Leonardo Bruni
IL PECCATO ORIGINALE
2ª PARTE
Quinto Evangelista
Leonardo Bruni © 2013 Vietati i diritti di riproduzione con qualsiasi mezzo meccanico, informatico o elettronico senza le preventiva autorizzazione dell'autore.
[Collana Parola e Vita Eterna N° 11]
INTRODUZIONE
Per capire come si è completata nella fede della Rivelazione la comprensione del peccato originale è essenziale fare un excursus storico. Cercando di evitare due eccessi, entrambi dannosi. Il primo, vorrebbe vedere nei primi secoli del cristianesimo una comprensione già determinata del peccato originale. Comprensiva dei suoi vari aspetti, con tutto quello che comporta. Vale a dire imporre a tutte le ricerche successive uno schema precostituito. Ignorando, quindi, come nella comprensione delle verità di fede il popolo di Dio si forma attraverso un progredire storico¹. Il secondo, all'opposto, vorrebbe cancellare i primi secoli, insieme a tutte le opere dei padri. Sia di lingua greca, sia di lingua latina. Con la scusante o la presunzione che nessuno per il peccato originale ha mai detto niente prima di sant'Agostino. Senza voler sminuire l'importanza formidabile di sant'Agostino va, comunque, ribadito con fermezza che sono stati sempre presenti nella coscienza di fede della Chiesa tutti i germi, che poi sant'Agostino ha mirabilmente sviluppato. Infatti, neppure il più grande filosofo o teologo crea dal niente, scavando tutti dalla miniera, del deposito della Rivelazione lasciato da Gesù Cristo². La prima opinione pecca per eccesso. Considerando solo i primi secoli importanti. La seconda per difetto riguardo ai primi secoli, ritenendoli insignificanti.
§1] Il progresso nella cognizione del peccato originale
Quindi sono entrambi inaccettabili. Come la posizione di coloro che sostengono essere il peccato originale un'invenzione di sant'Agostino. Nel senso che questo teologo avrebbe formato un pensiero dottrinale, di cui prima non esisteva traccia nella coscienza della chiesa. Non si dice che sant'Agostino ha dato una sistemazione ed un approfondimento intelligente a ciò che era informe. Adoperando anche la terminologia di “peccato originale”, posizione giusta. Ma si sostiene che egli abbia inventato il peccato originale, ipotesi inammissibile e ingiusta. Già verso il 180 il vescovo Melitone di Sardi tenne un'omelia, che può essere considerata la più antica riflessione sulla “corruzione ereditaria”³. Nella sua descrizione è espresso, chiaramente, il concetto che la nostra natura fu fortemente danneggiata dal peccato d'Adamo. La stessa redenzione portata da Gesù Cristo non sarebbe adeguatamente compresa, facendo astrazione da questo contesto di peccaminosità universale. Nello stesso discorso, come in molti altri Padri, troviamo spesso la conoscenza e la presa di coscienza che la concupiscenza domina. Questa realtà era sempre vista come difforme dalla volontà originaria del Creatore; come pure in contrasto alla ragione e all'intelligenza umana. Fin dall'inizio, quindi, la chiesa illuminata dallo Spirito Santo, ha avuto coscienza di questa visione dell'uomo. Di questa situazione antropologica ferita fin dal principio. Un altro esempio di coscienza ecclesiale, in questo campo, era l'uso del battesimo dei bambini già fin dal 2° secolo. Risulta chiaramente che nessuno contestasse tale prassi come inutile o dannosa: segno evidente che la Chiesa aveva la persuasione che ognuno, anche prima di poter peccare personalmente, aveva bisogno di una purificazione. E non veniva ripetuto da adulti, in quanto validissimo. La Chiesa, quindi, ha sempre sentito il bisogno di rigenerare anche i bambini. Inoltre Tertulliano e Cipriano sostengono che c'è una misteriosa solidarietà nostra con il peccato adamitico. Per cui, nella loro visione, il battesimo libera i bambini da una situazione peccaminosa, derivante da Adamo peccatore⁴.
Tutte queste comprensioni “sparse” nella coscienza della Chiesa, vengono portate a sintesi da Agostino. Per essere poi ulteriormente approfondite nella sua polemica contro i pelagiani, troppo ottimisti sulle capacità della natura umana. La dottrina di Agostino, il dottore della Grazia, implica il riconoscimento della necessità di Gesù Cristo quale redentore. Per cui avendo tutti bisogno assoluto della Grazia, tutti hanno bisogno di Cristo. Tutto ciò contiene la comprensione, in Agostino, che ogni uomo, bambini compresi, giace in una situazione di peccato prima di ogni azione personale⁵. Mancanza addebitata alla natura e perciò chiamato “peccato originale”. Qualcuno potrebbe obiettare che si potrebbe cercare di definire la situazione dell'uomo con altri termini. Invece che con quello di peccato, a prima vista troppo forte. Definizioni come: situazione di debolezza; miseria naturale; limite umano ecc. Il fatto è che Cristo redime tutti, non solo i vecchi ma anche i bambini. In quanti tutti hanno bisogno della sua Grazia per entrare nel Regno dei Cieli, nella vita eterna soprannaturale. Stratosfericamente superiore alle nostre forze umane. Per cui bisogna cercare di sviscerare in che modo si debba intendere questo stato di “peccato”, riferito alla situazione di un bambino appena nato. Questa riflessioni impegnò la Chiesa per secoli, e fu compiuta dalla ricerca teologica più recente, intendendo con questo termine la neo/scolastica, elaborata dal card. Billot . Per quanto concerne questo periodo è essenziale prendere atto, come la Chiesa da Agostino in poi, abbia sempre affermato che quel male misterioso trasmessoci da Adamo, sia esso stesso un peccato. Ugualmente importante è che nella Sacra Tradizione nessun altro termine sia stato adoperato, perché trovato più confacente a descrivere questa realtà. È evidente che tale termine deve essere calato nel contesto, per comprendere ciò che la Chiesa vuol significare. Non è che uno sia ritenuto responsabile d'un misfatto compiuto da un altro, per lo più fatto all'inizio dell'umanità. Certamente Dio non può rendermi corresponsabile di un'azione compiuta a mia insaputa, prima che io mpotessi dare il mio assenso o dissenso⁷. La Chiesa, definendo tale alienazione peccato, vuol solo richiamare il rapporto che esiste tra questo “stato” e la condizione che segue un “peccato personale”. È quindi una vera analogia, per cui tale termine è giustificato. Però dato che tra peccato originale e peccato personale c'è solo un'analogia, un paragone, una
proporzione, è giustificato il tentativo anche di chi cerca di esprimere questa situazione in un altro modo. Fermo restando il punto di non stravolgere l'essenza del fenomeno, che poggia su tre aspetti essenziali: [1°] L'assenza della Grazia Santificante. Quando nasce l'uomo è privo della vita soprannaturale ma, astrattamente parlando, ciò non lo situerebbe in uno stato di “peccato”. [2°] L'unione con il primo peccatore. In ordine alla natura ricevuta fin dalla nascita, dà all'assenza della Grazia una qualifica di disordine morale. Di qualcosa che nel piano di Dio ognuno avrebbe dovuto avere, e che invece non ha più. Comunque questa privazione, che proviene dalla tragedia paradisiaca, non può definirsi analogamente “peccato”, perché non esiste nella mia volontà. [3°] L'impossibilità di scegliere per Dio. Questa realtà, invece, tocca le mie facoltà personali: intendere e volere. Può costituire il fondamento per usare la parola “peccato”. Anche se in modo analogico e non univoco, intendendo come tale un mio peccato personale.
§2] La elaborazione fatta dal card. L. Billot
Un tentativo di spiegazione che ebbe una grande importanza, fu quello operato dal card. L. Billot. Secondo lui il peccato originale «consiste nella privazione della giustizia originale di cui la grazia santificante è l'elemento formale»⁸. Questa giustizia originale era stata donata al primo uomo, non solo come singolo, ma anche come dono destinato a tutta l'umanità. Così il peccato originale di Adamo non colpisce solo la sua persona, ma anche la natura dei suoi discendenti. Questa privazione è “peccaminosa” in quanto non voluta da Dio, ma dall'arbitrio umano e si può chiamare volontaria . Solo che la volontarietà nel peccato originale originante, non risiede nella nostra volontà, ma nella volontà del primo uomo. In Adamo è evidentemente un peccato personale gravissimo. In noi è addebitato solo alla natura, secondo l'aurea definizione di Tommaso d'Aquino: «In Adamo la persona ha corrotto la natura, la natura corrotta corrompe la persona che la riceve per generazione»¹ .
Tutto questo riesce a spiegare molte cose: → Perché per togliere con il battesimo il peccato originale, la Chiesa non pretenda il pentimento del soggetto. Come è d'obbligo per i peccati personali. → Perché i figli dei battezzati nascano ancora con tale peccato. In quanto la giustizia originale è data alla natura, la Grazia di Gesù Cristo alla persona. → Perché un bimbo, nato morto, o morto prima d'essere battezzato vada direttamente in Paradiso. Viene ammesso alla visione beatifica, perché la colpa contratta dalla persona è minima. Inferiore al più lieve dei nostri peccati veniali, come colpevolezza soggettiva. E perché la pena è addebitata alla natura ricevuta, cosa di cui uno, ovviamente, non può essere ritenuto responsabile. Tuttavia bisogna ribadire che qualsiasi costruzione intellettuale non riesce ad
illuminare e far collimare tutti gli aspetti di tale realtà. In quanto misterica, ovvero superiore anche se rivelata alle capacità complessive della nostra ragione. Di tutte le corruzioni, constatate nella storia umana, secondo il Billot resta solo la privazione della giustizia originale. Ovvero i tre doni preternaturali: Integrità, Scienza infusa, Immortalità. La natura umana è lasciata “intatta”. Adamo peccando, perde ciò che avrebbe dovuto donarci. Cioè i doni preternaturali o soprannaturali relativi, regalati da Dio in più alla nostra natura umana. Tale mancanza diviene “privazione”. Chiamando tale privazione “peccato” questo autore salva solo in modo asettico la drammatica situazione umana. Così come viene descritta da sant'Agostino in poi. Non si sente più l'urgenza di appoggiarci a Gesù Cristo, per salvarci da questa situazione tragica, senza sbocchi. È concepibile, allora, anche se iperbolica una frese scritta da un altro teologo, alla fine di un suo trattato su tale problema: «Le conseguenze tragiche del peccato originale abolite dal card. Billot»¹¹.
§3] Le definizioni dogmatiche
Dalle brevi annotazioni riportate risulta più facile comprendere gli enunciati dogmatici che, per la loro natura, sono sempre secchi, concisi e definitori. In quanto come un bisturi laser, devono dividere il vero dal falso. Le cellule maligne da quelle sane.
→ Nel Concilio di Cartagine (418) pronunciatosi contro il monaco Pelagio, di dice che l'uomo è diventato mortale per tale colpa. (Canone 1 DS.101). Questo non significa che senza il peccato originale l'uomo sarebbe sostato sulla terra per un tempo interminabile, ovvero per sempre. Solo sarebbe ato da un'esistenza terrena felice e realizzata ad una vita celeste, con l'anima unita al corpo. Secondo il modello di Maria SS. Assunta in cielo in anima e corpo. Solo esempio di creatura senza peccato. La morte, come la subiamo noi oggi, non ci sarebbe stata. L'uomo avrebbe avuto dopo un'esistenza felice un aggio pacifico dall'ultimo giorno terrestre ad primo giorno celeste senza più tramonto.
→ Nel Concilio di Orange (529) contro i semipelagiani si stabilì che, oltre alla morte, con il peccato originale la libertà umana è stata ferita, e l'esistenza dell'uomo è peggiorata sia fisicamente che moralmente¹². (Canone 1.DS.174). “In deterius commutata”. Quindi l'uomo non ha perduto solo l'immortalità. Anche tutta l'esistenza terrena con il suo scorrere diventa molto più aspra e ardua da vivere. C'è il dolore, la sofferenza per il male fisico e morale.
→ Il Concilio di Trento (1546) nella sessione 5ª riassume e sistema tutta la dottrina dei precedenti concili. Adamo “peccando ha perduto giustizia e santità, ed è stato trasformato in peggio secondo l'anima e il corpo”. (Canone 1. DS.1511). L'enunciazione seguente sostiene che Adamo ha trasfuso tale situazione naturale a tutta l'umanità (Canone 2 DS.1512). Gli altri due canoni
asseriscono che il peccato originale è diverso per essenza, rispetto agli altri peccati personali. In quanto non si trasmette per imitazione, seguendo la moda di altri che lo fanno. Ma bensì per propagazione attraverso la generazione. (Canone 3-4 DS.1513/1514). Qui il concilio Tridentino riprende il concilio di Cartagine (Canone 2) e lo ribadisce. Perché questa situazione appartiene a ciascuno di noi come “propria”. Omnibus inest unicuique proprium. (Canone 3 DS. 790). Il canone 5 contro il pessimismo protestante, che sosteneva la permanenza del peccato nei battezzati e nei confessati, dichiara che il peccato originale è tolto con il lavacro battesimale (DS. 1515). Il concilio riconosce che rimane la concupiscenza, come pena e danno del peccato originale “ad agonem”; ma che essa non è in se stessa peccato. Da queste definizioni dogmatiche si può sistematicamente dedurre che: ● Una visione dell'uomo e della sua natura, come di tante sue azioni volontarie, non è perfettamente comprensibile facendo astrazione dal peccato originale. Ovvero come se non fosse avvenuto. Esso ha mutato in peggio la condizione umana. Tale comprensione è solo dono della fede. ● Il fondamento di tale verità sicura (=Dogma) è cristologico ed ecclesiale. La salvezza non è possibile con le sole capacità umane. Essa si ottiene per mezzo dell'unico Salvatore Gesù Cristo, che si incontra attraverso i sacramenti amministrati dalla Chiesa. ● Nel battezzato tale peccato non c'è più. Ne resta solo l'eredità: la concupiscenza. Ma il cristiano con i doni della Grazia ha tutti i mezzi per dominarla. La sua forza è di molto inferiore al potere dello Spirito Santo. ● Anche se il “come” resta l'aspetto più misterioso ed arcano, è certo che si trasmetta attraverso la generazione biologica. Ovvero con l'atto sessuale legato alla vita. Per cui le nostre scelte personali sono precedute da uno stato, che è chiamato “peccato” non solo in senso metaforico¹³. Tuttavia la Giustificazione, attraverso Cristo, ha la caratteristica del perdono. ● Tale condizione in cui siamo generati, non corrisponde al piano originario voluto da Dio, fin dalla creazione. Responsabile ne è l'uomo stesso, che osò andare contro i consigli divini.
§4] Tentativi moderni di spiegazione
Negli ultimi tempi ci sono stati diversi tentativi di fare luce sul mistero del peccato originale, prendendo come principio di base la Rivelazione; ma cercando insieme di interpretare i suoi dati con principi tratti dalle diverse scienze¹⁴. Così da interpretare tale mistero con concetti più adeguati alla cultura di oggi. Si è cercato, restando fedeli al piano rivelato, che è servito di base per organizzare tutto il discorso, di interpretare l'aspetto del peccato originale secondo diverse visioni. ●Così cercando d'interpretare tale mistero mettendo in luce il significato soggettivo e personale, derivante dalla filosofia esistenzialista, abbiamo avuto un indirizzo esistenziale. Tale interpretazione ha tentato di spiegare il peccato originale a proprio modo¹⁵. Tali sono stati i tentativi di Bultmann, Barth, Haring ecc. ●Invece chi ha usato come principio ermeneutico un'interpretazione metafisica, ha dato a questo mistero un indirizzo metafisico. Onde per P. Tillich il problema del peccato originale non appartiene all'ordine storico e scientifico, ma metafisico¹ . ●Coloro che considerano l'universo e tutta la realtà, come il risultato di un lungo processo evolutivo, sono portato a vedere il peccato originale inserito in questo divenire. A pensare l'universo marciante verso una perfezione finale. Attraverso una lenta ascesa, ma sempre costante dal basso all'alto, nel trascorrere dei millenni. Tale teoria mal si accorda con una visione diversa del mondo, che presuppone la vita biologicamente già perfetta agli inizi¹⁷. Anzi vede la storia come una perfezione iniziale (paradiso terrestre), che durò pochissimo. Seguita da una catastrofe e da un'ascesa lenta e penosa. L'evoluzionismo, ipotizzando uno schema semplicemente ascendente, ha cercato di interpretare il mistero del peccato originale sotto questo principio ermeneutico. Secondo il pensiero del gesuita Teilhard de Chardin e del suo discepolo K. Schmitz-Moormann¹⁸. ●Negli ultimi tempi un'altra linea di interpretazione ha suscitato notevole interesse. È quella detta “attualistica”. Secondo tale ipotesi il peccato originale
non sarebbe la conseguenza della caduta paradisiaca, ma di molte cause al cui centro stanno i singoli o l'insieme della comunità umana. Nel primo caso ne viene fuori un concetto di peccaminosità universale, tipico della costruzione di H. Rondet¹ . Nel secondo caso ne viene fuori un filone “sociologico” per cui il peccato originale sarebbe la conseguenza dei peccati del mondo. Ovvero di una realtà che si è instaurata, ha preso piede, piano piano nell'umanità. Questa concezione sociologica è sostenuta da P. Schooberg² . Tutti questi tentativi differiscono dalla visione classica. Dalla impostazione che potremmo chiamare storico/ontologica. Proprio perché, pur accettando la Rivelazione, adoperano altre visioni per interpretare il mistero e il problema del peccato originale.
§5] L'interpretazione “esistenziale” del peccato originale
Per alcuni teologi la spiegazione non sta tanto in un fatto compiuto all'inizio della storia umana. Quanto in un fenomeno umano costante nel tempo. Bisogna ricercare la cause di tale condizione umana in una scelta morale, non nel ato, bensì nel “presente attuale”²¹. Siccome gli uomini possono essere salvati solo in Cristo, in quanto creati da Lui e ordinati a Lui, solo chi è unito/inserito in Cristo può raggiungere la vita eterna. Allora la separazione da Cristo si può chiamare, ed è peccato. Sia personale, se scelto volontariamente dalla persona. Sia “originale” se non dipende immediatamente dalla volontà personale. Vale a dire nel caso in cui l'individuo sia ancora incapace di deliberare con decisione cosciente. In questa ipotesi il “peccato originale originante” non contiene per nulla la comune discendenza biologica da Adamo; sarebbe l'insieme dei rifiuti opposti dall'umanità alla chiamata della Grazia, fin dall'inizio della storia umana²². Il lato positivo di tale ipotesi è la concezione che mette al centro Cristo. Essa ha un notevole valore biblico e di tradizione. Il Cristo assicura, infatti, sin dall'inizio sia l'unione sia la destinazione dell'umanità. Il punto debole di tale teoria risiede nell'uso sistematico di “peccaminosità universale”. Dato che il peccato personale e collettivo stanno in un rapporto di causalità reciproca, è evidente che il peccato universale pesa sul singolo, e quello del singolo aumenta la peccaminosità universale²³. Una spiaggia in cui i singoli granelli di sabbia diventano, via via, più neri diventa più scura. Fin qui niente da obiettare. Il problema è che non viene spiegato il perché tutti peccano. La sicurezza che il singolo pecca deriva solo dal fatto che la peccaminosità e la corruzione universale è talmente forte ed estesa, che il suo peso fa cadere tutti i singoli. Ma allora la volontà ne sarebbe in un certo senso obbligata e non rimarrebbe libera. La domanda resta senza risposta e l'inizio, la nascita, l'etiologia del male resta nascosta. Abbiamo solo un circolo vizioso, come un gatto che si morde la coda.
§6] L'ipotesi evolutiva del peccato originale
Siccome gli evoluzionisti considerano la realtà come un costante progresso evolutivo, in cui non c'è posto per cadute o regressi, furono rimproverati di non dare risalto al mistero del peccato originale. In pratica per loro il peccato è presente “da sempre”. In quanto la creazione, il peccato e la redenzione non sono tre periodi successivi, ma tre momenti della medesima evoluzione. Quindi inseparabili. Per cui non può esistere un “anteprima” senza il peccato, un “prima” con il peccato, e un”poi” con la redenzione. Siccome essa implica il peccato, non c'è mai stato un istante in cui il peccato e il male non sia stato. Diventa inaccettabile e inconciliabile con la dottrina classica d'un peccato, entrato nel mondo, a causa di un primo Adamo. Che si trasmetta, inoltre, per generazione²⁴. Secondo simile modo di argomentare il male e il peccato sarebbe “necessario”, in pratica obbligatorio. In quanto Dio creando un mondo che si evolve, che a dalla imperfezione ad una perfezione, non potrebbe crearlo già perfetto, come si insinua nel paradiso terrestre, prima del peccato. Ne consegue che un mondo migliore di questo, funzionante sul modello evolutivo, Dio non avrebbe potuto crearlo. Neppure volendolo. Conseguenza grave, discorso inaccettabile. Dio avrebbe potuto creare il mondo in migliaia di modi diversi. In migliaia di modi migliore di questo. Nulla è a Lui impossibile. A questo punto per tale interpretazione sarebbe meglio, invece di usare la terminologia di “peccato originale”, sostituirla con quella di peccato del mondo. Possiamo portare due ragioni principali per dimostrare insostenibile tale posizione. Due proposizioni: la prima di metodo, la seconda di contenuto. ● La ragione per cui gli evoluzionisti rifiutano la teologia tradizionale e che vogliono basarsi solo sui dati empirici. Quelli resi certi dalle scienze. Ora in questo caso, tale asserto diventa un criterio pericoloso. Perché non è la teoria evolutiva che viene spiegata alla luce della Rivelazione, ma esattamente l'opposto. È la Rivelazione che viene smontata e rimontata, a seconda se concilia
o no alla mentalità evolutiva. Questo è inaccettabile. Sostenere che la dottrina sul peccato originale non si può più presentare; perché la sue spiegazioni sono superate, alla luce dell'evoluzionismo, significa semplicemente uccidere la Rivelazione. Si ripropone con questi pensieri la pretesa di spiegare dei misteri di fede con criteri interpretativi, ermeneutici limitati. A livello umano e non aderenti, ma contrari al dato biblico. Meglio a questo punto rinunciare a tali operazioni, che non sono altro che stravolgimenti umani velati di cristianesimo. Tentano di dare una vernice cristiana ad un mondo non cristiano²⁵. ● La seconda obiezione è di contenuto. Nella loro costruzione non esiste più la distinzione, ben nota alla teologia scolastica, tra male fisico/naturale e male morale/volontario. Tra peccatum in naturalibus e peccatum in moralibus. Così si fa un'uguaglianza tra questi due mali, essenzialmente diversi. Per cui si arriva a sostenere l'aberrazione che il male è “necessario” all'universo. Ma il male morale dipende dalla libera volontà umana; mentre il male fisico/naturale da carenze e difetti presenti nel mondo limitato² . Onde questa è una eguaglianza indebita e pericolosa. Per di più falsa. Essa trascura l'interiorità del peccato, e la dignità dell'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Come pure la battaglia che si svolge nel cuore dell'uomo, prima di aderire al male. Attraverso la voce della coscienza, nella quale l'uomo scorge una legge che non è lui a darsi, ma che gli dice: fai il bene, evita il male. D'altronde questi pensatori rifiutano anche la visione tradizionale dell'uomo, così come viene fuori dalla Rivelazione. Svela che quando l'uomo guarda dentro il suo cuore, si scopre anche inclinato al male. Questa inclinazione essi la rifiutano. Con al scusa che sia una speculazione teologica, senza un appoggio scientifico. Dando così riprova della loro assolutizzazione di stampo scientista e positivista.
§7] La visione sociologica del peccato originale
Molti per definire questo mistero ricorrono a due concetti chiave: quello di “situazione” e di “peccato sociale”. Per situazione intendono tutti gli atti peccaminosi, che si sono svolti nella storia dell'umanità²⁷. La somma di tali volontà crea, di fatto, una situazione di caduta storica. Tale caduta non è però determinata dal solo peccato commesso da Adamo, bensì da tutti i peccati considerati insieme. Per tale indirizzo sociologico, infatti, la teologia tradizionale e il Magistero della Chiesa hanno esagerato l'importanza ed il peso di questo primo peccato. Il peccato originale originante, ovvero quello che dà origine a tutti gli altri. Il fatto che sia stato commesso cronologicamente prima, non costituisce una differenza essenziale con gli altri atti peccaminosi. Per cui il peccato originale si spiegherebbe nello “stare in tale situazione negativa”. Né più né meno che uno, contrario al fumo, si trovasse in una locale pieno di fumatori accaniti e saturo di fumo. Immancabilmente inalerebbe l'odiato tabacco e i suoi abiti prenderebbero tale odore. Ora identificando il peccato originale con la situazione peccaminosa, in cui viene a trovarsi ogni individuo, è contrario alla verità costantemente ribadita dal Magistero. Cioè che esso venga tolto mediante il battesimo. Ora, in questa costruzione intellettuale posto per un sacramento, che tolga una colpa contratta prima di poter agire, non ce n'è. Detta situazione non viene nemmeno presa in considerazione. Per “peccato sociale” considerano il condizionamento sociale, che precede la situazione esistenziale. Esiste una trasmissione di tale peccato originale, ma non è stabilita dalla generazione, bensì dal disordine sociologico. Prendendo in considerazione questo asserto in modo più preciso, si può dire che il peccato è trasmesso non dalla generazione, ma dall'educazione²⁸. Viene scartato quello che sosteneva la teologia tradizionale. L'essenza del peccato originale sarebbe l'impossibilità d'amare Dio al di sopra di
tutte le cose create, a causa dei pesi accumulati da tutta l'umanità. Questo modo di procedere è accettabile per alcuni versi, discutibile per altri. Accettabile come via di mezzo tra il male necessario dell'evoluzionismo ed il male personale. Discutibile, in quanto per decidere della validità di tale ipotesi, non si può fare astrazione da un criterio intoccabile: quello della verità acquisita dal Magistero della Chiesa. In questa riflessione, che pur mette in luce alcuni aspetti interessanti, manca qualsiasi risposta al perché dell'impossibilità di amare Dio, sopra tutte le cose. Da dove venga tale incapacità umana, quale ne sia la ragione, e del come sia “nata” non esistono spiegazioni. Per tale costruzione la concupiscenza non sarebbe una ferita negativa, aggiunta alla nostra natura dopo il primo peccato di Adamo. Ma sarebbe stata naturale all'uomo, fin dalla sua creazione. Dio avrebbe così creato la sua creatura prediletta, l'unica voluta di per se stessa, già con questo difetto insito. Chiamandola all'esistenza difettosa, incapace di auto dirigersi verso di Lui, perché inclinata naturalmente al male. Quindi un Dio patrigno non certo Padre.
§ 8] Conclusioni
fra tutte le considerazioni che potremmo fare ci limiteremo alle più fondamentali. Esse si possono così riassumere.
→ I tentativi di spiegare i dogmi di fede, con categorie culturali, tratte dal nostro tempo, è cosa più che legittima. L'inculturazione è esistita fin dai primi tempi del cristianesimo, anzi è stato il cristianesimo medesimo ad inventarla e a inserirla in ogni società dove ha preso piede. L'esempio più lampante è quando si trattò di spiegare le verità di fede al mondo greco/romano. Tuttavia va detto che non tutti i linguaggi possono essere presi, come criteri ermeneutici, interpretativi della Rivelazione cristiana. Proprio per la loro limitatezza, alcuni non sono in grado di spiegare e illuminare tutti i risvolti, contenuti nella dottrina del peccato originale.
→Così si può arrivare alla conclusione che certe costruzioni, come quella sociologica o quella evoluzionistica, sono insufficienti a darne una illuminazione adeguata. Anzi a loro volta sollevano dubbi nel tentativo (vano) di risolverne altri. Possono essere accettati come criteri di spiegazione, solo in un'ottica “complementare”, ovvero integrativi. Ma non come metodi che pretendono d'essere fondamentali per spiegare l'intera dottrina. Reputandosi migliori della Sacra Tradizione che ha impiegato decine di secoli in tale tentativo. In tal senso possono essere bene accetti. Prendendo atto che la formulazione tradizionale, quella storico/ontologica, dava esaurienti spiegazioni dal punto di vista filosofico/metafisico; ma non dava abbastanza risalto all'aspetto personalistico/esistenziale. Dimensione più sentita dalla nostra cultura odierna² .
→ Non è accettabile la tesi protestante, secondo la quale il peccato originale
corrompe la nostra natura, in maniera totale. Anche se non possiamo toglierlo con le nostre forze umane; anche se di fatto è una rottura con Dio e il prossimo; anche se è portatore di una massa enorme di sofferenze il peccato di Adamo ferisce, ma non distrugge completamente il nostro libero arbitrio. L'uomo rimane sempre responsabile delle proprie azioni, anche se indebolito nella volontà di fare sempre il bene. La sua gravità risalta, per contrasto, con la salvezza portata da Gesù Cristo. Il costo della redenzione, comportando la ione e la morte di Gesù, con tutte le enormi sofferenze insite, dà la misura della profondità di tale peccato.
→ Alcuni propongono di farla finita con i termini e le definizioni iniziate da sant'Agostino. Iniziando da “peccato originale” e proporrebbero altri termini. Resta però un fatto incontrovertibile: gli inconvenienti che si trovano nel modo tradizionale, si ritrovano anche nei modi moderni di voler definire tale realtà. Non esiste un termine che non possa essere travisato, o con significati secondari. Semplicemente dal peccato di Adamo in poi tutto è ambivalente. Conseguenza pratica della mancanza della scienza infusa. Pertanto volendo sostituire il termine tradizionale con altri tipo: peccato del mondo; alienazione verso Dio; peccato dell'umanità; incapacità d'amare Dio, non si risolve il problema. Nessuna definizione o termine è così esauriente e univoca da poter risolvere tutte le problematiche e le verità in esse contenute. L'essenziale è accettare e comprendere che tale dottrina fa parte inalienabile della fede cristiana, e che serve a far comprendere l'infinito valore della salvezza ridonataci da Gesù Cristo. Tutte le volte che l'uomo si auto dirige contro Dio e brama di raggiungere il suo fine fuori di Lui, si suicida. Perché il mistero del nostro essere trova risposta solo alla luce portatagli dal Figlio dell'Uomo: «In realtà solamente nel mistero del Verbo Incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Gesù Cristo non ha svelato all'uomo solo Dio, ma anche il mistero dell'uomo a se stesso».
Notes
1) M.Flick-Z.Alszeghy, Il peccato originale, Brescia, 1974, pag. 76 2) Ivi, pag.72 3) Ivi, pag. 79 4) Ivi, pag. 94 5) Ivi, pag. 106 6) I. Sanna, Appunti di antropologia, Roma, 1979, pag.125 7) M. Flick-Z.Alszeghy, op. cit., pag. 121 8) I.Sanna, op.cit., pag. 126 9)
Ibidem 10) S. Tommaso Aquino, S. Th. 1-2 81, a.1c 11) M.Fick-Z.Alszeghy, op.cit, pag. 123 12) I.Sanna, op. cit., pag.124 13) M.Flick-Z.Alszeghy, op.cit., pag. 167 14) B.Mondin, Antropologia teologica, Alba, 1977, pag. 10 15) Ivi, pag. 184 16) Ivi, pag.194 17) I.Sanna, op.cit., pag.130 18) B.Mondin, op.cit. Pag 200 19) M.Flick-Z.Alszeghy, op.cit., pag.197
20) B.Mondin, op.cit, pag.203 21) I.Sanna, op.cit., pag.133 22) Ivi, pag.134 23) Ibidem 24) B.Mondin, op.cit., pag.201 25) M.Flick-Z.Alzseghy, op.cit., pag. 188 26) B.Mondin, op.cit., pag.202 27) Ivi, pag.204 28) Ivi, pag.206 29) Ivi, pag.214
Indice
INTRODUZIONE
§1] Il progresso nella cognizione del peccato originale
§2] La elaborazione fatta dal card. L. Billot
§3] Le definizioni dogmatiche
§4] Tentativi moderni di spiegazione
§5] L'interpretazione “esistenziale” del peccato originale
§6] L'ipotesi evolutiva del peccato originale
§7] La visione sociologica del peccato originale
§ 8] Conclusioni
Created with Writer2ePub by Luca Calcinai