Il Tempio Della Notte 5c425

a cura di Franco Forte

Il tempio della notte

di Diego Matteucci

1.0 gennaio 2014 ISBN versione ePub: 9788867751426 © 2014 by Diego Matteucci Edizione ebook © 2014 by Delos Digital srl Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano Versione: 1.0 gennaio 2014

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate. Informazioni sulla politica di Delos Books contro la pirateria

Indice

Colophon

Diego Matteucci

Il tempio della notte

Premessa

Prologo

Ore 10:10

Ore 7.14

Ore 14.36

Ore 15.29

Intermezzo

Ore 16.49

Ore 17.17

Epilogo

TUBEPEDIA EXPOSED

Delos Digital e il DRM

In questa collana

Tutti gli ebook Bus Stop

Diego Matteucci

Ferrarese, classe ‘76, assicuratore, Diego Matteucci ha pubblicato il romanzo horror Seguimi! (Editrice Clinamen), la raccolta di racconti Lame nell’anima (0111 Edizioni). Altri suoi racconti si possono trovare nelle antologie Dodici Giovani Narratori Ferraresi (Este Edition), nonché 365 Racconti Horror, 365 Racconti sulla fine del mondo, 365 Storie d’amore e 365 Storie di Natale di Delos Books. Ha un sito internet: www.diegomatteucci.it

Premessa

The Tube parte con il racconto Stazione 27, di Franco Forte (in vendita in tutti gli store online a 0,99 euro), dove accadono dei fatti indispensabili per comprendere quanto accade in questa storia:

Nella metropolitana di una città non precisata, Milo si trova a bordo di una carrozza, intento ad ammirare Marika, una biondina di cui è perdutamente innamorato. Quando finalmente si decide ad abbordarla, il treno si ferma e le porte si aprono sulla banchina della stazione 27. Quello che succede dopo pare un incubo, o una sequenza di fotogrammi sgranati da un film dell’orrore: creature barcollanti cercano di entrare nel vagone, scavalcando corpi insanguinati e massacrati. Milo si trova costretto ad affrontare delle creature terrificanti, degli zombie che cercano di aggredirli, dimostrando un coraggio che sorprende lui per primo. Ma deve combattere per sopravvivere, e per impedire che quei mostri facciano del male a Marika. Dopo aver combattuto con i morti viventi, Milo, insieme a un manipolo di eggeri, si rinchiude in un vagone del treno. Con loro c’è il conducente, che fa partire il convoglio. Ma cosa troveranno alle prossime fermate? E perché la metropolitana sembra non raggiungere mai la stazione successiva? The Tube non è solo questo. Nella collana The Tube Exposed prendono forma racconti indipendenti, che pur ambientati nell’universo della serie principale hanno nuovi protagonisti e storie autoconclusive, che si possono leggere anche indipendentemente dalle altre. Stando attenti, però, a non farsi contagiare dal morbo… The Tube, a cura di Franco Forte, è una serie narrativa alimentata dai lettori stessi, che possono contribuirvi partecipando al contest letterario sul forum della Writers Magazine Italia (www.writersmagazine.it/forum). I migliori racconti selezionati vengono pubblicati come capitoli di The Tube o di The Tube Exposed, e gli autori messi regolarmente sotto contratto, con una percentuale di guadagno sul numero di copie vendute.

Seguite tutti i capitoli di The Tube. E date il vostro contributo scrivendo una storia che possa ampliare la saga più tosta del momento!

Prologo

Due, tre: vattene via da me, pensa Amelia chiudendo gli occhi e tappandosi le orecchie con le mani. Cinque, sette, undici: non sento quello che tu dici… la cantilena funziona. L’ombra che le aveva attraversato la mente se ne sta andando. – Ti ho fatto una domanda, Amelia – continua l’insegnante serio. – Sì, maestro – risponde lei con la sua vocina sottile, guardando verso la lavagna. – Mi fa piacere che tu sia così attenta a quello che c’è scritto dietro di me, ma è buona educazione guardare la persona con cui stai parlando. Amelia gira gli occhi lentamente verso di lui. Cerca di fissare un punto sulla sua fronte spaziosa. Forse questo trucco funzionerà, forse il maestro penserà che lei lo stia guardando comunque negli occhi. – La risposta è… – Amelia sa benissimo qual è la risposta. Sulla lavagna sono disegnati tre triangoli. In terza elementare, questa è una delle prime lezioni di geometria. Già da tempo lei ha “scoperto” il Teorema di Pitagora e ora sta cercando di capire perché mai il pi-greco ha così tanti numeri dopo la virgola. – Allora dimmelo – incalza il maestro. – Qual è tra questi il triangolo isoscele? – Il triangolo… – Non ce la fa. Un’ombra nera si sta addensando attorno al viso scarno del maestro, mentre dentro di lei avverte piccole dita gelate che la toccano. Rabbrividisce. – Devo andare al bagno… – conclude poi. Si alza in piedi di scatto e senza chiedere il permesso scappa dall’aula, lasciando il maestro senza parole e gli altri bambini a bocca aperta. Arrivata in bagno, Amelia si siede in un angolo e appoggia la testa sulle ginocchia. Ha il respiro accelerato. Non vuole tornare in aula, non vuole rivedere

quel maestro, perché… La porta del bagno si spalanca. Amelia alza di scatto la testa e si trova a osservare un uomo tutto sporco di sangue, dai lineamenti contorti che avanza verso di lei zoppicando. La creatura spalanca la bocca da cui gocciola un orribile liquido rosso e giallo ed emette un verso gutturale.

Ore 10:10

Amelia spalancò gli occhi. Scostò la guancia dalla pietra fredda. Non è andata così, quel giorno, fu il suo primo pensiero. Il secondo sosteneva che era una stupida: come aveva fatto ad addormentarsi in una situazione del genere? Era stanca, tutto qui. Pensò per un attimo ancora a quella bambina di otto anni, che aveva scoperto forse troppo presto quanto potesse essere malvagio l’animo umano. Si raddrizzò, appoggiando meglio la schiena da quarantenne contro la parete di pietra. Guardò l’orologio da polso. Un vecchio Casio a cristalli liquidi che le aveva regalato suo padre vent’anni prima. Le 10:35. Erano ate quasi tre ore dall’inizio… di che cosa? Della fine del mondo? Già, l’inizio della fine, che buffo gioco di parole. Ma nella sua mente non poteva esserci una fine, non con tutti quei numeri che le ronzavano in testa. Ancora più buffo per lei era trovarsi all’interno di quel tempio della notte, sotto una collinetta. Qualche anno prima ne aveva così tanto parlato in classe con i suoi alunni, era stato un piccolo evento per quella zona della città. La stanza centrale dove lei si trovava era costituita da otto colonne in marmo bianco, tra cui si aprivano alcune nicchie vuote. Guardò in alto. Al centro della volta a cupola, coperto da una grata di ferro, si apriva un oculo da cui penetrava la luce sbiadita di quella grigia e terribile mattina. Tornò a guardare davanti a sé. In un angolo del cunicolo da cui era arrivata, spuntavano i piedi di un cadavere. – Non ti preoccupare, quello non si alza più – disse il ragazzo indiano seduto al suo fianco. – Lo so, Abhi. È che sono stanca. – Riposati, allora, non può entrare più nessuno. Ho chiuso l’ingresso con delle pietre. La voce di Abhi era molto rassicurante. Non sapeva come avrebbe fatto a cavarsela, se non ci fosse stato lui ad aiutarla. Quel grande parco era un luogo

molto frequentato non solo per via della misteriosa collinetta nascosta tra gli alberi, ma anche per la presenza di un centro anziani, una scuola dell’infanzia e una primaria. Era in quest’ultima che Amelia insegnava. E adesso, quasi sette ettari di parco pubblico erano infestati da quelle creature. Amelia chiuse di nuovo gli occhi e lasciò che la sua mente si alleggerisse. Avrebbe dovuto riposare di più la notte, lo sapeva, ma tutti quei compiti da correggere e le lezioni che doveva preparare… no, non era vero. I suoi sforzi erano sempre concentrati in realtà sui numeri irrazionali. Le lezioni le aveva preparate in dieci minuti, i compiti forse in sette. Non era questo che lei era, in fondo? Una perfetta calcolatrice umana. Era questo il modo con cui l’avevano soprannominata alla fine delle elementari, o per lo meno, quello più generoso. Perché quando anche il bambino più stupido della classe aveva compreso quali capacità di calcolo lei possedesse, era scattata l’invidia. E allora erano dapprima saltati fuori il solito “secchiona”, per are a “la maestrina”, concludendo con “la caccolatrice”. Sul viso serio di Amelia comparve un leggero sorriso. E non certo perché pensava alla cattiveria gratuita che spesso i bambini dimostrano tra di loro. Trovava buffo considerare il fatto che, senza che lo sapessero, in qualche modo aveva salvato la vita di alcuni di loro. Riaprì lentamente gli occhi. Guardò il profilo di Abhi perso anche lui nei suoi pensieri, il naso importante, i capelli scuri, la pelle olivastra, la barba incolta di qualche giorno. Doveva avere venticinque o ventisei anni. Indossava jeans e un giubbino nero aperto sul davanti a mostrare un maglione blu. In quel momento si girò ancora verso di lei e i suoi occhi scuri le sorrisero. Allora Amelia “si aprì” un poco a lui e ciò che ricevette in quel frangente furono innumerevoli colori sgargianti, l’odore di forti spezie, musiche e canti femminili, le cui voci acute e modulate esprimevano gioia e senso della comunità. Il sorriso di Amelia si allargò un po’ di più. Anche se si sentiva in colpa per aver “rubato” quelle sensazioni, adesso stava meglio. Amelia conosceva Abhi di vista. Lavorava come cuoco nel centro anziani di quello stesso parco, situato all’interno di una grande villa, che un tempo era stato un rinomato “rifugio” per ragazzi disabili. Non aveva mai avuto occasione di scambiare con lui qualche parola, nonostante lo vedesse spesso al mattino che entrava nel centro sociale con la sua impeccabile uniforme da cuoco, mentre lei si accingeva a sua volta a entrare nella scuola primaria per accudire i suoi alunni. Sì, “accudire”, perché per lei era sempre come se dovesse proteggerli dall’incubo del Male, dalle grinfie di un “Maestro” dai contorni sfocati di nero.

Ripensò a quel sogno o, per meglio dire, al ricordo di quel maestro. Era scappata in bagno, questo è vero, ma dopo non era certo entrato quell’uomo, quella creatura tutta sporca di sangue. Quel sangue non era il suo, gli balenò nella mente. Era quello delle sue vittime. Amelia non ce la faceva più a stare ferma. Si alzò in piedi e si avvicinò al cunicolo che portava all’uscita. Sentiva gli occhi di Abhi sul suo corpo. Forse non poteva evitare che la sua mente mescolasse i ricordi di quand’era bambina con gli orrori di adesso. Era come se si fosse creato un ponte dentro di lei che univa in qualche modo la sua infanzia al presente. Così com’era arrivato, il sorriso abbandonò le sue labbra. Guardò il cadavere con la testa fracassata e una matita infilata in un orecchio. Era disteso carponi, in maniera scomposta, le braccia allargate quasi a voler abbracciare il pavimento di pietra imbevuto del suo stesso sangue. Che cosa stava accadendo alle persone? Era così in tutti i quartieri della città? E dov’erano finite le forze dell’ordine? Possibile che fosse successo tutto così in fretta? La sua mente razionale faticava ad accettare quella situazione senza nessuna spiegazione apparente. Doveva riflettere, ripensare a quello che le era successo, perché quando poche ore prima stava scappando aveva visto qualcosa… All’esterno non si sentivano più le urla delle persone, i grugniti delle creature o gli schianti delle automobili. Possibile che là fuori fossero già tutti morti, o peggio, trasformati in quelle creature? Si allontanò dal corpo, camminando lungo il perimetro della camera circolare, tastando con una mano le lisce colonne di marmo bianco. Abhi si alzò. – Vado a dare un’occhiata fuori – disse andole accanto. – Se la situazione si è un po’ tranquillizzata. Lo guardò scavalcare il cadavere e abbassarsi un po’ per infilarsi nel cunicolo. L’indiano era molto alto. Amelia si ò una mano nei capelli, pensando a quanto doveva essere in disordine. Ricordava come soltanto poche ore prima si era specchiata nell’ingresso di casa

sua per uscire nella città ancora addormentata, smemorata. Si era aggiustata la mollettina nera sui capelli castani a caschetto, un po’ di matita nera attorno agli occhi e un velo di lucidalabbra. Aveva indossato un montgomery nero, sopra a un maglione bianco, jeans e stivali neri. Raccolta l’ampia borsa blu in ecopelle dall’ingresso, era uscita, non sapendo che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto il suo appartamento.

Ore 7.14

Abitava proprio sopra la fermata della metropolitana, ma come un apionato flâneur aveva sviluppato un certo piacere nel percepire le rughe, i sorrisi e i segreti della città. eggiava lungo il consueto tragitto (individuato tra altri otto possibili come il più breve e “sicuro”) per giungere alla scuola che si ergeva in quel meraviglioso parco racchiuso da alte mura quasi completamente graffitate. Erano ati ormai dieci anni da quando aveva lasciato il suo paesino nel “basso ferrarese”, verso cui faceva ritorno durante le festività o le vacanze estive. In città non aveva amici. Non amava gli happy hour, le settimane del design, le sfilate di moda, né tantomeno i saldi. Nei fine settimana preferiva rifugiarsi nel suo appartamento o sfogliare vecchi libri nelle bancarelle delle Fiere che vagavano periodicamente per la città. L’aria era frizzante e l’inquinamento a base di polveri sottili regalava a quel mattino di dicembre un bel cielo azzurro. Il rosso e il verde degli addobbi natalizi erano diluiti lungo tutta la via. Centotredici i. Sulla sinistra ò come di consueto accanto alla facciata dell’edificio in stile neoclassico, su cui erano tracciate le lettere “US” contornate da due frecce rivolte verso il basso. Il panettiere sotto casa le aveva spiegato che indicava l’uscita di sicurezza dei rifugi antiaerei costruiti durante la Seconda Guerra Mondiale. Settantanove i più avanti. Accanto a una grata, c’era il logo di Gioventù Libertaria, una A cerchiata, uno dei simboli più diffusi durante le contestazioni del ’68. Centonove i. Giunta di fronte all’orribile palazzone verde ramarro, avrebbe dovuto, come al solito, attraversare sulla destra la strada a due corsie, per poi entrare nel vicolo a fondo chiuso, costeggiato da secolari alberi di tiglio. Sarebbero poi rimasti duecentosessantatré i per arrivare all’ingresso del grande parco. Quella mattina, però, si fermò. Avvertiva nell’aria qualcosa di diverso. In quell’istante una cappa nera ammantò la sua mente e Amelia si girò. Da sei o sette vie laterali, fin dove il suo sguardo poteva giungere, vide uscire nello stesso istante alcune persone. Tutte si muovevano nello stesso modo

impacciato. I suoi occhi veloci iniziarono a contarli, ma arrivata a trentuno la sua mente “toccò” quelle… creature. Quelli non sono più uomini o donne, pensò. Poi il tempo di pensare finì, perché quelle cose cominciarono ad assalire i anti, buttandoli a terra, mordendoli al collo, alle braccia, alle gambe. Urla di sorpresa, di paura, ma soprattutto di dolore, riempirono l’aria. Le autovetture che avano avevano cominciato a sbandare. Stridore di freni, clacson che strombazzavano. E poi gli schianti delle vetture tra di loro, i fumi che si alzavano nel cielo. Amelia guardò come al rallentatore uno dei anti assalito tremare in tutto il corpo come in preda alle convulsioni, per poi rialzarsi da terra, emettere un grugnito come quello di un felino e assalire a sua volta un’altra persona. Fame, era la sensazione che avvertiva dentro di sé. Una di quelle creature (zombie, sono zombie) comparve d’improvviso davanti a lei allungando le braccia verso il suo collo. Amelia gridò e senza guardare le automobili che sopraggiungevano si mise a correre, attraversò la strada e si infilò nella via che portava all’ingresso del parco. Due, tre: vattene via da me, cominciò dentro di sé. Cinque, sette, undici: non sento quello che tu dici… No, non doveva lasciarsi andare. Morti viventi, uomini che mangiano altri uomini, ma come può essere? Nel viale alberato c’erano già diverse persone che si stavano dirigendo verso le loro occupazioni negli edifici all’interno del parco. Alcuni erano stramazzati a terra, sopraffatti dagli zombie che si stavano cibando delle loro carni; altri si erano già rialzati e tentavano di afferrare Amelia durante la sua corsa. Ma lei non rallentò. Mancavano pochi metri ormai al cancello aperto dell’ingresso, quando in un angolo vide una persona immobile che seguiva il suo avanzare. Gli zombie gli stavano alla larga, anzi, sembravano proprio evitarlo intenzionalmente. Un fiore bianco era appuntato su un bavero della giacca leggera che indossava. Amelia avvertì per un attimo qualcosa… Lui sa, pensò, poi superò il cancello. L’uomo sparì dalla sua vista, ma anche

dalla sua mente, perché il parco era letteralmente invaso dagli zombie. Non poteva fermarsi. La borsa che portava a tracolla sbatteva contro il suo fianco, ma era impossibile per lei sentire il tintinnio del contenuto, sovrastato com’era dalle urla e dai versi liquidi che la circondavano. I bambini, pensò. Tutti i miei bambini! Cercò di guardare il suo Casio, ma nella corsa non riuscì a mettere a fuoco il display. Tuttavia attorno a sé vedeva soltanto degli adulti… che scappavano o si rialzavano da terra grugnendo come animali. I bambini non sono arrivati perché è ancora troppo presto, rifletté. L’ingresso della scuola era invaso dai morti viventi, quindi svoltò decisa a sinistra. Ma certo! Lei arrivava sempre un po’ prima a scuola, alle 7.30 in punto, perché adorava eggiare nel grande parco o sedersi su una panchina a riare la lezione da impartire ai suoi allievi, spesso nella forma del gioco matematico, per rendere la sua didattica più divertente, soprattutto per lei. E adesso, con quella corsa che stava facendo, era sicuramente ancora più in anticipo. Di fronte a lei vide la collinetta “nascosta” da alcuni alberi. Sembrava non esserci nessuno nei paraggi. Rallentò leggermente la corsa senza comunque fermarsi. Era quasi senza fiato. Sotto al montgomery era tutta sudata, mentre le goccioline che si erano formate sulla fronte le davano una sensazione gelata sulla pelle. Superato il cippo bianco che indicava l’ingresso del tempio della notte, si nascose dietro a un grosso albero. Respirava a grandi boccate, avvertendo il profumo dell’erba e quello resinoso di un abete che cresceva alla sua destra. In quel momento, però, un refolo di brezza le portò alle narici anche il tanfo ferroso del sangue e quello acre della paura. Sentì allora un fruscio nella vegetazione, sulla sinistra. – Attenta! – gridò qualcuno. Amelia si girò. Un uomo dal collo insanguinato, la testa piegata da un lato e la bocca spalancata, stava zoppicando verso di lei. Guardò per un attimo in quegli occhi velati dalla morte, avvertendo solo dei tentacoli neri che si agitavano dietro a essi. Della persona che doveva essere stata un tempo non c’era più nulla. Si girò di scatto verso l’ingresso del tempio della notte. Il viso familiare di un uomo dalla pelle olivastra faceva capolino in basso, quasi a livello del terreno, attraverso un’apertura praticata in un muretto di mattoni.

– Muoviti, vieni qui! – continuò l’uomo con le braccia allungate verso di lei. Amelia non se lo fece ripetere un’altra volta e si gettò verso di lui. Il cuoco indiano che vedeva ogni mattina - adesso lo riconobbe - l’afferrò per le braccia e la trascinò con forza all’interno del cunicolo. Si erano allontanati subito entrambi dall’apertura, da cui entrò anche lo zombie, il quale afferrò Amelia per uno stivale cercando di trascinarla verso di sé. Lei scalciò, liberandosi, ma la creatura era ormai entrata del tutto nel cunicolo e si trascinava a quattro zampe verso di loro. Dalla bocca spalancata colava un rivolo di sangue scuro. Indietreggiando erano quasi arrivati alla camera circolare. Amelia stava per “spingere” verso l’indiano, quando questi sferrò un forte calcio al viso del mostro. In quell’ambiente chiuso risuonarono secchi gli scrocchi del collo della creatura. L’ingresso in quel punto si era allargato. Il mostro, anche con la testa girata dall’altra parte, continuò imperterrito a trascinarsi verso di lei. Il cuoco venne a trovarsi sul fianco del morto vivente e, raccolta una grossa pietra, l’abbatté sulla testa dello zombie, il quale si accasciò quasi del tutto a terra. Tuttavia riprese subito ad avanzare, grugnendo ancora più di prima. L’uomo abbatté ancora la pietra sulla sua testa, da cui fuoriuscì un denso liquido scuro, senza però riuscire a fermarlo del tutto. – Saltagli sulla schiena – disse Amelia sfilandosi la borsa dal collo e rovesciandone il contenuto: un libro, monete, fermagli, una torcia elettrica, il portafogli, diversi scontrini, alcuni fogli protocollo, e un astuccio verde. L’uomo non perse un attimo a discutere la sua richiesta e gettata via la pietra sporca di sangue, si inginocchiò sulla schiena del mostro, bloccandolo definitivamente. Amelia aprì il suo libro dei giochi matematici, ma quello che cercava non era lì. Cominciò allora a rovistare tra le altre cose trovandola quasi subito: una lunga matita HB perfettamente appuntita. Brandendola come un pugnale si avvicinò alla testa dello zombie, bloccandosi, però, con la matita a mezz’aria. A quel punto Amelia “spinse” un po' verso l’indiano, perché non se la sentiva di fare quello che aveva pensato, ma soprattutto non sapeva se era giusto farlo. Il ragazzo ebbe come un sussulto e, guardando Amelia negli occhi, disse: – Dammi quella matita! E lei, che non attendeva altro, allungò quella piccola arma all’uomo, il quale senza indugiare l’affondò fino a metà in un orecchio dello zombie. Il mostro inarcò la schiena così tanto che sembrò spezzarsi in due. Un potente verso scaturì dalla bocca impiastricciata di sangue. L’indiano allora si alzò e con un

piede spinse con forza la matita fino in fondo nel cervello dello zombie. La gola del mostro si serrò immediatamente, fermando ogni suono, e il busto tornò ad adagiarsi al suolo con la faccia sul pavimento di pietra. Non si mosse più. ò un intero minuto senza che i due dicessero una parola. Il tempio della notte risuonava solo dei loro respiri pesanti. – Il mio nome è Abhishek – disse l’uomo porgendole la mano da sopra il cadavere. – Ma tutti mi chiamano Abhi. – Io sono Amelia – rispose lei. – Ma ti stringo la mano solo se ti allontani da quella… cosa.

Ore 14.36

– Quello che non mi hai detto – stava dicendo Abhi – è come fa una maestra della scuola primaria ad avere una torcia elettrica nella borsa. Amelia abbozzò un debole sorriso, subito sostituito dal viso serio. Erano andati avanti così per un po’, seduti a ridosso di una parete, vicino a una delle tre nicchie, raccontandosi della loro vita prima (anche Abhi conosceva Amelia di vista, vedendola ogni mattina andare al lavoro), facendo poi innumerevoli congetture su quello che stava accadendo e la ragione che aveva scatenato tutto quel putiferio. Sembravano proprio gli zombie di quella serie televisiva, ma per certo adesso sapevano soltanto che non dovevano venire morsi e che si potevano abbattere colpendoli alla testa. Allo stesso tempo, però, si erano resi conto che un cranio umano era molto resistente. Non certo così flaccido come quella serie faceva credere. L’uomo fece poi un breve cenno al fatto che in qualche modo aveva “sentito” Amelia nella sua testa, ma lei non gli aveva risposto e lui non aveva insistito. Per la maggior parte del tempo, però, avevano dormito. – Lo sai, no, del terremoto dell’anno scorso – gli rispose Amelia. – Sì, certo, si è sentito anche qui. – Ecco, ogni anno, all’inizio di maggio, mi prendo qualche giorno di ferie e vado da mia madre… – Vicino all’epicentro del terremoto – intervenne Abhi. – A un po’ di chilometri di distanza, per fortuna, ma ti assicuro che lo abbiamo sentito molto bene. Comunque, vado da lei ogni anno per la ricorrenza della morte di mio padre. – Mi dispiace – disse Abhi. – Purtroppo i padri muoiono e noi non possiamo fare altro che accettarlo e onorare il loro ricordo con la nostra vita.

Amelia si girò verso di lui: – Mi dispiace – disse anche lei stringendogli per un attimo la mano. Abhi sorrise: – Scusami se ti ho interrotto, vai pure avanti. – Be’, c’è poco da dire. Quella notte il mio letto aveva cominciato a ballare. Corsi in camera di mia madre e la trovai in piedi a osservare a bocca aperta le tende di lino della finestra muoversi come un mare in tempesta. Poi andò via la luce. A tentoni uscimmo di casa e ci trovammo insieme a tante altre persone, tutte in pigiama, a piedi nudi, in un caos di urla e pianti. Si zittì, come se stesse riflettendo. Abhi aprì la bocca per dire qualcosa, ma Amelia continuò: – Giurai a me stessa di non farmi trovare mai più impreparata. E invece anche questa volta lo sono. – Ma cosa dici… e la torcia elettrica? – Ah, quella. Non è niente in confronto a quello che c’è nel mio appartamento. Sotto al letto ho una valigetta con un kit completo per la sopravvivenza… Ma ora non mi serve a nulla. Se solo potessi tornare a casa… – Amelia, anche solo una torcia elettrica può essere utile, in questo momento, proprio perché non sappiamo fino a quando rimarrà la luce. Anche se qui dentro non ci servirebbe a granché. In quel momento lo stomaco di Abhi rumoreggiò in un profondo brontolio. Amelia sorrise: – Oddio, anch’io ho molta fame… non possiamo rimanere qui in eterno. – No, certo, pensando poi a tutto il cibo che c’è nella cucina del centro sociale. – Hai ragione, anche nella scuola so che da qualche parte c’è del cibo, ma come facciamo a raggiungere gli edifici là fuori? – In qualche modo dobbiamo uscire. Dobbiamo sfruttare la luce del giorno che ancora rimane. Non possiamo rimanere qui tutta la notte. Forza, andiamo a vedere com’è la situazione. Abhi era già scattato in piedi e, porgendole una mano, aiutò Amelia ad alzarsi.

Poi assieme si infilarono nel cunicolo dell’ingresso, scavalcando il cadavere. Si avvicinarono lentamente al muretto di mattoni semidiroccato che Abhi aveva quasi completamente richiuso con degli altri mattoni e calcinacci crollati lì vicino. Tuttavia c’erano ancora numerose fessure da cui i due potevano osservare il parco. Si inginocchiarono e vi accostarono il viso. All’esterno, decine e decine di zombie ciondolavano avanti e indietro nel parco in silenzio. – Non c’è più carne viva da mangiare – disse Amelia. Abhi si scostò dalla parete. Estrasse il suo cellulare e tentò di comporre alcuni numeri, come già aveva provato qualche ora prima tra un dormiveglia e l’altro. – Non c’è campo – disse anche questa volta. – Forse la corrente elettrica è già saltata – ipotizzò lei. – E i ripetitori si sono spenti. Forse dovrebbero avere delle batterie di riserva… non lo so, però è meglio se spegni quell’aggeggio. Chissà, magari potrà servirci… – Hai ragione – disse Abhi spegnendo il cellulare. – Non ti piacciono questi aggeggi, come li chiami, vero? – continuò accostando di nuovo il viso alle fessure tra i mattoni. – Fortunatamente posso ancora farne a meno – rispose Amelia allontanandosi dal muretto e accigliandosi. – Odio vedere tra le mani dei miei alunni tutti quegli affari, e quindi non voglio certo essere io a dare il cattivo esempio… – Le cose qui si complicano – l’interruppe Abhi. – Camminare in mezzo al parco sarebbe impossibile, anche se, correndo veloci, molti riusciremmo a scansarli. Anche Amelia si mise a guardare di nuovo fuori. – Ma una volta arrivati alla villa cadremmo dalla padella nella brace… l’edificio è pieno di zombie, e immagino che anche gli altri siano messi così. – Un modo di dire appropriato – sottolineò Abhi. – Però dobbiamo uscire, in qualche modo, dobbiamo riuscirci. Se avessimo qualche arma… colpirli uno a uno in testa con le pietre è troppo rischioso e poi abbiamo visto che non basta. – Forse un modo per andarcene da qui c’è. Non attraverso il parco, ma andoci sotto. Abhi si girò verso di lei. – Come?

– Ascoltami bene. Gli alunni che si sono succeduti per diverse generazioni in questa scuola hanno sempre visto questo tempio della notte come un luogo magico. Fino a qualche anno fa era tenuto peggio di una discarica: la stanza circolare era piena di rifiuti che la gente buttava giù attraverso la grata dell’oculo sul soffitto. Poi sono state compiute delle ricerche, ci sono stati dei finanziamenti e questo posto è stato ripulito, perché ritenuto un sito molto importante per la storia della città. – Sì, qualcosa ho sentito anch’io: che questa grotta nella collinetta un tempo era una ghiacciaia, poi il vecchio proprietario della tenuta vi ha ricavato questo tempio della notte, dove andavano a incontrarsi le coppie di amanti. – Non solo, vieni con me – disse Amelia tornando con lui nella stanza circolare. – Durante la visita guidata con gli alunni, gli speleologi ci hanno mostrato un’altra cosa. Amelia fece strada all’indiano infilandosi in un altro cunicolo. – Qui in fondo c’è un pozzo coperto da una grata. Una volta nel giardino esisteva un laghetto alimentato da un fontanile che attraversava tutto il parco fino a sbucare all’aperto. Pensa, un fontanile vecchio di secoli, che si dice arrivasse persino al centro della città. Erano arrivati in fondo al cunicolo. In un angolo c’era un piccolo bancale di legno, che sembrava sistemato a casaccio a terra. – Lì sotto – indicò Amelia – c’è un pozzo che dà accesso al fontanile. È stato nascosto in questo modo dagli speleologi, perché ci hanno detto che è molto pericoloso. Loro lo avevano esplorato fino a un certo punto, concludendo che non avevano abbastanza certezze sulla resistenza delle pareti di pietra. Abhi spostò il bancale di legno rivelando un pozzo circolare coperto da una grata di ferro. Nello stesso istante, il cunicolo dove si trovavano si riempì del nauseabondo puzzo di fogna. Entrambi indietreggiarono di un o, portandosi una mano al naso. – Dimenticavo: il fontanile, negli ultimi anni, è stato utilizzato come collettore per gli scarichi domestici. – Dobbiamo infilarci nella merda, insomma – disse Abhi respirando con la bocca.

– Per lo meno ci erà la fame – aggiunse Amelia. – Vado a prendere la mia borsa. Dopo pochi istanti fu di ritorno con la borsa a tracolla e la piccola torcia elettrica in mano. Si avvicinarono di nuovo al pozzo. Il tanfo si era un po’ disperso, ma era comunque disgustoso. Amelia osservò la grata: non era chiusa con nessun lucchetto. Il ferro era solo arrugginito. Abhi la prese con entrambi le mani e fece forza, staccandola quasi subito dalla sua sede circolare. Amelia accese la torcia e fece luce nel pozzo. Nella parete di pietra, a intervalli regolari, erano presenti delle piccole rientranze per infilarci mani e piedi. – Ma quanto è profondo? – chiese Abhi. – Non lo so, quattro o cinque metri, forse. – Be’, in questo caso non posso essere gentile e fare andare avanti per prime le signore… dammi la torcia, per favore. Amelia sorrise porgendogli la piccola luce. Abhi infilò le gambe nel pozzo trovando le prime rientranze per i piedi. – C’è un detto, dalle nostre parti, che dice più o meno così: “Anche la più lunga camminata comincia con un o”. – Detto questo si infilò la piccola torcia in bocca e cominciò a calarsi nel pozzo. Amelia attese qualche secondo. Sentiva la cantilena alle porte della sua mente che bussava per entrare, ma la scacciò via e anche lei si infilò nel pozzo.

Ore 15.29

A mano a mano che scendevano, l’aria sembrava scaldarsi. Allo stesso tempo, però, il puzzo di fogna cresceva attorno a loro, mescolandosi a qualcosa di più forte: sembrava un’esalazione chimica. – Attenta, comincia a farsi tutto umido, qui sotto – disse Abhi dal basso. Amelia avvertiva chiara la voce dell’uomo; quasi le rimbombava nelle orecchie, facendo sembrare quel pozzo ancora più stretto. La luce proveniente dalla piccola torcia si muoveva continuamente, creando delle ombre danzanti accanto a lei. Sentì in quel momento le fessure sotto le mani diventare scivolose. Si fermò un attimo, constatando che le era possibile appoggiare la schiena al muro per riposarsi. Pensò al proprio montgomery che ormai doveva essere sudicio. – Abhi, aspetta un attimo – disse sfregandosi prima una mano e poi l’altra sui jeans. La luce della torcia si bloccò. – Che c’è? – chiese Abhi puntando meglio la luce su di lei. – Niente, mi asciugo le mani, ho paura di scivolare. – Tranquilla, ci sono io, qui sotto. Amelia non replicò, preferendo contare nella penombra gli interstizi umidi - e a tratti pieni di muschio scuro - tra i mattoni che aveva davanti agli occhi. – Ok, vai pure – disse lei, continuando in silenzio a contare le linee di pietre che si susseguivano una dietro l’altra. arono altri minuti in cui i due non dissero nulla. Amelia non sembrava nemmeno fare più caso alla puzza che le riempiva le narici. Forse aveva cominciato ad abituarcisi. In realtà a un certo punto avvertì un refolo d’aria provenire dal basso. – Amelia, siamo arrivati – le rivelò Abhi.

Lei rimase al buio, forse perché lui aveva puntato la piccola torcia verso il fondo del pozzo. – Sotto si apre una piccola galleria, un tunnel… non so come chiamarlo. Comunque, c’è un piccolo salto da fare… La voce di Abhi le giungeva diversa. Non rimbombava più come prima. – Vado – continuò l’uomo e Amelia avvertì la presenza fisica di Abhi allontanarsi veloce da lei, per rumoreggiare un secondo dopo sul fondo del pozzo. Avvertì un leggero sciacquio. – C’è un rivolo d’acqua, qui sotto, che scorre. La luce tornò a illuminarla. – Arrivo – disse lei, continuando a scendere finché mise un piede nel vuoto. Un piccolo verso di sorpresa le uscì dalla gola, ma avvertì subito la mano di Abhi che la sorreggeva prendendole uno stivale. – Attenta. Continua a scendere, ti reggo io. Amelia mise più forza nella presa con le mani, (settanta righe di mattoni, ognuno largo circa cinque centimetri) finché, assistita da Abhi, (circa un centimetro per ogni interstizio) poggiò i piedi sul fondo del pozzo, (il pozzo è profondo quattro metri e venti) dove scorreva un rivolo d’acqua putrida. Il contenuto della sua borsa a tracolla tintinnò. (no, l’errore è troppo alto, questo conteggio non è corretto) – È un cunicolo – disse, cercando di scostare i piedi da quel liquido scuro. Allargò le braccia: un metro e venti, forse un metro e trenta di larghezza. – Sì – confermò lui. – Una volta doveva aprirsi da una parte e dall’altra –

continuò illuminando il cunicolo di mattoni davanti a loro: si perdeva nell’oscurità e, come il pozzo, era costruito in vecchi mattoni scuri. Il soffitto era a volta, appena più alto di Amelia, ma Abhi avrebbe dovuto abbassarsi per camminarvi attraverso. Dietro di loro, invece, a circa trenta o quaranta centimetri dalla discesa del pozzo, il cunicolo era stato murato in epoca successiva, perché i mattoni usati erano più chiari, sicuramente più recenti. Avevano lasciato una piccola apertura sul fondo, da cui filtrava il rivolo d’acqua scura. – Non c’è molta scelta su dove andare… – constatò Abhi tornando a girare la luce dall’altra parte. Anche Amelia si girò. Sentì quel refolo d’aria puzzolente sul viso. Dalla borsa estrasse un fazzoletto con cui si coprì naso e bocca, legandoselo dietro la nuca. – Dammi la torcia, per favore – disse poi allungando una mano verso Abhi. Questi gliela ò. – Ottima idea – disse, prendendo da una tasca del giubbino un grande fazzoletto azzurro e legandoselo anche lui dietro la testa. Amelia illuminò il fondo vicino ai loro piedi, in cui quel piccolo rivolo fangoso procedeva molto lentamente. – In ogni caso, quest’acqua deve andare da qualche parte. Abhi riprese la torcia dalle mani di Amelia, piegò un po’ la schiena e si incamminò, facendole strada. – Anche se non sembra, questa galleria dev’essere leggermente inclinata, per far scorrere l’acqua. – Penso di sì – rispose lei seguendolo, mentre con la mente aveva già cominciato a contare i i. – In questo modo stiamo scendendo ancora… Amelia non rispose, ma avvertì il peso di tutte quelle pietre, ma soprattutto della terra, sopra di sé. – Sei sicura che ci porterà fuori? – chiese l’uomo dopo pochi secondi. – Non lo so, Abhi. Non so nemmeno fin dove si erano spinti gli speleologi prima di tornare indietro. – Forse non tanto, guarda.

Amelia sbirciò da un fianco di Abhi. La galleria non continuava più all’infinito perdendosi nell’oscurità. I mattoni sembravano convergere su altri mattoni. Dopo pochi i, però, entrambi videro meglio. – No, scusami se ti ho preoccupata – disse Abhi sospirando. – La galleria fa solo una curva a destra. Senza dire nulla, Amelia allungò la mano su una sua spalla, avvertendo quasi subito la tensione nei muscoli dell’uomo sciogliersi. – Grazie – disse lui. Superata la curva, (centoventotto i) Amelia vide che il cunicolo si perdeva ancora nell’oscurità. Tuttavia qualcosa di diverso attirò la sua attenzione, e anche quella di Abhi, che disse: – Ci sono dei segni su quelle pietre. In breve i due raggiunsero una lunga scritta nera (duecentocinque i) che partiva dalla parete sinistra, saliva verso l’alto, attraversava tutto il soffitto a volta e terminava alla stessa altezza sulla parete di destra. – Ma che cosa c’è scritto? – chiese lui facendo luce con la torcia. – È latino – disse Amelia. Con le dita della mano toccò quelle lettere che erano in realtà scolpite in modo perfetto nei mattoni del cunicolo e solo successivamente dovevano essere state ritoccate con del colore nero. Seguendo il “percorso” della frase con la testa, Amelia recitò: – Visita interiora terrae rectificando invenies occultum lapidem. Più o meno, vuol dire: visita il sottosuolo e rettificando, cioè, correggendo, troverai la pietra nascosta. – Me lo puoi spiegare meglio? – Gli speleologi non ci avevano detto di averla trovata, forse per evitare che

troppi curiosi si riversassero qui dentro – cominciò Amelia. – Questa scritta dev’essere legata a un altro significato del tempio della notte. Infatti si dice che il tempio fosse utilizzato anche per dei riti massonici e questa è proprio una frase usata, penso, per una specie di iniziazione dei massoni. – Ma chi sono questi massoni? – Non hai mai sentito parlare della massoneria? Delle società segrete? – “Società segreta” lo capisco meglio. I nostri thog erano una società segreta… – I thog? – Sì, era una società segreta costituita da persone addestrate a uccidere su commissione di alcuni potenti dell’epoca, i quali eliminavano così i nemici senza sporcarsi le mani. C’è chi pensa che esistano ancora. – Erano dei sicari, insomma? – Sì, penso che quella sia la parola giusta. – Forse i tuoi thog assomigliano di più ai nostri mafiosi… – Può darsi… ma questa “pietra nascosta” che cos’è? – Potrebbe essere qualsiasi cosa, non lo so, anche soltanto un pensiero. – Un pensiero? – Sì, vedi, quando si parla di società segrete, qui da noi, si pensa sempre a qualcosa di deviato, di esoterico, ma in realtà per molti dei massoni poteva anche essere soltanto una ricerca interiore. – Sì, credo di capire – disse Abhi. Poi, continuando a guardare la frase incisa nel cunicolo, citò: – “Ciascuno ha perso il proprio centro, ma se conosci te stesso, nessuno può scuotere questa conoscenza.” – Ma quante di queste frasi conosci a memoria? – gli chiese Amelia. E quanto poco conosco ancora quest’uomo? si chiese, sentendosi al contempo un po’ turbata. Sapeva che avrebbe potuto ancora in qualsiasi momento

“spingere” verso di lui e “conoscere” molto di più, ma non voleva, perché stava nascendo una bella amicizia tra di loro e si sarebbe sentita irrispettosa nei suoi confronti, sleale… come lo era stata con Luisa quando aveva otto anni. – Mio nonno – rispose Abhi. – Spesso a causa del loro lavoro i miei genitori non potevano accudirmi e così mi portavano da lui. Mi insegnava tante cose… Sembrava che per ogni momento della giornata o per quello che accadeva, ci fosse una frase appropriata. Ad Amelia non serviva “spingere” per avvertire la nostalgia che trapelava dalle parole di Abhi. – Chissà che cosa direbbe adesso, vedendo quello che sta accadendo – continuò l’uomo riportando gli occhi su di lei. – Ma chissà se anche in India sta succedendo tutto questo, chissà se anche là i morti sono tornati a camminare per le strade. – Non possiamo saperlo, Abhi. Noi, adesso, dobbiamo solo cercare di uscire da qui. – Certo, anche perché quella pietra nascosta non può darci da mangiare. Amelia sentì a quel punto un grosso buco nello stomaco, che superava anche il puzzo che li circondava. Lo stomaco di Abhi brontolò quasi nello stesso momento: lei poté udirlo nitidamente. L’uomo si portò una mano alla pancia. – Forza, andiamo – disse. I due ripresero la marcia. Dopo pochi minuti il cunicolo curvava ancora a destra, (duecentosettantadue i) per poi proseguire di nuovo in linea retta. Durante il cammino non videro altre scritte sulle pareti, tuttavia queste ultime apparivano sempre più rovinate, crepate in più punti. La fanghiglia sotto i loro piedi era aumentata. Il piccolo rivolo centrale si era allargato a quasi tutto il pavimento. A tratti sguazzavano letteralmente dentro al putridume. Amelia incespicò alcune volte in mattoni sommersi dalla fanghiglia staccatesi probabilmente dalle pareti. In quelle

occasioni si appoggiava alla schiena di Abhi. Lui si girava e la sorreggeva per alcuni secondi, facendole riprendere fiato. Si sentiva stanca, spossata nell’animo. Quanto tempo era che camminavano? Teneva il conto dei i, è vero, ma a volte andavano più spediti, altre più lentamente. Per giunta Abhi doveva rimanere sempre un po’ piegato. In quel momento Amelia non invidiava certo la sua altezza. A quattrocentododici i accaddero due cose. La prima fu che il cunicolo svoltò a sinistra, la seconda, invece, fece perdere ogni speranza ad Amelia. Abhi se ne uscì in una parola indiana sconosciuta, dal cui tono, però, si capiva che era un’imprecazione. Superata la curva, infatti, il cunicolo si interrompeva. Si avvicinarono molto lentamente al cumulo di calcinacci e mattoni crollati davanti a loro. Le pareti avevano ceduto, riempiendo quella parte della galleria di pietre e terra che dovevano costituire lo strato successivo ai mattoni. L’acqua, in quel punto, raggiungeva quasi le ginocchia di Amelia. Quella barriera era come una specie di diga, che lasciava filtrare solo una minima parte di acqua dall’altra parte. – Gli speleologi avevano ragione – disse Amelia superando Abhi e avvicinandosi ancora di più alle macerie. – Questo posto è pericoloso. L’uomo se ne uscì in un lungo sbuffo a guance piene. – Sì, è vero. Non avvicinarti, per favore. – Abhi, sono molto stanca – lo contraddisse lei salendo sui calcinacci. – Ho bisogno di riposarmi, di mettere i piedi all’asciutto, e poi, chissà da quanto tempo è che queste pareti sono crollate. Si tolse il fazzoletto dalla bocca, si asciugò la fronte sudata e poi si sedette sulle macerie. Abhi osservò le pietre e i calcinacci. – Sì, forse hai ragione – disse, abbassandosi il fazzoletto sul collo. – E io devo riposare la schiena. Poi si sedette anche lui sulle macerie, leggermente più in basso di Amelia, ma lo spazio era talmente esiguo che erano praticamente appiccicati. Entrambi guardavano il cunicolo buio che li aveva condotti fino a lì. – Non c’è altra scelta, Amelia: ci tocca tornare indietro. Dobbiamo uscire dal

tempio, aggirare in qualche modo gli zombie ed entrare negli edifici. – Lo so, Abhi, però prima fammi riposare un po’, davvero, non ce la faccio più. Detto questo, appoggiò la testa su una spalla di Abhi. Egli si mise più comodo, accogliendola in un abbraccio. Amelia, seppur racchiusa in una galleria che avrebbe anche potuto crollare da un momento all’altro, con i piedi bagnati e con un nauseabondo puzzo nelle narici, avvertì la mente liberarsi. Sentendosi comunque protetta, si lasciò sopraffare dalla stanchezza.

Intermezzo

Amelia è nel bagno della scuola, seduta a terra, con la testa appoggiata sulle ginocchia. Il cuore viaggia come un treno nel suo petto. Non vuole tornare in aula, non vuole rivedere quel maestro, e non perché abbia paura di lui, ma perché non vuole accettare il peso della sua responsabilità. Lei sa quello che deve fare, sa benissimo quello che è giusto fare. Perché ci sono delle persone grandi così cattive? Non ha nessun senso. Le persone grandi dovrebbero proteggere i bambini, dovrebbero… qual è la parola che le ha insegnato suo papà? Sì, accudire: è questo quello che dovrebbero fare i grandi. E invece… Un lieve bussare alla porta del bagno la distoglie dai suoi pensieri. – Amelia, sei lì dentro? – È la voce un po’ rauca di Luisa, la bidella. La porta si apre lentamente e la donna entra. È più vecchia di sua mamma. Porta degli occhiali dalla montatura grossa che a lei non piacciono e i capelli biondi raccolti in una cipolla dietro la testa (non ricorda nemmeno un giorno dell’anno in cui glieli abbia visti sciolti sulle spalle). – Che cos’è successo, piccolina? – continua fermandosi a debita distanza da lei. Amelia avverte subito l’odore di sigarette e sa per certo che ne stringe in quel momento un pacchetto nella tasca del grembiule blu che indossa (non ricorda di aver mai visto che cosa indossa sotto). – Non sto tanto bene – risponde. – Sai, io ho visto tante bambine stare poco bene, ma mai nessuna di loro correva così forte come facevi tu poco fa in corridoio. Allora, vuoi dirmi che cos’è successo in classe? – le chiede facendo un altro paio di i verso di lei. – Su, lo sai che non è igienico sedersi in bagno. – Non posso. – Non puoi alzarti o non puoi dirmi che cos’è successo?

Amelia scioglie l’abbraccio con cui stringe le ginocchia e si alza in piedi, senza mai distogliere gli occhi da Luisa (lei può guardarla, perché Luisa è buona, Luisa accudisce i bambini). – Non posso parlarne. Luisa si avvicina del tutto. Sotto al puzzo delle sigarette, Amelia avverte il dolce profumo di biscotti. La donna si accovaccia di fronte a lei. La guarda dritta negli occhi. – Che cosa c’è che ti spaventa tanto? Amelia vorrebbe liberarsi, dirle tutto… ma come può spiegarle che a volte lei sente delle cose? C’è solo un modo per farlo. Amelia sta per “spingere” verso Luisa, quando la porta del bagno si spalanca. Chiara, una bambina bionda della sua classe, è ferma sulla soglia con una mano a tenere aperta la porta. – Il maestro vuole che torni in classe – dice. E poi, rivolta alla bidella, aggiunge: – Ciao, Luisa. – Ciao, Chiara – le risponde la bidella alzandosi in piedi. – Grazie, piccola. Però, per favore, spiega al maestro che Amelia sta poco bene, ma che ci sono qui io con lei. – Va bene, ciao ciao – dice la bambina quasi scappando via, mentre la porta si chiude lentamente dietro di lei. – Vedi, Amelia? Possiamo stare ancora un po’ da sole senza che nessuno ci dist… – si interrompe Luisa nel voltarsi. In quel momento Amelia “spinge” verso di lei e la donna ha come un soprassalto, indietreggia di un o e rimane a bocca aperta. Gli occhi della mente di Amelia sono gli occhi di Luisa: vedono gli altri bambini che a volte le prendono in giro, vedono i numeri che scorrono e si trasformano in altri numeri aggrovigliandosi su se stessi come centinaia di serpenti, vedono il maestro che la guarda ma i suoi occhi hanno qualcosa di strano, allora “spingono” verso di lui e vedono dei bambini che piangono… – Due, tre: vattene via da me – sussurra Luisa con gli occhi spalancati. … sentono i loro lamenti, il loro dolore…

– Cinque, sette, undici: non sento quello che tu dici – continua la donna a voce più alta. … ed è come venire tagliati da una lama fredda che congela le membra di Amelia/Luisa… – Tredici, diciassette, diciannove, ventitré, ventinove: torna nel tuo altrove… basta! – urla Luisa indietreggiando di alcuni i. Poi incespica e si ritrova seduta sul pavimento del bagno. Ha il fiatone, come se avesse corso per chissà quanti chilometri. – Mi dispiace – le dice Amelia con le lacrime che le rigano le guance. Luisa si strofina gli occhi con le mani, poi, rimanendo in ginocchio, si avvicina alla bambina e l’abbraccia. – Lui… lui è… – cerca di dire. – Mi dispiace – dice ancora Amelia piangendo. – Io non volevo… – Non devi più avere paura, piccola mia. Ma lei non ha paura. Piange perché adesso Luisa è in pericolo…

Ore 16.49

– Amelia? Amelia, svegliati – la stava chiamando Abhi scuotendola leggermente e puntandogli la luce della torcia sul viso. – Come?... Sì, scusami… quanto ho dormito? – chiese svegliandosi del tutto. – Pochi minuti, credo, ma non è quello. È che stavi sognando qualcosa… di brutto, penso. Ti agitavi e continuavi a dire “mi dispiace, mi dispiace”… ho pensato fosse meglio svegliarti. – Hai fatto bene, grazie – disse Amelia ricomponendosi e alzandosi in piedi. – Dai, adesso basta riposarci, dobbiamo tornare indietro. Non sappiamo quanta luce sia ancora rimasta là fuori. Immerse di nuovo i piedi nell’acqua e si sentì attraversare da un brivido di freddo. No, non posso ammalarmi proprio adesso, pensò. Poi, rivolta ad Abhi: – Dammi la torcia, per favore. Questa volta vado avanti io. L’uomo gliela consegnò senza fiatare e Amelia s’incamminò: in quel momento l’unica cosa che voleva evitare era che lui le leggesse in volto il profondo turbamento che quel ricordo le aveva provocato. Questa volta rimasero a lungo in silenzio, perché sapevano entrambi che dovevano risparmiare le forze. A mano a mano che procedevano, i loro i diventavano sempre più pesanti, anche se il livello dell’acqua putrida al suolo era tornato a diminuire, fino a ridursi a un rivolo fangoso. Amelia, per allontanare dalla mente il ricordo del maestro, contava a ritroso i i che mancavano per arrivare al pozzo. Centoquaranta i, il tratto più lungo, e poi la svolta a sinistra. Sessantasette i, e i suoi occhi furono di nuovo rapiti da quella scritta latina scolpita nei mattoni. Settantasette i. L’ultima curva a sinistra apriva loro i restanti centoventotto

i prima del pozzo da cui erano scesi. Un lieve lucore in lontananza, forse l’ultima luce del pomeriggio, rischiarava appena il fondo del cunicolo. Quasi nello stesso istante, entrambi aumentarono leggermente l’andatura. Fu in quel momento che sentirono un flebile parlottio. Entrambi si fermarono. – Hai sentito? – chiese Amelia. – Sì – confermò l’uomo. – Sembrava una voce. Fecero qualche o avanti e si fermarono ancora. – Sì – disse Amelia. – È la voce di un uomo. Probabilmente il pozzo e questa galleria l’amplificano ed è per questo che noi riusciamo a sentirla fin qui. – Però non riesco a capire che cosa dice – continuò Abhi. – Di certo non può essere una di quelle creature – disse Amelia – perché da quanto abbiamo visto, non hanno il dono della parola. – E se c’è qualcuno di sopra, forse significa che gli zombie se ne sono andati. A quell’idea entrambi sorrisero. – Forza, Abhi, muoviamoci! – Va bene. Però adesso vado avanti io. Seguimi! Nuova forza sembrò rinvigorire loro le gambe, tanto che in poco più di un minuto percorsero l’ultimo centinaio di i di quel cunicolo. All’imbocco del pozzo, Amelia prese dalle mani di Abhi la torcia. La spense e la ripose nella borsa. – Devi aiutarmi – disse. L’uomo la sollevò per i fianchi. Amelia infilò le mani nelle prime rientranze e cercò di issarsi. Abhi l’aiutò ulteriormente spingendole le gambe e quando lei riuscì ad infilare anche i piedi nelle incavature delle pietre, con uno sbuffo, cominciò a salire. Sotto di sé, avvertì Abhi grugnire per lo sforzo mentre si issava con la sola forza delle braccia. – Ok, ci sono – disse poi. Amelia cercò di procedere più spedita, ma lo sforzo era tremendo. A tratti le giungeva la voce di quell’uomo, che ora, a mano a mano che saliva, capiva che stava parlando da solo. Nessun’altra voce accompagnava o rispondeva a quel farfugliamento. Sì, perché anche se la voce diventava sempre più nitida, era

impossibile comunque capire quello che diceva. La cosa non poté che destare in lei un brutto presentimento. Abhi, sotto di lei, non diceva niente, forse anche lui concentrato nell’intento di comprendere quelle parole, oltre che nello sforzo di salire lungo il pozzo. Ancora poche righe di pietra, gli ultimi interstizi muschiosi tra un mattone e l’altro, le ultime rientranze in cui le sue dita ormai tagliuzzate in più punti cercavano di non perdere quell’appiglio fisico oltre che di speranza. E poi, finalmente, la sua testa sbucò fuori dal pozzo, in una lieve luce di quel tardo pomeriggio. Si guardò attorno: a parte il bancale di legno e la grata di ferro, il cunicolo era deserto. Ma la voce era ancora più chiara. – Dev’essere nella camera circolare del tempio – disse Amelia mentre, con un ultimo sforzo, si issava fuori dal pozzo. Subito dopo uscì anche Abhi. Entrambi con il fiatone, respiravano a grandi boccate l’aria di quel posto cercando di liberarsi i polmoni dalle nauseabonde esalazioni di fogna. Abhi si stirò la schiena e Amelia osservò quanto fosse ricoperto da uno strato di sudiciume dalla testa ai piedi. Anche lei doveva essere ridotta allo stesso modo. I due si guardarono negli occhi e, senza aggiungere altro, si avviarono lungo il cunicolo. Sbucarono nella stanza circolare. Sul lato opposto a loro, addossato a una colonna di marmo bianco, c’era un uomo seduto a terra. Si teneva le ginocchia con le braccia, ondeggiava leggermente avanti e indietro e stava parlando da solo. Amelia ripensò per un attimo a se stessa chiusa in quel maledetto bagno. Scacciò quell’immagine dalla mente e si avvicinò all’uomo. Abhi la seguì subito. – Non è possibile, non è possibile… – stava dicendo lo sconosciuto. Poi delle parole incomprensibili: – Proteggerli… io… non devo… – E poi altri farfugliamenti. Sembrava non essersi ancora accorto della loro presenza. Aveva i capelli rossi, tagliati corti, e la pelle chiara… forse troppo, pensò Amelia. Era vestito in modo elegante, con giacca e cravatta, un completo blu, anche se sporco e… strappato in più punti. – Aspettami qui, vado a controllare l’ingresso – disse Abhi scivolando via.

Amelia si avvicinò di un altro o all’uomo. – Mi scusi, mi sente? Come sta? Non ricevette nessuna risposta, ma quando si allungò un po’ di più su di lui, la vide: una ferita alla base del collo. Dietro di sé sentì dei lievi rumori di calcinacci. Dopo pochi secondi Abhi fu di ritorno: – Ho risistemato le pietre nel punto da cui quest’uomo dev’essere entrato – disse. – Gli zombie sono ancora tutti là fuori, anche se sembra che i loro movimenti si siano rallentati. Ti ha detto qualcosa? – chiese poi. – No, però è ferito. Credo che una di quelle cose lo abbia morso – disse Amelia indicando con un dito la ferita. Abhi si sporse un po’ in avanti. – Accidenti! Dobbiamo andarcene da qui… – No… – lo contraddisse lei, perché sentiva che quella persona era importante, e allo stesso tempo sapeva che non avevano molto tempo, ormai. Si inginocchiò davanti a lui. – Amelia, non avvicinarti… – cercò di fermarla Abhi, ma lei non lo ascoltava più. Amelia “spinse” verso l’uomo e fu subito investita da una raffica di parole: … mi hanno morso, mi hanno morso, mi hanno morso, non può essere vero, mi hanno morso, mi hanno morso, non è possibile, non è possibile, no, non io, adesso io no, proteggi Rebecca, proteggi Rebecca, non voglio che muoia, non voglio che muoia... Amelia percepì il viso di una bambina dai capelli biondi, all’interno di quello che sembrava un camper, i cui lineamenti però sfumarono velocemente per non essere più riconoscibili. No, non è questo. Quest’uomo si trova qui per un motivo. Lui conosce questo luogo, lui è già stato nel tempio della notte…

… i miei occhi non possono ancora vedere la Luce, io non ho nome, io non sono nessuno…

… il tempio è scuro, scritte sono appese ovunque, ma lui è nudo e viene rivestito di una tunica bianca, ha sete, ma non può bere dalla brocca piena d’acqua, ha fame, ma non può spezzare il pane sul tavolino… deve morire per rinascere… Sopra di loro risuonò il verso di una creatura. Amelia uscì quasi con dolore dalla comunione che aveva raggiunto con l’uomo a terra e guardò verso il soffitto a volta. La già scarsa luce che filtrava attraverso la grata dell’oculo fu ulteriormente offuscata da uno zombie, che premeva i lineamenti contorti del viso contro la grata. Con la bocca insanguinata cercava di addentare le sbarre di ferro. Alcune gocce di liquido scuro caddero vicino ai piedi di Amelia, la quale si spostò leggermente da una parte, perché non voleva perdere ulteriormente il “contatto” con l’uomo a terra. – Devono essere attirati dall’odore del sangue – ipotizzò Abhi. – Ma allora… Non fece in tempo a finire la frase che risuonarono netti i rumori di calcinacci che cadevano a terra, seguiti quasi subito da altri grugniti bestiali che rimbombarono nel cunicolo d’ingresso. – Amelia, dobbiamo nasconderci! – disse Abhi abbassandosi e poggiandole una mano su una spalla. – No – rispose lei allontanandolo delicatamente ma con decisione. – Lasciami finire, ti prego. Abhi non insistette. Si alzò in piedi e si girò verso il cunicolo d’ingresso. In quel momento comparve uno zombie, una donna. Le mancava una mano e gli intestini le penzolavano davanti alla gonna lorda di sangue. Incespicò nei piedi del cadavere all’ingresso e cadde a terra. Abhi si guardò in giro e raccolse alcune pietre. – Forza, Amelia, non abbiamo molto tempo! – urlò. Lo zombie cercò di rialzarsi, ma fece leva sul moncherino del braccio che si spezzò, facendola rallentare di nuovo. Amelia tornò a girarsi verso l’uomo ferito che continuava a lamentarsi. Si concentrò su di lui, non potendo evitare, però, di sentire il verso di un’altra creatura che stava entrando nel tempio…

… deve morire per rinascere… … sente la guancia del “venerabile” contro la propria mentre viene risollevato da terra… … ora stringe in una mano la Pietra… di ferro… la nicchia… si aprirà… … no, non posso andare adesso… devo proteggere, devo proteggere tutti loro… … l’uomo si portò una mano a una tasca della giacca e anche Amelia si toccò una parte del montgomery, sentendo la Pietra… … ecco, la vede, in un angolo della nicchia… quel mattone… Amelia “sentì” un forte dolore al centro del petto, e un'onda grigia che le attraversava tutto il corpo sommergendole anche la mente. Si “ritrasse” per non rimanerne soffocata. La coscienza dell'uomo, il suo Io più profondo, ciò che per molti poteva essere considerata l'anima, si stava velocemente disgregando. Si girò e vide Abhi che con un calcio allontanava da sé uno zombie, un uomo che, indietreggiando, andò a sbattere contro un’altra creatura entrata nel tempio. A terra giaceva il corpo della donna zombie, con la testa fracassata e una pietra insanguinata conficcata nel cranio. Abhi era pronto con altri mattoni in mano, in uno stato di terrore e di euforia quasi soprannaturale. – Alla fine anche la testa più dura si può rompere! – gridò a voce alta. Amelia tornò sull’uomo ferito che ora sembrava svenuto. Infilò la mano nella tasca interna della giacca, andando a colpo sicuro e afferrando la Pietra. Estrasse la mano e l’aprì davanti a sé, rivelando una chiave di metallo, forse ottone, dall’impugnatura ovale, la cui lama era provvista di gole intagliate che formavano una scanalatura a forma di croce. – Questo tempio era davvero frequentato da una società segreta – disse affiancando Abhi. – Qui si è svolto un rito a cui quest’uomo ha partecipato. E dove gli è stata consegnata questa chiave. L’indiano gettò un’occhiata veloce verso di lei e subito dopo lanciò una pietra colpendo alla fronte un altro zombie. La creatura cadde a terra e rallentò le creature che avanzavano dietro di lui. Abhi raccolse un altro mattone, si guardò in giro poi indicò con il mento l’uomo con la giacca blu. – È morto? – chiese

cercando di riprendere fiato. – No, ma non credo che manchi molto. – Sai quello che devi fare? – le chiese. – Sì. – Allora fallo, e se vuoi continuare a vivere cerca di perdonare quello che io sto per fare. – Detto ciò lasciò cadere i mattoni, prese l’uomo ferito per i piedi e lo trascinò con forza vicino al cunicolo d’ingresso accanto agli zombie che si dibattevano per terra. – Sono attirati dal sangue – disse Abhi. – Dal sangue vivo. Rumore di altri calcinacci che crollavano. Abhi tornò da Amelia, la quale stava osservando la nicchia proprio dietro a dove era seduto l’uomo ferito. Era diversa dalle altre situate nel tempio, perché si inseriva tra due semicolonne sormontate da capitelli floreali parzialmente murati nelle pareti. Si mise a tastare i mattoni all’interno della nicchia, finché non ne individuò uno in particolare. Cercò di smuoverlo spostandolo su e giù. Ne ripulì i contorni dalla polvere e dalla terra, aiutandosi con la punta della stessa chiave. Riuscì a trovare un piccolo spazio per infilarci le dita e tirò. Il mattone smosso scivolò fuori dal muro. All’interno di quello spazio quadrato Amelia vide una serratura incrostata dal tempo. Un verso gorgogliante li fece girare. Appena fuori dal cunicolo d’ingresso erano arrivati altri due zombie, che però si gettarono subito sull’uomo ferito, il quale aveva ripreso a farfugliare qualcosa. Le creature affondarono le mani e le bocche nelle sue carni. – Oh, Abhi – disse Amelia girandosi verso la nicchia per non guardare quell’orrendo spettacolo. – Quell’uomo era venuto qui per mettersi in salvo… per andare da qualche altra parte, ma alla fine non lo ha fatto perché è stato morso e forse non voleva mettere in pericolo qualcun altro. Sua figlia, credo, una bambina di nome Rebecca. Ho visto un’immagine… l’ha abbandonata, ma si è allontanato per non farle del male. Sapeva che si sarebbe trasformato.

– Lo sai che non potevamo fare più nulla per lui nemmeno prima – cercò di confortarla Abhi. – Amelia – aggiunse – quello che hai fatto, quello che vedi… È come quando ti ho sentita dentro di me, vero? Tu hai la facoltà di spostare il tuo spirito. Ormai non aveva più senso per Amelia nascondersi, non dopo tutto quello che stava succedendo. – Non l’ho mai visto sotto questo aspetto – disse. – Però sì, io posso vedere o sentire delle cose, a volte… sia belle che brutte. Non appena ebbe pronunciato quelle parole percepì qualcosa dentro smuoversi, come se si stesse allargando una breccia in un muro che aveva eretto intorno a lei e al suo segreto per tutti quegli anni. Era parecchio tempo che non si sentiva così viva. E c’era stato bisogno della fine del mondo perché ciò avvenisse? O forse era stato il suo incontro con Abhi? – Gli speleologi non avevano scoperto tutto, di questo tempio – spiegò Amelia allontanando da sé quelle domande. Detto questo guardò la chiave e poi Abhi. – Forza, Amelia, non lasciamo che il sacrificio di quell’uomo sia stato inutile – la incoraggiò lui. Lei infilò la chiave nella serratura, girandola in senso orario. Risuonarono dei rumori metallici dietro la parete, come se si fossero messi in moto gli ingranaggi di un grande orologio. Il muro davanti a loro cominciò a muoversi, tra sbuffi di polvere e piccoli pezzi di calcinacci che cadevano a terra. Si aprì una fessura su tutto il lato sinistro della parete, la quale assunse in quel momento le caratteristiche proprie di una porta. I due indietreggiarono di un paio di i per evitare di essere investiti dalla polvere. Dopo pochi secondi il meccanismo che si era attivato si bloccò, lasciando la porta di mattoni aperta solo di pochi centimetri. La polvere fu subito risucchiata dalla lunga fessura. Amelia si avvicinò e allungò una mano, avvertendo una corrente d’aria che spirava verso l’interno. Tolse la chiave dalla serratura e la infilò nella borsa. Anche Abhi si avvicinò e senza dire nulla si appoggiò con una spalla al muro e cominciò a spingere. Amelia gli diede una mano. Entrambi riuscirono a spostare la parete di qualche altro centimetro, abbastanza per arci attraverso. In quel momento avvertirono un cambiamento alle loro spalle. Si girarono. Il macabro banchetto era finito, e due zombie erano di nuovo in piedi e li fissavano. Il corpo

dell’uomo a terra, orribilmente sventrato, era attraversato da tremori convulsi. – Si sta trasformando anche lui – gemette Amelia. – Dobbiamo andare. – Dammi la torcia – incalzò Abhi. Amelia gliela consegnò e, senza aggiungere altro, si infilarono nel pertugio. Appena furono dall’altra parte, Abhi illuminò diversi ingranaggi e contrappesi di ferro vicino all’entrata, a cui era agganciata la porta di mattoni. Vi appoggiò subito sopra il proprio corpo per cercare di richiuderla, ma non si mosse di un centimetro. I versi degli zombie si fecero più vicini. – Amelia, vattene! – urlò. – No, non ti lascio da solo! – gridò lei a sua volta, avvicinandosi. Abhi fece rotolare la piccola torcia più lontano nel cunicolo. – Vai, Amelia! Prendi la torcia e vattene! – Stupido testone… – imprecò Amelia allontanandosi per riprendere la torcia. – Ho detto che non ti lascio da… – Si interruppe, perché una sezione del pavimento su cui stava camminando si abbassò di alcuni centimetri. Gli ingranaggi e i contrappesi di ferro vicino all’entrata si misero in movimento, e la porta di mattoni cominciò lentamente a richiudersi su se stessa. Abhi indietreggiò di un o e Amelia lo affiancò puntando la torcia. La mano di uno zombie comparve nella fessura che andava assottigliandosi, ma bastò un altro secondo, e l’arto venne tranciato di netto dalla porta di mattoni, che si chiuse definitivamente, schizzando il muro di sangue. Entrambi emisero un lungo sospiro. Amelia riconsegnò la piccola torcia nelle mani di Abhi, unica luce presente, ora, a rischiarare un po’ i loro visi sporchi. – Ho detto che non ti abbandono – sussurrò Amelia in tono definitivo, come a voler porre la parola “fine” a quella discussione. – Va bene – rispose Abhi, e poi, cambiando discorso, aggiunse: – Hai visto la polvere e tutto il resto che si è staccato? Questa porta era sigillata da chissà quanti anni. Come faceva quell’uomo a conoscerla?

– Forse le risposte sono in fondo a questo tunnel. Alla luce della torcia i loro occhi scintillavano. Amelia non ebbe bisogno di “spingere” verso Abhi per intuire che l’indiano non avrebbe sopportato l’idea di compiere un altro viaggio a vuoto all’interno di un cunicolo. Gli prese quindi una mano e gliela strinse forte. – Fammi strada, Abhi – gli chiese con dolcezza. – Aiutami ancora una volta. Il volto dell’uomo si aprì in un sorriso. – Va bene – rispose, e, mano nella mano, si incamminarono.

Ore 17.17

Abhi illuminò con la piccola torcia il cunicolo di mattoni che, a differenza di quello in fondo al pozzo, era a sezione rettangolare, abbastanza largo perché entrambi potessero avanzare affiancati. Sulle pareti, a intervalli regolari, c’erano dei ganci di ferro arrugginiti. – Dobbiamo stare attenti a dove mettiamo i piedi – disse l’indiano illuminando la sezione di mattoni che si era abbassata al aggio di Amelia. I due procedettero oltre. Dopo pochi metri, però, il pavimento sparì. – Cominciamo a scendere – disse Amelia. Abhi illuminò una serie di gradini che sprofondavano nel buio. – Almeno questa volta possiamo tenere i piedi all’asciutto – le rispose, tirandola appena per la mano. Iniziarono a scendere e Amelia contò. Dieci gradini e un piccolo pianerottolo. I gradini continuavano nell’altro senso. Altri dieci gradini e un altro pianerottolo. A mano a mano che scendevano, a differenza dell’altro cunicolo, l’aria si faceva più fresca, ma soprattutto non puzzava di fogna. Incontrarono un altro pianerottolo ancora, che suddivideva sempre lo stesso numero di gradini. Arrivati in fondo all’ultima rampa (quaranta gradini) si accorsero di essere circondati da un lieve lucore. – Guarda, Abhi – disse lei. Di fronte a loro si apriva un altro cunicolo un poco più alto del precedente, che dopo pochi metri terminava in un cancello costituito da sbarre di ferro, come la porta di una prigione. Era da lì che proveniva la luce. Accelerarono il o per raggiungerlo. Al di là si vedeva un’altra parete di mattoni. Il cancello non era chiuso a chiave, perché non c’era nessuna maniglia e nessuna serratura. Abhi

spense la torcia e la riconsegnò ad Amelia, che la ripose nella borsa. Poi l’uomo afferrò una delle sbarre e tirò il cancello verso di sé, il quale cigolò sui cardini arrugginiti. Si ritrovarono in un tunnel perpendicolare al precedente. Sulla sinistra c’era un altro cancello di ferro che però si perdeva nel buio, mentre sulla destra il tunnel era più alto e illuminato dal fuoco di una piccola torcia appesa alla parete di sinistra. – Non è possibile – sussurrò Abhi. – Sì, invece – disse lei. – Qui sotto dev’esserci qualcuno. Andiamo. Il corridoio svoltava a destra e poco dopo ancora a sinistra. Diversi cancelli come i precedenti si aprivano di tanto in tanto sia su un lato sia sull’altro. E a intervalli regolari c’erano quelle torce fumiganti che illuminavano il loro cammino. Dopo un’altra svolta a destra, però, si ritrovarono di fronte a una porta di legno. Era scorticata e consumata dal tempo. Non aveva né maniglia, né buco della serratura. Più o meno all’altezza degli occhi era posto uno spioncino quadrato, perfettamente chiuso, sul quale fungeva da grata una stella a otto punte. Al di là della porta si sentivano dei rumori e forse anche delle voci. Abhi e Amelia si guardarono un attimo negli occhi, poi lei appoggiò una mano sul legno, spinse ed entrambi attraversarono la porta. Fecero solo un paio di i in avanti, poi si bloccarono. Amelia sentì la propria bocca spalancarsi e la sua mente riempirsi delle innumerevoli sensazioni che ciò che aveva davanti le trasmetteva. Si trovavano su una sorta di stretto ballatoio delimitato da un parapetto. Davanti e alcuni metri sotto di loro, si apriva un vasto spazio circolare, simile a una grande stazione centrale, nel cui soffitto, a volta, si intersecavano delle grandi travi di ferro. Il ballatoio, dove si aprivano altre porte come quella da cui erano sbucati loro due, seguiva quasi tutto il perimetro di quel luogo. Di sotto c’erano forse una cinquantina di persone, tra uomini e donne, e tutti erano intenti a spostare delle scatole o dei sacchi, alcuni con l’utilizzo di carrelli di legno, mentre altri entravano o uscivano da diversi tunnel che si aprivano alla base di quella specie di stazione di transito. Il parlottio moderato e composto di tutte quelle persone giungeva ad Amelia assieme a un profumo particolare. – Anice – disse Abhi, come se questa volta fosse stato lui a leggerle nella mente.

– C’è profumo di anice. Amelia notò allora che alcune persone avevano un fiore bianco appuntato chi alla giacca, chi alla camicia o maglione che indossava. Netta fu nella sua mente, allora, l’immagine dell’uomo che aveva visto all’ingresso del parco quella stessa mattina (forse un secolo fa) da cui gli zombie si tenevano alla larga: anche lui aveva un fiore bianco appuntato alla giacca. – Loro sapevano quello che stava per succedere – disse Amelia. – E si sono preparati per questo momento. – Sì – disse una voce alla loro destra. Entrambi si girarono. Un uomo dai capelli brizzolati e gli occhi chiari li guardava serio. – È così. Aveva parlato a voce alta e tutte le persone sotto di loro si zittirono, alzando gli occhi per osservarli. – E voi chi siete? – chiese, facendo un o verso di loro. Amelia prese una mano di Abhi e la strinse forte. – La putrefazione è il nome della vita – continuò l’uomo aprendo un ghigno sul volto. A quel punto Amelia cercò di “spingere” per cercare in lui la risposta, ma per la seconda volta nella sua vita sentì davanti a sé un muro bianco impenetrabile. E fu allora che lo riconobbe. Anche dopo tutti quegli anni, anche se lui era cambiato così tanto da diventare quasi irriconoscibile…

Epilogo

È sera. Amelia è nella sua cameretta, protetta dai muri della sua casa, dal calore dei suoi genitori, dalla sicurezza dei suoi numeri. Sdraiata nel letto, sotto le coperte, ripensa a quanto è accaduto quella mattina nel bagno della scuola. Si sente in colpa per essersi “aperta” a Luisa, ma allo stesso tempo un po’ rincuorata dal fatto che un “grande” sappia la verità. Tutto avrebbe voluto fare, quella mattina, tranne che tornare in aula, accolta dalle risatine stupide degli altri bambini, ma soprattutto dallo sguardo indagatore del maestro. Eppure, accompagnata da Luisa, era tornata a sedersi al suo posto e non aveva potuto fare a meno di notare l’occhiata di disprezzo che la bidella aveva lanciato verso l’uomo stempiato, il quale aveva fatto finta di niente, continuando poi con la sua lezione. No, Luisa, non devi esporti così, aveva pensato. Ma allo stesso tempo come poteva il maestro sapere che loro conoscevano il suo segreto? Amelia aveva tirato un sospiro di sollievo. Sulla lavagna, campeggiavano ancora quegli stupidi triangoli. Ma adesso fatica ad addormentarsi, perché ripensa continuamente anche a quello che Luisa le ha detto all’uscita di scuola. L’aveva fermata poco prima del grande portone a vetri. – Non ti preoccupare, piccolina – le aveva sussurrato. – Adesso ci penseranno i grandi. E che cosa mai voleva dire? Che Luisa avrebbe parlato con il preside, con la polizia? E che cosa avrebbe potuto raccontare loro? Ma soprattutto, come avrebbero potuto crederle? E se invece fosse andata a parlare direttamente con il maestro? Forse avrebbe potuto mettergli paura, ma non credeva che una persona così cattiva potesse avere paura di qualcuno… La mattina dopo Amelia sta facendo colazione con la mamma. Suo papà è già uscito, perché lui comincia presto con il lavoro. Stanno parlando di quello che avrebbero fatto nel pomeriggio, quando dalla piccola televisione accesa su un ripiano della cucina, sentono la notizia di una bidella della scuola elementare che frequenta Amelia, trovata impiccata nella propria casa. Sua mamma si affretta subito a cambiare canale, e a continuare con il proprio discorso, ma lei non la sente più, perché un tarlo le si è insinuato nella mente.

Qualcuno suona alla porta. Sua madre va ad aprire e Amelia la segue. Sulla porta c’è il maestro. Amelia sente il cuore saltare un battito. Che cosa ci fa lui qui? – Buongiorno – dice sua mamma. – Buongiorno, signora – risponde lui sorridendo. – A cosa devo la sua visita? Mamma, non farlo entrare. – Faccio sempre delle lunghe camminate prima di andare a scuola. Questa mattina avo di qui e visto che sono un po’ in anticipo, mi chiedevo se potevo scambiare qualche parola con lei a proposito della sua bambina. – C’è qualcosa che non va con Amelia? – No, assolutamente, anzi. Ma… eccola lì, che ci guarda… ciao Amelia… Amelia “spinge” verso di lui e vede con gli occhi del maestro: la sua mano che apre una porta, Luisa che lo guarda, che gli parla, lui che la spinge lontano, lei che urla… Due, tre: vattene via da me. – Ma certo, così magari accompagna lei Amelia a scuola. La prego, si accomodi – continua sua madre facendolo entrare in casa e chiudendo la porta. … le sue mani che si stringono attorno al collo di Luisa… Cinque, sette, undici: non sento quello che tu dici. – Sì, perché ad Amelia piace molto la matematica – dice il maestro, ma il suo sorriso sta cambiando. – Ad Amelia piace molto osservare… … gli occhi di Luisa spalancati, la lingua che penzola fuori dalla bocca, il suo collo che si spezza…

– Che cosa intende, scusi? – chiede sua mamma incredula. Lacrime infuocate cominciano a rigare le guance di Amelia. – Tredici, diciassette, diciannove, ventitré, ventinove: torna nel tuo altrove – recita singhiozzando. –Amelia, che cosa stai dicendo? – le chiede la mamma. … una corda che a intorno al collo di Luisa… il corpo di Luisa che pende da un albero del giardino… Ma Amelia non sente la mamma, non sente più niente, e continua a “spingere” verso il maestro: – Trentuno, trentasette, quarantuno, quarantatré, quarantasette… Ma trova solo un muro bianco, che le impedisce di “entrare”. Il maestro l’interrompe, concludendo la sua cantilena e avanzando verso di lei con un ghigno sul volto: – Cinquantatré, cinquantanove: io sono il tuo altrove.

FINE

TUBEPEDIA EXPOSED Tutto l’universo di The Tube Exposed

LE PUNTATE FINORA PUBBLICATE

The Tube Exposed 1: Il lupo Il lupo di Luigi Brasili è il primo episodio di The Tube: Exposed (racconti esposti al morbo) ambientato in gran parte sotto il livello dei binari e della banchina della stazione 27, e narra di un gruppo di persone che vivono nelle gallerie e che, per coloro che abitano in superficie, sono invisibili come fantasmi. Ma quando il mondo di sopra incontra da vicino quello di sotto, possono scatenarsi eventi che nessuno dei due mondi avrebbe voluto conoscere...

The Tube Exposed 2: L’antro di Jona Quando l'orda di zombie travolge tutto e tutti, trasformando la stazione 27 della metropolitana in un circo degli orrori, solo un uomo ha la forza e l'astuzia necessari per riuscire nell'impresa di lasciarsi alle spalle quell'orgia di sangue e violenza e risalire in superficie. Ad attenderlo troverà però un inferno forse peggiore, che metterà alla prova la sua stessa sanità mentale spingendolo fino ai limiti della pazzia.

The Tube Exposed 3: Il Cacciatore Dopo Il lupo di Luigi Brasili e L’antro di Jona di Roberto Zago, i primi due episodi indipendenti e autoconclusivi della serie The Tube Exposed, ecco il terzo racconto, scritto da Diego Lama, selezionato nel contest letterario sul forum

della Writers Magazine Italia fra decine di autori che stanno partecipando. Mentre l'orda di non morti dilaga nella città, all’interno della stazione della metropolitana solo pochi esseri umani riescono a sopravvivere, sempre alla disperata ricerca di provviste. Tra questi c’è il Cacciatore assieme ad Alice, la sua piccola figlia di otto anni, e alla bella Gilda. Ma le sorprese, i pericoli e la morte non si fanno attendere, neanche per loro. Leggete la nuova puntata di The Tube Exposed e date il vostro contributo per ampliare la saga più tosta del momento!

The Tube Exposed 4: I ripulitori In un mondo dove il morbo sembra prendere il sopravvento, ci si deve inventare qualunque cosa per sopravvivere e portarsi a casa un pezzo di pane. Magari anche improvvisarsi ripulitori. Così, una manciata di uomini accetta l’ingrato compito di ripulire le case delle campagne dagli zombie che vi si nascondono. Viktor e i suoi compagni, però, scoprono ben presto che gli infetti non sono il loro unico problema: c’è in giro una banda di criminali armati fino ai denti e disposta a tutto. Anche a far fuori i ripulitori...

The Tube Exposed 5: Il tempio della notte Allo scoppio del morbo, Amelia si trova intrappolata insieme ad Abhi nel tempio della notte, un’antica costruzione celata all’interno di un parco nel cuore stesso della città assediata dagli zombie. Amelia nasconde un segreto dentro di sé, un dono che, con l’aiuto di Abhi, la porterà forse a svelare un mistero, quello del tempio della notte. Qual è il significato di quella costruzione, perché lei sente che è di così vitale importanza? Asserragliati dall’orda degli zombie, Amelia e Abhi si ritrovano coinvolti in una pericolosa ricerca, e non solo per salvare la propria vita…

I PERSONAGGI DELLA SERIE Abhi

Vero nome Abhishek. Ventisei anni. Cuoco indiano, lavora in un Centro Sociale per anziani. Incontra Amelia (vedi) all’interno del tempio della notte. Conosce a memoria numerosi detti indiani che gli aveva insegnato suo nonno.

Alice Figlia del Cacciatore (vedi). Otto anni e poche speranze. Vorrebbe una bambola.

Amelia Quarantenne. Insegna matematica in una scuola primaria. Incontra Abhi (vedi) nel tempio della notte. È ossessionata dai numeri primi e irrazionali. Deve “contare” quello che vede per mettere ordine nella propria vita. Ha un dono, quello di “spingere” verso le persone che incontra ed entrare in empatia con loro.

Amos Un uomo robusto, dalla fisicità notevole, che non esita a collaborare con gli altri per il bene comune.

Il Cacciatore Silenzioso e solitario si aggira tra le stazioni della metropolitana a caccia di risorse. Prima dell’apocalisse andava a caccia, per questo sa usare le armi ed è attento agli indizi, agli odori, alle tracce. Il suo problema? Tanti, tra cui quello di “sentire”la voce deglizombie, anche quando non parlano…

Carl Carl Mugambi. Uomo di colore, quarantenne, ripulitore. Non si sa molto delle sue origini. Il più impulsivo del gruppo. È più abile con le armi da fuoco che con

pale e picconi.

Dario Altruista, non esita ad accogliere Jona (vedi) e gli altri nel suo negozio. È solo grazie a lui che Rebecca (vedi) viene sottratta al gruppo di zombie che stava assediandone il precario rifugio.

Debora Moglie di Viktor (vedi). Bella, dolce, solidale, ma non per questo priva di determinazione. Condivide con il marito valori e principi, e per questo lo sostiene quando è in crisi.

Denise Donna sensibile, ma coraggiosa, che difende la piccola Rebecca (vedi) dall'aggressione degli zombie.

Einstein, lo scienziato Facile capire dal soprannome che è il dotto del gruppo, un hippy attempato che si prende cura del giovane Jimmy.

Gabriel Cinque anni. Figlio di Viktor e Debora (vedi). Come altri bambini rappresenta la speranza di un futuro migliore.

Gilda Bella, simpatica e piena di voglia di vivere. Inadatta a un mondo di morti.

Gina Non più giovanissima, è la “regina” della casa, rispettata persino da Lupo, e si dona anima e corpo a tutti i componenti del gruppo.

Jacob Sessantenne, ripulitore, collega di Viktor e Carl (vedi). L’amico che non manca mai al momento del bisogno. Dopo una vita ata a lavorare nella metropolitana assieme a Viktor, si ritrova senza moglie (presa dal morbo) e senza figli. Eppure sembra non perdere mai il buon umore.

Jona Un uomo pratico, che per vivere lavora come security di locali notturni. Grazie alla sua intelligenza e prontezza di riflessi riesce a cavarsela nell'inferno che lo travolge alla stazione 27 e a raggiungere ciò che lo attende “di sopra”.

Luisa Bidella della scuola elementare frequentata da Amelia (vedi) quando quest’ultima aveva otto anni.

Lupo Si muove di notte alla ricerca dei beni di prima necessità che mette a disposizione della sua comunità. È un uomo disilluso dedito all’autodistruzione

che sperimenta ogni tipo di droghe ma che è capace di gesti di grande generosità ed è segretamente innamorato di una ragazza del mondo di sopra.

Il Maestro Insegnante di matematica della scuola elementare frequentata da Amelia (vedi) quando quest’ultima aveva otto anni.

Mister Big Ometto viscido e con problemi di sovrappeso che, per conto dei militari, assegna i compiti ai ripulitori. Si atteggia a duro fino al giorno in cui i suoi uomini non alzano la testa per fronteggiarlo.

Rebecca Una ragazzina traumatizzata dalla tragedia vissuta, che trova conforto chiudendosi in se stessa.

Viktor Quarantenne, ripulitore. Uomo equilibrato e sensibile, con un forte senso della giustizia, si danna l’anima per mantenersi in equilibrio tra i valori della vita e il nuovo mondo infestato dai morti viventi.

IL MORBO

Storia Il Morbo nasce in ambito militare, nel corso di una ricerca volta a mettere a punto una sostanza in grado di tenere in vita i soldati gravemente feriti sul campo di battaglia. La sua origine non è né virale né batterica, e usa come mezzo trasmissivo semplici proteine, dette "prioni", simili a quelle responsabili di altre malattie neurodegenerative (es. Malattia di Creutzfeldt-Jakob, Malattia di Kuru). La ricerca originaria intendeva infatti utilizzare queste proteine per prevenire danni cerebrali nei soggetti vittime di arresto cardiaco, e di ostacolarne il degrado cellulare. Purtroppo, la sperimentazione ha avuto un esito un po' diverso dalle aspettative, e le proteine sviluppate dai ricercatori si sono spontaneamente evolute in una direzione del tutto inattesa.

Agenti attivi I prioni responsabili del Morbo sono stati finora individuati in due varietà: – La varietà A (detta "master") sembra concentrarsi quasi esclusivamente nelle ghiandole salivari, ed è responsabile del contagio da individuo a individuo, in caso di contatto del sangue con la saliva infetta. Replicandosi, questa varietà può produrre sia altri prioni A sia prioni di tipo B; – La varietà B si diffonde esplosivamente in tutto l'organismo ospite, ma resta a esso specifica, e quindi non pare capace di contagio eterologo. Secondo le ipotesi dei ricercatori, le varietà B sono talmente specifiche dell'organismo ospite da non poter essere assimilabili da alcun altro, e questa potrebbe essere la ragione per cui gli individui affetti dal Morbo (c.d. "zombie") sembrano non aggredire mai gli altri infetti.

Sintomatologia ed eziopatogenesi Gli effetti del Morbo, a livello microscopico, si concentrano ai danni della struttura delle membrane cellulari, soprattutto nel tessuto connettivo e nel

sistema nervoso (sia centrale sia periferico); a livello macroscopico, si traducono in estesa necrosi dell'epidermide, spasmi mioclonici, perdita di equilibrio, disartria, atassia, demenza grave, e in ultimo la morte. Da notare tuttavia che, a causa delle caratteristiche puramente chimiche dell'agente responsabile del contagio (che essendo di natura proteica non richiede processi biologici per la sua diffusione) questo può proseguire anche dopo la morte della vittima, a condizione che il suo sangue si fosse infettato prima del decesso. L'alta velocità di diffusione del Morbo all'interno dell'organismo fa sì che il sistema nervoso centrale e gran parte dei tessuti e degli organi interni possano continuare a funzionare, seppure in forma ridotta, per lungo tempo dopo il decesso dell'ospite.

Terapie note A causa della rapida insorgenza del Morbo e della sua elevata capacità di contagio, non sono stati possibili studi estesi sulle proprietà dei due prioni, che potrebbero non essere gli unici coinvolti. Non esiste cura nota, e l'esito è sempre fatale in caso di contagio per contatto del sangue con saliva infetta.

Trasmissione non emocorrelata Quando l'infezione da parte dei prioni A non avviene tramite contatto diretto col sangue, come nei due casi della dottoressa Giuliani e della dottoressa Calandra, allora può essere fermata prima che risulti letale, tramite tempestiva somministrazione di un composto di sali d'argento (che pure, in condizioni normali, sono estremamente tossici e corrosivi per i tessuti viventi). In questa variante, però, l'infetto subisce ugualmente una parziale trasformazione biochimica nota come "Fame", che lo rende soggetto a temporanee perdite di coscienza ("blackout") durante le quali prova l'impulso compulsivo a nutrirsi di proteine umane. L'assunzione di proteine fresche sembra far regredire il "blackout", e talora anche permettere all’organismo ospite di ricostruire parte dei tessuti danneggiati dal Morbo.

In ogni caso, le vittime di questa forma di Morbo sono da considerarsi infette e contagiose come tutte le altre, perfino se durante i periodi di lucidità non mostrano alcun altro sintomo apparente. È plausibile che in questa forma il contagio sia trasmissibile anche con un semplice bacio profondo. Non è invece dimostrata la possibilità, sebbene non escludibile a livello teorico, di diffusione per via aerea.

Trattamenti Secondo uno studio (in corso) della dottoressa Calandra, la carne infetta, una volta arrostita, può essere usata per contrastare gli effetti della Fame e ritardare l'insorgenza dei blackout. Incidentalmente, lo stesso trattamento termico potrebbe anche produrre alimenti destinati agli individui già completamente trasformati (c.d. "zombie").

Delos Digital e il DRM

Delos Digital ha scelto di non imporre ai propri ebook protezioni dalla copia che costituiscano una limitazione all'uso da parte dell'acquirente. Siamo convinti che i sistemi di protezione basati sulla criptazione danneggino solo chi acquista il libro onestamente. Il lettore che ha speso i propri soldi per acquistare questo ebook deve esserne il proprietario: questo libro non diventerà illeggibile cambiando computer, o spostando il file su un lettore di ebook o su uno smartphone. Per usarlo non è necessario un software che si colleghi a un server di autenticazione. Fermo restando che la legge e l'onestà dell'individuo vietano di ridistribuire il volume acquistato - e in definitiva il buon senso lo sconsiglia, perché autori ed editori hanno bisogno di guadagnare per portare avanti il proprio lavoro - il lettore può sentirsi libero di leggere il file con il dispositivo o computer che vuole e deve sapere di poterlo conservare e convertire in eventuali formati futuri per salvaguardare il suo acquisto. Quando possibile, Delos Digital utilizza il social DRM, ovvero scrive all'interno del libro il nome dell'acquirente; una sorta di "ex libris" elettronico. La criptazione del file viene usata solo nei casi in cui è obbligatoriamente richiesto dal contratto con l'autore. Nel caso di questo libro non è stato necessario. È comunque possibile che al libro venga applicata un'encriptazione drm dal negozio da cui lo si è acquistato. Delos Digital vuole combattere la pirateria nel modo che riteniamo migliore: rendere i nostri ebook acquistabili in modo facile e rapido, e metterli in vendita al prezzo migliore possibile.

Torna al colophon

The Tube Exposed in questa collana

Luigi Brasili, Il lupo Il lupo si aggira nei meandri della metropolitana, invisibile come un fantasma. Ma quando il mondo di sopra incontra da vicino quello di sotto, possono scatenarsi eventi che nessuno dei due mondi avrebbe voluto conoscere... ISBN: 9788867751051 Roberto Zago, L'antro di Jona Quando l'orda di zombie travolge il mondo, solo un uomo ha la forza per risalire in superficie. Ma cosa troverà ad attenderlo? ISBN: 9788867751105 Diego Lama, Il cacciatore Mentre l'orda di non morti dilaga nella città, all’interno della stazione della metropolitana solo pochi esseri umani riescono a sopravvivere... Attenti al cacciatore... ISBN: 9788867751235 Camilo Cienfuegos, I ripulitori In un mondo dove il morbo sembra prendere il sopravvento, ci si deve inventare qualunque cosa per sopravvivere. Magari improvvisarsi ripulitori di zombie... ISBN: 9788867751419 Diego Matteucci, Il tempio della notte Un’antica costruzione celata all’interno di un parco nel cuore stesso della città assediata dagli zombie nasconde un mistero terribile ISBN: 9788867751426

Gli ebook rapidi ed emozionanti

Erotismo

Claudette Marceau, Io, Elisabeth Lo scoppio della Rivoluzione se sorprende Elisabeth, costretta a un percorso di emancipazione attraverso il sesso e l'amore, che non sempre convivono Senza sfumature ISBN: 9788867750443 Letizia Draghi, La sala delle punizioni È possibile progettare i luoghi delle fantasie erotiche altrui? E' questo il dilemma di Alessia Delfino, alle prese con il progetto della Sala delle Punizioni richiestole da un affascinante imprenditore Senza sfumature ISBN: 9788867750450 Ledra, Il ladro Una storia d’amore e di sesso tra due amici, che si scoprono innamorati loro malgrado Senza sfumature ISBN: 9788867750528 Macrina Mirti, Il dolce sapore della vendetta Una donna giovane, bella e in carriera torna in Italia e riscopre emozioni e sentimenti che aveva cercato di dimenticare. Ma anche un ato che credeva morto per sempre. Senza sfumature ISBN: 9788867750849 Emiliana De Vico, Incontri protetti Come può, Vivienne, fidarsi di Alex, un uomo forte e affascinante ma imbrigliato in una storia di responsabilità con un’altra donna? Senza sfumature ISBN: 9788867750542 s Shepard, Il suo gioco Lilian ha ceduto alla ione e sposato l’uomo che le ha fatto perdere la ragione: il principe Leonardo Alberto De Biagi. Ma lui custodisce un segreto nel suo ato, qualcosa che è finalmente pronto a condividere con lei Senza sfumature ISBN: 9788867750559 Emiliana De Vico, Zona d'ombra Vivienne incontra il tenebroso Oliver Di Nardi, perso in brutti ricordi, e gli offre il suo corpo, la sua conoscenza, la sua forza per riportarlo al qui e ora, tra le sue braccia, tra le sue gambe... Senza sfumature ISBN: 9788867750535 Letizia Draghi, La guardia del corpo Alessia conosce una giovane guardia del corpo russa: sarà vero amore o solo una piccante storiella estiva, in cui il sesso conta più tutto? Senza sfumature ISBN: 9788867750856

Fantascienza

Franco Forte, Chew-9 Il Chew-9 è la sostanza più preziosa della galassia. Un potente allucinogeno capace di fare interagire l’immaginazione con la realtà, manipolando la materia per ottenere effetti sconvolgenti. Una droga che solo i ricchi e i potenti possono permettersi. A costo di annientare intere civiltà... Chew-9 ISBN: 9788867751228 Franco Forte, La guerra coi Rems Perché gli umani sono in guerra con la razza aliena dei Rems? Che cosa nasconde, in realtà, di così prezioso il loro pianeta natale? Chew-9 ISBN: 9788867751303 Franco Forte, Sole giaguaro Ma quando Roxie viene ingaggiato per comandare una spedizione di soccorso, non può immaginare quello a cui si troverà di fronte: un buco nero sta per inghiottire la sua astronave… Chew-9 ISBN: 9788867751471 Franco Forte, Sentenza Capitale Riuscirà il detenuto Cash La Rocca a sopravvivere all’atmosfera letale di Mephistopheles, un gigante ghiacciato ricoperto da oceani di metano e ammoniaca da cui nessuno è mai tornato vivo? Chew-9 ISBN: 9788867751501 Franco Forte, Morte dell'Agglomerato Questa è la sua storia. La storia di come uccise l’Agglomerato... Chew-9 ISBN: 9788867751518 Dario Tonani, Mechardionica Il primo capitolo delle nuove storie di Mondo9 Mechardionica ISBN: 9788867750436 Dario Tonani, Abradabad Qualcosa di nuovo lacera l'immobilismo di Mondo9: volare salverà gli uomini dalla schiavitù delle navi? Mechardionica ISBN: 9788867750610 Dario Tonani, Coriolano Dai deserti alla giungla pluviale, sono sempre la ruggine e il metallo in cima alla catena alimentare… Mechardionica ISBN: 9788867751006 Paul Di Filippo, Il demolitore di astronavi Una grande astronave ormai in disarmo nasconde segreti impensabili. Ma ciò che si troverà Klom sarà il tesoro più inaspettato. E imprevedibile. Robotica ISBN: 9788867750504 Robert J. Sawyer, Mikeys Come l'astronauta dell’Apollo 11 Michael Collins il loro destino era quello di restare indietro, mentre i loro compagni conquistavano lo spazio. Robotica ISBN: 9788867750511 Barbara Baraldi, Paziente 99 L'umanità è ormai condannata a vivere nelle viscere della Terra. Ma le cose non sono come sembrano, e il piccolo mondo sotterraneo nasconde segreti sconvolgenti. Robotica ISBN: 9788867750627 Robert J. Sawyer, Sherlock Holmes e l'enigma definitivo Nel lontano futuro, un mistero eccezionale richiederà un investigatore eccezionale: Sherlock Holmes Robotica

ISBN: 9788867750931 Nancy Kress, I fiori della prigione di Aulit Su Mondo chi commette un delitto è condannato all’esclusione dalla Realtà. E Uli vuole tornarvi a ogni costo. Premio Nebula 1996 Robotica ISBN: 9788867750948 Paul Di Filippo, Bleb L’amore al tempo degli elettrodomestici intelligenti. Lui. Lei. E i bleb. Robotica ISBN: 9788867750955 Vittorio Catani, Replay di un amore Una spiaggia, un mare, un bellissima ragazza che sapeva di amare. Ma non ricordava di averla mai conosciuta. Robotica ISBN: 9788867751365 Valentino Peyrano, Il castello e il viandante In un mondo sconvolto dall'apocalisse gli uomini sono costretti a vivere chiusi in castelli isolati. Solo i Viandanti, depositari dell'antica scienza, mantengono i contatti tra gli ultimi baluardi dell'umanità. Tecnomante ISBN: 9788867750467 Valentino Peyrano, Bema Esteban il Viandante era stato accolto con tutti gli onori in quello strano castello, ma qualcuno tramava alle sue spalle. Tecnomante ISBN: 9788867750597 Valentino Peyrano, La strada verso nord C'è una speranza per l'umanità? Forse sì, se riusciranno a non affidarsi completamente ai Viandanti e a ritrovare la sete della conoscenza Tecnomante ISBN: 9788867750917 Valentino Peyrano, Il resoconto di Karl Per Esteban la minaccia della vendetta dei Viandanti è sempre più vicina. Tecnomante ISBN: 9788867750924 Valentino Peyrano, Korman Esteban il Viandante sta per trovare il suo destino, e svelare finalmente le origini del mondo distrutto e popolato da mostri nel quale agonizza ciò che resta dell'umanità Tecnomante ISBN: 9788867751280 Valentino Peyrano, Il monaco apocrifo Le prove a cui deve sottoporsi Esteban sono quasi insostenibili, ma ciò che lo attende al termine del percorso è qualcosa che nessun uomo sperimentava da secoli. Tecnomante ISBN: 9788867751495

Fantasy

Carlo Vicenzi, La fortezza Le leggende sulla fortezza dei Cento Blasoni sono davvero affascinanti. E tante sono le avventure che il padre gli ha raccontato. Fantasy Tales I Cento Blasoni ISBN: 9788867750818 Carlo Vicenzi, Il prezzo del mercenario Le leggende sulla fortezza dei Cento Blasoni sono davvero affascinanti. E tante sono le avventure che il padre gli ha raccontato. Fantasy Tales I Cento Blasoni ISBN: 9788867751334 Simonetta Fornasiero, Il figlio

dell'unicorno Quando la magia e il coraggio si incontrano, le anime degli uomini si forgiano per combattere il male Fantasy Tales Il Necromante ISBN: 9788867750979 Simonetta Fornasiero, L'abisso di Khantara Chi è Kanthara? E perché da un paese lontano hanno chiamato proprio Selidor il Necromante, per trovare una soluzione a una minaccia così temibile? Fantasy Tales Il Necromante ISBN: 9788867751402 Scilla Bonfiglioli, Specchi d'acqua C'è un mondo nuovo e affascinante, dietro i riflessi dell'acqua. Ma attenti a ciò che si nasconde oltre la soglia... Fantasy Tales L'ultima soglia ISBN: 9788867750986 Liudmila Gospodinoff, Nessuno è più ombra di me Nella Città delle Ombre, maghi, spie, ladri, nobili e guerrieri tessono i loro oscuri intrighi… Fantasy Tales La città delle ombre ISBN: 9788867751204 Luca Di Gialleonardo, La daga di bronzo Konor è un "rinato" e il suo destino è essere reclutato nella Fratellanza della Daga. Che lo voglia o meno. Fantasy Tales La Fratellanza della Daga ISBN: 9788867750801

Giallo

Maurice Leblanc, L'arresto di Arsenio Lupin Il ladro gentiluomo alla sua primissima avventura: una sfida forse troppo audace anche per un genio del travestimento come Arsenio Lupin Arsenio Lupin ISBN: 9788867751075 Maurice Leblanc, Arsenio Lupin in prigione Lupin è chiuso in prigione e sorvegliato a vista. Ma allora chi è che ha mandato una lettera al barone Cahorn preannunciandogli il furto delle sue preziose opere d'arte? Arsenio Lupin ISBN: 9788867751457 Luca Martinelli, Sherlock Holmes e il tesoro di Sir Francis Drake Le intuizioni di Watson e le deduzioni di Sherlock Holmes alla ricerca della mente geniale del crimine che ha lanciato la sfida. Sherlockiana ISBN: 9788867750368 Samuele Nava, Sherlock Holmes e la sfida dell'astrologo Un sedicente operatore dell’occulto, un astuto ingannatore, una sfida irrinunciabile per Sherlock Holmes. Sherlockiana ISBN: 9788867750382 Luca Sartori, Sherlock Holmes e l'ultimo preraffaellita In questo romanzo breve, un’acuta indagine di Sherlock Holmes tra i segreti della vita, dell’arte e della morte! Sherlockiana ISBN: 9788867750399 Enrico Solito, Sherlock Holmes e l'avventura del Carro di Tespi Sherlock Holmes e William Shakespeare:

un'abbinata affascinante Sherlockiana ISBN: 9788867750405 Luca Martinelli, Sherlock Holmes e l'avventura della corsa Londra-Brighton Lanciato a folle velocità nella corsa automobilistica Londra-Brighton, Sherlock Holmes deve risolvere il mistero del furto ai Lloyd’s. Sherlockiana ISBN: 9788867750412 Enrico Solito, Sherlock Holmes e il mistero delle Dodici tavole Pergamene e misteri nella biblioteca di Padre Jorge Sherlockiana ISBN: 9788867750900 Gianfranco Sherwood, Sherlock Holmes e l'avventura dell'enigma da Krakatoa Sherlock Holmes tra le pieghe di un'indagine al limite del sovrannaturale... Quale terribile segreto cela l’oggetto rinvenuto a Krakatoa? Sherlockiana ISBN: 9788867750894 Samuele Nava, Il trovatello di Baker Street Un bimbo misterioso tra le braccia, e sotto la lente, di Sherlock Holmes! Sherlockiana ISBN: 9788867750887 Enrico Solito, Sherlock Holmes Christmas Carol Natale a Baker Street: indagini sotto l'albero... Sherlockiana ISBN: 9788867751211 Patrizia Trinchero, Il gioco è cominciato, Holmes! Tutta Londra è a caccia di Sherlock Holmes. Sarà stato lui a commettere il tremendo delitto di cui è accusato? Sherlockiana ISBN: 9788867751266 Enrico Solito, Sherlock Holmes e il caso del giocatore di scacchi Una morte violenta, una torbida vicenda risolta dal grande investigatore. Sherlockiana ISBN: 9788867751358 Luca Martinelli, Sherlock Holmes e il caso dei fidanzatini sfortunati Quando le apparenze indicano una soluzione, la logica di Sherlock Holmes dimostra che esiste un’altra verità. Sherlockiana ISBN: 9788867751389 Enrico Solito, Sherlock Holmes e l'avventura della tredicesima porta Un'avventura mozzafiato tra le fogne di Londra e un piccolo grande uomo Sherlockiana ISBN: 9788867751396 Luca Sartori, Il cane e l'anatra Sherlock Holmes, in questo romanzo breve, indaga sul presunto suicidio in un ospedale psichiatrico in un viaggio nel mondo silenzioso e crudele della follia, dove nulla è come sembra, e dove i rancori più antichi riecheggiano come fantasmi inquieti. Un intreccio di misteri in un rocambolesco e imprevedibile finale. Sherlockiana ISBN: 9788867751570

Horror

Kealan Patrick Burke, Sepolto vivo Al risveglio non si trovò nel suo letto, come si era aspettato, ma chiuso in una bara di pino... Halloween Nights ISBN:

9788867750962 Ronald Malfi, La casa in Cottage Lane La vecchia casa si levava davanti a noi, più cupa di una caverna sotto la luce della luna, accasciata verso il terreno quasi soffrisse di uno sfinimento letale. Halloween Nights ISBN: 9788867751068 Lisa Morton, La leggenda di Halloween Jack L’Inferno aveva cercato Jack per la prima volta mentre lui giaceva disteso in un vicolo vicino a un bar malfamato di Baton Rouge. Halloween Nights ISBN: 9788867751273 Simon Clark, Gerassimos Flamotas: un giorno di ordinaria follia + Alta tensione Un'offerta tanto allettante quanto incredibile, ma con risvolti a dir poco sconvolgenti Halloween Nights ISBN: 9788867751549

Romance

Mariangela Camocardi, Un angelo per me Bella, affascinante, un tempo cover girl di successo, Lisa Angeli è da sempre innamorata di Damiano, e sogna di sposarlo... finché nella sua vita entra Andrea Ruffini... ioni Romantiche ISBN: 9788867751259 Paola Picasso, Questione di pelle Stefano ancora non sa bene cosa abbia spinto sua moglie a lasciarlo. Sa solo che l'ama ancora e che farà di tutto per riconquistarla... ioni Romantiche ISBN: 9788867751242 Roberta Ciuffi, L'amore fa così La prima volta che lo vede lui indossa dei jeans al ginocchio, è sporco di calce e ha l'aria decisamente troppo virile ed energica, per una come Veronica, che non vuole più avere niente a che fare con gli uomini... ioni Romantiche ISBN: 9788867751464 Ledra, L'abete perfetto Vanessa ha il cuore infranto. Ma la ricerca di un albero di Natale la farà ricredere sul fatto che l’amore esiste… basta tenere aperta la porta del cuore. ioni Romantiche ISBN: 9788867751488 Angela Fassio, Brivido rosa L’amore è più forte del tempo e della separazione... ioni Romantiche ISBN: 9788867751556

Spionaggio

Stefano Di Marino, Peccati mortali Rock, il pornodivo del momento, è un agente sotto copertura. Il suo mondo è fatto di sesso e malavita, rischio e lusso sfrenato... Sex Force ISBN: 9788867750481 Stefano Di Marino, Affari proibiti Seduzione e azione sono le specialità di Rock, agente segreto e pronodivo, ma in questo caso dovrà sbrogliare un intrigo in cui il sesso è un’arma a doppio taglio Sex Force ISBN: 9788867750498 Stefano Di Marino, L'isola delle mantidi Rock segue la pista dei soldi e sfida sul loro stesso terreno una banda composta solo da donne, in un paradiso del sesso tropicale, caldo, umido e avvolgente... Sex Force ISBN: 9788867750580 Stefano Di Marino, Femmine carnivore Sesso e avventura per uomini d’azione. Ce la faranno Rock e Casey, splendida escort australiana, a vincere la lotta contro il tempo e a superare le insidie inaspettate dei tropici? Sex Force ISBN: 9788867750603 sco Perizzolo, Hamburg Connection Una missione mortale tra le pornostar della fiera dell'eros di Amburgo per Kiko Dias, agente della Hot Dreams... Sex Force ISBN: 9788867750870 Romano De Marco, Chris Lupo: sesso e fuoco Entra in scena Chris Lupo, capitano dei marines sempre affamato di azione, sesso e avventura! Sex Force ISBN: 9788867751181 Stefano Di Marino, La preda Per Rock ei suoi amici dell'agenzia Hot Dreams un tour de force di sesso, sparatorie e coltellate Sex Force ISBN: 9788867751310 Stefano Di Marino, Mercanti di schiave L'avventura più pericolosa di Rock, aiutato da Raissa e Oxana, due escort dalle abilità variate, a letto e sui campi di battaglia Sex Force ISBN: 9788867751525

Steampunk

Roberto Guarnieri, Il Circolo dell'Arca Chi avesse posseduto l’Alborg non avrebbe mai conosciuto la sconfitta. Ed era compito di John Fox fare in modo che nessuno vi riuscisse. Il circolo dell'Arca ISBN: 9788867751037 Roberto Guarnieri, La macchina delle vite perdute Una nuova avventura per John Fox e i

suoi colleghi del Circolo dell'Arca, alle prese con una cospirazione che minaccia di riempire Londra di zombie assassini Il circolo dell'Arca ISBN: 9788867751341 Roberto Guarnieri, I misteri di Samotracia Una scoperta archeologica può far risorgere gli antichi ,oscuri, terribili, Grandi Dei? Il circolo dell'Arca ISBN: 9788867751532

Tecnologia

Carlo Mazzucchelli, Tablet: trasformazioni cognitive e socio-culturali Una disamina socio-culturale sull'avvento del Tablet e sull'evoluzione della tecnologia TechnoVisions ISBN: 9788867750993 Carlo Mazzucchelli, Internet e nuove tecnologie: non tutto è quello che sembra Il mondo digitale sta cambiando e nel farlo cambia anche noi. Stiamo rischiando di essere imprigionati all’interno di una bolla piena di filtri idee della realtà lontane dai fatti reali e dai bisogni. Per evitare di esservi richiusi per sempre è necessario riflettere su temi quali la privacy, la cittadinanza, la relazione sociale, la democrazia, la ricerca di benessere e felicità personali, ecc. TechnoVisions ISBN: 9788867751440

Thriller

Andrea Franco, Lo sguardo del diavolo: Jeffrey Dahmer Entra nella mente di Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee... Serial Killer ISBN: 9788867750474 Fabio Oceano, La quarta vittima Il serial killer che rapisce e sevizia i bambini di New York: Albert Fish, detto il cannibale... Serial Killer ISBN: 9788867750573 Umberto Maggesi, Io, il mostro Andrei Chikatilo detto il mostro di Rostov, è forse uno dei più sanguinari serial killer della storia dell’umanità, certamente quello che ha potuto agire impunito per più tempo...

Serial Killer ISBN: 9788867750566 Andrea Franco, Lungo la via del pensiero 1993. Anche l'Italia ha il suo Serial Killer: Gianfranco Stevanin. Una storia vera, una storia di orrore e violenze. Serial Killer ISBN: 9788867751563

Zombie

Franco Forte, Stazione 27 Siamo nella metropolitana di una città non precisata. Il mondo finisce mentre Milo si trova a bordo di un treno. Riesce a fuggire inseieme a un gruppo di sopravvissuti, ma... cosa troveranno alle prossime fermate? E perché, una volta giunti al capolinea, la metropolitana sembra non finire mai? The Tube ISBN: 9788867750429 Ilaria Tuti, Carlo Vicenzi, La fame e l'inferno Mentre Milo, Marika e Ivan lottano per sopravvivere nel vagone della metropolitana che pare diretto verso il nulla, in superficie un nuovo personaggio si aggira fra i morti viventi: è Tea, una donna che custodisce un segreto terribile The Tube ISBN: 9788867750863 Antonino Fazio, Alain Voudì, Giorno Zero Mentre l'orda di non morti dilaga, lasciandosi dietro una scia di devastazione, una squadra dei reparti speciali inviata in missione di soccorso scopre che gli zombie non sono che l'avanguardia di un pericolo ancora più letale... The Tube ISBN: 9788867751020 Ilaria Tuti, Ceneri Mentre Milo, Marika e gli altri sono nel vagone e cercano di stabilire un contatto con le creature, sopra, nella città devastata, qualcuno sta rischiando la vita per raggiungere la metropolitana... The Tube ISBN: 9788867751082 Scilla Bonfiglioli, Progetto Bokor Il treno ferma alla stazione 28, dove Milo, Marika, Amina e Ivan incontrano i sopravvissuti della metropolitana. Ma qualcosa va storto... The Tube ISBN: 9788867751198 Antonino Fazio, Alain Voudì, Il bacio della morte Erano addestrati per le situazioni più pericolose, ma l'orrore del Centro Ricerche della dottoressa Calandra forse era troppo anche per loro The Tube ISBN: 9788867751327 Fabio Pasquale, Michela Pierpaoli, Legame di sangue Se stai facendo la chemio, gli zombie non ti mordono. E se sei un ladro d'auto, perché dovresti interessarti a una bambina che vaga per la città infestata dai morti viventi? The Tube ISBN: 9788867751433 Luigi Brasili, Il lupo Il lupo si aggira nei meandri della metropolitana, invisibile come un fantasma. Ma quando il mondo di sopra incontra da vicino quello di sotto, possono scatenarsi eventi che nessuno dei due

mondi avrebbe voluto conoscere... The Tube Exposed ISBN: 9788867751051 Roberto Zago, L'antro di Jona Quando l'orda di zombie travolge il mondo, solo un uomo ha la forza per risalire in superficie. Ma cosa troverà ad attenderlo? The Tube Exposed ISBN: 9788867751105 Diego Lama, Il cacciatore Mentre l'orda di non morti dilaga nella città, all’interno della stazione della metropolitana solo pochi esseri umani riescono a sopravvivere... Attenti al cacciatore... The Tube Exposed ISBN: 9788867751235 Camilo Cienfuegos, I ripulitori In un mondo dove il morbo sembra prendere il sopravvento, ci si deve inventare qualunque cosa per sopravvivere. Magari improvvisarsi ripulitori di zombie... The Tube Exposed ISBN: 9788867751419 Diego Matteucci, Il tempio della notte Un’antica costruzione celata all’interno di un parco nel cuore stesso della città assediata dagli zombie nasconde un mistero terribile The Tube Exposed ISBN: 9788867751426