Il Tesoro Del Masone 3x5426

Andrea Gregnanin

IL TESORO DEL MASONE

Youcanprint Self - Publishing

Titolo | Il Tesoro del masone Autore | Andrea Gregnanin ISBN | 9788891150141 Prima edizione digitale: 2014

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INDICE

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

Capitolo 11

Capitolo 12

Capitolo 13

Capitolo 14

Capitolo 15

Capitolo 16

Capitolo 17

Capitolo 18

Capitolo 19

Capitolo 20

Capitolo 21

Capitolo 22

Capitolo 1

Era una calda giornata di fine giugno, Laura si stava recando dal professor Costantin, la donna doveva effettuare una seduta di ipnosi. Arrivata dinanzi all’ingresso dello studio medico bussò, lo psicoterapeuta la invitò ad entrare e disse “Buongiorno Laura, come state oggi?”. La donna rispose “Potrebbe andar meglio, sono sconcertata, faccio incubi paurosi, fatico a dormire e durante il giorno mi sento disorientata”. Costantin rassicurò la donna dicendo “Questa manifestazione di disagio è abbastanza comune nei pazienti trattati con terapia ipnotica” poi le confermò che le persone che aveva curato avevano accusato inizialmente una condizione di malessere ma che questa sensazione sarebbe sparita con il proseguimento delle terapie, anzi si sarebbero presto visti i miglioramenti.

Solo due settimane prima Laura aveva interpellato lo psicoterapeuta, erano mesi che soffriva di uno stato d’ansia, questo malessere era causato dai continui incubi notturni che le impedivano di riposare. Era stato Alfonso Loporto, restauratore presso il castello di Masone a indicare a Laura il nominativo dello psicoterapeuta. Da tutti gli abitanti di Masone, Alfonso era considerato una persona seria e cordiale, tutti in paese lo stimavano, fu anche per questo motivo che Laura non cercò altri specialisti, infatti il giorno stesso in cui ebbe il nominativo dal Loporto telefonò allo psicoterapeuta e prenotò un primo incontro. Erano trascorse tre settimane da quando il dottor Costantin si era trasferito in paese, il medico dopo essersi laureato in psicologia, si era specializzato nel eseguire terapie ipnotiche analogiche, prima del suo trasferimento a Masone aveva lavorato presso la clinica privata di Sassi.

Quando arrivò in paese, gli abitanti di Masone mormoravano che il medico era

un personaggio strano e misterioso, molti affermavano che si fosse trasferito in paese per fare una ricerca medico scientifica e che l’incarico gli fosse stato conferito da una prestigiosa università.

Durante il primo appuntamento, lo psicologo accolse Laura con gentilezza, la fece sentire da subito a proprio agio e questo indusse la donna a fidarsi del medico e a lasciarsi andare.

Fu quella volta che Laura raccontò al terapeuta dei suoi incubi notturni, il medico le aveva chiesto di descrivere cosa la rendesse così inquieta. “Mi racconti uno dei suoi incubi come li stesse rivivendo in questo momento”. La donna volle raccontargli il suo sogno ricorrente, che la angosciava a tal punto da svegliarsi sudata e tremante.

Così Laura inizio e disse “Durante questo incubo mi immagino di percorrere una via buia e desolata, ad un certo punto mi rendo conto di essere seguita, inizio a camminare più velocemente, girandomi capisco che l’uomo si avvicina e che sta per raggiungermi, percepisco i suoi i, avverto il rumore delle sue scarpe sul terreno, mi volto una seconda volta, sono impaurita non riesco a vedere il volto. Rammento la sua corporatura robusta e che indossa un mantello e un cappello di feltro. Continuo a scappare ma lui corre velocemente e mi raggiunge, sento le mani forti che mi afferrano, l’uomo mi spinge contro un muro, mi sento come paralizzata dalla paura, poi guardo l’aggressore mentre estrae dalla cinta un coltello…”. La donna si interruppe e fece presente al psicoterapeuta che a quel punto dell’incubo si svegliava sudata e terrorizzata tanto da non riuscire a riprendere il sonno.

Il medico ascoltato il racconto attese qualche istante, voleva che la donna si calmasse, appena la vide più tranquilla, iniziò a spiegare a Laura che quel sogno era sicuramente il manifestarsi di un forte trauma psichico, e che nella parte inconscia della sua mente vi era nascosto un qualche episodio traumatico.

A fine seduta Costantin fece il punto della situazione, consigliò a Laura di intraprendere un ciclo di terapia, la donna chiese in cosa sarebbe consistita la cura, il medico rispose “Le sedute che si andranno a fare saranno di tipo dinamico mentale, utilizzerò l’ipnosi per farle rivivere ricordi e far riemergere quei traumi che nascosti nel subconscio sono la causa scatenante di tutti i problemi, solo così è possibile trovare rimedio”. Laura non ci pensò due volte ad accettare il consiglio, tanto da voler prenotare subito per iniziare i trattamenti.

Capitolo 2

Erano ormai trascorse tre settimane da quando Laura aveva iniziato le cure, quella di quel giorno era la quinta seduta e sarebbe dovuta esser anche l’ultima, la paziente aveva però la sensazione di non aver avuto dei benefici, anzi le sembrava di stare peggio di prima.

Era stato il medico a dirle che con un ciclo di cinque incontri avrebbe risolto, ma quel giorno, poco prima di iniziare il trattamento ipnotico, Costantin volle suggerire di programmare almeno altri due incontri. Laura si sentiva esausta e avrebbe voluto interrompere, ma vista l’insistenza del terapeuta si rassegnò e accettò l’invito.

Costantin appoggiò la mano sulla spalla della giovane paziente e la condusse nel grande salone, era in quel luogo posto al secondo piano della villa che il medico effettuava i trattamenti, quello stanzone era immenso, aveva mura dipinte di giallo ocra, sulle pareti appesi qua e là alcuni quadri ed arazzi in stile orientale, nel locale nessun mobile ad arredarlo ma solo una vecchia poltrona posta al centro della stanza, era su quella poltrona di velluto rosso che il terapeuta faceva accomodare i suoi pazienti per poi farli cadere nella trance ipnotica.

I due raggiunsero il salone, il medico fece sedere Laura e si posizionò di fronte a lei, iniziò così ad attuare alcune tecniche per far rilassare la paziente, dopo alcuni minuti la condusse in catalessi, poi disse “Laura ora farai tre respirazioni profonde”, e una volta fatte le disse di chiudere gli occhi e posizionò le mani sui lobi parietali, a quel punto iniziò a parlare alla paziente con voce bassa ed avvolgente.

Durante questa prima fase, Laura man mano veniva accompagnata nello stato ipnotico profondo percepiva un sensazione di torpore generale, questo mutava poi in uno sensazione di pesantezza che prima investiva gli arti e poi si irradiava su tutta la muscolatura del tronco.

Arrivati al momento di vivificare dei ricordi, Laura iniziò così a focalizzare alcune immagini e da queste prime allucinazioni il terapeuta poté condurre a ricordare eventi del ato, ricordi lontani, retrocedendo sempre di più nel remoto, tanto da poter rivivere momenti dell’infanzia e ancora più indietro.

Costantin aveva eseguito queste tecniche centinaia di volte, così che Laura fu condotta in più occasioni a rivivere nel ato, anzi era accaduto che nelle sedute precedenti lo psicoterapeuta si fosse spinto oltre la linea che separa i ricordi dell’attuale vita da quelli che di un’altra sua preesistenza.

Quella effettuata dal medico era una tecnica di ipnosi di tipo regressivo, l’uomo era da sempre interessato a scoprire quali fossero i ricordi relativi a preesistenti vite, era convinto che dalle informazioni estrapolate dalle menti dei pazienti, avrebbe potuto fare interessanti scoperte.

Infatti Costantin era alla ricerca di particolari informazioni, e quando ipnotizzò per la prima volta Laura, capì che la paziente avrebbe potuto fornirgli quello che stava cercando, l’uomo voleva carpire dati relativi a un periodo ben specifico, e la donna nella sua precedente esistenza aveva vissuto alla fine del 1700 e proprio nel paese di Masone, all’interno delle mura del castello.

Capitolo 3

Il giorno della quinta seduta, lo psicoterapeuta si dimostrava nervoso, era irrequieto, quella mattina avrebbe voluto ad ogni costo poter carpire quelle informazioni che lui riteneva indispensabili per la sua ricerca, solo una decina di minuti dopo aver iniziato la seduta, la donna iniziò a visualizzare immagini della preesistenza, così Costantin iniziò a formulare delle specifiche domande, e chiese “Raccontami dove ti trovi”. La donna rispose “Mi trovo in una casa, no, non è una casa è un castello”. Costantin continuò con le domande “Chi sei? Raccontami di te?”. La donna rimase qualche secondo in silenzio e poi disse “Mi chiamo Ecaterina, sono la contessa di Masone”. Il terapeuta pose subito un altro quesito “Cosa stai facendo?”. Laura rispose “Sto fuggendo dal castello, le truppe austriache hanno circondato la rocca, ho paura di essere catturata, devo affrettarmi a raggiungere i sotterranei”.

Lo psicoterapeuta era eccitato, stava raggiungendo il suo scopo, erano quelle le informazioni che stava cercando, ma la sua euforia fu subito interrotta, Laura iniziò a tremare, sul viso comparse un preoccupante pallore, Costantin avrebbe dovuto interrompere la seduta ma non volle farlo, attese ancora qualche istante, poi riprese a interrogarla e disse “Ecaterina, chi c’è lì con te? Vedi una carrozza?”. La donna era al limite delle forze e così non riuscì rispondere, il terapeuta dovette così sospendere a far tornare la donna a una condizione di normalità, ma si accertò che prima di farla uscire dallo stato di trance la paziente fosse condizionata in modo tale che non potesse ricordare quello che aveva fatto o detto durante la seduta.

Il medico era fortemente interessato agli avvenimenti che riguardavano la battaglia di Masone, a quel conflitto che vide le truppe austriache conquistare la residenza ducale. L’uomo aveva potuto appurare da documenti storici che la domenica del 14 giugno 1797 il maresciallo Joseph Kiew riuscì a far breccia nel castello, sopraffacendo le truppe del generale Bonaparte, il medico dagli ultimi racconti

di Laura poté così aver la conferma della veridicità dei documenti storici visionati.

Disgraziatamente Costantin nascondeva dietro questa ricerca un misterioso segreto, e la sua spasmodica necessità di recuperare le notizie era impronta a uno scopo ben diverso da quello scientifico.

Capitolo 4

Laura una volta uscita dalla catalessi trovò difficoltà nel riprendersi, il suo sguardo era perso nel vuoto e alternava brevi momenti di lucidità ad altri dove sembrava letteralmente confusa.

Dal manifestarsi di questa tipologia di sintomi il medico avrebbe dovuto capire che la paziente aveva raggiunto il massimo livello di stress psicofisico sopportabile.

Trascorsi una decina di minuti la donna sembrò riprendersi completamente, si alzò in piedi e girandosi verso il medico e disse “Dottore, qual è il risultato di questa seduta?”. Costantin rispose immediatamente “Laura, posso confermarti che stiamo procedendo molto bene, è stato possibile rilevare durante la seduta una fase di stress emotivo risalente alla fase prepuberale, dobbiamo continuare a far verifiche dovranno emergere tutte le situazioni critiche, solo così arriveremo alla soluzione”. Il medico aveva spudoratamente mentito alla giovane, ma purtroppo la mente di Laura si era indebolita a tal punto da divenire succube del terapeuta.

L’infermiera Miriana entrò nel salone e chiese al medico quando prenotare l’appuntamento successivo, Costantin si girò verso la paziente e disse “Facciamo per inizio luglio?”. La donna annuì e poi uscì dallo studio per recarsi verso casa, mentre era in procinto di attraversare la piazza Grande, incontrò una cara amica, Clelia one.

Clelia lavorava presso la biblioteca del paese, erano circa due mesi che le due amiche non si vedevano, la donna si accorse subito che Laura era deperita, e quando iniziarono a parlare notò uno sguardo sofferente e triste, la bibliotecaria

vista la situazione la invitò ad entrare in un locale per consumare un caffè, Laura sorrise ed accettò, le due giovani donne entrarono e si sedettero ad un tavolino.

Clelia fece un cenno al cameriere che si avvicinò al tavolo, la donna ordinò i caffè e si fece portare un vassoio con dei pasticcini al cioccolato, le due amiche iniziarono a parlare, a un tratto Clelia strinse la mano di Laura e disse “C’è qualcosa che non va? Ti vedo stanca e deperita, ci conosciamo da tanti anni, sai che ti voglio bene!”. Laura scoppiò in un pianto, dopo iniziò a raccontare dei problemi d’ansia e di quei terribili incubi che la assillavano.

Laura raccontò del ciclo di terapie che stava portando avanti presso lo studio di Costantin, l’amica ascoltò attentamente il racconto, poi interruppe Laura e volle darle un consiglio dicendo “Cara amica, se mi trovassi al tuo posto, la prima cosa che farei sarebbe quella di sospendere la terapia, comunque almeno per qualche tempo”, poi continuò, “questo tuo racconto è angosciante, ho letto libri che trattavano l’argomento dell’ipnosi, ma in nessuno di questi vi erano indicati questi effetti collaterali, che strano”. Laura appoggiò le sue mani su quelle di Clelia e disse “Aiutami! Ti prego aiutami”.

Clelia accennò un sorriso e disse “Ti voglio troppo bene per non farlo”, poi continuò il discorso facendole alcune domande, “sei sicura di questo terapeuta? Come lo hai conosciuto?”.

Laura raccontò all’amica del martedì mattina che uscita di casa si era recata verso il castello, durante il tragitto aveva incontrato il signor Loporto, si era fermata e si era messa a parlare, aveva letto che avrebbero iniziato a restaurare un’ala della rocca e incuriosita gli aveva fatto delle domande, a un certo punto, non rammentando per quale motivo, aveva detto all’uomo che era stressata e faticava a dormire, allora Alfonso le aveva dato un consiglio dicendole “Devi fare attenzione, è un attimo are da un periodo di stress a un momento in cui

ci si trova a curarsi per una depressione, io lo so bene! Il mio Luca si era ammalato e purtroppo se ne andato”. Pochi istanti dopo aver detto quelle parole Alfonso aveva tirato fuori dalla tasca un biglietto da visita, su di esso era indicato il nominativo del medico, che aveva preso in cura il figlio Luca, l’uomo le aveva detto che era un valido terapeuta e che si era trasferito a Masone.

Clelia prima di lasciare l’amica la convinse a parlare con Costantin per sospendere le cure, le disse di prendersi un periodo di pausa, nel frattempo la bibliotecaria avrebbe fatto delle ricerche per scoprire l’affidabilità del medico.

Capitolo 5

Trascorsero velocemente le giornate da quando le due amiche si erano viste al bar del centro, per Laura era arrivato il momento di andare da Costantin, entrata nello studio non esitò a comunicare subito che quel trattamento sarebbe stato l’ultimo, che si sarebbe presa un periodo di pausa per recuperare le energie che si era sentita mancare, il medico rispose che era dispiaciuto di questa decisione ma non ci sarebbe stato alcun problema, era giusto che fe ciò che riteneva più opportuno per la sua vita.

Costantin fece accomodare la paziente e dopo averla condotta in uno stato di sonno profondo, iniziò a porle alcune domande “Laura, è successo qualcosa di nuovo? Qualcosa che ti ha turbata?”. La donna rispose che non era capitato nulla di particolare ma che si sentiva esausta ed era per quel motivo che aveva deciso di prendersi un periodo di pausa, poi disse di aver fatto uno strano sogno, l’uomo chiese di iniziare a raccontarglielo, Laura disse “Mi trovavo in un castello, ero in procinto di percorre un corridoio quando giunsi dinanzi a uno specchio, scrutai l’immagine riflessa nel vetro, mi accorsi che ero vestita come una nobile donna del ‘700, mi incamminai per dirigermi nelle mie stanze quando sentii un rumore proveniente da un corridoio, iniziai a percorrerlo e quando giunsi in fondo mi accorsi che ad aspettarmi cerano un branco di lupi inferociti, mi guardavano ringhiando, ero terrorizzata da quell’immagine, fu allora che inizia a scappare, a correre veloce, la porta della stanza era vicina, lì avrei trovato la salvezza, ma prima che la raggiungessi questi mi azzannarono e iniziarono a dilaniarmi le carni. A questo punto mi sono svegliata ero angosciata avevo l’impressione come se avessi vissuto realmente quel conturbante incubo”.

Costantin ascoltò attentamente il racconto della donna e così iniziò a manifestare una certa preoccupazione che la donna potesse aver reminiscenze delle sedute precedentemente effettuate, poi si calmò e come se nulla fosse accaduto si prodigò a continuare la seduta, fece in modo che la paziente tornasse a ricordare i fatti accaduti ad Ecaterina, la duchessa iniziò così a raccontare di quando le guarnigioni del maresciallo Kiew avevano circondato il castello, si rammentava

dei cannoni e di quando questi sparavano, delle urla strazianti dei feriti, dei morti sul campo di battaglia, ma soprattutto del timore di esser catturata e uccisa.

Laura era in procinto di avere una crisi psichica, il terapeuta non si preoccupò e continuò a fare altre domande, era consapevole che quella seduta probabilmente sarebbe stata l’ultima e voleva carpire più informazioni possibili, allora disse “Ecaterina, dimmi, vedi dei sotterranei?”. La donna rispose “Ho paura, sì! Ci stiamo dirigendo nei sotterranei, dobbiamo fuggire, appena arrivati al aggio saremo al sicuro”. Costantin continuò “Dove al sicuro?”. La donna rispose “Al sicuro, ci sta aspettando la carrozza, ci porterà in salvo”. Il medico disse “La vedi la carrozza? Con chi sei?”. La donna “È buio, sento la voce di Matreau, lui mi porterà in salvo”.

Costantin era particolarmente eccitato nell’ascoltare il racconto della paziente, sapeva di star aggiungendo altri pezzi al suo puzzle e che presto tutti avrebbero combaciato tanto da fargli risolvere l’enigma.

Laura iniziò a respirare affannosamente, Costantin appoggiò le dita indice e medio sul polso della giovane, si accorse subito che la frequenza cardiaca era notevolmente elevata, fu allora che decise di interrompere la seduta, era consapevole che in quelle condizioni la donna sarebbe collassata.

Capitolo 6

Costantin non era la prima volta che si comportava in maniera così criminosa, infatti successe che prima del trasferimento in paese, l’uomo aveva collaborato presso una clinica di igiene mentale (Villa Sassi), e fu durante la sua attività come psicoterapeuta presso quella struttura che conobbe Luca, figlio di Alfonso Loporto il restauratore.

Alfonso aveva affidato alle cure dello psicologo il figlio Luca, il ragazzo soffriva di una forte depressione e fu costretto a far ricoverare il figlio in un momento di angoscia questo tentò il suicidio recidendosi le vene dei polsi. Così Alfonso era molto preoccupato per la vita di Luca, ma nutriva speranze che in clinica sarebbero riusciti a trovare una soluzione al suo male.

Fu durante una piovosa giornata di maggio che Alfonso e Luca, giunti alla reception, furono indirizzati dal direttore sanitario Marturana che li accolse e presentò loro il dottor Costantin, poi Marturana rivolgendosi a Luca disse “Sei fortunato, chi si occuperà delle tue cure è il miglior medico che abbiamo a Villa Sassi”, lo psicoterapeuta era stato incaricato di seguire il giovane durante il periodo della sua degenza.

La mattina successiva al ricovero il medico entrò nella stanza del giovane, Luca era sul letto intento a leggere un libro, il terapeuta gli fece una breve visita, poi i due parlarono per circa una mezzora, al termine della seduta Costantin aprì il taccuino e si annotò che il giovane avrebbe dovuto iniziare una terapia farmacologica abbinata a una serie di sedute di terapia ipnotica.

Verso le tre del pomeriggio un’infermiera accompagnò Luca nello studio del terapeuta, Costantin lo invitò ad accomodarsi, il ragazzo era agitato, fu in quel

momento che il medico lo rassicurò dicendogli che avrebbero eseguito alcuni test per verificare la predisposizione ai trattamenti ipnotici e che non c’era nulla di cui avrebbe dovuto preoccuparsi. Iniziò a fare le indagini e al termine delle prove il ragazzo aveva dimostrato di essere un soggetto molto recettivo alle cure.

Costantin volle subito approfittare del momento, così sottopose il ragazzo a una prima seduta di dinamica mentale, l’intenzione del medico era quella di scavare nell’inconscio di Luca, di poter far emergere quei disordini emotivi repressi così da comprendere quali dissonanze avessero generato la depressione al punto da fargli decidere di tentare un suicidio.

Costantin stava procedendo quando si verificò una situazione inaspettata, indusse il ragazzo fino ad arrivare a una regressione ipnotica, Luca così rivisse i momenti della precedente esistenza, fu in quell’occasione che Costantin venne a conoscenza dei fatti avvenuti alla fine del 1700.

Il terapeuta rimase da subito colpito di quelle rivelazioni, il ragazzo aveva fatto racconti dettagliati, narrò di aver vissuto nel castello di Masone.

Quando Costantin gli chiese “Come ti chiami? Raccontami di te”. Il ragazzo rispose “Mi chiamo Matreau e sono il comandante della guarnigione del generale Bonaparte”. Luca continuò a descrivere quei vissuti, disse di aver partecipato alla battaglia contro gli austriaci, raccontò di amici caduti sul campo, soldati con i quali aveva condiviso decine di battaglie. Il medico continuò a esplorare nei ricordi dal giovane e disse “Matreau, guardati intorno e descrivimi cosa vedi”. Il ragazzo subito rispose “Mi sto recando alla cappella, devo trovarla al più presto e portarla in salvo, i nemici sono in superiorità numerica, non so quanto sia possibile ancora resistere ai loro attacchi”. Lo psicologo chiese chi avrebbe dovuto portare in salvo e il

comandante se rispose “È la bellissima duchessa Ecaterina, la devo scortare nei sotterranei, è lì ci stanno aspettando, percorreremo il aggio segreto e saremo salvi”.

Dalle descrizioni del giovane Luca, emerse che nei sotterranei vi erano dei aggi segreti e che uno di questi gli avrebbe condotti a una radura lontana dalla battaglia.

Costantin era affascinato dal racconto del ragazzo che stava facendo descrizioni precise e dettagliate, quando questo raccontò che ad aspettarlo nell’ingresso del cunicolo vi erano alcuni nobili e due sottufficiali fidati e che questi avevano caricato sulla carrozza il forziere con l’oro e preziosi.

Al medico brillarono gli occhi, il sentir raccontare di un tesoro gli aveva fatto crescere l’interesse per quelle lontane vicende, l’uomo che era una persona avida aveva sempre anteposto il danaro a tutto il resto, questo era da sempre stato il suo maggiore scopo di vita.

Giunti alla fine del trattamento Costantin fece in modo che Luca non potesse ricordare nulla delle cose dette e rivissute durante l’ipnosi.

Il giorno seguente iniziò a consultare documenti e testi storici, era intento a verificare se fossero attendibili i fatti del racconto di Luca, lesse che il 4 luglio del 1797 a Masone ci fu una cruenta battaglia tra le truppe austriache e quelle del generale Bonaparte, proseguì con la lettura sino a quando giunse a un paragrafo dove veniva descritto che tramite dei aggi segreti alcuni nobili riuscirono a fuggire dal castello.

Costantin continuò a cercare altre informazioni, voleva capire cosa ne fosse stato del tesoro, il terapeuta iniziò a scandagliare tutte le notizie sul web quando reperì un documento, e in alcuni righi era indicato: vi fu la conquista del castello di Masone da parte delle truppe del maresciallo Joseph, ma questo entrato nella rocca non fu in grado di recuperare il tesoro e di tali ricchezze si persero le tracce. Nessuno seppe più che fine avessero fatto.

A Costanti balenò l’idea che il tesoro potesse esser ancora nascosto all’interno del castello, il terapeuta voleva scoprire altre notizie così da poter verificare la possibilità di impadronirsi del forziere.

Era per questo motivo che Luca era continuamente sottoposto a terapie e all’assunzione di psicofarmaci, Costantin nella sua incontinente avidità aveva anteposto la ricerca di quel tesoro a quella della salute del giovane paziente

Capitò che durante una delle fasi di trance il ragazzo svenne, le continue manipolazioni mentali avevano portato il ragazzo a un processo di deperimento psicofisico, il giovane esausto sembrava non potesse reggere ancora per molto. Costantin decise allora di interrompere per alcuni giorni i trattamenti, temeva che Luca cadesse in uno stato di apatia mentale e che non potesse più esser indotto ad altre esplorazioni ipnotiche.

Il medico era particolarmente irrequieto, una volta sospesa la terapia sapeva che per alcuni giorni non avrebbe avuto modo di recuperare altre informazioni, quando una sera, dopo il turno lavorativo, si sedette sul divano e si mise a sfogliare la sua rubrica. Comparve il nominativo di un vecchio amico di famiglia, il professor Eligio Cera, l’uomo aveva lavorato presso un ente preposto alla tutela dei beni culturali, lo psicologo in ato aveva aiutato l’uomo che soffriva di una dipendenza dal gioco d’azzardo, il terapeuta telefonò subito a Cera e non esitò a ricordargli del vecchio favore.

Costantin ordinò all’uomo di adoperarsi nel cercare delle informazioni relative al ducato di Masone e che voleva recuperare le planimetrie del castello e in particolare la mappa dei cunicoli sotterranei.

Eligio non si volle tirare indietro, si mise subito al lavoro, fece una rapida ricerca e una volta trovati i documenti ne fece delle copie, li inserì in una cartellina nera e li spedì al terapeuta.

Quando ricevette la busta, tra i documenti recapitati trovò la pianta che ritraeva la planimetria originale del castello, da questa si evidenziava che tutto intorno alla fortezza vi era una fitta rete di gallerie.

Chi aveva redatto la planimetria del castello aveva inserito una serie di dati e raffigurazioni incomprensibili, probabilmente strutturate in modo ermetico così che solo pochi potessero comprenderle.

Dalla mappa risultava che a ogni ingresso di galleria o cunicolo vi erano apposti dei simboli, Costantin inizio a estrapolare ogni immagine e fece una ricerca, verificò così che alcuni di queste riconducevano a vecchi stemmi di natura araldica, altri invece ritraevano agghiaccianti figure di animali feroci come lupi, leoni e draghi a tre teste.

Lo psicologo era conscio della difficoltà di interpretare le carte ricevute, sapeva che ci sarebbero voluti mesi e forse anni prima di capirci qualcosa, Costantin era convinto che l’unica strada per recuperare in fretta i dati era quella delle regressioni di memoria. Inoltre in quei giorni il medico aveva letto un articolo scritto da un famoso psichiatra, in questo vi erano descritte le possibilità, anche se remote, che facendo regredire a vite precedenti, familiari, amici o abitanti dello stesso paese da questi si sarebbe potute evidenziare preesistenze collettive, questo voleva dire che oltre a Luca il medico avrebbe potuto trovare altri

soggetti da utilizzare per i suoi scopi criminali.

Capitolo 7

Trascorse una settimana, Costantin fece ricondurre Luca in studio, il ragazzo era ancora in uno stato confusionale, la terapia farmacologica lo aveva stordito, sembrava privo di ogni emozione, il medico provò ugualmente a ipnotizzarlo ma non ci riuscì, non vi erano più le condizioni mentali adatte, allora indicò all’infermiera di portare il ragazzo in reparto e le ordinò di ridurre la terapia farmacologica, poi volle appuntare sula cartella clinica che avrebbe ritentato due giorni dopo.

Luca fu ricondotto nella sua stanza, quella sera andò a farle visita Serena, una giovane paziente ricoverata nel reparto del secondo piano, i due alcune settimane prima si erano incontrati in sala lettura e avevano fatto amicizia.

Serena bussò e disse “Posso entrare?”. Non ricevette risposta e aprì la porta, trovò Luca seduto contro una parete della stanza, il ragazzo stava male, uscì di corsa dalla stanza chiedendo aiuto. L’infermiera si precipitò, il giovane sembrava delirare, diceva cose che per gli addetti erano insensate, continuava a ripetere “Mi chiamo Matreau e sono il vostro comandante, seguitemi!”. L’infermiera preoccupata chiamò Costantin ma in quel momento non era reperibile, allora fece intervenire subito il medico che si trovava in reparto, la psicologa di turno era la dottoressa Marta Foratti.

La Foratti entrata nella stanza vide il paziente appoggiato alla parete, constatò che era in preda a un evidente stato allucinatorio, il giovane tremava ed era esagitato, la dottoressa ordinò all’infermiera di eseguire un’iniezione intramuscolare inoculando un forte sedativo, la caposala spinse l’ago nel braccio di Luca che pochi secondi dopo sembrò calmarsi.

Marta attese alcuni minuti, poi fece uscire dalla stanza l’infermiera e si sedette sul margine destro del letto, lì accanto al giovane.

Luca aveva uno sguardo impaurito, la psicologa gli prese la mano e disse “Stai tranquillo, ora va meglio, poi ci sono qui io ad aiutarti”.

Il ragazzo percepì dallo sguardo della donna la dolcezza e che era lì per aiutarlo, e disse “Grazie, ho tanta paura, ho bisogno di capire cosa mi sta accadendo”. I due allora si misero a parlare.

La Foratti chiamò l’infermiera e le chiese di potare la cartella clinica del paziente, la donna rispose che il medico curante l’aveva riposta nel suo studio privato, allora la psicologa disse “È urgente! La vada a prendere!”. L’infermiera si diresse nello studio di Costantin, aprì la porta con un e-partout ed entrata recuperò la scheda consegnandola poi a Marta.

La psicologa iniziò a consultare i referti, notò che vi erano indicate una smisurata quantità di sedute ipnotiche e una somministrazione farmacologica pesante, Marta ne rimase esterrefatta, era la prima volta che le succedeva di vedere un tale accanimento terapeutico, non riusciva a concepire perché il medico si fosse comportato con tanta dissennatezza.

Marta e Luca iniziarono a parlare, la donna voleva capire il motivo delle allucinazioni, iniziò così a porgli alcune domande e chiese “Chi e Matreau?”. Il ragazzo rispose di aver fatto una sorta di incubo, e che, come se avesse vissuto realmente ogni momento di quelle visioni, aveva percepito il dolore, i colori e addirittura i profumi. Gli era sembrato come se stesse guardando quel mondo con gli occhi di un’altra persona: Matreau. Era come se fosse vissuto in lui.

La dottoressa era incuriosita da questa strana dinamica e volle fare un tentativo, condusse il ragazzo in uno stato di rilassamento profondo, il ragazzo improvvisamente iniziò a ricordare cosa fosse successo durante l’ultima seduta ipnotica.

Marta lasciò che il ragazzo raccontasse senza mai interromperlo, Luca iniziò a rammentare ogni dettaglio e disse “Ero sulla poltrona, dinanzi a me c’era il dottore, ho iniziato a ricordare e visualizzare immagini del ato, rivissi la fanciullezza sino al momento del mio concepimento, poi a un tratto…”. Il ragazzo si bloccò per un attimo, la psicologa attese e dopo poco Luca continuò “Poi a un tratto mi ritrovai dentro un corpo che non era il mio, ero mutato diventando il comandante Matreau”.

Marta fu sbalordita dal racconto, stava capendo il motivo di quelle turbe, la psicologa disse “Raccontami tutto ciò che ricordi”. Luca descrisse luoghi e immagini. “Matreau viveva presso un castello,quello del Masone…”. I due arono circa un’ora e Luca fu in grado di ricostruire tutti i dati che erano emersi durante i trattamenti.

Marta era a conoscenza che Costantin attuava sedute di ipnosi regressiva e che si spingesse sino al condurre i pazienti a vite precedenti, ma su questa modalità di operare non era assolutamente d’accordo, per questo motivo in un paio di occasioni aveva litigato con il collega. La donna capì che nel caso di Luca si stava mettendo a repentaglio la salute psichica del giovane, a Marta sembrò come se l’unico scopo del medico fosse quello di acquisire informazioni sulla preesistenza del ragazzo.

Luca, prima che la dottoressa se ne andasse, fece una domanda “Mi dica, Marta, sono pazzo?”. La donna rispose “No, non sei pazzo, stai attraversando un periodo difficile, sei un ragazzo molto intelligente, sono sicura che presto starai bene”. Il giovane disse “Ma allora, queste immagini? Matreau?”. La donna

rispose “Luca, c’è una spiegazione logica a tutto, secondo il mio parere non ci sono problemi patologici, probabilmente la causa sono stati le terapie e i farmaci somministrati”, poi concluse dicendo che l’indomani avrebbe parlato con il suo medico curante.

Luca da quel momento si rasserenò, diede la buona notte alla donna, si coricò su di un fianco e si mise a riposare.

Capitolo 8

Arrivò la mattina e Marta avrebbe dovuto smontare dal suo turno e recarsi a casa ma volle attendere che Costantin prendesse servizio, così quando lo vide arrivare si recò nel suo studio e senza bussare entrò. L’uomo la invitò a sedersi e Marta gli rispose “Preferisco stare in piedi”. La psicologa raccontò al collega della crisi di Luca, gli disse tutto quello che il ragazzo le aveva raccontato, poi disse “Non ti vergogni? Cosa pensavi di fare?”.

Costantin si arrabbiò con Marta, si alzò in piedi urlando “Prima di parlare con il mio paziente avresti dovuto interpellarmi”, continuò poi dicendo che la cartella clinica era stata riposta dentro lo studio e chiusa a chiave e che il fatto di averla presa aggravava la sua posizione di medico, poi concluse “I miei pazienti li tratto come meglio credo”. La donna rimase per un attimo interdetta, poi esclamò “Non è la prima volta che un tuo paziente ha gravi psicosi, questa volta non finisce qui, io ti denuncio alla direzione sanitaria”, poi la donna uscì sbattendo la porta.

Marta uscita dallo studio volle andare a verificare le condizioni del ragazzo, si affacciò all’ingresso della stanza e gli fece l’occhiolino, poi disse “Ciao Luca, domani parlerò con il dottor Marturana, vorrei averti come paziente, cosa ne pensi?”. Il ragazzo sorrise e disse “Ne sarei felice, ho bisogno del tuo aiuto… grazie!”. Poi la donna fece un cenno di saluto e se ne andò.

Costantin era in uno stato di panico e rabbia, aveva timore di quello che Luca aveva ricordato e che questo lo potesse mettere nei guai, sapeva che Marta avrebbe attuato le sue minacce coinvolgendo la direzione sanitaria.

L’uomo allora decise che avrebbe dovuto immediatamente intervenire, così durante quella notte si recò nella stanza del giovane, Luca stava dormendo, Costantin silenziosamente si avvicinò al letto, estrasse dalla tasca una siringa e iniettò nel collo un potente sedativo. Luca accusò il dolore e svegliandosi guardò negli occhi il medico, poi con le poche energie rimaste esclamò “Perché?”. Un attimo dopo era intontito dal farmaco.

Il medico aiutò Luca ad alzarsi in piedi, e quasi di peso lo condusse in terrazza, quella al terzo piano, arrivati sul ciglio del balcone lo fece sedere e poi avvicino le labbra all’orecchio e gli disse “Non avresti dovuto ricordare, mi dispiace ma non posso permettervi di rovinare la mia vita”, poi senza scrupoli diede una forte spinta così che il ragazzo cadde nel vuoto.

Luca impattò violentemente sull’asfalto del cortile della clinica, il giovane morì quasi immediatamente, aveva riportato emorragie interne e un gravissimo trauma cranico.

Costantin si dileguò, era convinto che i colleghi e i carabinieri avrebbero pensato a un suicidio, ne era praticamente convinto, viste le problematiche depressive del giovane e anche il precedente tentativo di togliersi la vita

L’indomani mattina il portinaio della clinica, facendo il consueto giro di perlustrazione si accorse del corpo esanime del ragazzo, l’uomo chiamò immediatamente i soccorsi, constatato il decesso, furono fatti intervenire i carabinieri e il medico legale.

Il maresciallo Petrasso, intervenuta per prima sul posto, decise di interrogare le infermiere e i medici del reparto, comunque quelli che avevano avuto in cura il

giovane, Costantin informò il carabiniere della grave patologia di Luca e volle soffermarsi sul fatto che in ato il ragazzo aveva già tentato il suicidio, il maresciallo sentite queste versioni decise di inserire nel verbale che la morte era stata causata da suicidio, ma che comunque avrebbe atteso l’autopsia per confermare tale causa.

Capitolo 9

Nel frattempo Marta fu avvisata della morte di Luca, uscì di casa e si precipitò alla clinica, la psicologa era sconvolta da quella nefasta notizia ed entrata in reparto si diresse subito a cercare Costantin, lo incrociò mentre scendeva le scale, i due si fermarono a discutere sul pianerottolo del primo piano. La donna si scagliò contro il medico e lo colpì con i pugni sul torace dicendogli “È colpa tua e delle tue terapie”. L’uomo le bloccò le mani e con un ghigno sulle labbra disse “No, è tutta colpa tua”. Poi spinse la donna verso il muro e se ne andò.

Marta allora si precipitò subito in direzione sanitaria per raccontare a Marturana tutta la vicenda, l’uomo ascoltata la dottoressa iniziò a preoccuparsi, temeva che quella vicenda, se fosse stata portata alla luce, avrebbe causato una cattiva pubblicità alla clinica, la dottoressa allora chiese di controllare la cartella clinica del giovane, Marturana indicò che l’originale era stata presa dai carabinieri, ma che ne avevano portata una copia in direzione, l’uomo aprì una cassetto e la estrasse, i due lesserò i documenti, a un certo punto Marta esclamò “Ma questa non è la cartella che avevo letto”. L’uomo indicò alla donna che probabilmente era lei che aveva letto una cartella di un qualche altro paziente, poi concluse “Prima di accusare qualcuno bisogna fare molta attenzione, Costantin è uno stimato professionista”.

Quella notte Costantin aveva eliminato ogni prova che lo potesse incriminare, la cartella clinica era stata revisionata e non compariva alcuna prova che potesse farlo cadere in trappola

Intanto a Sassi era arrivato Alfonso Loporto, il genitore di Luca dopo essersi recato all’obitorio e dai carabinieri, decise di andare in clinica, voleva sapere il perché della morte del figlio. Costantin si trovava in una saletta medica, Alfonso lo raggiunse, lo psicologo lo fece entrare e dopo averlo fatto accomodare gli disse di esser mortificato dell’accaduto, poi volle spiegargli che il suicidio del

ragazzo era stata un’azione tragica e imprevedibile. Il padre del giovane uscì dallo studio senza dire più nulla, aveva il cuore a pezzi, si incamminò verso l’uscita e se ne andò.

Capitolo 10

Era trascorsa una settimana dalla morte di Luca, Costantin decise di inoltrare una lettera alla direzione, questa per far richiesta di un periodo di aspettativa di sei mesi. Marturana gli rispose quasi immediatamente acconsentendo alla richiesta.

Lo psicologo assassino non aveva alcun rimorso, anzi era intenzionato a continuare le sue ricerche e appena ricevette il consenso per il periodo di aspettativa volle trasferirsi a Masone, affittò una villa nella periferia del paese e ne fece in parte studio medico e in parte abitazione, volle seguirlo anche Miriana, un’infermiera della clinica con la quale da alcuni mesi aveva iniziato una storia di sesso e amore.

Il terapeuta aveva conosciuto la donna durante una serata a teatro, l’infermiera lo aveva conquistato sfoggiando tutta la sua bellezza e sensualità, lo psicologo perse subito la testa, tanto che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di compiacere Miriana. L’infermiera aveva un carattere forte e intraprendente, Costantin si fidava a tal punto che le aveva confidato dell’intenzione di cercare il tesoro.

La sera dell’omicidio, lo psicologo tornato a casa raccontò tutto alla donna e le disse che, nell’eventualità gli avessero chiesto un alibi, lei avrebbe dovuto confermare di aver ato tutta la notte con lui. Miriana senza esitare un istante aveva risposto che non ci sarebbe stato nessun problema.

L’infermiera era tanto bella quanto arrivista, assecondò così il medico, la sua speranza era quella che una volta trovato il tesoro, avrebbero potuto prendere un biglietto aereo di sola andata per qualche esotica località caraibica.

Costantin le aveva accennato a un futuro roseo, infatti una sera la abbracciò e le disse “Se troviamo il tesoro diventeremo così ricchi da vivere come principi e staremo sempre assieme”.

Capitolo 11

Era una giornata piovosa di giugno, erano quasi le otto e mezzo e Marta stava per iniziare il turno lavorativo, mentre si stava recando in reparto incontrò nel corridoio Anna, la caposala del terzo piano, Anna era una delle infermiere che assistevano alle cure di Serena, le due si misero a parlare del giovane, a un certo punto la caposala disse una frase che colpì Marta “Mi dispiace tanto per Serena, la morte del ragazzo ha aggravato la sua patologia”. È così che la dottoressa venne a sapere dell’amicizia che si era instaurata fra i due giovani.

Marta decise così di andare a far visita a Serena, la ragazza era stata colpita da una grave forma di anoressia e quello era stato il motivo del suo ricovero. La dottoressa si recò nella camera della giovane ma non la trovò, un’altra paziente l’aveva vista uscire e le suggerì di provare in sala lettura perché Serena ava molto del suo tempo a leggere, la terapeuta allora si incamminò verso la biblioteca, la ragazza era seduta su una poltroncina intenta a consultare un libro. Marta si avvicinò, la ragazza alzò gli occhi e la guardò, poi esclamò “Vuol parlare con me?”. Marta rispose “Sì! Se non ti dispiace vorrei porti alcune domande”. Serena rispose “Si tratta di Luca?”. Marta annuì, la ragazza si alzò dalla poltroncina e le due donne si incamminarono verso la terrazza che si affacciava sul giardino.

Arrivate si sedettero su di una panchina, allora Marta disse “So che eri amica di Luca, lo ero anche io”. Poi domandò “Hai notato qualcosa di strano nel modo di agire di Luca?”. La ragazza rispose “Sì, ho notato che, nei giorni antecedenti il tragico incidente, Luca non era più lo stesso, il suo comportamento era cambiato, probabilmente la causa di tutto sono stati quegli strani incubi e lo stress che lo stava affliggendo”.

Serena raccontò a Marta di come si erano conosciuti, dell’amicizia che era nata e dell’affetto che provava per il giovane, poi scoppiò in un pianto, appoggiò il

capo sulla spalla della psicologa e così la dottoressa la abbracciò, la strinse forte e le accarezzò i capelli.

Si era fatto tardi e Marta doveva tornare in reparto, prima di salutare Serena le chiese se le fosse venuto in mente qualcosa di particolare o qualche stranezza.

Serena guardò negli occhi della psicologa e disse “Ora le dirò una cosa che le sembrerà assurda, io sono convinta che Luca non si sia suicidato”, poi si fermò per alcuni attimi a guardare nel vuoto e disse, “Luca mi aveva raccontato di essere esausto, aveva difficoltà nel continuare le cure, non riusciva a stabilire un rapporto di fiducia con il suo terapeuta, è per questo motivo aveva l’intenzione di tornare al paese, tornare dal padre, voleva terminare gli studi e successivamente trovarsi un lavoro, si era prefisso di allontanarsi per sempre dalla clinica e di provare a vivere con spensieratezza, spesso parlavamo di rincontrarci, immaginava che ci saremmo rivisti e che avremmo potuto eggiare a piedi nudi fra le verdi colline di Masone, comunque lontani da questo triste posto, ma poi… il suicidio, non ci posso credere”. Marta guardò Serena e disse “Anche io non credo nel suicidio, è per questo che voglio andare a fondo di questa vicenda”. Serena sorrise e disse “Luca merita che venga fatta chiarezza, sei l’unica persona che lo può ancora aiutare”, poi la ragazza diede un bacio sulla guancia alla donna e si diresse verso la stanza.

La psicologa dopo questa angosciante testimonianza ebbe un’ulteriore conferma delle anomalie legate alla morte del ragazzo, la donna si stava domandando come fosse possibile che un ragazzo che si era innamorato e che aveva progettato di tornare a casa potesse poche ore dopo andare a suicidarsi, in questo Marta non trovava spiegazione e inevitabilmente si stava evidenziando sempre più una verità inquietante.

Capitolo 12

Terminato il lavoro, la psicologa si incamminò verso casa, era esausta e non vedeva l’ora di fare un bagno caldo, stava per aprire la porta quando a un tratto sentì la voce di un uomo. “Ciao Marta”, lei si girò e fu meravigliata nel rivedere Andrea. (Andrea e Marta avevano frequentato lo stesso liceo, l’Alessandro Manzoni, poi il ragazzo alla fine degli studi si era iscritto all’accademia militare e da allora Marta non lo aveva più rivisto).

La psicologa rispose al saluto “Ciao Andrea, che bello vederti, saranno ati almeno dieci anni o forse qualcosa in più, come stai?”. Andrea sorrise e rispose “Sono trascorsi dieci anni, ma tu non sei cambiata, sei sempre bella come allora”. Marta arrossì, poi disse all’amico “Come stai? Come va la vita?”. Andrea rispose che la sua vita procedeva bene, che da qualche giorno era tornato in paese, allora Marta domandò “Ti fermi o sei in partenza?” Andrea rispose “Mi fermo, che ne dici di una cenetta così parliamo dei vecchi tempi?”. Marta rispose “Volentieri, mi farebbe piacere”. Allora l’uomo disse “Se ti o a prendere domani sera alle otto?”. Marta sorrise e disse che per quell’ora si sarebbe fatta trovare pronta.

La psicologa una volta entrata in casa, raggiunse la camera e con un tuffo si buttò sopra il letto, era stata una grande emozione rivedere Andrea, la donna era stata innamorata del ragazzo ma la timidezza le aveva impedito di dichiararsi… poco dopo si levò il vestito, riempì la vasca da bagno, accese delle candele profumate poi si infilò in acqua con la speranza di rilassarsi, si distese ma faticò a trovare pace, continuavano a tornarle in mente le parole di Serena “Luca non può essersi suicidato”. La donna voleva ad ogni costo fare chiarezza.

Il giorno seguente Marta stava per recarsi nel reparto di neurologia e si trovò a

are dinanzi allo studio di Costantin, si fermò e si guardò attorno, poi volle appoggiare la mano sulla maniglia della porta e così provò ad aprire, lo studio era chiuso a chiave, Marta era determinata a entrare, voleva cercare qualche indizio o una qualsiasi traccia che la portasse a fare chiarezza.

La terapeuta non volle arrendersi, tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi, erano quelle che aprivano le stanze ambulatoriali, ricontrollò che nei paraggi non ci fosse nessuno e iniziò a fare dei tentativi nel cercare di aprire la porta, a un certo punto si sentì un click. La porta si era aperta, Marta entrò nello studio…

Entrata si mise subito a frugare tra i documenti, aprì un cassetto e lo svuotò, sembrava che non ci fosse nulla di interessante, quando notò una cartellina di pelle nera, la psicologa la aprì, all’interno vide alcuni vecchi documenti e alcuni fogli con annotati degli appunti, iniziò a leggerli, si trattava della copia di una scrittura dove erano riportate le informazioni storiche inerenti all’assalto delle truppe austriache al castello di Masone, sul documento erano notificati alcuni nominativi e fra questi compariva quello del comandante Matreau, c’era la nota che indicava il nominativo come addetto ufficiale delle truppe del generale Bonaparte.

A Marta mancò il respiro, il cuore le batteva forte, nello scritto erano riportate circostanze che Luca aveva raccontato di aver vissuto durante gli incubi e le sedute ipnotiche, la donna stava pian piano comprendendo le dinamiche, la donna prese la cartellina e uscì dallo studio, con quel documento era convinta di aver trovato la chiave per scoprire la causa della morte di Luca.

Erano giunte le sei della sera, la donna si fece una doccia e iniziò a prepararsi, a breve sarebbe arrivato Andrea e voleva farsi trovare pronta. L’uomo arrivò puntualissimo all’appuntamento, raggiunse la porta d’ingresso e bussò, la dottoressa aprì, l’uomo appena la vide estrasse da dietro la schiena un mazzo di fiori, Marta sorrise e avvicinandosi alla guancia di Andrea gli diede un

tenero bacio, poi disse “Grazie, sei un tesoro, sono bellissimi”. Andrea fece l’occhiolino ed esclamo “Avrei dovuto portare questi fiori tanti anni fa, ma non ne ho mai avuto il coraggio”. Marta fece un gran sospiro, poi disse “Vado a mettere i fiori in un vaso e poi andiamo”. Sistemati i fiori, i due uscirono e si incamminarono verso l’auto.

Giunti al parcheggio salirono in auto e si diressero verso Rotari, un paesino che distava pochi chilometri da Sassi.

Raggiunto il ristorante entrarono, il cameriere li fece accomodare, i due si sedettero a un tavolo, quello vicino al balcone, da lì si vedeva un panorama stupendo, nel locale la luce era suffusa e al centro di ogni tavolo vi era una candela accesa che rendeva ancor più romantica l’atmosfera.

I due iniziarono a raccontarsi dei loro vissuti, Andrea domandò a Marta quale lavoro stesse facendo, la donna raccontò che dopo aver terminato il liceo, si era iscritta alla facoltà di Psicologia e che dopo la laurea aveva avuto la fortuna di lavorare presso la clinica di Sassi. “E tu, Andrea? Raccontami, cosa fai di bello?”. L’uomo raccontò di aver partecipato a un concorso per l’arruolamento di ufficiali dell’esercito e che una volta vinto il concorso aveva proseguito prendendo la laurea in Giurisprudenza. La donna incuriosita chiese “Ma allora in cosa consiste il tuo lavoro? Sei un avvocato?”. Andrea spiegò di essere diventato un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri.

Marta sorrise ed esclamo “Che bello! Deve essere un lavoro emozionante!”. Poi chiese “In quale località sei impiegato?”. Andrea sorrise e disse “Probabilmente sarai al corrente che il comandante del reparto investigativo di Sassi è andato in pensione”. La donna spalancò gli occhi e annuì… poi disse “Sì, in paese tutti lo conosciamo, il capitano Schettino è una persona amica”. Allora Andrea continuò dicendo “Ho ricevuto l’incarico dal comando dell’Arma di sostituire Schettino, almeno e comunque per i prossimi cinque anni”. La donna sorrise, era pervasa dalla gioia nel sapere che l’uomo sarebbe rimasto a lavorare in paese.

Capitolo 13

I due trascorsero una stupenda serata, Marta era da tempo che non trascorreva un momento così sereno, quando a un tratto uno dei camerieri rivolgendosi a un cliente che stava per uscire lo salutò dicendo “Buonasera Luca, spero di rivederla presto nel nostro locale!”. A Marta venne subito in mente il ricordo del suo Luca, il suo volto si rattristò, Andrea si accorse di questo cambiamento d’umore e domandò alla donna “Va tutto bene? È successo qualcosa? Hai cambiato improvvisamente umore”. Marta rispose “Scusa Andrea, sì va tutto bene! Mi è ata per la mente una situazione triste, qualcosa che ha a che fare con il mio lavoro, tu non centri nulla, anzi, sei talmente caro e dolce”.

Si erano fatte le dieci e tre quarti, Andrea chiamò il cameriere e gli chiese il conto, poi i due uscirono e si incamminarono con l’intenzione di fare una eggiata, fu allora che l’uomo chiese a Marta di raccontagli il motivo di quel momento di tristezza.

Marta non voleva rovinare la serata nel raccontare quella dolorosa vicenda ma poi si fece convincere, iniziò così a rivelare tutti i particolari della dolorosa vicenda e quando arrivò a descrivere il ritrovamento del corpo senza vita del giovane scoppiò in un pianto liberatorio e disse “Non dovevano lasciare il ragazzo nelle mani di quel criminale”.

Il carabiniere cercò di tranquillizzare Marta, e disse “Tu non avresti potuto fare nulla, non era un tuo paziente, è stato solo per caso che sei stata coinvolta in questa tragica vicenda”. Marta iniziò così a rasserenarsi.

I due fecero ancora una decina di i, poi l’uomo si fermò e disse “Domani verificherò i dati in nostro possesso, se ci sono dubbi sulla morte del giovane è bene investigare, ho bisogno di consultare con urgenza i documenti che hai trovato nella cartellina!”.

Marta scrutò negli occhi il carabiniere e disse “Grazie! Luca merita che venga fatta luce, i responsabili dovranno pagare per i loro misfatti”.

Andrea accompagnò a casa Marta, arrivati all’ingresso dell’abitazione, i due si presero mano nella mano. Fu allora che il giovane carabiniere baciò Marta.

Capitolo 14

L’indomani Andrea si recò in caserma, entrò in ufficio e una volta accomodatosi, convocò a rapporto due colleghi, solo pochi istanti dopo si presentarono in ufficio il brigadiere Enzo Larosa e il maresciallo Petrasso, l’uomo mise a conoscenza i due di aver aperto un fascicolo investigativo in merito al presunto suicidio di Luca Loporto, raccontò di esser venuto in possesso di nuovi indizi che questi avrebbero richiesto un’attenta valutazione.

Il maresciallo Alessia Petrasso fece presente all’ufficiale che la mattina della morte del giovane si trovava in servizio e che fu una delle prime ad arrivare alla clinica e disse “Comandante, non cerano testimoni e vista la patologia e i precedenti del giovane non si è pensato a valutare altre possibili della cause di morte”. Andrea giustificò la collega e disse che probabilmente avrebbe pensato allo stesso modo, ma visti i nuovi sviluppi bisognava fare ulteriori verifiche.

Il capitano conferì ai due l’incarico investigativo, e ordinò “Alessia, tu contatterai il medico legale e controllerai con lui eventuali anomalie, qualsiasi cosa che possa darci degli indizi, poi fatti rilasciare tutta la documentazione. Enzo tu invece dovrai fare ricerche sulla vita del medico, voglio sapere tutto su di lui, dove ha studiato, cosa mangia, a che ora va a letto, tutto!”.

Terminata la riunione Andrea telefonò a Marta, la donna rispose “Ciao, come stai?”. L’uomo disse di trovarsi in caserma e che aveva voglia di ascoltare la sua voce. La psicologa allora disse “Grazie, sei un tesoro, io sto per recarmi in clinica, oggi sono reperibile”. Poi Andrea le disse di aver fatto aprire il fascicolo investigativo relativo al presunto suicidio di Luca e che sarebbe ato in clinica per ritirare la cartellina di Costantin.

Capitolo 15

Intanto a Masone, in quel preciso momento, Costantin era in compagnia di Laura, il medico aveva appena terminato la seduta ipnotica. Lo psichiatra aveva più volte provato a convincere la donna a non interrompere la terapia ma questa aveva confermato la decisione di prendersi una pausa. Laura uscì dallo studio e scesa in strada si diresse verso casa di Clelia, voleva dire all’amica di aver seguito il suo consiglio.

Nel frattempo Miriana stava distribuendo dei volantini pubblicitari in alcuni locali del paese, su di essi erano indicate le informazioni dello studio e che questo offriva la possibilità per gli abitanti di Masone di fare una prima visita gratuità, Costantin era alla spasmodica ricerca di qualche paziente che regredendo potesse contribuire a dare ulteriori informazioni sulle vicende accadute al castello.

Laura era arrivata a casa di Clelia, la donna entrò e scoppiò a piangere, l’amica le chiese cosa fosse accaduto, la donna rispose di aver detto al medico che quella sarebbe stata la sua ultima seduta, ma che durante quest’ultimo trattamento si era sentita male, e disse “Sembrava che il cuore mi scoppiasse, ero in preda a un crollo emotivo”. Clelia esclamò “E il medico, cosa ti ha detto?”. La donna rispose che le aveva dato delle gocce per farla calmare, dicendo che non era nulla di grave. Clelia cercò di tranquillizzarla,poi appena la vide serena la invitò ad andare a casa a fare un sonno perché doveva riposare.

Clelia era molto preoccupata per la salute dell’amica, uscendo di casa per recarsi al lavoro, incappò in un volantino con la pubblicità dello studio medico, fu in quel preciso istante che prese la decisione di telefonare, voleva conoscere il terapeuta, lo voleva guardare negli occhi per capire che tipo fosse.

Fu Miriana a rispondere alla telefonata di Clelia, la donna riferì alla bibliotecaria di una paziente che aveva all’ultimo disdetto l’appuntamento del giorno seguente e che se avesse voluto avrebbe inserito lei al suo posto. Clelia diede conferma e prese appuntamento per le dieci e mezzo del mattino.

All’indomani Clelia si trovava dinanzi alla porta del terapeuta, l’uomo la fece accomodare nel salone e i due iniziarono a colloquiare, dopo alcuni minuti Costantin chiese alla donna di accomodarsi sulla poltrona, la bibliotecaria era preoccupata ma non voleva e poteva tirarsi indietro, la donna percepiva l’energia negativa emanata dall’uomo e si sentiva a disagio.

Clelia voleva capire quale tipologia di approccio terapeutico l’uomo avrebbe adottato, voleva comprendere cosa Laura avesse dovuto affrontare in quelle settimane di terapia, pensava che quello fosse un modo per capire l’affidabilità del medico.

Lo psicoanalista iniziò ad applicare le suggestioni ipnotiche così che Clelia piombò quasi subito in uno stato di profonda trance,l’uomo aveva urgenza di verificare nell’immediatezza se i suoi pazienti regredendo avrebbero potuto fornire informazioni utili, in caso la risposta fosse stata affermativa avrebbe continuato il trattamento, nel caso contrario li avrebbe congedati indicando loro che non era il caso di procedere e che non avevano bisogno di alcuna terapia. Clelia in quel caso aveva dimostrato di essere una paziente molto idonea.

Infatti Costantin era eccitato nell’ascoltare cosa la bibliotecaria gli stesse raccontando, quando l’uomo iniziò a chiedere dove si trovava e chi era, la donna rispose “Il mio nome è padre Servail, sono il cappellano di corte”. Costantin allora chiese “Di quale corte?”. La donna raccontò con voce roca di esser il confessore spirituale del duca e della duchessa di Masone.

Costantin era esterrefatto, continuò con il suo interrogatorio e chiese “Mi dica, padre Servail, durante l’assalto delle truppe austriache voi eravate al castello?”. La donna rispose con voce sempre più mascolina “Sì, mi trovavo nel castello, ero dinanzi al confessorio, con me c’era la duchessa Ecaterina”. Poi il religioso raccontò dell’arrivo di un giovane di bel aspetto che interruppe il rito, il soldato voleva condurre la donna con sé. Costantin chiese chi fosse quell’uomo, padre Servail rispose “È il comandante Matreau”. Il terapeuta continuò, si stavano aggiungendo altri tasselli al puzzle, pensò “Ecco, così ho la testimonianza di una terza persona”.

Arrivati a più di mezzora di terapia, il medico costatò che Clelia era totalmente esausta, allora attese qualche istante e ritorno a formulare altri quesiti “Matreau dove vuol portare la duchessa? Cosa vedi?”. Il religioso rispose che il comandante la voleva condurre nei sotterranei, e che chiese anche a lui di andare con loro ma che lui dovette rifiutare, il terapeuta chiese il perché di quel rifiuto, l’uomo rispose “Prima di mettermi in salvo sarei dovuto andare dal duca, dovevo provare a dissuaderlo e convincerlo a non portare avanti il suo piano”. Poi Clelia si bloccò dal continuare il racconto e pochi istanti dopo perse i sensi.

Costantin visto la donna accasciarsi sul bracciolo della poltrona, si girò verso la porta del salone e gridò “Miriana, corri ad aiutarmi”, la donna era intenta a spiare da dietro l’ingresso del salone, e così impiegò una manciata di secondi per raggiungerli, i due sollevarono la paziente e la condussero in un’altra stanza per poi adagiarla sul letto. Clelia pian piano si riprese, fu allora che Costantin le chiese cosa si ricordasse della seduta, la donna rispose di non ricordare nulla e che l’ultima immagine che rammentava era quella di quando si era accomodata in poltrona. La bibliotecaria poi disse “Ma cos’è successo?”. Il medico rispose “Ho avuto difficoltà a procedere con l’ipnosi, ho riscontrato un blocco, mi piacerebbe riprovare, vorrei capire il motivo di questa resistenza”. Clelia disse che si sarebbe sottoposta volentieri a un’altra seduta e preso l’appuntamento uscì dallo studio.

La donna scesa in strada si diresse verso la casa di Laura, durante il tragitto non

poté fermare le lacrime, la bibliotecaria aveva mentito a Costantin, ricordava ogni istante di ciò che era accaduto durante la seduta, quelle visioni l’avevano traumatizzata ma aveva raggiunto il suo scopo, era riuscita ad appurare che il medico era una persona inaffidabile e pericolosa.

La donna entrata in casa dell’amica le volle raccontare di essere andata a fare la terapia, Laura ne fu sorpresa e chiese “Perché? Cos’è successo?”. Clelia rispose “È stato terribile”. Poi raccontò della regressione, del momento dello svenimento e delle bugie del medico, la bibliotecaria concluse dicendo “È malvagio, probabilmente sta facendo degli esperimenti, di sicuro per scopi personali, non so il motivo esatto ma sotto c’è del marcio”. Laura rimase interdetta, e disse “Ecco perché continuavo ad avere incubi e star male, ti giuro che la pagherà cara, lo denuncio”.

Laura era sconcertata, era sua intenzione fare denuncia alle autorità di polizia, Clelia però volle dissuaderla dicendo all’amica che se i carabinieri avessero sentito il loro racconto le avrebbero prese per pazze, non era possibile senza prove fare alcuna denuncia, Laura capì e non insistette, poi le disse “Allora come procediamo?”.

Clelia rispose “Ci devo pensare”. Poi nella mente affiorò un ricordo, rammentò di un fatto successo alcune settimane prima: per motivi di lavoro si era recata al castello, doveva consegnare alcuni libri, quel mattino sentì squillare il telefono della segreteria, andò a rispondere Alfonso Loporto, la conversazione durò solo pochi minuti, l’uomo sembrava sofferente, poi si mise a discutere a voce alta dicendo “Dottore, è sicuro che la morte di mio figlio è stata una disgrazia”, poi indicò al suo interlocutore che sarebbe ato alla clinica a prendere gli effetti personali del figlio, la telefonata terminò con l’uomo che salutava il medico. Le donne fecero presto dei collegamenti e dedussero che in clinica avrebbero potuto trovare elementi per sostenere la loro tesi e denunciare il medico.

Ora quello che c’era da fare era scoprire in quale clinica il figlio del restauratore

era stato ricoverato. Le due donne si recarono al cimitero di Masone, Clelia conosceva bene Enzo il Nero, il necroforo, così gli chiese alcune informazioni inerenti a Luca, l’uomo raccontò all’amica che il ragazzo era morto in clinica a Sassi e che era stato trasportato alcuni giorni dopo in paese per poi esser seppellito.

Capitolo 16

Dopo aver parlato con Enzo le due donne si recarono in biblioteca, erano circa le undici e mezzo del mattino, le due si chio in una saletta e digitarono il numero della clinica, a rispondere fu la centralista “Buongiorno, qui la clinica Sassi, desidera?”. Laura rispose “Buongiorno, vorrei prenotare una visita presso la vostra struttura, un caro amico, il signor Loporto, mi ha indicato il nominativo del medico che aveva in cura il figlio, solo che ho perso il biglietto e non ricordo come si chiama, per cortesia non riuscirebbe a risalire al nome del terapeuta?”. La centralinista rispose che avrebbe controllato, poi disse “Il medico curante era il dottor Costantin, ma non lavora più presso la nostra struttura, aspetti un attimo, in una nota leggo che anche la dottoressa Foratti aveva seguito il ragazzo, se vuole le fisso un appuntamento con lei”. Laura si fece dare il numero privato dicendo che avrebbe contattato direttamente il medico.

Era quasi mezzogiorno, Marta era in procinto di chiudere lo studio per recarsi a pranzare, quando sentì squillare il telefono, alzò la cornetta, all’altro capo la voce tentennante di Laura chiese “Buongiorno dottoressa, mi chiamo Laura, la sto disturbando? Vorrei avere alcune informazioni”. Poi la donna si interruppe per qualche secondo, Marta esclamò “Laura, è ancora collegata? La prego, mi dica”. Laura prese coraggio e chiese alla donna se conoscesse il dottor Costantin, la psicologa chiese il perché di quella domanda, Laura disse alla psicologa che stava per iniziare un trattamento dal dottor Costantin e che il nominativo lo aveva avuto da Loporto, ma che prima di affidarsi alla terapie dello psichiatra avrebbe voluto chiedere delle referenze.

Marta confermò di conoscere Costantin e di aver conosciuto Luca, poi diede un suggerimento alla donna “Aspetti a iniziare la terapia, se possibile vorrei incontrarla e parlarle per qualche minuto”. Laura allora chiese “Cosa mi può dire del medico? È una persona affidabile?”. La terapeuta rispose “No, non lo è! Non si affidi a lui”. Laura scoppiò a piangere, allora Clelia prese il telefono dalle mani dell’amica e si presentò alla psicologa e le raccontò vagamente il motivo della telefonata.

La psicologa capita la situazione volle fissare con le due un appuntamento per il giorno seguente. Marta era speranzosa che da quel colloquio emergessero altre verità.

Clelia nel frattempo si era ricordata di non aver disdetto l’appuntamento con Costantin, preferì così telefonare per avvisare che non sarebbe andata a causa di un altro improrogabile e improvviso impegno, a rispondere fu direttamente lo psicoterapeuta, l’uomo si infuriò per l’intenzione di non andar a fare la terapia, provò a persuaderla in tutti i modi e poi disse “La salute è più importante di qualsiasi altra cosa, non mi aspettavo un comportamento simile”, la donna non voleva insospettire il medico e gli disse che la settimana successiva sarebbe stata disponibile per un altro incontro, così poco dopo i due si salutarono.

Lo psicologo era inviperito, aveva fretta di ottenere nuove informazioni e quel rimando aveva scombussolato i suoi piani. Nel frattempo Miriana era giunta in studio, Costantin quando la vide esclamò “L’appuntamento di domani con la signora Clelia è stato rimandato al 12 agosto”. Miriana era perplessa e poi disse “Annullato l’appuntamento? Ma che strano, l’altro ieri ho visto Clelia e Laura in un bar, erano intente a parlare mentre gustavano un caffè”. Il medico rimase per qualche secondo in silenzio, poi si mise le mani fra i lunghi capelli ed esclamò “C’è qualcosa che non mi quadra, prima una e poi l’altra, entrambe che disdicono l’appuntamento, di sicuro c’è un qualche motivo, deve esser successo qualcosa”.

Poi Costantin guardò Miriana e le urlò “Solo ora me lo dici”. La donna rispose che non le sembrava una cosa importante, l’uomo ribadì che tutto quello che riguardava le sue pazienti era importante, Miriana vista l’agitazione gli si avvicino, gli prese la mano, poi disse “Ora calmati, tutto andrà a posto”.

L’infermiera prese per mano Costantin e i due si recarono nella vicina stanza, il medico spogliò la donna, le tolse strappandole di dosso il perizoma e poi la adagiò sul letto, una volta tolti gli indumenti raggiunse la donna, i due iniziarono a fare l’amore…

Costantin sembrava essersi calmato, alla fine del rapporto i due erano coricati l’uno accanto all’altro. Costantin era pensieroso, a un tratto gli venne il dubbio che Clelia avesse potuto ricordare quello che era stato detto durante la seduta e che lo potesse aver raccontato a Laura.

L’uomo entrò in uno stato confusionale, continuava a ripetere la frase “Stiamo perdendo il controllo della situazione, stiamo perdendo il controllo della situazione”. Quando Miriana gli mise l’indice sulle labbra e gli indicò di stare zitto, poi disse “Amore mio, stai tranquillo, un modo per recuperare lo troviamo, ci penso io”. Costantin guardò la donna con stupore, poi disse “A cosa stai pensando?”. La donna avvicinò le labbra carnose all’orecchio dello psichiatra e gli sussurrò il suo piano.

Capitolo 17

Miriana si rivestì velocemente, poi scese nel suo ufficio, voleva recuperare la cartella medica di Clelia per vedere se aveva annotato l’indirizzo della donna, poi tornò da Costantin e gli disse “Ho la soluzione, se Clelia non può venire in studio saremo noi che andremo a farle una bella visita a domicilio, non è così che fa un buon medico?”, poi rise nervosamente. Costantin rispose “Visita a domicilio, molto bene”.

La sera i due si misero in prossimità della casa della bibliotecaria, sapevano che la donna abitava sola, la attesero per circa un’ora, poi la videro arrivare, Clelia aprì la porta ed entrò in casa, giunta in cucina diede da mangiare al gatto e poi si infilò in bagno, voleva rigenerarsi con una doccia calda. Costantin e Miriana si recarono all’ingresso sul retro, sentirono il gocciorellare dell’acqua della doccia, allora l’uomo con un cacciavite riuscì a scardinare la serratura così che i due poterono entrare nell’appartamento.

Miriana si avvicinò alla porta del bagno, intravide la donna che stava uscendo dalla doccia, Clelia si era infilata l’accappatoio ed era intenta ad asciugarsi, poi uscì e si diresse verso il salotto, lì ad aspettarla c’era Costantin che le arrivò alle spalle e appoggiandole sulla bocca uno straccio imbevuto di cloroformio le fece perdere i sensi.

Una volta svenuta, i due complici sistemarono la donna su una poltroncina, poi le incerottarono la bocca e le legarono mani e piedi.

L’azione del cloroformio sarebbe durata pochi minuti allora Costantin si girò verso Miriana e disse “Inizia a preparare il farmaco”. La donna tirò fuori dalla

borsetta una fialetta di pentotal (il siero della verità), aspirò con la siringa tutto il contenuto della boccetta, sapeva che appena Clelia si sarebbe svegliata avrebbe inoculato rapidamente il farmaco.

Clelia accennò di star per riprendere i sensi, allora Miriana le alzò l’accappatoio e infilò l’ago nella coscia destra, la bibliotecaria entrò immediatamente in una singolare forma di stato catalettico.

Costantin iniziò subito a interrogarla, Clelia era intontita e cercava di far resistenza, poi disse “Sto male, cosa mi sta succedendo?”. Allora il medico le fece credere di trovarsi in un incubo, e che avrebbe dovuto ascoltare la sua voce e rispondere alle domande per poterne così uscire fuori.

L’uomo domando il perché avesse annullato l’appuntamento, la donna raccontò dell’incontro con Laura e della telefonata con la dottoressa Foratti, Clelia raccontò anche di ricordare tutto ciò che era avvenuto sotto ipnosi e di averlo raccontato all’amica.

Costantin allora chiese “La dottoressa Foratti è al corrente di tutto questo?”. Da quel momento Clelia iniziò a reagire rifiutando di rispondere. L’uomo iniziò a schiaffeggiarla, a un certo punto Miriana lo bloccò dicendo “Così non otteniamo nulla!”. Il medico allora disse “Ora che facciamo?”. La donna rispose “Andiamo avanti, non ci possiamo fermare, devi ipnotizzarla e farti dire quello che ci serve per poter trovare il maledetto tesoro”.

Così decisero di attendere che finisse l’effetto della droga, Costantin era affamato, si recò in cucina e aprì la dispensa per fare uno spuntino, dopo circa un’ora Clelia si riprese totalmente, l’uomo le si avvicinò e riuscì a far vacillare la mente per farla ricadere in uno stato di profonda trance fino ad ipnotizzarla e farla regredire, la donna fu catapultata a rivivere gli avvenimenti del 1797.

Così ricomparve padre Servais nel momento in cui stava colloquiando con il comandante Matreau, poi successivamente raccontò dell’incontro con il duca Marcello di Masone, sposo di Ecaterina, il nobile era andato in chiesa solo alcune ore prima che iniziasse l’assalto al castello, aveva l’intenzione di confessarsi, era vestito con l’armatura e il suo sguardo era cupo e preoccupato.

Padre Servais pensava che l’atteggiamento nervoso dell’uomo fosse dovuto all’imminente battaglia e al timore che le forze militari austriache, numericamente superiori, potessero fare breccia nella rocca.

Don Servais fece accomodare il duca sull’inginocchiatoio e lo invitò alla confessione.

Marcello iniziò a raccontare i suoi peccati, aveva commesso omicidi e complotti, il religioso ascoltava turbato, il duca sembrava contrito dal pentimento ma a un certo punto l’uomo alzò lo sguardo verso il confessore e disse “Padre, assolva i miei peccati, e spero che Dio mi possa perdonare per quelli che sto per commettere”.

Don Servais disse “Eccellenza, non dica così, per quale motivo pensate di commettere altri peccati? Vi siete appena confessato”. L’uomo raccontò che era intenzionato a uccidere la duchessa e volle spiegare il perché “La donna che amo, l’unica donna che io abbia mai amato, mi sta tradendo, per questo motivo pagherà con la vita, e anche l’uomo che me l’ha portata via dovrà morire”.

Il padre esclamò “Ma come, Ecaterina!”. Il duca disse “Sì! Lei e il comandante Matreau, maledetti!”.

Allora padre Servais disse “Eccellenza, ora verrete perdonato per i peccati ma non posso assolvervi e giustificare le vostre future intenzioni, vi prego desistere da questa vostra vendetta”. Il duca disse “Padre Servais, lo so bene! Vorrà dire che dopo averli uccisi la verrò a cercare, sempre che siate ancora vivo e verrò per fare penitenza”. Padre Servais spaventato dalle minacce di Marcello non poté che dare l’assoluzione e lasciarlo ai suoi intenti.

Capitolo 18

Il duca era venuto a conoscenza del tradimento solo due giorni prima che le truppe austriache circondassero il castello, era stato un ufficiale della guarnigione a informare il nobile del tradimento della moglie, infatti l’uomo aveva visto Matreau ed Ecaterina mentre si scambiavano effusioni d’amore. Il nobile subito non volle credere al racconto dell’ufficiale e fece seguire da una spia la donna, e così venne poco dopo a constatare l’infedeltà dell’amata.

Marcello pur se furibondo non si fece prendere dalla collera, Ecaterina proveniva da una nobile casata molto vicina a quella del generale Napoleone, il nobile aveva paura di inimicarsi il condottiero se, così inizio ad architettare un piano che avrebbe portato i due concupiscenti alla morte ma senza che nessuno potesse sospettare che dietro tutto ci sarebbe stato lui.

Al duca venne così l’idea di come li avrebbe fatti uccidere, l’uomo incaricò il comandante Matreau di portare in salvo la duchessa, gli ordinò di condurre la moglie nei sotterranei, e disse “Matreau, a lei il delicato incarico di portare Ecaterina nei sotterranei, se la battaglia vertesse per una sconfitta io vi raggiungerò, così potremo utilizzare il aggio segreto per scappare”. Matreau sapeva che ad aspettarli dinanzi alla via di fuga ci sarebbero stati anche il conte Gerard e alcuni altri ufficiali di scorta, il duca aveva ordinato di condurre nella galleria sotterranea la carrozza e fatto caricare il forziere con tutti i tesori del castello.

Costantin era eccitato dal racconto di Clelia, quando a un certo punto la donna si interruppe, il medico si mise a scuoterla per farla svegliare, ma prima il farmaco e poi l’ipnosi avevano stremato la donna.

Miriana disse “E ora?”. Il medico rispose “È divenuta un pericolo, dobbiamo agire in fretta”. La donna volle proporre di eliminare la bibliotecaria e disse “Possiamo simulare un incidente”.

Costantin rispose “Sì! Faremo così! Ma solo dopo che sarò riuscito ad avere le informazioni che mi mancano, devo capire dove hanno portato il forziere, ho la certezza che manca poco”.

Erano le venti, Costantin decise di portare Clelia allo studio, i due la presero e la alzarono di peso, le tolsero l’accappatoio bagnato e la rivestirono, Miriana uscì e raggiunta l’auto la mise in moto e si recò sino al vialetto sul retro della casa, scese dalla vettura e si diresse a o veloce all’interno dell’abitazione, raggiunto il complice lo aiutò a trascinare la bibliotecaria verso l’uscita, poi la sollevarono e la adagiarono all’interno del bagagliaio.

Capitolo 19

Mentre si svolgeva il rapimento a Sassi, Marta era in procinto di andare a cena con Andrea, la donna fremeva dal poter raccontare al carabiniere della telefonata con le due donne di Masone.

Andrea si presentò sotto casa della psicologa, la donna affacciatasi alla finestra lo vide e gli fece un cenno che sarebbe scesa subito, uscita dall’abitazione salì sull’Alfa Romeo del compagno e i due si avviarono per raggiungere il bistrot.

Marta per quell’occasione aveva indossato l’abito più elegante, era un vestito di velluto nero con la lunga scollatura sul dorso, quella sera voleva lasciar senza fiato Andrea.

Infatti il carabiniere notò subito la particolarità del vestito che rendeva Marta sensuale come mai l’aveva vista, così non indugiò a farle subito alcuni complimenti, le disse “Sei bellissima, stupenda”, poi la baciò.

Arrivati al ristorante i due si sedettero e ordinarono il filetto cotto alla marinara, un primo piatto con frutti di mare e pesce e lo vollero accompagnare con del vino bianco, mentre attendeva che le venisse portata la pietanza, Marta iniziò a raccontare della telefonata ricevuta in mattinata.

Andrea ascoltò attentamente e poi disse “Domani all’appuntamento verrò anch’io”. La donna cercò di dissuadere il compagno dicendo che non sarebbe stato necessario e che aveva il timore che le donne nel vedere un carabiniere si sarebbero preoccupate ulteriormente.

Andrea insistette “Mi farebbe piacere esserci, questa storia mi piace sempre meno, i miei collaboratori stanno indagando e hanno scoperto che non è la prima volta che Costantin si trova immischiato in situazioni poco chiare”.

Marta allora chiese cosa avessero scoperto, l’uomo raccontò dicendo che il maresciallo Petrasso si era incontrata con il medico legale per rileggere il verbale dell‘autopsia, il funzionario era rimasto colpito da un particolare che precedentemente le era sfuggito, il giovane Luca aveva in circolo un’elevatissima quantità di benzodiazepine.

Il medico legale affermò che, con una tale quantità di sedativo in corpo, il giovane non avrebbe potuto raggiungere da solo il terrazzo e anzi, con tutto quel farmaco, molto probabilmente non sarebbe riuscito neppure ad alzarsi dal letto.

Marta esclamò “Lo sapevo, lo sapevo che Luca non poteva essersi suicidato”. Allora Andrea rispose “Avevi ragione, ma ora sappiamo che è stato un omicidio, abbiamo a che fare con una persona priva di scrupoli e pericolosa, sarebbe troppo rischioso andare a Masone da sola, devo venire anche io, dirai alle donne che sono un tuo collega e che conoscevo anch’io Luca, così da non intimorirle”.

Marta preoccupata acconsentì che Andrea la accompagnasse all’appuntamento.

Marta era sempre più convinta che gli autori di quel crimine avrebbero pagato per le loro gesta, dai suoi occhi uscì una lacrima, pensava alla giovane vita spezzata.

Andrea disse alla donna di rasserenarsi e di non pensare più ai drammatici eventi, che avrebbero dovuto trascorrere una bella serata, nel frattempo il

cameriere arrivò con il piatto ordinato, Marta così fece un sorriso e i due iniziarono a gustarsi la deliziosa cenetta.

Erano le ventitré, la serata volgeva al termine, i due si diressero verso casa, il carabiniere accompagnò la donna l’ingresso dell’abitazione e Marta chiese ad Andrea se volesse are con lei la notte. L’uomo entrò in casa, i due iniziarono a baciarsi, la mano dell’uomo sfiorò il corpo di Marta e poi lentamente scese sino a raggiungere l’estremità del vestito alzandolo lentamente sino a quando poté addentrarsi nell’intimità dell’amata, la donna gemendo sussurrò all’uomo quanto avesse desiderato far l’amore con lui, pochi istanti dopo i due erano coricati e presi da un’ardente ione.

Iniziò ad albeggiare, la luce fece breccia nella stanza, i due amanti erano coricati uno vicino all’altro, la donna avvolgeva con il braccio il torace di Andrea. A un certo punto Marta si svegliò, si diresse in cucina per preparare la colazione, i due fecero un abbondante pasto, la psicologa il giorno prima aveva cucinato dei deliziosi biscotti al cioccolato e sembrava che Andrea li gradisse, poi lei esclamò “Abbiamo appuntamento a Masone per le dieci, non dobbiamo arrivare tardi”. Andrea rispose che finito di fare colazione sarebbero partiti, poi chiamò in ufficio e parlò con il brigadiere Larosa, il comandante lo aggiornò degli sviluppi del caso. Il sottufficiale raccontò al suo comandante che erano emerse novità nelle indagini, allora Andrea disse “Brigadiere, mi dica cosa ha scoperto?”. L’uomo aveva inoltrato a un esperto i documenti trovati nella cartellina nera, da questi era evidente che sotto il castello di Masone ci fossero cunicoli e aggi segreti ma ad ogni entrata vi era posto un simbolo che voleva indicare un qualcosa, Andrea chiese “Cosa vuol dire?”. Il brigadiere disse che probabilmente ogni simbolo voleva indicare dove portasse il cunicolo e se ci sarebbero stati ostacoli.

Terminata la telefonata Andrea e Marta si recarono all’auto e si accinsero a dirigersi verso il luogo dell’appuntamento.

Capitolo 20

Intanto Laura era uscita di casa e stava percorrendo la strada che l’avrebbe condotta da Clelia, giunta dinanzi all’ingresso dell’abitazione bussò. Provò per più volte ma senza aver risposta, provò a chiamare l’amica con il cellulare, ma questo era spento, allora si diresse all’ingresso posteriore della casa e si accorse che la porta era aperta.

Laura fu colta da una forte ansia che la paralizzò e così iniziò a tremare, era strano che l’amica fosse uscita lasciando la porta aperta e poi sarebbe stata la prima volta che la donna avesse il cellulare spento, lo teneva giorno e notte.

Laura prese coraggio e decise di entrare nell’appartamento, entrata iniziò a chiamare ad alta voce l’amica “Clelia, Clelia dove sei, c’è qualcuno in casa?”. Poi raggiunse il salone, vide l’accappatoio bagnato sulla poltrona e sulla credenza il cellulare spento e con la batteria rimossa.

Laura era preoccupata, pensò subito che fosse entrato un ladro e che all’amica potesse esser capitato qualcosa di grave, entrò a perlustrare anche le altre stanze, sembrava che tutto fosse in ordine, la donna non sapeva cosa fare e poi decise di telefonare a Marta.

Marta sentì vibrare il telefonino, guardò il display e vide il numero di telefono della donna, rispose e disse “Salve Laura, sto per arrivare”, la donna in stato di agitazione spiegò alla psicologa cosa stesse succedendo. La dottoressa Foratti capì subito la gravità del caso, così esclamò “Sto arrivando, pochi minuti e siamo a Masone, mi indichi l’indirizzo dell’appartamento della

sua amica, la raggiungo al più presto”. Laura indicò la via e poi si mise seduta ad attendere che arrivasse la psicologa.

Andrea e Marta giunsero a casa di Clelia, Laura era ad attenderli sulla soglia della porta, la psicologa le strinse la mano e le presentò Andrea, poi i tre entrarono in casa, la donna iniziò a raccontare di aver sentito Clelia la sera prima, la bibliotecaria le aveva detto di aver terminato da poco di lavorare e che si stava dirigendo verso casa, poi avevano stabilito che all’indomani si sarebbero incontrate per recarsi assieme all’appuntamento del mattino.

Marta cercò di tranquillizzare la donna e le fece prendere un calmante, fu allora che Laura esclamò “Sarebbe stato bene avvisare i carabinieri”. In quel momento Andrea disse “Non si preoccupi, i carabinieri sono già stati avvisati”, e ufficializzò la sua identità. “Sono il capitano Andrea Bello del reparto investigativo di Sassi”, la donna guardò Marta e chiese cosa stesse succedendo.

Marta rispose “I carabinieri stavano investigando sulla morte del giovane Loporto”, poi continuò, “Costantin ne è coinvolto, ha condotto delle sperimentazioni con l’intenzione di carpire informazioni dalla mente dei suoi pazienti”.

Laura si mise le mani fra i capelli, raccontò dettagliatamente al carabiniere delle regressioni di Clelia, che aveva ricordato tutto ciò che era successo durante l’ipnosi, Andrea disse “Ma Costantin ne è al corrente?”. La donna rispose che il medico non sapeva nulla ma che entrambe avevano disdetto gli appuntamenti.

Andrea chiese un’ulteriore conferma “Avete annullato entrambe l’appuntamento?”. Laura disse di sì con un cenno del capo, poi si sedette sconcertata.

Andrea capì che stava succedendo qualcosa di grave, fece una minuziosa ispezione della casa, trovò vicino alla porta del bagno una salvietta, la prese e dall’odore intuì che era stata imbevuta con del cloroformio, continuò a cercare e trovò sotto la poltroncina una siringa. Il carabiniere telefonò immediatamente al reparto della scientifica indicando il presunto rapimento e chiese di mandare in loco gli addetti per effettuare i rilevamenti, poi chiamò i colleghi di Sassi e chiese di emettere un mandato di cattura nei confronti di Costantin e Miriana.

Dopo poco arrivarono i militari della scientifica, fecero uscire tutti di casa e iniziarono a raccogliere indizi e a far fotografie.

Marta nel frattempo stava cercando di far il punto della situazione, si domandava cosa Costantin potesse tramare e poi capì, chiamo Andrea e gli disse “Stanno cercando il tesoro, hanno fatto tutto questo per il tesoro”.

Andrea annuì, e confermò alla compagnia che aveva anche lui questo sospetto, poi chiese a Laura se potesse indicare dove fosse collocato lo studio del medico. La donna si propose di accompagnare il carabiniere dicendo “Lo studio dista pochi minuti, vi accompagno io”. Il comandante dei carabinieri acconsentì, Laura e Marta lo seguirono sino all’auto e poi si diressero verso la periferia del paese.

Capitolo 21

I tre raggiunsero lo studio, sembrava non ci fosse nessuno, Marta si accorse che una finestra sul lato nord della casa era semiaperta, Andrea si arrampicò sul balcone, la raggiunse e riuscì a entrare, scese le scale e aprì la porta d’ingresso, poi ordinò alle due donne di aspettarlo fuori.

Andrea rientrò in casa, poi estrasse l’arma dalla cinta e iniziò a perlustrare l’appartamento, sembrava che non ci fosse alcuna traccia di Costantin e Miriana, fu allora che il carabiniere affacciatosi alla finestra indicò alle donne che sarebbero potute entrare.

Entrati in casa Marta chiese alla donna dove il medico eseguisse le sedute ipnotiche. La donna accompagnò Andrea e la psicologa nel salone grande, arrivati il carabiniere si accorse di alcune macchie di sangue sul pavimento, Laura lanciò un urlo “Cosa le avranno fatto? Povera Clelia”. Andrea fece un cenno alla compagna dicendole di portare fuori dal locale Laura e poi continuò a cercare altri indizi, a un certo punto trovò un blocco con annotate tutte le indicazioni per raggiungere le gallerie sottostanti il castello.

Andrea contattò immediatamente il maresciallo e le ordinò di raggiungerlo al più presto al castello di Masone portando con sé la cartellina con i documenti e le piante del castello.

Nel frattempo Costantin e la sua complice avevano condotto Clelia al castello, la porta d’ingresso era chiusa e i tre entrarono approfittando di una feritoia posta su di un lato delle mura.

Entrati proseguirono verso la sala delle armi e lì intravidero Alfonso Loporto che era intento a effettuare un restauro, l’uomo fu sorpreso nel vedere i tre che si avvicinavano, poi si accorse che la bibliotecaria era imbavagliata e aveva le mani legate, l’uomo fece alcuni i verso Costantin e disse “Dottore, ma cosa sta succedendo?”. Il medico arrivato in prossimità lo strattonò, poi tirò fuori un’arma e gli ordinò di condurli nei sotterranei.

Alfonso preso dal panico li condusse verso una scalinata che li avrebbe condotti nelle gallerie.

Giunti alla fine della lunga scalinata si trovarono in un lungo corridoio, da questo partivano una decina di cunicoli, alcuni di questi erano chiusi con assi di legno e mattoni.

Costantin spinse a terra Alfonso, poi tirò fuori da uno zainetto i documenti e la pianta dei sotterranei, mentre il medico era intento a fare un’ispezione dei tunnel, il restauratore alzatosi in piedi iniziò a scappare verso le scale, lo psicologo s ne accorse e gli intimò di fermarsi, solo un istante dopo Costantin puntando l’arma verso l’anziano fece esplodere due colpi, colpendolo alla schiena, l’uomo si accasciò a terra ferito gravemente e in stato di incoscienza.

Miriana vista la situazione spinse verso il centro del corridoio la bibliotecaria, aveva timore che provasse a fuggire, Clelia nelle ultime ore aveva subito continui interrogatori, Costantin l’aveva indotta più volte a ricordare gli eventi della fuga dal castello. Durante gli ultimi tentativi di scandagliare la mente della donna si era verificato un danno psichico grave, Clelia era uscita di senno ed era entrata in uno stato schizofrenico dove aveva perso la sua personalità e al suo posto aveva preso sopravvento quella di padre Servais.

La mente di Clelia stava per alienarsi definitivamente.

Costantin tolse il nastro dalla bocca della donna e questa rispose con voce mascolina “Cosa volete da me, perché mi avete condotto sin qui? Questo è un luogo di sofferenza”. Costantin prese per un braccio Clelia e disse “Padre Servais, mi indichi subito da quale via sono scappati!”. Servais rispose “Il duca ci aveva indicato di seguire il cunicolo là dove era posto il simbolo che ritrae i due draghi che sorreggono la corona… ma poi, poi…”. Costantin allora continuò “Padre Servais, mi dica dove hanno nascosto il tesoro!”. La risposta fu incomprensibile, “Rosette, è stata Rosette”. Un istante dopo Clelia crollò a terra collassata.

Miriana chiese al compagno chi fosse Rosette, il medico rispose che era la prima volta che sentiva quel nome, poi concluse dicendo che l’effige con i draghi che sorreggono la corona era la chiave che stava cercando per trovare il cunicolo che li avrebbe portati nella direzione che avevano preso durante la fuga dal castello, infatti il medico aveva potuto rilevare dalle mappe che su molti dei cunicoli era impressa quella simbologia e che era spesso ricorrente.

Miriana legò mani e piedi a Clelia, la spinse verso una colonna e la minacciò dicendole che se si fosse mossa da lì avrebbe fatto la fine di Loporto.

Costantin e l’infermiera iniziarono a perlustrare i vari cunicoli sino a quando scorsero sull’arcata di uno l’immagine del drago, levarono le assi che bloccavano il aggio e si incamminarono per la via.

La galleria era buia e maleodorante, vi era un rigolo d’acqua che percorreva il centro del cunicolo, percorsero alcune centinaia di metri e si trovarono dinanzi a un bivio, i due continuarono a seguire le indicazioni fornitogli da padre Servais, continuarono a camminare quando giunsero in un locale dal quale partivano altre

quattro vie, su due di queste era posta l’effige del drago con la corona.

Costantin era perplesso e disse “Ora che strada prendiamo?”. Miriana iniziava a esser preoccupata, sapeva dei pericoli che avrebbero trovato in caso avessero sbagliato direzione.

Costantin si addentrò in uno di questi, puntò la lampada verso il fondo del cunicolo e gli sembrò di intravedere un luccichio, allora esclamò “Ecco, la strada è questa”. I due si incamminarono rapidamente verso quella luminescenza, percorsero circa trecento metri e si accorsero che quel luccichio era il riverbero della luce su una pozza d’acqua putrida, l’aria in quel locale sembrava irrespirabile.

Il medico e la sua complice tornarono indietro e presero l’altra direzione, percorsero alcuni chilometri seguendo le indicazioni dell’effige sino a quando giunsero a intravedere in lontananza una carrozza. Costantin si mise a correre, Miriana cercava di seguirlo, arrivati in prossimità del mezzo non si accorsero di un trabocchetto, dinanzi e dietro loro si calarono due grate che li imprigionarono fra l’ambito tesoro e la possibilità di poter tornare indietro.

Capitolo 22

Nel frattempo il brigadiere Larosa e il maresciallo Petrasso erano giunti al castello di Masone, Andrea visionò velocemente la mappa, poi disse “Dobbiamo entrare, di sicuro sono dentro”. Provò ad aprire la porta ma visto che era chiusa diede una spallata, così i carabinieri e le due donne entrarono.

Andrea ordinò ai colleghi di dividersi e fare una perlustrazione dei locali. Marta e Laura rimasero a seguire il capitano, i tre si diressero verso la cappella. A un certo punto il maresciallo Petrasso urlò “Ho trovato qualcosa, presto venite”. Tutti raggiunsero il sottufficiale che mostrò alcune tracce di sangue che si dirigevano verso una scala.

Il brigadiere Larosa prese dalla vettura di servizio la torcia, la scala era ripida e buia, i carabinieri iniziarono a scendere, Marta disse “Questa scala corrisponde a quella dei racconti fatti da Luca, dovrebbe portare ai sotterranei, ai cunicoli, quelli che i nobili utilizzarono come via di fuga”, la psicologa stava ricostruendo le vicende storiche dai racconti del giovane Loporto.

Erano quasi giunti al fondo della scalinata quando udirono dei gemiti, Andrea scese gli ultimi scalini velocemente, arrivato nel grande corridoio scorse Clelia appoggiata a un pilastro, imbavagliata e tumefatta.

Marta la slegò, la donna era in uno stato confusionale, Laura la abbracciò e disse “Ma cosa ti hanno fatto, maledetti!”. Clelia guardò Andrea e con voce roca disse “Sono entrati, stanno seguendo l’effige del drago con la corona, ma loro non sanno di Rosette”. Allora Marta domandò “Dove si stavano recando?”. Clelia rispose “Al tesoro, se arriveranno alla carrozza moriranno, moriranno di nuovo,

tutto si sta ripetendo”.

Andrea aprì la mappa e vide che spesso era riportata l’effige del drago con la corona, alzò la lampada per controllare i simboli impressi alle entrate delle gallerie, quando scorse all’entrata di una galleria il corpo senza vita del restauratore. L’uomo si era trascinato per alcuni metri ma purtroppo le ferite infertogli erano troppo gravi.

Laura rimase con Clelia in attesa che i soccorsi arrivassero, la psicologa guardava il corpo senza vita di Loporto e pensò al figlio Luca, poi disse “Ora riposate entrambi, possa un angelo accompagnarvi in cielo”.

Andrea proseguì a verificare le entrate quando individuò quella con impressi il drago e la corona, decise di inoltrarsi alla ricerca dei due assassini.

Laura rimase con Clelia e il brigadiere Larosa in attesa che i soccorsi arrivassero. Marta, Andrea e il maresciallo Petrasso entrarono nel cunicolo e proseguirono per alcune centinaia di metri, poi trovarono una biforcazione.

I carabinieri proseguirono per la giusta direzione, arrivati a un certo punto udirono delle grida, si precipitarono e videro Costantin e Miriana imprigionati fra le due cancellate in ferro, poco oltre intravidero la carrozza.

I due assassini erano intrappolati e chiedevano aiuto, Marta si avvicinò alla grata della cancellata e disse “Dovremmo lasciarvi qui, assassini, erete il resto della vostra esistenza in prigione”. Poi Andrea illuminò la galleria, si intravedeva bene la carrozza con a lato due scheletri, dagli abiti ancora intatti si capiva che erano i resti di un soldato e di una donna, i due erano vicino e

sembrava si tenessero per mano. Marta intuì che poteva trattarsi di Matreau ed Ecaterina.

Andrea intravide a lato di un pilastro una leva, la tirò e le cancellate si aprirono, i carabinieri ammanettarono i due complici, poi tutti si inoltrano verso la carrozza, il mezzo era in ottima conservazione, dietro e legato vi era posto un forziere, a lato della carrozza altri resti di alcuni soldati, uno sembrava avesse addosso abiti nobili e un altro quelli di un cappellano. Laura pensò subito ai resti di Marcello e di padre Servais.

Costantin si mise a ridere nervosamente, sembrava fosse uscito di senno e disse “Ahahah, avevo ragione, avevo ragione il tesoro è rimasto per tutto questo tempo seppellito in questi maledetti cunicoli”. Poi chiese di aprirlo, il carabiniere disse “Ecco il vostro forziere, assassini”. Andrea sollevò il coperchio del baule, tutti furono stupiti, dentro vi era solo un biglietto con su una dicitura, una breve frase. Possiate Voi, Eccellenza duca Marcello di Masone, essermaledetto e morire soffrendo la fame e la sete, come la mia famiglia morì a causa vostra uccisi per mano dei vostri emissari. Al termine di questa frase la firma, la Vostra Amata Rosette.

Costantin era ammutolito, poi urlò come un pazzo “Tutto per niente, era vuoto, ahahah era vuoto”. Miriana lo guardò e disse “Perché ti ho ascoltato? Un folle, sei un pazzo, mi hai rovinato la vita!”.

I due furono condotti al carcere di Folterame con l’accusa di omicidio e rapimento, pochi mesi dopo furono processati, Miriana venne condannata a venti anni di reclusione mentre Costantin non si riprese e fu condotto in una clinica psichiatrica.

Marta e Andrea tornarono a Sassi e un anno dopo si sposarono, e si promisero

che il loro primo figlio lo avrebbero chiamato Luca.

Laura e Clelia dovettero affrontare un ciclo di terapie ma entrambe si ripresero dai traumi, continuarono a rimanere buone amiche e scrissero un libro sui misteri del castello del Masone.

Dopo circa sei mesi, Marta fu contattata dal professor Caroli, il medico che aveva in cura il dottor Costantin.

Caroli chiese alla dottoressa di poterla incontrare, i due fissarono l’appuntamento e quando Marta si trovò alla clinica, il medico prima la fece accomodare e poi le disse “Stiamo curando Costantin utilizzando l’ipnosi, durante l’ultimo trattamento lui ha sostenuto di esser stato in una vita precedente il duca Marcello di Masone, e di contattarla, perché lei avrebbe capito tutto”.

Marta fu meravigliata da questa rivelazione, guardò Caroli e disse “Non ho la minima idea di cosa possa voler dire, è la prima volta che sento nominare questo duca Marcello”.

Poi si allontanò e si diresse all’uscita, in auto ad aspettarla c’era il suo amato Andrea.