macerie di un palazzo fuori dalla finestra. Aveva perso la spavalderia e sembrava attendere di avere il via libera per andarsene. Moros fissava il ragazzino misterioso seduto alle spalle di Lahra. Tenth, invece, sbirciava verso Rob giocherellando con una ciocca di capelli. Aveva sciolto la coda e la cascata nera le carezzava le guance. Con un movimento delle dita, spostò la ciocca dietro l’orecchio e si voltò a sua volta verso il ragazzo. Anche Aliah si trovò a osservare nella stessa direzione. Lahra dovette accorgersi della loro curiosità e si decise a soddisfarla. — Ora

iamo ad altro. Con la cattura di Melis e del vostro evocato ne resta solo uno in città. Almeno fino a nuove indicazioni del Concilio. Io e Ven non siamo stati impegnati solo nella cattura di Melis. — Si voltò verso il ragazzo. — Konor, vieni avanti. Il ragazzo sobbalzò, come si fosse svegliato da un sogno. Saltò in piedi e avanzò verso Lahra. Saettò lo sguardo su tutti, poi tornò a guardarsi i piedi. — Questo è Konor —presentò Lahra. — La nuova daga di bronzo del nostro gruppo. Aliah spalancò la bocca. Era la prima recluta che si univa al loro gruppo, dopo lei e Rob. — Benvenuto a bordo — lo salutò Tenth. Sorrise, come solo lei sapeva sorridere. Konor arrossì e bofonchiò un grazie. Tenth era una bella ragazza e sapeva usare il suo fascino. Aliah si era spesso chiesta quanto lo fe in modo consapevole. — Konor ha già partecipato alla cattura di Melis — continuò Lahra. Ven emise un suono di derisione che soffocò subito quando lei lo guardò storto. Solo allora Aliah si rese conto che Ven sembrava contrariato. — Sarà da subito operativo e parteciperà alle missioni. Ovviamente manca ancora di addestramento, quindi dovremo insegnargli a usare la daga al meglio. Aliah tornò indietro di diverse lune, quando era stata lei a essere addestrata, insieme a Rob. Suo fratello era stato veloce ad apprendere gli insegnamenti di Ven, tanto che era riuscito ad avere la daga d’argento prima di Tenth e Moros, che erano entrati nella Fratellanza prima di lui. Per lei c’era voluto più tempo ed era stata l’ultima dei quattro. — Per prima cosa, Konor dovrà apprendere la traslazione — disse Lahra. — Rob, sarai tu a insegnargli la tecnica. Rob non sembrò contento di quell’incarico. — Io? Perché mai? Lahra sorrise. — Sei stato così bravo da prendere l’iniziativa e sconfiggere da solo un evocato. Diciamo che si tratta di un premio.

— Premio un cavolo! — ripeté Rob. — Ha voluto farmela pagare, quella… — si morse le labbra. Non aveva fatto altro che borbottare da quando erano usciti dalla casa della sapienza nel centro nero. Aliah lo aveva lasciato fare, ancora sconvolta dagli ultimi sviluppi della serata. Non c’era stato molto tempo per parlare con Konor, se non quello sufficiente a presentarsi. Lahra aveva spedito tutti a casa e ricordato a Rob di farsi trovare alla base nel pomeriggio, subito dopo il lavoro. — A parte la punizione, che ne pensi di quel ragazzo? — gli chiese Aliah. Erano quasi arrivati a casa. Il loro era un quartiere molto popoloso e ogni volta dovevano traslarsi a debita distanza. Aliah salutò la signora Calan, che, come ogni sera, sfidava il gelo per osservare dalla finestra le vite dei suoi vicini di casa. — Sarà una scocciatura — rispose Rob. — Non sei contento che ci sia un nuovo fratello? — Siamo troppi in sei. Non ne serviva un altro, a mio avviso. — Avremo più tempo libero. — Per fare cosa? — ribatté Rob. Aliah non ebbe una risposta pronta. In effetti, da parecchio non aveva tempo di coltivare interessi. Dopo aver terminato gli studi, aveva provato con Tenth a diventare allieva presso la corporazione dei gocciai di Tommen, ma era stata rifiutata, naturalmente. Quello era un sogno disponibile solo per pochi eletti. Infatti, Tenth ce l’aveva fatta. Anche Rob era entrato nella corporazione dei meccanici, grazie a suo padre, mentre lei, per lo stesso motivo, era ancora alla ricerca di una corporazione che fosse in grado di adeguarsi alle sue necessità, prima di accettarla. — Potrei avere più tempo per cercare un impiego — rispose a Rob, quando

furono davanti alla porta di casa. Il fratello restò con la mano sulla maniglia. Le carezzò la testa e le concesse un sorriso carico di affetto. — Hai ragione, padella. Scusami. — Padella sarai tu — ribatté lei scherzando. Si divertivano a prendersi in giro a vicenda per via del colore dei capelli, che ricordava una padella di rame. Entrarono in casa. — Ciao, ragazzi —salutò Sair. Sorrideva, ma solo con la bocca. Aliah non ricordava più il suo sguardo felice. Si avvicinò al padre, che allungò il collo per consentirle di baciargli la barba senza doversi abbassare. — Hai preparato da mangiare? — gli chiese Rob osservando la pentola che bolliva nel camino. — Ho fatto un po’ di casino — rispose Sair stringendosi nelle spalle. — Scusate. Sul pavimento c’erano pezzi di verdura e macchie di brodo. Aliah si chiese quanta fatica avesse fatto per portare il pentolone nel camino. Il fatto che suo padre si impegnasse in qualcosa era un buon segno. ò dietro alla seggiola su cui era seduto e la spinse al tavolo. — Le ruote cigolano — disse Rob. — Domani te la sistemo. — Basta un po’ d’olio, posso pensarci io — rispose Sair. Rob doveva aver notato il tono risentito del padre. — Ma certo — rispose. Aliah era certa che il mattino dopo gli avrebbe fatto trovare l’olio in un punto raggiungibile dalla sedia con le ruote. Sair ci teneva a sistemare le cose e senza gambe non era facile destreggiarsi a dovere. — Domani ricominci l’apprendistato — disse Sair interrompendo un silenzio che aveva accompagnato metà della cena. Era stata una banalità. Con l’avvio della primavera tutte le attività di studio riprendevano il proprio corso, come ogni ciclo stagionale. Però era servita a riaccendere di suoni una serata che

sembrava volersi addormentare accompagnata dai pensieri di ciascuno di loro. — Sì — rispose Rob. — Cominciavo ad annoiarmi. Sair non aggiunse altro, tornando a dedicarsi alla zuppa. Aliah percepì un moto di nostalgia nella sua bocca. — Perché non vai con lui, papà? Sair alzò la testa. — Con lui? — Sì, accompagnalo domani. Potresti dare un saluto ai tuoi amici della corporazione. — Non faccio più parte della corporazione dei meccanici — ribatté. — Da quando ho perso le gambe. Forse aveva commesso un errore, si disse Aliah. Che le era saltato in mente di riaccendere i ricordi di suo padre? — Ogni tanto mi chiedono di te — intervenne Rob. — Non gli dispiacerebbe salutarti. Sair sbatté il cucchiaio sul tavolo. — Vogliono solo vedere come mi sono ridotto. — Non è così — rispose Rob, con voce ferma. — Eri uno di loro, il più capace. Hanno imparato molto da te e ti stimano più di quanto tu creda. È per questo che mi hanno accettato come allievo. — Ti hanno accettato perché sei bravo, Rob. Io non c’entro. — Sair allontanò la sedia dal tavolo. Sfiorò le ruote di legno e continuò abbassando il tono della voce. — Anche se volessi venire non potrei. C’è troppa neve per la strada e con queste mi incastrerei in continuazione nel fango. — Tentò un pallido sorriso. — Ho un po’ di sonno, vado a dormire. Buonanotte, ragazzi. Cigolò fino alla sua stanza e si chiuse dentro, senza attendere una risposta che comunque faticò a concretizzarsi. Aliah scambiò uno sguardo con il fratello. — Ho fatto una stupidaggine, scusa.

— L’hai fatta, ma lui sa che non avevi cattive intenzioni. — È che vorrei vederlo felice, ogni tanto. Rob sospirò e riprese a mangiare. Aliah lasciò raffreddare la zuppa nella ciotola.

4

Tommen, primo dì della quinta luna, trentunesimo ciclo dal lampo

L’aver stabilito il proprio punto d’incontro in un palazzo del centro nero aveva diversi vantaggi. L’intero quartiere era evitato dalla popolazione. Il timore di incappare in qualche rimasuglio dell’esplosione di magia che aveva spazzato via ogni forma di vita durante la notte del lampo era ancora troppo intenso, così loro avevano solo l’imbarazzo della scelta, tra i tanti edifici abbandonati. Come quella casa della preghiera, che avevano eletto a sala per gli addestramenti. Un ambiente lungo cinquanta i e largo la metà, con un soffitto alto e lunghe finestre che fornivano aria e luce. Perfetta, quando i fratelli si allenavano nella lotta. Quel giorno, invece, era decisamente esagerata. Mentre varcavano la soglia della casa di preghiera, Aliah non poteva fare a meno di sentire disagio nel vedere tutto quello spazio a disposizione solo di Rob e Konor. La recluta era giunta a bordo di una bimovente messa male. Il cigolio della turbina ne aveva annunciato l’arrivo almeno un giro d’orologio prima. — Dobbiamo sbrigarci a insegnargli la traslazione — aveva commentato Rob osservandolo avvicinarsi alla porta della casa della preghiera. — Con questa musica i nostri nemici avranno tutto il tempo di scappare. — Dobbiamo? — aveva fatto eco Aliah. — Sei tu il suo istruttore, mica io. — Ecco che arrivo — recitò Rob mentre si muoveva verso il centro della sala. — Potrebbe diventare questo il tuo motto, se mai diventerai una daga d’argento. — Non capisco — rispose Konor. — Cosa sarebbe questo motto? — Non ti ha insegnato niente, Lahra?

— Non c’è stato tempo, credo. Mi ha spiegato solo del varco e che la Fratellanza della Daga ha il compito di chiuderlo evocando i goroniani per estrarre il terzo occhio. Rob alzò gli occhi al cielo. — Avrà pensato che questi aspetti più di colore te li dovessi raccontare io. Che noia che sei! — Non prendertela con me — scattò Konor, fermandosi. — Io non volevo far parte della Fratellanza. — Come se avessi scelta — fece una voce. Aliah sobbalzò dallo spavento. D’istinto, portò la mano alla nuca, per estrarre la daga. Rob l’aveva già materializzata dal fodero invisibile, ma abbandonò subito la posizione di guardia. — Moros, ti prendesse un colpo! Abbarbicati su un cumulo di panche accatastate alla parete, Moros e Tenth ridevano verso di loro. — Che ci fate qui? — chiese Aliah. — Non mi sarei perso questo spettacolo per nulla al mondo! — rispose Moros. — Non vi dispiace, vero? — chiese Tenth. — Non è uno spettacolo — ribatté Rob. — Sparite di qui. — Aliah può restare, però — protestò Moros. — Non mi piacciono queste discriminazioni. Rob mosse la mano come a scacciare un insetto. — Fate come vi pare, basta che non rompiate le palle. Moros saltò giù dalle panche e si avvicinò a Konor. Erano più o meno della stessa altezza, Moros però era molto più in carne. Oltre a un leggero strato di grasso, aveva capelli lunghi, folti, e le guance coperte da una peluria scura. Era appariscente, Moros, eccessivo in tutto, guidato più dalla creatività che dal buon senso. In fondo, era lui l’artista del gruppo. — Prima lezione, da fare tua al più presto — disse. — Noi siamo schiavi.

— Ma che dici? — s’intromise Tenth. — Avresti un’altra definizione? — ribatté Moros continuando a guardare verso Konor. — Schiavi è quella giusta — convenne lui. — Questa lezione me l’ha già data Ven, grazie per avermelo ricordato. Moros gli diede una pacca sulla spalla. — Io e te andremo d’accordo. Devi mangiare di più, stecchino, o rischi di spezzarti. Konor gli toccò la pancia con il dorso della mano. — E tu dovresti mangiare di meno, o i goroniani faranno a botte per cenare con te. Moros scoppiò a ridere. — Sei forte! Konor era stato spavaldo, ma Aliah lesse nella piega rilassata che assunse il suo viso che aveva dovuto faticare per mantenere quella fermezza. Doveva essere un ragazzo molto timido, con una forza interiore sopita che le ultime esperienze avevano iniziato a risvegliare. Forse poteva diventare un buon fratello, anche se Rob non lo pensava. — Stasera suono in piazza del Vecchio Impero — disse Moros. — Vieni a vedermi. Ci sarete anche voi, vero? — Ma certo — rispose Tenth. Aliah scambiò uno sguardo con Rob. Quando non c’erano missioni che li costringevano fuori casa preferiva restare con suo padre, per non lasciarlo solo. Le sarebbe piaciuto uscire a svagarsi un po’. — Io non ho voglia di sentirti far rumore — rispose Rob. — Aliah può venire, se ci tiene. Il solito Rob, pensò Aliah. — Cosa suoni? — chiese Konor. — Strumenti non convenzionali! — rispose Moros alzando il mento, come a preannunciare qualcosa di spettacolare.

Rob gli dette una leggera spinta. — Ora fuori dalle palle, ho detto che non dobbiamo perdere tempo. — Prima spiegatemi quella storia del motto — gli ricordò Konor. Tenth estrasse la daga e gliela mostrò. — Quando una recluta a di grado, il bronzo si tramuta in argento — spiegò lei. — Quel momento rappresenta molto per un fratello, per questo la squadra esegue un rito, con cui lo accoglie in modo definitivo. Durante la cerimonia il fratello deve scegliere un proprio motto, una frase che lo rappresenta. La mia è io sono la bestia. — ò il dito sulla lama, mostrando le parole incise nel metallo. — La bestia? Che significa? — È per il potere che ho sviluppato. — Lahra mi ha parlato del potere. Lei diventa una specie di angelo guerriero e Ven un lupo mannaro. Tenth sorrise. Avvolse con un braccio il collo di Konor, che avvampò di stupore. Quando il corpo della ragazza si fece molle e gli si avvinghiò intorno assumendo le fattezze di un grosso serpente, il rossore sfumò in un colorito terreo, accompagnato da un urlo di terrore. Il serpente gli vorticò dalla testa ai piedi, poi scivolò sul pavimento liberandolo dalla morsa. La lingua biforcuta vibrò emettendo un sibilo che diventò una risata, quando Tenth riprese le proprie sembianze. — Adesso ho capito — mormorò Konor, ancora pallido come un cencio. — E quella zampa incisa vicino alla frase? — Il mio simbolo: una zampa di pantera. — Alzò un lembo della maglia, scoprendo la pelle vicino all’ombelico. — Lo stesso simbolo viene tatuato sul nostro corpo. Un forte vento scompigliò i capelli di Konor. — Io so dominare gli elementi — spiegò Moros. Mostrò la daga. — La natura al mio comando è il mio motto e ho come simbolo una fenice.

Fu la volta di Aliah. Indicò la piovra che ornava la daga. — Salverò la tua anima — lesse Konor. — In che senso? — Aliah è una sentimentale — spiegò Moros. — Per lei la priorità è sempre salvare i posseduti. — È la priorità di tutti noi — ribatté lei. — Lo hai dimenticato? — E il tuo potere? — chiese Konor. — Adesso basta! — Rob aveva alzato la voce. — Sono stanco di voi. Sparite! — E tu non ti presenti come si deve? — lo canzonò Moros, mentre Tenth sghignazzava. Rob strinse le palpebre. Alzò una mano e una forza invisibile sollevò i due da terra. — Che modi! — protestò Moros. Tenth aveva smesso di ridere e cercava di impedire alla gonna di alzarsi scoprendole le gambe. — Se non ve ne andate da soli vi sbatto fuori io. — E va bene! Facci almeno prendere i mantelli!

Era la prima sera della sestina. La piazza era abbastanza affollata, anche se molte di quelle persone si sarebbero alzate all’alba, il giorno successivo. Era iniziata la primavera e Aliah pensava che anche gli altri abitanti della città avessero voglia di festeggiare. Peccato per la leggera nevicata che era iniziata poco prima a ricordare che sull’isola di Seris l’inverno se ne fregava del calendario. Tirò il cappuccio sulla testa e lo strinse sotto il mento, cercando di domare il freddo. Camminò a o svelto tra la folla. Piazza del Vecchio Impero era molto grande, la maggiore di Tommen, ma lei sapeva dove di solito Moros e la sua banda si mettevano a suonare, almeno finché la gendarmeria non arrivava a scacciarli.

Eccoli lì, infatti, davanti alla bottega del sarto. Moros e i due compari, Elis e Lynn, entrambi capelloni e barbuti come lui. Sembravano tre fratelli, invece erano accomunati solo dalla voglia di cantare. Aliah si era sempre chiesta se Moros avesse mai pensato al futuro. Viveva da sempre alla giornata e non si preoccupava di diventare apprendista in una qualche corporazione. Le poche gocce che guadagnava suonando gli bastavano, a quanto pareva. — Ecco la mia rossa preferita! — esclamò quando si accorse di lei. Era accovacciato davanti a una piccola scaffalatura. Stava riempiendo delle bottiglie di vetro e le stava disponendo sulle tavole. — Non è ancora pronto il tuo strumento? — Mi manca poco. Tuo fratello non è venuto, eh? Gli sto proprio sulle scatole. — Lo sai che non è vero. È rimasto con nostro padre per permettermi di uscire. — Aliah! — esclamò Lynn inginocchiandosi nella neve davanti a lei. — Oh, mia amata, che bello vederti! Aliah scoppiò a ridere. Lynn le faceva una corte spietata da quando l’aveva vista la prima volta. Era l’unico ragazzo che aveva mostrato un minimo di interesse per lei. Di solito preferivano tutti Tenth. Non era difficile crederlo: Tenth era alta, con lunghi capelli scuri e occhi profondi come la notte. Il trucco scuro metteva sempre in risalto la luminosità dello sguardo e la forma tornita delle labbra. Anche sotto strati di stoffa era evidente il suo corpo sinuoso, il petto importante. Aliah era bassina, con quei capelli ramati, fulvi, troppo simili a un cespuglio in autunno. Il piccolo seno non poteva neppure competere con le curve di Tenth. Eppure Lynn sembrava apprezzarla davvero e, malgrado fosse sempre eccessivo, doveva essere davvero innamorato di lei. Aliah era quasi dispiaciuta nel non ricambiarlo, anche se le faceva piacere incontralo. — Non restare in ginocchio, mio giovane principe — scherzò lei porgendogli una mano per farlo rialzare. — Dopo il concerto vuoi venire con me a bere qualcosa in una taverna? — le chiese senza mollarle la mano. Aliah sentì di arrossire. Era quasi tentata di accettare, poi ricordò che era meglio rientrare a casa al più presto.

Furono dei i strascicati nella neve a trarla d’impaccio. — Konor! — fece Moros saltando in piedi. Aliah sfilò la mano da quelle di Lynn e sorrise a Konor. Era lieta di vederlo lì. Per lavorare bene, i fratelli dovevano conoscersi, fidarsi gli uni degli altri. Non era necessario essere amici, ma avrebbe aiutato. E poi Konor le dava l’idea di essere un ragazzo un po’ solo. — È ancora valido l’invito? — chiese. — Ragazzi, lui è Konor — lo presentò Moros agli altri membri del gruppo. Aliah notò una certa freddezza nel modo in cui Lynn lo salutò. Non doveva aver preso bene l’interruzione del suo corteggiamento. — Vogliamo iniziare? — chiese Elis. Portò le labbra al bocchino del lungo tubo di legno che usava per suonare. Moros si accovacciò su un piccolo sgabello davanti alle bottiglie, mentre Lynn schiariva la voce. — Non c’è Tenth? — chiese Konor. — No — rispose Aliah. — Forse non è riuscita a sgattaiolare fuori dalla sua villa. — Villa? Tenth è ricca? — Il suo nome completo è Tenth di Vanilla. Konor spalancò la bocca. Aliah sorrise: quel ragazzo le sembrava sempre spaesato. A quanto pare per lui ogni cosa era una sorpresa. E di certo di non aspettava che la madre di Tenth fosse una dei sette saggi di Tommen. Moros iniziò a battere con dei bastoncini di metallo contro le bottiglie. Avevano tutte una forma specifica ed erano riempite a un livello diverso. Con un uso sapiente delle bacchette Moros riuscì a produrre una musica dolce, che catturò subito l’attenzione dei anti. Quando Elis soffiò nel tubo, producendo un rombo cupo e potente, cominciò a formarsi un capannello di persone interessate.

Aliah incrociò lo sguardo di Lynn. Lui sorrise e iniziò a cantare, tenendo gli occhi su di lei.

Per te mi trasformo in un’ape d’inchiostro, ronzo svelto nel cielo e ti plano sul collo, sul lilium mi poso e il mio affetto ti mostro baciando ogni petalo, stame o pistillo. Assaporo estasiato il tuo dolce profumo, mi nutro fremente del tuo nettare dorato, ma come un drago ruggisco sputando il mio fumo, spalanco le ali e mi scaglio adirato contro chi si avvicina per farti del male. Lo graffio e lo mordo, lo scaccio lontano, sei mia e non ti lascio a nessuno, è normale! E ritorno da te, ti stringo la mano, asciugo dal viso la tua lacrima amara. Non essere triste, ti sono vicino, la notte non dura per sempre, mia cara. Attenderemo insieme che risorga il mattino.

Aliah non era riuscita a distogliere lo sguardo per tutta la canzone. Lynn le offrì un inchino. Quella canzone era stata per lei.

— Sono davvero bravi — commentò Konor. — Davvero — confermò lei. I tre ragazzi ripresero a suonare, ando a canzoni meno romantiche. — Quindi Tenth viene da una buona famiglia — riprese Konor. — Come ha fatto a finire nella Fratellanza? — Era malata di cuore. Le restava poco da vivere. — Finché Lahra non l’ha guarita. In pratica vale così per tutti noi. Aliah annuì. — Moros era stato ridotto in fin di vita da un gruppo di teppisti. Io e Rob siamo rimasti vittime di un’esplosione nell’officina di nostro padre. Lui era un meccanico, un tempo. — È… morto? — No, è rimasto senza gambe. Nostra madre, invece… Ma cambiamo discorso, non mi piace parlare di queste cose. E tu? Che fai nella vita? — Oggi ho ripreso a frequentare la casa della sapienza — rispose Konor con un certo imbarazzo. — Ho avuto un incidente quando mi mancava ancora l’ultimo ciclo di studi. Sono stato risvegliato da Lahra poche lune fa, così ora mi tocca recuperare. — Se ti consola, io ho terminato gli studi, ma non ho ancora trovato una corporazione che mi accolga. Aliah tornò a guardare Lynn, intento a cantare una specie di filastrocca sconcia. Era incredibile come riuscissero a cambiare genere in continuazione. — Ragazzi, ci siete? Era la voce di Tenth. Anche Konor doveva averla sentita. — Usiamo la daga per comunicare tra di noi — gli sussurrò. — Tenth, dove sei? Il pubblico applaudiva. Moros si era alzato dallo sgabello e guardava verso di

loro. — Sono nella sala degli allenamenti. Lahra ci ha convocati. Venite subito qui. La comunicazione si interruppe. — Devo venire anche io? — chiese Konor. — Il messaggio lo hai sentito. Quindi devi venire. Moros alzava le braccia verso il pubblico. — Mi dispiace, ma per oggi finiamo qui. Grazie per averci ascoltato! Lynn stava ando tra la gente con un cappello, cercando di racimolare qualche goccia. Aveva una faccia stizzita. Aliah lo capiva: avrebbero potuto continuare a suonare ancora per molto, se solo i misteriosi impegni di Moros non li avessero costretti a fermarsi. — Allora? Ci vieni a bere qualcosa? — le chiese quando arrivò davanti a lei. — Purtroppo devo scappare anche io. Andiamo, Konor. Notò subito l’espressione sospettosa di Lynn. Si affrettò ad allontanarsi, tirando Konor per il mantello. — Mi sa che c’è rimasto male — commentò lui. Aliah evitò di rispondere. Lo portò fuori dalla piazza e continuò a camminare lungo la strada, alla ricerca di un posto tranquillo per traslarsi. Konor la seguiva curioso. Avrebbe dovuto traslare anche lui. Come era prevedibile, quel pomeriggio non era riuscito a concludere nulla. Rob gli aveva spiegato che la traslazione richiedeva concentrazione. Con la pratica diventava una cosa naturale, all’inizio però era necessario imparare a liberare la mente, visualizzare il luogo in cui si voleva apparire con tutte le proprie risorse mentali, per poi ordinare alla daga di portarlo in quel punto. Konor necessitava ancora di molto allenamento. — Moros non viene con noi? — Ci raggiungerà. Deve smontare i suoi strumenti o sembrerebbe sospetto.

Ancora di più se venisse via con noi. — Gli fece un segno. — Andiamo in quel vicolo. Dammi la mano — aggiunse dopo essersi sincerata che non ci fosse nessuno. — Mi porterai tu? — Perché non provi da solo? — rispose lei. — Rob ti ha insegnato, no? — Non sono capace. — Solo perché lo credi. Devi fidarti di più delle tue qualità. Avanti, prova a pensare alla sala dove eravamo oggi pomeriggio. Estrai la daga e concentrati. Konor eseguì. Chiuse gli occhi stringendo la daga di bronzo nelle mani. Aliah lo vide contrarre le palpebre. Il respiro si fece corto e una goccia di sudore gli bagnò la fronte. — Inutile — cedette alla fine. — Non ho sentito neppure una punta dell’energia di cui parlava Rob. — Ce la farai. Tutti noi abbiamo dovuto lavorare per imparare a traslarci. — Non lo dici per consolarmi, vero? Aliah gli sorrise. — Perché dovrei? — rispose sincera. Estrasse la daga e gli prese la mano. Chiuse gli occhi e pensò alla sala degli allenamenti. Dopo qualche istante avvenne la traslazione. La sala era illuminata da diversi bracieri disposti lungo le pareti che solo in parte riuscivano a mitigare il freddo in un ambiente così aperto. Con un lampo, apparve anche Moros. — Allora? Vogliamo cominciare? — A fare che? — chiese Konor. — Quello che dobbiamo — rispose Rob emergendo dall’ombra. Con lui c’era Tenth. Tutti impugnavano le daghe. Konor non dovette impiegare molto per accorgersi che guardavano verso di lui. Rob alzò la sua puntando al soffitto. Un lampo di luce cancellò la sala. Quando si spense, al posto delle pareti di legno e roccia

c’era un cerchio di fuoco. — Dove siamo?— mormorò Konor. — Che volete? — Vogliamo divertirci un po’ — rispose Moros. Fu lui il primo ad attaccare. Calò la daga con un grido, spingendo Konor ad alzare la propria per bloccare il colpo. — Che cavolo ti prende? — gridò la recluta. Moros rispose mulinando la daga. Konor arretrò evitando di essere tagliato in due. Inciampò sulle gambe e cadde in terra. Guardò terrorizzato le fiamme che lo chiamavano a pochi i. Moros alzò la spada, ma prima che riuscisse a colpire Konor, una forza invisibile glielo sfilò via. Rob trascinò Konor sul pavimento con il pensiero, come fosse un giocattolo. Lo sollevò da terra e lo depositò in piedi. — Devi imparare ad attaccare, mentre ti difendi. Non puoi sempre scappare. Fu la volta di Tenth. Lanciò un urlo di guerra lanciandosi su Konor. Le daghe si scontrarono un paio di volte, finché Tenth non balzò di lato, rotolò sul pavimento coprendosi di una nube dorata. Quando l’ombra si dissolse, una pantera nera aveva preso il posto della ragazza. — Ragazzi, ma che… — piagnucolò Konor. Tenth ringhiò mentre con o felino gli si avvicinava. Konor arretrò, finché il fuoco non fu troppo vicino. Fu costretto a prendere l’iniziativa. Corse verso la pantera alzando la daga sulla testa. Tenth balzò prima che lui potesse abbassarla. Lo colpì con una zampata allo stomaco, spedendolo per terra. Rob lo tirò subito in piedi. — Hai scoperto la guardia, fratello. Se invece di Tenth avessi avuto davanti un goroniano ora cacheresti budella dalla pancia. Si voltò verso Aliah. Toccava a lei ora. Non voleva infierire su Konor, anche se era per il suo bene. Si limitò ad allungare i capelli verso di lui. I tentacoli di rame fluttuarono dell’aria. Konor agitò la daga, tentando di tenerli lontano da lui. Riuscì a tagliarne uno, ma un altro lo schiaffeggiò sulla nuca. Aliah avvolse un tentacolo alla caviglia e lo sollevò da terra. Lo fece volteggiare un paio di volte,

prima di adagiarlo con delicatezza. Konor rimase a terra. Era rosso in viso. Forse avevano esagerato, non era pronto per subire un simile attacco. Aliah guardò verso Rob. Lui annuì. Alzò di nuovo la daga, facendo sparire il fuoco. La casa della preghiera era tornata ad abbracciarli. — Avanti, fratello — disse Rob porgendo la mano. Konor gliela scostò con rabbia. — Lasciami perdere! Rob non desistette e offrì di nuovo il suo aiuto. — Non era nostra intenzione prenderti in giro. È giusto che tu impari che d’ora in poi potresti essere costretto a difenderti senza preavviso da mostri che non si fermeranno, quando potranno ucciderti. — Io non voglio tutto questo! — Che tu lo voglia o no, è del tutto ininfluente. Konor alzò gli occhi lucidi verso Rob. Accettò la sua mano e si rialzò in piedi. Fu poi con un rapido movimento, che lo colpì con un pugno sul mento, spedendolo gambe all’aria. — Predichi bene — gli disse agitando la mano dolorante — Ma dovresti imparare a non abbassare la guardia troppo facilmente. Rob si toccò il mento. Un labbro gli si stava già gonfiando. Moros scoppiò a ridere per primo. Non ci volle molto perché anche Tenth, tornata alla forma umana, lo seguisse. Aliah trattenne l’ilarità per rispetto del fratello, con la tensione che attendeva una sua reazione. Quando Rob si rialzò, Konor arretrò, perdendo in un lampo tutta la spavalderia. Rob estrasse la daga, con fare minaccioso. — Rob — mormorò Aliah. — Ci vediamo domani per l’allenamento — disse Rob, prima di traslare.

— Se la sarà presa? — commentò Tenth dopo un po’. — Rob è sempre incazzato, lo sai — rispose Moros. — Non sarà un pugno a farlo peggiorare. Aliah toccò un braccio di Konor. — Cos’erano quelle fiamme? — chiese lui. — Siamo in grado di creare delle piccole dimensioni alternative. Le usiamo spesso, per allenarci. — Succede anche quando liberate un evocato. — È simile, anche se in quel caso non siamo noi a determinare dove finiremo. Konor scosse la testa. — Be’, grazie. Stasera mi avete davvero insegnato un sacco di cose — commentò. — Rob pensava che un allenamento più duro potesse aiutarti. Scusaci se abbiamo esagerato. Konor non la guardò. — Forse aveva ragione. Ogni tanto tendo a dimenticare la mia nuova vita. — Ti accompagno a casa, ti va? Konor scosse la testa. — Preferisco farmela a piedi. — Vivi da queste parti? — chiese Tenth. — No — rispose Konor avviandosi verso l’uscita — ma una bella scarpinata mi farà sbrigare a imparare la traslazione.

— Si può sapere dove sei? Il messaggio di Rob la prese alla sprovvista, strappandole un cinguettio di spavento. Aliah si nascose nell’ombra di un vicolo, d’istinto. Non sapeva se

Konor l’aveva sentita. Era probabile, visto che in strada non c’era un’anima e anche il fruscio delle foglie toccava l’udito. Restò schiacciata sulla parete trattenendo il respiro, finché non si ritenne abbastanza certa di non vedere la testa di Konor fare capolino. Sbirciò oltre l’angolo. Vide il ragazzo diversi i più avanti. Sulla base di quella distanza e dal fatto che camminava mantenendo lo stesso o di prima, calcolò che doveva essersi fermato a controllare, prima di ripartire. Riprese anche lei il o, per non rischiare di perderlo. Sto per tornare a casa, non preoccuparti. Sperò che Rob si accontentasse della risposta che gli aveva mandato telepaticamente. Ci mancava che iniziasse a tempestarla di messaggi o, peggio, che si traslasse davanti a lei seguendo la traccia della sua daga. Ormai non mancava molto alla piazza del Vecchio Impero. Il pedinamento durava da quasi una centina. Tenth e Moros si erano traslati a casa, senza aggiungere molto quando la recluta era uscita. Aliah, invece, si era messa alle costole di Konor. Neppure lei sapeva perché. Forse era il senso di colpa per averlo strapazzato. Lei non era in grado di sopportare il risentimento degli altri. Rob l’aveva sempre accusata di non saper accettare che qualcuno ce l’avesse con lei, aveva quella che lui chiamava la sindrome della pace. Poteva anche essere vero, Aliah ne era consapevole. Non aveva idea di cosa avrebbe detto se lui l’avesse scoperta. Le aveva già fatto capire che non era poi così felice della sorpresa che gli avevano riservato. Konor non raggiunse la piazza. A un certo punto sparì alla vista, tanto che Aliah pensò che fosse riuscito a traslarsi. Affrettò il o, finché scorse il ragazzo vicino alla sua bimovente, parcheggiata in una strada che confluiva nella via dove si trovava lei. ò oltre, prima che lui alzasse lo sguardo e la vedesse. Ecco la grande Aliah, in grado di combattere contro mostri simili a demoni, ma incapace di affrontare la rabbia di un ragazzino. — Ciao, bellezza! La voce le fece fermare il cuore. Un uomo emerse da un cumulo di coperte

rattoppate. Aveva la barba lunga, il viso ricoperto di sporcizia e un alone di urina che gli aleggiava addosso come uno sciame di mosche. Un vagabondo, come ce n’erano tanti a Tommen. Riprese a camminare, ignorandolo. Percepì il movimento di coperte alle proprie spalle. Affrettò il o. — Non hai qualcosa da mangiare? — le gridò dietro il vagabondo. Aliah sentiva la sua puzza, accompagnata dal rintocco di qualcosa che sembrava di legno. Era troppo vicino. Si mise a correre. Un’ombra le oscurò la vista saltando fuori dal nulla. — Il mio amico ti ha fatto una domanda! Una donna, grigia e secca come un ramo apito. Anche lei era vestita di stracci ed emanava un lezzo ancora peggiore di quello dell’uomo, misto di umori femminili che le diedero il voltastomaco. Aliah si sentì accerchiata. — Giusto! — fece il vagabondo. Camminava accompagnandosi con un lungo bastone, anche se non zoppicava per nulla. — Non è bello che te ne freghi. — Non ho gocce con me — rispose Aliah. — Lasciatemi in pace. La donna le carezzò una ciocca di capelli. — Io lo so che menti. Che controllo nelle tue sacche? Vuoi vedere che la trovo qualche goccia? L’uomo le sorrise con fare animale. Gli mancavano almeno tre denti. — Fammi cercare anche a me. A me vanno bene anche altre cose. Aliah strappò i capelli dagli artigli della donna. Fece un o indietro, estrasse la daga. — Lasciatemi in pace, ho detto. Non dovevano essersi accorti che la daga era apparsa dal nulla. Scoppiarono entrambi a ridere. — Ci vuoi bucare con quella, bambina? — la canzonò la donna. La daga è un’arma a tutti gli effetti, ricordò a se stessa. Non l’aveva mai usata per ferire qualcuno, nemmeno per colpire un posseduto e liberare l’evocato. Non lo avrebbe fatto neppure quella sera. Doveva traslarsi, anche se quei due

l’avrebbero vista. Era un rischio accettabile, dopo tutto. — Lasciatela stare! Con le gambe larghe, piantate al centro della strada, Konor indicava i due vagabondi con la propria daga. Aliah trattenne un gesto di stizza. Ora non poteva andarsene, o lo avrebbe lasciato in balia di quei due. — È arrivato il tuo principe, bellezza? — ridacchiò l’uomo. — Anche lui ha uno spadino, guarda. — Scommetto che non sei capace di usarlo. Konor si fece avanti, brandendo l’arma. — No! — lo fermò Aliah. — Non puoi farlo! L’uomo approfittò dell’attimo di esitazione di Konor per colpirgli un polso con una bastonata. La daga gli sfuggì di mano. Prima che potesse raccoglierla, fu colpito di nuovo a una spalla. — Tutto qui il tuo coraggio? — disse il vagabondo. Gli diede un’altra bastonata sulle gambe, facendolo cadere. Aliah fece per correre verso di lui. La donna l’afferrò per i capelli e la tirò a sé. La strinse in un abbraccio nauseabondo. — Tu resti con me, principessa. Sarebbe bastato infilzarla con la daga. Al diavolo le regole! Le avrebbe strappato le budella. Al solo pensiero, le dita sull’elsa si allentarono. La donna riuscì a sfilargliela senza sforzo. Konor era piegato sulla strada, con le mani sulla testa per proteggersi dai colpi che il vagabondo non lesinava. — Uff, non ce la faccio più — esclamò l’uomo. Si appoggiò al bastone, per riprendere fiato. Con un balzo, Konor raccolse la daga. L’uomo fu lesto a calare il bastone. Il legno colpì la lama, di piatto, e rimbalzò indietro. Konor tentò un raddoppio dal

basso. Aliah portò le mani alla bocca, in attesa di veder squarciare il fianco del vagabondo. All’ultimo momento Konor dovette ripensarci. Fermò la corsa della lama, rotolò un o lontano dall’avversario e si rialzò, subito incalzato dall’altro. Il vagabondo mostrava di aver combattuto, in ato. Brandiva il bastone con maestria, segno che era stato un soldato o qualcosa di simile, prima di ridursi a quella vita disgraziata. Konor, invece, era grezzo e sceglieva parate che dovevano procurargli dolore al polso dopo ogni colpo. Non riusciva a portare nessun attacco e arretrava verso gli edifici ai lati della strada, iniziando a lasciar are sempre più legnate. Un muro bloccò la ritirata. Era braccato. Prima o poi non avrebbe avuto più la forza di sostenere la daga, il vagabondo gliel’avrebbe strappata di mano. — Trasla, Konor! — urlò Aliah. — Zitta, tu! — intimò la donna tirandole i capelli. Konor parò una bastonata portata dall’alto. Con uno sforzo riuscì a spingere indietro il vagabondo. Chiuse gli occhi, cercando di usare i pochi istanti guadagnati per trovare la concentrazione. Riuscì solo a prendere una bastonata al bacino, che lo piegò sulle ginocchia. Aliah maledisse se stessa. Konor era troppo inesperto, come aveva potuto pensare che sarebbe riuscito ad attuare una traslazione rapida? Il vagabondo portò il bastone in orizzontale, caricando un affondo. Solo allora Aliah si accorse che l’estremità era stata appuntita. Chiuse gli occhi. Sentì il grugnito del vagabondo mentre portava il colpo. Poi le giunse il rumore del legno che colpiva le pietre dell’edificio. — Che cazzo… — mormorò la donna. Aliah riaprì gli occhi. Il vagabondo era ancora bloccato con il bastone che spingeva contro la parete dove Konor si era bloccato. Il ragazzo era alle sue spalle con la daga alzata sulla testa, pronta a un fendente. L’uomo si girò, parò il colpo con il bastone, che fu tagliato in due. Konor fermò la discesa della daga un attimo prima di affondargli la lama nella testa.

Aliah sentì la donna allontanarsi da lei. Quando si voltò a guardarla, lei era già fuggita lontano, abbandonando la daga d’argento. Anche il vagabondo non attese altre mosse di Konor e si dileguò. Aliah raccolse la daga e la ripose nel fodero invisibile. — Come hai fatto? — chiese a Konor dopo averlo raggiunto. — Non lo so — rispose lui. Aveva uno sguardo allucinato, incredulo. — Ti sei traslato alle spalle del vagabondo! Ci sei riuscito, Konor! Qualcuno aprì delle imposte. — La vogliamo finire con questo baccano? Konor arcuò la bocca in un’espressione di rabbia. Camminò a lunghe falcate verso la finestra socchiusa. — Adesso ti affacci a protestare? — gridò. — Dove eri mentre quello mi voleva ammazzare? Dove eravate tutti, codardi che non siete altro? Le persiane si chio di scatto. Nessuno sembrava avere più il coraggio di mostrarsi. Chissà quanti erano rimasti nascosti a sbirciare quello che stava accadendo nella strada, timorosi di muovere anche solo un dito per aiutarli. — Ti sei traslato — ripeté Aliah, abbassando la voce. — Non è vero, io non sono capace. — È l’unica spiegazione. Non potevi liberarti in altro modo. Ce l’hai fatta! — Cosa ci facevi qui? — ribatté lui cambiando discorso. Aliah non trovò una risposta. Mosse la bocca, senza darle fiato. — Mi hai seguito? Che vuoi da me? — Io… ero preoccupata. — Lasciami perdere. Lasciatemi perdere tutti! — Io voglio esserti amica, aiutarti. — Come hai fatto stanotte? Per poco non mi ammazzavano, bell’aiuto. Le voltò le spalle e tornò verso il vicolo dove aveva parcheggiato la bimovente.

— Konor! — Stammi lontana! Aliah rimase in silenzio. Guardò Konor allontanarsi a bordo della bimovente. Il rumore lo seguì anche dopo che era sparito alla vista.

5

Picco del sole, secondo dì della quinta luna, trentunesimo ciclo dal lampo

Le immagini apparvero distorte, come se osservate attraverso una parete di vetro spesso e ondulato. Johob provò un giramento di testa, che quasi gli fece perdere la presa dalla frusta di Brond. Era la prima volta che la meditazione congiunta con Ovel riusciva a produrre qualcosa, dopo più di un giorno di continui tentativi a vuoto. — Signore, non perdere la concentrazione — disse Ovel. Sembrava stesse parlando infilato in una botte. La voce rimbombava e arrivata cupa, da lontano. Johob strinse le dita sul cuoio teso tra le sue mani e quelle del soldato. Respirò a fondo, schiacciando le palpebre, come a chiudere una possibile fuoriuscita della visione. A poco a poco si sentì più leggero, iniziò a levitare. Il vetro parve illuminarsi e qualcosa si mosse oltre la parete. Sembravano solo sagome indistinte. Avvicinò il viso, fino a poggiare la fronte. La pelle assaporò un freddo ancestrale che si propagò dalla testa a tutto il resto del corpo. Spinse ancora, affondando nel vetro. Si lasciò accogliere in quello che era diventato un liquido denso e vischioso. Resistette all’impulso di riaprire gli occhi e sfuggire dalla meditazione, per liberare le membra da quel freddo che neppure l’inverno delle isole del sud era riuscito a procurargli. Quando si ritrovò oltre la barriera, le immagini distorte gli si presentarono più distinte, con colori troppo vivi, accecanti. Per un attimo provò paura, poi stordimento. Davanti a lui c’era un ragazzo. Aveva il viso gonfio, martoriato da un taglio fresco e un grosso livido. La luce era fioca, quasi assente. Non era possibile riconoscere il suo volto. Johob identificò chiaramente quello lui stesso stava contemplando. Una daga d’argento. Il filo della lama rosseggiava di sangue. Il ragazzo ansimava, contraeva le dita e digrignava i denti. Gli sarebbe di certo

piaciuto portargli le mani al collo, se solo non avesse avuto i polsi legati. — Sono questi gli uomini della Fratellanza? — disse Johob. — Quanti cicli stagionali hai vissuto? Diciotto? Venti? Sei solo un ragazzino! Osservò le lacrime di sangue che dal taglio sul viso del ragazzo scivolavano verso il basso. Una raggiunse la bocca, colorò di rosso il sorriso che si era aperto sul suo volto. Johob lo guardò portare le mani verso la daga. Le dita avvolsero la lama, fecero pressione. — Guarda che ti fai male così — scherzò. — Non sono io quello che si farà male — rispose il ragazzo. Johob si sentì gelare. Anche al buio, la luce di follia che annegò gli occhi del ragazzo brillò distinta. Tirò via la daga, per strappargliela dalle mani. Il ragazzo non mollò. Rafforzò la pressione. Una delle mani non aveva il guanto. Johob la vide riempirsi di peli scuri e prolungarsi con lunghi artigli. Una nube nera avvolse le membra del ragazzo, si gonfiò, esplose con un ruggito. La daga era sparita. Johob arretrò trattenendo il respiro. Al posto del ragazzo era apparso un mostro possente, bestiale. Un lupo con il corpo da uomo. Una zampata colpì Johob sul petto, proiettandolo a diversi i di distanza. La cotta di maglia e l’imbottitura gli avevano salvato la vita. La gabbia toracica bruciava di dolore e il respiro faceva fatica a entrargli nei polmoni. I due uomini che fino a un attimo prima avevano trattenuto il ragazzo furono i primi a finire preda dei suoi artigli. Uno fu infilzato nello stomaco, tirato verso l’alto e scagliato nella neve. Il secondo tentò la fuga. Il licantropo lo agguantò per la testa, lo fece volteggiare come un pupazzo, prima di schiantarlo contro il ramo di un albero. La schiena si spezzò sulla lombare con uno schiocco, e l’uomo rimase a penzolare con i talloni che sfioravano la nuca. Johob spinse indietro con le gambe, accumulando neve contro le terga. Davanti a lui un altro soldato finì tra le fauci del mostro. Non attese di vedere la tragica fine degli altri. Ruotò su se stesso, piantò le mani nella neve e si dette la spinta per rialzarsi. Corse via, inseguito dalle urla di dolore e dai grugniti affamati del licantropo. Corse via, con le lacrime di paura

che gli bagnavano il viso e gli infangavano l’onore. Corse senza ragionare, fin dove le gambe riuscirono a portarlo. Corse finché non ebbe più la forza di farlo. Quando alzò gli occhi al cielo il sole lo accecò. Era giorno. Il lupo doveva aver massacrato tutta la sua squadra. Lui era fuggito, come un coniglio. Sfiorò la frusta. Non era stato degno di quell’arma. Si concentrò, stringendo le dita intorno al manico. — Una daga d’argento, con il simbolo del lupo — mormorò. — Ci ha massacrati. Doveva tornare a meritare la frusta. Gli bastava ritrovare il ragazzo. Con il prossimo messaggio, avrebbe comunicato di aver spiccato la testa dal collo del ragazzo lupo. Il suo gesto di infamia sarebbe stato dimenticato. Sfilò la frusta dal gancio, pronto a usarla se necessario. Tornò indietro, seguendo le proprie impronte scomposte per raggiungere di nuovo il luogo in cui il ragazzo lupo era stato catturato. Lo spettacolo che gli si offrì quando arrivò gli fece rivoltare lo stomaco. Non per il sangue e le viscere sparse in ogni dove. In guerra aveva avuto modo di assistere a scene ben peggiori. Era lo smacco subito a farlo star male. C’era un’altra scia di orme che si allontanava da quel mattatoio. Delle gocce di sangue accompagnavano il percorso. Potevano essere state lasciate da uno dei suoi soldati. Più probabilmente appartenevano al ragazzo con la daga d’argento. — Non mi scapperai, stavolta — mormorò Johob. Rincorse le impronte senza fermarsi mai a prendere fiato. Quando vide la baita si concesse di sorridere. Del fumo stava uscendo dal camino. Ecco dove si era nascosto quella bestia. Si avvicinò a o lento. Non sembrava ci fosse qualcuno nei dintorni. Si accucciò vicino a una finestra e si sporse oltre un angolo. C’erano due ragazzi vicino al camino. Uno dei due era il ragazzo lupo. L’altra era una femmina. Lo stava curando spalmandogli un unguento sulle ferite del viso. Era di spalle, si vedevano solo i lunghi capelli castani. I due stavano parlando. Johob non riusciva a sentire le loro parole. Provò a toccare la finestra, per controllare se fosse possibile aprirla dall’esterno. Riuscì solo a farla cigolare.

Imprecando, si allontanò subito, per nascondersi dietro un albero. Non ci volle molto per vedere il ragazzo lupo arrivare con la daga in pugno. Aveva visto le sue orme. Srotolò la frusta e con uno schioccò gli colpì il polso, facendogli perdere la presa sulla daga. Tirò indietro il manico della frusta e lo mosse con maestria, avvolgendo il collo del ragazzo con il cuoio. — Stavolta non di permetterò di trasformarti — lo canzonò uscendo allo scoperto. Tirò la frusta, attirando il suo avversario. A ogni strattone, serrava la stretta. Doveva liberarsi del ragazzo prima che la sua compagna… Le immagini si irrigidirono, persero nitidezza. Johob si ritrovò sbalzato indietro, sputato fuori dalla barriera di vetro. La vide incrinarsi in una ragnatela di fratture, con un rumore simile al pianto disperato di un neonato. I blocchi di vetro si staccarono partendo dall’alto, trasformandosi in una cascata che sommerse Johob precipitandolo nel vortice di una bufera. Le sue urla si persero nel vuoto ed esplosero dalla bocca quando si risvegliò dal sonno in cui si era perduto quando aveva iniziato la meditazione. Era di nuovo nei pressi della baita, seduto su una coperta. Ovel era di fronte a lui, e lo osservava con uno sguardo preoccupato. Il sole stava sorgendo oltre le cime dei monti. — Stai bene, signore? Con il petto ansante, Johob si accorse di essere fradicio, come se fosse stato sommerso dall’acqua. Umettò le labbra, con la lingua, sentendo il sale del sudore. — Signore? — lo chiamò di nuovo Ovel. Lui appariva stanco, ma non stremato. Johob invidiò la sua capacità di gestire la mente. — Hai visto anche tu? — gli chiese. — Gli ultimi ricordi di Brond. Johob annuì. Non era riuscito a vedere se la ragazza era Lahra, e non conosceva abbastanza Ven da poterlo riconoscere nelle fattezze del ragazzo lupo.

Tentò di alzarsi, le gambe cedettero subito. Non era adatto a sostenere meditazioni così prolungate. E neppure la possibilità che Lahra fosse vicina riusciva a sostenerlo, in quel momento. Non avrebbe aspettato per confermare i suoi dubbi. — Ovel, ho una missione per te. — Ai tuoi ordini. — Io non riesco neppure a muovermi. Ho bisogno di qualche giorno per riprendermi. Però non posso lasciarmi scappare l’occasione di trovare Lahra, ora che le sono così vicino. — Quindi vuoi che vada io a prenderla. — Sì. Nel frattempo io mi farò riportare al porto. Ti aspetterò sulla nostra nave. Ovel sorrise. — Non c’è problema, generale. Dammi qualche uomo. Setaccerò Tommen finché non l’avrò pescata. — Avrai la squadra che ti serve. Ma non li guiderai da solo. Non hai mai visto Lahra di persona, potresti non riconoscerla. Ovel storse la bocca. Doveva aver capito. — Devo portare i due biondini, con me? Johob annuì. — Solo loro possono riconoscere Lahra. — Come ordini — sospirò Ovel. — Per il resto ho carta bianca? — L’importante è che me la riporti viva — rispose Johob. — Tutto il resto non conta.

FINE

Appendice: Le gocce

Dopo la notte del lampo, che ha portato la scomparsa della magia dalla Corona, la società ha trovato un nuovo assetto. La classe più altolocata non è più quella dei maghi, ma quella dei meccanici, persone che hanno saputo ricreare, seppure solo in parte, strumenti che facilitano la vita comune grazie alla tecnologia. I meccanici sono una corporazione, aperta solo a pochi, con rigide regole per la trasmissione della loro conoscenza. Molti macchinari fanno uso di una particolare forma di energia, le gocce, nome dovuto alla forma con cui questo frutto si presenta in natura. Le gocce sono delle specie di bacche dal colore bianco perla, del diametro di circa mezzo centimetro. Distrutte durante il dominio della magia, a causa della loro tossicità, sono diventate la principale fonte di ricchezza una volta scoperto il loro potere energetico. I produttori di gocce (la cui coltivazione non è semplice), chiamati gocciai, costituiscono una élite il cui potere è pari e in alcuni casi superiore a quella dei meccanici. Le gocce hanno ben presto affiancato e in parte sostituito l’oro come forma di moneta in tutto l’arcipelago. L’uso massiccio delle gocce ha consentito di scoprire le loro potenti qualità curative. Velenose se consumate come in natura, il succo di gocce trattato diventa un medicinale formidabile.

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Fantasy Tales La Fratellanza della Daga in questa collana

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Fantascienza

Franco Forte, Chew-9 Il Chew-9 è la sostanza più preziosa della galassia. Un potente allucinogeno capace di fare interagire l’immaginazione con la realtà, manipolando la materia per ottenere effetti sconvolgenti. Una droga che solo i ricchi e i potenti possono permettersi. A costo di annientare intere civiltà... Chew-9 ISBN: 9788867751228 Franco Forte, La guerra coi Rems Perché gli umani sono in guerra con la razza aliena dei Rems? Che cosa nasconde, in realtà, di così prezioso il loro pianeta natale? Chew-9 ISBN: 9788867751303 Franco Forte, Sole giaguaro Ma quando Roxie viene ingaggiato per comandare una spedizione di soccorso, non può immaginare quello a cui si troverà di fronte: un buco nero sta per inghiottire la sua astronave… Chew-9 ISBN: 9788867751471 Franco Forte, Sentenza Capitale Riuscirà il detenuto Cash La Rocca a sopravvivere all’atmosfera letale di Mephistopheles, un gigante ghiacciato ricoperto da oceani di metano e ammoniaca da cui nessuno è mai tornato vivo? Chew-9 ISBN: 9788867751501 Franco Forte, Morte dell'Agglomerato Questa è la sua storia. La storia di come uccise l’Agglomerato... Chew-9 ISBN: 9788867751518 Dario Tonani, Mechardionica Il primo capitolo delle nuove storie di Mondo9 Mechardionica ISBN: 9788867750436 Dario Tonani, Abradabad Qualcosa di nuovo lacera l'immobilismo di Mondo9: volare salverà gli uomini dalla schiavitù delle navi? Mechardionica ISBN: 9788867750610 Dario Tonani, Coriolano Dai deserti alla giungla pluviale, sono sempre la ruggine e il metallo in cima alla catena alimentare… Mechardionica ISBN: 9788867751006 Paul Di Filippo, Il demolitore di astronavi Una grande astronave ormai in disarmo nasconde segreti impensabili. Ma ciò che si troverà Klom sarà il tesoro più inaspettato. E imprevedibile. Robotica ISBN: 9788867750504 Robert J. Sawyer, Mikeys Come l'astronauta dell’Apollo 11 Michael Collins il loro destino era quello di restare indietro, mentre i loro compagni conquistavano lo spazio. Robotica ISBN: 9788867750511 Barbara Baraldi, Paziente 99 L'umanità è ormai condannata a vivere nelle viscere della Terra. Ma le cose non sono come sembrano, e il piccolo mondo sotterraneo nasconde segreti sconvolgenti. Robotica ISBN: 9788867750627 Robert J. Sawyer, Sherlock Holmes e l'enigma definitivo Nel lontano futuro, un mistero eccezionale richiederà un investigatore eccezionale: Sherlock Holmes Robotica ISBN: 9788867750931 Nancy Kress, I fiori della prigione di Aulit Su Mondo chi commette un delitto è condannato all’esclusione dalla Realtà. E Uli vuole tornarvi a ogni costo. Premio Nebula 1996 Robotica ISBN: 9788867750948 Paul Di Filippo, Bleb L’amore al tempo degli elettrodomestici intelligenti. Lui. Lei. E i bleb. Robotica ISBN: 9788867750955 Vittorio Catani, Replay di un amore Una spiaggia, un mare, un bellissima ragazza che sapeva di amare. Ma non ricordava di averla mai conosciuta. Robotica ISBN: 9788867751365 Valentino Peyrano, Il

castello e il viandante In un mondo sconvolto dall'apocalisse gli uomini sono costretti a vivere chiusi in castelli isolati. Solo i Viandanti, depositari dell'antica scienza, mantengono i contatti tra gli ultimi baluardi dell'umanità. Tecnomante ISBN: 9788867750467 Valentino Peyrano, Bema Esteban il Viandante era stato accolto con tutti gli onori in quello strano castello, ma qualcuno tramava alle sue spalle. Tecnomante ISBN: 9788867750597 Valentino Peyrano, La strada verso nord C'è una speranza per l'umanità? Forse sì, se riusciranno a non affidarsi completamente ai Viandanti e a ritrovare la sete della conoscenza Tecnomante ISBN: 9788867750917 Valentino Peyrano, Il resoconto di Karl Per Esteban la minaccia della vendetta dei Viandanti è sempre più vicina. Tecnomante ISBN: 9788867750924 Valentino Peyrano, Korman Esteban il Viandante sta per trovare il suo destino, e svelare finalmente le origini del mondo distrutto e popolato da mostri nel quale agonizza ciò che resta dell'umanità Tecnomante ISBN: 9788867751280 Valentino Peyrano, Il monaco apocrifo Le prove a cui deve sottoporsi Esteban sono quasi insostenibili, ma ciò che lo attende al termine del percorso è qualcosa che nessun uomo sperimentava da secoli. Tecnomante ISBN: 9788867751495

Fantasy Carlo Vicenzi, La fortezza Le leggende sulla fortezza dei Cento Blasoni sono davvero affascinanti. E tante sono le avventure che il padre gli ha raccontato. Fantasy Tales I Cento Blasoni ISBN: 9788867750818 Carlo Vicenzi, Il prezzo del mercenario Le leggende sulla fortezza dei Cento Blasoni sono davvero affascinanti. E tante sono le avventure che il padre gli ha raccontato. Fantasy Tales I Cento Blasoni ISBN: 9788867751334 Simonetta Fornasiero, Il figlio dell'unicorno Quando la magia e il coraggio si incontrano, le anime degli uomini si forgiano per combattere il male Fantasy Tales Il Necromante ISBN: 9788867750979 Simonetta Fornasiero, L'abisso di Khantara Chi è Kanthara? E perché da un paese lontano hanno chiamato proprio Selidor il Necromante, per trovare una soluzione a una minaccia così temibile? Fantasy Tales Il Necromante ISBN: 9788867751402 Scilla Bonfiglioli, Specchi d'acqua C'è un mondo nuovo e affascinante, dietro i riflessi dell'acqua. Ma attenti a ciò che si nasconde oltre la soglia... Fantasy Tales L'ultima soglia ISBN: 9788867750986 Liudmila Gospodinoff, Nessuno è più ombra di me Nella Città delle Ombre, maghi, spie, ladri, nobili e guerrieri tessono i loro oscuri intrighi… Fantasy Tales La città

delle ombre ISBN: 9788867751204 Luca Di Gialleonardo, La daga di bronzo Konor è un "rinato" e il suo destino è essere reclutato nella Fratellanza della Daga. Che lo voglia o meno. Fantasy Tales La Fratellanza della Daga ISBN: 9788867750801 Luca Di Gialleonardo, Iniziazione Mentre la preparazione di Konor continua, alla ricerca della Daga d'Argento, un nuovo pericolo incombe monaccioso... Fantasy Tales La Fratellanza della Daga ISBN: 9788867751587

Giallo Maurice Leblanc, L'arresto di Arsenio Lupin Il ladro gentiluomo alla sua primissima avventura: una sfida forse troppo audace anche per un genio del travestimento come Arsenio Lupin Arsenio Lupin ISBN: 9788867751075 Maurice Leblanc, Arsenio Lupin in prigione Lupin è chiuso in prigione e sorvegliato a vista. Ma allora chi è che ha mandato una lettera al barone Cahorn preannunciandogli il furto delle sue preziose opere d'arte? Arsenio Lupin ISBN: 9788867751457 Luca Martinelli, Sherlock Holmes e il tesoro di Sir Francis Drake Le intuizioni di Watson e le deduzioni di Sherlock Holmes alla ricerca della mente geniale del crimine che ha lanciato la sfida. Sherlockiana ISBN: 9788867750368 Samuele Nava, Sherlock Holmes e la sfida dell'astrologo Un sedicente operatore dell’occulto, un astuto ingannatore, una sfida irrinunciabile per Sherlock Holmes. Sherlockiana ISBN: 9788867750382 Luca Sartori, Sherlock Holmes e l'ultimo preraffaellita In questo romanzo breve, un’acuta indagine di Sherlock Holmes tra i segreti della vita, dell’arte e della morte! Sherlockiana ISBN: 9788867750399 Enrico Solito, Sherlock Holmes e l'avventura del Carro di Tespi Sherlock Holmes e William Shakespeare: un'abbinata affascinante Sherlockiana ISBN: 9788867750405 Luca Martinelli, Sherlock Holmes e l'avventura della corsa Londra-Brighton Lanciato a folle velocità nella corsa automobilistica Londra-Brighton, Sherlock Holmes deve risolvere il mistero del furto ai Lloyd’s. Sherlockiana ISBN: 9788867750412 Enrico Solito, Sherlock Holmes e il mistero delle Dodici tavole Pergamene e misteri nella biblioteca di Padre Jorge Sherlockiana ISBN: 9788867750900 Gianfranco Sherwood, Sherlock Holmes e l'avventura dell'enigma da Krakatoa Sherlock Holmes tra le pieghe di un'indagine al limite del sovrannaturale... Quale terribile segreto cela l’oggetto rinvenuto a Krakatoa? Sherlockiana ISBN: 9788867750894 Samuele Nava, Il trovatello di Baker Street Un bimbo misterioso tra le braccia, e sotto la lente, di Sherlock Holmes! Sherlockiana

ISBN: 9788867750887 Enrico Solito, Sherlock Holmes Christmas Carol Natale a Baker Street: indagini sotto l'albero... Sherlockiana ISBN: 9788867751211 Patrizia Trinchero, Il gioco è cominciato, Holmes! Tutta Londra è a caccia di Sherlock Holmes. Sarà stato lui a commettere il tremendo delitto di cui è accusato? Sherlockiana ISBN: 9788867751266 Enrico Solito, Sherlock Holmes e il caso del giocatore di scacchi Una morte violenta, una torbida vicenda risolta dal grande investigatore. Sherlockiana ISBN: 9788867751358 Luca Martinelli, Sherlock Holmes e il caso dei fidanzatini sfortunati Quando le apparenze indicano una soluzione, la logica di Sherlock Holmes dimostra che esiste un’altra verità. Sherlockiana ISBN: 9788867751389 Enrico Solito, Sherlock Holmes e l'avventura della tredicesima porta Un'avventura mozzafiato tra le fogne di Londra e un piccolo grande uomo Sherlockiana ISBN: 9788867751396 Luca Sartori, Il cane e l'anatra Sherlock Holmes, in questo romanzo breve, indaga sul presunto suicidio in un ospedale psichiatrico in un viaggio nel mondo silenzioso e crudele della follia, dove nulla è come sembra, e dove i rancori più antichi riecheggiano come fantasmi inquieti. Un intreccio di misteri in un rocambolesco e imprevedibile finale. Sherlockiana ISBN: 9788867751570

Horror Kealan Patrick Burke, Sepolto vivo Al risveglio non si trovò nel suo letto, come si era aspettato, ma chiuso in una bara di pino... Halloween Nights ISBN: 9788867750962 Ronald Malfi, La casa in Cottage Lane La vecchia casa si levava davanti a noi, più cupa di una caverna sotto la luce della luna, accasciata verso il terreno quasi soffrisse di uno sfinimento letale. Halloween Nights ISBN: 9788867751068 Lisa Morton, La leggenda di Halloween Jack L’Inferno aveva cercato Jack per la prima volta mentre lui giaceva disteso in un vicolo vicino a un bar malfamato di Baton Rouge. Halloween Nights ISBN: 9788867751273 Simon Clark, Gerassimos Flamotas: un giorno di ordinaria follia + Alta tensione Un'offerta tanto allettante quanto incredibile, ma con risvolti a dir poco sconvolgenti Halloween Nights ISBN: 9788867751549

Romance Mariangela Camocardi, Un angelo per me Bella, affascinante, un tempo cover girl di successo, Lisa Angeli è da sempre innamorata di Damiano, e sogna di sposarlo... finché nella sua vita entra Andrea Ruffini... ioni Romantiche ISBN: 9788867751259 Paola Picasso, Questione di pelle Stefano ancora non sa bene cosa abbia spinto sua moglie a lasciarlo. Sa solo che l'ama ancora e che farà di tutto per riconquistarla... ioni Romantiche ISBN: 9788867751242 Roberta Ciuffi, L'amore fa così La prima volta che lo vede lui indossa dei jeans al ginocchio, è sporco di calce e ha l'aria decisamente troppo virile ed energica, per una come Veronica, che non vuole più avere niente a che fare con gli uomini... ioni Romantiche ISBN: 9788867751464 Ledra, L'abete perfetto Vanessa ha il cuore infranto. Ma la ricerca di un albero di Natale la farà ricredere sul fatto che l’amore esiste… basta tenere aperta la porta del cuore. ioni Romantiche ISBN: 9788867751488 Angela Fassio, Brivido rosa L’amore è più forte del tempo e della separazione... ioni Romantiche ISBN: 9788867751556

Spionaggio Stefano Di Marino, Peccati mortali Rock, il pornodivo del momento, è un agente sotto copertura. Il suo mondo è fatto di sesso e malavita, rischio e lusso sfrenato... Sex Force ISBN: 9788867750481 Stefano Di Marino, Affari proibiti Seduzione e azione sono le specialità di Rock, agente segreto e pronodivo, ma in questo caso dovrà sbrogliare un intrigo in cui il sesso è un’arma a doppio taglio Sex Force ISBN: 9788867750498 Stefano Di Marino, L'isola delle mantidi Rock segue la pista dei soldi e sfida sul loro stesso terreno una banda composta solo da donne, in un paradiso del sesso tropicale, caldo, umido e avvolgente... Sex Force ISBN: 9788867750580 Stefano Di Marino, Femmine carnivore Sesso e avventura per uomini d’azione. Ce la faranno Rock e Casey, splendida escort australiana, a vincere la lotta contro il tempo e a superare le insidie inaspettate dei tropici? Sex Force ISBN: 9788867750603 sco Perizzolo, Hamburg Connection Una missione mortale tra le pornostar della fiera dell'eros di Amburgo per Kiko Dias, agente della Hot Dreams... Sex Force ISBN: 9788867750870 Romano De Marco, Chris Lupo: sesso e fuoco Entra in scena

Chris Lupo, capitano dei marines sempre affamato di azione, sesso e avventura! Sex Force ISBN: 9788867751181 Stefano Di Marino, La preda Per Rock ei suoi amici dell'agenzia Hot Dreams un tour de force di sesso, sparatorie e coltellate Sex Force ISBN: 9788867751310 Stefano Di Marino, Mercanti di schiave L'avventura più pericolosa di Rock, aiutato da Raissa e Oxana, due escort dalle abilità variate, a letto e sui campi di battaglia Sex Force ISBN: 9788867751525

Steampunk Roberto Guarnieri, Il Circolo dell'Arca Chi avesse posseduto l’Alborg non avrebbe mai conosciuto la sconfitta. Ed era compito di John Fox fare in modo che nessuno vi riuscisse. Il circolo dell'Arca ISBN: 9788867751037 Roberto Guarnieri, La macchina delle vite perdute Una nuova avventura per John Fox e i suoi colleghi del Circolo dell'Arca, alle prese con una cospirazione che minaccia di riempire Londra di zombie assassini Il circolo dell'Arca ISBN: 9788867751341 Roberto Guarnieri, I misteri di Samotracia Una scoperta archeologica può far risorgere gli antichi ,oscuri, terribili, Grandi Dei? Il circolo dell'Arca ISBN: 9788867751532

Tecnologia Carlo Mazzucchelli, Tablet: trasformazioni cognitive e socio-culturali Una disamina socio-culturale sull'avvento del Tablet e sull'evoluzione della tecnologia TechnoVisions ISBN: 9788867750993 Carlo Mazzucchelli, Internet e nuove tecnologie: non tutto è quello che sembra Il mondo digitale sta cambiando e nel farlo cambia anche noi. Stiamo rischiando di essere imprigionati all’interno di una bolla piena di filtri idee della realtà lontane dai fatti reali e dai bisogni. Per evitare di esservi richiusi per sempre è necessario riflettere su temi quali la privacy, la cittadinanza, la relazione sociale, la democrazia, la ricerca di benessere e felicità personali, ecc. TechnoVisions ISBN: 9788867751440

Thriller Andrea Franco, Lo sguardo del diavolo: Jeffrey Dahmer Entra nella mente di Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee... Serial Killer ISBN: 9788867750474 Fabio Oceano, La quarta vittima Il serial killer che rapisce e sevizia i bambini di New York: Albert Fish, detto il cannibale... Serial Killer ISBN: 9788867750573 Umberto Maggesi, Io, il mostro Andrei Chikatilo detto il mostro di Rostov, è forse uno dei più sanguinari serial killer della storia dell’umanità, certamente quello che ha potuto agire impunito per più tempo... Serial Killer ISBN: 9788867750566 Andrea Franco, Lungo la via del pensiero 1993. Anche l'Italia ha il suo Serial Killer: Gianfranco Stevanin. Una storia vera, una storia di orrore e violenze. Serial Killer ISBN: 9788867751563

Zombie Franco Forte, Stazione 27 Siamo nella metropolitana di una città non precisata. Il mondo finisce mentre Milo si trova a bordo di un treno. Riesce a fuggire inseieme a un gruppo di sopravvissuti, ma... cosa troveranno alle prossime fermate? E perché, una volta giunti al capolinea, la metropolitana sembra non finire mai? The Tube ISBN: 9788867750429 Ilaria Tuti, Carlo Vicenzi, La fame e l'inferno Mentre Milo, Marika e Ivan lottano per sopravvivere nel vagone della metropolitana che pare diretto verso il nulla, in superficie un nuovo personaggio si aggira fra i morti viventi: è Tea, una donna che custodisce un segreto terribile The Tube ISBN: 9788867750863 Antonino Fazio, Alain Voudì, Giorno Zero Mentre l'orda di non morti dilaga, lasciandosi dietro una scia di devastazione, una squadra dei reparti speciali inviata in missione di soccorso scopre che gli zombie non sono che l'avanguardia di un pericolo ancora più letale... The Tube ISBN: 9788867751020 Ilaria Tuti, Ceneri Mentre Milo, Marika e gli altri sono nel vagone e cercano di stabilire un contatto con le creature, sopra, nella città devastata, qualcuno sta rischiando la vita per raggiungere la metropolitana... The Tube ISBN: 9788867751082 Scilla Bonfiglioli, Progetto Bokor Il treno ferma alla stazione 28, dove Milo, Marika, Amina e Ivan incontrano i sopravvissuti della metropolitana. Ma qualcosa va storto... The Tube ISBN: 9788867751198 Antonino Fazio, Alain Voudì, Il bacio della morte Erano addestrati per le situazioni più pericolose, ma l'orrore del Centro Ricerche della dottoressa

Calandra forse era troppo anche per loro The Tube ISBN: 9788867751327 Fabio Pasquale, Michela Pierpaoli, Legame di sangue Se stai facendo la chemio, gli zombie non ti mordono. E se sei un ladro d'auto, perché dovresti interessarti a una bambina che vaga per la città infestata dai morti viventi? The Tube ISBN: 9788867751433 Luigi Brasili, Il lupo Il lupo si aggira nei meandri della metropolitana, invisibile come un fantasma. Ma quando il mondo di sopra incontra da vicino quello di sotto, possono scatenarsi eventi che nessuno dei due mondi avrebbe voluto conoscere... The Tube Exposed ISBN: 9788867751051 Roberto Zago, L'antro di Jona Quando l'orda di zombie travolge il mondo, solo un uomo ha la forza per risalire in superficie. Ma cosa troverà ad attenderlo? The Tube Exposed ISBN: 9788867751105 Diego Lama, Il cacciatore Mentre l'orda di non morti dilaga nella città, all’interno della stazione della metropolitana solo pochi esseri umani riescono a sopravvivere... Attenti al cacciatore... The Tube Exposed ISBN: 9788867751235 Camilo Cienfuegos, I ripulitori In un mondo dove il morbo sembra prendere il sopravvento, ci si deve inventare qualunque cosa per sopravvivere. Magari improvvisarsi ripulitori di zombie... The Tube Exposed ISBN: 9788867751419 Diego Matteucci, Il tempio della notte Un’antica costruzione celata all’interno di un parco nel cuore stesso della città assediata dagli zombie nasconde un mistero terribile The Tube Exposed ISBN: 9788867751426