Astro Del Ciel 6y201l

Gibo Mitis

Astro del ciel

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Indice dei capitoli

PREMESSA LA PARTICELLA DI DIO IL DIRITTO ROMANO IL MITO DI ROMOLO QUIRINO LO SPIRITO SANTO IL PAGANESIMO DEI MISTERI MENTALITA' LATINA E TRADIZIONI LE INAUGURAZIONI I MISTERI ELEUSINI CENNI SU ANTICHI MITI SCRITTI DI ORIGINE DIVINA ANNIBALE E LA MADONNA ASTRO DEL CIEL LA CROCE SIMON MAGO BREVI CENNI DI STORIA ROMANA L' IMPERO ROMANO ED IL CRISTIANESIMO GLI ESSENI

SAN PAOLO ANCORA E SEMPRE MIRACOLI FLAVIO VALERIO COSTANTINO COSTANTINO ARIANO UN BALLETTO DI PAPI LA RELIGIONE DELL'IMPERATORE GIULIANO

PREMESSA

La condanna di Cristo fu indubbiamente un atto iniquo, indipendentemente dal fatto che appartenesse alle divinità o che fosse un umano predicatore. Tuttavia l’aspetto più incredibile di quella tragedia, è che proprio coloro che si ritengono i massimi seguaci del loro Salvatore cioè i cattolici, sono i primi a crocifiggerlo costantemente, nel corso delle loro esistenze terrene. Cristo venne torturato ed ucciso, non da questa o quella società, ma dalla eterna ottusità di chi sente di avere un particolare merito, svolgendo la parte del cieco fedele; l’episodio ricordato non è limitato nel tempo, ma si ripete ogniqualvolta viene accusato un qualsiasi personaggio, solo per le sue idee. Se si riesce a comprendere questo concetto, risulta chiaro che un identico significato della crocifissione, è anche quello attuato dalle torpide menti dei vicari di Cristo, quando hanno combattuto ogni apertura mentale, con feroci repressioni durate secoli. Ancora oggi tentano di evitare la stampa o la lettura di testi oggettivamente storici, ma in contrasto con le tante falsificazioni costruite nei secoli, dal cristianesimo e dalla Santa Sede in particolare. E’ per tale motivo che Cristo viene costantemente torturato ed ucciso, proprio da coloro che dicono di rappresentarlo in Terra e dai loro seguaci. I papi del cattolicesimo hanno cresciuto un tipo di fedeli che si affidano più volentieri ad una pessima copia, piuttosto che all’Originale. Cristo in moltissimi casi è come se si fosse presentato in veste di fustigatore per combattere anche l’operato della Santa Sede, onde richiamare le sue principali guide, ai compiti che si erano preposti di seguire. Un identico atteggiamento di quando Gesù in vita, accusava gli ipocriti traditori del suo ebraismo. Persino qualche cattolico ha ricevuto la forza o la grazia divina, per censurare gli atteggiamenti dei papi, che regolarmente si sono allontanati sempre più dai principi cristiani. La fine che fecero questi contestatori, ritenuti eretici od inviati del demonio è ampiamente documentata. Una funzione più o meno equivalente a quella di un futuro pontefice, al tempo di Cristo la rivestiva Caifa, il massimo sacerdote giudeo che rappresentava la voce di Dio per i suoi fedeli, quindi anche le sue indicazioni andavano rispettate senza

la minima critica. Per Caifa Cristo era un bestemmiatore da uccidere senza attenuanti. Il popolo dei suoi ciechi seguaci, ipnotizzato dalla fede urlava crucifige! Crucifige! Con la medesima presunzione degli antichi giudei, persino S. sco sarebbe stato il primo a pretendere la condanna di Gesù, atto che ha più volte dimostrato di condividere, analizzando la sua biografia, privata delle tante agiografie. Nel Cantico del sole o delle Creature esprime amore e spiritualità per ogni animale o cosa, compresa sorella morte, ma non per coloro che il suo papa considerava nemici. La prima caratteristica dello stesso San sco cattolico non era l’umiltà, perché nel più profondo intimo, lo comandava una forma di ipotetica superiorità; si riteneva appagato e degno di eterni riconoscimenti, adeguandosi ciecamente al volere di colui che considerava il VICARIO di Cristo. A parte il raggiungimento dei suoi desideri, per i quali fu pronto a condizionare il pontefice. Per molto altro ha sempre evitato accuratamente di giudicare l’agire del suo papa, alla luce di una coscienza caritatevole o spirituale, ed è stata proprio la sua chiusa obbedienza a costui, che ne ha fatto uno dei principali santi. sco d’Assisi nacque nel 1182 e morì nel 1226; Innocenzo III era nato nel 1160 e cessò di esistere nel 1216; pochi decenni di differenza tra il poverello ed il suo papa. Pur di vedere approvato il suo ordine, S. sco ebbe vari colloqui con Innocenzo III, venendo anche beffeggiato da costui, senza mai rinunciare alla sua idea; più di altri sapeva perfettamente che tipo fosse quel pontefice. Quando lo stesso papa, nel 1202 indisse la IV crociata contro gli infedeli di Gerusalemme, S. sco la seguì per combattere, tentò persino di convertire il sultano alla sua religione ritenendola la migliore, senza minimamente concepire che le stesse crociate, erano azioni perfettamente opposte agli insegnamenti cristiani. Era questo un ulteriore preconcetto di presunzione, del tutto opposto alla modestia, sul quale sorvoliamo, ma il suo caro pontefice fu uno dei più feroci persecutori, soprattutto di cristiani non cattolici. S. sco non provò mai e poi mai, nessuna pietà per costoro e non accennò ad una sola parola di condanna per l’operato di Innocenzo III, neanche quando quel terribile criminale, si scagliò con estrema crudeltà contro inermi

popolazioni pacifiche. Migliaia e migliaia di morti, compresi donne, vecchi e bambini anche lattanti, che non fecero modificare di una virgola, la fede del poverello nell’operato di Innocenzo III. Furono colpiti Catari, Valdesi, Albigesi; contro alcuni di essi venne anche indetta una pubblica crociata; S. sco nonostante sapesse perfettamente, approvava quegli orrori ed eccidi. E’ ovvio e lampante che se fosse vissuto come fedele di Caifa, avrebbe condannato con identica ottusità mentale, lo stesso Cristo. E se ciò accadeva ad un essere tanto attento alla spiritualità, figuriamoci quale eccesso di cieca superbia avvolgerà tutti i cattolici, quando a partire dalla controriforma del Concilio di Trento del 1542, potranno anche fregiarsi di una presunta assoluzione dal significato cosmico, che dovrebbe candeggiare a ripetizione, ogni animo privato della sua coscienza. Ma cosa è questa fede che ci permette di compiere i più gravi misfatti, nella convinzione di essere addirittura premiati? Fides et Ratio è una recente enciclica in proposito, emanata nell’ottobre del 1998 dal pontefice Giovanni Paolo II, con il contributo del cardinale Ratzinger, ma fede e razionalità non hanno alcun elemento in comune, quindi arrampicarsi sugli specchi e ricevere massimi attestati di lode, fa venire a mente la favola di Andersen intitolata “I Vestiti nuovi dell’imperatore”. Grandi dignitari di corte, per timore di fare la figura di gente ignorante, lodavano le nudità del re, come se fossero rivestite di magnifici abiti. Solo un innocente bambino gridò per primo: l’imperatore è nudo! Innocenti bambini non ancora omologati, nel cattolicesimo sono molto rari, comunque neanche un cieco fedele adulto, sarebbe in grado di leggere per intero quella magnifica enciclica suonata a quattro mani; meno che mai riuscirebbe a comprenderne il senso. Provare per credere. I tempi cambiano e tante consapevolezze, dovrebbero prendere il posto di miti ed antichissime superstizioni, come ad esempio quelle riguardanti miracoli, apparizioni, guarigioni, pianti in lacrime e sangue che in origine accompagnavano la fede dei pagani per i loro santi protettori, di secoli precedenti a Cristo, oltre alle credulità per gli innumerevoli prodigi delle divinità

e dei numi, che successivamente hanno determinato una identica fede per Cristo, Madonne ed identici santi, esaltati dalle idolatrie del cattolicesimo. Oggi iniziamo a conoscere il meccanismo della evoluzione ed il comportamento AUTONOMO di masse di neuroni cerebrali e non. Da pochi decenni abbiamo la certezza che il genere umano, come tutto l’universo che ci circonda, muta in continuazione, subiamo un continuo cambiamento od una evoluzione, mentre fino a pochi anni orsono, si pensava che tutto fosse rimasto identico, a come ogni generazione osservava l’umanità del suo tempo ed il contesto circostante. A parte probabili principi di vita provenienti da altri corpi celesti, l’uomo come animale particolare del pianeta Terra, esiste da milioni di anni ed anche egli è stato sempre diverso. Prima di poterlo classificare come tale, ha ato diverse fasi, compresa una che lo rendeva assai simile ad un topo. Niente di fantascientifico, ma tutto evidente persino nel corso del nostro accrescimento embrionale. Quale fosse il primo uomo descritto dal Vecchio Testamento, non potremmo definirlo mai, comunque anche saltando precedenti forme ed altre centinaia di miglia di anni, non avrebbe avuto alcun bisogno di coprire le cosiddette nudità, ben nascoste da una folta pelliccia. Meno che mai avremmo bisogno di un Salvatore per assurde colpe, forse di un ominide simile ad una scimmia o precedente. Ci sono volute ulteriori centinaia di migliaia di anni, prima che potessimo comprenderci tra noi tramite un linguaggio, eppure man mano che il Signore creava il mondo, compreso un primo uomo già bipede, nudo ed evoluto, gli sussurrava i nomi di ciò che andava formando. Concetti semplicissimi, da considerare come assurdità, ma ancora il più importante è sapere con quale tipo di Adamo, ebbe a discutere il Signore. Oggi pur volendo avere fede, non sarebbe possibile capire chi fu il primo rappresentante di tutta l’umanità, che ebbe la forza straordinaria, di contrastare persino il suo Creatore. Da tempi infiniti, sempre una fede cieca ci ha indotti ad immaginare che avessimo bisogno di un Salvatore dell’umanità, ma siamo impazziti del tutto o cosa? Tutto un complesso di astrazioni senza senso, potrebbe crollare come un castello di carte, solo prendendo atto che la fede non è un dono divino, ma una ulteriore presunzione umana; in tal caso franerebbe all’istante ogni filosofia soteriologica; improvvisamente non avremmo più la necessità di affidarci ad uno

dei tanti Salvatori, tipo Prometeo od allo stesso Gesù Cristo. La fede fa brutti scherzi, impedendoci di crescere; è ancora la stessa fede che per millenni ha fatto credere ad alcuni, che i maschi avessero una costola in meno della donna ed infinito altro da vergognarci. Oggi per chi vuole sapere c’è moltissimo da riparare e possiamo anche comprendere il percorso che ci ha condotti alla fede. Non si perde niente di niente, anzi riusciremmo ad interagire con la massima umiltà, persino con meravigliosi extra terrestri, quali sono i vegetali. Un moderno Salvatore sarebbe colui che riuscisse a ridare una completa libertà intellettiva e di coscienza, anche ai ciechi fedeli più ottusi. Non Fides et Ratio, ma intelletto che spiega la fede, è molto più semplice e lineare da comprendere, anche se moltissimi sono ancora convinti che perdere una superstizione tanto atavica, comporterebbe la loro dannazione eterna. A partire dai frequenti sconvolgimenti geologici, una volta cessato un qualsiasi fenomeno distruttivo, è emersa sempre una sola categoria di umani dotati di neuroni astratti, costituita dai sopravvissuti. Dal tempo dei tempi, ciascuno di costoro ha cercato un suo particolare motivo, per giustificare la propria salvezza, mentre i tantissimi che non furono altrettanto fortunati, non solo non hanno potuto esprimere la loro rabbia e disillusione; meno che mai hanno procreato discendenti, ai quali trasmettere le loro esperienze negative. Quando a loro volta gli eredi dei sopravvissuti hanno subito qualcosa di simile, essendosi salvati hanno incrementato la fiducia in qualche comportamento cervellotico, mentre ancora una volta, coloro che furono molto più fiduciosi in un loro idolo, che si comportarono sotto ogni aspetto religioso, assai meglio di altri o che seguirono le stesse superstizioni, ma non ebbero fortuna, non incisero mai in senso opposto. Generazione dopo generazione, tutto ciò che chiamiamo fede, si é confermato ancora e sempre in una sola direzione, senza la minima possibilità di un’esperienza contraria. Questa in sostanza è una delle tante aberrazioni della nostra astrazione, che però va avanti imperterrita, di padre in figlio. A lungo andare i geni della riproduzione risultarono sensibilizzati in tal senso; da

un certo tempo in poi, fin dal concepimento, assieme a tante altre caratteristiche, già abbiamo ricevuto un DNA che svilupperà la struttura corporea, ecc. Inoltre senza neanche saperlo, dovremo rispettare tantissime astrazioni di nessun significato. Tra queste una che riteniamo assai importante, ci induce a credere in qualcosa che potrebbe tenerci lontani dalle negatività. In termini allegorici è come se si formasse un contenitore, già predisposto per accogliere tutto ciò che concerne qualsiasi astrusità sul tema fede. Ciò avviene anche per il linguaggio e tanto altro, ma da millenni il nostro egocentrismo ci ha convinti che la fede sia un segno distintivo, un dono particolare che proviene ancora e sempre, dal Cielo. Purtroppo questa fede ci ha condotti assai lontano da un certo denominatore comune, dell’intera sfera biologica. Potremmo chiamarlo Consapevolezza universale, ma è proprio quel misterioso accomunamento, che dovrebbe renderci umili e gratificati nelle stesso tempo, godendo appieno di quel meraviglioso segreto che unisce TUTTI gli appartenenti al principio VITA. I diversi culti sono tanti e possono variare con frequenza, mentre il concetto generale della fede, continua imperterrito a crescere senza avere nessuna opposizione. Quando un qualsiasi contesto, più o meno religioso, si è attestato nel serbatoio della fede, è quasi impossibile modificarlo od anche semplicemente controllarne il valore oggettivo, con la razionalità di adulti. Ecco perché anche un cattolico guidato dalla fede, sarebbe il primo ad uccidere persino Cristo, purché lo richieda l’autorità religiosa alla quale ha ceduto la sua etica, la sua naturale spiritualità, la sua capacità di valutazione, la sua intelligenza, ecc. La paura dell’ignoto è tanta, quindi continuare ad affidarsi al primo che ci ha invaso la mente infantile, ci svincola dalla necessità di usare il nostro pensiero di adulti. In tali condizioni è quasi impossibile, poter valutare cosa ci hanno messo in testa, addirittura da prima di nascere. A distanza di molte generazioni, tuttavia riusciamo ad esaminare con una certa intelligenza, almeno le più fantasiose credulità del ato remoto. Preso atto di questa realtà, è forse molto più semplice immedesimarci da subito, nella condizione di chi un domani, si troverà a giudicare il pensiero religioso del nostro oggi Al tempo di Cristo in particolare, erano molti i miti che morivano e risorgevano;

TUTTI i tanti culti pagani dei Misteri, avevano una equivalente quaresima e Pasqua di RESURREZIONE, in forma di ricorrenze annuali. Quali fatti e condizioni, permisero di farci credere che un uomo vero, e non un mito sia risorto? Non appaiono riferimenti bibliografici al testo che segue, perché nato come ricerche personali, dopo aver accertato che seguendo dottrine, corsi spirituali, Azione Cattolica, ecc. si intendeva fare dell’autore, anziché un credente convinto, uno dei tanti creduloni di sempre. Subentrato l’estro di farne una pubblicazione, sarebbe stato quasi impossibile risalire ad ogni scritto consultato. La semplice soluzione è stata quella di riportare solo fatti, che sono presenti in un medio dizionario enciclopedico, tralasciando tanto e tanto altro. Buona lettura.

LA PARTICELLA DI DIO

Gibo Mitis

ASTRO DEL CIEL PARTE PRIMA

Le recenti ricerche riguardanti l’origine della materia e dell’intero universo potrebbero essere paragonate al biblico desiderio di innalzare la torre di Babele. Un tempo si tentava di raggiungere la sede di Dio in CIELO, mentre al giorno d’oggi si vorrebbe compiere un’equivalente offesa, cercando di imitare la Sua Creazione, tuttavia il vero affronto non è quello di osare qualcosa di presuntuoso o di genericamente offensivo nei confronti di Dio, ma è esattamente il contrario, nel senso che si vorrebbe ancora una volta, chiudere la mente umana entro una capocchia di spilla. La nostra miseria non ha avuto limiti nell’immaginare un Dio sempre temibile, ma soprattutto di un livello tanto umanoide da farlo sconfinare troppo spesso nel ridicolo, pure gravato da evidenti contraddizioni in termini. Un dato di fatto certo anche per i cristiani, in quanto riportato nel Vecchio Testamento, è che il Signore impedì agli uomini di innalzare la torre. I suoi fedeli non hanno dubbi, eppure in tempi molto più recenti, i successori di coloro che ne furono impediti, hanno potuto tranquillamente giungere ben oltre l’altezza della più avveniristica torre. Tentare di salire sempre più in alto e non trovare mai il Signore, quantomeno avrebbe costretto a suo tempo e dovrebbe costringere un certo tipo di credenti di ieri e di sempre, a rivedere completamente ataviche baggianate come quella che gli alti spazi oltre la nostra testa, fossero l’habitat di vari numi di ogni ordine e grado; probabilmente anche costoro se avessero potuto innalzarsi, si sarebbero aperti ad una visione assai meno materiale e meschina della loro idea di un

Essere Superiore, ma anche nel nostro oggi cercare la cosiddetta particella di Dio, nella sostanza ci obbliga ad ampliare la mente in una direzione più elevata di qualsiasi particella e ben oltre l’intero soggetto energia. Per millenni dopo millenni, abbiamo attribuito a Dio le caratteristiche della potenzialità energetica e finalmente è ora di alzare lo sguardo per comprendere tutto ciò che non abbiamo neanche tentato di conoscere, per timore di un antico Signore. Senza nascondere la testa nella sabbia è arcinoto che ogni tot generazioni avviene qualcosa di nuovo che ci obbliga ad aggiornare il nostro credere. Per quanto si possa tentare di tramandare il ato, arriva il momento che è impossibile violentare ulteriormente la mente, al punto di impedirle il minimo ragionamento. Tanto per fare un esempio, dopo aver compreso che i presunti lumicini delle notti stellate sono immensi ammassi di energia, non è più possibile osservare le loro diverse posizioni per ricavarne leggende, a volte poetiche ma sempre fantasiose storie di numi ed umani particolari, proiettate in costellazioni, ecc. Dal periodo della torre, quasi nessuno ha fatto caso che quel Signore non si è più opposto e che ci ha permesso di giungere immensamente più in alto di una torre, attraverso comuni aerei e razzi interplanetari. Evidentemente qualcosa era mutato da tempo; probabilmente il Dio biblico si era ritirato volontariamente, sfinito dal soffiare la vita in ogni nuovo nato, oltre ad essere ossessionato da un incessante caos di implorazioni, orazioni, atti di sottomissione e richieste di ogni tipo, provenienti tutti i momenti da ogni angolo del globo, che gli impedivano persino di riposarsi un solo attimo. E ne aveva estremo bisogno, se dopo solo sei giorni di fatiche della Creazione, aveva sentito la necessità di suscitare dal nulla, persino il senso della spossatezza per se stesso. Dopo averlo imposto a coloro che ancora vivevano nell’Eden, forse volle provarlo su di se per farsi una minima idea di cosa andasse confezionando. In precedenza si doveva essere impegnato a contrassegnare la sua eternità in una infinita serie di sette periodi ricorrenti, che avrebbe chiamato i giorni della settimana. Poi sempre attraverso la Bibbia, ha fatto sapere che ne aveva usati sei per la Creazione, ma che nel settimo, per l’appunto si era dovuto riposare. Di conseguenza decise che fero così anche gli umani, ma per dedicare alla sua Persona, quegli attimi di eternità da Egli prefissati.

Riguardo alla torre, un’altra certezza tangibile è che dopo di Lui qualcuno ha tranquillamente consentito agli umani, di realizzare macchine volanti di gran lunga superiori a ogni torre di Babele. Non è possibile che il medesimo Dio immensamente giusto, abbia potuto tenere due pesi e due misure. Ad alcuni umani impedì di avvicinarsi al Cielo con una misera torre, ai loro successori ha poi tranquillamente concesso di andare ben oltre. Appare evidente che gli è subentrato un diverso trascendente, il quale essendo ancora abbastanza sconosciuto, gode tuttora della consolazione di non essere obbligato ad ascoltare litanie, cori di osanna ed ipocrite dimostrazioni di affetto, che si susseguono imperterrite dal tempo in cui pavidi umani dalla mentalità servile, privi di decoro e razionalità, si umiliavano terrorizzati di fronte allo scatenarsi di Potenze occulte. Manifestazioni della natura che erano interpretate come azioni volontarie da parte di potentissimi padroni assoluti. Immaginando che questi Esseri ogni tanto fossero preda di strane esigenze di tipo umano, dovevano incensarli in vari modi e ripetutamente, per tentare di tenerseli amici. Le preghiere, per lo più ripetitive ed anche proferite all’unisono da più persone, divennero uno dei più sicuri mezzi per essere ascoltati ed individuati anche singolarmente. In aggiunta i generali sacrifici umani, furono la prima risposta scientifica per minimizzare i danni; l’ultimo terremoto si era fermato dopo aver fatto scomparire la più bella fanciulla? Era ovvio che il potente Padrone si era invaghito di lei e che l’aveva cercata con furore, fino a che l’aveva fatta sua, tanto ciò era ovvio che immediatamente dopo si era calmato. In situazione analoga, l’homo già sapiens, comprese che era opportuno fornire generosamente l’oggetto del precedente desiderio, cioè quello più simile all’ultima vittima, dopo la quale tutto era cessato. Prova e riprova sotto la guida del più giusto interprete delle volontà del Potente, guarda caso tutto si placava. Se non avessero avuto una tale guida, chissà quante altre vittime avrebbe fatto. Naturalmente trattandosi sempre di umani, ci fu chi ne approfittò, comunque l’aspetto più importante restava quello di avere un certo terrestre, toccato da una superiore vocazione, che sapesse come dialogare con le Alte Sfere. E da allora l’inutile gioco di parole, costituito dalle preghiere, specie corali sotto la guida di eterni intermediari tra cose del CIELO e comuni terrestri, si è moltiplicato a non finire, ma senza mai chiedersi da dove nasce questa presunta necessità, che si tramanda di padre in figlio. In ogni caso la loro funzione è solo teorica come l’effetto di un placebo. E’ certo che non hanno mai

modificato, naturalmente a priori, gli eventi che ci capitano tra capo e collo. Come avviene da sempre, solo a posteriori, supponiamo di aver impietosito un qualsiasi equivalente del primitivo Signore assoluto, tramite le nostre inutili preghiere, mentre per quanto concerne il concetto fede, dovrebbe apparire chiarissimo quanto espresso in premessa. D’altronde ragionando esclusivamente in una visione personale e totalmente chiusa su noi stessi, non abbiamo mai preso in considerazione un qualsiasi elemento oggettivo che possa fare da paragone, per comprendere come e perché dovremmo essere superiori ad ogni altro vivente. In tale ottica, ci siamo creati una certezza che ci preclude a priori ogni domanda in tal senso. Vero o falso che sia, purtroppo deduciamo questa superiorità esclusivamente dal nostro pensiero astratto, quello stesso che ci ha convinti dell’esistenza di un Essere estraneo alla nostra mente, il quale ci avrebbe definiti tali. Un vuoto gioco di pensieri e parole, che ruota attorno a se stesso, illudendoci che sia estraneo alla stessa mente umana. Comunque ragionando con il nostro metro e con le nostre limitazioni, almeno dovremmo avere il coraggio di constatare che, secondo la nostra logica, il mondo peggio di così non poteva essere immaginato. Avendo la più ampia libertà di azione, neanche un totale pazzo criminale, sarebbe riuscito ad ipotizzare tante condizioni contrastanti, crudeli ed avverse. Cibo e fame, acqua e sete, amore e dolore, il grande che prevale sul piccolo, vita e morte, e così via. Era più o meno, lo stesso pensiero dell’antica filosofia dello gnosticismo (conoscenza) , nata attorno al II secolo d.C. Si sapeva che era considerata una specie di eresia assai avversata, ma nel 1945 sono stati ritrovati in Egitto a Nag Hammadi, molti documenti originali riguardanti la Gnosi. Nasceva da filosofie e concetti assai diversi, in cui si fondono gli opposti di Bene e Male della religione iranica di Zoroastro, unitamente a tanto altro che non è il caso di approfondire. In estrema sintesi, lo gnosticismo divideva nettamente un perfido Creatore materiale ed ignorante, dal vero Dio interamente spirituale ed onnisciente. Ancora una volta era indispensabile raggiungere una salvezza da parte degli umani, tuttavia in questo caso essa consisteva nel riuscire a liberarsi dalla materialità del Creatore, per giungere a concepire, comprendere l’esistenza ed il senso del vero Dio spirituale. Il percorso di conoscenza non prevedeva la

necessità di una religione con i suoi sacerdoti e neanche dimostrazioni di fede, riti od opere particolari, ma era personale ed assolutamente volontario. La mancanza di comandamenti, ma soprattutto l’esclusione di sacerdoti che aiutassero a salvarli, fece insorgere gli eterni Buoni, che considerando immorale lo gnosticismo, si applicarono con infinito amore per sterminare con le armi, molti di quei perfidi umani dal pensiero gnostico. Nei fatti concreti però, il nuovo Dio non ci impone di rispettare divieti e neanche ci obbliga a cercare una qualsiasi via di salvezza, anzi ci esorta ad andare oltre per recuperare quel denominatore comune che appartiene all’intera sfera biologica; quasi una Consapevolezza cosmica, che abbiamo perso progressivamente per inseguire una impossibile Conoscenza. Tutto ciò per riattivare anche nella specie umana una concezione finalmente consona alla sua reale onnipotenza, che ovviamente, è totalmente estranea ad ogni comprensione umana. Il nuovo Dio non ha alcun bisogno di sentirsi offeso, come Colui che volle ricorrere a strani marchingegni tipo confusione dei linguaggi, per non essere disturbato ed oltraggiato. Non vorrebbe che continuassimo a perpetuare vuote tradizioni o ataviche sicurezze, anzi ci sollecita a criticarci da soli, anche cercando di farci vedere come ci giudicheranno i nostri stessi pronipoti. In questa ottica, persino riguardo alla condanna di Cristo, considera colpevoli, tanto quei suoi contemporanei che definirono peccaminoso il suo dire, quanto qualsiasi vivente di ogni epoca che chiude la mente, per assecondare ad occhi chiusi, chi dice di aver fatto di Gesù la propria bandiera, ma che nella realtà si comporta in senso diametralmente opposto. Anche al tempo dell’uomo Cristo, chi lo rese colpevole fu solo e sempre la miserevole mentalità, di coloro che intendevano difendere l’autorità religiosa del loro tempo. Non si comprende come e perché un moderno individuo, chiuso nella sua religione, avrebbe dovuto aprire il suo animo ad un predicatore che proponeva una diversa concezione di vita. Colpevoli i nostri avi, altrettanto colpevoli i loro successori, che nel corso della loro vita, si comportano in modo identico ai loro predecessori. Se oggi apparisse chi divulga un nuovo messaggio di carità ed amore universali, i primi a condannarlo sarebbero gli stessi cristiani, in particolare i pontefici con i loro santi. Tuttavia l’atto più rivoluzionario che ha compiuto il nuovo Dio, a favore dell’umanità, è quello di aver provato ad invertire completamente il concetto egocentrico, che tutta la natura e soprattutto la vita di qualsiasi pianta od

animale, fosse presente solo per i nostri fini. Era la peggiore condanna che potessimo inventarci. Per fortuna che in parallelo alle tante maledizioni di un Dio assurdo, altre divinità soprattutto orientali, hanno divulgato l’esatto contrario. Tuttavia gli incalcolabili disastri fisici e psichici che ne abbiamo subito e continuiamo a creare, ormai sono talmente estesi, che forse neanche i nostri posteri, saranno in grado di sanarli. La sola scoperta del DNA, che è comune a tutti i possessori del principio vita, rappresenta l’inizio di un processo inarrestabile, che ci permetterà di considerare animali e piante, al pari dei loro fratelli umani. Tenuto conto che ai nostri tempi, sarebbe troppo difficile aprire la mente, è per tale ragione che dovremmo provare ad immedesimarci nei nostri posteri. In tal caso saremmo noi prima di loro, a restare inorriditi della nostra presunzione e della condizione orripilante, alla quale releghiamo tutta la meravigliosa potenzialità e varietà della sfera biologica. Se il genere umano scomparisse, tutta la restante vita terrestre esploderebbe d’entusiasmo, ma al di fuori del nostro misero pianeta, non si modificherebbe neanche una virgola, anzi nessuno e nulla ne avrebbero il minimo sentore. Il nuovo Dio non concepisce che un adulto, continui a ragionare come quando da bambino, gli imposero di adorare un certo Dio, sapendo che poi, gli sarebbe stato quasi impossibile modificare quelle nozioni. Lo stesso Sinite parvulos venire ad me di Cristo, non intendeva farli vivere sereni, ma cercava di omologarli al più presto, ai suoi pensieri. A parte tanto altro, questo nuovo Dio in veste di reale benefattore, ci ha liberati persino dalla predetta convinzione che le divinità avessero dimora nel Cielo; una sicurissima presunzione che non era simbolica nel modo più assoluto, essendo tramandata di padre in figlio. Oltre al precedente episodio biblico, in altri luoghi ed in altre religioni si era giunti alla stessa conclusione. Ad esempio qualche fedele di Zeus e figli, nelle giornate più limpide era sicuro di aver intravisto questo o quel nume, in uno spazio sospeso presso il monte Olimpo; inoltre per restare nelle credulità degli antichi greci, gli dei dell’Olimpo avevano una residenza diversa da Ade, il dio degli inferi che era posto nelle viscere della Terra, nonché da Poseidone con i suoi cortei di tritoni, che avevano dimora stabile negli abissi marini. C’è poca da discutere, ma Cielo, profondità della terra e del mare erano luoghi fisici molto precisi. Un intero capitolo a parte si potrebbe dedicare anche ad Efesto, figlio di Zeus e di sua moglie Era, che appena nato non venne reputato idoneo a vivere

nell’Olimpo. Fu semplicemente gettato via, naturalmente dall’alto; cadde sull’isola di Lemno azzoppandosi un piede, rimanendo menomato per sempre. Fisicamente era un essere orripilante. ma quasi come nella favola della Bella e la Bestia, riuscì a sposare Afrodite, la meravigliosa dea dell’amore almeno per qualche tempo; lei spesso lo dileggiava, ma avere accanto sia pure per un periodo limitato una creatura divinamente bella e concetto stesso dell’amore, avrebbe ripagato chiunque, anche dovendo ricevere qualche epiteto. Afrodite per i greci rappresentava l’astratta simbologia dell’amore profano e della femminilità; essendo anche sintesi di particolari doti, quali il presentarsi sempre diversa agli sguardi innamorati, affascinare con malizia nel mostrare e nascondere, ecc. fu immaginata nata da Afròs la spuma del mare, fecondata da Urano il cielo: una suggestiva similitudine che racchiude anche l’idea dell’infinita profondità della ione ed il suo nascere, esplodere in un turbine di effervescenze e poi svanire. Il grande artista del 1400 Alessandro Filipepi noto come Sandro Botticelli, con il famoso dipinto La Nascita di Venere, intese giusto interpretare l’ideale leggerezza di questa leggenda; per una combinazione di interessi, come modella utilizzò la bellissima Simonetta Vespucci, amante del fratello di Lorenzo dè Medici, per immortalarla nell’atto del suo etereo affiorare da una conchiglia. Botticelli pur essendo un omosessuale, pare che fosse intimamente innamorato di costei, mentre colui che in solitudine godeva delle sue grazie, cercava l’occasione per mostrare al mondo, le perfette fattezze della fanciulla che lo amava. Tornando ad Efesto interessanti sarebbero anche gli attributi relativi al fuoco, che gli vennero confermati attingendo a precedenti concetti simili, che ritroviamo ancora ando per Prometeo, per il dio Baal ed altri, fino ad essere consacrati nella cristiana fiamma dello Spirito Santo. Fu Efesto a costruire la dimora fissa degli dei, nonché a dotare Zeus dei suoi dardi e fulmini. Per i latini corrispondeva a Vulcano, che viveva all’interno dell’Etna ove aveva la sua fucina di fabbro. Lo stesso Dante Alighieri nella Divina Commedia, a sua volta calca addirittura alcuni di questi luoghi. Persino Cristo con l’imperativo Padre Nostro che SEI NEI CIELI, parlava a gente che aveva questa convinzione radicata nel sangue. Oggi per non farlo apparire come un comune profano di quei tempi, il termine

Cieli usato da Cristo viene inteso come empireo, luogo celestiale, ecc. ma non è vero. Tanto Gesù quanto qualsiasi divinità eccelsa, non hanno mai inteso chiarire neanche una virgola, riguardo a superstizioni e bizzarre credulità dei loro fedeli. Chissà perché anche il figlio del Creatore e meno che mai Suo Padre, non hanno mai accennato a microbi e virus, causa di malattie ed a tanto altro, come appunto che gli astri fossero immensi ammassi, anziché lumicini appesi in cielo; Cristo neanche si curò di far sapere della esistenza di altri popoli, diversi da quelli conosciuti ai suoi tempi, e che Suo Padre, doveva sapere perfettamente di avere creato. Quasi quindici secoli dopo la Sua nascita, ci vorrà un banale terrestre, sia pure di nome CRISTO foro Colombo per far sapere ai cittadini dell’ex impero romano, che molti umani vivevano in altri siti, senza che gli uni sapessero nulla degli altri. Un tipaccio tipo il frate Giordano Bruno, quasi nel XVII secolo, sempre da povero umano provò anche ad esprimere l’ipotesi che nell’intero universo, potessero esistere altri esseri viventi; cercò di esternare tanti altri concetti talmente moderni, che furono considerati bestemmie. Neanche il Salvatore li avrebbe potuti ammettere, secondo un suo vicario dell’epoca. Costui senza la minima incertezza, provò a comportarsi come, secondo la sua mente malata, avrebbe fatto lo stesso Cristo in persona. Per prima cosa lo fece torturare per tutta la durata della carcerazione. Dopo averlo fatto condannare a morte, per divertire i suoi fedeli lo fece transitare per Roma su un carro aperto; il boia che l’accompagnava, doveva fargli emettere urla di tipo animalesco dalla mordacchia , che gli stringeva bocca e viso. Dal catino con la brace per accendere il prossimo rogo, il suo carnefice di tanto in tanto prendeva qualche carbone ardente, per fargli pregustare sulla pelle, il tipo di fine che l’aspettava. Poi finalmente per lui, venne arso in pubblico, affinché ciascuno vedesse che neanche una briciola del suo corpo immondo, restasse sulla Terra. C’è chi pensa che poiché in ogni serie di generazioni, ci costruiamo un trascendente adeguato alle nostre conoscenze, è ovvio che si riesce a porre in bocca agli Esseri Superiori, solo il nostro sapere del momento; oltre non è possibile andare, anzi li rendiamo eccelsi facendogli esprimere le migliori superstizioni ed infantilismi, quando questi sono considerati come massimo scibile.

Ancora brutta gente tipo miscredenti e personaggi per lo più atei, non riescono a comprendere, perché dovremmo essere stati creati da Dio a SUA IMAGINE E SOMIGLIANZA, mentre secondo costoro è molto più corretto il contrario, cioè che in base ai tempi ed alle credulità dei vari popoli, ciascuna etnia si crea un suo Dio a PROPRIA IMAGINE E SOMIGLIANZA; le medesime identiche parole, furono usate per la prima volta da nuove forme di paganesimo, che si andarono espandendo all’interno dei possedimenti della Roma antica, a partire dal IV secolo prima di Cristo, che ebbero il massimo sviluppo all’epoca della sua vita e che convissero con l’impero, nonché con il cristianesimo, ben oltre il III secolo dopo Cristo. Riguardo al CIELO comunque sia, fino a tempi storici alcuni abitanti della Fenicia, praticavano il terrificante rito molk ( aggio attraverso il fuoco), che consisteva nel sacrificare piccoli bambini e bruciarne i corpi. Nella loro religiosità, una volta trasformati in spire di fumo avrebbero raggiunto il CIELO, dall’alto del quale avrebbero potuto meglio sorvegliare e proteggere le loro famiglie. Erroneamente si è dedotto dalla Bibbia, che esistesse un crudele dio Moloch, che pretendeva il sacrificio soprattutto dei neonati. In ogni caso, se prima del volo umano anche un personaggio tanto evoluto come un cattolico, avesse espresso dubbi sul CIELO in quanto sede di Dio, sarebbe stato immediatamente consegnato alla inquisizione della sua Chiesa, per fare con ogni probabilità la stessa fine di Giordano Bruno.

IL DIRITTO ROMANO

In ambito di etere inteso come spazio che circonda la Terra, abbiamo l’occasione di accennare alla grande importanza del Diritto romano, quale perfetta distinzione tra credulità religiose ed obblighi razionali dello Stato. E’ una situazione piuttosto anomala anche per il popolo latino, in quanto i cittadini dell’Urbe erano estremamente scaramantici e particolarmente devoti; secondo loro, ogni condizione umana positiva o negativa, dipendeva direttamente dalla volontà degli Dei, esattamente come oggi si dice che non si muove foglia che Dio non voglia, ciononostante i nostri padri latini erano assai pratici in svariate attività. Ad esempio sotto l’aspetto militare, ritenevano che le divinità di Marte e di suo figlio Romolo - Quirino, del quale parleremo in seguito, li rendessero invincibili, tuttavia si impegnavano al massimo per avere legioni perfettamente addestrate ed organizzate, armate di ogni genere di macchine da guerra; naturalmente non avevano radio o telefoni e per eseguire perfettamente i comandi, innalzavano labari e vessilli dai diversi significati. Comunque in linea di massima, tutta la civiltà occidentale moderna, deve moltissimo ai loro progressi. Non facevano un solo metro avanti, se prima non si erano assicurati i rifornimenti. A tale scopo i legionari oltre alle armi, erano muniti della attrezzature per costruire le strade; le rendevano perfettamente stabili con solide fondamenta e diversi strati di base; la loro larghezza anche di 24 metri, doveva consentire il comodo aggio di carri, anche incrociandosi in direzioni opposte; erano curvate a schiena d’asino per lo scolo delle acque su canalette laterali; a periodici intervalli ponevano le pietre miliari, che riportavano le distanze da Roma, infine le rivestivano con lastre di pietra dura a forma rettangolare, alternate come una muratura, oppure a forma poligonale; tutte allettate nelle malta affinché si tenessero l’un l’altra ben salde nel tempo. I combattenti venivano sottoposti ad allenamenti massacranti. A fronte di altri popoli, specie del nord Europa erano tarchiati e bassi, però dopo le prime sconfitte, avevano imparato a colpirli con grande coraggio e perizia. Nei confronti corpo a corpo tenendo alto lo scudo, miravano direttamente in basso,

precisamente ai tendini delle ginocchia od ai muscoli immediatamente superiori, con daghe e gladi affilatissimi. Le loro lance erano leggere in legno, munite in cima di una lunga punta di ferro assai flessibile, che una volta colpito un qualsiasi bersaglio, si piegava in modo tale da non poter essere rilanciata. Per quanto riguarda le loro macchine da guerra, ciascun interessato può accedere per suo conto ad una notevole massa di informazioni particolari, facilmente accessibili. I romani nel tempo si erano andati affidando ad un vasto pantheon di Dei provenienti da altre culture, nonché di semidei e potevano contare su un numero immenso di santi originali; praticamente identico alle loro copie moderne, infatti furono i primi protettori di ogni categoria o condizione, nonché assai miracolosi. Di contro il popolo latino, in origine era formato sostanzialmente da semplici agricoltori e pastori. Le loro attività dipendevano principalmente dalle condizioni del cielo e della Terra, quindi la religiosità si fermava ad essenziali divinità che avevano a che fare con tali elementi. Veneravano inoltre entità animiste, arbusti ed alberi ritenuti sacri od anche oggetti particolari, ma il tutto riconducibile alle loro esigenze di vita pratica. In campo giudiziario, prima che si diffondesse la loro civiltà, era una comune prassi di molti altri popoli, quella di chiamare a testimoniare le Entità del Cielo, quando non si riuscivano a determinare ragioni di una parte rispetto all’altra, oppure certezze di colpe. Per quanto appannati dalle superstizioni, in realtà nessuno riteneva che un nume sia pure sotto vari travestimenti, avesse l’intenzione di intervenire in un’aula di tribunale, ma nella sicurezza che dall’alto del Cielo, osservassero tutto ciò che accadeva in Terra, veniva praticata l’ordalìa detta anche giudizio di Dio. In caso di dissidi insolubili, entrambi i litiganti venivano sottoposti a tale assurdità. Soprattutto i presunti rei, dovevano superare prove anche mortali, come ad esempio attraversare cortine di fuoco. La convinzione era che se dal CIELO lo sapevano innocente qualcuno lo avrebbe salvato, altrimenti avrebbero offerto ai numi la migliore occasione per punirlo direttamente. Ciò avveniva in diverse regioni del mondo conosciuto; ad esempio in Mesopotamia, a parte l’onnipresente fuoco con i suoi mille

significati, un imputato poteva essere gettato nel fiume Eufrate addirittura legato ed a prescindere dalla stagione. Se fosse stato innocente comunque Dio l’avrebbe fatto risalire a galla. Si racconta che in alcune regioni del nord Europa, se un marito od altro proprietario di un oggetto chiamato femmina, avesse avuto il sospetto di essere tradito, era autorizzato a praticare la sua ordalìa. Legata la donna ad un albero, con i capelli quantomeno ben divisi ai lati del capo, il maschio di una lei, doveva tagliare una delle due ciocche o trecce, attraverso il lancio di una scure. Se la prendeva in viso, tutto contrito si consolava presto, sapendo che DIO!!?? l’aveva punita in quanto fedifraga; assai più documentato è il giudizio di Dio attraverso le armi: due contendenti si battevano in duello, quindi chi vinceva era in grado di dimostrare che era senza menzogna e senza macchia. Una donna diffamata per qualsiasi motivo, poteva affidare la sua onorabilità ad un combattente, che avrebbe sfidato il suo denigratore. In Egitto alcuni faraoni di antiche stirpi, erano considerati dai loro fortunatissimi credenti, non semplici vicari ma il vero Dio in carne ed ossa che sostava in Terra tra i suoi fedeli. Le decisioni di costoro in fatto di giustizia erano intangibili, come se fossero stati diretti testimoni dei fatti. Horus il figlio di Osiride e di Iside in particolare pur essendo un Dio, era presente in Terra appunto come faraone; simboleggiato come un falco del Cielo; era anche immensa luce ed immensa bontà. Horus come dio sole era rappresentato da un bambino con una corona. A sua volta assieme ai genitori divini Osiride ed Iside, formava la trinità degli antichi egiziani. In aggiunta la famosa stele di Hammurabi, un re di Babilonia di circa 18 secoli avanti Cristo, era una pietra che riportava in caratteri cuneiformi uno dei primi codici di derivazione divina. L’avevano ricevuto direttamente dal loro Dio, che dal CIELO aveva accertato la necessità di offrire agli umani, le sue indicazioni in fatto di giustizia, senza neanche il bisogno che qualche privilegiato salisse più in alto per andargli incontro. A questo punto dovrebbe essere chiaro che il Cielo non era un simbolo. Ed ora sfioriamo il senso del diritto romano. I suoi pretori, molto praticamente invece di chiamare in causa qualche nume, valutavano con il massimo rigore, quali e quante ragioni avesse un litigante rispetto alla sua controparte, od anche motivi e

testimonianze umane, in caso di azioni delittuose. Inoltre tenevano conto degli usi locali quando erano talmente condivisi, da poterli considerare norme pratiche di diritto, cioè all’interno di un determinato contesto, non era ritenuto colpevole chi si fosse attenuto alle regole della sua gente, anche se queste prevedevano atteggiamenti che per altri potevano considerarsi reati. Naturalmente tali attenzioni erano limitate ai rapporti interni tra gli stessi componenti. Mai e poi mai avrebbero lasciato impunito, chi avesse tirato in ballo le sue abitudini, per giustificare reati compiuti nei confronti di terzi, o peggio se commessi contro cittadini di Roma o sue istituzioni. Inizialmente il pretore romano non aveva a disposizione codici o scritti particolari ma come detto, valutava direttamente il valore dei documenti, dei contratti, nonché delle testimonianze. La differenza con l’ordalia o con leggi divine era ovviamente enorme; oltretutto contravvenire ad una regola imposta dal Cielo, comportava e comporta attualmente una pena, indipendentemente dalle scusanti e dai danni arrecati. Dio non consentiva nessuna indipendenza agli umani, come ancora avviene negli Stati teocratici e pseudo laici. Da queste basi di partenza, il diritto romano ebbe una notevole evoluzione con la stesura di vari principi, codici e classificazioni, tanto che è divenuto una fonte certa, razionale ed indispensabile, per tutta l’impostazione giuridica di molti Stati moderni, soprattutto europei. Dal 476 d.c. con l’allontanamento di Romolo Augustolo, ultimo imperatore d’occidente, termina ufficialmente questa parte dell’impero romano. I papi che ancora non hanno il coraggio di chiamarsi pontefici, prenderanno a modo loro il posto degli imperatori, e per prima cosa imporranno per i secoli a venire, il predominio di leggi e comandamenti divini, su ogni principio di diritto umano. Non est potestas nisi a Deo, scrive Paolo di Tarso. L’unica autorità viene da Dio. Affermazione che offrirà ad ogni azione della Santa Sede, un suo personale alibi, per stabilire le volontà celesti, ed agire secondo i suoi interessi. Cioè una volta fatto credere, che fosse in costante contatto con il CIELO, potava affermare la più assurda imposizione, come se questa corrispondesse alla volontà di un ipotetico trascendente. Ad ulteriore garanzia, ogni credulone viene in mille modi convinto, che qualsiasi pensiero contrario alla chiesa cattolica non sia valido, perché differente dalla umanissima volontà del suo clero.

Il contrasto di fondo tra Stato e Chiesa quando esplode, nasce dal fatto che la suddetta teoria di parte, può valere solo nell’ambito delle regole che stabiliscono i rapporti tra fedeli e loro religione, ma in nessun caso può travalicare questo confine, e divenire un obbligo, un semplice metro di giudizio, una qualsiasi legge o semplice indirizzo comportamentale, per i cittadini di uno Stato laico. E’ una salvaguardia per tutti, anche per gli stessi credenti che in privato, possono liberamente attenersi alle regole religiose che preferiscono, senza interferenze di nessun altro. Non è punibile dalle leggi dello Stato, chi ad esempio fa la Comunione in costanza di peccato o chi ha un’amante pur avendo fatto voto di castità formale, ma un tribunale laico, è obbligato a condannare duramente, chiunque tenti di discriminare in qualsiasi modo, un suo cittadino che non rispetta i principi dettati da una religione. Libero Stato in libera Chiesa, vana utopia italica. In virtù delle loro interpretazioni, invece i papi metteranno a ferro e fuoco l’intera Europa. Le guerre preventive della Santa Sede romana dovranno impedire che voci critiche sul suo operare, si potessero espandere. La fine della sua interferenza, avvenne solo nel 1648, con la pace di Vestfalia. La Lega Santa aveva perso la famosa guerra dei trent’anni, e le nazioni vincitrici imposero alla Chiesa cattolica quel tipo di obblighi. Comunque la sua supremazia di regno assoluto senza opposizioni, rimase valida nell’ambito dei suoi possessi territoriali. Al giorno d’oggi soprattutto la chiesa cattolica, tende per l’ennesima volta, a modificare la storia in suo favore, volendo far credere che il cristianesimo, e non la civiltà romana, è il collante che ha portato all’unione europea. Tanto per fare uno dei tantissimi esempi, la Dacia attuale Romania, venne conquistata dall’imperatore Traiano a partire dal 101 fino al 107. Già nel 275 Aureliano non la difese e fu dominata dai Goti. Nonostante i pochi decenni di civiltà romana, tuttora risulta essere come un’isola di indirizzo neolatino, circondata da un mare di popolazioni slave. La lingua è ancora neolatina con parole assai simili all’italiano: ingegnere si pronuncia e si scrive in modo uguale, ombrello è divenuto ombrela; addirittura alcune importanti istituzioni, hanno nomi assai simili a quelle italiche; per esempio, Ministero della Previdenza Sociale, si scrive Ministerul Previdencia Sociala. In aggiunta il popolo romeno è fiero dei retaggi lasciati dalla civiltà romana anche

in ambito di opere; persino in un grande parco pubblico della sua capitale, campeggia la lupa di Romolo e Remo, con la scritta S.P.Q.R. Senatus Populusque Romanus. I latini con la loro aperta visione, a parte i rapporti tra le loro province e l’Urbe, quasi sempre regolati da accordi e contratti, lasciavano alle varie terre conquistate, il diritto di gestire in proprio gran parte della giustizia e di conservare la loro religione, senza la minima persecuzione od ingerenza. In ogni caso per giudicare fatti di Roma esisteva il praetor urbanus, mentre per rapporti esterni era necessario un competente praetor extra urbanus. Ben altra situazione, era quando con la scusa della fede, si intendeva offendere Roma, soprattutto nella figura dei suoi imperatori o nel suo pensiero religioso. In alcuni comportamenti dell’impero romano, considerati persecutori nei confronti dei cristiani, il principale motivo fu proprio l’atteggiamento di questi ultimi, i quali oltre a tutto il resto, vivevano Cristo come un regnante di tipo umano, per cui tendevano a porlo in posizione, ancora una volta preminente, rispetto agli imperatori, che inoltre rappresentavano per i giudei, i loro peggiori nemici. Costoro da convertiti al cristianesimo, andavano esplicitamente contro l’ordinamento religioso vigente, sentendosi superiori a tutti. Fin dai primissimi secoli cercarono privilegi, e si comportarono da sempre, senza il minimo rispetto per ogni altra fede. In particolare i cattolici si sentono ancora tanto importanti, perché unici cristiani ad avere in terra il Vicario di Cristo. Purtroppo come già detto, neanche sanno che circa tremila anni fa, c’erano in Egitto, milioni di fedeli molto più fortunati di loro, che avevano accanto un vero Dio in carne ed ossa con il quale dialogare direttamente, e non solo un suo Vicario.

IL MITO DI ROMOLO QUIRINO

Nella civiltà romana, si era affermata in termini inconfutabili, la leggenda della fondazione dell’Urbe da parte di Romolo. Con la massima precisione, questo evento viene fatto risalire al 21 aprile del 753 a.C. Non tutti conoscono chi fosse Romolo per gli antichi romani, secondo quanto più documentato su scritti, monumenti, monili di uso quotidiano, ecc. risalenti a secoli a.C. e forse è opportuno ricordarlo. Alba Longa era la città laziale che sarebbe stata fondata da Ascanio il figlio di Enea, l’eroe sfuggito alla guerra di Troia dal qual discenderà il popolo latino. Tra le località di Grottaferrata e Castel Gandolfo nei pressi di Roma, sono state trovate probabili testimonianze della sua esistenza, rappresentate da resti di un ambiente sociale, che si dilatano dal IX al VII sec. a.C. Il re di Alba Longa di nome Numitore, viene spodestato dal fratello Amulio; questi per paura che sua nipote Rea Silvia, figlia del vero sovrano un domani possa avere figli che potrebbero vendicare il nonno, riesce a farla divenire una di quelle monache di clausura ante litteram, chiamate vestali, che tra l’altro erano tenute a mantenere sempre i fuoco sacro, nel tempio della dea Vesta. Rispetto alle odierne avevano il vantaggio che una volta raggiunta la menopausa, ricche e rispettate erano libere di vivere la vita che preferivano. Rea Silvia oramai è destinata alla verginità; comunque sia, se per caso dovesse avere un amante, verrebbe uccisa prima che la sua prole possa venire al mondo. Ormai sicuro Amulio gongolava, invece avviene uno di quei fatti straordinari, tanto cari anche ai miti greci. Il dio Marte per fare in modo che nasca il fondatore di Roma, e che da costui derivi quella stirpe che la renderà immortale, di sua iniziativa e senza neanche preavvisarla con Mercurio od altro messaggero alato, compie il prodigio di far partorire alla vergine figlia dell’ex re, due gemelli che saranno chiamati Romolo e Remo. Non è chiaro se la madre viene uccisa, comunque i due neonati non dovranno vivere. Per pietà del sicario vengono abbandonati lungo il corso del Tevere, ma il dio li fa arenare in un posto che poi sarà venerato. Una lupa gli consente di

sopravvivere, allattandoli fino a quando si evidenzia un patrigno terreno nella veste del pastore Faustolo; questi li trova in una grotta nei pressi del colle Palatino, che verrà chiamata Lupercale, particolare luogo sacro dei romani del quale si sono perse le tracce e li porta alla moglie Acca Larenzia, che a sua volta gli farà da balia. Divenuti adulti, i due uccidono il loro prozio Amulio e rimettono sul trono il nonno Numitore. Naturalmente essi non ebbero mai un compagno di giochi che li presentò ai propri genitori dicendo: questi sono i famosi figli del dio Marte e di quella vergine. Se per caso qualcuno l’avesse fatto, senza dubbio l’avrebbero preso per pazzo. La medesima reazione si sarebbe avuta in qualsiasi OGGI, ma nel mondo del TANTO TEMPO FA, era accaduto un evento così impossibile per qualsiasi umano, che poteva essere solo divino, ed anche il dio Marte, TANTO TEMPO FA poteva questo ed altro. Un commento sulla lupa: Acca Larenzia, la moglie del pastore che le portò i gemelli da allevare, era una famosa prostituta dell’antica Roma, ricordata perché fece dono ai poveri, di tutte le sue ricchezze. Lupe erano definite proprio le donnine allegre dei postriboli, che erano chiamati lupanare. Questa eccezionale figura di donna veniva onorata, tanto come balia di Romolo e Remo, che per la sua santa carità PAGANA, in quanto quella cristiana si sarebbe conosciuta solo dopo diversi secoli. In epoca rinascimentale, fu resa pubblica una sorprendente scultura in bronzo di ipotetica origine etrusca, riproducente una femmina di questo animale a grandezza naturale; si pensò che fe parte di una antica rappresentazione del mito. Naturalmente i due gemelli erano andati perduti; l’artista Antonio Pollaiolo del Rinascimento fiorentino, fu allora incaricato di farne altri due intenti a suggere le sue mammelle, così questa leggenda fu rilanciata con rinnovato vigore; di conseguenza la lupa animale, ha definitivamente soppiantato quella umana. Romolo fondò Roma ecc. ma non si hanno notizie della sua morte, in quanto per gli antichi credenti egli fu assunto in Cielo con tutto il corpo, esattamente come avverrà per la Madonna negli anni duemila. Dal quel momento l’ex uomo Romolo, verrà adorato con il nome di dio Quirino. Secondo una di queste leggende, mentre ava in rassegna i suoi militi, scoppiò un improvviso temporale, nel corso del quale Giove scagliò un fulmine

che lo sollevò portandolo sempre più in alto; i suoi soldati, ben oltre dodici lo videro salire e poi scomparire tra le nuvole. Anche egli era figlio di una vergine e di un nume. Quirino fu un dio, assolutamente esclusivo degli antichi romani, che furono chiamati anche quiriti. Nei secoli la fede per Marte si andò consolidando, ma quella per il suo figlio Quirino, nato come semplice uomo da una vergine per gli influssi di un nume, e che poi risultò essere un dio egli stesso, sarà talmente immensa che verrà ancora tramandata dal cristianesimo, attraverso la figura di Cristo. Oltretutto quando Romolo salì in Cielo divenendo il dio Quirino, andò a formare una primitiva trinità, detta triade capitolina. Un particolare collegio di sacerdoti detti Salii custodivano l’ancile, il personale scudo di Romolo, che era stato rimandato in Terra dall’alto del Cielo. La romanità imposta dal dio Marte, è durata sino alla caduta dell’Impero d’Oriente, quindi per oltre duemila anni. Il mese di Marzo deriva da quel nume, e quando ancora non c’era stata la riforma del calendario voluta da Giulio Cesare, era il primo dell’anno; in suo onore anche il giorno della settimana martedì, l’ex accampamento militare di Campo Marzio a Roma, ecc. E’ necessario ribadire che il dio Quirino con suo padre Marte ed il sommo Giove tutti e tre in CIELO, diedero vita ad una delle tante triadi, che saranno di riferimento per la trinità cristiana.

LO SPIRITO SANTO

Come il mondo balcanico e quello romano, conobbero Entità assai simili allo Spirito Santo del cristianesimo ed allo stesso Salvatore, molto prima che nascesse Cristo, si deve alle conquiste di Alessandro Magno ed a quelle del console Pompeo. Costoro combattendo si spinsero fino all’antica Persia, la cui religione era il mazdeismo. In ogni caso Alessandro Magno morì nel 323 a.C. ed il console Pompeo nell’anno 48, sempre avanti Cristo. Oltretutto, era divenuta abitudine dei romani, quella di assoldare militi anche tra i cittadini dei territori conquistati, soprattutto per difendere i nuovi confini, tuttavia molti di costoro entravano a far parte di reparti ausiliari delle legioni; al seguito dei consoli giungevano e sostavano a Roma, portandosi dietro le loro abitudini e cultura, mentre al ritorno narravano di favolosi climi e panorami italici, che divenivano miraggi soprattutto per concittadini dell’estremo nord Europa. In particolare l’impianto del suddetto culto della Persia, risale a circa otto secoli prima di Cristo, mentre il suo famoso profeta Zoroastro o Zaratustra, è vissuto tra il mille ed il millecinquecento a.C. Come il Vecchio Testamento aveva la Bibbia, anche il mazdeismo era basato su un libro sacro chiamato Avesta; purtroppo una parte dei suoi scritti andò distrutta durante l’occupazione di Alessandro Magno, comunque restano diversi capitoli, che sono facilmente consultabili. Con ogni probabilità fu il primo vero monoteismo; aveva a capo un solo Dio chiamato Ahura Mazda ed anche costui, come quello della Bibbia era il Creatore di ogni cosa, ma questa fede era impostata su una specie di contemporanea preesistenza dei due contrari Bene e Male intesi anche come Vita e Morte, Luce e Buio, quindi in contrapposto ad Ahura, si avevano una specie di demoni chiamati Daeva. In questo culto si fondevano anche credulità precedenti, contenute negli antichissimi libri indiani Veda. Di contro nell’Antico Testamento, il Male o quantomeno il non Bene, sarebbe

riuscito ad emergere, nonostante la ETERNA PRESENZA D’UNA UNICA BONTA’ INFINITA, responsabile di TUTTO l’esistente. Non solo ma questo Signore, non si sa come avrebbe fatto a far sorgere egli stesso, un albero del Bene e del MALE!! Da dove sarebbe potuta provenire una semplice idea diversa dal Bene, è una questione assai dura da spiegare e digerire. Se lo stesso Lucifero ebbe la possibilità di ribellarsi, dovrebbe essere chiaro a tutti, che qualcun altro era responsabile, almeno di un pensiero contrario agli interessi del stesso Signore assoluto. Il dio di Mosè gli consegnò le Tavole della Legge, dopo averlo fatto salire in solitudine sul monte Sinai; Zoroastro invece molto più gentilmente viene trasportato da un angelo direttamente in CIELO, dove riceve dal sommo Ahura un intero LIBRO DELLA LEGGE già compilato, rappresentato dall’Avesta. Tornato sulla Terra, Zoroastro resiste alle lusinghe dei demoni e dopo essersi recato dal re Vishtalpa lo converte, ribattendo colpo su colpo le contestazioni dei sapienti Magi. Gesù a dodici anni opporrà il Suo sapere a quello dei dottori della Legge. Parlare approfonditamente della religione mazdea comporterebbe un notevole impegno, soprattutto da parte di chi legge, comunque erano molto importanti i suoi riti, nei quali fuoco e fiamme avevano vari significati; i famosi Magi erano alcuni dei suoi sacerdoti e li ritroveremo sia con la stella cometa, che molto impegnati nel mondo della magia. Dal concetto di un cosmo tutto diviso tra Bene e Male, nascerà anche la complessa religione del principe persiano Mani, detta manicheismo. Oggi tale termine tende a dividere tutto ciò che ci fa comodo, chiamandolo Bene, Luce e confina nel concetto di Male o Buio, i diritti degli altri. Gli Stati canaglia, posti in contrapposto a quelli muniti di armi atomiche e che magari hanno già usato, è solo un piccolo esempio del pensare con mentalità di moderni manichei. Per quanto riguarda le connessioni tra mazdeismo e futuro cristianesimo, ciò che dovrebbe lasciare stupefatto ogni cristiano è la perfetta sovrapposizione tra vari concetti assai simili, uno dei quali talmente connaturato con Cristo, da essere un tutt’uno con il suo stesso esistere. Angra Mainyu era lo Spirito Malefico del mazdeismo, mentre il suo gemello Spenta Mainyu corrispondente allo Spirito Santo, rappresentava il Bene che anelava alla salvezza degli umani; per espletare la sua missione quello Spirito

Santo si trasformò in FUOCO per introdursi nel ventre di una comune donna, la quale lo partorì come uomo, al fine di poter indirizzare i terrestri verso la giusta fede. Allarmante coincidenza, ma forse tale credere era così sedimentato, che dopo secoli di dibattiti e contrapposizioni conciliari, fu giocoforza attribuire i più contrastanti ed inconciliabili sincretismi, alla reale figura di uno dei tanti predicatori dell’epoca, di nome Cristo. La parola sincretismo deriva dai costanti litigi che dividevano gli antichi abitanti dell’isola di Creta. Gli stessi però, quando erano costretti a difendersi da un nemico comune, riuscivano a mettersi d’accordo anche sui temi più impossibili. Questo termine è usato soprattutto quando si vogliono evidenziare le più contrastanti forme filosofiche, teologiche, di superstizione, ecc. che sono state violentate, per fondersi in una certa religione. Per inciso la parola cretino, non ha nulla a che vedere con l’isola di Creta. Senza la minima intenzione di offendere i cristiani, a puro tiolo etimologico, il termine cretino deriva dalla lingua provenzale ove cretin indicava un generico cristiano, naturalmente privo di ogni particolarità o dote. Un insieme di sincretismi, furono concentrati anche, per costruire a tavolino, moltissimo cristianesimo; le eccezionali capacità organizzative del popolo romano, nonché un insieme di condizioni favorevoli fecero sì che si raggiungesse, soprattutto con la forza degli eserciti, un culto nel quale fu trovato spazio per le più svariate credulità. I suoi fondamentali aggiustamenti teologici e cristologici, si protrassero sino al V – VI secolo dopo Cristo, mentre per i tanti dogmi derivati da esso, non si è mai concluso, come ad esempio nel caso del filioque (e dal figlio) ripetuto a pappagallo nella orazione del Credo, senza domandarsi cosa significa in profondità. Purtroppo le connessioni del mazdeismo con il Vecchio e Nuovo Testamento, non sono finite. Il mondo secondo quella antica religione, doveva superare tre ere. In primo luogo avevamo la Creazione da parte dell’unico Dio Ahura; poi seguiva il mondo del presente, ove Bene e Male convivono in forma di nemici. Nell’era finale questi opposti sarebbero stati separati per merito di un Salvatore, nato dalla stirpe di Zoroastro il quale muore, ma sarebbe risorto per giudicare tutti, nel momento della resurrezione dei morti ed il conseguente Giudizio Universale. In genere tutti i miti del paganesimo che morivano per poi risorgere,

tornavano in vita dopo i fatidici tre giorni. Come per Cristo, questa credulità era legata all’astronomia solare. Si riteneva che questo astro morisse nel momento del solstizio d’inverno, e che iniziasse a rivivere, dopo il terzo giorno da quello più corto dell’anno. Per essere un buon cristiano, si deve credere ciecamente, anche alle assurdità volute dal Credo, che vanno confermate in piena coscienza da ciascun fedele.

IL PAGANESIMO DEI MISTERI

Niente da dire su un’ampia conduzione della giustizia, in base alle regole di ciascuna provincia conquistata da Roma e completa libertà di culto, ma difesa contro chi non si comportava in modo analogo nei loro confronti. Ad esempio nell’anno 139 a.C. il senato della Repubblica allontanò da Roma, caldei e giudei. I primi perché si davano ad arti magiche, i secondi in quanto facevano proselitismo di tipo religioso, in contrasto con i culti ufficiali. Si definivano caldee le azioni tipiche della Babilonia, di genere divinatorio ed astrologico. In precedenza erano stati vietati all’interno dell’Urbe, anche movimenti di tipo esoterico, riguardanti solo il dio Dioniso, riconducibili ai culti pagani, detti dei Misteri. Accenniamo a queste forme in modo semplice e sintetico, mentre in realtà specie gli antichissimi Misteri Eleusini erano assai complessi nei significati esteriori e nei contenuti sostanziali. Eleusi è una cittadina a circa 30 km da Atene ed in date precise dell’anno, i suoi riti iniziavano con lunghissime processioni che andavano da Atene al tempio in Eleusi, ed una volta terminati, prevedevano altra processione in senso inverso. A parte i suddetti, anche ad ogni altro rito simile vi poteva partecipare chiunque, compresi schiavi e liberti; uomini o donne di qualsiasi rango ed età; in particolare erano graditi gli efèbi, giovani neofiti. I soli esclusi erano gli impuri, cioè chiunque si fosse macchiato di fatti di sangue. Dioniso , Bacco per i romani era il dio del vino e delle orge. Una diverso paganesimo indirizzato ad una specie di conoscenze esoteriche, voleva che i fedeli di varie divinità, potessero superare la condizione di umani mortali, poco chiara nella teologia romana. Per ottenere una seconda vita nel loro aldilà, avrebbero dovuto essere fedeli ad una delle tante Entità Superiori previste, comportandosi in modo analogo ad essa in occasione di alcune circostanze. Dopo aver superato con successo, la prima fase di iniziazione, venivano messi a conoscenza di particolari riti, detti Mysteria. Si potevano raggiungere diversi gradi di perfezione, ma solo dopo aver superato

i successivi livelli, assai simili a battesimo, comunione, cresima, ecc. Tutto si doveva svolgere in luoghi riservati, in ogni caso lontano da estranei. Così faranno anche i primi cristiani, che si isolavano nelle catacombe per i loro riti e sepolture. Non è vero nel modo più assoluto, che tentavano di sfuggire alle persecuzioni. Oltretutto le autorità romane conoscevano assai bene quei cunicoli. Se avessero voluto li avrebbero presi tutti, dal primo all’ultimo come sorci in trappola, ogni qualvolta si isolavano spontaneamente, tutti assieme. Con l’occasione è da sfatare un’altra leggenda: nessun cristiano è mai stato ucciso o torturato all’interno dell’anfiteatro Flavio detto Colosseo. Pare che tale nome sia derivato dalla colossale statua di Nerone, che si trovava in quel luogo, successivamente agghindata con un’ampia corona a raggi, a similitudine del dio Sole. A differenza dei riti ufficiali, ricchi e pomposi, quelli nuovi dei Misteri erano gioiosi, molto più pratici e graditi. Ad esempio nel caso specifico di Dioniso, una cosa era seguire quelli dettati dal collegio dei Pontefici, altra era darsi al bere ed alle successive conseguenze. Anche questi ultimi compivano azioni di fede, che oltretutto sarebbero state ben ricompensato nel loro aldilà. Inizialmente una gran massa di diseredati senza speranze terrene, venne fortemente attirata da TUTTI indistintamente quei riti, che avrebbero offerto un sicuro riscatto attraverso una nuova vita eterna, da rivivere AD IMMAGINE E SOMIGLIANZA della divinità venerata. Successivamente anche le classi più elevate ne rimarranno coinvolte, a causa dei nuovi messaggi culturali che recavano. Nello stesso tempo ancora TUTTI i culti dei misteri, NESSUNO ESCLUSO, si riferivano indirettamente al nume titolare in quanto anche i loro fedeli, dovevano patire o gioire in relazione alle vicende drammatiche di un loro caro, di natura divina oppure umana. Colui o colei, che era comunque legato, ad una divinità principale, doveva aver sofferto in Terra; doveva essere prima morto e successivamente risorto. Come vedremo con i misteri eleusini o di Demetra, queste erano le condizioni FONDAMENTALI ED INDISPENSABILI, per ciascuno dei tanti misteri, più che mai in auge al tempo di Cristo. La conoscenza della storia ci consentirebbe di SAPERE che oltre a Cristo, tantissimi erano i figli o semplici amati di una divinità, che si ritenevano morti tra atroci sofferenze, e poi risorti. Non si deve

sapere e viene semplicemente ignorato. In particolare i misteri di Dioniso, erano spesso fonte di eccessi e disordini. Oltretutto per gli antichi greci e latini, non esistevano limiti di carattere morale tipo comandamenti, ma c’era sempre qualche nume od un certo venerato che era titolare e patrono di comportamenti particolari. Per essi onorare ad esempio Afrodite la dea dell’amore profano, attraverso la prostituzione sacra, oppure imitare i comportamenti di Dioniso, o di chicchessia era una vera e propria forma di fede molto diffusa. Per inciso anche alcune caste di femmine palestinesi, appartenevano al mondo della prostituzione sacra; in particolare le donne di Nazareth erano considerate assai poco affidabili, in qualità di mogli e madri; anche un noto testo per bambini di antica epoca, quindi provvisto del necessario imprimatur, parlando della Madonna, premetteva testualmente che le donne di Nazareth, non godevano fama di buone massaie. Prima del 1854, quando Pio IX vorrà fare di Maria una nuova divinità pagana, emanando il dogma della sua immacolata Concezione, si diceva che il Salvatore preferì nascere da una NORMALISSIMA umana, semplice e neanche molto rispettata, oltretutto accusata pubblicamente di aver tradito il suo promesso sposo. Pochi sanno che Maria non era una giovane donna, data in sposa ad un vecchio e povero falegname, ma una bambina dodicenne, promessa sposa di un giovane benestante di circa venti anni. Precisazione per compensare dicerie, che tentano costantemente di commuovere, di coinvolgere sentimentalismi, con atti di fede. Per quanto riguarda ancora le religiose orge dionisiache, bisogna precisare che tanto i greci, quanto gli antichi romani, in fatto di rapporti fisici extramatrimoniali, non facevano distinzioni di sesso, in quanto davano il massimo valore all’aspetto esteriore ed alla giovane età. Nel corso dei misteri Dionisiaci, come in tutti gli altri culti dello stesso tipo, gli iniziati si riunivano tra loro, nei rispettivi luoghi appartati ove oltre ad esprimersi nei riti previsti, c’erano sempre i suddetti efèbi, nuovi giovani da iniziare che erano ben felici di essere il principale oggetto delle attenzioni generali; negli anni duemila, in particolare presso il teatro latino di Ostia Antica, si sono svolte rappresentazioni che intendevano far rivivere, proprio i misteri di Dioniso.

MENTALITA' LATINA E TRADIZIONI

La grande liberalità religiosa del popolo romano nei confronti di altre genti, nascondeva l’egoistico desiderio di essere unici, a valersi delle benevolenze da parte di potentissime divinità. In fin dei conti non intendevano condividere i loro numi con altri popoli. Nella mentalità degli antichi romani, tra l’altro non esisteva il concetto di conquistare un territorio al fine di appropriarsene, per poi ripopolarlo con la propria gente. In diverse situazioni, specie se avevano comportato sanguinosi scontri o lunghi assedi, si scatenavano in repressioni furiose, in razzie e nella raccolta di prigionieri da schiavizzare. Erano terribili ma non rubavano territori. Per quanto riguarda gli schiavi, se alcuni di questi dimostravano una cultura superiore, potevano essere sostenuti come scrittori, commediografi o come insegnanti dei loro figli, cosa normale con maestri della Grecia molto ricercati. Comunque in quest’ultimo caso non si trattava di schiavi, perché la Grecia non fu mai considerata al pari di una conquista. Il maggior interesse nel caso dell’annessione di una provincia, era quello di costringere questa ad accordi per essi vantaggiosi. In casi non rari, alcuni popoli non soggetti a Roma, erano i primi a chiedere la sua protezione, per essere meglio difesi ed entrare in relazione con un contesto civile più avanzato; in cambio offrivano alleanze militari, punti di appoggio come i loro porti e transiti, od anche scambi commerciali per mirare al migliore sfruttamento delle loro ricchezze, quali miniere, cave e prodotti particolari. Ciò avvenne anche nel corso delle guerre puniche, in tal caso da parte di popoli che intendevano liberarsi dalla pesante sottomissione a Cartagine. Senza tornare indietro nel tempo, anche oggi assistiamo ad identici comportamenti, forzati o del tutto volontari, soprattutto nei confronti degli U.S.A. E’ opportuno riprendere il precedente esempio del CIELO, perché anche se non il più importante, è molto sintomatico per comprendere come molti principi, un tempo ritenuti verità assolute, si tramandano soprattutto per via genetica, e

mantengono un certo significato, magari a livello di subconscio, anche quando non avrebbero più ragione di essere ricordati. Dopo comuni viaggi aerei ed interplanetari senza aver incontrato un’anima di defunto od un angioletto sia pure sperduto, ancora oggi quando preghiamo alziamo il viso in direzione del CIELO; in molto riti formali è espressamente richiesto che l’officiante faccia altrettanto; in caso di funzioni funebri, il sacerdote tenta di consolare i parenti con la sicurezza che a fronte di quell’evento doloroso, il loro caro li potrà seguire con maggiori attenzioni dall’alto del CIELO. In alcuni testi cristiani è detto che undici apostoli più uno, forse troppo condizionati, videro materialmente Cristo risorto, innalzarsi e sparire in direzione del CIELO fisicamente inteso; anche il simbolo niceno, ovvero il Credo che sintetizza i più importanti dogmi cristiani, OBBLIGA a credere che Cristo una volta risorto, è salito in CIELO e SIEDE alla destra del Padre; anche tralasciando altri dogmi e le puerili immagini, ulteriori incongruenze assurde dovrebbero apparire alla mente, specie confrontando tra loro i diversi dogmi. In particolare quello del MONO teismo MULTIPLO, cioè del Dio UNO e TRINO, se preso come riferimento, in rapporto ad altro. Non è un caso che anche il cristianesimo ha i suoi Misteri, che però nel tempo hanno preso il significato di fatti inspiegabili. Un modo di tacitare la ragione, inconcepibile ed infantile, in quanto con tale tipo di argomentazioni, tutto diverrebbe possibile. Possiamo accertare che permangono a lungo, con la massima indifferenza da parte della mente razionale, diverse credulità e superstizioni che potevano essere valide in un certo OGGI, ma che sarebbero improponibili, se nate in tempi moderni con le attuali conoscenze e grado di razionalità finora raggiunto. I lunghi periodi che intercorrono, prima che la mente riesca a liberarsi definitivamente da tante assurdità, sono giustificati dal costante aggio per via genetica, di molte astrazioni che erano divenute sicurezze da tramandare ai posteri. Neanche ci rendiamo conto che dal momento del concepimento, oltre a predefinite condizioni anatomiche e fisiologiche, potenzialmente siamo già impostati, anche con una massa inimmaginabile di nozioni astratte. In aggiunta, dopo la nascita iniziano a gravare sulla nostra mente, ulteriori forme educative che provengono dall’esterno, le quali intendono confermare precedenti insegnamenti acquisiti dai nostri casuali educatori. E’ questo insieme di nozioni che ci occupano la mente a totale insaputa della nostra coscienza, e che ci

vietano di vivere da subito, tutto un insieme di novità. Successivamente, anche quando abbiamo raggiunto la capacità di intendere e volere, è assai difficile modificare ciò che già abbiamo considerato come vero. In particolare diviene estremamente oneroso, acquisire un diverso linguaggio, nonché affidarsi ad un nuovo trascendente, decisamente meno puerile e persino più consono a noi stessi. E’ come se alcuni neuroni bambini, siano avidi di assorbire una qualsiasi nozione, dopodiché chiudono un teorico coperchio, onde evitare ulteriori intrusioni. Nella nostra mente purtroppo, permane l’atavico concetto, di credere in una presunta superiorità che consideriamo razionalità umana, rispetto all’istinto animale. Tuttavia è proprio questa distinzione, tutta interna alla nostra specie, che va rivista in toto; c’è da fare un bagno di umiltà e considerare solo quel denominatore comune, che distingue ogni elemento provvisto delle capacità vitali. Che sia minuscolo come una cellula od un virus, oppure enorme come una balena, cambia solo il livello del controllo generale, in quanto ciascuno vive le sue relazioni con i suoi simili. Tutti si riconoscono, si rapportano tra loro, svolgono la funzione prevista, si moltiplicano trasmettendo le loro caratteristiche, cessano di esistere; nel complesso, tutti sono in grado di adeguarsi alle diverse condizioni, con le quali si trovano a convivere. Queste importantissime doti comuni, che abbiamo in gran parte snaturato, per intraprendere, come detto, la via di una impossibile Conoscenza, le potremmo sintetizzare, con la sunnominata Consapevolezza universale. Dando ancora la massima importanza ad un Dio troppo antico, tra l’altro assai crudele e sanguinario, che anche con il diluvio universale ha dimostrato di avere a cuore più gli animali acquatici che gli esseri umani, è ovvio che giovani e meno giovani più razionali dei loro avi, si vanno affidando molto più volentieri al Dio denaro ed a quello dell’epicureo edonismo. Anche volendo accettare, ancora una volta il classico Dio, Patria e Famiglia, al giorno d’oggi ci sarebbe molto da discutere su quale Dio, quale Patria e quale Famiglia. A parte quanto accennato, sono moltissime le credulità originali, anche precedenti al mondo latino, che sono state riviste e vissute da essi, e che poi ci hanno trasmesso. Pochissime le seguiamo in quanto giunte direttamente da quelle originali, mentre la maggior parte sono prima ate appunto, attraverso il filtro dei nostri più vicini antenati. Noi le abbiamo condivise come tradizioni, senza neanche conoscere i veri motivi della loro primitiva affermazione,

d’altronde la completa civiltà romana, è durata oltre 21 secoli, a partire dalla fondazione di Roma del 21 aprile 753 a. C. fino alla conquista turca dell’impero d’oriente, avvenuta non prima del 1453 dopo Cristo. E’ quindi abbastanza logico che abbia inciso profondamente, su molte tradizioni ed atteggiamenti mentali. Vestigia di un antico credere e relative superstizioni, sono ancora molto diffuse; a parte sincretismi e credulità, nonché templi, edifici vari e sculture riadattati o copiati di sana pianta nei loro significati, pochi conoscono il motivo originale per il quale gli antichi romani, ponevano quelle basse colonnine arrotondate all’estremità, che delimitavano spazi od erano posizionate dinanzi agli ingressi di alcuni edifici. Ancora oggi vengono fabbricate, ma solo per farne semplici ornamenti. Originariamente rappresentavano il magico fallo del dio Priapo, ed anche la loro morfologia non lascia dubbi; con questa sua eccezionale parte anatomica, intendevano richiamare il grande potere anti malocchio che gli attribuivano. Nessuno spirito maligno avrebbe potuto oltreare quelle difese; proprio per tale ragione erano poste dinanzi ad ingressi di edifici importanti, oppure per cingere piazze e luoghi pubblici di particolare interesse. L’eventuale collegamento tramite catene serviva ad estenderne l’influsso, tipo moderno campo magnetico. Priapo era vissuto come nume super potente e sessualmente instancabile; in quanto simbolo di fecondità era molto implorato dalle donne sterili; veniva anche rappresentato seduto, mentre sosteneva la sua caratteristica, che a volte gli oltreava l’altezza della testa. Attualmente presso la città di Kawasaki in Giappone, ogni anno in Aprile si svolge la festività del pene, simbolo di fertilità. Si possono ammirare anche lunghe processioni di intime estimatrici nella veste di religiose, le quali in abiti tutti eguali, simili alle nostre suore, coccolano tra le braccia l’oggetto venerato, come fosse un neonato. Seguono il carro principale, sormontato da un pene gigantesco che vari spettatori, ai lati del percorso abbracciano e baciano con grande ardore. Oggi internet offre una panoramica immediata e reale, della libera ed interessante festa, una volta tanto priva di falsi pudori. Ancora Priapo era pure il patrono delle coltivazioni di orti e giardini. In esatta opposizione alla dea Demetra che protettrice delle coltivazioni di cereali, era considerata massimo simbolo di castità e verginità, pur avendo avuto dal fratello

Zeus una figlia. Entrambi questi dei, erano stati generati da Crono (il tempo) e da Rea: Demetra (DE METER terra madre) è la immancabile e ripetitiva simbologia, appunto della Madre Terra che procrea in senso fisico, anche eruzioni di magma, mentre Rea la sua genitrice era una titano femmina, figlia di Urano (il cielo) e di Gea (la Terra), che a sua volta sposa un fratello, il suddetto titano Crono, che appena nati si mangiava i suoi figli. Anche Rea come tutte le figure femminili più importanti, soprattutto delle religioni indo europee, rappresenta una colei, che consente una forma di salvezza, intesa come aggio da una condizione inferiore ad una superiore. Nel caso specifico, Rea riesce a salvare il figlio Zeus con lo stratagemma di gettare nelle fauci di Crono una pietra avvolta nei suoi pannolini. Zeus sconfiggerà il padre e tutti i titani, quindi da un mondo primordiale, anche Rea fa in modo che si apra la strada alla civiltà degli dei. I titani saranno da Zeus stesso, relegati nel Tartaro, un luogo talmente estraneo, da poter essere assimilato alla moderna antimateria. Demetra per i romani più semplici, corrispondeva a Cerere, una realtà religiosa di tipo politico economico agrario, riconosciuta dalla plebe, a differenza di Cibele la Demetra dei ricchi patrizi, che rappresentava la pastorizia. Cerere con i figli Libero e Libera, formava la sua triade, ancora una sorta di trinità agricola, che dal V secolo a. C. ebbe il suo tempio sull’Aventino. Sul colle Palatino, vi era la sede di Pales, la protettrice della pastorizia, comunque la triade ufficiale del Campidoglio, era quella già indicata, costituita da Giove, Marte e Quirino; gli umani in Terra, poi riconosciuti come divinità una volta raggiunto il CIELO, erano molto frequenti; tra l’altro è opportuno sapere che secondo una credulità molto seguita, nel caso di parti gemellari, si riteneva che solo uno dei nati, fosse figlio del padre terreno, mentre l’altro o gli altri sarebbero stati inseriti da qualche nume, similmente al cuculo che pone le sue uova nei nidi non suoi, per cui era normale che alcuni fossero indirizzati più di altri, a compiere gesta epiche. Successivamente la stessa triade capitolina risulterà formata da Giove, Marte e Giunone, poi ancora da Giove, Giunone e Minerva. Il numero 17 è considerato nefasto da alcuni, per colpa degli antichi romani; il loro modo di scriverlo era XVII , cioè il simbolo dieci più quello di cinque più due volte quello di uno. Tali segni grafici, diversamente disposti potevano

formare l’anagramma VIXI, che significava vissi, non esisto più. Particolarmente scaramantici, erano terrorizzati, persino da ciò che l’astrazione della mente, poteva mettere in relazione con altre fantasiose emissioni del pensiero; però ancora oggi questa astrusità, ha degli aficinados, che hanno ricevuto questa presunta negatività, ma senza che lo stesso sia avvenuto con il motivo originale. Oggi temono il 17, pur senza sapere per quale motivo. Comunque una più moderna astrazione, che poi divenne una realtà da evitare accuratamente, è quella della posata a forma di forchetta. Un insieme di personaggi, per fare in modo che i loro fedeli temessero un ipotetico aldilà detto inferno, lo popolarono di esseri chiamati diavoli, i quali tra fuoco e fiamme, avrebbero usato soprattutto grossi forconi. Assolutamente nulla di reale, ma pure e semplici invenzioni, al solo fine di terrorizzare i soliti creduloni di sempre. Nella realtà del quotidiano, quando si iniziò ad usare la comoda posata chiamata forchetta, la Chiesa cristiana ne contrastò a lungo l’uso in quanto rappresentava il principale utensile dei diavoli dell’inferno. Il verbo CONSIDERARE vuol dire prendere atto di alcuni elementi e comportarsi di conseguenza; tutto considerato, ho deciso . . . . Sempre nel mondo latino era una pratica molto comune, quella di interrogare gli elementi del cielo, prima di compiere un atto importante; sidera significava astri o stelle, quindi CUM SIDERA, stava ad indicare che un certo qualcosa era stato stabilito dopo aver consultato le stelle, gli astri. De sidero significava osservo le stelle, sono assorto in qualcosa che attira, che mi coinvolge. Il condottiero Giulio Cesare scrisse il De Bello Gallico, una specie di diario delle guerre da lui combattute contro i popoli della Gallia; in tale testo come de siderantes , definisce i suoi legionari, che dopo aver svolto la loro parte, ansiosi attendevano sotto le stelle, i loro compagni che tardavano a rientrare dai combattimenti. Pure il termine SINISTRO sia aggettivo che sostantivo, nel significato di sfavorevole, nasce ancora dalla superstizione degli antichi romani. Un sinistro rappresenta qualcosa di negativo, ma pure un tipo sinistro da l’idea di un personaggio losco, non chiaro; anche mancino in vari accoppiamenti, come nel caso di un tiro mancino, intende evidenziare una manovra anomala. Ebbene i nostri padri latini avevano il terrore del lato sinistro. Alzandosi dalla notte, per iniziare bene la giornata erano obbligati a mettere in terra, per primo il piede

destro; anche nell’attraversare porte e linee di confine, mai prima il sinistro; Se per sbaglio facevano il contrario, risalivano sul giaciglio ed invertivano i piedi, mentre negli altri casi tornavano indietro per scambiare il o. Secondo quanto imparato da piccoli, in base alla religione che veniva insegnata, particolari uccelli potendo volare sino a Giove, facevano la spola per trasmettere i suoi messaggi. Vi erano uccelli graditi e volatili contrari al padre degli dei, però anche quelli che normalmente erano messaggeri favorevoli, se provenivano dalla sinistra di un osservatore potevano are nel novero di quelli che recavano cattive nuove. Si verificava che se due individui erano uno di fronte all’altro, il medesimo uccello portava favori a chi lo vedeva giungere dalla sua destra, e poteva essere nefasto, per chi essendo rivolto in senso opposto, lo vedeva arrivare dalla sua sinistra.

LE INAUGURAZIONI

Quando gli organi dello Stato romano, ritenevano che una certa iniziativa pubblica, avesse ricevuto l’approvazione del sommo Giove, augmentava il valore, sia sotto l’aspetto venale, che come importanza. Augmentare, in quanto per verificare i sentimenti di Giove, esisteva un collegio di sacerdoti particolari. Costoro si chiamavano àuguri, partendo dalla stessa radice di aug mentare, in quanto avevano ricevuto la vocazione particolare, di comprendere se una certa iniziativa era gradita al capo degli dei, nel qual caso aumentava di valore. Un preciso rito, di competenza esclusiva dei suddetti, si svolgeva pubblicamente con precise formalità e sacrali sentimenti. Molto ossequiato e ben accolto, un sacerdote di tale casta era chiamato a svolgere la sua cerimonia religiosa, attorniato da massime autorità; con un bastone ricurvo da un lato chiamato lituo, faceva il solenne gesto di circoscrivere uno spazio di Cielo, quindi contava quanti uccelli graditi o sgraditi al padre degli dei, l’attraversassero in un determinato lasso di tempo; per cosa inaugurata si intendeva che era stato sottoposta al giudizio di Giove, tramite un àugure, avendo dato esito positivo. Per i credenti romani, qualsiasi fatto strano, coincidenza, ecc. poteva essere messo in relazione con gli umori di entità negative o positive; segnali catastrofici oppure benefici, che solo il giusto sacerdote od oracolo, avrebbe potuto decifrare con certezza. Nel suddetto caso ciascun fedele, aveva visto con i propri occhi il aggio di vari volatili; era ovvio che il dio intendeva esprimere il suo giudizio. Ogni dubbio sulla relazione tra evento casuale ed atteggiamento divino umanizzato, era surclassato, annullato, deviato dalla concentrazione sul potere sovrannaturale, dato dalla vocazione dell’àugure. La fortuna di avere un sacerdote in contatto diretto con Giove, che sapeva dove scrutare e quando sospendere il conteggio, dava tanta serenità e sicurezza, e non era il caso di

ragionare, per poi mettere in dubbio l’importanza del rito. Anche allora, teologi, pittori, poeti, letterati impegnavano il loro estro e la loro cultura, per esaltare questa e quella dote divina, o per sottolineare le superiori virtù di questo o quel nume, nonché le sue particolari funzioni e le benevolenze nei confronti del popolo di Roma, quindi contribuivano ad incrementare la fede, attraverso il coinvolgimento dei sentimenti. Inoltre la solennità dei riti, i templi maestosi, la grande divulgazione di statue ed immagini che intendevano ritrarre le Entità Superiori nelle loro caratteristiche, anima interna compresa, nonché le particolari vesti degli officianti, i cerimoniali, le processioni, gli inni ed i canti in stretta relazione con ciascuna divinità, di fatto impedivano ogni presa di coscienza razionale; nello stesso tempo costituivano consuetudini, talmente divulgate da entrare persino nel linguaggio comune, ed ancora più saldamente cementavano e tramandavano il sacro, soprattutto attraverso il collante degli usi quotidiani. Il rito della inaugurazione al quale si è accennato, dopo decine di secoli, ancora oggi viene celebrato da autorità civili, ma sempre con l’obbligatoria presenza di un ecclesiastico più o meno titolato. I vescovi cattolici conservano il bastone ricurvo chiamato pastorale, come segno di superiore carica sacerdotale, al pari di altri importanti sacerdoti degli antichi popoli celtici, chiamati druidi; non sanno come utilizzarlo praticamente, ma sono in buona compagnia in quanto pochissimi conoscono la vera origine di tante ridicole formalità; tuttavia queste si perpetuano al solo fine di riconoscere al clero una funzione pubblica; ancora abitudini dal significato ingenuo al limite del comico, che nonostante l’assoluta inutilità, continuano ad offrire un clima di fede e di sacro, anche agli attuali adoratori di Cristo. Il cosciente od ignaro clericale successore degli àuguri, di pavoneggia nel suo ruolo di sostanziale sacerdote di Giove, sostenuto da eterni fedeli che neanche sanno cosa perpetuano.

I MISTERI ELEUSINI

I primi tra i precedenti culti misterici furono quelli Eleusini o di Demetra. Demetra come detto, era il massimo simbolo di verginità, anche dopo aver partorito la figlia Kore o Persefone detta anche la Fanciulla. Demetra era una divinità importantissima sotto molteplici aspetti; indipendente ed a volte come Madre Terra, veniva addirittura opposta a Zeus Pater, nella veste di Padre Cielo. A parte i riti segreti, relativi e diversi per ciascuno dei tanti Misteri, tutti i loro fedeli dovevano immedesimarsi con la relativa divinità, nel suo dolore quando si entrava nel periodo corrispondente alla morte del loro caro, e partecipare gioiosi alla sua felicità, nella ricorrenza annuale della sua rinascita. Per quanto riguarda Demetra, molto brevemente, i sacerdoti di quell’epoca insegnavano che Persefone, l’amata figlia di tale dea, un certo giorno fu rapita da Ade il dio degli inferi, che volle farne la sua sposa. Un modo delicato per dire che Persefone morì. Demetra che non sapeva, l’andava cercando ovunque, chiamandola disperata tra pianti ed urla di dolore. Nessuno le diceva nulla, solamente il Sole che dall’alto del Cielo, aveva assistito a tutta la scena, le rivelò l’amara realtà: avendola vista tanto giovane e bella, Ade l’aveva rapita per farne la sua sposa. Ancora più disperata di prima, Demetra corre dal fratello, padre della loro Fanciulla ed implora Zeus di renderle sua figlia. Anche se capo degli dei, Zeus dice che non ha il potere di togliere ad Ade la sua sposa. Sempre supplicandolo di fare qualcosa, Demetra singhiozzava talmente, che infine riuscì a commuovere l’importante fratello. Non volendo toglierla definitivamente al dio degli inferi, decide di farla riavere alla madre a periodi fissi. Per alcuni mesi sarebbe stata la sposa di Ade, per i restanti a completamento dell’anno, tornava a stare con Demetra. Non ottenendo altro, ancora piangendo di dolore, Demetra dovette accontentarsi. I fedeli del Mistero di Demetra, si riunivano per esercitare i riti segreti che li

avrebbero avvicinati alla dea. Esteriormente dovevano presentarsi al tempio, addolorati come Demetra nei giorni prossimi alla morte della figlia, e tornare ancora al suo tempio tutti felici, quando questa sarebbe risorta. Dopo la loro morte terrena, questi suoi credenti sarebbero rinati per l’eternità, AD IMMAGINE E SOMIGLIANZA di Demetra. Ora per far notare come fossero veri quei fatti, sempre i sacerdoti di allora, ponevano questo mito in relazione alle stagioni della primavera ed all’autunno. In primavera anche la natura si risvegliava per il ritorno di Persefone, mentre in autunno, la stessa si preparava al periodo del suo ritorno agli inferi. Questo è solo un esempio, ma TUTTI i culti dei misteri, avevano l’equivalente periodo di quaresima e di Pasqua di resurrezione. Nessun miracolo aiuterà il cristianesimo ad affermarsi, ma ciò avverrà dopo secoli di sincretismi e di aggiustamenti successivi provenienti da più fonti, ma soprattutto a causa delle terribili persecuzioni da parte cristiana, contro i fedeli di ogni altro culto. Per quanto concerne la principale dote che venne attribuita a Cristo sin da sempre, fu quella che avrebbe dovuto superare, in fatto di eventi prodigiosi, ogni qualsiasi figura divina del mondo pagano; di conseguenza verranno attribuite all’uomo Cristo in modo esaltato, tutte le più affermate credulità del precedente paganesimo. Fin dai primi secoli si andarono affermando le più incredibili leggende; avremo anche gli enormi affari commerciali delle reliquie, che intendono affiancare ai loro ritrovamenti, suggestioni altamente miracolose. Il primo utilizzo di fatti prodigiosi a fini di arricchimento, avveniva da parte di organizzazioni clericali, decisamente precedenti anche ai sacerdoti degli antichi greci. Nel caso delle sepolture degli egizi, si diceva che i defunti prima di giungere al loro sito definitivo, avrebbero dovuto alimentarsi per diversi giorni e pagare oboli in denaro, a traghettatori ed altri. Le tombe erano provviste di aggi nascosti, che permettevano ai sacerdoti dell’epoca, di impossessarsi facilmente delle migliori cose lasciate, per presunte necessità. Dopo qualche tempo facevano tornare i parenti, per constatare che il loro caro aveva mangiato regolarmente e pagato il dovuto. Non c’è molto da fantasticare circa i miracoli, le apparizioni ed i documentati interventi divini nei confronti degli uomini, fin da quando esiste la scrittura e le

opere fisse oltre alle statue e pitture ad essi dedicate. Ancora i grandi poemi ci sono di grande aiuto, ma c’è sempre qualche nuovo furbastro di turno, il quale intende far credere ai suoi ignorantissimi fedeli, che lui è in grado di scovare centinaia di santi MIRACOLOSI, tutti legati al cattolicesimo. I casi sono due: o erano reali tutte le antiche testimonianze, oppure sono SOLO TRUFFE, anche i modernissimi miracoli cattolici. In ogni caso se veri gli uni e gli altri, possiamo essere sicuri che sono indipendenti da qualsiasi religione e santità che pontefice voglia. In altre situazioni venivano stipulati accordi con inventori, scienziati e bravi artigiani, per mettere a punto meccanismi nascosti, che ringraziavano in qualche modo delle offerte, versando lacrime di sangue, oppure in altri modi, come nel caso della statua di Artemide nel suo tempio di Efeso, città attuale della Turchia, che versava latte dalle sue tantissime mammelle. Altre volte terrorizzavano con lamiere scosse, che mandavano boati a comando, od anche con marchingegni complicati che producevano strani effetti, sicuramente di natura soprannaturale. Più recenti pareti semitrasparenti, ancora oggi offrono notevoli successi per presunti maghi e medium; Poste a 45 gradi sul fondo di un ambiente tipo corridoio, fanno apparire e sparire persone reali, apparentemente fantasiose, da un’apertura che corrisponde ad un ambiante laterale invisibile e vagamente illuminato. Per quanto concerne Cristo, le sue immagini e tutte le figure od oggetti ad Esso collegati, avrebbero dovuto superare ogni precedente inventiva, per indurre a nuove conversioni, consentendo nel contempo il massimo arricchimento. Non dovranno restare tracce di altri culti, e meno che mai i di quelli più affermati, che testimonierebbero un precedente credere del tutto simile; soprattutto questi se molto seguiti, dovranno essere trasformati in antiche radici, in anticipazioni divine o profetiche previsioni, riguardanti l’avvento del nuovo culto cristiano. I medesimi concetti costituiranno i principi base, soprattutto della Chiesa Romana del cattolicesimo, che rimarrà assai legata alla esaltazione delle tradizioni pagane più seguite, da attribuire al simbolo Cristo.

CENNI SU ANTICHI MITI

Il mondo della mitologia greca e romana, è punteggiato da una miriade di leggende riguardanti numi ed Esseri di diverso rango e poteri; nel presente contesto si accenna solo ad un minimo di loro storie, tanto per entrare nel mondo di antiche superstizioni e credulità, quindi non è il caso di fare una netta distinzione tra i due diversi mondi; bisogna tuttavia precisare, che anche quando la religiosità dei romani, si compiacque di far suoi i più seguiti miti e fantasie del mondo ellenico, li riadattò completamente al proprio pensiero. Bisogna anche tenere presente, che la quasi totalità dei fedeli di Roma, non aveva la percezione che i suoi adorati fossero del tutto simili ad altri. In ogni tempo chi crede in qualcosa di superiore, molto difficilmente si pone domande sul reale significato ed origini del suo senso religioso. L’importante è che si possa affidare ad uno o più Esseri divini, secondo quanto appreso fin da piccoli, dagli intermediari di turno tra Cielo e comuni terrestri. Ad esempio Ares, era considerato da parte greca il terribile dio della guerra, in base al concetto che fuorviasse la mente umana con i peggiori sentimenti di follia e di furioso odio. Senza che Ares lo pretendesse in modo esplicito, una volta incapaci di ragionare i terrestri si scagliavano l’uno contro l’altro, compiendo disastri, massacri e stermini, propri delle guerre. L’equivalente Marte dei latini, era invece un diretto protettore di Roma; molto più semplicemente permetteva a questo popolo di vincere in quanto lo difendeva fisicamente dai suoi nemici, oppure aiutava l’Urbe ad estendere la sua autorità nel mondo. In particolare per i greci, senza che loro ne avessero la minima percezione, molte delle situazioni e figure da essi immaginate, non rappresentavano altro che lo specchio di se stessi. Il termine generico di semidio è riferibile a diversi soggetti, considerati inferiori ad un nume; le ninfe ad esempio erano spiriti dall’aspetto di giovanissime fanciulle che si nascondevano in ambienti selvatici e disabitati; tra queste le

Oceanine amavano gli abissi marini, le Naiadi si divertivano tra fonti, fiumi e specchi d’acqua, le Oreadi erano proprie dei monti, le Driadi e le Amadriadi preferivano i tronchi delle querce. Le Amadriadi purtroppo erano dipendenti dal loro albero e mortali. Tagliare una quercia significava negare la sopravvivenza anche alla sua ninfa; una forma di ossequioso rispetto per questi giganti multi centenari. In aggiunta abbiamo anche le 50 o 100 figlie del dio marino Nereo, che si differenziavano dalle ninfe, pur essendo anch’esse creature marine. Gli uni e gli altri, spesso interagivano tra di loro e ciascuno di costoro, in più casi intrecciava i suoi interessi anche con le vicende umane, oppure si univano fisicamente a terrestri, dando vita a figli particolari. Gli esempi più noti sulle loro interferenze, sono quelli descritti in poemi famosi, quali Iliade, Odissea, ecc. Per quanto riguarda i nati da dei e semidei con femmine o maschi umani, sono talmente numerosi, che anche in tal caso il riferimento è limitato solo ad alcuni. Accennando all’Iliade, anche il protagonista Achille, era figlio di una nereide di nome Teti e dell’umano Peleo.

Altre semidivinità erano satiri e fauni, una specie di umani con zampe di caprone, semplici abitatori di foreste o protettori di boschi e piante. La principale attività comunque era quella di danzare con le ninfe, oppure inseguirle, onde costringerle ad amorosi amplessi. Simili ai satiri erano i sileni, parenti dei centauri e nemici dell’agricoltura. Nella mentalità greca di trasferire ad Entità simboliche, alcuni dei loro comportamenti, costoro rappresentavano il sesso brutale, istintivo e selvaggio. Il loro prototipo era Sileno, il maestro di Dioniso, che era il nume patrono del vino e dei suoi conseguenti effetti. Sileno era rappresentato mentre cavalcava un asino, sempre ubriaco ed al seguito del suo divino allievo. In Roma la ninfa Egeria era molto venerata, in quanto si riteneva che fosse stata la consigliera e l’amante del secondo re Numa Pompilio. Alla morte del suo uomo, avrebbe versato tante lacrime che da spirito quasi evanescente, si sarebbe trasformata essa stessa in una sorgente d’acqua dalle virtù eccezionali; era questa una rielaborazione romanzata del mito di Arethusa, l’altra ninfa dell’isola siciliana di Ortigia, anch’essa divenuta una sorgente. I greci avevano fondato una loro colonia in questo luogo presso Siracusa; il mito che il fiume sacro Alfeo,

dalla Grecia meridionale proseguisse il suo percorso nel mare per congiungersi con le acque di Arethusa, aveva il potere di farli sentire in qualche modo, ancora uniti alla madre patria. Un’altra leggenda volle che Apollo , il dio della luce solare e di quella delle menti umane, cioè un antesignano dispensatore della Grazia cristiana, incontrasse casualmente una ninfa di nome Dafne. Era questa una creatura quasi impalpabile, leggera e fluida come un soffio di vento, trasparente come l’aria e candida come la neve; lunghi capelli leggerissimi, che ondeggiavano al minimo alito. Stupefatto da tanta soavità, le andò incontro come calamitato, lei invece ebbe paura e fuggì immediatamente come volando; Apollo naturalmente non faceva il minimo sforzo a starle dietro, lei invece si stancava a correre sempre più veloce per distanziarlo, fino a quando non ebbe più forze e cadde. Ancora più terrorizzata implorò la Madre Terra di aiutarla. Davanti agli occhi stupefatti del dio, per un antico EVENTO MIRACOLOSO, Dafne venne trasformata in una pianta di alloro. Apollo ancora stordito e meravigliato, iniziò a parlare all’arbusto come se si trattasse della ninfa stessa. Giurò davanti a lei che l’avrebbe ricordata per tutta la sua infinita esistenza, poi intrecciò alcuni rami di quel vegetale, ne fece una corona di alloro e decise che questa divenisse il simbolo di umani superiori, soprattutto nel campo della poesia. Secondo quanto creduto dai suoi fedeli, Apollo era nato dalla dea Leto, Latona per i romani, dopo essere stata l’amante di Zeus; sua moglie gelosissima non poteva nulla contro un marito assai libertino, che comunque rappresentava il massimo dio, quindi si sfogava inventandosi difficoltà e vendette nei confronti delle amanti, oppure contro gli innocenti figli della colpa. In questo caso sapendo che Leto avrebbe dovuto partorire, non si sa perché essendo divinità, su un sito TERRESTRE, le impediva che una qualsiasi area del nostro pianeta, la ospitasse. Cerca e cerca disperatamente, per sua fortuna Leto riuscì a scovare un’isoletta nascosta, tutta rocce aride e senza neanche una pianta od un corso d’acqua, che però la accettò. Ella si inginocchiò benedicendo quella terra e finalmente diede alla luce due gemelli: Apollo il dio solare ed Artemide la Diana dei romani, in veste di dea lunare. Uno era presente con le sue attenzioni, nella città civile in presenza della luce e nell’ordine dettato da Zeus, considerato patrono delle menti illuminate; l’altra operava nei luoghi selvaggi dei boschi e foreste, distanti dal vivere cittadino, protettrice della caccia e di vari culti notturni, nonché di streghe e fattucchiere.

Siccome l’isoletta nascosta e riarsa, aveva accolto Leto, per diretta volontà di Apollo in seguito alla sua generosità, da quel momento si sarebbe trasformata nel luogo più meraviglioso e fertile, pieno di piante, ruscelli, corsi d’acqua laghetti, piante ed animali. In realtà l’isola di Delo era tanto incantevole, che qualcuno spinto dalla fantasia si inventò questa leggenda; una volta divulgata e raccontata ai loro piccoli discendenti, il processo educativo fece fare la solita notissima inversione: non erano le delizie originarie di quel magnifico angolo di paradiso, ad aver stimolato l’astrazione, ma era stato un intervento sovrannaturale, a rendere il luogo così ospitale. Per onorare il dio, a Delfi sorse il magnifico santuario di Apollo Pitico, ove la Pizia una vergine sacerdotessa dalle doti di medium, chiamata anche la pitonessa, dava responsi che venivano interpretati a pagamento, da opportuni oracoli. Il luminoso ed illuminante dio delle menti Apollo, per i greci era il principale nume dopo Zeus. In una religione indiana antichissima, è simboleggiato dal dio Mitra, mentre nel derivato Mazdeismo dei popoli iranici diviene Mithra, il quale formava con la principale divinità monoteista Ahura Mazda e con la dea Anahita, ancora una delle tante celesti trinità o triadi. Lo stesso Apollo, come nume greco che rappresentava il Sole, prende anche l’appellativo di Helios, ma sicuramente a partire dal V sec. a.C. quest’ultimo sarà sostituito dalla divinità unica di Apollo Elio. In questo caso abbiamo una entità teologica modernissima in forma di monoteismo, totalmente diversa dalla generica idolatria. In tal caso il sole come astro, non identificava nel modo più assoluto un Dio, ma confermava l’esistere di un certo trascendente totalmente astratto. Che fosse sicuramente vero e potentissimo, era dimostrato dalle fenomenali irradiazioni di tale stella. La filosofia alla base di monoteismi, dimostrati attraverso manifestazioni di eventi naturali, verrà definita con precisione alla fine del 1800, dallo studioso e storico tedesco Max Muller, con il termine di enoteismo. Da una parte abbiamo il panteismo che concepisce un trascendente attraverso le cose, e lo indentifica nel mondo stesso. D’altro canto l’enoteismo in genere, prevede un dio unico, perfettamente astratto ed impersonale, che dimostra la sua presenza attraverso eventi, situazioni della natura. Si deve comprendere che

secondo tale religione solare, la sola presenza di questo astro, era la più evidente dimostrazione che esistesse un Essere Superiore, altrimenti del tutto invisibile ed impalpabile. Ermes il Mercurio dei romani, era il messaggero degli dei; munito di elmo e piedi alati, velocissimo raggiungeva ogni sito, seppure in altre religioni molto più antiche, già si menzionavano gli angeli, aventi più o meno le stesse funzioni di spola tra numi del Cielo e terrestri.

I primi santi. Di poco inferiori ad un dio, vi erano anche uomini particolari assurti ad eroi sacri, che una volta giunti nell’aldilà potevano essere venerati; ciò accadeva quando era accertato che avessero compiuto qualche atto straordinario, come premonizioni, miracoli di qualsiasi genere od anche significative apparizioni; a costoro venivano eretti i santuari, da non confondere con i templi degli dei. Per meglio chiarire quali fossero le condizioni previste a quei tempi, per essere dichiarato santo, è sufficiente riferirsi alle odierne beatificazioni e santificazioni, in quanto da allora non è cambiato assolutamente nulla, ma è il presunto moderno, che rappresenta l’esatta copia dell’antico paganesimo. Senza sottovalutare gli attuali credenti, bisogna tenere presente che la moltitudine dei luoghi di culto, i templi e santuari, nonché le testimonianze di fede incrollabile, da parte del popolo romano, non hanno avuto più eguali in nessuna epoca successiva; ancora oggi è molto difficile non essere influenzati da quanto tramandarono in svariati settori. Ad esempio la Chiesa cattolica, non per niente chiamata romana, ha fatto suoi vari territori, titoli e tante tradizioni pagane, a suo tempo di competenza dell’impero romano d’occidente. Per raggiungere più facilmente tale finalità, si servì anche del famoso FALSO storico, chiamato donatio Costantini (donazione di Costantino). Fu fatta rinvenire casualmente una fittizia lettera dell’imperatore Costantino il Grande, diretta a papa Silvestro I, suo contemporaneo; in essa si diceva che il regnante, avendo intenzione di ritirarsi nell’impero d’oriente, lasciava a tale papa tutti i titoli spettanti a lui, nonché ogni territorio appartenente all’impero d’occidente. Da quando era già caduta questa parte dell’impero e per tutto il medio evo, la Chiesa di Roma pretese che venisse rispettata la volontà di

Costantino. Solo nel XVI secolo, fu dimostrato inequivocabilmente, che si trattava di un falso redatto sicuramente dopo l’VIII secolo, mentre Costantino era già morto nella prima metà del IV secolo e precisamente nell’anno 337. Per fare un paragone circa la sua falsità, è come se un documento ORIGINALE del 1500, risultasse redatto con una macchina da scrivere, che sarà inventata solo alla fine del 1800. Andando oltre, i Pontefici in origine erano per il popolo etrusco, proprio gli eccezionali progettisti e costruttori di quei manufatti ad arcate, necessari per congiungere luoghi altrimenti irraggiungibili; i loro sacerdoti chiamati lucumoni erano considerati al pari di costoro, essendo capaci di istituire un raccordo od un vero ponte, tra il Cielo ed i comuni terrestri. Nell’antica Roma, che fece sue tante tradizioni di quel popolo, venne istituito un ristretto gruppo di sacerdoti, mai più di dodici, aventi compiti civili e religiosi ritenuti di alto livello, i quali furono riuniti nel collegio dei pontefici con a capo il più importante, detto Pontefice Massimo. Il primo imperatore romano fu Ottaviano Augusto, il quale avendo fatto parte da giovane del collegio dei pontefici, ricevette il titolo di Pontefice Massimo, oltre a quello di Augusto. Ottaviano era stato adottato da Giulio Cesare, divenendone il figliastro. Dopo la sua uccisione, il patrigno era stato divinizzato e ritenuto pari ad un nume. Ottaviano come Pontefice Massimo aveva una veste sacrale, che lo faceva ritenere in contatto con il Cielo, ma ancor più si ammantava di discendenza divina, come figlio del nume Giulio Cesare. Ottaviano Augusto in tale vesti rappresentava il principale riferimento, tra le divinità ed il popolo, tra l’altro doveva indicare i giusti sacrifici e riti, onde garantire la pax deorum ( la pace degli dei) nei confronti dell’impero. A distanza di qualche tempo dalla caduta dell’impero d’occidente, i papi ritennero che la loro funzione fosse assai simile a quella dell’imperatore Augusto, quindi anch’essi si fregiarono del titolo di Pontefici, modificando l’aggettivo Massimo, con quello equivalente di Sommo. Riprendendo dai santi ORIGINALI, costoro per il popolo romano erano i più invocati e venerati in quanto avevano dimostrato con FATTI CONCRETI, di essere potenti ed assai disponibili; inoltre al pari dei numi tipo Afrodìte (Venere) dea della bellezza e dell’amore, Atena (Minerva) dea della sapienza, ecc. anche i santi erano tutti accreditati come patroni e protettori di qualche attività o

categoria di persone. In sostanza il presunto nuovo dei santi cattolici, non è altro che un esiguo tentativo di perpetuare la grandiosità e l’enorme diffusione del credere pagano, proprio degli antichi romani. Il vocabolo sanctus , veniva usato da secoli prima di Cristo, con il significato di sacro, inviolabile o di cose e persone auguste, da rispettare in quanto destinate a compiti superori. Data l’enorme ignoranza, nella quale sono volutamente tenuti in particolare i cattolici, nessuno si meraviglia quando un amatissimo pontefice, li fa arretrare di oltre duemila anni, pur acclamato e santificato per la sua modernità. Per inserirsi maggiormente in una mentalità, ove la forma superava la sostanza, persino le donne partorienti, avevano una particolare Entità che le tutelava, diversa da quella di madri e mogli ; una ulteriore proteggeva le donne vergini. Anche costei era particolarmente gelosa ed attenta delle sue patrocinate; chiunque le avesse minimamente oltraggiate, ferite od offese, rischiava le peggiori sventure; queste maledizioni, al solito potevano estendersi all’intero popolo cui apparteneva chi le avesse comunque offese. Capitava però che anche una vergine commettesse reati talmente gravi, da prevedere la condanna a morte. In nessun caso sarebbe stato possibile eseguirla, perché se la loro patrona avesse accolto nell’aldilà una vergine giustiziata, avrebbe posto in atto le più terribili ritorsioni. La semplice soluzione fu che il boia, PRIMA di eseguire la sentenza, dovesse stuprare la vergine condannata. Da quel momento in poi, qualsiasi violenza umana si sarebbe compiuta su una normale femmina, quindi la patrona delle vergini non si sarebbe accorta di nulla. Sembra assurdo, eppure anche la Chiesa cattolica, è considerata unica e nello stesso tempo risulta divisa nella parte trionfante, che è celeste in quanto ha vinto sul Male ed in quella militante, cioè che si interessa delle cose terrene. Ebbene anche l’inquisizione cattolica agiva con gli stessi principi. Il Signore sarebbe stato ingannato, solo dalla sua santità. Era come se non sapesse nulla, delle terribili condanne che venivano eseguite solo da parte degli appartenenti alla Chiesa militante. Nel caso di un inquisito per eresie od altro, il braccio santo della Chiesa, non poteva neanche superare un certo limite, con l’uso delle torture. Mai avrebbe versato una goccia di sangue del reo, infatti i suoi lodevoli inviti a confessare, venivano esercitati attraverso dolorose posizioni e trazione dei muscoli e degli arti, con corde e macchinari privi di lame e punte; non solo ma prima di qualsiasi tormento, l’imputato veniva accuratamente visitato da un

medico, per accertare che non avesse nessuna patologia, che gli procurasse la morte anzitempo. Una volta deciso che venisse giustiziato, era consegnato al braccio militante, che obbligato a seguire le cose terrene, era autorizzato ad esercitare ogni qualsiasi tortura o violenza, fino ai più disumani metodi per conoscere affiliati e còrrei, inoltre perché confessione e pentimento avrebbero consentito al presunto reo, di presentarsi al Creatore con l’anima candida. Con tali sotterfugi avremo il papa che per Cristo doveva apparire solo un santo, senza sapere che era anche un re assoluto, costretto a punire duramente delinquenti comuni, ed ancor peggio gli eretici o chi non si atteneva alle più incredibili e retrograde posizioni della Santa Chiesa. Come eretici erano considerati tutti coloro che non consideravano infallibili le fantasticherie della Chiesa cattolica, compresi giudei, islamici, cristiani di altro indirizzo e persino cattolici dal pensiero minimamente critico. A tale proposito è il caso di far conoscere una mentalità vera e reale, che invece potrebbe apparire come una invenzione. Già da molto prima del 1600, vari astronomi soprattutto arabi, si erano interessati ai movimenti degli astri. Nei primi anni del 1600, i produttori olandesi di occhiali ottennero un primo cannocchiale a lenti, sia pure capace di pochi ingrandimenti. Galileo Galilei, interessato a vari aspetti della matematica, fisica ed astronomia nel 1609 trovò il sistema di are ad un perfezionamento di quello strumento e ne risultò un telescopio che forniva una visione abbastanza particolareggiata del firmamento, di conseguenza la verifica dei movimenti cosmici, subì un ulteriore slancio. Nel contempo da parte di astronomi europei non troppo condizionati dalle religioni, ed in particolare per merito del polacco Copernico, si era giunti alla certezza che tutti i pianeti del sistema solare ruotassero attorno alla stella sole. Naturalmente anche Galilei, era giunto al medesimo risultato che andava divulgando, accompagnato da varie dimostrazioni. A questo punto insorse la Chiesa del papa, sostenuta da altri studiosi che però, fin da bambini coltivavano la certezza che la Bibbia fosse un testo storico. Il Signore attraverso i suoi suggerimenti aveva inteso far scrivere, come e quando avesse creato il cosmo; unitamente a varie precisazioni, aveva fatto conoscere come e perché avesse a cuore il suo popolo prediletto. In un o di quel libro sacro, si racconta del buon Giosuè, che quando stava per massacrare tutti i cattivi, si rese conto che l’arrivo delle tenebre avrebbe

permesso a molti di costoro di fuggire e salvarsi. Pregò intensamente il SUO Signore di essere ascoltato, quindi ordinò al sole di fermare il suo cammino attorno alla Terra. Dio lo ascoltò così nessuno dei suoi nemici, malvisti anche dal SUO Dio, riuscì a salvarsi. Il Signore di Giosuè e padre di Cristo, sapeva perfettamente come aveva creato il cosmo; se aveva consentito di scrivere che aveva fatto fermare il sole, voleva dire che era questo a ruotare attorno alla Terra. Non era possibile che avesse commesso un errore del genere. Pensa e ripensa studiando il cosmo da ogni lato, però anche gli astronomi cattolici, si rendevano conto che i pianeti in effetti ruotavano attorno al sole; i calcoli più volte controllati con la realtà, apparivano sempre esatti, ma ciò non era possibile, quindi doveva esserci una soluzione che rispettasse tanto l’astronomia, quanto la Bibbia. Infine a furia di pensare, anche gli scienziati rimasti bambini, trovarono una soluzione ineccepibile; era ovvio che i corpi celesti quando sparivano dalla vista degli ultimi strumenti, modificavano le loro orbite, compiendo strani movimenti a spirale su se stessi tipo riccioletti, per poi riprendere i percorsi normali. Grandi matematici ed astronomi, purtroppo con la mente condizionata fin da piccoli, rifecero meravigliosi calcoli complicatissimi, poi tutti trionfanti avanzarono la loro perfetta teoria scientifica. I viaggi interplanetari neanche si ipotizzavano, quindi le future astronavi sarebbero potute scomparire nell’energia intersiderale, con buona pace di papi e di astronomi pieni di fede. Non ci meravigliamo se anche nella Chiesa del papa, si poteva partire da una ipotesi ritenuta verità assoluta, per farne derivare assurde conseguenze od imposizioni tassative. Nell’antichità del mondo soprattutto greco, era abbastanza comune giungere all’apoteosi, cioè a dichiarare per decisione umana, che fosse definito un dio, chi si fosse particolarmente distinto per le sue virtù eccezionali. Per gli antichi romani era questa un’eccezione che però in alcuni casi fu presa in considerazione anche da costoro, come nel caso di Giulio Cesare dopo che venne assassinato. Comunque i latini riconoscevano come divini, anche quei loro connazionali che avessero raggiunto l’apoteosi per volontà greca; in ogni caso questa divinizzazione poteva essere riconosciuta anche nei confronti di eroi viventi, invece Eracle (Ercole per i latini), apparteneva al primo caso.

Il mito di Ercole.

Nato dalla solita scappatella di Zeus, con una normale donna di nome Alcmena, al pari di infiniti altri, era il solito uomo nato da un Dio e da una femmina terrestre; come retaggio divino era in possesso di una forza sovrumana. Quando la sposa del padre di tutti gli dei, si accorse del tradimento, si vendicò su di lui costringendolo a compiere dodici incredibili e faticose imprese; ciò anche come pena per sue gravissime colpe; si immaginava che andasse soggetto ad ire pazzesche e furibonde, tanto che nel corso di una di queste manifestazioni, si riteneva che avesse ucciso la prima moglie ed i loro figli. In una certa occasione la seconda moglie Deianira, per non perdere il suo affetto, gli fece indossare una camicia, intrisa del sangue di Nesso. Questi era un centauro che poco prima di morire per mano di Eracle, aveva detto alla donna che quel magico indumento, se l’avesse fatto indossare al suo uomo, avrebbe impedito al figlio di Zeus di essergli infedele. La famosa camicia di Nesso, era invece un indumento malefico, che non si riusciva a togliere mai. Il pensiero astratto aveva voluto che diventasse rovente come il fuoco e tanto aderente, che se qualcuno avesse tentato di levarselo, gli sarebbero venuti appresso lembi di pelle. Così accadde ad Ercole che pur di non soffrire più, si gettò tra le fiamme e morì. Nonostante come umano gli fossero state attribuite vicende tanto tragiche, egli fu divinizzato. Si pensava che una volta cessata la sua vita terrena, fosse stato perdonato ed accettato a pieno titolo, tra gli dei immortali, tanto che nell’Odissea Omero racconta di Eracle unito nuovamente ad una moglie divina, rappresentata da Ebe la bella coppiera olimpica. A Roma era venerato con tanta fede, che gli venivano riservate le ritualità più fastose. Comunque le sue imprese miracolose, erano ritenute tanto straordinarie che furono esaltate da vari popoli delle coste mediterranee. Uno dei più famosi santuari era quello di Ercole Vincitore a Tivoli: le rovine nel solo basamento coprono un rettangolo di 150 metri per oltre cento; per farsi un’idea della sua importanza, la via Tiberina che attraversa quella zona, era deviata su un ampio sottoaggio al di sotto di quello; questa divinità doveva

ovviamente gratificare i suoi fedeli con qualcosa di eccezionale, al pari dei modernissimi santi miracolosi, altrimenti non solo il santuario non sarebbe stato così visitato, ma il suo stesso mito anziché diffondersi sarebbe rapidamente decaduto.

Castore e Polluce.

I dioscuri ( dios kuroi, figli di Zeus) Castore e Polluce, semplicemente i Castori per i romani, erano due gemelli con padre divino ed umano; la loro storia naturalmente coinvolge il padre degli dei; un giorno che Zeus piuttosto annoiato, osservava con animo distaccato cosa accadesse in Terra, improvvisamente fu attratto da una provocate fanciulla, che tutta nuda prendeva il sole su una spiaggia deserta. Era Leda la bella figlia del re dell’Etolia e moglie del re di Sparta. Preso da un raptus erotico, Zeus fremette dal desiderio di farla sua, ma temendo che costei lo respingesse, pensò di trasformarsi in un innocente candido cigno. Mentre era addormentata, il bellissimo animale le si accostò emanando un inebriante profumo di ambrosia, il delizioso unguento divino che sanava ogni ferita. Dopo averla rimirata da ogni lato, la fece svegliare e le chiese se volesse fare un volo con lui. Trasognata e stordita, ingenuamente accettò il suo invito a salirgli sul dorso. Immediatamente il cigno con Leda si avviò in direzione dell’Olimpo; in quel sito poteva agire da Dio senza opposizioni. A cose fatte, una specie di logica astratta volle che i figli di una donna, fecondata da un Dio mascherato da uccello, dovessero venire al mondo come nel caso dei volatili. Gli altri dei infatti, prima di rinviarla sulla Terra, le fecero dono di un grande uovo, con la sorpresa che quando si schiuderà da esso nasceranno i due gemelli. Castore e Polluce, per l’appunto erano spesso raffigurati mentre uscivano dal loro guscio. Una volta adulti, improvvisamente Castore viene ucciso dal cugino Ida. Costui a sua volta era un essere fortissimo e molto violento, che tra l’altro aveva partecipato alla caccia contro il terribile cinghiale Caledonio, mandato da Artemide per distruggere quel territorio, inoltre aveva fatto parte degli Argonauti di Giasone. Infine venne fulminato da una saetta di Zeus, proprio per aver ucciso

Castore. Zeus assai dispiaciuto per la fine di un suo figlio, si rese conto di essersi dimenticato di rendere immortali i due gemelli; corse ai ripari tentando di preservare almeno Polluce dal destino riservato agli umani. Il sopravvissuto però rifiutò decisamente, perché in tal caso non avrebbe più incontrato il suo amato fratello e pianse tanto per non divenire immortale, che alla fine riuscì a raggiungere un certo risultato; ciascuno dei due avrebbe ato un breve periodo nel regno dei morti ed uno altrettanto breve tra le divinità. In pratica era come se fossero divenuti entrambi immortali, perché avevano la facoltà di rinascere in eterno; forse un tentativo per motivare l’alternarsi del giorno e della notte. Questa loro particolare condizione, portò il popolo latino a straordinarie forme di devozione nei loro confronti, essendo considerati i migliori intermediari tra i numi e le necessità dei terrestri. Da mortali potevano raccogliere direttamente le suppliche umane; nelle ore successive, ripresi i poteri divini le avrebbero esaudite direttamente, o quantomeno potevano intercedere da pari a pari presso il competente nume. Secondo i romani furono essi che nel 490 a.C. gli fecero vincere una difficile battaglia, già considerata perduta; in quella occasione erano apparsi due misteriosi cavalieri, che furono riconosciuti da alcuni, per essere i due gemelli. Questa diceria era seguita con la massima fede da una tale massa di persone, che il Senato si adeguò alla credulità popolare e rese ufficiale la devozione per i Castori; in onore dei due fu anche edificato un grandioso tempio, del quale sono ancora visibili a Roma, pochi resti; due loro statue recuperate, sono esposte sulla piazza del Campidoglio, all’inizio della scalinata, mentre quelle con i cavalli, si trovano attualmente dinanzi al palazzo del Quirinale. Quando erano implorati con grande fede, si poteva essere sicuri che con i loro interventi, sarebbero riusciti ad ottenere di tutto, anche ad impedire le più dannose calamità. Ciascun cittadino romano poteva testimoniare di aver ricevuto almeno una grazia da parte loro, e lo testimoniavano tramite gli antichissimi EX VOTO, che in sostanza avevano il significato di Promessa rispettata, per il miracolo ricevuto. Ciò avveniva anche da parte degli etruschi, poi copiati dai latini, mentre in epoca moderna, gli stessi identici creduloni di sempre li riferiscono a Cristo, santi e

Madonne varie, anche se lo stesso nome, ci riporta senza dubbio alcuno, alla lingua di Cicerone. Comunque è bene sapere che la data prevista per i grandiosi festeggiamenti a Castore e Polluce, era quella del 29 Giugno. Quelle celebrazioni andavano avanti, anche diverso tempo dopo l’avvento del papato. Al fine di oscurare quella grandiosa festa, senza che avvenissero forti contrasti e tafferugli, quelle stesse celebrazioni arono semplicemente di mano. I legittimi titolari, vennero tranquillamente spodestati, a favore dei santi Pietro e Paolo. Due erano i Castori e due furono questi usurpatori cattolici, non gemelli, assai poco fraterni e per nulla miracolosi. Per far dimenticare i due eccezionali figli di Zeus, ed appropriarsi delle secolari festosità di quel giorno, è bastato che diversi educatori insegnassero una loro versione ai nuovi nati. E’ arcinoto che soprattutto nel cattolicesimo, c’è stata la costante abitudine di sostituire affermate tradizioni di altri culti, con nuove motivazioni che nulla hanno a che vedere con la loro origine. Tutto concorre a confondere la memoria storica per innestare su altrui radici, i più inverosimili incroci. Persino nei tempi moderni, riferibili agli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, in Italia si reclamavano con entusiasmo alcuni principi negati dal fascismo. Il giorno del primo maggio era tutto uno sventolio di bandiere rosse, simbolo delle prime lotte sindacali in Germania; poiché quasi le stesse, erano divenute l’emblema della rivoluzione russa, il Vaticano ebbe timore che i comunisti scomunicati dalla sua Chiesa, potessero approfittare di tale occasione, per farne una ricorrenza importante. Il sommo pontefice Pio XII, nella duplice veste di comune capo di Stato e di voce di Dio, si ritenne incaricato da Cristo di precisare solennemente a tutti i cattolici, che quel giorno non rappresentava una generica festa del lavoro, bensì quella particolare di Suo padre falegname. Il primo maggio sarebbe dovuto divenire nel tempo, la solenne ricorrenza di S. Giuseppe lavoratore. Per oscurare un primo maggio dei comunisti mangiatori di bambini, fu imposta la Messa obbligatoria con relativa predica, per falsificare le origini storiche di tale data. Il super collaudato gioco di prestigio, questa volta non ebbe il successo sperato. Per quanto riguarda superstizioni e fenomeni miracolosi, c’è da prendere atto che anche al tempo degli antichi romani, si verificavano incomprensibili fenomeni, tali da essere interpretati come indicazioni del Cielo, per incontenibili masse di credenti. Ad esempio l’intera cima del monte che sovrasta la cittadina laziale di Palestrina, venne interamente edificata ad immenso santuario della Fortuna

Primigenia. Principalmente nei giorni 11 e 12 Aprile, una folla immensa si ammassava in quel sito, per avere da innocenti bambini appositamente addestrati, una tavoletta di legno da essi presa a caso, chiamata sortes. Su questa erano impresse alcune lettere, che dietro il versamento di un obolo, venivano interpretate dagli oracoli del santuario. I grandi introiti da parte dei suddetti, erano giustificati dal prodigio del luogo, quando una pianta di ulivo, improvvisamente aveva versato dolcissimo miele. Il suo legno era stato usato per costruire le casse contenenti quelle tavolette della sorte.

Il mito di Prometeo. Un precedente Salvatore dell’umanità, di cui si hanno svariati documenti certi, fu il titano Prometeo, che nel mito anche se non è un equivalente Adamo, è comunque un rappresentante di tutta l’umanità. Naturalmente ha natura ultraterrena, essendo figlio del titano Gipeto e della titanessa o meglio della titanide Asia. Per gli antichi greci dalle sue leggendarie imprese, derivano anche le condizioni mortali degli uomini e quelle immortale degli dei. Egli compie un equivalente peccato originale, ingannando Zeus. In seguito a tale offesa gli uomini verranno puniti molto sinteticamente, con tutti i mali dei quali si lamenteranno. Prometeo aveva ucciso un bue e lo aveva diviso in due parti. Una formata da ossa rivestite di grasso e pelle, l’altra formata di sola carne. La parte immangiabile, però ben mascherata appariva più bella e accattivante, quindi quando invita Zeus a scegliere, il sommo dio preferisce le ossa. In seguito a tale decisione gli uomini si alimenteranno delle carni del sacrificio, mentre gli dei avranno a disposizione solo ossa. Poiché gli uomini possono mangiare, di conseguenza possono anche cessare di esistere, invece gli dei costretti al digiuno perenne, non possono essere soggetti alla morte. Era questa una considerazione ritenute perfettamente logica. Zeus comunque è furioso dell’inganno e per punizione, toglie il fuoco agli uomini, in quanto sono i più amati da Prometeo, fuoco inteso sempre in senso esteso, come nel caso di altre fiamme dagli alti significati.

A questo punto sorge la necessità che qualcuno si sacrifichi, pur di far restituire questa grazia ai terrestri. Costui sarà ancora il semi dio Prometeo; di nascosto ruba una fiammella nell’Olimpo e chiusa in una canna che non si veda, la reca in Terra. Quando Zeus si accorge che gli uomini hanno di nuovo il fuoco, va su tutte le furie. Viene a sapere del misfatto commesso da Prometeo, che come rappresentante degli umani, è riuscito a gratificarli ancora una volta. Non è possibile, quindi decide nuovamente di punirli. In questo caso si serve di una equivalente Eva. Per suo ordine gli dei Efesto ed Atena, dovranno costruire in senso fisico, cioè anche con lamiere e martello, una donna di nome Pandora che con le sue azioni, sarà la causa della eterna dannazione umana. Prima di offrirla con finto amore agli umani, Zeus le mette in mano un vaso nel quale racchiude ogni possibile male, con la raccomandazione di non aprirlo mai e poi mai. Una volta tra gli uomini, curiosa di sapere cosa contenga il suo vaso, Pandora lo apre e quindi tutti i mali si spandono sulla Terra. Il padre degli dei ancora offeso da Prometeo, dopo aver punito i suoi protetti, fa incatenare il titano ai monti del Caucaso; tutti giorni un falco gli aprirà una dolorosa ferita al fianco destro per mangiargli il fegato. Anche allora si sapeva che questo organo ricresce, quindi il volontario sacrificio di Prometeo per salvare gli uomini, si rinnovava i continuazione. Infine gli dei, impietositi della condizione di un loro simile, tanto fanno che convincono Zeus a perdonarlo. Ora bisogna ragionare sul fatto che tutti i fedeli greci, credevano fermamente al mito di Prometeo, comprese le tante varianti che si presentavano alle diverse generazioni. Le montagne del Caucaso, sono fisicamente presenti, visibili e transitabili, ma guarda caso a nessun contemporaneo di Prometeo, è mai venuto in mente di andarlo a trovare per tentare di aiutarlo, o quantomeno per ringraziarlo del suo sacrificio. Nessuno ha mai osato farlo, per il semplice motivo che il mito di Prometeo, era avvenuto sempre come tutti gli Atti Superiori, nella fantastica epoca del TANTO TEMPO FA.

Brevi esempi di uomini che nascono. Il Signore biblico formò un pupazzo di fango, gli soffiò la vita e fu Adamo, il

primo uomo. Per non lasciarlo solo, da una sua costola formò la prima donna che chiamò Eva. Li invitò a moltiplicarsi, ecc. ancora una volta, i giusti intermediari tra Cielo e comuni terrestri, ebbero il merito di far credere per diversi secoli, che i maschi avessero una costola in meno delle femmine. Naturalmente era considerato eretico, chi avesse osato affermare il contrario.

Il diluvio universale di Zeus.

Zeus non ne poteva più delle malefatte umane, quindi decise di sterminare questa razza facendola annegare. Volle salvare solo il buon Deucalione, figlio del titano Prometeo, sua moglie Pirra e bontà sua, tutti gli incolpevoli animali. Dopo solo nove giorni i due umani, poterono uscire dal loro rifugio. Rimasero perplessi non trovando nessuno dei loro simili. Andavano girando smarriti, quando ascoltarono un consiglio: raccogliete delle pietre e gettatele alle vostre spalle: Così fecero e miracolosamente quelle di Deucalione divennero i nuovi maschi, mentre quelle di Pirra, si trasformarono in novelle donne. Così Zeus intese popolare il mondo con esseri provenienti da pietre, anziché da fango impastato. Zeus Eaco ed Era.

La ninfa Egina era stata amante di Zeus, avendone avuto come figlio Eaco, il quale divenne re dell’isola che prese il nome di sua madre. Scoperta la tresca, Era la moglie di Zeus, inviò una pestilenza sull’isola di Egina, facendo perire un gran numero dei suoi abitanti. Non sapendo come ripopolarla, Eaco chiese aiuto a suo padre, ed ebbe da questi la possibilità di trasformare le formiche in umani. Così fece e da quel momento gli abitanti di Egina presero il nome di mirmidoni, cioè formiconi. Eaco è famoso per altre sue facoltà, che ai fedeli di Zeus, parevano normalissime. Nessun credente, di qualsiasi tempo e culto, ha interesse ad indagare a fondo, sulle bizzarrie alle quali si affida; da sempre l’importante è avere in CIELO, un certo protettore che per ciascun vivente, sarà a turno sempre

quello vero, unico ed eterno, come ripete anche il Credo.

Mitologia nordica.

In questo caso le prime Entità non furono un dio eterno e meno che mai dalla bontà infinita, ma stranamente un gigante ed una mucca. A furia di alimentarsi con il latte di quella mucca particolare, come per partenogenesi, il gigante che rappresenta una situazione primordiale, generò giganti che furono a loro volta i capostipiti di altri giganti; la mucca nel frattempo leccava il ghiaccio del mare. Dai oggi e dai domani riuscì a formare un essere assai simile ad un uomo, che rappresentava un equivalente di Zeus del nord, formato da ghiaccio. Unendosi ad una donna gigante, come padre degli dei ebbe tre figli che furono Odino, Vili e Vè. Costoro uccidono il primordiale gigante, assimilabile ad un titano ed utilizzarono il suo corpo per formare l’intero universo. Creati la natura ed il mare, i tre dei trovarono sulla sua riva, due tronchi d’albero trasportati dalle onde. Si misero al lavoro tutti assieme, finché da essi formarono la prima coppia di uomini. Quali leggende siano le migliori non si può dire, perché tutto dipende esclusivamente dai primi insegnamenti che ebbero i loro credenti.

SCRITTI DI ORIGINE DIVINA

Non sappiamo quanto impegno ci sia voluto, prima di giungere a definire con tanta precisione le varie leggende e le caratteristiche di ciascuna divinità. Naturalmente non sono il frutto di una singola mente e neanche la sola sintesi di fatti storici, ma sono il risultato di un lungo filtrare, aggiungere e sostituire questo con quello, per giungere alla selezione di una presunta realtà unica, al posto di tante superstizioni e simbologie. Non bisogna dimenticare che i primi racconti, fino a circa trentamila anni orsono, venivano tramandati a voce, senza la possibilità di poter scrivere. Di contro gli uomini sono presenti da centinaia di migliaia di anni e la nostra mente, se non ripulita con attenzione, continua imperterrita a conservare vecchio e nuovo, che poi ciascun individuo dovrà trovare il modo di far convivere. I fatti mitologici si andavano moltiplicando e già attorno al IV sec a.C. lo scrittore Evèmero di Messina, provò a ricercare il motivo di tanti numi e leggende. In breve suppose che questi miti corrispondessero a personaggi realmente vissuti ed a gesta da essi compiute, ma rielaborate nel tempo in termini sempre più favolosi, sino a divenire anche di natura extra terrena. Naturalmente come altre, queste teorie furono prese in considerazione in varie epoche, per essere disprezzate od esaltate, a seconda dei fini che intendeva raggiungere il pensatore di turno. In realtà molte scritture furono ritenute sacre, in quanto presero il significato di rivelazioni divine, come nel caso di: indicazioni sui percorsi da seguire, per affrancarsi da colpe commesse TANTO TEMPO FA; per seguire le giuste regole di vita, in previsione di quando la propria essenza si reincarnerà in un diverso corpo, oppure quando si debbono attuare i giusti riti e sacrifici per ingraziarsi il Cielo, od anche quando si tratta di pratici aiuti per l’amministrazione della giustizia, ecc. ecc. In ogni caso da un certo periodo, senza che nessuno si sia domandato come e perché, improvvisamente l’umanità scopre che ha bisogno di un Salvatore. A parte il caso della gravità del peccato originale o della furia di Zeus, la punizione per innocenti consanguinei o cari, di chi ha commesso determinati affronti, è un

classico agire della peggiore mafia; comunque rivalersi su incolpevoli discendenti, è una regola da malavitosi. Ancora in relazione a domande che dovrebbero sorgere spontanee, anche il cataclisma del diluvio universale dovrebbe far riflettere. Considerato che qualcosa di simile è riportato da più fonti, probabilmente ci si riferisce ad un evento realmente accaduto e da ogni parte si è ipotizzata una forma di punizione. Riferendoci al Signore biblico, pur avendo particolarmente a cuore il genere umano, fu costretto a punirlo in più occasioni, però almeno in questa circostanza non dovrebbero sorgere dubbi. Pare impossibile che a nessuno sia venuto in mente, ma il Dio del diluvio non poteva avere tanto a cuore gli uomini, quanto gli animali acquatici. I suoi veri prediletti erano costoro e li allietò come mai; tolse di mezzo ogni pescatore, facendoli sguazzare in un mondo tutto acqua, con a disposizione una quantità di cibo incredibile tutta per loro, compresi gli umani che fece annegare. Ma torniamo ai libri. La possibilità di usare simboli visivi, finalizzati ad esprimere idee in modo permanente, consentì di raccogliere tutto un complesso di eventi, di credulità e di pensieri che si trascinavano di bocca in bocca da sempre, senza che fossero ulteriormente aggiustati e trasformati, in base a chi tentava di riportare il sentito dire. Fatti storici già mitizzati, unitamente a situazioni vissute come eccezionali, divennero un punto di riferimento fisso, dal quale ripartire per affiancargli ulteriori credulità, scritti esaltanti di questo o quell’evento, nati dalla immaginazione e dalla fantasia. Furono tutto questo insieme di aggiunte astratte, che alla fine si autenticavano l’una con l’altra, sino a far apparire vero, un certo principio iniziale. Con il are delle generazioni, questi andarono assumendo il significato di una eccezionale materializzazione grafica di svariate volontà divine. In epoche assai recenti, la maggior parte degli uomini erano ancora analfabeti, pur sapendo della scrittura; la preistoria però si riferisce a tempi anteriori a trentamila anni fa, quando neanche esisteva l’idea di poter tramandare in modo permanente, fatti e pensieri tramite segni di tipo alfabetico. Per centinaia di migliaia di anni, il pensiero religioso e no , è stato trasmesso per via orale. Da una persona all’altra già si hanno variazioni, figuriamoci cosa può essere avvenuto trasmettendo a voce, episodi e gesta, da una generazione

all’altra per centinaia o migliaia di generazioni; oltretutto a partire da un antichissimo periodo, gli umani ebbero la mente improvvisamente sovraccarica di cellule cerebrali di tipo astratto, la cui funzione è costruire il pensiero. Ancora non sappiamo quale fu la causa, ma anche oggi possiamo verificare i suoi effetti, quando la razionalità non è in grado di controllare le loro libere emissioni di energia, trasformate in idee. Nessun umano ha potuto prevedere la necessità di costruirsi qualche organo del proprio corpo, ma al contrario ha dovuto convivere con ciò che ha ricevuto. Il mondo cambia e si adeguano anche i viventi, ma tutto avviene molto lentamente. E questo accadde anche con i nostri neuroni della mente. Al giorno d’oggi nei casi più gravi di schizofrenia, il soggetto non è in grado di interporre una cosciente razionalità, ai tanti messaggi che emanano liberamente i suddetti neuroni. In caso di gravi malattie mentali, il soggetto è come se riceve suggerimenti, mentre altre volte sono gli stessi neuroni, che emanano pensieri, considerati dal soggetto, come tassativi comandi da eseguire. Bisogna comprendere che la razionalità è il frutto di una lunga e lenta esercitazione. E’ sicuramente una necessità tutta umana, ma si è andata evolvendo nel tempo, proprio in seguito alla presenza di anomale quantità di cellule astratte, che altrimenti sconvolgevano le nostre azioni. I primi umani che le dovettero subire, non potevano essere già attrezzati con la necessaria razionalità. Ancora oggi andiamo a tentoni in molte situazioni, figuriamoci cosa avvenne in tempi antichissimi; sicuramente molto o parte di quelle astrazioni, furono prese per voci provenienti dal Cielo, quando si presentavano come un presunto beneficio, altrimenti dovevano provenire dalle viscere della Terra, quando accompagnavano boati e tremendi sconvolgimenti geologici. Proviamo ad immedesimarci nell’incredibile stupore di chi, non sapendo assolutamente nulla della possibilità di leggere e scrivere, venne a contatto con qualche personaggio un poco erudito, anche venuto da lontano. Abituato ai più discordanti responsi ed interpretazioni di stregoni, oracoli, sciamani ecc. tutti intermediari tra Cielo e comuni terrestri, si trovò di fronte alcuni privilegiati che sapevano interpretare strani simboli, in senso assolutamente univoco; anche a distanza di tempo, ciascuno ripeteva le stesse identiche nozioni, collegate agli stessi nomi di cose e personaggi.

Moltissimi nostri progenitori, poterono solo immaginare che quei segni incomprensibili, avessero un valore ultraterreno, comunque non avrebbero avuto nessuna possibilità di contrapporre meno che nulla, a chi avesse voluto far credere proprio questo. Un velo di conferme potrebbe derivare dalla stessa Bibbia. Nel capitolo della Genesi, anche chi già sapeva leggere, doveva essere indotto ad immaginare che fosse stato il Signore stesso, a dare un nome a tutte le cose, man mano che venivano create. L’ignoranza delle genti è stata sempre determinante, per manipolare a proprio piacimento le masse, quindi questo metodo si è andato consolidando. Despoti e capi religiosi si sono alternati, oppure si sono ritrovati taciti od espliciti alleati, per meglio sfruttare timori e credulità popolari tenendo a freno il popolo e così consolidare il proprio potere. Non a caso abbiamo diversi imperatori romani, primo tra tutti Costantino il Grande, che furono definiti Cesaro papisti, in quanto da capi politici, presero molte decisioni che riguardavano fatti esclusivamente spirituali. E’ assai documentato che ciò avvenne in particolare con il cristianesimo. Ad una maggiore alfabetizzazione e diffusione di scritti, corrispondeva naturalmente una più ampia possibilità di documentarsi, allora per timore che si potesse dimostrare l’esistenza di qualcosa di completamente diverso da ciò che si doveva far credere, la divulgazione di libri e pensieri non graditi, venne colpita con la massima severità. Molti testi furono distrutti o furono modificati; in molti casi si impedì la loro lettura, pena anatemi, scomuniche e gravissime pene materiali, estese a semplici amanuensi o stampatori. Fino agli anni duemila in Italia era obbligatorio che ogni scritto riguardante cose cattoliche, dovesse avere la preventiva autorizzazione, da parte di un titolato esponente della Chiesa romana. Ancora ai giorni nostri il prelato di turno, od anche gli equivalenti di altre religioni, tendono in tutti i modi di evitare che si leggano testi che potrebbero far conoscere qualcosa di diverso, oppure minacciano direttamente la condanna a morte per chi si azzarda a divulgare ciò che non è gradito. Tanto tempo fa, si diceva che Dio era di tutti e che controllava direttamente ogni singolo umano, ma ciò poteva avvenire con poche persone; da quando i suoi fedeli sono aumentati in numero spropositato, non ha più avuto quella possibilità. In tali condizioni è evidente che il povero UOMO, è stato obbligato a servirsi di interpreti ufficiali, che fossero in grado di bloccare ad ogni costo,

qualsiasi traduzione imperfetta delle sue volontà, in quanto non poteva più ripeterle a ciascuno. Aveva provveduto a farlo una volta per tutte, sotto la sua diretta supervisione. Da quel momento ciascun fedele era stato posto nella condizione di poter seguire e credere ciecamente al suo intermediario: Dio ha detto che . . .; poiché Dio ha dato l’anima solo a noi, ne consegue che . . ., che ciascuno può dire ciò che vuole, tanto troverà sempre un suo fedele che gli crederà.

ANNIBALE E LA MADONNA

Potrebbe apparire una strana fantasia, quella di esaminare le grandi vittorie di un generale cartaginese, morto nel 183 avanti Cristo, con la futura madre di Gesù stesso, ma in realtà tra i due argomenti esiste una notevole relazione. Nel 217 a.C. presso il lago Trasimeno, il condottiero africano sconfisse i romani con grande facilità e poche perdite. L’anno successivo però, il medesimo generale suscitò nel senato e nella popolazione dell’Urbe, una forma di vero e proprio terrore, come se ai nostri giorni fossimo attaccati e distrutti, da un gruppo di alieni sostanzialmente insensibili alle nostre armi più potenti. Non era concepibile che un imponente esercito di Roma, venisse sbaragliato, umiliato e distrutto, come avvenne nel 216 a.C. nel corso della battaglia di Canne. Il console Paolo Emilio disponeva di 50.000 legionari, Annibale aveva al suo comando un totale di armati, di poco superiore alla metà del suo avversario, tuttavia tra i romani si contarono 30.000 morti compreso Paolo Emilio e 10.000 prigionieri, mentre i cartaginesi persero meno di 6.000 combattenti. Naturalmente la clamorosa sconfitta, dipendeva direttamente dalle capacità di quel comandante, che dopo aver accuratamente studiato il modo di battagliare delle milizie romane, usò la giusta tattica per impedire il perfetto automatismo delle manovre avversarie. Egli nascose l’intera cavalleria e buona parte dei suoi armati, mentre i primi scontri li affrontò con le restanti truppe; queste apparentemente impaurite dalla strapotenza delle centurie romane, tendevano ad evitare i contatti diretti, ritirandosi lentamente. Paolo Emilio incitava più che mai i suoi ad inseguirli, ma appena superata la posizione prevista da Annibale, furono improvvisamente attaccati lateralmente e nelle retrovie, restando chiusi come in un sacco; nel contempo il loro fronte era duramente impegnato a difendersi da avversari molto agguerriti, tutt’altro che vili. La veloce cavalleria africana scorrazzando da ogni parte, impediva una minima riorganizzazione; il panico dilagò tra le fila romane e solo una esigua minoranza di essi, riuscì a salvarsi presso la vicina Canosa di Puglia guidati dal subentrato console Terenzio Varrone.

Quello di Canne fu un massacro di proporzioni inimmaginabili, che sconvolse Roma.

Popolo superstizioso.

E’ necessario calarsi a fondo nella mentalità del popolo latino, per farci una ragione di come mai i suoi cittadini, si ritenessero esseri umani non comuni. Fin dalla più tenera età erano stati educati a credere fermamente nei loro protettori celesti; storditi da una tragedie come quella di Canne, i ciechi fedeli di Marte e di Quirino ritennero che numi sconosciuti molto potenti, avessero impedito alle loro divinità di intervenire. Gli antichi romani erano convinti che discendessero da importantissime figure celesti, la più esclusiva delle quali era appunto Quirino, fermamente voluto dal dio Marte e nato dallo stesso, che a sua volta era figlio di Giove, il massimo Signore del Cielo. I nostri padri latini, si sentivano talmente soggetti alle Volontà Superiori, che in più occasioni temevano di essere stati puniti, per comportamenti non graditi nei confronti di qualche divinità. A distanza di anni dalla battaglia di Canne, ancora non erano riusciti a comprendere quale affronto avessero commesso. Contestualmente perdurava il grande timore per l’incredibile protezione del Cielo di cui godeva Annibale. In questa situazione il loro senato prese una drastica decisione, perfettamente coerente, anche con quanto descritto in famosi poemi quali Iliade, Odissea, Eneide. Dalla loro lettura si può meglio capire quanto gli dei si intromettessero negli affari dei terrestri, quindi fu deciso che Roma dovesse essere difesa da un’ulteriore Entità. Il pantheon celeste dei latini non prevedeva altri dei, tali da poterli considerare superiori a quelli ben noti. Timorosi di poter irritare i loro, decisero di scegliere una Entità indipendente, cioè non legata a nessuna loro divinità e non appartenente a nessuna religione in particolare. Una equivalente Demetra dei patrizi, dalla quale costoro si ritenevano

discendenti, era originaria della Frigia in Asia Minore ed assumeva vari nomi, a seconda dei luoghi ove era venerata. Era conosciuta come Cibele, Berecinzia, Dindimene oppure Madre e Grande Madre; in effetti rappresentava una divinità primordiale, ancora una volta intesa come Terra Madre generatrice di vita; la loro scelta cadde proprio su costei. A tale divinità erano attribuiti anche riti orgiastici; alcuni dei suoi sacerdoti erano i cosiddetti galli, che si erano auto evirati nel corso di una delle sue festa di Pessinunte, città dell’Asia Minore nella quale era custodito il simulacro della dea; questo era rappresentato da una semplice pietra nera, completamente priva di immagini. Il re di quella regione era Attalo I, al quale il senato romano chiese di poter trasferire nell’Urbe il suddetto simulacro, e tale richiesta venne accolta; In ogni caso bisogna tenere presente che vari popoli e religioni diverse, hanno sempre esaltato una certa Entità femminile, alla quale attribuire alti significati, come nel caso della Madre Terra, o della famosa regina Semiramide.

La regina Semiramide.

Un ‘antica leggenda dalla quale hanno origine altre importanti figure femminili, nasce in Mesopotamia circa 3000 anni a.C. Il nipote di Noè di nome Cush che era figlio di Cam, sposa una tale Semiramide, la quale è una delle prime femmine immacolate; nel suo caso non è nata da umani, ma si dice che è discesa nel fiume Eufrate da un uovo gigante, emesso dalla luna piena ; dalla sua unione con Cush nasce Nimrod. In brevi e rapidi cenni quando muore suo marito Cush, Semiramide diviene la sposa di suo figlio, che era ritenuto un dio in momentaneo aspetto umano. A partire da questo evento, la madre e contemporanea sposa di Nimrod è ricordata come la mitica regina di Babilonia. A distanza di qualche tempo muore anche il figlio sposo, che viene ucciso ed il suo corpo sezionato in varie parti. La regina fa raccogliere tutti i pezzi, ma non trovandosi il suo organo riproduttivo, fa sapere che Nimrod non sarebbe potuto tornare in vita senza il suo orgoglio; affermò quindi che egli si era ritirato in Cielo come dio Baal, ma per non abbandonare completamente i suoi fedeli, sarebbe tornato in Terra materializzandosi in forma di fiamma attraverso la luce

di lampade e candele, quando accese per adorarlo nei suoi particolari riti. Successivamente Semiramide prende la veste della dea Ishtar ed il dio Baal, che è pure suo figlio e marito, la rende madre del piccolo Tammuz. Purtroppo anche costui verrà ucciso, questa volta da un cinghiale. Dopo quest’ultimo dramma Ishtar farà sapere che Tammuz è giunto in Cielo e che assieme a suo padre Baal sono intenti ad adorare la Sacra Fiamma, come padre, figlio e spirito del padre, che è la stessa Fiamma attraverso la quale Baal si manifesta in Terra tra i suoi fedeli. E’ opportuno ricapitolare che Baal è un certo umano nato da una donna, della quale è poi divenuto sposo in forma di dio. Dopo la sua morte ed ascesa al Cielo, ha fatto partorire Tammuz alla moglie madre. A parte le comuni tragedie di madri, Ishtar veniva rappresentata sempre con il piccolo figlio in braccio, in modo del tutto simile alla futura Madonna cattolica. A causa di vari aggi, nel tempo il nome Ishtar è materialmente trasformato o storpiato in quello di Eastar, che aveva il significato di Pasqua. Non è escluso che dal mito di Semiramide, nata da un uovo della luna piena, si sia tramandato l’uso di stabilire ogni data della Pasqua cristiana, con riferimento alle fasi lunari, nonché quello di esaltare in tale occasione un uovo, che è divenuto il simbolo più legato a tale ricorrenza. Considerato il tempo trascorso non è facile trovare documentazioni certe, ma in ogni caso è una coincidenza talmente inquietante da essere degna di più approfondite ricerche. Si vuole che la Pasqua cristiana sia correlata a quella ebraica, ma anche in tal caso nulla vieta che il mondo giudaico per primo, abbia compiuto il collegamento ad Ishtar. Entrambi hanno origine in Mesopotamia e la stessa Bibbia, fa riferimenti a Nimrod, ad Ishtar ed a suo figlio Tammuz. La suddetta divinità aveva anche sacerdotesse, le quali dovevano provvedere alla manutenzione del suo tempio, praticando la prostituzione sacra. A pagamento per tutti, ma gratuita e divinamente affettuosa per i sacerdoti maschi della stessa dea. In alcune regioni Ishtar era venerata con un significato assai simile od addirittura superiore a quello di Afrodite, in quanto sarebbe stata proprio essa, a donare agli umani, il senso stesso dell’erotismo. Tornando alla storia di Roma, il senato volle introdurre la venerazione per Cibele anche tra i suoi cittadini, con la specifica funzione di utilizzare la sua notissima

forza protettrice, in contrapposto alle divinità di Annibale. Nel 205 a.C. fu ufficialmente trasferita a Roma la famosa pietra nera, mentre il nome Cibele fu trasformato in quello di Magna Mater Deorum (la Grande Madre degli Dei). La cerimonia che ne seguì fu di incredibile entusiasmo ed immensa partecipazione di folla, tra canti di gloria, inni e processioni a non finire. Probabilmente il terrore nei confronti di Annibale, produceva tanta fede. Da quel momento la Magna Mater Deorum, divenne per il popolo di Roma, la divinità più adorata e più facilmente influenzabile. Attraverso riti, offerte, sacrifici e preghiere la sentivano assai vicina agli umani suoi fedeli. Le venne eretto un famoso tempio sul colle Palatino, ove esistono ancora resti visitabili. Per dare una minima idea di quanto fosse amata, durante la sua festa particolare nel mese di Aprile, la folla dei suoi credenti era tale, che si doveva ampliare il suo tempio con provvisorie pareti di legno e ciò avveniva in molteplici altre occasioni, sempre tra canti particolari ed interminabili processioni. Sempre per fare i giusti paralleli con i tempi moderni, anche allora si invitava frequentemente la Magna Mater Deorum, a volgere il suo sguardo verso la condizione dei suoi fedeli, tipo ” Mira il tuo popolo o bella Signora “, ecc. Tale divinità avrebbe potuto salvare chiunque, indipendentemente dal giusto santo tutelare; non solo ma per tutti i secoli a venire, superò i più importanti numi e le divinità inferiori, nonché eroi e venerati di ogni tipo, per le sue apparizioni, sia tra le nuvole del Cielo come in Terra, per i suoi avvertimenti espressi nei più vari modi, per i suoi pianti, per i suoi infiniti miracoli, ecc. Assai esaltata all’epoca del primo imperatore Cesare Ottaviano Augusto, che morì nel 14 dopo Cristo, per secoli resistette assai bene anche all’avanzare del cristianesimo e come in altri casi, non fu mai soppressa, pena gravissimi disordini pubblici, ma fu semplicemente sostituita in lenta progressione, con la Madonna cattolica. La Magna Mater Deorum era venerata soprattutto a Roma e solo Santa Romana Chiesa, ha costruito attorno ad essa la figura della Madonna, cucendole addosso le più consacrate abitudini della Magna Mater Deorum. Non è che la seconda, sotto l’aspetto teologico e dottrinale sia la stessa, ma è assolutamente vero, che la madre di Cristo non esiterebbe con le sue prerogative e superstizioni attuali, se non fosse stata preceduta dalla amatissima Magna Mater. Abbiamo inoltre infinite Madonne miracolose e non, a seconda del luogo di culto, esattamente come avveniva tra i pagani; anche la Madonna è

immaginata, al pari di una divinità indipendente, tanto che viene sollecitata direttamente in varie orazioni e suppliche. Per la Chiesa cattolica la Madonna al pari dei santi, non può compiere direttamente miracoli, che sono una esclusiva del Signore, di Cristo o di quelle sue parti che vengono adorate, ma Essa assieme ai santi, è in grado di impietosire e costringere i Titolari a compierli in suo nome. A questo proposito durante una eruzione dell’Etna, la giornalista del tg1 rai dopo aver elencato gli interventi della Protezione Civile, aggiunse che l’arcivescovo di Catania aveva indetto una grande processione, onde sollecitare la Madonna AD INTERCEDERE presso Cristo, per far cessare tale calamità. A pensarci con un minimo di raziocinio, la sola differenza tra le azioni dell’arcivescovo e le danze della pioggia degli indigeni americani, consiste in cosa è stato insegnato ai rispettivi neonati. Fedeli gli uni e fedeli gli altri ma entrambi, pure da adulti continuano imperterriti a comportarsi con la stessa mente di bambini; da una parte la lava non si fa impietosire neanche da un papa, dall’altra le nuvole non piangono al comando di uno sciamano.

ASTRO DEL CIEL

La massima festività cristiana del Natale, stranamente si svolgeva da migliaia di anni prima di Cristo. Esattamente nello stesso periodo precedente al solstizio d’inverno, i sacerdoti dell’epoca, cioè stregoni, astrologi e vari oracoli, ovvero gli eterni intermediari tra cose del Cielo e poveri terrestri, raccomandavano ai loro fedeli di esprimere la massima devozione ed i giusti sacrifici, a numi e spiriti preposti al rinnovo della natura. Da giorni prima che il sole riprendesse a crescere, vivevano un periodo di feste che si concludeva subito dopo questo evento astronomico. Varie ritualità tra l’altro, prevedevano l’ornamento di alberi ed arbusti particolari. Più avanti altri sacerdoti, in questo caso dell’antica Roma, intesero far credere ai loro ciechi fedeli, perfettamente identici a quelli di prima, di oggi e di sempre, che tali festeggiamenti si svolgessero in onore del dio Saturno, che in quel periodo subentrava a Giove. Mentre Giove era il dio dell’ordine, Saturno era considerato un nume scherzoso, carnevalesco, poco amante di regole e convenzioni. Al solito gli antichi romani erano molto scaramantici e timorosi; A QUEI TEMPI credevano che in ogni riproduzione di un Essere sacro, ci fosse anche la sua sintesi reale, il suo animo. Nella loro strana credulità pagana, colui che anche accidentalmente, avesse fatto cadere una statua divina rischiava persino la morte, per paura che l’anima del nume presente nel manufatto, ritenendosi offesa, potesse vendicarsi sull’intero popolo al quale apparteneva chi avesse commesso un tale gesto sacrilego. Sempre ALLORA, la credulità era tanta e per evitare che lo spirito presente nelle riproduzioni di Saturno, potesse combinarne qualcuna delle sue, in altri periodi dell’anno usavano cingere con catene i piedi delle sue sculture. Questi venivano sciolti durante i saturnali, le solennità che precedevano il solstizio, e che culminavano quando il sole sarebbe come rinato. In quei giorni i tribunali non gestivano alcuna attività, per paura che Saturno fe emanare sentenze assurde; per lo stesso motivo onde evitare truffe e situazioni anomale, anche le attività commerciali venivano interrotte, per cui i

cittadini erano costretti a scambiarsi di tutto, anche a precedere con graditi doni, presunte necessità di parenti ed amici. In questa epoca, per adeguarsi alle burle di Saturno, i padroni si immedesimavano in servitori e questi ultimi si atteggiavano a signori. Naturalmente si continuavano a tramandare le abitudini millenarie di ornare mazzi di spighe, alberi vari ed arbusti ritenuti sacri. Arriviamo al 270, quando è proclamato imperatore Aureliano, un grande fedele dei misteri solari, al pari di altri imperatori, come ad esempio lo saranno i successivi Costantino il Grande ed Adriano. Aureliano tende ad immedesimarsi nel suo dio, per cui imitando la colossale statua di Nerone, alta circa sessanta metri e con il capo sormontato da raggi, si fa costruire una corona fiammeggiante, per meglio somigliare a Colui che dispensa i benefici raggi; la stessa aureola fiammeggiante verrà riservata da diversi artisti, a varie entità cattoliche. Appena proclamato imperatore, lo stesso AURELIANO, decide con ATTI UFFICIALI, che il giorno 25 dicembre di ogni anno, venga festeggiato come IL NATALE DEL SANTISSIMO DIO SOLE. La parola NATALE la inventa Aureliano; egli stesso quale deus et dominus, dovrà essere considerato come l’espressione del dio individuato attraverso il sole, che risiede in Terra. La data del 25 dicembre, se riferita al sole è perfettamente pertinente, perché con il nuovo calendario di Giulio Cesare, il giorno 25 dicembre è immediatamente successivo al solstizio d’inverno, con il progressivo aumento della luce solare, sino all’equinozio di giugno. Per tutta l’Urbe ed oltre, anche in questo caso si adora il dio sole e le sue tante immagini. Come possiamo ammirare nei musei capitolini di Roma, dove è conservata una piccola scultura su una stele funeraria, il dio sole era simboleggiato da un bambino con capelli riccioluti, sormontati da una aureola che gli circonda il capo; tale esemplare si è stranamente salvato dalla generale distruzione da parte cristiana, di ogni altro simbolo dello stesso genere. Ancora Aureliano nel 273 fa costruire uno straordinario tempio, nella zona di Campo Marzio a Roma, dedicato al Deus dominus imperii Romani ( Dio Sole Signore dell’Impero Romano) e nomina nuovi religiosi quali Pontifices Dei Solis, un collegio sacerdotale di addetti ai riti per il Dio Sole. Nel 313 in seguito all’editto di Milano, tutti compresi i cristiani sono liberi di

professare la loro fede, a differenza di quando voluto dal solo imperatore Diocleziano, il quale per la prima volta, pretese che in tutto l’impero, vi fosse un solo culto. E’ da quell’editto che iniziano immediatamente, vere e proprie persecuzioni, ma da parte cristiana contro ogni diversa fede considerata pagana. In questo caso non sono riportati lunghissimi elenchi di quei martiri della loro fede, che vennero torturati ed uccisi, in nome di un innocente Cristo. Verranno trasformati in chiese cristiane molti luoghi di culto altrui e sappiamo che sotto diverse chiese cattoliche, ancora sono visibili i mitrei del dio Mitra; ancora i cristiani distruggeranno infinite testimonianze architettoniche, scultoree, pittoriche e letterarie di altre religioni. Una volta liberi da limitazioni, costoro si rivelano da subito per i massimi intolleranti settari, fanatici e faziosi come nessun altro, in quanto si ritengono superiori a tutti. Quello che attualmente è conosciuto come ponte S. Angelo di Roma, era in origine ponte Helio, dedicato al sole ed arrivava sino all’entrata del mausoleo di Adriano, oggi noto come castel S. Angelo. Tale mausoleo era posto al’ingresso della zona sacra dell’antica Roma, al centro della quale oggi si innalza la basilica di S. Pietro con la sua cupola. Per costruire una precedente basilica, stranamente detta di Costantino, furono distrutte antichissime testimonianze e tombe di altre religioni. ati pochi decenni dalla morte di Aureliano, tra i pontificati di Giulio I e di papa Libero, o precisamente nel 354, c’è chi non accetta che permangano riti e fedeli del Santissimo Dio Sole, quindi viene deciso che il 25 dicembre sia ricordato e festeggiato per una pretestuosa data di nascita, totalmente sconosciuta, di Gesù Cristo. Non si sa come distruggere tutte le immagini precedenti e soprattutto è quasi impossibile vietare l’adorazione del bambinello con aureola, che rappresentava il Dio Sole, quindi viene ancora detto ai cristiani, che quelle immagini si riferiscono a Gesù, quando era un piccolo bambino. Questo verrà insegnato ai loro figli, ma nessuno si domanderà come mai Cristo bambino debba essere adorato a parte. I credenti di un tempo si affidavano al Sol Invictus, i nuovi non fanno una piega festeggiando con simile ardore e cieca devozione, la data del 25 dicembre quale fantasiosa data di nascita di Gesù, voluta appositamente, solo per oscurare la religione solare ed il suo simbolo.

Naturalmente ancora una volta vengono salvaguardate le più seguite tradizioni, ma ancora nessuno ha la curiosità di domandarsi che c’entra Cristo con ornamento di alberi e fronde varie; nessuno si chiede da dove nasce l’abitudine di scambiarsi doni, proprio in occasione del Natale. L’assurdità più incredibile è che persino i più consacrati ed originali inni al Dio Sole, forniranno spunti per quelli che saranno riferiti a Gesù bambino. Con la massima indifferenza l’usurpatore del Sole, verrà osannato come ASTRO DEL CIEL . . . che dona LUCE alle genti, chiarissimi e ed esclusivi termini adatti al nostro astro; ancora abbiamo Gesù bambino che sarebbe il RE DEL CIELO che scende dalle stelle. Naturalmente anche il RE DEL CIELO prossimo alle stelle, non era altri che il Dio Sole, comunque deve essere chiaro che Gesù bambino non esisterebbe, se non avesse dovuto sostituire l’immensa fede per il precedente Dio Sole.

LA CROCE

Persino il simbolo della croce, che si vorrebbe collegare direttamente con lo strumento di morte di Cristo, è ancora una volta assai precedente alla nascita di Gesù. Innanzi tutto la croce del cristianesimo, sotto l’aspetto esteriore è a quattro estremità diverse od uguali, mentre lo strumento di tortura per ovvie ragioni, era a forma di una T. Come al solito si è voluto legare il cristianesimo a qualcosa di talmente antico e noto, così che le famosissime virtù dell’oggetto croce, divenissero un tutt’uno con questa religione. La croce originale ed antichissima, intendeva simboleggiare due raggi solari incrociati; le più semplici erano fatte da due rami posti a 90 gradi e fissati al centro; da millenni prima di Cristo, aveva assunto il valore di un potentissimo talismano contro ogni malocchio, spiriti maligni o demoni. Essa difendeva da tutto ciò che è negativo, infinitamente meglio di mille cornetti attuali. Per sintetizzare tutte queste virtù, si usa dire che aveva un forte valore apotropaico. Inizialmente i primi coltivatori le ponevano nei campi, con il significato di richiami per i raggi solari, come avviene con gli uccelli che stando a terra, attirano i loro simili che volano in cielo; una volta assimilata ai reggi di luce, divenne anche il peggiore spauracchio per tutto ciò che si nascondeva con il buio. Si riteneva che le negatività operanti nelle tenebre, si sarebbero allontanate impaurite dai simboli della luce solare; venne anche usata per evitare che entità notturne, potessero contaminare le coltivazioni; si tracciava sui cibi e sul pane, per impedire che fossero preda di demoni o di esseri immondi, i quali sarebbero fuggiti dai simbolici raggi della luce solare. Dinanzi a qualsiasi evento negativo, era una comunissima abitudine, quella di porsi dietro al gesto che imitava una croce; la croce inserita in una circonferenza, più di ogni altra rappresentava proprio il sole e diverrà il simbolo del Giainismo, un’antica religione indiana. Nessuno e neanche i cristiani, avrebbero avuto la squallida idea di ricordare una

semplice persona cara, ponendo in evidenza l’oggetto che ne aveva provocato la morte; più che un segno di amore e rispetto, avrebbe avuto il significato di una beffa, di una sorta di rivalsa nei confronti di nemici od antagonisti. Il simbolo croce fu adottato dopo diversi secoli, per il semplice motivo che il cristianesimo sarebbe apparso taumaturgico e benefico, come la superstizione voleva che producesse un oggetto con quella forma. La croce decisamente macabra, con il condannato ancora appeso, arriverà addirittura verso il medio evo, per dimostrare che le sue virtù come anti demoni, ecc. fossero strettamente collegate alla persona Cristo. Andando allo strumento di morte, sarebbe stato assai faticoso e quasi impossibile innalzarlo in verticale, con il peso di un uomo. La crudeltà di quei tempi, prevedeva che chi doveva essere crocifisso, venisse prima legato od inchiodato alla sola traversa orizzontale, detta patibulum mentre lo stipes, il lungo palo verticale, era da tempo infisso saldamente nel terreno. I condannati spesso si dovevano caricare sulle spalle o trascinare il già pesante patibulum, ma neanche Ercole avrebbe potuto sostenere, anche il tronco verticale. Con estremo dolore dell’appeso, una volta fissate le sole braccia al patibulum in terra, questo veniva sollevato da due o più carnefici, che salivano su gradini laterali allo stipes per incastrarlo alla sommità dello stesso, su tacche già predisposte da entrambe le parti; solo successivamente provvedevano a fissare i piedi sopra una base dello stipes. La tortura in tal modo era ancora più terribile, proprio per l’appoggio sotto i piedi, perché in tal caso la morte avveniva molto più lentamente e tra maggiori sofferenze. Se lasciato con il peso che gravava solo sugli arti superiori, il povero disgraziato calava subito in basso, restando presto soffocato per non poter dilatare i polmoni. Con la base sotto i piedi, sentendosi mancare l’aria, ogni tanto con immenso dolore riusciva a sollevarsi e la sua fine arrivava sempre per soffocamento, solo dopo aver perso completamente le forze, oltretutto le crocifissioni quasi sempre avvenivano nelle ore più calde, con il condannato rivolto ai raggi, che soffriva anche per la sete ed il sudore, senza potersi asciugare o difendersi in nessun modo dai tanti insetti che lo tormentavano ulteriormente. Il primo simbolo cristiano, come possiamo vedere anche nelle catacombe, era il pesce, in quanto nella lingua greca la parola ICHTHYS (pesce) corrispondeva

alle iniziali dei termini Iesùs Christos Theù Hyòs Sotèr, in latino Iesus Christus Dei Filius Salvator (Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore). Ancora attorno al 400, Sant’Agostino con pessimo gusto, azzardava paragoni tra le sofferenze di Cristo e quelle del pesce quando viene arrostito. Anche la leggenda che Costantino avrebbe vinto la battaglia di ponte Milvio contro Massenzio, con il motto: in hoc signo vinces, dopo aver fatto segnare con una croce le sue insegne, è una delle tante invenzioni dei cristiani, ma dimostra semplicemente che immaginavano Cristo come un dio della guerra, assai simile al Marte romano. Con ogni probabilità la croce di Costantino, era il simbolo della sua fede nel dio Sole. Gli odierni esorcisti cristiani, usano la croce per sanare i cosiddetti indemoniati, ma per fortuna del cristianesimo, questo genere di invasati non sono esclusivi di tale religione ed esistono in diversi paesi, a prescindere dal culto che professano. Nel caso degli islamici, prima si tenta di guarirli con medici, poi eventualmente vengono sanati in altri modi, con identiche percentuali di successo dei cristiani, ma guardandosi bene dall’usare una croce. Basta informarsi per sapere. E’ assolutamente certo che mai e poi mai, un qualsiasi fedele, avrebbe potuto immaginare di porre in relazione il suo adorato con lo strumento che ne provocò la morte; nel caso della croce ciò è avvento solo per la sua fama di affermatissimo potere anti demoni, ecc.

SIMON MAGO

Il desiderio di far apparire il cristianesimo, quale religione dalle particolari attenzioni del Cielo, fu l’occasione per creare diverse leggende che confermassero questa sua presunta dote. Una dei primi secoli, è quella che si riferisce a Simon Mago. Costui era una specie di stregone che secondo la leggenda, avrebbe chiesto a S. Pietro se gli vendeva la possibilità di compiere Miracoli, in quanto si diceva che fosse una prerogativa del cristianesimo. S. Pietro non solo non volle, ma lo riprese aspramente per quella richiesta, in quanto i prodigi erano di competenza del Signore padre di Gesù. Dopo quel rifiuto Simon Mago riprese i suoi sortilegi e si trasferì anche a Roma. Nell’Urbe era molto stimato e persino Nerone si sarebbe interessato alle sue strepitose magie. Durante una delle sue rappresentazioni, anticipò giusto a Nerone che il giorno successivo sarebbe stato in grado di sollevarsi da terra. All’ora prevista, molta gente si era radunata compresi diversi cristiani, per assistere alla sua eccezionale prova. Tra gli altri erano presenti anche i santi Pietro e Paolo. Costoro erano molto preoccupati che riuscisse nel suo intento, potendo così attirare dalla sua parte anche molti di quei cristiani ancora titubanti; pregarono intensamente il Signore, perché fe fallire Simon Mago nei suoi atti, che sicuramente erano opera del demonio. Il Signore li ascoltò e quando il mago si alzò in volo tutto baldanzoso, improvvisamente piombò a terra, pure fratturandosi gli arti. Per la vergogna, appena venne portato in una casa per essere curato, si gettò da una finestra morendo immediatamente. Questi erano i modi per convincere la folla a farsi cristiana. Molti altri pagani erano suggestionati dalle miracolose reliquie; alcune di queste particolarmente reclamizzate, portavano fiumi di oro e nuovi adepti.

Ancora miracoli.

In Palestina specie coloro che non appartenevano alla nuova religione, facevano enormi affari, offrendo il sicuro originale di qualsiasi cosa che potesse essere riferita a Cristo. In linea di massima, al clero cristiano non interessava tanto se fossero vere o volgari truffe; per i religiosi il centro della questione, era che fossero ampiamente propagandate e diffuse come originali, poi le avrebbero acquistate a qualsiasi prezzo, considerato che rendevano sicuramente molto più di quanto speso, a causa delle tante offerte, anche da parte di una moltitudine di persone, che si convertivano al nuovo culto, ipnotizzate da questi ritrovamenti tanto reclamizzati. In alcuni casi non era possibile avallare le più strampalate assurdità; comunque persino quelle ricusate o lasciate in sospeso per dimostrare che si facevano accurati accertamenti, davano tanto stimolo alle conversioni e conseguenti donazioni. Eventi prodigiosi di ogni genere che per i suoi fedeli, ancora oggi rappresentano le più esclusive doti del cristianesimo. Ad oltre tre secoli di distanza dalla nascita di Gesù, pare che Elena la santa madre di Costantino,venne incaricata dal figlio, di fare un viaggio nei luoghi calcati da Cristo, per recuperare il massimo numero di reliquie che avesse trovato; figuriamoci la felicità di chi gli avrebbe venduto di tutto a prezzi astronomici. S. Elena, sempre attraverso portentosi interventi di Cristo, si disse che tornò con vari reperti, come ad esempio la culla che lo aveva accolto appena nato o la croce con la quale era stato crocefisso. In quest’ultimo caso si raccontava che, sempre miracolosamente aveva trovato tre croci, proprio nel luogo ove pensava che fossero. Gli accompagnatori speravano che le avrebbe acquistate tutte, invece cercava solo la più importante, ma non riusciva a distinguere quale fosse. Ancora un prodigio, fece apparire su una di esse un verde germoglio e questo fu ancora il miracolo del miracolo, dovuto ad un miracolo. Realmente forse tornò con il presunto patibulum di uno dei ladroni; quello del ladrone che aveva chiesto perdono, oltre al presunto frammento d legno,apposto al di sopra del capo di Cristo, con la scritta Gesù Nazareno Re dei Giudei. il suddetto è attualmente conservato a Roma, nella basilica di S. Croce in Gerusalemme.

A parte le varie spine della corona, al giorno d’oggi sono venerate in varie chiese, circa una decina di croci, tutte di Cristo mentre i tre chiodi si sono miracolosamente moltiplicati per nove, infatti abbiamo sicuramente 27 chiodi, sempre originali e sempre prodigiosi. Più avanti nel Medio Evo si aggiungerà il ridicolo, il macabro e quanto di più incredibile si possa immaginare. La chiesa romana, non sempre ha avuto il coraggio di riconoscere tutto, comunque ogni reperto od atto ritenuto straordinario, ha sempre fatto accorrere povera gente, pronta a versare elemosine ed oro sonante, convinta di ricevere prodigi e benedizioni a tutto spiano. Furono proposte due gocce di latte della Madonna, di quando Gesù era un poppante; il dito di S. Matteo con il quale incredulo aveva toccato Cristo risorto; avremo persino un pezzetto del pene di Gesù, lo stesso che era stato tagliato durante la sua circoncisione. In perfetta sintonia con antiche e future manie della chiesa romana, fu precisato che il giorno in cui nacque Gesù, morirono improvvisamente tutti gli omosessuali. Considerato l’incredibile costo delle reliquie e la loro ricerca affannosa, è piuttosto strano che una delle più importanti cioè la sindone, sia rimasta sconosciuta per circa millecinquecento anni. Si disse che era stata nascosta prima a Gerusalemme, poi a Costantinopoli. Il valore venale di un bene unico come quello, rapportato ad oggi sarebbe di svariati milioni di euro e pur di ricavare una tale somma, una infinità di falsificatori sarebbero stati disposti in qualsiasi tempo, persino ad uccidere qualcuno con le precise modalità riportate per Cristo. Ultimamente è stata avanza l’ipotesi che la sindone fu opera di Leonardo da Vinci, il quale era in possesso di tutti i segreti necessari, per fabbricare un telo del genere. Da leggende riguardanti re Artù, abbiamo il Graal, il calice originale usato da Gesù nell’ultima cena; la spada di Longino, la punta della lancia con la quale questo mitico legionario colpì il costato di Cristo crocifisso, per accertarne la morte, ecc. ma c’è ben altro che da secoli fornisce costantemente oro, denaro sonante, immobili e beni in donazione a non finire. Ciascun fedele cristiano si è sempre preoccupato di dare, pur di ottenere il visto della Santa Sede, sul aporto per il paradiso. Il papa Gregorio Magno (540 – 604), senza nessun precedente riferimento di alcun genere, si inventò di sana pianta che esistesse un luogo di attesa più o

meno lunga, per purgare opportunamente le anime, anche se già indirizzate verso il Cielo, che per l’appunto venne chiamato purgatorio. Una ulteriore aggiunta a luoghi come inferno e paradiso, già poco credibili, in quanto suggeriti al tardo giudaismo, ancora dagli opposti del mazdeismo iranico; mentre non era chiaro neanche il generico oltretomba ebraico, si pensò di dividere coloro che erano appartenuti ad un teorico Bene, da quelli che avevano operato in un ipotetico Male, collocandoli in luoghi differenti. Gli evangelisti continueranno ad usare tali concetti, quindi oggi riteniamo con la massima certezza, che questi siti siano una realtà inconfutabile. L’ulteriore certezza che si dovesse soffrire, anche per purificare le anime prima di accedere al paradiso, sarà una delle principali scuse, per l’accumulo di straordinari introiti da parte della Santa Sede; da subito iniziarono le indulgenze parziali o plenarie a discrezione della chiesa romana, secondo i suoi interessi ed in relazione ai beni ricevuti. Un grande impulso a scambi pseudo commerciali, lo diedero i papi anche con le crociate. I combattenti per il solito Bene di qualcuno, avrebbero potuto compiere qualsiasi atto criminoso nei confronti degli infedeli, ottenendo comunque l’indulgenza plenaria. Alessandro II nel 1475 promise altra indulgenza plenaria, per i combattenti in Spagna contro i saraceni. Paranoici e generici psicotici, si sfogavano in prediche ove troneggiavano purgatorio, paradiso ed inferno. In tempi andati non esistevano cinema, radio, televisione ecc. Gli unici mezzi mediatici visivi erano i grandi affreschi e le pitture delle chiese, mentre quelli a livello auditivo erano svolti da varie categorie di predicatori; la fantasia di costoro era usata per terrorizzare e blandire, onde attivare gli animi a seguire le vie da essi indicate; per quanto concerne i primi, chiari riferimenti pittorici, avevano il compito di intervenire a livello di subconscio, facendo sorgere il desiderio di far parte del gruppo di santi e papi, in contrapposto ai dannati straziati dai demoni dell’inferno; non sappiamo se la visione di qualche santa, con lo sguardo concentrato in un evidente orgasmo sessuale, garantiva anche questo optional paradisiaco. Non sono rari i testi di sante o monache di clausura, che raccontano di essere preda di diavoli notturni o che sentono fisicamente Cristo entrare nel loro corpo: “ si sono tua entra in me e non abbandonarmi mai “. E’ utile osservare con il

giusto spirito critico, vari affreschi, statue o dipinti per rendersene conto. Una scultura che vale per tutto quanto detto, anche se più recente, è l’estasi di S. Teresa del Bernini, sita nella chiesa di S. Maria della Vittoria a Roma, in via XX Settembre. A sua volta il beato Pietro d’Amiens detto l’eremita andava condizionando le genti per avviarle alle crociate, con la sicurezza di chi riferisce i suoi colloqui con l’Olimpo; la frase ata alla storia era quella di: Dio lo vuole! Riuscì a raccogliere circa ventimila santi guerrieri, tra folli paranoici e delinquenti comuni. Il 15 agosto del 1096 anticipando tutti, la famosa CROCIATA DEI PEZZENTI partì allo sbaraglio. In nome della loro superiore santità iniziarono a spadroneggiare, rubare, uccidere e violentare le belle infedeli, con la benedizione del primo vescovo di Santa Romana Chiesa, che anche in quel caso aveva garantito una preventiva indulgenza plenaria; naturalmente per qualsiasi crimine avessero commesso contro i non cristiani. In poco tempo vennero quasi tutti abbattuti: Tra i pochissimi che si salvarono, ci fu anche lo psicopatico promotore, che poi ripartirà con la crociata dei signori. La sua chiara personalità malata, fu assai esaltata dal cattolicesimo, ma fortemente disprezzata dalla cultura cristiana di parte orientale, dalla quale fu considerato un folle. C’è anche da tenere presente, cosa fossero i papi, per secoli eletti dal popolino e dai nobili romani, poi provenienti dalle maggiori famiglie principesche. Ancora Lorenzo dè Medici in primo piano. Tra i reciproci favori, che Pontefici e Signoria di Firenze si scambiavano, ci fu anche la concessione esclusiva data al principe delle cave di Allumiere, dalle quali si estraeva l’allume, indispensabile per la concia dei pellami; costui ebbe anche la garanzia che il suo secondo figlio Giovanni divenisse pontefice. Leone X nasce nel 1475; fu nominato Nunzio Apostolico a 7 ani: viene fatto cardinale a 13 anni, con la limitazione che avrebbe potuto ufficialmente partecipare a tutte le mansioni proprie di quella titolarità, a partire dai suoi 18 anni. Nel 1494, quando venne proclamata la repubblica in Firenze, si allontanò dalle città viaggiando molto. Si trasferì poi a Roma prendendo alloggio nell’attuale sede del Senato di Palazzo Madama, ove si diede ad una vita assai mondana. Morto papa Giulio II nel 1513, che era stato un pontefice turbolento, visto che Giovanni poteva essere il necessario moderato, il 9 marzo del 1513 a 38 anni il

secondogenito di Lorenzo dè Medici, venne nominato papa. Anche prima dei pontefici che vedremo parlando dell’epoca di Costantino, i quali si dibatterono tra Ario eretico ed Ario santo, si erano alternati come vicari di Cristo, veri e propri lestofanti. Altri seguiranno, sempre distinguendo le loro Celestiali opere sante, dalle reali malaffare terrene. Come esempio abbiamo quello di un certo Ottaviano Conti, il cui padre Alberico di Spoleto, anche lui aveva avuto la promessa che alla morte di papa Agapito II, il figlio sarebbe stato nominato papa. Ottaviano approfittando di indecisioni durante il soglio vacante, onde evitare ogni dubbio, a soli 16 anni nel 956, pensò bene di nominarsi papa da solo, assumendo il nome di Giovani XII. Nessuno ebbe il coraggio di sostituirlo o destituirlo, quindi fa parte regolarmente dei vicari di Cristo ufficiali. Ragazzo assai spudorato e dedito a molti vizi, morì in circostanze misteriose nel 964. Prima di andare oltre, però è opportuno entrare nella storia di Roma, che fece da sponda alla vita di Gesù ed ai suoi Vicari terreni.

BREVI CENNI DI STORIA ROMANA

Come avviene da sempre, anche nell’antica Roma esistevano i ricchi e i poveri. I benestanti romani erano denominati i patrizi, mentre la massa del popolo che doveva sudare per il semplice alimento, era quello dei plebei. Fino ad alcuni decenni prima del 493 a.C. i patrizi, quali eredi dei primitivi pastori latini, erano andati ottenendo sempre maggior potere, a scapito dei plebei, di origine contadina. Tira e tira la corda, appunto nel 493 a.C. avvenne una rivolta da parte plebea, in base alla quale tutti costoro decisero di ritirarsi sul colle Aventino, lasciando i patrizi a darsi da fare tra loro. La faccenda era seria e la plebe riuscì ad ottenere la istituzione di un gruppo di magistrati, chiamati tribuni della plebe, che avrebbero dovuto smorzare, correggere, mitigare lo strapotere dei nobili patrizi. Più avanti Tiberio Gracco, uno dei famosi gioielli di Cornelia, figlia di Scipione Africano, viene nominato tribuno della plebe per limitare i latifondi dei nobili e ridare ai contadini, una parte delle terre da lavorare. I grandi latifondi consentivano ai loro proprietari di farle coltivare sfruttando poveri schiavi, con enormi perdite di mano d’opera da parte dei coltivatori diretti, ed immensi guadagni per i latifondisti. Ancora in breve, sempre con l’intento di riavere mano libera, l’organizzazione patrizia, riuscì a formare un giusto incartamento di false accuse. I nobili facendo credere di fare gli interessi dei plebei, come ponendosi dalla loro parte, accusarono Tiberio di mire da tiranno. Immediatamente si fece avanti la giusta quota di utili idioti, sempre pronti ad essere truffati; dopo i primi che caddero nel tranello, ne seguirono altri fomentati dai primi, che si scagliarono contro il loro difensore e Tiberio venne ucciso da una folla di scalmanati, completamente priva di cervello. Ai tempi nostri ando per Cola di Rienzo, Masaniello ed altri, ancora c’è chi convince facilmente gli utili idioti di sempre, a votare il magnate di turno in

contrapposto ai loro naturali difensori, che vengono descritti come nemici del popolo. E’ noto che da qualche tempo prima della morte di Tiberio Gracco avvenuta nel 133 a.C. e fino al 30 a.C., quando Ottaviano Augusto diverrà il primo imperatore, la Roma repubblicana era divenuta invivibile a causa della grande corruzione che regnava in ogni ambiente politico e non. In tale epoca si assisterà a tutto un susseguirsi di lotte, tra diversi pretendenti che tendono a gestire il potere pubblico in modo dittatoriale. Nello stesso tempo, da una parte c’è una enorme richiesta di giustizia sociale, mentre dall’altra c’è chi si arricchisce improvvisamente, sfruttando il caos delle istituzioni. A causa di tutte queste vicende, chi ne soffre in modo esplicito è anche la religione nei suoi aspetti tradizionali, e tale atteggiamento di abbandono, va a tutto vantaggio soprattutto dei molteplici culti pagani dei misteri. Nel 73 a.C. Abbiano la rivolta di Spartaco , un probabile nobile originario della Tracia, di notevole aspetto fisico e forza, arruolato nelle milizie ausiliarie dell’esercito romano; Spartaco divenne capo della scuola dei gladiatori e da quella posizione si mise al comando di una rivolta, per ottenere alcune rivendicazioni; ebbe un grande seguito da parte di moltissimi schiavi, divenendo il simbolo della lotta contro tutti i soprusi. La paura di non potersi sentire sicuri, neanche nella vita privata, fece intervenire il senato, che incaricò Pompeo di annientare la ribellione. Spartaco morirà in battaglia e furono fatti circa seimila prigionieri. A dimostrazione del timore generato e della crudeltà dei tempi, per esplicita volontà di Licinio Crasso, che aveva subito una vera e propria beffa militare da parte loro, nessuno di questi seimila prigionieri si salvò dalla crocifissione. Lungo la via Appia si poteva assistere a chilometri di croci, tutte con un condannato sofferente oltre ogni limite, che spirava lentamente tra indicibili patimenti. Il grado di sconforto da parte dei romani, era tale che si ipotizzò lo sterminio di tutti gli schiavi, anche dei più fedeli ed innocenti; fortunatamente la proposta non fu accettata, comunque neanche uno di quei poveri disgraziati, torturati ed uccisi in modo atroce, viene ricordato. Viceversa ciò avviene tutti gli anni per Cristo, ed è proprio ciò che prevedeva l’imperante paganesimo dei misteri. Nel 60 a.C. Roma ha il primo triumvirato, deciso da Giulio Cesare, da Gneo

Pompeo e da Marco Licinio Crasso; tutti e tre formano un loro governo del tutto scorretto, in quanto il maggior aspetto negativo, era dato dalla tassativa esclusione di ogni controllo, da parte della magistratura. Giulio Cesare nel 58 a.C. deve soccorrere quella parte di tribù dei Galli fedeli, da invasioni di altri Galli, in particolare da parte delle tribù degli Helveti. Sconfitti questi, decide di propria iniziativa di annettere tutti quei popoli sparsi, che si trovavano tra il fiume Reno e l’oceano Atlantico. Rientra a Roma famoso e festeggiato da grandi masse popolari, per aver portato nuovi importanti territori, dopodiché riprende il suo posto di triumviro. Cesare ha una nipote di nome Azia, sposa di Gaio Ottavio la quale ha un figlio con lo stesso nome paterno, che gli è particolarmente caro. Quando questi compie diciotto anni, nel 45 a.C. Cesare lo adotta come se fosse figlio proprio e quelle cambia il suo nome da Ottavio in Ottaviano. Nell’anno 55 a.C. i triumviri decidono di prendersi nuovi incarichi. Per la durata di cinque anni, ognuno di loro tre, avrà diritto ad importanti funzioni. Pompeo è nominato governatore della Spagna, il console Crasso che è uno dei precedenti politicanti, arricchitosi in modo esagerato con metodi illeciti, diventa governatore della Siria ove morirà. Giulio Cesare a sua volta diviene governatore della Gallia. Da tale posizione Cesare resta presto coinvolto in vari combattimenti, nei confronti di varie tribù galliche alleate tra loro, sotto la ben organizzata guida di Vercingetorige, un condottiero intelligente e molto valoroso. Nel 50 la guerra è finita, le battaglie sono state molto difficili, ma alla fine Cesare è risultato vincitore ed ha la massima fiducia da parte dei suoi legionari. Come in ogni situazione favorevole di sempre, immediatamente nascono a Roma varie invidie nei confronti di un emergente. Soprattutto Pompeo non riesce a digerire l’enorme popolarità, che sta riscuotendo uno dei triumviri. Cerca una qualsiasi scusa per danneggiare Cesare e manovra tanto, che riesce a farsi eleggere ancora una volta governatore della Spagna, ma impedisce che la stessa concessione sia data al condottiero vincente, anzi fa in modo che Cesare nel 49 a.C. debba sciogliere le sue centurie per tornare immediatamente a Roma, nella veste di comune cittadino. Cesare è ancora oltre i confini della Repubblica, in quel caso delimitati da un fiume; sa perfettamente che se oltrea quello con la sua legione, sarà

combattuto immediatamente come nemico di Roma. Fa parte della famosa famiglia Giulia, che è stata sempre al servizio della repubblica, ma nello stesso tempo non vuole favorire proprio chi lo ha posto in quella disgraziata condizione. Sa pure che è molto seguito dal ceto dei plebei, mentre Pompeo appartiene a quello dei patrizi, ma in ogni caso rischia realmente di essere estromesso da qualsiasi incarico. Se non ubbidisce non è neanche sicuro di sconfiggere Pompeo, il quale da Roma può contare sull’appoggio dell’intera repubblica. Infine prende la sua decisione. Cesare come tanti romani, preferiva parlare in greco, ma la frase ata alla storia sembra che la pronunciò in latino: Alea Jacta Est ( il dado è tratto) ed affronta il rischio. Non diverrà il servo di Pompeo ed il 12 gennaio del 49 a.C. attraversa deciso il fiume Rubicone a cavallo, seguito da tutta le sua famosa legione, pronta a difenderlo fino alla morte. Il Senato reagisce immediatamente ed autorizza Pompeo a fermarlo comunque. Però dopo la decisa opposizione di Cesare, Pompeo ha paura delle grandi capacità del suo avversario, quindi anziché dirigersi contro quello, preferisce andare in direzione completamente opposta, scappando letteralmente a Brindisi con tutto l’esercito al seguito. Cesare lo insegue anche lì, ma a quel punto Pompeo fugge addirittura a Durazzo sulla riva opposta del mar Adriatico. Fino dal periodo del suo primo incarico in Gallia, Cesare ha avuto sempre al suo fianco l’amico Antonio Marco, che l’ha spronato anche nelle sue decisioni al fiume Rubicone, ma si rende conto di essere rimasto solo rispetto al triumvirato. Sa di essere in auge nei confronti del popolo, quindi assume a tutti gli effetti la carica di un dittatore unico. E’ costretto ancora a combattere varie insurrezioni di barbari, poi decide di affrontare Pompeo anche a Durazzo, ma presto è costretto a rinunciare al suo piano, per le fortissime difese di Pompeo. Riuscirà per caso a combatterlo, quando il 9 agosto del 48 a.C. improvvisamente nella Grecia centrale, a Farsalo ancora assieme all’amico Antonio, scopre l’esercito di Pompeo. La battaglia è furiosa e negativa per Pompeo che fugge ancora, questa volta addirittura in Egitto. Il re dell’Egitto a quel tempo è Tolomeo, il quale ha spodestato la regina Cleopatra. Cesare infine giunge anche in quella terra, ma riceve un vero choc quando Tolomeo gli presenta la testa di Pompeo, che ha fatto uccidere

appositamente per ingraziarsi il dittatore romano. La reazione di Cesare è talmente forte che si commuove senza ritegno e decide di punire Tolomeo; lo destituisce consentendo a Cleopatra di riprendersi il regno. Conosciuta la regina non resiste al suo grande fascino e si innamora di costei; contraccambiato ne diviene l’amante. Alcuni cittadini di Roma intendono liberare l’Urbe dalla dittatura, per ridare piena legalità al governo repubblicano. Nell’anno 44 a.C. nel periodo delle idi di Marzo, esattamente il 15 di quel mese, attendono il suo arrivo al Senato ed all’interno di quel consesso, pugnalano a tradimento Cesare. Il sito in cui avvenne tale delitto, è ato nel dimenticatoio, ma è bene sapere che giornalmente è frequentato da una moltitudine di gente totalmente indifferente. Il luogo è uno di quelli limitati da transenne, all’interno degli scavi di Largo Argentina a Roma. Era intenzione dei cospiratori, quella di ricevere il ringraziamento del popolo, ma ottengono l’esatto contrario, soprattutto perché il giorno dopo c’è l’intervento dell’amico Antonio Marco detto Marcantonio, che riesce a sollevare la reazione del popolo contro quel delitto. Un discorso il suo, più o meno simile a quelle del Giulio Cesare di Shakespeare, che diede grande fama al giovane Marlon Brando. Bruto e Cassio, due dei congiurati fuggono ove sanno di avere un certo seguito. Ottaviano il figliastro di Cesare, in quei giorni non è a Roma, ma rientra prima che può. Con la scusa di non disperdere quanto costruito da Cesare, riesce a costituire assieme ad altri, una ulteriore dittatura non più unica, ma in questo caso divisa tra più persone. Nel 43 a.C. viene formato un nuovo triumvirato costituito da Lepido che ha 57 anni, da Marcantonio, l’amico di cesare di 39 anni e dallo stesso Ottaviano che ha appena venti anni. Nel 42 a.C. l’esercito di Ottaviano ed Antonio, combatte a Filippi contro quello di Bruto e Cassio; in una prima battaglia muore Cassio, a distanza di pochi giorni è la volta di Bruto. Per il popolo di Roma Cesare è un mito e viene addirittura divinizzato alla pari di un nume, nel frattempo l’amico di Cesare aiuta Erode I con le forze militari romane, a divenire re di tutta la Palestina, dopo che nel 40 a.C. era stato cacciato da semplice governatore della Galilea.

Andando oltre, Ottaviano si rende conto che può essere molto favorito dall’essere il figliastro di un patrigno divino e nel contempo si sente ostacolato da Antonio, quindi i buoni rapporti tra i due, iniziano ad incrinarsi, infine giungono persino a combattersi con le armi. Ottaviano risulta vincitore ed anche il suo avversario fugge in Egitto; qui conosce Cleopatra ed al pari di Cesare rimane affascinato da costei. Si innamora della bellissima regina in modo tale che ripudia la moglie Ottavia, che era sorella di Ottaviano figliastro di Cesare. Sicuramente fomentate da Ottaviano, a Roma circolano strane voci di tipo calunnioso relative a Marcantonio. Il suo fulmineo innamoramento diviene un facile pretesto per costruire le peggiori accuse. Si dice che farà in modo che Cleopatra divenga la regina di Roma e tantissimo altro, mentre i due pensano solo ad amarsi, ma tante voci non possono restare inascoltate. Le discussioni attorno a loro aumentano senza sosta, infine proprio su sollecitazioni di Ottaviano viene organizzata un’azione militare contro i due amanti. Il 2 settembre del 31 a.C. ad Azio sul mare del’Epiro si svolge la battaglia tra le flotte; quella egiziana perde malamente, Cleopatra e Marcantonio fuggono verso altri lidi. Per quanto riguarda i due, la storia racconta che si suicidarono ad Alessandria, ma recenti studi fanno ritenere che almeno Cleopatra fu fatta uccidere da Ottaviano. Questi in ogni caso a soli ventotto anni, rimane unico padrone di Roma e si impegna al massimo, per non farsi sfuggire la migliore occasione della sua vita. Al fine di sottolineare la sua parentela con un nume, inizia ad assumere un atteggiamento sacrale e nei fatti concreti, aggiunge il nome del divino patrigno Cesare, a quello di Ottaviano; poi riuscirà a farsi conferire le maggiori cariche. Il potere proconsolare perenne gli consente di governare tutte le province; come principe del Senato potrà controllare tutte le decisioni di questo importante organo; da giovanissimo aveva fatto parte del collegio dei pontefici, quindi mira a ricevere anche la funzione di Pontefice Massimo. Come dittatore tenta di minimizzare la sua posizione irregolare, e si fa offrire la nomina politica di tribuno della plebe. Per esperienza diretta, sa che le masse popolari sono inaffidabili, essendo sempre pronte a creare grandi problemi, ma in compenso sono assai religiose, quindi cerca di avere una posizione ufficiale, che lo faccia ritenere un personaggio sacro. Riesce anche in questo desiderio, facendosi nominare dal Senato Augusto, un prediletto dei numi che al pari degli auguri era considerato un uomo dalle vocazioni particolari. Dopo quest’ultimo

titolo, il suo nome completo diviene quello di Ottaviano Cesare Augusto. Non ancora soddisfatto, in aggiunta si fa assegnare il titolo di imperatore, che corrispondeva ad un magistrato imperator, cioè ad uno di coloro che avevano una supervisione, un imperium superiore ad ogni console, per garantire Roma da qualsiasi situazione anomala, che fosse presa dai corpi armati. Nel 12 a.C. finalmente il popolo soprattutto dei fedeli, non avrà più dubbi sulla sua figura di personaggio consacrato, in quanto giunge il sospirato incarico di Pontefice Massimo. Sarà lui la massima autorità, delegata a garantire la pax deorum, la pace degli dei con Roma, avendo la facoltà da parte del Cielo, di sapere quali riti e sacrifici sono i più adatti, in relazione ad ogni particolare circostanza. Sarà anche suo compito quello di stabilire quali culti e collegi sacerdotali, sono da esaltare o da cancellare. Per le masse è sicuramente il principale intermediario tra numi e romanità; senza dubbio alcuno, dal punto di vista pagano era assai prossimo alla divinizzazione, mentre visto in rapporto al cristianesimo, potrebbe tranquillamente essere considerato come l’equivalente di un primo papa, da imitare nei secoli. Di fatto saranno proprio i vicari di Cristo, a tentare invano di ricalcare lui o altri notevoli imperatori, che tuttavia resteranno di gran lunga insuperati. Papi o non papi, molti dei successori di Cesare Augusto, saranno determinanti, anche per la definizione di fondamentali dogmi ed aspetti dottrinali del cristianesimo; sono i cosiddetti CESAROPAPISTI, cioè regnanti laici di Roma che interverranno in modo decisivo, su questioni prettamente religiose riguardanti il cristianesimo. Tale atteggiamento si protrarrà per diversi secoli, anche da parte di quelli bizantini, dopo che nel 476 cadde ufficialmente l’impero d’occidente. Prima del Pontefice Massimo, Cesare Augusto, si era assistito al completo disinteresse per i culti e sacrifici propri della antica Roma Repubblicana; questo imperatore invece si impegnò fortemente per la loro completa restaurazione; riportò alla primitiva importanza anche diversi collegi sacerdotali. Egli stesso era stato inserito tra gli àuguri, e successivamente entrò a far parte dei consessi sacerdotali più importanti, dando la massima importanza a quell’aspetto divino, che avrebbero esaltato se stesso ed i suoi familiari. Di contrò minimizzò quei culti che non erano originari di Roma, i quali tuttavia continueranno ad essere liberamente coltivati lontano dall’Urbe.

Come Pontefice Massimo, per meglio stabilizzare la Pax Deorum, fa sorgere nuovi templi, ma sempre in funzione dei suoi interessi, come nel caso di quello dedicato a Marte Ultore, il vendicatore del suo divino patrigno. In particolare la famiglia Julia della quale fa parte anche lui assieme a Giulio Cesare, ha qualche antica connessione con la Magna Mater Deorum ed è questa l’unica nuova divinità della quale esalta al massimo la sua importanza. Soprattutto per il suo impegno, l’impulso di fede per questa figura femminile, andrà crescendo in modo inarrestabile. Anche nei secoli a venire, il culto per una tale figura femminile, non sarà più abbandonato. A questo proposito un atto importantissimo, sarà quello compiuto dal cattolicesimo al concilio di Efeso del 431, quando inizierà la trasformazione progressiva della Magna Mater Deorum, in Maria, la madre di Dio. Successivamente sarà ancora e solo la Chiesa Romana a rinnovare ciclicamente il fervente ardore che apparteneva a costei, utilizzando meccanismi mentali, assai simili ai famosi sillogismi aristotelici. Oggi potrebbe apparire una bestemmia, ma è esattamente quello che studieranno i nostri pronipoti, restando sempre più allibiti dalla credulità, anche degli anni duemila. Cesare Augusto apparentemente non è incline ad esporsi in modo esplicito, ma con esso ha inizio quel particolare culto della persona, che in futuro coinvolgerà ogni papa cattolico. I cittadini romani e non , dovranno assistere ad esaltanti manifestazioni di gioia e di affetto sacro in suo onore, tanto per la sua figura di imperatore terreno, quanto per il significato divino che rappresenta. Per meglio ottenere tali risultati, con mediatica modernità fa dislocare per ogni dove della città di Roma, vari bassorilievi che lo ritraggono come àugure, in mezzo ai più venerati e comuni dei, come se fosse uno di loro. Anche questo volere di Cesare Augusto si è tramandato nei secoli. Abbiamo altrettante forme di fanatismo anche nei confronti dei papi che con grandi affreschi e dipinti ci mostrano i SOMMI Pontefici di turno, tra Signore, Cristi, Madonne e svariati santi. I papi imiteranno anche il vestire del futuro imperatore Diocleziano, che essendo di origine orientale, amava indossare lunghe e ricche tuniche. Noi come posteri di coloro che osannavano il rappresentante dei numi, abbiamo imparato da

piccoli a comportarci in modo identico nei confronti di un nuovo Pontefice SOMMO, ancora una volta intermediario tra Cielo e terrestri. Ma a loro volta i nostri posteri saranno in grado di separare quella che consideriamo idolatria pagana, dal nuovo cristianesimo? Il primo imperatore romano assai simile ai futuri papi, muore nel 14 dopo Cristo, ma nel 6 ha creato una nuova provincia della Giudea con capitale Cesarea, dopo che Erode I aveva suddiviso il regno unico della Palestina, tra i sopravvissuti suoi figli che erano Archelao, Erode Filippo ed Erode Antipa. Cesare Augusto nel corso della sua vita, aveva accettato che da parte greca gli venisse tributata l’apoteosi, che l’aveva reso divino ancor prima di raggiungere il Cielo, ma dopo la sua morte sarà il Senato ad esaltarlo come tale. Una folla immensa assiste silenziosamente, mesta e commossa alla cerimonia funebre. Il corpo dell’imperatore è già posto sulla catasta, il fuoco che lo brucerà è ; un silenzio irreale accompagna gli ultimi attimi della sua presenza terrena. Improvvisamente un brivido scuote i presenti che dirigono il viso verso il cielo con gli occhi pieni di lacrime. Preghiere, grida di fede e di sincero affetto vanno esplodendo all’unisono come un potente tuono. Dalla pira è apparsa un’aquila che con volo potente e sicuro, si innalza in direzione del cielo. E’ il simbolo dell’anima di Ottaviano Cesare Augusto che vola dai numi, anziché precipitare negli inferi. Il famosissimo Altare della Pace di Augusto, l’Ara Pacis Augustae di Roma, gli venne dedicata come segno di ringraziamento per il lungo periodo di tranquillità e potenza che fu concesso dai suoi dei, dopo che restaurò le divinità proprie dei latini. Tutti i cittadini di Roma ed i sudditi ad essa soggetti, dovranno rispettare la figura dell’imperatore, indipendentemente dai culti professati.

L' IMPERO ROMANO ED IL CRISTIANESIMO

Cesare Augusto anche sotto l’aspetto sentimentale, fu sempre condizionato dal suo desiderio di emergere, infatti ebbe tre mogli ma tutte scelte con il secondo fine di migliorare la sua posizione. Nato nel 63 a.C. dopo due matrimoni d’interesse, a circa 24 anni, conosce Livia Drusilla, la quale a 16 anni aveva sposato Tiberio Claudio Nerone, un suo cugino più grande, che aveva parteggiato per la coalizione che portò all’uccisione di Giulio Cesare; dopo essere fuggito con la moglie, era potuto rientrare nell’anno 40 a.C. in seguito ad un’amnistia. A quanto pare Augusto si innamora di lei al punto di volerla come sua sposa, ma in realtà Ottaviano ed il di lei marito, si accordano per interessi reciproci. Ottaviano divorzia dalla seconda moglie Scribonia, addirittura nello stesso dì in cui ella partorisce la loro figlia Giulia; dopo soli altri due giorni ci saranno le sue nozze con Livia, in quanto aveva immediatamente convinto il di lei marito, che fosse opportuno per entrambi, anche il suo divorzio. Si sposano quando Livia è ancora incinta di un secondo figlio del cugino, che verrà chiamato Claudio Druso Nero, mentre il primo aveva preso lo stesso nome paterno di Tiberio Claudio Nerone. Il matrimonio fu preceduto da tali accordi, che l’ex marito Claudio accompagnerà la sposa alla cerimonia come avrebbe fatto un genitore con la figlia. In realtà dietro questo disegno, c’è un grande interesse reciproco, perché da una parte il nuovo sposo cercava un sostegno alle sue mire da parte dei patrizi della gens dei Claudi Nerones, mentre costoro tendevano ad una completa riabilitazione attraverso l’amicizia con il rampante Ottaviano, oltretutto figliastro del dittatore assassinato. Come terza moglie, Livia si dimostrerà affettuosa ed estremamente corretta, riuscirà in più occasioni, a consigliare Ottaviano per il bene pubblico e privato: nel contempo mantiene il massimo interesse per i suoi due figli. Non avendo Ottaviano un discendente maschio, fa in modo che nel 4 a.C. il nuovo marito adotti il suo primogenito Tiberio, così che alla morte del patrigno potrà

subentrargli in tutte le sue cariche e così avverrà realmente. Sotto Tiberio imperatore, avremo la condanna di Gesù, ma da prima il figliastro di Ottaviano Augusto ha nominato Ponzio Pilato come procuratore della Giudea, con la funzione di curare gli interessi di Roma, mentre come di norma leggi ed usi del posto, restano di competenza delle autorità locali. C’è comunque da tenere presente che i reati più temuti da Roma, sono soprattutto quelli che riguardano l’alterazione dell’ordine pubblico; in questo ed altri casi particolari, è obbligatorio coinvolgere il rappresentante dell’Urbe. Erode Antipa come atto di omaggio al nuovo imperatore, fa costruire la città di Tiberiade, però questo gesto di sudditanza, indispone ulteriormente il nuovo partito politico religioso degli zeloti. Il popolo della Palestina sotto l’aspetto etnico, religioso e culturale non era molto unito, anzi si assisteva a costanti contrasti tra i suoi diversi ceti, tutti di indirizzo politico religioso. In particolare i giudei appartenenti al nuovo contesto degli zeloti, formavano un insieme di individui religiosamente molto osservanti ed ultra nazionalisti, che per essere anche estremamente politicizzati, si proponevano il preciso scopo di contrastare ogni accordo con chi aveva imposto Erode I come loro sovrano. Assolutamente certi che anche le truppe romane, sarebbero state sbaragliate dal loro Dio, saranno proprio costoro ad iniziare una rivolta contro Roma, uccidendo alcuni legionari con compiti più o meno amministrativi. La sommossa culminerà con l’assedio e conquista di Gerusalemme da parte di Tito, nel 70 dopo Cristo. A quel tempo un certo Josephus, era un comandante ebreo di estrazione farisea di poco posteriore a Gesù, il quale prenderà il nome di Giuseppe Flavio. Egli ha scritto vari testi tra i quali Antichità giudaiche e De Bello Giudaico (La guerra della Giudea), ove riporta motivi e fatti, relativi all’assedio di Gerusalemme. Entrambi gli scritti hanno grande interesse storico, anche se non troppo obiettivi. Le truppe romane cercavano di risparmiare al massimo, uomini e mezzi; come facevano normalmente, circondarono di una fitta palizzata la città e si misero in paziente attesa. In alcuni casi erano riusciti anche a tagliare ogni rifornimento idrico. I giorni avano ed il Dio d’Israele non era ancora intervenuto; i cibi iniziarono a scarseggiare ed ancora nessun cenno divino; la fame divenne insopportabile ed alcuni iniziarono a morire; ritennero di aver commesso qualche

atto che avesse fatto rompere il patto di alleanza tra il Signore di Abramo ed il popolo ebraico; qualcosa di gravissimo era avvenuto ed iniziò a serpeggiare la paura. Le scorte finirono e per sopravvivere, si abbandonarono a diversi episodi di cannibalismo. La paura divenne terrore e prevedendo che la vendetta di Roma sarebbe stata violentissima, per non essere malamente trucidati o venduti come schiavi, molti si suicidavano o pregavano amici e congiunti di ucciderli al posto loro, ma l’enigma che tormentava ogni mente, era come mai il loro Dio non interveniva in loro soccorso. Esattamente come detto per i fedeli latini con Annibale e le loro divinità, in questo caso anche gli ebrei, fin da bambini si erano totalmente fidati della Bibbia. Ad essi tale testo fondamentale, era stato descritto come se fosse uno scritto storico cioè che sarebbe stato redatto quasi sotto dettatura, da parte del Creatore per far sapere come aveva compiuto la sua opera, nonché le ragioni per le quali aveva punito il genere umano, ecc. Attraverso episodi tipo apertura del mar Rosso e tanto altro, era stata dimostrata la benevolenza del Signore nei loro confronti, dopo il famoso patto di alleanza stretto con il popolo di Giacobbe, detto anche Israele. Come e perché si fosse rotto questo accordo, non dava pace a nessun giudeo. Appartenete ad una famiglia di religiosi farisei, il suddetto Giuseppe Flavio era nato nel 37. Durante l’impero di Nerone era stato a Roma, rimanendo ammirato dalla grandiosità e dalla civiltà superiore dell’impero romano. Era un generale, quindi nonostante avesse tentato di impedire atti rivoluzionari contrari agli accordi con l’Urbe, si trovò a combattere in prima fila per la difesa di Gerusalemme. Negli ultimi giorni di resistenza, per non cadere nelle mani dei prossimi vincitori, Giuseppe ed altri si erano nascosti in un luogo appartato con l’intento di uccidersi l’un l’altro, in relaziona all’aggravarsi della situazione. Tutto il popolo resistette eroicamente alla fame, ad ogni tormento, ma infine le truppe di Tito entrarono e fu un massacro di proporzioni incredibili. A differenza di altri, Josephus evitò di morire e fu fatto prigioniero. Ancora una volta rimase stupito soprattutto dalla superiorità del comandante Tito, della famiglia dei Flavi. Tornerà per sempre a Roma presso la corte di questo futuro imperatore ed aggiungerà al suo, il nome della gens di Tito, rimanendo noto appunto come

Giuseppe Flavio. A parte costui non è immaginabile la disperazione e la disillusione dei sopravvissuti ad una tragedia di quelle proporzioni. Oltre seicentomila morti e centinaia di migliaia di prigionieri, da vendere come schiavi. Persino il tempio di Gerusalemme era andato completamente distrutto; tutti gli arredi e l’oro in esso contenuto erano stati depredati; sottratta persino la menorah il famoso candelabro a sette bracci in oro massiccio,che è rappresentato in bassorilievo all’interno dell’arco di Tito a Roma. Si dice che l’intero Colosseo verrà edificato dai Flavi in poco più di cinque anni, utilizzando parte dell’oro di Gerusalemme. L’anfiteatro Flavio verrà inaugurato da Tito nell’anno 80 con spettacoli sempre gratuiti, che durarono per cento giorni di seguito. Su ogni arco del Colosseo, era posta una statua di proporzioni gigantesche ed inoltre durante le rappresentazioni, esclusa l’arena centrale, tutte le gradinate venivano ombrate dal sole attraverso un velario, pertanto sulla sua sommità erano presenti una lunga serie di aste, munite di una speciale carrucola rotante sulla quale are i suoi tiranti, che poi venivano fissati su appositi ancoraggi a terra; le operazioni per la copertura erano talmente complesse , che ogni volta dovevano essere impiegati circa mille marinai esperti. Il mondo ebraico, da secoli chiuso e concentrato sulla sicurezza di un Dio esclusivo e favorevole, rimase trasecolato e sfiduciato dalla strapotenza delle milizie romane e non c’è dubbio che qualcuno tentennò circa la propria fede, anche attirato dalla grande novità costituita dai culti misterici, cha da secoli si andavano espandendo sempre più. Già da allora una buona parte dei sopravvissuti, non aveva grande interesse a restare in una città distrutta persino nei suoi luoghi più significativi, ormai priva pure del suo famoso tempio, tuttavia l’esodo totale dalla Giudea e l’inizio della millenaria diaspora ebraica, avverrà dopo il 132 quando ci fu un’altra grande insurrezione contro Roma. Il cosiddetto Principe d’Israele Simone bar Kehab, in veste di Messia, riuscì a riconquistare parte della Palestina, compresa Gerusalemme. L’ulteriore reazione ebraica era nata in seguito alla decisione dell’imperatore Adriano di vietare la circoncisione, che riteneva un uso barbaro; inoltre dopo aver fatto ricostruire Gerusalemme, lo stesso imperatore volle considerarla città del tutto romana, con il nuovo nome di Aelia Capitolina. Dopo un’apparente vittoria del Principe d’Israele, ci fu un altro intervento di

Roma ed altri 600.000 morti; in questo caso l’intera Giudea venne ridotta ad un vero deserto; con tale azione Roma si era proposta di impedire ogni possibilità di vita in Palestina, al popolo ebraico. Molto velocemente, sempre all’epoca di Tiberio imperatore si ha il processo del Sinedrio contro Cristo, che viene crocifisso nel 33. Tiberio muore quattro anni dopo ed al suo posto è nominato Caligola, il quale viene ucciso dai suoi stessi pretoriani, che pare lo giudicassero un vero insano di mente. Nel 55 appena 22 anni dopo la morte di Cristo, come massimo regnate è acclamato Nerone, che nel 64 incolperà i cristiani dell’Urbe, dell’incendio scoppiato a Roma. A questo punto è necessaria un’attenta riflessione.

GLI ESSENI

Prima della scoperta dei famosi rotoli del Mar Morto a Qumran, si avevano alcune conoscenze sul pensiero ed abitudini esseniche, dagli scritti di Filone di Alessandria (I sec. a.C. – I sec. ). Altri riferimenti erano di Plinio il Vecchio ( 23 – 79) e di Giuseppe Flavio (37 – 95), che tuttavia non fornivano particolari conoscenze su costoro. Per quanto riguarda invece il periodo che va dal IV sec. a.C. sino all’anno 70, abbiamo ampie notizie sugli esseni, dai suddetti ritrovamenti di moltissimi loro scritti rinvenuti casualmente nel 1947, in quella zona del Mar Morto, vicina alla Giordania. Erano un altro ceto politico religioso di Israele diviso in sette di indirizzo assai simili al paganesimo dei misteri. Si possono notare precisi riscontri con il pensiero orientale ellenistico, assieme a sincretismi di varia provenienza. Sappiamo che erano soggetti all’osservanza delle leggi giudaiche e che mantenevano stretti rapporti, quantomeno con importanti esponenti del Tempio di Gerusalemme; i loro adepti per molti versi anticipavano precisi principi, che saranno basilari anche per il cristianesimo. Lo stesso Giovanni Battista cugino di Gesù, pare che fosse molto vicino a costoro, comunque da diverso tempo prima della nascita del Salvatore, praticavano il battesimo in acqua. Fuori da Gerusalemme i suddetti vivevano in comunità segrete riservate ai fedeli, i quali erano accettati a pieno titolo, solo dopo tre anni di noviziato, pur se avevano già superato i riti di iniziazione. Ciascuno doveva rispettare regole generali ben precise, assai simili a quelle dei futuri monasteri ed ordini monastici dei futuri cristiani. Persino il matrimonio era consentito solo in rari casi, inoltre potevano eseguire solo alcuni tipi di lavori, mentre altri erano tassativamente vietati; in quanto convinti pacifisti non ammettevano impegni militari, ma neanche commerciali in quanto non dovevano esserci arricchimenti da bisogni altrui. Figuriamoci come avrebbero considerato un esattore delle tasse. Alcuni pasti in comune, nel loro significato religioso, si avvicinavano assai al futuro sacramento della comunione cristiana, mentre i previsti riti di purificazione ricordano quelli della penitenza o confessione, che il cattolicesimo

in solitudine, affronterà con determinazione solo nel XVI secolo, quando per la prima volta il sacramento della confessione e del relativo perdono, vengono associati al o evangelico di Giovanni, ove Cristo dice che i peccati potranno essere rimessi. I primi seguaci del cristianesimo, furono necessariamente cittadini della Giudea contemporanei di Gesù. Il fatto che vedessero in Lui il Messia del Dio di Abramo, fa dedurre che fossero vicini alla religione ebraica, ma non a quella ufficiale. Sappiamo che proprio Cristo si incontrava con essi ed era accompagnato da gente di quella comunità. Gli esseni al pari di Gesù erano altresì chiamati nazareni, proprio per la loro presenza anche a Nazareth. Da diverso tempo prima di Cristo, lo stesso Stato ebraico era diviso nei ceti dei sadducei, dei farisei, degli esseni e degli asidei, mentre quello dei Maccabei all’epoca di Gesù, era già estinto. Tra costoro avvenivano continue dispute molto accese, di carattere politico religioso. Poi dal 63 abbiamo Pompeo Magno che impone alla Giudea la condizione di protettorato romano, e nasce attorno all’anno uno, l’altro partito politico religioso degli zeloti, con il preciso scopo di opporsi a Roma. Non è questa la sede per parlare in profondità degli esseni e dei loro rapporti con il futuro cristianesimo, comunque a partire esattamente dal periodo della distruzione di Gerusalemme, si perde ogni traccia anche degli esseni di Qumran, che si impegnarono nella difesa di Gerusalemme. Certo non furono uccisi totalmente, ma molti dovettero finire come schiavi. Con ogni probabilità continuarono comunque a difendere le loro idee, ovunque fossero. E’ quindi il caso di confrontare con la massima attenzione gli scritti dei sunnominati autori, con le traduzioni dei rotoli del mar Morto, per capire meglio anche quali fossero le loro aspettative. Invero a tale proposito, da qualche anno era stato pubblicizzato che tali traduzioni, sarebbero state rese accessibili su internet, attraverso Google.

SAN PAOLO

E’ noto che i primi vangeli vennero scritti oltre la metà del I secolo; la lingua della terra palestinese parlata da Gesù era l’aramaico: per divulgare i suddetti era necessario che fossero almeno tradotti in greco, lingua conosciuta anche da molti romani, ma ancor più da quegli ebrei che avendo subito la dominazione di popoli di cultura ellenistica, fin dal 140 a.C. si erano andati disperdendo in molte regioni della Grecia; in quel periodo il tempio di Gerusalemme, era stato dedicato al culto di Zeus. Per quanto riguarda i vangeli, sappiamo con certezza che almeno in un caso, vennero commessi anche banali errori di traduzione. In ogni modo, Cristo era di religione ebraica, rispettava sicuramente i principi fondamentali di tale culto ed appare abbastanza incomprensibile come e perché avrebbe dovuto dare vita ad un nuovo culto. Senza entrare in polemiche circa le diverse notizie, riportate dai tanti vangeli e limitandoci a quelli ufficiali del cattolicesimo, questi stessi intendono offrirci una visione dei farisei come falsi ed inaffidabili, tanto che il termine fariseo, è divenuto simbolo di ipocrita, ecc. Da fonti diverse e storicamente accertate, sappiamo che questa nomea data ai farisei, non coincide con la realtà. Il partito politico religioso dei farisei, era il più dotto ed aperto. Quello dei sadducei al contrario era formato da ricchi e gretti personaggi, che pretendevano il rispetto formale delle più meschine regole. Nel Sinedrio che condannò Gesù erano presenti entrambi i ceti, ma proprio i farisei non avrebbero mai fatto uccidere Cristo. Gesù sicuramente non apparteneva ai sadducei, che lo vedevano come un nemico dell’ebraismo più ortodosso. Se pure tutti e quattro i vangeli vennero scritti anche con l’intento di disprezzare un ceto avverso, comunque nessuno di essi poteva appartenere ai sadducei, in quanto questi erano i primi a considerare giusta la condanna di Gesù, che avevano più volte sollecitato. Meno che mai potevano essere vicini proprio ai farisei, quindi a quale contesto politico religioso, appartenessero costoro non si sa, però se fossero stati dalla parte degli

esseni e contemporaneamente difensori dello stesso ceto del Salvatore, molte tessere del mosaico Cristo, andrebbero facilmente al posto giusto. Per quanto riguarda la sicurezza di quanto tradotto, anche il paragone del cammello e dell’ago, potrebbe costituire un valido esempio. Una volta per tutte cerchiamo di rivalutare la mente di Colui che avrebbe esternato una tale assurdità. Nel tradurre i vangeli, qualche interprete annoiato o sonnolento, scrisse una parola al posto di un’altra molto simile in aramaico, ma che strideva nel contesto del discorso; anziché scrivere corda, come naturalmente posto in bocca a Cristo, tradusse cammello, termine appunto assai simile a corda nella lingua di Gesù, il quale naturalmente aveva parlato dell’impossibile aggio di una corda, attraverso la cruna di un ago. Qualcuno senza volerlo, intese renderlo piuttosto ameno e non sarebbe stato niente di male, in quanto il paragone anche se molto strano, esalta più che mai la sua difficoltà, ma l’aspetto inquietante è che nessuno, pur consapevole di quanto sopra chiarito, non ha mai inteso correggere neanche questo materiale errore macroscopico. Essendo alla mercè di una tale mentalità, sarebbe più che lecito immaginare che altri errori, sia in buona fede, che voluti per suscitare immagini fantasiose, potrebbero essere racchiusi in testi ritenuti del tutto originali. In ogni caso cerchiamo di conoscere un minimo sui quattro evangelisti. San Matteo è uno dei dodici apostoli e fu l’autore del primo vangelo. L’aspetto da sottolineare è che prima di affiancare il Salvatore faceva l’esattore delle tasse. Ebbene per questa sua attività era considerato un peccatore, ma da parte di chi? Sicuramente per la mentalità degli esseni, ma anche dagli evangelisti. San Marco addirittura non conosceva neanche Gesù, ma pare che ricavò molto, dalle informazioni avute da San Pietro e copiando il vangelo di Matteo. San Luca non era neanche un giudeo. Di origine pagana si convertirà al cristianesimo. L’evangelista Giovanni era un discepolo di San Giovanni BATTISTA, il quale battezzava in acqua, secondo le usanze degli esseni e solo successivamente, diviene uno dei primi apostoli di Gesù, anzi il prediletto. Questa vicinanza dovrebbe far supporre che anche Cristo, quantomeno era assai prossimo al mondo esseno. E’ lo stesso san Giovanni, che insieme a San Pietro, deduce che Cristo è risorto, costatando il sepolcro vuoto.

In linea di massima, anche il primo vangelo nasce su informazioni esterne al suo estensore. San Matteo infatti andava interrogando chi diceva di aver conosciuto Gesù; in ogni caso Giovanni, Marco e Luca prendono come principale riferimento, il vangelo di Matteo. A quei tempi non era possibile riprodurre velocemente un testo e distribuirlo con altrettanta rapidità, però anteriormente alla stesura del primo vangelo, abbiamo le divulgazioni di S. Paolo, morto attorno all’anno 67. San Paolo inizialmente Saulo, era nato a Tarso in Asia minore, da una famiglia ebrea, la quale a causa di un altro esodo, si era trasferita in tale località. Possiamo risalire a date certe sull’attività e pensiero di Paolo di Tarso, in base alle sue lettere, che sono i documenti cristiani più importati, precedenti ad ogni vangelo. La città di Tarso era un importante centro appartenente ad una provincia romana, assai aperto a varie culture soprattutto religiose ed era dotato di una efficientissima rete viaria, creata da Roma. Con la sua opera san Paolo sarebbe riuscito a richiamare interesse per questa nuova fede, oltre che nella Palestina anche nelle zone di cultura greca, tra le comunità degli emigrati ebraici e da quanto si è potuto accertare, sicuramente una parte di questa gente era già sensibile al pensiero ed agli usi degli esseni. Per forza di cose, tutti dovevano conoscere molto, dei nuovi culti misterici che imperversavano da secoli, principalmente a partire dal mondo ellenico. Vari studiosi obiettano che S. Paolo non andava divulgando l’esatto messaggio di Cristo, come avrebbe voluto in particolare S. Pietro, ma una versione del cristianesimo che ne modificava diversi concetti fondamentali. Si pensa che ciò avvenne per una sua personale interpretazione , ma è più probabile che si riferisse a teorie avanzate e studiate a lungo, da prima che fossero esternate da Cristo, probabilmente note da tempo, proprio nella sua stessa città natale di Tarso. E’ noto che poco dopo la morte del Salvatore, ad opera dei diversi apostoli, si vanno formando quattro importanti centri chiamati Chiese che sono quelli di: Gerusalemme, Roma, Alessandria ed Antiochia, ai quali si aggiungerà quello di Costantinopoli, i quali resteranno tutti attivi sino a circa l’anno mille. A maggior ragione c’è da chiedersi cosa veniva divulgato del Salvatore, a volte senza neanche un testo evangelico di riferimento, e quando la sua stessa divinità è ancora da discutere ampiamente. Ci vorranno secoli di studi ed anche di confronti armati con migliaia di morti, prima di definire con una certa

uniformità, dogmi ed interpretazioni della figura Cristo. Inizialmente S. Paolo, come militare della Giudea romana, perseguita i cristiani e già non è normale un tale accanimento appena morto Gesù, a scapito di pochi confratelli ebrei che non avevano altra colpa, se non quella di volerlo individuare come l’atteso Messia. Anche questa circostanza fa pensare a contrasti antichi, precedenti alle predicazioni di Gesù; qualcuno poteva aver fatto di Cristo in vita, un proprio leader di tipo politico, mentre dopo crocifisso, senza ombra di dubbio diviene il principale mito di uno dei culti misterici. Gesù parlava di Dio come di suo padre, aveva sofferto in terra ed era stato ucciso con atroci sofferenze. Compito di evangelisti, di amici o di un gruppo di simpatizzanti politici, quello di farlo risorgere in qualche modo. Una volta compiuta tale opera, il nuovo culto misterico sarebbe stato completo e pronto per attribuirgli nei secoli a venire, tutto e di più, come da sempre è avvenuto per tutti i leader religiosi. All’epoca di S. Paolo il più importante centro religioso pagano dell’Asia Minore ed oltre, era quello di Efeso. Potremmo considerare l’immenso suo tempio della dea Artemide, come più importante dell’attuale basilica di S. Pietro. Quella costruzione era considerata una delle sette meraviglie; ogni giorno era affollato di pellegrini e fedeli, che oltre ad alimentare profumatamente i suoi sacerdoti, tenevano vivo un incredibile commercio di souvenir e statuine anche in argento, della dea. S. Paolo giungerà pure ad Efeso, provocando da un lato una grande reazione da parte di chi si arricchiva alle spalle di Artemide, ma dall’altro il suo cristianesimo ne risulterà assai reclamizzato, anche per le tante discussioni che provocò, in antitesi ad Artemide. Comunque per quanto riguarda i posteri degli attuali cristiani, è ovvio che per essi nessun uomo potrà risorgere, quindi anche Cristo sarà confinato tra uno dei tanti miti. Credere e far cedere, anche in buona fede, che ciò era accaduto ad un uomo vero e pure contemporaneo di molti, doveva offrire una suggestione incalcolabile ed un vantaggio da non credere. A parte i primi enormi contrasti, proprio sulla resurrezione e divinità di un Salvatore, da un certo momento in poi ogni Chiesa e sacerdote cristiano, tende a sviare l’attenzione dalla dimostrazione che fosse divino, mentre il massimo

impegno viene indirizzato su migliaia di documenti storici, attestanti la reale esistenza di un personaggio che andava predicando. Nella realtà razionale, è proprio la sua vera esistenza in vita, che di fatto ne impedisce la resurrezione, anche abbandonandosi alla folle astrazione umana, la quale impone di credere che quando un fenomeno è eccezionale, non essendo compatibile con gli umani, può essere solo di natura divina. Di san Paolo si racconta che sulla strada di Damasco, fu convertito per il solito miracolo del cristianesimo, al quale segue un periodo di meditazione. Dopo inizia a divulgare il suo pensiero su Cristo, principalmente in alcuni luoghi dell’Asia minore e della Grecia. Il primo viaggio lo compie dopo circa 13 anni dalla morte di Gesù, quando ancora non si ha alcun testo evangelico, e questa circostanza come detto, fa supporre che diffonde una dottrina dedotta da studi, pensieri e filosofie nate in epoche precedenti a Gesù. In ogni caso ha una impostazione mentale, che deriva da precoci insegnamenti della religione ebraica, poi confrontati obbligatoriamente con la complessa cultura multiforme, propria della sua città natale. La necessità di fare proseliti è una forma di esaltazione che gli assale la mente, in quanto è convinto che il Signore ha inteso salvarlo. Va divulgando tutto un insieme di principi teologici e dottrinali, compreso quelle che Cristo è Messia e nello stesso tempo figlio di Dio. Concetti che possono essere solo il risultato di complicati approfondimenti, ampiamente dibattuti, come in effetti avverrà per diversi secoli successivi a Cristo, onde definire la sua sola persona. Tutto ciò che riguarderà il Salvatore, comunque corrisponderà a qualcosa di già noto da secoli nel paganesimo. Il pensiero di S. Paolo se fosse nato in conseguenza della presenza di Gesù, non avrebbe avuto neanche il tempo, per la semplice impostazione di quei concetti. In ogni caso il principio che Cristo è figlio del Dio di Abramo, per il giudaismo ufficiale era assai peggio di un’eresia. Per i suoi fedeli Il Signore biblico era un Essere assolutamente e del tutto spirituale, che non aveva neanche volto; non poteva neanche essere nominato direttamente, ed era semplicemente chiamato Adonai, il Signore, figuriamoci se avesse potuto avere un figlio! Oltretutto da una umana donna. L’ebraismo non aveva e non ha connessioni con la cultura religiosa indo europea, che accese la mente anche del mondo greco, di miti e di rapporti tra

divinità ed umani. Gli stessi profeti che prevedevano la venuta del Messia, neanche avrebbero potuto ipotizzare che un tale personaggio, potesse minimamente criticare le autorità religiose ebraiche. Il Messia atteso e preannunciato, avrebbe dovuto essere una sorta di comandante religioso e militare, che avrebbe portato a nuova gloria il popolo di Israele; non certo un predicatore che andava contestando il comportamento poco spirituale, dei suoi massimi esponenti. Successivamente gli stessi profeti che avevano fallito le previsioni a breve termine, verranno riaccreditati in pieno, ma facendogli dire le cose più insensate riguardanti Cristo. Sia ben chiaro che nessun profeta ebraico avrebbe potuto anticipare la venuta di un Messia, con le caratteristiche che saranno attribuite al Salvatore, invece si afferma l’assurdità cristiana, che avessero previsto i giusto. In ogni caso il Messia non poteva mai e poi mai, essere considerato figlio del loro Signore. Successivamente si giunge all’assurdo degli assurdi, quando viene riconosciuto addirittura come un secondo Dio. In particolare riguardo a S. Paolo c’è da chiedersi da dove traeva le sue gravissime bestemmie di ebreo. Anche Gesù era un eretico bestemmiatore più che logico, se considerato dal punto di vista del giudaismo ufficiale, ma forse come tale sarebbe stato tollerato, invece tutti i ceti di Israele appartenevano ad organizzazioni, in stretta connessione tra politica e religione. Valutando con mente aperta il nostro oggi, non dobbiamo meravigliarci se Cristo venne crocifisso per aver sostenuto idee diverse da quelle di un importante partito politico. Basta ricordare cosa fecero gli equivalenti sinedri della Santa Sede; terribili torture ed uccisioni con la massima ferocia, alle quali furono sottoposti per esplicita volontà papale, gli accusati di eresie, oppure semplici studiosi di un pensiero diverso dal retrogrado e chiuso Pontefice di turno. Non si può dimenticare cosa fu il recente nazifascismo, ma anche cos’era la D.C. italiana degli anni cinquanta ed oltre. Stragi senza colpevoli, scandali economici ed eliminazione di nemici politici, attraverso connivenze con la mafia che aveva aiutato lo sbarco americano in Sicilia. Persino negli U.S.A. di quegli anni, esplose il maccartismo, una violentissima reazione assurda contro ogni presunto simpatizzante del sovietico comunismo. Al culmine di tale folle periodo, furono condannati alla sedia elettrica due poveri ignoranti di ogni scienza, con l’accusa

di aver fornito ai sovietici, importanti segreti per la costruzione della bomba atomica. Non fu un sovrano assoluto come i papi o un dittatore come Hitler, a decidere sulla condanna dei coniugi Rosenberg, ma governo e giudici eletti democraticamente da liberi votanti. Fu la dimostrazione che la maggior parte dei cittadini U.S.A. si lasciarono manipolare da un politico chiaramente psicotico, quale dimostrò di essere il senatore Mac Carthy, peggio di come avvenne per le dittature nazifasciste. Considerati i pazzeschi comportamenti moderni, potrebbe essere abbastanza semplice comprendere i veri motivi che portarono alla condanna di Cristo. Che Gesù proponesse concetti suoi o di predecessori non ha importanza, perché in ogni caso i suoi insegnamenti saranno disattesi, proprio e principalmente dalla Chiesa che si vanta di essere derivata dalle sue volontà. Tornando su S. Paolo, a circa venti anni dalla morte di Gesù, già avvengono contrasti tra gli iniziati di estrazione giudaica e quelli di cultura greca. Da parte degli ebrei si pretendeva che tutti i cristiani acquisissero i loro costumi, come la circoncisione ecc. I convertiti di tradizione greca, giustamente si opponevano. S. Paolo lasciò libero ciascuno di decidere come preferiva, però coloro che difendevano il pensiero giudaico insistevano con forza, affinché circoncisione ed altro fero parte dei riti di iniziazione al cristianesimo. Per inciso iniziazioni ed obblighi di affiliazione, nonché i suoi particolari misteri, senza dubbio fanno risalire anche il cristianesimo, ad uno dei tanti culti pagani di indirizzo esoterico, detti appunto dei Misteri. Date le insistenze dei giudei cristianizzati, per avere le giuste istruzioni in proposito, lo stesso S. Paolo accompagnato da alcuni confratelli, si reca sicuro a Gerusalemme. Se decidono di andare direttamente in tale città, è perché sapevano di trovare una gerarchia dirigenziale, un punto di riferimento sicuro, il cui parere sarebbe stato riconosciuto da ogni fratello. In effetti dopo scontri piuttosto accesi tra S. Paolo ed i suoi referenti, ne consegue la decisione che tutti i cristiani saranno esonerati dalla circoncisione, nonché dal rispetto di altri usi del mondo giudaico. E’ piuttosto incredibile che da poco crocifisso Gesù, ancora senza un solo testo evangelico, già si sarebbe evidenziata in Gerusalemme, una organizzazione d’importanza tale che le sue decisioni sarebbero state legge tassativa, per tutti i

cristiani sparsi per le terre dell’impero romano. L’imperatore romano Claudio governò dal 41 al 54 ed a quanto pare, è il primo ad osteggiare i giudei di Roma. Lo storico Gaio Tranquillo Svetonio, presumibilmente nato nell’anno 70, riferisce che la decisione di espellerli, fu presa in quanto erano particolarmente litigiosi l’uno contro l’altro, a causa di un certo Chrestòs. Gli esseni in particolare di Qumran, risultano spariti a partire dal 70, ma le notevoli identità che avevano con il futuro cristianesimo, ci offrono l’ipotesi attendibile, che furono proprio costoro, che da tempo si andavano riunendo ad altri giudei di Roma con i quali però, si scontravano circa il Chrestòs di Svetonio; dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme del 70, non si hanno più notizie dei residenti in Palestina; non è azzardato ipotizzare che fossero emigrati in massa verso Roma. Ancora Svetonio ci dice che anche i successivi interventi contro giudei cristiani, sono di nuovo giustificati per il fatto che costoro sono seguaci di una nuova superstizione, addirittura malefica. In breve torniamo al 64, quando Nerone accusa i cristiani di aver incendiato Roma e di nuovo proviamo a chiederci molto seriamente, chi fossero coloro che in varie parti dell’impero romano, compresa la sua capitale, rispettavano ed ubbidivano da anni ad una gerarchia di Gerusalemme, poi subito dopo a quelle di Roma, Costantinopoli, ecc. Ancora non si avevano sicurezze, circa chi fosse realmente Cristo e dovranno are oltre due secoli ancora, prima che Costantino indica il concilio di Nicea ove per la prima volta, e solo provvisoriamente, si deciderà che Cristo è un Dio. Sotto Nerone il simbolico papa è S Pietro, ma subito dopo il secondo Vescovo principale, è S. Lino originario nientemeno che della Toscana. Sempre secondo il liber Pontificalis ( libro dei pontefici della Chiesa cattolica), dal 70 il Primo Vescovo è S. Anacleto che avrebbe suddiviso Roma in 25 parrocchie, il quarto vicario di Cristo dall’anno 86 è S. Clemente il quale sicuramente ha la sede fissa a Roma, anziché a Gerusalemme. In un brevissimo arco di tempo, si sarebbe raggiunta una perfetta gerarchia di tipo verticistico, ma poco prima avevamo giudei che già discutono in modi assai animati attorno ad un Chrestòs, i quali vengono espulsi da Claudio imperatore. Contemporaneamente S. Paolo va convertendo ad un cristianesimo, diciamo in

versione privata, comunque di segno dissimile dai futuri vangeli. Nel momento che deve prendere decisioni ufficiali, il riferimento dello stesso S. Paolo, è in Gerusalemme e qui riceve i giusti lumi da parte di una gerarchia cristiana perfettamente riconosciuta da tutti i convertiti, sia di segno ebraico che non: c’è anche da prendere atto che una certa parte di cristiani di origine ebraica aveva una posizione prioritaria rispetto ad altri, se poteva pretendere che tutti si dovessero uniformare ad essi, ma non insistono quando gli organi di Gerusalemme decidono in modo diverso. La nuova religione, a parte Svetonio lo storico dei primi secoli, che riportando l’opinione del tempo la definisce come superstizione malefica, è nata in Palestina, prende piede in questa terra e viene diffusa principalmente da parte dei suoi abitanti. Immediatamente sarebbero stati pronti e ben organizzati, i suoi organi decisionali di Gerusalemme. Poco dopo però, da quando la suddetta città cade sotto l’assedio di Tito, abbiamo ancora una volta già pronta, un’altra gerarchia di vescovi, proprio laddove non sono bene accetti. Che i primi vescovi fossero poco più che semplici guardiani del loro gregge di fedeli, non ha nessuna importanza, perché anche per investire costoro di una qualsiasi funzione gerarchica, ci sarebbero voluti diversi anni. Il secondo papa S. Lino non è giudeo e neanche palestinese, anche se forse convertito da S. Pietro, ma dopo di lui abbiamo come primo vescovo un ateniese. L’opera degli apostoli è nota, ma se ci fosse stato internet, si potevano capire tanti movimenti così estesi e distanti tra loro; a quei tempi non esistevano neanche mezzi di viaggio o per comunicare, che fossero rapidi e neanche la possibilità di ripetere più copie di un qualsiasi messaggio. In pochissimi anni, però abbiamo diversi centri di potere, tutti ben organizzati ed un’ampia diffusione di messaggi, indirizzati ad organi principali delle varie Chiese cristiane. Le lettere di S. Paolo non sono volantini ciclostilati, ma raccomandazioni e pensieri da divulgare di bocca in bocca, partendo da un certo maggiorente, per poi are ai suoi inferiori che a loro volta, diffonderanno il testo al loro gregge di cristiani. Dovrebbe apparire abbastanza ovvio, che si va diffondendo una certo pensiero già noto e ben approfondito, fin da molto prima della nascita di Gesù. Pur di non accettare una realtà del genere, i cristiani ricorrono ogni volta a circostanze miracolose; con tali scuse vengono esaltati gli interventi di origine divina, ma guarda caso sono gli stessi identici coinvolgimenti del Cielo, che univano in una

fede incrollabile, i tantissimi credenti nelle divinità pagane. Il terzo papa già sa come suddividere il territorio di Roma in 25 parrocchie, ma è assolutamente irreale e ridicolo richiamare ogni volta un evento straordinario. E solo diversi prodigi, avrebbero potuto far nascere in così breve tempo tanta organizzazione internazionale. Non si può ricusare a priori, che da prima di Cristo esistessero gruppi od addirittura semplici cosche, di indirizzo politico religioso, già indirizzati verso gli stessi principi che saranno diffusi anche dal Salvatore.

ANCORA E SEMPRE MIRACOLI

Da molto prima del cristianesimo, abbiamo miracoli e prodigi improvvisi, per diretta volontà del Cielo, oppure sollecitati dalle preghiere. In particolare quei presunti prodigi sollecitati dalle preghiere, assumono un significato statistico prossimo allo zero. Pur tuttavia da tempi immemori, hanno fornito un incredibile arricchimento, oltre a consensi assolutamente illogici. Considerato che non offrono nessuna garanzia, e che se pure reali, avverrebbero in numero infinitesimo, in rapporto alle offerte elargite, il solo richiamare la loro possibilità per ottenere un qualsiasi ritorno, corrisponde senza mezzi termini, ad una vera e propria truffa. Qualora avessero offerto una minima affidabilità agli stessi religiosi di ogni tempo, costoro avrebbero risolto qualsiasi problema pratico, senza alcun bisogno di esaltare donazioni, atti di fede e preghiere da parte di estranei. Un qualsiasi prodotto commerciale o di semplice conforto che non dia il minimo affidamento, verrebbe comunque considerato una vera truffa, un facile raggiro. Miliardi di preghiere, singole e corali per più volte al giorno e per anni di seguito da una parte; dall’altra ogni tanto abbiamo qualche presunto evento eccezionale, che viene ricollegato ipoteticamente ed a posteriori, alle infinite invocazioni. Questa strana sicurezza legata strettamente alla fede, se consideriamo gli introiti che comporta, dovrebbe essere definita come una vera e propria industria del nulla, che tra l’altro non conosce crisi. Infatti più subentrano disagi e difficoltà di ogni genere, più questa cresce in quanto è considerata consolatoria di ogni sventura. Con un minimo senso della ragione, stendiamo un velo pietoso, anche sulle grandi virtù taumaturgiche dello stesso Cristo. Se un alieno per dimostrare le sue capacità superiori, ripetesse gli stessi ipotetici prodigiosi, verrebbe immediatamente rimandato in orbita. Cambiare l’acqua in vino, a parte l’importanza del gesto, è il medesimo miracolo che dal tempo di Noè ogni oste sa ripetere, specie con commensali tanto bevuti da aver intaccato gravemente ogni riserva; nei luoghi percorsi da Gesù, non era il

vino che mancava ai ricchi o poveri, ma la stessa acqua; sprecare questo bene per farne vino, non sarebbe stata la migliore azione. Nessuno dei suoi fedeli, compresi evangelisti, poteva supporre che l’acqua fosse composta da idrogeno ed ossigeno, quindi nessuno avrebbe potuto immaginare che, persino il figlio del Creatore potesse compiere il prodigio di realizzare semplicissima acqua. Camminare come sull’acqua è una comunissima illusione ottica, quando aria calda si alza dal suolo e la Palestina non si trova sui ghiacci dei poli; senz’altro il miracolo più incredibile è stato quello della resurrezione di Lazzaro, ma anche ciò avviene più volte al giorno, ad opera di normali medici. A quei tempi c’era il rischio che un comatoso, venisse sepolto ancora vivo. In ogni caso eventi divini che portano a risvegli di defunti, neanche sono auspicabili. La realtà vuole che anche chi presume di essere stato salvato da particolari protettori celesti, quando arriva la sua ora Vera, può invocare Dio in persona ed anche un santo o un papa, ma al pari di qualsiasi umano deve rendere la sua anima e basta! Purtroppo il destino peggiore è quello di traare, dopo aver sofferto giorni od anni tra dolori, specie dopo aver perso anche la propria autonomia e dignità. Per sua fortuna Lazzaro era spirato improvvisamente e sereno, ma una volta miracolato e diciamo resuscitato, ha dovuto comunque ripetere quella esperienza, forse in condizioni assai peggiori. Ufficialmente non si sa con certezza come sia finito; speriamo per lui che la seconda volta non sia morto dopo troppo soffrire. Una sorte avversa con tante sofferenze, la potrebbe sperimentare anche chi ritiene di aver avuto un eccezionale angelo custode. D'altronde avere un salvacondotto eterno, a garanzia di non finire mai, sarebbe la più grave condanna per qualsiasi umano. Nel corso della sua azione pubblica, il primo imperatore Cesare Augusto aveva ripristinato i culti propri dei latini che erano caduti in disuso, con il riconoscimento di una immensa gratitudine da parte di quei numi, estesa a tutto il suo popolo. La riprova che questo era il pensiero generale, è appunto la pubblica dedica ad Ottaviano dell’Ara Pacis. Data questa condizione di privilegiato dalle divinità, non si comprende quale interesse potesse avere un cittadino romano a rifiutare i suoi privilegi, o peggio ancora ad opporsi al suo imperatore. E’ quindi ovvio che il cristianesimo come lo intendiamo oggi, non aveva nulla a

che fare con una religione, alla quale si sarebbero convertiti anche cittadini romani; meno che mai questi ultimi, potevano essere sottoposti a persecuzioni. Soprattutto le prime presunte vessazioni, non furono altro che una forma di difesa da attacchi di stranieri al mondo romano. I tempi erano quelli in cui si traeva divertimento dai patimenti altrui, anche se tale concetto resta perfettamente immutato. In particolare Nerone tutto compreso, amava più gli spettacoli teatrali e musicali, rispetto ad azioni cruente ove il sangue era un elemento indispensabile, comunque se come si racconta, usò una certa minoranza odiata, a scopo di torture e pubblico divertimento, in sostanza non fece altro che propagandare il comportamento di un gruppo di contestatori, motivati da qualcosa di molto diverso da principi esclusivamente spirituali. Ancora una volta bisogna tornare al solito interrogativo: alla luce del credere attuale dei fedeli cristiani, non si comprende cosa dovessero difendere con tanta devozione, i primi adepti di Cristo, quando per altri secoli si discuterà, persino sulla sua natura divina o meno. La Chiesa cattolica in particolare, intende far credere che i primi concili si tennero per colpire varie eresie. Niente di più falso, perché la stessa parola concilio si riferiva ad incontri tra sostenitori di tesi diverse, al fine di trovare una comune via d’intesa. Solo dopo aver preso una decisione si definivano eretici i perdenti e non certo prima, altrimenti si sarebbero usate da subito le scomuniche, gli anatemi e le violenze dei cristiani vincitori, che quasi sempre hanno fatto seguito alle decisioni finali, di questa specie di convegni. Ma perché tanti secoli di studi, di contrasti, di contrapposizioni armate con una immensa quantità di perseguitati e morti, da parte dei sostenitori della nuova fede contro un diverso tipo di idolatri, se specie i cristiani di oggi, sono convinti che il Signore biblico, soprattutto in veste di Spirito Santo, aveva predisposto un grande miracolo? Ciascuno dei famosi culti misterici, in massima ascesa al tempo di Gesù, volevano una figura legata ad una divinità, che avesse sofferto in terra, che fosse morta e poi risorta. Si andavano ripescando i più diversi personaggi mitologici, che fossero rinati ecc. ma nulla vieta che sia avvenuto l’esatto contrario. A quel tempo si ha la presenza di un uomo vero, il quale era stato individuato come un nuovo Messia, che poi patisce terribili sofferenze e che viene ucciso in modo atroce, per colpe costruite ad arte da un certo genere di politici, aventi la presunzione di essere i difensori più puri della loro religione. Ancora per inciso, nei tempi successivi, sarà proprio la mentalità cristiana, compresa quella

cattolica, a comportarsi in modo, addirittura peggiore, dei torturatori di Cristo. Quando si compie il suo scandaloso martirio, non sappiamo neanche se Cristo è lo stesso personaggio della strage degli innocenti, improvvisamente ricomparso a circa trentatre anni, dal tempo dei magi o dei sui dodici anni, quando espone il suo sapere. In ogni caso dove e con quali comunità, avrebbe ato tutto il tempo trascorso? E’ sicuramente un predicatore come tanti altri del suo tempo, che va divulgando concetti spirituali, assai simili a quelli che impegnavano la mistica comunità degli esseni. Al momento della sua tragica fine, manca solo la resurrezione, poi sarà tutto perfetto per farne il simbolo di un nuovo culto misterico. Anche in buona fede, basta costruire solo la sua resurrezione. Un insieme di testimonianze, come nel caso dei vangeli, è più che sufficiente. Nessuno ha mai visto Cristo comportarsi al pari di Lazzaro, cioè un uomo dato per morto, che improvvisamente si rianima. Per loro natura tutte le religioni si reggono su atti di fede, relativi ad eventi sovrumani. I credenti di tutte le razze si sentono appagati nel difendere ciò che è stato loro insegnato fino da piccoli, e sono facilmente suggestionabili da presunti nuovi prodigi, in qualche modo legati alla loro fede. In questo caso coloro che in base a profezie pure errate, vollero credere che l’uomo Gesù fosse il Messia del loro Dio, erano disposti anche a resuscitarlo, se questo era necessario per viverlo come il destinatario di un ulteriore culto misterico, ma naturalmente pure allora, nessuno avrebbe potuto credere che un proprio contemporaneo fosse resuscitato, quindi ci vollero secoli di studi e di accese contrapposizioni, per fornirgli una posizione divina. ata la contestualità, come al solito, tutto diviene più credibile, con gli strabilianti racconti di ciò che era accaduto solo in una certa circostanza. Più tempo ava, più le fantasie aumentavano, legate al famoso mondo del TANTO TEMPO FA. Credere di aver vissuto direttamente un atto del loro Signore, anche se in sostanza, aveva tradito in modo drammatico le loro attese, riguardo l’assedio dei romani, portava alcuni giudei a darsi una nuova fede, pur senza rigettare completamente la precedente. Angeli e miracoli, i magi, la stella cometa, ecc. è quanto basta per affidarsi a presunte nuove iniziazioni, dai risvolti misteriosi e riservate ai soli adepti. Dopo

il rito battesimale potranno essere ammessi alla mensa del loro Messia, bevono il suo sangue, si immedesimano e si mortificano nella ricorrenza della sua ione, si esaltano di fede per la sua ciclica resurrezione. I messaggi di Cristo erano messi in pratica da comunità precedenti ai cristiani, il pasto sacro comune, assai simile alla comunione era già ampiamente praticato, la stessa confessione, come vedremo, da millenni era legata ad una forma di penitenza, dai risvolti piuttosto infantili. La nuova fede si diffonde principalmente tra i cittadini Giudei, contestualmente al loro crescente odio nei confronti dell’impero romano, che li ha privati di tutto. I luoghi più favorevoli ove cercare una nuova patria, sono quelli delle vicine province orientali; qualcuno dei giudei era già presente a Roma, altri li aggiungono e fanno proselitismo soprattutto tra i connazionali, aumentando la reazione contro Roma. Documenti molto importanti, per comprendere quale fosse il rapporto di Roma, con i fedeli della nuova religione, li possiamo ricavare dalla corrispondenza tra l’imperatore Traiano (98 – 117) e Plinio il Giovane. Nel 74 a.C. il re Nicodemo IV per ringraziare Roma di un importate aiuto ricevuto, gli lasciò in eredità il regno di Bitinia; attualmente una zona nord occidentale della Turchia. Per l’impero romano questo territorio era divenuto molto importante, in quanto attraverso la sua terra si potevano raggiungere con più facilità, i suoi nuovi possedimenti in Asia Minore. Plinio il Giovane era stato nominato governatore della Bitinia. Egli stesso quando era ancora in vita, aveva pubblicato vari libri di corrispondenza tra lui e l’imperatore, che riguardavano il governo di quel territorio per il periodo che va dall’anno 99 al 109. Due lettere in particolare di Traiano, in risposta al suo bisogno di chiarimenti, precisano i rapporti che avrebbe dovuto tenere con i cristiani: costoro dovranno essere puniti, a meno che non rinneghino alcuni dei loro principi contrari a Roma, comunque non dovranno essere perseguiti d’ufficio, né accusati sulla base di denunce soprattutto anonime. In pratica si evince che se non si oppongono apertamente a Roma, sono liberi di esercitare qualsiasi credo. D’altra parte Traiano si riferisce a sudditi dell’impero che dal periodo della Repubblica, sono stati sempre liberi di salvaguardare le proprie religioni, i propri riti e le loro leggi.

Quando la Giudea divenne provincia romana, nessuno condannò la religione ebraica, altrettanto avvenne con l’Egitto, con la Gallia e con qualsiasi altro territorio conquistato dalla Repubblica o dall’impero; è chiaro che nel caso dei cristiani, non veniva colpita una forma di spiritualità, ma una vera e propria organizzazione di tipo politico , che si opponeva al governo di Roma. Tuttavia nel 284, a distanza di quasi tre secoli dalla nascita di Cristo, è nominato imperatore Diocleziano. Egli è nato e cresciuto in Illiria, una delle province orientali; conosce bene quali sono i problemi che Roma incontra nella gestione dei suoi vastissimi territori e si rende conto che è necessaria una diversa organizzazione. L’Urbe è troppo lontana per controllare rapidamente e con efficienza tutte le terre di sua competenza ed interesse. Ritiene indispensabile instaurare un altro centro di riferimento dell’impero, capace di decisioni autonome e rapide, non dipendente dalle lungaggini delle stanze romane. La città di Bisanzio era stata fondata nel 658 a.C. Era una colonia che non aveva mai dato problemi, che si trovava sulle rive del Bosforo. Diocleziano ritiene che sia la giusta città per essere impostata come una nuova capitale con pari dignità dell’Urbe, ma con poteri autonomi. Egli divide le competenze dell’una e dell’altra: Bisanzio sarà il principale punto di riferimento per tutta la parte orientale, mentre Roma lo sarà per le regioni occidentali, ma in questo preciso caso, pretenderà che per la prima volta, la religione di entrambe le capitali sia unica. Come semplificazione di modernità, rinuncia ai titoli di console, di tribuno, di censore ecc. che dal tempo di Ottaviano Augusto erano ati ai suoi successori; mantiene solo la carica di imperatore. Tra l’altro stabilisce che i nuovi territori, siano amministrati ciascuno dal proprio imperatore, che si chiamerà Augusto; immediatamente al di sotto di costuoro, ci saranno due figure di prestigio, chiamate Cesari. I quattro principali nuovi governanti dell’impero formeranno la cosiddetta Tetrarchia. I primi due Augusti sono Diocleziano stesso e Massimiano, il quale ha un figlio di nome Massenzio, che a sua volta diverrà imperatore, mentre la figlia Fausta andrà successivamente in sposa a Costantino il Gande; Cesare di Diocleziano è Costanzo Cloro, padre di Costantino, mentre per l’oriente il Cesare è Galerio. Se un Augusto, per qualsiasi motivo non potrà esercitare la sua sovranità, gli subentrerà il suo Cesare, il quale per mantenere intatta la Tetrarchia, dovrà nominare al suo posto, un già previsto Principe ereditario.

Bisogna riconoscere che per loro merito, inizia una effettiva modernizzazione dell’impero con alcune importanti riforme; dalla fine della Repubblica, il Senato si era trovato spesso in disaccordo con l‘operato degli imperatori, ma non era mai riuscito ad imporsi, quindi la sua grande autorità era andata decadendo rapidamente ed una delle prime riforme, fu la completa esautorazione del Senato, che rimase solo per conferire incarichi o per continuare a creare pretesti. Date le difficoltà economiche del popolo, venne imposto un calmiere dei prezzi, per combattere il carovita e la corruzione di chi si arricchiva, a scapito della povera gente. Principalmente le decisioni di Diolceziano, pur non volendo, favoriranno una più facile espansione del cristianesimo. Una prima è che venne introdotto l’arruolamento di popolazioni non romane, non solo tra gli ausiliari ma anche tra gli effettivi delle truppe . Diversi soldati stranieri, che conservando le loro credenze religiose, più avanti costringeranno Costantino, a dare la generale libertà di religione; una seconda fu quella di voler uniformare il pensiero religioso, tanto in oriente che in occidente. Fino all’era di Diocleziano, c’era stata una sostanziale libertà di culto, tranne che per gli aspetti connessi alla ribellione di tipo politico ed ai disordini in generale, ma ora si voleva che i cittadini di entrambi gli imperi, fossero assoggettati ad una sola fede ed al rispetto dei riti ufficiali. I culti misterici in particolare, si erano diffusi liberamente, soprattutto in oriente; tra questi quello dei cristiani aveva trovato facile esca tra i giudei ed altri cittadini della Palestina. Alcuni degli ebrei, erano anche andati alla ricerca di una nuova patria, contribuendo a far conoscere la nuova religione in altri territori. A distanza di oltre due secoli dalla morte del Salvatore, si erano assestati definitivamente i vari gruppi dirigenti deiI cristiani; era sorta tutta una gerarchia di sacerdoti e di vescovi, interessati a riunire sotto il loro potere, il maggior numero di adepti. Già dal II secolo la figura del vescovo di Roma, si era imposta con decisioni autoritarie per tutte le comunità chiamate Chiese ed i loro responsabili avrebbero dovuto rispettarle, pena sanzioni. E’ ovvio che con Bisanzio autonoma, i vescovi orientali avrebbero costituito un loro potere, indipendente da Roma, quindi principalmente in questa parte dell’impero c’era il massimo interesse a difendere la propria organizzazione ed a differenziarla da quella di Roma. Improvvisamente, ad opera dello stesso

Diocleziano, ogni aspettativa dei vertici orientali, venne tarpata dall’imposizione di una fede unica Le persecuzioni di quel periodo furono le più feroci, proprio per la suddetta volontà di Diocleziano, inoltre per la sua frequentazione con cittadini della parte orientale, costantemente veniva a sapere cosa avvenisse nei suoi territori d’origine. In particolare le sue persecuzioni, le riteneva necessarie per debellare le infiltrazioni di sette ebraiche, che tentavano di creare problemi all’impero, dopo la definitiva rinuncia alla loro terra. Per altri versi, la divisione amministrativa dei territori soggetti all’impero, si consoliderà in senso positivo, a dimostrazione di quanto fosse necessaria una nuova capitale; Diocleziano si preoccupò anche di regolare l’elezione degli imperatori, che fino ad allora era stata semplicemente acclamata dalle legioni militari, senza che il Senato fosse mai intervenuto. Per meglio comprendere quanto Diocleziano sia stato preveggente, egli fu l’unico imperatore a non morire da regnante, per eventi naturali o tragici. Nel 305 da le sue dimissioni, ritirandosi tranquillamente nella natia Dalmazia. Dopo questa volontaria decisione, si dimette anche Massimiano, mentre Galerio nomina come suo Cesare il nipote Massimino, assegnandogli il governo delle province orientali.

FLAVIO VALERIO COSTANTINO

CRISTO VIENE DEFINITO DIO

L’imperatore Costantino, nasce nella città orientale di Naisso nel 280 e morirà nel 337. E’ figlio di Costanzo Cloro, il Cesare di Diocleziano e della sua amante di nome Elena, una cristiana che sarà santificata, mentre egli non chiederà mai di essere battezzato; molto giovane abbandona Roma per seguire il padre, al quale era stato affidato il comando della Gallia e della Britannia, ove si trasferisce. Poco dopo la rinuncia di Diocleziano, il padre di Costantino muore in battaglia e da questo momento, l’impero romano nel suo complesso è teoricamente a disposizione di sei candidati, che sono: Massimiano ed il figlio Massenzio, Massimino, Licinio, Galerio e Costantino, che a soli 25 anni è già il nuovo responsabile di tutte le province di occidente. Al momento del ritiro di Diocleziano, Massimiano aveva rinunciato anch’egli al suo incarico di Augusto, ma suo figlio Massenzio, lo convince a riprendere quel titolo; successivamente i due non si troveranno d’accordo su vari punti, quindi Massimiano a dalla parte di Costantino. Massenzio viene a sapere che lo sponsorizzato dal padre, nel 306 è divenuto a sua volta Augusto; immediatamente come contromossa assume la carica di Principe, poi nel 307 ha la possibilità di avere sotto di se Roma e tutta la penisola, in quanto anche lui è riuscito ad essere nominato Augusto. Da subito si impegna anche nella realizzazione di opere pubbliche ed inizia anche la costruzione della famosa basilica del foro romano a lui intestata. E’ da chiarire immediatamente che le basiliche dell’antica Roma, non erano luoghi di culto, bensì centri civili di tipo commerciale, unitamente a luoghi per scambi culturali o d’interesse generale, come avveniva anche per le sale delle terme. Sopravvenute altre contrarietà, questa volta tra Massimiano e Costantino, quest’ultimo senza troppo discutere nel 310 fa uccidere il padre di Massenzio,

che nel frattempo era divenuto suo suocero, avendone sposato la figlia Fausta. Nel 311 muore anche Galerio, quindi Costantino per le sue mire al regno, trova una alleanza con Licinio in antagonismo a suo cognato Massenzio, l’Augusto dell’Urbe, ed agisce immediatamente. Parte dalla Bretagna con le sue truppe, quindi vittoria dopo vittoria, giunge nei pressi di Roma, ove nel 312 si svolge la famosa battaglia presso ponte Milvio, forse preceduta da false notizie, circa pestilenze nel luogo, che disorientarono le forze di Roma. Il cristianesimo approfittò di questa vittoria di Costantino, per mettere in giro la leggenda del motto In Hoc Signo Vinces, per le insegne del vittorioso, contrassegnate con una croce. Massenzio muore annegando nel Tevere; Costantino come avveniva da secoli, non ha più nessuno in grado di negargli l’impero d’occidente, mentre Licinio diviena il capo di quello d’oriente. Come già fatto notare, l‘intento del cristianesimo, è stato sempre quello di essere avvolto da un alone di situazioni miracolose, ben più numerose di quelle pagane che neanche scherzavano, quanto ad interventi superiori di numi o santi. Per superare quelle, nasce il predetto mito, che Costantino o la sua santa madre, avrebbero sognato un labaro con una croce, affiancata dalla scritta “Con tale segno vincerai”. Si ribadisce che Costantino era un seguace della religione solare, quindi quel tipo di croci su armi ed insegne, sicuramente si riferivano ai simboli di tale culto. Riguardo alla situazione generale di tale epoca, è da tenere presente che sono trascorsi circa tre secoli dalla morte di Cristo; molti aspetti interni all’impero, si sono ampiamente modificati. Anche l’organizzazione di tipo verticistico dei cristiani, si è maggiormente assestata; Gerusalemme è definitivamente decaduta come principale punto di riferimento; ora è il primo vescovo di Roma che si impegna al massimo, per estendere la sua influenza anche sulle comunità sparse per i territori d’oriente. In realtà i papi cattolici sono riusciti a raccogliere con l’incremento dei fedeli, una forza politica non indifferente. Le armate romane, come voluto da Diocleziano iniziano ad essere composte da legionari che provengono da ogni parte, soprattutto dai territori germanici ed ovviamente ciascuno di costoro, resta fedele alle proprie tradizioni. L’Urbe è divenuta un importantissimo centro di culture multietniche e persino gli

imperatori si sono affidati a diverse religioni di proprio gradimento; lo stesso Costantino , è un seguace del culto solare. A Roma esisteva il pericolo di sollevazioni politico religiose, che intendessero creare grossi ostacoli al suo impero, ma anche sotto questo aspetto, la situazione pubblica si è andata calmando. I veri problemi ora sono ati alla nuova capitale dell’impero d’oriente. Fino a quando Bisanzio era rimasta indipendente, poteva gestire in proprio i suoi rapporti religiosi e di governo, ma da quando è divenuta una seconda capitale e dopo che Diocleziano ha preteso che seguisse gli stessi culti di Roma. Bisanzio da un lato ha acquistato importanza, ma dall’altro ha perso gran parte della sua indipendenza. La sua organizzazione clericale di indirizzo cristiano, aveva già iniziato una collaborazione con le forze politiche, per meglio dividersi benefici ed onori, in conseguenza del folle fanatismo creato dalla nuova religione. Improvvisamente per le repressioni messe in atto da Diocleziano anche nei confronti dei cristiani, tanto Bisanzio quanto la stessa Roma, non hanno più possibilità di avere una religione in linea con le predicazioni di Gesù. Il cristianesimo ha fatto dell’imperatore Costantino, un importante personaggio sul quale caricare tanta agiografia e falsi storici, per cui quando si accenna alle sue azioni, è necessario fare molti distinguo e precisazioni. Anche in riferimento alla libertà di culto concessa ai cristiani, non tutto è così semplice e diretto come vorrebbe far credere soprattutto il papato. Per quanto si voglia renderlo cristiano, si deve sapere che Costantino in sostanza non è mai stato tale, in quanto non ha mai espresso la volontà di essere battezzato. Tale iniziazione avverrà, ma solo quando è morente e non più in grado di decidere nulla. In ogni caso nel primo periodo del suo impero, erano ancora in vigore le disposizioni del suo predecessore Diocleziano, per quanto concerne l’unità di culto delle divinità. Nel 313 l’alleato Licinio, prende in moglie Costanza, la sorellastra di Costantino e le nozze si svolgono a Milano. In questa atmosfere di festosi interscambi tra i due, con ogni probabilità vi fu anche una panoramica sulla situazione dell’impero, per cui decisero che non era più necessario perseguitare i loro cittadini, al fine di imporre una religione unica. Una volta d’accordo che è

opportuno sospendere le imposizioni di Diocleziano, viene concessa per tutti, quella generale libertà di culto, che Roma non aveva mai negato a nessuno. In tale occasione si ribadisce che nelle persecuzioni contro i cristiani, a parte Diocleziano, non c’era mai stata la volontà di colpire una forma di spiritualità, ma semplicemente la politica dei cristiani di derivazione giudaica. Dal punto di vista ebraico, era più che logico essere ostili a Roma e principalmente ai suoi imperatori, dopo le terrificanti vendette che avevano compito, soprattutto a Gerusalemme. A Milano Licinio riceve l’incarico di rendere pubblico un documento che dia precise disposizioni circa la generale libertà di culto. Questa comune volontà, viene menzionata con il presunto Editto di Milano. Nei fatti concreti, la sola decisione fu presa nella suddetta città, mentre il relativo documento venne emanato da un luogo che oggi si trova in Turchia. L’introduzione originale, di tale documento, è la seguente: “Quando noi Costantino Augusto e Licinio Augusto, felicemente ci incontrammo nei pressi di Milano e discutemmo di tutto ciò che attiene al bene pubblico ed alla PUBBLICA SICUREZZA, questo era quello che più ci sembrava di maggior giovamento alla popolazione, soprattutto che si dovessero regolare le cose concernenti il culto delle divinità e di concedere anche ai cristiani, COME A TUTTI, la libertà di seguire la religione preferita. . . . .Ritenemmo pertanto con questa salutare decisione e corretto giudizio, che non si debba vietare a CHICCHESSIA, la libera facoltà di aderire, vuoi alla fede dei cristiani, vuoi a quella religione che ciascheduno reputi LA PIU’ ADATTA A SE STESSO. . . . . .” A questo punto i vescovi cristiani di Bisanzio esultano più che mai: in una capitale autonoma, finalmente possono gestire una organizzazione religiosa tutta loro. Nell’impero d’oriente di conseguenza, iniziano furiose lotte per arrivare a prevalere, in termini di massima autorità. A quel tempo sono ancora attive le più importanti cinque Chiese di Costantinopoli, Alessandria ecc. Il vescovo principale, comunque è quello di Roma nella veste di papa Silvestro I. Il fiorire in quel particolare periodo, di tante distinzioni anche molto formali e pretestuose, attorno a diverse interpretazioni teologiche e dottrinali riguardanti Cristo, aveva lo scopo di portare a sé il maggior numero di cristiani, tipo forza politica e militare. D’altronde l’ignoranza e analfabetismo erano talmente diffusi, che nessun fedele avrebbe potuto decidere consapevolmente.

Uno dei principali insegnamenti di Gesù, era stato quelle di esercitare la più ampia tolleranza, soprattutto nei confronti dei propri nemici; di nuovo si precisa che fosse figlio del Signore o semplice predicatore non cambia nulla; coloro che comunque si erano assunti il compito di propagare i suoi messaggi, quantomeno avrebbero dovuto rispettarli, invece fin da subito e per tutti i secoli a venire, i cristiani si dimostreranno intransigenti e durissimi, sia nei confronti di confratelli definiti eretici, quanto contro coloro che chiamavano infedeli. Comunque, durante i primi secoli del cristianesimo, ad opera di ciascuna delle principali cinque Chiese, si erano evidenziati diversi studiosi, interessati a meglio comprendere chi fosse realmente Cristo. In quella di Alessandria abbiamo lo scrittore e teologo cristiano Origene (ca. 185 – 254) che oltre ad essere impegnato nella educazione di nuovi cristiani, si dedicava anima e corpo a tentare di capire chi fosse realmente Cristo. Varie forme di vera follia, avevano coinvolto moltissimi seguaci dei culti misterici e ciò avveniva più che mai nei confronti del cristianesimo; in quei tempi abbiamo di tutto: a partire da gente che si martoriava il corpo, ad imitare le sofferenze patite dal proprio mito, sino ai cosiddetti stiliti, una sorta di eremiti che per penitenza, si isolavano sulla sommità di una colonna senza mai discendere, ma anche il santo Origene rimase vittima volontaria di una sua personale ossessione. Costui si isolava sempre più nei suoi studi; Purtroppo per lui era pur sempre un maschio suo malgrado, e quello che avrebbe dovuto essergli il migliore amico, improvvisamente e senza preavviso, si presentava in tono autoritario; senza mezzi termini pretendeva le sue attenzioni e sia pure per pochi minuti, Origene era costretto a distrarsi per altro tipo d’impegno; poi gli era difficile riprendere la giusta concentrazione. Non poteva ammettere una tale interferenza, quindi più esasperato del solito, un bel giorno decise di evirarsi da solo, onde eliminare definitivamente la possibilità di interferenze, da parte di quella ossessiva appendice incontrollabile. Finalmente in piena pace dei sensi, poté decidere che Cristo non poteva essere un altro Dio. Sempre nella stessa Alessandria abbiamo altri esponenti cristiani, i quali tentano di assumere una maggiore influenza, portando avanti un loro pensiero su Gesù. Ario un vescovo di quella città, già con molti proseliti, aveva condiviso gli studi

e le teorie di filosofi, prelati e teologi compreso Origene, i quali in termini molto sintetici, da tempo sostenevano che in una religione monoteista, non era possibile la convivenza di due divinità, sia pure come padre e figlio, peggio che mai, di pari dignità e livello, quindi Cristo non si poteva considerare Dio egli stesso; era sì un uomo particolare voluto dal Signore, un Messia, un suo inviato ecc. ma non poteva in alcun modo, rappresentare un altro Dio. Sulla posizione di Ario si schiera pure S. Eusebio, vescovo di Cesarea. Di contro in opposizione ad Ario, si scatenano i capi di altre fazioni della sua stessa Alessandria, come nel caso del prete Atanasio, che per le sue posizioni viene fatto condannare da S. Eusebio, ma che in tempi successivi riuscirà a farsi nominare addirittura vescovo. Questi sono i principali motivi, per i quali inizieranno in Oriente lotte feroci gli uni contro gli altri. Contestualmente l’imperatore Costantino, mirava a riunire nuovamente sotto la sua persona, la totalità dei possedimenti di Roma e Bisanzio; a quel tempo egli governava solo l’occidente, mentre suo cognato Licinio, era già a capo della parte orientale. Sorgono i soliti dissapori anche con Licinio e finisce che i due, nel 324 si scontrano ad Adrianopoli con i rispettivi eserciti. Vince Costantino che poco dopo si libera definitivamente anche di Licinio, naturalmente facendolo uccidere. L’oriente è in lotta per questioni di predominio religioso, Costantino medita di trarre profitto da tale situazione. Per dare una veste teologica alle sue future decisioni, chiede di essere sostenuto dal massimo esponente cristiano, cioè da papa Silvestro I. I papi di Roma tuttavia, per conto loro avevano già deciso da tempo, di seguire le più affermate credulità della immensa fede pagana, per indirizzarle alla nuova figura di Cristo. Costoro sono obbligati a proporre un loro Dio a tutti gli effetti, per poterlo contrapporre all’amatissimo nume Romolo – Quirino, adorato in particolare a Roma. Silvestro I non solo non ha interesse a mettere in gioco le sue scelte obbligate, ma addirittura teme che queste possano essere disattese; rifiuta di essere coinvolto in beghe riguardanti l’impero d’oriente a molto elegantemente si defila. Per stringere i tempi, prima che la situazione degeneri al punto di non essere più

gestibile, Costantino nel 325 indice il Concilio di Nicea, naturalmente da lui stesso presieduto, affinché possa imporre ciò che gli fa più comodo, nel sollecitare consensi attorno al disegno che coltiva. Prendere una posizione a favore di una parte, avrebbe portato questa a sostenerlo nella realizzazione dei suoi interessi. A tale incontro, voluto fermamente dall’imperatore di Roma, intervengono di conseguenza solo prelati orientali, tutti più o meno interessati in prima persona, oppure alleati tra coloro al fine di perseguire i medesimi interessi comuni; qualcuno assolutamente non in grado di esprimersi, si fa accompagnare da un suo portavoce. E’ questo il caso anche di Atanasio che sosterrà un suo vescovo; oltretutto costui è ritenuto in grado di contrastare efficacemente Ario, nella sua veste di accreditato pretendente. Sentiti i diversi pareri, Costantino decide per la divinità di Cristo, nonché per la contestuale sostanza con il Padre, necessaria per salvare il monoteismo. Ne deriva anche la formulazione del simbolo niceno, cioè del primo Credo; da quel momento ogni cristiano per essere ritenuto tale, dovrà accettare ad occhi chiusi, tutti i dogmi in esso contenuti. Di contro le posizioni di Ario vengono considerate una eresia. La Chiesa cattolica in particolare, intende far credere che nel suo decidere dell’anno 325, Costantino sia stato illuminato dallo Spirito Santo, nonché confortato da circa 400 vescovi. Come detto alcuni di costoro erano molto ignoranti, ma soprattutto quel genere di imperatore, avrebbe comunque imposto il suo volere; si era nominato arbitro insindacabile del Concilio, proprio perché non era disposto ad accettare niente che non gli fosse tornato utile. Per quanto riguarda l’assistenza dello Spirito Santo, questa doveva essere particolare, avendo una madre in odore di santità, ma a quanto pare il Cielo non aveva grandi possibilità, nei confronti degli imperatori romani. Nel 326 appena tornato a Roma, per non avere nessun impedimento alle sue mire, approfittò di voci ambigue, per far uccidere la prima moglie Fausta ed il loro figlio Crispo. In ogni caso la decisione che Cristo fosse Dio, ebbe una vita brevissima, perché subito dopo il Concilio di Nicea, a Roma lo stesso Costantino si rende conto di aver commesso un enorme errore. Secondo lui, viene portato sulla retta via, dagli

insegnamenti del vescovo teologo Eusebio di Nicomedia, lo stesso che quando è in punto di morte, gli imporrà (in senso letterale) il battesimo.

COSTANTINO ARIANO

Cristo non può essere confuso con un secondo Dio, Ario aveva perfettamente ragione e non è un eretico nel modo più assoluto, anzi ora che l’arianesimo collima con il pensiero dell’imperatore, si dovrà estendere senza più opposizioni. Questo è ciò che avviene tranquillamente, per gli ulteriori dieci anni del regno di Costantino, poi continuato in piena convinzione da uno dei suoi figli eredi. In effetti Costantino si impegna nel migliore dei modi per favorire la nuova religione, ma con la piccola distinzione che Cristo non è da considerare un Dio; in questa sua visione del cristianesimo, logicamente è in contrasto con il papato di Roma, che avrebbe grandi difficoltà a liberarsi dalle più affermate forme di paganesimo, da secoli assai radicate nella fede dei suoi cittadini. Non è possibile che costoro cambino indirizzo, quindi il papato ha già fatto tanto e tanto, per far convivere in Cristo molte delle credulità e tradizioni più affermate, relative al fondatore di Roma. Di contro Bisanzio e l’oriente, anche per la maggiore vicinanza geografica con la Palestina, hanno dimostrato di avere un maggiore interesse per la nuova religione, senza che sia inquinata da credulità precedenti, piuttosto estranee ai suoi abitanti. Costantino ritiene quindi che capitale del mondo cristiano, più puro ed ortodosso, debba essere una diversa Roma. Detto fatto fa meglio ricostruire ed abbellire Bisanzio che nel 330 sarà inaugurata come nuove Roma, nome che a distanza di poco tempo, sarà sostituito con quello di Costantinopoli. Già da prima del 330, questo imperatore non poteva essere in linea con il papa Silvestro, in quanto si trovavano su posizioni opposte. Questo è un altro buon motivo per rivedere completamente la figura di Costantino, nei suoi reali rapporti con la Santa Sede, avendo egli concetti su Cristo, completamente difformi da quelli dei pontefici. Il pensiero dell’imperatore, è chiarissimo ed è diffuso pubblicamente, quindi appare assai strano che questi venga tanto osannato, proprio dalla Chiesa Romana. Alcune impostazioni date da Costantino, riguardanti la sua persona, resteranno nei secoli a testimoniare che fu egli a far divenire tutte le future case regnanti,

come predestinate da Dio, infatti per ammantarsi di sacro, Costantino istituisce una prima monarchia, appunto di diritto divino; è sua intenzione far credere che la sua potestà di comandare l’impero, gli proviene direttamente da Dio. Questo principio sarà preso come reale, condiviso e confermato da ogni futura casa regnante, fino alla affermazione dei moderni parlamenti. Prima ogni sovrano veniva incoronato con la sola frase: “Per grazia di Dio”, poi anche la casa Savoia fu costretta ad aggiungere: “E per volontà della nazione”. Anche l’ultimo effettivo re d’Italia Emanuele III, risultava essere sovrano “ Per grazia di Dio e per volontà della nazione”. Oltre ad Ottaviano Augusto, anche Costantino offrirà una ulteriore occasione ai vicari di Cristo, per potersi isolare in una nube di celestiale aura di superiorità. Anche egli volle far creder di non essere un comune mortale. Proprio con tale preciso intento nominò i cosiddetti silenziari, personaggi particolari, che avrebbero dovuto creare attorno alla sua persona, un certo alone di silenzioso rispetto, in conseguenza della sua divinità. Ovviamente nella sua vita reale, era il primo a rendersi conto, di non aver nessun potere superiore. Questo imperatore si impegnerà per tenere lontane, principalmente dai confini orientali del Danubio e dell’Eufrate, anche i Goti che combatte nel 332. Popolazioni di invasori, dette barbare come Goti e Longobardi, una volta entrate in contatto con l’impero, si convertiranno al cristianesimo, ma anche loro nel pensiero ariano, cioè senza che Cristo venga ritenuto un Dio. Come detto, Costantino muore nel 337 e subito dopo si riaprono le dispute per il potere religioso nell’impero d’oriente; quasi contestualmente, anche quella per la eredità dei vari territori.

UN BALLETTO DI PAPI

I nuovi imperatori, tanto per complicare nomi e responsabilità, sono tre figli di Costantino dai seguenti nomi: Costantino II, Costantante I e Costanzo II il quale morirà per ultimo nel 361. Ancora quest’ultimo, si è preso l’Asia e l’Egitto, ma circa venti anni dopo, muore il fratello Costantino II, quindi prende possesso anche della regione Balcanica, in precedenza appartenente al fratello. Nell’impero d’occidente Costante I con il suo papa Giulio I, sono d’accordo nel seguire la scelta di papa Silvestro I e favoriscono la prima decisione di Costantino a Nicea, che come già detto era condivisa dai cittadini romani, molto più legati al precedente paganesimo, quindi in occidente si parteggia per un Cristo Dio, molto simile a Romolo Quirino. In oriente Costanzo II è il massimo difensore delle successive decisioni del padre, quindi è un difensore dell’arianesimo che considera dottrina meno fantasiosa, più logica e corretta sotto gli aspetti filosofici e teologici. Di conseguenza tra i due imperi, si stabilisce una certa parità. Roma è per Cristo Dio, mentre i cristiani di Costantinopoli vedono la figura di Gesù, solo come un particolare inviato del Sgnore. In questa situazione, le difformità che restano vive, vanno divenendo il motivo di molti attriti; in particolare, queste divisioni, sono all’ordine del giorno nella diocesi del vescovo Alessandro di Alessandria, il quale a Nicea aveva affiancato Atanasio, nel condannare l’arianesimo. Per la precisione a Nicea, anche S. Eusebio si mostrò indeciso tra le due posizioni. Pur avendo fatto condannare in precedenza Atanasio, alla fine dei conti decise di porsi dalla parte del primo Costantino ed a sua volta, definì Ario come eretico. Insomma si può comprendere che nel corso del Concilio di Nicea, ci fu una grande confusione tra molti dei convenuti. Approfittando della precaria situazione generale, tutto compreso assai bilanciata, Atanasio in accordo con papa Giulio I e con l’imperatore di Roma Costante I, riesce a farsi nominare vescovo, nonostante una fortissima opposizione.

ato qualche tempo però muoiono sia Costante I che papa Giulio I. Dal 332 il nuovo pontefice sarà papa Libero, ma in queste nuove condizioni anche l’imperatore Costanzo II, ormai divenuto padrone di entrambi i fronti dell’impero, è libero di ridare pieno vigore all’arianesimo, sia in oriente che in occidente. Per prima cosa fa eleggere al posto di papa Libero, un Pontefice ariano, però il precedente improvvisamente scopre di essere anche lui un convinto sostenitore dell’arianesimo e quindi viene riconfermato, non più come Vicario del Dio Cristo, ma come rappresentante di un predicatore. Poi assieme a vari esponenti politici e religiosi, va esaltando le teologie e pensieri di Ario, tanto che per eliminare completamente, l’idea che Cristo possa essere ancora ritenuto un Dio in ogni luogo dell’impero, decide di indire due diversi Concili, uno per l’occidente ed uno per l’oriente, affinché sia ben chiara questa posizione, ma in pratica non si riesce a raggiungere un risultato univoco e definitivo. Una volta che è morto anche l’ultimo figlio di Costantino, papa Libero si renderà conto che anche nella stessa Chiesa di Roma si è creata una situazione assai confusa; a sua volta indice il Concilio di Alessandria, per tentare di chiarire la sua posizione intermedia, tra vicario di Cristo Dio, e nello stesso tempo quella di difensore dell’opposto pensiero di Ario. Il suo successore Damaso I, vorrebbe di nuovo che Cristo venisse considerato Dio, ma viene sostituito con papa Ursicino, un più puro monoteista, dal pensiero ariano. Ancora una volta nel 499 uno dei papi è Simmaco, mentre il suo contrapposto ariano è papa Lorenzo. In questo caso Simmaco trova un difensore amico, in un imperatore d’occidente, quindi nell’anno 502 aiutato da costui, tramite milizie armate riesce ad estromettere fisicamente, papa Lorenzo dalla Basilica di S. Paolo, a quel tempo sede dei Pontefici.

LA RELIGIONE DELL'IMPERATORE GIULIANO

I figli di Costantino hanno un cugino di nome Giuliano Flavio Claudio, da parte di un fratellastro del padre. E’ evidente che il loro nonno Costanzo Cloro, aveva avuto altre amanti oltre la concubina S. Elena. Quest’ultimo era nato nel 331 a Costantinopoli. Assieme ad un suo fratello aveva subito qualche danno, in conseguenza delle contese per la suddivisione dell’impero, subito dopo la morte di Costantino, ma essendo ancora troppo piccolo per creare impedimenti, non ne aveva avuto gravi conseguenze; Costanzo II si ricorda di questa parentela e lo nomina suo Cesare, inviandolo contemporaneamente in Gallia. Giuliano era stato educato nel cristianesimo, ma si era assai impegnato molto seriamente in diversi campi, oltre che nella sua città, era stato anche ad Atene ed a Milano, sempre per approfondire i suoi studi, riguardanti teologia e letteratura, per concludere che la sua fede cristiana, era uno dei peggiori culti che avesse conosciuto. Personalmente avrebbe preferito un certo tipo di paganesimo stemperato da alcuni principi generali, relativi ai culti dei misteri, convinto che una fede di tale tipo, avrebbe potuto dare le migliori risposte, ai principali problemi spirituali dell’uomo. Sicuro delle sue argomentazioni, abiurò formalmente al cristianesimo, divenendo uno dei maggiori fedeli dei riti solari di Mitra. Pur avendo pochissima cultura militare, venne definito l’Augusto, flagello delle tribù barbariche. Nel 367 si era battuto con estremo coraggio e competenza a Strasburgo, per contrastare gli invasori Alemanni. In quella occasione non solo liberò circa 20.000 prigionieri romani, ma riuscì a sua volta, a fare prigioniero il comandante nemico. Dopo altri suoi successi, Costanzo II inizia a preoccuparsi di un tale condottiero, quindi cerca di togliergli buona parte del suo ascendente potere, sostituendolo con truppe ausiliarie, anche nei combattimenti contro i persiani. Chi si ribella ad un tale trattamento, non è lui ma sono i suoi legionari che lo adorano. Costoro lo acclamano immediatamente Augusto, cioè imperatore a tutti gli effetti, in risposta alle mosse di Costanzo II. Quest’ultimo inviperito più che mai, a sua volta intende combatterlo senza mezzi termini, ma muore improvvisamente, ancora prima di scontrarsi tra loro.

Come avveniva normalmente dai tempi di Giulio Cesare, anche Giuliano detto successivamente l’apostata, è ormai unico e solo, a disporre di tutto l’impero. Uomo coltissimo di grande coraggio ed intelligenza, ottimo letterato e filosofo di chiara fama, senza il minimo interesse personale, con grande impegno e perfettamente convinto, inizia a contrastare l’avanzare del cristianesimo. Il buon giorno si vede dal mattino dice un proverbio, infatti fin dai primi secoli la Chiesa dei papi, aveva già acquisito vari privilegi esclusivi, quale ad esempio l’esenzione da pagamento dei tributi. Giuliano tolse ogni favoritismo ai cristiani, e difese quella parte ebraica, che non avendo abbracciato il cristianesimo, già era fortemente osteggiata e discriminata. Questo imperatore fa restaurare anche solo per il valore architettonico, diversi templi del precedente paganesimo, che andavano decadendo, essendo utilizzati per il recupero di materiali di pregio, onde costruire gli edifici cristiani. Giuliano stimola la pubblica amministrazione ad adeguarsi di conseguenza, inoltre promulga leggi non tassative, per sostenere il suo pensiero. Nel 362 è costretto ad emanare un editto per riaffermare la completa libertà di culto, dato che i cristiani continuavano perseguitare con la massima ferocia, tutti coloro che non aderivano ciecamente al loro culto. Quando improvvisamente il famosissimo tempio di Apollo a Delfi, andò completamente distrutto da un incendio misterioso, non ebbe il minimo dubbio nel considerare questo evento, come atto doloso, da parte dei cristiani. L’importante opera di Giuliano, termina improvvisamente nel 363, quando muore a soli 32 anni. Controllava a cavallo, privo di corazza le sue truppe, quando una lancia lo colpì al fianco. Tentò immediatamente di sfilarla con le mani nude, ma si tagliò con le lame di quella. Soccorso prontamente, morì durante la notte. Anche in tal caso i cristiani invocarono il solito miracolo. Secondo un pensiero dell’epoca, la stessa Madonna, avrebbe indirizzato quel lancio. Sarebbero bastati pochi decenni di regno ancora, da parte di un importante imperatore romano, ed oggi studieremmo il cristianesimo, come una delle più assurde forme di paganesimo. Cristo è l’ennesimo figlio umano di una divinità e di una donna vergine, che dopo essere stato risorto, venne riconosciuto come un nuovo Dio. A furia di attribuirgli varie credulità del più affermato e chiuso paganesimo, era avvenuto

che un uomo vero, il quale diffondeva vari principi, soprattutto di carattere sociale, risultava e risulta essere una specie di feticcio, dalle virtù magiche. Proviamo a riassumere, la lenta costruzione del Salvatore, come verrà studiata da un nostro discendente, sicuramente non più cristiano, il quale tenterà di capire quale mentalità potessero avere i suoi avi, per immaginare una tale serie di follie. Il Signore biblico punisce gli umani, a parte il risibile motivo da un certo tempo decide di perdonarli. Non può farlo semplicemente, come quando li aveva puniti, ma ha bisogno di un Salvatore tipo Prometeo, che possa soffrire per impietosirlo. La soluzione è quella di considerarsi diviso in tre Persone. La Prima è lui stesso che prima ha punito ed ora deve perdonare, la Seconda è il Salvatore, che dovrà nascere come uomo, ma che in sostanza è sempre Egli stesso, dal momento che i tre sono sempre UNO; tale Salvatore, come trino è la stessa Prima Persona, ma questa volta la Prima Persona deve apparire come Terza, in quanto deve fare da padre alla Seconda, che però è sempre la Prima; la Seconda e la Terza comunque sono sempre UNO SOLO, ad interpretare i diversi personaggi di tale dramma. Anche il Credo venne deciso al Concilio di Nicea, ma prima che fosse definita la Trinità in Uno. Da quando è stato divulgato il Simbolo niceno, ogni cristiano per definirsi tale, deve essere OBBLIGATO a credere anche che Cristo, dopo essere risorto è salito al Cielo e siede perennemente alla destra del Signore. Fa sorridere per non dire di peggio, ciò che appare dopo tutti gli studi sulla Trinità, perché abbiamo che ciascuna delle tre persone, siede alla destra di se stessa,o quantomeno tenta di farlo, per cui siamo ancora OBBLIGATI a credere, che alla fine Padre, Figlio e Spirito Santo non fanno altro che ruotare vorticosamente, tentando di sedersi l’uno sull’altro; dato che sono sempre UNO e trino, ciascuna delle tre Persone dovrebbe sedere alla destra di se stessa. Una volta cresciuta come uomo, la seconda Persona dovrà morire tra pene atroci, quindi si verifica che l’UNO, fa finta di non sapere niente, riguardo al fatto è sempre se stesso, anche quando dopo i fatidici tre giorni, ciascuna delle tre Persone potrà risorgere dalla morte. Purtroppo nessuno dei fedeli che ripetono il Credo a pappagallo, si rende conto che se non crede ciecamente ad ogni sua singola parola, non potrà mai essere riconosciuto come un vero cristiano. Una volta completata l’opera buffa e tragica nello stesso tempo, alcuni umani potranno essere salvati, ma solo se si sottometteranno al battesimo, onde essere riconosciuti tra i perdonati. In tal modo dimostreranno di aver capito, però anche

se un neonato non può comprendere nulla, sarà ugualmente preservato, purché il suo padrino ed il sacerdote che gli impartisce suo malgrado, tale sacramento, dichiarino di aver compreso perfettamente che il Signore non poteva agire in Prima Persona, ma fu costretto a seguire tutta questa serie di assurdi sotterfugi, per riuscirci. Diversi studiosi, appartenenti ad una od all’altra delle cinque chiese iniziali, si erano nel frattempo impegnati a costruire Cristo, Trinità e connessi. Lo studio della Trinità iniziò a prendere forma verso la fine del IV secolo. Il suo sviluppo fu decisamente condizionato da importanti conflitti politici, strettamente intrecciati con le questioni religiose relative al cristianesimo; il pensiero sulla Trinità troverà una sosta al concilio di Costantinopoli del 381, ma per quanto riguarda in particolare lo Spirito Santo, il tema della Trinità andrà avanti per altri secoli, pure in modo dissimile soprattutto tra la Chiesa romana e quella di Costantinopoli. Comunque il dogma della Trinità, verrà del tutto negato, soprattutto dal pensiero di varie componenti cristiane del secolo XVI, nonché da molti altri teologi altrettanto cristiani. Ad esempio l’arianesimo non ha mai avuto a che fare con Trinità e suoi derivati, tutti concetti assai arditi o semplicemente infantili. Comunque quando dopo secoli di studi, dibatti e scontri armati si dovette giungere ad una sintesi il più possibile condivisa, è in sostanza avvenuto un patatrac incredibile. Il punto centrale del cristianesimo è quello che Cristo è risorto, ma la realtà ancora più inamovibile è che questo atavico desiderio, si realizzava solo attraverso i miti pagani, in particolare questa possibilità era portata avanti da TUTTI i culti misterici di indirizzo pagano, assai comuni al tempo di Cristo. A questo punto per qualsiasi essere raziocinante, si possono presentare solo due alternative: Cristo non è mai risorto, oppure Cristo non è mai esistito, ma la sua realtà storica è stata ampiamente dimostrata. A questo punto, la risposta più ovvia dovrebbe darsela da solo, persino un cieco credente. Anche il ben noto infantilismo, che si poteva risorgere solo dopo tre giorni, viene attribuita puntualmente a Cristo. La ragione era legata esclusivamente all’enorme ignoranza generalizzata delle grandi masse. In tempi andati si riteneva che il sole, dopo il giorno più corto dell’anno fosse costretto ad

attendere tre giorni, prima di ricominciare a crescere. Moriva nel solstizio d’inverno e rinasceva solo a partire dai fatidici tre giorni. Ed anche questa superstizione, legata alla massima chiusura mentale, è un dogma imposto dal Credo, ma non affidarsi ciecamente anche a tale idiozia, non ci darebbe alcuna possibilità di essere riconosciuti come cristiani. Non è possibile cadere nella condizione di annullare ogni capacità mentale, in relazione al fatto che la fede supera ogni qualsiasi logica. La realtà della fede, è che se per caso qualcuno dicesse di avere visto volare un asino, verrebbe curato da psichiatri, ma se lo stesso affermasse davanti a fedeli cristiani, che per un qualche motivo, è sicuro che quello era l’asino che aveva scaldato Gesù bambino nella culla,verrebbe osannato al pari di un santo. Nel posto ove dice che è atterrato, nascerebbe immediatamente un imponente santuario legato a questo straordinario miracolo. Al pari di quanto sopra, credere per solo atto di fede che Cristo era un comune mortale, eppure è risorto dopo essere realmente morto, autorizza a dover credere in tutte le altre mitiche rinascite, che invece inseriamo nel novero delle leggende. L’unica differenza è nella fede di chi crede. Tornando alla Trinità una ulteriore conseguenza del Dio Uno e Trino riguarda, nel prossimo caso, solo la chiesa cattolica. Proviamo ad esaminarla con mente aperta, e possibilmente sintonizzata su un nostro futuro discendente, che non avrà più il cattolicesimo, come Ente che rilascia i aporti per il un suo aldilà. I nostri antenati erano impegnati a non offendere le loro divinità; noi riusciamo a sorridere senza alcun timore, delle loro antiche sicurezze di fede. E’ sempre avvenuto ed avverrà anche per i viventi di oggi. Ciascuno ripete che la sua religione è eterne e non avrà mai fine. Poi . . . Da un certo periodo storico del cattolicesimo, qualcuno si rende conto che è indispensabile oscurare, anche la grande fede nei confronti della Magna Mater Deorum, che continua ad essere assai seguita, in particolare dai cittadini di Roma. Da quel momento hanno inizio una specie di sillogismi aristotelici a cascata, collegati alla Madonna. Il Concilio di Nicea aveva, sia pure temporaneamente, deciso che Cristo fosse Dio, ma ciò avvenne quando ancora non era del tutto definito, il dogma della Trinità.

Il successivo Concilio di Efeso del 431, dovrà anche stabilire chi è Maria, la madre di Gesù. Dato il presupposto che quello di Nicea aveva fatto di Cristo un Dio, ergo la risposta fu ovvia, Maria è la madre di Dio, ma la risposta non poteva tener conto della Trinità e neanche che il suo figlio umano, sarebbe divenuto monoteista con l’Uno e Trino, come lo stesso Signore biblico, nonché lo Spirito Santo. Il figlio della umana Madonna, improvvisamente è unico ma contemporaneamente diviso in tre persone UGUALI E DISTINTE. Di conseguenza anche Maria come madre della seconda Persona, diviene madre di un Dio unico, che comprende la Prima persona che è il Dio biblico, nonché la Seconda Persona, che è il suo vero figlio umano, nonché della Terza Persona, quale Spirito Santo, che a sua volta è il padre di se stesso, in veste di Seconda Persona. Non si dovrebbe ragionare in questo modo, ma solo perché OGGI siamo ciechi fedeli del cattolicesimo. A questo punto, però è il caso di non fare troppi distinguo, neanche con la summenzionata dea Ishtar, madre e moglie di un figlio, che come Dio Baal la rende a sua volta madre. Saltiamo di colpo, nientemeno che al 1854 in pieno Concilio Vaticano I, mai concluso. Papa Pio IX avendo la sensazione che il suo potere temporale è in bilico, tentava di sensibilizzare i cattolici di tutto il mondo, ad accorrere per difendere i beni che nel tempo, la Chiesa romana aveva accumulato in vari modi. L’esperienza gli insegnava che l’argomento Madonna colpiva al centro del cuore. Decise di conseguenza di emanare un suo dogma riguardante appunto Maria. Riprendendo i più affermati miti del paganesimo, ritenne che la Madonna potesse essere trasformata in un divinità, con sommo gaudio di quasi tutti i suoi cattolici. Riprese il dogma che Maria era la madre di Dio e la trasformò ancor peggio in una dea pagana, con il seguente ragionamento. Il Signore Iddio, sapendo che avrebbe dovuto far nascere suo figlio attraverso una umana donna, prese la precauzione di esentarla dal terribile peccato universale, facendola nascere immacolata, al pari di Semiramide discesa dall’uovo della luna. La stessa chiesa di Pio IX, affermava e confermava che tutti gli uomini nascono con il peccato originale. Vero o non vero, comunque se una persona era diversa da tutte le altre, poteva significare solo che era una dea o semidea pagana. Gesù quindi non era nato più da una semplice donna umile, pure accusata di aver tradito il promesso sposo, ma da una divinità IMMORTALE, diversa da qualsiasi umano od umana. Dopo questa spiegazione,

ergo può annunciare al modo il dogma della Immacolata Concezione. L’ultimo papa re in occasione del concilio Vaticano I, emise anche quello sulla Infallibilità del papa, che diede vita ad un’altra separazione scismatica, nata per le valutazioni teologiche del germanico Ignaz von Dollinger. A quel tempo la statua di Pasquino a Roma, si fregiò di un cartello piuttosto sibillino, con la sola scritta I.N.R.I. Considerato che nessuno era stato tanto sopraffino da capire, la stessa statua dovette fornire la spiegazione. Come parlando dalla croce, lo stesso Cristo avrebbe voluto prendere le distanze dal suo presuntuoso vicario, con la puntualizzazione: Io Non Riconosco Infallibilità. Ora andiamo ancora avanti fino all’anno giubilare del 1950. Pur finita la seconda guerra mondiale, questa volta il papa Pio XII era ancora terrorizzato dai rivoluzionari russi, interpretati dai comunisti. Considerato che nel 1918, i sovietici avevano distrutto chiese e congreghe, a scanso di ogni situazione di pericolo, si adoperò per farsi scudo di un suo dogma, ancora sulla Madonna. Partendo questa volta da quello di Pio IX, che aveva fatto di Maria una dea immortale, continuò sulla stessa linea con il seguente ragionamento: poiché Maria era nata senza peccato originale, come dea immortale non poteva né invecchiare e meno che mai morire, ma purtroppo della madre di Dio, nessuno ne sa più nulla. Dov’è Maria? Il sommo pontefice Pio XII, ne dedusse che poteva solo essere stata portata direttamente in Cielo, con tutto il corpo, naturalmente senza essere defunta. Assunta in Cielo, esattamente come avvenuto per Romolo Quirino, oltre 2600 anni prima. Ergo nell’anno del giubileo 1950, la sua infallibilità di papa gli consentì di emanare il dogma di Maria assunta in Cielo. Per inciso si potrebbe aggiungere che anche di Lazzaro, non si sapeva più nulla. Essendo stato resuscitato da Cristo, è ovvio che non poteva più morire. Ergo anche Lazzaro era stato assunto direttamente in Cielo con tutto il corpo. E’ chiaro che tutto il presente contesto, corrisponde per qualcuno, a gravi bestemmie, anche se i fatti sono tutti logici e reali. Prima di osannare a Roma ogni 8 dicembre, la loro immacolata divinità, assunta in Cielo con tutto il corpo, i suoi fedelissimi neo pagani provino una volta tanto, ad immedesimarsi nel pensiero che di essi avranno i loro futuri discendenti.