Emerald o4d3f

EMERALD

di Emiliana Grassi

Emerald ISBN

Copyright 2014 © Emily Grace

1° edizione febbraio 2014 Tutti i diritti riservati Copyright Grafica di Copertina Digital art: Fatum Path – fatumpath.altervista.org Model’s photo: Marcus Ranum - www.ranum.com

Questa è un’opera di fantasia. Qualunque riferimento a nomi, personaggi, persone realmente esistite, vive o morte, luoghi o fatti ed eventi storici è perumente casuale ed, a tutti gli effetti, un prodotto dell’immaginazione dell’autrice.

Maireann croí éadrom i bhfad Un cuore leggero/chiaro vive più a lungo Proverbio scozzese Datevi il tempo di lavorare: È il prezzo del successo. Datevi il tempo di pensare: È la fonte del potere. Datevi il tempo per amare ed essere amati: È il privilegio degli dèi. Datevi il tempo per giocare È il segreto dell'eterna giovinezza. Datevi il tempo di leggere: È il fondamento della saggezza. Datevi il tempo per sognare: È come collegare il tuo carro ad una stella. Datevi il tempo per fare amicizia: È la via della felicità. trova il tempo di guardare al mondo intorno a te: il giorno è breve per essere egoista. Datevi il tempo per ridere:

È la musica dell'anima.

Antica preghiera celtica.

A Marco Alla mia famiglia

Scozia intorno al 1300 d.c.

Il vento freddo proveniente dal mare le sferzava il bel viso pallido facendole mulinare i lunghi capelli rossi come lingue di fuoco intorno al viso. Gli occhi smeraldo come l'erba della terra spaziavano verso l'orizzonte lontano, persi in un ceruleo mare burrascoso. - Tra un po' si scatenerà una burrasca. La voce calda e profonda la fece trasalire; non si era accorta del guerriero che le si era avvicinato silenzioso alle spalle. - Duncan; mi hai spaventato. - rispose la giovane senza distogliere lo sguardo dall'orizzonte. Il guerriero si posizionò al suo fianco, gettò a terra le sue armi e si sedette ai piedi della giovane. - Ho quasi sedici anni e cosa ne è della mia vita, mio padre pensa di affidare un giorno il trono a mio fratello Achaius e io dovrò sposare un uomo che non amo. Per cosa poi solo per assicurare tempi di pace con i nostri confinanti? - - La pace è molto importante per tuo padre. - Fu la laconica risposta di Duncan. - Ogni giorno sono oggetto di scherno di mio fratello, come vorrei potergli tagliare la testa con la mia spada. Il re poi da sempre ragione a lui perché per lui io sono inferiore, sono una donna. -Una lacrima solitaria tracciò il profilo dell'ovale perfetto che era il suo viso e andò a depositarsi sul bracciale di Duncan, i cui simboli un lupo e un toro indicavano il suo status di guerriero.

Duncan fissò quella goccia solitaria che era atterrata sul suo monile, - vuoi diventare una guerriera? Ma la vita del guerriero è dura, notti all’aperto, cibo scadente e in battaglia non potrai mai sapere per quanto tempo potrai camminare su questa terra, solo per far vedere a tuo padre che sei una dura che ce la puoi fare? - “e accanto a me” pensò l’uomo; - se proprio ci tieni a fare questa vita dovresti esercitarti di più nell'arte della spada. - Disse fissandola negli occhi, non aveva timore di non portare rispetto alla figlia del re, solo loro erano a conoscenza dei segreti che si scambiavano tramite timidi sguardi. Senza mai staccare il suo sguardo, con un gesto fulmineo si alzo impugnando la spada abbandonata ai suoi piedi; era una spada di rara bellezza forgiata in un acciaio speciale da un abile fabbro dell'isola, e la puntò al collo della giovane. La ragazza non si fece intimidire, lasciò vagare lo sguardo sulle rune incise sulla lama, Duncan era uno dei più forti e potenti guerrieri dell'isola e Emerald sperava tanto che se il padre non l'avesse designata erede al trono avrebbe fatto ricadere la sua scelta sul giovane guerriero. Era decisamente meglio lui di quel pallone gonfiato del suo fratellastro. Emerald non si fece distrarre da quei pensieri e a sua volta sguainò la propria spada, ma, Duncan fu più veloce e con un movimento così fulmineo da risultare quasi invisibile a occhio umano le fece cadere l'arma dalla mani.

- Se ti allenassi tutti i giorni, saresti stata in grado in intercettare il mio colpo; se lo avessi affondato? A quest'ora ti troveresti con la gola squarciata. - Rincarò l'uomo. - Non l'avresti mai fatto... - la frase rimase in sospeso, - se vuoi diventare un vero guerriero e un giorno poter governare quest'isola, devi mettere da parte i sentimenti che provi... tutti. Emerald tornò a fissare l’orizzonte, Duncan aveva ragione, voleva essere mille cose e alla fine non era altro che l’ombra di ogni cosa che aveva in mente, ma per una principessa ribelle come lei la vita non era per niente facile, i pettegolezzi e le feste di corte non le facevano battere il cuore come alle ancelle del suo seguito. Le campane della chiesa, che svettava dalla cima più alta della collina del castello, risuonarono nel crepuscolo le loro note allegre richiamando nelle proprie abitazione tutti gli abitanti della contea. Era ora di cena. Emerald guardò l’inclinazione degli ultimi raggi di sole, - Devo correre o arriverò tardi, devo ricevere i nostri ospiti insieme a mio padre e a mio fratello. – Senza voltarsi iniziò a correre fischiando per richiamare Tempest il suo cavallo dal manto grigio come un cielo prima di un temporale. Il guerriero rimase a fissare le due creature che cavalcavano come se fossero una il prolungamento dell’altro, i capelli rossi mossi dalla corsa ricadevano dietro la snella figura che si stava allontanando nel tramonto come un mantello. Il sole scendeva come una palla infuocata oltre la linea dell’orizzonte dove il cielo e il mare si abbracciavano, la prima stella della sera fece capolino, anche per lui era ora di rientrare nei suoi alloggi

Il fuoco si stava propagando veloce dalla foresta, tutti al castello cercarono di mettersi in salvo, tutti tranne il re e il suo esercito. Il condottiero era in prima linea affiancato dalla sua fida guardia Duncan, il quale cercò con lo sguardo il figlio del re e non restò sorpreso nel non vederlo al

fianco del padre né tanto meno tra le righe dei guerrieri. Il corno suonò, le guardie si misero sull'attenti i cavalli iniziarono a scalpitare, quando un guerriero si fece largo tra la folla, a Duncan si formò un sorriso sulle labbra, sapeva che lei li avrebbe affiancati, ultimamente era decisamente migliorata nell'arte della guerra e anche nelle arti magiche, per suo padre sarebbe stata una sorpresa e lui si sarebbe inchinato davanti alla futura regina. Il battaglione partì, si inoltrò nella foresta ma qualcosa non andava, i vichinghi sembrava stessero facendo marcia indietro e così loro continuarono ad avanzare imperterriti e incuranti del fatto che il nemico li stava accerchiando, la foresta che il popolo aveva sempre amato li stava tradendo ma loro si sarebbero battuti fino alla morte. I primi a cadere furono i pedoni e poi gli arceri infine anche i più grandi guerrieri furono messi in ginocchio dalle diavolerie che avevano portato gli invasori.

Re contro re ma fu l'invasore a vincere, Emerald guardò il padre cadere da cavallo con una freccia nel petto, intorno a lei tutto stava bruciando quando vide Duncan a terra, Emerald si buttò verso il suo grande amore, Duncan stese, a fatica, una mano nella sua direzione ma una spada interruppe la sua corsa e la principessa si accasciò accanto al cavaliere e prima che entrambi esalassero l’ultimo respiro, Duncan poté vivere l’ultimo istante di felicità su questa terra, lo smeraldo degli occhi di Emerald che fissavano i suoi mentre le lacrime le solcavano il volto.

Milano ai giorni nostri

Aprii gli occhi disturbata da alcuni raggi di sole che erano riusciti a are oltre le listarelle delle persiane, la radiosveglia segnava le 10 del mattino, un tuffo al cuore mi fece alzare di scatto dal letto avrei dovuto essere in ufficio circa un’ora fa, quando all’improvviso una piccola e potente consapevolezza si stava facendo strada nella mia mente ancora annebbiata dal sonno. Oggi è sabato. Tornai a sdraiarmi lasciando che gli obliqui raggi di sole che filtravano fero mulinare intorno a me piccoli granelli di pulviscolo, da piccola pensavo che fossero tante piccole stelline cadute dal cielo o un esercito di minuscole fate. Un bagliore più forte attirò la mia attenzione, sull’altro lato del letto giaceva una collana, cercai di mettere a fuoco anche senza l’aiuto degli occhiali, era una collana d’oro lunga non conoscevo la lavorazione della maglia ma anche ad un occhio inesperto quel era il mio sembrava essere molto antica; la collana terminava con un ciondolo, un medaglione d’oro con al centro un grande rubino rosso a guardarlo bene non avevo mai visto una pietra così grossa in vita mia. Lo presi tra le mani, con tutta l’attenzione che potevo usare, avevo paura che potesse rompersi e ancora non avevo idea di come fosse arrivato sul mio letto, ero ancora intenta ad ammirare il rubino che se sfiorato, nei punti giusti dai raggi solari, irradiava di una luce rossa e brillante tutta la stanza ero ancora lì a fissarlo quando udii il mio cellulare lanciare a tutto volume Human, la canzone dei killer.

Al telefono la voce di Ella blaterava di una mostra vicino a casa, di come oggi fosse il primo giorno di primavera e che entro dieci minuti mi sarei dovuta far trovare pronta. Ella ed io eravamo amiche da un infinità di tempo, da quando avevamo ato una notte intera sotto un tremendo temporale estivo chiuse in macchine a bere tequila dopo aver scoperto di essere state invitate ad una festa dallo stesso ragazzo; lui venne scaricato immediatamente mentre noi sancimmo la nostra amicizia al sapore di tequila e con la colonna sonora di behind blue eyes degli Who. Ella non chiedeva niente e non voleva niente, entrava nella tua vita come un tornado programmandola e altrettanto velocemente se ne andava lasciando il vuoto tutto intorno, ma a me andava benissimo così perché sapevo che potevo sempre contare su di lei e io come al solito l’avrei accontentata. Mi dimenticai all’istante del tesoro, del cellulare e cercai qualcosa da mettermi, l’orologio ticchettava sempre più velocemente un’uscita insieme alla mia amica era sempre una grande incognita, al telefono aveva accennato ad una mostra ma non mi aveva dato nessun indizio in merito ma, questa volta, sarei stata io a sorprenderla, così infilandomi un paio di leggings, un vestitino scozzese e il mio immancabile giubbotto di pelle presi all’ultimo anche il piccolo tesoro rinvenuto tra le mie lenzuola, lo avvolsi in un panno e lo ficcai in borsa precipitandomi poi giù dalle scale proprio mentre Elle fermava la sua macchina davanti al portone del mio palazzo.

- Hey tesoro – mi salutò Ella sporgendosi dal finestrino del lato eggero, ricambiai il saluto salendo in macchina. - E questa meraviglia? – Esclamai guardando l’auto, - ti prego dimmi che non l’hai rubata?! – - Ti piace? L’ho presa in prestito da un amico è una Shelby… - Non lasciai a Ella il tempo di finire, - non sapevo fossi apionata di macchine, ma soprattutto, il tuo amico lo sa che ti ha prestato la macchina? – - Diciamo che mi doveva un favore e io ho pensato che avremmo potuto farci un giro insieme. – Ella non approfondì e io non le feci ulteriori domande a volte preferivo rimanere all’oscuro di tutto; mentre la mia amica inseriva la marcia e si immetteva nuovamente in strada iniziai a proporle la mia idea per quella mattina. - Ella, mi hai parlato di una mostra ma se prima deviassimo in qualche facoltà di storia? Avrei bisogno di avere informazioni circa un oggetto – - Che tipo di oggetto darling? – Mi domandò voltandosi a guardarmi da dietro le lenti nere dei suoi occhiali vintage, mi voltai a mia volta verso di lei e forse leggendomi in faccia la riluttanza a parlarne lasciò cadere il discorso e tornando a guardare la strada continuò dicendomi che un altro amico, un giovane professore di storia le doveva un favore e invertendo la nostra direzione si diresse verso la zona delle università mentre tra me stessa mi chiedevo quanti uomini le dovessero dei favori, ma preferii tenere per me quella domanda, come già detto a volte preferivo non sapere cosa combinasse quella giovane donna.

In lontananza iniziai a vedere la facciata della facoltà di storia e il mio cervello iniziò a lavorare velocemente, in qualche modo avrei dovuto giustificare di come ero venuta in possesso di quell’oggetto mentre cercavo una soluzione Ella parcheggiò proprio davanti all’ingresso fregandosene dello sguardo delle altre persone. - Ti avviso il professorino è decisamente un personaggio particolare… beh ma lo vedrai da te. – Senza neanche aspettare che io scendessi dalla macchina Ella si avviò verso l’enorme portone in legno e ancheggiando nei suoi vestiti anni ’50 ò in mezzo agli studenti lanciando nella loro direzione sorrisi seducenti. Una volta entrate in facoltà la segretaria ci disse che avremmo potuto incontrare il professor Loganach nei sotterranei del Castello Sforzesco dove stava allestendo una mostra sul Medioevo insieme al suo mentore il professor McDonald ma che, purtroppo, non avrebbe potuto riceverci senza prima un appuntamento. Ella sbuffando e tamburellando le sue unghie laccate di rosso e perfette sul bancone della donna diede sfogo a tutto il suo disappunto. - Non abbiamo bisogno di un appuntamento io e il professor Loganach siamo amici da parecchio tempo e… - continuò guardando con superiorità la segretaria – non si preoccupi di avvisarlo ci penso io. – Detto questo uscì dalla segreteria senza salutare e componendo il numero sul suo iphone nuovo di zecca. Mi scusai con la segretaria e salutandola cercai di raggiungere la mia amica che aveva ancora l’aria decisamente imbronciata.

- Vecchia megera, anche se ha avrà avuto si e no la nostra età, è una vecchia megera invidiosa e insoddisfatta. – - Sai Ella a volte non ti capisco, hai trattato quella persona che non stava facendo altro che il suo lavoro in maniera decisamente poco accomodante. - Scarlett… - La mia amica stava sicuramente per rispondermi qualcosa quando il suo telefono iniziò a suonare e lei facendomi segno di aspettare con un dito rispose sfoderando il suo migliore sorriso, sorriso che, chiunque, fosse stato dall’altro capo del telefono avrebbe sicuramente immaginato dal tono della sua voce. - Logan! – Esclamò – quanto tempo, ho bisogno urgente di una tua consulenza… si lo so… ma io ho davvero bisogno… Ella iniziò a sfoderare la sua voce da ragazzina imbrociata, quel broncio che faceva perdere la testa a un sacco di uomini e mentre parlava potevo vedere le sue labbra che formavano un piccolo cuore imbronciato. - Vieni Scarlett, muoviamoci il mio amico sta giusto andando in pausa e potrà dedicarci un’ora, anzi penso che io in quest’ora potrei approfondire la conoscenza del professor McDonald, ultimamente mi sto dando agli uomini di un certo spessore. – Detto questo fece un risolino malizioso e si avviò verso la macchina, io alzai gli occhi e le braccia al cielo pensando che Ella era sempre piena di risorse, novità e sorprese ma in fondo le volevo bene proprio per questo.

Una volta arrivate al Castello fu davvero facile arrivare nella sala dove stavano allestendo la mostra suo Medioevo, un addetto ci indicò che avremmo trovato il professore nei sotterranei e ci indicò quale scale prendere per scendere verso il cuore di quella storica costruzione. Le scale erano in pietra e non si vedeva la fine alla mia destra trovai un interruttore e così provai a premerlo sperando che fosse quello dei faretti che avevo visto poco prima di inoltraci nel buio; giunte alla fine di quella scalinata la mia testa prese a girare e per un istante sentii una corrente di aria gelida sfiorarmi le gambe, il corridoio in pietra si era fatto più scuro illuminato solo da rade torce agganciate alle pareti, mi sentii sfiorare e mi sembrò di vedere un’ombra portava un nero mantello e per un secondo ebbi l’impressione che si girò a fissarmi negli occhi, non riuscivo a vedere un granché dato che il cappuccio le copriva parte del volto ma ero quasi certa che si trattasse di una di una donna perché per un istante, un brevissimo istante mi sembrò di vederle luccicare sul petto il rubino rosso che ora si trovava nella mia borsa. - Ecco siamo arrivate, - disse Ella, la quale accortasi che le avevo stretto il braccio mi chiese se era tutto a posto, - abbiamo fatto si e no mezzo metro dalla fine delle scale – continuò scuotendo la testa – a volte non riesco a capire questa tua fobia per gli spazi stretti. – Io alzai le spalle voltandomi per vedere se riuscivo ancora a vedere le scale e proprio come aveva detto Ella potevo scorgere l’ultimo scalino e sperai che il mio viso non lasciasse trapelare niente, perché a me il corridoio mi era sembrato decisamente molto più lungo.

Ella bussò alla porta e un ragazzo con i capelli che si arricciavano sulle spalle e dall’abbigliamento decisamente dark, tanto da farlo sembrare una rockstar, ci venne ad aprire. La mia amica si buttò tra le sue braccia e dandogli due baci sulle guance si voltò nella mia direzione. - Lei è la mia amica Scarlett, in realtà è lei che ha bisogno di una tua consulenza, lui invece è Kellan Loganach, il professore di cui ti parlavo. – Detto questo Kellan allungò una mano nella mia direzione, gliela strinsi e nel sfiorare la sua mano sentii come una scossa armi lungo il braccio e io mi perdetti, come in balia delle onde, in quei suoi profondissimi occhi blu. - Molto piacere Scarlett. – La sua voce roca mi avvolse come in una nube di fumo, ricambia il saluto e riuscii a riprendere il controllo del mio corpo non appena lui interruppe il contatto con la mia mano. - Bene vi lascio alla vostra ricerca, io invece dove posso trovare il professor MacDonald? – - Ella ti prego – fu il lamento di Loganach. - Non preoccuparti farò la brava. – Detto questo varcò la porta alla nostra sinistra non senza prima avermi fatto l’occhiolino e una faccia da apprezzamento verso il fondo schiena di Kellan. Rimasta dal sola con il professore Loganach iniziai a ripensare a cosa potevo raccontargli su come la collana fosse finita nelle mie mani. Kellan non proprio a suo agio mi mise una mano sulla schiena e mi fece strada in una piccola rientranza dove c’era una scrivania ingombra di carte e mi fece segno di sedermi su una sedia da giardino che aveva appena liberato da numerose antiche cartine.

- Anche lei è una studiosa di storia? – Mi domandò alzando un soppraciglio nella mia direzione. - Oh no, no, avevo solo bisogno di una consulenza, - e detto questo presi dalla mia borsa appoggiata a terra fra le mie gambe il tessuto dove avevo avvolto la collana. - Ho trovato questa in un vecchio baule della mia bisnonna, mi sembra antica e vorrei sapere a che periodo appartiene, - detto questo srotolai il tessuto sul tavolo mostrando la collana e il rubino in tutto il suo splendore e stupendomi del fatto di come mi fosse stato semplice mentire su come ne ero venuta in possesso, fu come se qualcuno mi avesse suggerito le parole nella mente. Kellan accese una piccola lampada da tavolo e iniziò ad esaminare il manufatto che aveva fra le mani, sembrò che il silenzio che era sceso su quelle antiche mura ci stesse avvolgendo poi la voce profonda del Professore ruppe l’incantesimo che si era creato. - E’ sicuramente antico, la lavorazione della collana è bizantina quindi posso affermare con certezza che siete nel posto giusto, è un gioiello di fattura medioevale e anche la montatura in cui è incastonato il rubino mi fa supporre che sia proprio di quell’epoca. – Ero affascinata dalle mani perfette delicate di Logan e mi piaceva vedere con che delicatezza si rigirava il gioiello tra le dita, lo vidi prendere una lente di ingrandimento e osservare attentamente il retro del ciondolo. - Non ha idea di come ne sia venuta in possesso la sua famiglia? - La prego mi dia del tu – mi sentii rispondere, così cercando di non far vedere che lo stavo fissando quasi con la bocca aperta gli dissi che non ne avevo idea.

Gli raccontai come nei giorni scorsi mi fossi trovata obbligatoriamente a dover traslocare dato che la mia coinquilina si era sposata e di come io avessi dovuto controllare tutto ciò che era rimasto seppellito in solaio fino a scovare il vecchio baule appartenuto alla mia bisnonna. Ancora una volta rimasi scioccata dalla naturalezza di come quelle parole mi erano uscite dalla bocca. - Ha per caso, o scusa è l’abitudine, hai per caso qualche parente inglese? – Mi domandò Kellan fissandomi negli occhi e io ancora una volta mi sentii naufragare in quel blu così scuro dei suoi. - Che io sappia no ma potrei verificare. E’ importante? – - Una semplice curiosità, vedi qui nel centro c’è un’incisione delle iniziali… – Detto questo mi fece segno di avvicinarmi e così allungandomi sulla scrivania per arrivare alla flebile luce della lampada Kellan mi fece vedere ciò che c’era inciso. Nel centro c’era incisa una E. una scritta in una lingua che non conoscevo e poi un’altra iniziale, mi sembrava una D. - Cosa pensi che stiano a significare? – Domandai incuriosita - Sicuramente le iniziali indicano dei nomi ma non ho modo di risalirvi senza ulteriori ricerche e la frase nel centro è “mo ghile mear” è in gaelico e significa mio amore. Disse queste ultime parole facendo scivolare nuovamente il ciondolo nella mia mano soffermandosi un po’ di più a sfiorarmi le dita. Sentii le guance avvampare, - sembra interessante – dissi guardando a mia volta il suo volto e notando che era davvero bello, di una bellezza rara quasi sfavillante da fare male alla vista. Kellan spense la lampada da tavolo e riaccese il neon sopra alle nostre teste, guardò l’orologio facendo una smorfia.

- Purtroppo la mia ora di pausa è quasi finita, ti dispiacerebbe lasciarmi la collana potrei usarla per la mostra che stiamo allestendo, nel frattempo poi potrei continuare a fare qualche ricerca; te la restituirò a mostra conclusa non preoccuparti. – Mi rincuorò notando la mia faccia scettica. - Non c’è problema – risposi, Kellan mi assicurò che si sarebbe trattato solo di un mese e ci saremmo rivisti allo scadere del nostro piccolo e privato contratto sempre che non avessimo nuovi indizi. Il professore mi strinse nuovamente la mano per un veloce saluto allungandomi anche il suo bigliettino da visita, lo misi nella tasca del mio giubbotto e andai a recuperare Ella che stava civettando ancora con io professor McDonald.

- Non ti sembra affascinante? – Mi domandò Ella mentre ci stavamo dirigendo alla mostra a cui mi aveva ormai accennato due ore prima. - Devo dire che a volte mi sorprendi, non immaginavo che un professore di storia potesse vestirsi come una rockstar. – Ella scoppiò in una fragorosa risata, - Lo sapevo che saresti rimasta stregata da Logan, ma attenta amica mia lui ama volteggiare e non fermarsi mai; comunque io stavo parlando del professor McDonald. – - Ella il professor McDonald avrà una cinquantina d’anni! – Esclamai, i gusti di Ella per me erano sempre un mistero, con lei ero ata attraverso il periodo rock dove usciva solo con rockettari e beh ovviamente dovevano suonare in qualche gruppo, per un breve periodo fummo catapultate nel mondo degli uomini in carriera e così mi faceva are da un locale all’altro per aperitivi insieme a manager e ora a quanto potevo vedere dal suo abbigliamento, ci trovavamo in pieno periodo vintage e uomini maturi. - Si lo so, ma non trovi che sia affascinante? Quei suoi modi di fare da gentiluomo e quel suo esotico accento scozzese… E’ poi è così romantico sentire raccontare di cose ate. – Mentre mi diceva ciò mi ò un bigliettino da visita era del professore e sul retro, mi indicò con un dito, McDonald le aveva segnalato un luogo per un appuntamento. - Ti prego Ella, almeno dimmi che non è sposato? – Per tutta risposta accese lo stereo a tutto volume e poi sorridendomi mi disse di stare tranquilla.

Ella parcheggiò davanti ad un fabbricato fatiscente in periferia, aveva l’aria di una fabbrica dismessa da tempo sembrava che fosse scampata miracolosamente ad un incendio e la parte superiore dell’immobile aveva dei vetri rotti dovuti forse all’intemperie e all’incuria. - Dove siamo? – Domandai incuriosita da quel luogo davvero triste quando iniziai a sentire della musica tecno uscire da una porta da cui era appena spuntato un uomo gigantesco vestito di tutto punto, giacca pantaloni e t-shirt neri. - Siamo alla mostra di cui ti parlavo al telefono, espone un mio amico spagnolo conosciuto su internet, è un artista emergente, si occupa di fotografia, vieni vedrai che ti piacerà. – Prendendomi per mano ci infilammo nella stessa porta da dove era appena uscito l’uomo e subito mi ritrovai in ambiente curato e moderno. Alle pareti, tramite catene, erano appese delle fotografie in bianco e nero, ritraevano perlopiù immobili industriali fatiscenti, del resto la mostra si chiamava “decadenza dell’era moderna” ; mi aggirai tra i divisori che erano stati allestiti per poter dividere l’open space in più stanze; le fotografie sempre nella stessa tonalità in bianco e nero rappresentavano più o meno gli stessi soggetti fabbriche in disuso, acquitrini, motorini rotti ripresi insieme ad altri oggetti rotti più che una mostra fotografica mi sembrava un insieme di fotografie di piattaforme ecologiche ma del resto io non ero una grande amante dell’arte ero più affascinata da fotografie di paesaggi e volti.

Gironzolai fra le foto e le persone che commentavano in piccoli gruppi sparsi il lavoro dell’artista quando fui raggiunta dalla mia amica, la quale a braccetto con un ragazzo, reggeva due calici di vino. - Jorge vorrei presentarti Scarlett, una mia cara amica, ormai ho perso il conto di quanto tempo ci conosciamo. – Ridendo mi allungò uno dei due calici mentre con la mano libera stringevo quella che Jorge aveva allungato. - Encantado, ora vi devo lasciare i miei ospiti mi attendono e tutti sono curiosi di conoscere questo artista sconosciuto. – Indicando la sua figura, fece un inchino e ci lasciò per continuare a crogiolarsi nel suo enorme ego; lo so non lo conoscevo ma vi posso confermare che la sua aurea brillava più di un neon.

Ci aggirammo ancora un po’ tra quelle fotografie decadenti e non concepivo proprio come Jorge potesse pensare che quella fosse arte, ma del resto, l’arte è volubile e soggettiva. - Che ne dici se ce ne andiamo? Ti propongo un aperitivo e una cena nel tuo ristorante cinese preferito. – Proposi alla mia amica la quale senza indugio abbandonò il suo calice, Ella non poteva resistere alla mia proposta allettante per lei non c’era niente di meglio che un cocktail in un locale alla moda e concludere la serata nella tranquillità al “Giardino Zen” il nostro ristorante preferito vicino a casa. Stordite dagli shots che ci eravamo bevute come aperitivo arrivammo tutte allegre al ristorante e io mi ero già preparata alla raffica di domande alla quale Ella mi avrebbe sottoposto davanti ai nostri involtini primavera. - Che ne dici darling della nostra giornata? Devo ammettere che è stata davvero interessante non trovi? – - Si – risposi mentre lo stomaco iniziava ad attorcigliarsi, sapevo benissimo dove voleva andare a parare. - Si, solo si? Mi sembra una risposta davvero elusiva. – - Bene allora questa volta inizio io ad indagare: dunque partiamo da questo triangolo, TU, il professor McDonald e Jorge cosa stai combinando? – Ella si nascose dietro al su bicchiere di birra, ne bevve un grande sorso e poi con tutta la nonchalance di cui era capace decise di rispondere al mio giochetto. - Jorge è un fotografo, affascinante e il suo accento mi ricorda molto quello di Antonio Banderas, amo quando pronuncia il mio nome ma, cosa più importante è single…

Il professor McDonald invece ha il fascino di Sean Connory, è colto e ha sicuramente esperienza e poi è sposato e quindi è una complicazione in meno non può sicuramente essere geloso di Jorge.. Scarlett lo sai dopo quella volta con Thomas non voglio più affezionarmi a nessuno e a quanto pare mi sembra che hai chiuso anche tu. – Presi l’ultimo pezzo del mio involtino primavera e sbuffando me lo misi in bocca, non avevo voglia di parlare della mia vita sentimentale in quel periodo avevo ben altro a cui pensare. - Comunque, - riprese, - non mi hai ancora detto cosa pensi di Logan? – - E’ decisamente particolare, sicuramente la sua figura colpisce ma per il momento mi sta solo dando una mano per la collana.- Già, ancora non mi hai detto come ne sei venuta in possesso?Attesi che la cameriera ci servisse i nostri piatti e non appena si allontanò dal nostro tavolo decisi di continuare con la bugia detta a Kellan. - Ho ancora un mucchio di scatoloni da aprire nella soffitta della mia ex coinquilina, piano piano sto cercando di portare tutto nel mio nuovo appartamento e aprendo un vecchio baule l’ho trovata in cima a delle cianfrusaglie che non ho ancora controllato. – Lasciai cadere il discorso sperando che la mia amica si fosse bevuta la mia spiegazione e mettendo il broncio le rinfacciai il fatto che non aveva ancora visto il mio nuovo appartamento. - Che ne dici se concludiamo la nostra serata con un bicchiere di tequila e la canzone degli Who, ho bisogno del tuo aiuto per arredare casa mia.

Mi piaceva stare in compagnia di Ella, con lei non ci si annoiava mai e poi sembrava ci conoscessimo da sempre era come se fossimo sorelle e avevo davvero bisogno del suo aiuto nell’arredamento anche se forse, un po’ alticce com’eravamo, non avremmo concluso un granché. La nostra serata si concluse con qualche indicazione di design di interni da parte di Ella che si intrufolava in ogni stanza del mio appartamento per poi finire crollata sul divano a smaltire la sua sbronza, ci svegliammo tutte doloranti per aver dormito accampate tra poltrona e divano per il momento l’unico mobilio del salone e mi salutò dicendomi che sarebbe stata in Spagna con Jorge per le prossime tre settimane e che si sarebbe fatta viva al suo rientro. Chiusi la porta di casa e decisi di tornarmene a letto la mia mente era ancora annebbiata e dato che il mio master in economia si era appena concluso mi aspettavano intere settimane se non mesi per poter sistemare il mio alloggio.

Un rumore mi destò dal mio riposo e ancora intontita guardai la radiosveglia sul comodino segnava le quattro del pomeriggio avevo dormito sei ore filate così decisi che per riprendermi ci voleva una doccia ristoratrice; entrai in bagno e mentre facevo riscaldare l’acqua cercai di trovare i segni della notte precedente sulla mia faccia, non appena mi guardai allo specchio mi tirai indietro spaventata; l’immagine che rimandava non era il mio volto o meglio era il mio volto ma non ero io. La figura riflessa aveva lunghi capelli ribelli rosso fuoco e gli occhi di un verde molto più intenso dei miei e al collo portava la collana con il rubino, cosa impossibile dato che era nelle mani di Kellan. Cercai di calmarmi e provai a rialzare lo sguardo verso lo specchio che ora rifletteva il mio volto con i miei capelli bruni e il mio pigiama a righe accantonai l’episodio come scherzo degli ultimi postumi della sbornia della sera precedente e decisi di chiamare mia madre per avere informazioni sui bauli di sua nonna Elisabeth. La telefonata durò come al solito un’eternità ma alla fine riuscii a scoprire che la nonna della mia bisnonna Elizabeth si chiamava Marion ed era scozzese, probabilmente la collana era una sua eredità anche se lei non si ricordava di quell’oggetto in particolare. La ringraziai promettendole che ci saremmo viste per una veloce colazione nelle prossime settimane.

Me ne andai in cucina per bermi un caffè e nell’attesa che la macchina si scaldasse decisi di chiamare Kellan per avvisarlo della scoperta fatta insieme a mia madre, mi sembrò che il telefono squillasse all’infinito quando una voce roca e un po’ assonnata disse un pronto non molto ben intenzionato; mi venne in mente quello che mi aveva detto Ella circa l’abitudine di Logan di avere una ragazza nuova ogni giorno e sperai con tutta me stessa di non averlo disturbato in qualche momento decisamente particolare. - Kellan? – dissi esitante – sono Scarlett, ci siamo incontrati ieri al Castello Sforzesco forse ho trovato un indizio che potrebbe aiutarti circa la provenienza della collana. – Non appena Kellan mise a fuoco chi ero la sua voce si addolcì e mi diede appuntamento in una caffetteria non troppo distante da casa mia.

Mentre attendevo il tram sotto casa decisi se era il caso o no di raccontargli anche del volto che avevo scorto nello specchio cercando di non fare la figura della pazza; assorta nei miei pensieri mi accorsi di essere quasi arrivata al luogo dell’appuntamento, scesi dal mezzo e Kellan mi stava aspettando sotto la pensilina, appena lo vidi il mio cuore fece una serie di capriole nel petto e lo stomaco iniziò ad attorcigliarsi “no Scarlett non ci pensare pensa a ciò che ti ha detto Ella”. Non appena Loganach si accorse della mia presenza mi accolse con un meraviglioso sorriso e venendomi incontro mi avvolse in un abbraccio salutandomi con due baci sulle guance, prendendomi a braccetto mi accompagnò nella caffetteria dall’altra parte della strada ci accomodammo in un tavolino appartato e non appena fatte le nostre ordinazioni Kellan rivolse tutta la sua attenzione alla mia persona senza più degnare di uno sguardo la giovane cameriera che ancora gli stava sorridendo. - Allora cosa hai scoperto di interessante? – Mi domandò. - Per prima cosa ho scoperto che la mia bisnonna aveva a sua volta una nonna di origine scozzese si chiamava Marion. – Kellan mi ascoltava con attenzione e improvvisamente mi sentii dire che probabilmente avevo trovato una sua foto dato che mi era molto somigliante. Non sapevo come mi era venuta in mente quell’uscita ma, proprio come il giorno prima, mi sembrò che qualcuno avesse suggerito quelle parole nella mia testa. Kellan bevve un sorso della sua cioccolata e mi sorpresi a pensare di come a volte ci fermiamo a giudicare le persone solo dalle apparenze; avrei detto che l’uomo davanti a me frequentasse solo locali rock e bevesse fiumi di birra.

- Beh, diciamo che non è molto ma almeno ho ristretto un po’ il campo delle mie ricerche, direi di concentrarci sulla Scozia che ne dici? – Annuii in silenzio sorridendo fra me per l’uso del plurale, mi chiese anche se Marion era esattamente come me e così le dissi che lei aveva i capelli rosso fuoco e gli occhi di un verde smeraldo luminoso. Restammo seduti a sorseggiare del più e del meno fino a quando non si fece l’ora di cena e Kellan mi chiese se mi andava di fargli compagnia per cena, mi disse che conosceva un posto davvero carino, accettai iniziavo ad accorgermi che mi piaceva stare in compagnia e la serata fu davvero deliziosa; quando ci salutammo sotto il mio portone mi disse che mi avrebbe tenuta aggiornata sulle sue scoperte mi salutò nuovamente con due baci indugiando un po’ di più prima di sciogliermi dal suo abbraccio. Mentre attendevo l’ascensore il mio cuore stava ancora battendo all’impazzata era come se lo avessi sempre conosciuto, ma non con la stessa sensazione dell’amicizia tra me e Ella era come se ci fossimo incontrati tanto tempo prima.

Quella mattina mi sveglia con un senso di vuoto, prima di alzarmi dal letto mi girai e rigirai più volte fino a quando i miei occhi si posarono su alcune fotografie, strappate da cataloghi turistici, che ritraevano i miei luoghi preferiti Irlanda, Scozia e Scandinavia. Più i miei occhi restavano posati su quelle immagini più il vuoto dentro al mio cuore si faceva pressante decisi di prendere il cellulare, Ella era in Spagna ma io avevo bisogno di sentire una voce amica; come immaginato partì subito la segreteria telefonica così sorridendo tra me lasciai un messaggio abbastanza ironico rivolto alla mia migliore amica chissà forse se avesse avuto abbastanza tempo libero mi avrebbe richiamato per decantarmi il luogo in cui si trovava, ero sicura che qualche pazzia insieme a Jorge la stesse commettendo; Quel pensiero mi fece ritrovare il buon umore così mi vestii e uscii a godermi quei primi raggi di sole primaverile con la sensazione che tutto si stesse risvegliando. eggiando senza meta per le vie della mia città decisi di regalarmi un po’ di shopping e mentre provavo i vestiti che mi ero portata in camerino la mia mente e il mio cuore volarono verso la sera trascorsa insieme al professor Loganach e un sorriso si formò sulle mie labbra e subito in me nacque la speranza di poter sentire ancora la sua voce e di poterlo vedere nuovamente, speravo con tutta me stessa che potesse avere novità per me al più presto. Soddisfatta dei miei acquisti mi diressi verso la mia libreria preferita e super rifornita quando qualcosa in una vetrina attirò la mia attenzione; era un’agenzia di viaggi e mostrava fiera tutti i suoi cataloghi colorati, quando una macchia verde con una cornamusa appoggiata sopra attirò ancor di più la mia attenzione era un catalogo sulla Scozia.

Non riuscivo a capire cosa mi stava succedendo, stavo iniziando a invidiare Ella che senza riflettere aveva messo parte della sua vita in una valigia e senza pensarci su un secondo di più aveva seguito lo strano fotografo per una vacanza di tre settimane in Spagna; più fissavo quella vetrina e più sentivo che tutto iniziava a starmi stretto e di pari o o, una gran voglia di viaggiare si stava impossessando di me, ma, non mi andava bene una meta qualsiasi, il mio cuore mi stava spingendo verso nord. Irlanda, Scandinavia, sentii un fremito armi lungo tutto il corpo la sensazione che provai fu quella che la mia anima non riusciva più essere contenuta in quel mio piccolo corpo che si rifletteva nella vetrina. Decisi di scrollarmi di dosso quella strana sensazione e ripresi a camminare mi sarei buttata tra gli scaffali dei libri e non avrei più pensato a niente; come immaginavo la gita in libreria è stata decisamente confortante e uscii da lì con una borsa carica di libri una veloce visita al mio supermarket di fiducia e ripresi la strada verso casa. Entrando in casa mi accorsi che i raggi del sole che entravano dalla porta finestra del soggiorno illuminavano qualcosa di brillante sotto al tavolino posto davanti al divano, probabilmente mi dissi doveva essere caduto due sere prima mentre io e Ella stavamo festeggiando la nostra uscita tra donne; sistemai la spesa e poi decisi di andare a recuperare l’oggetto sfuggito alla mia vista il giorno prima.

Mi chinai per recuperare lo strano oggetto, ancora inginocchiata davanti al tavolino giravo e rigiravo quel calice dorato tempestato di pietre rosse blu e verdi, come era arrivato fin lì, come facevano quegli oggetti appartenuti al ato arrivare fino a me senza un motivo? Cosa stava succedendo? Mentre mi ponevo tutte quelle domande mi colse un dolore lancinante alla testa e per un attimo sentii odore di fumo, la vista mi si stava annebbiando, mi appoggiai al vetro del tavolino, caldo sentivo caldo e quell’odore di fumo mi stava prendendo la gola. Fuoco, alla mia sinistra vidi delle fiamme lambire le pareti, il mio appartamento stava andando a fuoco cercai di mantenere la calma, lasciai cadere l’oggetto e cercai di correre in bagno, dovevo spegnere l’incendio prima che si propagasse nelle stanze, il mal di testa rallentava i miei movimenti ma riuscii ad uscire dalla sala. Una volta in bagno feci scorrere l’acqua fredda nel lavandino, per prima cosa mi lavai la faccia per togliermi l’odore acre del fumo e riprendere fiato; quando alzai gli occhi nello specchio vidi lo stesso volto quasi familiare dell’altra volta, lo sguardo della donna che mi assomigliava era velato di tristezza e la sua bocca pronunciò la parola AIUTAMI, mi ribagnai la faccia e riguardando nuovamente nello specchio ero tornata ad essere solo io presi il secchio per lavare i pavimenti dimenticato accanto alla vasca e lo riempii fino all’orlo correndo nuovamente fino al soggiorno dove con mio grande stupore era tutto come prima; l’incendio era stato prodotto solo dalla mia immaginazione.

Stavo ancora guardando intorno con lo sguardo perso nel vuoto quando sentii il cellulare suonare corsi in cucina con ancora il respiro affannoso sperando di vedere sul display il nome di Kellan e rimasi sorpresa di vedere invece il nome e la foto di Ella, poi mi ricordai della mia telefonata e del messaggio che avevo lasciato alla sua segreteria, quasi tentata a non rispondere stavo per rifiutare la chiamata quando qualcosa dentro di me, forse la voglia di un po’ di conforto, mi fece slittare il dito sulla cornetta verde e attivai la comunicazione. - Darling – Dall’altro capo invece sentii singhiozzare e tirare su con il naso, le parole uscivano sbiascicando dalla bocca della mia amica. - Ella calmati cosa è successo? Se parli così non capisco niente, hai bisogno di aiuto? Dove sei? – Avevo posto quella raffica di domande una dietro l’altra e l’unica cosa che riuscii a capire fu che mi sarei dovuta trovare tra circa due ore all’aeroporto di Linate per recuperare Ella. A quanto pare la sua vacanza in Spagna si era concluso e da quello che avevo potuto capire non si era conclusa in maniera idilliaca. Misi un po’ di ordine in giro e nascosi il calice nel ripiano inferiore del mio armadio. Segreti misteri e Kellan potevano aspettare ancora un pochino.

Attesi pazientemente all’uscita degli arrivi internazionali non sapendo proprio cosa aspettarmi quando vidi varcare le porte scorrevoli da Ella, sempre impeccabile nel suo stile anni ’50, ma, a guardare la sua faccia rossa come un peperone e gli occhi nascosti dietro i suoi soliti enormi occhiali scuri da cui vedevo sgorgare le lacrime avrei detto di trovarmi davanti la solita Ella, casinara, giocosa e che lanciava occhiate da femme fatale a tutti gli uomini che incontrava. - Oh tesoro, ti va di dirmi cosa è successo? – Le domandai mentre con una mano trasportavo la sua valigia e con l’altra stavo letteralmente trascinando la mia amica, ancora in lacrime, verso la mia macchina; ci dirigemmo verso casa e così domandai a Ella se avesse voglia di un caffè rigenerante singhiozzando annuì e così decisi di portarla verso la meravigliosa caffetteria dove mi ero incontrata il giorno prima con Kellan. Davanti ad una tazza di te Ella mi raccontò per filo e per segno cosa era successo con Jorge, mi disse che aveva visto posti meravigliosi, erano stati sulla spiaggia, l’aveva portata nei ristoranti più carini e sconosciuti ai turisti, mi disse che sembrava tutto così perfetto fino a quando una sera, durante la mostra di un pittore amico di Jorge l’aveva mollata in mezzo a gente che non conosceva così quando Ella si sentì un po’annoiata da tutte quelle chiacchiere si mise alla ricerca del ragazzo, lo trovò in un angolo appartato che baciava una bionda; mi disse che ne conseguì una lite che terminò con l’avergli rovesciato addosso il cocktail che stava bevendo se ne tornò in albergo e quello stesso giorno aveva cambiato il biglietto dell’aereo e ora eccoci qui a parlare di tutto ciò che era accaduto davanti ad una tazza di te bollente.

Ella fissava la sua tazza come se potesse leggere il suo futuro nel liquido torbido restando in un imbronciato silenzio. - Hai più rivisto Kellan? – Quella domanda mi lasciò un po’ sorpresa, più che altro dal brusco cambio di argomento. - Si ieri, ho scoperto che una mia antenata era scozzese così mi ha detto che, anche se non era molto, questa notizia gli avrebbe permesso di restringere il luogo in cui svolgere le ricerche. – Sospirai pensando agli occhi blu di Kellan e a come mi sarebbe piaciuto sentire la sua voce fumosa in quel momento. - Ti piace? – - No, certo che no, non lo conosco nemmeno e dubito che una volta che tutta questa storia sia finita, abbia qualche altra opportunità di frequentarlo. – Risposi alzando le spalle come a dire che poi la cosa non mi interessava più di tanto; proprio in quell’istante la porta del locale si aprì e fece il suo ingresso l’uomo di cui stavamo parlando abbracciato a una mora dal trucco pesante e tutta vestita di pelle, il mio stomaco ebbe delle fitte e Ella si girò in direzione del mio sguardo. - Amica mia tu non me la racconti giusta, per innamorarsi di Logan basta un’ora, ma, se preferisci nasconderti sempre dietro alle tende e spiare la vita invece di viverla io non posso farci niente. Dai andiamo a casa ho bisogno di farmi un bagno caldo e dimenticare questo terribile viaggio. -

Avevo salutato Ella da circa un’ora quando ricevetti una sua telefonata in cui mi annunciava che, dato che aveva ancora due settimane di ferie da godere, sarebbe partita insieme a sua cugina e che si sarebbe fatta sentire al suo ritorno. I miei giorni si stavano susseguendo tutti uguali, non avevo avuto il coraggio di telefonare a Kellan per dirgli dell’ulteriore ritrovamento e neanche lui mi telefonò con novità riguardo al mio tesoro. Non sentivo Ella da una settimana e mi mancava da morire, il caldo iniziava a farsi sentire anche se mancavano ancora due mesi all’estate, fissai le foto attaccate alla parete della mia camera e pensai a quanto sarebbe stato bello poter vedere quell’erba verde e le montagne scozzesi riflettersi nelle calme acque dei suoi laghi; proprio mentre cercavo di accendere il computer quell’improvvisa ondata di caldo anticipato portò con sé il rombo di un tuono lontano, stava arrivando un temporale e senza neanche accorgermene la pioggia iniziò a cadere abbondantemente, corsi chiudere tutte le finestre e poi senza appetito mi infilai sotto le coperte lasciandomi cullare dallo scroscio della pioggia.

Il vento faceva mulinare i miei capelli, ero su un’altura alle mie spalle si ergeva in tutta la sua maestosità un antico castello in pietra mentre io osservavo le acque scure di un lago, sopra la mia testa si stavano addensando grandi nuvoloni neri a breve avrebbe iniziato a piovere ma io non avevo voglia di rientrare tra le fredde pareti del maniero. Ai miei piedi era appoggiata una spada e accanto a lei era seduto il suo proprietario, un cavaliere avvolto in un mantello con intarsi dorati, aveva lunghi capelli neri e gli occhi blu come le profondità dell’oceano al di là dello stretto canale del lago. Mi sedetti al suo fianco e appoggiai la mia mano sopra la sua, mi girai a guardarlo negli occhi e un brivido mi percorse la schiena stavo per dire il suo nome ma la mia bocca invece di dire il nome a cui stavo pensando disse Duncan. Lui si voltò a fissarmi negli occhi e potei leggere nei suoi rimpianto, odio, tristezza, ione e amore, lui avvicinò le sue labbra alle mie, arrivò molto vicino e lo sentii dire “MI DISPIACE AL MOMENTO SONO OCCUPATA A VIAGGIARE CON LA FANTASIA, MA LASCIATE UN MESSAGGIO DOPO IL BIP E SE AVRO’ VOGLIA VI RICHIAMERO’” Mugugnando tornai alla realtà misi a fuoco l’ora sul display era mezzogiorno ato, ma quanto avevo dormito? I miei occhi si posarono sulle fotografie, le ultime immagine che i miei occhi avevano visto e proprio lì in bella vista vidi il castello di Kilchurn. Il castello del mio sogno, così capii che probabilmente la mia mente mi aveva indotto a fare quello strano sogno; mi alzai controvoglia e ascoltai il messaggio che mi avevano lasciato.

La voce di Ella mi aggiornava sulle sue vacanze e mi disse che sarebbe rientrata venerdì e se avevo voglia di un brunch insieme la domenica, le mandai un messaggio con il cellulare accettando il suo invito avevo davvero voglia di are un po’ di tempo con lei. Andai in cucina per bere un caffè e nell’attesa che la macchinetta si scaldasse decisi di comporre un numero che erano mai giorni che volevo fare. Kellan rispose al secondo squillo e la sua voce mi fece sobbalzare il cuore. - Scarlett, non ti ho più sentita, ripenso spesso alla nostra uscita e mi piacerebbe rifarla. – Kellan continuava a parlare ma io non lo ascoltavo più, la mente mi proiettò davanti agli occhi la bionda con cui l’avevo visto alla caffetteria l’ultima volta e dovetti sforzarmi di pensare che lui dicesse così a tutte le ragazze che incontrava. - Piacerebbe anche a me uscire ho anche una cosa da mostrarti, potrei venire alla mostra così vedo come sta la mia collana. –

Nelle ultime settimane, un senso di inquietudine, non appartenenza e sofferenza vi avevano resa al quanto isterica, negli ultimi giorni poi si erano sommati, a questa mia insoddisfazione, strani accadimenti, volti sconosciuti negli specchi, strane sensazioni, che io da sola non riuscivo proprio a spiegarmi, ero sicura di non essere diventata pazza, ma probabilmente la noia e la pigrizia di quella primavera inoperativa stava lasciando il segno senza contare che poi non ne potevo parlare con nessuno; così iniziai a prepararmi per incontrare Kellan e mostrargli il calice che costudivo ancora nel mio armadio. Kellan come promesso mi stava aspettando all’ingresso del salone dedicato alla mostra del medioevo, non appena mi vide, come la volta precedente mi venne incontro e stringendomi in un forte abbraccio mi baciò sulle guance solo che l’ultimo bacio fu davvero pericolosamente vicino all’angolo della mia bocca. - C’è un posto un po’ appartato dove potremmo nasconderci? – Logan fece un sorriso malizioso e poi intrecciando le sue dita alle mie mi portò in un corridoio laterale e mi condusse oltre una porta su cui campeggiava la scritta “SOLO ADDETTI AI LAVORI”, il mio cuore si mise subito a fare le bizze, ma che aveva ultimamente? Sembrava che volesse vivere una vita staccato dal mio corpo così mi imposi di pensare alla biondona che lo accompagnava. Non appena fummo soli estrassi dalla mia borsa il calice d’oro che avevo trovato sotto il tavolino e lo mostrai al professore

Kellan si dimostrò un po’ sorpreso dall’oggetto che gli avevo messo in mano ma, nello stesso tempo, lo storico che era in lui si faceva strada per uscire, lo fece roteare fra le mani guardandolo con interesse poi a sorpresa lo appoggiò su un bancale accanto a noi e intrecciando entrambe le mani alle mie mi inchiodò contro il muro appoggiando pericolosamente, troppo pericolosamente la sua fronte alla mia, io chiusi gli occhi volevo guardare, il mio respiro iniziò a essere più affannoso e cercai di divincolare le mie mani dalla sua stretta, - no… forse… noi… non… - Non riuscii a completare la frase che premette con forza le sue labbra sulle mie anche il suo respiro ora era più accelerato il suo bacio fu dolce, complice, e caldo come i raggi del sole e poi quegli occhi… sembrò che mi stesse baciando come se fosse l’ultima o come non avesse potuto farlo da molto, moltissimo tempo. Quando ci staccammo entrambi avevamo il respiro affannoso. - Scarlett – alzai i miei occhi ad incontrare i suoi e mi perdetti come la prima volta che lo avevo conosciuto. - Lo desideravo dalla prima volta che ti ho incontrato un mese fa, quando ti ho stretto la mano ho avuto la sensazione di averti conosciuto da sempre, di averti ritrovato e che tu fossi mia. – Guardai la mano con la quale la prima volta l’avevo salutato e ricordai la scossa che avevo sentito quando avevo stretto la sua e di come mi fossi sentita a casa. Si allontanò da me e tornò a concentrarsi sul calice.

- Devo seguire la mostra ma ti prometto che stasera erò a prenderti e ti porterò tutte le informazioni che ho trovato. Grazie al cielo questa mostra è quasi finita, gestirla da solo è stato davvero faticoso. – - Perché il professor McDonald non è con te? – Domandai sorpresa. - Il professore è da tre settimane in Svizzera con Ella non te l’ha detto? – Mi disse mentre si avviava verso la porta per tornare alla mostra, non potevo credere che non mi avesse detto niente ma ora riuscivo a capire come mai avesse voluto organizzare un’uscita non appena sarebbe rientrata in città. Fissando ancora la schiena muscolosa di Kellan che si allontanava mi venne in mente una cosa. - Cerca questo nome Duncan. – Logan si girò a fissarmi un’ultima volta e mi fece un cenno di assenso con la testa.

Kellan sarebbe arrivato per le otto e così decisi di prepararmi con tutta calma, cercando di scacciare l’immagine della bionda dalla mia mente, ripensai alle ultime parole che aveva pronunciato Ella, che io mi nascondo invece di vivere la vita ok, l’avrei vissuta e la biondona poteva andare a farsi benedire. Aprii l’armadio in cerca di qualcosa da mettermi quando appeso trovai un abito rosso di velluto tipicamente dell'epoca medioevale, con grandi maniche a pipistrello che arrivavano fino all'altezza del polpaccio, il corpetto era profilato da un filo d'oro così come dei ricami all'altezza dell'avambraccio. Stavo giusto andomi il rossetto quando sentii il citofono suonare, andai a rispondere e dissi a Kellan il piano e feci scattare il chiavistello della porta in modo che lui potesse entrare senza problemi. - Permesso – La voce calda e profonda di Kellan mi raggiunse fino al bagno dall’altra parte dell’appartamento e il mio cuore iniziò a battere agitato nel petto, gli andai incontro. - Sei splendida – disse guardandomi dalla testa ai piedi, indossavo un vestito nero stile impero e lo accompagnavo con dei sandaletti dello stesso colore tempestati di brillantini, anche lui non era da meno, indossava una camicia bianca lasciata fuori dai jeans neri sdruciti e ai piedi i soliti stivali da motociclista e i capelli erano stati acconciati volutamente come se si fosse appena alzato dal letto. - Te l’ha mai detto nessuno che sembri una rockstar? – Gli dissi ridendo, Kellan annuii e una fitta di gelosia si impossessò di me,

- perché lo sono – mi disse guardandomi negli occhi, - nel tempo libero suono in una band, anzi in realtà canto, mi piacerebbe se qualche volta ci venissi a sentire, se sei libera domenica suoniamo in un locale sui navigli. – - E io che pensavo che i professori di storia fossero tutti noiosi e senza il senso del divertimento e… - Ma non finii mai di prenderlo in giro perché le sue labbra si posarono avidamente sopra le mie; - a volte ho la sensazione di conoscerti da sempre, ho come la sensazione di averti conosciuta nei sogni, a volte è una sensazione dolorosa come se potessi vederti solo da lontano con la consapevolezza che tu non possa mai essere mia.Le sue parole fecero breccia nella mia mente e nel mio cuore cercai qualcosa da dire ma la mente non voleva collaborare e così fu lui a colmare il silenzio. - Frequenti qualcuno? – - No e tu? – domandai ricordandomi di cosa mi aveva detto Ella e della bionda vista al bar, ma la sua risposta mi spiazzò. - No, non ho più nessuno da quando Ella ci ha presentati. – Decisi di dargli il beneficio del dubbio. - Dobbiamo andare altrimenti daranno via il nostro tavolo. – A sentire la parola tavolo il mio stomaco emise un brontolio di protesta del resto ero a digiuno dal mezzogiorno precedente e ora avevo una gran fame.

Kellan mi precedette fino a fermarsi davanti a una vecchia macchina americana una Chevelle nera che mi fece subito venire in mente la Shelby guidata da Ella quando tutta questa storia era incominciata ed ebbi il sospetto che l’amico che le doveva un favore doveva fare parte del giro di Logan. La macchina partì rombando e si diresse verso la tangenziale, intuii che il ristorante non era a Milano dato che prese la direzione della Milano Laghi. - Dove stiamo andando? – domandai incuriosita - E’ una sorpresa, fidati di me. – Trascorsi il resto del viaggio assorbita dal paesaggio che mi ava davanti agli occhi, la macchina proseguiva velocemente e poco prima dell’aeroporto di Malpensa uscimmo e iniziammo a percorrere vari paesini fino a quando le case lasciarono lo spazio a campi e piccoli boschi che facevano da contorno alle colline tutte intorno. Kellan parcheggiò in una stradina dissestata sulle sponde di un fiumiciattolo poi fece il giro della macchina fino a trovarsi davanti alla mia portiera e mi aiutò a scendere dall’auto. - Spero che il posto sia di suo gradimento signora – mimando un inchino mi porse il braccio e mi condusse verso un viale alberato dove infondo si intravedeva una sontuosa villa, all’ingresso una cameriera ci venne incontro e ci accompagnò al nostro tavolo e ci consegnò i menù, iniziavo ad agitarmi e cercai di nascondere il mio rossore concentrandomi nella lettura delle pietanze da scegliere. - Chi della tua famiglia ha origini straniere? – Mi domandò riportandomi alla realtà.

- Mia mamma, anche se onestamente l’ho appena scoperto, in realtà pensavo che il mio nome così strano fosse solo una sua frivolezza dato che la mia bisnonna Elisabeth aveva italianizzato il suo in Elisabetta e aveva dato a sua figlia un nome italiano e mia nonna fece a sua volta lo stesso con mia madre, ma poi, grazie a te ho scoperto che in realtà le mie origini sono scozzesi. E tu invece da dove vieni? – Kellan fece una risata che ebbe il potere di farmi sentire sotto una cascata cristallina. - Io sono scozzese il mio è un cognome che si perde nell’antichità della sua storia, mi sono trasferito qui una volta laureato per diventare l’assistente del mio mentore il Dr. McDonald. Ma la mia terra mi manca il lavoro al museo mi assorbe completamente e forse a me va più che bene così dato che non ho niente per cui tornare a casa e un posto, a questo punto, vale un altro. – Continuammo a parlare così del più e del meno durante tutta la cena, come la volta precedente Kellan si era dimostrato un perfetto compagno ma ancora non mi aveva svelato niente sulle sue scoperte. Ordinammo i desserts e finalmente Kellan si decise a raccontarmi tutto ciò che aveva scoperto. - Per quanto riguarda la collana sapevamo già dall’inizio che era una lavorazione bizantina, ho portato il rubino da un amico che fa il gemmologo mi ha assicurato che è un rubino vero, la lavorazione della collana e il ciondolo sono certamente appartenuti a una nobildonna e lo stesso vale per il calice dove per altro ho trovato sul fondo inciso un po’ goffamente la stessa iniziale “E”.

Se prima avevo dei dubbi sulla collana, dopo aver visto il calice ti dico con certezza che sono appartenuti si a una nobildonna ma non a una nobile qualsiasi bensì una principessa e il periodo dovrebbe essere intorno al 1300 d.c..- Allora devo assolutamente mostrarti una cosa – lo interruppi pensando all’abito appeso nel mio armadio. Kellan sfoderò subito la sua migliore espressione da professore ma io dovetti subito, a malincuore, smorzare la sua curiosità confidandogli che era una cosa un po’ ingombrante da portare in giro e così mi sfoderò nuovamente quel suo sorriso malizioso che mi faceva sentire brividi in tutto il corpo. - Signorina mi sta forse suggerendo di are il resto della serata da lei? – Io mi misi a ridere e cercai di nascondere l’imbarazzo che quella domanda mi aveva provocato così cambiai prontamente discorso. - E del nome Duncan non mi dici niente? – - No purtroppo è un nome troppo comune sia nella scozia antica sia nella scozia moderna dato che è stato il nome di due re; il suo significato è oscuro guerriero. Mi sono permesso anche di fare delle ricerche, partendo dai tuoi lineamenti ho studiato tutte le immagini di nobildonne scozzesi di quel periodo, purtroppo non sapendo il cognome di tua madre ho dovuto procedere a grandi linee ma penso di avere trovato qualcosa di interessante… almeno spero, penso di poter dire non proprio con certezza che la “E” incisa dietro al medaglione e sotto il calice stia per Emerald il cui significato è smeraldo e che “D”, traendo una conclusione abbastanza superficiale potrebbe essere Duncan forse erano amanti. –

Kellan si sentiva mortificato per non aver scoperto molto di più, dicendomi che probabilmente in Scozia sarebbe riuscito a trovare qualcosa di molto più dettagliato che nei libri presenti nelle nostre biblioteche, aveva provato anche con internet ma le notizie non venivano approfondite; in realtà per me aveva scoperto tantissimo ora dovevo solo scoprire perché questi oggetti apparissero senza un motivo in casa mia così come il volto nello specchio. Decisi che se voleva vedere l’abito gli avrei raccontato la verità sul volto e gli avrei detto anche del mio sogno. La cameriera che ci aveva seguito per tutta la serata ci portò il conto e Kellan da vero gentiluomo fece scivolare la sua carta di credito nel porta conto di pelle, attese che la cameriera tornasse e mi fece strada per tornare verso la macchina. Tornati all’auto Kellan guardò l’ora e io pensai che non volevo che quella sera finisse mi sentivo troppo bene con lui anche se era la seconda volta che uscivamo e questa era la prima uscita ufficiale. - Pensi che è troppo tardi per farmi vedere quello che hai trovato? Altrimenti possiamo fare anche un’altra volta. – - No muoio dalla curiosità di mostrartelo. – Detto questo salimmo entrambi in macchina e tornammo verso Milano.

Aprimmo proprio la porta di casa sentendo il bip della segreteria telefonica chi poteva chiamarmi a mezzanotte di un venerdì di maggio? Ci scambiammo un occhiata curiosa, feci accomodare Kellan in sul divano e mi diressi verso la penisola della cucina dove c’era la segreteria. La voce di Ella si diffuse nell’ambiente mi piaceva sentirla nuovamente sorridente, si perse un po’ a raccontare di qualche buffo avvenimento che le era capitato e poi prima di concludere con i saluti mi chiese se potevo andare a prenderla la mattina successiva all’aeroporto, le rispose velocemente con un messaggio e le scrissi anche del concerto a cui Kellan mi aveva invitato. Cercai qualcosa da bere da offrire al mio ospite e riuscii a scovare qualche liquore superstite di qualche festa precedente. - Cosa volevi farmi vedere? – Domandò incuriosito, iniziavo ad amare quando come in una sorta di Dr. Jackil e mr. Hide, indossava la maschera del professorino integerrimo; gli porsi il bicchiere pieno di liquido ambrato mentre mi dirigevo verso la mia stanza da letto per recuperare il vestito quando lui bevendolo alla goccia si alzò in piedi sovrastandomi con tutta la sua altezza e prendendomi per mano si diresse, come se sapesse già dove doveva andare, verso la mia camera da letto. Il mio cuore come di consueto emise uno sfarfallio e lo stomaco iniziò ad attorcigliarsi, con mani tremanti aprii l’armadio per mostrargli il mio ultimo tesoro. - E’ bellissimo – disse portandosi alle mie spalle e cingendomi i la vita con le sue forti braccia muscolose, - l’hai trovato sempre in uno dei tuoi bauli magici? – Mi domandò sussurrandomi nell’orecchio e scatenandomi dolci brividi io annuii, non riuscivo ad emettere alcun suono e avevo paura che anche lui potesse sentire il mio cuore impazzito.

Mi liberai dal suo abbraccio prima che il mio respiro diventasse più accelerato di adesso, mi voltai verso di lui tenendo davanti a me l’abito un po’ come uno scudo per poter mettere una distanza fra di noi. - Sembra disegnato sulla tua figura – continuò con voce profonda appoggiando il vestito sul letto e baciandomi iniziò a far scendere la cerniera del mio vestito in un secondo le mie dita volarono sui bottoni della sua camicia e poi su quello dei jeans, mi fece sdraiare sul letto e tenendomi sempre per mano iniziò a baciarmi dolcemente e ad accarezzarmi il corpo con la mano libera e io feci lo stesso con la mia, ci stavamo esplorando e poi con facilità fu dentro di me unendo i nostri corpi e le nostre anime come due tessere di puzzle, come se ci conoscessimo da sempre fu il momento più dolce di tutta la mia vita. Restammo abbracciati per quella che mi sembrò un’eternità poi Kellan mi fece girare su un fianco in modo che potessimo guardarci negli occhi. - Scarlett… non ho mai provato niente di simile con nessuna – la sua voce vacillò per l’emozione – credo di essermi innamorato. – Io gli sorrisi – ma non mi conosci – - Invece mi sembra di conoscerti da sempre ed è una cosa che mi fa sentire bene, - poi cercò una posizione più comoda in modo che potesse intrecciare le sue gambe con le mie e cingermi la schiena con un braccio, - volevi parlarmi di qualcosa vero? – Così, ancora abbracciati come se ci stessimo proteggendo dal mondo gli racconti del mio sogno e di come quel Duncan fosse uguale a lui, del corridoio sotterraneo che mi era sembrato di vedere la prima volta che ci eravamo incontrati, dell’aver immaginato il fuoco nel mio appartamento,

ma soprattutto del volto che mi era apparso più volte allo specchio e di come ormai ero quasi certa che si trattasse di Emerald, Kellan non diede segno di pensare che io fossi pazza e prima di sprofondare entrambi nel sonno mi disse che avrebbe approfondito la questione con ulteriori ricerche e gli chiesi di non dire niente in presenza di Ella. La mia amica che era ancora all’oscuro di tutto ma avevo paura che questa volta lei non mi avrebbe capito. Ci svegliammo di buon’ora e decidemmo di fare colazione nella caffetteria del

nostro primo incontro eggiammo insieme fino al negozio e ci sedemmo esattamente nello stesso posto appartato dell’altra volta e consumammo la nostra colazione scambiandoci sempre degli sguardi che tagliavano fuori il resto del mondo. Lo riaccompagnai alla macchina ci salutammo con un lungo bacio con la promessa di vederci la sera successiva al concerto e poi a mia volta mi diressi all’aeroporto a prendere quella pazza della mia amica.

Ella parlò per tutto il tragitto sino a casa sua mi raccontò di tutto quello che aveva fatto anche nei minimi dettagli con il professore McDonald riuscendo a farmi diventare rossa per l’imbarazzo grata per aver pensato che la mia di vita invece fosse davvero noiosa per soffermarsi a pensare di farmi qualsiasi domanda su come avevo ato quelle tre settimane mentre lei era in giro con il suo nuovo amante. L’aiutai a scaricare i bagagli e le feci promettere che il giorno dopo saremmo state in giro tutto il giorno per poi andare insieme al concerto di Kellan, Ella sembrò entusiasta del programma che avevo organizzata. - Sembri diversa darling, ma non riesco a capire bene in cosa, però sono davvero felice che hai stretto amicizia con Logan nonostante il suo carattere è un ragazzo meraviglioso. – Soddisfatta che la sua protetta fosse riuscita ad integrarsi con la società mi salutò abbracciandomi e ricordandomi di incontrarci da California Bakery per il brunch in programma per il giorno dopo.

Il tram, che come al solito ci aveva impiegato più di trenta minuti, mi scaricò davanti ad un negozio affollatissimo ma io sapevo che la mia amica era già arrivata e che era riuscita a occupare quel tavolino di legno nell'angolo al piano di sopra incastrato tra la vetrata con vista su Via Larga e il bagno. Il nostro posto preferito e intimo, il posto giusto per poter parlare indisturbate, nonostante la folla abitudinaria del California Bakery. - Scarlett, pensavo che ti fossi dimenticata. - Mi disse alzandosi e cercando di non litigare con tutti i sacchetti del suo shopping compulsivo, era l'unica persona che già alle dieci della domenica mattina era sommersa di pacchi e pacchetti. - Stai scherzando vero? Mi hai tempestato di messaggi per tutta la serata, anche se ti sarebbe stato bene se non mi fossi presentata a volte penso che riponi davvero poca fiducia in me.- Dissi ridendo e andando ad abbracciare la mia amica. Ordinammo subito i nostri soliti piatti preferiti gli Uptown Plate: pancakes inondati di sciroppo d'acero, uova, salmone, salsa olandese e in aggiunta un po' di frutta. - Allora come hai ato queste settimane? Non dirmi che te ne sei stata in casa a poltrire e vedere vecchi film. – Mi domandò. - In realtà ti potrei stupire ma siccome mi hai mandato troppi messaggi non ti dirò niente, lasciando crogiolare nella curiosità.- Sei davvero un’amica perfida! –

Annuendo mi infilai in bocca un’enorme porzione di pancake, sapevo che la curiosità di Ella sarebbe aumentata a perdita d’occhio stile onda anomala ma forse io non mi sentivo ancora pronta a raccontarle cosa mi era capitato in quell’ultimo mese e neanche di quello che era successo tra me e Kellan, non sapevo come si erano conosciuti né volevo sapere quanto a fondo andasse la loro conoscenza soprattutto perché nemmeno io sapevo cosa sarebbe successo tra me e Kellan dopo venerdì notte. Ella tenne al guinzaglio la sua curiosità e senza che io, come immaginavo, le chiedessi nulla si mise a fantasticare sulla sua relazione con il proffesor McDonald. - Ella vorrei ricordarti che il professore è sposato e poi rimango della mia idea che è troppo vecchio. – - Tu non lo conosci bene, darling, ho ato tre settimane fantastiche te l’ho già raccontato ieri e poi forse perché un uomo già sposato non può pretendere niente… - La interruppi con un gesto brusco della mano, - si ma tu? Non vorrai mica fare l’amante con tutto ciò che ne consegue. – - E’ proprio per questo che mi piace, io non voglio sposare lui, ma, finché non trovo il mio principe azzurro lui è un perfetto sostituto. – Conoscevo la filosofia di vita di Ella e la sua risposta non mi stupiva per niente, speravo solo che la mia amica non andasse troppo oltre da rimanere bloccata nel ruolo di amante, avevo già vissuto la stessa cosa con un’amica dell’università tanto sicura di sé da essersi convinta che fare l’amante era solo un ripiego per poi vederla ridursi a elemosinare le briciole che ogni tanto l’uomo che diceva di amarla le allungava.

Pensandoci bene però probabilmente a Ella non sarebbe accaduto. - Visto che non vuoi dirmi cosa hai combinato, puoi almeno raccontarmi dei tesori che hai trovato nel baule? – Forse continuando con la bugia della bisnonna avrei potuto almeno saziare parte della sua curiosità, così le dissi che i miei ritrovamenti non si erano fermati alla collana, le raccontai del calice e del vestito; le dissi anche di ciò che aveva scoperto Kellan e delle sue sopposizioni. - Oddio! La mia migliore amica è una principessa scozzese – Esclamò regalandomi un enorme sorriso. - Beh, non direi – dissi guardandomi in giro sperando che gli urletti di Ella non avessero attirato l’attenzione di nessuno – magari la mia antenata li ha acquistati all’asta e Kellan deve ancora fare una marea di ricerche e… - Allora lo rivedrai? – - Si, stasera con te – - Tu non me la racconti giusta… - Ella perché mi hai detto quelle cose su Kellan? – Domandai con un po’ di paura nella voce - Quali cose? – - Beh, quello che ogni sera ha una ragazza diversa e così via – - perché lui è così. Non so se hai capito che sia il lavoro di storico che il cantante per lui sono solo degli hobby, Logan è talmente ricco da fare schifo, lui discende davvero da uno dei clan più potenti della Scozia, potrebbe tranquillamente vivere senza fare niente nella sua vita e così usa anche le ragazze come hobby, non si lega mai a nessuna e una volta che se le è portate a letto il giorno dopo si dimentica anche del nome;

ho visto ragazzine ai suoi concerti andargli incontro speranzose dopo essere uscite con lui ed essere state scacciate in malo modo… Il discorso di Ella mi colpì, anche io ora facevo parte delle sue fans sedotte e abbandonate? Allora perché invitarmi al concerto? Forse perché aveva ancora la mia collana? Lo stomaco prese a ricontorcersi mi fidavo sempre delle persone sbagliate. - Anche tu? – Domandai improvvisamente, Ella si mise a ridere, - no io no, ho conosciuto Kellan tramite il suo batterista, prima di conoscere tu sai chi – tra noi c’era un tacito accordo non avremmo nominato mai più Thomas – uscivo con il suo batterista e Kellan è molto rigido su questo non si rubano le ragazze degli amici. – - Non dirmelo il batterista è l’amico che ti ha prestato la Shelby?- Domanda stupida dato che sapevo già la risposta e infatti come previsto Ella annui mentre sorseggiava il suo caffè. - Ti va un po’ di shopping prima del concerto? Magari troviamo qualcosa da indossare? – Lo shopping terapeutico mi andava più che bene dopo quello che mi aveva detto la mia amica sul ragazzo di cui pensavo di essermi invaghita solo dopo due giorni.

- Ho un’idea – Esclamò Ella mentre stavamo correndo per prendere il tram lei con il doppio dei pacchetti con cui era arrivata la mattina e io con qualche sacchetto in meno. - Possiamo andare a casa cambiarci e poi dato che il concerto è in un locale sui navigli potremmo partire un po’ prima e farci un giro tra le bancarelle che ne dici? – - Si magari trovo qualcosa da abbinare al vestito. – Ero riuscita a trascinare la mia amica in uno dei miei negozietti preferiti, vendeva vestiti e oggettistica gotici, adoravo quello stile e magari tra le bancarelle avrei scovato qualcosa di originale e abbastanza antico da abbinare insieme a tutti i pezzi e i merletti che tanto adoravo. Una volta raggiunta casa mia Ella si infilò subito nella stanza con tutti i suoi pacchetti pronta a provare tutti i vestiti che si era comprata e trovare quello che si adattava alla nostra serata; mentre facevo scendere l’acqua per un bel bagno caldo sentii dei rumori dalla mia stanza e la mia amica che mi chiamava a gran voce, mi infilai subito l’accappatoio delusa di non potermi infilare subito nell’acqua tiepida e raggiunsi Ella in camera. - Perché strilli così sembri un’aquila – dissi sperando di non essermi dimentica in giro qualche traccia del aggio di Kellan, al solo pensare il suo nome il mio cuore decise di farsi sentire con battiti imbizzarriti. Trovai Ella accovacciata dietro la porta che cercava di alzare qualcosa di pesante e finalmente vidi cosa aveva in mano. Ella reggeva una spada, l'elsa formava un drago e lungo tutta la lama vi erano incise delle rune oddio perché doveva comparire proprio quando la donna più curiosa al mondo era in casa mia?

- E questa Scalett? – Mi domandò incuriosita guardando prima la spada che aveva in mano e poi me come se non mi avesse mai visto prima? Certo avvolta nel mio accappatoio il cui cappuccio aveva le orecchie da topo non dovevo certo sembrare tanto registrata. - Ummm fa sempre parte dei tesori che ho trovato in soffitta… come ho fatto a dimenticarla, non l’ho nemmeno detto a Kellan anche perché non avrei proprio idea di come portarla fino alla facoltà di storia – Dissi con l’aria da santarellina che ultimamente mi riusciva così bene insieme alle bugie. - Strano che tu non gliel’abbia mostrata – seguii il suo sguardo e trovai il bracciale che avevo visto indosso a Kellan la prima volta che gli avevo stretto la mano, un bracciale con dei simboli celtici un lupo e un toro. - Ella non ho tempo di spiegarti ora, ho voglia di farmi un bagno caldo, mi devo ancora preparare altrimenti non riusciremo a curiosare tra le bancarelle. Distesa nella vasca ripensai ai viaggi che aveva ultimamente la mia amica e una nota di nostalgia e invidia mi pervase, sapevo che non era giusto, rintanarmi lontana dalla società era stata una mia scelta ma sentivo nostalgia di quei luoghi a me tanto cari che non avevo ancora visitato, così ripensai all’esclamazione scherzosa che Ella aveva fatto a pranzo forse davvero ero una principessa celtica altrimenti non sapevo spiegarmi quel male al cuore e quella nostalgia che provavo verso quelle terre magiche.

Quando rientrai in stanza Ella aveva già ultimato la sua preparazione e mi disse che mi avrebbe aspettato in sala, rimasi ad osservare la spada appoggiata sul letto e un impulso estraneo alla mia volontà me la fece impugnare, era come se fosse stata forgiata apposta per la mia mano, ebbi come la sensazione che intorno a me ci fossero tutti i tipici rumori della battaglia... Il clangore delle spade che si incrociano in combattimento, le urla e il sibilo delle frecce scagliate nel cielo; fu come se fossi stata trasportata nel bel mezzo della battaglia, poi i miei occhi si posarono su un corpo steso a terra, quegli occhi blu come l’oceano mi stavano fissando e io mi ritrovai a carponi per terra mentre la mia bocca urlava il suo nome Duncan. - Scarlett cosa succede? – Ella irruppe come un tornato nella stanza – stai bene? Stavi urlando in una lingua strana … - Mi aggrappai con tutta la forza alle mani che mi stava tendendo e io allora non ce la feci più le dissi anche dei sogni, del volto nello specchio che chiedeva aiuto e di come a volte mi sentissi trasportata indietro nel tempo. Ella mi stava guardando con gli occhi sgranati – Scarlett sei sicura che vuoi uscire? Da quando soffri di questi attacchi? – Iniziai a piangere e nemmeno io sapevo il motivo ma iniziavo ad avere paura, quello che mi stava accadendo non era normale. - Lo hai detto a Kellan? – - Ci siamo baciati – senza sapere nemmeno io perché le avessi dato quella risposta, - cosa centra adesso il fatto che vi siete baciati? – - Lo volevi sapere no? E poi posso dirgli che soffro di allucinazioni? Non mi sembra un bel biglietto da visita. – Le ringhiai contro.

Ella mi tolse la spada che ancora stringevo in mano, - vestiti forse gironzolare ancora un po’ ti farà bene. Te l’ho sempre detto che non approvavo la tua idea di buttarti nello studio senza avere più una vita sociale, soprattutto perché nel tuo tempo libero rimani a fissare quelle stupide fotografie appese alla tua stanza… non è sano consumare il dvd di Braveheart. – Poi il suo sguardo si addolcì - lo sai che se posso farò tutto il possibile per aiutarti, ma dobbiamo sicuramente dare un senso a tutto ciò, ma non ora, ora devi vestirti devi fare ingelosire le schiere di fans assatanate di Kellan. -

Ci avviammo verso la fermata del tram n. 3 e continuammo a parlare di ciò che mi stava capitando, arrivammo alla Darsena e subito ci perdemmo nel dedalo di vie che costeggiavano i navigli, le bancarelle ci colpivano con i loro colori e con il pungente odore dell'incenso. C'era di tutto dalle bancarelle coi cappelli buffi, ponci fatti a mano, nonostante stesse arrivando l’estate e quelle piene di cianfrusaglie ma, poco più avanti, un po' fuori dalla calca delle persone c'erano le bancarelle dell'antiquariato, Ella ed io ci scambiammo un'occhiata veloce del tipo ormai siamo qui e curiosiamo. Stavamo ridendo e scherzando quando quel senso di non appartenenza si impossessò nuovamente di me, iniziai a camminare come se dovessi raggiungere qualcuno, i miei piedi si fermarono davanti ad una bancarella. - Questi orecchini sono bellissimi, - la voce della mia amica sembrava arrivarmi ovattata come se io portassi delle cuffie che attutivano i suoni, ma io non ero interessata agli orecchini tra le mie mani stringevo qualcosa che non mi ero accorta di aver preso. - Quella è la spilla di Tara. - Al contrario di Ella la voce del venditore mi arrivava forte e chiara. - È molto bella, - dissi rigirandola fra le mani ammirando la sua bellezza, quanto costa? - Chiesi incuriosita. - Conosce il suo significato? - Continuò imperterrito il venditore come se la mia domanda fosse una perdita di tempo, scossi la testa in segno di diniego, la mia attenzione era rivolta solo a lui, come se in mezzo alla strada ci fossimo solo noi.

- Rappresenta la Regalità e la Nobiltà dell'individuo. Tara è il luogo in Irlanda dove avevano preso dimora gli dèi luminosi, i Tùatha De Danann, sede dell'Ard R’, il Re Supremo. Indica la provincia del Mìde, la Quinta, corrispondente all'Energia Spirituale e all'Anima di chi indossa la Spilla di Tara. Fu indossata dai principi di Irlanda e Scozia - Il discorso e la voce dell'uomo mi avevano completamente ammaliato. - La vostra anima è regale signorina? Sareste degna di indossarla? - continuò il venditore mentre io ero sempre più rapita dalle parole. - Oh ma è bellissima! - Esclamò Ella, mi ero quasi dimenticata della sua presenza; l'uomo sembrava in attesa di una risposta e così con un filo di voce gli diedi la mia risposta. - Non lo so com'è la mia anima. - Le mie parole, uscite involontariamente dalla mia bocca, si erano perse nel vento, il venditore ora stava dedicando la sua attenzione alla mia amica che gli porgeva gli orecchini d'argento chiedendogli quanto costavano. Il venditore fece lo scontrino a Ella e poi riportò la sua attenzione su di me e con un sorriso che voleva sottintendere molte cose mi disse che la spilla poteva avere solo un prezzo simbolico, non avevo idea di cosa potesse valere così tirai fuori 20,00 Euro dal portafoglio e chiesi se potessero andare bene. Il venditore prese i soldi dalla mia mano e mi disse che erano anche troppi, pulì la spilla con un panno e con gesti lenti ed amorevoli l'avvolse in un panno riponendola poi in un sacchettino e congedandomi con queste parole “Go n-éirí do thuras leat” ¹

Non feci in tempo a chiedergli cosa mi aveva detto che fui risucchiata all'interno di un negozio di gadegts da Ella che aveva visto un pouf che non poteva proprio mancare davanti al suo divano. Concluso il nostro giro di shopping ci avviammo in un ristorantino per cenare prima di buttarci nel pub dove avrebbero suonato gli “Avalon” il gruppo di Kellan. - Hai per caso sentito cosa diceva l'uomo della bancarella dove abbiamo preso la spilla e gli orecchini? - Domandai mentre versavo la birra per entrambe, - beh credo che abbia detto quello che dicono tutti i venditori, grazie e arrivederci. Certo che sei proprio strana oggi. - Mi rispose mentre aspettava che la schiuma della birra che avevo deliberatamente creato sapendo quanto la odiasse ma io ero ancora arrabbiata per essere stata sorpresa ad aver invitato Logan a casa, Ella mi aveva fatto sentire come una bambina che aveva combinato una marachella; - stavo pensando – riprese – potresti essere posseduta ci hai mai pensato? - Oh non dire sciocchezze, posso aspettarmi di tutto da te ma sicuramente non questo, forse sono solo un po' stanca magari mi potrebbe far bene una vacanza che ne dici? Non sarebbe una brutta idea si potrebbe organizzare per il prossimo fine settimana che ne dici? Abbracciai la mia amica ridendo, forse era vero avevo proprio bisogno di una vacanza rigeneratrice e ci avviammo verso il locale dove Kellan avrebbe tenuto il concerto; il locale era già affollatissimo e una schiera di ragazze di ogni genere ed età era accalcata sotto il palco e inneggiava a gran voce gli Avalon.

Ella e io ci stavamo facendo largo tra la folla quando fummo raggiunte da un uomo che mi sembrava ci stesse tenendo d’occhio dal momento in cui avevamo varcato la soglia del locale, ci accompagnò ad un tavolo laterale al palco ma dalla vista perfetta, ci disse che era stato prenotato per noi; Ella mi scoccò uno sguardo malizioso e ringraziando l’uomo si accomodò tenendo le spalle al bancone e lasciandomi la vista sul palco. Gli Avalon entrarono poco dopo il primo fu il batterista che non mancò di notare la mia amica e alzò una delle bacchette a mò di saluto poi fu la volta del tastierista un ragazzo alto e allampanato dai lunghi capelli corvini seguito subito dal chitarrista e dal bassista entrambi con un’enorme cresta bionda e ingellata e poi finalmente fece la sua comparsa il frontman del gruppo i capelli erano stati stirati alla perfezione e lui indossava una maglietta nera aderente che gli faceva risaltare i muscoli dei pettorali e lasciava scoperto il suo braccio tatuato e dei jeans sdruciti e tagliati su un ginocchio. Era meraviglioso tanto da sembrare stesse rispendendo di luce propria, al suo ingresso il boato che era stato riservato agli altri componenti non reggeva il confronto ma lui fece scorrere gli occhi sulla folla fino ad arrivare al nostro tavolo e una volta inchiodati i suoi occhi ai miei li mantenne sulla mia figura come se stesse cantando solo per me. Il concerto fu davvero bello e divertente e devo ammetterlo gli Avalon erano davvero bravi, suonarono l’ultima canzone e poi salutando il loro pubblico sparirono dietro le quinte del piccolo palco. - Sei agitata darling? – Mi domandò Ella riportandomi alla realtà, - Logan sembra abbia voluto cantare solo per te, non ti ha mai tolto gli occhi da dosso.

Le parole della mia amica ebbero il potere di farmi variare tutte le tonalità del rosso e una moltitudine di emozioni si stavano dando battaglia nel mio stomaco, nonostante Kellan avesse cantato tutta la sera guardando solo me, ora avevo paura, paura di ciò che poteva succedere da adesso in poi. - Buonasera ragazze! – Riconobbi subito quella voce roca e profonda proveniente dalla mie spalle e non appena lui appoggiò una mano sulla mia spalla il calore di quel gesto di propagò lungo tutto il mio corpo, Kellan si chinò a baciarmi su una guancia e poi raggiunse Ella per salutarla nella stessa maniera, non appena fu di fronte a me il mio cuore iniziò a battere all’impazzata, si era

cambiato infilandosi al posto della maglietta una camicia nera e aveva ancora i capelli umidi a causa della veloce doccia che doveva aver fatto prima di risalire dai camerini era decisamente troppo per il mio povero cuore, prese una sedia e si sedette fra me ed Ella e iniziarono ad intavolare discorso come se io non fossi presente. La cosa mi diede abbastanza fastidio e per un secondo pensai davvero di essere finita insieme a tutto il gruppo di donne che Kellan aveva sedotto e abbandonato quando anche il resto del gruppo si unì a noi e Logan fece le dovute presentazioni, sembravano tutti simpatici ma l’occhiata che mi lanciò Nick, quello era il nome del batterista, mi fece rabbrividire durò un secondo perché poi la sua attenzione fu tutta per la mia amica.

- Scarlett ti spiace – e con un cenno del capo Ella mi fece intendere che si sarebbe allontanata con Nick, non si smentiva mai. - Ragazzi perché non andate a prendere qualcosa da bere? Al bancone ci sono due bionde che non vi hanno mai tolto gli occhi di dosso, non vorrete mica far aspettare le fans – Gli ultimi tre componenti non se lo rifecero ripetere due volte, dovevano essere degli amici davvero affiatati e lo si poteva notare dai piccoli gesti e dalle parole che si scambiavano fra di loro. - E’ stato un piacere conoscerti Scarlett – Mi salutò Colin il chitarrista. - Non ce lo sciupare domani sera abbiamo le prove. – Fu invece il saluto di tony che dalla cresta riconobbi come il bassista gemello di Colin mentre la mia faccia arrossiva per l’ennesima volta. Rimanemmo al tavolo soli io e Kellan e lui dopo aver fatto un cenno alla cameriera di portarci da bere appoggiò la sua mano alla mia. - Ti è piaciuto il concerto? – - Siete davvero bravi e tu sei un frontman perfetto! – Esclamai – stasera popolerai i sogni di tante ragazze. – - Si ma a me interessa che a sognarmi sia solo una principessa. La mia. – A quelle parole ringraziai il cielo di essere seduta e per giunta su di una scomodissima sedia altrimenti le mie gambe non avrebbero retto e sarei finita a terra dall’emozione. Forse Ella si sbagliava, forse Kellan non era quello sciupafemmine che si diceva in giro.

- Mi spiace non averti dedicato la mia attenzione prima, ma con Ella in giro sono sempre un po’ teso, non oso pensare quello che ti ha raccontato di me… - Diciamo che mi ha detto che non sei proprio un santarellino – lo interruppi; Kellan tornò a fissarmi negli occhi proprio come aveva fatto durante il concerto, - ha ragione, ma quando ho posato per la prima volta gli occhi su di te… non lo Scarlett qualcosa mi è scattato dentro… l’unico con cui ne ho parlato è stato Nick il ragazzo che gentilmente ce l’ha portata via. – Ora capivo il perché di quel suo sguardo inquisitore forse era solo curioso di vedere chi fossi e com’ero fatta, sicuramente ebbi la certezza di non rientrare nei soliti canoni di bellezza di Kellan. - Andiamocene di qua, voglio stare da solo con te e poi… ho qualche novità da raccontarti. – Ci avviammo alla porta e mentre Kellan diceva agli altri di avvisare Ella che noi stavamo andando a casa sentii più di uno sguardo ostile oltrearmi, un sacco di ragazze si stavano domandando chi fossi.

Kellan abitava nella zona della stazione centrale e il suo appartamento era un attico all’ultimo piano di un palazzo signorile, la porta esterna dell’ascensore altro non era che la sua porta d’ingresso l’aprì e con un grande inchino mi fece entrare nel suo regno. Un enorme salone si apriva davanti ai miei occhi, era arredato davvero con buon gusto per essere l’appartamento di uomo solo, alle pareti erano appese foto che ritraevano il proprietario con la sua famiglia e con gli amici, tra loro c’era pure la mia amica Ella più giovane e più sorridente abbracciata ad un giovane Nick ma una seria di fotografie incolonnate una sotto l’altra colpì maggiormente la mia attenzione. Erano paesaggi scozzesi e ritraevano tanti Kellan, un Kellan piccolino intento a correre in mezzo alle mucche, un Kellan adolescente che correva giù dalle Highlands e un Kellan già quasi adulto che suonava la chitarra seduto sul ciglio di una scogliera a strapiombo sul mare. Ero ancora incantata ad osservarle che non mi accorsi del suo ritorno, in mano reggeva due piccoli bicchieri da liquore. - Ella mi ha detto che la tequila è il tuo liquore preferito. – Io sorrisi per quel segreto svelato e accettai di buon grado il liquido trasparente e ne bevvi un lungo sorso; Kellan mi tolse il bicchiere appoggiandolo su una delle mensole della libreria e mentre con le mani faceva scivolare la mia giacca giù per le spalle la sua bocca si unì alla mia, fu un bacio lieve una carezza dal secco sapore di liquore, poi improvvisamente si staccò e mi fece accomodare sul divano mentre appoggiava la mia giacca; qualcosa scivolò dalla tasca, un sacchettino di tulle rosse che mi ero quasi scordata di avere. - Cos’è? – Mi domandò mentre mi porgeva l’oggetto. - Che stupida me ne ero completamente scordata – e così dicendo slegai i cordoncini che lo tenevano uniti e feci scivolare sul palmo della mia mano il piccolo gioiello, - l’ho comprato a una bancarella di antiquariato, prima di venire al concerto, è davvero bellissima non trovi? – - Sai cos’è? – Io annuii – l’uomo della bancarella mi ha raccontato la sua storia e poi sono

sicura che mi abbia parlato in una lingua che non conosco – abbassai lo sguardo indecisa se raccontargli altro, conoscevo da quasi un mese quel ragazzo e tutto era successo così in fretta fra noi che mi sembrava di vivere una fiaba e ora avevo paura che raccontandogli tutto potessi rovinare quello che avevamo creato, ma, prima c’era un’altra domanda che volevo fargli, la reazione che Ella aveva avuto qualche ora prima in camera mia quando ha trovato il suo braccialetto abbandonato sul mio comodino non mi aveva lasciato indifferente. - Fra te e Ella c’è mai stato qualcosa più dell’amicizia? – - Forse, una volta, sembravamo fatti l’uno per l’altra due che non si fermavano mai due che ogni giorno avevano accanto una persona diversa, ma non andammo più in là di un casto bacio, forse perché in cuor mio aspettavo qualcuno che prima o poi mi fe sentire amato, vivo, una persona per cui il mio cuore avrebbe battuto al ritmo del suo per sempre. Non appena le dissi come mi sentivo si buttò tra le braccia di Nick e per un po’ fra di loro sembrò funzionare, ma quando gli spezzò il cuore non la vidi più per parecchio tempo. Perché me lo chiedi? – - Perché hai lasciato questo in camera mia e lei non l’ha presa molto bene, forse perché io non ho voluto sbilanciarmi a raccontarle niente e forse anche perché ha trovato in camera mia un’antica spada. –

Dicendo questo gli riconsegnai il suo bracciale e gli mostrai la foto della spada che avevo scattato con il mio cellulare ultimo modello. - Grazie, appartiene alla mia famiglia da secoli e speravo non fossi stato proprio io a perderlo, è l’ultima cosa che mi lega a loro io non ho più nessuno. – Mi sentii stringere il cuore a quell’affermazione ecco perché casa sua era ricolma di fotografie di famiglia e forse iniziavo a capire anche quella continua ricerca di affetto che portava Kellan ad essere disponibile con metà della parte femminile che abitava la terra. - Questa spada è molto interessante, aspetta qua. – Mi ritrovai da sola in quell’enorme salotto pieno di foto, libri e tutto ciò che di tecnologico esisteva quando lo vidi tornare con le braccia stracolme di libri polverosi. - Ho un amico, in Scozia, che è proprietario di una delle più vecchie librerie di Edimburgo, mi aveva avvisato del suo imminente arrivo per una breve vacanza in giro per l’Italia e gli ho chiesto di portarmi tutti i libri che parlavano della nostra storia. – Iniziò a sfogliare il libro fino a fermarsi su una pagina in particolare e me lo ò indicandomi un’immagine in particolare non appena vi posai gli occhi le mie mani fecero quasi cadere il libro per terra e io dovetti bermi d’un fiato l’ultimo sorso di liquore ancora nel bicchiere. La donna ritratta in abiti medioevali era identica a me. - Ti presento Emerald di Argyll, per la precisione la principessa Emerald figlia di uno dei più potenti capiclan dell’epoca,

visse più o meno intorno al 1300 e morì per mano del fratellastro che unendosi agli invasori venuti dal nord mise a ferro fuoco la sua terra solo per poterne diventare l’unico regnante ma non aveva fatto i conti con gli inglesi. – La testa prese a girarmi e tutto intorno a me sembrava girare vorticosamente come se i mobili e le pareti si stessero piegando su di me; non solo la principessa era identica a me ad eccezione dei capelli rossi, era la stessa donna che mi era apparsa allo specchio e indossava sia la collana con il rubino che il vestito rosso che avevo rinvenuto a casa mia. - Stai bene Scarlett? – Mi domandò Kellan avvicinando pericolosamente il suo viso al mio, mi mancò il respiro e per paura di non riuscire a controllare la voce feci un cenno con la testa. - Cosa vuol dire questa cosa? – domandai appena fui sicura che la mia voce non sarebbe stata solo un suono sottile e inudibile; - ancora non lo so, sempre al mio amico ho chiesto di tracciarmi una sorta di albero genealogico partendo da te e andando indietro fino al medioevo e purtroppo non c’è alcun nesso tra la tua famiglia e quella di Emerald, salvo che è vero che hai discendenze scozzesi. La cosa mi faceva davvero impazzire e così ho deciso di fare delle ricerche incrociate e ho scoperto che la giovane balia di Emerald aveva da poco dato alla luce una bimba, Emerald non aveva solo un fratellastro ma anche una sorellastra, tu discendi da quella linea. Probabilmente la balia riuscì a salvarsi insieme alla figlia e a sottrarre qualcosa prima che tutto andasse distrutto e forse è proprio per quello che quei tesori sono giunti fino a te. –

Kellan riprese il libro dalle mie mani e iniziò a sfogliare il libro in cerca di qualcosa, non trovando quello che cercava abbandonò sul divano il libro e ne prese un altro e ricominciò a ricercare tra le pagine come se stesse cercando la formula per salvare il mondo. - Sean sei un grande! – - Sean? – - Sean è il mio amico della libreria e lo sapevo che dandogli dei piccoli indizi avrei scatenato la sua curiosità, tanto da indurlo a portarmi tutte le pubblicazioni contenute nel suo magazzino. Guarda qua! – Così dicendo mi ò il libro che aveva appena finito di sfogliare, mi indicò la figura di un uomo che reggeva una spada identica a quella che Ella aveva trovato dietro la porta della mia stanza, il cavaliere era identico all’uomo del mio sogno, una didascalia lo indicava come Duncan di Lismore, cavaliere al servizio del re di Argyll. - Kellan, ho bisogno di parlarti. – Le tessere del puzzle si stavano completando ora dovevamo solo trovare quelle mancanti e forse molto presto saremmo venuti a capo di tutta la storia, Kellan mi guardò preoccupato. - Non ho trovato quegli oggetti nel baule della mia bisnonna, ma, hanno iniziato a comparire dal nulla nel mio appartamento, all’inizio quando trovai la collana, avevo appena traslocato e pensavo che fosse scivolata fuori da qualche scatolone dimenticato anche se avevo già capito da sola che era un oggetto estremamente antico poi Ella mi disse che conosceva una persona che sarebbe stata in grado di darmi una datazione certa e così dal nulla, come se qualcuno me le avesse suggerite, mi ritrovai a dirti quella innocente bugia e…

No aspetta non ho finito, - gli feci segno di tacere appoggiando le mie dita sulla sua bocca. - Quella mattina, quando ti ho conosciuto, prima di arrivare nella tua stanza ho avuto una visione, - lo sguardo di Kellan si fece sempre più preoccupato ma io, decisi di continuare, non mi importava se avesse pensato che fossi pazza, probabilmente se non raccontavo la verità a qualcuno sarei impazzita davvero; mi sono ritrovata nei corridoi sotterranei di un castello, poi iniziai a vedere il volto nello specchio, lo stesso volto che ora mi hai mostrato tu, una volta con gli occhi pieni di tristezza mi chiese aiuto, una mattina ho avuto paura che il mio appartamento stesse prendendo fuoco per poi scoprire che era un’altra visione e poi proprio stasera, dopo aver ritrovato la spada, mi sono trovata per terra, ero in un campo, alle mie spalle incombeva una battaglia furente e davanti a me vedevo solo fiamme, un enorme incendio a tra le mie braccia stringevo un uomo Duncan. Ella irruppe nella stanza proprio mentre io gridavo il nome di quel cavaliere e stavo parlando una lingua antica. Ho paura Kellan, cosa sta succedendo? – Kellan mi prese le mani fra le sue, - non sei pazza, se è quello che stai pensando, e, prima che tu me lo chieda, no, non penso che tu sia pazza, penso solo che per uno strano motivo le vostre anime siano entrate in contatto ora dobbiamo solo scoprire il perché. – Il fatto che lui non pensava che io fossi una pazza scappata da un manicomio mi dava qualche speranza, ma, una piccola parte di me sapeva che le cose si stavano complicando. - Cosa facciamo ora? – Domandai

- Fino a domani mattina non possiamo fare niente, anzi, fino a qualche ora non possiamo fare niente. – Disse guardando l’orologio e indicandomi che erano le tre ate. - Oddio si è fatto tardissimo, devo andare, io… tu… - Feci per rimettermi la giacca ma Kellan me lo impedì abbraciandomi. - Resta con me stanotte. – - Ma il museo e il resto? – - Da oggi sono in vacanza, il Dr. Mc, ora che è tornato seguirà gli ultimi giorni della mostra al museo e poi come al solito troverà qualche matricola che vorrà smontare il tutto pur di entrare nelle grazie del professore e in cambio di un compenso. Ti prego resta principessa. – Appoggiai la mia testa sul suo possente petto e facendomi cullare dalle sue forti braccia mi feci portare verso la camera da letto. Kellan chiuse la porta della camera alle sue spalle e poi prendendomi il viso tra le sue mani mi guardò negli occhi e io non potei che perdermi come al solito in quelle pozze blu profonde che erano i suoi. Con la bocca iniziò ad esplorare i contorni del mio volto scendendo lentamente verso il collo e con la stessa lentezza le sue mani scesero ai bottoncini del mio corpetto che vennero sconfitti molto presto, io inizia a fare altrettanto con la sua maglietta e con i suoi jeans; in un attimo ci ritrovammo a ridere sul suo letto sempre tenendoci abbracciati, Kellan riprese da dove si era interrotto e io seguii, con le mie dita i contorni del tatuaggio che gli ricopriva parte del braccio e del petto,

il suo respiro mi solleticava il viso e poi mentre si faceva più rapido proprio come la prima volta, scivolò delicatamente dentro me e mi amò per molte volte, come se fosse l’ultima o come se non avesse potuto amarmi per secoli. Ci svegliammo abbracciati, era ormai pomeriggio inoltrato. - Buon giorno principessa – sussurrò al mio orecchio e io non potei fare a meno che sorridere. - Buon giorno – mi voltai per baciarlo e lui rispose al mio bacio impossessandosi delle mie labbra. - Cosa facciamo ora? – domandai, Kellan si voltò a guardare l’ora sulla sveglia, direi che per prima cosa facciamo delle telefonate e poi usciamo ho una gran fame. – Si alzò e andò verso una porta che pensai fosse il bagno e avevo ragione dato che iniziai sentire uno scroscio d’acqua scendere, io continuai a crogiolarmi sotto le lenzuola e ad aspirare il suo odore che sapeva di mare e erba scaldata dal sole, sapevo che d’ora in poi avrei sempre associato quei due odori a lui. Kellan ricomparve con indosso solo un asciugamano che gli lasciava scoperto il petto e i capelli lunghi fino alle spalle ancora umidi della doccia. - Ti ho messo della biancheria pulita. – Mi disse indicandomi il bagno, mi alzai di controvoglia ma il richiamo della doccia era forte così mi incamminai, mentre facevo scendere l’acqua nella doccia a mia volta, lo sentii parlare con qualcuno. Indugiai sotto il getto dell’acqua calda a lungo per permettere al mio cervello di assimilare tutto quello che era successo e nonostante la paura un sorriso affiorò sulle mie labbra e al vento affidai i miei sentimenti “Ti amo Kellan Loganach”.

Quando rientrai in stanza Kellan stava terminando la conversazione e non appena si accorse della mia presenza mi sorrise dolcemente. - Ho fatto un paio di telefonate, - mi disse finendo di chiudersi la camicia, - ho parlato con un amico amante del paranormale e mi ha detto che non è difficile che gli spiriti interagiscono con il nostro mondo, lui pensa che lo spirito della principessa non sia un’entità negativa ma il fatto che abbia invocato il tuo aiuto sicuramente vuole qualcosa da te ora dobbiamo scoprire cosa, la seconda telefonata invece l’ho fatta a Sean e… - Questa volta furono le sue guance ad imporporarsi e il sguardo fissò il pavimento fino a tornare a fissarsi nei miei occhi, - ci aspetta ad Edimburgo. – Terminò - Cosa vuol dire ci aspetta ad Edimburgo? – Domandai sospettosa; - Penso che l’unico modo per sapere cosa voglia da te Emerald sia andare dove tutto è cominciato, e poi entrambi per un po’ non abbiamo niente da fare, potremmo prenderci una vacanza, ti faccio vedere la mia terra che poi… - si bloccò per venirmi ad abbracciare e poi, solleticandomi il collo con il suo respiro, - è anche la tua. – completò parlando sulle mie labbra. Il mio cuore ebbe un sussulto, non solo era il principe delle mie fiabe, ma mi stava regalando un sogno. - Ti prego dimmi di si. – Continuò, iniziai a vedergli nascere un’espressione triste e speranzosa nello stesso tempo e ridendo fu la mia volta di prendergli il viso tra le mani; - Kellan Loganach è proprio vero, nessuna donna può resistere al suo fascino. – E lo baciai, Kellan fu il primo a staccarsi e prendendomi per mano sorrise esponendomi il suo piano.

Arrivammo a casa mia dove mi cambiai il vestito che indossavo dalla sera precedente e feci una veloce valigia e recuperai i reperti che, grazie al suo lavoro al museo non avremmo avuto problemi ad imbarcare sull’are, avvisai mia madre che me ne sarei andata in vacanza per un po’ ovviamente mi strappò la promessa che al mio rientro le avrei raccontato tutto e l’avrei portata a pranzo insieme al mio fidanzato. - Che ne dici di andare a mangiare qualcosa? – Mi domandò - Kellan lo sai che ora devo fare la telefonata più brutta, è per questo che l’ho lasciata per ultima. – - Sono convinto che davanti a qualcosa da mangiare troverai le parole giuste. – Acconsentii del resto anche il mio stomaco iniziò a brontolare insistentemente. Arrivati alla solita caffetteria facemmo le nostre ordinazioni e mentre Kellan prenotava i nostri biglietti online per l’indomani, chiamai Ella. - Cosa vuol dire che stai partendo? – - Ella è successo all’improvviso, Kellan mi ha detto che doveva andare a controllare dei reperti appena scovati in un museo scozzese e sapendo del mio interesse per quella terra mi ha proposto di accompagnarlo. – La voce di Ella ringhiava dall’altra parte della cornetta senza lasciarmi il tempo di continuare a spiegare le mie ragioni. - Dove sei ora? – Mi domandò all’improvviso, le dissi dove mi trovavo e con voce decisamente fredda mi disse che ci avrebbe raggiunto. - Oddio… è stato più difficile che con mia madre. – - Cosa ti ha detto? – - Sta venendo qui! –

Kellan proruppe in una sonora risata, - E’ proprio da lei, ma non ti preoccupare can che abbia non morde. – E io lo speravo sul serio, del resto Ella era la mia migliore amica e non volevo perderla. Ella arrivò portando con sé anche Nick, evidentemente i due avevano avuto un ritorno di fiamma e io sperai che fosse così davvero, presero due sedie e si sedettero insieme a noi mentre Kellan facevo segno di aggiungere al nostro ordine anche quello dei nostri amici. Nick diede una sonora manata sulla spalla dell’amico e salutò me con un bacio sulla guancia evidentemente avevo superato il suo esame, mentre Ellan mi si buttò fra le braccia. - Darling, sono così contenta con te che ancora un po’ mi commuovo ma non devo, altrimenti sbavo tutto il trucco! – Io risi insieme a lei e risi anche perché Kellan aveva davvero ragione can che abbaia non morde. – La serata si concluse con una cena al cinese preferito di Ella la quale mi disse che glielo dovevo dato che l’abbandonavo per un tempo indefinito ci salutammo e io Kellan ci rifugiammo di nuovo nel suo appartamento.

Atterrammo all’aeroporto di Edimburgo in orario perfetto, all’uscita trovammo ad attenderci un ragazzo dell’età di Kellan, incarnava esattamente l’immaginario che ci facciamo degli scozzesi; alto muscoloso imponente e con i capelli rossi e con una spruzzata di lentiggini sul viso che gli davano un’aria buffa e simpatica, si presentò come Sean, stringendo forte la mia mano che all’interno della sua sembrava quella di una bambina, grazie al cielo non aveva riservato lo stesso saluto affibbiato a Kellan, una gran manata sulla spalla, altrimenti mi sarei ritrovata sicuramente stesa sul pavimento. Sean si dimostrò un gran cicerone e mentre ci portava verso casa sua mi fece fare un primo giro turistico di quella meravigliosa città. - Kellan non hai idea di come sono felice di averti qui, so che non volevi essere ospite a casa mia così ti ho prenotato una stanza al “Rose Cottage di Peggy” ma questa sera non voglio sentire repliche e siete miei ospiti per cena. – Detto questo parcheggiò davanti ad una graziosa casetta un po’ fuori città, - Peggy è un’amica e so che vi ha riservato una delle sue migliore stanze e vi ha messo a disposizione la sua macchina per potervi spostare agevolmente. – Sean ci aiutò a scaricare le valigie e ci accompagnò dentro a fare la conoscenza di Peggy, una gentile signore di mezza età la quale ci accolse come se fossimo anche noi degli amici, ci mostrò la nostra stanza e ci disse che stava preparando il pranzo per noi e fummo contenti da sapere che il pranzo includeva anche il nostro amico Sean. Dopo un lauto pranzo, a base di carne di agnello stufata e scones di patate, in compagnia dei miei nuovi amici, io e Kellan decidemmo di riposarci e Sean ci ricordò il suo indirizzo per la cena della sera.

Sean abitava in una piccola palazzina al 30 di Scotland Street propria sopra un rumoroso pub pieno di gente e proprio da quella porta in legno rosso e vetro smerigliato vidi uscire il nostro simpatico compagno di viaggio, con un enorme boccale di birra scura in mano ci fece segno di parcheggiare e ci incitò ad entrare nel locale. - Ragazzi, ho pensato di fare un brindisi al vostro arrivo prima di salire a cenare. – Io e Kellan ci scambiammo una veloce occhiata, non volevo proprio perdermi l’amichevole atmosfera di un vero pub scozzese e come immaginavo ne fummo subito rapiti. Dopo innumerevoli giri di birra finalmente era giunto il momento

di salire in casa per la cena. La casa di Sean era davvero graziosa piccolina ma accogliente con tanto legno da scaldarti il cuore. - Scusate non sono un grande cuoco così dopo aver chiuso la libreria sono ato in rosticceria a prendere qualcosa spero non vi dispiaccia, ma sono molto più sicuro che così nessuno di noi possa rischiare un’intossicazione. Scoppiai a ridere dopo quella simpatica ammissione e così mentre Sean era alle prese con il forno e Kellan con il cavatappi per aprire il vino che avevamo portato mi feci indicare dal padrone di casa dove fossero i bicchieri e ognuno con il proprio compito ci demmo tutti una mano fino ad imbandire la tavola da far invidia ai ristoranti stellati.

La serata proseguì allegramente parlando di tutto poi una volta terminato di sparecchiare Sean ci offrì un wiskey che produceva da secoli la sua famiglia e ci fece accomodare nel piccolo salottino adiacente alla cucina. - Allora ragazzi cosa vi porta da queste parti? – - Il professore con cui lavoro mi ha mandato qui per vedere alcuni pezzi posseduti dal museo di storia locale e dal momento che Scarlett non aveva mai visitato la Scozia l’ho invitata a are qualche giorno di vacanza insieme a me. – - Vedrai che ti piacerà Scarlett, non è vero tutto quello che senti dire di noi, non siamo burberi ma gioviali ed ospitali e Kellan ti farà vedere cose a cui non tutti i turisti possono avere accesso. Come vi siete organizzati? – - Ancora non abbiamo deciso ma domani mattina farò la visita al museo e penso che da lì inizieremo i nostri giri, tu pensi che potrai farci compagnia qualche volta? – - Cercherò di organizzarmi avrei davvero voglia anche di distrarmi un po’, cercherò di corrompere la mia assistente a sostituirmi in libreria, il fascino scozzese colpirà ancora. – Detto questo mi regalò un enorme sorriso e una strizzatina d’occhio. Sean era davvero buffo e nemmeno mi accorsi che si era fatta l’ora di tornare a casa. Salutammo il nostro padrone di casa, rinnovandogli la nostra promessa di farci sentire il giorno dopo.

- Perché non gli hai detto il vero motivo per cui siamo qui? – Domandai con la testa appoggiata sul petto di Kellan, al calduccio sotto le coperte del nostro enorme letto a baldacchino. - Non lo so, qualcosa mi ha trattenuto dal farlo – alzai gli occhi per guardare bene l’uomo sdraiato accanto a me; - non capisco Sean è un tuo amico e sei riuscito a scoprire qualcosa in più proprio grazie ai libri del suo negozio. – - Lo so, ma, ti ricordi quando mi hai detto che una vocina nella tua testa ti aveva indotto a dirmi una bugia? Ecco mi è successa la stessa cosa. – Decisi di archiviare quella conversazione e mi dedicai a stuzzicare il meraviglioso corpo steso accanto a me. - Principessa, prima o poi mi manderai al manicomio! Ma dove sei stata fino ad ora? – Stringendomi in un abbraccio Kellan mi tirò più vicino a sé, - Intrappolata nel Medioevo – e sorridendo mi abbandonai ai suo baci fino a quando non scivolammo tra le braccia di Morfeo. L’alba ci sorprese ancora abbracciati, cercai di sgusciare via dalle sue braccia senza svegliarlo e mi diressi in bagno per una bella doccia calda; nonostante fosse giugno a Edimburgo regnava ancora un’aria decisamente fredda la mattina. Dopo una doccia che lavò via tutta la mia stanchezza trovai Kellan ancora sotto le coperte intento a fissarmi appoggiato su di un gomito. - Professore, quali sono i piani per questa giornata? –

Domandai con voce maliziosa mentre mi avvicinavo per dargli un bacio di saluto, Kellan sciolse il nodo alla cintura dell’accapatoio, - sei bellissima – e con una veloce mossa mi ritrovai non so come sotto il suo possente corpo, facemmo ancora l’amore fino a raggiungere insieme le vette del piacere e poi dopo esserci coccolati ancora un po’ e pianificato la giornata iniziammo a vestirci per scendere nella breakfast room. Davanti all’enorme colazione a base di uova strapazzate e bacon, una gigante tazza di caffè salsicce e pane con burro salato Kellan mi espose il suo piano, come già concordato saremmo prima ati al museo poi ci saremmo diretti verso il castello di Kilchurn, luogo delle mie visioni. Come Kellan sospettava la breve visita al museo per classificare gli i reperti rinvenuti si rivelò una gran perdita di tempo; non si trattava di reperti autentici ma di riproduzione del 1800, il curatore del museo si scusò per averci fatto perdere tempo e ci disse che se avessimo voluto, in qualsiasi momento, ci avrebbe lasciato totale libertà di vedere il museo, anche le stanze ancora chiuse al pubblico. Lo ringraziammo della sua gentilezza e subito andammo a recuperare la macchina ci aspettava un lungo viaggio fino alla contea di Argyll.

Il curatore del museo ci aveva detto di prestare molta attenzione poiché non era per niente semplice raggiungere il castello, vi erano infatti due sole strade: una in barca dato che il castello si trovava tra due loch oppure tramite una vecchia stradina dissestata nascosta da una curva. Ci trovavamo in mezzo alla campagna ormai da un po’ quando finalmente mi sembrò che un sentiero rompesse il verde dei campi. - Eccola Kellan, deve essere sicuramente quella! – Gli dissi indicandogli una piccola strada nascosta dall’erba alta, Kellan prontamente sulla destra e imboccammo la piccola strada che si inerpicava per le colline. Finalmente da lontano mi sembrò di vedere delle rovine stagliarsi davanti a noi, quando arrivammo non c’era nessuno e il paesaggio era da mozzare il fiato. Davanti a noi si ergeva in tutto il suo splendore la torre del castello come a difendere le rovine di ciò che era stato un tempo e alle sue spalle sorgeva il monte Ben Cruachan, data la difficoltà nel trovarlo eravamo gli unici turisti. - Vieni! – - Ma non possiamo entrare, non c’è nessuno – Kellan mi tendeva ancora la mano nell’attesa che io la prendessi e rise di gusto, - non prendermi in giro – gli dissi imbronciata. - Il castello, anche se appartiene ad un organizzazione pubblica è di tutti e quindi non si paga il biglietto, siamo liberi di girarlo in lungo e in largo, ci sarà solo il custode notturno. – Il discorso di Kellan mi convinse e così afferrai la sua mano ancora in attesa e iniziammo a girare per quelle stanze silenziose cariche di storia.

Stavamo gironzolando senza meta tra le rovine quando sentii la voce di Kellan chiamarmi, feci fatica ad individuare da dove proveniva dal momento che l’eco me la faceva sentire come se provenisse da diversi punti rispetto a dove mi trovavo, così non senza fatica riuscii a scovare l’ombra scura del mio ragazzo che guardava rapito il ritratto di una donna. - Cavoli Scarlett! – Esclamò – la somiglianza con te è davvero impressionante – mi avvicinai anche io e non appena notai il ritratto mi sembrò di guardarmi allo specchio, se la riproduzione sul libro di storia era impressionante il quadro vero, per chi non mi conosceva bene, poteva benissimo are per un mio ritratto, gli stessi occhi, la stessa bocca e la stessa espressione per un momento anche io pensai che si trattasse davvero di un quadro che mi ritraeva. - Mi fa venire i brividi questa somiglianza. – Non appena ebbi finito di pronunciare queste parole si levò dalle campagne circostanti un vento freddo e dalle acque del lago iniziò a sollevarsi una leggera nebbia, vedendomi rabbrividire Kellan mi mise un braccio intorno alle spalle. - Vuoi vedere se troviamo qualche indizio o preferisci andartene? – Mi domandò con tono preoccupato, gli feci segno di no con la testa io per prima volevo arrivare in fondo a quella faccenda. - Sei tu l’esperto qui, da dove pensi possiamo iniziare a cercare indizi? – Kellan mi osservò pensieroso guardandosi intorno, purtroppo non rimaneva molto del castello a parte la torre; così prendendomi per mano iniziò a trascinarmi in quella che una volta doveva essere stata la grande sala del trono, dall’altra parte della stanza trovò una piccola porta in legno.

- A logica direi di dirigerci verso i sotterranei, una volta i nobili venivano seppelliti in cripte sotto i loro castelli o nelle cattedrali, ma dal momento che su Emerald ci sono poche, o quasi nulle, informazioni direi di vedere nelle cripte. – Detto questo ci inoltrammo oltre la porta di legno e come aveva predetto Kellan iniziammo a scendere; le scale sembravano non finire mai, ebbi la sensazione di scendere nel cuore della terra poi d’un tratto le scale terminare e ci trovammo in un angusto spazio due corridoi si srotolavano davanti ai nostri occhi. Kellan si fermò nuovamente a pensare e accendendo l’accendino che portava sempre con sé si diresse verso il corridoio di destra inoltrandosi un poco al suo interno. - Penso che questa sia stata la via di fuga per fuggire durante gli assedi dei nemici, - la sua voce mi giungeva ovattata, iniziai a preoccuparmi ma poi lo vidi far ritorno, nei suoi capelli erano rimaste intrappolate delle ragnatele che cercava di togliersi, quindi riprendendomi per mano ci dirigemmo verso l’altro ingresso, alcune torce illuminavano il cammino la cosa mi suonò alquanto strana e mi domandai chi potesse venire ad accendere le torce e a quale scopo ma presto lo scoprii, non facemmo che pochi i e alla fine ci ritrovammo in una stanza al cui centro vi erano tre sarcofagi, mentre Kellan si dirigeva a quello più vicino io non ebbi nessuna esitazione e mi diressi verso quello più scostato dagli altri. - Kellan vieni presto, deve essere questo! – Il mio sguardo si posò sulla tomba davanti ai miei occhi; era fatta di marmo il coperchio come da tradizione riportava la figura di chi riposava al suo interno, il viso era abbastanza riconoscibile nonostante il tempo aveva lasciato su di lei la sua impronta.

Mi trovavo di fronte alla tomba della principessa Emerald, lo sguardo fisso e freddo intrappolato nel sonno eterno della morte, fra le sue mani stringeva una spada la stessa spada che qualche giorno prima si era materializzata nel mio appartamento e senza accorgermene iniziai a sentire scendere lacrime calde sulle mie guance; Kellan mi trovò così imbambolata e con copiose lacrime che non finivano di scendere, mi prese il volto nelle sue mani calde e con i pollici mi asciugò le lacrime. - Sei stata brava amore, ora però ci troviamo ancora al punto di partenza dato che non sappiamo cosa cercare. – - Forse dobbiamo tornare con i tesori che mi Emerald mi ha fatto avere e

restituirglieli. – - Non credo che sia questa la tua missione, gli spiriti di solito attraversano il velo sottile che li divide dal nostro mondo perché hanno lasciato qualche faccenda in sospeso dalla nostra parte. – - Ma sono ati più di settecento anni perché proprio adesso e perché proprio io? – Domandai, era quello che non mi spiegavo il perché di tutto ciò che mi stava accadendo. La cripta era ben illuminata e noi non avemmo difficoltà a curiosare in giro ero intenzionata a cercare tutto ciò che poteva portarmi a qualche indizio rivelatore quando sentii Kellan grattare via qualcosa con l’aiuto di una pietra. - Vieni qui - mi accovacciai accanto a lui, - hai un quaderno un blocco e una penna? – iniziai a rovistare nella borsa avevo sempre qualcosa su cui poter scrivere non mi separavo mai da qualche agendina o quaderno. - Fai presto sento dei rumori provenire da sopra. –

Le mani mi tremavano per un susseguirsi di sentimenti e finalmente con l’aiuto di Kellan riuscii a trovare quello che mi aveva chiesto, lo vidi ricopiare in fretta l’incisione scritta su un fianco del sarcofago e ributtarmi il tutto in borsa. - Forza vieni prima che ci sorprendano qui sotto. – Prendendomi per mano ripercorremmo la strada fatta all’andata, ci accucciamo al buio, nascosti ancora all’interno del corridoio, il custode stava proprio perlustrando il salone da dove noi dovevamo uscire; non appena fummo certi di non sentire più niente uscimmo circospetti dal nostro nascondiglio, camminando lentamente come due turisti che si stavano attardando attraversammo il salone guardandoci intorno, quando un rumore ci sorprese alle spalle. - Cosa fate ancora qui? – Ci domandò una burbera voce, Kellan si voltò lentamente la luce della pila che l’uomo aveva in mano ci abbagliava non permettendoci di vedere il nostro interlocutore. - Ci scusi, ci siamo attardati e non ci siamo accorti dell’orario, non volevamo assolutamente fare niente, né rubare qualcosa. – - Mi spiace ragazzo ma qui non c’è proprio niente da rubare, - rispose l’uomo avvicinandosi e abbassando la luce in modo da farsi vedere. Quel volto mi diceva qualcosa ma non in quel momento non riuscivo a mettere a fuoco dove lo avessi incontrato.

- Ci siamo per caso già conosciuti Miss? - mi domandò guardandomi con aria interrogativa. - Non credo signore, non sono mai venuta qui prima d’ora. – - Scusatemi, probabilmente vi ho scambiata per qualcun’altra, ma, il vostro viso mi ricorda qualcuno. Comunque ora sbrigatevi altrimenti sarò costretto a chiamare la polizia per avervi sorpreso qui dopo l’orario. – Kellan e io corremmo fuori senza voltarci e quando fummo al sicuro vicino alla nostra macchina ci mettemmo a ridere, per essere stati sorpresi come due ragazzini. - Ma davvero avrebbe chiamato la polizia? – Domandai ancora ridendo, Kellan fece una faccia buffa e salimmo in macchina. - Quello che hai trascritto è in gaelico, come faremo a tradurlo?- Chiederò a Sean di darmi una mano, sicuramente nel retro del suo negozio scoveremo quello che fa al caso nostro e mentre io cerco di tradurre l’incisione della tomba tu cerca di scoprire qualcosa su Emerald e Duncan, magari potremmo chiedere in giro qualche notizia sul custode, lui sicuramente conoscerà la storia e visto che tu hai fatto colpo su di lui potresti farti raccontare qualcosa. – Concluse il discorso alzando un soppraciglio con fare malizioso e così gli diedi una manata sulla spalla. – Fai il serio, ma se proprio ci tieni riserverò le mie attenzioni a quel buffo ometto. Tra l’altro anche io ho avuto la sensazione di averlo già incontrato. – - Ah allora non lo nascondi?! – Gli diedi un’altra manata e iniziai a ridere, - che ne dici se per farti perdonare delle tue stupidate mi porti a cena in un bel ristorantino? –

Tornando ad Edimburgo, ammo davanti al negozio di Sean e dato che era ancora aperto decidemmo di entrare subito alla ricerca di qualche libro antico che ci avrebbe dato un’ulteriore mano alle ricerche. Il camlo apposto sopra la porta tintinnò al nostro ingresso, sentivamo la voce di Sean provenire dal retro del negozio da cui infatti sbucò la sua buffa faccia e ci indicò che sarebbe stato da noi al più presto. Mi guardai un po’ intorno amavo le coste dei libri tutti impilati e catalogati, adoravo il loro odore e così senza accorgermene iniziai a are le dita su di esse, Sean era ancora al telefono e mi accorsi solo in quel momento che la sua voce si era fatta un flebile sussurro, la cosa mi insospettì un po’ ma, probabilmente, teneva solo alla sua privacy così ritornai da Kellan che si era messo a sfogliare un catalogo abbandonato sul bancone. - Tutto a posto? – Mi domandò probabilmente leggendo la perplessità sul mio volto e annuendo curiosai ciò che stava leggendo. - Mi è sembrato strano che, mentre mi avvicinavo alla stanza, Sean abbia abbassato la voce, ma forse mi sto insospettendo per delle sciocchezze. – - Probabilmente è al telefono con qualche donna e non voleva farti sentire quello che le diceva, Sean è un inguaribile romantico e seduttore. – Io scoppiai a ridere non me lo vedevo proprio Sean come un seduttore ma lo conoscevo davvero poco. - Ragazzi che piacere, scusate ma un fornitore mi ha trattenuto al telefono più a lungo del dovuto. – Solo allora mi accorsi che il telefono accanto al bancone non aveva nessuna luce accesa.

- Non preoccuparti, abbiamo visto la luce ancora accesa e abbiamo pensato che potevamo provare a vedere subito se avevi dei libri che forse potevano interessarci e poi… - Kellan si voltò a guardarmi come per avere la mia approvazione, - potremmo mangiare tutti insieme. Mentre Sean chiedeva a Kellan quali libri volessimo consultare mi sembrò di sentire la porta sul retro chiudersi come sospinta dal vento, brividi improvvisi mi percorsero la schiena ma mi dissi che, sicuramente era stata una corrente d’aria. Kellan nel frattempo aveva fatto vedere l’iscrizione trovata sulla tomba della principessa e il nostro amico ci disse di seguirlo nella stanzetta così mi convissi del tutto che ciò che avevo sentito, doveva per forza essere un rumore causato dal vento. - Che ne dite se ordiniamo qualcosa e lo mangiamo qua, ho ancora parecchie cose da sistemare e un po’ di compagnia mi farebbe piacere. – - Se non ti disturbiamo per noi va bene, così possiamo metterci tutti quanti al lavoro. – Risposi cercando l’approvazione di Logan, la quale non attardò ad arrivare accompagnata da una strizzata d’occhio. Mentre Sean finiva di aprire una pila di scatoloni e catalogare i nuovi arrivi, Kellan trovò un vocabolario di lingue antiche mentre io mi misi, a mia volta, alla ricerca di libri sulle leggende del luogo; dopo aver sfogliato un gruppo di libri mi stavo quasi lasciando prendere dallo sconforto, trovai un titolo all’interno di un libro malconcio e polveroso ma ero sicura di aver trovato la mia risposta così scorsi velocemente le pagine fino ad arrivare alla storia di Emerald la principessa guerriera;

i miei compagni invece erano ancora al lavoro in un religioso silenzio, silenzio che fu interrotto da un concitato bussare alla porta alle nostre spalle andai ad aprire più che altro per sgranchirmi le gambe e mi ritrovai davanti il fattorino del ristorante cinese con i nostri ordini. Accantonammo un momento le nostre ricerche e mentre ci distribuivamo le confezioni di cibo cercammo di fare un po’ il punto. - Trovato qualcosa di interessante? – Mi domandò Sean, - forse, ho trovato un’intera sezione di un libro dedicato a Emerald penso di dargli un’occhiata dopo cena, - Ragazzi io penso di avere ancora un bel po’ di ore davanti quindi se non siete stanchi potreste farmi compagnia che ne dite? – - Te ne saremmo grati, così sia io che Scarlett potremmo continuare a cercare e prendere appunti senza portarti via i libri, ti stai organizzando per la fiera annuale? – - Già… ogni anno in questo periodo o le nottate in negozio per poter offrire ai turisti, che si riverseranno qui per il solstizio d’estate, tutti i libri che parlano delle nostre antiche radici, credetemi è un lavoraccio… ma frutta bene. – Sconsolato e con le spalle un po’ curve tornò a prestare la sua attenzione agli spaghetti di soia che aveva davanti.

- Bene, - dissi – allora siamo capitati proprio al momento giusto! – Bevendo l’ultimo sorso di birra mi rimisi al lavoro, iniziai a non sentirmi a mio agio, ogni qualvolta alzavo lo sguardo dal libro trovavo gli occhi di Sean fissarmi con intensità e fui sicura di scorgergli un lampo di malignità negli occhi così esattamente come stava facendo Kellan, che sembrava anche lui aver trovato ciò che cercava, mi misi a trascrivere tutto ciò che mi interessava su un quaderno che portavo sempre in borsa. - Principessa è l’una che ne dici se andiamo a riposare un po’, domani abbiamo ancora tante cose da vedere o non sarò in grado di soddisfare la tua curiosità – Non mi ero accorta dell’ora fino a quando non fui richiamata da Kellan così raccogliendo tutte le mie cose sparpagliate sul tavolo, aiutai Sean a buttare le confezioni di cibo ormai vuote e ringraziandolo riprendemmo la macchina per percorrere quegli ultimi kilometri e poi finalmente avremmo potuto essere noi da soli. Il cottage di Rose era silenzioso e facendo il meno rumore possibile salimmo le scale di legno fino alla nostra camera. - Hai scoperto qualcosa? – Domandai mentre mi toglievo quei vestiti sporchi e impolverati e indossavo la mia maglia preferita per dormire. Kellan mi prese in braccio e adagiandomi sul lette mi sommerse con tutti i suoi appunti. - Mi è sembrato di vederti a disagio questa sera – - Si, ci sono stati dei momenti in cui volevo scappare e poi ho trovato più volte Sean intento ad osservarmi. Mi ha messo un po’ di ansia addosso. –

Kellan mi fece un mezzo sorriso e io appoggiando le mie labbra sulle sue gli sussurrai che non era assolutamente quello che pensava lui; sdraiandosi al mio fianco prese in mano i fogli che aveva riempito con la sua bella e ordinata calligrafia. - Dimmi cosa hai scoperto intanto che sistemo i miei fogli. –

Cercai di riordinare i miei appunti e iniziai a leggergli ciò che avevo trovato. “Emerald era la primogenita del re Acair capoclan di Argyll, come tutte le donne di quell’epoca fu promessa sposa al figlio di un clan non molto distante dal suo, la loro unione avrebbe sancito incomprensioni che esistevano da secoli ma soprattutto avrebbe rafforzato entrambi i confini dagli attacchi degli invasori del nord. La principessa non era d’accordo, lei avrebbe voluto regnare sul suo regno e succedere direttamente al trono del padre, trono che invece spettava al suo fratellastro nato dall’unione del re Acair con la seconda moglie, il quale non faceva che deridere la principessa, una donna non doveva saper leggere né tirare con l’arco e neanche imparare l’arte della spada, per lui doveva essere sottomessa al marito, cucire e servire il proprio principe. Emerald non si sottomesse a tutto ciò anzi con l’aiuto di Duncan riuscì a far sua l’arte della spada e quella del tiro con l’arco, lavorando fianco a fianco la principessa iniziò a comprendere che se il suo cuore e la sua anima si dovevano per forza legare a qualcuno quel qualcuno era Duncan, più ava il tempo con lui e più non capiva cosa succedeva al suo corpo.”

Saltai alcune pagine cercando di riportare a Kellan solo le parti più interessanti, - senti qui, fu Duncan a costruirle l’arco e a farle forgiare una spada fatta sulle sue fattezze, una spada che una donna avrebbe impugnato senza tanto sforzo, fece tutto ciò poiché sapeva che era l’unico modo per sentirla vicina al suo cuore dato che era consapevole che il loro amore non avrebbe mai potuto vivere sotto la luce del sole; mi sembra che siamo nel pieno di un amore clandestino ma ancora sinceramente non capisco cosa possa centrare con tutti gli avvenimenti accaduti nell’ultimo periodo, qui non viene menzionato il ciondolo con le loro iniziali e io ho invece l’idea che sia fondamentale per arrivare in fondo alla storia. Tu invece sei riuscito a tradurre qualcosa? – Kellan alzò gli occhi dai testi che stava ancora studiando, mi lanciò un’occhiata perplessa e poi la sua attenzione fu nuovamente catturata dai testi. - Sono d’accordo con te, c’è sicuramente un particolare che ci sfugge. – Ormai il letto era diventato un’enorme scrivania ed entrambi eravamo seduti a gambe incrociate attorniati da tutti i nostri appunti. - Non riesco a comprendere il senso di quello che c’è inciso sulla lapide sembrerebbe una poesia o qualcosa del genere, dovrei verificare l’arte funeraria di quell’epoca ma non sono convinto che ciò mi possa aiutare. – - Fammi vedere – Kellan mi ò i suoi appunti aveva riscritto più volte, ma in maniera differente, le stesse frasi, - hai ragione, sembra una poesia ma non ne comprendo il senso, -

cercai di fare lo stesso lavoro fatto da lui ma anche a me sembrava di girare intorno alle parole senza comprenderne veramente il significato. - Dobbiamo riposarci altrimenti tra qualche ora non riusciremo neanche a stare in piedi. – Solo quando sentii lo voce di Kellan mi accorsi che ci rimanevano davvero poche ore a separarci dall’alba e solo in quel momento sentii crollarmi addosso tutto il peso della stanchezza. Quella notte fu davvero irrequieta, strani sogni non mi permisero di dormire bene, mi girai e rigirai, sentivo nuovamente la battaglia ingigantirsi alle mie spalle, vidi un uomo possente trafiggere gli avversari con la sua spada ma, una freccia traditrice, lo colpì dritto al cuore facendolo cadere dal suo cavallo, sentii scorrere sulle mie guance calde lacrime, il re era stato sconfitto. Il fuoco mi stava attorniando, avevo sguainato la mia spada e con circospezione mi guardavo intorno, non volevo vedere il mio amato steso a terra, avrei vegliato sul suo corpo fino alla fine. Il calore mi stava soffocando e dalle fiamme vidi uscire una figura, non capivo chi poteva essere il fumo formava come una tenda davanti a me ma poi, quell’apparizione iniziò ad avanzare tra le fiamme fino ad arrivare davanti a me. Era una donna i suoi lunghi capelli neri erano spettinati dal vento, come se fossero parte delle fiamme che lambivano l’erba intorno a me i suoi occhi erano rossi e mi guardavano con malignità, chi siete? Domandai, chi sono chiedi stupida ragazzina? Intorno a me riecheggiò la sua risata gracchiante, io sono Vivian, colei che starà al fianco del nuovo re Achaius, colei che lo ha aiutato a tramare nell’ombra, colei che ti ucciderà e colei che rinascerà…

avanzò di qualche o e con aria sprezzante calciò il cadavere di Duncan, il mio Duncan, morto per proteggermi. Non lo toccare strega mi sentii urlare, la donna proruppe nuovamente in quella sua orribile risata, dal mantello estrasse un pugnale cercai di pararmi con la spada ma Vivian fu più veloce di me e conficcò la sua lama affilata nel centro del mio petto, la vidi estrarre una fiala dalla tasca del suo abito e vi fece scivolare poche gocce del mio sangue mentre la sentivo pronunciare queste parole Solo colei che è te e dal futuro viene, solo colei che sarà in grado di abbattere le barriere del tempo, il cui cuore è puro, tornerà a te, da un ombra sarà accompagnata, l’amore li lega e legherà l’amore che ha sconfinato nel tempo perché in pace possa riposare nel solstizio che verrà. Sentivo la mia vita scivolarmi tra le dita e prima di rovinare definitivamente a terra la vidi caricarsi come se fosse un sacco di patate il corpo di Duncan ed entrambi sparirono inghiottiti dalle fiamme.

- Scarlett! Scarlett! – Sentivo il mio nome in lontananza, ma qualcosa mi impediva di seguire quella voce, - Scarlett ti prego svegliati! – Delle mani mi stavano strattonando violentemente e finalmente riuscii ad aprire gli occhi. - Oh Scarlett, tesoro, mi hai fatto spaventare, hai delirato tutta notte e ora non ti volevi svegliare, gridavi e piangevi… Mi hai fatto davvero spaventare – Kellan mi stritolò in un abbraccio come se avesse paura che potessi scomparire da un momento a l’altro. - Cosa è successo amore, ne vuoi parlare? – - Kellan ho avuto paura, ho sognato la morte di Emerald, c’era una donna una strega il suo nome è Vivian. – Kellan mi accostò alle labbra un bicchiere d’acqua e io lo bevvi avidamente, - che giorno è oggi? – - il 20 giugno, perché? – - La chiave è il solstizio, ti prego fammi vedere l’incisione che hai tradotto ieri sera – Kellan mi guardò preoccupato ma senza chiedermi altro prese i fogli ancora abbandonati scompostamente ai piedi del letto dove li avevamo buttati prima di addormentarci, li fissai sbigottita e se mi sbagliavo? Ma alla fine capii Kellan li aveva tradotti letteralmente ma io mi ricordavo ancora le parole di Vivian. - Ecco guarda è una profezia “Solo colei che è te e dal futuro viene, solo colei che sarà in grado di abbattere le barriere del tempo, il cui cuore è puro, e del rosso non avrà paura, tornerà a te, da un ombra sarà accompagnata, l’amore li lega e legherà l’amore che ha sconfinato nel tempo perché in pace possa riposare nel solstizio che verrà e il sangue rifiorirà e per sempre vi unirà.”-

Kellan continuava a guardarmi scettico, era scosso e spaventato potevo leggerglielo sul viso, ma avevo bisogno del suo sostegno, poi, come se avesse letto la mia mente mi si strinse vicino e baciandomi mi accarezzò la testa togliendomi i capelli dal volto. - Dobbiamo andare a parlare con Sean, avrà sicuramente qualche volume da farci consultare, te la senti? – Annuii dicendogli che una doccia mi avrebbe aiutato. Dopo una doccia rigenerante e uno veloce spuntino portato in camera da Logan ci dirigemmo verso il negozio di libri antichi, più ci avvicinavamo e più mi sentivo inquieta ma mi dissi che probabilmente il ricordo di quell’incubo mi lasciava ancora un po’ scossa. La targhetta sulla porta indicava “aperto” ma quando varcammo la soglia il negozio ci sembrò deserto. - Sean – gridò Kellan, - siamo noi – mentre io rimasi nella libreria Kellan si inoltrò nella stanza sul retro ma di Sean non vi era traccia, sentii Kellan rovistare in giro così mi diressi anche io nell’altra stanza, scorsi dietro al tavolo dove ci eravamo seduti il giorno prima per le ricerche una porta, dedussi che fosse il bagno, mi avvicinai guadagnandomi un’occhiata di rimprovero da parte di Logan e io con una alzata di spalle gli feci un sorrisino e continuai la mia ispezione; come immaginato era il bagno, ne approfittai per lavarmi le mani, un suono però catturò la mia attenzione, erano delle voci, non capivo da dove provenissero cercai di richiamare l’attenzione di Kellan e ci attaccammo tutte e due con le orecchie alle piastrelle. Erano due voci una di donna e una di un uomo e quella mi era alquanto familiare.

- E’ Sean – mi sussurrò Kellan e io per paura che mi sentissero annuii solamente. - Ma con chi sta parlando? – - Non lo so, non riesco a comprendere bene tutto è in gaelico. – Come poteva essere gaelico se io invece riuscivo a capire qualcosa del loro discorso? - Kellan, io capisco alcune parole…- Vieni usciamo di qui sento dei movimenti. – Kellan non sembrò soffermarsi su ciò che gli avevo confessato, ma, stringendomi la mano possessivamente mi trascinò fuori dal negozio e come due fuggitivi ci infilammo nel pub di fronte. Ci sedemmo nel posto più lontano dall’ingresso, un tavolino traballante illuminato solo da una fioca luce, era il posto perfetto per riprenderci. - Cosa vuol dire che capivi quello che dicevano? – - Non ho compreso proprio tutto, erano troppo distanti e le parole troppo sussurrate; ma, ho capito 21 giugno, maledizione e rinascita, ciò vuol dire che loro sanno cosa cerchiamo. – - Si, potrebbe essere, ma noi abbiamo un vantaggio, loro non sanno cosa abbiamo scoperto. – - Come fai a esserne così sicuro? – - Ho detto a Sean che la traduzione della lapide non mi aveva portato da nessuna parte che probabilmente era una poesia che non aveva nessun significato… Interruppi il discorso di Kellan perché ora c’era qualcos’altro che mi preoccupava; - Logan ti sei forse dimenticato che sa tutto ciò che abbiamo ritrovato? La collana, la spada, il calice –

- si ma di quegli oggetti ne sa quanto noi, anzi cerchiamo di metterci ulteriormente in vantaggio. – Kellan finì di bere la birra tutta d’un fiato, io lo imitai sperando poi di non iniziare a parlare a sproposito. L’antica libreria era ancora aperta, spalancammo la porta e, molto teatralmente, entrammo al suo interno; Sean ci guardò come se si fosse trovato davanti due pazzi. - Ragazzi ma quanto avete bevuto? – - Solo due pinte a testa, la signorina qui presente regge davvero bene! – - Non mi dire l’hai sottoposta a quella stupida iniziazione che facevamo da ragazzini? – Kellan annuii facendo comparire sul suo viso un sorriso sornione e dando pacche sulle spalle a Sean in un cameratismo tutto maschile parlando di me e della mia finta ubriacatura come se io non fossi presente; nel frattempo mi accorsi che la mano libera di Kellan stava facendo scivolare dalla mia parte un piccoli libricino antico molto usurato, con circospezione lo feci mi avvicinai e gli feci finire la sua corsa all’interno della mia borsa senza che Sean se ne accorgesse, esultai mentalmente a favore di Kellan e gli regalai un enorme sorriso. - Allora amico mio, domani è il solstizio d’estate e si inaugura la prima grande festa della stagione? – Continuò Kellan restando attaccato a Sean come se, senza il suo appoggio, potesse finire a terra da un momento all’altro. - Già, ma sono molto soddisfatto di me, ho concluso tutto il lavoro e sono riuscito a trovare anche un aiutante disposto a buttare via un po’ del suo tempo per gestire il negozio insieme a me.

Ma ditemi di voi, siete riusciti a scoprire qualcosa di quei preziosi oggetti che avete rinvenuto? – - Si! – Rispondemmo in coro – sappiamo anche a chi sono appartenuti – continuò Kellan - si, alla principessa Emerald – rincarai la dose attuando il piano che Kellan aveva messo a punto dopo che gli ebbi raccontato dello strano discorso origliato e della telefonata che Sean ci aveva detto di aver ricevuto da un fornitore la sera stessa che l’avevo conosciuto. Forse la mia immaginazione stava prendendo il sopravvento sulla realtà, ma come darmi torto dopo tutto ciò che mi stava capitando negli ultimi mesi? Avevo il sospetto che Sean non fosse del tutto sincero con noi ma potevo sicuramente sbagliarmi, anzi speravamo di sbagliarmi ma, anche se, l’avevo frequentato poco avevo notato certi piccoli atteggiamenti come quell’ossessione di puntarmi sempre addosso quei suoi occhi inquisitori. - Possiamo rapirti per un’uscita insieme? – Domandò Kellan – domani la prima orda di turisti pronti a festeggiare il solstizio d’estate e non so quante occasioni avremo per vederci ancora.- - Spero che voi restiate per tutta la settimana – poi prendendomi sotto braccio, cosa che mi fece rabbrividire, - se è la prima volta che vieni in Scozia non puoi proprio perderti questo festival: ci saranno spettacoli, danze, magie insomma un piccolo orgoglio scozzese da mostrare. – Cercai di divincolare il mio braccio dalla sua presa mentre cercavo di interessarmi a quello che mi proponeva.

Ci infilammo nel primo ristorantino che incontrammo sulla nostra strada, la serata ò allegramente e Kellan e Sean parlano più che altro del loro ato così a me non rimase che fare la silenziosa ascoltatrice e nel corso della serata mi accorsi più volte che il nostro ospite guardava l’orologio da taschino come se avesse un impegno da cui dipendeva tutta la sua vita e ancora una volta non mi sbagliai. - Ragazzi mi spiace non poter are anche un piacevole dopo cena con voi ma devo finire di sistemare prima che il mio aiutanti si presenti domani mattina. – Io e Kellan ci fingemmo dispiaciuti ma in realtà avevamo un mucchio di cose da fare come capire cos’era quel libricino sottratto dal bancone della libreria. Ci intrattenemmo ancora un po’ nel locale, avevamo entrambi bisogno di liberare la mente prima di riprendere il lavoro che ci avrebbe impedito nuovamente di dormire. - Ero sicuro che ci eravamo già visti! – La gracchiante voce alle mie spalle mi fece letteralmente saltare sulla sedia, mi girai incuriosita per capire a chi appartenesse. - August Mclaud, per servirla signorina – e dicendo questo si profuse in un inchino e senza che noi proferissimo parola prese la sedia che aveva lasciato libero Sean e si accomodò fra me e Kellan che mi restituiva uno sguardo al quanto incuriosito. - Ma lei è il guardiano del castello? – Esclamò il mio accompagnatore mentre sul viso del nostro ospite si faceva strada un sorriso birichino – e non solo se si sforza miss Scarlett noi ci siamo già incontrati in un’altra occasione –

- Come fa a sapere il mio nome? – - Oh io so molte cose… - non lo lasciai completare perché ora osservandolo bene sapevo dove avevo già incontrato quell’uomo, - lei è il venditore della bancarella sui Navigli! – Esclamai meravigliata e incredula nello stesso istante, qualcosa mi sfuggiva un piccolo particolare ne ero sicura ma ero anche conscia che ciò che non riuscivo afferrare era la tessera del puzzle mancante, quella che ci avrebbe illuminato sull’intera faccenda. - Perché non ci spostiamo da qua? Conosco un posto molto più tranquillo. – - Ci potrebbe spiegare il motivo per cui noi dovremmo seguirla?La voce di Kellan non lasciava trapelare nessuna emozione ma io sapevo che non era così dato che mi aveva stretto la mano appoggiata sulla gamba in un modo alquanto possessivo e impaurito. - Forse perché sono l’unico che può aiutarvi, vi prego non abbiate paura. – Kellan mi scambiò un’occhiata perplessa ma io avevo già deciso di seguire August, non so perché ma in lui c’era qualcosa che dava una fugace sensazione di fiducia, la stessa sensazione che invece mi diceva di non fidarmi di Sean.

Come promesso August ci condusse in un posto decisamente più tranquillo era un locale di tisane ed erbe curative proprio all’angolo con la via più viva e piena di negozi. Il locale sembrava essere rimasto fermo a qualche secolo addietro le pareti erano completamente ricoperte di enormi mobili di legno a scaffali che dal pavimento arrivavano al soffitto e il bancone, sempre nello stesso materiale, era finemente intarsiato e il suo piano era ricolmo di oggetti che difficilmente si potevano ancora osservare nell’era moderna: c’era una bilancia in ottone con i pesi e tanti strani alambicchi fumanti, un libro di erbe e decotti dalle pagine ingiallite e polverose. August ci fece accomodare nel retrobottega dove intorno ad un piccolo tavolino da soggiorno vi erano tre poltrone di pelle bordeaux ci fece segno di accomodarci mentre lui si inoltrava in una piccola stanzina laterale da cui ben presto si sentì arrivare il fischio del bollitore. August tornò con un vassoio sui cui facevano bella mostra delle tazze fumanti prendendo posto sulla poltrona rimasta libera. - Ci può spiegare perché ci ha portati qua? – Il tono di Kellan sembrava aver perso la sua proverbiale pazienza e anche a me quella situazione iniziava a sembrare davvero strana. August sorrise e quando sorrideva sembrava tornare giovane di parecchi anni era un sorriso che sembrava ti dicesse che tutto doveva andare bene, aveva qualcosa di rassicurante.

- Ragazzi avrei voluto che ci fosse molto più tempo ma, purtroppo, ormai poche ore ci separano dalla notte del solstizio e io devo assolutamente dirvi ciò di cui ancora avete bisogno; vi ho seguiti dal momento che avete messo piede ad Edimburgo, in realtà ho cercato di essere il suo angelo custode nel momento stesso in cui le sue mani aveva stretto la spilla di Tara, lì in quel momento, ho capito che mi trovavo davanti alla donna della profezia, non sapendo che lei stesse facendo delle ricerche ho preso anche io delle informazioni ma, invece di fissarmi sul ato come ha fatto lei io ho guardato nel presente e ho scoperto che la sua famiglia è direttamente imparentata con la principessa Emerald. Certo la sua antenata non ha avuto la stessa madre ma ha avuto lo stesso padre Re Acain quindi in lei scorre ancora il vecchio sangue orgoglioso degli scozzesi e di uno dei loro amatissimi Re. – - Ok, la favola è davvero bella ma se può spiegarci cosa vuole da noi senza farci perdere ulteriore prezioso tempo le saremmo grati. – Appoggiai la mano sulla gamba di Kellan il cui piede aveva iniziato a picchiettare nervosamente il pavimento, devo ammetterlo le parole del vecchio mi affascinavano e ora volevo sapere che ruolo giocasse in tutta quella storia.

August scoccò a Kellan un’occhiata comionevole, - la vostra famiglia è sempre stata scettica, ma ormai è trascorso tanto di quel tempo che non vale la pena rinvangare il ato, dobbiamo concentrarci sul presente e il presente è proprio dietro all’angolo. Se la mia missione andrà a buon fine sarò più che felice di raccontarvi la mia storia. – Sempre con la mia mano appoggiata alla gamba di Kellan – Potete sistemare le vostre faccende più tardi? – domandai – io sarei curiosa di sapere come ci può essere d’aiuto. – Brevemente raccontai ad August tutti i miei ritrovamenti, di come non mi ispirasse fiducia Sean, di quella che ci sembrava una profezia o una maledizione a seconda da che punto di vista la si vedeva, incisa sulla tomba di Emerald e del libretto che ancora si trovava nella tasca del suo giaccone. - Per prima cosa dovete andare a recuperare gli oggetti e tutto ciò che avete trovato nei libri consultati, vorrei esaminare insieme a voi tutto il vostro lavoro e per ultimo dovremmo controllare quel libretto sottratto al vostro amico. – Kellan annuì e si offrì volontario, non prima di avermi chiesto se mi fidavo a restare da sola con quell’uomo, ad andare a recuperare tutto ciò che si trovava nella nostra stanza al bed and breakfast; si chinò a baciarmi e poi velocemente prese la macchina per andare a recuperare le nostre cose.

- L’altro giorno era lei al castello vero? – domandai più che altro per rompere quel silenzio imbarazzato che si era creato, August annuì senza alzare lo sguardo dalla sua tazza di te. - Quando ho scoperto chi eri ho iniziato a fare in modo di trovarmi sempre nei luoghi che frequentavi, avrei preferito arrivare molto prima ma, purtroppo, ho capito chi eri solo quando hai stretto fra le tue mani quella spilla antica. – - Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato ma, in cuor mio, ho sempre sperato che non sarebbe venuto al mondo qualcuno così pazzo e così ingordo di fama e denaro da andare a scavare nel nostro ato. Purtroppo mi sono sbagliato. – - Credo di non capire ancora tutta la storia. – - Ti va ancora un po’ di te caldo? – Guardai August allibita nella speranza che il pazzo in realtà non fosse lui, mi versai la bevanda ancora bollente e attesi che il mio interlocutore si riprendesse dai suoi pensieri e iniziasse a fare luce su tutta la faccenda. - Di Emerald purtroppo si sa poco e niente o meglio la gente ha iniziato a scordare, la vita è andata avanti, c’è stata la rivoluzione industriale, guerre per il potere, guerre mondiali e alla fine le antiche leggende, così come le maledizioni, le superstizioni e le profezie sono state relegate in un angolo della memoria e declassate a fiabe per bambini. Sai a volte è molto più facile scordare il ato che trarne giovamento. – - Emerald era una ragazza forte, leale ed orgogliosa, il suo cuore batteva solo per Duncan e lui, che ricambiava quegli stessi sentimenti, aveva deciso segretamente di insegnarle ad usare le armi, quello era l’unico modo in cui lui potesse godere della compagnia della principessa. Sapeva che per loro non c’era futuro, Emerald era stata promessa in sposa al figlio di uno dei capiclan confinanti con il regno di Acain, non era certo un matrimonio d’amore soprattutto se consideri il fatto che il povero principino era cagionevole di salute e sprovvisto del carattere forte e avventuriero della futura moglie. Emerald si sentì messa da parte, lei che voleva succedere al trono del padre,

trono che invece era destinato all’unico figlio maschio del re: il principe Achaius, figlio illegittimo di Acain. Emerald lo vedeva come un usurpatore, come un folle, per lei lui non sarebbe stato un re giusto così giurò a sé stessa di combattere fino alla fine accanto a Duncan per poter salvare il suo regno dall’avidità del principe e soprattutto per salvare lei da un matrimonio che non desiderava. Purtroppo non aveva fatto i conti con il fratellastro; Achaius aveva stretto un patto di sangue con Vivian una strega. Vivian era stata rinchiusa in una torre costruita su una piccola isola disabitata nel mezzo di un lago, solo perché uno stupido mago all’ultimo momento aveva deciso che forse c’era ancora una possibilità; ma la sua avidità e crudeltà crebbe con il tempo così come il risentimento verso quel mago da cui si era sentita tradita e verso il re che aveva acconsentito al suo esilio. Quando Achaius si imbattè nella sua prigione dorata Vivian pensò che i suoi desideri si stessero esaudendo, soprattutto quando seppe che il cavaliere che la stava cercando altro non era che il figlio del re, quel re che l’aveva rinchiusa con l’aiuto del mago Murmur colui che le aveva insegnato le arti magiche.

Achaius promise a Vivian la libertà se in cambio avesse donato a lui il potere; portò in segreto la strega al castello richiudendola ancora una volta in una torre del castello l’unica diversità rispetto alla sua prigionia era il fatto che lì poteva usare le sue arti magiche aiutando il giovane principe nell’ascesa al trono. Per prima cosa creò una pozione che ogni sera doveva essere aggiunta al vino del re, un veleno che lo avrebbe portato piano piano alla morte ma in una maniera molto sottile, già perché il re in realtà sarebbe morto a causa di una febbre sconosciuta. Creò un esercito oscuro che sarebbe entrato nel regno come un invasore uccidendo e dando fuoco a tutto e gli unici ad avere il controllo su quegli esseri delle ombre erano solo la strega e il principe il quale finse di andare in battaglia contro di loro per poi prenderne il comando. Tutto era sistemato secondo i piani mancava solo Emerald e Duncan il quale iniziava a sospettare dei movimenti di Achaius. Vivian durante la battaglia che rase al suolo il castello di Kilchurn intrappolò Emerald e Duncan all’interno di un fuoco magico per primo uccise la guardia del re invocando per lui una maledizione, nessuno si sarebbe ricordato di lui tanto che quando ne ritrovarono il corpo non sapendo chi fosse fu sepolto sulla collina da cui si dominava il castello apponendo solo una croce celtica come tomba solo per far si che la sua anima non tornasse a tormentare coloro che si erano salvati. Emerald ormai in ginocchio accanto a l’uomo che amava e con il cuore a pezzi riuscì a rinchiudere, prima che Vivian finisse anche lei, una goccia del suo sangue e quello di Duncan all’interno della collana che lui le aveva regalato, in quel modo avrebbero potuto essere insieme per sempre.

invocando gli spiriti dei suoi antenati Emerald si rialzò pronta a fronteggiare Vivian riuscì a trafiggerla con la propria spada non prima che la strega però, riuscisse ad invocare una maledizione: l’anima di Emerald non avrebbe avuto pace finché non riuscirà a riunirsi con il suo grande amore, ma solo una persona ne sarebbe stata in grado qualcuno che pur non avendola mai conosciuta l’avrebbe amata, qualcuno il cui cuore fosse così puro da donarsi agli altri. –

August interruppe il suo discorso per riprendere fiato, io ero così assorta nel racconto dell’uomo da non essermi accorta che Kellan aveva fatto ritorno con tutte le nostre cose; mentre i due uomini si misero a mettere in bella mostra tutti gli oggetti decisi di preparare altro te ero sicura che quella sarebbe stata la notte più lunga della mia vita. - Come puoi essere sicuro che sia proprio io la persona di cui parla la maledizione? – Domandai dal piccolo cucinino - Semplicemente perché altrimenti questi tesori non sarebbero comparsi a casa tua. – Sussultai poiché la voce da cui proveniva la risposta non era di August ma bensì di Kellan; - Eravate così assorti nel racconto che non vi siete accorti della mia presenza e così ho ascoltato tutto seduto alle tue spalle. – Il tempo che il bollitore richiamò tutti noi alla realtà August aveva finito di esaminare tutti i reperti e stava iniziando a consultare il piccolo libriccino nero. - C’è tutto! – esclamò all’improvviso, - mi manca solo l’ultima tessera del puzzle, il pazzo che ha risvegliato lo spirito di Vivian. Chiunque sia stato non ha idea del guaio in cui si è cacciato;

Vivian aiuterà lo sfortunato donandogli tutte le ricchezze che vorrà ma in cambio si prenderà la sua anima rendendolo schiavo per l’eternità e rimpossessandosi di tutti i suoi poteri. – - Come fai a sapere tutte queste cose? – Domandammo all’unisono, August abbassò lo sguardo come se non riuscisse a sostenere i nostri e come sa la domanda che gli avevamo posto lo mettesse davvero in difficoltà, mi sembrò che asse un’enormità di tempo prima di sentire nuovamente la sua voce; August sospirò ma alla fine si decise a rispondere. - Perché io sono Murmur, lo stregone bianco, consigliere di re Acain e colui che ha insegnato le arti magiche a Vivian. Ogni secolo mi sono reincarnato nella paura che qualcuno fosse così stupido da venire in possesso di questo libriccino che altri non è che il diario di Vivian. Sono tornato ogni secolo a vegliare sull’umanità ma questo piccolo quadernetto sembrava scomparso ma, a quanto pare, qualcuno è riuscito non so come ad impossessarsene. Dove avete detto che lo avete preso? – Io e Kellan ci scambiammo uno sguardo d’intesa e fu lui a rispondere. - L’abbiamo trovato all’antica libreria, appartiene ad un amico e quando Scarlett mi ha confidato cosa stava succedendo ho pensato che venendo qui saremmo stati in grado di scoprire più notizie sulla principessa e che Sean probabilmente era in possesso di antichi libri riguardanti la nostra storia. – - Pensate che sia lui quello che ha stretto il patto con Vivian? – domandai.

- Non ne ho idea, ma chiunque sia lo scopriremo domani o meglio stanotte dato che anche lui sa quello che sappiamo noi sarà ad Argyll. Riposate un poco ragazzi io cercherò di scoprire di più dal diario di Vivian. Cercammo di stendere i nostri corpi meglio che potevamo sulle logore poltrone di pelle, ma il mio sonno non fu decisamente ristoratore, strane immagini mi si accavallavano nella testa portandomi a sognare di eventi che avevo vissuto di recente con le storie che la nonna mi raccontava da piccola poi caddi in un vortice nero senza più ombre e senza più sogni; fui svegliata dalla risata di Kellan che proveniva dalla stanza adibita a negozio di erboristeria così ancora avvolta nel mio plaid mi stiracchiai e mi avviai anche io verso il negozio cercando di lisciarmi i vestiti meglio che potevo. - Buongiorno dormigliona, è quasi ora di pranzo – Kellan mi venne incontro cingendomi in un meraviglioso e confortante abbraccio. - Avete scoperto qualcosa di interessante? – I due uomini annuirono e mentre August iniziava ad illustrarmi la sua lunga notte di ricerche Kellan mi mise sotto il naso un piatto di uova strapazzate e bacon dal profumo davvero invitante, senza fare troppi convenevoli mi fiondai sul cibo e su una gigantesca tazza di caffè bollente. - All’ultimo rintocco di mezzanotte dovrai liberare l’anima della principessa, lo potrai fare solo con l’aiuto del rubino trafiggendolo con la spada che Duncan fece forgiare per Emerald e adagiandolo all’interno del sarcofago. Sembra una cosa semplice ma Vivian ti ostacolerà con ogni mezzo soprattutto perché non sappiamo ancora chi sia il suo complice;

una volta che avrai ridato pace all’anima di Emerald dovrai sconfiggere la strega, ella probabilmente ti apparirà in carne ed ossa perché il suo schiavo avrà lavorato anche per poter rievocare la donna, dovrai fare molta attenzione perché la magia nera è più potente di quella bianca ma quella bianca ha dalla sua la lealtà, la fierezza, il coraggio e soprattutto i cuori puri, con l’aiuto della spilla di Tara dovrai aggiungere a queste erbe, che ho già preparato, una goccia del tuo sangue e indurre Vivian a berlo, se tutto va secondo i nostri piani io e Kellan ti guarderemo le spalle se qualcosa dovesse andare storto, ricorda, all’ultimo rintocco della mezzanotte dovrai fare bere la pozione a Vivian altrimenti la sua maledizione verrà compiuta.Ero terrorizzata, ma ce l’avrei fatta, rivolevo indietro la mia vita, volevo tornare al mio lavoro, allo shopping con Ella anzi se fossi sopravvissuta mi sarei ubriacata insieme a lei come ai tempi dell’università. Era da poco ata l’ora del pranzo e decidemmo di lasciare August agli ultimi preparativi per ciò che ci saremmo apprestati a fare da lì a qualche ora e ci buttammo tra il traffico di turisti che aveva iniziato ad affollare la città di Edimburgo per la fiera del solstizio d’estate, iniziammo a girare tra bancarelle colorate e artisti di strada poi all’improvviso ci trovammo davanti all’antica libreria e come ci aveva annunciato dietro al bancone c’era un ragazzino, probabilmente l’aiutante di Sean ma nessuna traccia del nostro amico decidemmo di proseguire oltre e farci rapire da tutti quei colori profumi e personaggi buffi che si aggiravano per strada.

Kellan mi raccontò quando da bambino non vedeva l’ora che le giostre e tutti gli artisti invadessero la città, era un appuntamento fisso per lui e il nonno e non si perdevano un giorno di festa mi raccontò dei punti fissi che avevano e il fatto che le cose, nonostante fossero ati diversi anni, non erano affatto cambiati. Ci fermammo al banchetto dello zucchero filato erano anni che non mi aggiravo con una nuvola bianca di zucchero fra le mani, ci fermammo ad ascoltare una bravissima musicista d’arpa e un quartetto d’archi e poi verso ora di cena Kellan mi trascinò nello spiazzale adibito a ristoranti all’aperto e mi fece assaggiare il piatto che prendeva sempre con il nonno. Quando il campanile della Cattedrale di Sant’Egidio scoccò le nove, come in un tacito accordo facemmo ritorno al negozio di erbe magiche di August dove lo trovammo già pronto ad attenderci. Indossai il meraviglioso abito rosso bordato d’oro e all’interno della cintola nascosi il sacchettino con le erbe per la pozione preparata dal mago, raggruppai il resto del mio tesoro e partimmo tutti e tre verso la Contea di Argyll. Le strade erano deserte, tutte le persone erano alla prima giornata della fiera, a noi andava benissimo avremmo potuto operare senza interruzioni o meglio sapevamo che avremmo trovato solo la persona che aveva risvegliato Vivian.

L’ombra del castello si stagliò in lontananza davanti a noi, un gigante inginocchiato illuminato solo dalla pallida luce argentea della luna, parcheggiammo al limitare della stradina dissestata Kellan fece un breve giro di perlustrazione senza rinvenire altra presenza di persone a parte noi, aiutata dai miei cavalieri scaricammo tutta la nostra roba e silenziosi ci inoltrammo tra le rovine fino a raggiungere l’antica sala del trono; mi soffermai davanti al quadro che raffigurava Emerald così identica a me eppure così diversa gli dedicai un piccolo pensiero e poi alzando la mia mano a mo’ di saluto raggiunsi gli altri che si stavano dirigendo verso la piccola porticina in fondo alla stanza che ci avrebbe portato alla cripta con le tombe, nascosi i miei attrezzi dietro alla tomba della principessa quando mi accorsi che Kellan tornava sui suoi i. - Kellan – la mia voce tremava - voglio provare a telefonare a Sean, se le tue sensazioni sono vere, ho paura che sia lui la persona che ha risvegliato Vivian.Mentre Kellan riprendeva il corridoio che lo avrebbe riportato al piano superiore mi accorsi che anche August era sparito cercai di fare grandi respiri e di calmarmi un’ora mezza e forse tutto sarebbe finito.

Sentii delle voci filtrare dalle crepe del soffitto una era di Kellan e l’altra era, come sospettavo di Sean, ci fu una furibonda litigata e poi rumori di colluttazione poi all’improvviso uno sparò squarciò il silenzio della notte, il mio cuore prese a battere più forte, chi aveva sparato? Dov’era Kellan? E August? Poi sentii nuovamente dei rumori la voce di August e la voce di Sean, no non poteva essere chi aveva sparato era Sean, mi accovacciai dietro alla lapida e in silenzio lasciai scivolare le lacrime Kellan non poteva essere morto. - Scappa vecchio tanto ti riprenderò ma prima devo occuparmi della piccola principessa. – Sentii dei i scendere per le scale così mi alzai ora toccava a me e io avrei combattuto con tutte le mie forze, per Emerald, per Duncan, per me ma soprattutto per l’uomo che amavo; feci leva sul coperchio del sarcofago che Kellan aveva preventivamente spostato, era pesante ma sarei riuscita ad aprire la tomba da sola, i i si avvicinavano sempre più feci appena in tempo ad adagiare la collana sulla mummia della principessa che Sean entrò nella cripta trascinando qualcosa che non riuscivo ad inquadrare. Un urlo mi morì in gola il verme stava trascinando il corpo di Kellan lò buttò come se fosse un sacco nell’angolo della stanza e mi accorsi che aveva una ferita sopra la clavicola sinistra da cui usciva copioso il sangue formando una pozza accanto a lui. - Scaaaarllleeettt – il suono strascicato del mio nome mi mise i brividi, - lo so che sei qui esci non ti farò del male. – La sua risata riecheggiò tra le pareti di pietra cercai di essere più silenziosa possibile mentre Sean continuava a ripetere con quel tono da pazzo il mio nome.

- Ti ho trovata! – Esclamò quando mi alzai dalla parte opposta del sarcofago; - Ho sempre sospettato di te Sean, ma non volevo crederci, preferivo fossero solo delle mie paranoie ma a quanto sembra invece non mi sbagliavo. – Cercai di non guardare il corpo scomposto di Kellan, al momento non potevo fare niente, andare da lui voleva dire essere sotto il fuoco di Sean e io dovevo resistere ancora un’ora. - Ho capito subito che eri una ragazza intelligente, ti trinceravi dietro alla timidezza ma mi accorgevo che quando mi sorprendevi a guardarti il tuo sguardo faceva trasparire la sfiducia nei miei confronti, ma quando ho capito che eri tu la persona di cui mi parlava Vivian sono stato al vostro gioco e voi ci siete cascati. Vi ho lasciato controllare i miei libri, libri che casualmente avevo trovato troppo facilmente e anche il diario di Vivian l’ho lasciato intenzionalmente sul bancone sapevo che prima o poi avresti confidato a Kellan i tuoi pensieri e Kellan non ci ha messo molto a farsi convincere e pensare che era il mio migliore amico. Sei davvero sveglia ti eri persino accorta, la sera in cui ci siamo conosciuti, che io non stavo parlando con nessuno, ho visto che hai guardato il telefono posto sul tavolo. – Più parlava e più sembrava pazzo e accecato da un furore che non conoscevo. - Perché hai fatto tutto questo? – - Perché? Hai il coraggio di chiedermi perché? Perché non ho voglia di are la mia vita ad occuparmi di libri polverosi… -

- Perché? – Ripetei ormai urlando, Sean alzò la pistola puntandola nella mia direzione e poi sempre tenendomi sotto tiro con l’arma esplose in una sadica risata. - Perché voglio la gloria e il potere, voglio la ricchezza… Ma vedi non sono io è il mondo che me lo chiede perché ci sarà sempre qualcuno che vorrà avere la supremazia su tutti gli altri e allora perché non io eh, perché non io? – Il suo sguardo sembrò farsi un po’ vitreo e io speravo di aver recuperato abbastanza tempo ma dovevo disarmarlo ma la stanza non mi permetteva nessuna via di fuga. - Ora consegnami tutti i tesori della principessa e nessun altro si farà del male. – - No! - Vivian avrà pietà di te se collaborerai e forse potremmo essere tutti felici, Vivian potrebbe anche salvare la vita del tuo fidanzato. – Mi venne da ridere, voleva essere un genio del male ma credeva ancora che Vivian l’avrebbe risparmiato. - Pensi che Vivian ti lascerà vivere dopo che avrà riconquistato al pieno i suoi poteri? No ti ucciderà come ucciderà tutti noi. – - No ti sbagli, lei mi ama e mi ha promesso che avremmo regnato insieme, che avremmo riavuto la gloria di un tempo ato. –

Una lieve scossa del pavimento ci fece traballare, dal soffitto in cui si erano aperte nuove crepe iniziava a scendere un po’ di polvere di calcinacci e il campanile in lontananza stava ci annunciava che mancava un quarto a mezzanotte. La scossa però involontariamente mi aveva aiutato disarmando il pazzo che avevo davanti, fui investita da una lieve folata di vento che iniziò ad avvolgermi dalle spalle e una voce nella mente mi suggerì di pensare a ciò che volevo visualizzare, non capivo questa strana richiesta ma più di una volta quella voce era venuta in mio soccorso e così accucciandomi nuovamente accanto al sarcofago della principessa visualizzai un piccolo arco di legno intarsiato, sapevo che Emerald era brava a tirare con l’arco e sperai che lo fossi anche io; ancora accucciata mi concentrai su un’immagine mentale cercai di evocare l’arco che avevo visto sui libri prestati da Sean e come per incanto quella piccola arma grezza si materializzò nelle mie mani mentre Sean si stava riprendendo dalla caduta cercando di recuperare la pistola che durante la scossa era scivolata verso il corpo di Kellan ancora privo di sensi, l’uomo non si era accorto di me e quando finalmente si girò nuovamente nella mia direzione pronto a fronteggiarmi si trovò sotto mira dalla mia freccia. Non ebbi modo di pensare ulteriormente e pregando sperai che la freccia colpisse esattamente il mio bersaglio. Un sibilo fendette l’aria intorno a noi e la freccia si conficcò senza far rumore dritta nel cuore di Sean che si accasciò a terra esalando l’ultimo respiro.

- Kellan! Kellan – la pozza di sangue si era estesa parecchio e Kellan sembrava una statua di marmo il suo colorito pallido mi diceva che gli restava, se non fosse stato curato immediatamente, ancora poco da vivere; senza pensarci su più di tanto, decisi di strappare una delle lunghe maniche del mio abito e iniziai a tamponare la ferita cercando di fermare la fuoriuscita del sangue, dovetti provare più volte le mani mi tremavano ma finalmente August giunse in mio soccorso. - Non c’è più tempo, ho sviato Vivian per un po’ ma a breve ci sarà addosso e purtroppo ho scoperto che è in possesso dell’ampolla che contiene i suoi poteri dobbiamo fermarla, ci penso io a Kellan tu restituisci l’anima alla principessa. Il campanile iniziò a suonare il primo rintocco della mezzanotte, August guardò quella macchia scura e vaporosa che si stava formando sul soffitto, - presto Scarlett rompi il rubino con la spada. – Senza farmelo ripetere due volte e tenendo d’occhio la macchia scura presi la spada che giaceva ancora ai miei piedi e come mi era stato detto infilzai con molta attenzione la collana con il ciondolo che avevo appoggiato sopra la principessa; non appena la punta entrò in contatto con la pietra preziosa questa si frantumò liberando un raggio di luce come lingue di fuoco che ci avvolse tutti.

La nube nera stava assumendo la forma di una donna avvolta da un mantello, con le mie mani ancora attorno all’ansa della spada, vidi il volto della strega sfregiato in una maschera d’orrore un urlo si levò da quel buco nero che doveva essere la bocca, la vidi girarsi verso di me con un ghigno dipinto su quel volto bruttissimo ma non fece in tempo a raggiungermi che August si era già alzato a contrastarla creando intorno a lei un cerchio di energia che le impediva di muoversi, ma fu proprio quel cerchio che in realtà ci condannò tutti la boccetta trafugata dalla strega le cadde di mano investendola con un manto grigio come il fumo; - Fermale con la pozione che ti ho dato altrimenti sarà la fine - mi portai più vicino ad August proprio mentre un fulmine prodotto dalle mani della strega si abbatteva su di lui investendolo in pieno, la strega aveva riottenuto i suoi poteri e io avevo fallito la pozione non serviva più e mentre vedevo il mio amico cadere cercai di fare un ultimo disperato tentativo, caricai Vivian con la spada ancora in pugno ma la strega fu molto più veloce di me ad intercettare il mio colpo e proprio come aveva fatto con il mio amico fece volare la mia spada dall’altra parte della stanza e in un attimo stavamo entrambe rotolando sulla fredda pietra.

Non poteva finire tutto così, non potevo morire e lasciare che quella donna potesse incantare qualsiasi altro essere umano pur di raggiungere i suoi scopi di potere e vendetta; cercai di togliermela di dosso ma con dei filamenti prodotti dalla sua magia mi teneva premuta per terra, le sue mani strette intorno al mio collo, faticavo a respirare quando la voce di poco prima cercò di farsi spazio tra i miei pensieri affannosi “usa il sangue”. Usa il sangue cosa voleva dire? Possibile che… Cercai di girare la testa per vedere dove si trovasse la spada, era troppo lontana e poi mi ricordai della spilla, l’avevo fissata al sacchetto delle erbe, cercai di sfilarla senza che la donna se ne accorgesse, iniziava a mancarmi l’ossigeno al cervello e dei puntini neri iniziarono a ballarmi davanti agli occhi, aria mi mancava l’aria, con l’ago della spilla cercai a tentoni la punta del mio dito e facendomi coraggio mi punsi fino a far uscire il sangue, cercai di coprire per bene tutta la punta della spilla ma soprattutto speravo con tutta me stessa che il piano funzionasse e usai la spilla come un pugnale cercai di spingerla più in fondo possibile e poi scivolai anche io nell’oblio.

Sentivo dell’aria fresca accarezzarmi, era un’aria che portava i profumi dell’estate, dei campi in fiore dei sassi bagnati dal lago, intorno a me sentivo delle voci che bisbigliavano e io per un momento pensai di trovarmi nella mia casa a Milano, sotto le mie lenzuola fresche di bucato ma non riconoscevo le voci intorno a me, poi, pian piano cercai di tornare alla realtà ero ancora sdraiata sulla fredda pietra del castello, spalancai gli occhi, la strega? Di lei era rimasto solo il vestito che mi copriva come una coperta dolorante cercai di alzarmi, Vivian era morta la mia idea alla fine era servita, con lo sguardo cercai Kellan e vidi che era ancora addormentato ma ora il suo respiro sembrava essere regolare nessuna traccia però di August e speravo con tutto il cuore che si fosse salvato, il cadavere di Sean era ancora accasciato contro la parete con il torace trafitto dalla mia freccia e poi alla fine la vidi, dietro di me una luce abbagliante, mi coprii gli occhi con una mano e piano mi accorsi che in quella luce accecante stava prendendo forma la sagoma di una donna. - Grazie per aver riportato a casa la mia anima. - Mi alzai in piedi e mi avvicinai senza avere paura che potesse farmi male, dentro di me ero tranquilla, in un certo senso ero tornata a casa anche io. - La mia anima ha fatto mille viaggi durante il mio sonno inquieto fino a quando non ha trovato te, speravo che fossi quella giusta e non mi sbagliavo. –

Era strano parlare con uno spirito identico al mio e così fra le mille domande che mi si affollavano fra la mente posi la più stupida e la più semplice allo stesso tempo. - Perché io? - Sei una reincarnazione... - questo fu tutto ciò che mi disse, non ero pazza, non mi stavo sognando niente, semplicemente quella sottile linea tra il possibile e l'impossibile tra il normale e il paranormale aveva deciso, nel mio caso, di fare una deviazione e di mettermi esattamente sullo stesso piano astrale di ciò che ero, di ciò che fui, avevo semplicemente avuto un assaggio di una mia vita precedente. In ato ero stata principessa celtica, una figlia illegittima ma avevo conservato il cuore puro della mia sorellastra. Emerald si guardava intorno e poi il suo sguardo si posò sull’orizzonte, su una collina che sovrastava le rovine e mi disse che là giaceva il suo cuore, un cavaliere valoroso che aveva combattuto fino all'ultimo respiro per salvarla; chiuse, con le sue mani, le mie a coppa sulla spilla, mi disse di arrivare fino in cima dove una croce celtica era di guardia verso l'oceano. Mi guardai intorno e scovai una piccola porticina cercai di aprirla e scoprii un'uscita non segnalata dalle guide del museo, varcai quella piccola soglia dietro di me il lago dormiva ancora immerso nella fredda luce della luna regalandogli sfumature d’argento, senza voltarmi indietro corsi a per di fiato fino in cima alla collina che dominava il mare, corsi senza mai voltarmi indietro fino al luogo indicatomi dallo spirito.

C'era davvero una grande croce in pietra ricoperta in parte dal muschio ed erbacce, la donna si materializzò anche se non era esatta questa descrizione per lei, al mio fianco, non attesi che la principessa mi desse altre indicazioni, come se già sapessi cosa dovevo fare, presi dall’interno delle maniche del mio vestito la spilla di Tara l'appoggiai ai piedi della croce, il vento si alzò all'improvviso e il mare fece sentire più forte la sua voce, mi sentivo così bene in quel luogo pacifico, che quasi mi stavo dimenticando della battaglia che si era svolta poco prima nella cripta del castello; all'improvviso una luce accecante mi fece arretrare, la luna fece capolino dalle nuvole dove si era nascosta e il mare calmò la sua furia con una mano cercai di pulire la pietra della croce e vi trovai inciso solo una parola Duncan. Il vento freddo proveniente dal mare mi sferzava il viso e fece mulinare i miei capelli intorno al mio viso come una lieve carezza, sentii una mano appoggiarsi sulla mia spalla. - Mi sono perso qualcosa? - Fu il commento che mi rivolse Kellan che un po’ curvo su se stesso con il braccio fasciato ancora dal mio abito rosso mi aveva raggiunto arrancando su per la collina, non appena sentii la sua voce alle mie spalle il mio cuore perse un battito e senza dire niente mi voltai catturando le sue labbra con le mie. - No, sono solo tornata a casa. – Kellan mi abbracciò con il braccio non dolorante e insieme guardammo due strisce luminose alzarsi dall’erba, due strisce di polvere di stelle che incrociandosi sembravano danzare e abbracciarsi mentre insieme si innalzavano verso il cielo stellato.

Edimburgo era diventata la mia casa e quel giorno poi era il giorno più bello della mia vita, la grande casa dove Kellan aveva trascorso la sua infanzia si era vestita a festa, fiori bianchi e lilla, palloncini e tanta gente che si divertiva; ma la cosa che più mi rendeva felice era avere tutti i miei amici intorno mentre io sulle note di Nuvole Bianche di Enaudi percorrevo, con un meraviglioso vestito bianco a sirena nel cui centro del corpetto troneggiava una copia della spilla di Tara, un sentiero disseminato di petali bianchi al mio fianco la mia migliore amica Ella e davanti all’altare il principe che ogni bambina sogna, Kellan bellissimo e sorridente in un completo scuro. Il prete iniziò la funzione e io e Kellan ci fissavamo negli occhi come se ci fossimo solo noi due e mentre lui mi sorrideva con occhi luminosi non potei non mandare un saluto ad August il vecchio mago a Emerald e Duncan le cui anime ora ci vegliavano dal cielo e a Sean che era morto per conquistare avidità e potere, poi, riportai i miei occhi sul volto raggiante di Kellan mentre insieme dicevamo si.

Ringraziamenti al sapor di tequila e cupcake alla vaniglia

Per prima cosa vorrei ringraziare l’artista che ha creato la copertina, quindi, un caloroso ringraziamento a Lilith Fate per aver creato esattamente ciò che la mia mente immaginava. Un ringraziamento particolare va a Mariangela, alias MaryB., alias “ridanciana” tu fai parte di quel gruppo di amici che ho avuto la fortuna di incrociare sulla mia strada un anno e mezzo fa e so che rimarranno per tutta la vita. Grazie MaryB. per aver sempre creduto in me, per avermi spronato e per avermi aiutato, ti mando un grande bacio anche se so che non ami certe effusioni. Grazie a Bi per sopportarmi tutti i giorni e soprattutto quando la mia mente era persa per le Higlands scozzesi. Un bacione alcolico ma rigorosamente senza ghiaccio ad Antonella, mi sembra di conoscerti da sempre e grazie per avermi portato al concerto degli HIM e avermi fatto vedere il Valo dal vivo è stata una serata davvero divertente. E poi certamente non mi dimentico di voi e quindi grazie a Grazia per l’aiuto con il pittore spagnolo, un grazie anche a sca, Jennifer, Luciano e Chris, siete tutti parte di quel gruppo di pazzi con cui amo stare. Beh e poi ovviamente un grandissimo grazie alla mia famiglia.

LA PLAYLIST DI EMERALD

Una volta qualcuno mi ha detto che lui ed io siamo due artisti minori, perché l’artista più grande è la musica, senza di lei infatti io non riuscirei a scrivere e così ho deciso di regalare a voi lettori la colonna sonora di questa storia:

Behind blue eyes by Who Say my name by Within Temptation Imaginaerum album by Nightwish The story by Brandi Carlile The Grimm tales by Nox Arcana Night of the wolf by Nox Arcana See you soon by Lord of the lost Rain by Project Pitchfork Lord of the ring madley by Lindsey Stirling Under the rose by Him How to train your dragon soundtrack Nuvole bianche by L. Enaudi Brave soundtrack Flower of Scotland

Nota dell’autrice

Emerald non ha la pretesa di essere un romanzo storico tutti i personaggi storici sono nati dalla mia fantasia. Il castello nella contea di Argyll esiste davvero e davvero è stato bruciato non nel medioevo ma qualche secolo dopo.

Ai sensi della L. 22 aprile 1941, n. 663 e successive modificazioni l’opera “Emerald” è protetta dal diritto d’autore.

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, trasformata, utilizzata o trasmessa, in nessuna forma o mezzo, senza il permesso scritto dell’autrice.

L’utilizzo abusivo dell’opera costituisce reato.

Notes

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